marittima - Marina Militare

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marittima - Marina Militare
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OTTOBRE 2014
RIVISTA
MARITTIMA
MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
AllÊinterno:
PRIMO PIANO
La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale
Alessandro Colombo
Nubi sul futuro
Vittorio Emanuele Parsi
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RIVISTA
MARITTIMA
MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
OTTOBRE 2014 - anno CXLVII
REGISTRAZIONE
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31 LUGLIO 1948
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Rivista Marittima Ottobre 2014
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EDITORIALE
INVESTIRE NELLA MARITTIMITAÊ REALIZZANDO UNO STRUMENTO NAVALE
DUAL USE · Una soluzione percorribile per contribuire a uscire dalla crisi
N
egli ultimi fascicoli della Rivista Marittima esperti appartenenti al mondo accademico, diplomatico e militare hanno richiamato la nostra attenzione sullÊattuale situazione di forte instabilità determinatasi nel bacino del
Mediterraneo.
Tirando le somme, abbiamo visto che molteplici fattori, politici, etnico-religiosi e
sociali nonché meteorologici stanno provocando una forte migrazione verso il continente europeo. La desertificazione dellÊarea sub sahariana, la malnutrizione, le
guerre civili e la lotta per la sopravvivenza portano popolazioni che, includono interi
nuclei familiari, a mettersi in movimento entrando in conflitto con le popolazioni limitrofe di altra etnia e religione. Il fondamentalismo religioso alimentato dalla miseria, dallÊodio, dallÊabbondanza di armi in circolazione, dalla circolazione di denaro
accumulato da traffici illeciti e dal commercio della droga, diventa per lÊItalia e per
tutti i Paesi europei la principale minaccia asimmetrica. La guerra civile in Iraq, Siria,
Mali, Sudan e Libia sono tipici esempi dellÊinstabilità presente in tutta lÊAfrica settentrionale e Medio Oriente con varie sfumature fino a giungere al tentativo, che per
quanto sia effimero è pur sempre destabilizzante, di instaurare un nuovo Califfato. Il
conflitto israelo-palestinese alla cui cronicità ci siamo abituati agisce da catalizzatore
dellÊinstabilità in aree molto più vaste non confinanti.
Il fenomeno della pirateria che soprattutto negli anni 2008-2009 ha avuto unÊinfluenza nefasta sui traffici marittimi diretti nel Mediterraneo è figlio dello stesso
male, ossia della carenza nellÊesercizio della sovranità statuale, della insopportabile
miseria e di un giro di affari illeciti di armi e droga.
Non è però soltanto tempo di pirati e di piccoli, veloci scafi appoggiati da insospettabili ÿnavi-madreŸ. La minaccia cosiddetta ÿsimmetricaŸ, ossia tradizionale, risalente alla Guerra Fredda (e non solo) era stata seppellita troppo in fretta dalla
stampa quotidiana. In realtà il Mediterraneo, più o meno ÿallargatoŸ è sempre lo
stesso. LÊattuale crisi ucraina conferma quello che già è stato vissuto in Adriatico tra
il 1991 e il 1999. Quanto alla Crimea (e alle poco note, ma interessanti, azioni belliche in corso nel Mar Nero) si tratta del cortile dellÊUnione Europea attraversato,
per di più, da fondamentali corridoi e oleodotti energetici. Chi non si preoccuperebbe
di un incendio, in casa, dentro al vano del contatore del gas?
La crisi economica, la mancanza di crescita e la conseguente disoccupazione sono
lÊattuale minaccia interna dellÊItalia, oltre che dellÊEuropa. Tale fenomeno sta provocando il graduale impoverimento del ceto medio con la conseguente riduzione dei
consumi e il sorgere di un fenomeno che si riteneva scomparso: la deflazione che
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Rivista Marittima Ottobre 2014
può essere considerata ancora più pericolosa dellÊinflazione, qualora non eccessiva,
con cui eravamo abituati a convivere. QuestÊultima, infatti, portava le generazioni
precedenti a trasformare i salari, soggetti allÊinflazione, in beni, ossia a spendere o
investire il denaro alimentando la crescita. Anche le opere pubbliche che occupavano
masse di lavoratori venivano pagate in parte con lÊemissione di buoni del tesoro che
offrivano interessi superiori allÊinflazione.
LÊultima, ma non meno importante minaccia, è data dalla particolare morfologia
del territorio nazionale che contribuisce a provocare periodiche alluvioni, smottamenti di terreno, con una frequenza pressoché annuale. Ciò insieme ad altre calamità
naturali non prevedibili, ma aggravate dalla mancanza di fondi che consentano le dovute manutenzioni, rende sempre più necessario da parte dello Stato potere disporre
di strumenti idonei per poter fare fronte alle emergenze. Senza crescita sarà sempre
più difficile fare fronte a spese impreviste se non aumentando il prelievo fiscale. Ciò
genererà fuga di capitali, aumento dellÊevasione fiscale e riduzione dei profitti che
possono essere spesi e investiti da imprese e famiglie.
Quindi una soluzione per uscire dalla crisi è quella di investire il denaro pubblico
in settori che generino occupazione creando nuova ricchezza offrendo, però, allo
Stato uno strumento di intervento flessibile che possa essere utilizzato sia in compiti
di carattere militare sia a sostegno della popolazione civile in funzione dellÊesigenza.
Come ampiamente dimostrato dalla storia nessuno strumento militare è più DUAL
USE dello strumento navale, soprattutto se le future costruzioni navali tengono conto
delle nuove esigenze a cui dovrà saper far fronte lo Stato nei prossimi anni.
Occorre riflettere sul concetto di DUAL USE chiedendosi a cosa serve la Marina
Militare. Innanzi tutto è bene rammentare che la natura internazionale del mare, ambiente su cui si basa la vera globalizzazione e non solo quella virtuale di internet,
fatta di traffici di materie prime e prodotti finiti, rende le navi militari dei mezzi dotati
di specificità particolari che altri strumenti bellici non hanno: la nave è lÊunico mezzo
da guerra che gode del ÿpassaggio inoffensivoŸ nelle acque territoriali di un altro
Paese, mentre la penetrazione, senza autorizzazione, di truppe e aerei nei confini di
un altro Stato è considerata un atto ostile. Una nave militare gode dellÊextraterritorialità anche quando è ormeggiata in un porto estero. Sfruttando queste peculiarità
delle navi militari che, unite alla mobilità, alla flessibilità e allÊautonomia permettono
di permanere nelle aree di crisi, al limite delle acque territoriali altrui, senza chiedere
il permesso a nessuno, si possono ottenere risultati diplomatici importanti senza sparare un colpo. Le attività che vanno dalla semplice presenza e dalle visite di cortesia,
fino alla pressione politico-militare, finalizzata a imporre la volontà della propria politica estera, rientrano nel campo della ÿdiplomazia navaleŸ e la nave militare è uno
tra i principali mezzi con cui un Paese marittimo esercita la propria politica estera a
tutela dei propri interessi nazionali.
In caso di calamità naturale una nave può trasformarsi con il minimo preavviso in
Rivista Marittima Ottobre 2014
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un ospedale galleggiante, fornito dei più moderni sistemi per salvare vite umane. Il
ponte di volo può venire utilizzato in una piattaforma su cui sistemare mezzi della
protezione civile. Gli elicotteri, di notte e di giorno, possono trasferire i feriti dal
luogo dellÊincidente allÊospedale di bordo e smistare i più gravi in ospedali di paesi
vicini. Potenti generatori di corrente possono fornire energia elettrica in località dove
è in corso un grave blackout. Se la popolazione è vittima di una guerra civile le stesse
operazioni di evacuazione di feriti e rifugiati possono essere condotte con una cornice
di sicurezza fornita dal personale e dai mezzi appartenenti alle Forze da Sbarco con
la copertura aerea garantita da aerei e elicotteri imbarcati in qualsiasi angolo del
mondo dove è necessario intervenire. In sostanza la Marina Militare, qualora ben
sviluppata in modo bilanciato in tutte le sue componenti rappresenta, già di per se,
un sistema interforze ideale: marittimo (sopra e sotto la superficie), aereo e terrestre
con il vantaggio di avere unÊunica missione e unità di comando sulla scena dÊazione
così come più volte dimostrato.
Ma vi è ancora qualcosa di più: la flessibilità che fornisce una piattaforma galleggiante offre la possibilità di cambiare la missione operazione durante. Una nave in
crociera addestrativa può trasformarsi immediatamente dopo avere ricevuto lÊordine
in unità di scorta di un convoglio che transita in un area soggetta a minacce reali,
una sede neutrale dove riunire i rappresentanti di delegazioni per tenere trattative di
pace, una piattaforma per gestire un intervento di soccorso umanitario o per esfiltrare
il personale di ambasciate da un territorio in preda alla guerra civile. In altre parole
i mezzi della Marina Militare, sulla base di unÊesperienza e di una tradizione secolare,
hanno sviluppato i propri mezzi navali di oggi e dovranno prepararsi a fare altrettanto
per i prossimi decenni sulla base del soddisfacimento di esigenze DUAL USE.
Fino a oggi è stato possibile portare a termine tutte le missioni assegnate dal Governo grazie alla ÿLegge NavaleŸ del 1975. Si è trattato in parte di operazioni a carattere prettamente militare in cui è stato necessario avere in dotazione aerei imbarcati
come gli ÿAV 8 B plusŸ (impiegati nei cieli del Kosovo, Afghanistan e Libia) e unità
navali di altura in grado di permanere mesi in mare nellÊOceano Indiano per contrastare la pirateria e proteggere le linee di comunicazioni marittime, ma anche di operazioni umanitarie a favore di popolazioni vittime di calamità naturali fino a giungere
allÊattuale operazione Mare Nostrum in cui vengono svolti sia compiti di salvataggio
in mare sia compiti di sorveglianza e repressione di attività illecite.
Grazie allo stanziamento di 1.000 miliardi di lire in 10 anni previsto dalla Legge
del 1975 non soltanto fu possibile salvare allora la Marina dalla sua estinzione, ma
anche la cantieristica italiana e un insieme di centinaia di medie e piccole industrie,
di cui molte situate nel Mezzogiorno, che poterono risollevarsi dalla peggiore crisi
del Dopo guerra, quella del 1973, favorendo trentÊanni continuativi di occupazione
e benessere ininterrotto. Se oggi lÊItalia è leader nella realizzazione di navi da crociera
è in parte dovuto ai benefici di quella Legge Navale che contribuì a evitare la chiusura
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Rivista Marittima Ottobre 2014
di molti cantieri navali.
Una soluzione possibile per contribuire a uscire dalla crisi è quella di copiare ciò
che di positivo è stato effettuato nel passato in situazioni altrettanto critiche. Occorre
continuare a investire scegliendo con oculatezza quali siano i settori che, grazie a
degli investimenti mirati, possano portare nel medio e lungo periodo alla crescita.
Questi settori per un Paese proteso sul mare sono ancora una volta il settore marittimo
e tutto il suo indotto: basi navali, arsenali, porti e infrastrutture portuali, logistica dei
trasporti, piattaforme petrolifere, navi moderne a scarso impatto ambientale. La Marina Militare e nuove navi DUAL USE potranno ancora una volta agire da motore
trainante dellÊeconomia italiana, così come già sperimentato nel passato tra il 18701880, 1934-1943, 1909-1914 e nel 1974-1984. Occorre, pertanto perseguire, con
ogni possibile urgenza ÿun concreto piano di costruzioni aeronavaliŸ che non costituisca un potenziamento della Flotta ma solo la sostituzione delle unità che vengono
di volta in volta radiate.
Patrizio Rapalino
QUESTIONARIO OTTOBRE 2014
Anche questÊanno, siamo lieti di annunciare che la Rivista Marittima gode di ottima salute. Grazie al successo della vendita degli spazi pubblicitari i costi di gestione sono stati abbattuti e, come promesso lÊanno scorso, lÊattivo conseguito ci
ha permesso di iniziare a essere presenti con la Rivista Marittima
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DELLE PRINCIPALI CITT¤ ITALIANE,
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QUESTIONARIO
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· trovo gli articoli di Saggistica e Documentazione di livello:
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(Art.
13 DLGS
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Marittima
2014 dei dati personali come da informativa sulla
Rivista
Marittima
Ottobre
2014
196/2003)
SI
NO
SOMMARIO
PRIMO PIANO
RUBRICHE
La rivincita della Geografia tra conflittualità
regionale e globale
Alessandro Colombo
12
Lettere al Direttore
Osservatorio internazionale
Scienza e tecnica
Marine militari
Che cosa scrivono gli altri
Recensioni e segnalazioni
Nubi sul futuro
Vittorio Emanuele Parsi
111
115
124
136
152
156
20
Il conflitto in Crimea
Anton Bebler
26
Egemonia americana e il mare
Massimo Iacopi
38
Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
44
Lorenzo Striuli
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
Giuliano Da Frè
54
La breve stagione dellÊatomica europea
Vezio Vascotto
66
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
I Corsari di DÊAnnunzio
Paolo Fragiacomo
74
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
Roberto Celestre
88
Le navi ÿPiemonteŸ
sempre legate al destino di Messina
Attilio Borda Bossana
96
STORIA E CULTURA MILITARE
La vera storia non conosciuta
della Regia Marina durante la Grande Guerra
Stato Maggiore Marina Militare
102
Rivista Marittima Ottobre 2014
9
RIVISTA
MARITTIMA
Mensile della Marina dal 1868
DIREZIONE E REDAZIONE
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Tel.: 06 3680 7248-54
Telefax: 06 3680 7249
Internet:www.marina.difesa.it/documentazione/
editoria/marivista/Pagine/default.aspx
e-mail redazione: rivistamarittima@marina.difesa.it
DIRETTORE RESPONSABILE
Capitano di Vascello
Patrizio Rapalino
REDAZIONE E UFFICI
Nave CAVOUR in navigazione, a largo delle coste
del Senegal.
Attilio De Pamphilis
Castriotta Francesco
Gaetano Alessi
Francesco Rasulo
Tiziana Patrizi
Gaetano Lanzo
A questo numero hanno collaborato
UFFICIO ABBONAMENTI E SERVIZIO CLIENTI
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Tel.: 06 3680 7251-5-7
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Tel.: 06 3680 7254
Codice fiscale: 80234970582
Partita IVA: 02135411003
10
Professor Alessandro Colombo
Professor Vittorio Emanuele Parsi
Professor Anton Bebler
Generale (ris) Massimo Iacopi
Dottor Lorenzo Striuli
Dottor Giuliano Da Frè
Ammiraglio di Squadra (ris) Vezio Vascotto
Dottor Paolo Fragiacomo
Dottor Roberto Celestre
Dottor Attilio Borda Bossana
Dottor Enrico Magnani
Dottor Luca Peruzzi
Contrammiraglio (aus) Michele Cosentino
Contrammiraglio Claudio Boccalatte
Contrammiraglio (ris) Pier Paolo Ramoino
Ammiraglio Ispettore Capo (ca) Renato Ferraro
Professore Mariano Gabriele
Rivista Marittima Ottobre 2014
A NATALE QUESTÊANNO
ABBONARSI CONVIENE
PER OGNI 2 ABBONAMENTI
ALLA RIVISTA MARITTIMA
NE RICEVERAI UNO IN OMAGGIO!!!
DA PARTE NOSTRA
L’IMPEGNO A MANTENERE
BASSI I COSTI E ALTA LA QUALITA’
E TU CI AIUTI CON QUALCHE
AMICO IN PIU’?
PRIMO PIANO
LA RIVINCITA DELLA GEOGRAFIA
TRA CONFLITTUALIT˘ REGIONALE E GLOBALE
ALESSANDRO COLOMBO (*)
L
a spirale di turbolenza nella quale è
precipitato il Mediterraneo è destinata
a riplasmare la percezione italiana dei rischi
e delle minacce · a maggior ragione in
quanto questa spirale include anche le propaggini orientali e meridionali del bacino: il
Mar Nero e, a sud, il Medio Oriente, il Mar
Rosso, lo stretto di Bab el Mandeb e il Golfo
di Aden. LÊelenco delle singole situazioni di
crisi appare, già a prima vista, impressionante: il progressivo collasso dello Stato libico,
la
fragilissima
transizione
(dallÊautoritarismo alla democrazia a un
nuovo autoritarismo) in Egitto, il protrarsi del
conflitto israelo-palestinese, la guerra civile
in Siria e la sua saldatura con la guerra civile
in Iraq, la questione del nucleare iraniano,
per non parlare della diffusione dei movimenti jihadisti dal Mediterraneo al Golfo
Persico al Corno dÊAfrica o, sul versante
nord-orientale, del conflitto tra Russia e
Ucraina fin sulle coste del Mar Nero. Mentre
ad aggravare la percezione di minaccia contribuisce il ventaglio altrettanto ampio delle
possibili ricadute di tali crisi in termini di atti
terroristici, flussi migratori acuti, distorsioni
nel flusso delle risorse energetiche, pirateria
o interruzione dei traffici marittimi.
Questa capacità contaminante rende del
tutto irrealistica qualunque ipotesi di disimpegno, anche alla luce del fatto che tutti i tentativi degli ultimi ventÊanni di adottare
politiche di cordone sanitario si sono rivelati
inefficaci o controproducenti, non solo dal
(*) Laureato in Giurisprudenza nel 1985 presso lÊUniversità Cattolica di Milano e nel 1989 in Scienze Politiche
presso lÊUniversità degli Studi di Milano, ha conseguito nel 1995 il Dottorato di ricerca in Relazioni Internazionali
presso lÊUniversità degli Studi di Padova. Dirige lÊOsservatorio ÿSicurezza e Studi StrategiciŸ e insegna Relazioni
Internazionali al Master in International Affairs. ˚ coordinatore del Master in Studi Internazionali StrategicoMilitari presso la Facoltà di Scienze Politiche dellÊUniversità degli Studi di Milano. ˚ membro della Società italiana di Scienza politica (SISP), della Commissione di Storia delle Relazioni Internazionali (Commission of
History of International Relations), del Comitato scientifico dellÊIstituto per la Cooperazione Economica Internazionale (ICEI), dellÊInternational Advisory Board dellÊEuropean Journal of International Relations e dellÊInternational Advisory Board di Millenium, Journal of International Studies (London School of Economics).
12
Rivista Marittima Ottobre 2014
La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale
punto di vista umanitario, ma anche dal
punto di vista politico e strategico. Questo
non significa, tuttavia, che lÊinstabilità del
Mediterraneo debba essere necessariamente
affrontata sulla base di qualche impianto strategico unitario. Al contrario: sebbene accomunate dai loro possibili effetti, le crisi del
Mediterraneo restano essenzialmente diverse
fra loro quanto ad attori coinvolti, poste in
gioco e origini storiche e richiedono, pertanto, risposte diversificate, a maggior ragione dopo il fallimento teorico e politico di
tutte le chiavi di lettura unificanti proposte
negli ultimi ventÊanni · dalla ÿtransizione
alla democraziaŸ alla ÿguerra globale al terroreŸ fino alla suggestione ricorrente del
ÿconflitto di civiltàŸ.
La rivincita della geografia e la
ripresa delle competizioni regionali
Quello che resta possibile, piuttosto, è individuare al di sopra delle cause specifiche
delle singole crisi lÊinsieme delle condizioni
permissive che ne hanno reso possibile lo
scoppio e, una volta scoppiate, ne condizionano gli esiti. La prima di queste condizioni
è la tendenza, emersa già allÊindomani della
fine del bipolarismo e rafforzatasi negli anni
successivi, a una brusca inversione dei rapporti tra dinamiche globali e dinamiche regionali (1). Per tutto lÊultimo secolo e, a
maggior ragione, per tutto lÊarco di vita del
sistema internazionale bipolare, le prime avevano stabilmente prevalso sulle seconde. Non
perché, anche allora, regioni come il Mediterraneo o il Medio Oriente non possedessero
caratteristiche proprie e diverse da quelle
degli altri. Ma perché questa varietà era com-
Rivista Marittima Ottobre 2014
pensata e, nel momento critico, annullata dallÊaltissimo grado di penetrazione del sistema
globale: penetrazione culturale, per i retaggi
dellÊimpatto occidentale sul resto del mondo
e, soprattutto, per la circolazione globale dei
due linguaggi universali della guerra fredda,
quello democratico-liberale e quello nazionalista e socialista; penetrazione istituzionale, per la diffusione della forma-stato e la
presenza almeno cerimoniale delle organizzazioni internazionali universali; penetrazione diplomatica e strategica, infine, per
lÊonnipresenza del piccolo gruppo delle principali potenze (le potenze coloniali europee
fino alla seconda guerra mondiale, le due superpotenze poi), lÊesportazione globale dei
loro conflitti e, in ultima istanza, il rischio o
lÊesperienza concreta di guerre per la prima
volta ÿmondialiŸ.
Nel contesto internazionale attuale, invece, questo imponente meccanismo di subordinazione dei sistemi regionali al sistema
globale sembra essersi almeno provvisoriamente inceppato. Il riassorbimento della
grande frattura comune tra liberalismo e socialismo lascia spazio a una congerie di capitali simbolici e di mobilitazione propri,
come le varie forme di Islam radicale. La
crisi dellÊarchitettura multilaterale della convivenza internazionale incoraggia lÊattivismo
delle medie e piccole potenze regionali (Iran,
Arabia saudita, Turchia, Qatar, Emirati Arabi
Uniti), proprio mentre risalgono in superficie
le enormi differenze anche istituzionali tra
stati consolidati, stati deboli e stati falliti o
prossimi al fallimento. Soprattutto, con il
venir meno dellÊelemento decisivo di connessione del sistema internazionale del Novecento, il rischio dellÊescalation dei conflitti
regionali in un unico e distruttivo conflitto
13
La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale
mondiale, le prospettive di pace e di guerra
di ciascuna regione si rivelano sempre più
nettamente separate dalle prospettive delle
altre regioni, col risultato di incoraggiare la
corsa agli armamenti in alcune regioni (come
in Medio Oriente) nello stesso momento in
cui diminuiscono le spese per la difesa in
altre (come in Europa).
Questa regionalizzazione della sicurezza
ha un impatto destabilizzante su tutte le aree
regionali e, in particolare, sul complesso del
Mediterraneo allargato. Intanto, essa aumenta la sensibilità degli attori alle gerarchie di potere interne alle rispettive regioni
mentre diminuisce la credibilità delle rassicurazioni e dei bilanciamenti esterni. A mutare radicalmente sono i criteri stessi in base
ai quali gli attori misurano la propria sicurezza (e in base ai quali, quindi, ispirano le
proprie strategie). Nel contesto globale della
Guerra Fredda, la sicurezza di ciascun attore
dipendeva in ultima istanza dal confronto
tra le risorse e le intenzioni del proprio sottosistema globale di alleanza e quelle del
sottosistema nemico: la sicurezza di Turchia, Arabia saudita e Israele, per esempio,
dipendeva dalla tenuta o dalla superiorità
del blocco occidentale rispetto a quello sovietico. Nel contesto internazionale che gli
è succeduto, invece, leader e cittadini dei diversi paesi percepiscono le proprie prospettive di pace o di guerra come sempre più
dipendenti dalle risorse e dalle intenzioni di
antagonisti e partner collocati nella loro regione, e sempre più svincolati dalle risorse
e dalle intenzioni degli attori collocati nelle
altre. I meccanismi di garanzia esterna del
passato · protettorati, alleanze bilaterali e
multilaterali, promesse informali · perdono credibilità o, almeno, faticano a essere
14
proiettati indefinitamente nel futuro, col risultato di incoraggiare gli attori a procurarsi
risorse di sicurezza in autonomia o con il
concorso di partner locali destinati a condividere anche in futuro le medesime preoccupazioni di sicurezza.
A propria volta, questa ricerca di strumenti
alternativi di sicurezza è destinata a suscitare
diffidenze reciproche e, nella peggiore delle
ipotesi, incoraggiare le dinamiche competitive su scala regionale. ˚ il meccanismo potenzialmente infernale noto come dilemma
della sicurezza: mano a mano che uno o più
attori accumulano risorse per la propria difesa · tipicamente: armi e alleati · spingono anche tutti gli altri attori a fare lo stesso,
perché nessuna delle parti può essere certa
che le intenzioni delle altre siano o siano destinate a restare pacifiche. E proprio un intrico di dilemmi della sicurezza · tra Arabia
saudita e Iran, Israele e Hamas, Israele e Iran
ecc.. · è ciò che sta destabilizzando Mediterraneo e Medio Oriente da almeno un decennio a questa parte, a maggior ragione
dopo che la distruzione dellÊIraq ha innescato
una competizione per lÊegemonia regionale
tra Iran e Arabia saudita sullo sfondo della
frattura risorgente tra sciiti e sunniti.
Il riflusso delle politiche
di controllo esterno
A rafforzare ulteriormente questa tendenza alla regionalizzazione delle dinamiche
di sicurezza ha provveduto il riflusso delle
politiche di controllo esterno, simboleggiato
dal ritiro delle truppe anglo-americane dallÊIraq e dal prossimo ritiro dellÊIsaf dallÊAfghanistan. Due potentissimi fattori hanno
Rivista Marittima Ottobre 2014
La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale
spinto a questo esito. Il primo è lÊesito fallimentare (in termini di rapporto tra costi sopportati e obiettivi politici conseguiti) degli
interventi in Iraq, Afghanistan e Libia,
esempi quasi paradigmatici di ÿparadosso
della potenza non realizzataŸ: invece che
lÊesportazione dellÊordine e della democrazia, tutti questi interventi non hanno portato
che il fallimento dello Stato e la guerra civile, con effetti destabilizzanti o addirittura
distruttivi anche sui paesi vicini (Siria, Pakistan, Mali). LÊaltro fattore, alimentato
dalla crisi economica e sociale scoppiata nel
2007-08, è lÊinclinazione comune a un numero sempre più alto di attori di concentrare
attenzione e risorse sul proprio versante interno, selezionando con sempre maggiore
prudenza gli impegni esterni anche a costo
di mettere la sordina sul cosiddetto interventismo umanitario degli ultimi due decenni.
Non è un caso che questa ambivalenza
pesi prima di tutto sul paese più forte, gli
Stati Uniti. Da un lato, lÊinsostenibilità dei
costi diplomatici, militari ed economici della
deriva egemonica dei primi quindici anni del
dopoguerra fredda ha convinto i decisori politici americani (sia civili sia militari) a sforzarsi di ridimensionare i propri impegni
internazionali, a partire proprio dal Mediterraneo e dal Medio Oriente dove, ancora nel
2003, gli Stati Uniti avevano potuto varare
quellÊimponente progetto di trasformazione
battezzato Greater Middle East, e destinato a
una sorte non troppo diversa da quella dei
piani quinquennali dellÊUnione sovietica.
DallÊaltro lato, è sufficiente che gli Stati
Uniti diano lÊimpressione di volere disinvestire da qualche area regionale perché sorgano competizioni per ÿprepararsi in
anticipoŸ allÊabbandono o, peggio, riempire
Rivista Marittima Ottobre 2014
il possibile vuoto · come sta avvenendo
proprio in Medio Oriente come contraccolpo
del riorientamento verso lÊAsia orientale dellÊamministrazione Obama. Mentre, anche
prima di questo momento, la credibilità della
garanzia esterna dellÊunica superpotenza rimasta appare comunque molto più incerta
che in passato, così come molto più azzardata è la scelta di dare per scontato il suo sostegno futuro in caso di necessità. Che è ciò
che spiega, tra le altre cose, il crescente attivismo di Turchia, Qatar e Arabia saudita, la
spirale di militarizzazione della politica di
Israele, e persino le ambiguità del Pakistan
nel contrasto al terrorismo e nel sostegno
alla missione afghana: come osservava già
alcuni anni fa un analista pakistano, ÿgli
Americani non possono restare in Afghanistan per sempre, mentre noi dovremo vivere
per sempre quiŸ (2).
Il volano della contaminazione:
la debolezza dello Stato
e la porosità dei confini
Se, dunque, il rovesciamento della gerarchia tra dinamiche globali e dinamiche regionali spiega la proliferazione delle crisi, le
caratteristiche istituzionali, etniche e culturali
dei contesti di appartenenza spiega la loro
diffusione. In situazioni come quelle del
Corno dÊAfrica, ma anche di diverse parti del
Mediterraneo e del Medio Oriente, nelle
quali Stati che non dispongono ancora di istituzioni politiche e apparati burocratici efficienti, di solide basi economiche e di un
grado sostanziale di identità nazionale si trovano a interagire con Stati afflitti dagli stessi
problemi, lÊordine interno di ciascuno Stato
15
La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale
è continuamente vulnerabile alla tenuta
dellÊordine interno degli altri, così come lÊordine di questi ultimi è vulnerabile alla tenuta
dellÊordine internazionale. LÊesistenza di linkage groups di natura etnica, nazionale, religiosa o semplicemente criminale assicura, in
ogni caso, la circolazione dei conflitti, con il
risultato di trasformare (almeno potenzialmente) tutte le crisi interne in crisi internazionali e tutte le crisi internazionali in crisi
interne, come si è ripetuto nellÊultimo decennio per effetto della disgregazione della Somalia e, più recentemente, come
contraccolpo delle guerre in Iraq e in Afghanistan e delle guerre civili in Libia e in Siria.
Diversi fattori contribuiscono a complicare
lÊopera di prevenzione e contenimento dei
conflitti. Il primo è il superamento dellÊomogeneità istituzionale tra gli attori. Mentre, nei
sistemi interstatali consolidati, gli attori già
ammessi tendono a fissare dei criteri per selezionare (e limitare) lÊingresso di nuovi attori, in sistemi interstatali a basso grado di
istituzionalizzazione chiunque può diventare
attore a condizione che abbia la forza di imporsi, indipendentemente da qualunque requisito formale e da qualunque similitudine con
gli altri. La pretesa dello stato al monopolio
dellÊuso della forza legittima cade vittima di
pretese di nuovo tipo, avanzate da soggetti
della più varia natura · come le bande armate che si contendono il potere in Libia o lo
Stato Islamico a cavallo tra Siria e Iraq · e
caratterizzate (come in ogni fase genetica) da
una fortissima conflittualità verso lÊesterno.
Il secondo fattore è la ricaduta spaziale del
precedente: la mancanza di demarcazioni
nette tra territori ÿpubbliciŸ e domini ÿprivatiŸ, e tra sfera ÿinternaŸ e sfera ÿesternaŸ.
Mentre, nei sistemi interstatali consolidati,
16
ciascuno stato si sforza di sradicare (o almeno neutralizzare) i vincoli di fedeltà · di
carattere religioso, culturale, etnico · che rischiano di indebolire il vincolo di cittadinanza, nei sistemi di frammentazione la
distinzione tra sfera ÿinternaŸ e sfera
ÿesternaŸ non riesce più a cogliere la gran
parte dei rapporti che intercorrono tra gli attori. In un senso, poiché si moltiplicano i casi
in cui i governi ÿnazionaliŸ sono costretti a
negoziare su un piede di parità con soggetti
substatali allÊinterno del proprio territorio,
magari con la partecipazione o sotto lÊauspicio di potenze esterne. Basti pensare alla spericolata contrattazione tra gli Stati Uniti, il
governo iracheno, i Peshmerga curdi e le
stesse milizie sunnite per contrastare lÊinsurrezione jihadista, o alla ricorrente tentazione
di replicare la stessa soluzione sul teatro afgano. NellÊaltro senso, non mancano casi di
aggiramento dei confini da parte di soggetti
sub-statali (movimenti politici, etnici, religiosi), i quali, dopo avere eroso dallÊinterno
il vincolo di cittadinanza, cercano di stabilire
(e spesso stabiliscono) rapporti diretti tra loro
o con altri stati. La varietà di questa ÿdiplomazia sub-stataleŸ è quasi senza limiti, dallÊosmosi dellÊinsurrezione islamista sui due
versanti del confine tra Afghanistan e Pakistan, ai rapporti tra Hamas e i Fratelli Musulmani in Egitto o tra Hezbollah e lÊIran in
Libano, fino alla diffusione extra-regionale
dellÊappello jihadista dello Stato Islamico.
Infine, proprio questa proliferazione di attori della più varie natura produce una crisi
del negoziato come strumento di produzione
di obblighi e di attese. In primo luogo, come
si è sperimentato anche recentemente in
Libia, Iraq e Afghanistan, è difficile e a volte
impossibile sapere in anticipo se quello con
Rivista Marittima Ottobre 2014
La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale
il quale si è deciso di trattare sia davvero il
soggetto che conta o, almeno, uno di quelli
che contano. In secondo luogo, i costi di contrattazione crescono mano a mano che cresce
il numero delle parti, perché le complicazioni
aumentano quando ognuno è costretto a trattare con un numero molto alto di controparti.
Infine, anche una volta concluso un accordo,
i suoi effetti e la sua desiderabilità cambiano
troppo in fretta perché si possa essere sicuri
del suo mantenimento. LÊaumento delle variabili non diffonde soltanto i pericoli, ma aumenta anche la possibilità dellÊinganno e la
difficoltà di individuare e sanzionare i possibili violatori.
Conclusioni
L
a combinazione potenzialmente distruttiva tra riemersione delle competizioni regionali e introversione dei principali attori
espone anche lÊItalia a un nuovo ventaglio di
rischi, responsabilità e vincoli, in un contesto
nel quale lÊevoluzione delle aree regionali più
prossime (come il bacino mediterraneo) appare sempre più vulnerabile al contesto ÿallargatoŸ delle sue estensioni terrestri e
marittime.
Tutti e due i termini dellÊequazione tra domanda e offerta di ordine sono destinati a
complicarsi. Da un lato, quelli che si profilano allÊorizzonte sono rischi plurali, eterogenei, multi-direzionali e indeterminati,
legati in linea di massima ai contraccolpi
delle crisi regionali o sub-regionali in termini
di flussi migratori acuti, distorsioni dellÊapprovvigionamento energetico, ÿcontaminazioniŸ terroristiche, catastrofi ambientali,
pandemie ecc.. Questa indeterminatezza
Rivista Marittima Ottobre 2014
complica, di per sé, anche le strategie di risposta, consentendo soltanto lÊazione ÿa posterioriŸ, cioè la repressione, oppure lÊazione
ÿpreventivaŸ diretta a bloccare sul nascere la
maturazione del rischio in minaccia. Tutte e
due le alternative sono problematiche. La
prima, come tutte le politiche reattive, in
quanto affida allo choc esterno il ruolo di
orientare e commisurare lÊentità della risposta, anche in assenza di strategie politiche di
medio e lungo periodo (come ha mostrato il
caotico e interminabile dopoguerra libico).
La seconda, lÊazione preventiva, sconta la
difficoltà di accertare in anticipo se un soggetto costituisca oppure no una minaccia immediata alla sicurezza, col rischio di
pregiudicare, sbagliando, tanto le proprie future capacità di intervento quanto il proprio
prestigio (come è avvenuto anche recentemente con la sottovalutazione delle capacità
politiche e militari dellÊIsis in Iraq).
DallÊaltro lato, lÊItalia arriva a questo appuntamento in una condizione di profonda
crisi politica, economica e istituzionale, che
detta vincoli molto stretti non soltanto al bilancio della difesa ma anche alla disponibilità ad assumersi i costi politici ed economici
di nuovi impegni. Nel ripensamento delle
proprie strategie politiche e delle proprie politiche di difesa, inoltre, lÊItalia non può più
affidarsi come in passato al suo consolidato
impianto multilaterale. Intanto, perché la
stagione delle grandi missioni collettive di
occupazione, controllo e amministrazione
delle aree di crisi appare almeno provvisoriamente (ma, con ogni probabilità, a lungo)
conclusa. Inoltre poiché, a differenza della
minaccia globale e comune dellÊepoca bipolare, i rischi emergenti tendono non a unire
ma a dividere gli alleati a seconda che siano
17
La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale
più o meno vicini alla loro fonte o, almeno,
più o meno coinvolti nelle loro conseguenze
· come lÊItalia ha già avuto modo di sperimentare di fronte allÊemergenza immigrazione nel Mediterraneo. LÊItalia ha,
ovviamente, tutto lÊinteresse a contrastare
questa perdita di coesione. Ma senza trascurare, nel frattempo, la necessità di investire
sui propri settori diplomatici e militari di
punta, sviluppare cooperazioni rafforzate
con i soggetti con i quali condivide le preoccupazioni più immediate di sicurezza, e
senza farsi troppe illusioni sul presunto automatismo tra disimpegno americano e sviluppo di una politica di sicurezza e difesa
comune dellÊUnione Europea.
n
NOTE
(1) Per diverse versioni di questa tesi, si vedano B. BUZAN - O. WAEVER, Regions and Powers. The Structure
of International Security, Cambridge 2003; A. COLOMBO, La disunità del mondo. Dopo il secolo globale, Milano 2010; D.A. LAKE – P.M. MORGAN (a cura di), Regional Orders: Building Security in a New World, University Park 1997; P. KATZENSTEIN, A World of Regions. Asia and Europe in the American Imperium, Ithaca
2005.
(2) Analysis: Pakistan Unlikely to Cooperate With US, in ÿNew York TimesŸ, 24 sett. 2009.
18
Rivista Marittima Ottobre 2014
PRIMO PIANO
NUBI SUL FUTURO
VITTORIO EMANUELE PARSI (*)
Nubi sul futuro
D
opo uno sforzo intenso e prolungato
durato oltre 13 anni e una presenza
militare passata dalle 132.000 del 2010 alle
attuali 50.000 unità (2.000 delle quali italiane, giugno 2014), con lÊinizio del prossimo anno ISAF (International Security and
Assistance Force) si appresta a lasciare la responsabilità esclusiva della sicurezza del
Paese alle Forze Armate afghane. ˚ la fase
conclusiva della cosiddetta transition, che avviene purtroppo in un momento politico
estremamente incerto. Le elezioni presidenziali tenutesi nel 2014 hanno infatti avuto un
esito molto lontano da quello auspicato e in
linea con le peggiori previsioni. Ancora una
volta, più che quello della popolazione, a
venir meno è stato il contributo delle élite politiche. Dopo un primo turno, tenutosi il 5
aprile senza che si fossero registrati particolari incidenti e caratterizzato da una forte affluenza (superiore al 50%), le cose sono
andate decisamente meno bene al turno di
ballottaggio, che ha visto aumentare il numero di attentati ai seggi da parte degli insorgenti.
Ciò che sta destando le maggiori preoccupazioni è il repentino peggioramento del
clima politico, con lo scambio di reciproche
accuse tra i due candidati che hanno animato
il secondo turno. Usciti ampiamente vittoriosi dal primo scrutinio, Abdullah Abdullah,
leader della Coalizione Nazionale Afghana
(45%), e Ashraf Ghani Ahmadzai, indipendente (31,6), hanno dato vita a un serrato
duello che ha assunto rapidamente i toni
della reciproca delegittimazione. Il vertice è
stato toccato quando allÊinizio del luglio
scorso, Abdullah, vincitore a sorpresa del
primo turno ha contestato con forza la legittimità del processo di scrutinio del secondo
turno (tenuto il 14 giugno), che da indiscrezioni sempre più univoche e convergenti lo
avrebbe visto soccombere rispetto al rivale
(41% contro 59%). Nella sostanza, Abdullah
dovrebbe aver preso lo stesso numero di voti
del primo turno, circa 2 milioni novecento-
(*) Professore ordinario (2004) di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dellÊUniversità Cattolica del Sacro Cuore. Dal 2002 è professore a contratto nella Facoltà di Economia dellÊUniversità
della Svizzera Italiana di Lugano (USI). ˚ direttore di ASERI (2012) e program director del Master in Economia
e Politiche Internazionali (MEPIN), una joint venture tra lÊAlta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali
(ASERI) e lÊUSI (2004) ed è Direttore scientifico del programma di Executive Education di ASERI (2011). Fa
parte della Riserva Selezionata della Marina Militare con il grado di capitano di fregata (SM) complemento.
20
Rivista Marittima Ottobre 2014
Nubi sul futuro
mila, mentre Ghani sarebbe passato da 2 milioni ottantamila a 4 milioni duecentomila⁄
Può darsi che lÊintero entourage del presidente uscente Hamid Karzai sia riuscito nella
mobilitazione a favore di Ghani, candidato
appartenente allÊetnia pashtun, maggioritaria
e tradizionalmente associata al governo fin
dalla nascita del Paese, e quindi che lÊessere
in parte tajiko abbia giocato contro Abdullah.
Analogamente può aver influito lÊappoggio
ÿdiscretoŸ della comunità internazionale nei
confronti di Ghani (per oltre dieci anni alla
Banca Mondiale, lasciata per assumere lÊincarico di assistente di Lakhdar Brahimi, il
Rappresentante Speciale per lÊAfghanistan
del Segretario Generale dellÊONU). Sta di
fatto che di fronte alle massicci frodi elettorali (riconosciute da ambedue i candidati in
almeno 7.000 sezioni su un totale di 23.000)
e dopo lo scandalo che ha costretto alle dimissioni Ziaulhaq Amarkhil (presidente della
Commissione Elettorale Indipendente, intercettato mentre dava disposizione di distruggere casse di schede pro Abdullah), la
situazione si è fatta sempre più incandescente: al punto da prefigurare la possibilità
di uno scontro militare aperto tra le due fazioni. Dopo una serie di sparatorie e attentati
per tutto il mese di luglio, il potente cugino
del presidente e boss di Kandahar, Hasmat
Karzai veniva ucciso insieme a un altro importante leader alleato di Ghani durante i festeggiamenti per la fine del Ramadan.
Nonostante gli ammonimenti della comunità
internazionale che non saranno tollerate derive violente nel Paese, pena la sospensione
degli aiuti internazionali da cui dipende la
sua sopravvivenza, il rischio che il ritiro di
ISAF coincida con il riesplodere del caos è
tuttÊaltro che aleatorio.
Rivista Marittima Ottobre 2014
Una lunga transizione
Fin dallÊinizio del processo di transizione,
del resto, ISAF era perfettamente consapevoleche lÊaspetto ÿnon cineticoŸ del passaggio
di consegne alle autorità afghane fosse quello
più problematico. Dal punto di vista militare,
le cose sembravano invece procedere meglio.
LÊAfghan National Army (circa 190.000 uomini previsti per il gennaio 2015) e lÊAfghan
National Police (ANP, circa 165.000) avevano gradualmente assunto la responsabilità
e la conduzione delle operazioni contro gli insorgenti, dimostrando buone capacità e eccellente combattività. Nel giro di tre anni, la
riduzione della presenza di ISAF (significativa anche nel numero di basi ancora occupate
sul territorio, passate da 800 a 80) era andata
di pari passo con la crescita numerica della
Afghan National Security Forces (ANSF),
destinate a passare per inizio 2015 da 224.000
nel 2010 a 345.000. In taluni comparti, come
quello delle forze speciali, si poteva parlare
di vere e proprie eccellenze, costruite in tempi
molto rapidi anche con il mentoring italiano.
A unÊanalisi più accurata, però, occorreva
constatare che il numero e la dimensione
degli attacchi nei confronti delle forze di sicurezza e di obiettivi politici ed economici era
in realtà tornati a crescere nel corso del 2013
e del 2014, evidenziando una risorgente difficoltà da parte delle autorità di Kabul a esercitare un effettivo controllo del territorio.
Si tratta di un problema cronico e ricorente
nella storia afghana, che ha sempre visto il
tentativo spesso infruttuoso delle autorità centrali di imporre la propria autorità sulle periferie. Durante i due mandati presidenziali di
Karzai, Kabul era sembrata riuscire nellÊintento, complice una Costituzione che assegna
21
Nubi sul futuro
al Presidente la nomina di tutti i funzionari
dello Stato compresi i governatori provinciali.
LÊinterpretazione della ÿCarta di BonnŸ da
parte del presidente uscente era sempre stata
molto ÿassertivaŸ, anche perché per un lungo
periodo Karzai era stato ÿlÊuomo degli AmericaniŸ. La perdita del favore della comunità
internazionale · a seguito dei numerosi
scandali scoppiati durante la sua amministrazione, del dilagare della corruzione e del nepotismo e, non ultimo, del suo eccesso di
autonomia rispetto alle ipotesi di coinvolgimento dei capi talebani nel processo di pace
e della sua condanna dellÊutilizzo massiccio
e disinvolto dei droni armati da parte americana · aveva portato a un peggioramento
della relazione con Washington e la NATO
(responsabile per ISAF), culminata nel rifiuto
di sottoscrivere il SOFA con Washington e il
BSA (1) con Bruxelles. Si tratta di due documenti · lo Status of Forces Agreement e il
Bilateral Security Agreement · che devono
regolare lo status delle forze internazionali
che resteranno nel Paese dopo il gennaio
2015 (si ritiene intorno ai 10.000 uomini),
sottraendoli alla giurisdizione afghana, in assenza dei quali tutte le truppe ISAF abbandonerebbero il Paese immediatamente.
Karzai ha lasciato la classica gatta da pelare al suo successore: cosa che in sé non dovrebbe preoccupere considerando che, in
teoria, il nuovo presidente avrebbe dovuto insediarsi a luglio 2014. Ma in realtà i tempi
stringono. Benché sia Abullah sia Gahni
abiano più volte dichiarato di voler sottoscri-
vere i due accordi, in assenza di un presidente
in carica la questione si fa maledettamente
complicata: soprattutto considerando che settembre è ritenuto da molti la vera e propria
deadline per poter prendere la decisione se lasciare una forza in Afghanistan o invece ritirare completamente il contingente.
LÊafghanizzazione del conflitto
M
a che cosa sta provocando la recrudescenza degli attacchi degli insorgenti contro
le ANSF? Come mai, in altri termini, il sostanziale cessato coinvolgimento delle truppe
della coalizione non ha fatto diminuire la motivazione dei nuovi talebani a lottare contro
il regime di Kabul? Per cercare una risposta
a questa domanda occorre muoversi in due
direzioni. La prima è quella che ci porta lontano dal Paese dellÊAsia Centrale e ci conduce invece vero il Sudest Asiatico. La
strategia della ÿnazionalizzazione del conflittoŸ, fu applicata sul finire degli anni Sessanta dal Pentagono in Vietnam. La
ÿvietnamizzazioneŸ della guerra rispondeva
innanzitutto alla dichiarata volontà americana di cavarsi fuori da un conflitto sempre
meno sostenibile in termini umani (50.000
militari americani morti in Indocina), finanziari (inflazione, aumento del debito estero e
del deficit pubblico, denuncia degli accordi
di Bretton Woods e fine del regime dei cambi
fissi ancorato al dollaro americano) e politici
(proteste crescenti nei campus e nelle città,
(1) Nel frattempo i due accordi di cui si fa menzione (BSA e SOFA) sono stati sottoscritti alla fine del mese di
settembre. Il BSA tra gli Stati Uniti e lÊAfghanistan permetterà a circa 10.000 soldati americani di rimanere in
Afghanistan dopo il 2014 con missioni di sicurezza e di supporto alle forze di sicurezza afghane con tutte le garanzie legali richieste. Il SOFA tra la NATO e Kabul è stato contemporaneamente firmato alle stesse condizioni
per permettere a partire dal 2015 la NATOÊs post 2014 Resolute Support Mission (Ndr).
22
Rivista Marittima Ottobre 2014
Nubi sul futuro
acuirsi delle tensioni sociali e razziali per la
sproporzione di neri e meno abbienti tra le
vittime). In maniera più o meno strumentale
si riteneva che il deflusso delle truppe straniere avrebbe tolto legna dal fuoco dei Vietcong, impedendo che la loro lotta
rivoluzionaria apparisse anche come una
lotta di liberazione nazionale, il proseguimento di quella combattuta, e vinta, contro i
francesi subito dopo la IIa Guerra Mondiale.
Come andò a finire è noto a tutti ed è emblematicamente rappresentato dalla foto dellÊambasciatore Statunitense che lascia la
legazione assediata fuggendo in elicottero dal
tetto della palazzina, con la bandiera a stelle
e strisce ripiegata sotto il braccio.
Evidentemente lÊAfghanistan del 2015 non
è il Vietnam del 1975, ma lÊÿafghanizzazioneŸ
del conflitto è difficile che, per sé sola, possa
contribuire in maniera significativa alla sua
conclusione. Ne sanno qualcosa i Russi, che
nel 1989, ai tempi dellÊUnione Sovietica, uscirono dal Paese, lasciandosi alle spalle un esercito tuttÊaltro che inefficiente, demotivato o
poco combattivo, ma che nulla in ogni caso
poté contro lÊoffensiva dei mujaheddin che nel
1991 posero fine alla Repubblica Democratica
dellÊAfghanistan. Anche venuta meno la motivazione ÿnazionalistaŸ, altri fattori spiegano
il perdurare dellÊinsicurezza nel Paese. Non
dovrebbe mai essere dimenticato, infatti, che
lÊAfghanistan si trova in una situazione di
guerra civile semi-permanente dal 1978, cioè
un anno e mezzo prima dellÊinvasione sovietica del dicembre 1979, e che da allora la distruzione ripetuta dellÊapparato istituzionale e
della rete di infrastrutture del Paese, con la
perdita di controllo delle autorità centrali sulla
periferia, con lÊavvicendarsi di regimi e di interventi stranieri ha rappresentato la costante
Rivista Marittima Ottobre 2014
più che lÊeccezione. In tal senso, la differenza
di legittimazione tra la presenza di ISAF e il
contingente di occupazione sovietico gioca un
ruolo minore agli occhi di molti afghani, che
conoscono poco dei diversi retroscena internazionali e delle ragioni ben diverse che
stanno dietro i due interventi.
La ÿnuova insorgenzaŸ non è infatti alimentata esclusivamente dalla presenza di truppe
straniere sul suolo afghano, bensì anche da
motivi più prettamente domestici. Esistono
faide storiche che si sono riaccese proprio nel
momento in cui il territorio è passato sotto il
controllo afghano. E altrettanto e successo per
quel che riguarda le tensioni etniche e le lotte
tribali. Non va infatti taciuto che non sempre
le ANSF si sono comportate in maniera sufficientemente ÿterzaŸ rispetto a simili questioni,
e che in diversi casi si sono ritrovate a prendere
partito per questa o quella fazione, così contribuendo a esacerbare gli animi. In più, le popolazioni locali nutrono aspettative nei confronti
delle autorità nazionali maggiori e diverse da
quelle che potevano avere verso le forze della
coalizione. In tal senso esse lottano fin dal
primo momento del reinsediamento per ottenerne i favori o tirarle dalla loro parte, e questo
genera inevitabilmente il coinvolgimento delle
forze di sicurezza allÊinterno delle faide, delle
lotte e delle tensioni.
Immaginare le forze di sicurezza come
unÊoasi di efficienza e professionalità assoluta allÊinterno delle istituzioni afghane, rappresentarle come completamente sottratte
alle logiche etniche e tribali, è una forzatura.
