marittima - Marina Militare
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marittima - Marina Militare
SPED. IN ABB. POSTALE ROMA - D.L. 353/03 (CONV. IN L. ART. 1 COMMA 1 N°46 DEL 27/02/04 ) - PERIODICO MENSILE 6,00 € OTTOBRE 2014 RIVISTA MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868 AllÊinterno: PRIMO PIANO La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale Alessandro Colombo Nubi sul futuro Vittorio Emanuele Parsi Lorem ipsumstealth dolor sitwith amet, cumvision sociis Ghost-like 360° natoque penatibus et magnis. Imagine an innovative multi-capability structure that synthesizes radar, communications, electronic warfare and electro-optical sensor subsystems into a single integrated topside. Careful design reduces ship signature while at the same time reducing electromagnetic interference and physical obstructions that compromise conventional mast designs. 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Smart systems. selex-es.com aleniaaermacchi.it RIVISTA MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868 OTTOBRE 2014 - anno CXLVII REGISTRAZIONE TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N. 267 31 LUGLIO 1948 CONCESSIONARIA DI PUBBLICIT¤ AUTORIZZATA 3 S COMUNICAZIONE CORSO BUENOS AIRES, 92 20124 - MILANO Tel. 02 2043561 Fax. 02 20242118 info@3scomunicazione.com Fotolito e stampa ROSSI S.r.l. VIA BOSCOFANGONE ZONA INDUSTRIALE A.S.I. 80035 NOLA (NAPOLI) TEL. 081 3151040 - 3151041 FAX 081 8210439 www.rossiprint.it La collaborazione alla Rivista è aperta a tutti. Il pensiero e le idee riportate negli articoli sono di diretta responsabilità degli Autori e non riflettono il pensiero ufficiale della Forza Armata. Rimaniamo a disposizione dei titolari dei copyright che non siamo riusciti a raggiungere. Gli elaborati non dovranno superare la lunghezza di 12 cartelle e dovranno pervenire in duplice copia dattiloscritta e su supporto informatico (qualsiasi sistema di videoscrittura). Gli interessati possono chiedere alla Direzione le relative norme di dettaglio. ˚ vietata la riproduzione anche parziale, senza autorizzazione, del contenuto della Rivista. Rivista Marittima Ottobre 2014 3 EDITORIALE INVESTIRE NELLA MARITTIMITAÊ REALIZZANDO UNO STRUMENTO NAVALE DUAL USE · Una soluzione percorribile per contribuire a uscire dalla crisi N egli ultimi fascicoli della Rivista Marittima esperti appartenenti al mondo accademico, diplomatico e militare hanno richiamato la nostra attenzione sullÊattuale situazione di forte instabilità determinatasi nel bacino del Mediterraneo. Tirando le somme, abbiamo visto che molteplici fattori, politici, etnico-religiosi e sociali nonché meteorologici stanno provocando una forte migrazione verso il continente europeo. La desertificazione dellÊarea sub sahariana, la malnutrizione, le guerre civili e la lotta per la sopravvivenza portano popolazioni che, includono interi nuclei familiari, a mettersi in movimento entrando in conflitto con le popolazioni limitrofe di altra etnia e religione. Il fondamentalismo religioso alimentato dalla miseria, dallÊodio, dallÊabbondanza di armi in circolazione, dalla circolazione di denaro accumulato da traffici illeciti e dal commercio della droga, diventa per lÊItalia e per tutti i Paesi europei la principale minaccia asimmetrica. La guerra civile in Iraq, Siria, Mali, Sudan e Libia sono tipici esempi dellÊinstabilità presente in tutta lÊAfrica settentrionale e Medio Oriente con varie sfumature fino a giungere al tentativo, che per quanto sia effimero è pur sempre destabilizzante, di instaurare un nuovo Califfato. Il conflitto israelo-palestinese alla cui cronicità ci siamo abituati agisce da catalizzatore dellÊinstabilità in aree molto più vaste non confinanti. Il fenomeno della pirateria che soprattutto negli anni 2008-2009 ha avuto unÊinfluenza nefasta sui traffici marittimi diretti nel Mediterraneo è figlio dello stesso male, ossia della carenza nellÊesercizio della sovranità statuale, della insopportabile miseria e di un giro di affari illeciti di armi e droga. Non è però soltanto tempo di pirati e di piccoli, veloci scafi appoggiati da insospettabili ÿnavi-madreŸ. La minaccia cosiddetta ÿsimmetricaŸ, ossia tradizionale, risalente alla Guerra Fredda (e non solo) era stata seppellita troppo in fretta dalla stampa quotidiana. In realtà il Mediterraneo, più o meno ÿallargatoŸ è sempre lo stesso. LÊattuale crisi ucraina conferma quello che già è stato vissuto in Adriatico tra il 1991 e il 1999. Quanto alla Crimea (e alle poco note, ma interessanti, azioni belliche in corso nel Mar Nero) si tratta del cortile dellÊUnione Europea attraversato, per di più, da fondamentali corridoi e oleodotti energetici. Chi non si preoccuperebbe di un incendio, in casa, dentro al vano del contatore del gas? La crisi economica, la mancanza di crescita e la conseguente disoccupazione sono lÊattuale minaccia interna dellÊItalia, oltre che dellÊEuropa. Tale fenomeno sta provocando il graduale impoverimento del ceto medio con la conseguente riduzione dei consumi e il sorgere di un fenomeno che si riteneva scomparso: la deflazione che 4 Rivista Marittima Ottobre 2014 può essere considerata ancora più pericolosa dellÊinflazione, qualora non eccessiva, con cui eravamo abituati a convivere. QuestÊultima, infatti, portava le generazioni precedenti a trasformare i salari, soggetti allÊinflazione, in beni, ossia a spendere o investire il denaro alimentando la crescita. Anche le opere pubbliche che occupavano masse di lavoratori venivano pagate in parte con lÊemissione di buoni del tesoro che offrivano interessi superiori allÊinflazione. LÊultima, ma non meno importante minaccia, è data dalla particolare morfologia del territorio nazionale che contribuisce a provocare periodiche alluvioni, smottamenti di terreno, con una frequenza pressoché annuale. Ciò insieme ad altre calamità naturali non prevedibili, ma aggravate dalla mancanza di fondi che consentano le dovute manutenzioni, rende sempre più necessario da parte dello Stato potere disporre di strumenti idonei per poter fare fronte alle emergenze. Senza crescita sarà sempre più difficile fare fronte a spese impreviste se non aumentando il prelievo fiscale. Ciò genererà fuga di capitali, aumento dellÊevasione fiscale e riduzione dei profitti che possono essere spesi e investiti da imprese e famiglie. Quindi una soluzione per uscire dalla crisi è quella di investire il denaro pubblico in settori che generino occupazione creando nuova ricchezza offrendo, però, allo Stato uno strumento di intervento flessibile che possa essere utilizzato sia in compiti di carattere militare sia a sostegno della popolazione civile in funzione dellÊesigenza. Come ampiamente dimostrato dalla storia nessuno strumento militare è più DUAL USE dello strumento navale, soprattutto se le future costruzioni navali tengono conto delle nuove esigenze a cui dovrà saper far fronte lo Stato nei prossimi anni. Occorre riflettere sul concetto di DUAL USE chiedendosi a cosa serve la Marina Militare. Innanzi tutto è bene rammentare che la natura internazionale del mare, ambiente su cui si basa la vera globalizzazione e non solo quella virtuale di internet, fatta di traffici di materie prime e prodotti finiti, rende le navi militari dei mezzi dotati di specificità particolari che altri strumenti bellici non hanno: la nave è lÊunico mezzo da guerra che gode del ÿpassaggio inoffensivoŸ nelle acque territoriali di un altro Paese, mentre la penetrazione, senza autorizzazione, di truppe e aerei nei confini di un altro Stato è considerata un atto ostile. Una nave militare gode dellÊextraterritorialità anche quando è ormeggiata in un porto estero. Sfruttando queste peculiarità delle navi militari che, unite alla mobilità, alla flessibilità e allÊautonomia permettono di permanere nelle aree di crisi, al limite delle acque territoriali altrui, senza chiedere il permesso a nessuno, si possono ottenere risultati diplomatici importanti senza sparare un colpo. Le attività che vanno dalla semplice presenza e dalle visite di cortesia, fino alla pressione politico-militare, finalizzata a imporre la volontà della propria politica estera, rientrano nel campo della ÿdiplomazia navaleŸ e la nave militare è uno tra i principali mezzi con cui un Paese marittimo esercita la propria politica estera a tutela dei propri interessi nazionali. In caso di calamità naturale una nave può trasformarsi con il minimo preavviso in Rivista Marittima Ottobre 2014 5 un ospedale galleggiante, fornito dei più moderni sistemi per salvare vite umane. Il ponte di volo può venire utilizzato in una piattaforma su cui sistemare mezzi della protezione civile. Gli elicotteri, di notte e di giorno, possono trasferire i feriti dal luogo dellÊincidente allÊospedale di bordo e smistare i più gravi in ospedali di paesi vicini. Potenti generatori di corrente possono fornire energia elettrica in località dove è in corso un grave blackout. Se la popolazione è vittima di una guerra civile le stesse operazioni di evacuazione di feriti e rifugiati possono essere condotte con una cornice di sicurezza fornita dal personale e dai mezzi appartenenti alle Forze da Sbarco con la copertura aerea garantita da aerei e elicotteri imbarcati in qualsiasi angolo del mondo dove è necessario intervenire. In sostanza la Marina Militare, qualora ben sviluppata in modo bilanciato in tutte le sue componenti rappresenta, già di per se, un sistema interforze ideale: marittimo (sopra e sotto la superficie), aereo e terrestre con il vantaggio di avere unÊunica missione e unità di comando sulla scena dÊazione così come più volte dimostrato. Ma vi è ancora qualcosa di più: la flessibilità che fornisce una piattaforma galleggiante offre la possibilità di cambiare la missione operazione durante. Una nave in crociera addestrativa può trasformarsi immediatamente dopo avere ricevuto lÊordine in unità di scorta di un convoglio che transita in un area soggetta a minacce reali, una sede neutrale dove riunire i rappresentanti di delegazioni per tenere trattative di pace, una piattaforma per gestire un intervento di soccorso umanitario o per esfiltrare il personale di ambasciate da un territorio in preda alla guerra civile. In altre parole i mezzi della Marina Militare, sulla base di unÊesperienza e di una tradizione secolare, hanno sviluppato i propri mezzi navali di oggi e dovranno prepararsi a fare altrettanto per i prossimi decenni sulla base del soddisfacimento di esigenze DUAL USE. Fino a oggi è stato possibile portare a termine tutte le missioni assegnate dal Governo grazie alla ÿLegge NavaleŸ del 1975. Si è trattato in parte di operazioni a carattere prettamente militare in cui è stato necessario avere in dotazione aerei imbarcati come gli ÿAV 8 B plusŸ (impiegati nei cieli del Kosovo, Afghanistan e Libia) e unità navali di altura in grado di permanere mesi in mare nellÊOceano Indiano per contrastare la pirateria e proteggere le linee di comunicazioni marittime, ma anche di operazioni umanitarie a favore di popolazioni vittime di calamità naturali fino a giungere allÊattuale operazione Mare Nostrum in cui vengono svolti sia compiti di salvataggio in mare sia compiti di sorveglianza e repressione di attività illecite. Grazie allo stanziamento di 1.000 miliardi di lire in 10 anni previsto dalla Legge del 1975 non soltanto fu possibile salvare allora la Marina dalla sua estinzione, ma anche la cantieristica italiana e un insieme di centinaia di medie e piccole industrie, di cui molte situate nel Mezzogiorno, che poterono risollevarsi dalla peggiore crisi del Dopo guerra, quella del 1973, favorendo trentÊanni continuativi di occupazione e benessere ininterrotto. Se oggi lÊItalia è leader nella realizzazione di navi da crociera è in parte dovuto ai benefici di quella Legge Navale che contribuì a evitare la chiusura 6 Rivista Marittima Ottobre 2014 di molti cantieri navali. Una soluzione possibile per contribuire a uscire dalla crisi è quella di copiare ciò che di positivo è stato effettuato nel passato in situazioni altrettanto critiche. Occorre continuare a investire scegliendo con oculatezza quali siano i settori che, grazie a degli investimenti mirati, possano portare nel medio e lungo periodo alla crescita. Questi settori per un Paese proteso sul mare sono ancora una volta il settore marittimo e tutto il suo indotto: basi navali, arsenali, porti e infrastrutture portuali, logistica dei trasporti, piattaforme petrolifere, navi moderne a scarso impatto ambientale. La Marina Militare e nuove navi DUAL USE potranno ancora una volta agire da motore trainante dellÊeconomia italiana, così come già sperimentato nel passato tra il 18701880, 1934-1943, 1909-1914 e nel 1974-1984. Occorre, pertanto perseguire, con ogni possibile urgenza ÿun concreto piano di costruzioni aeronavaliŸ che non costituisca un potenziamento della Flotta ma solo la sostituzione delle unità che vengono di volta in volta radiate. Patrizio Rapalino QUESTIONARIO OTTOBRE 2014 Anche questÊanno, siamo lieti di annunciare che la Rivista Marittima gode di ottima salute. Grazie al successo della vendita degli spazi pubblicitari i costi di gestione sono stati abbattuti e, come promesso lÊanno scorso, lÊattivo conseguito ci ha permesso di iniziare a essere presenti con la Rivista Marittima NELLE EDICOLE PIÞ IMPORTANTI DELLE PRINCIPALI CITT¤ ITALIANE, La maggiore puntualità nella distribuzione della Rivista Marittima è stata raggiunta e prevediamo il prossimo anno di poter effettuare gli abbonamenti ON LINE con la visione della Rivista Marittima in formato digitale su PC, TABLET e SMART PHONE. Sulla qualità dei contenuti, fattore soggettivo, ci rimettiamo al giudizio dei lettori richiedendo, come consuetudine, la compilazione del questionario che può essere inviato alla email stefano.romano@marina.difesa.it. In alternativa · via fax al · o allÊindirizzo postale: 0636807249 Via Taormina 4, -00135 ROMA, indicando il nominativo dellÊabbonato. Rivista Marittima Ottobre 2014 7 QUESTIONARIO Dati sullÊabbonato: nominativo, professione 1. CONTENUTI · trovo gli articoli di Primo Piano di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ · trovo gli articoli sulla Panoramica tecnico-professionale di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ · trovo gli articoli di Saggistica e Documentazione di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ · trovo gli articoli di Storia e Cultura militare di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ · trovo le rubriche di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Evantuali Commenti _________________________________________________________________ 2. QUALITAÊ DEL FORMATO E DEL MATERIALE - trovo la qualità della Rivista come formato e materiale di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ - ritengo necessario passare a un formato più grande: si no - ritengo necessario poter scricare la Rivista Marittima on-line su PC, Tablet e Smart Phone: si no Eventuali Commenti _________________________________________________________________ 3. QUALITA DEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE - trovo la qualità di distribuzione di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ - reperibilità nelle edicole: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore - ritengo necessario facilitare lÊattivazione/rinnovo abbonamenti on-line: si no 4. QUALITAÊ DEL RAPPORTO CON IL PUBBLICO · trovo la qualità del servizio Abbonamenti e spedizioni di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ · trovo la qualità del servizio di SEGRETERIA di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ · trovo la qualità di servizio della Redazione di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ · trovo la qualità di servizio della Direzione di livello: ottimo molto buono buono sufficiente insufficiente scarso valore Eventuali Commenti _________________________________________________________________ 5. SUGGERIREI LE SEGUENTI MIGLIORIE TESTO LIBERO: ___________________________________________________________________ Accetto eRivista al Ottobre trattamento Privacy (Art. 13 DLGS 8 autorizzo 8 Marittima 2014 dei dati personali come da informativa sulla Rivista Marittima Ottobre 2014 196/2003) SI NO SOMMARIO PRIMO PIANO RUBRICHE La rivincita della Geografia tra conflittualità regionale e globale Alessandro Colombo 12 Lettere al Direttore Osservatorio internazionale Scienza e tecnica Marine militari Che cosa scrivono gli altri Recensioni e segnalazioni Nubi sul futuro Vittorio Emanuele Parsi 111 115 124 136 152 156 20 Il conflitto in Crimea Anton Bebler 26 Egemonia americana e il mare Massimo Iacopi 38 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati 44 Lorenzo Striuli PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata Giuliano Da Frè 54 La breve stagione dellÊatomica europea Vezio Vascotto 66 SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE I Corsari di DÊAnnunzio Paolo Fragiacomo 74 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti Roberto Celestre 88 Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina Attilio Borda Bossana 96 STORIA E CULTURA MILITARE La vera storia non conosciuta della Regia Marina durante la Grande Guerra Stato Maggiore Marina Militare 102 Rivista Marittima Ottobre 2014 9 RIVISTA MARITTIMA Mensile della Marina dal 1868 DIREZIONE E REDAZIONE Via Taormina, 4 - 00135 Roma Tel.: 06 3680 7248-54 Telefax: 06 3680 7249 Internet:www.marina.difesa.it/documentazione/ editoria/marivista/Pagine/default.aspx e-mail redazione: rivistamarittima@marina.difesa.it DIRETTORE RESPONSABILE Capitano di Vascello Patrizio Rapalino REDAZIONE E UFFICI Nave CAVOUR in navigazione, a largo delle coste del Senegal. Attilio De Pamphilis Castriotta Francesco Gaetano Alessi Francesco Rasulo Tiziana Patrizi Gaetano Lanzo A questo numero hanno collaborato UFFICIO ABBONAMENTI E SERVIZIO CLIENTI Carmelo Sciortino Tel.: 06 3680 7251-5-7 e-mail abbonamenti: rivista.abbonamenti@marina.difesa.it SEGRETERIA AMMINISTRATIVA Tel.: 06 3680 7254 Codice fiscale: 80234970582 Partita IVA: 02135411003 10 Professor Alessandro Colombo Professor Vittorio Emanuele Parsi Professor Anton Bebler Generale (ris) Massimo Iacopi Dottor Lorenzo Striuli Dottor Giuliano Da Frè Ammiraglio di Squadra (ris) Vezio Vascotto Dottor Paolo Fragiacomo Dottor Roberto Celestre Dottor Attilio Borda Bossana Dottor Enrico Magnani Dottor Luca Peruzzi Contrammiraglio (aus) Michele Cosentino Contrammiraglio Claudio Boccalatte Contrammiraglio (ris) Pier Paolo Ramoino Ammiraglio Ispettore Capo (ca) Renato Ferraro Professore Mariano Gabriele Rivista Marittima Ottobre 2014 A NATALE QUESTÊANNO ABBONARSI CONVIENE PER OGNI 2 ABBONAMENTI ALLA RIVISTA MARITTIMA NE RICEVERAI UNO IN OMAGGIO!!! DA PARTE NOSTRA L’IMPEGNO A MANTENERE BASSI I COSTI E ALTA LA QUALITA’ E TU CI AIUTI CON QUALCHE AMICO IN PIU’? PRIMO PIANO LA RIVINCITA DELLA GEOGRAFIA TRA CONFLITTUALIT˘ REGIONALE E GLOBALE ALESSANDRO COLOMBO (*) L a spirale di turbolenza nella quale è precipitato il Mediterraneo è destinata a riplasmare la percezione italiana dei rischi e delle minacce · a maggior ragione in quanto questa spirale include anche le propaggini orientali e meridionali del bacino: il Mar Nero e, a sud, il Medio Oriente, il Mar Rosso, lo stretto di Bab el Mandeb e il Golfo di Aden. LÊelenco delle singole situazioni di crisi appare, già a prima vista, impressionante: il progressivo collasso dello Stato libico, la fragilissima transizione (dallÊautoritarismo alla democrazia a un nuovo autoritarismo) in Egitto, il protrarsi del conflitto israelo-palestinese, la guerra civile in Siria e la sua saldatura con la guerra civile in Iraq, la questione del nucleare iraniano, per non parlare della diffusione dei movimenti jihadisti dal Mediterraneo al Golfo Persico al Corno dÊAfrica o, sul versante nord-orientale, del conflitto tra Russia e Ucraina fin sulle coste del Mar Nero. Mentre ad aggravare la percezione di minaccia contribuisce il ventaglio altrettanto ampio delle possibili ricadute di tali crisi in termini di atti terroristici, flussi migratori acuti, distorsioni nel flusso delle risorse energetiche, pirateria o interruzione dei traffici marittimi. Questa capacità contaminante rende del tutto irrealistica qualunque ipotesi di disimpegno, anche alla luce del fatto che tutti i tentativi degli ultimi ventÊanni di adottare politiche di cordone sanitario si sono rivelati inefficaci o controproducenti, non solo dal (*) Laureato in Giurisprudenza nel 1985 presso lÊUniversità Cattolica di Milano e nel 1989 in Scienze Politiche presso lÊUniversità degli Studi di Milano, ha conseguito nel 1995 il Dottorato di ricerca in Relazioni Internazionali presso lÊUniversità degli Studi di Padova. Dirige lÊOsservatorio ÿSicurezza e Studi StrategiciŸ e insegna Relazioni Internazionali al Master in International Affairs. ˚ coordinatore del Master in Studi Internazionali StrategicoMilitari presso la Facoltà di Scienze Politiche dellÊUniversità degli Studi di Milano. ˚ membro della Società italiana di Scienza politica (SISP), della Commissione di Storia delle Relazioni Internazionali (Commission of History of International Relations), del Comitato scientifico dellÊIstituto per la Cooperazione Economica Internazionale (ICEI), dellÊInternational Advisory Board dellÊEuropean Journal of International Relations e dellÊInternational Advisory Board di Millenium, Journal of International Studies (London School of Economics). 12 Rivista Marittima Ottobre 2014 La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale punto di vista umanitario, ma anche dal punto di vista politico e strategico. Questo non significa, tuttavia, che lÊinstabilità del Mediterraneo debba essere necessariamente affrontata sulla base di qualche impianto strategico unitario. Al contrario: sebbene accomunate dai loro possibili effetti, le crisi del Mediterraneo restano essenzialmente diverse fra loro quanto ad attori coinvolti, poste in gioco e origini storiche e richiedono, pertanto, risposte diversificate, a maggior ragione dopo il fallimento teorico e politico di tutte le chiavi di lettura unificanti proposte negli ultimi ventÊanni · dalla ÿtransizione alla democraziaŸ alla ÿguerra globale al terroreŸ fino alla suggestione ricorrente del ÿconflitto di civiltàŸ. La rivincita della geografia e la ripresa delle competizioni regionali Quello che resta possibile, piuttosto, è individuare al di sopra delle cause specifiche delle singole crisi lÊinsieme delle condizioni permissive che ne hanno reso possibile lo scoppio e, una volta scoppiate, ne condizionano gli esiti. La prima di queste condizioni è la tendenza, emersa già allÊindomani della fine del bipolarismo e rafforzatasi negli anni successivi, a una brusca inversione dei rapporti tra dinamiche globali e dinamiche regionali (1). Per tutto lÊultimo secolo e, a maggior ragione, per tutto lÊarco di vita del sistema internazionale bipolare, le prime avevano stabilmente prevalso sulle seconde. Non perché, anche allora, regioni come il Mediterraneo o il Medio Oriente non possedessero caratteristiche proprie e diverse da quelle degli altri. Ma perché questa varietà era com- Rivista Marittima Ottobre 2014 pensata e, nel momento critico, annullata dallÊaltissimo grado di penetrazione del sistema globale: penetrazione culturale, per i retaggi dellÊimpatto occidentale sul resto del mondo e, soprattutto, per la circolazione globale dei due linguaggi universali della guerra fredda, quello democratico-liberale e quello nazionalista e socialista; penetrazione istituzionale, per la diffusione della forma-stato e la presenza almeno cerimoniale delle organizzazioni internazionali universali; penetrazione diplomatica e strategica, infine, per lÊonnipresenza del piccolo gruppo delle principali potenze (le potenze coloniali europee fino alla seconda guerra mondiale, le due superpotenze poi), lÊesportazione globale dei loro conflitti e, in ultima istanza, il rischio o lÊesperienza concreta di guerre per la prima volta ÿmondialiŸ. Nel contesto internazionale attuale, invece, questo imponente meccanismo di subordinazione dei sistemi regionali al sistema globale sembra essersi almeno provvisoriamente inceppato. Il riassorbimento della grande frattura comune tra liberalismo e socialismo lascia spazio a una congerie di capitali simbolici e di mobilitazione propri, come le varie forme di Islam radicale. La crisi dellÊarchitettura multilaterale della convivenza internazionale incoraggia lÊattivismo delle medie e piccole potenze regionali (Iran, Arabia saudita, Turchia, Qatar, Emirati Arabi Uniti), proprio mentre risalgono in superficie le enormi differenze anche istituzionali tra stati consolidati, stati deboli e stati falliti o prossimi al fallimento. Soprattutto, con il venir meno dellÊelemento decisivo di connessione del sistema internazionale del Novecento, il rischio dellÊescalation dei conflitti regionali in un unico e distruttivo conflitto 13 La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale mondiale, le prospettive di pace e di guerra di ciascuna regione si rivelano sempre più nettamente separate dalle prospettive delle altre regioni, col risultato di incoraggiare la corsa agli armamenti in alcune regioni (come in Medio Oriente) nello stesso momento in cui diminuiscono le spese per la difesa in altre (come in Europa). Questa regionalizzazione della sicurezza ha un impatto destabilizzante su tutte le aree regionali e, in particolare, sul complesso del Mediterraneo allargato. Intanto, essa aumenta la sensibilità degli attori alle gerarchie di potere interne alle rispettive regioni mentre diminuisce la credibilità delle rassicurazioni e dei bilanciamenti esterni. A mutare radicalmente sono i criteri stessi in base ai quali gli attori misurano la propria sicurezza (e in base ai quali, quindi, ispirano le proprie strategie). Nel contesto globale della Guerra Fredda, la sicurezza di ciascun attore dipendeva in ultima istanza dal confronto tra le risorse e le intenzioni del proprio sottosistema globale di alleanza e quelle del sottosistema nemico: la sicurezza di Turchia, Arabia saudita e Israele, per esempio, dipendeva dalla tenuta o dalla superiorità del blocco occidentale rispetto a quello sovietico. Nel contesto internazionale che gli è succeduto, invece, leader e cittadini dei diversi paesi percepiscono le proprie prospettive di pace o di guerra come sempre più dipendenti dalle risorse e dalle intenzioni di antagonisti e partner collocati nella loro regione, e sempre più svincolati dalle risorse e dalle intenzioni degli attori collocati nelle altre. I meccanismi di garanzia esterna del passato · protettorati, alleanze bilaterali e multilaterali, promesse informali · perdono credibilità o, almeno, faticano a essere 14 proiettati indefinitamente nel futuro, col risultato di incoraggiare gli attori a procurarsi risorse di sicurezza in autonomia o con il concorso di partner locali destinati a condividere anche in futuro le medesime preoccupazioni di sicurezza. A propria volta, questa ricerca di strumenti alternativi di sicurezza è destinata a suscitare diffidenze reciproche e, nella peggiore delle ipotesi, incoraggiare le dinamiche competitive su scala regionale. ˚ il meccanismo potenzialmente infernale noto come dilemma della sicurezza: mano a mano che uno o più attori accumulano risorse per la propria difesa · tipicamente: armi e alleati · spingono anche tutti gli altri attori a fare lo stesso, perché nessuna delle parti può essere certa che le intenzioni delle altre siano o siano destinate a restare pacifiche. E proprio un intrico di dilemmi della sicurezza · tra Arabia saudita e Iran, Israele e Hamas, Israele e Iran ecc.. · è ciò che sta destabilizzando Mediterraneo e Medio Oriente da almeno un decennio a questa parte, a maggior ragione dopo che la distruzione dellÊIraq