La Rassegna d`Ischia 2/2009
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La Rassegna d`Ischia 2/2009
Anno XXX N. 2 Marzo /Aprile 2009 Euro 2,00 Viaggiatori inglesi nel Golfo di Napoli Il Manoscritto di Frat'Agostino del «Venerabile Convento di Santa Maria della Scala» Lacco Ameno Il Pisciariello W- Cooper e l'Isola d'Ischia Incursioni piratesche del XVI secolo Rassegna Mostre e Libri Forio - L'Arciconfraternita di S. Maria Visitapoveri Viaggio in India Kurtògoli il corsaro ai Maronti Una storia d'amore chiamata Taj Mahal Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi Dir. responsabile Raffaele Castagna La Rassegna d’Ischia Anno XXX- N. 2 Marzo / Aprile 2009 - Euro 2,00 Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi Editore e direttore responsabile Raffaele Castagna La Rassegna d’Ischia Via IV novembre 25 - 80076 Lacco Ameno (NA) Registrazione Tribunale di Napoli n. 2907 del 16.2.1980 Iscritto al Registro degli Operatori di Comunicazione con n. 8661. Stampa Tipolito Epomeo - Forio Sommario 2 Premio Ischia Internazionale di Giornalismo 3 Motivi 5 Napoli - Mostre - Storie di Donne - Renato Mambor: In prestito dall'Infinito - Terremoti d'Italia 8 Delphis: Festa del Defino 9 Lacco Ameno: Il Pisciariello 12 Il Manoscritto di Frat'Agostino 17 Kurtògoli il corsaro ai Maronti 25 Viaggiatori inglesi nel Golfo di Napoli Willyams Cooper e l'Isola d'Ischia 32 Serata italo-tedesca 33 Fonti archivistiche Capitolazioni delle Confraternite di Forio (IV) 41 Viaggio in India Una storia d'amore chiamata Taj Mahal 46 Concorsi di Poesia e Fotografia digitale 47 Rassegna Libri 49 Racconto: Peppino il postino 50 51 Pagina poetica: Anna Di Costanzo Meristema: Convegno Evoluzione e Biodiversità con mostra di piante rare Premio Ischia Internazionale di Giornalismo Compie trent’anni il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, che premia i migliori giornalisti della stampa italiana e internazionale distintisi per la loro professionalità e deontologia. La Fondazione Giuseppe Valentino ha rinnovato giuria e format. Il nuovo progetto sarà particolarmente sensibile al mondo dei giovani ed ai fenomeni della comunicazione connessi alle nuove tecnologie. Una maggiore attenzione è dedicata all’informazione negata e ai giornalisti che si adoperano in difesa dei diritti umani nei vari teatri di guerra del mondo. La Giuria del Premio è suddivisa in Comitati. Tantissime le firme prestigiose tra i giurati della XXX edizione che assegneranno il “Giornalista dell’anno”: Joaquin Navarro Valls, Lucia Annunziata, Gianni Riotta, Peter Stothard, Emilio Carelli, Jean Daniel, Giovanni Di Lorenzo, Valentina Alazaraki, Gaetano Coscia, Giovanni Floris, Derrick de Kerckhove, Franzo Grande Stevens . Hanno assicurato la loro partecipazione a conferenze e dibattiti anche David Grossman, Jean Marie Colombani, Timothy Garton Ash e i più autorevoli giornalisti dell’Albo d’oro. Walter Cronkite, il decano dei giornalisti statunitensi, invierà una testimonianza scritta. Tra le novità della rinnovata formula del Premio l’assegnazione di riconoscimenti ai comunicatori d’impresa, della pubblica amministrazione, della politica, ai giornalisti della stampa economica e ai web editor. Un altro premio sarà assegnato al giornalista che ha affrontato con maggiore capacità di analisi i temi del bacino del Mediterraneo; tra i giurati: Gianni Massaro, Marcello Veneziani, Orazio Carabini, Augusto Minzolini, Vittorio Nola, Giordano Bruno Guerri, Alfonso Ruffo, Annamaria Chiariello, Gennaro Guida, Alessandro Masi, Gennaro Sangiuliano, Massimiliano Paolucci. (continua a pagina 16) Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la rivista - La collaborazione ospitata s’intende offerta gratuitamente - Manoscritti, fotografie e disegni (anche se non pubblicati), libri e giornali non si restituiscono - La Direzione ha facoltà di condensare, secondo le esigenze di impaginazione e di spazio e senza alterarne la sostanza, gli scritti a disposizione. conto corrente postale n. 29034808 intestato a Raffaele Castagna - Via IV novembre 25 80076 Lacco Ameno (NA) www.larassegnadischia.it info@larassegnadischia.it MOTIVI Il 2009, l’anno di Vittoria Colonna – Signora d’Ischia: è questo il leit motiv intorno al quale saranno circoscritti vari eventi, culturali e mondani, della stagione turistica. Ricorre infatti il quinto centenario delle nozze di Vittoria Colonna e Francesco Ferrante d’Avalos, celebrate il 27 dicembre 1509 sul Castello Aragonese, dove la poetessa trascorse alcuni anni della sua vita, lontana per lo più dal clamore delle tumultuose vicende politiche del tempo. Fu quello il periodo più glorioso della rocca isclana, che ospitò re e regine, principesse e nobildonne, poeti e letterati. «Durante l'assedio di Lautrec (1528) tutti i baroni de lo Regno, che hebbero cervello, in quella occasione se retirorono con le loro case dentro di Napoli, come fece, fra gli altri, Andrea Matteo Acquaviva duca d'Atri, alcuni se ne andarono a Sorrento, altri ad Isca, dove se riterò la casa del Marchese de lo Vasto, la bellissima sua moglie Donna Maria d'Aragona, la dotta Marchesa di Pescara, Vittoria Colonna, la Duchessa di Tagliacozzi, la Duchessa di Amalfi, la Principessa di Salerno, Lucretia Scaglione, bellissima e galantissima, e altre dame, quali tutte estavano sotto il governo e cura della Duchessa di Francavilla Donna Costanza di Avalos, zia de lo Marchese del Vasto, donna di gran valore e bontà» (1). Sono previsti gemellaggi con altre città che furono legate a Vittoria Colonna, oltre che concerti, premi, e incontri per avvicinarsi alla sua opera poetica. Altra circostanza che dovrebbe richiamare un’attenzione particolare ed essere occasione per un rinnovato interesse è il decennale del Museo Archeologico di Pihecusae, che fu inaugurato nell’aprile del 1999; un evento capace di dare una connotazione culturale alla stagione turistica 1) Gregorio Rosso - Historia delle cose di Napoli sotto l'impero di Carlo V, 1635. Raffaele Castagna con manifestazioni che ripropongano in primo piano l’importanza delle scoperte archeologiche dell’isola d’Ischia. Degno di rilievo il trentennale del Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, organizzato dalla Fondazione Giuseppe Valentino, che si svolgerà all’inizio del mese di luglio nel Borgo di Celsa (Ischia Ponte) davanti al Castello Aragonese e si preannuncia con un nuovo format. Al momento non è stato ancora definito il quadro completo (e ciò costituisce una grave lacuna organizzativa in una programmazione che dovrebbe partire con mesi di anticipo) di tutte le manifestazioni isolane: la festa di Sant’Anna, l’Ischia Film Festival, il Global Ischia Film & Music Fest, il Festival Jazz, le varie feste patronali, etc. Soprattutto per i grandi eventi, che ormai hanno una caratterizzazione per lo più consolidata, occorrerebbe una divulgazione costante in ogni tempo, in modo da renderne possibile l’inserimento nei carnet turistici: circostanza che, tranne qualche circostanza, non si verifica affatto, anche perché non si è mai certi di poter contare sui contributi delle istituzioni pubbliche. *** Vittoria Colonna Continuano i gravi disagi del recapito postale, soprattutto perché non c’è una presenza costante di postini che possano nel tempo (breve) acquisire la conoscenza dei luoghi e delle strade, con le relative numerazioni, e dare la garanzia ai cittadini di ricevere normalmente la corrispondenza, senza preoccuparsi di scadenze che saltano, di bollette che non arrivano, di comunicazioni ritardate. A soffrire di tale disservizio sono molteplici zone, dove poi si verifica anche di trovare nelle proprie cassette posta non propria, con il conseguente dilemma se sia più opportuno distribuirla ai diretti destinatari oppure recarsi a riconsegnarla negli uffici. Il problema ormai non trova riscontro in specifici provvedimenti per migliorare la situazione e le lamentele dei cittadini e, a volte, delle istituzioni politiche locali, non sono affatto prese in considerazione ai fini pratici. Si sperava che l’interessamento della TV con la presenza del sindaco di Forio Franco Regine a “Mi manda Rai3” provocasse qualche miglioramento alla situazione generale e che i vertici dell’ente Poste prendessero coscienza del problema; viceversa nulla è cambiato negli ultimi tempi. *** Comune unico, invece delle sei entità attuali che hanno sempre (tranne una breve eccezione)) contraddistinto il territorio isolano? Lo stesso periodo delle università non vide mai l’isola unificata, un progetto e un tentativo più volte dibattuto e proposto con varie e diverse prospettive, ed oggi ritornato in primo piano, con la richiesta di un referendum consultivo sulla volontà della (o delle) popolazione. Un bel rebus, in quanto aggregare due comuni sarebbe facile, in una scelta che non porrebbe problemi, mentre unirne ben sei presenterebbe molte incertezze e altrettanti interrogativi. Ciascun ente decide il suo proprio continua a pagina 40 La Rassegna d’Ischia 2/2009 3 Ischia Film Festival 2009 Si svolgerà dal 21 al 27 giugno 2009 l'Ischia Film Festival, il concorso cinematografico dedicato alle location, che premia registi, direttori della fotografia e scenografi che attraverso film, corti o documentari hanno valorizzato i luoghi scelti per le riprese o ne hanno rappresentato l'identità culturale. All'interno del Festival si svolge dal 2005 la Borsa Internazionale delle location e del Cineturismo e dal 2008 una selezione di film e un workshop dedicati al Product Placement. 2009 l’anno di Vittoria Colonna Celebrazione del quinto centenario delle nozze di Vittoria Colonna e Francesco Ferrante d’Avalos avvenute sul Castello Aragonese d’Ischia il 27 dicembre 1509 Marzo 2009 - Gemellaggio Ischia / Ferrara: i luoghi di Vittoria, a cura dell’Associazione Lions d’Ischia Aprile 2009 - Gemellaggio Ischia / Lucca: i luoghi di Vittoria, a cura dell’Associazione Inner Wheel d’Ischia - Vittoria Colonna e la scuola ischitana : “La dimora di Vittoria” – Itinerario storico sul Castello Aragonese Giugno 2009 - Premio Internazionale Vittoria Colonna alla donna che si sia distinta in modo insigne nel campo del sapere, dell’arte, dello sport. Serata di gala con spettacolo inedito di Salvatore Ronga nel piazzale aragonese. Luglio 2009 - Concerto al Castello, a cura della Corale Polifonica “Buon Pastore” di Ischia. Agosto 2009 - Festa al Castello Settembre 2009 4 La Rassegna d’Ischia 2/2009 - Una serata con Vittoria e Michelangelo – Lettura del Canzoniere con Giorgio Albertazzi e Annie Pempinello Ottobre 2009 - Gemellaggio Ischia / Viterbo: i luoghi di Vittoria, a cura dell’Associazione SiPario Donna di Forio. - Novembre 2009 - Gemellaggio Ischia / Pescocostanzo: i luoghi di Vittoria, a cura dell’Associazione Fidapa d’Ischia. Dicembre 2009 - Domenica 27 - V centenario nozze con la partecipazione dei Comuni gemellati – Torneo di scherma rinascimentale – Spettacolo equestre nel piazzale aragonese – Annullo postale a cura dell’Associazione Filatelica Isola d’Ischia. Emozioni Mare dal 3 al 13 aprile 2009 Emozioni mediterranee con la Pasqua nel golfo di Napoli. Ischia, Capri e la Penisola Sorrentina fanno da scenario a oltre trenta eventi, con in primo piano le processioni, i riti e le tipiche rappresentazioni della settimana santa. Spettacoli distribuiti nelle località marine del Golfo. Si spazia dalla musica e dal cinema alla danza e alla letteratura. Non solo spettacoli e sacre rappresentazioni. Il gusto farà la sua parte con l'enogastronomia locale e, per chi non si accontenta, tutte le informazionni sul patrimonio naturale e storico locale. Undici giornate imperdibili tra architetture mediterranee, nuove e antiche tradizioni, con un occhio alla buona cucina ed alla natura che da sola vale un viaggio. Nel segno del Sud-Africa il 7° Ischia Global Film & Music Fest Avrà luogo a Lacco Ameno dal 12 al 19 luglio 2009 e sarà dedicata al cinema del Sud-Africa la settima edizione dell’Ischia Global Film & Music Fest, l’evento più atteso dell’estate cinematografica mondiale. E sarà ancora il regista americano Paul Haggis, premio Oscar 2006 per il film “Crash”, a presiedere il comitato organizzatore dell’happening fondato e prodotto da Pascal Vicedomini e promosso dall’Accademia Internazionale Arte Ischia (presieduta da Giancarlo Carriero) con il sostegno dell’Assessorato al Turismo e Beni Culturali della Regione Campania e della Direzione Generale Cinema del Ministero per i Beni e per le Attività Culturali. Rassegna MOSTRE Napoli - Galleria Moderna del Pio Monte della Misericordia (sino al 30 maggio2009) Storie di donne La rassegna espositiva formata da circa trenta dipinti della Collezione della Provincia di Napoli propone un itinerario figurativo intorno al tema della donna, attraverso l’osservazione della pittura napoletana dell’Ottocento e del Novecento. Carmine Toro (1861-1911) - Sogni, 1911 ca. Gabriele Mattera (1929-2005) - La bagnante, 1978 La pittura del verismo della scuola del Morelli ha costantemente offerto immagini significative della storia romantica e risorgimentale nelle quali il ruolo di alcune donne è stato tale da rappresentare vere animatrici della storia dell’Ottocento, da eroina del romanzo storico a protagonista degli eventi risorgimentali. Dai temi letterari della Pia dei Tolomei o di Camiola Turinga che rifiuta il matrimonio con Orlando d’Aragona, alle “storie patrie” che la vedono simbolicamente assumere un ruolo principale nella vita del Risorgimento italiano (Eleonora Pimenthel Fonseca, I prigionieri di Castel Nuovo), la pittura dell’Ottocento ci restituisce con molta precisione immagini eloquenti della storia e delle condizioni sociali nelle quali si espresse l’intera società di quel secolo. A partire dalle donne, l’osservazione invade inevitabilmente vari campi di interesse storico, letterario ma anche demo-etnoantropologico e sociale. La pittura ci avvicina alla conoscenza degli usi e costumi delle tradizioni locali mediante una molteplicità di linguaggi che, interferendo col vivere quotidiano di quei secoli, offrono la qualità del nostro complesso e variegato territorio culturale. Osservando questi dipinti, riscontriamo una realtà italiana che, dopo l’Unità d’Italia, è fortemente legata alle società rurali e alle tradizioni della provincia (La vigilia di San Giovanni, di Carmine Toro, Un battesimo a Cassino di Giuseppe Scorrano), in altri casi vediamo come una classe di sottoproletariato urbano cerchi la propria affermazione nei gesti e nelle sue ritualità ancestrali (Il tatuaggio dell’amore di Vincenzo Migliaro). Segnali complessi e significativi della società meridionale di quel tempo nella quale va a confrontarsi la nostra identità culturale. Il passaggio col nuovo secolo offre nuove aspettative di riflessione sulla La Rassegna d’Ischia 2/2009 5 Luigi Stabile (1822 - dopo il1880) - Camiola Turinga si dispone a ricusare per sposo il principe aragonese Orlando d'Aragona, 1868 Mario Borgoni (1869-1936) Settembrina, 1911 ca. donna, attraverso lo sguardo sulla pittura del Novecento. Chiusa nell’intimità domestica di matrice borghese, nel ritratto di un adolescente o di una donna provata dalla sofferenza, la pittura del Novecento mette in evidenza tutta la solitudine e le contraddizioni sociali del secolo lasciato alle nostre spalle. I ritratti femminili sono specchio di una nuova società che le ha rese diversamente protagoniste, simbolo di una classe agiata e benestante ma anche tormentata nell’isolamento esistenziale della nuova condizione borghese. Questa lettura della società contemporanea si riflette in Pallida Mors di Mario Borgoni, in Sotto la lampada di Edgardo Curcio fino a La Bagnante di Gabriele Mattera. Il taglio tematico della mostra Storie di donne non vuole esaltare fanatismi di matrice “femminista” ma attirare l’attenzione sulla realtà della storia passata, rendendo la donna protagonista della letteratura, delle tradizioni popolari e della società di quel tempo. Catalogo e mostra sono a cura di Luisa Martorelli, editore: Arte’m. Napoli - Castel Sant’Elmo ospita (fino al 31 marzo 2009) La grande antologica Renato Mambor - In prestito dall’infinito In mostra settanta opere dagli anni '50 a oggi tra cui diversi inediti, molti dei quali creati per questa occasione. Nucleo tematico dell’esposizione è la relazione fra lo straordinario Diario degli Amici del 1967 e l’inedito Diario del 2007 a cui è dedicata una sala. Il primo si compone di venti tavole che Mambor aveva fatto realizzare dagli amici artisti, tra cui Mattiacci, Boetti, Pascali, Lombardo, Tacchi, Ceroli, Mauri, Icaro, Marotta, con il fine di rappresentare gli elementi costitutivi del linguaggio della pittura: la forma, il colore, la materia, il movimento, il tempo. La serie rappresenta uno spaccato rilevante della cultura 6 La Rassegna d’Ischia 2/2009 figurativa della fine degli anni Sessanta e propone una catalogazione delle modalità espressive degli artisti coinvolti nel progetto. I pannelli del Diario del 2007 offrono una significativa sintesi della ricerca artistica degli ultimi anni e si concentrano sulla figura umana, rappresentata attraverso il ricalco, la sagoma o la mascherina, che riproducono il profilo dell’artista e che entrano in relazione per accostamento con tutti gli altri elementi pittorici. Achille Bonito Oliva commenta: «attratto dalla moltiplicabilità anonima dell’immagine, Mambor arriva alle “campionature” di uomini “statistici”, avendo ridotto la matrice delle figure a timbro, per poi giungere ad illustrazioni di azioni e verbi elementari (camminare, abbracciare, asciugarsi, chiudere la porta) con conseguente riappropriazione del loro significato, dove è l’arte a produrre un rinnovato ed innocente apprendimento elementare, ma attraverso un’esibita neutralità esecutiva che discende dal rifiuto di considerare l’artista come un individuo privilegiato nella società». Renato Mambor, intervistato da Gianluca Ranzi, dichiara: «io dico che l’arte serve a pulire lo sguardo. I sensi sono offuscati dalle abitudini e tutto ciò che si fa e si pensa diventa immagine, stereotipo, filtro davanti agli occhi. L’arte insinua un cuneo in questo meccanismo spersonalizzante e ha il potere di ribaltarlo, in definitiva è un piccolo sforzo per muovere il pensiero». Tra le opere esposte si evidenzia Sprint (tecnica mista, 2008 - foto a fianco): alcune biciclette destrutturate sono bloccate da tavole di legno e poste l’una accanto all’altra; un’unica bicicletta è spostata più avanti e rompe la simmetria indicando una transizione di fase, un movimento, un’azione. Achille Bonito Oliva a proposito dell’artista afferma: «in definitiva Mambor allarga la nozione di museo fuori dal suo luogo fisico e la dilata confermandone l’esistenza in ogni momento in cui l’uomo acquista il potenziamento della conoscenza». Accompagna la mostra un esaustivo catalogo edito da Christian Maretti Editore con testo critico di Achille Bonito Oliva e con un’intervista all’artista di Gianluca Ranzi. Napoli - Facoltà di Ingegneria dell’Università Federico II Terremoti d’Italia (Mostra: 7 marzo - 4 aprile 2009) Il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha promosso a Napoli la mostra di carattere scientifico e storico Terremoti d’Italia, con l’intento di sensibilizzare i cittadini ed i giovani in particolare alle problematiche connesse al rischio sismico che investe drammaticamente gran parte del nostro Paese, di stimolare ad un ruolo attivo nel campo della prevenzione, di creare consapevolezza del fenomeno e delle sue caratteristiche fondamentali, di informare su ciò che si deve fare in caso di pericolo. Partendo dal racconto degli eventi [la memoria] (1) e attraverso l’approfondimento ottenuto con l’ausilio di strumentazioni e simulazioni sul rischio sismico [la conoscenza], intende offrire al visitatore strumenti utili alla salvaguardia e all’incolumità personale [la difesa]. Il fulcro dell’esposizione è rappresentato dall’area l’esperienza del terremoto dove, grazie a due grandi tavole 1) Due sottosezioni, Solidarietà e Burocrazia, riportano i momenti più toccanti del racconto storico. La sezione Solidarietà è infatti composta dalle lettere con cui gli italiani all’estero esprimevano la loro solidarietà per coloro che in patria erano stati vittime del terremoto. Tali documenti offrono anche la possibilità di percepire il tessuto socio-politico, economico e culturale in cui vivevano gli espatriati, nonché il loro senso di appartenenza al paese di origine. La sezione Burocrazia è dedicata alla ricostruzione dei fatti che portano alla creazione nel nostro paese di uffici governativi preposti all’intervento dello Stato in occasione delle calamità naturali. Il percorso espositivo presenta inoltre libri antichi, del XVII secolo, con relazioni sul terremoto, alcuni numeri del periodico “L’Illustrazione Italiana” risalenti alla fine del XIX secolo, numeri de “La Domenica del Corriere” con le colorate copertine di Achille Beltrame. vibranti che simulano il movimento sismico, il visitatore apprende gli effetti sulle persone e sulle cose attraverso percezioni sensoriali. Su di una tavola, che simula un ambiente domestico, la Stanza Sismica, i visitatori vivono da protagonisti l’esperienza del terremoto. Sull’altra, la Città Sismica è riprodotto un ambiente urbano, dove sono presenti edifici e ponti con diversi sistemi di protezione sismica, in modo che i visitatori possano “vivere” l’esperienza del terremoto dall’esterno. Le tavole vibranti rappresentano un elemento spettacolare e di sintesi dei diversi aspetti tecnico-scientifici, a partire dal quale si intraprende un percorso dedicato alla memoria e alla conoscenza del terremoto e alla difesa dai suoi effetti. Particolare attenzione è dedicata alle attività di apprendimento da parte delle scolaresche che saranno coinvolte in un laboratorio didattico realizzato con la collaborazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Le classi (ultime tre della Scuola Primaria e le tre di Scuola Secondaria di 1° grado) in visita alla mostra possono partecipare al progetto didattico Tutti giù per terra: un laboratorio didattico che introduce alle problematiche del terremoto (i ragazzi sono chiamati a sperimentare in prima persona sensazioni ed emozioni legate all’esperienza di un terremoto, e a indagare con esperimenti scientifici le conoscenze teoriche con strumenti-gioco). Dispositivi scientifici e sistemi di rilevamento antichi e moderni si ritrovano lungo il percorso espositivo che restituisce così ai visitatori la possibilità di un apprendimento multidisciplinare del fenomeno: La Rassegna d’Ischia 2/2009 7 - moderni dispositivi antisismici capaci di ridurre drasticamente gli effetti del terremoto, rappresentativi dei più moderni metodi di difesa attraverso l’azione primaria, quella di prevenzione, mediante la riduzione della vulnerabilità delle costruzioni; - strumenti di misura del terremoto di ogni epoca, dal sismoscopio cinese ai sismografi meccanici di inizio secolo, fino alle più moderne apparecchiature elettroniche ed ai complessi sistemi di monitoraggio (con questi ultimi l’intero territorio nazionale e alcune costruzioni significative vengono tenute costantemente sotto controllo dall’INGV e dal DPC per garantire la difesa più efficace, questa volta intesa come capacità di pronto intervento in emergenza e per favorire il miglioramento delle conoscenze attraverso lo studio dettagliato del fenomeno); - grandi schermi che illustrano, per migliorare la conoscenza del visitatore, come nascono e come si misurano i terremoti, quali sono i comportamenti e gli strumenti di difesa, durante e dopo un terremoto; - pannelli che rinnovano la memoria dei più importanti terremoti di un secolo di storia dell’Italia, attraverso dati tecnici, sismogrammi, giornali e foto d’epoca relativi ai singoli terremoti; - cartoline, foto, documenti d’epoca, relativi ai più importanti terremoti, provenienti dall’Archivio Centrale dello Stato, dalla Biblioteca Nazionale e da collezionisti privati, restituiscono al visitatore la memoria degli eventi; - contributi audiovisivi di repertorio completano il percorso, grazie alla collaborazione della Discoteca di Stato, l’Istituto Luce e Teche Rai. (2) Per informazioni: www.terremotiditalia.it - www.protezionecivile.it - http://www.reluis.it 2) Nella mostra è esposta anche una raccolta di opere d’arte contemporanea legate al tema del terremoto e alla memoria di luoghi in cui si è avuto tale drammatico evento: opere provenienti dalla Reggia di Caserta e appartenenti alla Collezione Terrae Motus di Lucio Amelio. Dal Museo Civico di Arte Contemporanea di Gibellina provengono opere di Guttuso, Burri, Scialoja, tele di Mario Schifano, tratte dal ciclo Natura naturans dedicato dall’artista a Gibellina. Lacco Ameno - Giardino idrotermale Negombo Festa del Delfino - VIII Edizione 14 maggio2009 In occasione della VIII edizione della Festa del Delfino, dedicata alla conservazione delle comunità di cetacei dell’Area Marina Protetta di Ischia, Procida e Vivara, si invitano le scuole Elementari e Medie Inferiori di Ischia e Procida a partecipare alla giornata a loro dedicata. Scopo della Festa del Delfino è diffondere informazioni sul declino dei delfini del Mediterraneo come una conseguenza della pesca eccessiva e del degrado dell’ambiente marino. L’Associazione Delphis s'impegna nel coinvolgimento delle comunità locali, al fine di incoraggiarle a prendersi cura dell’ambiente marino e del suo straordinario patrimonio naturale. Attraverso la diffusione di informazioni scientifiche nelle scuole si lavora per prevenire la diminuzione di questi animali, assicurando anche che la pesca artigianale continuerà a far parte del nostro patrimonio culturale. Con il supporto di insegnanti e studenti sarà possibile costruire un consenso pubblico attraverso iniziative di gestione per preservare la biodiversità insieme ai valori culturali, in opposizione a politiche a breve termine, mirate solo allo sfruttamento commerciale. Il 14 maggio dalle ore 10.00 alle ore 13.00 si terranno lezioni e conferenze gratuite che introdurranno gli studenti nel mondo dei cetacei e della loro conservazione. Per permettere allo staff di Delphis di organizzare le lezioni in modo adeguato, gli insegnanti sono invitati cortesemente a prenotarsi con le proprie classi non oltre il 30 aprile 2009 (e-mail info@delphismdc.org Segreteria Organizzativa Delphis, responsabile Barbara Mussi). 