Non cÊè dubbio che i successi raggiunti nella
ricostruzione delle forze di sicurezza sono
stati evidenti e superiori a quelli (non) conseguiti con tutte le altre amministrazioni
dello Stato. Ma i problemi di nepotismo, cor-
23
Nubi sul futuro
ruzione e divisione etnica esistono anche allÊinterno delle ANSF e una delle sfide maggiori per il post 15 gennaio è rappresentata
proprio dal mantenere lo standard relativamente alto di correttezza ed efficacia dellÊapparato della difesa.
La necessità di un sostegno determinato
ma anche duraturo da parte
della comunità internazionale
Evitare uno scenario analogo a quello che
si produsse in seguito al ritiro sovietico, cioè
fare in modo che le istituzioni pubbliche
possano rafforzarsi e radicarsi nel tessuto sociale in maniera duratura, è possibile: ma richiede lÊimpegno continuato della comunità
internazionale.
Dopo il completamento del ritiro delle
truppe di ISAF è lecito attendersi una recrudescenza ulteriore delle azioni offensive da
parte degli insorgenti, che già in questi mesi
stanno ÿtestandoŸ le capacità di combattimento delle forze afghane. Molto del futuro
dipenderà quindi dalla ÿtenutaŸ di polizia ed
esercito, una tenuta per la quale la continuazione del mentoring e dellÊaddestramento da
parte occidentale risulterà decisivo. Questo è
il senso della nuova missione NATO Resolute Support (Sostegno Determinato), che da
gennaio prenderà il posto di ISAF. Si parla
di un contingente compreso tra il 10.000 e i
20.000 uomini, al quale anche lÊItalia si è impegnata a contribuire.
Altrettanto importante si rivelerà la volontà ella comunità internazionale di continuare nellÊassistenza economica e finanziaria
ribadita alle autorità afghane durante al Conferenza di Chicago del 2012. ˚ giusto sotto-
24
lineare che lÊimpegno internazionale (anche
finanziario) non potrà durare in eterno, e anzi
è prevista la sua progressiva riduzione nel
corso degli anni. Ma già oggi i contributi internazionali consentono il pagamento di soli
229.000 truppe sulle 345.000 previste necessarie a partire dal gennaio 2015.
LÊimpegno internazionale non deve però
essere considerato esaurito dalla componente
economico-finanziaria, che pure resta cruciale. Altrettanto importante sarà lÊimpegno
per la stabilizzazione del quadro regionale. ˚
difficile non constatare come, nella storia
dellÊAfghanistan, i vicini abbiano sempre
giocato un ruolo decisivo. Il miglioramento
delle relazioni con il Pakistan rappresenterà
una cartina di Tornasole del successo della
comunità internazionale. Si tratta di porre
fine al continuo sostegno e asilo fornito dal
Pakistan (in particolare dai servizi segreti militari) alle formazioni di insorgenti più radicali; ma occorre anche spingere le autorità di
Kabul a ricercare un accomodamento nei
confronti di quelle di Islamabad, a partite
dalla dismissione di antistoriche e inutili polemiche sulla ridiscussione della linea Durand (il confine tracciato nel 1893 tra lÊallora
Emirato dellÊAfghanistan e Raj britannico).
Altrettanto cruciale è la possibilità di non
ostacolare il proficuo rapporto tra Afghanistan e Iran, che in questi anni ha contribuito
non poco alla relativa calma che ha contraddistinto la regione di Herat. In tal senso
molto dipenderà dalla piega che assumeranno le relazioni con lÊIran in conseguenza
dellÊevoluzione dellÊannosa questione del
programma nucleare iraniano, sospettato di
avere una finalità duale, oltre che dal possibile precipitare della crisi che sta investendo
il Levante e il Golfo.
n
Rivista Marittima Ottobre 2014
Deutsche Bank
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verso il futuro.
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PRIMO PIANO
IL CONFLITTO IN CRIMEA
Carta della penisola di Crimea (fonte Wikipedia).
ANTON BEBLER (*)
L
a sicurezza nel nostro continente è
stata, per gli ultimi quattro decenni,
gravata, tra lÊaltro, dalla violenza armata e da
guerre che hanno accompagnato la disintegrazione di un certo numero di stati nel Mediterraneo orientale, nei Balcani occidentali
e nel territorio dellÊex Unione Sovietica.
Questi sviluppi hanno portato, sulla mappa
politica dellÊEuropa, alla comparsa di più di
una dozzina di nuovi stati riconosciuti a livello internazionale. La maggior parte delle
secessioni che sono riuscite, hanno creato
inoltre un gruppo di parastati non riconosciuti o non riconosciuti universalmente dalla
comunità internazionale. Cipro del Nord, la
Transdnistria, lÊAbkhazia, lÊOssezia meridio-
(*) Professore nella Facoltà di Scienze Sociali dellÊUniversità di Lubiana. Studioso di livello internazionale. Autore o curatore di libri e autore di articoli pregevoli di Sociologia Militare. ˚ stato in passato, per anni, ambasciatore della Slovenia presso gli Uffici delle Nazioni Unite di Ginevra.
26
Rivista Marittima Ottobre 2014
Il conflitto in Crimea
nale, il Nagorno Karabakh e in seguito anche
il Kosovo sono stati trattati nella letteratura
sulle relazioni internazionali come cosiddetti
ÿconflitti congelatiŸ (frozen conflicts) in Europa e nei suoi dintorni. Quando il Kosovo è
uscito da questo gruppo un probabile nuovo
arrivato è apparso nella primavera del 2014.
Il nuovo arrivato è il conflitto russo-ucraino
per la Crimea. Questo conflitto è stato strettamente legato ai tentativi di secessioni
dallÊUcraina delle repubbliche ÿDonetskŸ e
ÿLuganskŸ e alla violenza armata in Ucraina
orientale in cui la Federazione Russa è fortemente coinvolta, principalmente per procura.
Tuttavia, questi ultimi conflitti sono molto
diversi sotto vari aspetti da quello in Crimea
e quindi molto probabilmente saranno diversi
i loro risultati.
Come i quattro frozen conflicts di cui
sopra, la Crimea si trova geograficamente
alla periferia meridionale della ex Unione
Sovietica. Anche sostanzialmente, questÊultimo conflitto aperto presenta un certo numero di somiglianze con tutti gli altri quattro
casi dellÊex Unione Sovietica. I cinque stati
ex-sovietici coinvolti in questi conflitti hanno
condiviso due secoli di dominio, prima della
Russia imperiale e successivamente del regime Comunista. LÊegemonia russa era stata
preceduta da tre secoli di dominio ottomano
diretto o di forte dipendenza dalla Sublime
Porta. Nel XVIII e nel XIX secolo, a seguito
di vittorie russe in diverse guerre contro gli
Ottomani, i cinque territori furono conquistati militarmente o ceduti e poi annessi allÊimpero russo. LÊespansione russa nella
regione del Mar Nero e nel Caucaso a spese
dellÊimpero ottomano fu contrastata dalle potenze occidentali · Gran Bretagna, Francia
e Austria/Austria-Ungheria. Questa opposi-
Rivista Marittima Ottobre 2014
zione si trasformò a metà del XIX secolo in
un confronto militare diretto e in una guerra
sanguinosa, combattuta principalmente in
Crimea.
Il pretesto immediato per la guerra di Crimea fu lÊoccupazione russa dei due principati danubiani di Valacchia e Moldavia. Nel
gennaio 1854, le flotte inglesi e francesi navigarono con intento dimostrativo nel Mar
Nero. A seguito del rifiuto russo davanti allÊultimatum britannico di ritirare le truppe
russe dai principati (il cui territorio si trova
nellÊodierna Romania e in Moldavia), la
Gran Bretagna e la Francia dichiararono
guerra alla Russia. Nel settembre 1854 quasi
un milione di truppe ottomane, francesi e britanniche sbarcarono in Crimea e lì ebbe inizio lÊassedio della roccaforte russa di
Sebastopoli che durò un anno. Nel Gennaio
1855 il Regno di Sardegna si unì alla coalizione. La coalizione anti-russa subì perdite
sconvolgenti di oltre 300.000 soldati, la maggior parte a causa di malattie. Tra di loro
cÊerano circa 2.000 fanti della Sardegna e del
Piemonte. Le potenze occidentali e gli Ottomani vinsero la guerra contro lÊesercito russo
che perse circa 400.000 soldati, ottennero la
distruzione della Flotta russa del Mar Nero
e della fortezza Sebastopoli, così come la
neutralizzazione militare del Mar Nero. Non
riuscirono comunque a rimuovere la Russia
dalla Crimea. La minaccia dellÊAustria a
unirsi alla coalizione costrinse però il governo russo a ritirare le sue truppe dai principati danubiani. Tutto questo avvenne quasi
160 anni fa, in un ambiente geo-strategico
molto diverso da quello attuale.
Il nuovo conflitto in e per la Crimea si è
sviluppato a partire dal 1991 lungo la linea
permeabile etnica, linguistica e culturale al-
27
Il conflitto in Crimea
lÊinterno di un giovane stato successore
dellÊUnione Sovietica, diverso dalla Federazione Russa. In Ucraina, questa linea ha separato la maggioranza allÊinterno della
nazione titolare, da un lato, e una parte considerevole della minoranza russa di lingua
russa, dallÊaltro. Questa popolazione ÿrussaŸ
ha costituito comunque una forte minoranza
locale o una maggioranza regionale in parti
di tale Stato successore · nellÊUcraina
orientale e meridionale e in Crimea.
Il contesto e lo sviluppo del conflitto
DallÊantichità e fino al 2014 lÊintero territorio della Crimea e le sue parti sono state
governate dai Greci, Bulgari, Sciti, Romani,
Goti, Unni, Cazari, la RusÊ di Kiev, lÊImpero
Bizantino, Venezia, Genova, Kipchaks, Il
Khanato dellÊOrda dÊOro e lÊImpero Ottomano. La Crimea divenne una colonia dellÊimpero russo alla fine del XVIII secolo, a
seguito di vittorie nelle guerre con lÊimpero
ottomano. Dopo il crollo dellÊImpero russo
il nome ufficiale e lo status giuridico della
penisola sono cambiati molte volte. Nel mese
di ottobre 1921 la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Crimea, fu proclamata
come unità della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa). Nel 1922,
la Crimea venne incorporata allÊUnione Sovietica e rimase allÊinterno dellÊUnione Sovietica fino al suo scioglimento nel dicembre
1991. Nel febbraio 1954, il Presidium del Soviet Supremo dellÊUnione Sovietica emise un
decreto che trasferiva la Crimea dalla RSFSR
alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.
Il trasferimento della Crimea allÊUcraina era
illegale anche in termini sovietici, incostitu-
28
zionale e chiaramente illegittimo. Il successivo cambio di status di Crimea si verificò
durante il processo di dissoluzione dellÊUnione Sovietica nel 1990-1991. Dopo un
referendum completamente ucraino nel mese
di febbraio 1991, la Crimea è stato riqualificata (di nuovo) allo status di una repubblica
autonoma, questa volta allÊinterno dellÊUcraina.
Dal momento della frammentazione
dellÊUnione Sovietica, le tensioni politiche
tra i due stati confinanti · Ucraina e Russia
sono continuate su molte questioni. Tra queste anche quelli riguardanti lo status della
Crimea, la divisione della Flotta Sovietica del
Mar Nero tra i due stati, i diritti sulle basi
della Flotta Russa del Mar Nero a Sebastopoli, lÊutilizzo russo di strutture militari in
Crimea, il numero e status del personale militare russo sul territorio ucraino, ecc.. Dal
1991 Mosca ha clandestinamente sostenuto
e controllato le azioni dei separatisti russi in
Crimea e ha anche mantenuto un contingente
civile considerevole della FSB (Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa)
e di agenti dellÊintelligence militare (GRU).
I piani di emergenza russi per lÊannessione
della Crimea sono stati probabilmente redatti
e regolarmente aggiornati da almeno, due decenni. La decisione di annettere la Crimea al
momento opportuno è stata probabilmente
presa nel 2008, subito dopo che la NATO al
Summit di Bucarest promise allÊUcraina (e
alla Georgia) la loro futura appartenenza
allÊAlleanza. I piani operativi per lÊinvasione
sono stati probabilmente temporaneamente
rinviati dopo che Victor Yanukovich è stato
eletto presidente dellÊUcraina. La penetrazione in alti uffici governativi da parte di cittadini Russi, la crescente dipendenza
Rivista Marittima Ottobre 2014
Il conflitto in Crimea
finanziaria dellÊUcraina nei confronti della
Russia e una maggiore integrazione dei due
complessi militari-industriali hanno probabilmente ridotto lÊurgenza dellÊannessione.
La situazione è cambiata bruscamente il
22 Febbraio 2014, quando il presidente Victor Yanukovich e un gruppo di alti funzionari
ucraini, strettamente connessi ai servizi di sicurezza russi sono fuggiti inaspettatamente
dallÊUcraina, presumibilmente perché temevano per la loro stessa vita. Il vuoto di potere
temporaneo e la confusione generale a Kiev
hanno offerto al Cremlino lÊoccasione ideale
per mettere in atto la versione più recente dei
piani di contingenza militare per lÊannessione Crimea. Questi piani sono stati eseguiti
molto bene e professionalmente dal punto di
vista militare, meno dal punto di vista politico. Messe in azione il 28 febbraio 2014, le
forze russe, assistite da milizie armate di
ÿauto-difesaŸ si sono impadronite rapidamente dellÊimportante punto strategico dellÊIstmo di Perekop, hanno bloccato o tagliato
i collegamenti terrestri, marittimi e aerei
della Crimea con il resto dellÊUcraina, si
sono impossessate di tutti i porti e gli aeroporti Crimea, di tutte le stazioni radio e TV,
hanno bloccato e occupato tutte le installazioni dellÊesercito e della marina ucraina,
hanno illegalmente espropriato praticamente
tutte le loro scorte di armi e munizioni. Essi
hanno inoltre assistito e protetto le azioni illegali da parte dei separatisti di lingua russa
e sono infine riusciti nel separare la Crimea
dallÊUcraina. LÊoperazione di Crimea del
2014 mostra per alcuni aspetti una somiglianza con lÊoccupazione tedesca dellÊAustria (1938) e le occupazioni sovietiche
dellÊUcraina occidentale, Bessarabia, Bucovina Settentrionale (1940) e della Cecoslo-
Rivista Marittima Ottobre 2014
vacchia (1968).
LÊacquisizione militare della Crimea era
ovviamente ben preparata, provata in anticipo ed è stata eseguita professionalmente.
Per questa operazione sono stati riuniti circa
2.000 soldati di fanteria navale (Marines), di
stanza a Sebastopoli e nelle sue vicinanze,
circa settemila truppe speciali portate in Crimea ai primi di Marzo per lo più per via
aerea, nonché circa 15.000 soldati trasportati
per mezzo di traghetti a Kerch attraverso lo
stretto. Queste unità supplementari provenivano principalmente dal distretto militare
meridionale russo. Al tempo dellÊoccupazione la sede operativa russa, che si trova
probabilmente a Rostov, aveva a sua disposizione in Crimea circa 30.000 truppe (1). Le
forze che hanno preso parte allÊoperazione di
Crimea erano molto meglio organizzate, addestrate e armate delle unità russe impegnate
nella guerra con la Georgia nel 2008. Questa
volta hanno usato anche una nuova tattica
con unÊenfasi sullÊeconomia degli sforzi. Il
comando russo ha attivamente impegnato
meno di 10.000 truppe dÊassalto, soprattutto
su mezzi blindati ÿBTR-80Ÿ. Gli ÿuomini
verdiŸ mascherati erano un ibrido tra la fanteria regolare e le unità di polizia anti-terrorismo con una catena segreta di comando e
privi di emblemi e mostrine visibili sulla loro
tenuta da combattimento. Tutto questo è stato
chiaramente progettato per nascondere
lÊidentità dello stato della forza dÊinvasione.
Il facile successo di unÊoperazione durata
tre settimane é stato in gran parte facilitato
da tre fattori. I marinai russi erano già legalmente di stanza a Sebastopoli, potevano con
largo anticipo esplorare il campo dÊazione e
hanno agito senza opposizione da parte delle
forze ucraine. Le brevi distanze dai più im-
29
Il conflitto in Crimea
portanti punti strategici della Crimea, tra cui
lÊaeroporto di Simferopoli, ha permesso un
rapido inserimento di truppe aerotrasportate
e lÊacquisizione dei bersagli. In terzo luogo,
gli ordini dati da Kiev al personale militare
ucraino di stanza in Crimea erano di non opporre resistenza e di abbandonare tutte le 190
installazioni militari e tutte le armi. Così,
circa 20.000 militari ucraini hanno capitolato
senza che sia stato sparato un colpo. Inoltre,
la maggior parte di essi ha cambiato orientamento e ha optato di rimanere in Crimea. La
maggior parte della Marina Ucraina é stata
catturata dallÊEsercito Russo senza resistenza. I comandanti ucraini non hanno cercato di salpare con le loro navi e i loro
equipaggi al fine di raggiungere i porti
ucraini del continente. Solo diversi aerei in
servizio nella Marina ucraina sono sfuggiti
alla cattura. Il personale di polizia della Crimea non é riuscito ad agire oppure ha collaborato con le forze speciali russe e i
separatisti Crimei. Anche se le forze armate
russe hanno de facto occupato la Crimea, non
è stato stabilito un regime di occupazione militare. Il diritto internazionale proibisce a una
potenza occupante di creare un altro Stato sul
territorio occupato o di annetterlo.
Il referendum sulla riunificazione della
Crimea con la Federazione Russa è stato frettolosamente annunciato il 27 febbraio 2014,
con un preavviso troppo breve. Il referendum
del 16 marzo 2014 é avvenuto in maniera pacifica e ordinata, ma per diversi importanti
aspetti non é stato conforme a dei buoni standard democratici. Il referendum si è svolto in
Percentuali dei Russi etnici in Ucraina.
30
Rivista Marittima Ottobre 2014
Il conflitto in Crimea
condizioni irregolari di occupazione militare
russa. La presenza nei luoghi pubblici di irregolari russi armati locali, dei cosacchi russi
e anche di serbi ÿcetniciŸ, così come di
ÿomini verdiŸ mascherati, ma indubbiamente
appartenenti alle forze armate russe, ha certamente avuto un effetto intimidatorio sugli
oppositori alla secessione della Crimea. Secondo le autorità della Crimea lÊ81,36%
degli elettori registrati ha partecipato al referendum di Crimea e il 96,77% di loro ha votato per la sua separazione dallÊUcraina e per
il ricongiungimento con la Russia (2). Tuttavia, le cifre ufficiali sulla partecipazione
degli elettori nonché sul tasso dÊapprovazione, non sono potute essere verificate da
osservatori internazionali imparziali e sono
state molto probabilmente gonfiate artificialmente al fine di legittimare lÊincorporazione
della Crimea nella Federazione russa. I rappresentanti dei Tartari di Crimea hanno negato il risultato ufficiale (3) che riflette
presumibilmente la posizione di una maggioranza tra la popolazione indigena della Crimea che si é opposta alla separazione dalla
Ucraina e ha boicottato il referendum. Un
buon numero di Ucraini Crimei sono probabilmente partiti prima del voto, si sono astenuti o hanno votato contro la secessione. Le
autorità ucraine si sono rifiutate di riconoscere la legittimità del referendum e il suo
esito per motivi costituzionali. Questo parere
è stato condiviso dalla Commissione di Venezia del Consiglio dÊEuropa e da un certo
numero di Stati membri dellÊUE e della
NATO.
Nonostante le numerose carenze del referendum, sembra ragionevole supporre che la
maggioranza di lingua russa tra la popolazione della Crimea ha favorito la secessione
Rivista Marittima Ottobre 2014
della Crimea dallÊUcraina e il suo ricongiungimento alla Russia. La loro decisione probabilmente ha riflesso lÊinsoddisfazione
profonda verso lo stato degli affari economici
e politici in Ucraina, lÊincompetenza diffusa
e la corruzione dilagante a Kiev e anche in
Ucraina orientale. Sotto questi aspetti, i sentimenti dei russofoni in Crimea in gran parte
coincidevano con i sentimenti di molti
ucraini, e anche dei manifestanti di piazza
Maidan. Il disegno di legge, frettolosamente
approvato dal parlamento ucraino per abolire
lo status ufficiale della lingua russa è stato
anche appropriatamente utilizzato dalla propaganda dei mass media russi per spaventare
tutti i russofoni in Ucraina (la legge è stata
bloccata dal veto del presidente ad interim e
non é mai entrata in vigore). A quanto pare,
la maggior parte dei Russi in Crimea non voleva più essere una minoranza nazionale in
Ucraina, costretta a imparare e usare unÊaltra
lingua ufficiale. Inoltre, ai Russi in Crimea
era stato promesso dai separatisti, e infatti se
lo aspettavano, un miglioramento tangibile
del loro tenore di vita, tra cui, salari almeno
due volte superiori ai salari e alle prestazioni
pensionistiche russe, ecc.. Questi fattori aiutano a spiegare in larga misura il successo
politico di annessione della Crimea.
Il 17 marzo 2014 la Crimea ha dichiarato
la sua indipendenza e ha chiesto alla Federazione Russa di farne parte. Il Consiglio
comunale di Sebastopoli ha chiesto lÊannessione separata del porto come una città federale. Il 18 marzo 2014 é stato firmato a
Mosca un trattato sullÊannessione della Crimea e Sebastopoli. In soli cinque giorni la
ÿlegge costituzionale sullÊannessione alla
Federazione Russa della Repubblica di Crimea e lÊistituzione allÊinterno della Federa-
31
Il conflitto in Crimea
zione Russa delle nuove Entità Costituenti
della Repubblica di Crimea e della Città di
importanza federale, SebastopoliŸ è stata rapidamente velocizzata attraverso lÊAssemblea Federale Russa, firmata dal Presidente
russo ed è entrata in vigore.
Tre attori nel conflitto di Crimea
Le entità coinvolte nel conflitto di Crimea
sono tre: la Repubblica dÊUcraina, la Federazione Russa e la Repubblica Autonoma di
Crimea. Il coinvolgimento di ciascuna di esse
è molto diverso lÊuno dallÊaltro, sia dal punto
di vista della legalità che della legittimità.
LÊUcraina é stata decisamente una vittima
di unÊaggressione esterna poiché parte del
suo territorio di stato riconosciuto a livello
internazionale è stata occupato dalle forze armate di uno Stato vicino e successivamente
é stata annesso da questÊultimo. Il governo
ad interim ucraino ha tuttavia deciso di non
utilizzare lÊesercito, la polizia e i servizi di
sicurezza dello stato ucraino per impedire la
violazione dellÊintegrità territoriale dellÊUcraina e la separazione della Crimea. Il 19
marzo 2014 ha iniziato il ritiro del suo personale dalla Crimea. La decisione dellÊUcraina di non fare resistenza
allÊoccupazione, di ritirare il proprio personale e protestare solo verbalmente e diplomaticamente é ha avuto come risultato la resa
sotto costrizione della Crimea alla Federazione Russa.
La seconda entità è stata la Federazione
Russa. Il 1o marzo 2014 il Consiglio della Federazione dellÊAssemblea Federale della Federazione Russa ha approvato allÊunanimità
la richiesta del presidente Vladimir Putin per
32
consentire la mobilitazione di un ÿcontingente militare limitatoŸ di forze armate russe
sul territorio dellÊUcraina. Questo atto è stato
considerato come una chiara violazione
dellÊart. 2 [4] della Carta delle Nazioni Unite,
in cui si afferma che ÿtutti i membri si astengono ... dalla minaccia o dallÊuso della forza
contro lÊintegrità territoriale ... di qualsiasi
statoŸ. Ha anche violato la ÿDichiarazione
sui Principi di Diritto InternazionaleŸ (1970),
adottata dallÊAssemblea Generale delle Nazioni Unite che ha dichiarato illegale qualsiasi acquisizione territoriale derivante da
una minaccia o dallÊuso della forza. Lo stesso
vale per i Principi 1-5 della Atto Finale di
Helsinki · CSCE (1975), per il ÿTrattato di
amicizia e cooperazione tra la Federazione
Russa e lÊUcrainaŸ (1997), nonché per una
serie di altri trattati bilaterali e multilaterali
inter-statali e gli accordi che affermavano e
garantivano la sovranità e lÊintegrità territoriale dellÊUcraina.
Il presidente Vladimir Putin e la propaganda ufficiale russa hanno utilizzato il diritto
del
popolo
di
Crimea
allÊautodeterminazione in forma di secessione come argomento principale per giustificare e legittimare lÊannessione. ˚ stata
menzionata anche la rivendicazione storica
della Russia sulla Crimea. La Russia conquistò Crimea e de facto lÊha posseduta molto
più a lungo dellÊUcraina (per circa 168 anni
contro i 60 anni dellÊUcraina). Inoltre é stato
detto che la riunificazione nel 2014 annullava
lÊincostituzionale e ingiusta separazione della
Crimea dalla Russia di 60 anni prima ed è
stata ottenuta con sole poche vittime conosciute.
LÊannessione della Crimea ha aumentato,
in un una misura minima, il territorio, la po-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Il conflitto in Crimea
polazione, le acque territoriali, i minerali e
altre risorse naturali della Federazione Russa.
Ha permesso di aumentare le capacità militari russe con lÊappropriazione della maggior
parte della Flotta Ucraina del Mar Nero, circa
190 installazioni militari ucraine, le scorte di
armi, munizioni e altre attrezzature. Successivamente, tramite il trasferimento in Crimea
di ulteriori bombardieri strategici ÿTU-22
M3Ÿ, di missili, di armatura pesante, di
truppe aerotrasportate e migliorando le infrastrutture militari nella penisola, le forze armate russe hanno sensibilmente aumentato le
loro capacità di proiezione di potenza. LÊaggiunta di due navi da assalto anfibio classe
ÿMistralŸ, Vladivostok e Sebastopoli, attualmente in costruzione in Francia, se consegnate, rafforzerebbe ulteriormente la
presenza militare russa nel Mediterraneo, già
da tempo uno degli obiettivi strategici della
Russia.
La terza entità è stata la Crimea e Sebastopoli. Nel quadro dellÊordine costituzionale e
legale ucraino, lo svolgimento del referendum il 16 marzo 2014 e la dichiarazione di
secessione sono stati chiaramente illegali e
incostituzionali. La Costituzione dellÊUcraina allÊarticolo 73 prescrive: ÿLe modifiche al territorio dellÊUcraina devono
essere risolte esclusivamente da un referendum completamente ucrainoŸ. Tuttavia la
maggior parte delle dichiarazioni di indipendenza sono state incostituzionali, compresa
la dichiarazione degli Stati Uniti dÊAmerica
nel 1776 fino ad arrivare alla dichiarazione
del Kosovo nel 2008. La Corte Internazionale
di Giustizia nel suo giudizio emesso nel luglio 2013, ha comunque concluso che la dichiarazione del Kosovo non ha violato le
norme del diritto pubblico internazionale. Il
Rivista Marittima Ottobre 2014
presidente Vladimir Putin e i leader dei separatisti russi in Crimea e Ucraina orientale
hanno utilizzato lÊesempio del Kosovo per
giustificare le loro azioni. Ci sono infatti diverse somiglianze tra i casi del Kosovo e
della Crimea. I funzionari e la propaganda
russa hanno tuttavia costantemente omesso
le differenze molto importanti. Anche se non
cÊera bisogno, a differenza del Kosovo, di applicare per motivi umanitari la ÿresponsabilità di proteggereŸ la maggioranza della
popolazione della Repubblica Autonoma di
Crimea, tuttavia, ha sostenuto e, con un decisivo supporto esterno, come in Kosovo, ha
realizzato il suo diritto allÊautodeterminazione. Se aveva lÊautorità a esercitare questo
diritto è una opinione discutibile dal punto di
vista legale (4). I fatti dicono che questo diritto è stato completamente negato da parte
delle autorità comuniste sovietiche nel 1954
e trascurato dai leader Russi e ucraini nel
1991. Inoltre, la maggioranza di lingua russa
in Crimea ha relativamente manifestato in
modo pacifico ed esercitato questo diritto in
conformità con il principio 8 dellÊAtto finale
di Helsinki. Le due considerevoli comunità
minoritarie (gli Ucraini e i Tartari) hanno apparentemente acconsentito a questo desiderio
della maggioranza di lingua russa. Questi
fatti conferiscono una misura di legittimità
alla secessione della Crimea e alla sua riunificazione con la Federazione Russa.
La crisi di Crimea
e la comunità internazionale
Il conflitto di Crimea e Sebastopoli si è sviluppato in un contesto internazionale che, a
parte i due stati direttamente coinvolti, com-
33
Il conflitto in Crimea
prendeva anche altri attori importanti, quali
lÊUnione Europea, la NATO, lÊOSCE,
lÊONU, gli Stati Uniti dÊAmerica, la Germania, la Francia, la Polonia e altri. La leadership russa si é opposta apertamente per molti
anni, allÊintegrazione economica e quindi
anche politica dellÊUcraina in occidente e si
é opposta in modo particolarmente deciso
alla sua adesione alla NATO. Questa posizione russa è risaputa, ma é stata in gran
parte ignorata dai leader occidentali che
hanno insistito sul diritto legale di ogni Stato
Europeo di decidere liberamente sulla sua associazione con altri stati, anche per quanto
riguarda lÊadesione sia allÊUE che alla
NATO. Gli alti rappresentanti dellÊUnione
Sovietica e del suo successore giuridico, la
Federazione Russa, hanno ufficialmente riconosciuto questo diritto di tutti gli Stati europei in diversi documenti, tra cui la ÿCarta
di Parigi per una nuova EuropaŸ (1990). Tuttavia, in pratica, lÊattuazione di questo
astratto diritto legale dipende ed é condizionata da una serie di vincoli politici interni e
da più ampi vincoli geopolitici.
Nel suo discorso durante la sessione congiunta delle due camere del parlamento russo
il 18 marzo 2014, il presidente Vladimir
Putin ha chiaramente affermato la base logica
geopolitica dietro lÊannessione della Crimea.
LÊannessione ha impedito lÊipotizzabile inclusione della Crimea nella zona nord del
Patto Atlantico. Le azioni russe nel 2014 relative allÊUcraina e alla Crimea erano quindi
in gran parte, se non principalmente, condizionate, da una reazione aggressiva allÊampliamento per la seconda volta dellÊEU e
della NATO nello spazio ex sovietico. LÊannessione diretta della Crimea é stata una considerevole e critica conseguenza della
34
decisione da parte del governo degli Stati
Uniti sotto George W. Bush di offrire allÊUcraina (e alla Georgia) lÊadesione alla
NATO. Gli altri membri dellÊAlleanza hanno
ceduto poi alla ÿpersuasione amichevoleŸ
americana e hanno deciso di includere la promessa di adesione nelle conclusioni del vertice di Bucarest del 2008. Questa promessa
non è stata preceduta da un attento esame
della sua sicurezza a medio e lungo termine
e delle sue conseguenze politiche e delle capacità dellÊAlleanza di sopportare il loro
peso. Una ÿstrategia fuorvianteŸ da parte
degli Stati Uniti e della NATO è stata in gran
parte responsabile della crisi e della parziale
disintegrazione dellÊUcraina (5). Anche se la
promessa non comportava la garanzia dellÊArt. 5, moralmente implicava che gli stati a
cui era stato promesso di diventare membri
non sarebbero stati lasciati soli senza protezione qualora la loro integrità territoriale e
sovranità fosse stata gravemente violata. Eppure lÊUcraina nel 2014 (e in precedenza la
Georgia nel 2008) sono stati in realtà puniti
facilmente e in modo efficace dalla Federazione Russa, mentre la NATO é rimasta fondamentalmente a guardare. LÊazione di
Vladimir Putin in Crimea potrebbe essere
inoltre interpretata come una rifiuto allÊequilibrio di potere creatosi nellÊarea euro-atlantica dopo lo scioglimento del Patto di
Varsavia e la disgregazione dellÊUnione Sovietica e come una richiesta di una ridefinizione delle ÿzone di interesseŸ legittime, in
Europa. Potrebbe infine anche essere vista
come un severo avvertimento alle altre repubbliche ex sovietiche a comportarsi bene,
per esempio, al Kazakistan e allÊAzerbaijan.
LÊoccupazione e lÊannessione della Crimea ha provocato unÊintensa reazione nella
Rivista Marittima Ottobre 2014
Il conflitto in Crimea
comunità internazionale. Questa reazione si
é manifestata sotto forma di proteste diplomatiche, dichiarazioni e risoluzioni approvate dalle organizzazioni internazionali. Il
27 marzo 2014 lÊAssemblea Generale delle
Nazioni Unite ha adottato una risoluzione
sulla integrità territoriale dellÊUcraina. La
risoluzione ha condannato lÊannessione
della Crimea, ha dichiarato il referendum
ÿnon validoŸ e ha fatto appello alla comunità internazionale a non riconoscere i cambiamenti nello stato della Crimea. Una
maggioranza di 100 voti dei membri delle
Nazioni Unite ha sostenuto la risoluzione e
11 hanno votato contro. Il voto ha mostrato
alla Federazione Russa un notevole isolamento diplomatico. LÊazione della Russia è
stata condannata in modo esplicito da un
gran numero di membri dellÊUE e della
NATO, compresi quelli dellÊEuropa dellÊEst. Questa condanna é stata condivisa
anche da molti paesi non-allineati che per
una questione di principio si oppongono a
qualsiasi violazione dellÊintegrità territoriale degli stati membri. Il 1o Aprile 2014, i
ministri degli esteri degli stati membri della
NATO hanno condannato lÊannessione della
Crimea e lÊhanno qualificata come illegale
e illegittima. Essi hanno inoltre approvato
una serie di misure che incidono negativamente sulle relazioni della NATO con la Federazione russa. Il 5 settembre 2014 il
vertice della NATO in Galles, in modo del
tutto irrealistico, ha invitato la Federazione
russa a ÿribaltareŸ lÊannessione della Crimea. Gli Stati Uniti e successivamente
lÊUnione Europea hanno aggiunto alcune
sanzioni economiche e politiche mirate.
Il conflitto della Crimea e il relativo conflitto e la violenza armata in Ucraina Orien-
Rivista Marittima Ottobre 2014
tale hanno sollevato i timori di una possibile
guerra calda tra lÊUcraina e la Federazione
Russa. LÊabbattimento, probabilmente da
parte dei ribelli russi, del volo Malaysia Airlines 017, il 17 luglio 2014, che ha causato
quasi trecento vittime civili innocenti ha
acuito ulteriormente il confronto politico tra
Unione Europea, Stati Uniti e la NATO, da
una parte, e la Federazione Russa, dallÊaltra.
Il confronto ha peggiorato il clima politico
generale nella zona euro-atlantica. Alcuni
aspetti del confronto e delle sanzioni occidentali hanno una somiglianza con il periodo
della ÿguerra freddaŸ. Il conflitto sulla Crimea e le sue ulteriori ramificazioni hanno
avuto una serie di altri effetti negativi internazionali. La violazione sostanziale da parte
della Federazione Russa dei suoi obblighi
verso lÊUcraina nel quadro del Memorandum
di Budapest (1994) ha certamente indebolito
il regime di non proliferazione nucleare. Il
conflitto ha anche portato a termine i colloqui
tra gli Stati Uniti e la Russia sulla difesa antibalistica e su altre questioni strategiche,
anche se questi colloqui erano già problematici. Il mancato rispetto da parte della Russia
dei suoi obblighi di notifica e di osservazione
internazionale dei grandi movimenti di
truppe nelle zone di confine ha danneggiato
il sistema di fiducia e di misure di sicurezza
(CSBM) nellÊambito del documento di
Vienna dellÊOSCE (1990, 1994). Il conflitto
di Crimea ha accentuato il senso di insicurezza negli stati confinanti con la Federazione Russa, in particolare quelli che hanno
allÊinterno dei loro confini minoranze russe.
Questi stati sono molto preoccupati per la
possibile rinascita del neo-imperialismo
russo, mentre le ex repubbliche sovietiche
sono preoccupate per una possibile, nuova
35
Il conflitto in Crimea
versione più severa della dottrina di L. Breznev di ÿsovranità limitataŸ. LÊaffare ÿCrimeaŸ ha probabilmente ridotto la possibilità
di ridimensionamento di diversi conflitti
ÿcongelatiŸ nella periferia ex-sovietica, per
esempio, in Transdnistria.
LÊapplicazione delle sanzioni dellÊUnione Europea e degli Stati Uniti ha sollevato la questione delle loro conseguenze
e della loro efficacia. Il divieto di esportazioni militari assume certamente unÊimportanza discutibile a causa della quasi
autosufficienza, per quanto riguarda le armi,
della Federazione Russa · che é il secondo
paese esportatore di armi in tutto il mondo.
Tale divieto si applica solo ai nuovi contratti. ˚ chiaro che nessun tipo e nessun livello di sanzioni internazionali riporteranno
mai la Crimea in Ucraina. In questo caso
particolare, lÊapplicazione di sanzioni economiche da parte dellÊUnione Europea è
inutile, irrazionale e reciprocamente dannosa. Inoltre, le sanzioni spesso forniscono
risultati contrari a quelli previsti. ˚ molto
probabile, che la guerra delle sanzioni con
la Federazione Russa rafforzerà gli elementi
autocratici del regime di Vladimir Putin e
rallenterà o fermerà le riforme politiche ed
economiche in Russia che sono favorite dallÊOccidente. Le sanzioni occidentali non
hanno avuto alcun effetto educativo e deterrente, ma in gran parte sono servite a scopi
politici e di pubbliche relazioni in Occidente, nelle sedi internazionali e in Europa
orientale. Le sanzioni occidentali non hanno
avuto alcun impatto percepibile sugli sviluppi nellÊUcraina Orientale. LÊassenza, finora, di un intervento militare diretto e
massiccio da parte dellÊesercito russo potrebbe essere difficilmente attribuito a tali
36
sanzioni. Lo scenario della Crimea non era
comunque ripetibile a causa del numero
molto più elevato di popolazione di etnia
ucraina nellÊUcraina orientale rispetto che
in Crimea. UnÊinvasione russa aperta e imponente potrebbe causare una guerra aperta
tra Russia e Ucraina, con conseguenze catastrofiche. Sebbene rapidamente vittoriose
sul campo di battaglia, le forze russe dovrebbero affrontare per molti anni la prospettiva di attuare una sanguinosa
anti-guerriglia simile a quella in Ucraina
Occidentale nel 1945-1949. I costi umani,
politici ed economici di una massiccia invasione e di una prolungata occupazione
dellÊUcraina Orientale sarebbero per la Russia di gran lunga superiori agli eventuali
guadagni.
La Crimea copre 26.200 chilometri quadrati e aveva nel 2007 circa 2,3 milioni di
abitanti. In termini di territorio e/o popolazione la Crimea è quindi più grande di ciascuno dei cinque più piccoli stati membri
dellÊUnione Europea (Lussemburgo, Estonia,
Slovenia, Cipro e Malta), per non parlare dei
cinque mini-stati riconosciuti a livello internazionale (Liechtenstein, Monaco, San Marino, Santa Sede-Vaticano, Andorra). La
Repubblica di Crimea e la città federale di
Sebastopoli sono oggi de facto parti della Federazione Russa e costituiscono il Distretto
Federale di Crimea e la parte meridionale del
Distretto Militare della Russia. LÊ11 aprile
2014, una nuova Costituzione è stata adottata
dalla Repubblica di Crimea. La maggior
parte della Comunità Internazionale, tuttavia
non riconosce lÊannessione da parte della Federazione Russa e considera la Repubblica
Autonoma di Crimea come ancora appartenente allÊUcraina. Il 15 aprile 2014, il Parla-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Il conflitto in Crimea
mento Ucraino ha dichiarato la Crimea e Sebastopoli ÿterritori occupatiŸ. Il distacco politico e giuridico tra lÊUcraina e la
Federazione Russa continuerà indubbiamente a creare nel futuro un ulteriore frozen
conflict in Europa.
n
NOTE
(1) Adomeit Hannes (2014), p. 7.
(2) La percentuale dei ÿsiŸ in Crimea è stata nel 2014 di circa tre punti più bassa dei risultati ufficiali del plebiscito
austriaco sullÊAnschlüss nel 1938.
(3) http://ru.krymr.org/content/article/25309070.html.
(4) William W. Burke – ÿWhite. Crimea and the International Legal OrderŸ, Survival, vol. 56, no. 4, AugustSeptember 2014, pp. 65-80.
(5) John J. Mearsheimer, ÿWhy the Ukraine Crisis is the West's FaultŸ, Foreign Affairs, September-October,
2014, URL: http://www.foreignaffairs.com/articles/141769/john-j-mearsheimer/why-the-ukraine-crisis-is-thewests-fault (12.09.2014)
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Rivista Marittima Ottobre 2014
37
PRIMO PIANO
EGEMONIA AMERICANA E IL MARE
Nel XX secolo gli Stati Uniti hanno esercitato sui mari
la stessa funzione svolta dalla Gran Bretagna nel XIX secolo
e la loro supremazia rimane tuttÊoggi
MASSIMO IACOPI (*)
Q
uando il geografo greco Strabone ha inventato, qualche anno prima della nostra era, il termine di Thalassokrator per
designare lÊuomo e la potenza che esercita il
dominio dei mari, egli, indubbiamente, non
immaginava fino a che punto un paese potesse
identificarsi con questo termine ben 20 secoli
più tardi. La supremazia militare degli Stati
Uniti risulta oggi evidente in tutti i settori ·
il loro bilancio della difesa rappresenta circa
il 40% delle spese militari mondiali ufficiali,
ma il loro esercito non è il più importante al
mondo. Per contro, il tonnellaggio della loro
marina uguaglia praticamente le sei altre marine più potenti: Russia, Cina, Giappone,
Regno Unito, Francia e India. Nel 19o secolo,
la marina britannica, quando il suo dominio
dei mari era incontestabile, si era fissata, come
regola generale, quella di avere sempre tonnellaggio uguale o maggiore delle altre due
flotte mondiali (two-standard power).
La costruzione della potenza navale americana ha avuto inizio alla fine del 19° secolo;
essa non è altro, per i fautori del manifest destiny (1), che la prosecuzione ÿnaturaleŸ
verso il Pacifico, del dominio già ottenuto
sullÊisola continentale dopo la conquista
dellÊOvest. Gli anni 1890 sono segnati da una
spinta espansionistica che porta gli Americani a rovesciare la monarchia alle Hawaii e
a crearvi una repubblica (1893), poi annessa
agli Stati Uniti nel 1898. QuestÊanno sarà
anche quello della guerra contro la Spagna
(la Splendid little war del segretario di stato
John Hay (1838-1905)), che si conclude con
il passaggio di Cuba, Puerto Rico e delle Filippine nellÊorbita dellÊinfluenza americana.
Questo evento, inoltre, corona e sospinge ancora di più lo sforzo negli armamenti navali,
ispirati dalle analisi dellÊammiraglio Alfred
Thayer Mahan (1840-1914). Nel 1914, la
flotta americana è già la terza del mondo e
gli ÿAccordi di WashingtonŸ sul disarmo navale (1921-22) la portano al 1o rango, a parità
con la flotta britannica.
La 2a Guerra Mondiale, durante la quale gli
Stati Uniti realizzano un incredibile sforzo industriale per sostenere non solo le loro forze,
ma anche quelle degli Alleati, non farà che
cosolidare la loro supremazia navale: nel
(*) Generale dellÊEsercito Italiano in riserva. Laureato in Scienze Strategiche e specializzato in Geopolitica,
socio di numerosi sodalizi tra i quali lÊIstituto di Storia nautica portoghese e Reggente di un sistema premiale riconosciuto dal Ministero della Difesa. Autore di pubblicazioni a carattere Storico Militare e di numerosi articoli
di stampa su argomenti di carattere vario, pubblicati su periodici a livello nazionale e su giornali e periodici a livello regionale. Insignito del Premio Giornalistico Internazionale INARS Ciociaria, sezione scrittori nel 2007,
collabora con la Rivista Marittima dal 2008.
38
Rivista Marittima Ottobre 2014
Egemonia americana e il mare
1945, lÊUS Navy allinea circa un centinaio di
portaerei (fra le quali molte portaerei di
scorta) e rappresenta il 70% del tonnellaggio
di tutte le flotte da guerra del mondo. La visione strategica americana, prosecuzione di
quella del Regno Unito, viene confermata: le
potenze marittime, se sono capaci di mantenere i loro collegamenti e i loro rifornimenti
vitali, risultano inevitabilmente i vincitori in
un conflitto a lungo termine contro le potenze
terrestri, in quanto esse sono in condizioni di
assumere lÊiniziativa tattica, applicandola ai
punti deboli del nemico e di sostenere uno
sforzo industriale più a lungo, asfissiando, più
o meno rapidamente, quello del nemico. Più
che il conflitto contro la Germania, è quello
col Giappone che conferma meglio questa interpretazione. I Nipponici hanno, in effetti,
agito da potenza terrestre e non sono stati in
misura di approfittare durevolmente delle loro
conquiste in Asia, proprio a causa della minaccia che i sottomarini americani facevano
pesare sulle loro comunicazioni.
La 2a Guerra Mondiale ha evidenziato,
inoltre, che sbarchi massicci nel contesto di
operazioni combinate fra le tre forze armate
(terra, aria e mare) avevano ormai delle serie
possibilità di successo, evento che si verifica
negli sbarchi nellÊAfrica del Nord, in Italia e
in Normandia, come poi anche a Inchon, in
Corea, nel 1950. La strategia americana della
Guerra Fredda si colloca pertanto nel solco
delle analisi geopolitiche (2) di John Spykman (1893-1943) (3), che vedeva nello spazio di contatto fra lÊheartland (il cuore
continentale dellÊEurasia, tenuto dallÊUnione
Sovietica) (4) e il mare, la chiave della lotta
fra il ÿpadrone della terraŸ e il Thalassokrator. Questo spazio, battezzato rimland (5) e
corrispondente ai litorali periferici continen-
Rivista Marittima Ottobre 2014
tali, spesso densamente popolati, è stato costantemente controllato dagli Stati Uniti, che
vi hanno praticato una politica di alleanze sistematiche, a volte ribattezzata Pattomania.
Essa ha fornito alla marina americana i punti
dÊappoggio indispensabili al pre-posizionamento delle sue forze e al controllo degli
spazi marittimi, tutto intorno allÊimpero sovietico (con le tre flotte basate fuori dagli
Stati Uniti: la 5a nel Golfo Persico e lÊOceano
Indiano; la 6a nel Mediterraneo e la 7a nel Pacifico occidentale).
La situazione attuale dellÊUS Navy è allo
stesso tributaria dellÊeredità della Guerra
Fredda e dellÊanticipazione dei futuri rapporti
di forze. Gli armamenti navali sono, in effetti,
più ancora degli altri tipi, sottoposti a una
inerzia molto importante: una nave ha una durata di vita di circa 30 anni, ma occorre studiare uno o due decenni per la sua
definizione, la sua concezione e la sua costruzione ed essa subisce almeno una ristrutturazione nel corso della sua vita per attualizzare
i suoi sistemi dÊarma. Le navi che entrano in
servizio oggi sono state, di fatto, concepite,
quando la Guerra Fredda era appena terminata e gli uffici studi, oggi, stanno già studiando le navi del 2030 o del 2040 · con
lÊaggiunta di restrizioni finanziarie che contribuiscono, spesso, a imporre una logica di
breve termine, totalmente contraddittoria con
qualsiasi proiezione sul lungo termine.
Rispetto agli anni 1980, il modello attuale
di una marina di 300 unità navali, che costituisce lÊobiettivo mantenuto per il 2040,
mentre il numero delle unità in servizio è
oggi inferiore, segna una divisione per più di
due del totale della flotta.
Certi tipi di nave sono scomparsi, come
le corazzate e gli incrociatori della classe
39
Egemonia americana e il mare
ÿTiconderogaŸ verranno sostituiti da bastimenti più piccoli, in quanto il costo dellÊincrociatore lancia missili futuro Zumwalt si
è rivelato esorbitante e la sua serie si limiterà a soli tre esemplari (dieci volte di meno
del previsto). Il problema del ÿsalto tecnologicoŸ suscita, da un punto di vista economico, degli interrogativi anche sul
programma Littoral Combat Ship (LCS),
che sono delle navi di grande velocità (4550 nodi, ovvero circa 90 Kmh). La Navy
prevede un cinquantina di unità di questo
tipo, costruite su due modelli, di cui uno con
chiglia a catamarano. Queste piccole fregate, per il loro dislocamento e il loro armamento, molto sperimentali sia nella
concezione, sia nella modularità del loro
equipaggiamento, non sembrano ancora rispondere alle specifiche fissate e risultano
sensibilmente più care di quanto previsto
nel bilancio.
LÊessenziale della flotta americana è dunque costituita dalla sessantina di incrociatori
della classe ÿArleigh BurkeŸ, il cui primo
esemplare è entrato in servizio più di 20 anni
fa e della quale la Navy ha ordinato già più
di 70 esemplari. Questo robusto incrociatore
· capace di trasportare un centinaio di missili di tipo diverso, a seconda della missione
principale affidata (lotta antiaerea, antinave
o anti sommergibile), capace, soprattutto, di
lanciare i missili di crociera ÿTomahawkŸ
che possono colpire obiettivi terrestri a più di
2 mila km ·, presenta attualmente tre versioni e conoscerà una sua seconda giovinezza, a causa delle vicissitudini finanziarie
dei programmi più ambiziosi sul piano tecnologico. Una quarta versione a propulsione
elettrica ne è prevista per il 2030 e probabilmente anche una quinta versione per rim-
40
piazzare le unità della classe ÿTiconderogaŸ,
fatto che porterà il numero totale delle navi
costruite a partire dalla stessa cellula a più di
110 esemplari.
Il carattere industriale di queste costruzioni, ancora più sensibile ove si tenga conto
dei sistemi dÊarma (missili, radars, centrali di
tiro, trasmissioni, ⁄) che sono comuni a più
classi di unità, è, evidentemente, una grande
forza per la marina americana. In effetti, le
altre potenze navali costruiscono navi in piccole serie, se non, addirittura, in un solo
esemplare, eccetto quando esse hanno la possibilità di vendere allÊexport, anche se il totale raramente supera in questi casi le 20-30
per le unità più grandi.
Le navi emblematiche della supremazia
americana restano, beninteso, le capital ship
– navi maggiori (6) · che sono le portaerei,
le navi dÊassalto e i sottomarini nucleari.