ha innescato una competizione per lÊegemonia regionale tra Iran e Arabia saudita sullo sfondo della frattura risorgente tra sciiti e sunniti. Il riflusso delle politiche di controllo esterno A rafforzare ulteriormente questa tendenza alla regionalizzazione delle dinamiche di sicurezza ha provveduto il riflusso delle politiche di controllo esterno, simboleggiato dal ritiro delle truppe anglo-americane dallÊIraq e dal prossimo ritiro dellÊIsaf dallÊAfghanistan. Due potentissimi fattori hanno Rivista Marittima Ottobre 2014 La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale spinto a questo esito. Il primo è lÊesito fallimentare (in termini di rapporto tra costi sopportati e obiettivi politici conseguiti) degli interventi in Iraq, Afghanistan e Libia, esempi quasi paradigmatici di ÿparadosso della potenza non realizzataŸ: invece che lÊesportazione dellÊordine e della democrazia, tutti questi interventi non hanno portato che il fallimento dello Stato e la guerra civile, con effetti destabilizzanti o addirittura distruttivi anche sui paesi vicini (Siria, Pakistan, Mali). LÊaltro fattore, alimentato dalla crisi economica e sociale scoppiata nel 2007-08, è lÊinclinazione comune a un numero sempre più alto di attori di concentrare attenzione e risorse sul proprio versante interno, selezionando con sempre maggiore prudenza gli impegni esterni anche a costo di mettere la sordina sul cosiddetto interventismo umanitario degli ultimi due decenni. Non è un caso che questa ambivalenza pesi prima di tutto sul paese più forte, gli Stati Uniti. Da un lato, lÊinsostenibilità dei costi diplomatici, militari ed economici della deriva egemonica dei primi quindici anni del dopoguerra fredda ha convinto i decisori politici americani (sia civili sia militari) a sforzarsi di ridimensionare i propri impegni internazionali, a partire proprio dal Mediterraneo e dal Medio Oriente dove, ancora nel 2003, gli Stati Uniti avevano potuto varare quellÊimponente progetto di trasformazione battezzato Greater Middle East, e destinato a una sorte non troppo diversa da quella dei piani quinquennali dellÊUnione sovietica. DallÊaltro lato, è sufficiente che gli Stati Uniti diano lÊimpressione di volere disinvestire da qualche area regionale perché sorgano competizioni per ÿprepararsi in anticipoŸ allÊabbandono o, peggio, riempire Rivista Marittima Ottobre 2014 il possibile vuoto · come sta avvenendo proprio in Medio Oriente come contraccolpo del riorientamento verso lÊAsia orientale dellÊamministrazione Obama. Mentre, anche prima di questo momento, la credibilità della garanzia esterna dellÊunica superpotenza rimasta appare comunque molto più incerta che in passato, così come molto più azzardata è la scelta di dare per scontato il suo sostegno futuro in caso di necessità. Che è ciò che spiega, tra le altre cose, il crescente attivismo di Turchia, Qatar e Arabia saudita, la spirale di militarizzazione della politica di Israele, e persino le ambiguità del Pakistan nel contrasto al terrorismo e nel sostegno alla missione afghana: come osservava già alcuni anni fa un analista pakistano, ÿgli Americani non possono restare in Afghanistan per sempre, mentre noi dovremo vivere per sempre quiŸ (2). Il volano della contaminazione: la debolezza dello Stato e la porosità dei confini Se, dunque, il rovesciamento della gerarchia tra dinamiche globali e dinamiche regionali spiega la proliferazione delle crisi, le caratteristiche istituzionali, etniche e culturali dei contesti di appartenenza spiega la loro diffusione. In situazioni come quelle del Corno dÊAfrica, ma anche di diverse parti del Mediterraneo e del Medio Oriente, nelle quali Stati che non dispongono ancora di istituzioni politiche e apparati burocratici efficienti, di solide basi economiche e di un grado sostanziale di identità nazionale si trovano a interagire con Stati afflitti dagli stessi problemi, lÊordine interno di ciascuno Stato 15 La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale è continuamente vulnerabile alla tenuta dellÊordine interno degli altri, così come lÊordine di questi ultimi è vulnerabile alla tenuta dellÊordine internazionale. LÊesistenza di linkage groups di natura etnica, nazionale, religiosa o semplicemente criminale assicura, in ogni caso, la circolazione dei conflitti, con il risultato di trasformare (almeno potenzialmente) tutte le crisi interne in crisi internazionali e tutte le crisi internazionali in crisi interne, come si è ripetuto nellÊultimo decennio per effetto della disgregazione della Somalia e, più recentemente, come contraccolpo delle guerre in Iraq e in Afghanistan e delle guerre civili in Libia e in Siria. Diversi fattori contribuiscono a complicare lÊopera di prevenzione e contenimento dei conflitti. Il primo è il superamento dellÊomogeneità istituzionale tra gli attori. Mentre, nei sistemi interstatali consolidati, gli attori già ammessi tendono a fissare dei criteri per selezionare (e limitare) lÊingresso di nuovi attori, in sistemi interstatali a basso grado di istituzionalizzazione chiunque può diventare attore a condizione che abbia la forza di imporsi, indipendentemente da qualunque requisito formale e da qualunque similitudine con gli altri. La pretesa dello stato al monopolio dellÊuso della forza legittima cade vittima di pretese di nuovo tipo, avanzate da soggetti della più varia natura · come le bande armate che si contendono il potere in Libia o lo Stato Islamico a cavallo tra Siria e Iraq · e caratterizzate (come in ogni fase genetica) da una fortissima conflittualità verso lÊesterno. Il secondo fattore è la ricaduta spaziale del precedente: la mancanza di demarcazioni nette tra territori ÿpubbliciŸ e domini ÿprivatiŸ, e tra sfera ÿinternaŸ e sfera ÿesternaŸ. Mentre, nei sistemi interstatali consolidati, 16 ciascuno stato si sforza di sradicare (o almeno neutralizzare) i vincoli di fedeltà · di carattere religioso, culturale, etnico · che rischiano di indebolire il vincolo di cittadinanza, nei sistemi di frammentazione la distinzione tra sfera ÿinternaŸ e sfera ÿesternaŸ non riesce più a cogliere la gran parte dei rapporti che intercorrono tra gli attori. In un senso, poiché si moltiplicano i casi in cui i governi ÿnazionaliŸ sono costretti a negoziare su un piede di parità con soggetti substatali allÊinterno del proprio territorio, magari con la partecipazione o sotto lÊauspicio di potenze esterne. Basti pensare alla spericolata contrattazione tra gli Stati Uniti, il governo iracheno, i Peshmerga curdi e le stesse milizie sunnite per contrastare lÊinsurrezione jihadista, o alla ricorrente tentazione di replicare la stessa soluzione sul teatro afgano. NellÊaltro senso, non mancano casi di aggiramento dei confini da parte di soggetti sub-statali (movimenti politici, etnici, religiosi), i quali, dopo avere eroso dallÊinterno il vincolo di cittadinanza, cercano di stabilire (e spesso stabiliscono) rapporti diretti tra loro o con altri stati. La varietà di questa ÿdiplomazia sub-stataleŸ è quasi senza limiti, dallÊosmosi dellÊinsurrezione islamista sui due versanti del confine tra Afghanistan e Pakistan, ai rapporti tra Hamas e i Fratelli Musulmani in Egitto o tra Hezbollah e lÊIran in Libano, fino alla diffusione extra-regionale dellÊappello jihadista dello Stato Islamico. Infine, proprio questa proliferazione di attori della più varie natura produce una crisi del negoziato come strumento di produzione di obblighi e di attese. In primo luogo, come si è sperimentato anche recentemente in Libia, Iraq e Afghanistan, è difficile e a volte impossibile sapere in anticipo se quello con Rivista Marittima Ottobre 2014 La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale il quale si è deciso di trattare sia davvero il soggetto che conta o, almeno, uno di quelli che contano. In secondo luogo, i costi di contrattazione crescono mano a mano che cresce il numero delle parti, perché le complicazioni aumentano quando ognuno è costretto a trattare con un numero molto alto di controparti. Infine, anche una volta concluso un accordo, i suoi effetti e la sua desiderabilità cambiano troppo in fretta perché si possa essere sicuri del suo mantenimento. LÊaumento delle variabili non diffonde soltanto i pericoli, ma aumenta anche la possibilità dellÊinganno e la difficoltà di individuare e sanzionare i possibili violatori. Conclusioni L a combinazione potenzialmente distruttiva tra riemersione delle competizioni regionali e introversione dei principali attori espone anche lÊItalia a un nuovo ventaglio di rischi, responsabilità e vincoli, in un contesto nel quale lÊevoluzione delle aree regionali più prossime (come il bacino mediterraneo) appare sempre più vulnerabile al contesto ÿallargatoŸ delle sue estensioni terrestri e marittime. Tutti e due i termini dellÊequazione tra domanda e offerta di ordine sono destinati a complicarsi. Da un lato, quelli che si profilano allÊorizzonte sono rischi plurali, eterogenei, multi-direzionali e indeterminati, legati in linea di massima ai contraccolpi delle crisi regionali o sub-regionali in termini di flussi migratori acuti, distorsioni dellÊapprovvigionamento energetico, ÿcontaminazioniŸ terroristiche, catastrofi ambientali, pandemie ecc.. Questa indeterminatezza Rivista Marittima Ottobre 2014 complica, di per sé, anche le strategie di risposta, consentendo soltanto lÊazione ÿa posterioriŸ, cioè la repressione, oppure lÊazione ÿpreventivaŸ diretta a bloccare sul nascere la maturazione del rischio in minaccia. Tutte e due le alternative sono problematiche. La prima, come tutte le politiche reattive, in quanto affida allo choc esterno il ruolo di orientare e commisurare lÊentità della risposta, anche in assenza di strategie politiche di medio e lungo periodo (come ha mostrato il caotico e interminabile dopoguerra libico). La seconda, lÊazione preventiva, sconta la difficoltà di accertare in anticipo se un soggetto costituisca oppure no una minaccia immediata alla sicurezza, col rischio di pregiudicare, sbagliando, tanto le proprie future capacità di intervento quanto il proprio prestigio (come è avvenuto anche recentemente con la sottovalutazione delle capacità politiche e militari dellÊIsis in Iraq). DallÊaltro lato, lÊItalia arriva a questo appuntamento in una condizione di profonda crisi politica, economica e istituzionale, che detta vincoli molto stretti non soltanto al bilancio della difesa ma anche alla disponibilità ad assumersi i costi politici ed economici di nuovi impegni. Nel ripensamento delle proprie strategie politiche e delle proprie politiche di difesa, inoltre, lÊItalia non può più affidarsi come in passato al suo consolidato impianto multilaterale. Intanto, perché la stagione delle grandi missioni collettive di occupazione, controllo e amministrazione delle aree di crisi appare almeno provvisoriamente (ma, con ogni probabilità, a lungo) conclusa. Inoltre poiché, a differenza della minaccia globale e comune dellÊepoca bipolare, i rischi emergenti tendono non a unire ma a dividere gli alleati a seconda che siano 17 La rivincita della geografia tra conflittualità regionale e globale più o meno vicini alla loro fonte o, almeno, più o meno coinvolti nelle loro conseguenze · come lÊItalia ha già avuto modo di sperimentare di fronte allÊemergenza immigrazione nel Mediterraneo. LÊItalia ha, ovviamente, tutto lÊinteresse a contrastare questa perdita di coesione. Ma senza trascurare, nel frattempo, la necessità di investire sui propri settori diplomatici e militari di punta, sviluppare cooperazioni rafforzate con i soggetti con i quali condivide le preoccupazioni più immediate di sicurezza, e senza farsi troppe illusioni sul presunto automatismo tra disimpegno americano e sviluppo di una politica di sicurezza e difesa comune dellÊUnione Europea. n NOTE (1) Per diverse versioni di questa tesi, si vedano B. BUZAN - O. WAEVER, Regions and Powers. The Structure of International Security, Cambridge 2003; A. COLOMBO, La disunità del mondo. Dopo il secolo globale, Milano 2010; D.A. LAKE – P.M. MORGAN (a cura di), Regional Orders: Building Security in a New World, University Park 1997; P. KATZENSTEIN, A World of Regions. Asia and Europe in the American Imperium, Ithaca 2005. (2) Analysis: Pakistan Unlikely to Cooperate With US, in ÿNew York TimesŸ, 24 sett. 2009. 18 Rivista Marittima Ottobre 2014 PRIMO PIANO NUBI SUL FUTURO VITTORIO EMANUELE PARSI (*) Nubi sul futuro D opo uno sforzo intenso e prolungato durato oltre 13 anni e una presenza militare passata dalle 132.000 del 2010 alle attuali 50.000 unità (2.000 delle quali italiane, giugno 2014), con lÊinizio del prossimo anno ISAF (International Security and Assistance Force) si appresta a lasciare la responsabilità esclusiva della sicurezza del Paese alle Forze Armate afghane. ˚ la fase conclusiva della cosiddetta transition, che avviene purtroppo in un momento politico estremamente incerto. Le elezioni presidenziali tenutesi nel 2014 hanno infatti avuto un esito molto lontano da quello auspicato e in linea con le peggiori previsioni. Ancora una volta, più che quello della popolazione, a venir meno è stato il contributo delle élite politiche. Dopo un primo turno, tenutosi il 5 aprile senza che si fossero registrati particolari incidenti e caratterizzato da una forte affluenza (superiore al 50%), le cose sono andate decisamente meno bene al turno di ballottaggio, che ha visto aumentare il numero di attentati ai seggi da parte degli insorgenti. Ciò che sta destando le maggiori preoccupazioni è il repentino peggioramento del clima politico, con lo scambio di reciproche accuse tra i due candidati che hanno animato il secondo turno. Usciti ampiamente vittoriosi dal primo scrutinio, Abdullah Abdullah, leader della Coalizione Nazionale Afghana (45%), e Ashraf Ghani Ahmadzai, indipendente (31,6), hanno dato vita a un serrato duello che ha assunto rapidamente i toni della reciproca delegittimazione. Il vertice è stato toccato quando allÊinizio del luglio scorso, Abdullah, vincitore a sorpresa del primo turno ha contestato con forza la legittimità del processo di scrutinio del secondo turno (tenuto il 14 giugno), che da indiscrezioni sempre più univoche e convergenti lo avrebbe visto soccombere rispetto al rivale (41% contro 59%). Nella sostanza, Abdullah dovrebbe aver preso lo stesso numero di voti del primo turno, circa 2 milioni novecento- (*) Professore ordinario (2004) di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dellÊUniversità Cattolica del Sacro Cuore. Dal 2002 è professore a contratto nella Facoltà di Economia dellÊUniversità della Svizzera Italiana di Lugano (USI). ˚ direttore di ASERI (2012) e program director del Master in Economia e Politiche Internazionali (MEPIN), una joint venture tra lÊAlta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) e lÊUSI (2004) ed è Direttore scientifico del programma di Executive Education di ASERI (2011). Fa parte della Riserva Selezionata della Marina Militare con il grado di capitano di fregata (SM) complemento. 20 Rivista Marittima Ottobre 2014 Nubi sul futuro mila, mentre Ghani sarebbe passato da 2 milioni ottantamila a 4 milioni duecentomila⁄ Può darsi che lÊintero entourage del presidente uscente Hamid Karzai sia riuscito nella mobilitazione a favore di Ghani, candidato appartenente allÊetnia pashtun, maggioritaria e tradizionalmente associata al governo fin dalla nascita del Paese, e quindi che lÊessere in parte tajiko abbia giocato contro Abdullah. Analogamente può aver influito lÊappoggio ÿdiscretoŸ della comunità internazionale nei confronti di Ghani (per oltre dieci anni alla Banca Mondiale, lasciata per assumere lÊincarico di assistente di Lakhdar Brahimi, il Rappresentante Speciale per lÊAfghanistan del Segretario Generale dellÊONU). Sta di fatto che di fronte alle massicci frodi elettorali (riconosciute da ambedue i candidati in almeno 7.000 sezioni su un totale di 23.000) e dopo lo scandalo che ha costretto alle dimissioni Ziaulhaq Amarkhil (presidente della Commissione Elettorale Indipendente, intercettato mentre dava disposizione di distruggere casse di schede pro Abdullah), la situazione si è fatta sempre più incandescente: al punto da prefigurare la possibilità di uno scontro militare aperto tra le due fazioni. Dopo una serie di sparatorie e attentati per tutto il mese di luglio, il potente cugino del presidente e boss di Kandahar, Hasmat Karzai veniva ucciso insieme a un altro importante leader alleato di Ghani durante i festeggiamenti per la fine del Ramadan. Nonostante gli ammonimenti della comunità internazionale che non saranno tollerate derive violente nel Paese, pena la sospensione degli aiuti internazionali da cui dipende la sua sopravvivenza, il rischio che il ritiro di ISAF coincida con il riesplodere del caos è tuttÊaltro che aleatorio. Rivista Marittima Ottobre 2014 Una lunga transizione Fin dallÊinizio del processo di transizione, del resto, ISAF era perfettamente consapevoleche lÊaspetto ÿnon cineticoŸ del passaggio di consegne alle autorità afghane fosse quello più problematico. Dal punto di vista militare, le cose sembravano invece procedere meglio. LÊAfghan National Army (circa 190.000 uomini previsti per il gennaio 2015) e lÊAfghan National Police (ANP, circa 165.000) avevano gradualmente assunto la responsabilità e la conduzione delle operazioni contro gli insorgenti, dimostrando buone capacità e eccellente combattività. Nel giro di tre anni, la riduzione della presenza di ISAF (significativa anche nel numero di basi ancora occupate sul territorio, passate da 800 a 80) era andata di pari passo con la crescita numerica della Afghan National Security Forces (ANSF), destinate a passare per inizio 2015 da 224.000 nel 2010 a 345.000. In taluni comparti, come quello delle forze speciali, si poteva parlare di vere e proprie eccellenze, costruite in tempi molto rapidi anche con il mentoring italiano. A unÊanalisi più accurata, però, occorreva constatare che il numero e la dimensione degli attacchi nei confronti delle forze di sicurezza e di obiettivi politici ed economici era in realtà tornati a crescere nel corso del 2013 e del 2014, evidenziando una risorgente difficoltà da parte delle autorità di Kabul a esercitare un effettivo controllo del territorio. Si tratta di un problema cronico e ricorente nella storia afghana, che ha sempre visto il tentativo spesso infruttuoso delle autorità centrali di imporre la propria autorità sulle periferie. Durante i due mandati presidenziali di Karzai, Kabul era sembrata riuscire nellÊintento, complice una Costituzione che assegna 21 Nubi sul futuro al Presidente la nomina di tutti i funzionari dello Stato compresi i governatori provinciali. LÊinterpretazione della ÿCarta di BonnŸ da parte del presidente uscente era sempre stata molto ÿassertivaŸ, anche perché per un lungo periodo Karzai era stato ÿlÊuomo degli AmericaniŸ. La perdita del favore della comunità internazionale · a seguito dei numerosi scandali scoppiati durante la sua amministrazione, del dilagare della corruzione e del nepotismo e, non ultimo, del suo eccesso di autonomia rispetto alle ipotesi di coinvolgimento dei capi talebani nel processo di pace e della sua condanna dellÊutilizzo massiccio e disinvolto dei droni armati da parte americana · aveva portato a un peggioramento della relazione con Washington e la NATO (responsabile per ISAF), culminata nel rifiuto di sottoscrivere il SOFA con Washington e il BSA (1) con Bruxelles. Si tratta di due documenti · lo Status of Forces Agreement e il Bilateral Security Agreement · che devono regolare lo status delle forze internazionali che resteranno nel Paese dopo il gennaio 2015 (si ritiene intorno ai 10.000 uomini), sottraendoli alla giurisdizione afghana, in assenza dei quali tutte le truppe ISAF abbandonerebbero il Paese immediatamente. Karzai ha lasciato la classica gatta da pelare al suo successore: cosa che in sé non dovrebbe preoccupere considerando che, in teoria, il nuovo presidente avrebbe dovuto insediarsi a luglio 2014. Ma in realtà i tempi stringono. Benché sia Abullah sia Gahni abiano più volte dichiarato di voler sottoscri- vere i due accordi, in assenza di un presidente in carica la questione si fa maledettamente complicata: soprattutto considerando che settembre è ritenuto da molti la vera e propria deadline per poter prendere la decisione se lasciare una forza in Afghanistan o invece ritirare completamente il contingente. LÊafghanizzazione del conflitto M a che cosa sta provocando la recrudescenza degli attacchi degli insorgenti contro le ANSF? Come mai, in altri termini, il sostanziale cessato coinvolgimento delle truppe della coalizione non ha fatto diminuire la motivazione dei nuovi talebani a lottare contro il regime di Kabul? Per cercare una risposta a questa domanda occorre muoversi in due direzioni. La prima è quella che ci porta lontano dal Paese dellÊAsia Centrale e ci conduce invece vero il Sudest Asiatico. La strategia della ÿnazionalizzazione del conflittoŸ, fu applicata sul finire degli anni Sessanta dal Pentagono in Vietnam. La ÿvietnamizzazioneŸ della guerra rispondeva innanzitutto alla dichiarata volontà americana di cavarsi fuori da un conflitto sempre meno sostenibile in termini umani (50.000 militari americani morti in Indocina), finanziari (inflazione, aumento del debito estero e del deficit pubblico, denuncia degli accordi di Bretton Woods e fine del regime dei cambi fissi ancorato al dollaro americano) e politici (proteste crescenti nei campus e nelle città, (1) Nel frattempo i due accordi di cui si fa menzione (BSA e SOFA) sono stati sottoscritti alla fine del mese di settembre. Il BSA tra gli Stati Uniti e lÊAfghanistan permetterà a circa 10.000 soldati americani di rimanere in Afghanistan dopo il 2014 con missioni di sicurezza e di supporto alle forze di sicurezza afghane con tutte le garanzie legali richieste. Il SOFA tra la NATO e Kabul è stato contemporaneamente firmato alle stesse condizioni per permettere a partire dal 2015 la NATOÊs post 2014 Resolute Support Mission (Ndr). 22 Rivista Marittima Ottobre 2014 Nubi sul futuro acuirsi delle tensioni sociali e razziali per la sproporzione di neri e meno abbienti tra le vittime). In maniera più o meno strumentale si riteneva che il deflusso delle truppe straniere avrebbe tolto legna dal fuoco dei Vietcong, impedendo che la loro lotta rivoluzionaria apparisse anche come una lotta di liberazione nazionale, il proseguimento di quella combattuta, e vinta, contro i francesi subito dopo la IIa Guerra Mondiale. Come andò a finire è noto a tutti ed è emblematicamente rappresentato dalla foto dellÊambasciatore Statunitense che lascia la legazione assediata fuggendo in elicottero dal tetto della palazzina, con la bandiera a stelle e strisce ripiegata sotto il braccio. Evidentemente lÊAfghanistan del 2015 non è il Vietnam del 1975, ma lÊÿafghanizzazioneŸ del conflitto è difficile che, per sé sola, possa contribuire in maniera significativa alla sua conclusione. Ne sanno qualcosa i Russi, che nel 1989, ai tempi dellÊUnione Sovietica, uscirono dal Paese, lasciandosi alle spalle un esercito tuttÊaltro che inefficiente, demotivato o poco combattivo, ma che nulla in ogni caso poté contro lÊoffensiva dei mujaheddin che nel 1991 posero fine alla Repubblica Democratica dellÊAfghanistan. Anche venuta meno la motivazione ÿnazionalistaŸ, altri fattori spiegano il perdurare dellÊinsicurezza nel Paese. Non dovrebbe mai essere dimenticato, infatti, che lÊAfghanistan si trova in una situazione di guerra civile semi-permanente dal 1978, cioè un anno e mezzo prima dellÊinvasione sovietica del dicembre 1979, e che da allora la distruzione ripetuta dellÊapparato istituzionale e della rete di infrastrutture del Paese, con la perdita di controllo delle autorità centrali sulla periferia, con lÊavvicendarsi di regimi e di interventi stranieri ha rappresentato la costante Rivista Marittima Ottobre 2014 più che lÊeccezione. In tal senso, la differenza di legittimazione tra la presenza di ISAF e il contingente di occupazione sovietico gioca un ruolo minore agli occhi di molti afghani, che conoscono poco dei diversi retroscena internazionali e delle ragioni ben diverse che stanno dietro i due interventi. La ÿnuova insorgenzaŸ non è infatti alimentata esclusivamente dalla presenza di truppe straniere sul suolo afghano, bensì anche da motivi più prettamente domestici. Esistono faide storiche che si sono riaccese proprio nel momento in cui il territorio è passato sotto il controllo afghano. E altrettanto e successo per quel che riguarda le tensioni etniche e le lotte tribali. Non va infatti taciuto che non sempre le ANSF si sono comportate in maniera sufficientemente ÿterzaŸ rispetto a simili questioni, e che in diversi casi si sono ritrovate a prendere partito per questa o quella fazione, così contribuendo a esacerbare gli animi. In più, le popolazioni locali nutrono aspettative nei confronti delle autorità nazionali maggiori e diverse da quelle che potevano avere verso le forze della coalizione. In tal senso esse lottano fin dal primo momento del reinsediamento per ottenerne i favori o tirarle dalla loro parte, e questo genera inevitabilmente il coinvolgimento delle forze di sicurezza allÊinterno delle faide, delle lotte e delle tensioni. Immaginare le forze di sicurezza come unÊoasi di efficienza e professionalità assoluta allÊinterno delle istituzioni afghane, rappresentarle come completamente sottratte alle logiche etniche e tribali, è una forzatura. Non cÊè dubbio che i successi raggiunti nella ricostruzione delle forze di sicurezza sono stati evidenti e superiori a quelli (non) conseguiti con tutte le altre amministrazioni dello Stato. Ma i problemi di nepotismo, cor- 23 Nubi sul futuro ruzione e divisione etnica esistono anche allÊinterno delle ANSF e una delle sfide maggiori per il post 15 gennaio è rappresentata proprio dal mantenere lo standard relativamente alto di correttezza ed efficacia dellÊapparato della difesa. La necessità di un sostegno determinato ma anche duraturo da parte della comunità internazionale Evitare uno scenario analogo a quello che si produsse in seguito al ritiro sovietico, cioè fare in modo che le istituzioni pubbliche possano rafforzarsi e radicarsi nel tessuto sociale in maniera duratura, è possibile: ma richiede lÊimpegno continuato della comunità internazionale. Dopo il completamento del ritiro delle truppe di ISAF è lecito attendersi una recrudescenza ulteriore delle azioni offensive da parte degli insorgenti, che già in questi mesi stanno ÿtestandoŸ le capacità di combattimento delle forze afghane. Molto del futuro dipenderà quindi dalla ÿtenutaŸ di polizia ed esercito, una tenuta per la quale la continuazione del mentoring e dellÊaddestramento da parte occidentale risulterà decisivo. Questo è il senso della nuova missione NATO Resolute Support (Sostegno Determinato), che da gennaio prenderà il posto di ISAF. Si parla di un contingente compreso tra il 10.000 e i 20.000 uomini, al quale anche lÊItalia si è impegnata a contribuire. Altrettanto importante si rivelerà la volontà ella comunità internazionale di continuare nellÊassistenza economica e finanziaria ribadita alle autorità afghane durante al Conferenza di Chicago del 2012. ˚ giusto sotto- 24 lineare che lÊimpegno internazionale (anche finanziario) non potrà durare in eterno, e anzi è prevista la sua progressiva riduzione nel corso degli anni. Ma già oggi i contributi internazionali consentono il pagamento di soli 229.000 truppe sulle 345.000 previste necessarie a partire dal gennaio 2015. LÊimpegno internazionale non deve però essere considerato esaurito dalla componente economico-finanziaria, che pure resta cruciale. Altrettanto importante sarà lÊimpegno per la stabilizzazione del quadro regionale. ˚ difficile non constatare come, nella storia dellÊAfghanistan, i vicini abbiano sempre giocato un ruolo decisivo. Il miglioramento delle relazioni con il Pakistan rappresenterà una cartina di Tornasole del successo della comunità internazionale. Si tratta di porre fine al continuo sostegno e asilo fornito dal Pakistan (in particolare dai servizi segreti militari) alle formazioni di insorgenti più radicali; ma occorre anche spingere le autorità di Kabul a ricercare un accomodamento nei confronti di quelle di Islamabad, a partite dalla dismissione di antistoriche e inutili polemiche sulla ridiscussione della linea Durand (il confine tracciato nel 1893 tra lÊallora Emirato dellÊAfghanistan e Raj britannico). Altrettanto cruciale è la possibilità di non ostacolare il proficuo rapporto tra Afghanistan e Iran, che in questi anni ha contribuito non poco alla relativa calma che ha contraddistinto la regione di Herat. In tal senso molto dipenderà dalla piega che assumeranno le relazioni con lÊIran in conseguenza dellÊevoluzione dellÊannosa questione del programma nucleare iraniano, sospettato di avere una finalità duale, oltre che dal possibile precipitare della crisi che sta investendo il Levante e il Golfo. n Rivista Marittima Ottobre 2014 Deutsche Bank +VGORKUVCPPQECODKCPFQ 5KCOQRTQPVK 5KCOQFKHTQPVGCWPCPWQXCGTCEJGTKEJKGFGUGORTG RKÕGURGTKGP\CGFGVGTOKPC\KQPG .oKORGIPQEQUVCPVGPGKEQPHTQPVKFGKPQUVTKENKGPVKG NCITCPFGCVVGP\KQPGCNNCRGTHQTOCPEGEKIWKFGTCPPQ verso il futuro. #DDKCOQNCXQNQPV¼GNCHQT\CRGTEQPVKPWCTG CETGUEGTGKPOQFQTGURQPUCDKNG FDEQOKVCNKC Questo annuncio pubblicitario è stato approvato da Deutsche Bank AG London. I servizi descritti sono forniti da Deutsche Bank AG o dalle UQEKGV¼EQPUQEKCVGGQɦNKCNKKPCEEQTFQEQPNGNGIIKGKTGIQNCOGPVKNQECNK %QR[TKIJV&GWVUEJG$CPM PRIMO PIANO IL CONFLITTO IN CRIMEA Carta della penisola di Crimea (fonte Wikipedia). ANTON BEBLER (*) L a sicurezza nel nostro continente è stata, per gli ultimi quattro decenni, gravata, tra lÊaltro, dalla violenza armata e da guerre che hanno accompagnato la disintegrazione di un certo numero di stati nel Mediterraneo orientale, nei Balcani occidentali e nel territorio dellÊex Unione Sovietica. Questi sviluppi hanno portato, sulla mappa politica dellÊEuropa, alla comparsa di più di una dozzina di nuovi stati riconosciuti a livello internazionale. La maggior parte delle secessioni che sono riuscite, hanno creato inoltre un gruppo di parastati non riconosciuti o non riconosciuti universalmente dalla comunità internazionale. Cipro del Nord, la Transdnistria, lÊAbkhazia, lÊOssezia meridio- (*) Professore nella Facoltà di Scienze Sociali dellÊUniversità di Lubiana. Studioso di livello internazionale. Autore o curatore di libri e autore di articoli pregevoli di Sociologia Militare. ˚ stato in passato, per anni, ambasciatore della Slovenia presso gli Uffici delle Nazioni Unite di Ginevra. 