8 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Le acque di Lacco Ameno Il Pisciariello di Giuseppe Silvestri All’inizio di via 4 novembre, scendendo, sulla destra v’era un manufatto a forma rettangolare di pietra lavica facciavista, addossato al muro con due porte che aprivano lateralmente sul marciapiede, mentre davanti c’era la macchina con ruota che attingeva l’acqua dalla fonte del Pisciariello, anche nota come acqua della Conserva (1) o del Pozzillo (2). È stata ancora negli anni cinquanta, la sorgente che ha dissetato la popolazione di Lacco Ameno come già avvenuto per diversi secoli addietro. C’era costantemente un gruppo di persone più o meno folto che attendeva il proprio turno. Si utilizzavano soprattutto le cosiddette mummole di creta, che avevano la caratteristica di conservare a lungo l’acqua fresca. Generazioni diverse hanno avuto nei loro ricordi ed ancora hanno l’esperienza di essere andate per tante volte ad attingere di quell’acqua 1 L’acqua cosiddetta della Conserva sorge nella contrada Onese, un tempo di proprietà della famiglia Di Leo, mediante condotti di fabbrica per opera pubblica Comunale, che se ne comprò anche la primitiva scaturigine, si raccoglie in apposita vasca, lungo la pubblica strada che dal Lacco di Sopra, e propriamente dalla Chiesa parrocchiale della SS. Annunciata conduce alla Marina del Lacco sulla mano dritta. Si chiama ancora volgarmente Pisciarello per la doppia ragione: perché promuove il corso dell’urina, e perché per l’addietro con un prolungamento di tubi sotterranei si conduceva all’angolo della strada delle Legne, ed in quel punto per un cannello di ottone, dal terzo inferiore circa di una colonnetta di fabbrica, a bella posta ivi costrutta per darvi la caduta, perennemente scorreva per uso pubblico. Essendosene roso col passare del tempo l’interno meccanismo, più non si è curato dal Comune riattarlo, come è avvenuto ancora alla fontana in mezzo della Marina del Lacco, che anche riceveva l’acqua dall’istessa sorgente. (da Venanzio Marone, Memoria contenente un breve ragguaglio dell’isola d’Ischia e delle acque minerali, 1847, ristampa de La Rassegna d’Ischia, giugno 1996) 2 Nel Dictionnaire Encyclopédique des Sciences Médicales (1874) si legge: «L’acqua del Pozzillo (piccolo pozzo) di Lacco sorge dalla collina Neso, in un vigneto distante 250 metri dalla frazione di Pozzillo. Un condotto sotterraneo porta la sua acqua ad un pozzo abbandonato; la sua acqua fresca alla sorgente vi arriva riscaldata a 30° centigradi per il suolo vulcanico che percorre. Questa acqua è di un sapore piacevole e leggermente acidulo; la sua temperatura è di 17°, 4 centigradi, quella dell’aria essendo di 24°, 5 centigradi. La sua densità è di 1,00129. Non è stata analizzata affatto, ma si sa che contiene in proporzione inferiore gli elementi solidi e gassosi contenuti nelle acque delle altre sorgenti di Casamicciola. È adoperata in bagni, ma soprattutto in bevanda abituale, la più impiegata forse nell’asma, nelle laringiti e nelle bronchiti croniche, è certo la più attiva per combattere o prevenire la formazione di renella o di calcoli nelle vie urinarie. Perciò si è notato che mai gli abitanti di Pozzillo e dei dintorni e che bevono questa acqua minerale nei loro pasti tutto l’anno hanno sofferto di renella o di calcoli. che era utilizzata soprattutto come acqua potabile, non essendovi alternativa. E dalla fonte sgorgava fresca, limpida un poco morbida e dava conforto e dolcezza al palato oltre ad essere un’acqua diuretica (pisciariello) e dotata anche di altre proprietà positive. In una recente conversazione con Luigi Iacono, direttore di macchina in pensione e cultore della storia di Lacco Ameno, ci siamo ritrovati a parlare del Pisciariello e tra l’altro ne abbiamo, grazie alla sua conoscenza diretta, ricostruita la struttura che mi sembra interessante e degna di essere proposta. Dalla porta laterale, scendendo una decina di scalini, si accedeva alla vasca in cui si raccoglieva l’acqua che era alla fine di un tunnel largo un paio di metri ed altrettanto alto. Tutto realizzato a volta. Al centro in basso iniziavano le vasche di raccolta dell’acqua, in tutto 22, di forma quadrata. Ognuna si collegava alla precedente tramite un canale costruito anch’esso con impasto di lapilli e calce. Il tunnel proseguiva verso l’alto in direzione sud est fino a raggiungere la sorgente in località Neso. Dalla sorgente l’acqua scendeva e passando di vasca in vasca perdeva residui di terreno ed impurità per arrivare limpida e pura alla fine del percorso. All’esterno, in corrispondenza del tunnel v’erano due pozzi chiusi da grate di ferro che servivano per ispezionare e per dare luce ed aria alla struttura sottostante. Uno era nelle vicinanze dell’incrocio di via Fundera con il letto di lava (‘u ponte ‘a lava) era costruito in facciavista aveva forma pressoché quadrata con il lato di circa due metri. Soltanto da qualche anno è stato eliminato per ampliare il parcheggio. L’altro pozzo era sulla verticale della sorgente ed è stato eliminato nel 1985. E’ probabile che il tunnel passasse sotto il letto di lava (adesso coperto) per andare a prelevare l’acqua alla sorgente nella zona del Neso. Evidentemente si è sempre pensato di portare l’acqua del Pisciariello verso il centro del paese, e questo già nel 1700 (lo storico d’Ascia precisa che nel cammino l’acqua diventava termale, fino al grado 26 R, a cagione del calore del suolo). Ancora negli anni 1950 fu portata all’angolo della piazza del Capitello e con scarsissimo successo alla Marina, angolo di via Roma con via Pannella Vecchia, La Rassegna d’Ischia 2/2009 9 ma vi giungeva in quantità scarsa e soprattutto calda. È da dire che Lacco Ameno andava trasformandosi e negli anni 1950 si avviava a diventare un centro turistico addirittura internazionale; ci fu un incremento demografico e quindi nuove esigenze anche dal punto di vista idrico, che furono risolte tramite navi cisterne che partivano dal porto di Napoli, e infine con la realizzazione dell’acquedotto. E dunque alla fine degli anni cinquanta la fonte del Pisciariello fu definitivamente chiusa, perché si disse che era inquinata e perché non era ormai sufficiente a soddisfare le nuove esigenze del paese. Doveva essere l’anno 1959. Se ne sentiva però la mancanza ed infatti in una seduta del consiglio Comunale del 17 settembre 1960 (scadenza del mandato elettorale), alle comunicazioni del sindaco Mennella segue un intervento dell’assessore delegato comm. Ciannelli che dopo aver espresso al sindaco il plauso del Consiglio per l’intelligenza con cui aveva presieduto l’Amministrazione in tutto il quadriennio di attività, manifesta l’augurio che due problemi di notevole importanza vengano affrontati e risolti ancora in questo scorcio di amministrazione o nell’altro, e cioè il ripristino della fonte d’acqua denominata Pisciariello e l’industria della Tonnara. Ma l’una e l’altra che erano state parti fondamentali della vita del paese per diversi secoli erano ormai destinate Lacco Ameno - Corso 4 Novembre a scomparire per sempre. Peccato che non ne sia rimasta alcuna traccia o quache ricordo. Ed a proposito del Pisciariello il d’Ascia (3) in una bellissima pagina descrive e fa rivivere come in un poetico affresco il giornaliero impegno delle giovinette lacchesi che soprattutto avevano il compito di andare a prendere l’acqua alla fonte. «È l’ora che si avvicina al tramonto, le figlie dei pescatori e degli ortolani della pianura e della spiaggia del Lacco, sbucano da ogni parte ed in frotta vanno alla sorgente di due pozzi pubblici alla cava del Pozzillo, ad attingere l’acqua per uso domestico. Bello è a vedere queste giovinette dal colore brunetto, dagli occhi vivaci, dalla taglia svelta, e l’andatura leggiera, portando una grande brocca sul capo acconciato discretamente, correre alla fonte per riempire il vaso, e riportarlo con disinvoltura ed equilibrio senza curarne il peso, e senza pericolo di guastarsi l’acconciatura della testa coverta da piccolo fazzoletto, che a guisa di retina o cuffietta, ovvero piegato a coda, chiude le sole trecce, facendo vedere i bruni capelli divisi sulla fronte a grazioso panneggio, senza timore di bagnarsi le spalle coverte dalla sola camicia, dall’attillato corsè, e dal fazzoletto del collo piegato a scolla, le braccia ignude fino al gomito. E’ correre e spingersi e canterellare, e andare e venire con una spensieratezza, con una festa che solo si possono assaporare nei verdi anni delle illusioni e delle speranze. Le lacchese sono graziose e simpatiche, un solo difetto guasta la maggior parte di quei graziosi e simpatici brunetti visini, la dentatura macchiata dall’acqua muriatica dei pozzi sorgivi accanto al mare della quale fanno uso». È ancora opportuno ricordare che nella storia amministrativa del Comune Lacco Ameno - Corso 4 Novembre visto dal Capitello 10 La Rassegna d’Ischia 2/2009 3 Giuseppe d’Ascia, Storia dell’isola d’Ischia, pag. 411. di Lacco Ameno, c’è spesso riferimento al Pisciariello che rappresentava la fonte di approvvigionamento idrico certamente più importante, come si evince dai registri delle delibere consiliari. Bisognava infatti intervenire spesso per lavori di manutenzione, di pulizia e di riparazione all’impianto. Un avvenimento dovette essere l’installazione della pompa che trova concretizzazione nelle delibere di Giunta n. 227 e 237 del 1889 che sono le seguenti: Seduta di Giunta dell’anno 1889 il giorno 4 giugno sono intervenuti all’adunanza i signori: Frisicchio Sergio Sindaco Presidente, Manzo Gennaro e Piro Carlo assessori. Con la medesima seduta il Presidente presenta alla Giunta un notamento di spese fatte per l’impianto della pompa all’unica sorgente di acqua potabile del Pisciariello in esecuzione della deliberazione di questo Consiglio del 17 febbraio ultimo. Quale notamento ascende alla somma di lire 295 e cent. 71 ed invita la Giunta ad esaminarlo e stabilire il conto da prendersi la indicata somma. La Giunta sulla proposta del Presidente, esaminato il notamento che trova regolare approva la spesa ed all’unanimità delibera che la somma di lire 295 e cent. 71 erogata per l’impianto della pompa al pozzo pubblico sia pagata alla persona indicata nel notamento prelevandola dall’art. 32 cat. 6 titolo 1 bilancio 1889 stanziato per manutenzione di acquedotti e pozzi pubblici. E poiché l’art. stesso è insufficiente alla bisogna, delibera pure di impinguarsi di altre lire 180.81 che verranno stornate Lacco Ameno - La zona del Neso dall’art. 44 cat. 9 titolo 1 del medesimo bilancio stanziato per vari rimborsi di quote inesigibili che ne offre la capienza. Stante l’urgenza del pagamento la presente deliberazione va presa ai sensi ed agli effetti dell’art.18 della legge comunale e provinciale. «L’anno 1889 il giorno 19 luglio nella sala delle adunanze municipali di Lacco Ameno si è riunita la Giunta di questo comune. Sono intervenuti il sig: Frisicchio Sergio, sindaco presidente, Manzo Gennaro e Piro Carlo assessori. Il Presidente espone alla Giunta che il sig. Pattison ha chiesto il rimborso delle spese fatte per la visita sopraluogo onde elevare il progetto per l’impianto della pompa del pubblico pozzo di questo Comune. Quale spesa fa ascendere a lire 50 epperò invita la Giunta a disporre il fondo da prelevarsi per la relativa spesa . La Giunta, visti gli atti della ditta Pattison e considerato che questa spesa è stata giudicata tra quelle indicate per l’impianto della pompa, delibera all’unanimità pagarsi al sig. Pattison la somma di lire 30 invece di 50 giusta la richiesta e ciò in via di transazione del compenso dovuto all’ingegnere che venne a verificare il locale dove piazzarsi la pompa. Tale somma sarà data dall’art. 56 cat. 9 titolo 2 bilancio 1889. Stanziate le spese casuali ed impreviste. Per il Sindaco Presidente Carlo Piro Calise. Segretario Elia Castagna. Si trattava di una pompa a stantuffo, tipo inglese ad un solo pistone. I pezzi che la componevano erano di bronzo ed anche le due manovelle che erano in comunicazione con una ruota pesante una settantina di chilogrammi girando la quale si azionava la pompa che attingeva l’acqua. Ciò avveniva tramite la manovella a forma di T applicata sull’asta del pistone che azionato nel cilindro aspirava acqua che terminava il suo corso nel rubinetto. La pompa richiedeva un’accurata manutenzione. Per essa si adoperarono nel 1900 l’ing. Caccioppoli, Calise Francesco detto Mussoloro, Silvio Carlo, Monti Pietro Paolo ed infine Iacono Francesco Paolo detto Pasticciotto. Bisognava cambiare soprattutto gli anelli (premitrecce) di cuoio lubrificati con grasso di animali. Servivano per evitare che la pompa perdesse compressione Quando la pompa non pescava, per riavviarla bisognava versare un poco di acqua nel cilindro. Comunque con la pompa a stantuffo raramente si rimaneva senza acqua e funzionava sia di notte che di giorno. Negli anni ‘50 la vecchia pompa a stantuffo fu sostituita da una elettrica a forza centrifuga. Installatore fu Iacono Francesco Paolo che ne tenne anche la manutenzione fino a quando è rimasto attivato il Pisciariello.(1959-60). Sono ancora da citare i trasportatori di acqua per le persone che non potevano provvedere direttamente. Vincenzo Patalano detto Ciustariello, Chiara Aiello detta Chiarina con i figli Raffaele e Peppino (quando erano ragazzi) detti Chiarinielli; Nannina l’Acquaiola (Miragliuolo Anna) ed il figlio Carlo Silvio. Al Pisciariello quasi ogni giorno giungevano carrozze per abbeverare i cavalli. Ricordiamo quelle di Fabrizio Di Costanzo, di Luigi Petrucci, di Giovanni Scotti ed ancora di Raffaele Ballirano detto Schinizz, di Salvatore Schiazzano. Da Casamicciola e da Forio venivano carrozze che portavano i villeggianti a bere l’acqua del Pisciariello. Giuseppe Silvestri La Rassegna d’Ischia 2/2009 11 Il Manoscritto di Frat’Agostino del «Venerabile Convento di Sa Maria della Scala» di Giovanni Castagna Il manoscritto, intitolato «Legati» e inserito fra le pagine della Platea corrente, si compone di otto fogli piegati verticalmente per un totale di trentadue pagine, numerate di recente (penna biro, colore rosso). Si tratta, in realtà, di un elenco di vari lasciti a favore del Convento degli agostiniani di S. Maria della Scala del borgo Celsa, lasciti che, con più precisioni, sono trascritti anche nella Platea corrente. Pur nella monotona ripetizione, obbligatoria in questo genere, (anno, carlini, 12 La Rassegna d’Ischia 2/2009 lasciare, lascito, messa…) s’incontrano a volte notazioni interessanti: nomi di luoghi, alcuni scomparsi, di soprannomi, ma, soprattutto, tratti fonetici che rivelano l’origine napoletana, più precisamente, ischitana, del redattore. Degno di nota è il lascito di Vittoria Colonna di cui non si avevano notizie, almeno a nostra conoscenza: «Lascito dell’Illma Vittoria Colonda Marchesa di Piscaro lascia quattro cannate d’oglio a quel tempo bisogno che fossero stati quattro stari alla misura d’hoggi di questo lascito credo che poco sene sia hauuto e quasi niente che per Io Frat’Agostino per hauere sessanta anni non mi ricordo mai tal cosa» (p.4). Questa trascrizione ci dà la possibilità di conoscere il nome del redattore, Frat’Agostino, di cui parleremo in seguito. All’inizio Frat’Agostino crede opportuno ricordare i nomi dei fondatori del Convento: «Pietro salua Coscia e Conte billano lascio obigo di due messe la settimana all’Altare Magre quale fu fondatore del nostro Convento et li lasciò tutto quello ch’hauea nell’Isola d’Ischia […]» (pg. 3). Opinione piuttosto corrente fino a quando Agostino Lauro, sulla base di una «relazione» o «rapporto», come scrive, che risale al 1650, ha precisato che «i Salvacossa ne furono patroni e benefattori, ma non è certo che ne siano i fondatori» (1). L’annotazione a matita sulla prima pagina, cui abbiamo accennato, è la seguente: «scritto dopo il 1620 cfr. pag 15. Probabilmente compilato nel 1640-50 quando fu richiesta la relazione sui conventi ed il compilatore P. Agostino (cfr. pag. 4) dev’essere P. Agostino di Recene che compare tra i firmatari della relazione sul Convento del Soccorso di Forio». L’estensore della nota ha letto male la data trascritta a pagina 15, si tratta del 1610. Per sincerarsene basta confrontare l’uno che determina le migliaia e l’uno che indica la decina: ambedue comportano un punto soprascritto, come anche a pag. 18 (p° marzo 1621, data evidenziata con tratti verticali tracciati con la stessa matita con cui è scritta l’annotazione) 1) Lauro A., La chiesa e il convento degli agostiniani nel Borgo di Celsa… in Ricerche Contributi e Memorie,periodo 1944-1970, vol. I p. 613 È molto probabile, inoltre, che nel trascrivere la data, ci sia stata un’inversione di cifre: 1610 per 1601. Nella Platea corrente, a pagina 29, si legge, infatti: «1601 adì 2 Aprile Vittoria di Maria, vedova del fu Francesco del Piano nel suo ultimo testamento dichiara erede D. Vincenzo del Piano suo figliastro con peso di diversi legati, fra quali annovi carlini venti al Venerabile Convento di S. Ma della Scala d’Ischia, oltre gl’altri venti lasciati dal fu Francesco suo marito come questo ed altro in esso testamento rogato per il Not.° Gio. Aniello di Francesco li 2 Aprile 1601 […]». Come si vede anche il cognome non concorda. L’altra precisazione della nota neanche ci convince e cioè: «probabilmente compilato nel 1640-50, quando fu richiesta la relazione sui conventi». A pagina 12, infatti, si legge: «Francesco Imploto lascia certe case e terre e scappa e selve dove se dice Cofa vicino alli beni d’aurelio Melluso con dua touaglia di state fatta in tempo della peste con obigo d’una messa la settimana di queste terre non se ne haue nulla.» L’espressione sembra indicare che sia già passato del tempo della peste (1656). Per quanto concerne il nome del compilatore siamo piuttosto del parere che si tratti di Padre Agostino Calise, probabilmente di Panza. Nel luglio 1603 il Convento prese possesso di alcuni beni appartenenti a religiosi del convento stesso, fra i nomi c’è quello di Frate Agostino Calise: «1603 adì 10 luglio Dal Venerabile Convento di S. Maria della Scala d’Ischia fu preso il possesso di diversi beni stabili spettati a diversi religiosi del medesimo convento: cioè, un censo di docati 50 dovuti da Giovanni Migliaccio su d’una terra sita nel Casale di Panza, e proprio dove si dice Casa Iacono per istromento fatto per il Not.° Gio. Domenico Vitale, venduto a Frà Agostino Calise per il Not.° Casdia. Annovi docati quattro e mezzo da Tomaso d’Ambra e suo fratello per istromento per il Not.° Gio.Domenico Vitale, ed altri beni mobili spettati ad esso Frà Agostino […] come questo ed altro nell’istromento fatto per il Not.° Gio.Aniello de Francesco di Napoli li 10 luglio 1603» (p.127 ) Che fosse un ischitano si nota da alcuni tratti fonetici e, soprattutto, per una frequente ipercorrezione del nesso «nn» che passa a «nd» del tipo Colonna>Colonda, anno>ando, vanno>vando… e viceversa, casi del tipo «quondam» che diventa «connam», ipercorrezioni che riscontriamo spesso nelle registri anagrafici parrocchiali del 1600; parole, inoltre del tipo «commento, cammara, lunnedì, uennerdi,, vinticinq» ed infine il bel plurale per indicare la famiglia Pesce: «i Pisci». Certamente, co- munque, era un panzese o foriano: «vicino allo chieno del Vescovo» (p. 10). Non crediamo che si tratti di una relazione o rapporto da inviare alle istanze superiori, ma piuttosto una lista da trasmettere ad un collettore più giovane. Egli stesso, d’altronde, si presenta come «vecchio collettore»: «per quanto ne so io vecchio collettore» (p. 21) ed al momento della trascrizione ha 60 anni: «di questo lascito (quello di Vittoria Colonna) credo che poco se ne sia hauuto e quasi niente che per Io Frat’Agostino, per hauere sessanta anni, non mi ricordo mai tal cosa.» (p.3), ed è collettore da 20 anni, «quali Io collettore di uint’anni» (p. 11). In tutte le sue trascrizioni si ha piuttosto l’impressione che si affidi ai suoi ricordi: «questo ne so io» (p.13), «non mi ricordo mai tal cosa» (p. 4) «bisogna cacciar lo strumento» (p. 18), «al prettorio non dice quel che lascia» (p. 14)… Le espressioni «bisogna vedere», «saria bene veder il testamento, lo strumento», ricorrono spesso. Ci tiene a mettere in risalto «lo parere» suo «per coscienza». In altri termini ha fatto tutto quello che era possibile, nonostante un «prettorio» (deposito, archivio) ove vi sono strumenti mangiati «di surici» (p.3). Alla fine, quasi rassegnato, perché di parecchi legati «il convento non have nulla né è per averne mai», conclude: «pensateci vui mò» (p. 21). Pag 1 LEGATI (a matita): scritto dopo il 1620 cfr. pag 15. - probabilmente compilata nel 164050 quando fu richiesta la relazione sui conventi ed il compilatore P. Agostino (cfr. pag.4) dev’essere P. Agostino di Recene che compare tra i firmatari della relazione sul Convento del Soccorso di Forio. Pag. 2 1529 Pag. 3 Intrate ed Oblighi messe del Convento 1 - Pietro salua Coscia e Conte billano lascio obigo di due messe la settimana La Rassegna d’Ischia 2/2009 13 all’Altare Magre quale fu fondatore del nostro Convento et li lasciò tutto quello ch’hauea nell’Isola d’Ischia, Case vigne ancora molti terratorij ch’haueua in Furio che n’hauimo trenta quattro tommola di grano l’hanno, et più cose che non si ponno leggere allo stromento per essere mangiato di surici lascia anchora messa il giorno quale lasciano una Selua alla Molara che quando li venne ogni novi anni se ne ha sessanta ducati 2 Meo Taliercio lascia una messa la settimana all’Altre di santo Nicola di Tolentino per certe terre lasciate conforme dice al prettorio Pag. 4 Obligo tener la lampa accesa al SS. Sacramento 3 - Lascito dell’Illma Vittoria Colonda Marchesa di Piscaro lascia quattro cannate d’oglio a quel tempo bisogno che fossero stati quattro stari alla misura d’hoggi di questo lascito credo che poco sene sia hauuto e quasi niente che per Io Frat’Agostino per hauere sessanta anni non mi ricordo mai tal cosa 4- Dote alla Cappella di S. Mara Vecchia fatta da Giuliano bruno di carlini sette et tre carlini per una messa cantata il giorno della feste sua che sono in tutto carlini dieci 5- Simona Saracusana lascia terra aiuola per una messa la settimana quale lo commento ne perciepe hoggi più di nove ducati. Pag. 5 6 - Lascito d’Andriella Viuera Romana vedova. Un’onza d oro et dieci carlini l’ando per uno magazeneno cioè case sotto e sopra censuate l’affitto a quel tempo pertanto a un nostro frate Frà Salvatore di maio con patto ch’hauesse dopo morte da dare al Convento la sopradetta onza d’oro e carlini dieci l’anno al Convento con peso una messa la settimana queste credo che siano le cammare dove stà mastro Antonio. 7 - Lascito di Mauritio Abate di una messa la settimana da rosa novella per uinti carlini l’anno con peso d’una messa la settimana. 8 - Lascito d’un magazeno a Ceusa da uinturella pretiosa et Riccardo marandola suo marito con peso di tenere la lampada accesa avanto il Sacramento che debbiano ogni domenecha et giorni festiui accendere due cannele di cera bianca che ne vando dodici a li frati Pag. 6 9 - Istromento di Rosa Manfitana dove fa erede di tutti suoi beni vincenzo fogliano suo nepote et raimo figlio di detto vincenzo et fra Marino Migliaccio lo fa eseguitore di tutt’i legati che lascia la detta Rosa lascia la trent’una e la quarant’una et eredifica la prima donatione già fatta al sopra detto uincenzo figliano. 10 - Lascito di mastro Francesco di veza depositario di una messa lo mese alla Cappella di S.to Sabastiano et ancora la vigilia di S.to Sabastiano allo primo vespero uno giorno innanzi dalla festa si debbano dispenzare a poveri un mezzo tommolo di grano fatto in biscottelli e vino et far l’altare grande di questo lascito lo Commento n’ha una massaria dove si dice cala brache a Casa micciola ne havimo sei du cati l’anno et infeteotico. Pag. 7 11 - Testamento di Iann’Emilia Rosa quale lascia a mastro 14 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Baldassar fontanaRosa certe case dintro la terra che si debbiano pagare trenta carlini l’anno già ch’hoggi noi l’hauimo con peso di trentuna messa l’anno. 12 - Testamento di Madamma Antonella di Vito quale lascia al nostro Convento tutti suoi beni mobili stabili soppelletti di casa cioè quali sono pervenuti per sue erdita imparte per raggione d’eredità delle robbe di sua madre brunella e del connam fratello marino e della condam Isabella sua sorella con patto e conditione che li padri siano tenuti ogni settimana dire una messa per l’anima sua e di suoi parenti et quel giorno di sua morte celebrare ogn’anno un anniversario obligo stretto per coscienza di osservarsi altrimente siano tenuti a restitutione. Pag. 8 13 - Obligo di uinte messe l’anno lasciato alla Cappella di S.to Filippo Jacobo da Pier Luiso Ronto in cenzo di ducati cinque l’anno con ancora due anniversarij l’ando uno per Vincenzo et un altro per pier luiso di questo cenzo credo non si n’habbia hauuto mai niente et neanco se ne hauerà. 14 - Lascito di Fusco Baldura di dudici carlini l’anno per uinte messe l’anno et poi barrello suo figlio ne agiugne dieci di più che sono in tutto trenta messe lo Commento non ne riceve sol che dodici carlini. 15 - Testamento di D.Mariella Siuera lascia erede fra Marino Galatola suo figlio vole di una terra a mataresci che delli frutti di detta terra li faccia dire una messa la settimana in perpetuo alla sua Cappella di Santa Trinità. 16 - Lascito di Gio.Buonsignore lascia dieci carlini l’anno in perpetuo per una messa lo mese e lo commento li riceve q dieci carlini. Pag. 9 17 - Testamento di Gio. Lubrano di Procida di carlini cinque l’anno in perpetuo quali lo commento hoggi lo riceue con peso d’un anniversario l’anno. 18 - Obligo d’una messa la settimana lascia Bernardino polito di Furio carlini trenta cinque già lo commento lo riceue. 19 - Lurita mellosa un anniversario l’anno due tarì. 20 - Lascito di Pietro Boccainfoso tarì quattro per otto messe l’anno. 21- Lascito di Lucia farese moglie prima che fu di mastro fabio di sirabello di carlini sei l’anno con peso di dodeci messe. 22 -Lascito di Pasquale Cacciutto di Procida di carlini dieci lanno con peso di dodeci messe lanno Pag. 10 23 - Ligato di Gio.Pesce per certe case, orto, ovre piscine allo Testaccio vicino allo chieno dello Vescovo con obligo d’una messa la settimana questo legato lo convento non haue nulla ne è per haverne mai. Testamento 24 - Lascito di Filitiana Corcia di carlini sei l’anno per dodici messe. 25 - Lascito di Benedetto Agnese alla Cappella di santo nicola di baro per una messa ogni lunnedì che sono quarant’otto messe l’anno dico lascia uinti carlini pero di questi se ne hanno solo carlini dieci di fontana l’altri dieci bisogna litigarli. 26 - Lascito di Notar Gio. anello Mancuso a Santa Lucia sua cappella ducati tre con peso d’una messa la settimana Pag. 11 27 - Lascito di carlini uinti l’anno dal Magco Gio.Batta Angnola sopra una sua casa in Ischia con peso d’una messa la settimana da dirsi al suo altare di Santa Maria della Consolazione. 28 - Lascito di ducati dodici dalli pisci Gio.Paulo Vechio alla Cappella del Soccorso con obligo d’una messa il giorno et anco fare dire un anniversario l’anno per l’anima di suoi morti et farici una cona di Santa Maria del Soccorso di prezzo docati uinticinque a spese del Convento la cona e fatta delli ducati dudici che lascia lo conuento non ha altro che ducati dieci gerati a tonno Juorio l’altri duo li deve pagare l’aerede di detto Gio.Pauo quali Io collettore di uint’anni bisogna ne devea Gio.Francisco erede di Gio.Paulo che li paga. Pag. 12 29 - Lascito di Salustio Vecchio lascio di ducati quatro l’anno con obligo di due messe la settimana et due officij di morti auenterdi che di questi censi di quattro ducati si ne hando legumi a fontana carlini uinti quatro et altri carlini tridici se pagano d’un magazeno uici allo ponto che se n’è mezzo caduto quale hoggi lopone de le eredi fu mastro Christo fano Colasirto. 30 - Francesco Imploto lascia certe case e terre e scappa e selve dove se dice Cofa vicino alli beni d’aurelio Melluso con dua touaglia di state fatta in tempo della peste con obigo d’una messa la settimana di queste terre non se ne haue nulla. 31 - Lascito di Salvatore di Alesandro sopra una casa seu cammara a Celli con peso d’una messa la settimana dico lascia ducati quattro sopra detta camera. Pag. 13 32 - Istrumento di Vicenzo pesce che lascia tutti suoi beni al conuento non si troua lo nome de lo notaro che l’haue fatto alla stessa copia et uole che si prega Iddio per esso. 33 - Lascito di Lugretia Mellosa quale lascia obligo perpetuo alli suoi eredi far dire una messa lomese lo lunedi per l’anima sua e suoi morti la trent’uno e quarantuno non so che lascia se po’ vedere sotto il N° 20 in carta bambacina. 34 - Lascito di Pietrillo in in Corbera di una terra santa barbara in Casa micciola con peso di dodici messe l’anno et una messa cantata dopo la prima domenica d’agosto al prettorio dice che ci sono altri oblighi da dirsi in chiesa nostra quali io non li trouo scritti dice ancora che qa terra a quel tempo fo’ affittata per cinque tommola di grano questo legato si trova in un mazzo di carta al deposito senz’anno e mese e giorni reposto sotto il n° quattro però hora di qa terra non si hanno solo più di dice dotto carlini lanno questo ne sò io. Pag. 14 35 -Lascito di Gio:Vicenzo Anello planterio di ducati cinque l’anno con peso di cinquanta messe l’anno. 36 - Camilla mollese lascia carlini quindici lanno per quindici messe bisogna vedere lo stromento che sta obligato Mase Mancuso paga questo cenzo allo conuento overo li legati della detta Camilla. 37 - Lascito di Gio.Angelo Capalto bisogna vedere lo stromento in cascia n° (alla fine della cancellatura si legge …20) n°1 (spazio bianco) 180 perch’al pretorio non dice quello che lascia 38 - E più un altro lascito di Gio.Antonio Capalto suo figlio di carlini uinticinq lanno alla loro cappella bisogna pur vedere lo legato di detto Gio.Antonio che peso lascia. Pag. 15 39 - Lascito di Giulia Mazzella moglie che fu di francesco sasso e madre Padre Baccillier Gregorio di ducati quattro lanno con peso di quaranta messe alla Cappella delli Ino centi. 40 - E più un altro lascito di francisco sasso suo marito di carlini uinti lanno con peso di uinte messe lanno all’altar dell Innocenti. 41 - Lascito del Sig.r Frabritio Fortunato di quattro ducati lanno con peso di quaranta messe lanno all altare del Crocefisso louennerdi 42 - Lascito di Prisca Rosa Noschina di Procida moglie che fu di Bartolomeo Mascolo carlini sette lanno per sette messe lanno 43 - Lascito di Vittoria di marino ducati dua lanno da celebrarsi tante messe lanno per lanima sua bisogna ueder lo stromento notar Anello di francesco alli dui aprile 1610. Pag. 16 44 - Micco Morgione morto stà obligato al conuento di carlini dodici e mezzo lanno per un lascito della pa moglie filitiana sassene con peso di otto messe lanno. 45 - Lascito di Cicco Cigliano di carlini dieci lanno con peso di sei messe lanno. 46 - Tolla Jacona di Vicenzo jacono di Forio moglie che fu d’andrea lascia carlini dieci lanno con peso di diece messe. 47 - Angiolillo Spinitillo lascia otto carlini lanno con peso di un Anniversario overo otto messe lanno bisogna vedere lo legato che io penso (?) messe et anniversario allo prettorio. 48 - Filidoro di martino lascia carlini sei per dodici lanno. 49 - Gio. Dco Colonna alias Caparra lascia carlini sei lanno con peso di un anniversario lanno. Pag. 17 50 - Lascito di mastro Gio. batta mormino di carlini uinti lanno con peso d’una messa la settimana et una cantata la pa doca di maggio alla loro Cappella S.M.d.S. 51 - Un altro lascito alla sopra detta Cappella da Gigante mormilo di carlini quindici lanno con peso di quindici messe. 52 - Lascito di donato foglia alla sua Capa di carlini Vitti quattro non so poi se sono per la donatione della Capa overo obligo di messe l’Istromento n° 181. 53 - Un altro lascito di bernardino foglia di diecesette carlini lanno gerati dallo detto per uno cenzo che detto haueua lanno da Col Angelo migliaccio Vecchio pero lo Pe Priore ch’esso ha visto lo strumento a lo deposito che obligo di messe lascia, ancora dice il detto Pre Priore che ha visto lo strumento in deposito del sopra detto trentotto carlini di questo foglia obligo che lascia overo bisogna vederlo di nuovo. Voltala del sopra detto lascito. La Rassegna d’Ischia 2/2009 15 Pag. 18 54 - Un altro lascito da donato Foglia di ducati trentacinq cioè di carlini trentacinque lanno incomincia lanno p° di marzo 1621 comincia lo pagamento et da uqel tempo si debbiano cominciare a dire le messe per carlini trentacinq lanno dodici messe lanno ogni prtmo di mese una messa un anniversario lo p° di marzo per l’anima sua. 55 - Giuseppe di Zeppa alias di manzo carlini sei paga lo detto per l’anima di sua madre lasciata dalla detta bisogna vedere lo legato fatto da notar Gio. Anello mancuso overo da No Anello de francesco per vedere che lascia d’obligo 56 - Nicola di Luca et fratelli pagano sei carlini al Convento pe tante messe per un lascito di sabastiano suo padre per vedere lo lascito bisogna cacciare lo testamto fatto da Naro Anello di Francisco Pag. 19 57 - Paulo di Zeppa alias di manzo lascia carlini sei lanno però con peso di sei messe lanno ma saria bene vedere lo testamento per sapere quello che lascia lo testamto Notro Gio.Anello mancuso overo Notaro Anello di Francisco 58 - Prudentia castalda lascia Carlni uinti lanno al Convento con peso di vinti messe lanno però saria bene vedere lo testamento che lo collettore Frà Tomaso di pavia (scritto a lapis Di Martina) ne sa il tutto hauendo fatta fare la girata di detto lascito e questo e lo parere mio per coscienza. 59 - Costanza di Meglio madre che fu di Gioseppe Norato alias Sollecca lascia tarì tre lanno al Convto bisogna vedere lo testamto fatto da notaro anello Francesco che peso lascia di messe overo anniversario. 60 - Lascito di Gioseppe Pilato di carlini uinti lanno con peso di quindici messe lanno. Premio Ischia Internazionale di Giornalismo (segue da pagina 2) Un riconoscimento sarà assegnato all’“Informazione per i diritti umani” con la partecipazione in giuria del Vice Presidente del Senato Emma Bonino, già Commissario dell’Unione Europea. Il Comitato per l’assegnazione del “Giornalista sportivo dell’anno” è composto dai giornalisti Enrico Varriale, Piercarlo Presutti, Manuela Righini, Antonello Valentini, Massimo Corcione, Danilo di Tommaso e Maurizio Ughi. Saranno invitati ad Ischia rappresentanti degli studenti delle principali Università Italiane di Giornalismo. Oltre all’Alto Patronato del Presidente della Repubblica il Premio Ischia avrà i patrocinii istituzionali e la presenza del Presidente della Giunta della Regione Campania Antonio Bassolino, del Presidente Confcommercio di Napoli Maurizio Maddaloni, del Presidente dell’Istituto di Credito Sportivo Andrea Cardinaletti, del Sindaco di Ischia Giuseppe Ferrandino, del Sindaco di Lacco 16 La Rassegna d’Ischia 2/2009 61 - E più un altro lascito fraustina Morgione di sei carlini lanno con peso di sei messe lanno. Pag. 20 62 - Lascito di Camilla migliaccio madre che fu di Cesaro di Meglio alias spagnuolo di dodici carlini lanno con peso di dodici messe lanno però saria bene vedere lo testamento che l’ ha fatto Not° Gio.Anello Mancuso. 