LÊUS Navy allinea, ormai 10 portaerei della
classe ÿNimitzŸ, tutte a propulsione nucleare
e capaci di lanciare aerei catapultati, compresi anche gli aerei radars ÿHawkeyeŸ, che
assicurano un ÿprolungamentoŸ al rilevamento elettronico del nemico e quindi un pre
allerta, infinitamente prezioso, tenuto conto
della velocità sempre più crescente della minaccia. Gli Americani sono dÊaltronde i soli
a produrre le catapulte delle portaerei, fatto
che condiziona evidentemente le altre potenze, a eccezione dei loro alleati, a utilizzare
portaerei equipaggiate con aerei a
decollo/appontaggio corto o verticale, come
è il caso della Russia o della Cina.
Gli Stati Uniti, con 10 portaerei, dispongono
di 9 gruppi aeronavali precostituiti (la 10a portaerei corrisponde allÊindisponibilità di lunga
durata cui deve andare incontro una nave da
guerra ogni 8-10 anni circa), di cui 4 sono ope-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Egemonia americana e il mare
rativi a 30 giorni e 2-3 a 3 mesi. Una disponibilità tale da consentire di intervenire massicciamente in qualsiasi situazione di crisi nel
mondo. Una portaerei, è una base aerea equipaggiata di almeno una sessantina di aeronavi,
mobile e quindi difficile da neutralizzare, posizionata in acque internazionali e, pertanto,
senza il rischio dellÊimprovvisa defezione di
un alleato, preoccupato che il suo territorio
possa servire da trampolino per unÊazione contro un altro Stato, più o meno vicino. Nessun
altra marina, se non, per brevi periodi, la Francia o il Brasile (ma con una piattaforma e aerei
vecchi), possiede una tale facilità operativa,
che darebbe una vantaggio probabilmente insormontabile alla US Navy, anche nel caso,
molto improbabile, in cui le sei marine più potenti al mondo si coalizzassero contro di lei.
A questa capacità aeronavale senza pari,
che sarà mantenuta per il futuro attraverso la
sostituzione una a una delle portaerei nucleari attuali e per mezzo dellÊentrata in servizio di una nuova generazione, di cui la
Gerald Ford sarà il 1o esemplare nel 2015, si
aggiunge lÊarsenale dei sottomarini nucleari.
Più che gli SNLM (sottomarini nucleari lanciamissili), eredità della guerra fredda al servizio della strategia di dissuasione e il cui
numero ÿ16Ÿ sarà ridotto di un terzo nella
prossima generazione, sono soprattutto la
cinquantina di sottomarini nucleari dÊassalto
(SNA) che la Navy vuole conservare in futuro, che deve far riflettere. Queste navi possono, in effetti, fare tutto: integrate a una
forza operativa, la proteggono contro minacce sottomarine e assicurano la chiarificazione della situazione (ricognizione); isolate,
esse possono sbarcare a terra e raccogliere
forze speciali e lanciare degli attacchi contro
terra, per mezzo dei loro missili di crociera
Rivista Marittima Ottobre 2014
(alcuni sottomarini nucleari dÊattacco americani e russi sono specializzati per questo tipo
di compito), come lo ha fatto il Florida, agli
inizi dellÊintervento in Libia nel 2011, disarmando e accecando largamente lÊesercito e
lÊaviazione di Muammar al Gaddafi (19422011), con una salva di ben 90 missili ÿTomahawkŸ. Essi possono, infine, attaccare il
traffico marittimo o le flotte nemiche, tanto
più impunemente, in quanto poche marine
hanno oggi la capacità tecnologiche di individuarli e ancor meno di distruggerli.
Infine, le navi dÊassalto (10 porta elicotteri e 10 trasporti di chiatte da sbarco) consentono di far intervenire una forza operativa
di Marines (circa 17 mila uomini) entro il limite temporale di 15 giorni e di assicurare
la sua logistica per almeno 30 giorni, partendo dalle basi di Guam (Pacifico occidentale), Diego Garcia (Oceano Indiano) e
Napoli (Mediterraneo).
La supremazia americana sui mari sembra
pertanto assicurata per ancora numerosi anni.
Gli annunci della Russia in materia navale
non sembrano che possano essere seguiti da
effetti convincenti e le capacità cantieristiche
russe, sia sotto lÊaspetto quantità (forme di
assemblaggio, velocità di realizzazione) e
qualità tecnologica, sembrano lontane dallÊessere allÊaltezza delle promesse del comando navale russo.
Quanto alla Cina, essa ha riscoperto appena da poco la potenza navale: una nave da
guerra cinese è apparsa nel Mediterraneo, per
la prima volta nella storia, nel 2011. La sua
prima portaerei è entrata in servizio appena
un anno fa; occorre decisamente molto più
tempo per il pieno controllo di uno strumento
così complesso e i Cinesi non hanno certamente come obiettivo quello di soppiantare
41
Egemonia americana e il mare
lÊattuale Thalassokrator, ma piuttosto di
poter mettere in scacco e di poter contare
nella loro zona dÊinfluenza primordiale, i
mari della Cina.
n
NOTE
(1) La frase è stata coniata nel 1845 dal giornalista John L. OÊSullivan, allÊepoca influente sostenitore del Partito
Democratico. In un saggio intitolato Annessione, OÊSullivan incitava gli Stati Uniti ad annettersi la Repubblica
del Texas, non solo perché il Texas lo voleva, ma perché era ÿdestino manifesto dellÊAmerica di diffondersi sul
continenteŸ. Il giornalista si ripete anche per la successiva questione dellÊOregon del dicembre 1845. OÊSullivan
credeva che Dio (la Divina Provvidenza) avesse dato agli Stati Uniti una missione per diffondere la democrazia
repubblicana (il grande esperimento di libertà) in tutto il Nord America. Poiché il Regno Unito non voleva usare
lÊOregon allo scopo di diffondere la democrazia, pensava OÊSullivan, le rivendicazioni britanniche su quel territorio potevano essere ignorate. Egli credeva che il destino manifesto fosse un ideale morale (una ÿlegge supremaŸ)
che sostituiva ogni altra considerazione, comprese le leggi e gli accordi internazionali;
(2) Una possibile definizione generale della Geopolitica potrebbe essere quella dello ÿStudio delle interazioni e
del rapporto di forze in un dato spazioŸ. Le forze da considerare non sono solo gli Stati, ma anche i popoli, che
non si confondono completamente con essi, le religioni, le imprese nazionali e multinazionali, i gruppi sociali,
le mafie, le organizzazioni caritatevoli, ecc.. Tutte queste forze cercano di appropriarsi dello spazio per costruire
aree di influenza e per organizzarle secondo i loro valori e i loro interessi. ˚ evidente che parlare di geopolitica
significa parlare dei fatti attuali, mettendo in evidenza gli elementi in gioco, le loro alleanze, i loro scontri, ivi
comprese le guerre economiche, religiose e persino criminali. In ogni caso, dietro la schiuma o il noise degli
eventi, la geopolitica deve evidenziare le forze allÊopera, tanto più che esse cercano spesso di dissimularsi, di
nascondersi o di vestire i loro calcoli con grandi principi. Alle volte, però, accade tutto il contrario, queste stesse
forze si mettono in evidenza, mostrano la loro potenza al fine di impressionare o di intimidire i loro rivali. In entrambi i casi, occorre individuarle e evidenziarle. Al giorno dÊoggi, la analisi geopolitica deve sostituire quella
odierna, ÿmolto in augeŸ, dellÊera dei sospetti e, soprattutto, deve cercare di smascherare la cosiddetta politica
della compassione, vale a dire la politica guidata dai buoni sentimenti, poiché molto spesso, proprio dietro dichiarazioni solenni di moralizzatori, i vari interessi in gioco muovono freddamente le loro pedine. Per fare questo
la geopolitica deve tendere alla Real-politik, diffidando, in particolare, delle idee preconcette e delle mode intellettuali del momento. Per arrivare a tale scopo la geopolitica ha bisogno della Geografia, della Cartografia, ma,
anche e soprattutto, della Storia. Se si guarda lontano nel passato, i dettagli svaniscono, emergono le linee di tendenza forti e appaiono le strutture, mentre, allo stesso tempo, il paesaggio si semplifica e si chiarifica, proprio
come quando ci si allontana per apprezzare meglio un quadro di van Gogh;
(3) La sua rivisitazione del pensiero di Halford Mackinder lo ha portato a riformulare la geopolitica, sottolineando
lÊimportanza del Rimland (la fascia costiera della massa eurasiatica) rispetto allÊHeartland (il ÿcuore della terraŸ,
cioè le pianure centroasiatiche) nella visione geostrategica del mondo. Per queste teorie è considerato il padre
della ÿpolitica di contenimentoŸ attuata dagli Stati Uniti nei confronti dellÊex Unione Sovietica;
(4) Heartland o Heartlands (letteralmente: il ÿCuore della TerraŸ) è un nome che venne dato alla zona centrale
del continente Eurasia, corrispondente allÊincirca alla Russia e alle province limitrofe, da Sir Halford Mackinder,
il geografo inglese autore di Democratic Ideals and Reality; la teoria delle Heartlands venne sottoposta alla Royal
Geographical Society nel 1904. LÊHeartland era descritto da Mackinder come il territorio delimitato a ovest dal
Volga, a est dal Fiume Azzurro, a nord dallÊArtico e a sud dalle cime più occidentali dellÊHimalaya. AllÊepoca,
tale zona era quasi interamente controllata dallÊImpero Russo. Per Mackinder, che basava la sua teoria geopolitica
sulla contrapposizione tra mare e terra, Heartland era il ÿcuoreŸ pulsante di tutte le civiltà di terra, in quanto logisticamente inavvicinabile da qualunque talassocrazia. Da qui la frase che riassume lÊintera concezione geopolitica di Mackinder: ÿChi controlla lÊEst Europa comanda lÊHeartland: chi controlla lÊHeartland comanda
lÊIsola-Mondo: chi controlla lÊIsola-Mondo comanda il mondoŸ.
(5) Il Rimland è la fascia marittima e costiera che circonda lÊEurasia, essa si divide in 3 zone: Zona della costa
europea; Zona del Medio Oriente; Zona asiatica. Spykman si focalizza, appunto, sul Rimland, considerandolo
come punto strategico di massima importanza. Il Rimland si caratterizza per la presenza di paesi ricchi, tecnologicamente avanzati, con grande disponibilità di risorse e facile accesso ai mari. La sua dimensione allo stesso
tempo marittima e terrestre la rende attaccabile da entrambi i fronti. DÊaltra parte questa sua duplice natura fa sì
che rappresenti una possibile zona di mediazione tra le due potenze mondiali: Stati Uniti e Russia. La maggiore
minaccia, dal punto di vista geopolitico, sta proprio nellÊunione tra Heartland e Rimland sotto uno stesso potere.
LÊunificazione di questÊarea porterebbe a un blocco dei commerci, causato dallÊautosufficienza dallÊÿisola
mondoŸ. Spykman John Nicolas, AmericaÊs Strategy in World Politics: The United States and the Balance of
Power, 1942.
(6) Le capital ships di una marina sono le sue più importanti navi da battaglia; esse posseggono generalmente la
maggiore potenza di fuoco e di protezione e sono tradizionalmente più grandi delle altre unità navali. Una capital
ship é normalmente una nave guida o la nave principale di una flotta.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
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PRIMO PIANO
ROCKALL: LÊISOLOTTO CHE DIVIDE
BEN QUATTRO STATI
Immagine di Rockall ove si possono distinguere sia la sommità livellata per far posto ai numerosi tentativi
di installazione di radiofari di navigazione, che la spessa coltre di guano (in bianco) risultata dai volatili
che visitano lÊisolotto.
LORENZO STRIULI (*)
I
contenziosi internazionali che possono
aver luogo circa isole, isolotti o finanche
semplici scogli sono ricchi di esempi curiosi,
come noi Italiani ben sappiamo con le note
vicende legate allÊisola Ferdinandea. In ge-
nere queste dispute rimangono confinate a
una dimensione tutto sommato marginale,
considerata la scarsa rilevanza che spesso
contraddistingue i territori oggetto del contendere. Eppure, le vicende relative allÊiso-
(*) Analista militare, ha diretto e collaborato a diversi progetti di ricerca del CeMiSS (Centro Militare di Studi
strategici) nonchè a diversi programmi di formazione presso la Scuola Trasporti e Materiali dellÊEsercito e
lÊISMM (Istituto di Studi Militari) della Marina Militare. Ha allÊattivo numerose pubblicazioni tra saggi, rapporti
di ricerca e articoli presso la stampa specializzata. Collabora con la Rivista Marittima dal 2010.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
letta di Rockall riescono ad avere dellÊincredibile, dal momento che si parla di uno scoglio non abitabile (non vi hanno mai
dimorato, e comunque non oltre una manciata
di mesi, più di una ventina di persone, solitamente radioamatori e survivalist) dal diametro di soli 27 m, estensione totale di 570 m2,
spiccato sviluppo orografico in sommità (con
una forma monolitica vagamente piramidale)
di ben 23 m, e continuamente esposto a forti
e incessanti mareggiate, in special modo dÊinverno. Il suo nome, del resto, deriva probabilmente dal gaelico scozzese
sgeir rocail, che significa
ÿla roccia che ruggisceŸ.
LÊisolotto, in ogni caso, da
decenni riesce a mettere in
disaccordo, in relazione ai
diritti circa il suo possesso
e lo sfruttamento dei mari
e fondali circostanti, la Danimarca (in qualità di soggetto rappresentante le
isole Far Oer), lÊIrlanda,
lÊIslanda e il Regno Unito.
dellÊisola di Soay, nellÊarcipelago scozzese di
St. Kilda, e a poco meno di 430 km dalle coste
della contea irlandesa del Donegal.
Le coordinate esatte sono state stabilite soltanto nel 1997 ricorrendo ad avanzate strumentazioni elettroniche, che in parte
contraddissero precedenti misurazioni attuate
nel 1967 dalla nave oceanografica HMS Hecla
mediante lÊausilio dellÊallora allÊavanguardia
sistema di navigazione ÿLoran-CŸ. Tuttavia,
anche le più recenti rilevazioni sono risultate
oggetto di contestazione, perché lÊorienta-
Un pò di storia
Rockall di trova nel Nord
dellÊOceano Atlantico, e
costituisce i resti del cono
di un antico vulcano,
estinto circa 55 milioni di
anni orsono, allorchè lÊantico supercontinente di
Laurasia finì per separarsi
nelle attuali Europa e Grotopografica di Rockall basata su rilevazioni fotografiche eseguite
enlandia. La sua posizione Mappa
dalla RAF nel 1970. Il toponimo HallÊs Ledge deriva dal tenente di vascello
è a circa 300 km a Ovest Basil Hall, che guidò il party esplorativo dei primi dellÊOttocento.
Rivista Marittima Ottobre 2014
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Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
La ÿconquistaŸ di Rockall nel 1955.
mento dellÊisolotto rispetto al Polo sembra subisca variazioni di misurazione a causa di anomali campi magnetici originati dalla troctolite,
un minerale presente nelle formazioni rocciose sommerse che lo circondano. Talvolta riportato come scoglio, Rockall in realtà
richiama più che altro un faraglione totalmente privo di vegetazione, composto da un
particolare sottotipo di granito nonché da ÿbaziriteŸ, minerale che per ora è stato solamente
identificato proprio sullÊisolotto in questione
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(infatti è noto anche come ÿrockaliteŸ). Con
lÊeccezione di volatili che vi si fermano durante processi migratori (in particolare di tratta
di fulmari, sule del Nord, gabbiani dalle
zampe nere e urie comuni), su Rockall sono
state comunque identificate ben sei specie animali in qualità di fauna permanente, costituite
perlopiù da molluschi.
QuestÊultimo aspetto è noto sin dalla prima
spedizione scientifica inviata nei pressi dellÊisolotto, che si ebbe nel 1896 a cura della
Royal Irish Academy. Benché talvolta riportata come contraddistinta da uno sbarco su
Rockall, questa spedizione in realtà si limitò
a compiere osservazioni ravvicinate per via di
difficoltà nellÊapprodo sullÊisolotto, la cui inclusione nelle mappe nautiche anglosassoni risaliva invece a pochi decenni prima, e cioè al
1831, quando si era avuta una apposita spedizione di rilevazioni cartografiche a cura del
noto esploratore della Royal Navy Alexander
Thomas Emeric Vidal. ˚ senzÊaltro possibile
affermare come dette rilevazioni in questa particolare area di mare, dal canto loro, fossero
state eseguite con indubbio ritardo. Difatti, la
Royal Navy era da anni a conoscenza dellÊesistenza di Rockall, dal momento che lÊisolotto
era stato incluso fin dal 1550 in una mappa
portoghese, dove era stato riportato come Rochol e, nel 1606, segnalato da cartografi olandesi, che lÊavevano erroneamente posto a circa
87 miglia di distanza dalla sua posizione reale
(cosa che sarà ripetuta lÊanno successivo in
una mappa prodotta dallÊAmmiragliato di
Londra). Tuttavia, per i due secoli successivi
Rockall era stata variamente confusa con la
Frislandia, lÊisola fantasma menzionata per la
prima volta dal navigatore veneziano Nicolò
Zeno, nonché per le altrettanto mitiche isole
di Buss e di Rocabarraigh. Con questÊultimo
Rivista Marittima Ottobre 2014
Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
nome, per esempio, il famoso esploratore
scozzese Martin Martin si rese conto che gli
abitanti dellÊarcipelago di St. Kilda (parte
delle cosiddette Ebridi Esterne) si riferivano
in realtà a Rockall. Nel 1771, poi, una mappa
redatta dallÊesploratore francese Yves-Joseph
de Kerguelen-Trémarec aveva con maggiore
accuratezza ritratto lÊisolotto (presso cui vi
aveva navigato quattro anni prima) a circa 16
miglia dalla sua posizione reale, pur facendo
ancora comparire altre isole fantasma con le
quali veniva di tanto in tanto erroneamente
confuso.
In ogni caso, fu anche per dirimere dubbi
inficiati da tali suggestioni leggendarie che
allÊinizio degli anni Dieci dellÊOttocento la
fregata britannica HMS Endymion aveva inviato sullÊisoletta una scialuppa con un party
esplorativo, sbarcatovi per qualche ora (1).
La nave, assieme alla fregata HMS Princess
Charlotte, si trovava in operazioni di mappatura dellÊarea circostante a Rockall (conosciuta per lÊappunto come Banco di Rockall,
parte del bacino sommerso di Rockall-Hatton) perché, sin dal Seicento, era stata protagonista di naufragi e similari eventi
catastrofici, causati sia dalla presenza di formazioni rocciose sommerse (parte di teorie
montagnose sottomarine) (2), che dal fatto
per il quale, in quelle zone, si verificano le
onde marine più imponenti del mondo (nel
2000 ne furono registrate alcune di 29 m), in
un contesto dove il tempo sereno è valutato
ammontare a non più del 10% annuo (3).
LÊintera area presenta promettenti possibilità di pesca, che difatti nel Sette-Ottocento venivano sfruttate da pescatori baltici e olandesi
e nel XX secolo da quelli inglesi, e che sono
state valutate in termini di unÊottantina di specie ittiche di valore di mercato diffuse in circa
Rivista Marittima Ottobre 2014
10.000 km2. Per i primi decenni del secondo
dopoguerra, furono proprio queste potenzialità
a dare risalto agli inizialmente modesti disaccordi fra i Paesi sopracitati, mano a mano che
questi estendevano, unilateralmente, quelle
che oggi verrebbero definite Zone Economiche Esclusive (ZEE). Ma ciò che poi avrebbe
mano a mano fatto ingigantire la questione di
Rockall è che, sin dagli anni Settanta, vi si è
cominciato a ipotizzare la presenza di vasti
giacimenti di petrolio, spesso riportati come
non ancora sfruttati, ma, in realtà, a tuttÊoggi
neppure ancora sondati.
Le ragioni
dietro alle plurime rivendicazioni
La presunta presenza di tali risorse naturali,
tuttavia, non fu allÊorigine dellÊepisodio che
innescò la diatriba su Rockall. Detto episodio
viene fatto risalire al 18 settembre del 1955,
allorché un elicottero ÿDragonflyŸ della
Royal Navy, proveniente dalla nave di ricerca
HMS Vidal, vi sbarcò un piccolo manipolo di
militari i quali, accompagnati dal naturalista
James Fischer, cementarono una placca di rivendicazione ufficiale imperiale (4). La modesta operazione ebbe lÊonore di passare alla
storia come lÊultimo atto di annessione territoriale da parte dellÊImpero Britannico, e il
suo scopo era quello di rivendicare la sovranità britannica sulle aree di mare circostanti,
destinate a divenire oggetto di una campagna
di test per missili tattici ÿCorporal IIŸ a testata
nucleare lanciati dalle isole Ebridi, dei cui residui materiali si temeva potessero approfittare le navi spia sovietiche che, altrimenti,
avrebbero potuto stazionare legittimamente
nelle vicinanze per operazioni di raccolta e
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Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
successive analisi di rottami ÿsensibiliŸ. Nel
1971 un piccolo distaccamento del ÿ39th RegimentŸ dei Royal Engineers livellò con
esplosivi la sommità di Rockall al fine di istallarvi un radiofaro (che non riuscì, poi, a resistere a lungo alle tempeste). Successivamente,
nel 1972, lÊannessione dellÊisolotto da parte
del Regno Unito venne ufficialmente e definitivamente rimarcata con un apposito atto di
legge che ne decretava lÊincorporazione allÊisola di Harris, parte della contea scozzese
di Inverness, interdicendone, in occasione di
uno sbarco cerimoniale effettuato nel 1974 da
parte di personale imbarcato sulla fregata
HMS Tartar, la navigazione per un raggio di
50 miglia. LÊanno successivo detta zona ÿinterdettaŸ fu estesa a 200 miglia, probabilmente in reazione alle similari pretese che in
quegli anni lÊIslanda andava attuando con gli
avvenimenti che portarono alle famose
ÿguerre del merluzzoŸ. Contestualmente, cominciarono a essere saltuariamente installati
su Rockall nuovi radiofari, puntualmente andati presto perduti a causa delle accennate
condizioni meteorologiche e marittime
estreme a cui lÊisolotto è esposto (5).
In ogni caso, nonostante lÊatto di annessione britannico non sia mai stato riconosciuto da alcun Paese al mondo, non è da
esso che è scaturita la disputa su Rockall, la
quale, sorprendentemente, è molto più recente, perché sorta come ÿconseguenza inattesaŸ dalla rivoluzionaria Convenzione di
Montego Bay del 1982 (ma entrata in vigore
nel 1994) definita, fra le altre cose, anche per
dirimere proprio questioni come queste. Se-
Cerimonia con cui il Regno Unito annunciava lÊinterdizione di 50 miglia a partire da Rockall.
Notare la postazione di protezione per uno dei tanti radiofari installati sulla sommità dellÊisolotto.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
La rivendicazione
britannica di Zona
Economica Esclusiva
prima e dopo
aver rinunciato
a considerare lÊisolotto
come punto
di proiezione
della ZEE.
condo i termini di tale Convenzione, ratificata da tutti i quattro Paesi interessati dalla
disputa circa Rockall (6), allÊisolotto, considerate le sue caratteristiche di inabitabilità e
inidoneità per attività economiche permanenti, non possono essere conferiti attributi
di Zona Economica Esclusiva o di piattaforma continentale (la quale non coincide
con la prima, e che, ai termini di detta Convenzione, può essere sfruttata dalla Stato
dalle cui coste si dirama). Proprio i processi
Rivista Marittima Ottobre 2014
di ratifica hanno comportato irrigidimenti di
posizione di ciascuno dei quattro Paesi in
contenzioso circa Rockall. Così, nel 1997 il
Regno Unito ha da una parte rinunciato a
considerare lÊisolotto in qualità di ÿtrampolinoŸ da cui proiettare la propria Zona Economia Esclusiva, in quanto esso emerge da
una differente piattaforma continentale rispetto a quella propria delle isole britanniche;
dallÊaltra, però, rivendica diritti di sfruttamento delle risorse di pesca nellÊambito delle
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Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
12 miglia della piattaforma circostante Rockall, che possono diramarsi in tal modo in
quanto lÊisolotto ricade entro le 200 miglia
di Zona Economica Esclusiva proiettata dal
più vicino insediamento britannico. A dirla
tutta, poi, Londra rivendica altresì come proprio lo spazio aereo sovrastante Rockall.
Nemmeno un decennio prima, nel 1988, sia
il Regno Unito che lÊIrlanda, non avendo ancora ratificato la Convenzione di Montego Bay,
avevano aderito a una formula bilaterale di accordo che tracciava una delimitazione delle
zone di eventuale sfruttamento economico di
quelle aree di mare, e che ignorava volutamente lÊisoletta di Rockall, sulla quale comun-
que Dublino non riconosce né il possesso britannico né tantomeno il diritto di emanarne da
essa le suddette 12 miglia. LÊiniziativa, tuttavia,
era stata ed è tuttora pienamente contestata sia
da Danimarca che Islanda.
QuestÊultima, da parte sua, non rivendica
affatto lÊisolotto, ma, da un lato contesta che
il Regno Unito possa parlare di una maggiore
vicinanza dellÊisolotto rispetto al suo più vicino insediamento abitato (il quale, a rigore,
sarebbe riconducibile alla cittadina di Hogha
Gearraidh, nellÊisola scozzese di North Uist,
a 368,7 km da Rockall) mentre, dallÊaltro, argomenta come il Banco di Rockall-Far Oer
si sviluppi fino al Bacino dÊIslanda.
Il radiofaro a energia solare installato da Greenpeace nel 1997, poi andato anchÊesso distrutto
a causa delle condizioni estreme a cui è sottoposto Rockall.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
Le Isole Far Oer, dal canto loro, rappresentate dalla Danimarca, rivendicano lÊisoletta sin dal 1985, sulla base dellÊasserzione
secondo la quale sia esse che la stessa Rockall fanno parte di quel micro-continente
sommerso che costituisce il Banco di Rockall-Far Oer, del quale dette Isole ne rappresentano proprio la sommità.
E, in ogni caso, né Copenaghen né Reykjavík appaiono disposte a riconosce a Londra
i reclamati diritti esclusivi di pesca.
Oltre ad attori statuali, anche Greenpeace
si è intromessa sulla questione di Rockall,
lanciando, nel 1997, la folkloristica iniziativa
di occuparla per 42 giorni fondandovi lo
ÿstato libero di WavelandŸ come forma di
protesta nei riguardi delle attività di ricerca a
sfruttamento dei giacimenti di petrolio sommersi. Analogamente a quanto avevano tentato i Britannici negli anni precedenti,
Greenpeace provò a installarvi un radiofaro
a energia solare, che comunque già nel 2005
risultava andato distrutto dalle tempeste.
Conclusioni:
il permanere di una situazione di stallo
˚ a partire dal 1994 che unità navali britanniche hanno cominciato a multare e sequestrare il carico di navi trovate a pescare nei
dintorni di Rockall. Il fatto è che tutti e quattro gli Stati in questione, proprio sulla base di
alcune disposizioni della Convenzione di
Montego Bay, hanno qualche base di ragione
da vendere, in primo luogo per lÊevidenza secondo la quale ciascuno di essi riesce in qualche modo a raggiungere entro le 200 miglia
il Banco di Rockall. La Convenzione, comunque, stabilisce che in similari casi si dovrebbe
procedere allÊattuazione di accordi fra i Paesi
coinvolti, i quali, nellÊeventualità di stallo
delle negoziazioni, possono adire alla Commissione delle Nazioni Unite sui Limiti delle
Placche Continentali, costituita ad Amburgo
nel 1996. Al momento, considerato che le
conferenze congiunte tenutesi dal 1999 a oggi
non sono riuscite a mettere la parola ÿfineŸ
sulle delimitazioni delle zone del Banco di
Rockall eventualmente sfruttabili in esclusiva,
si attende la ripresa delle negoziazioni, visto
che anche la Danimarca, nel 2010, ha rappresentato alle Nazioni Unite la rispettiva rivendicazione di ambito marittimo. LÊisolotto in
sé, comunque, non verrà probabilmente posto
più sul tavolo di alcun negoziato, anche se
continua tuttora a rivestire interesse per esplorazioni scientifiche (e, probabilmente, anche
energetiche) volte a mappare definitivamente
lÊarea sommersa circostante, delle quali una
irlandese si è avuta nel 2004, e la corrispettiva
britannica si è svolta nel 2011.
n
NOTE
(1) Alcuni sostengono che, in realtà, il primo a mettere piede su Rockall sia stato, già nel IV secolo d.C., lÊabate
irlandese San Brendano di Clonfert, noto anche come Brendano il Navigatore, le cui vicende sono state narrate
in un classico della letteratura medievale di carattere agiografico noto come Navigatio Sancti Brendani.
(2) Fra queste, tristemente famose sono, fra i navigatori dellÊarea, le ancora più modeste e insidiose (e pertanto
più pericolose) formazioni note come Hasselwood (situata ad appena 160 m da Rockall e affiorante per circa 1
m dal livello del mare) ed HelenÊs Reef (localizzata a 3,2 km dallÊisolotto in questione e sommersa per circa 1,8
m). Per esse si ricordano varie tragedie, quale quella occorsa nel 1686, allorquando un mercantile spagnolo partito
alla volta di New York si incagliò rovinosamente con la perdita delle circa 250 persone che si trovavano a bordo.
Rivista Marittima Ottobre 2014
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Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati
Nel 1812, poi, era venuto il turno della nave oceanografica britannica Leonidas (il cui intero equipaggio perì
nella circostanza) al quale nel 1824 era seguito quello del brigantino Helen (da cui il nome alla formazione di
HelenÊs Reef), che da Dundee era partito alla volta del Québec. E anche dopo le operazioni di mappatura continueranno a verificarsi importanti disastri, come quello occorso nel 1904 ai danni dellÊSS Norge, un bastimento
da 3.318 t partito da Copenaghen con un carico di 700 emigranti diretti a New York; degli sventurati, ne perirono
ben 635, dei quali 225 Norvegesi. Per inciso, questÊultimo episodio costituì per qualche anno il più importante
disastro in ambito marittimo civile, tragico primato poi superato dal ben più famoso affondamento dellÊRMS Titanic. La più recente tragedia è avvenuta, infine, nel 1984, quando si ebbe a registrarsi la scomparsa dello yacht
Helen (evidentemente di cattivo auspicio per coloro che navigano nellÊarea⁄) proprio durante un suo viaggio di
ritorno da Rockall.
(3) E infatti, a titolo di curiosità, durante la spedizione effettuata dallÊEndymion il piccolo manipolo di esploratori
inviati su Rockall rimase improvvisamente isolato dalla nave madre, perché questa, a causa del verificarsi di
unÊinaspettata tempesta, finì letteralmente ÿsballottolataŸ ben distante dallÊisolotto. Al termine di detta tempesta
era calata una pesante coltre di nebbia, e lÊEndymion si era rimesso in cauta navigazione sparando a intervalli
con i propri cannoni al fine di segnalare la sua presenza al party disperso, del quale si sperava avesse ripreso il
mare sulla propria scialuppa. QuestÊultimo invece si era abbarbicato sulla sommità di Rockall in ansiosa ricerca
visiva della fregata, avvistandola con molta difficoltà dato che tendeva a scomparire e ricomparire fra la fitta
coltre di nebbia. Dopo un paio di fortunosi tentativi, lÊEndymion venne infine raggiunto dalla scialuppa degli
esploratori, che riuscirono così a tornare a bordo. Un più tranquillo sbarco su Rockall si ebbe invece nel 1862 da
parte di un unico membro dellÊequipaggio dellÊHMS Porcupine, un modesto battello a ruota impegnato nella
posa di un cavo telegrafico sottomarino. Nel complesso, sono stati a oggi calcolati un totale di 127 sbarchi su
Rockall.
(4) La placca venne rilevata come rimossa dalle intemperie nel corso di una spedizione compiuta dal cacciatorpediniere HMS Cavendish nel 1959, e contestualmente sostituita con unÊaltra che si trovava ancora al suo posto
nel 1997, e della quale, però, se ne è successivamente persa traccia, sempre a causa delle condizioni climatiche
estreme dellÊarea. Nel 2010 vennero resi noti piani per installarne unÊaltra, cosa ancora non verificatasi.
(5) La caparbia storia dellÊinstallazione di placche di rivendicazione e radiofari su Rockall meriterebbe una trattazione a sé stante, quasi a moÊ di allegorica disfida fra lÊuomo e la natura, relativa a uno scoglio che sembra rifiutare a ogni costo la rivendicazione da parte di checchessia. Qui basti ricordare per esempio un tentativo attuato
nel giugno del 1972 da parte del Dipartimento del Commercio e dellÊIndustria britannico. In quellÊoccasione, a
causa delle continue intemperie, occorsero 15 giorni allÊequipaggio della nave portaelicotteri RFA Engadine per
installare sullÊisolotto un radiofaro in sostituzione di altri che erano andati perduti, nonostante fosse assistito da
ben due aeromobili dellÊ816 Squadron. Ebbene, appena due anni dopo, una visita attuata su Rockall da parte di
personale imbarcato sullÊincrociatore HMS Tiger rilevò come anche questa apparecchiatura fosse, nondimeno,
già andata perduta.
(6) In particolare: lÊIslanda il 26 gennaio del 1985, lÊIrlanda il 21 gennaio del 1996, il Regno Unito il 25 luglio
del 1997 e la Danimarca il 16 dicembre del 2004.
BIBLIOGRAFIA
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MacIntosh James A., Rockall, Hugh MacDonald Ltd., Oban, 1946.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
LÊALTRA MET˘ DELLÊADRIATICO:
LA MARINA CROATA
GIULIANO DA FR˚ (*)
O
rmai vicini alla scadenza del piano
croato di riarmo decennale 20062015, e a quasi un quarto di secolo dalla sua
indipendenza dalla defunta Federazione Iugoslava (avvenuta col conflitto scoppiato nel
giugno 1991), è giunto il momento di fare il
ÿpuntoŸ sulla Hrvatska Ratna Mornarica, la
Marina militare croata, che ebbe un ruolo importante nella lotta per lÊindipendenza, proseguita sino allÊagosto 1995.
LÊeredità di Tito
La vecchia Federazione doveva controllare
circa 1.600 km di coste, lungo le quali si dipanava una capillare rete di porti, basi navali,
cantieri e arsenali, con una forza navale di dimensioni modeste, ma efficiente, relativamente
moderna, e ben integrata con le altre Armi.
Dopo la sua indipendenza, Zagabria, estendendo la sua sovranità sullÊintera Dalmazia (il
cuore del piccolo Sea Power creato dal Maresciallo Tito dopo il 1945 (1)), ereditò buona
parte delle basi e dei cantieri navali jugoslavi,
assieme a una cinquantina di unità militari
(molte in costruzione o in riparazione), inquadrate inizialmente nella Guardia Nazionale
croata, per poi istituire sotto il comando dellÊammiraglio Sveto Letica (1926-2001), un ufficiale federale in pensione dal 1986, il primo
nucleo della Hrvatska Ratna Mornarica, che
festeggia il suo compleanno il 18 settembre,
data della sua creazione, coincidente con una
giornata di intensi scontri navali svoltisi nel
1991, e con la vittoria riportata dai Dalmati su
Venezia nellÊ1887 (2).
LÊammiraglio Letica dÊaltra parte organizzò la ÿsuaŸ Marina · da subito caratterizzata da aggressività, efficienza, e
integrazione interforze · sul tamburo, in
piena guerra di secessione, dovendo affrontare il grosso della flotta federale che, appoggiandosi alle isole di Vis (Lissa) e Lastovo,
organizzò un blocco navale dei porti dalmati,
pubblicamente annunciato dal Comando Regionale Navale di Spalato il 17 settembre
1991. Il mix di reparti anfibi, batterie costiere, e unità leggere guidate da Letica, tra
agosto e settembre danneggiarono diverse
unità federali impegnate a bombardare Zara
e Sebenico, riuscendo inoltre a catturare la
(*) Monzese, classe 1969. Laureato in scienze politiche, giornalista, dal 1996 al 2012 ha lavorato come cronista
presso periodici locali (Il Giornale di Monza, Il Cittadino). Attualmente collabora con varie testate specializzate
nel settore militare, come Rivista Italiana Difesa, Rivista Marittima, Rivista Aeronautica, Rivista Militare, e il
webmagazine Analisi Difesa. Nel 2013 ha vinto la 4a edizione del Premio giornalistico/letterario ÿCarlo MarincovichŸ (1° classificato sezione Articoli cultura del mare con ÿGuano e cannoniŸ), e ha collaborato a uno speciale
di Focus Wars dedicato alla storia della guerra sui mari. Sempre nel 2013 è uscito il suo primo libro: La Marina
tedesca 1939-1945 (Odoya Edizione).
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Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
Due pattugliatori costieri classe
ÿNovigradŸ ormeggiati
a pacchetto. Si tratta
di unità ex jugoslave tipo
ÿMirnaŸ realizzate tra 1979
e 1985, e trasformate
in pattugliatori guardacoste nel
2007-2009 (fonte Wikipedia).
motomissilistica Vlado Cvetkovic (classe
ÿKončarŸ) e alcune unità minori.
Tra settembre e novembre si registrarono i
combattimenti navali più intensi, con Dubrovnik (lÊantica Ragusa, la ÿperla dellÊAdriaticoŸ), che veniva pesantemente bombardata
da terra e dal mare, mentre nelle acque di
Spalato la Marina jugoslava bombardava le
posizioni croate per proteggere unÊoperazione
anfibia; i difensori reagirono con artiglieria e
missili, per lo più nascosti in caverna sul
Monte Marijan e nelle isole di Solta e di Brac,
e colpendo nel prospiciente Canale di Brazza,
tra il 15 e il 17 novembre, un pattugliatore
classe ÿBresiceŸ (affondato), e la fregata Split
che, gravemente danneggiata, fu rimorchiata
a Cattaro fuori combattimento. Pochi giorni
Rivista Marittima Ottobre 2014
prima il pattugliatore Mukos (classe
ÿMirnaŸ) era stato affondato da un missile
controcarro delle forze di difesa croate, che
rivendicarono altre 11 unità danneggiate.
Ma ormai la guerra aperta tra Zagabria e
Belgrado era agli sgoccioli: tra il 10 e il 16
dicembre 1991 nei porti di Pola e Fiume
sÊimbarcarono i reparti del 13o Corpo dÊarmata federale, impiegando alcuni traghetti
scortati dalla fregata Koper, mentre poche
settimane dopo, il ÿcessate il fuocoŸ firmato
tra Belgrado e Zagrabria portava entro il
maggio 1992 al definitivo ritiro della Marina
jugoslava (che il 25 dicembre aveva trasferito
il proprio Comando presso le Bocche di Cattaro) anche dalle isole prospicienti la Dalmazia, come Vis, Lastovo e Mljet.
55
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
Finita la fase di guerra aperta con Belgrado, lÊammiraglio Letica diede il via alla
piena rinascita della Marina Croata, con
lÊambizioso obbiettivo · perdurando le tensioni con la neonata Federazione serbo-montenegrina, e la guerra contro la Repubblica
serba di Krajina · di controllare e difendere
oltre 1.400 km di coste. Un compito irto di
difficoltà, che la definitiva unificazione del
paese, nel 1995, e la lunga serie di crisi che
hanno portato alla fine della minaccia navale
serba, hanno permesso di superare, mentre
lÊadesione alla NATO (2009) e allÊUnione
Europea (2013) ha alzato lÊasticella degli
standard operativi della Hrvatska Ratna Mornarica. Uno sforzo passato attraverso la riduzione drastica degli effettivi delle Forze
Armate (in particolare per quanto riguarda
lÊEsercito), col passaggio dalla coscrizione
alla professionalizzazione nel 2008, e un costante incremento del budget per la Difesa,
che tuttavia, dopo aver sfiorato quota 1,8%
del Pil nel 2008, è andato calando verso una
media dellÊ1,4-1,5% a causa della crisi eco-
nomica, mentre per gli anni 2014-2015 si è
scesi a poco più dellÊ1,2%, incidendo sul
nuovo piano decennale 2014-2023, con forti
ripercussioni anche sulla Marina.
QuestÊultima conta oggi poco più di 1.600
effettivi, dal 2012 al comando del contrammiraglio Robert Hranj (classe 1962, veterano
del conflitto per lÊindipendenza), il cui quartier generale si trova a Split (Spalato), sede
anche della principale base navale di Lora,
cui fanno capo il Distaccamento Nord (Pula)
e il Distaccamento Sud (Ploce-Pelješac),
mentre stazioni navali secondarie sono presenti a Sebenico, Dubrovnik e nelle isole di
Vis e Lastovo. La vitale rete idroviaria nazionale è sorvegliata dalle flottiglie di base a
Sisak e Osijek (con vedette, mezzi anfibi e
un rompighiaccio), dipendenti però dai comandi territoriali di Esercito e Polizia.
Nel 1998 è stata avviata la costituzione
della Guardia Costiera, istituita nel 2007 con
la fusione di mezzi ceduti da Polizia e Marina, dalla quale dipende sul piano operativo.
Per quanto riguarda lÊarticolazione dei re-
Un mezzo
subacqueo
per incursori
croato ÿR-2Ÿ
MALA (fonte
Wikipedia).
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Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
La motomissilistica PETAR KREŠIMIR IV, in servizio dal 1992, classe ÿKraljŸ, dal 2013 ai lavori di mezza
vita (fonte Wikipedia).
parti, dal Comando Navale di Split · dove
si trova anche il polo addestrativo · dipende
il Comando Flottiglia (Flotila HRM-A), che
inquadra la Divisione navi di superficie (Divizijun za Površinsko Djelovanje), la Divisione unità di supporto (Divizijun za
Potporu), e la Divisione dragamine (Protuminski Divizijun).
La Guardia Costiera (Obalna Straža),
anchÊessa col comando situato a Split, è strutturata sulle divisioni guardacoste 1a (Split) e 2a
(Pula), e un comando logistico, e comprende
una decina di unità, mentre aerei ed elicotteri
impiegati per il pattugliamento marittimo e i
servizi SAR vengono gestiti dallÊAeronautica.
La Polizia nazionale conserva inoltre un dipartimento navale, mentre dal ministero dei Trasporti dipende un servizio di Capitanerie di
porto, con una capillare rete di stazioni costiere
e fluviali, e di piccole vedette SAR.
Le forze anfibie sono incentrate su
unÊunità di élite, forgiata durante la guerra
Rivista Marittima Ottobre 2014
degli anni Novanta, il Reggimento di Fanteria di Marina (Bojna Obalne Službe Motrenja
i Obavješcivanja-OSMIO), mentre il Battaglione di Sorveglianza Costiera gestisce le
batterie dÊartiglieria (ormai in riserva quelle
in caverna) e sistemi missilistici mobili e in
postazione fissa. Il Reggimento di Fanteria
di Marina è lÊerede dellÊ11a Brigata anfibia
federale, quasi completamente formata da
Croati, mentre nel 1995 era stato creato, e
impiegato nelle ultime fasi della guerra contro i Serbi delle Krajine, il 352o Battaglione
incursori, operante anche con mezzi subacquei speciali ÿR-1Ÿ e ÿR-2Ÿ, e dal 2000 confluito in un Battaglione Forze Speciali joint.
I mezzi in servizio
Quella croata resta una forza navale eminentemente costiera, bilanciata per interdire,
in concorso con lÊAeronautica (peraltro poco
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LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
La motomissilistica DMITAR ZVONIMIR, seconda unità classe ÿKraljŸ, costruita nel 1993-2001. Sarà
ammodernata nel 2015 (fonte Wikipedia).
equipaggiata per la guerra aeronavale) e i reparti di difesa costiera, la costa dalmata, che
ben si presta a una ÿguerrigliaŸ navale e alla
littoral warfare, grazie alla sua particolare
conformazione.
Punta di lancia della Hrvatska Ratna Mornarica sono 5 unità leggere dÊattacco, in parte
datate e di tre modelli diversi, ma standardizzate e mantenute aggiornate grazie a una serie
di upgrade, effettuati dallÊindustria nazionale
con assistenza straniera. Le 2 unità più moderne (classe ÿKraljŸ) sono Petar Krešimir IV
e Dmitar Zvonimir, entrate in servizio a quasi
10 anni di distanza lÊuna dallÊaltra, poiché la
capoclasse era infatti il prototipo di una nuova
serie di unità dÊattacco progettate per la Marina
58
federale negli anni Ottanta, denominate
ÿKobraŸ, e sviluppate sulla base delle valide
(ma più piccole) ÿRade KončarŸ degli anni
Settanta. La costruzione della Kobra (da replicare in 10 esemplari) fu avviata nellÊarsenale
di Kraljevica nel 1989, dove fu catturata due
anni più tardi dai Croati, che la ribattezzarono
col nome di uno dei loro più famosi sovrani
dellÊXI secolo, completandola nel 1992. Nel
1993 fu impostata una seconda unità (leggermente più grande), consegnata nel 2001, mentre una terza è stata cancellata nel 1999:
entrambe vengono a volte classificate anche
come ÿcorvetteŸ.
Le unità della classe ÿKraljŸ, 390 t di dislocamento e 36 nodi di velocità, dispongono di
Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
armamento e sistemi elettronici in larga parte
di provenienza svedese, compresi 4 sistemi binati per missili antinave ÿRBS-15Ÿ e un cannone da 57/70 mm, cui si aggiunge un sistema
CIWS russo ÿAK-630Ÿ, basato su un impianto
da 30 mm a 6 canne rotanti. Le due unità possono anche imbarcare due mitragliere pesanti
(da 20 o 12,7 mm) e mine, da mettere a mare
attraverso le ferroguide, ma solo rinunciando
a due lanciatori binati per missili antinave.
Gli stessi sistemi dÊarma (anche se gli
ÿRBS-15Ÿ sono solo 4, sempre in impianti binati) e sensori sono stati installati nel 19911994 sulla motomissilistica Sibenik, la citata
ex Vlado Cvetkovic catturata dai Croati dopo
aver prestato servizio con la Marina Iugoslava
dal 1978 al 1991. La crisi economica e militare degli anni Novanta non consentì tuttavia
a Zagabria di rafforzare la sua componente
dÊattacco, e anche gli interventi sulle unità esistenti si limitarono alla manutenzione, come
quando nel 2004 la Petar Krešimir IV si ritrovò con uno dei suoi 3 diesel e il sistema di
controllo del tiro fuori uso. Solo il programma
decennale di ammodernamento 2006-2015, e
le sue successive integrazioni, hanno comportato un primo potenziamento della linea delle
FAC: nel 2008 la Sibenik è stata aggiornata
con un nuovo radar e rimotorizzata (prolungando di un decennio la sua vita operativa),
mentre nel novembre 2013 è stato annunciato
lÊinizio dei lavori di mezza vita per la Petar
Krešimir IV, comprendente revisione generale, rimotorizzazione e adozione di nuova
sensoristica; programma che sarà esteso nel
2015 alla Dmitar Zvonimir. Contemporaneamente, il sistema missilistico ÿRBS-15Ÿ (sia
nei lanciatori imbarcati, che con le batterie
Vista degli impianti lanciamissili ÿRBS-15Ÿ della VUKOVAR. Il moderno missile svedese (acquistato
da Zagabria nel 1994) equipaggia le 5 FAC croate e le batterie di difesa costiera. Attualmente è in fase
di upgrade alla versione ÿMk-3Ÿ (fonte Wikipedia).
Rivista Marittima Ottobre 2014
59
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
della difesa costiera) viene portato allo standard ÿMk-3Ÿ.
Zagabria ha poi deciso di aumentare il numero delle unità dÊattacco, con lÊacquisizione
di 2 motomissilistiche classe ÿHelsinkiŸ dalla
Finlandia, da 300 tonnellate, progettate e costruite dai cantieri Wärtsilä tra il 1980 e il
1986, caratterizzate da una velocità massima
di 30 nodi, e da una ricca dotazione di armi e
sensori, incentrato su 4 lanciatori binati per
missili antinave svedesi ÿRBS-15Ÿ, 2 impianti
sestupli per missili antiaerei leggeri tipo ÿMistralŸ (integrati nella tuga-plancia in una torretta ÿSakoŸ, che può ospitare al posto dei
lanciamissili impianti quadrinati antiaerei da
23/85 mm), e un cannone Bofors da 57/70
mm, oltre a due scaricabombe ASW, associati
a 2 sonar, uno attivo, ad alta frequenza, e un
secondo rimorchiato a bassa frequenza.
Cancellati i programmi di ammodernamento di mezza vita, il governo finlandese
aveva già passato in riserva nel 2002 le 2
unità più vecchie (poi radiate e demolite nel
2011, dopo averle cannibalizzate): il 17 luglio 2008, nellÊambito di un contratto per la
vendita di 126 autoblindo Patria AMV a Zagabria, la Finlandia ha ceduto alla Marina
Croata (per soli 9 milioni di euro, comprensivi di parti di ricambio, comprese quelle recuperate dalle unità disarmate, e 3 nuovi
motori diesel MTU) le altre 2 motomissilistiche della classe ÿHelsinkiŸ, consegnate il 13
ottobre 2008 e ribattezzate Vukovar e Dubrovnik. Le unità sono state sottoposte a un
intervento di aggiornamento e standardizzazione (conclusosi nellÊestate del 2009) con le
motomissilistiche già in servizio, che peraltro
sono equipaggiate con sensori e armi simili,
e dovrebbero restare in servizio sino al 2020.
Per quanto riguarda i pattugliatori, i 4
ÿNovigradŸ da 142 t, sono ex cannoniere jugoslave tipo ÿMirnaŸ (armate inizialmente
con missili SA-N-5 ÿGrailŸ) costruite nel
1979-1985, ammodernate con un nuovo
La motomissilistica DUBROVNIK, gemella della VUKOVAR, in servizio dal 2009 (fonte Wikipedia).
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Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
Il sommergibile costiero Velebit, in servizio dal 1996 al 2005, attualmente conservato a scopi museali,
nonostante i molti tentativi di riattivarlo (fonte Wikipedia).
radar, riconfigurate e passate alla Guardia
Costiera nel 2007-2009, con un armamento
incentrato su un Bofors da 40/70 mm, e un
pezzo da 20 mm (3).
Le forze navali croate dispongono poi di
diverse unità di sorveglianza foranee, come
le 2 vedette tipo ÿGalebŸ da 20 tonnellate
(costruite nel 1990-1992), mentre le due flottiglie fluviali possono contare su alcune vedette, 2 cannoniere classe ÿBreckiŸ e sulla
vecchia Sokadija, in servizio dal 1952, ma
ammodernata nel 2003.