26 Rivista Marittima Ottobre 2014 Il conflitto in Crimea nale, il Nagorno Karabakh e in seguito anche il Kosovo sono stati trattati nella letteratura sulle relazioni internazionali come cosiddetti ÿconflitti congelatiŸ (frozen conflicts) in Europa e nei suoi dintorni. Quando il Kosovo è uscito da questo gruppo un probabile nuovo arrivato è apparso nella primavera del 2014. Il nuovo arrivato è il conflitto russo-ucraino per la Crimea. Questo conflitto è stato strettamente legato ai tentativi di secessioni dallÊUcraina delle repubbliche ÿDonetskŸ e ÿLuganskŸ e alla violenza armata in Ucraina orientale in cui la Federazione Russa è fortemente coinvolta, principalmente per procura. Tuttavia, questi ultimi conflitti sono molto diversi sotto vari aspetti da quello in Crimea e quindi molto probabilmente saranno diversi i loro risultati. Come i quattro frozen conflicts di cui sopra, la Crimea si trova geograficamente alla periferia meridionale della ex Unione Sovietica. Anche sostanzialmente, questÊultimo conflitto aperto presenta un certo numero di somiglianze con tutti gli altri quattro casi dellÊex Unione Sovietica. I cinque stati ex-sovietici coinvolti in questi conflitti hanno condiviso due secoli di dominio, prima della Russia imperiale e successivamente del regime Comunista. LÊegemonia russa era stata preceduta da tre secoli di dominio ottomano diretto o di forte dipendenza dalla Sublime Porta. Nel XVIII e nel XIX secolo, a seguito di vittorie russe in diverse guerre contro gli Ottomani, i cinque territori furono conquistati militarmente o ceduti e poi annessi allÊimpero russo. LÊespansione russa nella regione del Mar Nero e nel Caucaso a spese dellÊimpero ottomano fu contrastata dalle potenze occidentali · Gran Bretagna, Francia e Austria/Austria-Ungheria. Questa opposi- Rivista Marittima Ottobre 2014 zione si trasformò a metà del XIX secolo in un confronto militare diretto e in una guerra sanguinosa, combattuta principalmente in Crimea. Il pretesto immediato per la guerra di Crimea fu lÊoccupazione russa dei due principati danubiani di Valacchia e Moldavia. Nel gennaio 1854, le flotte inglesi e francesi navigarono con intento dimostrativo nel Mar Nero. A seguito del rifiuto russo davanti allÊultimatum britannico di ritirare le truppe russe dai principati (il cui territorio si trova nellÊodierna Romania e in Moldavia), la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra alla Russia. Nel settembre 1854 quasi un milione di truppe ottomane, francesi e britanniche sbarcarono in Crimea e lì ebbe inizio lÊassedio della roccaforte russa di Sebastopoli che durò un anno. Nel Gennaio 1855 il Regno di Sardegna si unì alla coalizione. La coalizione anti-russa subì perdite sconvolgenti di oltre 300.000 soldati, la maggior parte a causa di malattie. Tra di loro cÊerano circa 2.000 fanti della Sardegna e del Piemonte. Le potenze occidentali e gli Ottomani vinsero la guerra contro lÊesercito russo che perse circa 400.000 soldati, ottennero la distruzione della Flotta russa del Mar Nero e della fortezza Sebastopoli, così come la neutralizzazione militare del Mar Nero. Non riuscirono comunque a rimuovere la Russia dalla Crimea. La minaccia dellÊAustria a unirsi alla coalizione costrinse però il governo russo a ritirare le sue truppe dai principati danubiani. Tutto questo avvenne quasi 160 anni fa, in un ambiente geo-strategico molto diverso da quello attuale. Il nuovo conflitto in e per la Crimea si è sviluppato a partire dal 1991 lungo la linea permeabile etnica, linguistica e culturale al- 27 Il conflitto in Crimea lÊinterno di un giovane stato successore dellÊUnione Sovietica, diverso dalla Federazione Russa. In Ucraina, questa linea ha separato la maggioranza allÊinterno della nazione titolare, da un lato, e una parte considerevole della minoranza russa di lingua russa, dallÊaltro. Questa popolazione ÿrussaŸ ha costituito comunque una forte minoranza locale o una maggioranza regionale in parti di tale Stato successore · nellÊUcraina orientale e meridionale e in Crimea. Il contesto e lo sviluppo del conflitto DallÊantichità e fino al 2014 lÊintero territorio della Crimea e le sue parti sono state governate dai Greci, Bulgari, Sciti, Romani, Goti, Unni, Cazari, la RusÊ di Kiev, lÊImpero Bizantino, Venezia, Genova, Kipchaks, Il Khanato dellÊOrda dÊOro e lÊImpero Ottomano. La Crimea divenne una colonia dellÊimpero russo alla fine del XVIII secolo, a seguito di vittorie nelle guerre con lÊimpero ottomano. Dopo il crollo dellÊImpero russo il nome ufficiale e lo status giuridico della penisola sono cambiati molte volte. Nel mese di ottobre 1921 la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Crimea, fu proclamata come unità della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa). Nel 1922, la Crimea venne incorporata allÊUnione Sovietica e rimase allÊinterno dellÊUnione Sovietica fino al suo scioglimento nel dicembre 1991. Nel febbraio 1954, il Presidium del Soviet Supremo dellÊUnione Sovietica emise un decreto che trasferiva la Crimea dalla RSFSR alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Il trasferimento della Crimea allÊUcraina era illegale anche in termini sovietici, incostitu- 28 zionale e chiaramente illegittimo. Il successivo cambio di status di Crimea si verificò durante il processo di dissoluzione dellÊUnione Sovietica nel 1990-1991. Dopo un referendum completamente ucraino nel mese di febbraio 1991, la Crimea è stato riqualificata (di nuovo) allo status di una repubblica autonoma, questa volta allÊinterno dellÊUcraina. Dal momento della frammentazione dellÊUnione Sovietica, le tensioni politiche tra i due stati confinanti · Ucraina e Russia sono continuate su molte questioni. Tra queste anche quelli riguardanti lo status della Crimea, la divisione della Flotta Sovietica del Mar Nero tra i due stati, i diritti sulle basi della Flotta Russa del Mar Nero a Sebastopoli, lÊutilizzo russo di strutture militari in Crimea, il numero e status del personale militare russo sul territorio ucraino, ecc.. Dal 1991 Mosca ha clandestinamente sostenuto e controllato le azioni dei separatisti russi in Crimea e ha anche mantenuto un contingente civile considerevole della FSB (Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa) e di agenti dellÊintelligence militare (GRU). I piani di emergenza russi per lÊannessione della Crimea sono stati probabilmente redatti e regolarmente aggiornati da almeno, due decenni. La decisione di annettere la Crimea al momento opportuno è stata probabilmente presa nel 2008, subito dopo che la NATO al Summit di Bucarest promise allÊUcraina (e alla Georgia) la loro futura appartenenza allÊAlleanza. I piani operativi per lÊinvasione sono stati probabilmente temporaneamente rinviati dopo che Victor Yanukovich è stato eletto presidente dellÊUcraina. La penetrazione in alti uffici governativi da parte di cittadini Russi, la crescente dipendenza Rivista Marittima Ottobre 2014 Il conflitto in Crimea finanziaria dellÊUcraina nei confronti della Russia e una maggiore integrazione dei due complessi militari-industriali hanno probabilmente ridotto lÊurgenza dellÊannessione. La situazione è cambiata bruscamente il 22 Febbraio 2014, quando il presidente Victor Yanukovich e un gruppo di alti funzionari ucraini, strettamente connessi ai servizi di sicurezza russi sono fuggiti inaspettatamente dallÊUcraina, presumibilmente perché temevano per la loro stessa vita. Il vuoto di potere temporaneo e la confusione generale a Kiev hanno offerto al Cremlino lÊoccasione ideale per mettere in atto la versione più recente dei piani di contingenza militare per lÊannessione Crimea. Questi piani sono stati eseguiti molto bene e professionalmente dal punto di vista militare, meno dal punto di vista politico. Messe in azione il 28 febbraio 2014, le forze russe, assistite da milizie armate di ÿauto-difesaŸ si sono impadronite rapidamente dellÊimportante punto strategico dellÊIstmo di Perekop, hanno bloccato o tagliato i collegamenti terrestri, marittimi e aerei della Crimea con il resto dellÊUcraina, si sono impossessate di tutti i porti e gli aeroporti Crimea, di tutte le stazioni radio e TV, hanno bloccato e occupato tutte le installazioni dellÊesercito e della marina ucraina, hanno illegalmente espropriato praticamente tutte le loro scorte di armi e munizioni. Essi hanno inoltre assistito e protetto le azioni illegali da parte dei separatisti di lingua russa e sono infine riusciti nel separare la Crimea dallÊUcraina. LÊoperazione di Crimea del 2014 mostra per alcuni aspetti una somiglianza con lÊoccupazione tedesca dellÊAustria (1938) e le occupazioni sovietiche dellÊUcraina occidentale, Bessarabia, Bucovina Settentrionale (1940) e della Cecoslo- Rivista Marittima Ottobre 2014 vacchia (1968). LÊacquisizione militare della Crimea era ovviamente ben preparata, provata in anticipo ed è stata eseguita professionalmente. Per questa operazione sono stati riuniti circa 2.000 soldati di fanteria navale (Marines), di stanza a Sebastopoli e nelle sue vicinanze, circa settemila truppe speciali portate in Crimea ai primi di Marzo per lo più per via aerea, nonché circa 15.000 soldati trasportati per mezzo di traghetti a Kerch attraverso lo stretto. Queste unità supplementari provenivano principalmente dal distretto militare meridionale russo. Al tempo dellÊoccupazione la sede operativa russa, che si trova probabilmente a Rostov, aveva a sua disposizione in Crimea circa 30.000 truppe (1). Le forze che hanno preso parte allÊoperazione di Crimea erano molto meglio organizzate, addestrate e armate delle unità russe impegnate nella guerra con la Georgia nel 2008. Questa volta hanno usato anche una nuova tattica con unÊenfasi sullÊeconomia degli sforzi. Il comando russo ha attivamente impegnato meno di 10.000 truppe dÊassalto, soprattutto su mezzi blindati ÿBTR-80Ÿ. Gli ÿuomini verdiŸ mascherati erano un ibrido tra la fanteria regolare e le unità di polizia anti-terrorismo con una catena segreta di comando e privi di emblemi e mostrine visibili sulla loro tenuta da combattimento. Tutto questo è stato chiaramente progettato per nascondere lÊidentità dello stato della forza dÊinvasione. Il facile successo di unÊoperazione durata tre settimane é stato in gran parte facilitato da tre fattori. I marinai russi erano già legalmente di stanza a Sebastopoli, potevano con largo anticipo esplorare il campo dÊazione e hanno agito senza opposizione da parte delle forze ucraine. Le brevi distanze dai più im- 29 Il conflitto in Crimea portanti punti strategici della Crimea, tra cui lÊaeroporto di Simferopoli, ha permesso un rapido inserimento di truppe aerotrasportate e lÊacquisizione dei bersagli. In terzo luogo, gli ordini dati da Kiev al personale militare ucraino di stanza in Crimea erano di non opporre resistenza e di abbandonare tutte le 190 installazioni militari e tutte le armi. Così, circa 20.000 militari ucraini hanno capitolato senza che sia stato sparato un colpo. Inoltre, la maggior parte di essi ha cambiato orientamento e ha optato di rimanere in Crimea. La maggior parte della Marina Ucraina é stata catturata dallÊEsercito Russo senza resistenza. I comandanti ucraini non hanno cercato di salpare con le loro navi e i loro equipaggi al fine di raggiungere i porti ucraini del continente. Solo diversi aerei in servizio nella Marina ucraina sono sfuggiti alla cattura. Il personale di polizia della Crimea non é riuscito ad agire oppure ha collaborato con le forze speciali russe e i separatisti Crimei. Anche se le forze armate russe hanno de facto occupato la Crimea, non è stato stabilito un regime di occupazione militare. Il diritto internazionale proibisce a una potenza occupante di creare un altro Stato sul territorio occupato o di annetterlo. Il referendum sulla riunificazione della Crimea con la Federazione Russa è stato frettolosamente annunciato il 27 febbraio 2014, con un preavviso troppo breve. Il referendum del 16 marzo 2014 é avvenuto in maniera pacifica e ordinata, ma per diversi importanti aspetti non é stato conforme a dei buoni standard democratici. Il referendum si è svolto in Percentuali dei Russi etnici in Ucraina. 30 Rivista Marittima Ottobre 2014 Il conflitto in Crimea condizioni irregolari di occupazione militare russa. La presenza nei luoghi pubblici di irregolari russi armati locali, dei cosacchi russi e anche di serbi ÿcetniciŸ, così come di ÿomini verdiŸ mascherati, ma indubbiamente appartenenti alle forze armate russe, ha certamente avuto un effetto intimidatorio sugli oppositori alla secessione della Crimea. Secondo le autorità della Crimea lÊ81,36% degli elettori registrati ha partecipato al referendum di Crimea e il 96,77% di loro ha votato per la sua separazione dallÊUcraina e per il ricongiungimento con la Russia (2). Tuttavia, le cifre ufficiali sulla partecipazione degli elettori nonché sul tasso dÊapprovazione, non sono potute essere verificate da osservatori internazionali imparziali e sono state molto probabilmente gonfiate artificialmente al fine di legittimare lÊincorporazione della Crimea nella Federazione russa. I rappresentanti dei Tartari di Crimea hanno negato il risultato ufficiale (3) che riflette presumibilmente la posizione di una maggioranza tra la popolazione indigena della Crimea che si é opposta alla separazione dalla Ucraina e ha boicottato il referendum. Un buon numero di Ucraini Crimei sono probabilmente partiti prima del voto, si sono astenuti o hanno votato contro la secessione. Le autorità ucraine si sono rifiutate di riconoscere la legittimità del referendum e il suo esito per motivi costituzionali. Questo parere è stato condiviso dalla Commissione di Venezia del Consiglio dÊEuropa e da un certo numero di Stati membri dellÊUE e della NATO. Nonostante le numerose carenze del referendum, sembra ragionevole supporre che la maggioranza di lingua russa tra la popolazione della Crimea ha favorito la secessione Rivista Marittima Ottobre 2014 della Crimea dallÊUcraina e il suo ricongiungimento alla Russia. La loro decisione probabilmente ha riflesso lÊinsoddisfazione profonda verso lo stato degli affari economici e politici in Ucraina, lÊincompetenza diffusa e la corruzione dilagante a Kiev e anche in Ucraina orientale. Sotto questi aspetti, i sentimenti dei russofoni in Crimea in gran parte coincidevano con i sentimenti di molti ucraini, e anche dei manifestanti di piazza Maidan. Il disegno di legge, frettolosamente approvato dal parlamento ucraino per abolire lo status ufficiale della lingua russa è stato anche appropriatamente utilizzato dalla propaganda dei mass media russi per spaventare tutti i russofoni in Ucraina (la legge è stata bloccata dal veto del presidente ad interim e non é mai entrata in vigore). A quanto pare, la maggior parte dei Russi in Crimea non voleva più essere una minoranza nazionale in Ucraina, costretta a imparare e usare unÊaltra lingua ufficiale. Inoltre, ai Russi in Crimea era stato promesso dai separatisti, e infatti se lo aspettavano, un miglioramento tangibile del loro tenore di vita, tra cui, salari almeno due volte superiori ai salari e alle prestazioni pensionistiche russe, ecc.. Questi fattori aiutano a spiegare in larga misura il successo politico di annessione della Crimea. Il 17 marzo 2014 la Crimea ha dichiarato la sua indipendenza e ha chiesto alla Federazione Russa di farne parte. Il Consiglio comunale di Sebastopoli ha chiesto lÊannessione separata del porto come una città federale. Il 18 marzo 2014 é stato firmato a Mosca un trattato sullÊannessione della Crimea e Sebastopoli. In soli cinque giorni la ÿlegge costituzionale sullÊannessione alla Federazione Russa della Repubblica di Crimea e lÊistituzione allÊinterno della Federa- 31 Il conflitto in Crimea zione Russa delle nuove Entità Costituenti della Repubblica di Crimea e della Città di importanza federale, SebastopoliŸ è stata rapidamente velocizzata attraverso lÊAssemblea Federale Russa, firmata dal Presidente russo ed è entrata in vigore. Tre attori nel conflitto di Crimea Le entità coinvolte nel conflitto di Crimea sono tre: la Repubblica dÊUcraina, la Federazione Russa e la Repubblica Autonoma di Crimea. Il coinvolgimento di ciascuna di esse è molto diverso lÊuno dallÊaltro, sia dal punto di vista della legalità che della legittimità. LÊUcraina é stata decisamente una vittima di unÊaggressione esterna poiché parte del suo territorio di stato riconosciuto a livello internazionale è stata occupato dalle forze armate di uno Stato vicino e successivamente é stata annesso da questÊultimo. Il governo ad interim ucraino ha tuttavia deciso di non utilizzare lÊesercito, la polizia e i servizi di sicurezza dello stato ucraino per impedire la violazione dellÊintegrità territoriale dellÊUcraina e la separazione della Crimea. Il 19 marzo 2014 ha iniziato il ritiro del suo personale dalla Crimea. La decisione dellÊUcraina di non fare resistenza allÊoccupazione, di ritirare il proprio personale e protestare solo verbalmente e diplomaticamente é ha avuto come risultato la resa sotto costrizione della Crimea alla Federazione Russa. La seconda entità è stata la Federazione Russa. Il 1o marzo 2014 il Consiglio della Federazione dellÊAssemblea Federale della Federazione Russa ha approvato allÊunanimità la richiesta del presidente Vladimir Putin per 32 consentire la mobilitazione di un ÿcontingente militare limitatoŸ di forze armate russe sul territorio dellÊUcraina. Questo atto è stato considerato come una chiara violazione dellÊart. 2 [4] della Carta delle Nazioni Unite, in cui si afferma che ÿtutti i membri si astengono ... dalla minaccia o dallÊuso della forza contro lÊintegrità territoriale ... di qualsiasi statoŸ. Ha anche violato la ÿDichiarazione sui Principi di Diritto InternazionaleŸ (1970), adottata dallÊAssemblea Generale delle Nazioni Unite che ha dichiarato illegale qualsiasi acquisizione territoriale derivante da una minaccia o dallÊuso della forza. Lo stesso vale per i Principi 1-5 della Atto Finale di Helsinki · CSCE (1975), per il ÿTrattato di amicizia e cooperazione tra la Federazione Russa e lÊUcrainaŸ (1997), nonché per una serie di altri trattati bilaterali e multilaterali inter-statali e gli accordi che affermavano e garantivano la sovranità e lÊintegrità territoriale dellÊUcraina. Il presidente Vladimir Putin e la propaganda ufficiale russa hanno utilizzato il diritto del popolo di Crimea allÊautodeterminazione in forma di secessione come argomento principale per giustificare e legittimare lÊannessione. ˚ stata menzionata anche la rivendicazione storica della Russia sulla Crimea. La Russia conquistò Crimea e de facto lÊha posseduta molto più a lungo dellÊUcraina (per circa 168 anni contro i 60 anni dellÊUcraina). Inoltre é stato detto che la riunificazione nel 2014 annullava lÊincostituzionale e ingiusta separazione della Crimea dalla Russia di 60 anni prima ed è stata ottenuta con sole poche vittime conosciute. LÊannessione della Crimea ha aumentato, in un una misura minima, il territorio, la po- Rivista Marittima Ottobre 2014 Il conflitto in Crimea polazione, le acque territoriali, i minerali e altre risorse naturali della Federazione Russa. Ha permesso di aumentare le capacità militari russe con lÊappropriazione della maggior parte della Flotta Ucraina del Mar Nero, circa 190 installazioni militari ucraine, le scorte di armi, munizioni e altre attrezzature. Successivamente, tramite il trasferimento in Crimea di ulteriori bombardieri strategici ÿTU-22 M3Ÿ, di missili, di armatura pesante, di truppe aerotrasportate e migliorando le infrastrutture militari nella penisola, le forze armate russe hanno sensibilmente aumentato le loro capacità di proiezione di potenza. LÊaggiunta di due navi da assalto anfibio classe ÿMistralŸ, Vladivostok e Sebastopoli, attualmente in costruzione in Francia, se consegnate, rafforzerebbe ulteriormente la presenza militare russa nel Mediterraneo, già da tempo uno degli obiettivi strategici della Russia. La terza entità è stata la Crimea e Sebastopoli. Nel quadro dellÊordine costituzionale e legale ucraino, lo svolgimento del referendum il 16 marzo 2014 e la dichiarazione di secessione sono stati chiaramente illegali e incostituzionali. La Costituzione dellÊUcraina allÊarticolo 73 prescrive: ÿLe modifiche al territorio dellÊUcraina devono essere risolte esclusivamente da un referendum completamente ucrainoŸ. Tuttavia la maggior parte delle dichiarazioni di indipendenza sono state incostituzionali, compresa la dichiarazione degli Stati Uniti dÊAmerica nel 1776 fino ad arrivare alla dichiarazione del Kosovo nel 2008. La Corte Internazionale di Giustizia nel suo giudizio emesso nel luglio 2013, ha comunque concluso che la dichiarazione del Kosovo non ha violato le norme del diritto pubblico internazionale. Il Rivista Marittima Ottobre 2014 presidente Vladimir Putin e i leader dei separatisti russi in Crimea e Ucraina orientale hanno utilizzato lÊesempio del Kosovo per giustificare le loro azioni. Ci sono infatti diverse somiglianze tra i casi del Kosovo e della Crimea. I funzionari e la propaganda russa hanno tuttavia costantemente omesso le differenze molto importanti. Anche se non cÊera bisogno, a differenza del Kosovo, di applicare per motivi umanitari la ÿresponsabilità di proteggereŸ la maggioranza della popolazione della Repubblica Autonoma di Crimea, tuttavia, ha sostenuto e, con un decisivo supporto esterno, come in Kosovo, ha realizzato il suo diritto allÊautodeterminazione. Se aveva lÊautorità a esercitare questo diritto è una opinione discutibile dal punto di vista legale (4). I fatti dicono che questo diritto è stato completamente negato da parte delle autorità comuniste sovietiche nel 1954 e trascurato dai leader Russi e ucraini nel 1991. Inoltre, la maggioranza di lingua russa in Crimea ha relativamente manifestato in modo pacifico ed esercitato questo diritto in conformità con il principio 8 dellÊAtto finale di Helsinki. Le due considerevoli comunità minoritarie (gli Ucraini e i Tartari) hanno apparentemente acconsentito a questo desiderio della maggioranza di lingua russa. Questi fatti conferiscono una misura di legittimità alla secessione della Crimea e alla sua riunificazione con la Federazione Russa. La crisi di Crimea e la comunità internazionale Il conflitto di Crimea e Sebastopoli si è sviluppato in un contesto internazionale che, a parte i due stati direttamente coinvolti, com- 33 Il conflitto in Crimea prendeva anche altri attori importanti, quali lÊUnione Europea, la NATO, lÊOSCE, lÊONU, gli Stati Uniti dÊAmerica, la Germania, la Francia, la Polonia e altri. La leadership russa si é opposta apertamente per molti anni, allÊintegrazione economica e quindi anche politica dellÊUcraina in occidente e si é opposta in modo particolarmente deciso alla sua adesione alla NATO. Questa posizione russa è risaputa, ma é stata in gran parte ignorata dai leader occidentali che hanno insistito sul diritto legale di ogni Stato Europeo di decidere liberamente sulla sua associazione con altri stati, anche per quanto riguarda lÊadesione sia allÊUE che alla NATO. Gli alti rappresentanti dellÊUnione Sovietica e del suo successore giuridico, la Federazione Russa, hanno ufficialmente riconosciuto questo diritto di tutti gli Stati europei in diversi documenti, tra cui la ÿCarta di Parigi per una nuova EuropaŸ (1990). Tuttavia, in pratica, lÊattuazione di questo astratto diritto legale dipende ed é condizionata da una serie di vincoli politici interni e da più ampi vincoli geopolitici. Nel suo discorso durante la sessione congiunta delle due camere del parlamento russo il 18 marzo 2014, il presidente Vladimir Putin ha chiaramente affermato la base logica geopolitica dietro lÊannessione della Crimea. LÊannessione ha impedito lÊipotizzabile inclusione della Crimea nella zona nord del Patto Atlantico. Le azioni russe nel 2014 relative allÊUcraina e alla Crimea erano quindi in gran parte, se non principalmente, condizionate, da una reazione aggressiva allÊampliamento per la seconda volta dellÊEU e della NATO nello spazio ex sovietico. LÊannessione diretta della Crimea é stata una considerevole e critica conseguenza della 34 decisione da parte del governo degli Stati Uniti sotto George W. Bush di offrire allÊUcraina (e alla Georgia) lÊadesione alla NATO. Gli altri membri dellÊAlleanza hanno ceduto poi alla ÿpersuasione amichevoleŸ americana e hanno deciso di includere la promessa di adesione nelle conclusioni del vertice di Bucarest del 2008. Questa promessa non è stata preceduta da un attento esame della sua sicurezza a medio e lungo termine e delle sue conseguenze politiche e delle capacità dellÊAlleanza di sopportare il loro peso. Una ÿstrategia fuorvianteŸ da parte degli Stati Uniti e della NATO è stata in gran parte responsabile della crisi e della parziale disintegrazione dellÊUcraina (5). Anche se la promessa non comportava la garanzia dellÊArt. 