63 - E più un altro lascito di Colo suo fratello di carlini uinti cinq lanno lasciati lo sopra detto luno e laltro alla cappella di Santa Caterina vicino all’altre magre con peso di uinticinq messe lanno e lo testamento l’ha fatto Not.° come di sopra pero Cesaro di meglio alias spagniuolo sta obligatato di dutti li dua sopa dtti censi con stromento fatto di nuovo dal soptto notaro saria bene vedere qo ultimo stromento fatto con cesaro et oblighi ci sono. Pag.21 Un lascito di Giosep. 64 - Lascito della cappella di Sta Caterina quale era prima dentro la nostra sacristia lasciati ciò è la dota nicola malfetano di uinti carlini lanno per una messa la settimana per quanto ne so io collettore uecchio non se n’hanno soli che tridici carlini pensatici vui mò. Pag. 22 «Sig.a M» Pag. 23 «Il Pesce uinnolo della petra dello pesce caso di mastro» Pagine 24/32 bianche tranne pag. 25 ove si legge « il Pesce» Ameno Restituta Irace, del Presidente della Commissione bilancio della Regione Campania Nicola Marrazzo, del Presidente della Federazione Italiana della Stampa Franco Siddi e del Presidente Ordine Nazionale dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli. La cerimonia di consegna dei Premi si terrà dall’1 al 4 luglio 2009 nell’ “Antico Borgo di Ischia Ponte”, nella splendida cornice del Castello Aragonese, e sarà ripresa, in prima serata, da un’emittente televisiva nazionale. Incursioni barbaresche del XVI secolo Kurtògoli il corsaro ai Maronti di Nunzio Albanelli La segreta speranza - Giovanni, giovane di buona famiglia, viveva nel borgo di Celsa, dedito per lo più ai suoi studi. Il padre infatti, rimasto vedovo, aveva riposto le sue speranze su di lui, che voleva assolutamente avvocato. Perciò, dopo avergli procurato un eccellente precettore, seguiva con ansia malcelata i progressi negli studi da parte del figlio, in particolare da quando lo aveva convinto a frequentare l’Università di Napoli. Giovanni dal canto suo s’impegnava con zelo per soddisfare le attese del genitore, consapevole com’era che questi, da quando aveva perduto la moglie, non aveva alcun’altra aspirazione che vederlo ben sistemato come usava allora. Tuttavia in cuor suo il giovane avrebbe preferito esercitare il mestiere delle armi, verso il quale nutriva una vera e propria propensione. Spesso infatti nei tornei aveva riportato significativi successi, suscitando ammirazione e compiacimento anche negli stessi signori del Castello Aragonese. Persino in occasione delle fastose nozze di Ferrante d’Avalos e Vittoria Colonna, celebrate il 27 dicembre 1509, egli aveva sorpreso tutti segnalandosi nel torneo indetto nella circostanza. Aveva infatti scalzato di sella un avversario tenendogli poi testa con la spada e nella successiva partita di caccia aveva abbattuto un grosso cinghiale. In breve aveva individuato in Ferrante il suo modello e perciò non si dava pace dal momento in cui aveva saputo che era partito per il fronte. Più che dello scudo d’argento ricevuto in premio da Ferrante e del nastro serico attaccato dalla sposa Vittoria alla destra della sua spada, sul quale erano stati ricamati in oro i nomi degli sposi, Giovanni andava fiero degli elogi che gli venivano rivolti e soprattutto della promessa di Ferrante che presto lo avrebbe condotto con sé al fronte. Il vecchio padre invece, pur compiaciuto, era veramente preoccupato per il timore di perdere quell’unico figlio, oggetto di tutte le sue cure. Ecco perché coglieva tutte le occasioni per tenerlo occupato, permettendogli anche di partecipare alle campagne di pesca o di attendere alle fatiche dei campi, cercando di instillare in lui l’amore per la natura e soprattutto per la sua terra, che esercitava su di lui un fascino irresistibile. Quante volte infatti lo aveva sorpreso di buon’ora incantato dinanzi allo spettacolo dell’alba o al tramonto sulla collina di Campagnano, mentre il sole rosseggiava all’orizzonte e conferiva al paesaggio tutti i colori dell’iride a mano a mano che si inabissava nel mare! Giovanni era innamorato del bello che trovava incarnato nell’incanto dell’isola ed insieme nelle fattezze delle giovani donne che lo seducevano a tal punto da mettere il suo cuore in subbuglio ad ogni incontro, anche se fuggevole. Un incontro fatale - Quando non * era impegnato, Giovanni amava aggirarsi per il borgo, in compagnia degli amici, da cui era sinceramente benvoluto anche per la sua indole mite e gioviale. Egli non badava a distinzioni di casta nella scelta degli amici, il che allarmava il padre, il quale temeva che questi lo distogliessero dallo studio e lo inducessero allo svago. Invece Giovanni aveva il culto dell’amicizia e si segnalava soprattutto per altruismo, sempre pronto a soccorrere chi fosse in difficoltà, anzi spesso a prevenirne persino la richiesta d’aiuto. Lo si poteva facilmente sorprendere, mentre collaborava sulla spiaggia a tirare in secco una barca o sul ponte mentre aiutava i pescatori a rassettare le reti o anche mentre sorreggeva la cesta di una persona che si portava al mercato per vendere i prodotti della sua terra. Talora sostituiva in fila al fontanone il vecchietto intento a procurarsi dell’acqua o aiutava un contadino a scaricare dal carretto le botticelle di vino da consegnare al vinaio. Lo si sarebbe detto senz’altro “un tesoro di figlio”; infatti riusciva poi con abilità a troncare i mugugni del padre che lo rimproverava spesso per quelle che chiamava “distrazioni”, anche se si rabboniva rapidamente. Un giorno tuttavia accadde l’imprevisto: l’incontro con colei che gli avrebbe cambiato la vita. * Kurtoğlu Muslihiddin Reis (1487 - c. 1535) era un corsaro turco e un ammiraglio ottomano. Ebbe un ruolo importante nelle conquiste ottomane dell’Egitto (1517) e di Rodi (1522) durante le quali comandò le forze navali ed ottomane. Aiutò anche la flotta indiana ed ottomana a stabilire la base a Suez, che era comandata da suo figlio, Kurtoğlu Hızır Reis. Kurtoğlu era noto come Curtogoli in Europa, particolarmente in Italia, Francia e Spagna, ma è citato alternativamente anche come Cadegoli, Cadoli, Gadoli, Kurtog Ali, Kurdogli, Kurdogoli, Kurdoglou, Cartugli, Cartalli ed Orthogut in molti riferimenti europei. La Rassegna d’Ischia 2/2009 17 Passeggiava nei pressi del palazzo vescovile con i soliti quattro amici, coinvolto in un’accesa discussione circa il pericolo delle incursioni barbaresche sulle coste dell’isola, quando la vide e ne rimase letteralmente folgorato. Un certo Giovanni Battista Della Valle, accompagnato dalla figlia Paola, si recava dal vescovo Donato Strineo per ricevere il diritto di patronato nella chiesa di San Nicola sull’Epomeo, detto allora Monte Forte. La giovane Paola era senz’altro avvenente: bruna, dalla pelle ambrata, dai grandi occhi cerulei, slanciata, ricercata nell’abito lungo, dai lunghi capelli che ricadevano con grandi riccioli sulle spalle, sembrava un angelo. A Giovanni bastò un’occhiata per innamorarsene perdutamente, al punto che non riusciva a staccare gli occhi da lei, che, accennando ad un breve sorriso, gli apparve un po’ complice. Giovanni, risoluto qual era, aveva subito deciso: quella sarebbe stata la donna della sua vita! Rimase così, in attesa che lasciasse la casa vescovile, seduto su di un muretto, dopo aver congedato con garbo gli amici, non riuscendo a dissimulare tuttavia il suo turbamento. Quando finalmente la vide allontanarsi con il padre in carrozza, la seguì a lungo con lo sguardo, finché non scomparve all’angolo, ripromettendosi di ritrovarla ad ogni costo. Si informò pertanto delle generalità di entrambi presso il servitore del vescovo e così apprese che il Della Valle si era rivolto proprio a lui, perché reclutasse dei giovani interessati per le fatiche della vendemmia in località Cupa a Barano. Giovanni naturalmente fu il primo che aderì con entusiasmo coinvolgendo gli amici, che in precedenza erano con lui, in quell’iniziativa foriera di novità e di sorprese per tutti, come assicurava. La vendemmia a Barano - Nel giorno convenuto Giovanni e i suoi quattro amici si ritrovarono alla Cupa di Barano, di buon’ora: il Della Valle li attendeva trepidante. Al vederli puntuali e risoluti, si rallegrò molto: egli invero aveva già provveduto a tutto il necessario per la vendemmia, che era allora un rito ed una festa insieme. Consegnò perciò cesoie, tinelli, due scalette, li catechizzò a dovere circa il modo di cogliere i grappoli chiarendo nel contempo che purtroppo non disponeva di un cellaio vicino alla tenuta e che avrebbero dovuto percorrere un lun18 La Rassegna d’Ischia 2/2009 go e scomodo sentiero per raggiungerlo e versare l’uva nei palmenti. In ogni caso, aggiunse, egli avrebbe presieduto alle operazioni e sarebbe stato sollecito ad intervenire ad ogni loro richiesta. Divisi in due squadre, si riversarono subito tra i filari in preda ad un’insolita allegria, cantando quasi alternativamente delle nenie che affioravano all’improvviso dai loro animi estasiati a quell’autentico miracolo della natura. Quei pampini dorati o rosseggianti erano una delizia sia per gli occhi sia per il palato, giacché ognuno, ligio alle direttive ricevute, si adoperava affinché neppure un chicco fosse sprecato. Dopo alcune ore con un campanello fu annunciata la sosta: con somma loro sorpresa alcune signore, accompagnate dalle figliuole, che gareggiavano in bellezza tra loro, sopraggiunsero portando una grossa insalatiera, pane fresco, formaggio, acqua e vino, il che contribuì notevolmente a rifocillarli da un lato e ad accrescere, dall’altro, quel clima di amicizia e quasi di connivenza che si era creato tra loro. Giovanni, che non aspettava altro, si avvicinò immediatamente a Paola, deciso a rivelarle i suoi sentimenti, mentre gli amici, a loro volta, noncuranti quasi del cibo, non si preoccupavano d’altro che di parlare con quelle fanciulle, le quali apparivano in altre faccende affaccendate. Fu veramente proficuo quell’intervallo, perché sia Giovanni sia gli amici si resero conto ben presto d’aver trovato la ragazza del cuore. Ripresero perciò il lavoro con maggiore lena ed allegria, sorprendendo anche il vecchio che non lesinava elogi ed incoraggiamento. Rapidamente i tini furono riempiti e l’uva fu portata nei palmenti dove alcuni operai, del pari reclutati, avrebbero provveduto a pigiarla. In breve, quando al tramonto si riunirono tutti per la tradizionale cena a base di bucatini e coniglio, ognuno di essi, più che provato dalla fatica, si sentiva in balia di un sentimento dolce e consolante, mai provato prima. Quelle fanciulle, che si aggiravano per servirli intorno al lungo tavolo approntato per l’occasione, ai loro occhi sembravano delle autentiche dee dell’Olimpo: il colpo di fulmine era stato collettivo! Non poterono gli amici nascondere a Giovanni la loro gioia, anzi lo ringraziarono per aver propiziato loro un’occasione così preziosa. Giovanni si accattiva il vecchio Della Valle - All’atto del congedo con l’impegno di ritrovarseli l’indomani, ognuno dava l’impressione di non volersi allontanare da quella casa. Giovanni da un canto non aveva occhi che per Paola, mentre i suoi amici non esitarono ad offrirsi quali accompagnatori delle ragazze. Queste dovettero però declinare l’invito, a causa dell’intervento delle madri preoccupate per l’ora tarda. Tuttavia mostrarono a chiare note di gradire la loro corte, cosicché si congedarono con ammiccamenti, sorrisi e un arrivederci carico di promesse. Il vecchio dal canto suo si era accorto dell’imbarazzo della figliuola, che arrossiva ogniqualvolta vedeva avvicinarsi Giovanni e perciò non osò ostacolarlo, quando si accorse che si separava dagli amici accingendosi ad imboccare la strada del monte. Si limitò in ogni caso a chiedergli dove si recasse e, quando seppe che preferiva portarsi in cima all’Epomeo per assistere allo spettacolo dell’alba che si annunciava incantevole ed insieme per dedicarsi allo studio, oltremodo ammirato, gli offrì una sorta di rifugio di sua proprietà. Lì - gli disse - avrebbe trovato quanto gli occorreva per starsene a suo agio e trascorrere la notte. Giovanni accettò con riconoscenza chiarendo che, prima di allontanarsi da casa, aveva già palesato a suo padre tale intento ottenendone il consenso. Salutato con cordialità il giovane, non mancò il vecchio di interpellare la figlia e di domandarle se lo trovava di suo gradimento. Imbarazzata, Paola non rispose, ma proprio con il suo silenzio aveva avvalorato ancor più il proposito del padre, il quale le rivolse un accorato appello: «Figlia mia, ormai ti rendi conto che sono vecchio, che desidero solo la tua felicità, che proprio adesso avrei avuto bisogno di tua madre, la quale dall’altro mondo certamente intercede per noi. Te ne prego: se nutri in cuore ammirazione, simpatia od anche amore per quel giovane, non rifiutare le sue profferte che, a mio avviso, sono senz’altro sincere. Si tratta di un giovane serio, prestante, studioso, dotato di buona indole, di schietti sentimenti; non lasciartelo sfuggire, ché commetteresti un grave errore e mi daresti un grosso dispiacere». Annuiva Paola, sempre più turbata e sorpresa dell’intuito premuroso del padre, e perciò si limitò a ripetergli: «Non ti preoccupare, papà, so badare a me stessa ed ho capito subito che quel giovane ha un interesse affettuoso per me. Ti accontenterò, certo, ma sappi che accontenterò ancora più me stessa». Giovanni intanto sembrava rinato: all’alba aveva potuto bearsi di quel panorama seducente che gli si offriva dall’Epomeo, specialmente quando aveva visto il sole dipanarsi lentamente tra la nebbia e, diradata questa, aveva potuto abbracciare con un sol colpo d’occhio tutto il Golfo, spingendo lo sguardo fino a Ventotene da un lato e a Punta Campanella dall’altro. Si sentiva proprio in paradiso! Un clima idilliaco - L’ampiezza della tenuta in località Cupa richiedeva invero parecchie giornate di lavoro ai vendemmiatori. Riprese perciò l’operazione il giorno seguente, con maggiore alacrità, anche perché le ragazze avevano chiesto al vecchio di collaborare alla raccolta dell’uva e alle incombenze da espletarsi nel cellaio ed erano state accontentate. Il lavoro pertanto procedeva rapido e gioioso, e il trasporto dei tinelli al cellaio - il vecchio aveva messo a disposizione delle ragazze dei tinelli meno capienti - era l’occasione che ciascun giovane coglieva volentieri per dichiarare il suo amore alla ragazza del cuore. Anche durante la sosta di rito, il vecchio, che si sentiva ringiovanito a quella festa dei sensi, aveva osservato compiaciuto che ciascun giovane aveva preso posto accanto alla ragazza prescelta, ivi compreso Giovanni, che non riusciva a dissimulare la sua baldanza per quell’amore corrisposto quasi a prima vista. Perciò, aggirandosi tra i filari e sollecitando qualcuno a raccogliere l’uva caduta al suolo, aveva colto una lena quasi euforica ed insieme manifestazioni di affettuosità, sorrisi complici e persino qualche bacio furtivo. Il vecchio invero avrebbe voluto risparmiare quella fatica alla figlia, ma costei aveva insistito con lui perché potesse partecipare alle varie operazioni: pur scotendo il capo, il padre si era mostrato comprensivo ed arrendevole, anche quando aveva notato che la figlia faceva capolino tra i filari per sorridere a Giovanni e cercava di appartarsi trasportando con lui il tinello al cellaio. Lungo la via del ritorno alla vigna, Paola era caduta urtando contro un sasso sporgente e subito Giovanni, sollecito l’aveva aiutata a sollevarsi, le aveva avvolto un fazzoletto intorno al ginocchio escoriato, ma soprattutto l’aveva abbracciata con un trasporto straordinario. Il vecchio sorvegliava, discreto, quell’andirivieni che prolun- gandosi rallentava le operazioni e perciò al pomeriggio, molto prima del solito, pose fine al lavoro, invitando ancora una volta tutti alla gustosa cena che le madri delle fanciulle avevano predisposta. In attesa dei rituali bucatini, tutti fecero man bassa dell’abbondante antipasto a base di uova sode, formaggi, olive bianche e nere, acciughe da accompagnare con pane appena sfornato. Intorno al lungo tavolo, a capotavola c’era il vecchio che non nascondeva la sua soddisfazione, Giovanni sedeva accanto a lui e la figlia di fronte. Allo stesso modo si erano sistemati tutti, mentre le madri avevano allontanato letteralmente le figlie dalla cucina, di cui si erano impadronite. Sembrava una grande famiglia, ampliata nella circostanza, in cui il vecchio padre esercitava un’autorità riconosciuta ed accettata senza riserve. Si respirava un’atmosfera di tranquillità, di spensieratezza e allegria veramente idillica. Nel tardo pomeriggio Giovanni di bel nuovo si congedò all’improvviso: aveva tanto desiderato godersi un tramonto dall’alto dell’Epomeo e continuare a sfogliare i testi di diritto, il che riscosse comprensione e giustificazione da parte di tutti. Quel sole che si congedava immergendosi lentamente nel mare rendendolo, prima, fiammeggiante, poi, rosato, e lasciando una interminabile scia luminosa fino a che l’ultimo raggio di color verde ne indicava l’imminente scomparsa, esercitava su di lui un fascino straordinario e gli propiziava un entusiasmo incontenibile. Le opportune precauzioni - A Giovanni non era sfuggito che di recente alcune famiglie, residenti lungo le coste del borgo, si erano trasferire sulle colline e se n’era chiesto a lungo le ragioni, specialmente quando aveva saputo che la maggior parte dei componenti si allontanava malvolentieri. Ebbene proprio quella sera, grazie all’ospitalità offertagli generosamente dal vecchio, n’era venuto a capo: aveva constatato che quasi sulla cima del monte, più in alto del suo rifugio, si stava innalzando un posto di vedetta ed inoltre aveva potuto scorgere in lontananza delle vele sospette, che non lasciavano presagire nulla di buono. Aveva sentito certo della guerra in corso tra Francia e Spagna, ma anche di Mori e Barbareschi che scorrazzavano a loro piacimento sul mare, compiendo rapine e saccheggi, arrecando danni ingenti alle popolazioni e catturando prede che fruttavano guadagni notevoli. Riflettendo poi sul fatto che le coste dell’isola, in particolare quelle dei Maronti, erano particolarmente esposte ad eventuali assalti, non era riuscito a chiudere occhio, era tormentato dal timore che tra gli altri abitanti correva serio pericolo di essere rapita proprio la sua fidanzata, soprattutto per la sua avvenenza. Era corso perciò di buon’ora a casa del vecchio per manifestargli i suoi timori, ma ne fu tranquillizzato: l’isola stava erigendo torri, rocche, posti di guardia innanzitutto; poi i pirati conoscevano i luoghi da cui avrebbero potuto trarre maggiori profitti e l’isola certo non figurava tra quelli; in terzo luogo egli corrispondeva da alcuni mesi un compenso a due uomini, che abitavano sull’isolotto a Sant’Angelo, incaricati di vigilare e di lanciare un eventuale allarme o con il fumo di giorno o con dei fuochi di notte. Si era rasserenato Giovanni ma non del tutto, perché aveva appreso dal vecchio che alcuni Moropanesi, i quali avevano corteggiato a lungo e invano le ragazze che si erano offerte quali vendemmiatrici, si erano spinti a minacciare le mamme e avevano giurato di vendicarsi. In breve Giovanni continuava ad essere allarmato e dei suoi timori aveva parlato anche agli amici durante la vendemmia, anzi si potrebbe dire che il tema era stato l’argomento ricorrente di quasi tutte le conversazioni, persino nel corso della cena. Le stesse mamme delle ragazze, già in ansia per la lontananza dei mariti impegnati nel loro mestiere, dal canto loro non erano riuscite a nascondere né le minacce né le loro preoccupazioni. Sapevano che quei giovani già in lite da anni con dei coetanei di Barano di opposta fazione, sarebbero stati capaci di tutto! Perciò, al momento di congedarsi, mentre Giovanni, salutata affettuosamente Paola e suo padre, si portò di nuovo al solito rifugio, i suoi compagni cedettero alle pressioni delle signore che li scongiurarono di volersi fermare presso di loro per la notte, anche se potevano offrire soltanto dei locali attigui alle loro abitazioni. Uno di essi tuttavia si assunse l’incarico di avvertire i familiari, anche degli amici, prevedendo a ragione che solo in tal modo avrebbe potuto fugare la loro apprensione. Un atteggiamento incomprensibile - Al suo ritorno a Barano quel La Rassegna d’Ischia 2/2009 19 giovane, che si era assunto l’ingrato compito di fungere da ambasciatore, non poté tacere di essere stato accolto con sberleffi ed insinuazioni sia dai suoi, sia dai genitori degli amici. All’unanimità infatti avevano deriso quella decisione, perché si dicevano abbastanza garantiti dalle navi spagnole alla rada in Napoli e comprendevano d’altro canto il desiderio dei figli di rimanere accanto alle “morose”. Perciò erano dell’avviso che la sera facessero comunque ritorno a casa! Giovanni invero ne era indignato: non riusciva a giustificare tanta leggerezza e superficialità. Riteneva inoltre che le vele intraviste dall’Epomeo fossero foriere di tempesta. Ritornò tuttavia cogli altri nel vigneto, risoluto più che mai ad affrettare i tempi, in preda com’era ad una strana ansia, quasi presaga. Riuscì a riempire i tinelli in misura doppia in rapporto ai giorni precedenti fino all’ora di sosta, lavorando poi instancabilmente e cercando in ogni caso di non lasciar trapelare il suo turbamento per non allarmare la ragazza. Spronava nel contempo anche agli amici, cosicché a sera la vendemmia poteva dirsi ormai terminata. Il vecchio Della Valle quasi non credeva ai suoi occhi nel constatare quello che considerava un vero e proprio miracolo. Perciò non solo volle imbandire una cena ancora più succulenta, ma premiare anche tutti con uno scudo, commosso - disse - qual era per il loro impegno. Giovanni rifiutò con garbo il bel dono dicendosi anzi doppiamente grato per l’incombenza affidatagli: il riferimento alla figlia, un dono molto più prezioso, risultò palese a tutti. Tuttavia, prima di congedarsi e di riprendere la via del monte, dove si era riconciliato con l’incanto dell’isola e aveva potuto attendere ai suoi studi serenamente, non fece che raccomandare agli amici di fermarsi ancora una volta presso le signore che tanto cortesemente li ospitavano, ignorando le sollecitazioni dei familiari. Suggerì poi alle stesse signore di adoperarsi a loro volta per trattenerli e al vecchio di vigilare sulla figlia e di stare in guardia tenendo a portata di mano anche qualche pala, qualche forcone od anche qualche archibugio per difendere se stesso e la figlia che considerava ormai il suo tesoro. Ne fu turbato il vecchio a quelle sollecitazioni, che trovava esagerate e dettate probabilmente dell’eccessiva ansia o anche da stanchezza mentale, e, nel congedarlo, lo baciò con atteggiamento più che paterno, del che si sorprese egli stesso. Non giudicava certo Giovanni un profeta di sciagure, un malaugurio, tuttavia, suggestionato evidentemente, prima di abbandonarsi al sonno, non esitò a mettere in pratica quei suggerimenti e soprattutto a sprangare le porte e le finestre come non aveva mai fatto in precedenza. Inoltre munitosi di un rudimentale binocolo, che custodiva in una cassa depositata nel ripostiglio, non mancò di scrutare a lungo il mare all’intorno. Terrore nel Tirreno - Giovanni era stato presago, ma, prima di fornire le prove di tale preveggenza, è opportuno precisare che sempre più frequenti erano gli attacchi dei pirati alle coste italiane ed in particolare a quelle ubicate sul Tirreno. Non sorprende perciò che progressivamente tali coste si andavano spopolando, non già per capriccio - come ritenevano alcuni abitanti del borgo di Celsa -, bensì per necessità. Le notizie poi dei saccheggi, delle rapine, delle violenze perpetrate da tali predoni erano giunte anche nell’isola, che, pur avendo adottato qualche precauzione, non poteva certo ritenersi immune. Te20 La Rassegna d’Ischia 2/2009 nuto conto della guerra in corso tra Spagna e Francia, i pirati, provenienti per lo più dalla Barberia si muovevano a loro agio, senza incontrare quasi nessun ostacolo con delle fuste agili e veloci, soprattutto nel Tirreno, che appariva tranquillo. Solo così si possono spiegare taluni episodi eclatanti, che avevano allarmato da un lato persino il papa e dall’altro la Repubblica di Genova. Era stato infatti rapita addirittura una galera della guardia romana alle foci del Tevere e presso Capo Corso era stata portata via anche una galera della guardia genovese con l’intero equipaggio. Inoltre erano stati rimorchiati ben sedici bastimenti carichi di grano e diretti a Genova, cosicché i “bagni” della Barberia già rigurgitavano di schiavi cristiani in attesa di essere riscattati o venduti. Autore di tali imprese Navi corsare all'attracco (dalle "Storie di Sant'Orsola" di Carpaccio) era il turco Kurtògoli, uno dei più efferati, che, al pari del suo degno compare, Sinam l’ebreo, si era organizzato in proprio e si era dato alla pirateria soprattutto al fine di procurarsi ricchezze. Ecco perché evitava con cura qualsiasi scontro con le forze navali dei cristiani, preferendo compiere delle scorrerie e darsi alla fuga. Disponeva infatti di una flottiglia ragguardevole e di una numerosa ciurma di ladroni, decisi a tutto osare e sempre a caccia di riscatti. Quel predone si muoveva da Biserta, dove aveva fissato come l’altro il covo e scorrazzava in lungo e in largo per il Tirreno e nel risalire le coste della penisola, a metà strada, avrebbe potuto facilmente incontrare la spiaggia dei Maronti, una delle più esposte perciò alle sue incursioni. Tuttavia, considerati i posti di vedetta istituiti qua e là, anche in cima all’Epomeo e sul promontorio di Sant’Angelo, avrebbe potuto portare a termine un assalto solo di notte, quando i segnali convenuti erano vanificati dal buio e non c’era scampo per le popolazioni. Anche al vescovo Donato Strineo erano pervenuti dolorosi avvisi di rapine e di desolazioni, ma, nonostante occhi ed orecchie oltremodo vigilanti, era impossibile sorvegliare tutto il mare intorno all’isola. Inoltre era ormai noto che il pirata profittava volentieri delle buone stagioni per dare il via alle operazioni, che di solito protraeva fino all’autunno inoltrato, per ritirarsi poi nel suo covo, ricco di beni e di prede, cioè donne e uomini. Questi spesso finivano con l’essere legati ai remi delle sue fuste e galere o delle navi da carico. Si vociferava inoltre che quei predoni, al fine di trovare la strada sempre spianata per i loro saccheggi, facessero talora ricorso a degli informatori prezzolati o in rotta per qualche ragione anche politica con esponenti di fazioni avverse, il che consentiva loro di agire con circospezione e di trarre persino dei benefici insperati. Perciò Kurtògoli aveva accarezzato il progetto di ridurre I corsari di Drake all'arrembaggio (Dipinto di un anonimo del Seicento) in schiavitù addirittura il capo della cristianità! È superfluo tacere che anche in Ischia riuscì a trovare un rinnegato. Il proditorio attacco - Il vecchio Giovan Battista non avrebbe mai immaginato che un concittadino rinnegato indirizzasse il terribile pirata sul lido dei Maronti. Si trattava appunto di uno di quei giovani moropanesi respinto dalle ragazze, che praticava la pesca d’altura con la sua barca lungo le coste cilentane. Avendo visto la poderosa flotta di Kurtògoli e temendo per la sua vita, si era avvicinato alla galera capitana sventolando un panno bianco e chiedendo di incontrare quel predone. Accolto a bordo, non solo lo informò delle precauzioni adottate dagli isolani, ma gli suggerì anche il modo più agevole per compiere una razzia, saccheggiare il paese, soprattutto catturare giovani e fanciulle da cui ricavare un notevole guadagno. Non tacque inoltre i nomi dei maggiori possidenti della zona, quali i Di Meglio, i Di Costanzo, i Florio, i Taliercio, i Conte, i Balestrieri, che gli avrebbero garantito un sicuro bottino. Ottenuta poi la promessa di essere risparmiato al pari dei suoi, che, per inciso, abitavano proprio accanto alla chiesa della borgata, denunciò il vecchio Della Valle come persona facoltosa e soprattutto padre di una ragazza di straordinaria bellezza. Ne segnalò anche l’abitazione come l’unica a due piani, contrassegnata da pietre a faccia vista e ubicata all’estremità orientale del paese. Si allontanò quindi come se niente fosse accaduto, confondendosi a sera tra i compaesani e tentando di sminuire la gravità del pericolo incombente, di cui ormai parecchi avevano un certo sentore. Più tardi si nascose accortamente, con l’intento di assistere al saccheggio e alle sue conseguenze. Poté così osservare alcune fuste avvicinarsi alla spiaggia, sentire le urla soffocate dei disgraziati sorpresi nel sonno, delle donne scannate mentre tentavano di resistere, vedere il fuoco divampare dappertutto, anziani e bambini trucidati con ferocia, tutte le case saccheggiate e depredate di ogni cosa, giovani donne e fanciulli incatenati e trascinati sulle fuste violentemente, gli stessi cellai messi a soqquadro e vuotati persino delle botti da cui era stato spillato sia il vino custodito sia il mosto della recente vendemmia. L’abitato ormai non esisteva più e soprattutto i giovani, La Rassegna d’Ischia 2/2009 21 speranza per il domani, erano letteralmente scomparsi. Tuttavia con sorpresa il vecchio Della Valle, che aveva invano cercato di salvare dal rapimento la figlia, trascinata a viva forza dal pirata sulla sua fusta, dopo essere stata strappata dal letto e portata via discinta com’era, non riusciva a capire perché fosse stato risparmiato da quel predone che aveva insanguinato tutte le vie e trasformato il luogo in un deserto. Intanto il giovane rinnegato, che aveva abbandonato il suo nascondiglio nei pressi, appena aveva visto allontanarsi i ladroni, gli si era avvicinato per confortarlo, ma aveva suscitato in lui solo fondati sospetti. Poco dopo infatti, prelevato da uno dei ladroni per incarico di Kurtògoli, aveva ascoltato la supplica del vecchio che prospettava subito la sua disponibilità a pagare il riscatto, invitandolo a riferire ciò al pirata. Costui intanto che