Scarso sviluppo ha invece avuto la componente subacquea della Marina Croata, nonostante la ex Iugoslavia fosse allÊavanguardia
nella realizzazione di piccoli mezzi subacquei
insidiosi. Nel 1991 i Croati catturarono sullo
scalo del cantiere Brodosplit di Spalato il Soca
Rivista Marittima Ottobre 2014
(minisommergibile del nuovo tipo ÿUnaŸ, impostato nel 1985) che, ribattezzato Velebit e
ampiamente modificato con sonar e propulsore
tedeschi, entrò in servizio nel 1996, per trasportare sino a un massimo di 6 uomini-rana e
2/4 mezzi insidiosi ÿR-1Ÿ o ÿR-2Ÿ, oppure, in
alternativa, 24 mine. AllÊunità doveva affiancarsene una seconda, più grande e veloce,
equipaggiata con 4 lanciasiluri, ma il programma è stato cancellato, e lo stesso Velebit
è passato in riserva nel 2005, e nonostante si
sia più volte annunciato un suo riarmo, lÊunità
è attualmente esposta al pubblico nelle base di
Lora, conservata a scopo museale.
Per quanto riguarda il naviglio logistico e
specializzato, la Marina Croata impiega un piccolo nucleo di unità per la guerra di mine (prodotte localmente, come la moderna ÿM-90Ÿ
61
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
magneto-acustica): i posamine in servizio sono
un vecchio LCT da 460 t, degli anni Cinquanta
e un DSM a catamarano del 1986, mentre i 2
dragamine ex jugoslavi catturati danneggiati
nel 1991, sono stati sostituiti da un piccolo caccia-dragamine da 180 tonnellate realizzato localmente presso i cantieri Greben di Vela Luka,
il Korčula, impostato nel 1994 e consegnato
nel 2006. LÊunità, in plastica e alluminio, è
equipaggiata con moderni sonar da ricerca (attivo ad alta frequenza e a scansione laterale),
un sistema CMS-2000 e due mezzi ROV tipo
ÿSuper SearoverŸ; ma nonostante testimoni lo
sforzo fatto dallÊindustria militare croata, ha
presentato, soprattutto nei primi anni di servizio, alcuni difetti, e un secondo esemplare previsto non è più stato ordinato.
Come posamine possono essere invece impiegate anche le 2 decisamente meglio riuscite navi da sbarco classe ÿCetinaŸ,
completate nel 1993-1995, da 950 t, bene armate (sistema missilistico a corto raggio
sup/aria ÿStrela 2MŸ, un ÿCIWS AK-230Ÿ,
e cannoncini da 20 mm), e capaci di trasportare, a seconda della configurazione, 6 mezzi
corazzati, artiglieria pesante, 300 uomini, oppure 100 mine ÿM-90Ÿ. Per il trasporto costiero e fluviale, la Marina croata impiega poi
una mezza dozzina di LCM costruiti tra gli
anni Settanta e Ottanta.
Limitata, viste le dimensioni della flotta
croata, la consistenza della componente logistica, che comprende una ventina di unità
ausiliarie, come la nave scuola Andrija Mohorovičić (una ex unità idrografica da 1.540 t
realizzata in Polonia nel 1971-1972), e
lÊunità appoggio/salvataggio Faust Vrancic
(da 1.600 t, costruita nel 1976), entrambe impiegate dalla Guardia Costiera e di prossimo
ammodernamento, oltre a rimorchiatori e
62
mezzi portuali vari.
Per la difesa delle coste la Marina Croata si
avvale, oltre che del naviglio leggero, di installazioni terrestri e reparti anfibi. Le batterie
dÊartiglieria costiera, composte da una ventina
di cannoni tra gli 85 e i 130 mm di calibro
(compresi vecchi pezzi da 88/56 tedeschi e
90/53 italiani di preda bellica), sistemati in caverna, sono ormai in riserva, sostituiti dai missili ÿRBS-15Ÿ, in fase di aggiornamento allo
standard ÿMk-3Ÿ, acquistati dalla Svezia tra il
1992 e il 1995 in un centinaio di esemplari, per
la metà destinati alle FAC. Dal 1994-1995 la
difesa costiera schiera 3 batterie con sistemi
mobili MOL quadrinati, su autocarri ÿTatraŸ.
Gli ÿRBS-15Ÿ sono particolarmente adatti allÊimpiego lungo le frastagliate coste dalmate,
essendo in grado di seguire profili di volo preprogrammati, e quindi di nascondere le rotte
dÊattacco dietro ostacoli di varia natura. La
nuova versione ÿMk-3Ÿ, apparsa nel 2004, ha
una gittata aumentata a 200 km, e possiede
particolari capacità di littoral warfare. I lanciamissili sono gestiti dal Battaglione di Sorveglianza Costiera (lÊex 53o Battaglione di
Spalato, che ha raggruppato una mezza dozzina di compagnie o plotoni autonomi dislocati
lungo la costa e sulle isole più esposte), assieme alla rete radar ÿSea NetworkŸ, realizzata
a partire dagli anni Novanta con assistenza italiana e americana, incentrata su 14 impianti,
compresi 4 ÿAN/FPS-117Ÿ della Lockheed
Martin, dispiegati presso le postazioni di tiro
di Savudrija, Brijuni, Mali Lošinj, Dugi Otok,
Žirje, Vis, Lastovo, Mljet e Molunat.
I mezzi aerei sono invece stati ceduti allÊAeronautica, ma i turboelica Pilatus ÿPC9Ÿ e gli elicotteri ÿMi-8Ÿ vengono impiegati
in compartecipazione con la Guardia Costiera per le operazioni SAR.
Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
Le prospettive e le nuove esigenze
Nata grazie alla cattura di diverse unità jugoslave in costruzione e · spesso malconce,
o datate · in riparazione, la giovane Hrvatska
Ratna Mornarica ha saputo assumere in meno
di un quarto di secolo una precisa fisionomia,
attraverso la modifica delle unità preesistenti,
con lÊavvio dÊun mirato programma di nuove
costruzioni e allÊacquisizione di moderni sensori e sistemi dÊarma occidentali, e sfruttando
il tradizionale ottimo rapporto che da secoli
unisce la Croazia al mare. Un mare di certo
non ostile, stante i buoni rapporti con la dirimpettaia Italia, e la fine di qualsivoglia minaccia
navale serba: lÊobiettivo è quindi divenuto
quello di assicurare, in collaborazione con la
Guardia Costiera, il controllo delle zone di
pesca e di traffico dellÊalto e medio Adriatico,
nonché in un prossimo futuro la difesa delle
previste installazioni offshore di idrocarburi.
Sul tappeto esiste poi la questione della partecipazione a missioni navali NATO e UE, sulla
falsariga degli impegni già svolti dallÊEsercito.
Le particolari caratteristiche del naviglio in servizio con la Hrvatska Ratna Mornarica limitano ovviamente lo spettro dei possibili
interventi; tuttavia, non va dimenticato che in
ambito Mediterraneo, nel corso della missione
UNIFIL in Libano, si sono viste operare in
acque costiere anche le unità leggere dÊattacco
tedesche, con caratteristiche simili a quelle del
naviglio principale croato. In concorso con le
altre Armi, la Marina croata resta concentrata
per il momento su missioni tradizionali,
come il controllo delle acque territoriali e
della ZEE, la difesa dellÊestesa e complessa
linea costiera, gli interventi in casi di calamità o incidenti nelle acquee adriatiche o
lungo la vasta rete fluviale · come nella re-
Rivista Marittima Ottobre 2014
cente occasione delle inondazioni che hanno
colpito la regione dellÊex Jugoslavia nel maggio 2014 ·, nonché la partecipazione ai programmi NATO dal 2009 e precedentemente
al programma Partnership for Peace in the
Mediterranean, cui la Croazia ha aderito nel
2000, essendo la Croazia non più Paese PfP
ma dal 2009 nella NATO.
Tuttavia, i ricordati programmi di nuove
acquisizioni, quello che si esaurirà nel 2015,
e il secondo, che si estende al 2023 (per costruire le nuove Forze Armate croate del
2030), puntano a fornire anche alla Marina
strumenti più adeguati alle nuove esigenze
che vanno profilandosi allÊorizzonte.
Per il momento, lÊattenzione si concentra
sulla componente delle FAC, con lÊammodernamento di mezza vita avviato sulle ÿKraljiŸ,
mentre alcune fonti rilanciano lÊinteresse di
Zagabria · che vorrebbe arrivare a schierare
6 unità dÊattacco · verso la possibile acquisizione di altre due unità di seconda mano, con
un particolare interesse (ormai demolite le restanti ÿHelsinkiŸ) per Goteborg e Kalmar, piccole corvette dÊattacco svedesi (da 425 t,
lunghe 57 metri) classe ÿGoteborgŸ, completate nel 1990-1991 e da poco passate in riserva,
mentre si discute della loro trasformazione in
pattugliatori, o di una possibile cessione alla
Croazia, magari agganciandole alla vendita dei
caccia multiruolo ÿGripenŸ, in valutazione da
parte di Zagabria (4). Di certo, le ÿGoteborgŸ
sono ancora in ottime condizioni, e compatibili, per sistemi dÊarma e sensori (radar targati
Saab, Ericsson, il cannone da 57/70 mm e i
missili ÿRBS-15 BoforsŸ), con le unità già in
servizio con la Marina Croata.
Un altro comparto interessato dai piani di
ammodernamento riguarda il pattugliamento
costiero e a medio raggio. Trasferite come ac-
63
LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata
cennato alla Guardia Costiera le 4 unità classe
ÿNovigradŸ, la Marina intende acquisire nuovi
pattugliatori da 40 metri. Il piano 2006-2015
comprendeva un pacchetto di 10 unità da realizzare localmente dal 2009 (con consegne a
partire dal 2012), caratterizzate da architettura
stealth, e armi e sensori compatibili con le
unità maggiori. Il punto di riferimento era il
modello ÿPV-30LSŸ ordinato dalla Libia ai
cantieri Adria Mar di Kraljevica, con un primo
lotto di 6 unità realizzate nel 2005-2008. Nel
2013 Zagabria ha però lanciato una gara internazionale per 5 pattugliatori da 42 metri, armati con cannoncino da 30 mm stabilizzato a
controllo remoto (più 2 postazioni per mitragliere da 12,7 mm), autonomia di 1.000 miglia
e 15 giorni di operazioni. Nel maggio 2014 è
stato annunciato che il programma (del valore
di 380 milioni di kuna) è stato aggiudicato ai
cantieri Brodosplit di Spalato, che hanno proposto unÊunità lunga 43 metri e da 220 t, realizzata anche con standard commerciali per
ridurre costi e tempi. Nonostante alcuni ritardi
burocratici, le unità potrebbero essere consegnate a partire dal 2018, con una stima di 4
anni per completare il programma.
Più ambizioso, ma ancora in fase di elaborazione, il piano relativo a 2 (con unÊeventuale
seconda coppia in opzione) corvette/fregate
leggere portaelicotteri. Il progetto è ancora da
congelare, anche se inizialmente si pensava di
consegnare la prima unità nel 2015, e le specifiche tecniche non sono state ancora definitivamente fissate: per ora si parla di unità di
circa 100 metri, e non è chiaro se saranno costruite localmente (con assistenza straniera).
Il programma, del valore stimato di non oltre
3 miliardi di kuna, prevede la realizzazione di
unità stealth e multiruolo, con sistemi dÊarma
e sensoristica allo stato dellÊarte. Alcune fonti
parlano di un orientamento ufficioso verso le
ÿGowindŸ francesi (nel maggio 2012 il prototipo LÊAdroit ha visitato la Croazia, poche
settimane dopo essere entrato in servizio), offerte in diverse configurazioni, con dislocamento compreso tra le 1.000 e le 2.500 t.
Anche la linea logistica è interessata da alcuni
programmi di ammodernamento varati dopo
il 2012, con lÊentrata in servizio di una dozzina di unità di impiego locale, mentre restano
sul tappeto lÊacquisto di nuovi velivoli (si era
parlato di aerei Casa ÿCN-235Ÿ per il pattugliamento a largo raggio, e di elicotteri ÿAW139Ÿ
navalizzati,
da
far
gestire
allÊAeronautica, ma da impiegare anche sulle
future corvette), e di 2 cacciamine, per i quali
sono in corso trattative con la Germania per
altrettanti ÿKulmbachŸ (ÿType 333Ÿ), completati nel 1989-1991, e passati in riserva nel
marzo 2012.
n
NOTE
(1) Dopo che lÊindipendenza croata aveva già inferto un duro colpo al potere marittimo jugoslavo (rimasto poi
in disparte durante la Guerra del Kossovo, nel 1999), nel 2006 la secessione della Repubblica del Montenegro
ha completato lÊopera. Oggi Belgrado mantiene solo una piccola forza navale fluviale (Rečna Flotila), integrata
nellÊEsercito, e formata da una ventina di mezzi minori (vedette, unità da sbarco e trasporto, dragamine). Il Montenegro arma solo alcune delle unità ereditata dai resti della Federazione, comprese le 2 fregate classe ÿKotorŸ.
(2) Dopo la conquista della Jugoslavia (1941), i Tedeschi avevano permesso agli Ustascia croati di costituire una
propria organizzazione navale, il cui nucleo fu la Legione Navale Croata (Legija Hrvatske Mornarice), che operò
in Mar Nero contro i Sovietici, e contro gli Alleati in Adriatico.
(3) Delle 11 unità classe ÿMirnaŸ, 7 sono rimaste alla federazione serbo-montenegrina, per poi passare nel 2006
al Montenegro: 5 sono state vendute e trasformate in mezzi da turismo, e 2 destinate al servizio costiero, per
essere radiate nel 2012. Va detto che delle 4 unità catturate da Zagabria, una fu danneggiata da un missile anticarro
sparato da un peschereccio armato dalla milizia croata, unÊaltra da un siluro lanciato con mezzi di fortuna.
(4) Sulla falsariga del pacchetto finlandese ÿPatria/HelsinkiŸ.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
LA BREVE STAGIONE
DELLÊATOMICA EUROPEA
Il progetto di cooperazione nucleare tra Francia, Germania Federale
e Italia 1956-1958
VEZIO VASCOTTO (*)
L
Êesplosione atomica che pose fine alla
seconda guerra mondiale segnò lÊinizio
di una nuova era, nella quale la gerarchia
delle nazioni non sarebbe stata più determinata da fattori geografici, storici, economici
e militari, ma sulla base di un solo criterio: il
possesso o meno di ordigni nucleari. Per non
subire quindi unÊineluttabile recessione nella
graduatoria mondiale, le nazioni vincitrici
del conflitto si affrettarono a rincorrere la superiorità acquisita dagli Stati Uniti, impiegando ciascuna le metodologie (alleanze,
accordi economici, spionaggio) e le risorse
(manageriali, scientifiche, industriali) più rispondenti alle proprie tradizioni e alle proprie capacità. Così, il Regno Unito ·
proseguendo la tradizionale cooperazione
transatlantica · e lÊUnione Sovietica ·
sfruttando le potenzialità intellettuali e materiali disponibili nei Paesi satelliti · riusci-
rono in tempi relativamente brevi a superare
la soglia nucleare; Francia e Repubblica Popolare Cinese, occupate a risolvere urgenti
problemi interni istituzionali ed economici,
dovettero ricorrere allÊaiuto · non disinteressato · di Paesi amici (1).
In particolare la Francia, stremata dalla
guerra e impegnata finanziariamente e militarmente a contenere il progressivo sgretolamento del suo Impero coloniale, iniziato in
Indocina nel 1946 e proseguito nel 1954 in
Algeria, si rese conto di non essere in grado
di proseguire da sola la corsa allÊatomo, intrapresa con la creazione del Commissariat à
lÊEnergieAtomique (CEA) nel 1945 (2). La
richiesta di aiuti allÊalleato americano, che
pure provvedeva al suo riarmo convenzionale, non ricevette invece risposte soddisfacenti poiché Washington, per motivi sia
strategici che politici (3), non intendeva co-
(*) Ammiraglio di Squadra (r), ha lasciato il servizio nel 1996 dopo aver ricoperto vari incarichi su navi di superficie e sommergibili, in destinazioni nazionali, NATO ed estere (Addetto Navale in Francia) e il Comando di
COMSUBIN, della 1^ Divisione Navale e dellÊIstituto di Guerra Marittima (oggi ISSM). Ha eseguito ricerche e
saggi di carattere strategico e storico per varie istituzioni e su pubblicazioni specializzate. Collabora con la Rivista
Marittima dal 1979.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
La breve stagione dellÊatomica europea
L'esplosione dell'ordigno The Gadget, il primo test nucleare della storia.
municare ai Francesi i propri segreti nucleari.
Alla fine degli anni Cinquanta del secolo
scorso Parigi cercò quindi sostegni politici e
finanziari in Europa, dove vari Paesi stavano
perseguendo un ambizioso disegno comunitario per affrontare la gigantesca impresa
della ricostruzione post bellica e per difendersi dalla minaccia dellÊespansionismo
ideologico e militare del blocco sovietico.
Erano state dapprima messe in comune tutte
le fonti tradizionali di energia e di materie
prime, istituendo il 18 aprile 1951 la Comunità Europea del Carbone e dellÊAcciaio
Rivista Marittima Ottobre 2014
(CECA), entrata in vigore nel luglio 1952. Il
passo successivo fu lÊavvio di una più ampia
cooperazione in campo economico e, significativamente, anche nel campo della ricerca
e dellÊindustria nucleare, che doveva assicurare i crescenti fabbisogni dÊenergia richiesti
dai nuovi programmi di sviluppo. Tale processo, conclusosi con la firma dei Trattati di
Roma del 25 marzo 1957, dette origine alla
Comunità Economica Europea (CEE) e alla
Comunità Europea dellÊEnergia Atomica
(CEEA), più nota come EURATOM, il cui
statuto peraltro impegnava i Paesi membri a
67
La breve stagione dellÊatomica europea
impiegare lÊenergia atomica esclusivamente
per usi pacifici, impedendo ogni trasferimento delle relative tecnologie dallÊimpiego
civile a quello militare. Il ÿterzo pilastroŸ
della nuova Europa, la Comunità Europea di
Difesa (CED), nata proprio a Parigi il 27
maggio 1952, cadde invece il 30 agosto 1954
quando lÊAssemblea Nazionale francese,
contraria a ogni limitazione della sovranità
nazionale, non ratificò il relativo Trattato, che
imponeva tra lÊaltro a ogni Paese comunitario
un limite di 500 gr. alla produzione annua di
materiale fissile (misura adottata principalmente per impedire ogni riarmo nucleare tedesco, eventualità temuta e deprecata tanto
allÊEst che allÊOvest).
Di fronte a questo triplice ostacolo (ostilità degli Stati Uniti, vincoli dellÊEURATOM, fallimento della CED) Parigi, scartata
la Gran Bretagna, ormai dipendente dalle
scelte dottrinali e tecnologiche dÊoltre atlantico, rivolse inizialmente la sua attenzione
alla Repubblica Federale di Germania
(RFG). Il momento era politicamente favorevole: in quegli anni nella Germania Ovest
la fiducia in un immediato intervento americano nel caso di unÊinvasione sovietica
stava diminuendo in seguito alle forti critiche espresse negli Stati Uniti contro la dottrina della ÿrappresaglia massicciaŸ,
giudicata sempre più rischiosa a fronte dei
progressi sovietici negli armamenti atomici.
La nuova strategia proposta, che teorizzava
una ÿrisposta flessibileŸ da commisurare
alla gravità e alla tipologia dellÊaggressione,
poi formalizzata alla fine degli anni Sessanta, prevedeva (anche per ragioni economiche)
una
riduzione
delle
forzeconvenzionali americane assegnate alla
NATO, sia pur bilanciata da un aumento
68
delle armi nucleari tattiche dislocate in Europa, che restavano di proprietà degli Stati
Uniti. Di conseguenza, Bonn temeva di subire sul proprio territorio lo shock iniziale di
un conflitto senza avere la sicurezza di un
automatico intervento dellÊunico alleato che
disponesse di un valido deterrente; per avere
voce nelle scelte strategiche dellÊAlleanza,
anche la Repubblica Federale voleva quindipoter gestire armi atomiche, proprie o almeno in condominio.
***
I primi accordi in materia di Difesa furono
discussi tra il presidente del Consiglio francese, il radical-socialista GuyMollet (in carica dal 1° febbraio 1956), e il cancelliere
tedesco Konrad Adenauer (Unione CristianoDemocratica, CDU) in due successivi incontri, avvenuti a Bonn e poi a Parigi nel
settembre e poi nel novembre 1956, durante
i quali furono poste le basi per sviluppare un
programma comune di armamenti, destinato
formalmente a rafforzarele Alleanze già esistenti (NATO e UEO).
La data del secondo colloquio (6 novembre) coincise con il momento più critico delle
due contemporanee crisi di Suez e della insurrezione ungherese (4), ambedue gestite da
Stati Uniti e Unione Sovietica in funzione dei
loro reciproci interessi e sopra le teste degli
Europei, a dimostrazione dellÊevidente stato
di inferiorità militare e politica dei Paesi nonnucleari rispetto alle due Superpotenze. Ciò
confermò lÊopportunità di comprendere nelle
trattative anche gli armamenti atomici. Bonn,
per favorire lÊaccordo, condivise la richiesta
francese di abolire i controlli da parte dellÊEURATOM sui materiali fissili destinati ai
Rivista Marittima Ottobre 2014
La breve stagione dellÊatomica europea
programmi militari di uno Stato membro, richiesta legata alla decisione di Parigi di
estendere lÊattività del CEA al settore degli
armamenti istituendo al suo interno un Comitédes Applications Militaires de lÊEnergie
Atomique (5 dicembre 1956 – il CAMEA
doveva sovrintendere alla progressione temporale dei programmi e allÊimpiego dei relativi fondi, provenienti anche dal bilancio
della Difesa). Da parte sua la Francia sostenne il diritto della Germania Federale a
eseguire ricerche e a detenere armi atomiche,
batteriologiche e chimiche, se costruite allÊestero o fornite da un Paese terzo, poiché
gli Accordi di Parigi, sottoscritti dalla RFG
nellÊottobre 1954 per poter entrare nellÊAlleanza Atlantica, la impegnavano solamente a
non produrre tali armi sul proprio territorio.
Sulla base di questa interpretazione, la Germania Federale aveva già provveduto a crearenel 1955 un Ministero per le Questioni
Atomiche, affidato Franz-Josef Strauss,
esponente dellÊUnione Cristiano-Sociale
(CSU, equivalente bavarese della CDU);
lÊanno successivo lo stesso Strauss aveva assunto il portafoglio della Difesa, dichiarando
subito che la Bundeswher aveva il diritto di
disporre di armi atomiche.
Agli inizi del 1957 i due Paesi possedevano quindi gli strumenti sufficienti ad avviare concretamente un programma comune
di ricerche avanzate. In gennaio Strauss, su
invito del suo omologo francese Maurice
Bourgès-Maunoury, fu accompagnato a visitare nel deserto algerino il segretissimo Centro sperimentale missilistico di ColombBéchar, dove il 17 gennaio fu siglato un protocollo di cooperazione (teoricamente aperto
ai membri della NATO e della UEO) che sanciva la partecipazione tedesca allo studio di
Rivista Marittima Ottobre 2014
ÿnuovi armamentiŸ e alla costruzione di impianti nucleari su suolo francese. Il 19 febbraio a Parigi ebbe luogo un nuovo incontro
tra Adenauer e Mollet; mentre questÊultimoaffermò pubblicamente la volontà della Francia di dotarsi di un armamento atomico
indipendente, il Cancelliere dovette muoversi
con maggior cautela: bastò un accenno alla
ÿpossibilità di organizzare una coproduzione
franco-tedesca di armi atomiche sul territorio
franceseŸ a sollevare indignate reazioni oltre
la Cortina di Ferro e allÊinterno della stessa
Repubblica Federale. Il 12 aprile un gruppo
di scienziati atomici tedeschi, tra cui quattro
premi Nobel, firmarono il cosiddetto Manifesto di Göttingen nel quale condannavano
ogni impiego dellÊenergia atomica a fini militari e preannunciavano il loro rifiuto a partecipare a ogni attività connessa. Adenauer si
affrettò a puntualizzare che la RFG avrebbe
rispettato lÊimpegno a non costruire ordigninucleari sul proprio territorio, ma il giorno
successivo il ministro Strauss, in visita a New
York, annunciò in unÊintervista la costituzione di una commissione permanente
franco-tedesca incaricata di intraprendere
studi e ricerche sulle armi atomiche. Le indiscrezioni circa il vantaggio tecnologico che
la Gran Bretagna aveva ormai raggiunto grazie alla collaborazione con gli Americani (la
prima bomba H britannica esplose nel Pacifico meno di un mese dopo, il 15 maggio)
non erano estranee a questa accelerazione del
progetto bilaterale, che non risentì nemmeno
dellÊendemica caducità dei governi della
Quarta Repubblica francese.
Il 21 maggio 1957 infatti Guy Mollet, rimasto al governo per 16 mesi (peraltro record
di durata della Quarta Repubblica), fu sfiduciato dal Parlamento dopo unÊimpopolare
69
La breve stagione dellÊatomica europea
proposta di aumenti fiscali ma lÊintesa con
Bonn proseguì; gli successe infatti lÊex ministro della Difesa Bourgès-Maunoury, che nel
suo breve passaggio a Palais Matignon (giugno-settembre 1957) riuscì a far approvare
un piano quinquennale del CEA, che prevedeva tra lÊaltro la costruzione di un impianto
capace di produrre a regime 700kg di plutonio allÊanno per uso militare. La partecipazione tedesca al costo dellÊimpresa era in
effetti indispensabile dal momento che le finanze francesi, e in particolare le risorse destinate alle Forze Armate, erano sempre più
assorbite dalla guerra in Algeria.
Il 4 ottobre lÊUnione Sovietica mise con
successo in orbita lo Sputnik, primo satellite
artificiale terrestre; lÊevento rese evidente lasuperiorità raggiunta dallÊUnione Sovietica
in campo missilistico, segnando la fine dellÊinvulnerabilità del continente nordamericano. Il sospetto che gli Stati Uniti sarebbero
stati ancora più prudenti prima di impegnarsi nella difesa degli alleati crebbe in Europa, e soprattutto in Germania, destinata a
sopportare le prime conseguenze di uno
scontro che si sarebbe concentrato sul teatro
europeo. Bisognava perciò da un lato reperire ulteriori risorse finanziarie, dallÊaltro ricercare un maggior consenso politico in
Europa. In un incontro segreto a Bonn tra il
nuovo ministro della Difesa francese Jacques Chaban-Delmas (Bourgès-Maunoury
aveva lasciato la Presidenza del Consiglio a
Felix Gaillard il 6 novembre 1957) e lÊinamovibile Franz-Joseph Strauss fu avanzata
lÊidea di far entrare anche lÊItalia in un
ÿTriangolo degli armamentiŸ.
LÊiniziativa era possibile in quanto la clausola del Trattato di Pace del 1947 che impediva allÊItalia di avere impianti atomici era
70
stata abrogata nel 1951 per consentirci di iniziare la costruzione di centrali atomiche per
usi civili (5). Erano stati poi costituiti nel
1952 il Comitato Nazionale per le Ricerche
Nucleari (CNRN, poi trasformato in Consiglio Nazionale per lÊEnergia Nucleare,
CNEN) e nel 1956 a Pisa il Centro per le Applicazioni Militari dellÊEnergia Atomica
(CAMEN), dotato più tardi di un reattore nucleare di ricerca (6).
Il 16 dello stesso mese a Parigi ChabanDelmas iniziò riservatamente negoziati in tal
senso con Paolo Emilio Taviani, ministro
della Difesa nel governo monocolore democristiano di Adone Zoli (19 maggio 1957-1
luglio 1958) e il successivo 28 novembre il
protocollo di cooperazione franco-tedesco siglato a Colomb-Béchar venne esteso allÊItalia. Esso impegnava i tre Paesi a ÿrealizzare
una stretta cooperazione nel campo degli armamenti per rispondere alle necessità immediate e future (⁄) e a unificare i sistemi
dÊarmi anticarro, i missili guidati e le applicazioni militari dellÊenergia nucleareŸ. Il
testo dellÊaccordo fu portato a conoscenza
degli alleati della NATO e dellÊUEO nella
sessione parigina del 16-17 aprile 1958 dei
Ministri della Difesa dellÊAlleanza ma solo
per quanto riguardava gli armamenti convenzionali; le clausole concernenti il nucleare restarono rigorosamente segrete. La stampa si
accontentò di registrare ÿgli sforzi di standardizzazione intrapresi da Francia, Germania
Federale e ItaliaŸ.
***
Tutta lÊoperazione voleva apparire come il
primo concreto sforzo in ambito europeo per
giungere a un coordinamento (se non ancora
Rivista Marittima Ottobre 2014
La breve stagione dellÊatomica europea
a una unificazione) dei mezzi di Difesa; al di
là dellÊAtlantico e oltre Manica fu piuttosto
interpretata come un tentativo, a sospetta
guida francese, di sottrarsi alla tutela anglosassone in campo nucleare, o comunque di
esercitare una pressione sugli Stati Uniti per
forzarli a impegnarsi più concretamente sul
Vecchio Continente. Fu Londra a esprime subito ÿvive inquietudiniŸ per il nuovo soggetto
che si stava formando in Europa, suscettibile
di disporre di bombe atomiche, per di più ÿcol
dito tedesco sul grillettoŸ (7); i Paesi del
Triangolo riaffermarono in risposta che lÊaccordo non intendeva escludere eventuali altri
membri e che i programmi avviati erano progetti-pilota di una futura associazione di sicurezza occidentale, lasciando così formalmente
la porta socchiusa a un improbabile ingresso
degli Inglesi.
Alla firma dellÊaccordo tripartito fecero
seguito tra la fine del 1957 e la metà del 1958
vari incontri operativi tra responsabili politici, industriali e militari, riuniti in un Comitato Centrale Tripartito, che stilarono una
ÿlista della spesaŸ comprendente armi convenzionali terrestri, sommergibili, aerei e
missili (8). Il punto più delicato era comunque costituito dalle modalità di partecipazione alla costruzione dellÊimpianto di
separazione isotopica dellÊuranio (tecnologia
essenziale per la costruzione di ordigni nucleari) in progetto a Pierrelatte in Francia; il
7 e 8 aprile 1958 si incontrarono a Roma gli
stessi Ministri della Difesa per una sessione
di lavoro, al termine della quale fu siglato un
protocollo dÊaccordo che prevedeva di suddividerne il costo, valutato in 140 milioni di
dollari, tra Francia e Repubblica Federale
(45%) mentre lÊItalia avrebbe provveduto al
restante 10%. LÊincontro successivo, desti-
Rivista Marittima Ottobre 2014
nato a definire in dettaglio la ripartizione dei
compiti e le modalità del finanziamento,
avrebbe dovuto tenersi proprio in quella località sul Rodano.
Il 15 aprile invece le carte furono sparigliate dallÊennesima crisi politica francese:
Felix Gaillard, battuto in Parlamento dopo un
acceso dibattito sulla politica in Algeria, si
dimise, non prima di aver emanato, antidatandolo, un decreto che fissava per lÊinizio
del 1960 la data della prima esplosione atomica sperimentale francese. La Francia
ormai procedeva da sola, anche politicamente: il 1° giugno 1958 Charles de Gaulle
tornava al potere come presidente del Consiglio, in attesa di diventare il Presidente della
Quinta Repubblica. Già il 17 giugno il
dossier della cooperazione militare europea
venne esaminato in una riunione ristretta tra
il Generale, il nuovo ministro della Difesa,
Pierre Guillaumat (non a caso ex amministratore delegato del CEA) e il nuovo ministro
degli Affari Esteri, MauriceCouve de Murville: fu deciso di procedere con la cooperazione nel campo delle armi convenzionali,
ma di sospendere quella in campo nucleare.
LÊicastica formula usata dal Generale ·
Le nucléaire ne se partage pas! · riassume
i motivi del fallimento del tentativo dei Paesi
occidentali europei di unificare le proprie capacità atomiche in campo militare. In realtà
il progetto era viziato fin dal principio da
contrastanti e inconfessati interessi particolari: la Francia era decisa a entrare comunque nel club atomico, aggirando gli ostacoli
posti dagli Stati Uniti, per avere ancora un
ruolo mondiale e mantenere unÊinfluenza sul
suo ex impero coloniale in rapida trasformazione; la Germania Federale voleva disporre
di armi atomiche, anche se a doppia chiave,
71
La breve stagione dellÊatomica europea
sul proprio territorio, per evitare di divenire
un vaso di coccio nello scontro tra Superpotenze e farsi riconoscere uno status di parità
con gli altri Alleati; lÊItalia aveva interesse
ad ammodernarele proprie Forze Armate in
tutti i campi, compreso quello nucleare, per
aumentare il proprio peso nellÊAlleanza
atlantica garantendosi così stabilità politica
e aiuti finanziari indispensabili per uno sviluppo economico al quale lÊenergia nucleare
avrebbe contribuito in modo, si sperava, duraturo. Tutti e tre i Paesi, tuttavia, non intendevano incrinare troppo le relazioni con gli
Stati Uniti, fornitori di ultima istanza delle
conoscenze e delle tecnologie necessarie alla
gestione degli impianti nucleari, militari o
civili che fossero. Quando il comune interesse portò ambedue le Superpotenze a predicare la Non-Proliferazione delle armi
nucleari, la mai sopita opposizione di Washington ai programmi atomici europei
portò, sia pure in tempi diversi, alla firma del
Trattato TNP anche da parte di Bonn, Roma
e infine Parigi (9), che senza rimpianti abbandonarono nei cassetti il progetto della
Forza Atomica Europea.
n
NOTE
(1) Prima esplosione sperimentale atomica dellÊURSS il 29 agosto 1949; termonucleare il 12 agosto 1953; Gran
Bretagna: 3 ottobre 1952 e termonucleare il 15 maggio e 8 novembre 1957. Francia: 13 febbraio 1960; termonucleare il 28 agosto 1968; Cina Popolare: 16 ottobre 1964 e termonucleare il 17 giugno 1967.
(2) Il CEA, istituito da de Gaulle il 18 ottobre 1945, tre giorni prima della fine del suo governo provvisorio, e
mantenuto in vita da tutti i governi della Quarta Repubblica, doveva „perseguire le ricerche scientifiche e tecniche
per lÊutilizzo dellÊenergia atomica nei diversi campi della scienza, dellÊindustria e della difesa nazionale‰. La
prima pila atomica sperimentale francese entrò in funzioneil 15 dicembre 1948 nel Fort de Chatillon (Parigi).
(3)Nel 1946 il Senato degli Stati Uniti aveva votato lÊAtomic Energy Act (noto come McMahonAct) che vietava
ogni condivisione di segreti nucleari con paesi terzi; nel 1958 la legge fu emendata per permettere la diffusione
di informazioni a Paesi alleati in grado di fornire „un contributo sostanziale ed effettivo alla difesa e alla sicurezza
nazionale‰; in praticail possesso di tale requisito fu riconosciuto solo alla Gran Bretagna.
(4)Il 6 novembre 1956 Washington impose agli anglo-francesi il ritiro delle loro truppe inviate ad occupare il
Canale di Suez, nazionalizzato dal presidente egizianoGamalAbd-elNasser il 26 luglio precedente; due giorni
prima le forze del Patto di Varsavia avevano iniziato le operazioni per soffocare la rivolta popolare scoppiata in
Ungheria il 23 ottobre 1956.
(5) Lecentrali atomiche di Latina e del Garigliano iniziarono a funzionare rispettivamente il 1° giugno 1962 e il
1° giugno 1964. La prima fu chiusa il 26 novembre 1986, la seconda il 1° marzo 1982.
(6) Il CAMEN fu chiusonel 1985 e trasformato in Centro Ricerche Esperienze e Studi per Applicazioni Militari
(CRESAM), poi nel 1994 in Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari (CISAM).
(7) In quegli anni negli Stati Uniti aveva successo una Ninna-Nanna che iniziava così:
Dormi, dormi, pupo bello, in pace puoi riposare // Nessun tuono improvviso ti potrà svegliare;
La pace la salva il missile atomico // E un dito sul bottone sarà teutonico.
(da MLF Lullaby, di Tom_Lehrers, (http://www.youtube.com/watch?v=wB7PRY1Aqds)
(8) LÊItalia avviò studi e ricerche nel campo della propulsione nucleare navale (progetto del sottomarino atomico
G. Marconi)e procedette allÊinstallazione sullÊincrociatore G. Garibaldi di pozziverticali peril lancio di missili
strategiciPolaris.Nessunodei progetti giunse a conclusione.
(9) Il Trattato fu firmato il 1° luglio 1968 da USA, URSS e UK ed entrò in vigore il 5 marzo 1970. Germania Federale ed Italia vi aderirono nel 1975, la Francia nel 1992.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
I CORSARI DI DÊANNUNZIO
Arrembaggi e sequestri navali degli Uscocchi agli ordini del Vate
durante lÊoccupazione di Fiume (1919-1920)
PAOLO FRAGIACOMO (*)
S
iamo allÊinizio di ottobre del 1919, su
una banchina del porto di Messina, dove
è ormeggiato il Persia, mercantile della compagnia Lloyd Triestino diretto in Oriente con
13 mila tonnellate di armi e munizioni nelle
stive, caricate a La Spezia qualche giorno
prima. Con lÊaiuto di uno dei marinai, tre uomini salgono clandestinamente a bordo.
Quando la nave è ormai al largo i tre escono
allo scoperto e, con la sostanziale complicità
dellÊequipaggio, costringono il comandante a
invertire la rotta e a dirigere la prua verso
Fiume. La città adriatica, il cui destino non è
stato ancora definito alla Conferenza di pace
di Parigi, da poco meno di un mese è nelle
mani dei legionari guidati dal poeta-soldato
Gabriele DÊAnnunzio, alla ricerca del fatto
compiuto per rivendicarne lÊitalianità e forzare la mano alle potenze vincitrici dellÊIntesa
(1). Proprio al Vate, che a Fiume ha assunto i
pieni poteri con il titolo di Comandante, il
prezioso bottino del Persia viene trionfalmente consegnato il 7 di quello stesso mese.
Il sequestro e il dirottamento del piroscafo
del Lloyd Triestino sarà solo il primo di una
serie di clamorosi atti di pirateria messi in
atto dai moderni Uscocchi agli ordini di
DÊAnnunzio durante lÊavventura fiumana,
conclusasi nel dicembre del 1920 con il ÿNatale di sangueŸ: lo sgombero cruento dei legionari dalla città da parte dellÊEsercito e
della Regia Marina, in esecuzione del Trattato di Rapallo. Questi atti di pirateria finiranno per inasprire i già difficili rapporti fra
DÊAnnunzio e il governo italiano, suscitando
violentissime polemiche sulla stampa e tra le
forze politiche, lasciando infine una lunga
scia di controversie giudiziarie. Vogliamo
dunque rievocare, accanto al poeta-soldato,
allÊaviatore e al marinaio della ÿbeffa di BuccariŸ, un aspetto meno noto della complessa
personalità del Vate: il pirata.
LÊassedio di Fiume
I
l carico sottratto al Persia servì a migliorare
lÊequipaggiamento dellÊimprovvisato e sgangherato esercito legionario, partito per Fiume
il 12 settembre del 1919 da una località della
(*) Giornalista professionista, ha lavorato in quotidiani e agenzie di stampa a Monfalcone, Trieste e Roma. Laureato in Storia allÊUniversità di Trieste, studioso di storia economica e di storia dellÊindustria, ha pubblicato
diversi volumi e contributi su riviste specializzate con particolare riguardo al settore della cantieristica. Collabora
con la Rivista Marittima dal 2009.
74
Rivista Marittima Ottobre 2014
I corsari di DÊAnnunzio
Venezia Giulia, Ronchi, che da allora in poi
avrebbe aggiunto ÿdei LegionariŸ al suo
nome in ricordo appunto della ÿmarcia di
RonchiŸ, come venne celebrato il raduno dei
volontari pronti a tutto pur di seguire DÊAnnunzio a Fiume, sullÊonda del mito della
ÿvittoria mutilataŸ che lo stesso Vate aveva
contribuito a suscitare e diffondere nel Paese
nei mesi precedenti. Perché proprio a Ronchi? Perché qui si era acquartierata una Brigata di granatieri ritirata per ordine del
Governo da Fiume, dove faceva parte della
forza multinazionale chiamata a sorvegliare
le condizioni dellÊarmistizio. Alcuni ufficiali
ribelli giurarono di ritornare nella città adriatica per conquistarla allÊItalia, chiedendo
lÊaiuto di DÊAnnunzio (2). Oggi il comune di
Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia, è noto soprattutto perché ospita lÊaeroporto regionale del Friuli Venezia Giulia. Un
monumento a forma di colonna romana ·
collocato lungo la strada principale che attraversa lÊabitato, ma del tutto invisibile al viaggiatore frettoloso · richiama quel lontano
evento ormai consegnato alla riflessione
degli storici.
I sequestri di navi successivi al dirottamento del Persia saranno dettati da motivazioni diverse: non tanto armare lÊesercito di
occupazione quanto piuttosto alleviare la
drammatica situazione alimentare, sanitaria
ed economica dei legionari e della popolazione fiumana, strangolata dal blocco terrestre e marittimo voluto, fin da subito, dal
primo ministro Francesco Saverio Nitti (ÿcagoiaŸ, come venne sprezzantemente definito
dal Vate, confermando così la sua proverbiale
inventiva linguistica). Quella di Nitti era una
strategia prudente e flessibile. Mentre proclamava e metteva effettivamente in pratica il
Rivista Marittima Ottobre 2014
D'Annunzio in divisa da comandante su una cartolina
di Fiume (fonte Wikipedia).
blocco, prendeva contatti riservati con il presidente della Croce Rossa Italiana (CRI),
Giovanni Ciraolo, al quale chiedeva di organizzare un piano di aiuti umanitari a favore
degli abitanti di Fiume. Secondo le direttive
impartite a Ciraolo, dagli aiuti dovevano essere tassativamente esclusi i volontari di
DÊAnnunzio. In questo modo Nitti voleva far
risaltare il ruolo del Governo nel soccorso
alla città, creando una potenziale frattura tra
75
I corsari di DÊAnnunzio
la popolazione e lÊesercito legionario (3).
AllÊinizio, nei primi mesi dellÊoccupazione, le condizioni alimentari di Fiume non
erano poi così disastrose, ma si sarebbero
drammaticamente aggravate nel corso del
1920, soprattutto dopo il fallimento del
modus vivendi, il tentativo di compromesso
fra il Governo e DÊAnnunzio, mandato allÊaria dal Comandante nel dicembre del 1919
con uno dei suoi tipici ÿcolpi di manoŸ: fece
bloccare lo spoglio delle schede del referendum popolare sullÊaccordo, quando era
ormai chiaro che avrebbero vinto i favorevoli. Alle difficoltà di approvvigionamento
alimentare, causate dal blocco, si aggiungeva
la crisi economica, il collasso delle poche industrie fiumane, la disoccupazione generalizzata, infine il disordine valutario. A Fiume
circolavano varie monete (lire italiane, banconote jugoslave, persino vecchie corone ungheresi accanto a nuove improbabili corone
fiumane), i cui rapporti di cambio erano del
tutto aleatori, dettati da movimenti speculativi che provocavano improvvise fiammate
inflazionistiche, con la conseguente sparizione dal mercato dei beni di prima necessità.
La situazione non migliorò con la caduta
di Nitti, nel giugno del 1920, e con il ritorno
alla guida del Governo di Giovanni Giolitti.
Il navigato statista e uomo politico piemontese, ormai quasi ottantenne, assunse un atteggiamento freddo e pragmatico, puntando
a unÊintesa diplomatica per disinnescare la
bomba fiumana. Una linea di condotta, questa, che avrebbe portato agli accordi diretti
con il neonato Regno di Jugoslavia: prima il
Trattato di Rapallo (novembre 1920) e quindi
il Trattato di Roma (gennaio 1924), con il
quale ultimo si sancì la definitiva sovranità
italiana su Fiume, limitatamente alla sola
76
cinta urbana. Ma sul blocco della città occupata dai legionari, già inasprito dopo il fallimento del modus vivendi, Giolitti non
modificò lÊatteggiamento intransigente di
Nitti, nonostante i tentativi del presidente
della CRI Ciraolo, che in fondo parteggiava
per DÊAnnunzio, di ammorbidire la posizione del Governo.
LÊUfficio Colpi di Mano
˚ in questo clima di stato dÊassedio che
prese corpo lÊidea di organizzare in modo sistematico le azioni di pirateria per mare e le
rapine per terra, selezionando per questo delicato compito uomini particolarmente audaci, gli Uscocchi, dal nome · di origine
croata · dei pirati che nel XVI e XVII secolo
infestarono lÊAdriatico creando non poche
difficoltà alla Repubblica di Venezia (4). La
pratica della pirateria fu addirittura istituzionalizzata allÊinizio del 1920 con la creazione
di un vero e proprio Ufficio Colpi di Mano
(UCM), posto alle dirette dipendenze dirette
del Vate (il ÿGrande UscoccoŸ), fino ad arrivare alla pubblicazione sul Bollettino ufficiale
del Comando di un ÿRegolamento dei Colpi
di manoŸ. Fu sviluppata una rete di informatori nelle principali città italiane, sotto la copertura di agenzie commerciali, per tenere i
contatti con i simpatizzanti della causa fiumana e per individuare le ÿpredeŸ da assalire.
LÊUCM disponeva di due MAS armati e agiva
in stretta cooperazione con unÊaltra branca
della piratesca burocrazia dannunziana, lÊUF
(Ufficio Falsi), che aveva il compito di fornire
agli Uscocchi passaporti e documenti contraffatti per potersi muovere liberamente tra
Fiume e lÊItalia, aggirando i rigorosi controlli
Rivista Marittima Ottobre 2014
I corsari di DÊAnnunzio
del blocco.
Non si può ricostruire in modo adeguato
la breve storia della pirateria dannunziana
senza introdurre la figura di quello che fu il
principale alleato degli ÿuscocchiŸ: Giuseppe Giulietti (1879-1953), sindacalista rivoluzionario e capo incontrastato della
Federazione Italiana Lavoratori del Mare
(FILM) (5). Nato a Rimini da una poverissima famiglia di pescatori, dopo il diploma
allÊIstituto Nautico intraprese la carriera di
ufficiale della Marina mercantile interessandosi sin dallÊinizio delle condizioni di vita
dei marittimi. Grazie alla sua accorta politica
rivendicativa e alla capacità di costruire un
sindacato che rappresentasse senza distinzione tutti i lavoratori del mare, dagli ufficiali
alla bassa forza, conquistò saldamente a partire dal 1913 la guida della FILM. Interventista e volontario nella Regia Marina durante
il primo conflitto mondiale, Giulietti era
nello stesso tempo pacifista e devoto alla
causa del proletariato: la Grande Guerra era
considerata dal sindacalista riminese come
lÊoccasione per sconfiggere definitivamente
il militarismo tedesco, per costruire quindi
una pace duratura che doveva coincidere con
il riscatto dei lavoratori di tutto il mondo.
A Fiume Giulietti intratteneva rapporti diretti e amichevoli con DÊAnnunzio e con uno
dei suoi principali collaboratori, lÊammiraglio Luigi Rizzo, pluridecorato per le audaci
imprese con i MAS durante la Prima guerra
mondiale, protagonista proprio con il Vate e
con il futuro ministro delle Comunicazioni,
Costanzo Ciano, della celebre ÿbeffa di BuccariŸ. Non a caso Rizzo accettò la proposta
di Giulietti di assumere, a Genova, la direzione della neonata Cooperativa ÿGaribaldiŸ
(6). Autentica creatura del sindacalista, che
Rivista Marittima Ottobre 2014
I protagonisti della beffa di Buccari, da sinistra Luigi
Rizzo, Gabriele D'Annunzio e Costanzo Ciano,
in posa per la foto dopo la missione (fonte Wikipedia).
la considerava realizzazione concreta del suo
programma politico, efficace sintesi fra la
dottrina marxista e quella mazziniana, la cooperativa arriverà a gestire direttamente anche
unÊintera flotta di navi mercantili.
Secondo Giulietti lÊoccupazione di Fiume
doveva diventare il punto di partenza per innescare un moto rivoluzionario in Italia, che
avrebbe avuto come sbocco una Repubblica
dei lavoratori, e in questo senso avviò una
serie di contatti segreti cercando di coinvolgere nelle sue trame occulte anarchici e socialisti. Del resto a Fiume, dopo il fallimento
del modus vivendi, la componente dei legionari ÿmoderatiŸ era stata del tutto sopravan-
77
I corsari di DÊAnnunzio
D'Annunzio (al centro con il bastone) con alcuni legionari a Fiume nel 1919 (fonte Wikipedia).
zata da quella degli ÿscalmanatiŸ, come confermava la sostituzione, nella funzione di
Capo di Gabinetto del Comandante, di Giovanni Giuriati con il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, ispiratore della
Costituzione fiumana (la Carta del Carnaro).
In ogni caso, il disegno eversivo di esportare
la fiamma della rivoluzione nella Penisola, a
partire dalla scintilla fiumana, si sarebbe rivelato del tutto inconsistente. Fu comunque
la FILM, su impulso di Giulietti, a fornire agli
ÿuscocchiŸ un aiuto decisivo: uomini, complicità, supporto logistico, imbeccate riservate
sulle navi da depredare e sulle loro rotte.
In questo articolo ci soffermeremo soltanto sui casi principali di assalti alle navi
mercantili, vale a dire sugli atti di pirateria
veri e propri (7). Non va tuttavia dimenticato
che lÊazione dellÊUCM era indirizzata anche
alle ruberie terrestri · eclatante e beffarda
fu la razzia di cavalli da tiro ai danni dellÊEsercito, avvenuta nei pressi di Abbazia ·
78
e ai tentativi di impadronirsi delle unità navali della Regia Marina. ˚ il caso del cacciatorpediniere Bertani, ormeggiato a una
banchina del porto di Trieste, trafugato fortunosamente nel dicembre del 1919 da sette
Uscocchi con la complicità di alcuni uomini
dellÊequipaggio. Tra il personale della Regia
Marina, anche tra gli ufficiali, non mancavano infatti diffuse simpatie per la causa fiumana, fino ad arrivare alle aperte defezioni:
la piccola Marina legionaria era composta da
unità passate volontariamente dalla parte di
DÊAnnunzio. Uno dei casi più imbarazzanti
fu quello dellÊammiraglio Enrico Millo, Governatore militare della Dalmazia, che inizialmente assunse un atteggiamento di
neppure tanto velato appoggio al poeta-soldato, fino a farsi irretire nelle ÿmene balcanicheŸ, le velleitarie trame eversive antiserbe
ordite dagli ÿscalmanatiŸ per mettere in crisi
il Regno di Jugoslavia (8). Da ciò la linea
prudente dei vertici della Regia Marina in
Rivista Marittima Ottobre 2014
I corsari di DÊAnnunzio
quel delicato frangente, una linea di sostanziale lealtà nei confronti del Governo, ma
nello stesso tempo di comprensione nei confronti di coloro che simpatizzavano per
DÊAnnunzio, in modo da evitare tensioni e
fratture interne (9).