5, moralmente implicava che gli stati a cui era stato promesso di diventare membri non sarebbero stati lasciati soli senza protezione qualora la loro integrità territoriale e sovranità fosse stata gravemente violata. Eppure lÊUcraina nel 2014 (e in precedenza la Georgia nel 2008) sono stati in realtà puniti facilmente e in modo efficace dalla Federazione Russa, mentre la NATO é rimasta fondamentalmente a guardare. LÊazione di Vladimir Putin in Crimea potrebbe essere inoltre interpretata come una rifiuto allÊequilibrio di potere creatosi nellÊarea euro-atlantica dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e la disgregazione dellÊUnione Sovietica e come una richiesta di una ridefinizione delle ÿzone di interesseŸ legittime, in Europa. Potrebbe infine anche essere vista come un severo avvertimento alle altre repubbliche ex sovietiche a comportarsi bene, per esempio, al Kazakistan e allÊAzerbaijan. LÊoccupazione e lÊannessione della Crimea ha provocato unÊintensa reazione nella Rivista Marittima Ottobre 2014 Il conflitto in Crimea comunità internazionale. Questa reazione si é manifestata sotto forma di proteste diplomatiche, dichiarazioni e risoluzioni approvate dalle organizzazioni internazionali. Il 27 marzo 2014 lÊAssemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sulla integrità territoriale dellÊUcraina. La risoluzione ha condannato lÊannessione della Crimea, ha dichiarato il referendum ÿnon validoŸ e ha fatto appello alla comunità internazionale a non riconoscere i cambiamenti nello stato della Crimea. Una maggioranza di 100 voti dei membri delle Nazioni Unite ha sostenuto la risoluzione e 11 hanno votato contro. Il voto ha mostrato alla Federazione Russa un notevole isolamento diplomatico. LÊazione della Russia è stata condannata in modo esplicito da un gran numero di membri dellÊUE e della NATO, compresi quelli dellÊEuropa dellÊEst. Questa condanna é stata condivisa anche da molti paesi non-allineati che per una questione di principio si oppongono a qualsiasi violazione dellÊintegrità territoriale degli stati membri. Il 1o Aprile 2014, i ministri degli esteri degli stati membri della NATO hanno condannato lÊannessione della Crimea e lÊhanno qualificata come illegale e illegittima. Essi hanno inoltre approvato una serie di misure che incidono negativamente sulle relazioni della NATO con la Federazione russa. Il 5 settembre 2014 il vertice della NATO in Galles, in modo del tutto irrealistico, ha invitato la Federazione russa a ÿribaltareŸ lÊannessione della Crimea. Gli Stati Uniti e successivamente lÊUnione Europea hanno aggiunto alcune sanzioni economiche e politiche mirate. Il conflitto della Crimea e il relativo conflitto e la violenza armata in Ucraina Orien- Rivista Marittima Ottobre 2014 tale hanno sollevato i timori di una possibile guerra calda tra lÊUcraina e la Federazione Russa. LÊabbattimento, probabilmente da parte dei ribelli russi, del volo Malaysia Airlines 017, il 17 luglio 2014, che ha causato quasi trecento vittime civili innocenti ha acuito ulteriormente il confronto politico tra Unione Europea, Stati Uniti e la NATO, da una parte, e la Federazione Russa, dallÊaltra. Il confronto ha peggiorato il clima politico generale nella zona euro-atlantica. Alcuni aspetti del confronto e delle sanzioni occidentali hanno una somiglianza con il periodo della ÿguerra freddaŸ. Il conflitto sulla Crimea e le sue ulteriori ramificazioni hanno avuto una serie di altri effetti negativi internazionali. La violazione sostanziale da parte della Federazione Russa dei suoi obblighi verso lÊUcraina nel quadro del Memorandum di Budapest (1994) ha certamente indebolito il regime di non proliferazione nucleare. Il conflitto ha anche portato a termine i colloqui tra gli Stati Uniti e la Russia sulla difesa antibalistica e su altre questioni strategiche, anche se questi colloqui erano già problematici. Il mancato rispetto da parte della Russia dei suoi obblighi di notifica e di osservazione internazionale dei grandi movimenti di truppe nelle zone di confine ha danneggiato il sistema di fiducia e di misure di sicurezza (CSBM) nellÊambito del documento di Vienna dellÊOSCE (1990, 1994). Il conflitto di Crimea ha accentuato il senso di insicurezza negli stati confinanti con la Federazione Russa, in particolare quelli che hanno allÊinterno dei loro confini minoranze russe. Questi stati sono molto preoccupati per la possibile rinascita del neo-imperialismo russo, mentre le ex repubbliche sovietiche sono preoccupate per una possibile, nuova 35 Il conflitto in Crimea versione più severa della dottrina di L. Breznev di ÿsovranità limitataŸ. LÊaffare ÿCrimeaŸ ha probabilmente ridotto la possibilità di ridimensionamento di diversi conflitti ÿcongelatiŸ nella periferia ex-sovietica, per esempio, in Transdnistria. LÊapplicazione delle sanzioni dellÊUnione Europea e degli Stati Uniti ha sollevato la questione delle loro conseguenze e della loro efficacia. Il divieto di esportazioni militari assume certamente unÊimportanza discutibile a causa della quasi autosufficienza, per quanto riguarda le armi, della Federazione Russa · che é il secondo paese esportatore di armi in tutto il mondo. Tale divieto si applica solo ai nuovi contratti. ˚ chiaro che nessun tipo e nessun livello di sanzioni internazionali riporteranno mai la Crimea in Ucraina. In questo caso particolare, lÊapplicazione di sanzioni economiche da parte dellÊUnione Europea è inutile, irrazionale e reciprocamente dannosa. Inoltre, le sanzioni spesso forniscono risultati contrari a quelli previsti. ˚ molto probabile, che la guerra delle sanzioni con la Federazione Russa rafforzerà gli elementi autocratici del regime di Vladimir Putin e rallenterà o fermerà le riforme politiche ed economiche in Russia che sono favorite dallÊOccidente. Le sanzioni occidentali non hanno avuto alcun effetto educativo e deterrente, ma in gran parte sono servite a scopi politici e di pubbliche relazioni in Occidente, nelle sedi internazionali e in Europa orientale. Le sanzioni occidentali non hanno avuto alcun impatto percepibile sugli sviluppi nellÊUcraina Orientale. LÊassenza, finora, di un intervento militare diretto e massiccio da parte dellÊesercito russo potrebbe essere difficilmente attribuito a tali 36 sanzioni. Lo scenario della Crimea non era comunque ripetibile a causa del numero molto più elevato di popolazione di etnia ucraina nellÊUcraina orientale rispetto che in Crimea. UnÊinvasione russa aperta e imponente potrebbe causare una guerra aperta tra Russia e Ucraina, con conseguenze catastrofiche. Sebbene rapidamente vittoriose sul campo di battaglia, le forze russe dovrebbero affrontare per molti anni la prospettiva di attuare una sanguinosa anti-guerriglia simile a quella in Ucraina Occidentale nel 1945-1949. I costi umani, politici ed economici di una massiccia invasione e di una prolungata occupazione dellÊUcraina Orientale sarebbero per la Russia di gran lunga superiori agli eventuali guadagni. La Crimea copre 26.200 chilometri quadrati e aveva nel 2007 circa 2,3 milioni di abitanti. In termini di territorio e/o popolazione la Crimea è quindi più grande di ciascuno dei cinque più piccoli stati membri dellÊUnione Europea (Lussemburgo, Estonia, Slovenia, Cipro e Malta), per non parlare dei cinque mini-stati riconosciuti a livello internazionale (Liechtenstein, Monaco, San Marino, Santa Sede-Vaticano, Andorra). La Repubblica di Crimea e la città federale di Sebastopoli sono oggi de facto parti della Federazione Russa e costituiscono il Distretto Federale di Crimea e la parte meridionale del Distretto Militare della Russia. LÊ11 aprile 2014, una nuova Costituzione è stata adottata dalla Repubblica di Crimea. La maggior parte della Comunità Internazionale, tuttavia non riconosce lÊannessione da parte della Federazione Russa e considera la Repubblica Autonoma di Crimea come ancora appartenente allÊUcraina. Il 15 aprile 2014, il Parla- Rivista Marittima Ottobre 2014 Il conflitto in Crimea mento Ucraino ha dichiarato la Crimea e Sebastopoli ÿterritori occupatiŸ. Il distacco politico e giuridico tra lÊUcraina e la Federazione Russa continuerà indubbiamente a creare nel futuro un ulteriore frozen conflict in Europa. n NOTE (1) Adomeit Hannes (2014), p. 7. (2) La percentuale dei ÿsiŸ in Crimea è stata nel 2014 di circa tre punti più bassa dei risultati ufficiali del plebiscito austriaco sullÊAnschlüss nel 1938. (3) http://ru.krymr.org/content/article/25309070.html. (4) William W. Burke – ÿWhite. Crimea and the International Legal OrderŸ, Survival, vol. 56, no. 4, AugustSeptember 2014, pp. 65-80. (5) John J. Mearsheimer, ÿWhy the Ukraine Crisis is the West's FaultŸ, Foreign Affairs, September-October, 2014, URL: http://www.foreignaffairs.com/articles/141769/john-j-mearsheimer/why-the-ukraine-crisis-is-thewests-fault (12.09.2014) BIBLIOGRAFIA Grushevski Mihail, Ilustriovannaia istoria Ukrainy (2008). BAO, Donetsk (edizione ristampata da Prosveshchenie, S. Petersburg, 1911). Hammer, Joseph von., Historija Turskog Osmanskog carstva (1979), N. Smailagić, Zagreb, pp. 411-414, 416420. Saharov, Andrei, ed. Istoria Rossii (2010). Prospekt, Moscow. Karaganov, Sergei, Rossia i Mir. Novaia Epoha (2008), Rus-Olimp, Moscow. Tantsura, B., ed. Politichna istoria Ukraini (2008). Akdamvidav, Kiiv. Freedman, Lawrence, Ukraine and the Art of Crisis Management (2014), Survival, IISS, London, vol. 56, no. 3, June-July 2014, pp. 18-21. OSCE, Human Rights Assessment Mission in Ukraine (12 May, 2014), The Hague-Warsaw. Rivista Marittima Ottobre 2014 37 PRIMO PIANO EGEMONIA AMERICANA E IL MARE Nel XX secolo gli Stati Uniti hanno esercitato sui mari la stessa funzione svolta dalla Gran Bretagna nel XIX secolo e la loro supremazia rimane tuttÊoggi MASSIMO IACOPI (*) Q uando il geografo greco Strabone ha inventato, qualche anno prima della nostra era, il termine di Thalassokrator per designare lÊuomo e la potenza che esercita il dominio dei mari, egli, indubbiamente, non immaginava fino a che punto un paese potesse identificarsi con questo termine ben 20 secoli più tardi. La supremazia militare degli Stati Uniti risulta oggi evidente in tutti i settori · il loro bilancio della difesa rappresenta circa il 40% delle spese militari mondiali ufficiali, ma il loro esercito non è il più importante al mondo. Per contro, il tonnellaggio della loro marina uguaglia praticamente le sei altre marine più potenti: Russia, Cina, Giappone, Regno Unito, Francia e India. Nel 19o secolo, la marina britannica, quando il suo dominio dei mari era incontestabile, si era fissata, come regola generale, quella di avere sempre tonnellaggio uguale o maggiore delle altre due flotte mondiali (two-standard power). La costruzione della potenza navale americana ha avuto inizio alla fine del 19° secolo; essa non è altro, per i fautori del manifest destiny (1), che la prosecuzione ÿnaturaleŸ verso il Pacifico, del dominio già ottenuto sullÊisola continentale dopo la conquista dellÊOvest. Gli anni 1890 sono segnati da una spinta espansionistica che porta gli Americani a rovesciare la monarchia alle Hawaii e a crearvi una repubblica (1893), poi annessa agli Stati Uniti nel 1898. QuestÊanno sarà anche quello della guerra contro la Spagna (la Splendid little war del segretario di stato John Hay (1838-1905)), che si conclude con il passaggio di Cuba, Puerto Rico e delle Filippine nellÊorbita dellÊinfluenza americana. Questo evento, inoltre, corona e sospinge ancora di più lo sforzo negli armamenti navali, ispirati dalle analisi dellÊammiraglio Alfred Thayer Mahan (1840-1914). Nel 1914, la flotta americana è già la terza del mondo e gli ÿAccordi di WashingtonŸ sul disarmo navale (1921-22) la portano al 1o rango, a parità con la flotta britannica. La 2a Guerra Mondiale, durante la quale gli Stati Uniti realizzano un incredibile sforzo industriale per sostenere non solo le loro forze, ma anche quelle degli Alleati, non farà che cosolidare la loro supremazia navale: nel (*) Generale dellÊEsercito Italiano in riserva. Laureato in Scienze Strategiche e specializzato in Geopolitica, socio di numerosi sodalizi tra i quali lÊIstituto di Storia nautica portoghese e Reggente di un sistema premiale riconosciuto dal Ministero della Difesa. Autore di pubblicazioni a carattere Storico Militare e di numerosi articoli di stampa su argomenti di carattere vario, pubblicati su periodici a livello nazionale e su giornali e periodici a livello regionale. Insignito del Premio Giornalistico Internazionale INARS Ciociaria, sezione scrittori nel 2007, collabora con la Rivista Marittima dal 2008. 38 Rivista Marittima Ottobre 2014 Egemonia americana e il mare 1945, lÊUS Navy allinea circa un centinaio di portaerei (fra le quali molte portaerei di scorta) e rappresenta il 70% del tonnellaggio di tutte le flotte da guerra del mondo. La visione strategica americana, prosecuzione di quella del Regno Unito, viene confermata: le potenze marittime, se sono capaci di mantenere i loro collegamenti e i loro rifornimenti vitali, risultano inevitabilmente i vincitori in un conflitto a lungo termine contro le potenze terrestri, in quanto esse sono in condizioni di assumere lÊiniziativa tattica, applicandola ai punti deboli del nemico e di sostenere uno sforzo industriale più a lungo, asfissiando, più o meno rapidamente, quello del nemico. Più che il conflitto contro la Germania, è quello col Giappone che conferma meglio questa interpretazione. I Nipponici hanno, in effetti, agito da potenza terrestre e non sono stati in misura di approfittare durevolmente delle loro conquiste in Asia, proprio a causa della minaccia che i sottomarini americani facevano pesare sulle loro comunicazioni. La 2a Guerra Mondiale ha evidenziato, inoltre, che sbarchi massicci nel contesto di operazioni combinate fra le tre forze armate (terra, aria e mare) avevano ormai delle serie possibilità di successo, evento che si verifica negli sbarchi nellÊAfrica del Nord, in Italia e in Normandia, come poi anche a Inchon, in Corea, nel 1950. La strategia americana della Guerra Fredda si colloca pertanto nel solco delle analisi geopolitiche (2) di John Spykman (1893-1943) (3), che vedeva nello spazio di contatto fra lÊheartland (il cuore continentale dellÊEurasia, tenuto dallÊUnione Sovietica) (4) e il mare, la chiave della lotta fra il ÿpadrone della terraŸ e il Thalassokrator. Questo spazio, battezzato rimland (5) e corrispondente ai litorali periferici continen- Rivista Marittima Ottobre 2014 tali, spesso densamente popolati, è stato costantemente controllato dagli Stati Uniti, che vi hanno praticato una politica di alleanze sistematiche, a volte ribattezzata Pattomania. Essa ha fornito alla marina americana i punti dÊappoggio indispensabili al pre-posizionamento delle sue forze e al controllo degli spazi marittimi, tutto intorno allÊimpero sovietico (con le tre flotte basate fuori dagli Stati Uniti: la 5a nel Golfo Persico e lÊOceano Indiano; la 6a nel Mediterraneo e la 7a nel Pacifico occidentale). La situazione attuale dellÊUS Navy è allo stesso tributaria dellÊeredità della Guerra Fredda e dellÊanticipazione dei futuri rapporti di forze. Gli armamenti navali sono, in effetti, più ancora degli altri tipi, sottoposti a una inerzia molto importante: una nave ha una durata di vita di circa 30 anni, ma occorre studiare uno o due decenni per la sua definizione, la sua concezione e la sua costruzione ed essa subisce almeno una ristrutturazione nel corso della sua vita per attualizzare i suoi sistemi dÊarma. Le navi che entrano in servizio oggi sono state, di fatto, concepite, quando la Guerra Fredda era appena terminata e gli uffici studi, oggi, stanno già studiando le navi del 2030 o del 2040 · con lÊaggiunta di restrizioni finanziarie che contribuiscono, spesso, a imporre una logica di breve termine, totalmente contraddittoria con qualsiasi proiezione sul lungo termine. Rispetto agli anni 1980, il modello attuale di una marina di 300 unità navali, che costituisce lÊobiettivo mantenuto per il 2040, mentre il numero delle unità in servizio è oggi inferiore, segna una divisione per più di due del totale della flotta. Certi tipi di nave sono scomparsi, come le corazzate e gli incrociatori della classe 39 Egemonia americana e il mare ÿTiconderogaŸ verranno sostituiti da bastimenti più piccoli, in quanto il costo dellÊincrociatore lancia missili futuro Zumwalt si è rivelato esorbitante e la sua serie si limiterà a soli tre esemplari (dieci volte di meno del previsto). Il problema del ÿsalto tecnologicoŸ suscita, da un punto di vista economico, degli interrogativi anche sul programma Littoral Combat Ship (LCS), che sono delle navi di grande velocità (4550 nodi, ovvero circa 90 Kmh). La Navy prevede un cinquantina di unità di questo tipo, costruite su due modelli, di cui uno con chiglia a catamarano. Queste piccole fregate, per il loro dislocamento e il loro armamento, molto sperimentali sia nella concezione, sia nella modularità del loro equipaggiamento, non sembrano ancora rispondere alle specifiche fissate e risultano sensibilmente più care di quanto previsto nel bilancio. LÊessenziale della flotta americana è dunque costituita dalla sessantina di incrociatori della classe ÿArleigh BurkeŸ, il cui primo esemplare è entrato in servizio più di 20 anni fa e della quale la Navy ha ordinato già più di 70 esemplari. Questo robusto incrociatore · capace di trasportare un centinaio di missili di tipo diverso, a seconda della missione principale affidata (lotta antiaerea, antinave o anti sommergibile), capace, soprattutto, di lanciare i missili di crociera ÿTomahawkŸ che possono colpire obiettivi terrestri a più di 2 mila km ·, presenta attualmente tre versioni e conoscerà una sua seconda giovinezza, a causa delle vicissitudini finanziarie dei programmi più ambiziosi sul piano tecnologico. Una quarta versione a propulsione elettrica ne è prevista per il 2030 e probabilmente anche una quinta versione per rim- 40 piazzare le unità della classe ÿTiconderogaŸ, fatto che porterà il numero totale delle navi costruite a partire dalla stessa cellula a più di 110 esemplari. Il carattere industriale di queste costruzioni, ancora più sensibile ove si tenga conto dei sistemi dÊarma (missili, radars, centrali di tiro, trasmissioni, ⁄) che sono comuni a più classi di unità, è, evidentemente, una grande forza per la marina americana. In effetti, le altre potenze navali costruiscono navi in piccole serie, se non, addirittura, in un solo esemplare, eccetto quando esse hanno la possibilità di vendere allÊexport, anche se il totale raramente supera in questi casi le 20-30 per le unità più grandi. Le navi emblematiche della supremazia americana restano, beninteso, le capital ship – navi maggiori (6) · che sono le portaerei, le navi dÊassalto e i sottomarini nucleari. LÊUS Navy allinea, ormai 10 portaerei della classe ÿNimitzŸ, tutte a propulsione nucleare e capaci di lanciare aerei catapultati, compresi anche gli aerei radars ÿHawkeyeŸ, che assicurano un ÿprolungamentoŸ al rilevamento elettronico del nemico e quindi un pre allerta, infinitamente prezioso, tenuto conto della velocità sempre più crescente della minaccia. Gli Americani sono dÊaltronde i soli a produrre le catapulte delle portaerei, fatto che condiziona evidentemente le altre potenze, a eccezione dei loro alleati, a utilizzare portaerei equipaggiate con aerei a decollo/appontaggio corto o verticale, come è il caso della Russia o della Cina. Gli Stati Uniti, con 10 portaerei, dispongono di 9 gruppi aeronavali precostituiti (la 10a portaerei corrisponde allÊindisponibilità di lunga durata cui deve andare incontro una nave da guerra ogni 8-10 anni circa), di cui 4 sono ope- Rivista Marittima Ottobre 2014 Egemonia americana e il mare rativi a 30 giorni e 2-3 a 3 mesi. Una disponibilità tale da consentire di intervenire massicciamente in qualsiasi situazione di crisi nel mondo. Una portaerei, è una base aerea equipaggiata di almeno una sessantina di aeronavi, mobile e quindi difficile da neutralizzare, posizionata in acque internazionali e, pertanto, senza il rischio dellÊimprovvisa defezione di un alleato, preoccupato che il suo territorio possa servire da trampolino per unÊazione contro un altro Stato, più o meno vicino. Nessun altra marina, se non, per brevi periodi, la Francia o il Brasile (ma con una piattaforma e aerei vecchi), possiede una tale facilità operativa, che darebbe una vantaggio probabilmente insormontabile alla US Navy, anche nel caso, molto improbabile, in cui le sei marine più potenti al mondo si coalizzassero contro di lei. A questa capacità aeronavale senza pari, che sarà mantenuta per il futuro attraverso la sostituzione una a una delle portaerei nucleari attuali e per mezzo dellÊentrata in servizio di una nuova generazione, di cui la Gerald Ford sarà il 1o esemplare nel 2015, si aggiunge lÊarsenale dei sottomarini nucleari. Più che gli SNLM (sottomarini nucleari lanciamissili), eredità della guerra fredda al servizio della strategia di dissuasione e il cui numero ÿ16Ÿ sarà ridotto di un terzo nella prossima generazione, sono soprattutto la cinquantina di sottomarini nucleari dÊassalto (SNA) che la Navy vuole conservare in futuro, che deve far riflettere. Queste navi possono, in effetti, fare tutto: integrate a una forza operativa, la proteggono contro minacce sottomarine e assicurano la chiarificazione della situazione (ricognizione); isolate, esse possono sbarcare a terra e raccogliere forze speciali e lanciare degli attacchi contro terra, per mezzo dei loro missili di crociera Rivista Marittima Ottobre 2014 (alcuni sottomarini nucleari dÊattacco americani e russi sono specializzati per questo tipo di compito), come lo ha fatto il Florida, agli inizi dellÊintervento in Libia nel 2011, disarmando e accecando largamente lÊesercito e lÊaviazione di Muammar al Gaddafi (19422011), con una salva di ben 90 missili ÿTomahawkŸ. Essi possono, infine, attaccare il traffico marittimo o le flotte nemiche, tanto più impunemente, in quanto poche marine hanno oggi la capacità tecnologiche di individuarli e ancor meno di distruggerli. Infine, le navi dÊassalto (10 porta elicotteri e 10 trasporti di chiatte da sbarco) consentono di far intervenire una forza operativa di Marines (circa 17 mila uomini) entro il limite temporale di 15 giorni e di assicurare la sua logistica per almeno 30 giorni, partendo dalle basi di Guam (Pacifico occidentale), Diego Garcia (Oceano Indiano) e Napoli (Mediterraneo). La supremazia americana sui mari sembra pertanto assicurata per ancora numerosi anni. Gli annunci della Russia in materia navale non sembrano che possano essere seguiti da effetti convincenti e le capacità cantieristiche russe, sia sotto lÊaspetto quantità (forme di assemblaggio, velocità di realizzazione) e qualità tecnologica, sembrano lontane dallÊessere allÊaltezza delle promesse del comando navale russo. Quanto alla Cina, essa ha riscoperto appena da poco la potenza navale: una nave da guerra cinese è apparsa nel Mediterraneo, per la prima volta nella storia, nel 2011. La sua prima portaerei è entrata in servizio appena un anno fa; occorre decisamente molto più tempo per il pieno controllo di uno strumento così complesso e i Cinesi non hanno certamente come obiettivo quello di soppiantare 41 Egemonia americana e il mare lÊattuale Thalassokrator, ma piuttosto di poter mettere in scacco e di poter contare nella loro zona dÊinfluenza primordiale, i mari della Cina. n NOTE (1) La frase è stata coniata nel 1845 dal giornalista John L. OÊSullivan, allÊepoca influente sostenitore del Partito Democratico. In un saggio intitolato Annessione, OÊSullivan incitava gli Stati Uniti ad annettersi la Repubblica del Texas, non solo perché il Texas lo voleva, ma perché era ÿdestino manifesto dellÊAmerica di diffondersi sul continenteŸ. Il giornalista si ripete anche per la successiva questione dellÊOregon del dicembre 1845. OÊSullivan credeva che Dio (la Divina Provvidenza) avesse dato agli Stati Uniti una missione per diffondere la democrazia repubblicana (il grande esperimento di libertà) in tutto il Nord America. Poiché il Regno Unito non voleva usare lÊOregon allo scopo di diffondere la democrazia, pensava OÊSullivan, le rivendicazioni britanniche su quel territorio potevano essere ignorate. Egli credeva che il destino manifesto fosse un ideale morale (una ÿlegge supremaŸ) che sostituiva ogni altra considerazione, comprese le leggi e gli accordi internazionali; (2) Una possibile definizione generale della Geopolitica potrebbe essere quella dello ÿStudio delle interazioni e del rapporto di forze in un dato spazioŸ. Le forze da considerare non sono solo gli Stati, ma anche i popoli, che non si confondono completamente con essi, le religioni, le imprese nazionali e multinazionali, i gruppi sociali, le mafie, le organizzazioni caritatevoli, ecc.. Tutte queste forze cercano di appropriarsi dello spazio per costruire aree di influenza e per organizzarle secondo i loro valori e i loro interessi. ˚ evidente che parlare di geopolitica significa parlare dei fatti attuali, mettendo in evidenza gli elementi in gioco, le loro alleanze, i loro scontri, ivi comprese le guerre economiche, religiose e persino criminali. In ogni caso, dietro la schiuma o il noise degli eventi, la geopolitica deve evidenziare le forze allÊopera, tanto più che esse cercano spesso di dissimularsi, di nascondersi o di vestire i loro calcoli con grandi principi. Alle volte, però, accade tutto il contrario, queste stesse forze si mettono in evidenza, mostrano la loro potenza al fine di impressionare o di intimidire i loro rivali. In entrambi i casi, occorre individuarle e evidenziarle. Al giorno dÊoggi, la analisi geopolitica deve sostituire quella odierna, ÿmolto in augeŸ, dellÊera dei sospetti e, soprattutto, deve cercare di smascherare la cosiddetta politica della compassione, vale a dire la politica guidata dai buoni sentimenti, poiché molto spesso, proprio dietro dichiarazioni solenni di moralizzatori, i vari interessi in gioco muovono freddamente le loro pedine. Per fare questo la geopolitica deve tendere alla Real-politik, diffidando, in particolare, delle idee preconcette e delle mode intellettuali del momento. Per arrivare a tale scopo la geopolitica ha bisogno della Geografia, della Cartografia, ma, anche e soprattutto, della Storia. Se si guarda lontano nel passato, i dettagli svaniscono, emergono le linee di tendenza forti e appaiono le strutture, mentre, allo stesso tempo, il paesaggio si semplifica e si chiarifica, proprio come quando ci si allontana per apprezzare meglio un quadro di van Gogh; (3) La sua rivisitazione del pensiero di Halford Mackinder lo ha portato a riformulare la geopolitica, sottolineando lÊimportanza del Rimland (la fascia costiera della massa eurasiatica) rispetto allÊHeartland (il ÿcuore della terraŸ, cioè le pianure centroasiatiche) nella visione geostrategica del mondo. Per queste teorie è considerato il padre della ÿpolitica di contenimentoŸ attuata dagli Stati Uniti nei confronti dellÊex Unione Sovietica; (4) Heartland o Heartlands (letteralmente: il ÿCuore della TerraŸ) è un nome che venne dato alla zona centrale del continente Eurasia, corrispondente allÊincirca alla Russia e alle province limitrofe, da Sir Halford Mackinder, il geografo inglese autore di Democratic Ideals and Reality; la teoria delle Heartlands venne sottoposta alla Royal Geographical Society nel 1904. LÊHeartland era descritto da Mackinder come il territorio delimitato a ovest dal Volga, a est dal Fiume Azzurro, a nord dallÊArtico e a sud dalle cime più occidentali dellÊHimalaya. AllÊepoca, tale zona era quasi interamente controllata dallÊImpero Russo. Per Mackinder, che basava la sua teoria geopolitica sulla contrapposizione tra mare e terra, Heartland era il ÿcuoreŸ pulsante di tutte le civiltà di terra, in quanto logisticamente inavvicinabile da qualunque talassocrazia. Da qui la frase che riassume lÊintera concezione geopolitica di Mackinder: ÿChi controlla lÊEst Europa comanda lÊHeartland: chi controlla lÊHeartland comanda lÊIsola-Mondo: chi controlla lÊIsola-Mondo comanda il mondoŸ. (5) Il Rimland è la fascia marittima e costiera che circonda lÊEurasia, essa si divide in 3 zone: Zona della costa europea; Zona del Medio Oriente; Zona asiatica. Spykman si focalizza, appunto, sul Rimland, considerandolo come punto strategico di massima importanza. Il Rimland si caratterizza per la presenza di paesi ricchi, tecnologicamente avanzati, con grande disponibilità di risorse e facile accesso ai mari. La sua dimensione allo stesso tempo marittima e terrestre la rende attaccabile da entrambi i fronti. DÊaltra parte questa sua duplice natura fa sì che rappresenti una possibile zona di mediazione tra le due potenze mondiali: Stati Uniti e Russia. La maggiore minaccia, dal punto di vista geopolitico, sta proprio nellÊunione tra Heartland e Rimland sotto uno stesso potere. LÊunificazione di questÊarea porterebbe a un blocco dei commerci, causato dallÊautosufficienza dallÊÿisola mondoŸ. Spykman John Nicolas, AmericaÊs Strategy in World Politics: The United States and the Balance of Power, 1942. (6) Le capital ships di una marina sono le sue più importanti navi da battaglia; esse posseggono generalmente la maggiore potenza di fuoco e di protezione e sono tradizionalmente più grandi delle altre unità navali. Una capital ship é normalmente una nave guida o la nave principale di una flotta. 