aveva deciso di risparmiare i dintorni limitandosi ad assalire le prime abitazioni di Testaccio, spudoratamente, postosi alla fonda al largo della baia, quasi a sfidare gli isolani, prima, evirò personalmente proprio i quattro amici di Giovanni che trovava atti a fungere da eunuchi al servizio del sultano, poi ordinò di legare saldamente le fanciulle catturate sistemandole in una cabina isolata e di imprigionare nella cabina di comando proprio Paola, dalla cui avvenenza era stato letteralmente folgorato. Perciò volle riservarla per sé! Non solo rifiutò inoltre ogni proposta di riscatto, ma dispose anche che quel rinnegato, il quale gli aveva promesso a suo dire mari e monti, ingannandolo palesemente, fosse squartato ed impiccato penzoloni a due alberi della sua galera. La disperazione di Giovanni - Quando al mattino Giovanni dall’Epomeo ritornò ai Maronti, ascoltando lungo la strada l’accaduto e i particolari raccapriccianti che lo avevano contraddistinto, accelerò il passo per raggiungere sollecitamente la zona. Non si dava pace al pensiero che potesse essere stata rapita proprio la sua fidanzata e fosse stato aggredito anche il vecchio padre. Inoltre pensava agli amici, alle loro fidanzate, alle madri che avevano collaborato con lui per trattenerli per la notte, al vecchio che aveva manifestato una sicurezza inspiegabile: in breve si rimproverava per avere involontariamente contribuito a quel disastro! Quando poi vide il vecchio 22 La Rassegna d’Ischia 2/2009 che, abbandonato su di un muretto, ancora annerito, fra le lacrime gli confidava le sue perplessità per il riguardo che il predone gli aveva usato e la sua indignazione per il rifiuto da lui opposto alla sua proposta di riscatto - sulla quale aveva sinceramente confidato proprio perché era stato stranamente risparmiato -, non poté frenare le lacrime. Si abbandonò così ad un pianto desolato tra le braccia del vecchio, che cercava invano di incoraggiarlo, pur non nascondendo la sua apprensione. Il vecchio non riusciva ad allontanare il pensiero della figlia in balia di quel predone, impallidendo e tremando ancora più a constatare quanto sangue innocente era stato versato e con quale ferocia era stato saccheggiato il paese. La disperazione evidente del vecchio aveva coinvolto progressivamente lo stesso Giovanni, che si sforzava di dissimularla per quanto poteva, allo scopo di non allarmarlo ulteriormente. Tuttavia di tanto in tanto il discorso del vecchio cadeva su quel rinnegato che stranamente si era sottratto alla cattura e aveva accettato senza remore l’incarico di comunicare al pirata le sue proposte di riscatto. Non poté perciò ribattere il rimprovero affettuoso del giovane per aver affidato proprio a quel rinnegato la delicata incombenza, lasciando per giunta trapelare la sua disponibilità a riscattare, oltre che la figlia, anche le ragazze amiche. Era infatti convinto anche Giovanni che era stato proprio lui a condurre il predone ai Maronti, tanto più perché era stato poi squartato e impiccato proprio da quel pirata che credeva d’aver favorito. Il suo corpo inoltre, staccato dagli alberi della galera capitana e finito in mare, era stato spinto dalla corrente proprio su quella spiaggia. I genitori di lui intanto, accorsi subito, invece di scagliarsi contro il figlio di cui era ormai palese il tradimento, levavano alte grida inveendo contro la ragazza che aveva rifiutato ostinatamente il suo corteggiamento ed urlando la loro soddisfazione per il rapimento anche di quella. “Vergogna” avevano gridato in coro i pochi superstiti, sollecitando sia il vecchio sia Giovanni a non lasciare nulla di intentato per cercare di raggiungere il pirata in fuga alla volta di Biserta e di riscattare i giovani e le fanciulle che sapevano destinate ad una terribile sorte. Il piano per il riscatto - Erano stati catturati in venti quella notte ed insieme con i quattro amici di Giovanni e le rispettive fidanzate. Era stata presa la bellissima figlia del Della Valle. Inoltre erano stati rapiti anche altri giovani, che di solito lavoravano nei campi come contadini, ed altre ragazze, che quel giorno avevano collaborato con loro nelle fatiche della vendemmia. Tutti erano stati sorpresi nel sonno, incatenati e trascinati alle fuste senza nessuna possibilità di scampo. L’eccidio di massa poi di coloro che avevano opposto resistenza ed in particolare di uomini e donne anziane e dei bambini insieme con il saccheggio di tutte le abitazioni gridavano vendetta, sollecitando tutti sia ad intensificare la vigilanza sia ad organizzare un piano mirato al riscatto o, meglio, al recupero dei prigionieri ridotti in stato di schiavitù. A lungo Giovanni e il vecchio discussero circa l’effettiva possibilità di racimolare danaro e preziosi a sufficienza e si domandavano inoltre se non fosse il caso, considerato il rifiuto opposto da Kurtògoli, di interpellare i trinitari o i mercenari o anche i religiosi francescani perché raggiungessero la Barberia e reiterassero il tentativo di riscatto. Prevalse poi la decisione di Giovanni di rivolgersi al vescovo Strineo, che si trovava a Napoli in qualità di vicario perché intercedesse presso il pontefice incitandolo ad organizzare una spedizione punitiva contro i Barbareschi ed insieme ad arruolare lui stesso al suo servizio su uno dei legni della guardia romana comandata da Paolo Vettori. Fu accolto senz’altro Giovanni e intanto imbarcato su una delle galere del re Ferdinando il Cattolico di base a Napoli, poté così partecipare a quella caccia spietata a Kurtògoli che cominciò nel luglio 1516 agli ordini del legato pontificio cardinal Fregoso. Giovanni invero era impaziente: avrebbe voluto avere le ali ai piedi nella segreta speranza di raggiungere quel pendaglio da forca, fargli pagare a caro prezzo gli eccidi perpetrati e liberare i prigionieri. Perciò non nascondeva il proprio disappunto a sentire le titubanze del re cattolico, nel constatare l’imperdonabile ritardo nell’intraprendere la caccia, in particolare la vana ricerca del pirata che molto probabilmente aveva già raggiunto il suo covo a Biserta. Quanti più giorni passavano, tanto più cresceva il suo scoramento, soprattutto nel rendersi conto che quel predone risultava introvabile! Perciò bisognava batterlo sul tempo, impedirgli di portare a termine il piano che aveva lasciato trapelare chiaramente, quando, costeggiando il Lazio, aveva manifestato l’intenzione di marciare sul centro della cristianità e catturare lo stesso pontefice. Si rincuorò tuttavia quando constatò che Andrea Doria, deciso a vendicare i saccheggi del pirata operati nel genovese, fu autorizzato a portarsi direttamente nel covo di lui a Biserta per snidarlo, trovando non solo le navi alla fonda, ma anche indifese, essendosene allontanati con il suo consenso i turchi che erano di guardia. La decisione del legato pontificio, condivisa dal Doria, ebbe pertanto pieno successo. L’audacia e l’efferatezza di Kurtògoli - Dopo la breve sosta nella baia dei Maronti, di cui si era giovato solo al fine di dimostrare la sua ferocia nei confronti di quel rinnegato, con la sua flotta agile e veloce Kurtògoli si era subito diretto senza deviazioni alla volta di Biserta. Tuttavia aveva anche lasciato intendere a tutti quei disgraziati caduti nelle sue grinfie come si riprometteva di utilizzarli: i giovanetti catturati, incatenati e bendati, furono subito rapati a zero e costretti ai remi; gli amici di Giovanni invece, ritenuti atti al servizio del sultano in qualità di eunuchi, furono spietatamente evirati da lui stesso, che dichiarava questo il suo divertimento preferito. Senza preoccuparsi affatto delle conseguenze, aveva disposto inoltre che l’indomani fossero legati e inviati ad ingrossare le fila degli schiavi nelle stive. Quanto alle giovinette poi, bendate e rapate a loro volta, aveva ordinato che fossero assicurate con catene alle colonne della sua cabina. Aveva provveduto quindi a denudarle ad una ad una e dopo aver verificato la verginità di ciascuna - il modo è facilmente immaginabile - aveva confinato in una cabina viciniore quelle che, a suo avviso, avrebbero potuto figurare degnamente nell’harem del sultano, mentre aveva inviato le altre nelle maleodoranti stive della galera in condizione di abbrutimento e di promiscuità intollerabili. Non si era lasciato turbare per niente dai loro pianti di disperazione e di dolore. Quanto invece a Paola, la fidanzata di Giovanni, trovandola particolarmente bella e formosa, le aveva riservato un trattamento di favore: l’aveva trattenuta nella cabina di comando, legata al pagliericcio, ma non rapata col chiaro intento di sotto- metterla a condizione alle sue voglie. Pur considerandola la più degna dell’harem del sultano, in cuor suo non era affatto disposto a rinunciare a lei, ma avrebbe dovuto convincerla a rinnegare la sua fede. Questa era la condizione, prima di intrattenere rapporti carnali con lei, che gli erano impediti dalla sua religione: sarebbe altrimenti incorso in pene severissime. La teneva perciò nuda, incatenata sul giaciglio, non strettamente in modo che potesse girarsi, per l’intera giornata, rientrando di tanto in tanto nella cabina per ammirarne le fattezze, per palparla, per leccarne la pelle, reiterando i tentativi di convertirla, al fine di fiaccarne la resistenza. Non aveva altro desiderio che sfogare su di lei la sua lussuria, ma aveva riscontrato da parte sua un’opposizione fiera e decisa, anche quando era passato dalle carezze alle minacce: l’avrebbe gettata in pasto alla ciurma e fatta stuprare da tutti, le ripeteva; l’avrebbe messa in vendita come schiava al mercato di Algeri o di Tunisi; le avrebbe cavato gli occhi e ne avrebbe poi abusato egli stesso. Quella notte il predone aveva voluto addirittura giacerle accanto, mentre lei, tenendo gli occhi bassi, mostrava a chiare note il suo disgusto per quelle attenzioni. Kurtògoli ne era venuto fuori talmente imbestia- Andrea Doria (Ritratto di J. Matsig / XVI secolo) lito, che aveva deciso di consentire ad alcuni suoi sgherri di prelevare alcune sue compagne di sventura urlando che dipendeva da lei impedire che subissero violenza, ma Paola, che non aveva cessato un istante di tener testa con fierezza al suo aguzzino, aveva tenuto duro. Kurtògoli perciò aveva ben presto capito che avrebbe potuto servirsi di lei solo per far piacere e rendere onore al gran sultano. Leggerezza provvidenziale del feroce predone - Giunto in Barbe- ria, Kurtògoli diede, come d’accordo, la quinta parte del bottino razziato al sovrano-bey di Tunisi, Abu Abdallah Mohammed. Quando poi gli riferì di aver catturato nell’isola d’Ischia giovanetti e fanciulle e di volerne inviare alcuni quale suo omaggio personale al sultano, non seppe rifiutare la proposta del bey di affidarglieli, ché avrebbe provveduto lui a farli tenere al sultano, come desiderava. Soprattutto raccomandava a lui quella fanciulla che era sfuggita alle sue grinfie e, a suo avviso, sarebbe riuscita particolarmente gradita al sultano. Si era guardato bene intanto dal confidargli che essa, pur in catene, aveva in realtà incatenato il suo cuore. Poiché si era costruita la fama di corsaro duro e spietato, non doveva lasciar trasparire alcun segno di debolezza. A ragione sarebbe stato chiamato presto dal sultano a comandare la flotta ottomana. Fu, come si vedrà, una grave leggerezza, giustificata dal fatto che a Kurtògoli premeva soprattutto scorrazzare per il mare, in particolare per il Tirreno, per far bottino. Perciò aveva fretta di riprendere le sue scorrerie e poi ignorava i rapporti di amicizia che intercorrevano tra il bey e i genovesi, consolidati anche con un trattato commerciale, il che gli consigliava di non turbarli, per poter continuare ad esercitare i suoi traffici. Quanto agli altri prigionieri, il bey dichiarò che li avrebbe inviati ai bagni di Barberia e successivamente, in caso di mancato riscatto, ne avrebbe disposto la vendita al mercato come schiavi. Kurtògoli si allontanò soddisfatto e intanto Andrea Doria aveva potuto liberare tutti gli schiavi cristiani incatenati nei bagni presso il porto di Biserta e recuperare anche la galera della guardia sottratta ai genovesi presso Capo Corso e trattenuta sfacciatamente dal bey, cui l’aveva regalata lo stesso Kurtògoli. Pur rammaricato di ciò, il bey si preoccupò La Rassegna d’Ischia 2/2009 23 ancor più quando ricevette una missiva dal Doria che si lamentava del riparo offerto al corsaro fino a quel momento e gli chiedeva una prova d’amicizia, se voleva intrattenere buoni rapporti con Genova. Ebbene il bey non esitò un istante: decise di liberare senza riscatto anche i giovanetti e le fanciulle destinate al servizio del sultano, offrendo così al predone il destro per screditarlo agli occhi di quest’ultimo. Mirava in realtà ad ottenere per sé il titolo di ammiraglio e a suggerire la sua sostituzione con KaidAlì, noto come Gaddalì, inviso al bey di Tunisi, che lo considerava, come già Kurtògoli, un intruso e temeva ribellioni contro di lui. Così, al pari degli altri schiavi liberati, anche le fanciulle e i giovani di Ischia, ricondotti dal Doria a Napoli, poterono riprendere la via di casa, lieti soprattutto di essere sfuggiti ad una sorte tristissima: ormai già schiavi, in attesa di essere legati ai remi delle galere o delle navi da carico, erano intanto ammassati nei sotterranei dei bagni ubicati lungo la costa di Biserta. Il festoso ritorno nell’isola - Quei giovani e fanciulle redivivi furono accolti ai Maronti con grandi feste e suono di campane, specialmente quando entrarono in paese, accompagnati dal vescovo Donato Strineo, cui erano stati consegnati a Napoli direttamente da Andrea Doria. Alle giovani donne, e soprattutto a Paola, fu riservata poi un’accoglienza gioiosa e commovente: la giovane finalmente, abbandonandosi a un pianto liberatorio, poté riabbracciare il vecchio padre e subito dopo il suo Giovanni, ricevuto come un autentico trionfatore. Le amiche invece, già rattristate dal costante ricordo delle madri tanto ferocemente trucidate innanzi ai loro occhi, furono ancor più sconvolte a constatare con disappunto che i giovani fidanzati, pur liberati e compiaciuti per la fortunata conclusione della loro disavventura, si erano mostrati piuttosto distaccati, schivi, restii ad ogni approccio, persino a quelle manifestazioni d’affetto abituali in circostanze siffatte. Più che mai rammaricate, dopo averne discusso a cuore aperto tra loro, non riuscivano a comprendere le ragioni di tale comportamento. Anziché cercarle, quei giovani si erano addirittura fermati a casa loro nel borgo di Celsa dando loro l’impressione di volerle persino evitare. È chiaro che essi tentavano così di nascondere la loro ignominia, la quale li privava per sempre della gioia di formarsi una famiglia e soprattutto di generare dei figli che ne prolungassero la stirpe! Le giovani tuttavia, non rassegnate certo, ne parlarono con Giovanni e da lui vennero a conoscere la terribile verità: i fidanzati, nel riabbracciare Giovanni, non avevano saputo nascondere la tremenda mutilazione cui li aveva sottoposti lo stesso Kurtògoli che si era ripromesso di inviarli come eunuchi a servire presso la corte del gran sultano. Giovanni, stringendoli al cuore affettuosamente, non poté trattenere le lacrime e nel contempo si convinse ancor più della necessità di adoperarsi, come meglio poteva, per catturare ed impiccare quel predone che continuava ad illudersi di poter rimanere impunito, laddove non meritava altro che la forca. A sua volta tuttavia non riuscì a tacere che, pur essendo felicissimo della liberazione della sua Paola, l’aveva trovata intristita, svagata, indifferente, quasi disinteressata alla ripresa del rapporto affettuoso con lui, dal che era rimasto dolorosamente colpito, anzi ne era senz’altro allarmato. Perciò da quel momento viveva nel timore di ricevere del pari qualche notizia Assalto piratesco al Castello (Ceramica di Marco Salerno) 24 La Rassegna d’Ischia 2/2009 spiacevole, che, considerate le condizioni in cui era stata tenuta dal corsaro, non era affatto da scartare. Le tormentate nozze di Giovanni e Paola - Paola invero non riusciva a fugare l’immagine di quel bruto, piegato su di lei, nuda e incatenata, intento a scrutarla con occhi assatanati, a palparla, a sbavare, a succhiare le sue carni, ad esplorare ogni angolo del suo corpo con la sua lingua maleodorante e tagliente. Viveva perciò una vera e propria crisi! Giovanni, che l’amava più di se stesso, di conseguenza cercò di accelerare i tempi e fece appello ancora al vescovo Strineo perché esercitasse la sua influenza su di lei e la convincesse alle nozze. Il vescovo, che, sentito il proposito di Giovanni di voler partecipare alla cattura del pirata, aveva già sollecitato il cardinale Carafa, che sostituiva a Napoli, perché intercedesse presso il pontefice ai fini dell’assunzione di lui sulle galere al comando di Paolo Vettori, aderì con prontezza alla richiesta. Volle così celebrare anche le nozze di Giovanni con Paola in un’atmosfera di generale commozione e cogliere l’occasione sia per confortare coloro che portavano ancora il peso di quella disavventura sia per esortare tutti ad un’assidua vigilanza contro un pericolo sempre più minaccioso. Assicurò inoltre che avrebbe anche spronato i comandanti delle galere di base a Napoli, affinché pattugliassero soprattutto le coste del Tirreno e delle isole particolarmente esposte. Suggerì anche di costituire delle confraternite che, in caso di necessità, si incaricassero delle spedizioni di riscatto di eventuali rapiti. Pur sottolineando i rischi di ciò, sosteneva che, considerati gli impedimenti frapposti alla auspicata lega di tutti i principi, non si doveva restare inoperosi! Correre alle armi era l’imperativo inderogabile e perciò era da lodare Giovanni che, giovane sposo, si era proposto per affrontare i pirati che scorrazzavano liberamente nel Tirreno. Non cadendo nel vuoto, le parole del vescovo riuscirono solo in parte a scuotere gli isolani dalla loro neghittosità, accompagnata da un radicato fatalismo. L’unico rimedio ritenuto più opportuno era stato l’abbandono delle case ubicate lungo le spiagge o in prossimità delle coste, insieme con l’aumento dei posti di guardia. Quella sull’Epomeo, chiamata Monte della Guardia, non valse tuttavia a salvare l’isola dalle incursioni successive, ancora più terribili e sanguinose. D’altro canto non ci si poteva più vendicare di Kurtògoli che, ormai lontano e chiamato a compiti più prestigiosi, aveva lasciato il testimone ad un altro predone, il citato Gaddalì. Questi del resto non gli era da meno quanto a ferocia, odio per i cristiani e desiderio di arricchirsi. Il nostro Giovanni intanto, che militava agli ordini del Vettori, ancora una volta durante l’attacco portato alle fuste di Gaddalì, riuscì a stento a sottrarsi alla cattura, essendo fuggito con altri marinai su di un palischermo. Quando ritornò a Ischia e poté rivedere la sposa che l’attendeva trepidante, non le poté tacere che molto probabilmente proprio il Vettori era caduto nello scontro e che la capitana era stata sopraffatta e catturata. In breve Giovanni fu costretto a rinunciare ai propositi di vendetta e avrebbe rinunciato anche a quel mestiere delle armi, se non avesse saputo che il Vettori, riscattato, aveva ripreso subito il comando delle galere della guardia. Poté così partecipare alla missione di accompagnare a Roma il nuovo papa Adriano VI e collaborare alla cattura delle due galeotte che appartenevano alla flotta di un altro pirata sanguinario ed astuto quant’altri mai, Sinam il giudeo, liberando ben duecento schiavi cristiani condannati ai remi e tornando nell’isola, alla morte del Vettori nel 1520, quale vero e proprio vendicatore. ad un’infelicità irreversibile. Uno di loro, invero, più audace degli altri, aveva osato addirittura proporre di farsi catturare da qualcuno dei pirati che continuavano a veleggiare sul Tirreno e di chiedergli senza timore di essere inviato al gran sultano come eunuco. Gli altri però gli avevano ricordato le condizioni terribili di abbrutimento in cui si erano trovati, specialmente quando avevano dovuto condividere, in qualità di forzati legati ai remi, la sorte degli altri sventurati di cui parecchi erano morti di fame o di sete ed erano stati gettati in mare. Dopo aver molto riflettuto e aver chiesto consiglio anche al vescovo Strineo, recandosi di proposito a Napoli, decisero di monacarsi scegliendo l’ordine dei francescani che trovavano il più consono a chi, come loro, intendeva spogliarsi di tutto e condividere la condizione dei più umili e diseredati. Il vescovo Strineo venne poi a Ischia a raccogliere i loro voti e non mancò di accennare che non doveva la loro essere considerata una vocazione forzata o dettata dalla terribile esperienza vissuta. Tutti i presenti al sacro rito commentarono in vario modo quelle parole, ma solo le ragazze, che non vollero mancare, capirono il messaggio che il vescovo aveva inteso lanciare per restituire loro, nonostante tutto, la serenità del cuore. Furono poi esemplari seguaci di frate Francesco quei neofiti, che, certamente illuminati dalla grazia, si convinsero della provvidenzialità di quella disgrazia. Il Signore aveva scelto la strada delle sofferenze più umilianti per chiamarli al suo servizio, la stessa strada che Egli aveva voluto percorrere per redimere il genere umano e per riconciliarlo con il Padre ed unirlo a sé nella gloria. All’atto tuttavia di pronunciare il loro sì, quei giovani si girarono all’unisono verso le ragazze, quasi a chiederne l’assenso: allora si riempirono i loro occhi di lacrime di tenerezza, di compassione, di compartecipazione, di rimpianto, di gioia, che sembravano irrefrenabili. Riuscirono tuttavia quelle lacrime a versare il balsamo della speranza su ferite ormai insanabili. Nunzio Albanelli La monacazione degli amici di Giovanni - Mentre Giovanni si copriva di gloria combattendo contro i pirati agli ordini di Paolo Vettori, i suoi amici che, grazie anche a lui avevano potuto recuperare la libertà, avevano discusso a lungo sul da fare. Pur sentendosi menomati ed inutili, non riuscivano a dimenticare le ragazze che avevano condiviso con loro l’esperienza della prigionia, ma nel contempo non si rassegnavano alla dolorosa rinuncia alla quale erano costretti dalla condizione in cui erano venuti a trovarsi. Si chiedevano se non avrebbero a loro volta punito quelle ragazze, colpevoli soltanto di aver corrisposto alle loro profferte di amore, proponendo loro un matrimonio di convenienza, cui avevano in verità pensato proprio per nascondere agli occhi di tutti il loro disagio. Ritenevano d’altro canto che tale proposito fosse dettato solo da egoismo e che avrebbero in tal modo condannato proprio le fanciulle Ischia - Chiesa dello Spirito Santo - Madonna della Salvazione Vi sono raffigurati in basso vascelli corsari La Rassegna d’Ischia 2/2009 25 Viaggiatori inglesi nel Golfo di Napoli Willyams Cooper e l'Isola d'Ischia di Vincenzo Belli Il reverendo Willyams Cooper (1762-1816) è noto agli appassionati di iconografia dell’isola d’Ischia per tre incisioni che il signor J.C. Stadler eseguì su disegni di questo cappellano di una delle navi della squadra di Horatio Nelson; incisioni datate 1801, ma su schizzi del 1799. Le tre incisioni riguardano: il Castello e la marina del borgo marinaro; una marina di Lacco; il palazzo del Duca di Acquaviva all’Arbusto (1) Il reverendo Willyams Cooper imbarcò il 24 maggio 1798 sulla Swiftsure, un vascello britannico armato con 74 cannoni, sotto il comando del capitano Hallowell. Il libro A Voyage up the Mediterranean descrive gli avvenimenti cui partecipa la Swiftsure negli anni 1798 e 1799, comprendendovi la battaglia di Aboukir dell’1/2 agosto 1798 fra la squadra inglese di Horatio Nelson e quella francese agli ordini dell’ammiraglio Villeneuve. Oltre ai tre disegni citati, il libro del cappellano, di gradevole lettura e contenuto, si presenta interessante ai cultori dell’isola di Ischia, per la descrizione delle pause distensive che il religioso ebbe in essa, ad Ischia, in una casa sulle lave dell’Arso, ed a Lacco nella villa del duca di Acquaviva, mentre questi era in carcere a Napoli per gli avvenimenti tumultuosi di quegli anni. Dell’isola il reverendo parla sempre in termini entusiastici, brevemente di Ischia Ponte e del Castello, nel quale trova solo tre chiese; di Casamicciola, per la fabbrica di terrecotte ed il complesso dei bagni della Misericordia; di Lacco, oltre che dell’Arbusto, nota gli scogli in riva al mare, dalle lave multicolori, sia pur senza citare espressamente il Capitello, che troneggia in primo piano nella seconda incisione citata, con evidenza del posto di guardia che era su di esso – unica testimonianza di questa costruzione allo stato integro, se si fa astrazione dall’invenzione di Jacob Wilhelm Huber, di poco posteriore (1812); il Fungo viene avvicinato ad un pagliaio e, come tale, viene rappresentato in una interpretazione tanto diversa dalle solite; un brevissimo cenno alla Torre di Montevico, mentre le parate delle Queste incisioni figurano fuori testo in Cooper Willyams A.M.: A Voyage up the Mediterranean, London, printed by T. Bensley for J. White, seguendo rispettivamente le pagine 184, 186, 190. Le prime due, all’acquatinta, possono essere viste a colori anche in Fino L., Capri, Ischia e Prcocida, memorie e immagini di tre secoli, Napoli, Grimaldi editore, 1997, tavv. X e XI a p.71. 1 26 La Rassegna d’Ischia 2/2009 quaglie e la pesca del tonno hanno una loro esplicita menzione e colorita descrizione. Forio, o Furia come anche un altro Jakob (2) l’aveva chiamata, qualche decennio prima, riceve un brevissimo cenno, con una frettolosa lettura del suo tessuto urbano descritto come disordinato, anche se con buone case, chiese e conventi; un breve cenno ai commerci del paese, allora in fase calante per le incertezze della situazione del regno. Del Viaggio si riporta di seguito la traduzione, per quanto possibile fedele, delle parti in cui si parla della nostra isola; il capitolo decimo è ad essa interamente dedicato. L’Isola d’Ischia descritta nel Viaggio (3) -- Il 15 [giugno 1798], con lieve brezza, scapolammo le isole di Palmaria e Ponza, la prima rocciosa e disabitata, la seconda ben coltivata, e resa gradevole dalla vista di un villaggio, alcune case sparse, ed una bianca torre di sorveglianza su un’altura: a sud vedemmo l’isolotto della Botte, che a distanza è spesso preso per una vela. Il 16, scapolammo l’isola di Ventotene, sulla quale vi è un grande edificio bianco, e una piccola isola vicina, un posto con mura come baracche; senza avere l’opportunità di sapere cosa fosse. Nel pomeriggio arrivammo all’isola d’Ischia, che costituisce il confine nordovest del golfo di Napoli. Il mattino seguente la flotta veleggiava nel golfo… Capitolo X - Il 31 marzo [1799] uno squadrone, composto dalle Culloden, Zealous, Monotaur, Swiftsure, una man of war portoghese (4), dalle Seahorse e Perseus, e da due brig, salpò dalla baia di Palermo. Il giorno seguente avvistammo l’isola d’Ischia e la costa di Napoli. Questo giorno avemmo mare grosso, durante il quale un uomo cadde dall’albero maestro della Swiftsure e morì. Ci accompagnavano alcuni gentiluomini inglesi, che si trovavano in viaggio in Italia, ed avevano viaggiato con la flotta inglese fino a Palermo. Mr. Rushouts (5) era ospite del capitano Hallowell, ed essendo perfettamente a suo agio in questa terra e con la lingua italiana, ci fu di grande aiuto in molte occasioni. Si tratta del noto paesaggio di Jakob Philipp Hackert che così intitola il suo lavoro, firmandosi in basso a destra della nota tela. 3 In parentesi quadre, aggiunte personali; le note sono quelle del testo originale, salvo quelle personali. 4 La man of war è una nave a vela armata di cannoni, derivata dalla caracca, e dalla quale, di dimensioni inferiori, provengono le fregate di allora (nota personale). 5 Ora Lord Nortwich. 2 Figure di Willyams Cooper In alto - Castello e città d'Ischia Al centro - Veduta di Lacco In basso - Il Palazzo di Acquaviva (Villa Arbusto) Il giorno seguente lo squadrone ormeggiò nel golfo di Napoli. Eravamo a conoscenza del fatto che gli abitanti erano desiderosi di tornare sotto la corona; il capitano Hallowell, accompagnato da Mr. Rushouts, sbarcò nell’isola di Procida. Furono accolti con entusiasmo e, fra le acclamazioni della gente, salirono al castello: l’albero della libertà francese fu abbattuto, la bandiera tricolore distrutta, e issata in sua vece la bandiera reale napoletana. Lo squadrone ancorò fra la città di Procida e Punta Miseno (6). Un reparto di truppe da sbarco del Culloden al comando del capitano Knox fu mandato ad Ischia per prendere possesso di quell’isola, ed il castello d’Ischia si dette ad essi senza opporre resistenza. Nel pomeriggio una delle nostre barche fu mandata [per tentare uno sbarco] al basso litorale fra Punta Miseno e il Mar Morto: ma appena si avvicinò alla spiaggia alcuni ufficiali francesi con un reparto di truppe li assalirono con fuoco di moschetti, e li obbligò a rientrare. Il Culloden tirò tre cannonate, disperdendoli; tuttavia non fu giudicato prudente cercare di sbarcare su questa costa, per mancanza di truppe, e perché era noto che i francesi erano presenti in forze in quella zona. Il commodoro Troubridge nel frattempo si preparava a future operazioni. Il 4 aprile egli inviò il Perseo a Palermo con un resoconto dei successi ottenuti sino ad allora. Le popolazioni di Procida ed Ischia difettavano grandemente di cibo, ed essendo sospese le forniture da Castellammare e Napoli, fu fatta richiesta alla corte napoletana di inviare grano da Palermo. Il 5 aprile la Swiftsure salpò le ancore andando a Napoli; trovandosi la Miseno, uno dei compagni di Enea, annegò al suo largo: Enea nel rito funebre sacrificò ai Mani sul promontorio e questo ne prese il nome. 6 La Rassegna d’Ischia 2/2009 27 Willyams Cooper * Willyams Cooper nacque il 22 giugno 1762 a Brighton da John Willyams (Plaistow House, Essex), unico figlio maschio del capitano della Royal Navy John Willyams, defunto nel 1779, che fu per molti anni il più anziano capitano della Royal Navy, mentre non mi è nota chi fosse la madre, che visse fino a 90 anni (1). Famiglia di tradizioni militari la Willyams, poiché anche il nonno di Cooper era stato ufficiale di marina. Cooper studiò a Canterbury, dove nell’ottobre del 1780 entrò nel collegio Emmanuel, diplomandosi B.A. a 22 anni nel 1784, e conseguendo il livello superiore, quello M.A., nel 1789, a 37 anni (2). Sempre nel 1784 prese gli ordini, e divenne curato di una chiesa nei dintorni di Gloucester, città dove risiedeva la madre. Divenne vicario di Exning (Sussex), vicino a Newmarket nel 1791. Seguì Lord St. Vincent (John Jervis), di cui era cappellano privato, imbarcando nel 1794 come cappellano sulla Boyne per la campagna delle Indie, della quale pubblicò un resoconto corredato di molte acquetinte tratte da suoi disegni. Il 24 maggio 1798 passò sempre come cappellano sulla Swiftsure, sotto il cap. Ben. Hallowell nel Mediterraneo, partecipando alla battaglia del Nilo (Aboukir, 1° agosto 1798). Pubblicò un resoconto anche di questa campagna, corredandolo di ben 43 incisioni tratte da suoi disegni. Nel sito:- http://grandtour.bncf.firenze.sbn.it:9080/nazionale/indici/viaggia* Le notizie che si sono raccolte provengono da documenti in rete, e principalmente da Wilkie Chr. H.: The Parish Register of S. Giles Kingston, Brighton, J.G. Bishop, Herald Office (1893). (File pdf in: http:// www.archive.org/details/parishregisterso00king), e da numerosi altri siti in rete (registro di nascite, matrimoni e morti della Parrocchia di Saint Giles a Brighton (GB), che contiene anche un elenco dei Rettori della stessa Parrocchia, e delle lapidi monumentali della chiesa e del suo chiostro) e da The Annual Biography and Obituary for the year 1817, London, printed for Longman, Hurst, Rees, Orme and Brown, pp. 606, (1817), (File pdf in Google Books), che comprende un suo ampio cenno biografico. 