Armi proletarie
Sul sequestro del Persia esistono due versioni diverse. La prima, accreditata dal capo
della FILM Giuseppe Giulietti, è quella che
abbiamo sintetizzato nelle righe iniziali; lÊaltra, ripresa poi da autori successivi, è riportata nel volume che lo scrittore Tom
Antongini, segretario personale di DÊAnnunzio, ha dedicato nel 1951 alle avventure degli
ÿallegri filibustieriŸ fiumani. Il Persia, secondo Antongini, era salpato da Trieste. Grazie a una soffiata dei sindacalisti della FILM,
che avevano trasmesso agli emissari di
DÊAnnunzio informazioni riservate sul carico e sulla rotta, il mercantile del Lloyd Triestino era stato abbordato da un MAS
legionario poco dopo la partenza, al largo del
faro di Lussinpiccolo, sullÊisola di Lussino.
Dopo che dal MAS era partito un colpo di
schrapnel a scopo intimidatorio, il Persia era
stato costretto a fermare le macchine e quindi
a calare la scala. Erano così saliti a bordo
dieci Uscocchi armati, che avevano messo
fuori uso la radio di bordo e intimato al comandante di dirigersi a Fiume, con il sostanziale consenso dellÊequipaggio, una volta
chiarito lo scopo ÿpatriotticoŸ del sequestro.
Il MAS 96, esposto nel Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera, visto da poppa e da prua (fonte Wikipedia,
autore Olonia).
Rivista Marittima Ottobre 2014
79
I corsari di DÊAnnunzio
Qual è dunque la verità? Non è facile stabilirlo sulla base di testimonianze discordanti.
Antongini è sicuramente persona bene informata sui fatti, anche se la narrazione nelle pagine del suo libro risulta a tratti un poÊ troppo
romanzata. Su un punto, a più di trentÊanni
dagli eventi raccontati, la memoria lo ha sicuramente ingannato: colloca il sequestro nel
febbraio del 1920, quando lÊUCM era già in
piena operatività, mentre era in realtà avvenuto quattro mesi prima, nellÊottobre del
1919. Diciamo però che sul piano storico è
più importante rilevare che Giulietti si assunse pubblicamente, a nome del sindacato
della gente di mare, la diretta e intera paternità dellÊoperazione. Era stato il Giornale
dÊItalia, nel pubblicare la notizia, a parlare di
una cattura ÿallÊalto dei LussiniŸ. Giulietti replicò immediatamente facendo distribuire il
10 ottobre uno dei cosiddetti ÿfoglietti volantiŸ, i manifestini di propaganda rivolti ai
marittimi, con la sua versione: il Persia non
era stato catturato, ma condotto volontariamente a Fiume per decisione della FILM, che
era riuscita a imbarcare a La Spezia un segretario del sindacato il quale, a sua volta, aveva
fatto salire a Messina altri tre fiduciari. Versione ribadita coraggiosamente dallo stesso
Giulietti, fra proteste e interruzioni, nel suo
primo discorso alla Camera, dove era stato
eletto nelle file del Partito del Lavoro nella
consultazione del 16 novembre 1919.
Lo scopo del clamoroso gesto, pianificato
dallÊalto, era molto chiaro: impedire la partenza di armi che si riteneva fossero destinate
alla guerra contro lÊUnione Sovietica, a rifornire cioè lÊarmata ÿbiancaŸ che stava resistendo al potere bolscevico, ancora in fase di
consolidamento (per dovere di cronaca, Nitti
smentì in Parlamento, affermando che la for-
80
nitura militare era diretta in Cina). Tutto ciò
confermava, comunque, la linea fino al quel
momento seguita dalla FILM: il sindacato di
Giulietti aveva infatti aderito allo sciopero generale internazionale di solidarietà con
lÊUnione Sovietica e già bloccato a Genova un
altro piroscafo in partenza per lÊOriente, il Fedora, anchÊesso carico di armamenti. E dunque ÿi mezzi che dovevano servire a
combattere la libertà e la redenzione del popolo russo serviranno adesso per la libertà e la
redenzione del popolo fiumanoŸ. LÊarrivo del
Persia a Fiume fu una vera benedizione per
lÊesercito legionario. Nella sue stive cÊera di
tutto: batterie da montagna, fucili, mitragliatrici, munizioni. Ma non è finita. Il capo della
FILM chiese a DÊAnnunzio di bloccare la
nave in porto anche dopo che il carico era stato
ÿprelevatoŸ, come mezzo di pressione nei
confronti del Governo con cui il sindacato dei
marittimi aveva in atto una dura vertenza sul
miglioramento delle prestazioni della Cassa
Invalidi. Un episodio che la dice lunga sulla
personalità di Giulietti, nel quale idealismo e
pragmatismo convivevano senza contraddirsi.
Pane per la causa
A
lla metà di dicembre del 1919 la situazione alimentare di Fiume, come abbiamo
visto, non era ancora allarmante. Ma bisognava comunque prepararsi per tempi che si
preannunciavano difficili. Grazie ai contatti
che gli emissari di DÊAnnunzio intrattenevano sulla piazza triestina, da un fiduciario
della FILM arrivò il suggerimento di recarsi
ad Ancona, dove un altro esponente del sindacato avrebbe potuto fornire informazioni
più dettagliate su una potenziale ÿpredaŸ.
Rivista Marittima Ottobre 2014
I corsari di DÊAnnunzio
Sette Uscocchi, al comando di un ufficiale legionario, si misero così in viaggio, abbigliati
in modo modesto, come operai in cerca di lavoro. Nel porto marchigiano, in una taverna,
incontrarono il loro uomo. Ed ecco la preziosa imbeccata: ormeggiato alla banchina
cÊera un mercantile di 7 mila tonnellate, il
Trapani, in partenza a mezzanotte per Sebenico, con le stive stracolme di derrate alimentari (sacchi di farina e di pasta, legumi secchi,
frutta) destinate ai militari italiani stanziati in
Dalmazia, e poi tanti milioni in contanti per
pagare il soldo alle truppe. Per salire a bordo
senza dare nellÊocchio cÊera un complice
pronto ad aiutarli: il capo dei portuali. Inseriti
nel turno di notte, e travestiti da scaricatori,
gli Uscocchi riuscirono così a imbarcarsi
clandestinamente, rifugiandosi a poppa,
nellÊangusto, rumoroso e scomodo locale
dove lÊalbero motore si innesta nellÊelica.
Quando il Trapani aveva già preso il largo
dopo qualche ora di navigazione, ma ancora
in piena notte, gli ÿuscocchiŸ fecero prima irruzione in sala macchine e poi in coperta, nel
quadrato degli ufficiali, intimando che la nave
venisse dirottata su Fiume. Tra lÊequipaggio
trovarono un atteggiamento conciliativo, a
tratti persino cordiale, visto che molti avevano
amici o parenti arruolati tra i legionari di
DÊAnnunzio. Bisognava però salvaguardare le
forme. Il comandante fece capire che soltanto
di fronte alla forza poteva cedere, e chiese
quindi di essere fatto materialmente prigioniero. Un ÿuscoccoŸ, con la delicatezza del
caso, gli legò i polsi dietro la schiena. CÊera
solo un problema: a bordo si trovava una
scorta armata, un maresciallo dei Carabinieri
al comando di dieci militari. In quel momento
stavano tutti dormendo. Secondo il racconto
di Tom Antongini, gli Uscocchi riuscirono a
Rivista Marittima Ottobre 2014
disarmarli nel sonno, sottraendo moschetti e
pistole, e a rinchiuderli dentro la loro stessa
cabina. A quel punto era fatta. Con lÊaiuto di
un ufficiale di coperta navigarono fino a
Fiume dove ad attendere lÊarrivo del Trapani,
annunciato via radio, cÊera sul molo una folla
in festa. I carabinieri rifiutarono di unirsi ai legionari, nonostante le insistenze degli Uscocchi. Chiesero invece di essere riconsegnati alle
autorità italiane, andando quindi incontro al
giudizio per il mancato adempimento del loro
dovere. Il prezioso carico di derrate alimentari
venne ÿprelevatoŸ su ordine del Servizio
Commissariato del Comando. Mancava invece il contante. Per un contrattempo dellÊultimo minuto, i milioni per pagare le truppe in
Dalmazia non erano stati caricati a bordo.
Con il passare dei mesi la situazione alimentare di Fiume andava sempre di più peggiorando: si era arrivati ormai alla carenza di
pane. Ecco perché lÊinformazione raccolta
dagli Uscocchi nel maggio del 1920 a Trieste,
sempre grazie ai contatti con i marittimi della
FILM, risultava davvero provvidenziale. Era
in arrivo a Trieste, proveniente dallÊAmerica
e diretto poi a Venezia come approdo finale,
un piroscafo battente bandiera ungherese, il
Baron Fejervary, con le stive stracolme di
grano. Secondo le rassicurazioni della FILM,
lÊequipaggio non avrebbe opposto resistenza
e anzi avrebbe addirittura assecondato un sequestro di marca dannunziana. E fu proprio
uno dei macchinisti della nave, in porto a
Trieste, a far salire clandestinamente a bordo
i sette Uscocchi scelti per il ÿcolpo di manoŸ,
nascondendoli nel deposito del carbone. Alla
vigilia, lÊoperazione rischiò di essere seriamente compromessa dallo stesso Comandante che, di fronte al malcontento montante
tra i fiumani per le condizioni alimentari
81
I corsari di DÊAnnunzio
della città occupata, organizzò un raduno
pubblico annunciando lÊimminente cattura di
un mercantile carico di grano. Ciò mise in allarme le autorità italiane, che rafforzarono la
vigilanza a Trieste, organizzando un picchetto armato sotto bordo del Baron Fejervary e imponendo al comandante di salpare
con alcune ore di anticipo per Venezia.
Ma ormai i sette Uscocchi erano già saliti.
Non appena la nave ungherese guadagnò il
largo, si ripeté il copione già visto: i pirati con
il volto annerito dal carbone uscirono allo scoperto dividendosi in due gruppi. Il primo si diresse rapidamente verso la stazione radio,
puntando la pistola sul viso del radiotelegrafista, mentre il secondo irruppe sul ponte di
comando intimando il ÿmani in alto!Ÿ. Non
solo la bassa forza del Baron Fejervary, ma
anche gli ufficiali mostrarono simpatia per il
fine ÿpatriotticoŸ del sequestro, cercando soltanto di non farsi compromettere. Si fecero
perciò richiudere nel quadrato e lasciarono a
disposizione degli Uscocchi un timoniere che
li aiutasse a governare il piroscafo. Per aggirare il blocco navale di Fiume, si scelse un tragitto più lungo in modo da giungere in porto
dalla rotta seguita abitualmente dalle navi provenienti da Ancona. LÊarrivo fu davvero trionfale. Nelle stive cÊerano 6 mila tonnellate di
grano da distribuire ai forni della città, una
quantità sufficiente a sfamare i fiumani per almeno un anno. Ultimato il ÿprelievoŸ, il
Baron Fejervary non fu lasciato partire. Il Comando spedì a Roma due Uscocchi con una
proposta provocatoria e beffarda: vendere una
parte del grano al Governo. In caso contrario,
la nave sarebbe stata demolita nei cantieri di
Fiume e venduta a pezzi come ferrovecchio.
Per evitare ulteriori complicazioni, il Governo
fu costretto ad accettare il ricatto, e nelle casse
82
ormai prosciugate del Comando entrarono
così soldi liquidi per un milione e mezzo.
LÊepisodio del Baron Fejervary fu immediatamente fissato da Gabriele DÊAnnunzio in
una delle sue prose immaginifiche, nella quale
lÊarrivo provvidenziale del ÿfrumento di dioŸ
è addirittura accostato dal Vate al miracolo
evangelico della moltiplicazione dei pani e al
sacramento dellÊeucaristia. Ecco alcuni passi
del testo: ÿStamane, dopo una veglia stellata
io vidi entrare nel porto, preziosa come una
conca di perle, la nave carica di frumento condotta dai miei Uscocchi. [...] Compagni, abbiamo il nuovo pane. Giovani ammirabili
hanno vendicato, sulla presa nave, la vostra
lunga fame. [...] Essi sono rimasti per giorni
nella carbonara irrespirabile, nascosti. Si sono
nutriti del pensiero di voi e della loro selvaggia
allegrezza. Son balzati fuori, nel buon momento, con le facce nere, con le mani nere,
come i fabbri incotti della fucina allegra.
Hanno nominato il nome di Fiume, il nome
magico che basta a mutare la rotta di ogni
nave dellÊAdriatico. [...] Oggi è la moltiplicazione del pane. Con cupo dolore ci comunicammo ieri nel sangue. Con maschia serenità
ci comunichiamo oggi nel pane che lÊIddio
nostro ci manda. Carica del frumento di dio la
vasta nave tace nel porto taciturnoŸ (10).
LÊultimo ricatto
Alla fine dellÊestate del 1920 lÊoccupazione
fiumana stava ormai entrando nella fase di
stanchezza e di esaurimento. Ci fu però ancora
spazio per un ultimo, clamoroso atto di pirateria che finì per fruttare alla causa una considerevole somma di denaro: il sequestro del
mercantile Cogne della società di navigazione
Rivista Marittima Ottobre 2014
I corsari di DÊAnnunzio
dellÊAnsaldo, diretto in Argentina con un carico di merci varie di grande valore nelle stive
(sete, orologi svizzeri, automobili). A segnalare la ÿpredaŸ furono ancora una volta gli uomini della FILM, in questo caso i Genovesi.
La vicenda iniziò nel modo più avventuroso.
Per aggirare il blocco di Fiume e raggiungere
Genova, luogo dellÊabboccamento con i sindacalisti, due degli Uscocchi incaricati si imbarcarono su un piccolo aereo legionario, con
lÊintenzione di atterrare su una delle piste di
fortuna allestite attorno a Treviso durante la
guerra, e da qui raggiungere la Liguria in
treno. Ma un improvviso guasto al motore costrinse il pilota a un drammatico atterraggio
dÊemergenza in piena campagna, dal quale i
due uscirono miracolosamente solo con qualche graffio, fuggendo prima dellÊarrivo dei
soccorsi per non essere smascherati.
Secondo la soffiata dei genovesi, a bordo
del Cogne cÊerano alcuni fiduciari della
FILM e un equipaggio disponibile a portare
la nave a Fiume, qualora gli Uscocchi fossero
riusciti a impadronirsi con la forza del comando neutralizzando gli ufficiali. La rotta
prevedeva, dopo la partenza da Genova, una
breve sosta a Napoli e una più lunga a Catania, di tre giorni, per completare il carico
prima di salpare per lÊAtlantico allÊinizio di
settembre. Il momento più adatto per intrufolarsi a bordo era quindi a Catania, che un
gruppo di sette Uscocchi raggiunse in treno.
Proprio nel porto siciliano, aiutati da alcuni
membri dellÊequipaggio, i clandestini riuscirono una notte a salire a bordo alla spicciolata e a nascondersi nella galleria dellÊasse
dellÊelica. Una volta doppiato Capo Passero,
secondo gli accordi con i fiduciari della
FILM, uscirono dal loro scomodo nascondiglio con le armi in pugno. Il piano seguì lÊan-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Un Uscocco (fonte Wikipedia).
damento consueto: prima fu immobilizzato
lÊufficiale radiotelegrafista rendendo inagibile la radio, poi si raggiunse il ponte di comando. Gli ufficiali vennero rinchiusi in un
locale sotto coperta e strettamente sorvegliati. I pirati, con la complicità dei marinai,
si misero quindi al timone e navigando fuori
rotta, per evitare sorprese, giunsero nottetempo nel Quarnaro, in prossimità di Fiume.
A poche miglia dalla meta, il piano rischiò
tuttavia di andare in fumo. Secondo la versione di Antongini, il Cogne fu intercettato e
illuminato dalle fotoelettriche di un cacciatorpediniere della Regia Marina in perlustra-
83
I corsari di DÊAnnunzio
zione, ma gli Uscocchi fecero in tempo a issare la bandiera jugoslava e a deviare la rotta
verso Buccari. Nel dubbio, e per evitare incidenti diplomatici, il cacciatorpediniere lasciò perdere e si allontanò.
La cattura fu solo lÊantefatto, forse la parte
meno interessante, della clamorosa vicenda
del Cogne, che ebbe vastissima eco sulla
stampa italiana e internazionale. La merce custodita nelle stive, per quanto di notevole valore, non serviva infatti ai bisogni dei legionari
e della città, ed era nello stesso tempo difficilmente vendibile sulla piazza fiumana. Ecco allora lÊidea beffarda del Comandante
DÊAnnunzio: chiedere un riscatto al Governo
italiano, in cambio del rilascio della nave con
il suo prezioso carico. Due Uscocchi furono
inviati a Roma per intavolare una trattativa in
sede ministeriale, ma si trovarono di fronte a
un netto e sdegnoso rifiuto: la nave era di proprietà privata e quindi il Governo, così si disse,
non aveva alcun interesse a intervenire nella
questione. Negoziati furono perciò avviati con
la società armatrice e con le ditte, italiane e
straniere, proprietarie della merce. A intercedere a favore di una soluzione negoziata fu
uno dei maggiori industriali italiani, Senatore
Borletti, ammiratore di DÊAnnunzio e proprietario dellÊomonima ditta di meccanica di precisione, produttrice fra lÊaltro delle notissime
macchine da cucire. Borletti aveva anche rilevato nel 1917 dai fratelli Bocconi la prima catena italiana di grandi magazzini,
ribattezzandoli ÿla RinascenteŸ, un nome inventato proprio dal Vate, mentre si trovava al
fronte tra unÊazione di guerra e lÊaltra, su richiesta dellÊimprenditore milanese (11).
LÊindustriale cercò dapprima contatti con
Giolitti, ma senza alcun esito. Nonostante
questo iniziale scacco, non si diede per vinto
84
e organizzò una cordata di imprenditori e finanzieri simpatizzanti della causa fiumana,
raccogliendo così la somma necessaria per liberare la nave. Il valore della merce imbarcata, secondo le stime ordinate dal
Comandante, ammontava a circa 200 milioni. DÊAnnunzio chiese allÊarmatore, attraverso i suoi emissari inviati a Genova, un
riscatto del 10 per cento, minacciando in caso
contrario di iniziare lo svuotamento delle
stive. Alla fine ci si accordò per 12 milioni.
DÊAnnunzio chiese che il denaro venisse
consegnato direttamente a Fiume, in contanti
e in banconote da mille di serie diverse, per
evitare trucchi. Ai primi di dicembre, un legale incaricato dagli armatori di concludere
la transazione arrivò perciò nella città occupata dai legionari con i biglietti da mille stipati in due enormi valige. Solo a questo
punto, a tre mesi dal sequestro di Capo Passero, fu consentito al Cogne di salpare e di
dirigere finalmente la prua verso la destinazione dellÊAmerica del Sud. I 12 milioni di
lire costituivano nel 1920 una somma davvero notevole, corrispondente a oltre 12 milioni di euro attuali (12). Ma il ÿNatale di
sangueŸ, lÊatto finale dellÊavventura fiumana,
era ormai nellÊaria. E il riscatto del Cogne
servì soprattutto, in ultimo, a pagare un ÿpremio di smobilitazioneŸ a tutti i legionari che
avevano preso parte alla marcia di Ronchi.
UnÊutopia anarchica?
Il racconto delle gesta degli Uscocchi conferma la diffusa corrente di simpatia, di sostegno e complicità che lÊoccupazione di
Fiume suscitò in diversi e persino contrapposti settori dellÊopinione pubblica italiana,
Rivista Marittima Ottobre 2014
I corsari di DÊAnnunzio
dalle Forze Armate alle frange dellÊeversione
anarchica, dai magnati dellÊindustria ai lavoratori del mare, dai nazionalisti ai sindacalisti
rivoluzionari. Sarebbe tuttavia riduttivo concludere che la motivazione principale dei sequestri di navi e delle rapine fosse
semplicemente di natura materiale, procurarsi cioè armi e cibo per aggirare il blocco
economico della città imposto dal Governo
italiano. Non si coglie pienamente il senso di
questa vicenda se non si aggiunge unÊulteriore considerazione, altrettanto decisiva:
nella riscoperta e nellÊesercizio della pirateria
si riassume in modo paradigmatico lÊestetica
dannunziana. Le sirene del Vate richiamarono a Fiume ribelli di ogni risma e da ogni
parte del mondo: anarchici e avventurieri,
banditi e futuristi, militari e bohémien.
LÊanno dellÊoccupazione trascorse in un
clima di sospensione delle regole, di disordine, baldoria e trasgressione, un clima di
esaltazione collettiva e di festa continua, tra
canti balli e libero amore. Insomma, gli ingredienti tipici di molti sovversivismi novecenteschi, unÊanticipazione delle rivolte
giovanili del 1968 punteggiate da slogan
come ÿlÊimmaginazione al potereŸ (13).
Davvero a Fiume si realizzò il mito della
fusione tra arte e vita. I proclami del poetasoldato dal balcone della sede del Comando
erano concepiti come altrettante opere letterarie o, se si vuole, come performance artistiche. La musica fu ufficialmente dichiarata
principio centrale dello Stato. Accanto alle
motivazioni materiali, è dunque importante
cogliere lo ÿstileŸ delle gesta degli Uscocchi,
uno stile in cui si mescolano sprezzo del pericolo e della vita, giovanile baldanza, menefreghismo, gusto della beffa in linea di
continuità diretta con la ÿbeffa di BuccariŸ.
Rivista Marittima Ottobre 2014
Ed è proprio questo lo spirito con il quale
Tom Antongini, nel suo libro del 1951, racconta le gesta degli ÿallegri filibustieriŸ di
DÊAnnunzio. La stessa singolare economia
fiumana durante lÊanno di occupazione legionaria potrebbe essere definita unÊÿeconomiapirataŸ, anticapitalista e antiutilitaria, basata
sul rifiuto della logica del materialismo e
piuttosto su una sorta di ÿfilosofia del donoŸ
nei suoi momenti costitutivi del rubare, del
donare e del ricevere.
Tutto ciò ha attirato, in anni recenti, lÊattenzione del pensiero anarchico. LÊautore americano Hakim Bey, nel suo libro sulle TAZ
(Themporary Autonomous Zone · Zone
Temporaneamente Autonome) ha associato la
Fiume dannunziana alle basi dei pirati del
XVII secolo, i nascondigli disseminati sulle
isole in località neppure segnate sulle mappe,
autentiche mini-società occulte che vivevano
senza e al di là della legge, con unÊeconomia
alimentata dallÊappropriazione del surplus
della sovrapproduzione sociale. La breve Repubblica di Fiume sarebbe insomma lÊultima
delle ÿutopie pirateŸ e, forse, la prima delle
moderne TAZ, definite come lÊesito di movimenti insurrezionali che si propongono di
aprire crepe nello Stato onnipresente e onnipotente, caratterizzate da un clima di festa
continua, dallÊintensificazione del quotidiano,
insomma dalla ÿpenetrazione della Vita da
parte del MeravigliosoŸ. Coloro che partecipano a simili esperienze, osserva lo scrittore
anarchico, ÿnotano invariabilmente i suoi
aspetti festivi, anche in mezzo al conflitto armato, al pericolo e al rischioŸ (14). Una considerazione, questa, che si attaglia
perfettamente allÊepopea degli Uscocchi.
Certo non bisogna dimenticare che la vicenda fiumana si inseriva nel contesto di una
85
I corsari di DÊAnnunzio
tragica stagione di contrapposizioni e di violenze che attraversavano il Paese, un clima
eversivo che avrebbe accelerato il collasso
dello Stato liberale e condotto allÊaffermazione del fascismo. Come ha lasciato scritto
Giolitti nelle sue memorie: ÿFiume era diventata un centro di turbamento della vita italiana, e anzi un pericolo, anche per lÊenorme
quantità di armi e munizioni che vi erano
state adunateŸ (15). E non bisogna dimenticare che lÊoccupazione di Fiume fu uno degli
episodi che contribuirono nella Venezia Giu-
lia a esacerbare le contrapposizioni nazionali,
che si sarebbero condensate a cavallo del secondo conflitto mondiale in alcune delle pagine più buie della storia italiana ed europea.
Altrettanto certo è che la complessa figura di
Gabriele DÊAnnunzio, soprattutto del DÊAnnunzio legionario, risulta difficilmente incasellabile in una delle classiche categorie della
politica. E che questa rivalutazione postuma
dellÊesperienza fiumana in chiave anarchico
insurrezionalista, avrebbe sicuramente sollen
ticato e lusingato il Vate.
NOTE
(1) Per un inquadramento generale sulle vicende fiumane dopo la Prima guerra mondiale vedi Antonella Ercolani,
Da Fiume a Rijeka. Profilo storico-politico dal 1918 al 1947, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009, in particolare
il capitolo primo ÿLa questione fiumana dal 1918 al 1922Ÿ, pp. 21-137; sul DÊAnnunzio politico un punto di riferimento fondamentale è la biografia di Paolo Alatri, Gabriele DÊAnnunzio, Torino, Utet, 1983, in particolare il
capitolo sesto ÿLÊimpresa di FiumeŸ, pp. 411-490.
(2) SullÊoccupazione da parte dei legionari il lavoro più completo resta quello di Ferdinando Gerra. LÊimpresa di
Fiume, 2 voll., Milano, Longanesi, 1975; vedi anche Fiume legionaria. A ottantÊanni dallÊimpresa dannunziana,
Trieste, Lega nazionale Trieste – Centro studi ÿAlfieri SeriŸ, 2001, Atti del convegno, Trieste, 27 novembre 1999.
(3) Sulle condizioni economiche di Fiume durante lÊoccupazione dei legionari vedi Giuseppe Parlato, Mezzo secolo di Fiume. Economia e società a Fiume nella prima metà del Novecento, Siena, Cantagalli, 2009, in particolare
il capitolo terzo ÿIl blocco economico e gli aiuti della Croce rossaŸ, pp. 69-112.
(4) Giacomo Scotti, I pirati uscocchi per e contro la Serenissima, in Pirati di ieri e di oggi, a cura di Massimo
Annati e Fabio Caffio, Supplemento alla Rivista Marittima, dicembre 2009, pp. 19-24.
(5) Sulla figura di Giulietti vedi Guglielmo Salotti, Giuseppe Giulietti. Il sindacato dei marittimi dal 1910 al
1953, Roma, Bonacci, 1982, in particolare le pp. 71-89 per quanto riguarda le vicende qui approfondite; vedi
anche la voce firmata da Giuseppe Sircana, ÿGiulietti, GiuseppeŸ, in Dizionario biografico degli Italiani, vol.
56, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2001.
(6) Sulla figura di Rizzo vedi la biografia di Fabio Andriola, Luigi Rizzo, Roma, Ufficio Storico della Marina
Militare, 2000, in particolare per il periodo trascorso a Fiume e per la presidenza della ÿGaribaldiŸ, pp. 133-198.
(7) Nel ricostruire i singoli episodi di pirateria ci siamo avvalsi in particolare di Gerra, LÊimpresa di Fiume, cit.
vol. I pp. 149-155 e 217-218, vol. II pp. 6-10 e 183-188; inoltre Tom Antongini, Gli allegri filibustieri di DÊAnnunzio, Milano, Aldo Martello Editore, 1951.
(8) Il coinvolgimento di Millo nelle ÿmene balcanicheŸ è riportato da Alatri, Gabriele DÊAnnunzio, cit., p. 464.
(9) SullÊatteggiamento della Regia Marina in merito alla questione fiumana vedi Giorgio Giorgerini, Da Matapan
al Golfo Persico. La Marina Militare Italiana dal fascismo alla Repubblica, Milano, Mondadori, 2003, in particolare il paragrafo ÿFiume, DÊAnnunzio e la MarinaŸ, pp. 105-125.
(10) Il testo è riportato in Antongini, Gli allegri filibustieri, cit., pp. 94-95.
(11) Elena Papadia, La Rinascente, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 7; sulla figura dellÊimprenditore milanese vedi
anche la voce firmata da Alceo Riosa, ÿBorletti, SenatoreŸ, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 12, Roma,
Istituto della Enciclopedia Italiana, 1971.
(12) Il calcolo è stato condotto utilizzando i coefficienti ufficiali di rivalutazione della lira forniti dallÊISTAT,
convertendo poi lÊimporto in euro 2012.
(13) Questi aspetti sono stati approfonditi da Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con
DÊAnnunzio a Fiume, Bologna, Il Mulino, 2002, in particolare il capitolo sesto ÿEconomia pirataŸ, pp. 133-151,
e le conclusioni, pp. 203-205.
(14) Hakim Bey. TAZ Zone temporaneamente autonome, Milano, Shake, 2002, in particolare le pp. 11-58; i riferimenti alla vicenda dannunziana sono alle pp. 41-42; le due citazioni tra virgolette sono rispettivamente a p.
26 e a p. 19.
(15) Citato in Gerra, LÊimpresa di Fiume, cit., vol. II, pp. 36-37.
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Rivista Marittima Ottobre 2014
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LÊATTIVIT˘ DÊINTELLIGENCE
DEI GRUPPI JIHADISTI
Secondo la lettura del Corano
ROBERTO CELESTRE (*)
I
l Corano è per i musulmani testo ispirato,
oggetto sacro stricto sensu. Esso è fonte
teologica e, al contempo, testo della prassi
che investe non solo la morale, ma anche la
giurisprudenza nei vari ambiti della vita dei
fedeli. LÊepoca medievale ha conosciuto
unÊintensa attività esegetica del testo sacro e
di elaborazione normativa allo scopo di fornire soluzioni aderenti ai dettami coranici che
rispondevano alle esigenze di una comunità
in evoluzione. Anche i riferimenti riconducibili allÊambito militare presenti nel testo sono
stati oggetto di riflessione interpretativa da
parte degli esegeti. La ÿriletturaŸ sugli
aspetti militari è stata rivitalizzata dagli ideologi contemporanei di gruppi paramilitari jihadisti, con lÊobiettivo di legittimarne
lÊoperato creando una cornice ideologica e di
riconoscimento giuridico. In quanto rispondenti al volere divino, tali organizzazioni mirano quindi alla continua polarizzazione di
nuove forze e, al contempo, ad attirare il consenso dellÊintera comunità islamica. Il Corano è quindi il punto di partenza da cui
originano le speculazioni ideologiche del radicalismo islamico contemporaneo e, per
comprenderne il pensiero, ne consegue che
una lettura attenta del testo coranico è illuminante, se non indispensabile.
Il Corano, paradigma di riferimento
L
Êunica citazione esplicita riscontrabile
nel Corano sullÊattività dÊintelligence in realtà ne vieterebbe lÊesercizio in forma clandestina: ÿO Voi che credete! Evitate molte
congetture, ché alcune sono peccato e non
spiate gli altri, non occupatevi degli affari
altrui, e non mormorate degli altri quando
non sono presenti. Piacerebbe forse a qualcuno mangiare la carne del vostro fratello
morto? No di certo, vi disgusterebbeŸ (1).
Il divieto esplicito rivelato in questo versetto
è stato però interpretato dagli esegeti quale
interdizione allÊintrusione nella vita privata
e nellÊambito domestico dei fedeli. A sua
volta, i commentatori coranici hanno indi-
(*) Studioso di storia dellÊIslam medievale con particolare riferimento alle tematiche afferenti a tecniche e strategie militari del periodo islamico classico. ˚ socio dellÊIstituto per lÊOriente ÿCarlo Alfonso NallinoŸ e collabora
a diverse riviste, tra cui Oriente Moderno ed Eurasian Studies. Recentemente ha curato e tradotto dallÊarabo il
testo di Ali ibn Abi Bakr al-Harawi, Consigli sugli stratagemmi di guerra, Il Melangolo, Genova, 2013.
88
Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
viduato dei versetti in seno a vari capitoli
del testo in cui esistono i presupposti per la
legittimazione di alcune attività dÊintelligence. Ed è su questi passaggi del Corano
che in passato (periodo classico medievale)
si è sviluppato il dibattito sullÊammissibilità
dellÊattività dÊintelligence, creando così la
linea di demarcazione fra interesse privato
e pubblico in tale ambito. I riferimenti che
legittimano lÊattività dÊintelligence per il
bene comune sono molteplici, seppur quasi
mai espliciti in quanto rimandano a eventi
legati alle vite dei profeti, a figure bibliche
o a narrazione di eventi storici citati nel Corano. Senza voler entrare nel merito dei singoli
versetti
coranici,
a
titolo
esemplificativo è utile qui menzionare almeno alcuni passaggi in cui sono rilevabili
le specifiche attività o momenti che caratterizzano operazioni dÊintelligence.
La ventisettesima ÿsūra», (ÿsūra della formicaŸ) racchiude gli elementi base dÊintelligence reporting: presenza di una fonte
informativa, comunicazione dellÊinformazione, grado di attendibilità di quanto riportato, verifica dellÊinformazione ricevuta da
parte dellÊautorità competente. Tale ÿsūra»
ha come protagonista unÊupupa che rivela a
re Salomone di aver trovato un regno grazie
al proprio sguardo che abbraccia ciò che
nemmeno quello del re è in grado di abbracciare. LÊupupa porta notizia sicura dellÊesistenza del regno di Saba, dove una regina, da
cui parte ogni cosa, siede su un trono eccelso.
Il suo popolo adora il sole anziché Dio, poiché Satana ha abbellito ai loro occhi le loro
azioni sviandoli dal vero cammino. La narrazione prosegue con lÊincredulità del sovrano nellÊudire il messaggio riferito e con il
suo fermo proposito di voler verificare se le
Rivista Marittima Ottobre 2014
informazioni ricevute rispondano al vero o
siano mendaci (2).
La ÿsūra delle donneŸ ribadisce quanto
enunciato nella ÿsūra» precedente, enfatizzando lÊimportanza dellÊanalisi dellÊinformazione ricevuta e lÊuso della massima
accortezza nella sua diffusione, operazione
che deve essere svolta esclusivamente da chi
è responsabile della sicurezza dello Stato (3).
Le ÿsūre» dodicesima e ventottesima
fanno invece riferimento alla raccolta di informazioni in forma clandestina tramite lÊutilizzo di molteplici forme e mezzi (4).
Anche lÊattività di contro-intelligence è
riscontrabile in alcuni versi del Corano. La
necessità di adottare tutte quelle misure precauzionali per prevenire attività dÊintelligence da parte del nemico è evidenziata in
più parti e, tra queste, la ÿsūra degli ipocritiŸ ne è un esempio. In essa si mette in
guardia dalla minaccia costituita da quanti,
a seguito dei successi militari del profeta di
Muhammad e del consolidarsi della nascente comunità islamica tra le potenze
della penisola araba, hanno abbracciato la
fede islamica per opportunismo. Gli ipocriti
erano la quinta colonna dei politeisti, coloro
che agivano in seno alla nuova comunità
islamica di Medina allo scopo di minarla dal
suo interno e seminare la sedizione. Di conseguenza, gli ipocriti sono coloro che si avvantaggiano dellÊappartenenza esteriore
allÊIslam, operando invece segretamente per
raccogliere informazioni utili al campo avversario. Il termine con cui il Corano identifica gli ipocriti è munāfiqūn, espressione
oggi utilizzata da Talebani, al-Qaeda,
Hamas e altri movimenti islamici (e non
solo paramilitari) nei confronti di quanti attuano forme di intelligence clandestina ai
89
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
danni della umma, la comunità islamica.
Da quanto esposto, nel Corano sono presenti quindi dei modelli riconducibili ad attività dÊintelligence che, se finalizzata alla
difesa dellÊinteresse della comunità islamica, è considerata lecita. Per quel che concerne il profilo di chi può o potrebbe essere
in grado di ricoprire ruoli dÊintelligence,
tale profilo è riassumibile in una figura di
assoluta fiducia e attendibilità, capace di
non deviare dai dettami islamici pur nella ricerca dellÊottenimento dellÊinformazione
(per esempio, divieto di uso di bevande alcoliche o di circuizioni sessuali ai fini dellÊottenimento di informazioni). Inoltre, non
vi è una particolare prescrizione o interdizione che vieterebbe ai non musulmani di
svolgere compiti dÊintelligence a favore
della comunità islamica.
Il quadro generale è quindi articolato. Dai
cenni sopra riportati emerge lÊevidenza che
il Corano è strumento indispensabile per una
riflessione sullÊidentificazione e la codifica
di tale attività secondo i dettami islamici e
riassumibile nei seguenti parametri:
1) esistenza di un fine a lungo termine, ovvero trionfo della comunità islamica (umma);
2) esercizio dellÊattività dÊintelligence soltanto secondo il modus operandi previsto nel
Corano, traendo spunto dalle narrazioni presenti nel testo sacro;
3) lettura interpretativa delle narrazioni storiche, profetiche e bibliche presenti nel testo
coranico;
4) studio ed emulazione delle tecniche dÊintelligence utilizzate dal profeta Muhammad
secondo quanto narrato dai biografi canonici.
Il primo passo, quindi, per comprendere il
modello dÊintelligence dei gruppi jihadisti è
rifarsi alla lettura e interpretazione del Co-
90
rano, tenendo inoltre come riferimento la
condotta del profeta Muhammad in materia.
Partendo dai punti sopra enunciati, gli ideologi dei gruppi jihadisti hanno quindi esteso il
concetto dÊintelligence, radicalizzandolo. LÊoccupazione dei territori della umma, anche simbolica, e la consapevolezza che i colpi inferti
dagli eserciti delle forze occidentali (e in queste viene incluso anche Israele) hanno fortemente compromesso il fine sacro a lungo
termine (Vedasi punto 1). Si origina così una
radicalizzazione della concezione dellÊattività
dÊintelligence, che dalla accezione classica di
strumento essenziale per la difesa della comunità, diviene adesso dovere religioso obbligatorio cui ogni fedele è chiamato.
I manifesti islamici dÊ intelligence
La nuova visione dÊintelligence è espressa
in due documenti apparsi in ambiente ciberislamico , ovvero quello spazio in cui vengono enunciati punti di vista sulla
concezione islamica del mondo da parte di
coloro che si definiscono musulmani. Tale
ambiente è per gli ideologi jihadisti lo strumento su cui edificare una potenziale ed
estesa base di consenso per rendere legittimo, se non addirittura vincolante, il responso espresso in materia (5) .
I documenti, in pratica dei manifesti dÊintelligence resi noti rispettivamente nel 2009
e nel 2010, costituiscono le linee guida per
quanti operano in tale attività.
Il primo di questi è il Muʽlim fī hukm aljāsūs al-muslim ovvero la ÿGuida per il governo della spia musulmanaŸ di Abu Yahya
al-Libi (6). La ÿGuidaŸ consta di 149 pagine
ed è stata pubblicata il 30 giugno 2009 da al-
Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
ÿFajr Media CenterŸ sul forum del sito web
di ÿal-FallujaŸ (7). Lo scritto di al-Libi è
preceduto da unÊintroduzione di Ayman alZawahiri, eminenza grigia di al-Qaeda (8),
il quale definisce lÊopera ÿdi qualità, seria,
scientifica e di valore pratico sul modo islamico di giudicare lo spionaggio. (⁄) Egli vi
ha immesso la propria esperienza nei settori
dellÊemigrazione, dellÊaccampamento (9) e
del jihad. Senza dubbio tale esperienza è un
prezioso valore aggiunto che fornisce alla ricerca una dimensione praticaŸ. La dimensione pratica cui al-Zawahiri fa menzione si
riferisce allÊuso fatto nel trattato da al-Libi
di episodi della vita del profeta Muhammad,
vagliati alla luce di passi coranici, oltre a pareri di giuristi sia del periodo classico che
contemporaneo. La costante dellÊesemplificazione della vita del profeta, accompagnata
da una copiosa annotazione di responsi giuridici ed esegetici, mira a rendere la guida
più fruibile, fugando così ogni dubbio o inconsapevolezza del fedele in materia. Infine,
secondo al-Zawahiri, il punto più importante
affrontato da al-Libi è di aver provato come,
alla luce delle vicissitudini subite in quel periodo dai mujahedin (10), il crimine di spionaggio sia un problema non più eludibile per
la comunità musulmana, tanto da porsi allÊattenzione di giuristi ed esperti sul jihad.
LÊapproccio di al-Libi è essenzialmente
teorico ed è riassumibile nei seguenti punti:
· Definizione di spia;
· Governo delle spie in generale;
· Governo della spia nellÊIslam;
· Opinione prevalente dei giuristi;
· Come provare lÊaccusa di spionaggio.
Il documento si contraddistingue innanzitutto per lÊutilizzo di una terminologia
esplicita. Il termine ÿspiaŸ è evidente-
Rivista Marittima Ottobre 2014
mente adoperato da al-Libi per contestualizzare e racchiudere il tema dellÊintelligence in una dimensione prettamente
religiosa che, come detto precedentemente,
vieterebbe tale attività da parte di musulmani ai danni di correligionari. ˚ interessante come al-Libi coniughi la definizione
linguistica e lÊaccezione terminologica, creando una nuova definizione del termine
ÿspiaŸ più aderente alla nuova concezione
islamica. La spia è ÿcolui che cerca informazioni in modo segreto per farne un report. In arabo, tale figura è anche
denominata occhio (11), termine generalmente utilizzato metaforicamente. La spia
è infatti indicata in lingua araba con il termine „occhio‰ in quanto tale organo costituisce il punto focale di ogni cosa e
lÊattività di chi spia è accentrata negli
occhi. Per mezzo della concentrazione e
della visualizzazione, tutto il corpo sembra
essere un occhioŸ. Come si diceva, la definizione linguistica del termine è coniugata
allÊaccezione terminologica, ovvero la spia
è colui che viene a conoscenza dei punti deboli presenti tra i ranghi dei musulmani,
sviluppando, esaminando e fornendo reports al nemico. Come si evince, quindi, il
significato stesso di spia implica un senso
di ricerca, scrutinio e cura nel raccogliere e
ottenere informazioni in condizioni di clandestinità.
Il punto nodale del documento di al-Libi
è però il terzo capitolo. LÊattenzione è ovviamente incentrata sullo spionaggio militare che, secondo lÊautore è elemento
essenziale per il fine ultimo del jihad e, se
negletto, potrebbe essere causa del suo fallimento. Il pensiero dellÊautore è chiarissimo già sin dalle primissime pagine.
91
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
Secondo al-Libi ÿè un grosso errore esaminare la controversia sulla definizione di
spia secondo i canoni dei giurisperiti classici applicando tale definizione a quei soggetti considerati i principali pilastri delle
nazioni con i loro sistemi, leggi, leaders,
soldati, budget, ecc.. Al contempo, sarebbe
un errore non ricondurre la controversia giuridica nei confronti di chi considera se
stesso facente parte di un corpo dÊintelligence. Costoro hanno compiti ben specifici,
giudicati e puniti quando indugiano e sbagliano nello svolgimento di tali compiti e
coinvolgono se stessi in guerre nel senso
pieno del termine. LÊunica differenza tra i
soldati e chi opera in ambiente dÊintelligence è che i primi dichiarano la propria
guerra, il proprio combattere e la propria
inimicizia, mentre i secondi custodiscono in
segreto attività, missioni e compiti. Il fine è
unico, ma gli scopi militari sono comuni
LÊunica differenza è il mezzo: uno dichiara,
lÊaltro rivelaŸ. In pratica, secondo al-Libi,
nessuno può sentirsi escluso dal giudizio di
condanna di spionaggio. Far parte di un sistema dÊintelligence, uno dei pilastri su cui
si basa la sicurezza nazionale, anche di un
paese arabo-islamico, non esime da colpevolezza se lÊattività di tale apparato colpisce
musulmani. Al-Libi chiarisce che lÊattività
dÊintelligence ai danni di musulmani costituisce sempre e comunque una forma di
aiuto a favore degli infedeli e, in tal senso,
il Corano ha numerose evidenze nel proibire
ciò. In particolare la sūra dellÊesaminataÊ
ammonisce: ÿO voi che credete! Non prendete per alleati i nemici Miei e nemici vostri
mostrando loro affetto, mentre essi han rifiutato fede nella Verità che vÊè giunta, scacciando il Messaggero Divino e voi, perché
92
credete in Dio vostro Signore; se voi uscite
a lottare sulla Mia via e per desiderio del
Mio compiacimento, ma segretamente nutrite affetto per loro, ebbene Io meglio conosco quel che voi celate e quel che voi
palesate, e chi di voi fa ciò, erra lungi dalla
via pianaŸ (12). Quindi, informare gli infedeli sulle debolezze dei musulmani si traduce nel considerare tali persone quali
sostenitori degli infedeli. Dio infatti equiparerebbe lo stabilire legami con gli infedeli
allÊattività di spionaggio a favore di questÊultimi. Sulla base di questo versetto, secondo al-Libi ne conseguirebbe lÊinevitabile
applicazione della pena capitale in caso di
provata accusa di spionaggio o di aiuto al
nemico da parte di un musulmano ai danni
di correligionari.
Il resto del trattato prosegue con numerose
citazioni di eventi storici della vita del profeta Muhammad e i relativi commenti di giureconsulti, nel tentativo di sostenere il
pensiero dellÊautore.
Se al-Libi delinea un nuovo modello teorico islamico dellÊattività dÊintelligence, il
pensiero di Abu Ubayda Abdallah al-Adam
(13) traccia invece le linee guida per
lÊagire. Nel luglio del 2010 ÿal-Fajr Media
CenterŸ pubblicò una serie di lezioni audio
ÿsulla sicurezza e lÊintelligence e la sua importanza per lÊIslamŸ, dal titolo Sina a alIrhab (ÿLÊindustria del terrorismoŸ).
LÊobiettivo delle lezioni, di cui al-Adam è
lÊautore, è ÿdi aiutare i combattenti a rimanere vivi e stare lontano dalle prigioni, in
modo che possano espletare il proprio compito (⁄). Inoltre, ad aiutare i combattenti
ad avvicinare il nemico nascostamente incorrendo nel minor numero di perditeŸ. Il
conseguimento di tali obiettivi è regolato
Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
dallÊosservanza di alcuni principi su cui si
basa la sicurezza, principi che, secondo alAdam, trovano fondamento nel versetto coranico: ÿO voi che credete! Statevi in
guardia!Ÿ (14). Ne deriva che sicurezza e
circospezione in materia militare rispondono a un preciso dettame divino. Pertanto,
Al-Adam identifica i seguenti otto punti
cardine della sicurezza:
1) La consapevolezza è la chiave della sicurezza;
2) Importanza dellÊadozione di misure preventive;
3) No alla ricerca esasperata di misure di sicurezza se queste compromettono il jihad,
fine supremo;
4) Trasmissione delle informazioni solo alle
funzioni interessate;
5) Informazioni trasmesse nei tempi dovuti e
secondo necessità;
6) Consapevolezza che lÊerrore commesso
crea un pericolo immediato;
7) Divieto di comportamento erratico del
combattente (rimanere nella posizione assegnata) nei casi di emergenza;
8) Rinuncia ai comportamenti consuetudinari.
Uno dei punti interessanti del pensiero di alAdam è la definizione di sicurezza nazionaleÊ
che per unÊorganizzazione non equivale alle
misure adottate fuori dai confini di una nazione
a tutela della propria sicurezza, bensì si riferisce a quelle linee rosse che il nemico non deve
travalicare senza che ne consegua una risposta
forte e dolorosa (per esempio lÊassassinio di
stato o di un leader dellÊorganizzazione).
Inoltre, al-Adam cataloga i settori dÊintelligence in: 1) militare; 2) sicurezza nazionale; 3) intelligence esterna. A questÊultima,
secondo al-Adam, sono riferibili e fanno
capo non solo le stazioni dÊintelligence dis-
Rivista Marittima Ottobre 2014
seminate in tutto il mondo, ma anche ambasciate, agenzie di stampa, testate di giornali
ed enti radiofonici (tra tutti, la BBC).
La parte conclusiva de ÿLÊindustria del
terrorismoŸ tratta le modalità di reclutamento e suddivisione dei ruoli di chi opera
nei sistemi di sicurezza e dÊintelligence. A
un inziale screening dei possibili candidati
segue la raccolta dÊinformazioni sulla persona che, se idonea, viene avvicinata da un
membro dellÊorganizzazione per instillare
nel candidato lealtà e amore verso Dio. Affinché vi sia la certezza che il candidato
operi per il bene del jihad, la lealtà giurata è
soltanto verso Dio e non nei confronti dei
membri dellÊorganizzazione.
I ruoli di coloro che operano in attività
intelligence sono suddivisi in: 1) visibili
(ovvero quei membri che ricoprono ruoli
pubblici nella società. Sono ben noti ai servizi segreti e agenzie del nemico, quindi a
rischio di cattura e, per tale motivo, non devono avere nomi o indirizzi di altri componenti dellÊorganizzazione); 2) segreti
(membri che operano in clandestinità); 3)
leaders (coloro che giocano un ruolo importante nelle operazioni sia in forma clandestina sia pubblica). Il leader è il collettore
di informazioni e viene sottoposto a lunghe
fasi di addestramento. Per tale ragione, in
caso di decesso è molto difficile trovare un
sostituto.
Il ciclo di lezioni di al-Adam verte anche
sui sistemi di addestramento che, in sequenza, si suddividono in addestramento spirituale (indottrinamento ed educazione alla
legge religiosa islamica), politico, training
sulla sicurezza e, infine, solo dopo il completamento positivo di questÊultima fase, si
passa allÊaddestramento militare.
93
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
Il corso di al-Adam è completato dalla ripartizione e classificazione delle tipologie di
documenti basati sul livello di confidenzialità, al fine di determinare le possibilità di accesso al documento stesso ai diversi livelli e
membri dellÊorganizzazione.
Conclusione
Tutta la letteratura prodotta dagli ideologi
della militanza jihadista ricerca la propria autenticazione nel Corano. Quindi, per comprendere e approfondire i parametri ideologici e
filosofici che muovono lÊattività dÊintelligence
dei gruppi e organizzazioni jihadiste, è innanzitutto auspicabile avere una conoscenza
(anche interpretativa) del testo sacro, punto
dÊorigine e riflessione di carattere comportamentale-normativo per ogni musulmano. Dallo
sforzo speculativo dei teorizzatori jihadisti
nasce una razionale letteratura dÊazione in
materia dÊintelligence. In tal senso, ÿLÊindustria del terrorismoŸ è un documento esemplificativo e importante nella galassia dei manuali
jihadisti. Il pensiero di al-Adam colpisce per
lÊapproccio tecnico e pragmatico che sembra
rifuggire gli arcaismi e i costanti riferimenti
temporali al periodo islamico classico utilizzati
invece nel documento di al-Libi. QuestÊultimo,
a sua volta, rimane comunque un documento
imprescindibile per lÊattività di gruppi paramilitari jihadisti, in quanto costituisce la cornice
ideologica fondamentale della concezione islamica dÊintelligence creandone le basi per la sistematizzazione teorica.
n
La traslitterazione di termini e nomi arabi è stata utilizzata il minimo possibile al fine di evitare tecnicismi, privilegiando così una lettura più agile dei contenuti dellÊarticolo. Unica deroga è stata fatta per
le vocali lunghe, indicate nel testo con un trattino posto in alto alla vocale stessa, dove cade lÊaccento.