42 Rivista Marittima Ottobre 2014 www.rolls-royce.com Photo courtesy of Lockheed Martin, © 2014 MT30 – The power behind the world’s most demanding naval platforms. MT30 is the most power dense naval gas turbine available today, proven to deliver superior performance, operational flexibility and reliability. 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In ge- nere queste dispute rimangono confinate a una dimensione tutto sommato marginale, considerata la scarsa rilevanza che spesso contraddistingue i territori oggetto del contendere. Eppure, le vicende relative allÊiso- (*) Analista militare, ha diretto e collaborato a diversi progetti di ricerca del CeMiSS (Centro Militare di Studi strategici) nonchè a diversi programmi di formazione presso la Scuola Trasporti e Materiali dellÊEsercito e lÊISMM (Istituto di Studi Militari) della Marina Militare. Ha allÊattivo numerose pubblicazioni tra saggi, rapporti di ricerca e articoli presso la stampa specializzata. Collabora con la Rivista Marittima dal 2010. 44 Rivista Marittima Ottobre 2014 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati letta di Rockall riescono ad avere dellÊincredibile, dal momento che si parla di uno scoglio non abitabile (non vi hanno mai dimorato, e comunque non oltre una manciata di mesi, più di una ventina di persone, solitamente radioamatori e survivalist) dal diametro di soli 27 m, estensione totale di 570 m2, spiccato sviluppo orografico in sommità (con una forma monolitica vagamente piramidale) di ben 23 m, e continuamente esposto a forti e incessanti mareggiate, in special modo dÊinverno. Il suo nome, del resto, deriva probabilmente dal gaelico scozzese sgeir rocail, che significa ÿla roccia che ruggisceŸ. LÊisolotto, in ogni caso, da decenni riesce a mettere in disaccordo, in relazione ai diritti circa il suo possesso e lo sfruttamento dei mari e fondali circostanti, la Danimarca (in qualità di soggetto rappresentante le isole Far Oer), lÊIrlanda, lÊIslanda e il Regno Unito. dellÊisola di Soay, nellÊarcipelago scozzese di St. Kilda, e a poco meno di 430 km dalle coste della contea irlandesa del Donegal. Le coordinate esatte sono state stabilite soltanto nel 1997 ricorrendo ad avanzate strumentazioni elettroniche, che in parte contraddissero precedenti misurazioni attuate nel 1967 dalla nave oceanografica HMS Hecla mediante lÊausilio dellÊallora allÊavanguardia sistema di navigazione ÿLoran-CŸ. Tuttavia, anche le più recenti rilevazioni sono risultate oggetto di contestazione, perché lÊorienta- Un pò di storia Rockall di trova nel Nord dellÊOceano Atlantico, e costituisce i resti del cono di un antico vulcano, estinto circa 55 milioni di anni orsono, allorchè lÊantico supercontinente di Laurasia finì per separarsi nelle attuali Europa e Grotopografica di Rockall basata su rilevazioni fotografiche eseguite enlandia. La sua posizione Mappa dalla RAF nel 1970. Il toponimo HallÊs Ledge deriva dal tenente di vascello è a circa 300 km a Ovest Basil Hall, che guidò il party esplorativo dei primi dellÊOttocento. Rivista Marittima Ottobre 2014 45 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati La ÿconquistaŸ di Rockall nel 1955. mento dellÊisolotto rispetto al Polo sembra subisca variazioni di misurazione a causa di anomali campi magnetici originati dalla troctolite, un minerale presente nelle formazioni rocciose sommerse che lo circondano. Talvolta riportato come scoglio, Rockall in realtà richiama più che altro un faraglione totalmente privo di vegetazione, composto da un particolare sottotipo di granito nonché da ÿbaziriteŸ, minerale che per ora è stato solamente identificato proprio sullÊisolotto in questione 46 (infatti è noto anche come ÿrockaliteŸ). Con lÊeccezione di volatili che vi si fermano durante processi migratori (in particolare di tratta di fulmari, sule del Nord, gabbiani dalle zampe nere e urie comuni), su Rockall sono state comunque identificate ben sei specie animali in qualità di fauna permanente, costituite perlopiù da molluschi. QuestÊultimo aspetto è noto sin dalla prima spedizione scientifica inviata nei pressi dellÊisolotto, che si ebbe nel 1896 a cura della Royal Irish Academy. Benché talvolta riportata come contraddistinta da uno sbarco su Rockall, questa spedizione in realtà si limitò a compiere osservazioni ravvicinate per via di difficoltà nellÊapprodo sullÊisolotto, la cui inclusione nelle mappe nautiche anglosassoni risaliva invece a pochi decenni prima, e cioè al 1831, quando si era avuta una apposita spedizione di rilevazioni cartografiche a cura del noto esploratore della Royal Navy Alexander Thomas Emeric Vidal. ˚ senzÊaltro possibile affermare come dette rilevazioni in questa particolare area di mare, dal canto loro, fossero state eseguite con indubbio ritardo. Difatti, la Royal Navy era da anni a conoscenza dellÊesistenza di Rockall, dal momento che lÊisolotto era stato incluso fin dal 1550 in una mappa portoghese, dove era stato riportato come Rochol e, nel 1606, segnalato da cartografi olandesi, che lÊavevano erroneamente posto a circa 87 miglia di distanza dalla sua posizione reale (cosa che sarà ripetuta lÊanno successivo in una mappa prodotta dallÊAmmiragliato di Londra). Tuttavia, per i due secoli successivi Rockall era stata variamente confusa con la Frislandia, lÊisola fantasma menzionata per la prima volta dal navigatore veneziano Nicolò Zeno, nonché per le altrettanto mitiche isole di Buss e di Rocabarraigh. Con questÊultimo Rivista Marittima Ottobre 2014 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati nome, per esempio, il famoso esploratore scozzese Martin Martin si rese conto che gli abitanti dellÊarcipelago di St. Kilda (parte delle cosiddette Ebridi Esterne) si riferivano in realtà a Rockall. Nel 1771, poi, una mappa redatta dallÊesploratore francese Yves-Joseph de Kerguelen-Trémarec aveva con maggiore accuratezza ritratto lÊisolotto (presso cui vi aveva navigato quattro anni prima) a circa 16 miglia dalla sua posizione reale, pur facendo ancora comparire altre isole fantasma con le quali veniva di tanto in tanto erroneamente confuso. In ogni caso, fu anche per dirimere dubbi inficiati da tali suggestioni leggendarie che allÊinizio degli anni Dieci dellÊOttocento la fregata britannica HMS Endymion aveva inviato sullÊisoletta una scialuppa con un party esplorativo, sbarcatovi per qualche ora (1). La nave, assieme alla fregata HMS Princess Charlotte, si trovava in operazioni di mappatura dellÊarea circostante a Rockall (conosciuta per lÊappunto come Banco di Rockall, parte del bacino sommerso di Rockall-Hatton) perché, sin dal Seicento, era stata protagonista di naufragi e similari eventi catastrofici, causati sia dalla presenza di formazioni rocciose sommerse (parte di teorie montagnose sottomarine) (2), che dal fatto per il quale, in quelle zone, si verificano le onde marine più imponenti del mondo (nel 2000 ne furono registrate alcune di 29 m), in un contesto dove il tempo sereno è valutato ammontare a non più del 10% annuo (3). LÊintera area presenta promettenti possibilità di pesca, che difatti nel Sette-Ottocento venivano sfruttate da pescatori baltici e olandesi e nel XX secolo da quelli inglesi, e che sono state valutate in termini di unÊottantina di specie ittiche di valore di mercato diffuse in circa Rivista Marittima Ottobre 2014 10.000 km2. Per i primi decenni del secondo dopoguerra, furono proprio queste potenzialità a dare risalto agli inizialmente modesti disaccordi fra i Paesi sopracitati, mano a mano che questi estendevano, unilateralmente, quelle che oggi verrebbero definite Zone Economiche Esclusive (ZEE). Ma ciò che poi avrebbe mano a mano fatto ingigantire la questione di Rockall è che, sin dagli anni Settanta, vi si è cominciato a ipotizzare la presenza di vasti giacimenti di petrolio, spesso riportati come non ancora sfruttati, ma, in realtà, a tuttÊoggi neppure ancora sondati. Le ragioni dietro alle plurime rivendicazioni La presunta presenza di tali risorse naturali, tuttavia, non fu allÊorigine dellÊepisodio che innescò la diatriba su Rockall. Detto episodio viene fatto risalire al 18 settembre del 1955, allorché un elicottero ÿDragonflyŸ della Royal Navy, proveniente dalla nave di ricerca HMS Vidal, vi sbarcò un piccolo manipolo di militari i quali, accompagnati dal naturalista James Fischer, cementarono una placca di rivendicazione ufficiale imperiale (4). La modesta operazione ebbe lÊonore di passare alla storia come lÊultimo atto di annessione territoriale da parte dellÊImpero Britannico, e il suo scopo era quello di rivendicare la sovranità britannica sulle aree di mare circostanti, destinate a divenire oggetto di una campagna di test per missili tattici ÿCorporal IIŸ a testata nucleare lanciati dalle isole Ebridi, dei cui residui materiali si temeva potessero approfittare le navi spia sovietiche che, altrimenti, avrebbero potuto stazionare legittimamente nelle vicinanze per operazioni di raccolta e 47 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati successive analisi di rottami ÿsensibiliŸ. Nel 1971 un piccolo distaccamento del ÿ39th RegimentŸ dei Royal Engineers livellò con esplosivi la sommità di Rockall al fine di istallarvi un radiofaro (che non riuscì, poi, a resistere a lungo alle tempeste). Successivamente, nel 1972, lÊannessione dellÊisolotto da parte del Regno Unito venne ufficialmente e definitivamente rimarcata con un apposito atto di legge che ne decretava lÊincorporazione allÊisola di Harris, parte della contea scozzese di Inverness, interdicendone, in occasione di uno sbarco cerimoniale effettuato nel 1974 da parte di personale imbarcato sulla fregata HMS Tartar, la navigazione per un raggio di 50 miglia. LÊanno successivo detta zona ÿinterdettaŸ fu estesa a 200 miglia, probabilmente in reazione alle similari pretese che in quegli anni lÊIslanda andava attuando con gli avvenimenti che portarono alle famose ÿguerre del merluzzoŸ. Contestualmente, cominciarono a essere saltuariamente installati su Rockall nuovi radiofari, puntualmente andati presto perduti a causa delle accennate condizioni meteorologiche e marittime estreme a cui lÊisolotto è esposto (5). In ogni caso, nonostante lÊatto di annessione britannico non sia mai stato riconosciuto da alcun Paese al mondo, non è da esso che è scaturita la disputa su Rockall, la quale, sorprendentemente, è molto più recente, perché sorta come ÿconseguenza inattesaŸ dalla rivoluzionaria Convenzione di Montego Bay del 1982 (ma entrata in vigore nel 1994) definita, fra le altre cose, anche per dirimere proprio questioni come queste. Se- Cerimonia con cui il Regno Unito annunciava lÊinterdizione di 50 miglia a partire da Rockall. Notare la postazione di protezione per uno dei tanti radiofari installati sulla sommità dellÊisolotto. 48 Rivista Marittima Ottobre 2014 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati La rivendicazione britannica di Zona Economica Esclusiva prima e dopo aver rinunciato a considerare lÊisolotto come punto di proiezione della ZEE. condo i termini di tale Convenzione, ratificata da tutti i quattro Paesi interessati dalla disputa circa Rockall (6), allÊisolotto, considerate le sue caratteristiche di inabitabilità e inidoneità per attività economiche permanenti, non possono essere conferiti attributi di Zona Economica Esclusiva o di piattaforma continentale (la quale non coincide con la prima, e che, ai termini di detta Convenzione, può essere sfruttata dalla Stato dalle cui coste si dirama). Proprio i processi Rivista Marittima Ottobre 2014 di ratifica hanno comportato irrigidimenti di posizione di ciascuno dei quattro Paesi in contenzioso circa Rockall. Così, nel 1997 il Regno Unito ha da una parte rinunciato a considerare lÊisolotto in qualità di ÿtrampolinoŸ da cui proiettare la propria Zona Economia Esclusiva, in quanto esso emerge da una differente piattaforma continentale rispetto a quella propria delle isole britanniche; dallÊaltra, però, rivendica diritti di sfruttamento delle risorse di pesca nellÊambito delle 49 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati 12 miglia della piattaforma circostante Rockall, che possono diramarsi in tal modo in quanto lÊisolotto ricade entro le 200 miglia di Zona Economica Esclusiva proiettata dal più vicino insediamento britannico. A dirla tutta, poi, Londra rivendica altresì come proprio lo spazio aereo sovrastante Rockall. Nemmeno un decennio prima, nel 1988, sia il Regno Unito che lÊIrlanda, non avendo ancora ratificato la Convenzione di Montego Bay, avevano aderito a una formula bilaterale di accordo che tracciava una delimitazione delle zone di eventuale sfruttamento economico di quelle aree di mare, e che ignorava volutamente lÊisoletta di Rockall, sulla quale comun- que Dublino non riconosce né il possesso britannico né tantomeno il diritto di emanarne da essa le suddette 12 miglia. LÊiniziativa, tuttavia, era stata ed è tuttora pienamente contestata sia da Danimarca che Islanda. QuestÊultima, da parte sua, non rivendica affatto lÊisolotto, ma, da un lato contesta che il Regno Unito possa parlare di una maggiore vicinanza dellÊisolotto rispetto al suo più vicino insediamento abitato (il quale, a rigore, sarebbe riconducibile alla cittadina di Hogha Gearraidh, nellÊisola scozzese di North Uist, a 368,7 km da Rockall) mentre, dallÊaltro, argomenta come il Banco di Rockall-Far Oer si sviluppi fino al Bacino dÊIslanda. Il radiofaro a energia solare installato da Greenpeace nel 1997, poi andato anchÊesso distrutto a causa delle condizioni estreme a cui è sottoposto Rockall. 50 Rivista Marittima Ottobre 2014 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati Le Isole Far Oer, dal canto loro, rappresentate dalla Danimarca, rivendicano lÊisoletta sin dal 1985, sulla base dellÊasserzione secondo la quale sia esse che la stessa Rockall fanno parte di quel micro-continente sommerso che costituisce il Banco di Rockall-Far Oer, del quale dette Isole ne rappresentano proprio la sommità. E, in ogni caso, né Copenaghen né Reykjavík appaiono disposte a riconosce a Londra i reclamati diritti esclusivi di pesca. Oltre ad attori statuali, anche Greenpeace si è intromessa sulla questione di Rockall, lanciando, nel 1997, la folkloristica iniziativa di occuparla per 42 giorni fondandovi lo ÿstato libero di WavelandŸ come forma di protesta nei riguardi delle attività di ricerca a sfruttamento dei giacimenti di petrolio sommersi. Analogamente a quanto avevano tentato i Britannici negli anni precedenti, Greenpeace provò a installarvi un radiofaro a energia solare, che comunque già nel 2005 risultava andato distrutto dalle tempeste. Conclusioni: il permanere di una situazione di stallo ˚ a partire dal 1994 che unità navali britanniche hanno cominciato a multare e sequestrare il carico di navi trovate a pescare nei dintorni di Rockall. Il fatto è che tutti e quattro gli Stati in questione, proprio sulla base di alcune disposizioni della Convenzione di Montego Bay, hanno qualche base di ragione da vendere, in primo luogo per lÊevidenza secondo la quale ciascuno di essi riesce in qualche modo a raggiungere entro le 200 miglia il Banco di Rockall. La Convenzione, comunque, stabilisce che in similari casi si dovrebbe procedere allÊattuazione di accordi fra i Paesi coinvolti, i quali, nellÊeventualità di stallo delle negoziazioni, possono adire alla Commissione delle Nazioni Unite sui Limiti delle Placche Continentali, costituita ad Amburgo nel 1996. Al momento, considerato che le conferenze congiunte tenutesi dal 1999 a oggi non sono riuscite a mettere la parola ÿfineŸ sulle delimitazioni delle zone del Banco di Rockall eventualmente sfruttabili in esclusiva, si attende la ripresa delle negoziazioni, visto che anche la Danimarca, nel 2010, ha rappresentato alle Nazioni Unite la rispettiva rivendicazione di ambito marittimo. LÊisolotto in sé, comunque, non verrà probabilmente posto più sul tavolo di alcun negoziato, anche se continua tuttora a rivestire interesse per esplorazioni scientifiche (e, probabilmente, anche energetiche) volte a mappare definitivamente lÊarea sommersa circostante, delle quali una irlandese si è avuta nel 2004, e la corrispettiva britannica si è svolta nel 2011. n NOTE (1) Alcuni sostengono che, in realtà, il primo a mettere piede su Rockall sia stato, già nel IV secolo d.C., lÊabate irlandese San Brendano di Clonfert, noto anche come Brendano il Navigatore, le cui vicende sono state narrate in un classico della letteratura medievale di carattere agiografico noto come Navigatio Sancti Brendani. (2) Fra queste, tristemente famose sono, fra i navigatori dellÊarea, le ancora più modeste e insidiose (e pertanto più pericolose) formazioni note come Hasselwood (situata ad appena 160 m da Rockall e affiorante per circa 1 m dal livello del mare) ed HelenÊs Reef (localizzata a 3,2 km dallÊisolotto in questione e sommersa per circa 1,8 m). Per esse si ricordano varie tragedie, quale quella occorsa nel 1686, allorquando un mercantile spagnolo partito alla volta di New York si incagliò rovinosamente con la perdita delle circa 250 persone che si trovavano a bordo. Rivista Marittima Ottobre 2014 51 Rockall: lÊisolotto che divide ben quattro Stati Nel 1812, poi, era venuto il turno della nave oceanografica britannica Leonidas (il cui intero equipaggio perì nella circostanza) al quale nel 1824 era seguito quello del brigantino Helen (da cui il nome alla formazione di HelenÊs Reef), che da Dundee era partito alla volta del Québec. E anche dopo le operazioni di mappatura continueranno a verificarsi importanti disastri, come quello occorso nel 1904 ai danni dellÊSS Norge, un bastimento da 3.318 t partito da Copenaghen con un carico di 700 emigranti diretti a New York; degli sventurati, ne perirono ben 635, dei quali 225 Norvegesi. Per inciso, questÊultimo episodio costituì per qualche anno il più importante disastro in ambito marittimo civile, tragico primato poi superato dal ben più famoso affondamento dellÊRMS Titanic. La più recente tragedia è avvenuta, infine, nel 1984, quando si ebbe a registrarsi la scomparsa dello yacht Helen (evidentemente di cattivo auspicio per coloro che navigano nellÊarea⁄) proprio durante un suo viaggio di ritorno da Rockall. (3) E infatti, a titolo di curiosità, durante la spedizione effettuata dallÊEndymion il piccolo manipolo di esploratori inviati su Rockall rimase improvvisamente isolato dalla nave madre, perché questa, a causa del verificarsi di unÊinaspettata tempesta, finì letteralmente ÿsballottolataŸ ben distante dallÊisolotto. Al termine di detta tempesta era calata una pesante coltre di nebbia, e lÊEndymion si era rimesso in cauta navigazione sparando a intervalli con i propri cannoni al fine di segnalare la sua presenza al party disperso, del quale si sperava avesse ripreso il mare sulla propria scialuppa. QuestÊultimo invece si era abbarbicato sulla sommità di Rockall in ansiosa ricerca visiva della fregata, avvistandola con molta difficoltà dato che tendeva a scomparire e ricomparire fra la fitta coltre di nebbia. Dopo un paio di fortunosi tentativi, lÊEndymion venne infine raggiunto dalla scialuppa degli esploratori, che riuscirono così a tornare a bordo. Un più tranquillo sbarco su Rockall si ebbe invece nel 1862 da parte di un unico membro dellÊequipaggio dellÊHMS Porcupine, un modesto battello a ruota impegnato nella posa di un cavo telegrafico sottomarino. Nel complesso, sono stati a oggi calcolati un totale di 127 sbarchi su Rockall. (4) La placca venne rilevata come rimossa dalle intemperie nel corso di una spedizione compiuta dal cacciatorpediniere HMS Cavendish nel 1959, e contestualmente sostituita con unÊaltra che si trovava ancora al suo posto nel 1997, e della quale, però, se ne è successivamente persa traccia, sempre a causa delle condizioni climatiche estreme dellÊarea. Nel 2010 vennero resi noti piani per installarne unÊaltra, cosa ancora non verificatasi. (5) La caparbia storia dellÊinstallazione di placche di rivendicazione e radiofari su Rockall meriterebbe una trattazione a sé stante, quasi a moÊ di allegorica disfida fra lÊuomo e la natura, relativa a uno scoglio che sembra rifiutare a ogni costo la rivendicazione da parte di checchessia. Qui basti ricordare per esempio un tentativo attuato nel giugno del 1972 da parte del Dipartimento del Commercio e dellÊIndustria britannico. In quellÊoccasione, a causa delle continue intemperie, occorsero 15 giorni allÊequipaggio della nave portaelicotteri RFA Engadine per installare sullÊisolotto un radiofaro in sostituzione di altri che erano andati perduti, nonostante fosse assistito da ben due aeromobili dellÊ816 Squadron. Ebbene, appena due anni dopo, una visita attuata su Rockall da parte di personale imbarcato sullÊincrociatore HMS Tiger rilevò come anche questa apparecchiatura fosse, nondimeno, già andata perduta. (6) In particolare: lÊIslanda il 26 gennaio del 1985, lÊIrlanda il 21 gennaio del 1996, il Regno Unito il 25 luglio del 1997 e la Danimarca il 16 dicembre del 2004. BIBLIOGRAFIA Elferink Alex G. O., ÿClarifying Article 121(3) of the Law of the Sea Convention: The Limits Set by the Nature of International Legal ProcessesŸ, in IBRU Boundary and Security Bulletin, Summer, Articles Section, p. 5868, 1998. Goudman Alex, ÿRockall: Bastion of EmpireŸ, Rose & Crown, August, Issue II, p. 16-23, 2006. Fisher James, Rockall, The Country Book Club, London, 1957. MacDonald Fraser, ÿThe last outpost of Empire: Rockall and the Cold WarŸ, in Journal of Historical Geography, Vol. 32, No. 3, p. 627-647, 2006. MacIntosh James A., Rockall, Hugh MacDonald Ltd., Oban, 1946. 52 Rivista Marittima Ottobre 2014 PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE LÊALTRA MET˘ DELLÊADRIATICO: LA MARINA CROATA GIULIANO DA FR˚ (*) O rmai vicini alla scadenza del piano croato di riarmo decennale 20062015, e a quasi un quarto di secolo dalla sua indipendenza dalla defunta Federazione Iugoslava (avvenuta col conflitto scoppiato nel giugno 1991), è giunto il momento di fare il ÿpuntoŸ sulla Hrvatska Ratna Mornarica, la Marina militare croata, che ebbe un ruolo importante nella lotta per lÊindipendenza, proseguita sino allÊagosto 1995. LÊeredità di Tito La vecchia Federazione doveva controllare circa 1.600 km di coste, lungo le quali si dipanava una capillare rete di porti, basi navali, cantieri e arsenali, con una forza navale di dimensioni modeste, ma efficiente, relativamente moderna, e ben integrata con le altre Armi. Dopo la sua indipendenza, Zagabria, estendendo la sua sovranità sullÊintera Dalmazia (il cuore del piccolo Sea Power creato dal Maresciallo Tito dopo il 1945 (1)), ereditò buona parte delle basi e dei cantieri navali jugoslavi, assieme a una cinquantina di unità militari (molte in costruzione o in riparazione), inquadrate inizialmente nella Guardia Nazionale croata, per poi istituire sotto il comando dellÊammiraglio Sveto Letica (1926-2001), un ufficiale federale in pensione dal 1986, il primo nucleo della Hrvatska Ratna Mornarica, che festeggia il suo compleanno il 18 settembre, data della sua creazione, coincidente con una giornata di intensi scontri navali svoltisi nel 1991, e con la vittoria riportata dai Dalmati su Venezia nellÊ1887 (2). LÊammiraglio Letica dÊaltra parte organizzò la ÿsuaŸ Marina · da subito caratterizzata da aggressività, efficienza, e integrazione interforze · sul tamburo, in piena guerra di secessione, dovendo affrontare il grosso della flotta federale che, appoggiandosi alle isole di Vis (Lissa) e Lastovo, organizzò un blocco navale dei porti dalmati, pubblicamente annunciato dal Comando Regionale Navale di Spalato il 17 settembre 1991. Il mix di reparti anfibi, batterie costiere, e unità leggere guidate da Letica, tra agosto e settembre danneggiarono diverse unità federali impegnate a bombardare Zara e Sebenico, riuscendo inoltre a catturare la (*) Monzese, classe 1969. Laureato in scienze politiche, giornalista, dal 1996 al 2012 ha lavorato come cronista presso periodici locali (Il Giornale di Monza, Il Cittadino). Attualmente collabora con varie testate specializzate nel settore militare, come Rivista Italiana Difesa, Rivista Marittima, Rivista Aeronautica, Rivista Militare, e il webmagazine Analisi Difesa. Nel 2013 ha vinto la 4a edizione del Premio giornalistico/letterario ÿCarlo MarincovichŸ (1° classificato sezione Articoli cultura del mare con ÿGuano e cannoniŸ), e ha collaborato a uno speciale di Focus Wars dedicato alla storia della guerra sui mari. Sempre nel 2013 è uscito il suo primo libro: La Marina tedesca 1939-1945 (Odoya Edizione). 54 Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata Due pattugliatori costieri classe ÿNovigradŸ ormeggiati a pacchetto. Si tratta di unità ex jugoslave tipo ÿMirnaŸ realizzate tra 1979 e 1985, e trasformate in pattugliatori guardacoste nel 2007-2009 (fonte Wikipedia). motomissilistica Vlado Cvetkovic (classe ÿKončarŸ) e alcune unità minori. Tra settembre e novembre si registrarono i combattimenti navali più intensi, con Dubrovnik (lÊantica Ragusa, la ÿperla dellÊAdriaticoŸ), che veniva pesantemente bombardata da terra e dal mare, mentre nelle acque di Spalato la Marina jugoslava bombardava le posizioni croate per proteggere unÊoperazione anfibia; i difensori reagirono con artiglieria e missili, per lo più nascosti in caverna sul Monte Marijan e nelle isole di Solta e di Brac, e colpendo nel prospiciente Canale di Brazza, tra il 15 e il 17 novembre, un pattugliatore classe ÿBresiceŸ (affondato), e la fregata Split che, gravemente danneggiata, fu rimorchiata a Cattaro fuori combattimento. Pochi giorni Rivista Marittima Ottobre 2014 prima il pattugliatore Mukos (classe ÿMirnaŸ) era stato affondato da un missile controcarro delle forze di difesa croate, che rivendicarono altre 11 unità danneggiate. Ma ormai la guerra aperta tra Zagabria e Belgrado era agli sgoccioli: tra il 10 e il 16 dicembre 1991 nei porti di Pola e Fiume sÊimbarcarono i reparti del 13o Corpo dÊarmata federale, impiegando alcuni traghetti scortati dalla fregata Koper, mentre poche settimane dopo, il ÿcessate il fuocoŸ firmato tra Belgrado e Zagrabria portava entro il maggio 1992 al definitivo ritiro della Marina jugoslava (che il 25 dicembre aveva trasferito il proprio Comando presso le Bocche di Cattaro) anche dalle isole prospicienti la Dalmazia, come Vis, Lastovo e Mljet. 