28 La Rassegna d’Ischia 2/2009 tori/willyams-cooper/biografia - si legge: [oltre A Voyage up the Mediterranean in his Majest’ s Ship the Swiftsure...] «compilò anche una relazione su un’esperienza nelle Indie Occidentali risalente a qualche anno prima (1796). I suoi taccuini di viaggio costituiscono perciò una testimonianza importante dal punto di vista militare, enucleando principalmente le esperienze relative alla spedizione della flotta britannica contro Napoleone. In essi troviamo però brevi descrizioni dell’Italia, dei luoghi conosciuti al ritorno dalle campagne di guerra, in direzione nord. Willyams partì infatti da Livorno, soggiornò a Firenze poi si diresse verso Bologna, Ferrara, Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Lago di Garda e Mantova; infine, da Livorno, si imbarcò per le Baleari, tralasciando però di menzionare la sua permanenza nell’isola d’Ischia, alla quale aveva dedicato ben 3 delle 43 incisioni di cui è corredato l’intero Voyage». Poco dopo il rientro dalla campagna in Mediterraneo sposò Elizabeth Snell, di Cheltenham, figlia di Peter, Esquire (3) di Witney Court, Gloucester, dalla quale ebbe quattro figli; i due maschi sono: Thomas Egerton, nato il 29 settembre 1806, e battezzato il 24 novembre 1806; John Vyner nato il 14 luglio 1809 e battezzato privatamente, e presentato in chiesa il 19 settembre 1809; mentre non mi è noto il nome delle due femmine. Cooper, come visto, cappellano privato di lord St.Vincent, ottenne da questo un incarico religioso nel Kent, destinazione che scambiò con il rettorato di Stourmouth, incarico che tenne in seguito, per dispensa, dal giugno 1806 unitamente a quello di rettore di Kingston, che gli era stato procurato da sir Egerton Brydges, già suo compagno di scuola. Ebbe anche incarichi vari di magistrato. Nel 1815 si ammalò (4) e, nonostante tutte le cure, per le quali si era recato a Londra, Cooper Willyams morì in casa di suo cognato all’età di 54 anni il 17 luglio 1816 e fu sepolto a Fulham, Middlesex, accanto alla tomba di sua sorella Beata. Nella navata della chiesa di Kingston, di cui era stato rettore vi è la seguente iscrizione: To The Rev. Cooper Willyams, M.A. Rector of this Parish and of Stourmouth, Whose remains are deposited With those of his beloved sister, Beata At Fulham in Middlesex. He was born June 22d, 1762, and died July 17th, 1816. Al reverendo Cooper Willyams, M.A. Rettore di questa parrocchia e di quella di Stourmouth i cui resti sono deposti con quelli della sua adorata sorella, Beata, a Fulham nel Middlesex Egli era nato il 22 giugno 1762, e morì il 17 luglio 1816. Si sa solo che veniva dalle famiglie Dineley e Goodyear, del Worchestershire e Herefordsbire, le cui proprietà erano finite in mano straniera. 2 I livelli di istruzione raggiunti da Cooper Willyams possono essere inquadrati in qualche modo seguendo le definizioni che se ne trovano in Wikipedia, e che sono di seguito riassunte, traducendole dall’inglese: B.A. = Bachelor of Arts dal latino Arium Baccalaureus, è un livello inferiore di istruzione conseguito per un programma di liberal arts, o liberal sciences, o per entrambi. Il termine liberal si riferisce ad un particolare curriculum educativo grosso modo definito come educazione classica. M.A. = Master of Arts, titolo conferito dalle Università di Oxford, di Cambridge, o di Dublin (Trinity College), e conferito senza ulteriore studi dopo un certo tempo a coloro che hanno già con distinzione conseguito il B.A. Art è un campo di cultura composto da molte discipline. Nel linguaggio moderno è in genere usualmente inteso come arti visive, comprendenti le decorative e il disegno. 3 Esquire è un titolo nobiliare esclusivamente in uso nel Regno Unito. Di norma era definito (nel XIX secolo) esquire un proprietario terriero di un certo livello, quando non era in possesso di altri titoli, ma il termine nacque attorno al XIV secolo, e serviva per identificare il rango immediatamente inferiore a quello di knight (cavaliere). Dopo gli esquire vi era la categoria dei gentlemen e degli yesmen. Solo le prime tre categorie (knight, esquire, gentlemen) erano considerate armigere. Il titolo veniva dato anche a chi ricopriva determinati uffici (da Wikipedia). 4 Si fa risalire la sua malattia alla campagna delle Indie (1794) nella quale seppellì molti compagni, morti di febbre gialla. 1 fregata Seahorse nei pressi di Capo Sorrento e Massa, il capitan Foote inviò le sue imbarcazioni a bruciare alcune navi vicine alla riva, cosa che fecero senza perdite. In un punto in cui erano sbarcati, un reparto discese fino a loro con la bandiera dei reali napoletani, ed espressero la loro gioia di essere liberati dal giogo francese. Apprendemmo che il popolo era in genere ansioso di tornare sotto il re, e che a Gaeta erano completamente fedeli. Ci fu anche raccontato che i francesi avevano messo a morte alcuni preti per il loro attaccamento alla causa reale. L’8 [aprile] lo Swiftsure entrò nella rada di Baia, cercando di tagliar fuori otto grandi cannoniere che stavano procedendo sotto costa da Napoli, ma esse si posero sotto la protezione del castello di Baia, che essendo situato su un’alta roccia, ed avendo una posizione dominante, ci impedì di avvicinarci. Nel frattempo il generale McDonald, che comandava le truppe napoletane a Napoli, inviò un parlamentare al Commodoro Troubridge con un messaggio pieno di ingiurie e di invettive: la sua insolenza fu trattata dal nostro prode leader come si meritava. Il giorno seguente, scorgendo una grande barca proveniente da Napoli navigare nel golfo, ci dirigemmo su di questa, che però si rifugiò a Pozzuoli. Poiché i francesi stavano eseguendo lavori sull’istmo del lago morto per nuocere alla squadra, furono mandate nostre cannoniere e lance per impedire il loro progredire; e sapemmo da qualche suddito fedele che molti nemici erano stati uccisi o feriti. Poiché il popolo di Procida stava soffrendo oltremodo per mancanza di pane, qualche provvista fu loro inviata dalla squadra navale inglese. Il 13, tuttavia, alcuni vascelli arrivarono dalla Sicilia con frumento per le isole di Procida ed Ischia; ma invece di una libera trattativa per rifornirsi [equamente] con esso, particolari manovre furono messe in atto dal principe di Strabia (*) per ottenerlo esclusivamente; la conseguenza fu che se ne ottennero quantità troppo piccole per essere di reale aiuto, ed il principe fu così eccessivo nelle sue richieste, che la povera gente fu letteralmente affamata. Il 17 ancorammo nuovamente con la squadra, e fummo informati che il cardinale Ruffo stava raccogliendo una grande armata in Calabria con la quale intendeva marciare su Napoli. In quei giorni ci pervenne uno strano proclama di MacDonald: esso minacciava di morte coloro che fossero fedeli alla legittima corona, o agli inglesi, ritenendo responsabili * Deve trattarsi del Principe di Trabia, come si legge anche in una annotazione del capiano Edward James Foote, comandante della Seahorse: «... Io credo mio dovere osservare che le Isole (cioè Ischia e Procida) sono estremamente a corto di provviste alimentari e che non si debba perdere tempo nello spedire il grano che il principe di Trabia ha menzionato nella sua ultima lettera al Capitano Troubridge (comandante della squadra cui appartenevano sia la fregata Seahorse sia il vascello Swiftsure, sul quale era imbarcato il cappellano Willyams) essere stato acquistato per ordine di Sua Maestà Siciliana, del quale è giunta una quantità molto piccola». e passibili di morte vescovi e preti in caso di insurrezioni o tumulti che accadessero nei loro distretti. Al tempo di questo sanguinario proclama vi fu a Trani, città dell’Adriatico fedele al re, un’insurrezione contro gli usurpatori francesi. Ma i francesi, resisi immediatamente padroni della situazione, passarono per le armi tutti gli uomini, e poi, a sangue freddo, chiusero donne e bambini in una grande casa, dandole fuoco, bruciandoli tutti! Poiché non vi era modo di risolvere rapidamente questa situazione, ottenni il permesso di passare qualche tempo ad Ischia, e quindi mi recai lì con Mr. Rushout. Ci sistemammo in una piccola casa ad un miglio dal castello, dove erano acquartierate le nostre truppe da sbarco agli ordini del capitano Knox. Il castello d’Ischia ha un aspetto imponente; è situato su un’alta roccia a qualche distanza dalla terraferma, e comunica con la città a mezzo di una stradina sopraelevata costruita su archi. Nella cinta del castello vi sono non meno di tre chiese o cappelle, una delle quali appartiene ad un convento di monache. Il mastio del castello è situato nel punto più elevato, e domina un ampio orizzonte; l’ascesa ad esso è molto ripida e ventosa sotto alti archi scavati nella roccia, e difesa in alcuni punti da robusti cancelli, e da cannoni che dominano ogni via d’accesso. La città di Ischia, sebbene piccola, ha molte belle case. Le chiese (ve ne sono molte) sono notevoli per dimensioni e decorazioni (7). Circa a mezzo miglio a nordovest della città vi è una bella strada che attraversa una colata lavica, che circa cinque secoli fa fuoriuscì da un cratere sul fianco della montagna. Essa ha ancora l’aspetto di una colata recente, presentandosi con lo stesso aspetto di quella di Torre del Greco (8). Non si scorgono tracce di vegetazione, ma si stende in un aspro ammasso di rocce nere e minacciose. Di qui si passa in una bella strada pavimentata di lava che conduce ad una bella dimora, affianco al piccolo lago dove sua Maestà siciliana usa trascorrere ogni anno qualche tempo; quindi, attraversando un’alta collina molto boscosa su ambo i lati, si giunge ad una grande fabbrica di terracotta, e circa un miglio da qui si raggiunge il bel villaggio di Lago, o Lacco, a circa cinque miglia da Ischia. Le rocce in riva al mare sono composte di lava dai molti e brillanti colori; ed una di queste rocce, che è distante circa duecento metri (9) dalla riva, ha molto dell’aspetto di un pagliaio: nei dintorni del villaggio vi sono diverse belle case deliziosamente situate. La vista della città e del castello d’Ischia, con la sagoma lontana dell’isola di Capri, famosa per il palazzo di Tiberio, è stata ripresa dalla casa ove abitiamo, costruita sulla lava [è cosa errata: la stampa, fuori testo fra p. 184 e 185, mostra ovviamente Vivara e Procida]. 8 Torre del Greco, una piccola città a circa cinque miglia da Napoli, fu distrutta nel giugno 1794 da un’eruzione del Vesuvio, prodottasi da un cratere alla base del grande cono. La popolazione, fortificata dalla frequenza di queste loro disgrazie, ha già ricostruito la città nello stesso posto, e sulla lava che copre la città, dalla quale ancora emerge il campanile della chiesa. 9 Willyams Cooper indica in 1 furlong (201,1680 m) tale distanza, così definita in Wikipedia: Il furlong, sebbene storicamente sia 7 La Rassegna d’Ischia 2/2009 29 Tornando ad Ischia, facemmo un giro per visitare i bagni (10) di Casamicciola [Casa Michiola nel testo], dove ogni comodità è provveduta per gli invalidi, una nobile istituzione per l’assistenza gratuita di trecento pazienti poveri, con letti e provvigioni gratuite. La costruzione a forma quadrilatera è adatta allo scopo. L’area è alberata. Si scende ai bagni seguendo una ripida discesa, e si trova ogni cosa per agio e convenienza dei bagnanti. Intorno ad una lunga camera vi sono cinquanta vasche, alle quali le tubazioni conducono acqua calda e fredda. Accanto a queste vi sono i sudatoi, in cui entriamo; ma il calore è troppo intenso tanto da obbligarci ad uscire immediatamente. Ci fu detto che i pazienti chiusi in essi non resistono più di quattro o cinque minuti. Un altro giorno accompagnai alcuni gentiluomini all’eremitaggio sulla cima del Monte S. Nicola; una montagna che si erge al centro dell’isola, ed è più alta del Vesuvio: vi giungemmo a dorso d’asino, che qui sono chiamati chuchus: quello che cavalcai io era stato il chuchu preferito di Ferdinando IV; in quest’isola talvolta si impiegano i cavalli. La nostra strada attraversava un paesaggio romantico molto variegato da ricchi campi di grano e steccati; quindi arbusti e pendii rocciosi. Talvolta attraversammo ponticelli congiungenti una collina all’altra, attraverso profondi burroni formati da terremoti o esplosioni vulcaniche. Quando ci avvicinammo alla cima della montagna ci si presentò un’arida scena. Un tufo bianco di natura eruttiva colpì il nostro sguardo quando giungemmo all’eremitaggio che è situato sotto il più alto pinnacolo del monte, ed è scavato nella roccia. Vi sono una piccola cappella e alcune celle; ma non potemmo visitarle, essendo assenti i monaci o gli eremiti. Da quest’altezza si ha una bella vista a volo d’uccello sul golfo di Napoli e dintorni. Direttamente sotto di noi la città ed il castello di Ischia; dietro, l'isola di Procida, Capo Miseno, l’isola di Nisida, Capo Posillipo, la città di Napoli con il castello di S. Elmo, e le maestose cime del Somma e del Vesuvio, e dietro ad esse, la nuvolosa catena degli Appennini formavano il più bell’insieme di interessanti e classici scenari che io abbia mai visto (11). definito in molti modi, oggi viene considerato uguale a 660 piedi o 220 iarde, ovvero a 201,168 metri. Ci sono 10 catene in un furlong e otto furlong in un miglio. Il nome furlong deriva dall’inglese antico furl (solco) e lang (lungo). È originariamente riferito all’acro di un terreno pubblico arato (nel Medioevo in Inghilterra un terreno comunale veniva diviso a strisce). Il sistema del “solco lungo” divenne necessario perché per un contadino era difficile far girare una coppia di buoi, quindi era molto avvantaggiato con un terreno lungo e stretto rispetto ad uno di forma quadrangolare. Per questa ragione, anticamente, il furlong veniva definito lunghezza di un acro. 10 Vi sono molte sorgenti nell’isola; che in verità sembra essere composta interamente da materiali vulcanici. 11 Ho fatto uno schizzo di quest’incantevole panorama, ma poiché una accurata e ben eseguita incisione di esso è stata già pubblicata nell’elaborata descrizione dei Campi Flegrei di sir William Hamilton, non l’ho inserito [in questo lavoro], poiché non voglio fornire vedute che siano già state offerte al pubblico da artisti più abili [di me]. 30 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Il 27 tornai sulla Swiftsure, ed appresi che un personaggio chiamato Grande Diavolo, ovvero Great Devil, era stato a bordo della squadra. Quest’uomo era a capo di un grosso gruppo di realisti nel distretto di Gaeta. Le notizie di numerose diserzioni che si verificavano in campo francese in diverse parti d’Italia, particolarmente a Mantova, ci dettero speranze di successo. Nel pomeriggio la Minotaur e la Swiftsure salparono, con a bordo alcuni napoletani e truppe. All’alba del 28 essi sbarcarono a Castellammare, e presero possesso della città, evacuata dai francesi e dai rivoluzionari; allo stesso tempo un valoroso soldato, che era stato caporale al servizio reale, era avanzato con un gruppo di realisti provenendo dalle montagne. Ma in breve tempo il nemico apparve in forze e riprese il posto. Molti dei militari si impegnarono in combattimento; alla lunga, soverchiati dal numero, furono costretti a cedere terreno, e molti di essi furono catturati. Al nostro rientro in squadra trovammo che la Zealous era ritornata da Salerno, dove truppe da sbarco e marinai avevano compiuto con successo uno sbarco, e preso possesso della città. Ma il nemico, rinforzato da reclute locali, fece un assalto contro di essi con esito positivo, e li obbligò a reimbarcarsi con la perdita di tre fanti uccisi, molti marinai feriti, e nove caduti prigionieri. Il luogotenente Vivian della fanteria di marina si distinse in questa situazione per il suo valore, compiendo una buona ritirata di fronte a forze molto preponderanti. Lord Montgomery e Mr. Stephenson, che erano col Cap. Hood, parteciparono come volontari (12). Il 1° maggio tornai ad Ischia, e trovai Mr. Rushout appena giunto dall’isola di Capri, dove la popolazione era fedele e ben disposta verso gli inglesi. Le rovine della villa di Tiberio sono ancora visibili in quell’isola, e belle monete si trovano talvolta fra le rovine. Poiché al nostro gruppo dovevano aggiungersi Lord Montgomery e Mr. Stephenson, fu necessario cercare una casa più grande; pertanto procedemmo per Lacco, e contattammo Don Scipio, agente del Duca di Acqua Viva, per alloggiare per breve tempo nel palazzo di questo nobile. Ci fu detto che il duca era allora imprigionato a Napoli dai ribelli. Questo palazzo è delizioso, situato circa un quarto di miglia sopra il villaggio di Lacco, ed ai piedi della montagna di S. Nicola. Esso domina un lontano prospetto del Vesuvio; e la nostra squadra navale alla fonda a Procida era perfettamente visibile. In questa gradevole compagnia e residenza passai il mio tempo molto piacevolmente: il clima era mite, l’atmosfera tersa ed elastica, la campagna circostante molto pittoresca, e varia in modo non comune. I Figlio maggiore dell’Earl of Eglinton. Fu con altri inglesi a Napoli quando la Corte si ritirò e quindi fu obbligato ad imbarcarsi per Palermo, donde seguì la nostra squadra in questa spedizione. Il capitan Darly della fanteria di marina, che era sbarcato dalla Zealous, essendo molto padrone della lingua italiana, si offerse come volontario per addentrasi nel paese per raggiungere il Cardinale Ruffo. Riuscito nello scopo, seguì il Cardinale nella sua marcia verso Napoli, ricevendo da sua Eminenza un comando superiore. Per i suoi servigi fu avanzato al grado di colonnello nell’esercito napoletano. 12 giardini del palazzo erano realizzati in modo da respingere il calore che prevale nella stagione estiva, essendo interamente ombreggiati con viti che si estendevano sulle pareti da pilastri eretti allo scopo. Vi sono anche due belle dimore estive, che, con fontane e alberi, rendono la permanenza oltremodo gradita. Di qui il Vesuvio mostra ogni sera un bellissimo spettacolo. Quando il sole tramonta, il colore delle montagne cambia da un azzurro chiaro ad un rosa vivace; e quindi ad un pieno porpora, che gradualmente diviene più scuro finché alla fine viene avvolto in un’ombra nera. Nella quiete e riposo di questo posto dimenticavamo le scene di guerra e desolazione che ci avevano così intensamente coinvolti, e che si stavano svolgendo a non grande distanza da noi. La città di Furia è a circa tre miglia ad ovest di Lacco, ma costruita molto irregolarmente; contiene buone case e belle chiese, e conventi. Prima dei problemi attuali era sede di un notevole commercio. Notizie di un presunto attacco all’isola, ed anche qualche timore di atti di ostilità in essa, indussero il capitano Knox a mandarci alcune armi da fuoco; essendo noi otto, con i servitori, pensavamo di resistere ad un attacco almeno per breve tempo data la nostra posizione elevata. Il 7 il Capitano Hallowell ci mandò un dono di vino ed altri beni che il danaro non ci avrebbe consentito di procurarci qui: sfortunatamente nel viaggio di ritorno alla nave la barca si capovolse, e Dixon, il timoniere del capitano, un valido e buon marinaio, annegò. Sul promontorio, che forma la piccola baia di Lacco, vi è una torre quadrata: poiché un giorno mi recai a visitarla, ebbi l’opportunità di apprendere il modo in cui il popolo cattura le quaglie in questo paese. Essi stendono delle lunghe e profonde reti attraverso una piccola vallata, e gli uccelli nel loro rapido volo sono catturati in abbondanza. Avendo spesso gustato del tonno, che è abbondante in questa baia come a Palermo, desideravo anche vedere come venisse pescato, e la mia curiosità venne ora soddisfatta. Le reti usate a questo scopo sono molto estese, e disposte in quadrati a formare camere separate. Un uomo è sempre di guardia, e le reti non vengono mai rimosse. Quando egli avverte l’approssimarsi di un branco di tonni, e questi, raggiunte le reti, procedono all'interno della prima camera, egli chiude subito l'entrata, così i pesci arrivano all'ultima camera, che è chiamata la camera della morte. Le imbarcazioni si preparano allora per il massacro; il pesce viene agevolmente arpionato, sollevato e posto in grandi barche semipontate, che in breve assumono l’aspetto di un macello, ed il mare è tutto intorno colorato di sangue (13). Questa specie di pesce, che è pescato in grande abbondanza in questi mari, fornisce al popolo abbondanza di cibo salutare e nutriente a buon mercato; la carne è soda, e di colore e consistenza simile a quella vaccina. Vi è anche 13 Mentre scrivo, venti cantare di tonno sono state pescate, con ogni cantara che assomma a 160 libbre di peso [cioè 1452,8 kg]. un’altra varietà di tonno la cui carne è più chiara. Quando sbarcai a Lacco, scorsi un uomo che scavava una piccola buca nella sabbia vicino alla battigia, e, con mia sorpresa, vidi sgorgare gorgogliando acqua limpida, praticamente bollente, con la quale egli lavò i suoi panni. Ma tutta questa isola, come la maggior parte delle isole vicine, sono un complesso vulcanico, e, senza dubbio, un giorno daranno sfogo al combustibile che non si è mai estinto. Il 15 ricevetti l’ordine di tornare a bordo (14). In serata la squadra levò le ancore; ed il 17 arrivammo nella baia di Palermo. Conclusioni Si deve ad una permanenza prolungata di una squadra navale inglese nelle acque napoletane, se il reverendo Willyams Cooper poté sbarcare per un breve periodo, dimorando nella nostra isola in due luoghi distinti, ad Ischia sulla lava dell’Arso con vista sul Castello e la marina del borgo, e a Lacco nella villa del Duca d’Acquaviva, mentre questi era imprigionato a Napoli. Il religioso era anche un discreto disegnatore (15): si deve principalmente ai due disegni del Castello e di una marina di Lacco se il suo nome figura nelle più note raccolte di immagini dell’isola: anche se non sempre fedeli, esse costituiscono una delle poche testimonianze di essa nel secolo XVIII; particolarmente interessante la marina di Lacco per la descrizione del Capitello e ciò che vi era su di esso; la Torre di Montevico, che pure aveva visitato, vi è raffigurata senza scarpa, ma con la scala di accesso, mentre la piccolezza dell’incisione non consente di verificare la presenza di altri dettagli; la Torre di S.Restituta soffre degli stessi problemi. A parte queste tematiche, che sono legate al mio specifico interesse per il dispositivo difensivo dell’isola, le pagine che Willyams Cooper scrive per ricordare la sua permanenza ad Ischia, costituiscono una discreta testimonianza della vita in essa, in un periodo particolarmente movimentato. Vincenzo Belli Al mio rientro in squadra appresi che un ufficiale di grado elevato era arrivato da Palermo, ed era salpato con la Perseus per prendere il comando ad Orbetello, località che era stata attaccata dai francesi. Al suo arrivo rifiutò di sbarcare, scegliendo di recarsi in altra località della costa, della quale ho dimenticato il nome. Tuttavia, qui, trovò altra probabilità di pericolo, e rifiutò nuovamente di sbarcare. Il capitan Oswald, fortemente disgustato dal comportamento di questo ufficiale, lo rispedì nuovamente al Commodoro, che, colpito da questa pusillanimità, non consentendogli di rimanere ancora a bordo di una nave britannica, lo rispedì a Palermo con il resoconto della sua condotta. Ma tuttavia il maresciallo di campo, fu ricevuto a Corte come il solito, e né punizione né rimprovero gli furono inflitti. 15 Il suo Viaggio è corredato da ben 43 illustrazioni - comprese le tre di località dell’isola d’Ischia -, che presentano luoghi ed avvenimenti vari, dall’Egitto alla Turchia, alla Sicilia, alle Baleari, a Gibilterra. 14 La Rassegna d’Ischia 2/2009 31 Forio - Giardini Ravino (31 maggio 2009) Nostalgia di luce - Pittori tedeschi a Forio e a Sant’Angelo Una serata tedesco-italiana con letteratura, musica e pittura Il mondo fantasioso degli artisti è il tema della serata. Accanto ai musicisti e agli scrittori, furono soprattutto i pittori tedeschi che scoprirono Ischia, alcuni già prima della seconda guerra mondiale, molti lo fecero anni dopo. Spesso l’isola diventò la loro seconda patria. I pittori cercavano la luce e la vita semplice. Essi la trovavano nella natura primigenia, nelle montagne, nei dirupi e nelle insenature solitarie sul mare. E la rinvennero negli uomini: pescatori, contadini e mulattieri. Fissarono nei quadri il loro vissuto-testimonianza preziosa di un tempo passato. In un certo senso furono anche i precursori del turismo moderno. Hans Dieter Eheim, l’autore del libro “La torre delle ginestre” (Der Ginsterberg), per più di venticinque anni è stato alla ricerca di tracce per scoprire i quadri di questi pittori. Le ha trovate soprattutto a Forio e a Sant’Angelo: in case private, in pensioni e alberghi, in bar e ristoranti e nella casa di un pittore famoso che aveva lì vissuto decenni prima. Le sue ricerche lo hanno portato a molti incontri interessanti e a ricche esperienze che leggerà e racconterà, desumendoli dai testi appena pubblicati. La manifestazione per gli isolani e per gli ospiti si svolgerà in lingua italiana e tedesca, accompagnata da antiche canzoni popolari napoletane che getteranno un ponte di melodie sui testi. La serata sul tema “ Nostalgia di luce” sarà anche un’occasione per una mostra allestita da Hans Dieter Eheim, che verrà inaugurata subito dopo la lettura e sarà aperta dal 31 maggio al 15 giugno 2009. I visitatori così avranno la possibilità di approfondire in un altro “perspicuo” modo le loro impressioni dei testi letti. Verranno mostrati i quadri di più di dieci pittori che egli ha scoperto durante la sua “ricerca di tracce” e su cui parlerà. Con la sinergia di letteratura, musica e pittura, questa serata sarà uno speciale evento culturale. Sehnsucht nach Licht Deutsche Maler in Forio und Sant`Angelo – eine Spurensuche Ein deutsch-italienischer Abend in den Giardini Ravino in Forio mit Literatur, Musik und Malerei Die fantasievolle Welt der Künstler ist das Thema des Abends. Neben Musikern und Schriftstellern waren es vor allem deutsche Maler, welche Ischia für sich entdeckten – manche schon vor dem zweiten Weltkrieg, viele in den Jahren danach. Oft wurde die Insel für sie zur Heimat. Die Maler suchten das Licht und das einfache Leben. Sie fanden es in der ursprünglichen Natur: in den Bergen, in Schluchten und einsamen Buchten am Meer. Und sie fanden es bei den Menschen: den Fischern, den Bauern und Maultierführern. Das Erlebte hielten sie in Bildern fest – kostbares Erbe einer vergangenen Zeit. In gewisser Weise waren sie auch Vorläufer des modernen Tourismus. Hans Dieter Eheim, der Autor des Buches „Der Ginsterberg“, war mehr als fünfundzwanzig Jahre lang „auf Spurensuche“, um Bilder dieser Künstler zu entdecken. Er fand sie vor allem in Forio und Sant`Angelo: 32 La Rassegna d’Ischia 2/2009 in Privathäusern, Pensionen und Hotels, in Cafes und Restaurants und im Haus eines berühmten Malers, der dort vor Jahrzehnten gelebt hatte. Seine Suche führte zu vielen interessanten Begegnungen und reichen Erfahrungen, über die er aus soeben veröffentlichten Texten lesen und erzählen wird. Die Veranstaltung für Einheimische und Gäste findet in italienischer und deutscher Sprache statt. Begleitet wird sie von alten neapolitanischen Volksliedern, die eine klingende Brücke zu den Texten schlagen werden. Der Abend zum Thema „Sehnsucht nach Licht“ ist auch Anlass für eine ebenfalls von Hans Dieter Eheim zusammengestellte Ausstellung, die unmittelbar nach der Lesung eröffnet wird. Die Besucher haben so die Möglichkeit, ihre Eindrücke von der Lesung auf andere, „anschauliche“ Weise zu vertiefen. Gezeigt werden Bilder von mehr als zehn Malern, die er während seiner Spurensuche entdeckt hat und über die er sprechen wird. Mit der Verbindung von Literatur, Musik und Malerei wird dieser Abend zu einem besonderen kulturellen Ereignis. Colligite fragmenta, ne pereant Fonti archivistiche per la storia dell’isola d’Ischia (XVI) A cura di Agostino Di Lustro Le Capitolazioni delle Confratenite di Forio conservate nell’Archivio di Stato di Napoli IV 5) Arciconfraternita di Santa Maria Visitapoveri * Il titolo di Santa Maria Visitapoveri è arrivato sull’isola d’Ischia sicuramente dalla città di Napoli dove già nel 1573, come si rileva dai documenti riportati negli atti della Visita Pastorale dell’arcivescovo Annibale di Capua del 1576 conservati nell’Archivio Storico Diocesano di Napoli. Le origini popolari del titolo ci vengono narrate da Serafino Montorio in un’opera intitolata: Lo zodiaco di Maria. Il primo riferimento al culto verso questo titolo mariano a Forio si ha nell’atto di morte di Caterina Patalano del 7 ottobre 1601, conservato nell’Archivio Parrocchiale di San Vito che allora era ancora l’unica parrocchia per tutto il territorio dell’Università di Forio, dal quale si rileva che essa donò a Santa Maria Visita Poveri ducati sei da pagarsi dopo sua morte dal marito Vito Castellaccio. Il Notamento degli atti beneficiali della Città e Diocesi d’Ischia dell’Archivio Diocesano ricorda la bolla di fondazione della confraternita, ma non indica l’anno della sua pubblicazione. Un antico libretto nel quale sono annotate le elezioni annuali degli Officiali della Confraternita ha come data di inizio