NOTE
(1) Il versetto qui citato è ripreso dalla ÿsūra delle stanze intimeŸ (Corano 49:12). Si noti come, quasi a voler
rafforzare il divieto, lÊattività di spionaggio venga equiparata metaforicamente al cannibalismo. Il Corano è suddiviso in 114 capitoli (sing. arabo ÿsūraŸ) che, a loro volta, contengono un numero totale di 6.236 versetti. I passaggi e riferimenti coranici citati in questo articolo sono indicati da un numero che designa la ÿsūraŸ, seguita
poi dal numero del versetto. I titoli delle ÿsūreŸ sono ricavati per convenzione da parole chiave estrapolate dal
testo della ÿsūraŸ. La versione del testo coranico in italiano qui utilizzata è quella di Alessandro Bausani (Il Corano, Sansoni, Firenze, 1955) di cui esistono numerose ristampe.
94
Rivista Marittima Ottobre 2014
LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti
(2) Cor 27:18-25.
(3) ÿE quando giunge loro qualche notizia rassicurante o inquietante, essi la divulgano; se invece la riferissero
al Messaggero e a quelli di loro che detengono lÊautorità, coloro che desiderano informarsi le conoscerebbero
dalla loro bocca. Ma se non fosse per la grazia di Dio su di voi e la Sua Misericordia, tutti voi, salvo pochi, avrebbero seguito il DemonioŸ (Cor. 4:83).
(4) Rispettivamente ÿsūra di GiuseppeŸ (Cor.12:67-87) e ÿsūra del ÿraccontoŸ (Cor. 28:4-13).
(5) La definizione di ambiente ÿciberislamicoŸ è di Gary R. Bunt. Per un approfondimento sullÊuso delle rete
da parte dei movimenti islamici si veda G. R. Bunt, ÿLÊIslam digitale (Internet)Ÿ, in Le religioni e il Mondo Moderno. Islam (a cura di R. Tottoli), Einaudi, Torino, 2009, pp. 665 - 686.
(6) Il libico Abu Yahya al-Libi era uno dei leader di riferimento di al-Qaeda, la cui attività in qualità di membro
dellÊorganizzazione si svolse Afghanistan, Mauritania e Nord Africa. Studioso di storia, diritto islamico e giurisprudenza, ben presto al-Libi divenne uno dei teologi oltranzisti del gruppo e responsabile della propaganda di
al-Qaeda. Rimase ucciso nel corso di un attacco di droni nel giugno del 2012 nella località di Mir Ali (Waziristan),
nel nord est del Pakistan. Su wikipedia è possibile consultare un dettagliatissimo quadro biografico di al-Libi
(http://en.wikipedia.org/wiki/Abu_Yahya_al-Libi). La ÿGuida per il governo della spia musulmanaŸ è considerato
il suo documento più importante.
(7) ÿAl-Fajr Media CenterŸ è lÊesclusivo strumento di propaganda di al-Qaeda di cui pubblica in rete i materiali
scritti o video. Il sito di al-Fallujah (al-faloja.org), precedentemente noto come ÿal-Fallujah Islamic MinbarŸ, è
invece un forum jihadista che contiene discussioni e documenti sul jihad. Esiste anche una versione in inglese
del documento la cui traduzione, in verità poco aderente allÊoriginale in lingua araba, è curata dal Director of
National Intelligence (DNI) Open Source Center. Tale versione è consultabile sul sito del DNI Open Source Center (http://fas.org/irp/dni/osc/libi.pdf).
(8) Così come per al-Libi, il sito in inglese di wikipedia offre informazioni biografiche molto accurate su Ayman
al-Zawahiri con numerosi link e rimandi in nota (http://en.wikipedia.org/wiki/Ayman_al-Zawahiri).
(9) Il richiamo ÿallÊemigrazione e accampamentoŸ fatto da al-Zawahiri è riferito alle operazioni militari in Afghanistan cui al-Libi partecipò sin dagli inizi del 1990.
(10) Probabilmente al-Zawahiri si riferisce alla controffensiva congiunta delle forze armate statunitensi e britanniche iniziata nel 2007 per liberare la regione afgana di Helmand.
(11) La lingua araba annovera numerosi termini per indicare chi opera in attività dÊintelligence. Seppur sinonimi,
tali termini hanno però sfumature diverse. Il più comune, adoperato anche da Al-Libi a titolo del suo documento,
è jāsūs. Il temine ÿocchioŸ (ÂAyn) è sinonimo di jāsūs, sebbene la sua traduzione più corretta sia ÿfonteŸ. Come
è evidente nel testo, lÊaccezione terminologica è per al-Libi il pretesto per costruire una definizione complessa
del termine al fine di qualificare il ruolo di chi opera in attività dÊintelligence.
(12) Cor. 60:1.
(13) Abu Ubaydah Abdallah al-Adam era il responsabile dei sistemi di sicurezza e di intelligence di Al-Qaeda.
˚ deceduto nellÊaprile del 2013 nel Waziristan (Pakistan) in seguito a un attacco di ÿdroniŸ. Un sunto in inglese
del corso audio è stato pubblicato dallÊInternational Institute for Counter-Terror (ICT) dellÊInterdisciplinary Center (IDC) di Herzliya, Israele, consultabile sul sito http://i-hls.com/2014/06/al-qaedas-terrorist-classes-ictreview/.
(14) Cor 4:71.
Rivista Marittima Ottobre 2014
95
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
LE NAVI ÿPIEMONTEŸ SEMPRE LEGATE
AL DESTINO DI MESSINA
Regia nave PIEMONTE (1899).
ATTILIO BORDA BOSSANA (*)
T
ra le tanti navi che legarono il loro
nome a Messina e al suo porto, sono
significative le vicende del piroscafo Piemonte e il destino delle unità che portarono
il nominativo di tale regione. A parte il riferimento storico al 5 maggio 1860, quando
con il consenso di Giovan Battista Fauchè,
amministratore della Raffaele Rubattino &
C e allÊinsaputa dellÊarmatore della Società
di Navigazione a Vapore Sarda, il piroscafo
a ruote, Piemonte, con il Lombardo, aveva
imbarcato a Quarto, i Mille di Garibaldi diretti in Sicilia, è curioso il destino di una
nave ormeggiata alla banchina del porto di
Messina nel 1908, il Regio ariete torpediniere Piemonte. Alla fonda si trovavano le
unità della squadriglia torpediniere dÊalto
mare Spica, Saffo, Serpente, Scorpione e
(*) Giornalista professionista, è autore di numerose pubblicazioni tra cui Messina e le navi della Marina russa
(2006); Grattaccieli sulle onde (2008); 150 anni di navi passeggeri (2013). ˚ stato allievo (SM) dellÊAccademia
Navale dal 1970 al 1972. Attualmente collaboratore del quotidiano Gazzetta del Sud.
96
Rivista Marittima Ottobre 2014
Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina
Sagittario e quelle della squadriglia delle
torpediniere da costa 90 S, 106 S, 131 S,
138 S, 140 S e 151 S. Fu quello della Regia
Marina, il primo nucleo dÊintervento allÊindomani del sima che sconvolse tragicamente la città e proprio a bordo del
Piemonte, con a bordo 268 uomini, furono
attivati i primi interventi di soccorso e fu
impartito lÊordine, vista lÊimpossibilità di
effettuare comunicazioni telegrafiche e telefoniche e lÊinagibilità di strade e ferrovie,
di inviare due unità navali, il Serpente e lo
Spica, per raggiungere un posto telegrafico
operativo per informare dellÊaccaduto e richiedere aiuti.
Scafo con prua a sperone, poppa a incrociatore, timone compensato e alette di rollio
che si estendevano per circa un terzo della
lunghezza dello scafo, lÊariete torpediniere
Piemonte, era stato costruito dal cantiere
Armstrong a Elswick nel Regno Unito per
conto della Regia Marina Italiana, e varato
il 23 agosto 1888. Giunto in Italia nellÊottobre del 1889 fu assegnato a compiti di squadra e nel luglio del 1894 fu dislocato in Mar
Rosso e, successivamente in Oceano Indiano per una campagna coloniale per poi
operare
esclusivamente
oltremare.
DallÊagosto 1898 al gennaio 1900 effettuò
una crociera intorno al mondo e poi altre,
sopratutto nei mari dellÊAfrica e
nellÊEstremo Oriente. Dopo la vicenda del
terremoto del 1908, partecipò dal 1911, alla
guerra italo-turca impiegato inizialmente in
appoggio agli sbarchi in Libia e, successivamente, in Mar Rosso, prendendo anche
parte allo scontro di Kunfida.
Durante la Prima Guerra Mondiale, fu assegnato, con la squadra anglo-francese, alla
base di Salonicco partecipando a varie mis-
Rivista Marittima Ottobre 2014
sioni belliche, bombardando e appoggiando
sbarchi sulle coste bulgare e turche. Al termine del conflitto fu messo in disarmo per
poi essere radiato il 15 maggio 1920 ma, la
sua storia non finì.
Fu infatti ceduta alla Petrolifera Italo-Rumena SA di Milano, e completamente trasformata in nave cisterna: smantellate strutture e
armamenti, svuotato lo scafo, per 3/4 della sua
lunghezza venne diviso in quattro cisterne,
mentre la parte poppiera fu adibita a sala
macchine, sovrastata da una plancia con timoneria, sala comando, alloggi, mensa, ecc.. Dotata di due motrici a vapore a triplice
espansione eroganti 984 hp moventi due eliche, poteva svoluppare una velocità di 9 nodi,
con una stazza lorda di 1.718 t, stazza netta di
1.218 t; lunghezza 95,08 m, larghezza 11,62,
immersione 6,08 m. Fu quindi varata un anno
e mezzo dopo, con il nome di Edda, e nel 1925
lÊunità venne ceduta alla Compagnia di Navigazione Maris SA di Genova e ribattezzata
Marisedda, venduto qualche anno dopo alla
Scopinich & Monta. Nel 1932 cessò la sua attività e così la nave che per prima portò aiuto
alla Messina terremotata, ventiquattro anni
prima, fu demolita a Vado Ligure.
Smantellato fu nel 1907 anche quel ÿPiemonteŸ, costruito in Gran Bretagna per la
Rubattino nel 1863 e nolegggiata, otto anni
dopo, alla Florio; nel 1881 passato alla NGI
e dopo il 1897, alla F. Pace di Malta in servizio per i collegamenti tra Messina e La
Valletta. Stesso destino nel 1931, per Il Piemonte, realizzato nel 1901, dai cantieri navali del Muggiano a La Spezia, per Luigi
Carpuccio & Company, 5.601 tonnellate di
stazza lorda, 389 (bp) metri di lunghezza,
52 metri di larghezza. Motori a vapore a tripla espansione, vite doppia e velocità di
97
Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina
servizio 13 nodi. 1.650 passeggeri (1.650
in terza classe). Nel 1904 la nave era stata
impiegata sulla rotta Genova-GirgentiPalermo-Napoli-New York e successivamente passo alla Navigazione Alta Italia,
facendo scalo a Messina il 27 febbraio
1906, sulla rotta da Genova a Tripoli. Nel
1908 fu ceduta al Lloyd del Pacifico con il
nome di President P. Montt; poi nel 1909,
alla SNSM (Società Meridionale di Trasporti Marittimi), nuovamente come Il Piemonte, impiegata dal 10 ottobre 1011 al 14
ottobre 1912, come nave trasporto truppe
da Napoli per Tripoli sulla rotta orientale
della Sicilia, e poi, sino al Â15, nei collegamenti tra Genova, Napoli, Messina, Catania
e Alessandria. Nel 1916 cambiò denominazione e divenne San Rossore navigando per
il Lloyd Sabaudo; poi nel 1921 si chiamò
Emilia Pellegrina, per la compagnia SA Finanziaria Camogli e infine nel 1928,
Jaunna, per la Società anonima di navigazione La Tirrenia.
Ma è del piroscafo Piemonte che Messina
conserva il ricordo più vivo, forse perchè rimasto sotto gli occhi dei sui abitanti per
tanti anni. Fu infatti la nave che ÿrisiedetteŸ
per il maggior periodo nel suo mare, essendo stata per oltre sei anni, semisommersa
sui bassi fondali della rada di Paradiso, nel
litorale nord della città. La nave della Canadian Pacific Line, fu costruita con il nome
Minnedosa, nel 1913; aveva una stazza da
12.500 a 13.000 tonnellate e navigò fino al
1931. Impostato nel cantiere Barclay, Curle
& Co. di Glasgow, era stato destinato per la
linea Amburgo-America ma allo scoppio
della prima guerra mondiale ne fu definito
Il PIEMONTE con il LIGURIA all vigilia della campagna dÊEtiopia (Archivio autore).
98
Rivista Marittima Ottobre 2014
Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina
Il MINNESODA in Canada (Archivio autore).
lÊallestimento come nave trasporto truppe.
Entrò così in servizio il 5 dicembre 1918,
con un viaggio da Liverpool a St. John, New
Brunswick, avendo come passeggeri soldati
canadesi che tornavano in patria. Terminato
questo suo impiego, il Minnedosa fu immesso in servizio di linea, fino al 1922, per
la Canadian Pacific da Liverpool al Canada
e successivamente sulla rotta Anversa,
Southampton sempre verso il nord America.
Il Minnedosa fu sottoposto a interventi di
rinnovamento nel 1925, presso il cantiere
Hawthorne, Leslie & Co. di Newcastle e rimesso in servizio da Anversa al Canada. Nel
1927 tornò poi al porto di Liverpool per il
collegamento con gli scali canadesi e dopo
aver compiuto 129 traversate, nel 1931, fu
messa in disarmo per raggiungere Genova
quattro anni dopo, per essere demolita. Ma
non era ancora tempo per la sua fine, nel
1935, fu infatti acquisita dal Governo ita-
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liano, per essere trasformata in nave trasporto truppe e ribattezzata Piemonte. La
campagna dÊEtiopia richiese infatti un
flusso navale gravoso per il trasporto a Massaua di 472.562 uomini e 122.842 a Mogadiscio; 16.496 veicoli e 1.241.224 tonnellate
di materiali vari che determinò un totale di
1.200 viaggi/nave. Per fronteggiare tale impegno lÊItalia ricorse quindi allÊacquisto di
navi sul mercato internazionale di nove
transatlantici il Saarbrücken, e la gemella
Coblenz, ribattezzate rispettivamente Toscana e Sicilia; Werra che prese il nome Calabria; Melita quello di Liguria; Risolute
che si chiamò Lombardia; General Mitre,
Sierra Ventana Bahia Blanca, a cui furono
poste i nomi di Sannio, Sardegna e Umbria
e la Minnedosa che divenne Piemonte.
Questa nove vecchie navi, le cosiddette
unità della classe ÿRegioniŸ, furono gestite
dalla società Italia e successivamente nel
99
Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina
1936, dal Lloyd Triestino, ma mai impiegate per servizio passeggeri di linea, ritardando
anche
i
programmi
di
rimodernamento della flotta mercantile italiana. Le navi passeggeri trasformate sommariamente
per
trasporto
truppe,
effettuarono 63 viaggi per lÊAfrica Orientale nel periodo febbraio-ottobre 1935 e il
Piemonte il 5 marzo e poi il 25 settembre
1935 partì da Messina, imbarcando prima
effettivi e materiali della Divisione ÿPeloritanaŸ e poi reparti del 3o Fanteria, destinati a rafforzare tempestivamente le difese
delle due Colonie. Proprio il Piemonte,
quasi alla vigilia dellÊattacco allÊEtiopia, fu
protagonista di una missione di spionaggio
col trasporto Gedda di un quantitativo di
armi, celate in casse con la scritta ÿditta
AnsaldoŸ, senza destinatario. Dopo uno
scambio di comunicazioni fra il Ministero
della Guerra, il Comando superiore in
Africa Orientale, il SIM e la Legazione italiana a Gedda, il 22 settembre 1935, il piroscafo Piemonte, partiva segretamente da
Napoli per Gedda. Imbarcava un drappello
di militari in abiti civili, con passaporti di
copertura in cui figuravano come dipendenti della Fiat e dellÊAnsaldo. Un autocarro con rimorchio, e tutto il materiale che
era stato richiesto dai sauditi come campione (un carro assalto veloce, un cannone,
una mitragliatrice pesante e due leggere,
una stazione radio) era stato mimetizzato in
gigantesche casse. LÊimpegno militare della
nave proseguì anche per le operazioni di occupazione dellÊAlbania, e il 4 marzo 1942
sfuggi a un attacco che il sottomarino greco
Proteus, a 27,2 miglia da Capo Dukato, fece
La Regia nave ANTONIO MOSTO (Fonte Wikipedia).
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Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina
Il PIEMONTE affondato a Messina nel 1943 (Archivio autore).
al convoglio di cui faceva parte con il Galilea, Francesco Crispi, e Viminale scortato
da incrociatore Turbine e dalle torpediniere
Carlo Montanari e Antonio Mosto, nella navigazione tra Patrasso e Bari. Il Piemonte,
alle ore 13 del 18 novembre 1942, fu invece
leggermente danneggiato da un siluro lanciato dal sommergibile inglese Umbra
HMS P 35, comandato dal Lt. Stephen
Lynch Conway Maydon, che colpi la nave
a 4 miglia da Capo Rasocolmo, durante il
suo trasferimento per unirsi in convoglio al
Sardegna, per il trasporto di truppe ed equipaggiamenti da Valona a Brindisi. LÊequipaggio di 170 uomini fu salvato e la nave
spiaggiata, perchè sommersa a poppa. Successivamente il Piemonte, fu trasferito per
le avarie riportate nel porto di Messina, ma
alla fonda con il Viminale, non sfuggi alle
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incursioni aeree che dal maggio del 1943
operarono i ÿB17Ÿ e ÿB24Ÿ, e gli aerei inglesi ÿStirlingŸ, ÿHalifaxŸ e ÿLancasterŸ.
Nel solo 1943, Messina subì quattro bombardamenti navali e 2.805 bombardamenti
aerei, e solo nei primi quindici giorni di
agosto furono sganciate dalle fortezze volanti degli Alleati più di 6.500 tonnellate di
esplosivo per impedire la ritirata di 40 mila
tedeschi e di 60 mila italiani insieme a
mezzi di trasporto e armamenti. Il Piemonte
danneggiato, si salvò dallÊaffondamento
perchè dopo aver constato lÊinsufficenza
delle pompe dÊesaurimento dello scafo, il
suo comandante, il capitano Mattioli di Recanati, dispose di arenarla nella rada S.
Francesco da dove, fu recuperato solo nel
1949, e il 27 aprile dello stesso anno, trasferita alla Spezia per il disarmo.
n
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SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
LA VERA STORIA NON CONOSCIUTA DELLA REGIA MARINA
DURANTE LA GRANDE GUERRA
Da quando ero scolaro in quinta elementare mi hanno insegnato che la prima
guerra mondiale è stata unÊinterminabile guerra di assedio tra due differenti alleanze
che si sono massacrate per anni in una lunga trincea che dalla Manica arrivava alle
coste dellÊAdriatico senza nessun apprezzabile risultato fino allÊintervento determinante degli Stati Uniti dÊAmerica. A Ovest della fangosa trincea si battevano i buoni
e a Est i cattivi. TuttoÊora, quando penso a quella guerra, immagino soltanto reticolati, sangue e fango, sudore ghiacciato di giovani alpini impegnati a trascinare riluttanti muli carichi di munizioni e viveri per sentieri innevati.
Il mare è inesistente! Quali battaglie navali sono state combattute? Nulla che valesse la pena di conoscere a parte il noto evento di Rizzo del 10 giugno 1918 il quale
dimostrava ancora una volta lÊinutilità di avere sperperato denaro nella realizzazione
di flotte dÊaltura.
Oggi, in piena fase di commemorazione del centenario della prima guerra mondiale non sarà questo il messaggio mediatico che continuerà a passare? La guerra è
stata combattuta e vinta soltanto sul fronte terrestre? Molti hanno scritto che la Marina ha avuto una parte marginale al punto che alcuni cannoni sono stati smontati
dalle navi per imbarcare su pontoni fluviali. I marinai annoiati di attendere una battaglia che non sarebbe mai stata combattuta hanno raggiunto i fratelli dellÊEsercito
combattendo quali Fanti di Marina in quello che sarà il Reggimento San Marco. Continua a essere assoluta lÊignoranza nostrana sullÊesercizio del Potere Marittimo che
non fa differenza tra pace e guerra, tra commercio e uso delle armi, per salvaguardare
gli interessi nazionali.
In alto Adriatico la guerriglia condotta dalla Marina sotto il lungimirante controllo
di Thaon di Revel è stata aspra e quotidiana, fatta di piccoli scontri apparentemente
senza alcuna influenza, ma determinanti nel mantenimento di Venezia in mano italiana. LÊunico tipo di guerra marittima che si poteva condurre fu portato avanti con
determinazione e con iniziativa senza subire quella avversaria. Il successo di Rizzo,
a prescindere dalla fortuna sempre necessaria, non poteva concretizzarsi senza la
strategia della guerriglia studiata dal Grande Ammiraglio. Tutti i mezzi navali e i
primi aerei disponibili sono stati impiegati in questa feroce lotta, non soltanto i MAS.
Nel contesto della guerriglia si riscoprono alcune incursioni meno note, ma non
meno audaci, eseguite nei porti nemici grazie alle conoscenze nautiche di uomini
come Nazario Sauro e allÊaudacia dei primi piloti della Marina.
Pertanto, è nostra intenzione dare spazio ad alcuni documenti ufficiali che provano
quanto la Guerra sia stata aspra anche in campo marittimo al punto da spingere lo
Stato Maggiore della Marina a trovare nuove soluzioni avventurandosi in campi del
tutto nuovi, come lÊutilizzo dei primi aerei nel bombardamento dei porti, nei primi
attacchi navali e nellÊinfiltrazioni di arditi dietro le linee nemiche.
Patrizio Rapalino
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Lettere al Direttore
UFFICIALI DELLA MARINA MILITARE:
UNA RISORSA PER LA NAZIONE
Preg.mo
Capitano di Vascello Patrizio Rapalino
Direttore Rivista Marittima
Via Taormina 4
00135 ROMA
Milano, 1 settembre 2014
Gentile Comandante,
da appassionato e antico lettore della Rivista Marittima (la ÿfregavoŸ a mio Padre per
leggerla già da ragazzino delle medie negli
anni Sessanta⁄) e con la quale ho anche collaborato con grande piacere (ho preparato il
Supplemento dedicato a mio Padre del maggio 2008) mi scuso innanzitutto se Le scrivo
per un articolo uscito nel numero di maggio
del 2013: oltre un anno di ritardo è fatto veramente ingiustificabile, ma solo spiegabile
con il momento di eccezionale difficoltà professionale attraversato nel 2013/2014, in particolare per il mio incarico pubblico, a causa
della ben nota crisi del settore immobiliare
nel quale sono specializzato.
Mi riferisco allÊottimo articolo ÿMirage
e CannoniŸ del dottor Giuliano Da Frè che
conosco e stimo e ringrazio per avere ÿrecuperatoŸ un episodio di valore e perizia del
personale della nostra Marina, tanto significativo quanto poco conosciuto al di fuori
di una ristrettissima cerchia. Il ricordo di
questo fatto è sempre stato presente nei dialoghi con mio Padre nei 34 anni successivi
di Sua vita terrena, in quanto quel giorno
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Giuseppe Oriana (ammiraglio di Divisione,
già promosso ammiraglio di Squadra:
avrebbe ÿpreso i gradiŸ il 29.12.73 successivo) era lÊammiraglio di servizio a MARISTAT. Ricevette così la richiesta del
permesso per lÊUnità di rispondere al fuoco
dei due ÿMirageŸ libici. Con la fulmineità
di reazione che sempre aveva contraddistinto lÊAmmiraglio in tutta la Sua lunghissima carriera, in guerra e in pace (Vds. gli
episodi di Castelrosso e del Garibaldi nel ridetto Supplemento), il permesso fu immediatamente accordato. E lÊincidente finì
bene · salvo i feriti, in particolare quello
grave · grazie alla prontezza e alla perizia
nautica e militare del comandante Barbalonga e alla valentia di cannoniere del sergente Sponziello.
Mio Padre spiegò al figlio studente del
terzo anno di legge ma appassionato di cose
militari marittime · rivedendomi a Genova
il fine settimana successivo · lÊesito quasi
incredibile dellÊincidente, ossia di come un
cannoncino di poppa, per di più non radarguidato cioè sparando ÿa manoŸ, potesse
aver messo in fuga un allora modernissimo
ÿMirageŸ. Tornò con me sulla vicenda
molte altre volte, sempre ricordando la eccezionale bravura del Comandante, poi ammiraglio, Barbalonga ed esprimendo una
particolare stima nei suoi confronti.
Un seguito non conosciuto dellÊepisodio
è politico, ma credo che a oltre 40 anni di distanza e cambiati tutti i protagonisti della
politica italiana, la verità storica mi consenta, anzi imponga, di raccontarlo, anche
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Lettere al Direttore
perché indicativo del valore e della grande
scuola dei nostri Ufficiali di Marina, anche
in campi diversi dal tiro dei cannoni. Qualche giorno dopo lo scontro, il Capo di Stato
Maggiore della Marina, ammiraglio Gino de
Giorgi, fu chiamato dal ministro degli Esteri
Aldo Moro che, preoccupato di una possibile
escalation nei rapporti con la Libia (i motivi
sono indicati nellÊarticolo del dottor Da Frè)
chiese allÊAmmiraglio se non fosse possibile
per i pescherecci italiani evitare di entrare
nel Golfo della Sirte e per la Marina Militare
impedirglielo materialmente. La reazione
dellÊammiraglio De Giorgi non tardò un solo
secondo: ÿnoi consideriamo il principio
della libertà di navigazione sui mari un valore sacro; se il Governo mi desse un ordine
di questo tipo io mi dimetterei immediatamente, ma tenga presente che non troverete
un solo Ufficiale di questa Marina disposto
a fare il Capo di Stato Maggiore a quelle
condizioni!Ÿ. Di fronte a una posizione così
netta, nobile e indiscutibile sia sul piano dellÊetica che del diritto, lÊonorevole Moro, politicamente abilissimo come i più anziani dei
lettori ricordano, fece una immediata marcia
indietro precisando che la sua era solo
unÊipotesi a scopo informativo.
Ho voluto divulgare lÊepisodio non solo
per la verità storica alla quale la Rivista Marittima è votata, ma anche per ricordare una
grande figura di Uomo e di Comandante
quale fu lÊammiraglio Gino De Giorgi. Del
quale mio Padre ebbe lÊonore di essere collaboratore diretto come Capo UAG (Ufficio
Affari Generali) (in particolare per il varo
della Legge Navale del 1974), Suo compagno di Accademia e dal quale fu nominato
Comandante in Capo dellÊAlto Tirreno. Una
categoria, quella degli Ufficiali della MMI,
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che costituisce una risorsa per la Nazione,
un punto di eccellenza sul quale lÊItalia può
contare. Conosco alcuni Ufficiali giovani in
nulla diversi da celebri Comandanti in
guerra della Regia Marina che mio Padre mi
aveva fatto conoscere negli anni Sessanta e
Settanta. E che principi universali acquisiti
nei secoli dalle nazioni civili · come la libertà dei mari e il salvataggio in mare, questione ora della massima attualità ·
valgono come norme primarie di ius gentium, prevalenti rispetto a qualsiasi indirizzo
politico contingente.
Circostanza degna di nota, non messa in
evidenza dalla stampa e della quale non
avrei potuto dire se avessi letto lÊarticolo di
Da Frè un anno fa, è che, con il varo della
legge 27.12.2013, n.147 promossa a gran
voce dallÊammiraglio Giuseppe De Giorgi,
ben due Leggi Navali prendono le mosse
dalla Famiglia De Giorgi, lÊuna a 40 anni di
distanza dallÊaltra! Una circostanza davvero
unica, non solo nella storia italiana, ma ·
credo · nella storia del mondo.
Mi permetta di concludere, caro Direttore, con un riconoscimento non rituale alla
ÿSuaŸ Rivista Marittima, cioè come da Lei
cambiata: nuovo formato ideale, pubblicità
opportuna, bella e per nulla disturbante e,
soprattutto, contenuti di qualità, varietà e
completezza eccezionali. In tempi come
questi, con le note ristrettezze finanziarie,
riuscire a migliorare nettamente (per di più
un prodotto già eccellente) non è davvero
comune.
Nel felicitarmi, quindi, con Lei e ringraziandoLa per lÊattenzione, La prego di accogliere i sensi della mia stima insieme a
vivissime cordialità.
Avvocato Federico F. Oriana
Rivista Marittima Ottobre 2014
Lettere al Direttore
ULTRA LA FINE DI UN MITO
Caro Direttore,
ho letto con piacere la recensione dellÊammiraglio Manzari dedicata al mio ULTRA la
fine di un mito apparsa sul numero di giugno
della Rivista. Probabilmente lo spazio tiranno ha favorito un paio di imprecisioni che
ho interesse a correggere.
Innanzitutto non ho mai scritto di ÿ(⁄)
macchine cifranti ÿEnigmaŸ (ÿHagelinŸ modificate)Ÿ. Come speravo di aver chiarito esistevano: macchine cifranti meccaniche (tra le
altre le ÿEnigmaŸ commerciali e · e sottolineo e · le ÿHagelinŸ) e macchine elettromeccaniche (per esempio ÿEnigmaŸ
elettromeccaniche e ÿTypexŸ). La differenza,
in termini di potenza di elaborazione, tra le
une e le altre era come quella che passa tra
una bicicletta e un autocarro con rimorchio.
Non mi risulta che Gino Jori facesse parte
del reparto Informazioni, né lÊho mai scritto.
Sono lieto in merito al fatto che la tesi in
base alla quale le perdite subite dal traffico
italo-tedesco alla volta dellÊAfrica Settentrionale sia ÿgià ampiamente accettata in ambito
navaleŸ. Ciò significa che la legione di scrittori, più o meno improvvisati, che scrive e
pubblica ancor oggi il contrario, con abbondanza dei cosiddetti indignati speciali, non fa
parte ÿdellÊambito navaleŸ.
Il fatto che ULTRA abbia consentito un
impiego ottimale delle non numerose risorse
britanniche nel Mediterraneo è esattamente
il contrario di quello che ho scritto e documentato, a partire dalla disponibilità di velivoli da ricognizione e attacco inglesi nel
1942. LÊopinione del recensore è, naturalmente, rispettabilissima, ma preferirei che
fosse dato a Cesare quel che è di Cesare
Rivista Marittima Ottobre 2014
senza indurre il lettore in eventuali, per
quanto involontari, errori.
Grato per lÊattenzione,
cordialmente Suo
Enrico Cernuschi
PICCOLA NAVE BIANCA
Gentili lettori,
la Rivista Marittima, come noto, è una
pubblicazione seria, che si limita a pubblicare saggi. Tuttavia non vuole essere seriosa
né tanto meno noiosa. Ecco che ci viene incontro a stemperare il peso della realtà quotidiana la poesia che insieme alla pittura del
mare alimentano e tengono vivi i nostri sogni
di ragazzi, quando, per lo meno nel mio caso,
decisi di lasciarmi alla spalle la sicurezza inamovibile del Monviso.
A tutti coloro che vogliono continuare a
sognare dedichiamo questa poesia, dal titolo
Piccola nave bianca, della poetessa e pittrice
romana Wanda Faraoni nostra abbonata.
Patrizio Rapalino
Piccola nave bianca
dal fumaiolo giallo⁄
che lentamente vai
mentre accarezzo con mano
su oceani azzurri
e ci fai approdare
sopra isole ventose
dove piovaschi e sole forte
si alternano
al suono di calipso,
bazar, colori
e occhi neri di donna
e ci fai pregare
in piccole chiese
113
Lettere al Direttore
sperdute fra giganti cactus
cimiteri dalla poche croci
e cattedrali dorate.
Piccola nave bianca
dal fumaiolo giallo⁄..
Quante bandiere ci fai salutare
al di qua di un canale!
Vediamo città dai tetti rossi
bimbi che non sanno piangere
docili lama
e civiltà incaiche
ove ancora oggi
silenzio misterioso
si dispede
fra i monti a picco,
un fiume rossastro
e di ginestre il profumo.
Piccola nave bianca
Dal fumaiolo giallo⁄.
ci porti su un cammino
di grandi avventurosi
e te ne vai
lungo canali verdi
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e cime imbiancate,
sfidi Eolo e Nettuno.
Attraversi uno stretto
dove due oceani
si stringono la mano⁄
un bel mattino
icebergs vaganti
ci danno il benvenuto
nellÊapprodar sopra una terra tutta bianca
gelida e ghiacciata
abitata soltanto da lunghe teorie
di pinguini e cormorani⁄
EÊ realtà, è proprio realtà
mi domando
mentre accarezzo con mano
un continente
sui banchi di scuola
sognato⁄.
Wanda Faroni
scritta il 10 febbraio 1992
sulla nave Daphne
in navigazione sullo stretto di Drake
di ritorno dallÊAntartide
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RUBRICHE
Osservatorio Internazionale
(Agosto 2014)
RUSSIA E OCCIDENTE, UN POCO DI ANALISI
La Russia sta cominciando a vivere in un ambiente reso più aspro dalle sanzioni guidate
dagli Stati Uniti, UE e altri, e da una politica
di confronto sempre più duro con il sistema
economico e di sicurezza occidentale. Dopo
il drammatico cambio di leadership in
Ucraina si è inaugurata una nuova fase storica, che ha messo nel dimenticatoio i momenti positivi (non moltissimi in verità)
intercorsi tra la fine degli anni Ottanta e giusto ieri nelle relazioni tra Mosca e lÊOccidente. Passando sopra le idiozie di chi aveva
detto che la storia era finita e alla dabbenaggine di chi gli aveva creduto, le vicende
ucraine sono un chiaro segnale di una nuova
fase e un abbozzo della nuova politica di sicurezza (Esteri e Difesa) da parte di Mosca.
˚ un progetto a lungo termine che avrà un
impatto importante sulle dinamiche globali.
LÊipotesi centrale di questa strategia è che la
Russia risponde alle politiche statunitensi e
occidentali, percepite come ostili e che hanno
lÊobiettivo di ridurre sempre di più lo spazio
di manovra e di influenza di Mosca sulla
scena internazionale. Il Cremlino non poteva
assolutamente ignorare gli sviluppi in
Ucraina, un Paese di massima importanza per
la Russia, con lÊarrivo al potere di una dirigenza ultranazionalista e filoccidentale. Questa combinazione, la peggiore possibile agli
occhi di Mosca, è stata un guanto di sfida che
poneva in dubbio la posizione internazionale
e indeboliva la stessa coesione interna della
115
Russia e la sua leadership.
Mosca ha raccolto quella che considera una
sfida, che rappresenta un conflitto a lungo
termine di dimensioni globali ponendo termine alla opposizione, sinora verbale a Washington. Questa, che pure era diventata
sempre più rumorosa, ma era considerata
oramai inutile. Per Mosca, a differenza della
Georgia nel 2008, lÊUcraina non è più un episodio localizzato, marginale geograficamente
e di breve termine. In sostanza, lÊattuale lotta
Stati Uniti-Russia è per stabilire un nuovo ordine internazionale nel futuro.
Per il futuro prevedibile, lÊUcraina rimarrà il
campo di battaglia principale di questa lotta.
La tattica di Mosca può cambiare, ma lÊobiettivo principale no, cioè quello di sbarrare
lÊingresso dellÊUcraina nella NATO. Obiettivi paralleli, anche se di grande importanza
simbolica, sono quelli di mantenere lÊidentità
culturale russa del Sud e dellÊEst dellÊUcraina, e mantenere il controllo della Crimea, oramai considerata rientrata nello
spazio nazionale russo, anche per il suo immenso valore strategico nel controllo del Mar
Nero e come punto di proiezione di potere
marittimo sino al Mediterraneo.
A differenza della guerra fredda, con il timore ideologico del comunismo, lÊattuale
posizione in Ucraina e un conflitto di poteri
e aree di influenza allo stato puro, assai simile al confronto Triplice Intesa-Triplice Alleanza degli inizi del XX secolo. Molti Stati
europei occidentali vedono ancora generalmente la Russia come una minaccia ma
Rivista Marittima Ottobre 2014
Osservatorio Internazionale
anche come una opportunità commerciale e
sbocco per le produzioni manifatturiere e servizi, inoltre hanno una dipendenza energetica
che li pone in una posizione ambigua rispetto
agli Stati Uniti, si guardi la Francia, uno dei
membri della NATO più determinati nei riguardi di Mosca, ma che ha venduto alla
Russia navi da sbarco di grande capacità di
proiezione, come una unità portaelicotteri del
tipo ÿMistralŸ.
La Russia cercherà di salvaguardare il più
possibile queste debolezze e di orientarle a
suo vantaggio e creare crepe nello schieramento avversario (è una vecchia tattica, qualcuno si ricordi le proposte per un negoziato
del disarmo che coinvolgesse solamente i
Paesi europei escludendo Canada e Stati
Uniti negli anni della Guerra Fredda, che poi
sfociò nella CSCE prima e nella OSCE dopo)
e in questo, Mosca si concentrerà in primis
su Germania, Italia, Francia, Spagna e una
serie di piccoli Stati, dalla Finlandia allÊAustria e alla Grecia, che per ragioni differenti
hanno costruito estese e intense relazioni
commerciali.
Idealmente, la Russia vorrebbe vedere lÊEuropa riconquistare una certa indipendenza
dalla strategia degli Stati Uniti, sperando che
la politica delle sanzioni, una costante della
politica americana e delle controsanzioni
russe crei tali difficoltà ai partners europei (si
vedano le reazioni spagnole a seguito del
bando di Mosca su taluni prodotti agricoli)
da incidere sul meccanismo politico di confronto, anche se nel breve periodo Mosca sa
che avrà di fronte una Europa compatta, vicina agli Stati Uniti e ostile.
Nel medio termine la Russia conta in misura
notevole sul ruolo emergente (e divergente)
della Germania come leader de facto del-
Rivista Marittima Ottobre 2014
lÊEuropa per poter stabilire un rapporto
meno dipendente, agli occhi di Mosca, del
continente nel suo rapporto con Washington.
Anche se gli interessi di Mosca e Berlino divergono in modo consistente in molti punti,
gli interessi del Cremlino verso la Germania
sono prioritari.
Nel breve termine, la Russia sta cercando di
compensare i problemi emersi nel commercio e nelle relazioni finanziarie con lÊOccidente dando nuovo slancio ai contatti con
lÊAsia. LÊimportanza della Cina in Russia aumenta, in quanto è lÊunica grande economia
impermeabile alle sanzioni iniziate dagli
Stati Uniti. Probabilmente, replicando
quando sta cercando di fare in Occidente,
Mosca cercherà di sviluppare le relazioni
economiche con partners che hanno delle necessità e peculiarità quali Giappone e Corea
del Sud.
In questa ottica la Russia sta cercando di
espandere e rafforzare i suoi legami in forma
alternativi, quali il BRICS, considerata da
Mosca piattaforma naturale per una strategia
alternativa e il recente vertice del gruppo, tenutosi in Brasile, ha fatto un primo passo
verso la creazione di istituzioni finanziarie
comuni. La Russia tuttavia ha realizzato che
questo non è sufficiente e sta lavorando intensamente per rinforzare i suoi legami anche
con gli Stati dellÊASEAN, nonostante i difficili rapporti che questi hanno con la Cina,
che sta diventando un partner sempre più importante, anche se obbligato.
In un ambito più generale, la Russia si pone
come una alternativa politica (e strategica)
alla leadership globale esercitata dagli Stati
Uniti e raccoglie intorno a sè tutti gli scontenti e dubbiosi e prova del successo è stato
il voto allÊAssemblea Generale dellÊONU
116
Osservatorio Internazionale
sullÊUcraina, che sebbene ha visto la vittoria
della mozione occidentale ha visto tra astenuti e contrari, una importante fetta della comunità internazionale e il duo russo-cinese
al Consiglio di Sicurezza potrebbe rappresentare un imporante elemento di denial di
molte dinamiche dellÊONU (Siria docet).
Nel suo recente discorso al consiglio di sicurezza nazionale, il presidente Putin ha elencato le priorità del Cremlino: miglioramento
delle relazioni interetniche in tutta la Russia,
rafforzamento dellÊordine costituzionale e
della stabilità politica; promozione dello sviluppo economico e sociale, con particolare
attenzione alle regioni vulnerabili o depresse
della Federazione. Nonostante un occhio rivolto allÊinterno, il discorso di Putin è centrato sulla necessità della coesione interna
per fare fronte a quelle che vengono identificate come possibili minacce esterne, provenienti da Stati Uniti, NATO e UE.
Corollario a questo elenco è un più stretto
controllo governativo della situazione interna, rilancio dellÊindustrializzazione e la
sua decisa modernizzazione, riduzione della
dipendenza tecnologica e finanziaria dallÊOccidente. Inoltre sono centrali lÊattenta destinazione delle risorse economiche e coesione
sociale, con particolare attenzione alle fasce
giovanili.
In termini di sicurezza militare, le principali
minacce per la Russia, provengono dalla
NATO tornata a essere pienamente percepita come una minaccia; il miglioramento
degli assetts strategici (offensivi e difensivi)
sono in prima linea nelle necessità del
Cremlino, nel quadro generale della modernizzazione dellÊintero apparato militare e
del suo settore industriale (ricerca, sviluppo
e produzione).
117
Il confronto, inclinato e asimmetrico, è probabile che sia duro e lungo. Le sanzioni non
faranno fare a Putin marcia indietro, nonostante le speranze occidentali. Egli percepisce che un suo cedimento causerebbe una
maggiore pressione. Dalla sua egli ha un sostegno patriottico (e xenofobo) assai forte
nella opinione pubblica, che a fronte di una
pressione esterna ha ridotto notevolmente la
già debole opposizione alla presente leadership e che ora arriva a un 85% di sostegno
alla presidenza Putin.
˚ troppo presto per speculare come il confronto potrebbe finire. La posta in gioco è
molto alta. Come accennato, qualsiasi seria
concessione potrebbe costare assai cara a
Putin, ma ironia della sorte il vero vincitore
potrebbe essere Pechino.
AIUTO MILITARE AMERICANO ALLA FRANCIA
Il presidente Barack Obama ha dato il via
libera lÊ11 agosto a un programma di aiuti
militari per un valore di 10 milioni di dollari
alla Francia per il sostegno nelle sue operazioni anti-terrorismo in Mali, Ciad e Niger.
Tale importo sarà destinato alle operazioni
di trasporto aereo e di rifornimento in volo
richiesta dalla Francia per sostenere le sue
operazioni anti-terrorismo in questi Paesi.
La Francia ha lanciato nel gennaio 2013
una grande operazione militare in Mali e
dal 1o agosto, le forze francesi nella regione
sono state riconfigurate nel quadro della
operazione Berkhane contro il terrorismo
islamista. Il QG di questa nuova forza ha
sede in Chad e articolazioni in Mali, Mauritania e Burkina Faso. Analisti sottolineano
la persistente debolezza francese nelle ope-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Osservatorio Internazionale
razioni a ÿbraccio lungoŸ che non saranno
(pienamente) risolte sino allÊentrata in servizio di un congruo numero di velivoli Airbus ÿA-400 AtlasŸ da trasporto e
aerocisterne ÿA-330Ÿ.
DUE GOVERNI E DUE PARLAMENTI
Il Parlamento libico, sostituito si è riunito alla
fine di agosto per nominare un nuovo primo
ministro, ma il Congresso generale nazionale
(CGN), dove gli islamisti sono in maggioranza, si rifiuta di riconoscere la legittimità
della nuova Camera dei Rappresentanti, dominato dai liberali e federalisti. La Libia ha
così due parlamenti e due governi.
sistemi di identificazione e segnalazione.
LÊamministratore delegato sottolineava che
tali operazioni richiedono la presenza di tecnici esperti in aviazione e avionica. Qualche
giorno dopo la medesima compagnia rilasciava un comunicato che smentiva le dichiarazioni del suo proprio amministratore
delegato specificando la detta compagnia
aveva sospeso le operazioni di volo da e
verso la Libia dalla seconda metà di giugno.
˚ infine notizia che nel mese di settembre le
forze aree dei 5+5 (Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Malta, Algeria, Mauritania, Marocco, Tunisia e, almeno nominalmente,
Libia) svolgeranno la rituale esercitazione
che avviene dopo lÊestate, sarà area congiunta di controllo, sorveglianza e difesa
dello spazio aereo da minacce di vario tipo.
AEREI (E GRILLI PARLANTI) SCOMPARSI
LE FORZE ARMATE DEGLI EMIRATI
Agli inizi di agosto è circolata la notizia che
undici velivoli di vario tipo, tutti di linea,
siano scomparsi dallÊaerporto di Tripoli nelle
fasi iniziali dei violentissimi combattimenti
che hanno visto milizie islamiste affrontarsi
per controllarne il perimetro. I media algerini
sempre attentissimi alle vicende libiche
hanno segnalato il fatto, sottolineando il potenziale pericolo di tale fatto indicando che
gruppi terroristi potrebbero usare questi velivoli per ripetere scenari dellÊ11 settembre
2001 nel Mediterraneo.
A metà del mese una fonte mediatica tunisina
pubblicava lÊintervista dellÊamministratore
delegato di una compagnia area di quel Paese
che rivelava che due aerei del tipo ÿAirbus
320Ÿ della sua compagnia, parcheggiati e
bloccati nellÊaeroporto di Tripoli erano
scomparsi e che erano stati rimossi da essi i
Rivista Marittima Ottobre 2014
Alla fine di agosto sono stati riportati dei
raid aerei su Tripoli, condotti da velivoli
non identificati. Media locali hanno insistemente riportato che si trattava di jet delle
forze aeree degli emirati ed egiziane. I due
Paesi hanno ufficialmente smentito tale notizia, ma è utile dedicare una qualche attenzione alle Forze Armate degli Emirati,
sicuramente meno conosciute di quelle egiziane, e che hanno preso parte ufficialmente
alle operazioni aeree della NATO contro la
Libia nel 2011 contribuendo con due squadriglie da combattimento (1 su ÿF-16Ÿ e 1
su ÿMirage-2000Ÿ). Attualmente le Forze
Armate contano 51.000 unità di cui 44.000
delle forze di terra, 2.500 in quelle di mare
e 4.500 in quelle aeree. Gli Emirati divenuti
indipendenti dalla Gran Bretagna nel 1971,
118
Osservatorio Internazionale
nel 1976 hanno integrato le loro Forze Armate. Lo scorso giugno lÊUnione ha istituito il servizio militare obbligatorio
maschile e quello volontario per quello
femminile, anche per rimpolpare i ranghi,
che vedono una larghissima presenza di
ÿvolontariŸ stranieri ed evitare situazioni
pericolose. La presenza di stranieri residenti negli emirati raggiunge uno spettacolare 80%, a fronte di una popolazione di
meno di 6 milioni di abitanti. Le Forze Armate degli emirati, anche se hanno un livello numerico di personale non
particolarmente elevato, disponogono di sistemi dÊarma assai avanzati e moderni, specialmente nel settore aereo e della difesa
aerea, disponendo missili ÿPatriotŸ e sistemi di comando e controllo THAAD (Terminal High Altitude Area Defense). Le
Forze aeree dispongono di 201 velivoli da
combattimento, di cui 138 jets, in gran
parte ÿF-16Ÿ e ÿMirage-2000Ÿ. Nel 2013 la
forza aerea ha iniziato a ricevere ulteriori
25 ÿF-16 Block 60Ÿ (tra le più avanzate) e
ha in corso un processo di selezione per
rimpiazzare i ÿMirage-2000Ÿ, per i quali la
Francia spera di poter vendere i ÿRafaleŸ.
AUMENTO DELLÊATTIVIT¤ AEREA RUSSA
Nella seconda metà di agosto bombardieri
e altri velivoli da ricognizione e sorveglianza dellÊAviazione e della Marina russa
sono penetrati nello spazio aereo degli Stati
Uniti e del Canada almeno 16 volte. Il
NORAD (North American Air Defence
Command), il comando statunitense-canadese ha registrato un picco di attività osservando che si trattava secondo le modalità di
119
volo registrate qualcosa di diverso da normali attività addestrative, ma test per verificare tempi e modi delle difese aeree di
Stati Uniti e Canada.
LIBIA: CHI COMBATTE CHI?
Dalla metà di luglio, la Libia è stata teatro di
sanguinose battaglie tra le milizie rivali.
Dopo la caduta di Muammar Gheddafi e
dopo otto mesi di rivolta, le autorità di transizione non sono ancora riusciti a ristabilire
lÊordine e la sicurezza. Il generale (in pensione) Khalifa Haftar ha ingaggiato una sanguinosa battaglia contro gli islamisti, ma con
successi inferiori a quello che i suoi sostenitori, sinora misteriosi, si attendevano. Invece
ex milizie ribelli o jihadisti consolidano il
loro caotico e brutale potere.
Inoltre sono apparsi in differenti occasioni
jets che alla metà di agosto hanno attaccato
a Tripoli le posizioni delle milizie provenienti da Misurata e, apparentemente, a favore della operazione Dignità, lanciata nel
mese di maggio dal generale Khalifa Haftar
e dei suoi alleati, quelle della regione di
Zintan (a Ovest della capitale libica). Le incursioni aeree tuttavia non hanno potuto impedire alle milize di Misurata di prendere il
controllo dellÊaeroporto.
Escludendo la miriade delle piccole milizie,
in realtà vere e proprie gangs dotate di armi
pesanti, le maggiori fazioni si possono raggruppare in tre aree maggiori. Come accennato ci sono quelle fedeli al generale Khalifa
Haftar. Con loro, ci sono altre milizie e tribù
considerate più o meno vicino allÊex leader
libico Gheddafi, o almeno hanno incoraggiato il suo regime.
Rivista Marittima Ottobre 2014
Osservatorio Internazionale
Di fronte a queste milizie, ci sono i jihadisti
di Ansar al-Sharia sostenitori della legge islamica, e per lo più di ex ribelli che hanno
combattuto il regime di Muammar Gheddafi,
molto attivi a Bengasi, la seconda città libica
e sono sospettati di violenze terribili e abusi
di ogni tipo e di prossimità con le galassie
terroristiche di Al Qaida, inizialmente e ora
dello Stato Islamico, di cui aspirerebbero a
diventare il braccio operativo nellÊAfrica settentrionale, in concorrenza con i gruppi legati
alla ÿsezione regionaleŸ del movimento di Al
Zawairi, Al Qaida del Maghreb Islamico
(AQIM).