55 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata Finita la fase di guerra aperta con Belgrado, lÊammiraglio Letica diede il via alla piena rinascita della Marina Croata, con lÊambizioso obbiettivo · perdurando le tensioni con la neonata Federazione serbo-montenegrina, e la guerra contro la Repubblica serba di Krajina · di controllare e difendere oltre 1.400 km di coste. Un compito irto di difficoltà, che la definitiva unificazione del paese, nel 1995, e la lunga serie di crisi che hanno portato alla fine della minaccia navale serba, hanno permesso di superare, mentre lÊadesione alla NATO (2009) e allÊUnione Europea (2013) ha alzato lÊasticella degli standard operativi della Hrvatska Ratna Mornarica. Uno sforzo passato attraverso la riduzione drastica degli effettivi delle Forze Armate (in particolare per quanto riguarda lÊEsercito), col passaggio dalla coscrizione alla professionalizzazione nel 2008, e un costante incremento del budget per la Difesa, che tuttavia, dopo aver sfiorato quota 1,8% del Pil nel 2008, è andato calando verso una media dellÊ1,4-1,5% a causa della crisi eco- nomica, mentre per gli anni 2014-2015 si è scesi a poco più dellÊ1,2%, incidendo sul nuovo piano decennale 2014-2023, con forti ripercussioni anche sulla Marina. QuestÊultima conta oggi poco più di 1.600 effettivi, dal 2012 al comando del contrammiraglio Robert Hranj (classe 1962, veterano del conflitto per lÊindipendenza), il cui quartier generale si trova a Split (Spalato), sede anche della principale base navale di Lora, cui fanno capo il Distaccamento Nord (Pula) e il Distaccamento Sud (Ploce-Pelješac), mentre stazioni navali secondarie sono presenti a Sebenico, Dubrovnik e nelle isole di Vis e Lastovo. La vitale rete idroviaria nazionale è sorvegliata dalle flottiglie di base a Sisak e Osijek (con vedette, mezzi anfibi e un rompighiaccio), dipendenti però dai comandi territoriali di Esercito e Polizia. Nel 1998 è stata avviata la costituzione della Guardia Costiera, istituita nel 2007 con la fusione di mezzi ceduti da Polizia e Marina, dalla quale dipende sul piano operativo. Per quanto riguarda lÊarticolazione dei re- Un mezzo subacqueo per incursori croato ÿR-2Ÿ MALA (fonte Wikipedia). 56 Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata La motomissilistica PETAR KREŠIMIR IV, in servizio dal 1992, classe ÿKraljŸ, dal 2013 ai lavori di mezza vita (fonte Wikipedia). parti, dal Comando Navale di Split · dove si trova anche il polo addestrativo · dipende il Comando Flottiglia (Flotila HRM-A), che inquadra la Divisione navi di superficie (Divizijun za Površinsko Djelovanje), la Divisione unità di supporto (Divizijun za Potporu), e la Divisione dragamine (Protuminski Divizijun). La Guardia Costiera (Obalna Straža), anchÊessa col comando situato a Split, è strutturata sulle divisioni guardacoste 1a (Split) e 2a (Pula), e un comando logistico, e comprende una decina di unità, mentre aerei ed elicotteri impiegati per il pattugliamento marittimo e i servizi SAR vengono gestiti dallÊAeronautica. La Polizia nazionale conserva inoltre un dipartimento navale, mentre dal ministero dei Trasporti dipende un servizio di Capitanerie di porto, con una capillare rete di stazioni costiere e fluviali, e di piccole vedette SAR. Le forze anfibie sono incentrate su unÊunità di élite, forgiata durante la guerra Rivista Marittima Ottobre 2014 degli anni Novanta, il Reggimento di Fanteria di Marina (Bojna Obalne Službe Motrenja i Obavješcivanja-OSMIO), mentre il Battaglione di Sorveglianza Costiera gestisce le batterie dÊartiglieria (ormai in riserva quelle in caverna) e sistemi missilistici mobili e in postazione fissa. Il Reggimento di Fanteria di Marina è lÊerede dellÊ11a Brigata anfibia federale, quasi completamente formata da Croati, mentre nel 1995 era stato creato, e impiegato nelle ultime fasi della guerra contro i Serbi delle Krajine, il 352o Battaglione incursori, operante anche con mezzi subacquei speciali ÿR-1Ÿ e ÿR-2Ÿ, e dal 2000 confluito in un Battaglione Forze Speciali joint. I mezzi in servizio Quella croata resta una forza navale eminentemente costiera, bilanciata per interdire, in concorso con lÊAeronautica (peraltro poco 57 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata La motomissilistica DMITAR ZVONIMIR, seconda unità classe ÿKraljŸ, costruita nel 1993-2001. Sarà ammodernata nel 2015 (fonte Wikipedia). equipaggiata per la guerra aeronavale) e i reparti di difesa costiera, la costa dalmata, che ben si presta a una ÿguerrigliaŸ navale e alla littoral warfare, grazie alla sua particolare conformazione. Punta di lancia della Hrvatska Ratna Mornarica sono 5 unità leggere dÊattacco, in parte datate e di tre modelli diversi, ma standardizzate e mantenute aggiornate grazie a una serie di upgrade, effettuati dallÊindustria nazionale con assistenza straniera. Le 2 unità più moderne (classe ÿKraljŸ) sono Petar Krešimir IV e Dmitar Zvonimir, entrate in servizio a quasi 10 anni di distanza lÊuna dallÊaltra, poiché la capoclasse era infatti il prototipo di una nuova serie di unità dÊattacco progettate per la Marina 58 federale negli anni Ottanta, denominate ÿKobraŸ, e sviluppate sulla base delle valide (ma più piccole) ÿRade KončarŸ degli anni Settanta. La costruzione della Kobra (da replicare in 10 esemplari) fu avviata nellÊarsenale di Kraljevica nel 1989, dove fu catturata due anni più tardi dai Croati, che la ribattezzarono col nome di uno dei loro più famosi sovrani dellÊXI secolo, completandola nel 1992. Nel 1993 fu impostata una seconda unità (leggermente più grande), consegnata nel 2001, mentre una terza è stata cancellata nel 1999: entrambe vengono a volte classificate anche come ÿcorvetteŸ. Le unità della classe ÿKraljŸ, 390 t di dislocamento e 36 nodi di velocità, dispongono di Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata armamento e sistemi elettronici in larga parte di provenienza svedese, compresi 4 sistemi binati per missili antinave ÿRBS-15Ÿ e un cannone da 57/70 mm, cui si aggiunge un sistema CIWS russo ÿAK-630Ÿ, basato su un impianto da 30 mm a 6 canne rotanti. Le due unità possono anche imbarcare due mitragliere pesanti (da 20 o 12,7 mm) e mine, da mettere a mare attraverso le ferroguide, ma solo rinunciando a due lanciatori binati per missili antinave. Gli stessi sistemi dÊarma (anche se gli ÿRBS-15Ÿ sono solo 4, sempre in impianti binati) e sensori sono stati installati nel 19911994 sulla motomissilistica Sibenik, la citata ex Vlado Cvetkovic catturata dai Croati dopo aver prestato servizio con la Marina Iugoslava dal 1978 al 1991. La crisi economica e militare degli anni Novanta non consentì tuttavia a Zagabria di rafforzare la sua componente dÊattacco, e anche gli interventi sulle unità esistenti si limitarono alla manutenzione, come quando nel 2004 la Petar Krešimir IV si ritrovò con uno dei suoi 3 diesel e il sistema di controllo del tiro fuori uso. Solo il programma decennale di ammodernamento 2006-2015, e le sue successive integrazioni, hanno comportato un primo potenziamento della linea delle FAC: nel 2008 la Sibenik è stata aggiornata con un nuovo radar e rimotorizzata (prolungando di un decennio la sua vita operativa), mentre nel novembre 2013 è stato annunciato lÊinizio dei lavori di mezza vita per la Petar Krešimir IV, comprendente revisione generale, rimotorizzazione e adozione di nuova sensoristica; programma che sarà esteso nel 2015 alla Dmitar Zvonimir. Contemporaneamente, il sistema missilistico ÿRBS-15Ÿ (sia nei lanciatori imbarcati, che con le batterie Vista degli impianti lanciamissili ÿRBS-15Ÿ della VUKOVAR. Il moderno missile svedese (acquistato da Zagabria nel 1994) equipaggia le 5 FAC croate e le batterie di difesa costiera. Attualmente è in fase di upgrade alla versione ÿMk-3Ÿ (fonte Wikipedia). Rivista Marittima Ottobre 2014 59 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata della difesa costiera) viene portato allo standard ÿMk-3Ÿ. Zagabria ha poi deciso di aumentare il numero delle unità dÊattacco, con lÊacquisizione di 2 motomissilistiche classe ÿHelsinkiŸ dalla Finlandia, da 300 tonnellate, progettate e costruite dai cantieri Wärtsilä tra il 1980 e il 1986, caratterizzate da una velocità massima di 30 nodi, e da una ricca dotazione di armi e sensori, incentrato su 4 lanciatori binati per missili antinave svedesi ÿRBS-15Ÿ, 2 impianti sestupli per missili antiaerei leggeri tipo ÿMistralŸ (integrati nella tuga-plancia in una torretta ÿSakoŸ, che può ospitare al posto dei lanciamissili impianti quadrinati antiaerei da 23/85 mm), e un cannone Bofors da 57/70 mm, oltre a due scaricabombe ASW, associati a 2 sonar, uno attivo, ad alta frequenza, e un secondo rimorchiato a bassa frequenza. Cancellati i programmi di ammodernamento di mezza vita, il governo finlandese aveva già passato in riserva nel 2002 le 2 unità più vecchie (poi radiate e demolite nel 2011, dopo averle cannibalizzate): il 17 luglio 2008, nellÊambito di un contratto per la vendita di 126 autoblindo Patria AMV a Zagabria, la Finlandia ha ceduto alla Marina Croata (per soli 9 milioni di euro, comprensivi di parti di ricambio, comprese quelle recuperate dalle unità disarmate, e 3 nuovi motori diesel MTU) le altre 2 motomissilistiche della classe ÿHelsinkiŸ, consegnate il 13 ottobre 2008 e ribattezzate Vukovar e Dubrovnik. Le unità sono state sottoposte a un intervento di aggiornamento e standardizzazione (conclusosi nellÊestate del 2009) con le motomissilistiche già in servizio, che peraltro sono equipaggiate con sensori e armi simili, e dovrebbero restare in servizio sino al 2020. Per quanto riguarda i pattugliatori, i 4 ÿNovigradŸ da 142 t, sono ex cannoniere jugoslave tipo ÿMirnaŸ (armate inizialmente con missili SA-N-5 ÿGrailŸ) costruite nel 1979-1985, ammodernate con un nuovo La motomissilistica DUBROVNIK, gemella della VUKOVAR, in servizio dal 2009 (fonte Wikipedia). 60 Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata Il sommergibile costiero Velebit, in servizio dal 1996 al 2005, attualmente conservato a scopi museali, nonostante i molti tentativi di riattivarlo (fonte Wikipedia). radar, riconfigurate e passate alla Guardia Costiera nel 2007-2009, con un armamento incentrato su un Bofors da 40/70 mm, e un pezzo da 20 mm (3). Le forze navali croate dispongono poi di diverse unità di sorveglianza foranee, come le 2 vedette tipo ÿGalebŸ da 20 tonnellate (costruite nel 1990-1992), mentre le due flottiglie fluviali possono contare su alcune vedette, 2 cannoniere classe ÿBreckiŸ e sulla vecchia Sokadija, in servizio dal 1952, ma ammodernata nel 2003. Scarso sviluppo ha invece avuto la componente subacquea della Marina Croata, nonostante la ex Iugoslavia fosse allÊavanguardia nella realizzazione di piccoli mezzi subacquei insidiosi. Nel 1991 i Croati catturarono sullo scalo del cantiere Brodosplit di Spalato il Soca Rivista Marittima Ottobre 2014 (minisommergibile del nuovo tipo ÿUnaŸ, impostato nel 1985) che, ribattezzato Velebit e ampiamente modificato con sonar e propulsore tedeschi, entrò in servizio nel 1996, per trasportare sino a un massimo di 6 uomini-rana e 2/4 mezzi insidiosi ÿR-1Ÿ o ÿR-2Ÿ, oppure, in alternativa, 24 mine. AllÊunità doveva affiancarsene una seconda, più grande e veloce, equipaggiata con 4 lanciasiluri, ma il programma è stato cancellato, e lo stesso Velebit è passato in riserva nel 2005, e nonostante si sia più volte annunciato un suo riarmo, lÊunità è attualmente esposta al pubblico nelle base di Lora, conservata a scopo museale. Per quanto riguarda il naviglio logistico e specializzato, la Marina Croata impiega un piccolo nucleo di unità per la guerra di mine (prodotte localmente, come la moderna ÿM-90Ÿ 61 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata magneto-acustica): i posamine in servizio sono un vecchio LCT da 460 t, degli anni Cinquanta e un DSM a catamarano del 1986, mentre i 2 dragamine ex jugoslavi catturati danneggiati nel 1991, sono stati sostituiti da un piccolo caccia-dragamine da 180 tonnellate realizzato localmente presso i cantieri Greben di Vela Luka, il Korčula, impostato nel 1994 e consegnato nel 2006. LÊunità, in plastica e alluminio, è equipaggiata con moderni sonar da ricerca (attivo ad alta frequenza e a scansione laterale), un sistema CMS-2000 e due mezzi ROV tipo ÿSuper SearoverŸ; ma nonostante testimoni lo sforzo fatto dallÊindustria militare croata, ha presentato, soprattutto nei primi anni di servizio, alcuni difetti, e un secondo esemplare previsto non è più stato ordinato. Come posamine possono essere invece impiegate anche le 2 decisamente meglio riuscite navi da sbarco classe ÿCetinaŸ, completate nel 1993-1995, da 950 t, bene armate (sistema missilistico a corto raggio sup/aria ÿStrela 2MŸ, un ÿCIWS AK-230Ÿ, e cannoncini da 20 mm), e capaci di trasportare, a seconda della configurazione, 6 mezzi corazzati, artiglieria pesante, 300 uomini, oppure 100 mine ÿM-90Ÿ. Per il trasporto costiero e fluviale, la Marina croata impiega poi una mezza dozzina di LCM costruiti tra gli anni Settanta e Ottanta. Limitata, viste le dimensioni della flotta croata, la consistenza della componente logistica, che comprende una ventina di unità ausiliarie, come la nave scuola Andrija Mohorovičić (una ex unità idrografica da 1.540 t realizzata in Polonia nel 1971-1972), e lÊunità appoggio/salvataggio Faust Vrancic (da 1.600 t, costruita nel 1976), entrambe impiegate dalla Guardia Costiera e di prossimo ammodernamento, oltre a rimorchiatori e 62 mezzi portuali vari. Per la difesa delle coste la Marina Croata si avvale, oltre che del naviglio leggero, di installazioni terrestri e reparti anfibi. Le batterie dÊartiglieria costiera, composte da una ventina di cannoni tra gli 85 e i 130 mm di calibro (compresi vecchi pezzi da 88/56 tedeschi e 90/53 italiani di preda bellica), sistemati in caverna, sono ormai in riserva, sostituiti dai missili ÿRBS-15Ÿ, in fase di aggiornamento allo standard ÿMk-3Ÿ, acquistati dalla Svezia tra il 1992 e il 1995 in un centinaio di esemplari, per la metà destinati alle FAC. Dal 1994-1995 la difesa costiera schiera 3 batterie con sistemi mobili MOL quadrinati, su autocarri ÿTatraŸ. Gli ÿRBS-15Ÿ sono particolarmente adatti allÊimpiego lungo le frastagliate coste dalmate, essendo in grado di seguire profili di volo preprogrammati, e quindi di nascondere le rotte dÊattacco dietro ostacoli di varia natura. La nuova versione ÿMk-3Ÿ, apparsa nel 2004, ha una gittata aumentata a 200 km, e possiede particolari capacità di littoral warfare. I lanciamissili sono gestiti dal Battaglione di Sorveglianza Costiera (lÊex 53o Battaglione di Spalato, che ha raggruppato una mezza dozzina di compagnie o plotoni autonomi dislocati lungo la costa e sulle isole più esposte), assieme alla rete radar ÿSea NetworkŸ, realizzata a partire dagli anni Novanta con assistenza italiana e americana, incentrata su 14 impianti, compresi 4 ÿAN/FPS-117Ÿ della Lockheed Martin, dispiegati presso le postazioni di tiro di Savudrija, Brijuni, Mali Lošinj, Dugi Otok, Žirje, Vis, Lastovo, Mljet e Molunat. I mezzi aerei sono invece stati ceduti allÊAeronautica, ma i turboelica Pilatus ÿPC9Ÿ e gli elicotteri ÿMi-8Ÿ vengono impiegati in compartecipazione con la Guardia Costiera per le operazioni SAR. Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata Le prospettive e le nuove esigenze Nata grazie alla cattura di diverse unità jugoslave in costruzione e · spesso malconce, o datate · in riparazione, la giovane Hrvatska Ratna Mornarica ha saputo assumere in meno di un quarto di secolo una precisa fisionomia, attraverso la modifica delle unità preesistenti, con lÊavvio dÊun mirato programma di nuove costruzioni e allÊacquisizione di moderni sensori e sistemi dÊarma occidentali, e sfruttando il tradizionale ottimo rapporto che da secoli unisce la Croazia al mare. Un mare di certo non ostile, stante i buoni rapporti con la dirimpettaia Italia, e la fine di qualsivoglia minaccia navale serba: lÊobiettivo è quindi divenuto quello di assicurare, in collaborazione con la Guardia Costiera, il controllo delle zone di pesca e di traffico dellÊalto e medio Adriatico, nonché in un prossimo futuro la difesa delle previste installazioni offshore di idrocarburi. Sul tappeto esiste poi la questione della partecipazione a missioni navali NATO e UE, sulla falsariga degli impegni già svolti dallÊEsercito. Le particolari caratteristiche del naviglio in servizio con la Hrvatska Ratna Mornarica limitano ovviamente lo spettro dei possibili interventi; tuttavia, non va dimenticato che in ambito Mediterraneo, nel corso della missione UNIFIL in Libano, si sono viste operare in acque costiere anche le unità leggere dÊattacco tedesche, con caratteristiche simili a quelle del naviglio principale croato. In concorso con le altre Armi, la Marina croata resta concentrata per il momento su missioni tradizionali, come il controllo delle acque territoriali e della ZEE, la difesa dellÊestesa e complessa linea costiera, gli interventi in casi di calamità o incidenti nelle acquee adriatiche o lungo la vasta rete fluviale · come nella re- Rivista Marittima Ottobre 2014 cente occasione delle inondazioni che hanno colpito la regione dellÊex Jugoslavia nel maggio 2014 ·, nonché la partecipazione ai programmi NATO dal 2009 e precedentemente al programma Partnership for Peace in the Mediterranean, cui la Croazia ha aderito nel 2000, essendo la Croazia non più Paese PfP ma dal 2009 nella NATO. Tuttavia, i ricordati programmi di nuove acquisizioni, quello che si esaurirà nel 2015, e il secondo, che si estende al 2023 (per costruire le nuove Forze Armate croate del 2030), puntano a fornire anche alla Marina strumenti più adeguati alle nuove esigenze che vanno profilandosi allÊorizzonte. Per il momento, lÊattenzione si concentra sulla componente delle FAC, con lÊammodernamento di mezza vita avviato sulle ÿKraljiŸ, mentre alcune fonti rilanciano lÊinteresse di Zagabria · che vorrebbe arrivare a schierare 6 unità dÊattacco · verso la possibile acquisizione di altre due unità di seconda mano, con un particolare interesse (ormai demolite le restanti ÿHelsinkiŸ) per Goteborg e Kalmar, piccole corvette dÊattacco svedesi (da 425 t, lunghe 57 metri) classe ÿGoteborgŸ, completate nel 1990-1991 e da poco passate in riserva, mentre si discute della loro trasformazione in pattugliatori, o di una possibile cessione alla Croazia, magari agganciandole alla vendita dei caccia multiruolo ÿGripenŸ, in valutazione da parte di Zagabria (4). Di certo, le ÿGoteborgŸ sono ancora in ottime condizioni, e compatibili, per sistemi dÊarma e sensori (radar targati Saab, Ericsson, il cannone da 57/70 mm e i missili ÿRBS-15 BoforsŸ), con le unità già in servizio con la Marina Croata. Un altro comparto interessato dai piani di ammodernamento riguarda il pattugliamento costiero e a medio raggio. Trasferite come ac- 63 LÊaltra metà dellÊAdriatico: la Marina croata cennato alla Guardia Costiera le 4 unità classe ÿNovigradŸ, la Marina intende acquisire nuovi pattugliatori da 40 metri. Il piano 2006-2015 comprendeva un pacchetto di 10 unità da realizzare localmente dal 2009 (con consegne a partire dal 2012), caratterizzate da architettura stealth, e armi e sensori compatibili con le unità maggiori. Il punto di riferimento era il modello ÿPV-30LSŸ ordinato dalla Libia ai cantieri Adria Mar di Kraljevica, con un primo lotto di 6 unità realizzate nel 2005-2008. Nel 2013 Zagabria ha però lanciato una gara internazionale per 5 pattugliatori da 42 metri, armati con cannoncino da 30 mm stabilizzato a controllo remoto (più 2 postazioni per mitragliere da 12,7 mm), autonomia di 1.000 miglia e 15 giorni di operazioni. Nel maggio 2014 è stato annunciato che il programma (del valore di 380 milioni di kuna) è stato aggiudicato ai cantieri Brodosplit di Spalato, che hanno proposto unÊunità lunga 43 metri e da 220 t, realizzata anche con standard commerciali per ridurre costi e tempi. Nonostante alcuni ritardi burocratici, le unità potrebbero essere consegnate a partire dal 2018, con una stima di 4 anni per completare il programma. Più ambizioso, ma ancora in fase di elaborazione, il piano relativo a 2 (con unÊeventuale seconda coppia in opzione) corvette/fregate leggere portaelicotteri. Il progetto è ancora da congelare, anche se inizialmente si pensava di consegnare la prima unità nel 2015, e le specifiche tecniche non sono state ancora definitivamente fissate: per ora si parla di unità di circa 100 metri, e non è chiaro se saranno costruite localmente (con assistenza straniera). Il programma, del valore stimato di non oltre 3 miliardi di kuna, prevede la realizzazione di unità stealth e multiruolo, con sistemi dÊarma e sensoristica allo stato dellÊarte. Alcune fonti parlano di un orientamento ufficioso verso le ÿGowindŸ francesi (nel maggio 2012 il prototipo LÊAdroit ha visitato la Croazia, poche settimane dopo essere entrato in servizio), offerte in diverse configurazioni, con dislocamento compreso tra le 1.000 e le 2.500 t. Anche la linea logistica è interessata da alcuni programmi di ammodernamento varati dopo il 2012, con lÊentrata in servizio di una dozzina di unità di impiego locale, mentre restano sul tappeto lÊacquisto di nuovi velivoli (si era parlato di aerei Casa ÿCN-235Ÿ per il pattugliamento a largo raggio, e di elicotteri ÿAW139Ÿ navalizzati, da far gestire allÊAeronautica, ma da impiegare anche sulle future corvette), e di 2 cacciamine, per i quali sono in corso trattative con la Germania per altrettanti ÿKulmbachŸ (ÿType 333Ÿ), completati nel 1989-1991, e passati in riserva nel marzo 2012. n NOTE (1) Dopo che lÊindipendenza croata aveva già inferto un duro colpo al potere marittimo jugoslavo (rimasto poi in disparte durante la Guerra del Kossovo, nel 1999), nel 2006 la secessione della Repubblica del Montenegro ha completato lÊopera. Oggi Belgrado mantiene solo una piccola forza navale fluviale (Rečna Flotila), integrata nellÊEsercito, e formata da una ventina di mezzi minori (vedette, unità da sbarco e trasporto, dragamine). Il Montenegro arma solo alcune delle unità ereditata dai resti della Federazione, comprese le 2 fregate classe ÿKotorŸ. (2) Dopo la conquista della Jugoslavia (1941), i Tedeschi avevano permesso agli Ustascia croati di costituire una propria organizzazione navale, il cui nucleo fu la Legione Navale Croata (Legija Hrvatske Mornarice), che operò in Mar Nero contro i Sovietici, e contro gli Alleati in Adriatico. (3) Delle 11 unità classe ÿMirnaŸ, 7 sono rimaste alla federazione serbo-montenegrina, per poi passare nel 2006 al Montenegro: 5 sono state vendute e trasformate in mezzi da turismo, e 2 destinate al servizio costiero, per essere radiate nel 2012. Va detto che delle 4 unità catturate da Zagabria, una fu danneggiata da un missile anticarro sparato da un peschereccio armato dalla milizia croata, unÊaltra da un siluro lanciato con mezzi di fortuna. (4) Sulla falsariga del pacchetto finlandese ÿPatria/HelsinkiŸ. 64 Rivista Marittima Ottobre 2014 PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE LA BREVE STAGIONE DELLÊATOMICA EUROPEA Il progetto di cooperazione nucleare tra Francia, Germania Federale e Italia 1956-1958 VEZIO VASCOTTO (*) L Êesplosione atomica che pose fine alla seconda guerra mondiale segnò lÊinizio di una nuova era, nella quale la gerarchia delle nazioni non sarebbe stata più determinata da fattori geografici, storici, economici e militari, ma sulla base di un solo criterio: il possesso o meno di ordigni nucleari. Per non subire quindi unÊineluttabile recessione nella graduatoria mondiale, le nazioni vincitrici del conflitto si affrettarono a rincorrere la superiorità acquisita dagli Stati Uniti, impiegando ciascuna le metodologie (alleanze, accordi economici, spionaggio) e le risorse (manageriali, scientifiche, industriali) più rispondenti alle proprie tradizioni e alle proprie capacità. Così, il Regno Unito · proseguendo la tradizionale cooperazione transatlantica · e lÊUnione Sovietica · sfruttando le potenzialità intellettuali e materiali disponibili nei Paesi satelliti · riusci- rono in tempi relativamente brevi a superare la soglia nucleare; Francia e Repubblica Popolare Cinese, occupate a risolvere urgenti problemi interni istituzionali ed economici, dovettero ricorrere allÊaiuto · non disinteressato · di Paesi amici (1). In particolare la Francia, stremata dalla guerra e impegnata finanziariamente e militarmente a contenere il progressivo sgretolamento del suo Impero coloniale, iniziato in Indocina nel 1946 e proseguito nel 1954 in Algeria, si rese conto di non essere in grado di proseguire da sola la corsa allÊatomo, intrapresa con la creazione del Commissariat à lÊEnergieAtomique (CEA) nel 1945 (2). La richiesta di aiuti allÊalleato americano, che pure provvedeva al suo riarmo convenzionale, non ricevette invece risposte soddisfacenti poiché Washington, per motivi sia strategici che politici (3), non intendeva co- (*) Ammiraglio di Squadra (r), ha lasciato il servizio nel 1996 dopo aver ricoperto vari incarichi su navi di superficie e sommergibili, in destinazioni nazionali, NATO ed estere (Addetto Navale in Francia) e il Comando di COMSUBIN, della 1^ Divisione Navale e dellÊIstituto di Guerra Marittima (oggi ISSM). Ha eseguito ricerche e saggi di carattere strategico e storico per varie istituzioni e su pubblicazioni specializzate. Collabora con la Rivista Marittima dal 1979. 