l’anno 1614 per cui potremmo pensare che sia stata fondata intor- * - A. Di Lustro, La confraternita di Visitapoveri a Forio, Li Causi Editore S. Giovanni in Persiceto, 1983. - F.P. Salvati, Architettura dell’Isola d’Ischia, Napoli Tipografia Pironti, 1951. - G. Alparone, Alfonso di Spigna appunti storico-artistici, 1968. - G. Alparone, Francesco Cicino e altri appunti storico-artistici, Napoli 1970. - G. Alparone, Ricerche su Alfonso di Spigna, in "Ricerche contributi e memorie, Atti del Centro di Studi su l’Isola d’Ischia 1970-1984", vol, II, Napoli Tipografia A. Cortese, 1984. - G. d’Ascia, Storia dell’Isola d’Ischia, Napoli Stabilimento tipografico Gabriele Argento, 1867. - G. Castagna- A. Di Lustro, La diocesi d’Ischia e le sue chiese, Forio, Tipolito Epomeo, 2000. - A. Di Lustro, Gli scultori Antonio e Baldassarre di Lucca nell’isola d’Ischia, in "La Rassegna d’Ischia", anno XVII n. 6 /1996. - F. Sardella (a cura di), Architetture d’Ischia, S. Giovanni in Persiceto, Edizioni del Castello Aragonese, 1985. - P. Monti, Ischia archeologia e storia, Napoli, Lino-tipografia Fratelli Porzio, 1980. - I. Delizia, Ischia l’identità negata, Napoli Edizioni Scientifiche Italiane, 1987. - A. Della Ragione, Ischia sacra, Napoli Clean Edizioni, 2005. no a quegli anni. D’altra parte le più antiche annotazioni di spese pervenute fino a noi, tra l’altro, riferiscono una spesa effettuata nel 1618 di sei ducati pagati per mano di Gerolamo Pisa al Vescovo per la bolla di jus patronatus sull’Oratorio. Ciò mi sembra confermare la fondazione della confraternita in questo periodo. La presenza in questa confraternita di Gerolamo Pisa, che troviamo anche nella fondazione di altre confraternite dell’isola d’Ischia e che sappiamo essere persona molto vicina ai Gesuiti con i quali ha fondato delle confraternite in alcuni casali della diocesi di Napoli, ci fa supporre che anche la fondazione di Visitapoveri sia avvenuta sotto l’influenza dell’attività pastorale dei Gesuiti che certamente hanno operato ad Ischia nei primi decenni del secolo XVII. Inoltre sappiamo con certezza che il gesuita Padre Francesco Pavone, intrepido assertore della riforma cattolica nella prima metà del secolo XVII, si è fermato per qualche tempo a Ischia svolgendo una intensa attività di apostolato, anche se con Forio - Arciconfraternita di S. Maria Visitapoveri La Rassegna d’Ischia 2/2009 33 scarsi risultati tanto che se ne allontanò piuttosto deluso per la cocciutaggine degli ischitani e soprattutto di alcuni esponenti del clero. In questi anni un pittore, il cui nome non è riportato dai documenti in nostro possesso, dipinse un quadro della Madonna che andò distrutto nell’incendio verificatosi nella chiesa nella notte tra il 9 e il 10 marzo 1670. L’immagine fu subito sostituita con un altro quadro rifatto poi da Alfonso di Spigna nel 1769 e che oggi domina sull’altare della chiesa. Nonostante tutti i rifacimenti , l’immagine della Madonna, almeno nello schema della figura, richiama quella di una tela dello stesso titolo che si venera nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Bonea di Vico Equense, trafugata diversi anni fa e da qualche anno ritrovata e ricollocata nella sua antica sede. La tela di Bonea è opera del pittore foriano Cesare Calise per cui potremmo supporre che anche l’antico quadro di Visitapoveri di Forio fosse opera di Cesare Calise. Nel corso del secolo XVIII la chiesa di questa confraternita divenne un vero scrigno di arte. Francesco Starace eseguì la splendida decorazione a stucco, certamente una delle più belle da lui eseguite. Egli ne ha realizzato altre sulla nostra Isola, alcune con il fratello Cesare; sua, per esempio, è la decorazione a stucco della chiesa dell’Annunziata di Napoli e in tante altre chiese della terra ferma. Lo scultore Antonio di Lucca realizzò, a sua volta, l’altare marmoreo con il paliotto con al centro lo splendido medaglione di Maria mediatrice delle Grazie. Il pittore Alfonso di Spigna, che della confraternita fu membro e nella quale ricoprì diversi incarichi fino a quello di priore nel 1754, realizzò i sei ovali che si ammirano lungo le pareti della chiesa, tra i quali dobbiamo ricordare quello dell’Annunciazione che costituisce uno dei suoi capolavori, insieme anche con quello della Visita di Maria ad Elisabetta e all’Adorazione dei pastori. Inoltre lo stesso pittore, oltre a rifare il quadro dell’altare, di cui abbiamo già detto, dipinse il Martirio di S. Giovanni Battista, situato presso l’altare. La tela raffigurante il Battista con il Redentore, che si trova sulla parete opposta, fu donata alla confraternita da Don Benedetto Lipari al quale era stata donata dalla famiglia d’Avalos, come ci fanno sapere alcune note dei libri contabili conservati nell’Archivio. Il pavimento, rovinato dal continuo e secolare calpestio, è opera di Ignazio Chiaiese, mentre l’organo è opera dell’organaro Giuseppe Gallo. La confraternita fu autorizzata a fregiarsi del titolo di Arciconfraternita per decreto regio nel 1829. Oltre alla particolare architettura della chiesa e le opere d’arte in essa conservate, Visitapoveri è famosa per la sacra rappresentazione che si svolge nella mattinata del giorno di Pasqua chiamata la Corsa dell’Angelo che richiama una folla strabocchevole di persone e di turisti. Essa si ispira alla Resurrezione di Gesù e costituisce come un arrangiamento del testo evangelico. Il canovaccio è comune anche a manifestazioni dello stesso argomento che si svolgono in altre parti, particolarmente dell’Italia meridionale, ma con delle connotazioni particolari del posto. Delle quattro 34 La Rassegna d’Ischia 2/2009 statue lignee che vi prendono parte, quella di Gesù risorto, della Madonna e di S. Giovanni Apostolo sono opera di un ignoto scultore di provincia della metà del secolo XVIII, mentre la statua di legno dorato dell’Angelo, che costituisce il protagonista di tutta la sacra rappresentazione, è opera dell’inizio del secolo XVII, epoca alla quale risale la detta sacra rappresentazione, uscita certamente dalla bottega dello scultore Francesco Mollica. Alfonso Di Spigna Annunciazione e Natività Documento n. 1 Archivio dell’ Arciconfraternita Manoscritto membranaceo in 4° di tredici fogli Ferdinandus Quartus Dei Gratia Rex utriusque Sicilie, et Hierusalem, infans Hispaniarum, Dux Parmae Placentiae, Castri ac Magnus Princeps etc. etc. Reverendis in Christo Patribus quibuscumque Archiepiscopis, Episcopis eorumque Vicariis,, Cleris, Capitulis,et aliis Ecclesiasticis, et Religiosis personis, totius huius Regni, et Signanter Dioecesis, Civitatis Ischiae Quibuscumque Baronibus, titulatis et non titulatis, Gubernatoribus, Auditoribus, Capitulaneis, Assessoribus, Sindicis, Electis, Universitatibus, et aliis quibusvis personis et Officialibus, quacumque Auctoritate, fungentibus, seu eorum locumtenentibus, et substitutis ad quos seu quem praesentes pervenerint, vel fuerint quomodolibet praesentatae Fidelibus devotis, dilectis gratiam nostram, et bonam voluntatem. Nuper pro parte infrasciptorum supplicantium fuit Majestati Nostrae porrectum infrasciptum memoriale cum relatione facta per Reverendum Nostrum Regium Capellanum Maiorem, tenoris sequentis videlicet Suae Regiae Maiestati= Per parte degl’infrascitti supplicanti mi è stato presentato l’infrascritto memoriale, con regia decretazione di mia commissione del tenor seguente. Alfonso Di Spigna Visita di Elisabetta a Maria Alfonso Di Spigna Sposalizio I sottoscritti fratelli della Venerabile laical Confraternita di Santa Maria Visita Poveri della terra di Forio d’Ischia supplicando espongono a Vostra Maestà come hanno i supplicanti, per il buon governo di detta Confraternita, formato alcun Regolamento, o siano Capitoli, che intendono, da oggi avanti, inviolabilmente osservare. Supplicano per tanto la Maestà Vostra compiacersi di avvalorarla del regale Assenso, che riceveranno a grazia specialissima. Don Tommaso Migliaccio Priore supplica come sopra Notar Pietro Matarese fratello supplica come sopra Io Giovanni Maria Castaldi fratello supplico come sopra Io Matteo Caruso supplico come sopra Io Michele Amalfitano supplico come sopra Io Salvatore Castaldo supplico come sopra Io Saverio Amalfitano supplico come sopra Don Crescenzo d’Abundo supplico come sopra Io Antonio Migliaccio fratello consultore supplico come sopra Io Francesco Antonio d’Abundo supplico come sopra Io Domenico Ionchese supplico come sopra Io Anastasio Vollaro fratello supplico come sopra Io Aniello d’Abundo supplico come sopra Io Antonio di Maio fratello supplico come sopra Io Tommaso Maddalena supplico come sopra Io Michele Morgera supplico come sopra Io Michele Carneglia supplico come sopra Io Domenico Corso supplico come sopra Io Onofrio Mattera supplico come sopra Io Domenico Sorrentino supplico come sopra Io Vincenzo Morgera supplico come sopra Io Giuseppe Cafiero supplico come sopra Io Rocco Luongo supplico come sopra Io Giovanni d’Ambra supplico come sopra Io Arcangelo Verde supplico come sopra Io Vincenzo Maniero supplico come sopra Io Pascale Castaldi supplico come sopra Io Nicola d’Ascia supplico come sopra La Rassegna d’Ischia 2/2009 35 Io Ambrosio Calise supplico come sopra Io Girolamo Calise supplico come sopra Io Michele di Lorenzo supplico come sopra Io Aniello Migliaccio supplico come sopra Io Vito di Nical’Antonio supplico come sopra Io Salvatore Milone supplico come sopra Io Natale Luongo supplico come sopra Io Michele di Lorenzo supplico come sopra Io Michele Calise supplico come sopra Io Aniello Verde supplico come sopra Io Felice Paolo Castaldo supplico come sopra Io Francesco Antonio di Maio supplico come sopra Io Agostino Calise supplico come sopra Io Aniello Antonio Matarese supplico come sopra Io Giuseppe Carcaterra supplico come sopra Io Giacomo Antonio Sportiello supplico come sopra Nicola Castaldo supplica come sopra Io Giovacchino Verde supplico come sopra Io Aniello di Lorenzo supplico come sopra Giacinto di Maio supplica come sopra Io Aniello di Meglio supplico come sopra Sabato Albino supplica come sopra Domenico Morgera supplica come sopra Io Dottor Chirurgo Michelangelo d’Ambra supplico come sopra Io Pascale Coppa supplico come sopra Io Gaetano Caruso supplico come sopra Io Gennaro della Monica supplico come sopra Io Rocco Iacono fratello supplico come sopra Io Baldassarre Iacono supplico come sopra Io Matteo Alfiero supplico come sopra Io Giuseppe Iacono supplico come sopra Io Simone Pisano supplico come sopra Io Giovanni Maltese supplico come sopra Io Francesco Genovino supplico come sopra Io Dieco supplico come sopra Io Sebastiano Castaldi supplico come sopra Io Cesare Furno supplico come sopra Io Saverio Caruso supplico come sopra Io Giacinto Calise supplico come sopra Io Michele Castaldo supplico come sopra Io Antuono Coppa supplico come sopra Io Luca Mollicci supplico come sopra Io Gaetano Pezzillo supplico come sopra Io Gaetano Foglia supplico come sopra Io Antonio Carcaterra supplico come sopra Io Nicola Baccaro supplico come sopra Io Pietro Paolo Morgera supplico come sopra Io Pascale Buonomano supplico come sopra Io Buonaventura Morgera supplico come sopra Io Vito Nicola Vollaro supplico come sopra Io Andrea Castaldo supplico come sopra Io Stefano Maltese supplico come sopra Io Francesco Frode supplico come sopra Io Domenico Calise supplico come sopra Io Vito Matteo Regine supplico come sopra Io Agostino Migliaccio supplico come sopra Paolo Antonio Calise supplica come sopra Io Domenico Genovino supplico come sopra Io Giovanni di Lustro supplico come sopra Io Michele Cigliano supplico come sopra Io Andrea Patalano supplico come sopra Io Giuseppe Morgera supplico come sopra Io Giuseppe Patalano supplico come sopra Io Sebastiano Morgera supplico come sopra Io Ludovico de supplico come sopra 36 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Io Nicola Abundo supplico come sopra Io Aniello Calise supplico come sopra Io Francesco Matarese supplico come sopra Io Giuseppe Verde supplico come sopra Io Giuseppe Polito supplico come sopra Io Pascale di Maio supplico come sopra Io Pascale Cigliano supplico come sopra Io Aniello Amalfitano supplico come sopra Io Loreto Verde supplico come sopra Io Giacomo di Marco supplico come sopra Io Vito Maltese supplico come sopra Io Francesco Antonio Calise supplico come sopra Io Giovanni Carcaterrra supplico come sopra Io Arcangelo Sassano supplico come sopra Io Cesare Polito supplico come sopra Io Vito Antonio Luongo supplico come sopra Bartolomeo Regine Francesco Antonio Coppola Michele Corso Ignazio Regine Girolamo Regine secondo assistente Carlo Morgera Vito Nicola Romano Giovanni Luise Amalfitano Vito Calise Giuseppe Morgera Aniello Antonio Schiano Matteo Calise Giuseppe Posilipo Vito Morgera Domenico Tedesco Pietro Paolo Maschio Pascale Castaldi Pasquale Tedesco Domenico Russo Loreto Tedesco Cristofaro Russo Pietro Calise Cristofaro Castaldo Cristofaro Maschio Carmine Castaldo Stefano Castaldo Rocco Russo Giovan Battista Castiglione Andrea Castaldo Nicola Patalano Francesco Verde Vincenzo Ionchese Agostino Furno Alessio Milone Giuseppe Ionchese di Alfonso Ambrogio Caruso Giuseppe Ionchese di Sebastiano Aniello Ferrigno Filippo Luongo Aniello Pensa Antonio Pensa Antonio Vecchio Antonio di Tomaso Baldassarre Calise Giovanni Andrea Regine Salvatore Polito Tommaso Regine Angiolo Andrea Regine Casimiro di Tommaso Cristofaro Migliano Domenico Regine Domenico Trofa Fabio Regine Fabrizio Castaldo Francesco Castaldo Filippo Impagliazzo Filippo Iacono Francesco Guarracino Francesco Calise Gennaro Carruopo Filippo Macia Francesco Capuano Francesco Saffano Giovan Battista Migliaccio Giacomo Polito Giuseppe Capuano di Giovanni Giuseppe Castaldo Agostino di Meglio Giuseppe Iodice Giacomo Tortora Giuseppe Carneglia Giosafat Coppa Alfonso Guarracino Giacomo Sacchetti Gioacchino Migliaccio Giacinto di Novara Vito Luongo Giacomo d’Abundo Donato Ru ccio Giovanni di Colantonio Giovanni Maltese Pietro Paolo Colantonio Michele Regine Andrea Calise Nicola di Colantonio Salvatore Capuano Nicola Matarese Antonio di Posilipo Francesco Iacono Troiano Iacono Antonio Quariglio Ignazio Sacchetti Filippo Tortora Michele Amitrano Francesco Migliaccio Pietro Angelo Massara Vito Nicola Mazzella Mattia d’Ambra Alessandro Mattera Giuseppe della Monica Cesare Iacono Simone Cefagne Cristofaro Carcaterra Michele Castaldi Ferrante Calise Raffaele Monti Antuono Monte Loreto Buonomano Domenico Mennella Ignazio Calise Giovanni d’Ambra Andrea Migliaccio di Crescenzo Antonio Migliaccio Giuseppe Giuseppe mattera Ambrogio Giuliano Pompeo del Deo Paolo Buonomano Gennaro Trofa Antonio Mattera Vito Nicola Iacono Geronimo Polito Aniello Lubrano Innocenzo di Colella Gabriele d’Ambra Crescenzo Coppa Pietro Paolo del Deo Giuseppe Regine Simone Matarese Vito Coppa di Bartolomeo Giuseppe Calise Filippo Capuano Pietro Paolo Capuano Arcangelo Castiglione Domenico d’Apa Crescenzo Regine Giuseppe Nicola Calise Giuseppe Capaldo di Cristofaro Gaetano Calise Salvatore Calise di Orazio Crescenzo Amalfitano Orazio Iacono Lorenzo Iacono Agostino di Rinaldo Nicola Caffino Onofrio Guarracino Benedetto Andrea Caffino Crescenzo Capuano Giacomo Patalano Lonardo di Maio Domenico d’Ambrosio Antonio Mattera Antonio Veccia Salvatore di Nazza Paolo Iacono Vito d’Ambra Vito Matarese Sebastiano Sacchetta Antonio Polito Domenico di Spigna Crescenzo Sacchetti Andrea Iacono Loreto Veccia Biase Mennella Arcangelo Scuotto Domenico Castagnola Crescenzo Carcaterra Filippo Castaldo Francesco Ametrano Nicola Mattera Marcantonio Iacono Vito Regine Giuseppe Ametrano Giovanni Iacono Crescenzo Manieri Gaetano Matarese Vito Nicola Castiglione Rocco Caruso Giovanni Pepe Tommaso Senzane Michele Mattera Andrea Piro Lorenzo e Biase Schioppa Giovanni Calise Fratelli della Venerabile Congregazione non sapere scrivere supplicano per mano mia, Ed in fede io Notar Emmanuele Verde di Forio sull’Isola d’Ischia, richiesto ho segnato locus signi= Che i sopra scritti siano tutti fratelli della nostra Venerabile Congregazione Santa Maria Visita Poveri, e siano tali quali si asseriscono, e compongono la maggior parte, e più sana parte della medesima ne fo fede Io sottoscritto Segretario Forio Congregazione 18 aprile 1764 Don Orazio Calise Segratario Che la sudetta firma sia di proprio carattere del Segretario D. Orazio Calise, ne fo fede io sudetto Notar Emmanuele Verde, e richiesto ho segnato Locus signi Reverendus Regius Capellanus Maior videat, et in scriptis referat= De Novi Berrelli= Vargas Macciuccca= Provisum per Regalem Cameram Sanctae Clarae Neapoli, 4 Julii 1764= Athanasius Illustris Marchio Citus Praeses Sacri Regii Consilii tempore subscriptionis impeditus Illustrissimus caput Aulae Gaeta, non interfuit E con detto memoriale mi sono state presentate l’infrascritte Regole del tenor seguente Capitoli o sia regole da osservarsi da noi Fratelli della Venerabile Laical Confraternita di Santa Maria Visita Poveri eretta nella Terra di Forio, sull’Isola d’Ischia. Capo I Del Novizio Colui che vorrà ascriversi Fratello della nostra Venerabile Confraternita dovrà aver meno degli anni trenta d’età, e sapere le cose necessarie a salvarsi, del che ne dovrà essere esaminato dal Maestro dei Novizi otto giorni prima di essere ascritto, dovrà porgere supplica al Priore in Congregazione, colla fede del battesimo, ed il Priore darà la commessa segretamente a due Fratelli d’informarsi dei di lui costumi, e di farne relazione, la quale essendo favorevole sia ammesso al noviziato, ed essendo contraria non possa affatto riceversi. Nel primo giorno che si ascriverà dovrà pagare per l’entratura grana ventiquattro, per una volta in mano del Segretario, il quale dovrà notarlo nel libro dei Novizi con iscriversi la giornata mese ed anno di tal notamento, locchè si farà anche dal Maestro dei Novizi nel suo libro che terrà a parte. Dovrà in detto giorno il Novizio Confessarsi e Communicarsi in Congregazione, con praticare lo stesso poi tutte le feste mobili, in quelle di Nostra Gran Signora Maria dei Santi Apostoli, ed in ogni prima domenica di ciascun mese. Il suo noviziato sarà almeno di mesi sei, durante qual tempo dovrà pagare una cinquina ossia grana due e mezzo al mese, senza godere frattanto alcun o degli emolumenti che gode il fratello, eccetto soltanto in caso morisse, quello dell’associazione dei Fratelli, e le torce, e senza potere avere voto né attivo, né passivo in Congregazione; e se passati i sei mesi, e si trovasse anche nel noviziato, e morisse debba godere tutti quei emolumenti che godono gli altri Fratelli. Capo II - Dell’obbligo del Fratello, e del Monte delle cinquine, e dei barili di vino. Ogni Fratello ascritto in detta nostra Congregazione dovrà presentarsi in Congregazione nei giorni festivi, nell’ora destinata dal Priore, mese per mese, essere obbediente a quanto dal medesimo gli sarà ordinato ed imposto. E mancando più volte, e corretto dal Priore, fosse incorrigibile, e pertinace, debba il medesimo, per la prima mancanza fraternamente, da solo a solo ammonirlo, e per la seconda dovrà penitenziarlo in Congregazione; e mancando per la terza volta sia privo di voce attiva, e passiva; e non avvedendosi per la quarta mancanza, possa, precedente il voto della maggioranza dei fratelli, esser cassato. Deve ogni fratello, per vantaggio della sua anima, confessarsi, e comunicarsi in tutte le feste mobili, in quelle della Santissima Vergine, dei Santi Apostoli, ed in ogni prima domenica di mese: e sebbene in ciò non prescrive pena ai trasgressori, pure se gl’incarica, ricordando loro che il Signore dispensa prodicamente le grazie a chi, con la dovuta disposizione, frequentemente lo riceve. Sarà tenuto ogni fratello pagare una cinquina ogni mese, in Banca, e grana 25 dal primo giorno di Novembre per insino alla mettà di dicembre, e mancando dal pagamento delle due grana e mezzo per tre mesi continui, e delle grana venticinque per tutta la mettà di Dicembre, s’intenda irremisibilmente privo, ed escluso da tutti gli emolumenti che gode il fratello, non ostante fosse passato un solo giorno, bastando questo per escluderlo, e dichiararlo contumace; talmente che morendo senza aver soddisfatto tali pagamenti, e volesse esser seppellito nella Chiesa di detta nostra Confraternita, debba pagare alla medesima ducati dodici, la quale sia tenuta darli tutti l’emolumenti che si godono dai fratelli. Ma se poi il fratello avesse soddisfatto al pagamento delle grana due e mezzo, e mancato da quello delle dette grana venticinque, o pure avesse adempito a questo, e mancato da quello, in tal caso sia tenuta la detta Confraternita dare così agli uni, che agli altri soltanto l’associazione dei fratelli, e le torce senza esser tenuta ad altro. Il fratello poi che vorrà soddisfare alla predetta contumacia dovrà personalmente portarsi in detta Congregazione, in giorno festivo, ed ivi soddisfare in Banca il suo debito, restando espressamente proibito al Segretario, ed anche allo stesso Priore di ricevere pagamento da fratelli contumaci fuori di Congregazione. Capo III - Degli emolumenti che gode il fratello. Stando qualche fratello gravemente ammalato, a segno che ricevesse il Santissimo Viatico, sarà tenuto il Priore, subito che ne sarà avvisato, conferirsi in Congregazione, unitamente col Segretario, e con uno degli assistenti, ed in assenza di esso con altro fratello, per osservare nel libro, ove si notano i pagamenti delle grana venticinque, e trovandolo di avere adempiuto a tutto, andrà personalmente assieme cogli altri della Banca a visitarlo, a cui porterà una figura di nostra Signora Madre Maria delle Grazie con una candela benedetta d’un’oncia, e mezzo, gli farà un donativo della valuta di carlini due, e l’ammonirà fraternamente a sopportare con pazienza quell’infermità et ad uniformarsi al divino volere. Venendo tal Fratello a morte, ed avutone il Priore l’avviso darà ordine al Sagrestano di sonar la campana a morto, manderà in casa del defunto una torcia, che starà accesa a capo del cadavere fin tanto uscirà di casa; assocerà, vestito della veste confratale, una cogli altri della Banca, il cadavere in Chiesa, e con essi diciotto fratelli, oltre quello che porta il Confalone, vestiti parimenti colla veste confratale, purchè si seppellisca nella Chiesa di detta nostra Confraternita, lo farà associare da mezzo clero, che sarà tenuto la detta confraternita una col dritto della stola al Parroco, e del Prete che gli assiste a ben morire, gli farà celebrare per l’anima sua messe lette numero dieci fra giorni otto dal dì di sua morte, e farsene far fede da sacerdoti celebranti, per esibirsi nella discussione dei suoi conti. La Rassegna d’Ischia 2/2009 37 In Chiesa staranno accese attorno al cadavere torce numero quattordici durante il notturno e sei di esse durante la messa cantata di requie, e nel primo giorno festivo, dopo la di lui morte si canterà , in chiesa solennemente l’ufficio dei morti; cioè un notturno colle laudi secondo la rubrica, a cui assisteranno tutti i Fratelli che sanno leggere, e rispetto a quelli che non sanno leggere i medesimi fratelli diranno quindici poste di Rosario, con esser tenuti, così gli uni, che gli altri farsi, in detto giorno la Comunione per l’anima del Fratello defunto. Morendo il Fratello fuori dell’Isola, o pure fuori della nostra Terra di Forio che abbia soddisfatto al pagamento , così delle grana due e mezzo, che del le grana venticinque, e non potendo godere dell’associazione sudetta e degli altri emolumenti, sarà tenuto il Priore oltre l’Ufficio dei morti, Rosario, e Comunione come sopra, far celebrare per la di lui anima messe lette numero quarantaquattro, ed una messa cantata di requie, dal dì che n’avrà la notizia, e farli sonare la campana a morto, della quale celebrazione ne farà fede da sacerdoti celebranti per esibirla nella discussione dei suoi conti. Capo IV - Dell’elezione Priore, e degli altri Ufficiali. Nel primo giorno festivo, che sussegue alla Festività della Visitazione della Signora Nostra Madre Maria titolo di detta Confraternita, si farà l’elezione del Priore, il quale, perché è il primo esemplare di tutta la Confraternita, dovrà essere la persona la più scelta, e proba della medesima. Che perciò prima di procedersi a quella s’implorerà l’aiuto della Vergine, cantandole solennemente le Litanie e dello Spirito Santo col Veni Creator Spiritus. Locchè terminato, il Priore, e li due suoi assistenti, in una con i consultori proporranno sei Fratelli, che siano i più scelti, e probi della Confraternita, cioè due li proporrà il Priore, e quattro gli assistenti, due per ciascuno, e detti Fratelli da nominarsi non siano contumaci, ne debitori della Congregazione, e che abbiano compito tre anni di Fratellanza esclusi i Parenti, e consanguinei di essi Priore, ed assistenti sino al terzo grado inclusivamente, secondo la computazione civile, e scritti di loro nomi in sei cartelle uguali si bussoleranno nella Banca in presenza di tutti, con cavarne tre di essi sei, questi tre estratti si daranno i voti segreti, da quei fratelli che godono, in mano del Segretario coll’assistenza di due Assessori destinandi dall’intiera Fratellanza, e passati i voti, colui che si avrà più sarà il Priore, e gli due saranno il primo. E secondo assistente, a misura dei voti che riceveranno. Gli altri tre poi rimasti nella bussola resteranno per consultori, i quali uniti al nuovo Priore agli assistenti nuovi, e ai due assistenti vecchi formeranno la consulta. E fatta sarà la elezione il vecchio Priore calerà dalla Banca, e consegnerà al nuovo Priore il Campanello, che sarà l’atto del di lui possesso, il quale salitovi con suoi assistenti intonerà ad alta voce il Te Deum. Nel primo giorno festivo dopo quello dell’Elezione del Priore si farà l’elezione degli Ufficiali, il numero dei quali dovrà essere determinato, per non far confusione, cioè sei Sagrestani, sei Portinari, otto Maestri di cerimonie, due Gabellieri, e due Maestri di Novizi. Quali Officiali dovranno eleggersi dal Priore, e dagli Assistenti. Siccome pure i medesimi dovranno eleggere il depositario, alle di cui mancanze dovranno essi dar conto solidum col Depositario istesso, ed il Segretario, col parere della Consulta. E essendo tra essi discordanza se ne nomineranno quattro dei più abili dell’intero numero dei fratelli, cioè due dal Priore, e gli altri assistenti, e dai consultori, e si bussoleranno, ed il primo estratto sarà il Segretario, e rispettivamente il Depositario. 