La terza parte è costituita dalle milizie legate
alla città di Misurata. Situato a 200 km a
Nord-Est di Tripoli, la città è un caso speciale.
A differenza dei jihadisti di Ansar al-Sharia,
queste formazioni non sono islamisti. Vicino
ad altre milizie, essi formano unÊalleanza con
la milizia Gharyan o Zawiya. Queste diverse
fazioni costituiscono un gruppo eterogeneo.
Tripoli e Bengasi, il principale teatro di scontri. Gli scontri in Libia si svolgono per la
maggior parte in luoghi distinti. A Tripoli, la
capitale, è in gran parte legato al confornto
tra le milizie di Misurata e quelle di Zintan.
La questione non è ideologica, ma in buona
parte strategica. Al centro di questa battaglia
si trova il Tripoli International Airport (o
quello che ne rimane).
A Bengasi, le milizie islamiste di Ansar alSharia hanno una solida base dalla caduta
del vecchio regime. Esse sono considerate
come responsabili di tutti gli attacchi verso
le presenze occidentali e internazionali in
tutta la Libia. Le forze di elite del governo
libico, una delle poche unità delle Forze Armate regolari hanno tentato inutilmente in
diverse occasioni di espellere queste forze
Rivista Marittima Ottobre 2014
da Bengasi. ˚ comunque utile sottolineare
che parlare di forze regolari libiche non è
del tutto appropriato, in quanto si tratta di
milizie preesistenti e che hanno accettato
lÊinvito del governo di Tripoli di formare le
Forze Armate. Queste forze raccolgono
anche i militari addestrati in diversi Paesi
occidentali, tra cui lÊItalia. Il loro comandante, Abu Wanis Kamada, beneficia anche
del sostegno del generale Khalifa Haftar.
Data la gravità della situazione sul terreno, i
parlamentari libici, riunitisi fortunosamente
il 13 agosto a Tobruk, hanno votato una mozione unitaria richiedendo un intervento da
parte della comunità internazionale. LÊobiettivo è chiaro: per proteggere le popolazioni
civili dal dilagare degli scontri. Un compito
che può essere difficile in un contesto dove
lÊunica ambasciata rimasta funzionante è
quella italiana, questo mentre tutte le altre
sono state progressivamente svuotate e il personale delle Nazioni Unite è stato rimpatriato
sin dal 15 luglio. Tuttavia è stato nominato
un nuovo capo della missione ONU in Libia.
Questo è lo spagnolo Bernardino Leon, già
delegato dellÊUnione Europea per il Mediterraneo meridionale.
Per quanto riguarda la possibilità di un intervento militare da parte della comunità internazionale, nulla è meno certo. Americani
ed Europei, che si basano molto sul ruolo
pacificatore e unificatore del nuovo Parlamento libico, sono assai riluttanti a fronte
della ipotesi di una possibile invasione di
terra in quel Paese.
La Russia è coinvolta in unÊaltra controversia, ma nessuno ne parla.
Con tutti gli occhi del mondo puntati sul
confine tra Ucraina e Russia, è facile che vi
sia poca attenzione su altri scenari. Tutta-
120
Osservatorio Internazionale
via, negli ultimi mesi vi è stata intensa attività nel Caucaso, coinvolgendo il territorio
del Nagorno-Karabakh, Armenia, Azerbaigian e Russia. Il coinvolgimento della Russia nel conflitto che oppone Armenia e
Azerbaigian potrebbe preannunciare un
cambiamento della posizone di Mosca in
questo conflitto, oramai di lunga data. Nel
1994, dopo una laboriosa mediazione e
lÊaiuto di Turchia e Iran è stato possibile
raggiungere un cessate il fuoco tra le ex repubbliche sovietiche di Armenia e Azerbaigian in conflitto per il controllo della
regione del Nagorno-Karabakh, regione
dellÊAzerbaigan popolata da maggioritariamente da Armeni. LÊArmenia era riuscita a
stabilire la continuità territoriale con il Nagorno-Karabakh a seguito della superiorità
militare sul terreno. Da allora le parti si
sono trincerate dietro posizioni rigide e totalmente contrastanti bloccando ogni possibilità di negoziato e lasciano le proprie
forze con le armi al piede. Ora, con la Russia e lÊOccidente a fronteggiarsi per
lÊUcraina, il conflitto del Nagorno-Karabakh rappresenta un punto di crisi più sottile
dellÊUcraina,
ma
altrettanto
significativo per gli equilibri dellÊintero
Caucaso, il Mar Nero e la sicurezza energetica occidentale. Mentre la Georgia tenta
di avvicinarsi allÊOccidente e lÊArmenia
rafforza i legami con la Russia, lÊAzerbaigian è in un equilibrio precario, anche per
le enormi ricchezze energetiche di cui dispone e per il fatto di essere uno snodo geografico importante dei presenti (e futuri)
gasdotti e oleodotti.
Agli inizi di agosto, le forze delle due parti
si sono scontrate sulla linea del cessate il
fuoco per quelle che sono state descritte
121
come scaramucce che hanno visto la morte
di una ventina di militari; ma visto il contesto
esplosivo che insite su quella parte di eurasia,
suscettibile di gravi rischi di instabilità, per
la non grande distanza con il ribollente scenario mediorientale.
Storicamente la Russia ha sostenuto le ragioni degli Armeni, ma recentmenete ha iniziato ad avvicinarsi allÊAzerbaigian
rafforzando la sua azione diplomatica per risolvere questa situazione aperta e incrementare influenza politica, economica ed
energetica nella regione e, in ultima analisi
aumentare la pressione sulla piccola sentinella filoccidentale nella regione, la Georgia.
Tuttavia le chance per una soluzione del conflitto sono ridotte, a cominciare dalle ferite
aperte dal conflitto che è costato 30.000
morti e ha visto la nascita della repubblica,
autoproclamata del Nagorno-Karabakh, considerata dallÊAzerbaigian una parte del suo
proprio territorio occupata illegalmente e totalmente mancante di legittimità e riconoscimento internazionale. LÊArmenia dal canto
suo afferma che il Nagorno-Karabakh ha non
ha nessun futuro come parte dellÊAzerbaigian e ritiene che il conflitto deve essere risolto con il riconoscimento del diritto
allÊautodeterminazione del popolo del Nagorno-Karabakh. Tale riconoscimento comporterebbe probabilmente lÊindipendenza o
la riunificazione con lÊArmenia. La repubblica separatista è stimata con una popolazione di circa 145.000 abitanti, di cui quasi
il 95% sono di etnia armena e che ha una elevatissima influenza allÊinterno della leadership armena, in quanto moltissimi dei
dirigenti di Erevan sono nati nel NagornoKarabakh, ripetendo in qualche misura la relazione tra Croazia e Herzeg-Bosna.
Rivista Marittima Ottobre 2014
Osservatorio Internazionale
LA GERMANIA CANCELLA UN IMPORTANTE
CONTRATTO CON LA RUSSIA
La prima settimana di agosto il governo tedesco ha annullato un importante contratto
che avrebbe fornito alle Forze Armate russe
un sistema di addestramento e simulazione
prodotto dalla Rheinmetall, per un valore di
100 milioni di euro. Ancora una volta è stato
il potente Ministero dellÊEconomia a revocare il contratto, che era in discussione sin da
marzo. La evoluzione della situazione in
Ucraina e lÊadozione delle conseguenti poltiche restrittive da parte dellÊUE nei confronti
di Mosca ha portato a questa scelta, duramente criticata dalla Russia che ha accusato
la sudditanza tedesca ed europea alle indicazioni statunitensi. Il sistema di addestramento, un sofisticato pacchetto di simulatori
di vario tipo avrebbe permesso di addestrare,
a basso costo e con buoni risultati, oltre
30.000 soldati allÊanno.
ABENOMICS DELLA DIFESA
Il primo ministro giapponese Shinzō Abe,
conosciuto anche per il modello economico
che ha imposto al Giappone, la cosiddetta
Abenomics, che consiste nellÊimmissione di
risorse nel mercato finanziario e nel mantimento della spesa pubblica senza decurtazioni, ha aggiunto un tassello particolare a
questo schema sottoponendo al parlamento
la proposta per un bilancio della Difesa pari
quasi 30 miliardi di euro, con un incremento
pari al 3,5% rispetto allÊanno precedente.
Questa proposta era largamente attesa viste
le tensioni montanti in Asia centrale, dove
Cina e Coree, Russia, Taiwan, e più a Sud, le
Rivista Marittima Ottobre 2014
nazioni dellÊASEAN sono interessate da un
crescente clima di confronto in contesto di
crescente militarizzazione. Se approvato,
questo sarebbe il terzo aumento consecutivo
del bilancio della Difesa, interrompendo un
decennio di tagli. AllÊinizio di agosto il Ministero della Difesa di Tokyo aveva descritto
il contesto di sicurezza del Giappone come
ÿsempre più graveŸ. Parlando di ÿgrande
preoccupazioneŸ per le attività della Cina nel
Mar Cinese orientale e Corea del Nord citate
come una minaccia alla sicurezza. Pechino e
Tokyo sono impegnati in una lotta amara
sulle isole Senkaku in Giappone (chiamate
Diaoyu dalla Cina). I settori della Difesa e
sorveglianza aerea e aeromarittima sono
quelli che vedranno i maggiori rafforzamenti,
secondo i piani, ma anche la Guardia Costiera, in prima linea nel confronto con similiari entità dei Paesi vicini, così come delle
loro flotte pescherecce, vedrà aumentare bilancio, personale, velivoli e battelli dÊaltura.
YEMEN: 15 SOLDATI RAPITI E GIUSTIZIATI
DA AL QAEDA
LÊ8 agosto quindici soldati yemeniti sono
stati giustiziati da un gruppo di Al Qaeda
poco dopo il loro rapimento nella provincia
di Hadramout, a Sud-Est del Paese. I soldati,
che stavano andando in congedo, sono stati
catturati da un commando di Al Qaida che ha
intercettato il loro autobus vicino alla città di
Chibam e portato alla vicina città di Houta,
dove sono stati giustiziati in pubblico.
LÊEsercito ha subito inviato rinforzi nella
zona per cercare di catturare gli autori di questo attacco. Il giorno prima, quattro soldati e
11 militanti di Al Qaeda sono stati uccisi in
122
Osservatorio Internazionale
due attacchi contro installazioni militari in
Hadramout. Al Qaeda operante nella penisola arabica, la ÿcenerentolaŸ delle varie fazioni della galassia terroristica, soprattutto a
causa della forte opposizione da parte degli
Stati della regione ha ritrovato spinta e vigore
soprattutto nello Yemen in concomitanza con
la offensiva dellÊesercito islamico in Siria e
Irak. La cosa non è vista come un segnale di
alleanza, ma anzi della crescente rivalità tra
le due organizzazioni, che cercano di consolidare le loro posizioni per quello che considerano un possibile futuro confronto.
LA MARINA RUSSA DEL MAR NERO
RICEVE IL PRIMO SOTTOMARINO
DELLA CLASSE
ÿVARSHAVYANKAŸ
Il primo della serie di sei sottomarini dieselelettrici della classe ÿVarshavyankaŸ, costruiti per la flotta del Mar Nero, sarà messo
in servizio nella Marina russa il 22 agosto.
Secondo la Marina russa il sottomarino è attualmente nella seconda fase di test nel Mar
Baltico. La costruzione del sottomarino No-
123
vorossiysk è iniziato nellÊagosto 2010, seguito dal Rostov-on-Don nel novembre 2011,
lo Stary Oskol nellÊagosto 2012 e nel febbraio
2014 il Krasnodar. La consegna, tanto attesa,
di questi sottomarini, soprannominati dalla
US Navy come ÿbuchi neri nel mareŸ, in
quanto difficilmente intercettabili quando
sommersi (secondo le fonti russe), è una parte
fondamentale della strategia navale della Russia nel Mediterraneo. La classe ÿVarshavyankaŸ (Progetto ÿ636.3Ÿ) è una versione
migliorata dei sottomarini classe ÿKiloŸ e dispone di tecnologia stealth avanzata, ampio
raggio dÊazione e la capacità di colpire obiettivi in superfice e subacquei. Questi battelli
sono destinati a operare in acque relativamente poco profonde. I sottomarini, che
hanno un equipaggio di 52 unità, hanno velocità subacquea massima di 20 nodi, unÊautonomia di 400 miglia (propulsione elettrica)
con la possibilità di pattugliare per 45 giorni.
Essi sono armati con 18 siluri e otto missili
superfice-aria. La Flotta russa del Mar Nero
ha ricevuto lÊultimo sottomarino, un esemplare della classe ÿKilo-AlrosaŸ, nel 1990.
Enrico Magnani
Rivista Marittima Ottobre 2014
RUBRICHE
Scienza e tecnica
PROGRESSI DEL PROGRAMMA
SPAZIALE INTERNAZIONALE GPM
PER LA MISURA DELLE PRECIPITAZIONI
Nel numero di febbraio 2014 di questa rubrica avevamo accennato al lancio del satellite Global Precipitation Measurement
(GPM) Core Observatory da parte delle
agenzie spaziali statunitense (NASA) e giapponese (JAXA), previsto per il giorno 28 febbraio dallo spaziodromo di Tanegashima,
mediante un razzo vettore giapponese del
tipo ÿH-IIAŸ. Il lancio ha avuto effettivamente luogo alle ore 3:37 di mattina ora standard giapponese (JST); dopo circa 15 minuti
e 57 secondi dal decollo il satellite si è separato come previsto dal veicolo di lancio e im-
messo in orbita, per iniziare le procedure di
taratura e prova degli strumenti.
Riportiamo in riquadro le principali caratteristiche del satellite e dei suoi sensori, cioè
il Dual-frequency Precipitation Radar (DPR)
e il GPM Microwave Imager (GMI), sensori
che hanno iniziato a funzionare regolarmente
e stanno inviando i dati scientifici sulla terra,
dove vengono elaborati. I primi sessanta
giorni costituiscono un periodo di prova per
la verifica del regolare funzionamento del satellite e degli strumenti I primi dati verranno
rilasciati verso la comunità scientifica non
oltre sei mesi dopo il lancio, quando i tecnici
della NASA e della JAXA ne avranno verificata lÊattendibilità.
Il 17 marzo è stata eseguita, impiegando i
Immagine
artistica
del satellite
Global Precipitation
Measurement
(GPM) Core
Observatory con i
principali sensori
DPR e GMI
(dal sito
internet della
NASA).
Rivista Marittima Ottobre 2014
124
Scienza e tecnica
sistemi di spinta del satellite, la prima manovra di rotazione di 180o del satellite sul piano
orizzontale (yaw); il satellite quindi ora vola
ÿin retromarciaŸ, cioè verso la direzione del
suo lato posteriore; questa manovra verrà
compiuta ogni quaranta giorni circa per assicurare il controllo termico; infatti, senza
compiere queste manovre, lÊangolo tra lÊorbita del satellite e il sole varia, esponendo
alle radiazioni solari quel lato del satellite
che è invece stato progettato per rimanere
ÿfreddoŸ. Per le manovre vengono impiegate
le ruote di reazione (reaction wheels) di cui
è dotato il satellite.
Il 19 marzo è stata eseguita una manovra
chiamata ÿdelta-VŸ della durata di circa cinquanta secondi per aumentare la velocità e
quindi lÊaltezza della sua orbita, usando alcuni dei suoi dodici propulsori (thrusters).
Lo scopo del programma internazionale
GPM (Global Precipitation Measurement) è
quello di fornire, più volte il giorno, informazioni dettagliate sulle precipitazioni (pioggia
e neve) su tutto il globo terrestre, per migliorare la comprensione dei cicli dellÊacqua e
dellÊenergia che governano il clima terrestre.
Le precipitazioni, infatti, sono legate a cambiamenti di fase dellÊacqua contenuta nellÊatmosfera, cambiamenti di fase che
comportano assorbimento o rilascio di energia termica, e il loro studio gioca un ruolo
cruciale sia per migliorare la nostra comprensione del funzionamento del clima, sia per
lÊeffettiva predizione delle condizioni metereologiche, e in particolare di fenomeni come
i tifoni e gli uragani.
Uno dei limiti che gli studiosi di meteorologia hanno sempre lamentato è la scarsità
di dati sulle precipitazioni, soprattutto sugli
oceani; lÊimpiego di satelliti consentirà di
125
superare questo limite. Mentre, infatti, i
radar metereologici terrestri hanno cominciato a essere impiegati già durante la seconda guerra mondiale, il primo radar
meteorologico basato su satellite è stato il
PR (Precipitation Radar) installato a bordo
del ÿTRMMŸ (Tropical Rainfall Measuring
Mission), che fornisce dal novembre 1997
mappe tridimensionali delle precipitazioni
nelle regioni tropicali e subtropicali, con
una copertura estesa sia alle terre emerse
che agli oceani, e ha rivoluzionato le conoscenze degli uragani da parte degli studiosi
di meteorologia.
NellÊambito del programma GPM, i dati
del satellite lanciato a febbraio (Core Observatory) serviranno a calibrare i dati sulle precipitazioni misurati da una rete di altri
satelliti gestiti da JAXA, NOAA, Dipartimento della difesa statunitense, dalla European Organisation for the Exploitation of
Meteorological Satellites (EUMETSAT), dal
Centre National dÊEtudies Spatiales (CNES)
francese e dallÊorganizzazione per la ricerca
spaziale indiana (Indian Space Research Organisation).
Di particolare importanza per le tecnologie impiegate (parte delle quali sono alla base
dei sensori installati a bordo del core Observatory) e per i risultati ottenuti la precedente
missione ÿTRMMŸ, congiunta tra NASA e
JAXA, iniziata nel 1997, e tuttora in corso.
Il satelliteÿ TRMMŸ è stato progettato
principalmente per misurare piogge moderate o forti nelle regioni tropicali e sub-tropicali. Le misure effettuate da questo satellite
hanno fornito importanti informazioni sul livello delle precipitazioni medie annue, in
particolare sugli oceani, rendendo per la
prima volta disponibili immagini tridimen-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Scienza e tecnica
La ÿcostellazioneŸ dei satelliti delle diverse agenzie spaziali, partecipanti al programma internazionale GPM
(Global Precipitation Measurement), il cui scopo è fornire, più volte il giorno, informazioni dettagliate sulle
precipitazioni (pioggia e neve) su tutto il globo terrestre (dal sito internet della NASA).
sionali, riprese dallo spazio, sulla struttura e
intensità delle tempeste. Tra gli strumenti di
cui è dotato ÿTRMMŸ la telecamera TMI
(TRMM Microwave Imager), il radar ÿPRŸ
(Precipitation Radar) e i sensori VIRS (Visible and InfraRed Scanners).
I principali strumenti del nuovo GPM
Core Observatory sono il DPR e il GPI. Il
DPR (Dual-frequency Precipitation Radar) è
un radar meteorologico bibanda appositamente sviluppato in Giappone (dalla JAXA
e dallÊIstituto nazionale della tecnologia
dellÊinformazione e delle comunicazioni di
Tokyo), che sfornisce profili tridimensionali
delle precipitazioni, rivelando la struttura in-
Rivista Marittima Ottobre 2014
terna dei temporali, sia allÊinterno che al di
fuori delle nuvole e misurando, oltre ai dati
globali sulle precipitazioni, dimensioni e distribuzioni delle gocce dÊacqua, dei fiocchi
di neve e dei chicchi di grandine.
Il GMI (GPM Microwave Imager) è un apparecchio costruito dalla compagnia Ball Aerospace and Technology Corp., di Boulder
(Colorado), basato sulla tecnologia delle microonde per la raccolta dÊimmagini di precipitazioni (pioggia e neve) a tredici diverse
frequenze; le informazioni che fornisce sono
relative allÊintensità della precipitazione, alla
quantità di acqua caduta e alle dimensioni
delle gocce (o fiocchi di neve). Maggiori in-
126
Scienza e tecnica
Il lancio del satellite GPM Core Observatory avvenuto il giorno 28 febbraio 2014 alle ore 3:37 di mattina
(ora standard giapponese) dallo spaziodromo di Tanegashima, mediante un razzo vettore giapponese del tipo
ÿH-IIAŸ (dal sito internet della NASA).
formazioni sia sul GPR che sul GMI sono riportate in riquadro a fine Rubrica.
Grazie ai suoi strumenti, il GPM Core Observatory può osservare le tempeste che si
formano negli oceani tropicali, e seguirne il
percorso verso le regioni più temperate, fornendo agli scienziati informazioni sulla struttura interna di queste tempeste durante tutto
il loro ciclo di vita. La conoscenza di come
le tempeste evolvono nel tempo aiuterà gli
127
scienziati a capire come mai alcune tempeste
cambiano intensità quando escono dalle regioni tropicali.
Le informazioni del GMI e del DPR forniranno anche un data base di misure accurate, nei cui confronti potranno essere
comparate le misure degli altri satelliti del
programma GPM, per ottenere dei dati uniformi sulle precipitazioni. Per esempio
quando un satellite osserverà gli stessi feno-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Scienza e tecnica
meni osservati e misurati dal GMI, i dati del
GMI serviranno per calibrare gli strumenti
dellÊaltro satellite. Di particolare importanza
è la capacità del GPM Core Observatory di
misurare non solo le normali precipitazioni
(temporali e piogge consistenti), ma anche la
neve e le piogge leggere, che costituiscono
una parte significativa delle precipitazioni
globali, specialmente nelle regioni temperate
e fredde.
Il satellite GPM Core Observatory, sviluppato e collaudato presso il Goddard Space
Flight Center della NASA a Greenbelt, nel
Maryland, fornisce alimentazione elettrica,
comunicazioni e memoria di massa ai sensori
GMI e DPR, oltre ad assicurarne il posizionamento in orbita e lÊorientamento. Il satellite comprende, oltre alla struttura, i pannelli
solari e il relativo sistema di dispiegamento,
i sottosistemi dedicati allÊenergia, al controllo termico e dellÊassetto, alla guida e propulsione, alla navigazione e controllo, alle
comunicazioni radio, e al comando e gestione dei dati.
Due file di pannelli solari dispiegabili ricaricano la batteria del satellite e forniscono
alimentazione ai sistemi di bordo. Un sistema
di memoria di massa allo stato solido assicura la conservazione dei dati a bordo, e lÊantenna a elevato guadagno in banda ÿSŸ
consente la trasmissione dei dati degli strumenti, sia in tempo reale che in play-back
scaricandoli dalla memoria di massa.
DallÊorbita a 407 km dalla superficie terrestre, i due strumenti GMI e DPR esaminano costantemente in maniera coordinata
delle aree di superficie terrestre chiamate
swath. Il GMI vede uno swath largo 885 chilometri, mentre i radar in banda ÿKuŸ e ÿKaŸ
del DPR prendono immagini parzialmente
Rivista Marittima Ottobre 2014
sovrapposte al centro dello swath. In particolare il radar in banda ÿKaŸ osserva una striscia larga 120 km, mentre quello in banda
ÿKuŸ una striscia di 245 km.
Il settore di terra della missione GPM
comprende tutto quanto serve a comandare e
operare il satellite GPM Core Observatory in
orbita, e a gestire e distribuire i dati ricevuti
da questo satellite e da tutti gli altri satelliti
partecipanti al programma.
Il MOC (Mission Operations Center) è
parte del Goddard Space Flight Center della
NASA, e invia i comandi al GPM Core Observatory attraverso la stazione terrestre ubicata a White Sands e il sistema di tre satelliti
geosincroni TDRSS (Tracking and Data
Relay Satellite System), impiegato anche per
le comunicazioni con altri satelliti della
NASA. A sua volta il satellite trasmette, impiegando la stessa catena di comunicazioni,
la telemetria propria e degli strumenti, informazioni sul regolare funzionamento e i dati
scientifici; questi ultimi sono trasmessi dal
MOC al PPS (Precipitation Processing System), ubicato sempre a Goddard. I dati del
GMI sono trasmessi con continuità, quelli
del DPR una volta ogni orbita. Le agenzie
che controllano gli altri satelliti del programma GPM inviano i dati dei propri satelliti al PPS attraverso le proprie strutture dio
comunicazione.
Il PPS elabora tutte le informazioni ricevute dagli strumenti dei vari satelliti, con la
sola eccezione dei dati del DPR che vengono
inviati ai MOS (Mission Operations Systems) della JAXA in Giappone per una
prima elaborazione, dopo la quale sono rimandati al PPS come dati radar per le ulteriori elaborazioni e per lÊintegrazione con
tutte le altre informazioni relative alle preci-
128
Scienza e tecnica
pitazioni. I dati sulle precipitazioni del programma GPM possono essere scaricati gratuitamente dal sito internet pps.gsfc.nasa.gov.
Allo scopo di individuare metodologie di
elaborazione dei dati e valutare con che precisione gli strumenti dei satelliti osservano
le precipitazioni dallo spazio, gli scienziati
del programma GPM hanno pianificato e
condotto una serie di campagne per comparare i dati dei satelliti (e anche dati raccolti
da aerei che simulano i satelliti) con dati raccolti da strumenti basati a terra. Sono state
eseguite cinque campagne di cui due in Canada, presso Toronto, per la misura delle
precipitazioni nevose (2006–2007 e 2012),
una sul Golfo di Finlandia per misurare le
piogge leggere alle alte latitudini (2010), una
per misurare temporali convettivi sulla terraferma, attorno a Oklahoma (2011), e una
nello stato dello Iowa per misurare temporali
e valutare applicazioni per la previsione
degli allagamenti (2013).
I satelliti ci consentono di osservare lÊevoluzione della struttura delle precipitazioni nel
corso del ciclo di vita di una tempesta, in particolare sugli oceani e nelle zone dove i dati
ottenuti dalle stazioni terrestri sono scarsi. I
dati ottenuti dal satellite ÿTRMMŸ ci hanno
fornito nuove conoscenze sulla dinamica
degli uragani, per esempio sulla stabilità
dellÊocchio di un ciclone quando il ciclone
stesso si muove sulla superficie terrestre, e
Il satellite GPM Core Observatory in fase di realizzazione presso il Goddard Space Flight Center della NASA
a Greenbelt, nel Maryland (dal sito internet della NASA).
129
Rivista Marittima Ottobre 2014
Scienza e tecnica
Una delle prime immagini ricevute dal sensore GPM Microwave Imager (GMI) del satellite GPM
Core Observatory, ripresa il 10 marzo 2014 al largo delle coste giapponesi, indica il flusso della pioggia
nel corso di un ciclone tropicale. Le aree rosse indicano le piogge più intense, quelle gialle e blu piogge
più leggere; lÊarea blu intenso nella zona superiore indica una nevicata
(dal sito internet della NASA - Image Credits NASA/JAXA).
come lÊintensificazione di un ciclone tropicale sia legata alla presenza di alte strutture
di nuvole calde, e quindi possa essere prevista. La missione GPM ha una maggiore copertura e consentirà agli scienziati di
migliorare le nostre capacità di prevedere
lÊevoluzione di un uragano nel tempo, aiutando chi deve prendere decisioni a salvare
delle vite umane. Più in generale, lÊacqua è
fondamentale per la vita sulla terra. Sapere
dove e quanta acqua cadrà è vitale per capire
come il clima impatti sullÊambiente, sullÊagricoltura e sulla disponibilità di cibo,
oltre che a prevedere i disastri naturali.
Rivista Marittima Ottobre 2014
Alla luce delle previsioni degli scienziati
dellÊIPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, organismo creato dallÊONU
per lo studio dei cambiamenti climatici e dei
loro effetti), secondo cui è molto probabile
che un incremento nella temperatura media
terrestre porti a cambiamenti nel sistema
delle precipitazioni, tra cui un aumento della
quantità di acqua che cadrà durante i temporali egli uragani (IPCC, 2011), le informazioni fornite dal programma GPM saranno
fondamentali per la previsione dei disastri
naturali legati alle precipitazioni, come i cicloni tropicali, le ÿbombe dÊacquaŸ, gli alla-
130
Scienza e tecnica
Rappresentazione tridimensionale del ciclone osservato il 10 marzo 2014 al largo delle coste del Giappone
dal sensore Dual-frequency Precipitation Radar (DPR) del satellite GPM Core Observatory. La striscia coperta
dal DPR, larga 245 chilometri, si trova al centro della striscia più larga (885 km) coperta dallÊaltro sensore
del satellite, il GMI. Anche in questa rappresentazione le aree rosse indicano le piogge più intense,
quelle gialle e blu piogge più leggere (dal sito internet della NASA- Image Credits JAXA / NASA).
gamenti, le malattie legate allÊacqua (come
la malaria) e le frane.
Per prevedere i futuri cambiamenti climatici, gli scienziati usano dei sofisticati modelli computerizzati, che si basano sui dati
globali disponibili per descrivere le condizioni che esistono oggi e prevedere quelle del
futuro. Fornendo dati sulla fisica delle precipitazioni, il programma GPM consente di
progredire nellÊanalisi e modellazione del sistema climatico mondiale.
Per la comunità agricola mondiale la conoscenza del quantitativo di acqua che cadrà
nelle varie zone, la distribuzione temporale
delle precipitazioni e le loro caratteristiche
costituiscono informazioni cruciali per indirizzare le scelte del tipo di cultura da adottare nei diversi terreni e prevenire gli effetti
131
della siccità, e anche in questo settore i dati
del programma GPM saranno di grande
aiuto. Parimenti la conoscenza dellÊevoluzione della situazione delle precipitazioni
consentirà ai manager pubblici di prendere
con migliore cognizione di causa importanti
decisioni sulla gestione delle risorse idriche,
fondamentali non solo per il consumo
umano diretto (alimentare e igienico-sanitario), ma anche per le attività agricole (irrigazione), industriali, estrattive e per la
produzione di energia. Per chi fosse interessato ad approfondire lÊargomento consigliamo
la visita dei siti internet della missione GPM:
http://www.nasa.gov/gpm,
http://pmm.nasa.gov e http://www.jaxa.jp/projects/sat/gpm/index_e.html.
Claudio Boccalatte
Rivista Marittima Ottobre 2014
Scienza e tecnica
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA MISSIONE GPM CORE OBSERVATORY
Tipo di orbita: circolare, non eliosincrona;
Altezza dellÊorbita: 407 chilometri (253 miglia);
Durata dellÊorbita: 93 minuti, corrispondenti a circa sedici orbite il giorno;
Inclinazione dellÊorbita: 65o;
Velocità: 7 chilometri il secondo (circa 25.000 km/h);
Durata prevista della missione: almeno tre anni (il combustibile presente a bordo è sufficiente per
cinque anni).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL GPM MICROWAVE IMAGER (GMI)
Il sensore GMI, costruito dalla ditta Ball Aerospace & Technology Corp. di Boulder (Colorado) per
conto del Goddard Space Flight Center della NASA, è un radiometro a microonde multicanale, progettato per individuare le precipitazioni complessive attraverso tutti gli strati di nuvole, inclusa la
neve e la pioggia leggera. Per ottenere questo scopo misura lÊintensità dellÊenergia che viene costantemente emessa sotto forma di microonde da ogni componente del sistema terra, inclusa la pioggia e la neve. Ogni oggetto, sulla base delle sue proprietà fisiche e della sua temperatura, emette
energia in maniera diversa, e gli scienziati, sulla base dei confronti tra quanto ricevuto sui diversi
canali, sono in grado di distinguere pioggia e neve, e calcolare il rateo e la quantità delle precipitazioni. Il GMI impiega tredici canali per misurare lÊintensità delle microonde; i canali a frequenza
più bassa (da 10 a 89 gigahertz) individuano le piogge da moderate a intense, mentre i quattro canali
a frequenza più elevata (166 to 183 gigahertz), non presenti nel precedente programma TRMM, individuano anche le piogge più leggere. Dal punto di vista costruttivo, il GMI è un radiometro a
scansione conica, comprendente due parti principali, lÊantenna rotante che riceve le microonde e i
detettori che ricevono le microonde dallÊantenna e ne misurano lÊenergia. LÊantenna ha un diametro
di 1,2 metri e ruota alla velocità di 32 giri il minuto. Quando lÊantenna è rivolta verso il satellite,
esegue delle calibrazioni per assicurare lÊaccuratezza dei suoi risultati.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL DUAL-FREQUENCY PRECIPITATION RADAR (DPR)
Il DPR è stato progettato dalla JAXA e dallÊistituto nazionale giapponese per la tecnologia delle
informazioni e comunicazioni, e costruito dalla NEC Toshiba Space Systems, Ltd. ˚ stato consegnato ufficialmente dalla JAXA alla NASA il 30 marzo 2012 e integrato a bordo del satellite GPM
Core Observatory nel maggio 2012. Questo sensore impiega due radar a scansione per precipitazioni,
rispettivamente in banda ÿKuŸ (corrispondente a una frequenza di 13.6 gigahertz) e ÿKaŸ (35.5 gigahertz). Entrambe hanno una risoluzione spaziale di circa 5 km; il radar ÿKaŸ, grazie alla sua frequenza più elevata, è in grado di raccogliere informazioni che richiedono una maggiore sensibilità,
fondamentale per osservare le goccioline dÊacqua più piccole e le particelle di ghiaccio. Le informazioni raccolte dai due radar possono essere analizzate separatamente o in combinazione; per
esempio comparare i segnali dei due radar è utile per capire se una precipitazione è formata da pioggia o neve. Le dimensioni dellÊantenna del radar ÿKu-bandŸ radar sono 2.4 x 2.4 x 0.6 metri, mentre
quelle dellÊantenna del radar ÿKaŸ sono 1.44 x 1.44 x 0.7 metri. Il più anziano satellite ÿTRMMŸ
è dotato di un radar meteorologico PR (Precipitation radar) che opera solo in banda ÿKuŸ.
MT30 FEATURE
La turbina a gas Rolls-Royce MT30 · già
selezionata da 5 delle maggiori piattaforme
navali al mondo · è la più performante turbina a gas per utilizzo navale oggi in servizio.
Essa deve questo invidiabile primato al motore
Rivista Marittima Ottobre 2014
della gamma Rolls-Royce dal quale è derivato,
il ÿTrent 800Ÿ. Questo collaudato, affidabile
e performante motore aereo equipaggia il
ÿBoeing 777Ÿ e possiede le componenti principali (combustore, turbina, compressore) più
grandi nellÊambito della rinomata famiglia di
motori Trent.
132
Scienza e tecnica
LÊMT30
viene utilizzato
dalla US Navy
per la propulsione
delle Littoral
Combat Ship;
dalla Marina
sudcoreana
sulle fregate
ÿFFX Batch IIŸ
e dalla Royal Navy
sulle navi
da combattimento
ÿType 26Ÿ.
ÿQuesta derivazione permette allÊMT30 di
fornire una potenza considerevole. Esso può
generare fino a 40MW da unÊunità propulsiva
di 30 tonnellate, dato che la rende la turbina
navale a gas con il rapporto più favorevole tra
spinta e pesoŸ · afferma Richard Partridge,
Chief of Naval Systems del Gruppo RollsRoyce · ÿQueste caratteristiche permettono
alle unità equipaggiate con lÊMT30 di avere
una potenza superiore in uno spazio più limitato rispetto a quello occupato da motori di
altro tipo, e consentono ai progettisti maggiore
flessibilità nellÊideare le navi del futuroŸ.
Una parte crescente delle navi attuali viene
progettata con propulsione elettrica che favoriscono una migliore versatilità, flessibilità e
doti stealth. Questi sistemi utilizzano turbine
a gas per alimentare alternatori e generatori e
gestire così non solo la tradizionale funzione
propulsiva ma anche per soddisfare la richiesta
di energia elettrica necessaria per le armi, i sistemi di comunicazione e la vita a bordo.
LÊMT30 è stato adottato dalla Marina ame-
133
ricana, che lo utilizza già dal 2008 sulle proprie unità da combattimento costiere classe
ÿFreedomŸ, che possono superare i 40 nodi di
velocità. Inoltre la US Navy ha selezionato
lÊMT30 come componente fondamentale del
GTA (Gas Turbine Alternator) nellÊambito del
futuristico programma DDG 1000 per un
nuovo destroyer. La prima unità di questa
classe, lo USS Zumwalt, comincerà presto le
prove in mare.
Nel Regno Unito, lÊMT30 è stato scelto
dalla Royal Navy per equipaggiare le nuove
portaerei classe ÿQueen ElizabethŸ in versione GTA e nel 2013 la Marina della Repubblica di Corea ha selezionato la turbina
Rolls-Royce per il secondo lotto delle fregate
classe ÿFFXŸ. QuestÊultima è stata la prima
applicazione di una singola turbina MT30,
montata per lavorare in tandem con generatori
diesel, dando vita a una flessibile configurazione elettro-meccanica ibrida che ha evidenziato lÊampia portata delle capacità dellÊMT30
in termini di dimensioni e prestazioni. Carat-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Scienza e tecnica
LÊMT30
in versione GTA
viene utilizzato
dalla Royal Navy
sulle portaerei classe
ÿQueen ElizabethŸ
e dalla US Navy
sui caccia
ÿDDG 1000Ÿ.
teristiche queste che le permettono di equipaggiare una vasta gamma di unità, dalle corvette
alle portaerei. A breve, lÊinnovativo sistema di
propulsione per navi da combattimento della
Royal Navy designato ÿType 26Ÿ sarà progettato intorno allÊMT30, anche in configurazione singola e ibrida dal punto di vista
elettromeccanico, sulla scorta dellÊesperienza
coreana.
Oggi lÊMT30 si può considerare un prodotto leader sul mercato della propulsione navale, anche in virtù del proprio basso rischio
tecnologico visto che condivide con i propri
omologhi in campo aeronautico circa lÊ80%
delle componenti. La gamma dei motori Trent
ha accumulato circa 50 milioni di ore di volo
ed equipaggia oggi più di 40 delle prime 50
compagnie aeree al mondo.
Questo solido stato di servizio insieme allÊalto grado di compatibilità tra il propulsore
marino e quello aeronautico a livello sia di
componenti che di sottosistemi, assicura allÊMT30 un considerevole valore dal punto di
Rivista Marittima Ottobre 2014
vista ingegneristico. Questo è un eccellente
punto di partenza per le Marine di oggi che richiedono sempre maggiori doti di affidabilità
ai propri equipaggiamenti.
Rolls-Royce ha sempre perseguito una filosofia ingegneristica ispirata dal concetto
ÿInventa una sola volta, usa molte volteŸ che
le ha permesso di ampliare e di migliorare costantemente la propria base tecnologica. Inoltre Rolls Royce ha già un pedigree
consolidato, costruito su più di 60 anni di
esperienza, nel campo delle turbine a gas derivate da motori aerei. Dalla fine degli anni
Cinquanta, le sue turbine a gas sono state adottate per diversi utilizzi sia a terra · per generare elettricità o pompare olio e gas · e sia in
mare, per motorizzare diversi tipi di unità di
superficie. ÿLÊMT30 differisce dal Trent 800
sotto molteplici aspettiŸ · aggiunge Mr Partridge · ÿLa sua architettura è basata sulla
nucleo di un motore aeronautico, con lo stesso
compressore, combustore e turbina. Perde la
grande ventola e il relativo alloggiamento ne-
134
Scienza e tecnica
cessari per la propulsione del suo omologo aeronautico, mentre lÊalbero centrale è esteso
posteriormente per alimentare altre componenti come la trasmissione o lÊalternatoreŸ.
ÿUlteriori modifiche includono la trasmissione del propulsore che è derivata dal Trent
500 (perché il Trent 800 è troppo grande) e un
combustore modificato per utilizzare uno speciale carburante diesel dallÊalto contenuto di
zolfo invece che il tradizionale cherosene aeronautico. Le diverse paratie usate per ottimizzare il flusso dÊaria allÊinterno del motore
aeronautico sono raddrizzate allÊinterno
dellÊMT30, mentre il sale e lÊumidità dellÊambiente marino richiedono un rivestimento anticorrosione per allungare la vita della
turbinaŸ. La turbina stessa è sistemata in un
alloggiamento che comprende anche valvole
per lÊingresso e lo scarico dellÊaria insieme a
un complesso di equipaggiamenti per sistemi
di bordo essenziali, come quelli antincendio.
La rilevante potenza dellÊMT30 è particolarmente apprezzata quando è richiesta una risposta veloce in termini di spinta per
supportare i motori diesel in crociera, o per applicazioni che assorbono unÊelevata potenza
specifica. Nelle moderne navi da battaglia le
armi di bordo e i sistemi di comunicazione richiedono spesso grandi quantità di energia
elettrica, generata dal Gas Turbine Alternator
o da sistemi ibridi. LÊMT30 è ugualmente efficiente sia in configurazione singola che
multi-propulsore. Combinato con motori diesel e per fornire potenza attraverso motori elettrici è ideale per piccole e rapide unità, spesso
investite di delicati compiti di lotta antisommergibile, nei quali la silenziosità e lÊinvisibilità sono caratteristiche vitali. Molte delle
Marine più avanzate hanno adottato, durante
il decennio scorso, configurazioni flessibili
135
basate su una singola turbina a gas abbinata a
motori diesel.
ÿI nostri ingegneri navali devono adottare
un approccio creativo basandosi sulle tecnologie innovative sviluppate per i motori aeronautici Rolls-RoyceŸ · ha affermato Mr
Partridge · ÿe applicando competenze ingegneristiche di sistemi per produrre turbine navali a gas che massimizzino la fondamentale
combinazione tra elevata potenza e bassi costi
operativiŸ. LÊMT30 è competitivo sotto tutti
gli aspetti · assicurando robustezza attraverso un alto grado di compatibilità con una
collaudata tecnologia motoristica, ed efficienza operativa con grande potenza e ingombri relativamente limitati, in situazioni nelle
quali lo spazio dedicato agli apparati propulsivi di bordo è un aspetto fondamentale.
ÿNoi siamo convinti che lÊMT30 rappresenti la perfetta soluzione per equipaggiare
unÊampia gamma di unità navaliŸ conclude
Mr Partridge. ÿLa sua comprovata potenza, il
suo ineguagliato rapporto spinta-peso, e i suoi
ingombri estremamente limitati lo rendono
adatto a una vasta gamma di navi incluse unità
da combattimento oppure ausiliari/anfibie.
Esso può essere configurato per una propulsione sia meccanica che elettrica e combinato
con motori diesel ad alta velocità per una propulsione ibrida altamente efficienteŸ.
Rolls-Royce ha recentemente completato
lÊacquisizione di MTU. Entrambe le aziende
sono state spesso selezionate per progetti rivoluzionari e ad alta performance. La combinazione di tecnologia innovativa rende
Rolls-Royce ed MTU un binomio formidabile
grazie alle sinergie tra i rispettivi sistemi di
propulsione marina. Questa partnership sta già
ottenendo risultati di rilievo su numerosi progetti in tutto il mondo.
Richard Partridge
Rivista Marittima Ottobre 2014
RUBRICHE
Marine militari
Algeria
Consegnata la BDSL
Kalaat Beni-Abbes (474)
sbarco da 19,5 m e un carico massimo di 30
t, realizzati sul medesimo progetto dei mezzi
in servizio con la Marina Militare, acquisito
dal costruttore Cantiere Navale Vittoria (Rovigo). Un importante successo per la cantie-
Con una cerimonia tenutasi oggi presso lo
stabilimento
del
Muggiano
di
Fincantieri, Orizzonte Sistemi Navali, la
joint-venture controllata da Fincantieri
(51%) e partecipata da Finmeccanica con la
divisione Selex ES (49%), ha consegnato
con successo, rispettando le tempistiche e le
specifiche contrattuali, la nave dÊassalto anfibio e supporto logistico da 8.800t Kalaat
Beni-Abbes (474). Realizzata secondo
unÊinnovativa regolamentazione introdotta
dal RINA, presso il cantiere integrato Fincantieri di Riva Trigoso e del Muggiano (La
Spezia), lÊunità è stata trasferita e messa in
acqua presso il secondo stabilimento lo
scorso gennaio, dove ha completato lÊallestimento ed effettuato le prove in mare e del sistema di combattimento, attività conclusasi
con successo rispettando i tempi e le specifiche contrattuali. In parallelo, OSN ha fornito con piena soddisfazione della Marina
algerina, il supporto con trasferimento di
tecnologia, per la progettazione e la produzione in loco presso i cantieri ECRN (Etablissement de Construction et Réparation
Navales) di Mers-El-Kebir, di tre mezzi da
Con una cerimonia tenutasi il 29 marzo presso
lo stabilimento di Fincantieri al Muggiano, la jointventure OSN ha consegnato alla Marina algerina
lÊunità dÊassalto anfibio e supporto logistico KALAAT BENI-ABBES (474) (Fincantieri).
136
Rivista Marittima Ottobre 2014
Marine militari
ristica e lÊindustria nazionale della Difesa di
settore, che assume una particolare valenza
sul piano internazionale, in quanto coinvolge
la Marina Militare quale responsabile dellÊaddestramento del personale della Marina
del Paese nordafricano, con il supporto di
Fincantieri e delle altre ditte fornitrici attraverso la Fincantieri Training Accademy,
Rivista Marittima Ottobre 2014
nuova struttura dedicata a tale attività. LÊarticolato programma portato avanti dalla MM
con il coinvolgimento di vari enti quali il
Centro Addestramento Aeronavale (MARICENTADD) di Taranto e il Centro Allestimento
nuove
costruzioni
navali
(MARINALLES) del Muggiano, vede la
partecipazione di circa 190, tra membri
137
Marine militari
dellÊequipaggio e tecnici manutentori di
terra, che hanno iniziato lÊanno scorso i corsi
presso MARICENTADD, dove si trova il simulatore navale appositamente sviluppato
da OSN con la collaborazione della società
genovese Eca Sindel, per addestrare i team
di plancia e della centrale operativa della
nuova unità da sbarco. LÊequipaggio è oggi
coinvolto nella fase on-job-training e addestramento preliminare presso La Spezia per
ottenere dal Comando in Capo della Squadra
Navale (CINCNAV) la certificazione allÊimpiego della nuova unità navale, che successivamente si trasferirà presso Taranto per
completare la preparazione allÊutilizzo operativo della piattaforma e del sistema di
combattimento (tirocinio navale).
Angola
Accordo con il Brasile
per sette nuovi pattugliatori
Il programma di potenziamento della componente navale angolana ha registrato un importante tappa il 5 settembre scorso, quando
il Ministro della Difesa del Paese e il suo
omologo brasiliano hanno siglato un accordo
tecnico per la costruzione di sette pattugliatori derivati dalla classe ÿMacaéŸ, in servizio
con la Marina brasiliana. LÊaccordo prevede
la costruzione in loco delle ultime tre unità,
mentre le prime quattro saranno realizzate in
Brasile. Successivamente alla firma, i due
Ministeri procederanno alla contrattualizzazione delle capacità delle nuove unità. Il programma, che verrà gestito dalla società
brasiliana a capitale governativo EMGEPRON, prevede anche la realizzazione di un
cantiere in Angola, e la preparazione del per-
138
sonale impegnato nellÊattività di costruzione
e allestimento. Derivati dal progetto francese
Vigilante 400 CL54 del cantiere CMN, le
unità della classe ÿMacaéŸ presentano un dislocamento a pc di circa 500 t, una lunghezza
e larghezza rispettivamente di 54,2 e 8 metri,
una velocità massima di 21 nodi grazie a un
sistema propulsivo con due motori diesel
MTU 16V 4000 M90 su due assi con eliche
a passo variabile, unÊautonomia di 2.500 mn
a 15 nodi. Con un equipaggio di 35 unità e
unÊautonomia operativa di 10 giorni, questi
pattugliatori dispongono di un sistema di
combattimento con una suite di controllo tattico ÿIPqM TTI 2900Ÿ, un sistema integrato
di navigazione Northrop Grumman Sperry
Marine VisionMaster ÿFT 250Ÿ con radar in
banda X e Y e una direzione del tiro Aerospatial e Defesa per lÊarmamento cannoniero.
QuestÊultimo comprende un cannone della
Allied Ordnance ÿL70 NADMŸ da 40 mm e
due cannoni Oerlikon ÿGAM-B01Ÿ.
Arabia Saudita
Decolla il programma
di ammodernamento della flotta
NellÊambito del programma di ammodernamento della flotta della Marina Reale saudita, il cui pacchetto è stato affidato alla
società francese OADS, che rappresenta gli
interessi nazionali nel Paese mediorientale e
a cui nel settembre 2013, è stato assegnato
un complesso contratto per il mantenimento
in servizio e lÊammodernamento di parte
della flotta della Marina saudita. Con lÊinaugurazione di unÊapposita struttura di collegamento in Francia, il gruppo DCNS si occupa
nellÊambito del contratto LEX, insieme ad
Rivista Marittima Ottobre 2014
Marine militari
altre società francesi, fra cui Thales ed
MBDA, dellÊestensione della vita operativa
con manutenzione delle quattro fregate classe
ÿMadinaŸ o ÿTipo 2000Ÿ e dei due rifornitori
di squadra della classe ÿBoraidaŸ, derivati da
quelli in servizio con la Marina francese e acquistati nellÊambito del programma Sawari
1. Lo stesso gruppo di società francesi guidate da DCNS, si occuperà nellÊambito del
contratto ERAV dellÊestensione della vita
operativa delle tre fregate classe ÿAl RiyadhŸ
o ÿTipo 3000A, acquisite con il programma
Sawari 2 (Vds. immagine pagina successiva).
In totale, saranno portati a termine nove pacchetti di grandi lavori e due dÊattività intermedia, da realizzarsi localmente presso le
strutture cantieristiche di Jeddah, attraverso
il supporto della società ODAS. Il pacchetto
comprende anche il contratto AMWAJ legato
al supporto della Marina saudita in termini di
assistenza tecnica e parti di rispetto.
Azerbaijan
trollo remoto ÿRafael TyphoonŸ da 23 mm,
due mitragliere ÿMini-TyphoonŸ anchÊesse a
controllo remoto da 12,7 mm e due mitragliatrici brandeggibiali ÿNegevŸ da 7,62 mm,
oltre a un lanciatore quadruplo per missili superficie-superficie ÿSpikeŸ asservito a una
direzione del tiro ÿTopliteŸ, le unità tipo
ÿSaar 62Ÿ hanno un lunghezza di 62 metri
con sovrastrutture prodiere caratterizzate da
un ponte di volo in grado di accogliere un elicottero leggero. LÊarmamento di queste ultime è similare a quello delle unità ÿShaldag
Mk VŸ, mentre il sistema di combattimento
comprende anche un radar di ricerca di superficie ÿElta 2228XŸ, un lanciatore per missili ÿSpikeŸ a lunga gittata o NLOS
(Non-Line Of Sight) con portata di 25 km e
un sistema sonar di scoperta contro operatori
subacquei. Non è stato reso noto quante unità
sono in costruzione e le tempistiche di realizzazione, ma nel corso della visita alla
struttura produttiva risultano in diverse fasi
dÊallestimento due unità tipo ÿShaldag Mk
VŸ e una tipo ÿSaar 62Ÿ.