66 Rivista Marittima Ottobre 2014 La breve stagione dellÊatomica europea L'esplosione dell'ordigno The Gadget, il primo test nucleare della storia. municare ai Francesi i propri segreti nucleari. Alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso Parigi cercò quindi sostegni politici e finanziari in Europa, dove vari Paesi stavano perseguendo un ambizioso disegno comunitario per affrontare la gigantesca impresa della ricostruzione post bellica e per difendersi dalla minaccia dellÊespansionismo ideologico e militare del blocco sovietico. Erano state dapprima messe in comune tutte le fonti tradizionali di energia e di materie prime, istituendo il 18 aprile 1951 la Comunità Europea del Carbone e dellÊAcciaio Rivista Marittima Ottobre 2014 (CECA), entrata in vigore nel luglio 1952. Il passo successivo fu lÊavvio di una più ampia cooperazione in campo economico e, significativamente, anche nel campo della ricerca e dellÊindustria nucleare, che doveva assicurare i crescenti fabbisogni dÊenergia richiesti dai nuovi programmi di sviluppo. Tale processo, conclusosi con la firma dei Trattati di Roma del 25 marzo 1957, dette origine alla Comunità Economica Europea (CEE) e alla Comunità Europea dellÊEnergia Atomica (CEEA), più nota come EURATOM, il cui statuto peraltro impegnava i Paesi membri a 67 La breve stagione dellÊatomica europea impiegare lÊenergia atomica esclusivamente per usi pacifici, impedendo ogni trasferimento delle relative tecnologie dallÊimpiego civile a quello militare. Il ÿterzo pilastroŸ della nuova Europa, la Comunità Europea di Difesa (CED), nata proprio a Parigi il 27 maggio 1952, cadde invece il 30 agosto 1954 quando lÊAssemblea Nazionale francese, contraria a ogni limitazione della sovranità nazionale, non ratificò il relativo Trattato, che imponeva tra lÊaltro a ogni Paese comunitario un limite di 500 gr. alla produzione annua di materiale fissile (misura adottata principalmente per impedire ogni riarmo nucleare tedesco, eventualità temuta e deprecata tanto allÊEst che allÊOvest). Di fronte a questo triplice ostacolo (ostilità degli Stati Uniti, vincoli dellÊEURATOM, fallimento della CED) Parigi, scartata la Gran Bretagna, ormai dipendente dalle scelte dottrinali e tecnologiche dÊoltre atlantico, rivolse inizialmente la sua attenzione alla Repubblica Federale di Germania (RFG). Il momento era politicamente favorevole: in quegli anni nella Germania Ovest la fiducia in un immediato intervento americano nel caso di unÊinvasione sovietica stava diminuendo in seguito alle forti critiche espresse negli Stati Uniti contro la dottrina della ÿrappresaglia massicciaŸ, giudicata sempre più rischiosa a fronte dei progressi sovietici negli armamenti atomici. La nuova strategia proposta, che teorizzava una ÿrisposta flessibileŸ da commisurare alla gravità e alla tipologia dellÊaggressione, poi formalizzata alla fine degli anni Sessanta, prevedeva (anche per ragioni economiche) una riduzione delle forzeconvenzionali americane assegnate alla NATO, sia pur bilanciata da un aumento 68 delle armi nucleari tattiche dislocate in Europa, che restavano di proprietà degli Stati Uniti. Di conseguenza, Bonn temeva di subire sul proprio territorio lo shock iniziale di un conflitto senza avere la sicurezza di un automatico intervento dellÊunico alleato che disponesse di un valido deterrente; per avere voce nelle scelte strategiche dellÊAlleanza, anche la Repubblica Federale voleva quindipoter gestire armi atomiche, proprie o almeno in condominio. *** I primi accordi in materia di Difesa furono discussi tra il presidente del Consiglio francese, il radical-socialista GuyMollet (in carica dal 1° febbraio 1956), e il cancelliere tedesco Konrad Adenauer (Unione CristianoDemocratica, CDU) in due successivi incontri, avvenuti a Bonn e poi a Parigi nel settembre e poi nel novembre 1956, durante i quali furono poste le basi per sviluppare un programma comune di armamenti, destinato formalmente a rafforzarele Alleanze già esistenti (NATO e UEO). La data del secondo colloquio (6 novembre) coincise con il momento più critico delle due contemporanee crisi di Suez e della insurrezione ungherese (4), ambedue gestite da Stati Uniti e Unione Sovietica in funzione dei loro reciproci interessi e sopra le teste degli Europei, a dimostrazione dellÊevidente stato di inferiorità militare e politica dei Paesi nonnucleari rispetto alle due Superpotenze. Ciò confermò lÊopportunità di comprendere nelle trattative anche gli armamenti atomici. Bonn, per favorire lÊaccordo, condivise la richiesta francese di abolire i controlli da parte dellÊEURATOM sui materiali fissili destinati ai Rivista Marittima Ottobre 2014 La breve stagione dellÊatomica europea programmi militari di uno Stato membro, richiesta legata alla decisione di Parigi di estendere lÊattività del CEA al settore degli armamenti istituendo al suo interno un Comitédes Applications Militaires de lÊEnergie Atomique (5 dicembre 1956 – il CAMEA doveva sovrintendere alla progressione temporale dei programmi e allÊimpiego dei relativi fondi, provenienti anche dal bilancio della Difesa). Da parte sua la Francia sostenne il diritto della Germania Federale a eseguire ricerche e a detenere armi atomiche, batteriologiche e chimiche, se costruite allÊestero o fornite da un Paese terzo, poiché gli Accordi di Parigi, sottoscritti dalla RFG nellÊottobre 1954 per poter entrare nellÊAlleanza Atlantica, la impegnavano solamente a non produrre tali armi sul proprio territorio. Sulla base di questa interpretazione, la Germania Federale aveva già provveduto a crearenel 1955 un Ministero per le Questioni Atomiche, affidato Franz-Josef Strauss, esponente dellÊUnione Cristiano-Sociale (CSU, equivalente bavarese della CDU); lÊanno successivo lo stesso Strauss aveva assunto il portafoglio della Difesa, dichiarando subito che la Bundeswher aveva il diritto di disporre di armi atomiche. Agli inizi del 1957 i due Paesi possedevano quindi gli strumenti sufficienti ad avviare concretamente un programma comune di ricerche avanzate. In gennaio Strauss, su invito del suo omologo francese Maurice Bourgès-Maunoury, fu accompagnato a visitare nel deserto algerino il segretissimo Centro sperimentale missilistico di ColombBéchar, dove il 17 gennaio fu siglato un protocollo di cooperazione (teoricamente aperto ai membri della NATO e della UEO) che sanciva la partecipazione tedesca allo studio di Rivista Marittima Ottobre 2014 ÿnuovi armamentiŸ e alla costruzione di impianti nucleari su suolo francese. Il 19 febbraio a Parigi ebbe luogo un nuovo incontro tra Adenauer e Mollet; mentre questÊultimoaffermò pubblicamente la volontà della Francia di dotarsi di un armamento atomico indipendente, il Cancelliere dovette muoversi con maggior cautela: bastò un accenno alla ÿpossibilità di organizzare una coproduzione franco-tedesca di armi atomiche sul territorio franceseŸ a sollevare indignate reazioni oltre la Cortina di Ferro e allÊinterno della stessa Repubblica Federale. Il 12 aprile un gruppo di scienziati atomici tedeschi, tra cui quattro premi Nobel, firmarono il cosiddetto Manifesto di Göttingen nel quale condannavano ogni impiego dellÊenergia atomica a fini militari e preannunciavano il loro rifiuto a partecipare a ogni attività connessa. Adenauer si affrettò a puntualizzare che la RFG avrebbe rispettato lÊimpegno a non costruire ordigninucleari sul proprio territorio, ma il giorno successivo il ministro Strauss, in visita a New York, annunciò in unÊintervista la costituzione di una commissione permanente franco-tedesca incaricata di intraprendere studi e ricerche sulle armi atomiche. Le indiscrezioni circa il vantaggio tecnologico che la Gran Bretagna aveva ormai raggiunto grazie alla collaborazione con gli Americani (la prima bomba H britannica esplose nel Pacifico meno di un mese dopo, il 15 maggio) non erano estranee a questa accelerazione del progetto bilaterale, che non risentì nemmeno dellÊendemica caducità dei governi della Quarta Repubblica francese. Il 21 maggio 1957 infatti Guy Mollet, rimasto al governo per 16 mesi (peraltro record di durata della Quarta Repubblica), fu sfiduciato dal Parlamento dopo unÊimpopolare 69 La breve stagione dellÊatomica europea proposta di aumenti fiscali ma lÊintesa con Bonn proseguì; gli successe infatti lÊex ministro della Difesa Bourgès-Maunoury, che nel suo breve passaggio a Palais Matignon (giugno-settembre 1957) riuscì a far approvare un piano quinquennale del CEA, che prevedeva tra lÊaltro la costruzione di un impianto capace di produrre a regime 700kg di plutonio allÊanno per uso militare. La partecipazione tedesca al costo dellÊimpresa era in effetti indispensabile dal momento che le finanze francesi, e in particolare le risorse destinate alle Forze Armate, erano sempre più assorbite dalla guerra in Algeria. Il 4 ottobre lÊUnione Sovietica mise con successo in orbita lo Sputnik, primo satellite artificiale terrestre; lÊevento rese evidente lasuperiorità raggiunta dallÊUnione Sovietica in campo missilistico, segnando la fine dellÊinvulnerabilità del continente nordamericano. Il sospetto che gli Stati Uniti sarebbero stati ancora più prudenti prima di impegnarsi nella difesa degli alleati crebbe in Europa, e soprattutto in Germania, destinata a sopportare le prime conseguenze di uno scontro che si sarebbe concentrato sul teatro europeo. Bisognava perciò da un lato reperire ulteriori risorse finanziarie, dallÊaltro ricercare un maggior consenso politico in Europa. In un incontro segreto a Bonn tra il nuovo ministro della Difesa francese Jacques Chaban-Delmas (Bourgès-Maunoury aveva lasciato la Presidenza del Consiglio a Felix Gaillard il 6 novembre 1957) e lÊinamovibile Franz-Joseph Strauss fu avanzata lÊidea di far entrare anche lÊItalia in un ÿTriangolo degli armamentiŸ. LÊiniziativa era possibile in quanto la clausola del Trattato di Pace del 1947 che impediva allÊItalia di avere impianti atomici era 70 stata abrogata nel 1951 per consentirci di iniziare la costruzione di centrali atomiche per usi civili (5). Erano stati poi costituiti nel 1952 il Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN, poi trasformato in Consiglio Nazionale per lÊEnergia Nucleare, CNEN) e nel 1956 a Pisa il Centro per le Applicazioni Militari dellÊEnergia Atomica (CAMEN), dotato più tardi di un reattore nucleare di ricerca (6). Il 16 dello stesso mese a Parigi ChabanDelmas iniziò riservatamente negoziati in tal senso con Paolo Emilio Taviani, ministro della Difesa nel governo monocolore democristiano di Adone Zoli (19 maggio 1957-1 luglio 1958) e il successivo 28 novembre il protocollo di cooperazione franco-tedesco siglato a Colomb-Béchar venne esteso allÊItalia. Esso impegnava i tre Paesi a ÿrealizzare una stretta cooperazione nel campo degli armamenti per rispondere alle necessità immediate e future (⁄) e a unificare i sistemi dÊarmi anticarro, i missili guidati e le applicazioni militari dellÊenergia nucleareŸ. Il testo dellÊaccordo fu portato a conoscenza degli alleati della NATO e dellÊUEO nella sessione parigina del 16-17 aprile 1958 dei Ministri della Difesa dellÊAlleanza ma solo per quanto riguardava gli armamenti convenzionali; le clausole concernenti il nucleare restarono rigorosamente segrete. La stampa si accontentò di registrare ÿgli sforzi di standardizzazione intrapresi da Francia, Germania Federale e ItaliaŸ. *** Tutta lÊoperazione voleva apparire come il primo concreto sforzo in ambito europeo per giungere a un coordinamento (se non ancora Rivista Marittima Ottobre 2014 La breve stagione dellÊatomica europea a una unificazione) dei mezzi di Difesa; al di là dellÊAtlantico e oltre Manica fu piuttosto interpretata come un tentativo, a sospetta guida francese, di sottrarsi alla tutela anglosassone in campo nucleare, o comunque di esercitare una pressione sugli Stati Uniti per forzarli a impegnarsi più concretamente sul Vecchio Continente. Fu Londra a esprime subito ÿvive inquietudiniŸ per il nuovo soggetto che si stava formando in Europa, suscettibile di disporre di bombe atomiche, per di più ÿcol dito tedesco sul grillettoŸ (7); i Paesi del Triangolo riaffermarono in risposta che lÊaccordo non intendeva escludere eventuali altri membri e che i programmi avviati erano progetti-pilota di una futura associazione di sicurezza occidentale, lasciando così formalmente la porta socchiusa a un improbabile ingresso degli Inglesi. Alla firma dellÊaccordo tripartito fecero seguito tra la fine del 1957 e la metà del 1958 vari incontri operativi tra responsabili politici, industriali e militari, riuniti in un Comitato Centrale Tripartito, che stilarono una ÿlista della spesaŸ comprendente armi convenzionali terrestri, sommergibili, aerei e missili (8). Il punto più delicato era comunque costituito dalle modalità di partecipazione alla costruzione dellÊimpianto di separazione isotopica dellÊuranio (tecnologia essenziale per la costruzione di ordigni nucleari) in progetto a Pierrelatte in Francia; il 7 e 8 aprile 1958 si incontrarono a Roma gli stessi Ministri della Difesa per una sessione di lavoro, al termine della quale fu siglato un protocollo dÊaccordo che prevedeva di suddividerne il costo, valutato in 140 milioni di dollari, tra Francia e Repubblica Federale (45%) mentre lÊItalia avrebbe provveduto al restante 10%. LÊincontro successivo, desti- Rivista Marittima Ottobre 2014 nato a definire in dettaglio la ripartizione dei compiti e le modalità del finanziamento, avrebbe dovuto tenersi proprio in quella località sul Rodano. Il 15 aprile invece le carte furono sparigliate dallÊennesima crisi politica francese: Felix Gaillard, battuto in Parlamento dopo un acceso dibattito sulla politica in Algeria, si dimise, non prima di aver emanato, antidatandolo, un decreto che fissava per lÊinizio del 1960 la data della prima esplosione atomica sperimentale francese. La Francia ormai procedeva da sola, anche politicamente: il 1° giugno 1958 Charles de Gaulle tornava al potere come presidente del Consiglio, in attesa di diventare il Presidente della Quinta Repubblica. Già il 17 giugno il dossier della cooperazione militare europea venne esaminato in una riunione ristretta tra il Generale, il nuovo ministro della Difesa, Pierre Guillaumat (non a caso ex amministratore delegato del CEA) e il nuovo ministro degli Affari Esteri, MauriceCouve de Murville: fu deciso di procedere con la cooperazione nel campo delle armi convenzionali, ma di sospendere quella in campo nucleare. LÊicastica formula usata dal Generale · Le nucléaire ne se partage pas! · riassume i motivi del fallimento del tentativo dei Paesi occidentali europei di unificare le proprie capacità atomiche in campo militare. In realtà il progetto era viziato fin dal principio da contrastanti e inconfessati interessi particolari: la Francia era decisa a entrare comunque nel club atomico, aggirando gli ostacoli posti dagli Stati Uniti, per avere ancora un ruolo mondiale e mantenere unÊinfluenza sul suo ex impero coloniale in rapida trasformazione; la Germania Federale voleva disporre di armi atomiche, anche se a doppia chiave, 71 La breve stagione dellÊatomica europea sul proprio territorio, per evitare di divenire un vaso di coccio nello scontro tra Superpotenze e farsi riconoscere uno status di parità con gli altri Alleati; lÊItalia aveva interesse ad ammodernarele proprie Forze Armate in tutti i campi, compreso quello nucleare, per aumentare il proprio peso nellÊAlleanza atlantica garantendosi così stabilità politica e aiuti finanziari indispensabili per uno sviluppo economico al quale lÊenergia nucleare avrebbe contribuito in modo, si sperava, duraturo. Tutti e tre i Paesi, tuttavia, non intendevano incrinare troppo le relazioni con gli Stati Uniti, fornitori di ultima istanza delle conoscenze e delle tecnologie necessarie alla gestione degli impianti nucleari, militari o civili che fossero. Quando il comune interesse portò ambedue le Superpotenze a predicare la Non-Proliferazione delle armi nucleari, la mai sopita opposizione di Washington ai programmi atomici europei portò, sia pure in tempi diversi, alla firma del Trattato TNP anche da parte di Bonn, Roma e infine Parigi (9), che senza rimpianti abbandonarono nei cassetti il progetto della Forza Atomica Europea. n NOTE (1) Prima esplosione sperimentale atomica dellÊURSS il 29 agosto 1949; termonucleare il 12 agosto 1953; Gran Bretagna: 3 ottobre 1952 e termonucleare il 15 maggio e 8 novembre 1957. Francia: 13 febbraio 1960; termonucleare il 28 agosto 1968; Cina Popolare: 16 ottobre 1964 e termonucleare il 17 giugno 1967. (2) Il CEA, istituito da de Gaulle il 18 ottobre 1945, tre giorni prima della fine del suo governo provvisorio, e mantenuto in vita da tutti i governi della Quarta Repubblica, doveva „perseguire le ricerche scientifiche e tecniche per lÊutilizzo dellÊenergia atomica nei diversi campi della scienza, dellÊindustria e della difesa nazionale‰. La prima pila atomica sperimentale francese entrò in funzioneil 15 dicembre 1948 nel Fort de Chatillon (Parigi). (3)Nel 1946 il Senato degli Stati Uniti aveva votato lÊAtomic Energy Act (noto come McMahonAct) che vietava ogni condivisione di segreti nucleari con paesi terzi; nel 1958 la legge fu emendata per permettere la diffusione di informazioni a Paesi alleati in grado di fornire „un contributo sostanziale ed effettivo alla difesa e alla sicurezza nazionale‰; in praticail possesso di tale requisito fu riconosciuto solo alla Gran Bretagna. (4)Il 6 novembre 1956 Washington impose agli anglo-francesi il ritiro delle loro truppe inviate ad occupare il Canale di Suez, nazionalizzato dal presidente egizianoGamalAbd-elNasser il 26 luglio precedente; due giorni prima le forze del Patto di Varsavia avevano iniziato le operazioni per soffocare la rivolta popolare scoppiata in Ungheria il 23 ottobre 1956. (5) Lecentrali atomiche di Latina e del Garigliano iniziarono a funzionare rispettivamente il 1° giugno 1962 e il 1° giugno 1964. La prima fu chiusa il 26 novembre 1986, la seconda il 1° marzo 1982. (6) Il CAMEN fu chiusonel 1985 e trasformato in Centro Ricerche Esperienze e Studi per Applicazioni Militari (CRESAM), poi nel 1994 in Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari (CISAM). (7) In quegli anni negli Stati Uniti aveva successo una Ninna-Nanna che iniziava così: Dormi, dormi, pupo bello, in pace puoi riposare // Nessun tuono improvviso ti potrà svegliare; La pace la salva il missile atomico // E un dito sul bottone sarà teutonico. (da MLF Lullaby, di Tom_Lehrers, (http://www.youtube.com/watch?v=wB7PRY1Aqds) (8) LÊItalia avviò studi e ricerche nel campo della propulsione nucleare navale (progetto del sottomarino atomico G. Marconi)e procedette allÊinstallazione sullÊincrociatore G. Garibaldi di pozziverticali peril lancio di missili strategiciPolaris.Nessunodei progetti giunse a conclusione. (9) Il Trattato fu firmato il 1° luglio 1968 da USA, URSS e UK ed entrò in vigore il 5 marzo 1970. Germania Federale ed Italia vi aderirono nel 1975, la Francia nel 1992. 72 Rivista Marittima Ottobre 2014 SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE I CORSARI DI DÊANNUNZIO Arrembaggi e sequestri navali degli Uscocchi agli ordini del Vate durante lÊoccupazione di Fiume (1919-1920) PAOLO FRAGIACOMO (*) S iamo allÊinizio di ottobre del 1919, su una banchina del porto di Messina, dove è ormeggiato il Persia, mercantile della compagnia Lloyd Triestino diretto in Oriente con 13 mila tonnellate di armi e munizioni nelle stive, caricate a La Spezia qualche giorno prima. Con lÊaiuto di uno dei marinai, tre uomini salgono clandestinamente a bordo. Quando la nave è ormai al largo i tre escono allo scoperto e, con la sostanziale complicità dellÊequipaggio, costringono il comandante a invertire la rotta e a dirigere la prua verso Fiume. La città adriatica, il cui destino non è stato ancora definito alla Conferenza di pace di Parigi, da poco meno di un mese è nelle mani dei legionari guidati dal poeta-soldato Gabriele DÊAnnunzio, alla ricerca del fatto compiuto per rivendicarne lÊitalianità e forzare la mano alle potenze vincitrici dellÊIntesa (1). Proprio al Vate, che a Fiume ha assunto i pieni poteri con il titolo di Comandante, il prezioso bottino del Persia viene trionfalmente consegnato il 7 di quello stesso mese. Il sequestro e il dirottamento del piroscafo del Lloyd Triestino sarà solo il primo di una serie di clamorosi atti di pirateria messi in atto dai moderni Uscocchi agli ordini di DÊAnnunzio durante lÊavventura fiumana, conclusasi nel dicembre del 1920 con il ÿNatale di sangueŸ: lo sgombero cruento dei legionari dalla città da parte dellÊEsercito e della Regia Marina, in esecuzione del Trattato di Rapallo. Questi atti di pirateria finiranno per inasprire i già difficili rapporti fra DÊAnnunzio e il governo italiano, suscitando violentissime polemiche sulla stampa e tra le forze politiche, lasciando infine una lunga scia di controversie giudiziarie. Vogliamo dunque rievocare, accanto al poeta-soldato, allÊaviatore e al marinaio della ÿbeffa di BuccariŸ, un aspetto meno noto della complessa personalità del Vate: il pirata. LÊassedio di Fiume I l carico sottratto al Persia servì a migliorare lÊequipaggiamento dellÊimprovvisato e sgangherato esercito legionario, partito per Fiume il 12 settembre del 1919 da una località della (*) Giornalista professionista, ha lavorato in quotidiani e agenzie di stampa a Monfalcone, Trieste e Roma. Laureato in Storia allÊUniversità di Trieste, studioso di storia economica e di storia dellÊindustria, ha pubblicato diversi volumi e contributi su riviste specializzate con particolare riguardo al settore della cantieristica. Collabora con la Rivista Marittima dal 2009. 74 Rivista Marittima Ottobre 2014 I corsari di DÊAnnunzio Venezia Giulia, Ronchi, che da allora in poi avrebbe aggiunto ÿdei LegionariŸ al suo nome in ricordo appunto della ÿmarcia di RonchiŸ, come venne celebrato il raduno dei volontari pronti a tutto pur di seguire DÊAnnunzio a Fiume, sullÊonda del mito della ÿvittoria mutilataŸ che lo stesso Vate aveva contribuito a suscitare e diffondere nel Paese nei mesi precedenti. Perché proprio a Ronchi? Perché qui si era acquartierata una Brigata di granatieri ritirata per ordine del Governo da Fiume, dove faceva parte della forza multinazionale chiamata a sorvegliare le condizioni dellÊarmistizio. Alcuni ufficiali ribelli giurarono di ritornare nella città adriatica per conquistarla allÊItalia, chiedendo lÊaiuto di DÊAnnunzio (2). Oggi il comune di Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia, è noto soprattutto perché ospita lÊaeroporto regionale del Friuli Venezia Giulia. Un monumento a forma di colonna romana · collocato lungo la strada principale che attraversa lÊabitato, ma del tutto invisibile al viaggiatore frettoloso · richiama quel lontano evento ormai consegnato alla riflessione degli storici. I sequestri di navi successivi al dirottamento del Persia saranno dettati da motivazioni diverse: non tanto armare lÊesercito di occupazione quanto piuttosto alleviare la drammatica situazione alimentare, sanitaria ed economica dei legionari e della popolazione fiumana, strangolata dal blocco terrestre e marittimo voluto, fin da subito, dal primo ministro Francesco Saverio Nitti (ÿcagoiaŸ, come venne sprezzantemente definito dal Vate, confermando così la sua proverbiale inventiva linguistica). Quella di Nitti era una strategia prudente e flessibile. Mentre proclamava e metteva effettivamente in pratica il Rivista Marittima Ottobre 2014 D'Annunzio in divisa da comandante su una cartolina di Fiume (fonte Wikipedia). blocco, prendeva contatti riservati con il presidente della Croce Rossa Italiana (CRI), Giovanni Ciraolo, al quale chiedeva di organizzare un piano di aiuti umanitari a favore degli abitanti di Fiume. Secondo le direttive impartite a Ciraolo, dagli aiuti dovevano essere tassativamente esclusi i volontari di DÊAnnunzio. In questo modo Nitti voleva far risaltare il ruolo del Governo nel soccorso alla città, creando una potenziale frattura tra 75 I corsari di DÊAnnunzio la popolazione e lÊesercito legionario (3). AllÊinizio, nei primi mesi dellÊoccupazione, le condizioni alimentari di Fiume non erano poi così disastrose, ma si sarebbero drammaticamente aggravate nel corso del 1920, soprattutto dopo il fallimento del modus vivendi, il tentativo di compromesso fra il Governo e DÊAnnunzio, mandato allÊaria dal Comandante nel dicembre del 1919 con uno dei suoi tipici ÿcolpi di manoŸ: fece bloccare lo spoglio delle schede del referendum popolare sullÊaccordo, quando era ormai chiaro che avrebbero vinto i favorevoli. Alle difficoltà di approvvigionamento alimentare, causate dal blocco, si aggiungeva la crisi economica, il collasso delle poche industrie fiumane, la disoccupazione generalizzata, infine il disordine valutario. A Fiume circolavano varie monete (lire italiane, banconote jugoslave, persino vecchie corone ungheresi accanto a nuove improbabili corone fiumane), i cui rapporti di cambio erano del tutto aleatori, dettati da movimenti speculativi che provocavano improvvise fiammate inflazionistiche, con la conseguente sparizione dal mercato dei beni di prima necessità. La situazione non migliorò con la caduta di Nitti, nel giugno del 1920, e con il ritorno alla guida del Governo di Giovanni Giolitti. Il navigato statista e uomo politico piemontese, ormai quasi ottantenne, assunse un atteggiamento freddo e pragmatico, puntando a unÊintesa diplomatica per disinnescare la bomba fiumana. Una linea di condotta, questa, che avrebbe portato agli accordi diretti con il neonato Regno di Jugoslavia: prima il Trattato di Rapallo (novembre 1920) e quindi il Trattato di Roma (gennaio 1924), con il quale ultimo si sancì la definitiva sovranità italiana su Fiume, limitatamente alla sola 76 cinta urbana. Ma sul blocco della città occupata dai legionari, già inasprito dopo il fallimento del modus vivendi, Giolitti non modificò lÊatteggiamento intransigente di Nitti, nonostante i tentativi del presidente della CRI Ciraolo, che in fondo parteggiava per DÊAnnunzio, di ammorbidire la posizione del Governo. LÊUfficio Colpi di Mano ˚ in questo clima di stato dÊassedio che prese corpo lÊidea di organizzare in modo sistematico le azioni di pirateria per mare e le rapine per terra, selezionando per questo delicato compito uomini particolarmente audaci, gli Uscocchi, dal nome · di origine croata · dei pirati che nel XVI e XVII secolo infestarono lÊAdriatico creando non poche difficoltà alla Repubblica di Venezia (4). La pratica della pirateria fu addirittura istituzionalizzata allÊinizio del 1920 con la creazione di un vero e proprio Ufficio Colpi di Mano (UCM), posto alle dirette dipendenze dirette del Vate (il ÿGrande UscoccoŸ), fino ad arrivare alla pubblicazione sul Bollettino ufficiale del Comando di un ÿRegolamento dei Colpi di manoŸ. Fu sviluppata una rete di informatori nelle principali città italiane, sotto la copertura di agenzie commerciali, per tenere i contatti con i simpatizzanti della causa fiumana e per individuare le ÿpredeŸ da assalire. LÊUCM disponeva di due MAS armati e agiva in stretta cooperazione con unÊaltra branca della piratesca burocrazia dannunziana, lÊUF (Ufficio Falsi), che aveva il compito di fornire agli Uscocchi passaporti e documenti contraffatti per potersi muovere liberamente tra Fiume e lÊItalia, aggirando i rigorosi controlli Rivista Marittima Ottobre 2014 I corsari di DÊAnnunzio del blocco. Non si può ricostruire in modo adeguato la breve storia della pirateria dannunziana senza introdurre la figura di quello che fu il principale alleato degli ÿuscocchiŸ: Giuseppe Giulietti (1879-1953), sindacalista rivoluzionario e capo incontrastato della Federazione Italiana Lavoratori del Mare (FILM) (5). Nato a Rimini da una poverissima famiglia di pescatori, dopo il diploma allÊIstituto Nautico intraprese la carriera di ufficiale della Marina mercantile interessandosi sin dallÊinizio delle condizioni di vita dei marittimi. Grazie alla sua accorta politica rivendicativa e alla capacità di costruire un sindacato che rappresentasse senza distinzione tutti i lavoratori del mare, dagli ufficiali alla bassa forza, conquistò saldamente a partire dal 1913 la guida della FILM. Interventista e volontario nella Regia Marina durante il primo conflitto mondiale, Giulietti era nello stesso tempo pacifista e devoto alla causa del proletariato: la Grande Guerra era considerata dal sindacalista riminese come lÊoccasione per sconfiggere definitivamente il militarismo tedesco, per costruire quindi una pace duratura che doveva coincidere con il riscatto dei lavoratori di tutto il mondo. A Fiume Giulietti intratteneva rapporti diretti e amichevoli con DÊAnnunzio e con uno dei suoi principali collaboratori, lÊammiraglio Luigi Rizzo, pluridecorato per le audaci imprese con i MAS durante la Prima guerra mondiale, protagonista proprio con il Vate e con il futuro ministro delle Comunicazioni, Costanzo Ciano, della celebre ÿbeffa di BuccariŸ. Non a caso Rizzo accettò la proposta di Giulietti di assumere, a Genova, la direzione della neonata Cooperativa ÿGaribaldiŸ (6). Autentica creatura del sindacalista, che Rivista Marittima Ottobre 2014 I protagonisti della beffa di Buccari, da sinistra Luigi Rizzo, Gabriele D'Annunzio e Costanzo Ciano, in posa per la foto dopo la missione (fonte Wikipedia). la considerava realizzazione concreta del suo programma politico, efficace sintesi fra la dottrina marxista e quella mazziniana, la cooperativa arriverà a gestire direttamente anche unÊintera flotta di navi mercantili. Secondo Giulietti lÊoccupazione di Fiume doveva diventare il punto di partenza per innescare un moto rivoluzionario in Italia, che avrebbe avuto come sbocco una Repubblica dei lavoratori, e in questo senso avviò una serie di contatti segreti cercando di coinvolgere nelle sue trame occulte anarchici e socialisti. Del resto a Fiume, dopo il fallimento del modus vivendi, la componente dei legionari ÿmoderatiŸ era stata del tutto sopravan- 77 I corsari di DÊAnnunzio D'Annunzio (al centro con il bastone) con alcuni legionari a Fiume nel 1919 (fonte Wikipedia). zata da quella degli ÿscalmanatiŸ, come confermava la sostituzione, nella funzione di Capo di Gabinetto del Comandante, di Giovanni Giuriati con il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, ispiratore