38 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Capo V - Dell’Ufficio del Priore, e suo obbligo, e di quello degli assistenti. Dovrà il Priore, ed in di lui assenza gli assistenti, presedere alla recita dell’Ufficio, e del Santissimo Rosario, ed invigilare per lo buon governo di detta Confraternita, per l’osservanza delle presenti Regole, e buona disciplina dei Fratelli. Il medesimo da se solo niuna cosa di rilevante possa fare, senza il parere degli assistenti, e Consultori, e della maggior parte dei fratelli, come a dire far compra, estinguere capitali, far transazioni, cassar qualche Fratello contumace e inosservante delle Regole presenti, far fabbrica, rifrazione, e altra insolita, ed estraodinaria spesa eccedente ducati quattro, e volendo ciò fare, ne dovrà convocare la consulta. Ma trattandosi di fare altre cose, e di pagare i pesi soliti e forzosi, come a dire i Preti assistenti alla Chiesa, il Clero, l’organista o di far altre spese straordinarie, che non eccedino i ducati quattro, potrà farle da se solo, unito però coi due Assistenti, e consigliere o maggior parte di essi. Quando il Priore vorrà tenere la Consulta ne dovrà far avvisare i Consultori per mezzo di un Portinaio, o altro Fratello, acciò si trovino nella sacrestia della Confraternita luogo da tenersi la Consulta, in dove essi radunati, il Priore proporrà quello che l’occorre; e fattosi la conclusione, per via di voti segreti, che si riceveranno dal Segretario, dovrà il medesimo Segretario registrare le consulte in un libro, che terrà a parte, esprimendo ordinatamente prima la giornata, mese ed anno, poi la proposizione fatta dal Priore, e finalmente la conchiusione, la quale sarà sottoscritta dal Priore, dagli Assistenti, e dai Consultori, colla firma del Segretario a suo luogo. Si dovrà ogni anno impreteribilmente procedere alla nuova elezione del Priore, e degli Assistenti, nel modo descritto nel Capo IV, ed il Priore fra un mese dovrà dare chiaro, e lucido conto della sua amministrazione a due Razionali erigendi dal nuovo Priore, con maggioranza di voti segreti dei Fratelli, in conformità del Paragrafo II et Sequentibus del Capitolo V del Concordato, ed osservati diligentemente i conti sudetti da essi razionali si debba procedere alla liberatoria, o significatoria se vi capisse: Qual significatoria spedita dovrà avere la via esecutiva prout de jure. Quali Razionali erigendi dovranno essere fuori del ceto dei fratelli. Il Priore passato l’anno di sua amministrazione non potrà essere nuovamente eletto per Priore, ne esercitar altri Ufficii, non ostante che abbia ricevuto liberatoria, se non elassi tre anni, e i due assistenti e consultori dopo due anni, non ostante che né gli uni, né gli altri siano tenuti a dar conto. Ma ricevendo significatoria non potrà aver voto passivo fin a tanto che non avrà data compita soddisfazione. Capo VI Il Cassiere, ossia il Depositario dovrà esser persona benestante, proba, e dei migliori della Confraternita senza ostacoli di amministrazione, e di Prammatica. Sarà il suo Ufficio di tenere depositati in suo potere non solo l’argento, oro, vasi sagri della nostra Chiesa, e le suppellettili, dei quali se ne dovrà fare in ciascun anno esatto inventario. Ma ben anche il peculio tutto della nostra Confraternita, però dovrà formare due quinterni, in dove terrà registrato l’introito e l’esito. Il denaro, che pervenirà in suo potere, così delle cinquine, che delle grana venticinque, e dell’annue entrade in una cassa a parte né farà alcun pagamento delle spese solite, ed ordinarie, senza il biglietto del Priore, e trattandosi di pagare altre spese straordinarie, o che eccedono i ducati quattro, dovrà detto biglietto esser firmato dalla banca e dalla maggior parte dei Consultori. Dovrà in fine dell’anno, fra lo spazio di un mese, dar conto dell’introi- to, e dell’esito, che farà, con esibire i biglietti a quei stessi due razionali eletti per li conti del Priore, e non potrà esercitare altro uffizio, se non sia elasso un anno dopo il suo impiego, e ricevendo significatoria sin a tanto che non avrà sodisfatto pienamente. Capo VII - Dell’Ufficio del Segretario, e suo obbligo L’Ufficio del Segretario è molto geloso, e perciò avrà il Priore, e gli assistenti, e i consultori, a quali spetta di eleggerlo, la mira di sceglierlo abile, e di buona lettura, che non sia debitore della Confraternita, e senza ostacoli, dovrà il medesimo tener registrato per ordine alfabetico i nomi di tutti i Fratelli in un libro, in dove noterà mese per mese i pagamenti delle cinquine, e delle grana venticinque scritto di propria mano i mesi, come Gennaio, Febbraio, Marzo ecc. dando a ciascun fratello cartella stampata, col riscontro dei loro pagamenti. In fine dell’anno dovrà firmare su detto libro il nome suo, e cognome il pagamento di ciascun Fratello, per sapere quanto si sia esatto in quell’anno. Dovrà tener notato in un libro l’esazione di ciascun giorno, per confrontarlo con quello del Cassiere, e dovrà tal confronto farsi ogni sei mesi. Dovrà tenere altro libro, in dove registrerà le Consulte, nel modo detto nel Capitolo V. Nell’Elezione del Priore esso piglierà i voti dei Fratelli, coll’assistenza di due Fratelli assessori. Terrà conservato presso di se tutte le scritture ed i libri della nostra Confraternita eccetto quello dell’annue entrate, che si conserverà dal Priore. Dovrà, in fine dell’anno, fra lo spazio anche di un mese dar conto di quanto avrà esatto, e non potrà, finito l’impiego suo, esercitar altro Ufficio se non elasso un anno dopo, e ricevendo significatoria, fin tanto che non avrà compitamente soddisfatto. Capo VIII - Dell’Elezione del Rettore dei Confessori, e loro obblighi. Nel primo giorno festivo dopo quello dell’Elezione del Priore si dovrà procedere all’elezione del Rettore, e dei Confessori, e riesca con quiete, dovrà il Priore con l’intelligenza degli assistenti nominare tre sacerdoti dei più savii, scelti, e probi del Clero, che siano Confessori approvati, e sappiano bene predicare, ed istruire, e poi si dovranno bussolare, per voti segreti di tutti i Fratelli, ed a chi di questi tre proposti vi sarà concorso il maggior numero dei voti sarà il rettore, ma se il Priore avesse figlio, o fratello in secondo grado Civile che fosse dei savi, scelti e probi del Clero, Confessore approvato, e sapesse, ed avesse altre in Pulpito predicato, possa quello esser preferito, coll’intelligenza però dei fratelli, e loro consenso, e non avendo esso Priore figlio, o Fratello come sopra debba essere preferito gradatamente il figlio, o Fratello degli assistenti. Riguardo poi ai due Confessori, all’organista, ed al cantore si eligeranno anche questi in detto giorno, con la solennità di sopra descritta. L’Ufficio del rettore sarà in ogni dì festivo, confessare, celebrare la Messa per l’obbligo, che tiene la nostra Congregazione, nel mentre si recita il SS.mo Rosario, e di fare un sermone di un quarto di ora, sopra il Vangelo che in quel giorno corre, come anche di fare gli esercizi spirituali per otto giorni, nella settimana di passione, della Santa Quaresima. Quello poi dei Confessori di confessare ogni giorno festivo. E di celebrare la Santa Messa, anche per l’obbligo della nostra Confraternita. Il Rettore finito il suo impiego non potrà nuovamente essere eletto, se non elassi tre anni. Dovrà tenere sotto la sua cura il registro del Pio Monte delle Messe, sotto il titolo della nostra Confraternita Santa Maria Visita Poveri. In dove Colui che vorrà ascriversi dovrà porgere supplica al Priore in piena Congrega- zione, colla fede del Battesimo, e quella del Medico di non esser soggetto a male alcuno. Essendo Fratello dovrà avere meno dell’anno quarantesimo, non essendo tale non debba oltrepassare il trentesimo. Quali Rettore e Confessori non possono affatto inserirsi negli affari temporali della Congregazione, né all’elezione, e cassazione dei Fratelli. Per provisione del Rettore se gli dovranno dare Ducati ventidue l’anno inclusovi l’obbligo delle messe. Per quella dei Confessori Ducati trenta, cioè Ducati quindici per ciascuno, compresovi parimenti l’obbligo delle messe sudette, e per provisione dell’organista, e del Cantore Ducati quattordici ogni anno, cioè dieci per il primo, e quattro per il secondo. Ma perché al presente rattrovasi per Rettore della nostra Confraternita il Reverendo D. Pietro Paolo Furno, e per Confessori i Reverendi D. Sebastiano Migliaccio, e D. Agostino Verde, i quali con soddisfazione di tutti i Fratelli hanno da più anni assistito e faticato per la medesima, si è stabilito che debbiano i medesimi restar fermi nei loro rispettivi impieghi sintanto vorranno i Fratelli, e non altrimenti. Quale stabilimento non debba in avvenire passare in esempio, né recar menomo pregiudizio alle presenti Regole, dovendosi impreteribilmente osservare ciocchè rispetto all’elezione del Rettore e dei Confessori si è detto nel Capitolo VIII. Ed avendo maturamente considerato il tenore delle presenti Regole, le quali non contengono cose che pregiudichi la Regal Giurisdizione o il Pubblico ma soltanto prescrivono il modo di ben regolarsi detta Congregazione, con precedente il parere del Regio Consigliere D. Stefano Patrizy Consultore del regno di Sicilia, e Mio Ordinario; son di voto che Vostra Maestà può degnarsi concedere su dette Regole il suo Regal Assenso, con fargli spedire Privilegio in forma Regalis Camerae Sanctae Clarae, colle seguenti condizioni e riserve. Primo. Che in ogni esequie resti sempre salvo il dritto del Paroco. Secondo. Che per il Padre Spirituale, o sia Rettore, e Confessori si debba esattamente osservare quanto vien prescritto nel capitolo VIII delle presenti regole. Terzo. Che per la reddizione dei conti dei osservarsi il prescritto de Capitolo $ primo et sequentibus del Concordato. Quarto. Che a tenor del suo legal stabilimento fatto nel 1742 quei che devono essere eletti per Amministratori, e Razionali di detta Congregazione non siano debitori della medesima, e che avendo altre volte amministrate le sue rendite abbino dopo il rendimento dei conti ottenuta la debita liberatoria, e che non siano consanguinei né affini degli Amministratori precedenti sino al terzo grado inclusivo, de jure civili. E per ultimo che non si possa aggiungere, o mancare cos’alcuna dalle presente Regole senza il precedente Regal permesso di Vostra Maestà. E questo per Napoli a primo settembre 1764 di Vostra Maestà Umilissimo Vassallo e Capitano Nicolò di Rosa Vescovo di Pozzuoli Stefano Patrizy Don Carlo Albarelli= Super qua presentata relatione fecit per nostram Regalem Cameram Sanctae Clarae interpositum decretum tenoris sequentis. Die vigesima quinta mensis settembris 1764 Neapoli Regalis Camera Sanctae Clarae providet, decernit atque mandat, quod espediatur Privilegium Regi assensus in forma Regalis Camerae Sanctae Clarae, cum inserta forma retroscritte relationis. Hoc suum. Citus Praeses Gaeta de fiori Perrelli Vargas Macciucca Citus supplicantum, quatenus praeinserta capitula, confirmare, approbare et convalidare cum omnibus et quibuscumque in dictis capitulis contenti sed expressis et quatenus opus est de novo assentire et consentire benignus dignaremur. Nos vero dictis petitionibus tam iustis et piis libenter annuentes in his altis longe La Rassegna d’Ischia 2/2009 39 Maioribus quae exuditionis gratiam rationabiliter promerendo tenore praesentium ex certa nostra scientia deliberate et consulto ac ex gratia speciali dicta praeinserta capitula, iuxta eorum tenore confirmamus acceptamus, approbamus, et convalidamus nostraque munitione et presidio roboramus ac omnibus in eisdem contenti sed praenarratis et ex gratia speciali ut supra assentimur et consentimus nostrumque super eis assensum et consensum interponimus et praestamus cum supradictis clausulis conditionibus, et limitationibus contentis in dicta praeinserta relazione supradicti Reverendi nostri Regi Cappellani Maioris, ac servata forma relationis praedictae volentes, et decernentes espresse de eadem scientia certa nostra, quod praesens nostra confirmatio approbatio, et quatenus opus est novae consentio sit et esse debeat praedictis confratribus dictae Congregationis praesentibus, et futuris in perpetuum semper stabilis, realis valida fruttuosa et firma nullumque in indiciis aut extra sentiat quovis modo diminutionis incomodum dubietatis incomodum dubiewtatis habeatur, aut nove alterius detrimentum pertinescat sed in suo sempre robore et firmitate persistano in quorum fidem hoc praesens Praeceptum fidem hoc praesens praeceptum fieri fecimus Magno Nostro Regalique sigillo pendenti munitum. Datum Neapoli die 30 Mensis septembris anno a Nativitate Domini Millesimo Septimgentesimo sessagesimo quarto. Pro Rege Sigillo Dominico Cattaneo Michael Regio Iacobus Milano Ioseph Pappacoda Petrus de Bonomia Dominicus de Gastro Stefanus Regio Bernardus de Musices Citus Vargas Macciucca Dominus Rex mandavit mihi. Salvatori Spiriti a Segretis Sua Maestà concede il suo Regio assenso alle presenti Capitolazioni fatte da fratelli della Congregazione sotto il titolo di Santa Maria Visita Poveri della terra di Forio d’Ischia, in omnibus sotto la forma della sudetta preinserta relazione fatta dal reverendo Regio cappellano Maggiore in forma Regalis Camerae Sanctae Clarae, Franciscus Citus. Solvat pro iure sigilli tarenos duodecim Pro Magnifico Giordanini Daxis Solvit Ducatos septem dimidio. Citus. Ioseh Valle Regalis Perceptor. In Primis 34 fol. 1° Lanzetta. Attesto io sottoscritto Segretario della Laical Confraternita di Santa Maria Visita Poveri della Terra di Forio che nel dì 26 Maggio, e nel dì 30 giugno del corrente anno 1765. Furono per ordine del Signor Don Tommaso Migliaccio attual Priore della medesima da me lette e pubblicate le retroscritte Regole in piena Congregazione: ed essendo stato inteso dai Fratelli il detto loro tenore, furono le medesime unanimemente approvate ed accettate, ed in ringraziamento all’Altissimo si cantò solennemente il Te Deum. Per la verità ne ho fatto il presente atto. Di Congregazione 2 luglio 1765. Aniello d’Abundo Segretario. MOTIVI (i cosiddetti centri storici) a danno delle zone periferiche (oggi non più tali), dove si tende a far ricadere tutte le conseguenze negative di molteplici problemi, come il traffico, i rifiuti solidi, i frastuoni della vita attuale. segue da pagina 3 destino oppure accetta il responso che l’isola nel suo complesso determina? Nel primo caso si potrebbe riproporre un territorio ancora diversamente frazionato; nel secondo potrebbe venir meno l’autonomia dell’uno o dell’altro, se devono essere i relativi cittadini a determinare una scelta. Si pensa che l’isola, ormai gravata da tanti problemi, avrà, se unificata, maggiori probabilità di trovare soluzioni adeguate e di assumere i relativi provvedimenti per metterle in atto. Non andrebbe trascurato inoltre un maggiore peso politico nel contesto regionale con un unicum capace di esprimere una presenza più autorevole. Tutte questioni che hanno il loro contraddittorio in una realtà che oggi appare più complicata rispetto al passato, a causa dell’estensione urbanistica che in ciascun comune si è operata e per una politica amministrativa che, come si vede, mira a qualificare un ristretto spazio 40 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Agostino Di Lustro Mostre Elio Marchegiani alla Torre di Guevara Nel corso della stagione turistica 2009 la Torre di Guevara d’Ischia ospiterà una mostra antologica di Elio Marchegiani, in occasione del suo ottantesimo compleanno. Viaggio in India Una storia d’amore chiamata Taj Mahal di Carmine Negro «Una lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo» (Rabindranath Tagore) Premessa - L’India si presenta agli occhi di un occidentale come un mondo a parte. Conserva millenni di storia, arte e cultura in una società permeata di religiosità che fa dei suoi Dei e delle cerimonie religiose una presenza costante nella propria vita. Un mondo dove passato e presente convivono e si mescolano permeando tutti i sensi. Sulle strade, intervallate da cumuli di immondizia, si aprono piccoli negozi, botteghe artigianali e bancarelle, dove si vende cibo che fa uso smodato di spezie. Di frequente ci sono spazi, spesso demarcati in maniera rudimentale, che portano in bella mostra oggetti con le sue truppe l’India e nel giro di usati carichi di storia personale che pochi anni estese il suo dominio su un focalizzano lo sguardo su una realtà vasto territorio che sarebbe diventato il fatta di povertà e di miseria. È ancora nucleo dell’impero Moghul. Il nipote di nelle strade che si possono sentire le Babur, Akbar, fu il più grande sovrano Moghul; il suo dominio, fra il 1556 e fragranze del legno di sandalo o dei il 1605, si estese al Punjab, all’odierno gelsomini che il venditore offre con Rajasthan, al Gujarat, al Bengala, al grazia, incontrare lente e indolenti Kashmir e al Deccan. Nell’amministravacche sacre, ammirare le donne, zione del suo regno Akbar dimostrò una anche le più povere, che con i loro notevole capacità organizzativa, assicusari dai colori forti sono figure stupe- randosi la fedeltà di centinaia di signori facenti, portatrici di una femminilità quasi divina. La storia indiana è anche prolifica di leggende e di storie, di racconti di fatti reali, capaci di suscitare forti ed appassionate emozioni. feudali; promosse inoltre il commercio, introdusse un equo sistema fiscale e favorì la tolleranza religiosa. Alla sua morte, nel 1627, il Principe Khurram divenne il nuovo Imperatore Mogul con il nome di Shah Jahan, Re del Mondo e Signore delle Congiunzioni Favorevoli: quest’ultimo titolo era particolarmente amato da Shah Jahan perché ricordava la sua provenienza dalla dinastia musulmana di origine mongola dei Timuridi. Sotto il suo regno promosse lo sviluppo di nuovi centri e rotte commerciali e il fiorire dell’artigianato. Trasferì la capitale dell’Impero da Agra a Delhi, divenuta centro del potere musulmano, che abbellì di nuovi edifici che testimoniano ancora il suo celebrato gusto estetico in architettura. Suo figlio Aurangzeb (1658 - 1707), spietato e fanatico, dedicò gli ultimi anni del suo regno ad una lotta incessante contro i principi indù, che avevano creato l’Impero Maratha nell’India meridionale, e impose in tutta l’India la religione islamica, provocando rivolte e guerre. Alla sua morte, avvenuta nel La dinastia Mughal - Il Passo Khyber è il passo di montagna che collega il Pakistan con l’Afghanistan e si apre a 1067 m di quota nella catena dell’Hindukus. Attraverso queste strette gole con strapiombi nel vuoto di 180-300 metri, sono passati i popoli Ariani per invadere la penisola del Deccan intorno al 1.500 a.C., il buddismo per diffondersi dall’India verso il Tibet, la Cina ed il Giappone a partire dal VI secolo a.C., Alessandro Magno con il suo esercito nel 326 a.C., i Persiani, i Mongoli e i Tartari per convertire l’India all’Islam attorno al XII secolo d.C. Attraverso il passo Khyber, nel 1526 Babur, un discendente di Tamerlano, la cui origine era mongolo-turki (1), invase 1) Con l'espressione turki viene in genere indicata la comunanza linguistica dei popoli turcofoni dell'Asia Centrale. La Rassegna d’Ischia 2/2009 41 1707, l’impero si disgregò, e ciò che ne rimaneva fu definitivamente conquistato dagli inglesi dopo i moti indiani del 1857, chiamati Rivolta dei Sepoy. Le storie di Agra Agra, città dell’India Settentrionale che fa parte dello stato federato dell’Uttar Pradesh, situata sulle rive del fiume Yamuna, a due ore e mezzo circa di treno da Nuova Delhi, è una destinazione che da secoli affascina per la sua atmosfera unica, dove si fondono bellezza e spiritualità, sacro e profano. Ad Agra mi imbatto in una storia curiosa e affascinante riportata in una guida scritta in italiano. Nel nome di Allah, l’Altissimo, il Clemente, il Misericordioso. Lode ad Allah, Signore dell’universo! Che i fatti degli antichi siano una lezione per i moderni acciocché l’uomo consideri i casi toccati agli altri, rispetti le parole di coloro che furono e, considerando ciò che ad essi toccò, si corregga. Perciò sia gloria a colui che conservò i racconti e con essi le cose degli antichi come esempio per i posteri. Orbene, di tali racconti vogliamo narrarvi la storia di un principe e del suo amore per una donna e della mirabile costruzione che volle dedicarle. Si racconta, ma Allah è più sapiente, più saggio e più potente e più benefico, che c’era nel tempo dei tempi e negli anni passati, e precisamente nel 1612, un principe di nome Khurram che prese in sposa, come seconda moglie, Arjumand Banu Begam, meglio conosciuta come Mumtaz Mahal. Il principe, che divenne poi il quinto imperatore della dinastia Mughal con il nome di Shah Jahan, amava profondamente la principessa e questa unione era una vera e propria passione. Mumtaz divenne compagna inseparabile di suo marito in tutti i suoi viaggi e spedizioni militari. Era la sua consigliera e consulente ed ispirava a lui atti di carità e di benevolenza verso deboli e bisognosi. Ma, tre anni soltanto dopo la sua salita al trono, a Burhanpur dove lo aveva seguito in una campagna militare, dopo aver partorito il loro quattordicesimo figlio la principessa muore. Si narra che la morte della moglie abbia talmente sconvolto ed addolorato l’imperatore che tutti i suoi capelli e la barba si sono imbiancati come la neve in pochi mesi. Si narra ancora, però, che, quando Mumtaz Mahal era viva, aveva ottenu42 La Rassegna d’Ischia 2/2009 to dall’imperatore quattro promesse: in primo luogo, quella di costruire un tempio, in secondo luogo, quella che si sarebbe sposato ancora, terzo, quella di essere gentile con i loro bambini, ed infine quella di visitare la sua tomba agli anniversari di morte. L’imperatore chiamò allora a sé i migliori artisti e dette inizio, in sua memoria, alla costruzione della tomba, che venne completata dopo circa vent’anni di lavoro da parte di ventimila uomini. Shah Jahan andava in barca a visitare la tomba della moglie. I documenti descrivono il suo arrivo al monumento dal lato del fiume e la sua ascesa dall’argine al terrazzo. Questa usanza, tuttavia, era riservata all’imperatore e al suo seguito. Tutti gli altri invece dovevano attraversare una grande corte per entrare nel portale principale sul lato sud. In questa corte i viaggiatori si fermavano, venivano sfamati i poveri e distribuite le elemosine. L’imperatore aveva così realizzato il Taj-Mahal, meraviglia del mondo e universalmente riconosciuto come tempio dell’amore, e sia gloria a coloro che conservano le parole e le cose degli antichi. Un giorno che passeggiava per il bazar, tra il fracasso dei mercanti e gli stivatori di elefanti, i suoi occhi si incontrarono con quelli di una ragazzina di 15 anni. Era la principessa Arjumand, figlia del primo Ministro della Corte. Immediatamente, il principe ne restò affascinato. Impressionato dalla bellezza della giovane, domandò il prezzo della collana di cristallo che lei si stava provando. Il mercante, sorridendo, gli rispose che non erano cristalli ma diamanti le pietre di quella collana. Il gioiello valeva una fortuna. Il principe lo pagò e lo regalò a Arjumand, che immediatamente, anche lei, ne restò ammaliata. Dovettero, invece, aspettare cinque anni per unirsi in matrimonio, perché non si erano visti per tutto quel tempo. Dopo essersi sposati, quando fu incoronato, il principe passò a chiamarsi Shah Jahan (Imperatore del Mondo) e lei Mumtaz Mahal (la Eletta del Palazzo). Il documento non porta alcun riferimento alla fonte. Anche la guida lo racconta con particolari inediti e più accattivanti. C’era una volta un principe chiamato Kurram che era stato educato nelle più difficili discipline del sapere: astronomia, grammatica, matematica, filosofia... e inoltre parlava arabo (la lingua del Corano) e persiano (la lingua della Corte). Taj Mahal visto da Agra Shah Jahan Ma quattro anni dopo avere occupato il trono, l’imperatore soffrì la peggiore tragedia della sua vita: la sua amata sposa, Mumtaz Mahal, non superò il parto del quattordicesimo figlio e morì. Shah Jahan, affranto dal dolore, comandò di costruire il Taj Mahal per seppellirla, come mausoleo in memoria dell’amore che si professarono entrambi. Una volta terminato, l’imperatore voleva costruire un altro mausoleo-tomba per lui, identico a quello della sua sposa ma in marmo nero, all’altro lato del fiume Yamuna, e unire dopo entrambi mediante un ponte di oro. E lo avrebbe fatto, se non fosse stato per Aurangzeb. Approfittando dello stato depressivo e della profonda tristezza nel quale era sprofondato l’imperatore, Aurangzeb, terzo figlio di Shah Jahan, accecato dall’ambizione, tradì tutta la sua famiglia, uccise i suoi fratelli (eccetto due Il Taj Mahal Nel caldo pomeriggio di agosto il cielo è coperto. Siamo in tanti e tutti in fila per il controllo all’ingresso che dà l’accesso al giardino interno. Le verifiche sono molto scrupolose e la polizia presente è numerosa. Il portale di ingresso, una imponente struttura divisa in tre piani in arenaria rossa e marmo, ha la forma di un’enorme nicchia semiottagonale sovrastata da un arco ogivale che si trova al centro della struttura. La sua altezza è esattamente la metà dell’altezza del mausoleo. Il portale con la sua architettura islamica ha un’importanza particolare: rappresenta il punto di transizione tra il clamore del mondo esterno e materiale e la pace e la tranquillità dello spazio sacro e spirituale interno. Varcato il portale di accesso si rimane impressionati dalla straordinarietà dell’opera, dalla perfetta geometria delle sue forme e dalla ricerca quasi ossessiva della simmetria oltre alla sua capacità di presentarsi con un aspetto sempre diffe- rente a seconda del momento in cui lo si osserva. Il sottile gioco di luci e ombre sul delicato marmo di cui è rivestita l’intera struttura, complici le pietre incastonate al suo interno, fanno si che il Taj Mahal assuma una colorazione ora bianca, ora rosa, ora dorata a seconda dell’ora del giorno. Il mausoleo è posto al di sopra di una sopraelevazione di forma quadrata con ai quattro vertici i minareti. In pianta l’edificio è un quadrato di lato con gli angoli smussati (in modo da avere una forma ad ottagono irregolare). Cinque cupole sovrastano la struttura. La più grande è posta al centro, mentre le altre quattro sono più piccole e sono poste attorno a quella centrale in direzione dei lati corti dell’ottagono. La cupola più grande porta al di sopra un elemento di chiusura decorativo che riprende lo stile indù e quello persiano. Infatti questo elemento, pur rappresentando una mezzaluna (elemento tipicamente islamico), sorelle) e strappò il potere a suo padre. Dopo, rinchiuse il padre in una torre del Forte Rosso di Agra, di fronte al Taj Mahal, e le due sorelle sopravissute nell’altra torre. «La vista di questo palazzo provoca tristi sospiri e fa versare lacrime dagli occhi del sole e della luna. Questo edificio è stato costruito per mostrare, attraverso di esso, la gloria del Creatore» (Shah Jahan) presenta un’ulteriore parte appuntita tale che assieme alla mezzaluna coricata crei una forma a tridente, simbolo di Shiva, divinità indù. Anche se le pareti sono interamente rivestite di marmi, la struttura portante è stata realizzata in pietra arenaria rossa e mattoni. Questo vuol che a fronte di uno spessore dei muri che arriva ad essere di 4 metri solo un piccolo strato di circa 15 cm è costituito dal candido marmo del Rajasthan. La costruzione del Taj Mahal è simbolica: la massiccia struttura quadrata della base rappresenta il mondo materiale, la cupola circolare la perfezione della divinità e la forma ottagonale della struttura (l’ottagono è visto come forma intermedia tra il quadrato ed il cerchio) l’uomo, punto di giunzione tra i due mondi (materiale e spirituale). Il Taj Mahal si trova nell’estremità nord di un giardino la cui struttura si rifà molto alla visione che si aveva in quel periodo del paradiso: un giardino ideale abbondantemente rifornito d’acqua. Nei testi mistici dell’Islam era descritto come composto da quattro canali che si incontrano in una montagna o una cascata centrali, che dividono il tutto nei quattro punti cardinali. La visione del giardino come simbolo del paradiso è rafforzata dalle calligrafie presenti sul portale principale, che invitano ad entrare nel paradiso. Anche questo giardino come tutti i giardini della dinastia Mughal è diviso in quattro parti uguali da due canali che si incrociano nel mezzo. Al suo centro nel punto di incontro dei due canali (che rappresenta il centro dell’intero giardino e di tutto il complesso) è stato posto un serbatoio di acqua che, in questo modo, riflette l’immagine del mausoleo. Sul lato meridionale del serbatoio, in posizione centrale, è posta una panchina: vuole La Rassegna d’Ischia 2/2009 43 essere un invito al visitatore a sedersi e osservare il mausoleo dalla posizione ideale, cioè da una prospettiva centrale, che permette di godere anche del riflesso sul serbatoio. Panchine simili sono poste anche lungo gli altri lati del serbatoio. Al suo interno si trovano aiuole di fiori, viali alberati e canali d’acqua. Ogni quadrato formato dai canali si compone a sua volta di quattro parti (16 in totale) divise da percorsi rialzati, pavimentati con pietra. Si dice che in ognuna di queste furono piantate 400 piante. Sbalordisce questa ripetizione del numero quattro e dei suoi multipli. Varcato il portale di accesso, dopo i primi momenti di piacevole smarrimento, si è colpiti dalla massa multicolore che si riversa nei viali. Dopo la foto di rito, vicino alla panchina, che consente di fissare le immagini giocando con la prospettiva, il fiume umano si incammina per la visita al mausoleo. Le donne nei loro sai dalle tinte forti che fanno rivivere i colori forti della natura sono attorniate dai bambini e dai loro uomini. Ci sono famiglie numerose che, festose salgono le scale che portano alla sopraelevazione quadrata e coppie appena sposate che fanno trasparire un’intimità fatta di sguardi, di gesti misurati e teneri, di affettuoso rispetto. Ci si mette in fila per entrare nel 44 La Rassegna d’Ischia 2/2009 mausoleo, una fila lunga e tortuosa; tutti rigorosamente scalzi. A mano a mano che ci si avvicina all’ingresso il marmo di una bianchezza abbacinante si mostra ornato da finissime decorazioni in pietra dura e da eleganti bassorilievi floreali. Dalla base marmorea sporgono leggermente vasi di fiori intarsiati, tra cui rose, tulipani e narcisi. Si racconta che il Taj Mahal venne costruito utilizzando materiali provenienti da ogni parte dell’India e dell’Asia. Oltre mille elefanti vennero impiegati durante le costruzioni per il trasporto delle materie prime. Il marmo bianco venne portato dal Rajasthan, il diaspro dal Punjab e la giada e il cristallo dalla Cina. I turchesi erano originari del Tibet e i lapislazzuli dell’Afghanistan, gli zaffiri venivano da Sri Lanka e la corniola dall’Arabia. Nei ventidue anni di durata dei lavori (1632 – 1654) furono impegnate ventimila persone tra cui numerosi artigiani provenienti dall’Europa e dall’Asia Centrale. Tra di essi vi era anche un artista italiano: Geronimo Veroneo. L’ingresso principale per l’interno, situato sulla facciata sud della tomba, introduce in una camera ottagonale illuminata da una pallida luce riflessa sulle superfici marmoree tendenti al giallo. Uno schermo di marmo intagliato così finemente da apparire quasi traslucido e decorato con pietre preziose diffonde una luce sul cenotafio di Arjumand Banu Begum, conosciuta anche con il nome di Mumtaz Mahal, che in persiano significa “la luce del palazzo”, al centro della tomba, e su quello di Shah Jahan posto a fianco. Le pietre incastonate sulle tombe di marmo sono tra le più belle di Agra e per eseguire il lavoro a intarsio alla perfezione ciascun petalo o foglia può comprendere fino a sessanta frammenti di pietra. Nel rispetto della tradizione moghul, questi cenotafi sono solo rappresentazioni delle bare vere e proprie, le quali si trovano nella stessa posizione ma al piano seminterrato, in una cripta spoglia e umida intensamente profumata d’incenso e petali di rosa. In fila per entrare nel mausoleo: tutti rigorosamente scalzi Mumtaz Mahal L’altra storia Il mausoleo con le tombe in origine prevedeva la costruzione di un complesso identico dalla parte opposta del fiume decorato con marmo nero invece che bianco. Esisterebbero prove archeologiche che attesterebbero l’inizio della costruzione di quello che doveva essere il mausoleo dell’imperatore. I due mausolei dovevano poi essere collegati con un ponte in marmo o in oro. Secondo alcune fonti, Aurangzeb, figlio di Shah Jahan, preoccupato per le ingenti somme di denaro già sborsate per la costruzione del primo mausoleo, costrinse il padre agli arresti e ne prese il posto sul trono nel 1658. Questa tesi sarebbe rafforzata dalla recente scoperta di un giardino sull’altra sponda del fiume. Se questa teoria fosse vera, in origine l’imperatore aveva intenzione di realizzare una costruzione con un asse di simmetria anche lungo la direzione est-ovest e che comprendesse il fiume Yamuna: esso, cioè, doveva divenire parte integrante del complesso progettato. Alla sua morte (nel 1666), l’imperatore Shah Jahan venne seppellito accanto alla moglie. L’ironia della sorte ha voluto che proprio l’imperatore fosse il responsabile della rottura della perfetta simmetria della struttura: le sue spoglie furono infatti portate nel mausoleo, ma la presenza della sua tomba non era prevista: la sua collocazione rovina la perfezione altrimenti assoluta della simmetria del Taj Mahal. Il complesso, per le sue caratteristiche, riuscì ad impressionare diversi artisti I cenotafi occidentali per la sua perfetta simmetria, guadagnando l’ammirazione di numerosi artisti neoclassici europei. Riuscì, inoltre, a catturare l’immaginazione dei romantici, attratti dal fatto che il complesso fosse stato costruito in onore di una donna, diventando così un “tempio all’amore” agli occhi degli artisti romantici. Molti elementi della biografia di questo imperatore del regno Mogul provenienti dalle memorie lasciate da diversi viaggiatori europei che vissero o visitarono la sua corte imperiale ne danno un profilo differente. Come gran parte dei suoi predecessori e dei suoi antenati, Shah Jahan aveva nella sua corte diverse mogli, concubine e danzatrici, cosa che venne notata da molti viaggiatori europei. Il viaggiatore italiano Niccolò Manucci scrisse, ad esempio, che l’unica cosa di cui sembra curarsi questo Imperatore è la ricerca di nuove donne che servano al suo piacere e che per questo scopo stabilì una fiera nella sua corte dove non era ammesso nessuno che non fosse donna. Vecchia o giovane, povera o nobile, purché fosse bella. Sempre il Manucci afferma che quando il figlio Aurangzeb lo imprigionò nel Forte Rosso di Agra gli permise di portare con sé tutte le sue donne, comprese le danzatrici e le cantanti e che anche quando raggiunse l’età senile costui non perse la sua debolezza per la carne. I viaggiatori europei riportano anche la sua relazione con Farzana Begum, sorella della sua sposa Mumtaz Mahal, e la voce secondo la quale il figlio di costei fosse in realtà figlio di Shah Jahan. Scrive il Manucci: per mio conto non ho dubbi di questo fatto, poiché costui è molto somigliante al Principe Dara. Recenti ricerche storiche suggeriscono che il simbolo dell’amore eterno nasconda una visione meno poetica e commovente dalla quale emergerebbe più che altro la megalomania e la sfrenata vanità dell’imperatore moghul rispetto alla sua inclinazione romantica. Gli studiosi, mentre continuano a dibattere sul simbolismo segreto del Taj, nascosto nelle numerose iscrizioni islamiche, concordano nel non prestare fede all’immagine popolare, ma assolutamente apocrifa, degli ultimi giorni di Shah Jahan come descritti dalle guide turistiche. Ben lungi dal trascorrere la vecchiaia fissando la tomba dell’amata moglie, più a valle lungo il corso del fiume l’imperatore Moghul spirò in conseguenza dell’abuso di sesso e droghe. Il suo decesso nel 1666 alla veneranda età di 74 anni non fu causato dal dolore struggente ma da un’overdose di oppio e afrodisiaci. *** Certamente la bellezza di questa costruzione è resa ancor più affascinante dalla leggenda che la avvolge, come una bellissima fiaba. Il Taj Mahal che significa “Palazzo della Corona” o “Corona del Palazzo” è una costruzione affascinante ed è, di fatto, la più bella e meglio conservata tomba del mondo. Edwin Arnold, un poeta inglese, l’ha ben descritto dicendo: “Non un pezzo di architettura, come sono altri edifici, ma la passione orgogliosa di un imperatore trasformata in pietre viventi.” Dobbiamo comunque essere grati a La Rassegna d’Ischia 2/2009 45 Shah Jahan, per averci regalato una delle sette meraviglie del mondo, un’ opera che sfida il tempo e sa raccontare a tutti e a ciascuno cosa è capace di costruire l’umanità. Carmine Negro Bibliografia - India del Nord di David Abram, Devdan Sen, Nick Edwards, Antonio Avallardi editore, 2004. - India Classica, Delhi, Agra e Jaipur a cura di Anuradha Chaturvedi, Dharmendar Kanwar e Ranjana Sengupta, Mondatori Editore 2008. - Introduzione all’India compilata da Vicky Ducrot, Viaggi dell’Elefante Editore Srl. - India: In viaggio con Fodor’s, Centro del libro 2001. - Storia dell’India di John Keay, scritta nel 2000 e pubblicata da Newton Compton Editori nel 2001. - Storia dell’India di Dietmar Rothermund - Collana “Universale Paperbacks il Mulino 2007. - I Moghul Imperatori dell’India di Hans Georg Behr (1979), Garzanti, 1985. Panza – Associazione Giochi di Natale Concorsi di Poesia e Fotografia digitale – Mostra d’Arte L’Associazione Giochi di Natale ha indetto i concorsi di poesia e di fotografia digitale, nati allo scopo di stimolare la riflessione e la creatività e promuovere i valori umani, sociali e culturali. I due Concorsi sono articolati ciascuno in una sezione unica. Il tema della poesia è libero, quello della fotografia è “Ieri, Oggi, Domani”. Questa edizione della poesia è dedicata alla Vita. Saranno premiate le prime tre poesie in assoluto, le prime tre aventi per tema la vita, la prima della categoria giovanissimi (fino a 14 anni), la prima della categoria giovani (15 -19 anni) e la prima poesia in dialetto. Un premio speciale sarà assegnato da una Giuria popolare. Per la fotografia saranno premiate le prime tre opere in assoluto. Ci saranno inoltre alcuni premi speciali. Gli altri autori riceveranno un diploma di partecipazione, che è aperta a tutti. Si partecipa con al massimo due opere. Il contributo spese è di euro 10,00 per ciascuna opera presentata. 