Potenziamento della locale Guardia Costiera
Bahamas
LÊinaugurazione di una struttura produttiva
nel settore navale da parte del presidente
azero Ilham Aliyev presso Turkan, vicino la
capitale Baku lo scorso 18 luglio ha permesso di evidenziare che la locale Guardia
Costiera riceverà dal gruppo cantieristico
israeliano Israel Shipyards, che secondo fonti
locali è responsabile anche della realizzazione del nuovo stabilimento, sei unità da
pattugliamento tipo ÿShaldag Mk VŸ da
32,65 m e altrettante di maggiori dimensioni
e tonnellaggio del tipo ÿSaar 62Ÿ. Mentre le
prime avranno un dislocamento a pc di circa
95 t, e saranno armate con cannoncino a con-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Al via il potenziamento
della locale componente navale
La componente navale delle Forze di Difesa delle Bahamas o RBDF (Royal Bahamas Defence Force) ha ricevuto la prima
delle nove unità di diverse classi di unità da
pattugliamento prodotte dai cantieri olandesi
Damen, che si occupano anche del potenziamento delle infrastrutture portuali e addestrative, nonché dellÊammodernamento delle
unità in servizio, sulla base di un contratto
del valore complessivo di 228 milioni di dol-
139
LÊindustria francese ha lanciato il programma
per lÊammodernamento della flotta della Marina reale
saudita, fra cui le unità della classe Tipo ÿ3000Ÿ
di cui è qui ripresa la fregata AL DAMMAN (816)
(DCNS).
Marine militari
lari siglato nellÊaprile 2013. In particolare i
cantieri Damen hanno consegnato alle
RBDF la prima di quattro unità classe ÿLegendŸ da 42 m, e in particolare la Arthur
142
Dion Hanna (P 421) del tipo ÿStan Patrol
4207Ÿ, entrata in servizio lo scorso 20 giugno, dopo aver completato il trasferimento
dallÊEuropa, a cui si è aggiunta la gemella
Rivista Marittima Ottobre 2014
Marine militari
Secondo quanto annunciato lo scorso 22 settembre
dal Comandante in Capo della Royal Canadian Navy,
questÊultima ritirerà dal servizio quattro unità navali,
fra cui il caccia ALGONQUIN (283),
fra il 2015 e 2016 (Marina candese).
singola da sbarco da 59 m tipo ÿStan Lander
5612Ÿ, a cui si aggiungono nove unità veloci
a chiglia rigida. NellÊambito del medesimo
programma Sandy Bottom, che è stato concepito e sviluppato per colmare i problemi
di obsolescenze, prontezza operativa e infrastrutturale delle locali Forze di Difesa, è previsto anche lÊestensione della vita operativa
delle due unità da 61 m classe ÿBahamasŸ,
entrate in servizio nel 1999-2000. Il gruppo
olandese Damen procederà anche al potenziamento delle strutture portuali a sostegno
della nuova componente navale, che richiede
un potenziamento del personale in servizio,
che è previsto passerà da 1.200 a 1.500 unità
nel 2015, e si prevede che aumenterà a 1.900
nel medio termine.
Canada
Al ritiro unità navali si superficie
Durward Knowles (P 422) il 31 luglio
scorso. Le RBDF stanno inoltre acquisendo
con lo stesso pacchetto, quattro unità costiere da 30 m tipo ÿStan Patrol 3007Ÿ e una
Rivista Marittima Ottobre 2014
Secondo quanto annunciato lo scorso 22
settembre dal Comandante in Capo della
Royal Canadian Navy, questÊultima ritirerà
dal servizio quattro unità navali che hanno
raggiunto la fine della propria vita operativa.
Si tratta delle unità da rifornimento e supporto di squadra Protecteur (509) e Preserver
(510) classe ÿProtecteurŸ e i due caccia Iroquois (280) e Algonquin (283) della classe
ÿIroquoisŸ, senza che se ne preveda lÊentra
in servizio di sostitutive. Il ritiro di queste
unità è previsto fra il 2015 e il 2016.
Luca Peruzzi
143
Marine militari
Giappone
Potenziamento delle capacità anfibie
Lo scorso 7 luglio, nel corso di una visita
presso la base navale statunitense di San
Diego, il ministro della Difesa giapponese Itsunori Onodera ha dichiarato che il governo
giapponese sta considerando lÊacquisizione di
almeno una nuova unità dÊassalto anfibio, in
modo da garantire lÊimmediato impiego di reparti terrestri in missioni di ÿdifesa delle isole
giapponesi più remoteŸ. La Marina giapponese dispone già di tre unità classe ÿOsumiŸ,
denominate LST, ma configurate con ponte di
volo continuo, bacino allagabile in grado di
ospitare due mezzi da sbarco a cuscino dÊaria
e ponte garage. Onodura ha inoltre confermato
che lÊOsumi sarà ammodernata per permettere
lÊimbarco di veicoli dÊassalto anfibio tipo
ÿAAV7A1Ÿ e convertiplani ÿMV-22 OspreyŸ,
che il Giappone acquisterà negli Stati Uniti.
Gran Bretagna
Battesimo e varo
della nuova portaerei Queen Elizabeth
Nel corso di una cerimonia svoltasi il 4 luglio a Rosyth, nei pressi di Edimburgo, la regina Elisabetta II ha battezzato, utilizzando
una bottiglia di whisky scozzese, la nuova
portaerei Queen Elizabeth. La cerimonia sancisce il raggiungimento di un importante
obiettivo nellÊambito del programma costruttivo perché la Queen Elizabeth, che completata avrà un dislocamento di circa 65.000
tonnellate, è la più grande unità navale mai
costruita nel Regno Unito; il suo scopo principale riguarda la rigenerazione delle capacità
144
di aviazione imbarcata perse dalla Royal
Navy con il ritiro dal servizio della portaerei
leggera Ark Royal. Strutturalmente già completata, lÊunità verrà rimorchiata alla banchina
dÊallestimento, in modo da lasciar libero il bacino in cui è stata costruita per lÊassemblaggio
dei blocchi dellÊunità gemella, Prince of
Rivista Marittima Ottobre 2014
Marine militari
Una ripresa della portaerei QUEEN ELIZABETH, poco dopo lÊuscita dal bacino di galleggiamento
dove le numerose sezioni che ne compongono scafo e sovrastrutture sono state assemblate.
Wales. La Queen Elizabeth dovrebbe giungere a Portsmouth (sua base stanziale) alla
fine del 2016, per poi iniziare le prove in mare
propedeutiche alla consegna alla Royal Navy
prevista per lÊanno successivo; lÊaddestramento con i velivoli ÿF-35B Lightning IIŸ
inizierà nel 2018, compreso un periodo di ri-
Rivista Marittima Ottobre 2014
schieramento nella costa orientale degli Stati
Uniti. La dotazione normale di velivoli imbarcati ad ala fissa è stata fissata in 12 esemplari, un numero peraltro destinato ad
aumentare considerevolmente in caso di necessità; inoltre, la Royal Navy sottolinea che
la Queen Elizabeth · varata una settimana
145
Marine militari
dopo il battesimo · è una piattaforma multiruolo, in grado di imbarcare anche diversi
tipi di macchine ad ala rotante in relazione
alla missione specifica.
ÿCompattoŸ attualmente presenti sostituiti dal
modello ÿSuper RapidoŸ di OTO Melara. Una
volta ammodernante, le corvette saranno le
principali unità della Marina irachena e le uniche a poter imbarcare un elicottero medio.
India
Italia
Consegna di una nuova corvetta
Prima uscita in mare del Carabiniere
Il 12 luglio, il primo esemplare, battezzato
Kamorta, di una nuova classe di quattro corvette antisommergibili è entrato in servizio
nella Marina indiana. LÊunità è stata realizzata presso i cantieri Garden Reach Shipbuilders & Engineers Ltd. di Kolkata,
nellÊambito del Project 28. Si tratta della
prima unità, progettata dagli enti tecnici della
Marina indiana, in assoluto costruita in India
ed equipaggiata con il 90% di sistemi e apparati di origine locale.
Iraq
Il 25 giugno 2014 ha avuto luogo la prima
uscita in mare della nuova fregata Carabiniere,
in corso di allestimento presso gli stabilimenti
Fincantieri del Muggiano. Si tratta di un obiettivo importante, anche perché raggiunto con
tre mesi di anticipo rispetto allÊunità precedente, il Margottini. La prima uscita in mare
precede ulteriori prove, destinate a concludersi
alla fine del 2014 e propedeutiche alla consegna dellÊunità alla Marina Militare. Come il
Margottini e il Fasan, il Carabiniere appartiene
alla variante antisommergibili del segmento
italiano del programma FREMM.
Le corvette irachene lasciano lÊItalia
NATO
AllÊinizio di giugno, Fincantieri e il governo iracheno hanno siglato un accordo che
mette fine alla lunga disputa sulle due corvette
classe ÿAssadŸ, ordinate nel 1980 e rimaste
per quasi 28 anni presso lÊArsenale della Spezia. Le due unità, Musa Bin Nassar e Tariq Bin
Ziad, erano state consegnate alla Marina irachena nel 1986, ma si trovavano ancora in Italia ai tempi dellÊinvasione del Kuwait (1990)
e furono dunque sottoposte allÊembargo decretato dallÊONU, rimanendo nel capoluogo
ligure con equipaggio ridotto. Le due unità,
lunghe 62,3 metri e aventi un dislocamento di
680 tonnellate, verranno anche sottoposte ad
ammodernamento, con i cannoni da 76/62
146
Prolungamento dellÊoperazione
Ocean Shield
AllÊinizio di giugno 2014, i Ministri della
Difesa delle Nazioni NATO hanno deciso di
estendere le missioni antipirateria al largo
del Corno dÊAfrica · operazione Ocean
Shield · fino al termine del 2016. Le unità
navali impegnate nellÊambito di Ocean
Shield pattugliano una zona delimitata a
Nord dal Golfo Persico, a Sud dallÊarcipelago delle Seychelles, a Est da quello delle
Maldive e a Ovest dal Golfo di Aden, per un
totale di circa due milioni di miglia qua-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Marine militari
drate. Le attività delle unità navali impegnate nellÊoperazione sin dallÊagosto 2009
vengono svolte, come noto, in stretta cooperazione con quelle di altre forze navali
appartenenti a Nazioni dellÊUnione Europea
e ad altri Paesi. NellÊambito di questo
sforzo internazionale, lÊoperazione Ocean
Shield ha fatto registrare un decremento
degli attacchi dei pirati, scesi a 20 nel 2012
e di cui nessuno si è concluso con la cattura
della nave attaccata. Nonostante questi successi tangibili, la pirateria marittima rimane
una minaccia e la NATO valuta che le bande
di pirati e le organizzazioni criminali associate posseggano ancora buone capacità di
attaccare e catturare unità mercantili e da
diporto.
Perù
Acquisizione di unÊunità
da supporto logistico
Il 18 giugno, la Marina peruviana ha confermato la prossima acquisizione dellÊunità da
supporto logistico dÊaltura Amsterdam, appartenente alla Marina olandese e il cui trasferimento è previsto per la fine del 2014. LÊunità
è entrata in servizio nel 1995 e la sua cessione
permetterà alla Marina peruviana di incrementare sostanzialmente le capacità di permanenza in mare del naviglio combattente: grazie
allÊimbarco di combustibili, acqua dolce, lubrificanti, viveri e materiali e alle dotazioni sanitarie, lÊAmsterdam potrà svolgere
importanti funzioni anche a favore della popolazione civile e in caso di calamità naturali.
LÊunità ha un dislocamento a pieno carico di
17.000 tonnellate, una lunghezza di 166 metri,
una larghezza di 22 metri e unÊimmersione di
Rivista Marittima Ottobre 2014
8 metri; la propulsione è assicurata da due motori diesel, che sviluppano la potenza necessaria per raggiungere la velocità massima di
22 nodi; lÊautonomia è di 13.400 miglia a 20
nodi. Le capacità di carico comprendono
6.815 tonnellate di combustibile F-76, 1.660
tonnellate di combustibile avio e 290 tonnellate di carichi vari. ˚ inoltre presente un ampio
ponte di volo e un hangar, in grado di accogliere tre elicotteri tipo ÿSea-KingŸ o simili.
Portogallo
Missili antinave per le unità subacquee
La Marina portoghese ha pianificato lÊacquisizione, entro il 2014, di missili antinave
tipo ÿUGM-84 Sub-Harpoon Block IIŸ di
origine statunitense, da imbarcare sui due
sottomarini Tridente e Arpão, da poco entrati in servizio. LÊacquisizione riguarda
lÊammodernamento alla configurazione
ÿBlock IIŸ di otto ordigni in versione
ÿBlock IŸ, unÊoperazione eseguita con lÊinstallazione dei relativi kit forniti dalla Boeing e a cui seguirà lÊacquisto delle capsule
per il lancio subacqueo. Peraltro, già nel
2012 il Tridente aveva eseguito, negli Stati
Uniti, alcuni lanci di capsule per qualificare
il sistema di lancio e la sua integrazione nel
sistema di controllo del tiro in dotazione ai
battelli. Oltre alla presenza di un sistema di
guida radar attiva nella fase di ricerca del
bersaglio, il ÿBlock IIŸ include un ricevitore
GPS per lÊimpiego contro obiettivi terrestri.
In aggiunta ai missili antinave, gli otto tubi
di lancio da 533 mm dei ÿTridenteŸ possono
impiegare siluri pesanti ÿBlack SharkŸ,
consegnati dalla WASS alla Marina portoghese a partire dal 2005.
147
Marine militari
Repubblica Popolare Cinese
Varo di un nuovo rifornitore di squadra
Il cantiere statale Guangzhou Shipyard International ha varato a fine maggio il quinto
rifornitore di squadra della classe
ÿFuch/Type 903Ÿ. LÊunità, che ha un dislocamento di 23.300 tonnellate, è stata fotografata allÊinizio di giugno, con alcuni lavori in
corso sulle sovrastrutture, ma priva di distintivo ottico. I rifornitori della classe ÿFuchiŸ
possono trasportare 10.500 tonnellate di
combustibile, 250 tonnellate di acqua dolce
e 680 tonnellate di munizioni; la velocità
massima raggiungibile è 19 nodi, mentre
lÊautonomia è di 10.000 miglia a 14 nodi. Gli
sviluppi più recenti nel settore delle unità logistiche indicano che la Marina della Repubblica Popolare Cinese sta potenziando le
capacità di supportare le proprie unità combattenti in aree operative ancor più distanti
del Golfo di Aden o del Mediterraneo.
Russia
Impostazione di battelli
lanciamissili e dÊattacco
Fonti stampa russe hanno riferito che il
quarto sottomarino nucleare dÊattacco della
classe ÿYasen-M/Progetto 885MŸ, battezzato
Ufa, è stato impostato il 27 luglio presso il
cantiere Sevmash di Severodvinsk. Assieme
allÊUfa risulta impostato anche il quinto esemplare di sottomarino nucleare lanciamissili balistici della classe ÿBorey-M/Progetto 955°Ÿ,
battezzato Knyaz Oleg. Secondo le stesse fonti
e in accordo con la pianificazione della Marina russa, il cantiere Sevmash dovrebbe rea-
148
lizzare sette battelli classe ÿYasenŸ entro il
2020, ma lÊobiettivo rimane ambizioso a causa
sia dei lunghissimi tempi di sviluppo e consolidamento del progetto, sia dei problemi riscontrati
sullÊunità
capoclasse,
il
Severodvinsk, che hanno portato alla definizione di un progetto differente e denominato
pertanto ÿYasen-MŸ. Queste unità sono caratterizzate da doppio scafo e da un unico asse di
propulsione, mentre, per la prima volta a
bordo di battelli sovietici/russi, i tubi di lancio
sono posizionati a poppavia della prora, in
modo da lasciare spazio allÊinstallazione di un
sistema elettroacustico più avanzato di quelli
precedenti. LÊarmamento comprende otto tubi
per il lancio verticale di missili antinave o antisommergibili e quattro tubi di lancio tradizionali; il dislocamento è stimato in 9.500
tonnellate, mentre la velocità massima in immersione arriverebbe a 31 nodi. I battelli
classe ÿBoreyŸ possono invece lanciare 16
missili balistici ÿBulavaŸ, il cui sviluppo è
stato peraltro caratterizzato da diversi lanci
conclusisi con un insuccesso. Queste unità
hanno un dislocamento in immersione stimato
in 24.000 tonnellate e una lunghezza di 170
metri; la velocità massima accreditata è di 29
nodi, mentre lÊarmamento comprende anche
sei tubi di lancio da 533 mm. Oltre al Knyaz
Oleg, il programma comprende al momento
altre quattro unità, di cui le prime due · Yuri
Dolgoruky e Aleksander Nevsky · risultano
già in servizio.
Varo di una nuova classe di cacciamine
Il primo esemplare di una nuova classe di
unità per contromisure mine, denominata
ÿProgetto 12700Ÿ, è stato allÊinizio di giugno
varato presso i cantieri Sredne-Nevsky di San
Rivista Marittima Ottobre 2014
Marine militari
Il sottomarino nucleare dÊattacco SEVERODVINSK, in servizio con la Marina russa.
Pietroburgo. La nuova unità, battezzata Alexander Obukhov e destinata a entrare in servizio con la Flotta del Nord, è realizzata in
materiali compositi, probabilmente vetroresina e fibra di carbonio, per ridurre la segnatura magnetica dello scafo e per facilitarne la
manutenzione. Queste nuove unità hanno una
lunghezza di 61 metri e una larghezza di 10;
la massima velocità è di 16,5 nodi, mentre
lÊequipaggio è formato da 44 uomini.
gato fino al 2024 la durata del Memorandum
of Understanding relativo al supporto in servizio per la flotta di velivoli imbarcati ÿEAV8B Harrier II PlusŸ in servizio con la Marina
spagnola; di conseguenza, per il momento la
decisione sul possibile sostituto degli ÿHarrierŸ spagnoli è stata rinviata. LÊopportunità di
prolungare la vita utile dei velivoli è stata favorita dallÊanaloga decisione degli Stati Uniti,
maturata dal Corpo dei Marines in relazione
allo sviluppo del programma per lÊÿF-35BŸ.
Spagna
Prolungamento del periodo di servizio
per gli ÿHarrierŸ imbarcati⁄
A fine maggio 2014, il Ministero della Difesa spagnolo ha comunicato di aver prolun-
Rivista Marittima Ottobre 2014
⁄e primo appontaggio di un ÿOspreyŸ
sul Juan Carlos I
Il 18 giugno, nelle acque del Golfo di Cadice, un convertiplano ÿMV-22 OspreyŸ appartenente al reparto dei Marines statunitensi
149
Marine militari
di base a Moròn de la Frontera, è appontato
per la prima volta sullÊunità dÊassalto anfibio
Juan Carlos I della Marina spagnola.
LÊevento è stato seguito da una serie di manovre per verificare la compatibilità del velivolo con le sistemazioni aeronautiche di
bordo, compreso il trasferimento con ascensore dal ponte di volo allÊhangar e viceversa.
Stati Uniti
LÊAmerica
verso lÊingresso ufficiale in servizio
La nuova unità dÊassalto anfibio America
ha lasciato il cantiere Ingalls di Pascagoula
lÊ11 luglio per raggiungere la propria sede
stanziale di San Diego. LÊAmerica verrà formalmente immessa in servizio nellÊUS Navy
nel corso di una cerimonia che avrà luogo
lÊ11 ottobre a San Francisco; lÊunità si trova
nellÊarea di responsabilità del Southern Command e durante la navigazione verso la California conduce numerose attività con diverse
Marine della regione per rafforzare la partnership e la sicurezza marittima in aree di comune interesse. Le Nazioni visitate sono
Colombia, Brasile, Cile e Perù, con una sosta
prevista anche nella base navale americana
LÊunità dÊassalto anfibio AMERICA
lascia il cantiere di Pascagoula.
150
Rivista Marittima Ottobre 2014
Marine militari
di Guantànamo, nellÊisola di Cuba. LÊAmerica imbarca un contingente di oltre 300 Marines inquadrati nello Special Purpose
Marine Air-Ground Task Force (SPMAGTF)
South, un reparto operativamente autonomo
destinato a svolgere operazioni sotto lÊegida
del Southern Command.
Impostazione dellÊIllinois
Nel corso di una cerimonia svoltasi il 2 giugno, la First Lady Michelle Obama ha presieduto lÊimpostazione formale del nuovo
sottomarino nucleare dÊattacco Illinois. Si
Rivista Marittima Ottobre 2014
tratta del 13° esemplare della classe ÿVirginiaŸ, la cui costruzione a blocchi è iniziata nel
2011 ed è destinato a entrare in servizio il
prossimo anno; il battello appartiene al ÿBlock
IIIŸ, una delle diverse configurazioni in base
al quale si sta sviluppando il programma di costruzione dellÊintera classe. Oltre allÊimpostazione dellÊIllinois, altri eventi di rilievo
nellÊambito delle forze subacquee dellÊUS
Navy e della classe ÿVirginiaŸ che avranno
luogo entro il 2014 riguardano il battesimo del
John Warner, lÊingresso in servizio del North
Dakota e lÊimpostazione del Washington.
Michele Cosentino
151
RUBRICHE
Che cosa scrivono gli altri
ÿParadisi da salvareŸ
Il progetto Pristine
Seas di National Geographic
persegue
lÊobiettivo di studiare,
esplorare e proteggere
le ultime aree incontaminate degli oceani
con i loro ecosistemi
NATIONAL GEOGRAFIC ITALIA
fragilissimi e incontaAGOSTO 2014
minati, veri e propri
regni della biodiversità marina, lavorando
allÊuopo insieme a governi, fondazioni e altri
gruppi di conservazione ambientale per stimolarne la protezione. Così si è potuto conseguire
un contribuito importante alla tutela ambientale di ben 400.000 kmq dagli Stati Uniti al
Cile, dalla Costa Rica al Mozambico alle Sporadi Equatoriali, a circa mille miglia a sud
delle Hawaii, in un brillante consuntivo di
dieci missioni negli ultimi cinque anni che
vengono rapidamente illustrate, al solito, con
stupendi servizi fotografici, veicolando il messaggio di come gli oceani rappresentino sempre una ricchezza inestimabile, un vero
patrimonio di tutti. Un sostanziale passo
avanti in direzione di quella tutela ambientale
marina internazionale ancora ben lungi da
quellÊambizioso obiettivo di proteggere il 20%
dei mari, come proposto dai programmi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, al momento fermo, purtroppo, solo al 2,8%!
LÊaccento batte poi, nel servizio di David
Quammen, sul remoto arcipelago chiamato
Terra di Francesco Giuseppe, formato da ben
192 isole nellÊestremo Nord russo, 800 miglia
152
nautiche a nord del Circolo polare artico.
DellÊarcipelago, oggetto di studio ed esplorazione del la missione Pristine Seas 2013, si
propongono allÊattenzione del lettore, dopo
averne ripercorso in sintesi la storia e le vicissitudini più recenti, i risultati delle ricerche effettuate sotto molteplici punti di vista
specialistici (botanico, macrobiologico, ittiologico, ornitologico e tanti altri ancora). Nel
contempo si affrontano in termini critici quelle
ÿtre questioni di fondoŸ dai cui, in maniera diretta o indiretta, ogni missione scientifica polare non si può esimere in tempi di
cambiamenti climatici. E cioè: ÿperché i
ghiacci perenni si stanno sciogliendo? Fino a
che punto proseguirà la fusione? E con quali
conseguenze per lÊambiente?Ÿ. Nel caso di
specie della Terra di Francesco Giuseppe e dei
mari adiacenti, si aggiunge anche un quarto
quesito: come sarà possibile conciliare la
nuova corsa allo sfruttamento delle risorse dellÊArtico russo (in cui, secondo Mosca, sono
concentrati il 90% delle riserve di gas e il 60%
di quelle petrolifere nazionali) con la tutela
degli ecosistemi polari, in considerazione del
sempre difficilissimo punto di equilibrio da
raggiungere tra affari e sensibilità-eco, sviluppo e ambiente, ragione economica e ragione ambientale.
ÿIl Sogno
dellÊAmmiraglioŸ
Durante il Basso Medioevo, alcune vicende di santi ed eroi erano state ambientate
in mare, sempre luogo privilegiato per av-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Che cosa scrivono gli altri
venture e imprese
memorabili, mentre
la stessa tradizione
cavalleresca spesso
finiva per intrecciarsi con le agiografie, divenendo
successivamente un
modello per la stessa
STORICA N. 63, MAGGIO 2014 biografia di Cristoforo Colombo, come
ben ci rappresenta Felipe Fernández-Armesto dellÊUniversità statunitense di Notre
Dame. LÊOceano era per autori e letterati
del Medioevo ÿuno spazio arcano, dominato
dalla potenza di Dio, dove soffiavano venti
agitati da cherubini, oppure era la rappresentazione della Fortuna e il luogo dove mostri e forze oscure annientavano navi a
navigatori, talora riportandoli però a galla
sani e salviŸ. Un mondo quindi colmo di
echi e richiami alla letteratura epica e religiosa che hanno finito per marcare la stessa
biografia di Colombo in alcuni paradigmi
che il Nostro esamina secondo il seguente
schema. Le umili origini del protagonista,
lÊavversa fortuna, viaggio di scoperta promosso da un sovrano e, infine, il trionfo dellÊeroe (nel caso di specie, Ammiraglio
Maggiore del Mare Oceano, Viceré e Governatore perpetuo di tutte le isole e terraferma), trionfo che, invero, non è mai esente
da sofferenze e rovesci di fortuna, come
sappiamo dalle peripezie e le alterne fortune
di Colombo stesso. Tutto ciò atteso, sottolinea lÊAutore, in virtù dellÊinfluenza esercitata dalla letteratura dÊavventura ÿColombo
finì per considerarsi un eroe epico, un capitano- come scrisse lui stesso- di cavalieri e
conquiste!Ÿ, sicché spesso risultò difficile
Rivista Marittima Ottobre 2014
distinguere la finzione narrativa dai resoconti propriamente storici. Non solo Colombo infatti, ma altri insigni esploratori
europei trovarono nei romanzi cavallereschi
non solo modelli per la propria biografia,
ma anche fonte di ispirazione per i loro
viaggi oltreoceano, vedendo e rappresentando se stessi sempre alla stregua dei protagonisti dei poemi epici, tutti protesi alla
ricerca del mitico El Dorado o della celebre
Antilia, lÊisola immaginaria al di là del
mondo conosciuto, nel misterioso Oceano
occidentale dove, secondo la leggenda,
dopo lÊinvasione islamica della Spagna, si
erano rifugiati quei sette vescovi che avevano fondato altrettante città.
ÿAndrea Doria,
uomo di StatoŸ
Nel numero successivo del mensile
in
parola,Vittorio
Beonio Brocchieri,
dellÊUniversità degli
studi di Calabria, ci
propone un profilo
STORICA N. 64, GIUGNO 2014
ÿpoliticoŸ della figura di Andrea Doria. ÿAffarista, ammiraglio,
signore della città della Lanterna per oltre
trentÊanni, braccio destro dellÊimperatore
Carlo V, cavaliere del Toson dÊoro e mecenate, Andrea sembrerebbe la personificazione
del Principe rinascimentaleŸ, in unÊEuropa
divisa tra lÊinfluenza dellÊImpero asburgico e
della Francia, dove ÿchiunque voglia contare
qualcosa, deve aderire allÊuno o allÊaltraŸ,
specialmente nelle acque insidiose dei conflitti italiani, che si incrociavano allÊepoca
153
Che cosa scrivono gli altri
strettamente con i grandi conflitti europei e
mediterranei. Del Doria lÊAutore ci propone
una rapida biografia per meglio rappresentare
la sua ÿirresistibile ascesaŸ allÊinsegna dellÊabilità e della disinvoltura, che raggiunse il
suo apice nel 1528, quando lÊImperatore lo
nomina ÿCapitano generale della flotta spagnola nel MediterraneoŸ, dando così luogo a
quel sodalizio che sarebbe durato appunto
trentÊanni, mentre Genova, la città bifronte
stretta tra il mare e i monti, stringe sempre più
i propri legami, commerciali e finanziari con
la Spagna. Ancora una volta i commerci
aprono la strada del credito e gli hombres de
negocios della Superba divennero finanziatori
e creditori della nobiltà cattolica e degli stessi
Re Cattolici, con Andrea Doria nel ruolo preminente di interprete e garante degli interessi
dellÊoligarchia finanziaria genovese. Mentre
si pongono in essere con successo tali manovre politico-finanziarie, il Mediterraneo diventa un campo di battaglia con gli Ottomani,
stretti alla Francia dallÊempia alleanza, in un
alternarsi di vittorie e sconfitte. E lÊAutore,
sia pur in maniera diplomaticamente corretta,
non si esime dallÊaccennare alla disgraziata
battaglia navale della Prevesa (28 settembre
1538), la Lepanto ottomana, ancora oggi ricordata in Turchia come festa della Marina
militare. La vittoria mancata della Cristianità
· che avrebbe potuto anticipare Lepanto di
ben 33 anni · in cui il Doria, pur con una
flotta tecnicamente e numericamente superiore, desiderosa peraltro di combattere nel
nome della ÿLega SantaŸ voluta da papa
Paolo III (che comprendeva, oltre alla Spagna
e a Genova. anche il papato, la Repubblica di
Venezia e i Cavalieri di Malta), non volle battersi fino in fondo con la flotta turco-barbaresca dellÊeterno nemico Khair-ad-Din, il
154
Barbarossa della nostra storiografia. E per una
di quelle ironie di cui talora ama compiacersi
la storia, ÿil periodo di massimo potere di Andrea Doria coincise con una parentesi di supremazia musulmana sul mare interno, dopo
quasi cinque secoli di predominio cristiano,
anzi italianoŸ.
ÿUna nave in fuga
dal vulcanoŸ e
ÿSotto il segno
del Dragone Ÿ
Nella terribile
eruzione del Vesuvio del 79 d.C. una
lancia tentò invano
di portare soccorso
ARCHEO, N° 354 AGOSTO 2014
agli abitanti di Ercolano che si erano rifugiati sulla spiaggia. Una vicenda, persasi
da secoli nelle pieghe della storia, che però
le ricerche archeologiche hanno fatto rivivere
nel 1982 con il ritrovamento dei resti di un
soldato e di una barca, unitamente alla scoperta di una serie di reperti legati al mare, ora
raccolti in un apposito padiglione, che restituisce una testimonianza palpabile dello
stretto rapporto di Ercolano con il mare e
della tragedia provocata dal vulcano, come
rivive negli scritti di Domenico Camardo,
Sarah Court, Maria Paola Guidobaldi e
Mario Notomista, che ne mettono a fuoco i
diversi particolari. Il fulcro della vicenda è
costituito dallo scheletro di un soldato, armato di tutto punto con due borse, una di attrezzi, lÊaltra di denaro, ritrovato presso la
chiglia di una barca rovesciata dalla furia dellÊeruzione. La barca, lunga 10 m circa e larga
Rivista Marittima Ottobre 2014
Che cosa scrivono gli altri
2,20 altezza massima dal bordo un metro
circa, con tre scalmi per lato (che permettevano lÊuso di tre coppie di remi) e forcella
dÊappoggio per il timone, che era del tipo a
remo esterno, oltre a tutti i particolari della
costruzione che vengono ricostruiti e rappresentati in dettaglio. Si pensa a una lancia in
dotazione a unÊunità militare che poteva essere utilizzata sia come scialuppa da sbarco
e soccorso che come rimorchiatore. Il che
ÿparrebbe suggerire la presenza di un ufficiale sbarcato da una nave militare sul litorale di Ercolano e impegnato in una missione
di soccorso alla popolazioneŸ, affluita verso
il mare in cerca di salvezza, come ci testimoniano i numerosi e macabri reperti viciniori,
una missione finita però tragicamente! Molto
interessante infine, nel contributo di Marco
Meccarelli, la storia del ÿDragoneŸ, simbolo
della Cina, in cui ci viene illustrato come il
drago sia una presenza costante sin dai primordi della storia. Le leggende legate allÊanimale mitologico sono presenti in tutte le
culture del mondo in racconti epici e testi
sacri, Atzechi ed Egizi, Greci, Vichinghi ed
Eschimesi che hanno narrato le lotte, per
mare e per aria, contro le creature serpentiformi. Figura ubiqua dalle infinite varianti, il
cui significato rimane sostanzialmente omogeneo. E in Cina? Anche qui le leggende
sulle origine del drago e sul suo significato
sono multiformi, ma sempre con un valore
propiziatorio, conservato nel corso dei secoli
quale emblema incontrastato della propria
identità culturale, se si considera che, ancora
oggi, i Cinesi indicano se stessi come ÿdiscendenti del dragoŸ.
Ezio Ferrante
La rivista per gli studiosi e per i veri
appassionati di storia militare tutti i mesi
in edicola dal 1993
Fondata da Erminio Bagnasco nel 1993
Diretta da Maurizio Brescia
68 pagine, Euro 7,00
www.storiamilitare-aes.com
In ogni numero, rigorosi articoli dedicati agli avvenimenti, agli uomini e ai mezzi (navali,
terrestri e aerei) che hanno fatto la storia, accompagnati da un imponente apparato illustrativo.
LÊimmagine dÊepoca, sempre puntuale e di elevata qualità, è infatti una delle caratteristiche
salienti di questo mensile che si avvale della collaborazione dei più affermati specialisti nei
vari settori storico-militari.
Rivista Marittima Ottobre 2014
155
RUBRICHE
Recensioni e segnalazioni
Patrizio Rapalino
DALLE ALPI
ALLÊALTO MARE
Il ruolo della Marina
Militare italiana
nella tutela degli interessi
nazionali (1861-2013)
Edizioni in edibus
2014
Pagg. 400
Euro 22,00
La posizione geografica dellÊItalia non è
cambiata con la crisi finanziaria. La penisola
continua a lambire una delle più grandi e importanti vie di comunicazione del pianeta e ciò
costituisce sempre un fattore di potenza che,
qualora sfruttato, favorirebbe la ÿcrescita e
lÊoccupazioneŸ. Con questa frase lÊAutore inizia lÊepilogo di questo suo lavoro, che tratta
della Marina Militare del nostro Paese dalla sua
fondazione nel lontano 1861 allo scorso anno.
LÊespressione rivela la formazione geopolitica
del Rapalino e, a nostro parere, può rappresentare unÊimportante chiave di lettura del libro.
Iniziando da un esame storico della costituzione della Regia Marina attraverso lÊallargamento dello Stato Piemontese allÊintera
penisola, i primi capitoli ci mostrano i grossi
problemi non solo industriali della nuova nazione mediterranea, ma anche le difficoltà politiche e ÿministerialiŸ per la formazione e
lÊaddestramento di una Flotta tra le prime del
mondo e dei suoi principali conduttori. ÿIl
nuovo gentiluomo italianoŸ viene prodotto
dalla nuova Accademia di Livorno, voluta da
Benedetto Brin, che giustamente appare nel
156
suo importante ruolo politico oltre che di
grande progettista a cui dobbiamo lÊidea delle
possenti ÿDuilioŸ. LÊespansione coloniale,
lÊottima condotta della Guerra Italo-turca, il superamento delle difficoltà adriatiche nel Primo
conflitto mondiale sono quindi descritti con
grande chiarezza e con una puntuale analisi di
strategia marittima, i cui vengono presi in considerazione tutti i fattori del Potere Marittimo.
NellÊesaminare la costruzione della cosiddetta ÿgrande MarinaŸ tra le due Guerre Mondiali, si tratta con molto equilibrio la questione
della mancata costruzione di portaerei e si mettono in luce le qualità dellÊammiraglio Cavagnari, troppo spesso criticato anche
ingiustamente. La guerra in Mediterraneo contro gli anglo-sassoni ci appare nel volume in
tutta la sua criticità marittima e la frase ÿdopo
il novembre 1942 una volta preso atto dellÊimpossibilità di raggiungere il Canale di Suez,
centro di gravità della nostra guerra, non cÊera
altra scelta possibile se non quella di uscire dal
conflittoŸ ci sembra lÊottima sintesi di unÊaccurata e serena analisi della situazione navale
italiana del tempo. Nel capitolo sul 9 Settembre Ê43, giustamente intitolato il ÿgiorno più
lungoŸ, viene messa in risalto la figura del
Sansonetti, ÿvero deus ex machina dellÊobbedienza della flotta italianaŸ, come lo definisce
lÊAutore. Le difficoltà non solo economiche,
ma soprattutto politiche del dopoguerra sono
quindi esaminate con freddo realismo, mentre
si sottolineano le brillanti realizzazioni tecniche, come la trasformazione del Garibaldi in
lanciamissili con la possibilità, grazie allÊinventiva tutta italiana, di poter servire anche per
il lancio di missili strategici, o come la realiz-
Rivista Marittima Ottobre 2014
Recensioni e segnalazioni
zazione di eccellenti piattaforme antisom dotate di elicotteri. Il periodo oscuro termina con
lÊapprovazione della ÿLegge NavaleŸ, di cui il
Rapalino chiarisce in tutte le sue sfaccettature
lÊiter parlamentare e il ruolo indispensabile
svolto dal Capo di Stato Maggiore, ammiraglio
De Giorgi. La visione geopolitica non può trascurare lÊidea, nata nellÊambito della Marina,
del cosiddetto Mediterraneo Allargato e dei
molti impegni delle nostre Forze Navali nelle
missioni di pace sino a giungere ai nostri giorni
con la descrizione delle attività di vigilanza
pesca e del contrasto allÊimmigrazione clandestina. La ÿdiplomazia navaleŸ torna così a essere una delle principali attività della
compagine marittima nazionale.
Siamo sicuri che i giovani, che si accosteranno a questo volume, vi troveranno materia
per comprendere la ÿmarittimitàŸ del nostro
Paese, mentre i più anziani ritroveranno i momenti più significativi della nostra Storia,
che, a nostro parere, deve meglio valorizzare
le più importanti decisioni di politica navale
prese negli ultimi centocinquanta anni, come
questo libro sapientemente propone.
Pier Paolo Ramoino
Grègoire Chamayou
TEORIA DEL DRONE
Principi filosofici
del diritto di uccidere
DeriveApprodi
2014
Pagg. 240
Euro 17,00
La scrittura di Chamayou, per stile e contenuti, è senza dubbio brillante, frizzante, af-
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fascinante, ma anche abbagliante, nel senso
di ingannevole, oserei dire mistificante. E
cercherò più avanti di dimostrarlo.
Chamayou è un ricercatore in filosofia a
Lione. Ma quello qui rassegnato, nonostante
il sottotitolo, non è un libro di filosofia; è un
libro ÿpoliticoŸ e a tesi.
LÊAutore ricostruisce le tappe attraverso
le quali si è pervenuti allÊattuale fisionomia
e possibili impieghi degli Unmanned Aerial
Vehicles, solitamente chiamati ÿdroniŸ, che
da strumenti di esplorazione e di scoperta
sono diventati, grazie allÊaggiunta di armamento, mezzi di offesa gestibili a distanza,
senza impegno di piloti a bordo. E questo
suscita le critiche di Chamayou sotto il profilo dellÊetica militare, che a suo avviso si
basa sul rischio della vita reciproco fra le
parti in causa. Ne deriva la mutazione della
fisionomia del combattente in cacciatore, e
del nemico in preda.
La tesi, in verità apodittica, lascia a dir
poco perplessi, specie perché proveniente
da chi assuma di essere un difensore della
pace: sembra di capire che a suo avviso,
dunque, meglio è se le vite umane poste in
pericolo siano quante più possibile, purché
da entrambe le parti. Ma ciò pare contrastare con tutta la storia delle guerre, nelle
quali ogni parte si sforza di risparmiare responsabilmente e al massimo le proprie
forze: gli esempi che si potrebbero avanzare sono mille, ma quello che sembra più
calzante è costituito dalle ÿV2Ÿ germaniche, usate verso la fine della Seconda
Guerra Mondiale; con la differenza, rispetto ai moderni droni, che avevano sistemi di punteria molto approssimativi e
certo infinitamente più imprecisi, e il più
delle volte colpivano a casaccio, spesso nel
157
Recensioni e segnalazioni
mucchio, con gravi perdite di civili. I
ÿdroniŸ, grazie ai loro propri mezzi di scoperta incorporati nella carlinga, possono
veramente effettuare deglÊinterventi ÿchirurgiciŸ; ché se poi venissero dal pilota remoto volutamente impiegati contro
obiettivi non ÿmilitariŸ, la responsabilità
non andrebbe fatta ricadere sul mezzo tecnico, ma sullÊoperatore umano.
Preferibile, ad avviso di Chamayou, lÊimpiego del kamikaze. Che poi questi sacrifichi
la propria vita non per unÊopera di bene, ma
per ammazzare quanta più gente possibile,
perciò solo andrebbe considerato un serio e
buon combattente.
Si ripete, si resta quasi spiazzati dallÊavventatezza delle affermazioni di questo Autore, che sotto la maschera del pacifista
ispirato dallÊetica, e abilissimo nei sofismi
più audaci, avanza teorie addirittura paradossali. Il libro andrebbe analizzato molto
più approfonditamente e dettagliatamente
di quanto si possa fare in una breve recensione: pure, si possono almeno accennare
ancora un paio di critiche.
La prima è di carattere puramente fattuale: Chamayou, che si direbbe animato da
odio per gli Stati Uniti e per Israele, attribuisce a questi soli il possesso e lÊimpiego
dei ÿdroniŸ: ma in realtà si sa che essi sono
ormai già presenti nelle panoplie di alcune
decine di Paesi.
La seconda è che, quando si avventura
sul terreno delle disquisizioni giuridiche,
lÊAutore mi sembra che dimentichi che
oggi è la guerra stessa a essere fuori legge,
in forza della Carta delle Nazioni Unite (sia
pure con la scappatoia dellÊarticolo 51,
troppe volte invocato per giustificare iniziative a dir poco ⁄ bizzarre). Credo di essere
158
stato il primo, almeno in Italia, a trattare il
tema del superamento della dicotomia
guerra/pace, in un articolo pubblicato nella
RM nel 1978: questo stato del diritto internazionale persiste tuttora, onde è quantomeno audace cercare di coonestare le
proprie tesi sulla base del diritto bellico.
Ma, ripeto, il libro andrebbe analizzato
molto più in profondità. Però va anche detto
che se ne raccomanda vivamente la lettura,
proprio per il suo essere tanto controversial.
Infine, mi preme di sottoscrivere il severo
giudizio espresso da Sergio Luzzatto nella
sua recensione apparsa su La domenica del
Sole24ore del 23 marzo 2014: è un libro capzioso e deludente!
Renato Ferraro
Eliso Porta
a cura di
Umberta Porta
LA MIA GUERRA
FRA I CODICI
ED ALTRI SCRITTI
Ufficio Storico
della Marina
Militare 2014
Pagg. 164
Euro
Quando lÊammiraglio Fernando Sanfelice
di Monteforte, uno dei massimi navalisti italiani contemporanei, incoraggiava la dottoressa Umberta Porta a pubblicare le carte
del Comandante Eliso, suo padre, aveva ragione. E non solo perché le 47 pagine e le
82 note scientificamente ineccepibili dellÊAutrice consentono di conoscere la vita e
lÊazione del protagonista, introducendone i
documenti inediti in maniera seria, ma perché veramente il ÿtesto è di un interesse
Rivista Marittima Ottobre 2014
Recensioni e segnalazioni
unicoŸ, colmando ÿuna serie di lacune che
hanno impedito finora di capire il perché di
avvenimenti dolorosi, che fanno pur sempre
parte del nostro retaggio storicoŸ.
LÊavventura comincia nellÊatmosfera
esotica di Shanghai, dove è in missione il
TV Eliso Porta, che non ha ancora 24 anni.
Legge un libro (H. O. Yardley, The American Black Chamber, Indianapolis, 1931)
sulle prime esperienze americane di decrittazione e intelligence ed è quasi un colpo
di fulmine: interessato a fondo alla crittografia, continua a studiare il tema e ne diviene sempre più competente. Da CC ha il
primo comando nellÊottobre 1939 (Ct Fulmine), ma poco dopo viene chiamato al
Servizio Informazioni Segrete della Marina, diretto dallÊammiraglio Lais, dove conoscerà ÿquel piccolo nucleo di entusiasti
neo-crittografi cheŸ durante la guerra
svolse ÿil proprio compito con ottimo rendimentoŸ. Tra questi il Comandante Luigi
Donini, che aveva ÿformato un gruppo di
studio del Codice Navale ingleseŸ, riuscendo ÿa penetrarvi crittograficamente,
cioè a capirne la struttura e il sistema per
decifrarloŸ, tanto che nel luglio 1940,
prima di Punta Stilo, tale gruppo decritta
ÿun telegramma operativo dellÊAlto Comando inglese che ordinava nei particolari
i movimenti della Flotta del MediterraneoŸ
(cfr L. Donini, Il Servizio Informazioni Segrete della Marina, Bollettino dÊArchivio
dellÊUSMM, XII, giugno 1998, pp. 11133); in altre condizioni ciò avrebbe potuto
essere allÊorigine di un importante successo: lÊesito invece fa dire allÊammiraglio
tedesco Weichold che ÿil 9 e 10 luglio la
Marina italiana ha probabilmente perduto
la sua grande occasioneŸ. Va comunque
Rivista Marittima Ottobre 2014
sottolineato come i decrittatori italiani, pur
mancando di esperienze di lunga lena e del
supporto di strutture sistematiche e macchinari collaudati, riescano a fornire informazioni
preziose
usando
soprattutto
lÊintelligenza e la capacità immaginativa.
Ai fini della penetrazione delle comunicazioni cifrate · ÿunÊoperazione affascinanteŸ la definisce Porta · non rileva
soltanto la traduzione in chiaro di un messaggio cifrato, ma anche il suo collegamento con la ÿcarta di posizioneŸ,
ÿlÊinterpretazione del trafficoŸ r.t. avversario, lÊelusione delle ruses del nemico, col
quale si combatte una gara sempre rinnovata di ÿcrittografia psicologicaŸ per capire
e nascondere.
Il 24 marzo 1941 Porta e 5 collaboratori
imbarcano sul Vittorio Veneto per una incursione nel Mediterraneo orientale. Il nucleo si rende subito utile, intercettando il
segnale di avvistamento di unità italiane dirette in Egeo trasmesso dalla ricognizione
inglese: è il 27, e lÊAutore commenta che,
venuta a mancare la sorpresa, ÿsarebbe
stato logico tornare indietroŸ. Il 28, alle
17:45, Porta consegna allÊammiraglio Jachino la decrittazione di un telegramma di
Cunningham che ordina allÊaviazione, per
il tramonto, un attacco aereo ÿdecisivoŸ
contro il Vittorio Veneto, già azzoppato da
un siluro; lÊinformazione consente di predisporre tempestivamente la difesa. Inoltre,
interpretando il traffico r.t. avversario, intenso e in avvicinamento, il Comandante
Porta valuta a ragione che il gruppo navale
italiano è inseguito da unÊintera flotta. Rivedendo poi i brogliacci della notte di Matapan si rende conto che un avvistamento
visivamente impossibile è stato segnalato
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Recensioni e segnalazioni
ugualmente da una nave nemica, la quale
quindi deve disporre di uno strumento capace ÿdi vedere nella notteŸ: lÊintuizione è
giusta, è il radar.
˚ difficile trattare di un volume così
denso nel breve respiro di una recensione,
ma non si può non ricordare lÊavventura del
Mohawk. Il 16 aprile 1941, durante lÊattacco a un convoglio italo-tedesco, questo
grosso CT britannico viene silurato dal CT
italiano Tarigo, in procinto di affondare a
sua volta. Siamo vicino alle secche di Kerkenah, in una zona di bassi fondali, e il CF
Porta si propone di recuperare quei documenti segreti che possono trovarsi ancora
nel relitto. Col motoveliero Fiammetta lo
cerca e lo trova, coricato su un fianco a una
decina di metri di profondità: già il 27
aprile viene recuperato un primo gruppo di
carte secret e confidential; ma bisogna
andar via perché aerei nemici appaiono
continuamente in ricognizione sulla zona e
il Comandante non vuol farsi notare. Dal 20
al 24 giugno è di nuovo sul posto, questa
volta a bordo del piccolo peschereccio Elsa,
mentre i sommozzatori lavorano da uno
zatterone. Viene messa in scena una specie
di recita di post-naufragio a uso degli aviatori inglesi, mentre per 4 giorni il Mohawk
viene esplorato e se ne traggono importanti
codici e documenti segreti, non purtroppo
il cifrario navale che uno dei sommozzatori,
divenuto palombaro, scoprirà incastrato tra
un portello e lo scafo nel 1952. Peraltro
lÊoperazione si è protratta abbastanza per
destare qualche sospetto, e proprio al momento della partenza una squadriglia di ricognitori nemici dirige sullÊElsa. Volta la
prora a Sfax e mandato tutto il personale
sotto coperta, alzata la bandiera francese e
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indossato un berretto col tipico pompon
rosso, ÿincominciai · scrive Porta · a
fare grandi cenni di saluto agli aviatori⁄
Gli apparecchi cominciarono a girare su di
noi, abbassandosi sempre più in quota e
dopo cinque minuti, quando ormai mi
aspettavo una buona scarica di mitragliatrici che ci avrebbe mandato a raggiungere
il Mohawk, il Capo squadriglia si decise a
rispondere con un amichevole cenno di saluto e si allontanò verso altri lidiŸ.
La testimonianza del Comandante Eliso
Porta, dalla guerra alla cobelligeranza, si
iscrive nella storia del SIS, che merita di essere più conosciuta e valorizzata di quanto
non sia stato finora. Non lo suggerisce un
attacco di sciovinismo né una ricerca di
consolazione, poiché credo che un approfondimento sistematico del tema faccia
emergere almeno due aspetti storicamente
rilevanti. Il primo concerne il dovuto riconoscimento delle qualità (bravura, competenza, perizia, immaginazione e coraggio)
con cui gli uomini del SIS affrontarono i
loro compiti: per esempio, è la capacità di
condurre con intelligenza una sintesi tra
dati noti e altri soltanto dedotti che può
condentire un apprezzamento esatto in situazione tattica difficile. Il secondo riguarda lÊinadeguato · talora mancato ·
seguito operativo dato alle informazioni:
qualche volta il mancato sfruttamento dipende dagli eventi, ma in generale è il gap
di modernità e di efficienza di cui soffre il
Paese a penalizzare la guerra italiana. Non
per nulla lÊintervento è stato deciso con
lÊidea di non dover nemmeno combattere,
un infortunio difficilmente evitabile quando
si chiama Inghilterra lÊimpero inglese.
Mariano Gabriele
Rivista Marittima Ottobre 2014
RIVISTA MARITTIMA
MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
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