46 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Con l’adesione al concorso gli autori acconsentono a che le loro opere siano pubblicate e declamate. In particolare le poesie saranno inserite in una raccolta che sarà distribuita gratuitamente a tutti i partecipanti; poesie e fotografie saranno pubblicate sui siti www.giochidinatale.it e www. panzanelmondo.it (vi si può leggere anche il regolamento completo). Le poesie possono essere in lingua italiana o in dialetto; queste ultime possono essere accompagnate da una traduzione in italiano; le fotografie da un commento. Poesie e fotografie devono essere originali, non aver partecipato ad edizioni precedenti del nostro concorso e non aver vinto premi in altri concorsi; inoltre devono recare un titolo. Esse saranno sottoposte alle giurie in forma anonima. Le opere sospettate di plagio saranno sottoposte alla valutazione collegiale della giuria, che a maggioranza può escluderle dal concorso. La quota di iscrizione sarà trattenuta. Nel caso che nelle foto siano ritratte persone riconoscibili occorre produrre una liberatoria da parte dei soggetti interessati – o di un genitore per i minorenni – alla loro partecipazione al concorso, all’esposizione e pubblicazione. Gli autori sono garanti dell’autenticità della liberatoria. Il Consiglio Direttivo si riserva di rifiutare opere ritenute contrarie alla pubblica morale. In questo caso la quota d’iscrizione sarà restituita. Il termine per la consegna è il 31 marzo 2009. Sono inoltre previsti una Mostra d’Arte e Fotografia che si terrà al Museo del Torrione di Forio dal 25 aprile al 3 maggio 2009, un Torneo di scacchi semilampo e un Torneo di scala quaranta. Tutti i partecipanti sono invitati alla Premiazione che si terrà sabato 2 maggio 2009, presso il Cinema delle Vittorie di Forio. Rassegna LIBRI Profumi di Origano e Viole Testimonianze, memorie, tradizioni, vicende umane vissute nelle zone montuose dell’isola d’Ischia - Poesie di Nino Mattera LER Editrice, Marigliano.. Presentazione di Nunzio Albanelli di Nicola Luongo Nella nota introduttiva al suo recente libro “ Profumi di Origano e Viole” Nino Mattera, per molti anni funzionario delle Poste, oggi in pensione, spiega il significato del titolo, ravvisando nell’origano il simbolo della laboriosità degli abitanti del suo paese natìo (Serrara Fontana) e degli isolani in genere, e nelle viole quello della modestia e della semplicità del loro carattere. Inoltre afferma, con encomiabile modestia, di avere scritto “senza intenti pretenziosi” il volume, corredato da suggestive fotografie in bianco e nero e a colori, riproducenti personaggi e aspetti naturalistici del suo comune ai piedi dell’Epomeo che conferiscono al testo un valore aggiunto di piacevole leggibilità e di immediata fruibilità. Il libro, con una puntuale presentazione di Nunzio Albanelli, una premessa di Gianni Ianuale e una postfazione di Caterina Grasso, si articola in due parti: la prima con sei racconti che espongono aneddoti autobiografici o relativi a personaggi del luogo o alle misere condizioni di vita degli abitanti di Serrara Fontana negli anni della seconda guerra mondiale o di quelli immediatamente successivi. La seconda parte comprende diciassette componimenti poetici che traducono esperienze e sentimenti soggettivi di natura soprattutto religiosa o familiare. I racconti, tutti interessanti e fluenti, riportano, tra l’altro, notizie che suscitano particolare curiosità e attenzione. Ad esempio, quello dal titolo “A carusella” ci informa che con questo termine veniva indicata una speciale paglia, particolarmente flessibile, dal cui sapiente intreccio le donne di Lacco Ameno riuscivano a ricavare svariati oggetti, come ventagli, borse, le “pagliette”, rese famose dagli attori dell’avanspettacolo e da una canzone dell’indimenticabile Nino Taranto. La lavorazione del grano era un vero e proprio rito, “una sorta di cerimoniale”, durante la cui celebrazione veniva recitato il Rosario e si raccontavano favole. In questa sua opera Nino Mattera si rivela scrittore e poeta. Ma il discrimine tra i due termini, nel suo caso, è molto sfumato e impercettibile, visto che elementi di poesia sono presenti anche nella sua prosa limpida ed efficace, come avviene nel racconto “Pesce d’aprile”, in cui uno scherzo di cattivo gusto ai danni di un anziano e sprovveduto compaesano, rivela una buona dose di cinismo di certi burocrati del luogo che ordiscono una vera e propria congiura ai suoi danni, prospettandoli alla possibilità di una improvvisa e fortunosa ricchezza che in realtà è solo una fata morgana. Espressioni come «Viole incuriosite dallo spettacolo si affacciavano timide tra le erbe dei muri» oppure certe descrizioni di suggestivi spettacoli naturali, come «la luna che giocava a nascondino con le nuvole» ed altre espressioni del genere, rivelano un autore ricco di fantasia e di sensibilità, dotato del senso del bello e di profonda tensione ideale, e di un piacevole senso dell’umorismo e dell’ironia che gli consente di sorridere con un certo distacco di fronte a certi aspetti strani e paradossali della realtà e della vita. Anche le diciassette poesie della seconda parte del libro rivelano un amore non comune per il paese natìo, per i suoi incantevoli paesaggi, e riportano, tra l’altro, struggenti ricordi del passato, soprattutto quelli collegati alla figura della madre, una donna assai bella ed elegante, dall’espressione dignitosa e austera, che lascia intuire un carattere forte e risoluto,. Inoltre un vivo sentimento religioso si irradia da alcune liriche, come quella dedicata alla Madonna della Mercede a cui «Fontana s’affida e s’inchina» e quella rivolta a Madre Teresa di Calcutta che «rischiara il buio della terra e impreziosisce l’armonia del creato». Nella sua opera l’autore, pur rivelando di possedere solide conoscenze di agricoltura e quindi di essere un “ruris amator” non ha una visione idilliaca della campagna dove, come affermava Orazio, si dimentica la vita affannosa e spasmodica della città, ma, al contrario, vi ravvisa il terreno da coltivare con dura fatica ed estenuanti sacrifici per ricavarne i prodotti necessari alla sopravvivenza, come avveniva negli anni Quaranta, quando le famiglie del versante meridionale dell’isola erano assillate dalla miseria e dalla fame. Tale realtà è evidenziata in maniera nitida e coinvolgente nel testo “Merecoppe: Storie di miseria e di grazia nelle terre d’Ischia” dello stesso Nino Mattera (Imagaenaria, 2002) che attesta, con la narrazione di vicende e ricordi autobiografici, la tenace laboriosità, i sacrifici e le privazioni dei compaesani dell’autore, tra i quali «solo chi possedeva un terreno era certo di avere un piatto sulla tavola ogni giorno». Per le preziose informazioni riguardanti una realtà del passato osservata e prospettata con accenti sinceri di realismo e di obiettività , Nino Mattera, con questa sua opera permeata anche da un afflato lirico, consegna un messaggio soprattutto alle nuove generazioni, affinché non vadano nell’oblìo e perdute per sempre testimonianze di vita e di operosità dei nostri padri. La Rassegna d’Ischia 2/2009 47 La bella Capri Illustrata da Christian Wilhelm Allers - Descritta da Alexander Olinda - Testo tratto da "La bella Napoli", 1893 La descrizione di Capri, “Isola delle capre”, secondo lo storico Strabone o “Isola a forma di capra”, a parere di altri studiosi, in questo testo pubblicato nel febbraio 2009 dalla Imagaenaria Edizioni, risulta esente dai soliti convenzionali stereotipi propagandistici e dai ricorrenti luoghi comuni, ma presenta aspetti originali e inediti che ne rendono la lettura piacevole e avvincente. Alexander Olinda descrive con acribia e pertinenza non solo le coste alte e frastagliate dell’isola azzurra, su cui l’abrasione marina ha scavato numerose, bellissime grotte, ma anche l’incanto del paesaggio e la mitezza del clima, decantata, fra gli altri dallo storico Tacito nei suoi “ Annali”. Inoltre ha sondato il sostrato preistorico risalente al paleolitico e quello storico afferente soprattutto il suo carattere di centro della vita imperiale con Augusto che vi soggiornò fin quasi alla vigilia della morte e con Tiberio che vi stabilì la propria dimora, governando di lì il suo vastissimo Impero, come testimoniano le imponenti rovine che ancora oggi fanno intuire lo sfarzo dell’antica Villa Jovis, situata sul cosiddetto Monte di Tiberio. Oltre al profilo storico-geografico, vengono citati luoghi di particolare interesse paesaggistico o architettonico, come l’Albergo Pagano, gestito dalla famiglia del notaio Giuseppe Pagano che nel 1826, insieme con il poeta Augusto Kopish di Breslavia, col pittore tedesco Ernesto Fries, riscoprì la Grotta Azzurra, che già quattro anni prima era stata esplorata dal pescatore Angelo Ferraro. Fra gli edifici di pregio straordinario viene citato “l’austero tranquillo“ Quisisana, primo albergo dell’isola, alle cui fondamenta, durante i lavori di scavo, fu scoperto materiale risalente al periodo preistorico, a testimonianza del fatto che l’isola azzurra fu abitata fin dagli albori della civiltà. Secondo lo scrittore, l’atmosfera di Capri è così suggestiva e magica che induce anche il visitatore occasionale a ritornare prima o poi sull’isola e a decantarne i pregi nel suo Paese d’origine, perché restano indimenticabili i giardini di limoni e di aranci, il frangersi delle onde sugli scogli e negli anfratti, la cordialità dei suoi abitanti. A suo dire, l’isola è così bella che in essa dovrebbero aggirarsi “solo Naiadi e Tritoni”, mentre vi circolano «Berlinesi con la pancia prominente, banchieri, professori, borghesi e tutti coloro che il caso spinge da queste parti». Non mancano nel testo personaggi bizzarri e stravaganti che trovarono a Capri il loro ambiente ideale, rispondente al loro innato anticonformismo, illustrati magistralmente da Christian Wilhelm Allers, come una grinzosa Maria Maddalena Ferraro, morta nel 1804 che «duecento anni fa l’avrebbero fatta spirare sul rogo, mentre adesso è ricercata dagli artisti» o l’eremita del Monte Solaro col suo cannocchiale e il suo strano modo di comunicare con gli altri, nonché scene conviviali di una Capri ancora idilliaca e romantica. Opportunamente nel testo si ricorda che, al fine di evitare una conoscenza superficiale e approssimativa dell’isola, occorrono un congruo periodo di tempo e una consapevole disponibilità a soffermarsi anche nei suoi angoli reconditi per scoprirne aspetti interessanti sotto il profilo non solo paesaggistico, ma anche storico e culturale. Non si può pretendere di carpire il fascino dell’Isola delle Sirene con una visita mordi e fuggi, tipica di gran parte del turismo omologato e ricreativo dei giorni nostri. Dalla lettura di “La bella Capri”, in cui l’isola di fine Ottocento viene descritta nei suoi tratti essenziali con uno stile agile e fluido, spesso permeato da una lieve, arguta vena umoristica, si comprendono meglio i motivi per cui la Perla del Mediterraneo continui a conservare quel carattere aristocratico e quel prestigio che ne fanno la meta fra le più eleganti e ambite del turismo internazionale (Nicola Luongo). Leggete La Rassegna d'Ischia 48 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Racconto degli Anni Cinquanta di Nino d’Ambra Peppino il postino Peppino lo chiamavano. Era il postino del paese. Alto, un po’ grassoccio, faccia rubiconda, con un sorriso ingenuo costante sulla bocca. Salutava tutti con la sua voce stridula, con tono un po’ femmineo. «Buongiorno, a Voi» - diceva -. Era benvoluto nel paese e gli si perdonava quel piccolo difetto naturale proprio perché in fondo suscitava tanta simpatia e tanta comprensione. Il postino. Già il suo mestiere lo predisponeva alla simpatia del prossimo. Non era mica il messo notificatore che portava contravvenzioni municipali o notificava avvisi di tasse; faceva anche qualche piccolo piacere quando qualcuno abbisognava dell’indirizzo di un parente in America e non riusciva ad ottenerlo dall’altro congiunto che lo teneva ben geloso, nel timore che un nuovo contatto epistolare o facesse scoprire qualche piccolo segreto di terra (magari era coltivata, ed al proprietariocongiunto in America la rappresentava incolta) oppure temeva che quel biglietto di cinque dollari che di tanto in tanto arrivava, dovesse essere diviso! Erano tempi in cui ciascuno cercava di conservarsi quel poco che riusciva ad avere: sempre con il timore angosciante di non poter sopravvivere. Peppino di tanto in tanto faceva “il piacere”, si appuntava la richiesta che dopo mesi magari riusciva a soddisfare. Forse era l’unico personaggio con quel difetto naturale che la gente del paese riusciva a tollerare senza sforzi. Una cosa rara perché casi simili non venivano perdonati nemmeno in chiesa. Un sabato Peppino aveva invitato un gruppo di amici nella sua casa con giardino e cantina, sita alla periferia del paese. Erano giovanotti che con lui stavano bene; scherzi anche pesanti lui li sopportava con pazienza che a volte sembrava rassegnazione: talmente timido non avrebbe saputo reagire, anzi lo scherzo era un modo di entrare in maggiore confidenza. Quella sera si presentò a ricevere gli ospiti con un lungo camicione di tela bianca, un po’ ruvida; indumento che non mancava mai in nessuna casa del paese. I ragazzi si guardavano e sorridevano di nascosto nel vedere lo strano abbigliamento del loro ospite. D’altronde stravaganze innocue ne avevano già visto per cui non doveva suscitare nessuna meraviglia quello strano modo di vestirsi. Peppino aveva fatto trovare pronta la pasta per le pizze. I ragazzi cominciarono ad infilare la legna nel forno e a darle fuoco . Ognuno cercava di introdurvi un pezzo più grosso. Quando il fuoco si era avviato, arrivò Mario, il solito ritardatario, portando una borsa piena di pigne. Gliela strapparono di mano ed incominciarono ad accostarle al fuoco con circospezione, girandole continuamente con l’attizzatoio. Erano le prime pigne di Natale. E man mano che si aprivano e cadevano i pinoli, si faceva a gara a prenderli sebbene fossero molto caldi. Si sbucciavano con i denti per assaporare quella minuscola polpa bianca. Mario ne ruppe uno con delicatezza mostrando ai presenti il contenuto a forma di mano impercettibile, poco più di una formica: poteva diventare un giorno, se il pinolo fosse andato sotto terra, la chioma enorme del pino. Intanto il forno era pronto ed era stato scopato e pulito per permettere di introdurvi delle pizze già condite con olio, pomodoro, sale e aglio. La cottura non era lunga. Dopo poco cominciò la distribuzione delle pizze su capienti piatti di alluminio con un profumo che aveva inondato tutta la contrada. Mario era l’unico che eliminava la cornice della pizza, cioè la parte esterna, un po’ dura per la verità e non invasa dal pomodoro e dall’olio. Gli altri invece, appena avutala tra le mani, cercavano con la forchetta di ungere col sugo anche la parte esterna per renderla appetitosa. Alla fine delle pizze era finito anche il vino che Peppino aveva messo in boccali di creta. «Chi vuol venire in cantina con me?» disse Peppino -. Tutti si precipitarono ma l’ospite disse che dovevano attendere che lui accendesse una candela perché in cantina non c’era luce elettrica. Peppino affidò la candela accesa a Mario e disse di precederli. Per una scala a chiocciola di pietra che scendeva sotto il pavimento della casa, Mario si avviò seguito dai compagni e da Peppino, che aveva sempre la camicia bianca. Superati una ventina di scalini, si trovarono in un locale piuttosto ampio con botti di legno sistemate su due file ed in un angolo alcuni bottiglioni di varie dimensioni. La stearica riusciva ad illuminare a malapena l’ambiente e i visi a stento si distinguevano. «Dai a me la candela – disse Peppino a Mario – questa sera vi devo fare assaggiare un vino speciale che spilleremo da questa botte». Indicandone a destra una con dei segni rossi di minio: «Voi prendete quelle bottiglie là e man mano me le porgete stando accanto a me». Peppino si acquattò vicino alla botte dopo aver posato la stearica sulla parte alta della stessa fissandola al supporto con un po’ di cera calda. Prese un succhiello per fare un piccolo foro sulla parte laterale e verticale della botte. Dopo un po’ di sforzo era quasi arrivato. Lo si comprendeva da qualche goccia di liquido che cominciava a trasudare dall’ultimo sottile strato di legno non ancora perforato. Allora Peppino prese un piccolo tubicino che aveva a portata di mano e lo tenne pronto con la mano sinistra ad infilarlo non appena avesse ritirato il succhiello. Tutti i presenti cogli occhi fissi sull’operazione non si erano accorti che la candela, evidentemente mal fissata, stava per cadere a terra. E fu proprio quando cominciò a zampillare il vino che la candela abbandonò il suo precario supporto per precipitarsi sulla mano di Peppino che, a contatto improvviso ed inaspettato della fiamma e della cera calda, ritirò istintivamente il braccio lasciando il tubicino subito sparato dalla pressione del vino perché non ancora bene incastrato. «Mamma mia! Che è successo!» - gridò Peppino. E mentre cercava di raccogliere la candela che si era spenta nella caduta, il vino usciva a fiotti inondandolo completamente. Intorno era buio pesto e nessuno aveva fiammiferi per riaccendere la candela. Peppino intanto, riavutosi dalla perplessità del primo momento, aveva otturato con il palmo della sua mano il foro da dove usciva il vino. Ma intanto nessuno sapeva andare sopra a tentoni e risalire la scala a chiocciola, completamente al buio, per prendere i fiammiferi. Infine si decise che uno di loro avesse sostituito Peppino nel tenere otturato il foro del vino, mentre il padrone di casa andò sopra a prendere i fiammiferi. Si riaccese la candela che fu tenuta in mano da uno dei ragazzi per non rischiare l’avventura precedente, nel contempo si incastrò con cura il tubicino nel legno della botte. Peppino curvato in avanti riempiva le bottiglie e gli ospiti contemporaneamente gliele porgevano. Poiché la luce doveva illuminare necessariamente l’angolo dove venivano riempite le bottiglie in un passamano in fondo divertente, la parte posteriore del corpo di Peppino restò in ombra. Distrattamente il ragazzo con la candela si spostò in uno scambio di bottiglie illuminando per un attimo la schiena di Peppino. Tutti scoppiarono in una irrefrenabile risata: la camicia del padrone di casa era lunga davanti e corta indietro! La Rassegna d’Ischia 2/2009 49 Pagina poetica Stupore Esplosioni ardite Snudate Emancipate Sfuggite alla cattura Sguscianti repentine Moti verticali anarchici Improbabili Diagonali caotiche Disorientanti Non stonate Protese Dalla prima Le altre a susseguirsi Infinite Senza padrone Stupore! Non schivarle Sentenziale amore Subito Ancora e ancora Nutrilo tale Caparbia Delle più prelibate pietanze Della molteplicità dei sapori Di aromi calorosi Lievi Di bevande stimolanti Sedanti Deferente alle stagioni Alla luce Al buio Alle penombre Adattalo alla città Nella folla sola Nei monumenti consunti Nuovi di zecca Grigio spesso Trasparenti Alle montagne Magnifiche Insidiose Agli ambienti marini Tersi Opachi Vitali Conturbanti Nella pace 50 La Rassegna d’Ischia 2/2009 Nell’inquietudine Esplosioni involute Mortificate Impassibili Indifferenti Laceranti Pigre ustioni Sorde alla libertà In mani sconosciute Scoppi strozzati nella terra Materia informe Subdola tenace viscosità. Impensata la scoperta Del mistero inespugnabile Che ci divide Che ci unisce Stupore! Miracolo in vista Corriamo Spiaggia deserta Buio accecante Luci in serie Infinite Mare non navigato Nero Contorna Esalta Le fiammelle I nostri corpi Assimilati a fari potenti Dall’incedere modulato Irradianti Lo spazio lasciato Il cammino a venire Non una parola Un passo falso Ritmi regolari Di piedi che premono Ignorando la trasversalità Per non mancare La retta infinita Finché il sole Ci raggiunge A creare ombre sulla sabbia A confondere il cammino A generare nuove simmetrie Miracolo in vista! Oggetti di mare Oggetti di mare Annaspano Senza sosta Nel magma Di un corpo Sostanza Di umano Non correre Non c’è fretta Si plasmano Si trasformano Impregnano Rendono più saporito Il tuo cuore Qualcuno lo gusterà Lo troverà Acido Gustoso Commestibile Tutto Da godere Cuore fobico Siamo perduti Nell’esuberante indefinito. Minuti Ore Giorni Anni Peccano Nell’individuare La pluralità Di rocce Tronchi Corde Volti Cui È semplice Aggrapparsi Solo per un istante Per sempre. Anna Di Costanzo 18.00 Davide Tarizzo (ricercatore di Filosofia morale presso l’Università degli studi di Salerno) - Come Darwin ha cambiato la filosofia Meristema Evoluzione e biodiversità a 200 anni dalla nascita di Darwin Giardini Ravino 24, 25, 26 aprile 2009 Meristema è una manifestazione in cui professionisti, amatori e collezionisti di piante succulente rare s’incontrano per esporre le loro meraviglie botaniche, mentre studiosi di diverse discipline illustrano e dibattono le loro tesi, incentrate, a vario titolo, sul tema della biodiversità in natura. Evoluzione e biodiversità è l’argomento scelto per la II edizione di Meristema, per commemorare il bicentenario della nascita di Charles Darwin e il 150° anniversario della pubblicazione della sua opera capitale, L’origine delle specie, un libro che ha segnato una svolta nella storia del pensiero occidentale. Premio Ravino - Nel corso di Meristema, gli espositori possono mettere in concorso i loro esemplari più interessanti, che verranno giudicati da un’apposita giuria composta da esperti del settore. Inoltre, anche il pubblico di Meristema potrà indicare il proprio gradimento, indicando la propria preferenza su una scheda da inserire in un’urna. 24 aprile 2009 Mattina - Inaugurazione 11.30 Giuseppe, Chris e Luca D’ambra (proprietari dei Giardini Ravino) - Presentazione di Meristema e conferenza stampa Pomeriggio - Convegno: Darwin e la scoperta della biodiversità, a cura del Circolo Sadoul di Ischia. 16.00 Elettra Carletti (responsabile delle attività culturali dei Giardini Ravino) - Presentazione del Convegno 16.15 Ilia Delizia - Il Circolo Sadoul e i Giardini Ravino: i motivi di una collaborazione 16.30 Barbara Continenza (docente di Storia del pensiero scientifico presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “Tor Vergata” di Roma) - L’evoluzione biologica secondo Charles Darwin 17.15 Pietro Greco (direttore del Master in Comunicazione Scientifica presso la SISSA di Trieste) - Crocifiggere Darwin? Sabato 25 aprile 2009 Mattina 10.30 Bruno Filippo Lapadula (architetto esperto in valutazione d’impatto ambientale, professore di Storia del giardino e del paesaggio all’Università “La Sapienza” di Roma) - Dal paradiso perduto alla scoperta dei paradisi: il giardino nel secolo delle scoperte scientifiche: 1. Il Paradiso nella tradizione ebraico-cristiana e musulmana; 2. Il Paradiso medievale come luogo d’origine di tutta la flora del mondo; 3. Il Giardino come imitazione del paradiso; 4. La trasformazione del Giardino in seguito alle esplorazioni geografiche e alle scoperte scientifiche; 5. Bibliografia: Note per un’estetica del giardino di succulente. Pomeriggio a cura dell’Associazione Cactus & Co. 16.00 Laura Guglielmone (curatrice dell’Erbario dell’Orto Botanico di Torino) - Pelargoni succulenti e geofiti del Sudafrica. 17.00 Massimo Meregalli (dipartimento di Biologia Animale, Università di Torino) - Alla ricerca di cactacee tra Argentina e Uruguay. 18.00 Assemblea dei Soci CACTUS &Co. 21.00 Cena sociale dell’Associazione Cactus & Co. presso il ristorante “Peppina” di Renato D’Ambra (prenotazione tassativa entro il 30 marzo) Domenica 26 aprile 2009 Mattina - Convegno: La biodiversità locale 10.30 Paolo Guidetti (ricercatore presso la Scuola Superiore ISUFI dell’Università del Salento) - Il Mediterraneo “punto caldo” della biodiversità. 11.45 Giuseppe Sollino (botanico esperto di flora ischitana, direttore del “Centro Ambiente Territorio” dei Giardini Ravino) - Evoluzione degli ecosistemi dell’isola dell’Ischia: dalla colata lavica alla pineta, dal vigneto al parco botanico. Pomeriggio - Creazionismo e Darwinismo: un confronto socioculturale e religioso, in collaborazione con il M. E. I. C. 16.00 Massimiliano Ruzzeddu (esperto di epistemologia delle scienze sociali, docente di Sociologia presso l’Università “Suor Orsola Benincasa” di Salerno) - La cultura della natura: creazionismo e darwinismo 16.45 Pasquale De Toro (docente di Economia ed Estimo presso la Facoltà di Architettura dell’Università “Federico II” di Napoli) - Il dibattito religioso tra evoluzionismo e creazionismo Forio – La Corsa dell’Angelo - Tra le ore undici e mezzogiorno una folla numerosa si raccoglie sui due lati della strada principale che inizia dopo la chiesa di Santa Maria di Loreto. Lungo questa strada, portate in spalla dagli uomini, due statue di legno dipinte avanzano lentamente. Rappresentano le figure di San Giovanni e di Maria Vergine, i cui volti sono coperti da un grande velo nero. Davanti a loro procede la Congregazione di S. Maria Visitapoveri in lunghe bianche cotte; e in mezzo a loro è portato un grande Angelo dorato; e per ultima una statua di Cristo, risorto e trionfante. Ad un determinato segnale lo stendardo della Forio vista dal Torrione Congregazione è fatto ondeggiare; il Cristo rimane fermo; e l’Angelo, dopo essersi inchinato di fronte a Lui in segno di saluto, gira ed è portato in piena velocità attraverso il passaggio lasciato dagli spettatori ad annunciare alla Vergine che suo Figlio è risorto. La Vergine rifiuta di credere, e l’Angelo ritorna dal Cristo a dirGli malinconicamente del suo insuccesso. Di nuovo va dalla Vergine, ma di nuovo del tutto invano e ritorna; ma è mandato ancora nella sua urgente missione alla Santa Madre che ora comincia, mezzo titubante, a muoversi lentamente in avanti. Gioiosamente l’Angelo riporta questo al Figlio che ancora una volta lo spedisce per incoraggiare San Giovanni e Sua Madre; ambedue finalmente credono, e accorrono per vedere da sé la grande verità. Durante questa scena curiosa della rappresentazione del miracolo, il popolo continua a cantare sonoramente il Regina Coeli; ed all’incontro della Madre e del Figlio il velo della Vergine è fatto cadere, colombi e piccoli uccelli sono lasciati volare intorno, da ogni finestra e da ogni tetto si gettano coriandoli, e dai campanili le campane annunciano che la cerimonia è finita. Poi gradualmente la massa di persone umane nel loro brillante vestito di festa sembra sciogliersi e svanire come un caleidoscopio che si dissolve, e le strade riprendono il loro tranquillo carattere. (A. & S. Fitzgerald, Naples, 1904. Testo riportato in Ischia e Capri – Imagaenaria Edizoni Ischia, 2008)