della Costituzione fiumana (la Carta del Carnaro). In ogni caso, il disegno eversivo di esportare la fiamma della rivoluzione nella Penisola, a partire dalla scintilla fiumana, si sarebbe rivelato del tutto inconsistente. Fu comunque la FILM, su impulso di Giulietti, a fornire agli ÿuscocchiŸ un aiuto decisivo: uomini, complicità, supporto logistico, imbeccate riservate sulle navi da depredare e sulle loro rotte. In questo articolo ci soffermeremo soltanto sui casi principali di assalti alle navi mercantili, vale a dire sugli atti di pirateria veri e propri (7). Non va tuttavia dimenticato che lÊazione dellÊUCM era indirizzata anche alle ruberie terrestri · eclatante e beffarda fu la razzia di cavalli da tiro ai danni dellÊEsercito, avvenuta nei pressi di Abbazia · 78 e ai tentativi di impadronirsi delle unità navali della Regia Marina. ˚ il caso del cacciatorpediniere Bertani, ormeggiato a una banchina del porto di Trieste, trafugato fortunosamente nel dicembre del 1919 da sette Uscocchi con la complicità di alcuni uomini dellÊequipaggio. Tra il personale della Regia Marina, anche tra gli ufficiali, non mancavano infatti diffuse simpatie per la causa fiumana, fino ad arrivare alle aperte defezioni: la piccola Marina legionaria era composta da unità passate volontariamente dalla parte di DÊAnnunzio. Uno dei casi più imbarazzanti fu quello dellÊammiraglio Enrico Millo, Governatore militare della Dalmazia, che inizialmente assunse un atteggiamento di neppure tanto velato appoggio al poeta-soldato, fino a farsi irretire nelle ÿmene balcanicheŸ, le velleitarie trame eversive antiserbe ordite dagli ÿscalmanatiŸ per mettere in crisi il Regno di Jugoslavia (8). Da ciò la linea prudente dei vertici della Regia Marina in Rivista Marittima Ottobre 2014 I corsari di DÊAnnunzio quel delicato frangente, una linea di sostanziale lealtà nei confronti del Governo, ma nello stesso tempo di comprensione nei confronti di coloro che simpatizzavano per DÊAnnunzio, in modo da evitare tensioni e fratture interne (9). Armi proletarie Sul sequestro del Persia esistono due versioni diverse. La prima, accreditata dal capo della FILM Giuseppe Giulietti, è quella che abbiamo sintetizzato nelle righe iniziali; lÊaltra, ripresa poi da autori successivi, è riportata nel volume che lo scrittore Tom Antongini, segretario personale di DÊAnnunzio, ha dedicato nel 1951 alle avventure degli ÿallegri filibustieriŸ fiumani. Il Persia, secondo Antongini, era salpato da Trieste. Grazie a una soffiata dei sindacalisti della FILM, che avevano trasmesso agli emissari di DÊAnnunzio informazioni riservate sul carico e sulla rotta, il mercantile del Lloyd Triestino era stato abbordato da un MAS legionario poco dopo la partenza, al largo del faro di Lussinpiccolo, sullÊisola di Lussino. Dopo che dal MAS era partito un colpo di schrapnel a scopo intimidatorio, il Persia era stato costretto a fermare le macchine e quindi a calare la scala. Erano così saliti a bordo dieci Uscocchi armati, che avevano messo fuori uso la radio di bordo e intimato al comandante di dirigersi a Fiume, con il sostanziale consenso dellÊequipaggio, una volta chiarito lo scopo ÿpatriotticoŸ del sequestro. Il MAS 96, esposto nel Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera, visto da poppa e da prua (fonte Wikipedia, autore Olonia). Rivista Marittima Ottobre 2014 79 I corsari di DÊAnnunzio Qual è dunque la verità? Non è facile stabilirlo sulla base di testimonianze discordanti. Antongini è sicuramente persona bene informata sui fatti, anche se la narrazione nelle pagine del suo libro risulta a tratti un poÊ troppo romanzata. Su un punto, a più di trentÊanni dagli eventi raccontati, la memoria lo ha sicuramente ingannato: colloca il sequestro nel febbraio del 1920, quando lÊUCM era già in piena operatività, mentre era in realtà avvenuto quattro mesi prima, nellÊottobre del 1919. Diciamo però che sul piano storico è più importante rilevare che Giulietti si assunse pubblicamente, a nome del sindacato della gente di mare, la diretta e intera paternità dellÊoperazione. Era stato il Giornale dÊItalia, nel pubblicare la notizia, a parlare di una cattura ÿallÊalto dei LussiniŸ. Giulietti replicò immediatamente facendo distribuire il 10 ottobre uno dei cosiddetti ÿfoglietti volantiŸ, i manifestini di propaganda rivolti ai marittimi, con la sua versione: il Persia non era stato catturato, ma condotto volontariamente a Fiume per decisione della FILM, che era riuscita a imbarcare a La Spezia un segretario del sindacato il quale, a sua volta, aveva fatto salire a Messina altri tre fiduciari. Versione ribadita coraggiosamente dallo stesso Giulietti, fra proteste e interruzioni, nel suo primo discorso alla Camera, dove era stato eletto nelle file del Partito del Lavoro nella consultazione del 16 novembre 1919. Lo scopo del clamoroso gesto, pianificato dallÊalto, era molto chiaro: impedire la partenza di armi che si riteneva fossero destinate alla guerra contro lÊUnione Sovietica, a rifornire cioè lÊarmata ÿbiancaŸ che stava resistendo al potere bolscevico, ancora in fase di consolidamento (per dovere di cronaca, Nitti smentì in Parlamento, affermando che la for- 80 nitura militare era diretta in Cina). Tutto ciò confermava, comunque, la linea fino al quel momento seguita dalla FILM: il sindacato di Giulietti aveva infatti aderito allo sciopero generale internazionale di solidarietà con lÊUnione Sovietica e già bloccato a Genova un altro piroscafo in partenza per lÊOriente, il Fedora, anchÊesso carico di armamenti. E dunque ÿi mezzi che dovevano servire a combattere la libertà e la redenzione del popolo russo serviranno adesso per la libertà e la redenzione del popolo fiumanoŸ. LÊarrivo del Persia a Fiume fu una vera benedizione per lÊesercito legionario. Nella sue stive cÊera di tutto: batterie da montagna, fucili, mitragliatrici, munizioni. Ma non è finita. Il capo della FILM chiese a DÊAnnunzio di bloccare la nave in porto anche dopo che il carico era stato ÿprelevatoŸ, come mezzo di pressione nei confronti del Governo con cui il sindacato dei marittimi aveva in atto una dura vertenza sul miglioramento delle prestazioni della Cassa Invalidi. Un episodio che la dice lunga sulla personalità di Giulietti, nel quale idealismo e pragmatismo convivevano senza contraddirsi. Pane per la causa A lla metà di dicembre del 1919 la situazione alimentare di Fiume, come abbiamo visto, non era ancora allarmante. Ma bisognava comunque prepararsi per tempi che si preannunciavano difficili. Grazie ai contatti che gli emissari di DÊAnnunzio intrattenevano sulla piazza triestina, da un fiduciario della FILM arrivò il suggerimento di recarsi ad Ancona, dove un altro esponente del sindacato avrebbe potuto fornire informazioni più dettagliate su una potenziale ÿpredaŸ. Rivista Marittima Ottobre 2014 I corsari di DÊAnnunzio Sette Uscocchi, al comando di un ufficiale legionario, si misero così in viaggio, abbigliati in modo modesto, come operai in cerca di lavoro. Nel porto marchigiano, in una taverna, incontrarono il loro uomo. Ed ecco la preziosa imbeccata: ormeggiato alla banchina cÊera un mercantile di 7 mila tonnellate, il Trapani, in partenza a mezzanotte per Sebenico, con le stive stracolme di derrate alimentari (sacchi di farina e di pasta, legumi secchi, frutta) destinate ai militari italiani stanziati in Dalmazia, e poi tanti milioni in contanti per pagare il soldo alle truppe. Per salire a bordo senza dare nellÊocchio cÊera un complice pronto ad aiutarli: il capo dei portuali. Inseriti nel turno di notte, e travestiti da scaricatori, gli Uscocchi riuscirono così a imbarcarsi clandestinamente, rifugiandosi a poppa, nellÊangusto, rumoroso e scomodo locale dove lÊalbero motore si innesta nellÊelica. Quando il Trapani aveva già preso il largo dopo qualche ora di navigazione, ma ancora in piena notte, gli ÿuscocchiŸ fecero prima irruzione in sala macchine e poi in coperta, nel quadrato degli ufficiali, intimando che la nave venisse dirottata su Fiume. Tra lÊequipaggio trovarono un atteggiamento conciliativo, a tratti persino cordiale, visto che molti avevano amici o parenti arruolati tra i legionari di DÊAnnunzio. Bisognava però salvaguardare le forme. Il comandante fece capire che soltanto di fronte alla forza poteva cedere, e chiese quindi di essere fatto materialmente prigioniero. Un ÿuscoccoŸ, con la delicatezza del caso, gli legò i polsi dietro la schiena. CÊera solo un problema: a bordo si trovava una scorta armata, un maresciallo dei Carabinieri al comando di dieci militari. In quel momento stavano tutti dormendo. Secondo il racconto di Tom Antongini, gli Uscocchi riuscirono a Rivista Marittima Ottobre 2014 disarmarli nel sonno, sottraendo moschetti e pistole, e a rinchiuderli dentro la loro stessa cabina. A quel punto era fatta. Con lÊaiuto di un ufficiale di coperta navigarono fino a Fiume dove ad attendere lÊarrivo del Trapani, annunciato via radio, cÊera sul molo una folla in festa. I carabinieri rifiutarono di unirsi ai legionari, nonostante le insistenze degli Uscocchi. Chiesero invece di essere riconsegnati alle autorità italiane, andando quindi incontro al giudizio per il mancato adempimento del loro dovere. Il prezioso carico di derrate alimentari venne ÿprelevatoŸ su ordine del Servizio Commissariato del Comando. Mancava invece il contante. Per un contrattempo dellÊultimo minuto, i milioni per pagare le truppe in Dalmazia non erano stati caricati a bordo. Con il passare dei mesi la situazione alimentare di Fiume andava sempre di più peggiorando: si era arrivati ormai alla carenza di pane. Ecco perché lÊinformazione raccolta dagli Uscocchi nel maggio del 1920 a Trieste, sempre grazie ai contatti con i marittimi della FILM, risultava davvero provvidenziale. Era in arrivo a Trieste, proveniente dallÊAmerica e diretto poi a Venezia come approdo finale, un piroscafo battente bandiera ungherese, il Baron Fejervary, con le stive stracolme di grano. Secondo le rassicurazioni della FILM, lÊequipaggio non avrebbe opposto resistenza e anzi avrebbe addirittura assecondato un sequestro di marca dannunziana. E fu proprio uno dei macchinisti della nave, in porto a Trieste, a far salire clandestinamente a bordo i sette Uscocchi scelti per il ÿcolpo di manoŸ, nascondendoli nel deposito del carbone. Alla vigilia, lÊoperazione rischiò di essere seriamente compromessa dallo stesso Comandante che, di fronte al malcontento montante tra i fiumani per le condizioni alimentari 81 I corsari di DÊAnnunzio della città occupata, organizzò un raduno pubblico annunciando lÊimminente cattura di un mercantile carico di grano. Ciò mise in allarme le autorità italiane, che rafforzarono la vigilanza a Trieste, organizzando un picchetto armato sotto bordo del Baron Fejervary e imponendo al comandante di salpare con alcune ore di anticipo per Venezia. Ma ormai i sette Uscocchi erano già saliti. Non appena la nave ungherese guadagnò il largo, si ripeté il copione già visto: i pirati con il volto annerito dal carbone uscirono allo scoperto dividendosi in due gruppi. Il primo si diresse rapidamente verso la stazione radio, puntando la pistola sul viso del radiotelegrafista, mentre il secondo irruppe sul ponte di comando intimando il ÿmani in alto!Ÿ. Non solo la bassa forza del Baron Fejervary, ma anche gli ufficiali mostrarono simpatia per il fine ÿpatriotticoŸ del sequestro, cercando soltanto di non farsi compromettere. Si fecero perciò richiudere nel quadrato e lasciarono a disposizione degli Uscocchi un timoniere che li aiutasse a governare il piroscafo. Per aggirare il blocco navale di Fiume, si scelse un tragitto più lungo in modo da giungere in porto dalla rotta seguita abitualmente dalle navi provenienti da Ancona. LÊarrivo fu davvero trionfale. Nelle stive cÊerano 6 mila tonnellate di grano da distribuire ai forni della città, una quantità sufficiente a sfamare i fiumani per almeno un anno. Ultimato il ÿprelievoŸ, il Baron Fejervary non fu lasciato partire. Il Comando spedì a Roma due Uscocchi con una proposta provocatoria e beffarda: vendere una parte del grano al Governo. In caso contrario, la nave sarebbe stata demolita nei cantieri di Fiume e venduta a pezzi come ferrovecchio. Per evitare ulteriori complicazioni, il Governo fu costretto ad accettare il ricatto, e nelle casse 82 ormai prosciugate del Comando entrarono così soldi liquidi per un milione e mezzo. LÊepisodio del Baron Fejervary fu immediatamente fissato da Gabriele DÊAnnunzio in una delle sue prose immaginifiche, nella quale lÊarrivo provvidenziale del ÿfrumento di dioŸ è addirittura accostato dal Vate al miracolo evangelico della moltiplicazione dei pani e al sacramento dellÊeucaristia. Ecco alcuni passi del testo: ÿStamane, dopo una veglia stellata io vidi entrare nel porto, preziosa come una conca di perle, la nave carica di frumento condotta dai miei Uscocchi. [...] Compagni, abbiamo il nuovo pane. Giovani ammirabili hanno vendicato, sulla presa nave, la vostra lunga fame. [...] Essi sono rimasti per giorni nella carbonara irrespirabile, nascosti. Si sono nutriti del pensiero di voi e della loro selvaggia allegrezza. Son balzati fuori, nel buon momento, con le facce nere, con le mani nere, come i fabbri incotti della fucina allegra. Hanno nominato il nome di Fiume, il nome magico che basta a mutare la rotta di ogni nave dellÊAdriatico. [...] Oggi è la moltiplicazione del pane. Con cupo dolore ci comunicammo ieri nel sangue. Con maschia serenità ci comunichiamo oggi nel pane che lÊIddio nostro ci manda. Carica del frumento di dio la vasta nave tace nel porto taciturnoŸ (10). LÊultimo ricatto Alla fine dellÊestate del 1920 lÊoccupazione fiumana stava ormai entrando nella fase di stanchezza e di esaurimento. Ci fu però ancora spazio per un ultimo, clamoroso atto di pirateria che finì per fruttare alla causa una considerevole somma di denaro: il sequestro del mercantile Cogne della società di navigazione Rivista Marittima Ottobre 2014 I corsari di DÊAnnunzio dellÊAnsaldo, diretto in Argentina con un carico di merci varie di grande valore nelle stive (sete, orologi svizzeri, automobili). A segnalare la ÿpredaŸ furono ancora una volta gli uomini della FILM, in questo caso i Genovesi. La vicenda iniziò nel modo più avventuroso. Per aggirare il blocco di Fiume e raggiungere Genova, luogo dellÊabboccamento con i sindacalisti, due degli Uscocchi incaricati si imbarcarono su un piccolo aereo legionario, con lÊintenzione di atterrare su una delle piste di fortuna allestite attorno a Treviso durante la guerra, e da qui raggiungere la Liguria in treno. Ma un improvviso guasto al motore costrinse il pilota a un drammatico atterraggio dÊemergenza in piena campagna, dal quale i due uscirono miracolosamente solo con qualche graffio, fuggendo prima dellÊarrivo dei soccorsi per non essere smascherati. Secondo la soffiata dei genovesi, a bordo del Cogne cÊerano alcuni fiduciari della FILM e un equipaggio disponibile a portare la nave a Fiume, qualora gli Uscocchi fossero riusciti a impadronirsi con la forza del comando neutralizzando gli ufficiali. La rotta prevedeva, dopo la partenza da Genova, una breve sosta a Napoli e una più lunga a Catania, di tre giorni, per completare il carico prima di salpare per lÊAtlantico allÊinizio di settembre. Il momento più adatto per intrufolarsi a bordo era quindi a Catania, che un gruppo di sette Uscocchi raggiunse in treno. Proprio nel porto siciliano, aiutati da alcuni membri dellÊequipaggio, i clandestini riuscirono una notte a salire a bordo alla spicciolata e a nascondersi nella galleria dellÊasse dellÊelica. Una volta doppiato Capo Passero, secondo gli accordi con i fiduciari della FILM, uscirono dal loro scomodo nascondiglio con le armi in pugno. Il piano seguì lÊan- Rivista Marittima Ottobre 2014 Un Uscocco (fonte Wikipedia). damento consueto: prima fu immobilizzato lÊufficiale radiotelegrafista rendendo inagibile la radio, poi si raggiunse il ponte di comando. Gli ufficiali vennero rinchiusi in un locale sotto coperta e strettamente sorvegliati. I pirati, con la complicità dei marinai, si misero quindi al timone e navigando fuori rotta, per evitare sorprese, giunsero nottetempo nel Quarnaro, in prossimità di Fiume. A poche miglia dalla meta, il piano rischiò tuttavia di andare in fumo. Secondo la versione di Antongini, il Cogne fu intercettato e illuminato dalle fotoelettriche di un cacciatorpediniere della Regia Marina in perlustra- 83 I corsari di DÊAnnunzio zione, ma gli Uscocchi fecero in tempo a issare la bandiera jugoslava e a deviare la rotta verso Buccari. Nel dubbio, e per evitare incidenti diplomatici, il cacciatorpediniere lasciò perdere e si allontanò. La cattura fu solo lÊantefatto, forse la parte meno interessante, della clamorosa vicenda del Cogne, che ebbe vastissima eco sulla stampa italiana e internazionale. La merce custodita nelle stive, per quanto di notevole valore, non serviva infatti ai bisogni dei legionari e della città, ed era nello stesso tempo difficilmente vendibile sulla piazza fiumana. Ecco allora lÊidea beffarda del Comandante DÊAnnunzio: chiedere un riscatto al Governo italiano, in cambio del rilascio della nave con il suo prezioso carico. Due Uscocchi furono inviati a Roma per intavolare una trattativa in sede ministeriale, ma si trovarono di fronte a un netto e sdegnoso rifiuto: la nave era di proprietà privata e quindi il Governo, così si disse, non aveva alcun interesse a intervenire nella questione. Negoziati furono perciò avviati con la società armatrice e con le ditte, italiane e straniere, proprietarie della merce. A intercedere a favore di una soluzione negoziata fu uno dei maggiori industriali italiani, Senatore Borletti, ammiratore di DÊAnnunzio e proprietario dellÊomonima ditta di meccanica di precisione, produttrice fra lÊaltro delle notissime macchine da cucire. Borletti aveva anche rilevato nel 1917 dai fratelli Bocconi la prima catena italiana di grandi magazzini, ribattezzandoli ÿla RinascenteŸ, un nome inventato proprio dal Vate, mentre si trovava al fronte tra unÊazione di guerra e lÊaltra, su richiesta dellÊimprenditore milanese (11). LÊindustriale cercò dapprima contatti con Giolitti, ma senza alcun esito. Nonostante questo iniziale scacco, non si diede per vinto 84 e organizzò una cordata di imprenditori e finanzieri simpatizzanti della causa fiumana, raccogliendo così la somma necessaria per liberare la nave. Il valore della merce imbarcata, secondo le stime ordinate dal Comandante, ammontava a circa 200 milioni. DÊAnnunzio chiese allÊarmatore, attraverso i suoi emissari inviati a Genova, un riscatto del 10 per cento, minacciando in caso contrario di iniziare lo svuotamento delle stive. Alla fine ci si accordò per 12 milioni. DÊAnnunzio chiese che il denaro venisse consegnato direttamente a Fiume, in contanti e in banconote da mille di serie diverse, per evitare trucchi. Ai primi di dicembre, un legale incaricato dagli armatori di concludere la transazione arrivò perciò nella città occupata dai legionari con i biglietti da mille stipati in due enormi valige. Solo a questo punto, a tre mesi dal sequestro di Capo Passero, fu consentito al Cogne di salpare e di dirigere finalmente la prua verso la destinazione dellÊAmerica del Sud. I 12 milioni di lire costituivano nel 1920 una somma davvero notevole, corrispondente a oltre 12 milioni di euro attuali (12). Ma il ÿNatale di sangueŸ, lÊatto finale dellÊavventura fiumana, era ormai nellÊaria. E il riscatto del Cogne servì soprattutto, in ultimo, a pagare un ÿpremio di smobilitazioneŸ a tutti i legionari che avevano preso parte alla marcia di Ronchi. UnÊutopia anarchica? Il racconto delle gesta degli Uscocchi conferma la diffusa corrente di simpatia, di sostegno e complicità che lÊoccupazione di Fiume suscitò in diversi e persino contrapposti settori dellÊopinione pubblica italiana, Rivista Marittima Ottobre 2014 I corsari di DÊAnnunzio dalle Forze Armate alle frange dellÊeversione anarchica, dai magnati dellÊindustria ai lavoratori del mare, dai nazionalisti ai sindacalisti rivoluzionari. Sarebbe tuttavia riduttivo concludere che la motivazione principale dei sequestri di navi e delle rapine fosse semplicemente di natura materiale, procurarsi cioè armi e cibo per aggirare il blocco economico della città imposto dal Governo italiano. Non si coglie pienamente il senso di questa vicenda se non si aggiunge unÊulteriore considerazione, altrettanto decisiva: nella riscoperta e nellÊesercizio della pirateria si riassume in modo paradigmatico lÊestetica dannunziana. Le sirene del Vate richiamarono a Fiume ribelli di ogni risma e da ogni parte del mondo: anarchici e avventurieri, banditi e futuristi, militari e bohémien. LÊanno dellÊoccupazione trascorse in un clima di sospensione delle regole, di disordine, baldoria e trasgressione, un clima di esaltazione collettiva e di festa continua, tra canti balli e libero amore. Insomma, gli ingredienti tipici di molti sovversivismi novecenteschi, unÊanticipazione delle rivolte giovanili del 1968 punteggiate da slogan come ÿlÊimmaginazione al potereŸ (13). Davvero a Fiume si realizzò il mito della fusione tra arte e vita. I proclami del poetasoldato dal balcone della sede del Comando erano concepiti come altrettante opere letterarie o, se si vuole, come performance artistiche. La musica fu ufficialmente dichiarata principio centrale dello Stato. Accanto alle motivazioni materiali, è dunque importante cogliere lo ÿstileŸ delle gesta degli Uscocchi, uno stile in cui si mescolano sprezzo del pericolo e della vita, giovanile baldanza, menefreghismo, gusto della beffa in linea di continuità diretta con la ÿbeffa di BuccariŸ. Rivista Marittima Ottobre 2014 Ed è proprio questo lo spirito con il quale Tom Antongini, nel suo libro del 1951, racconta le gesta degli ÿallegri filibustieriŸ di DÊAnnunzio. La stessa singolare economia fiumana durante lÊanno di occupazione legionaria potrebbe essere definita unÊÿeconomiapirataŸ, anticapitalista e antiutilitaria, basata sul rifiuto della logica del materialismo e piuttosto su una sorta di ÿfilosofia del donoŸ nei suoi momenti costitutivi del rubare, del donare e del ricevere. Tutto ciò ha attirato, in anni recenti, lÊattenzione del pensiero anarchico. LÊautore americano Hakim Bey, nel suo libro sulle TAZ (Themporary Autonomous Zone · Zone Temporaneamente Autonome) ha associato la Fiume dannunziana alle basi dei pirati del XVII secolo, i nascondigli disseminati sulle isole in località neppure segnate sulle mappe, autentiche mini-società occulte che vivevano senza e al di là della legge, con unÊeconomia alimentata dallÊappropriazione del surplus della sovrapproduzione sociale. La breve Repubblica di Fiume sarebbe insomma lÊultima delle ÿutopie pirateŸ e, forse, la prima delle moderne TAZ, definite come lÊesito di movimenti insurrezionali che si propongono di aprire crepe nello Stato onnipresente e onnipotente, caratterizzate da un clima di festa continua, dallÊintensificazione del quotidiano, insomma dalla ÿpenetrazione della Vita da parte del MeravigliosoŸ. Coloro che partecipano a simili esperienze, osserva lo scrittore anarchico, ÿnotano invariabilmente i suoi aspetti festivi, anche in mezzo al conflitto armato, al pericolo e al rischioŸ (14). Una considerazione, questa, che si attaglia perfettamente allÊepopea degli Uscocchi. Certo non bisogna dimenticare che la vicenda fiumana si inseriva nel contesto di una 85 I corsari di DÊAnnunzio tragica stagione di contrapposizioni e di violenze che attraversavano il Paese, un clima eversivo che avrebbe accelerato il collasso dello Stato liberale e condotto allÊaffermazione del fascismo. Come ha lasciato scritto Giolitti nelle sue memorie: ÿFiume era diventata un centro di turbamento della vita italiana, e anzi un pericolo, anche per lÊenorme quantità di armi e munizioni che vi erano state adunateŸ (15). E non bisogna dimenticare che lÊoccupazione di Fiume fu uno degli episodi che contribuirono nella Venezia Giu- lia a esacerbare le contrapposizioni nazionali, che si sarebbero condensate a cavallo del secondo conflitto mondiale in alcune delle pagine più buie della storia italiana ed europea. Altrettanto certo è che la complessa figura di Gabriele DÊAnnunzio, soprattutto del DÊAnnunzio legionario, risulta difficilmente incasellabile in una delle classiche categorie della politica. E che questa rivalutazione postuma dellÊesperienza fiumana in chiave anarchico insurrezionalista, avrebbe sicuramente sollen ticato e lusingato il Vate. NOTE (1) Per un inquadramento generale sulle vicende fiumane dopo la Prima guerra mondiale vedi Antonella Ercolani, Da Fiume a Rijeka. Profilo storico-politico dal 1918 al 1947, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009, in particolare il capitolo primo ÿLa questione fiumana dal 1918 al 1922Ÿ, pp. 21-137; sul DÊAnnunzio politico un punto di riferimento fondamentale è la biografia di Paolo Alatri, Gabriele DÊAnnunzio, Torino, Utet, 1983, in particolare il capitolo sesto ÿLÊimpresa di FiumeŸ, pp. 411-490. (2) SullÊoccupazione da parte dei legionari il lavoro più completo resta quello di Ferdinando Gerra. LÊimpresa di Fiume, 2 voll., Milano, Longanesi, 1975; vedi anche Fiume legionaria. A ottantÊanni dallÊimpresa dannunziana, Trieste, Lega nazionale Trieste – Centro studi ÿAlfieri SeriŸ, 2001, Atti del convegno, Trieste, 27 novembre 1999. (3) Sulle condizioni economiche di Fiume durante lÊoccupazione dei legionari vedi Giuseppe Parlato, Mezzo secolo di Fiume. Economia e società a Fiume nella prima metà del Novecento, Siena, Cantagalli, 2009, in particolare il capitolo terzo ÿIl blocco economico e gli aiuti della Croce rossaŸ, pp. 69-112. (4) Giacomo Scotti, I pirati uscocchi per e contro la Serenissima, in Pirati di ieri e di oggi, a cura di Massimo Annati e Fabio Caffio, Supplemento alla Rivista Marittima, dicembre 2009, pp. 19-24. (5) Sulla figura di Giulietti vedi Guglielmo Salotti, Giuseppe Giulietti. Il sindacato dei marittimi dal 1910 al 1953, Roma, Bonacci, 1982, in particolare le pp. 71-89 per quanto riguarda le vicende qui approfondite; vedi anche la voce firmata da Giuseppe Sircana, ÿGiulietti, GiuseppeŸ, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 56, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2001. (6) Sulla figura di Rizzo vedi la biografia di Fabio Andriola, Luigi Rizzo, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 2000, in particolare per il periodo trascorso a Fiume e per la presidenza della ÿGaribaldiŸ, pp. 133-198. (7) Nel ricostruire i singoli episodi di pirateria ci siamo avvalsi in particolare di Gerra, LÊimpresa di Fiume, cit. vol. I pp. 149-155 e 217-218, vol. II pp. 6-10 e 183-188; inoltre Tom Antongini, Gli allegri filibustieri di DÊAnnunzio, Milano, Aldo Martello Editore, 1951. (8) Il coinvolgimento di Millo nelle ÿmene balcanicheŸ è riportato da Alatri, Gabriele DÊAnnunzio, cit., p. 464. (9) SullÊatteggiamento della Regia Marina in merito alla questione fiumana vedi Giorgio Giorgerini, Da Matapan al Golfo Persico. La Marina Militare Italiana dal fascismo alla Repubblica, Milano, Mondadori, 2003, in particolare il paragrafo ÿFiume, DÊAnnunzio e la MarinaŸ, pp. 105-125. (10) Il testo è riportato in Antongini, Gli allegri filibustieri, cit., pp. 94-95. (11) Elena Papadia, La Rinascente, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 7; sulla figura dellÊimprenditore milanese vedi anche la voce firmata da Alceo Riosa, ÿBorletti, SenatoreŸ, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 12, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1971. (12) Il calcolo è stato condotto utilizzando i coefficienti ufficiali di rivalutazione della lira forniti dallÊISTAT, convertendo poi lÊimporto in euro 2012. (13) Questi aspetti sono stati approfonditi da Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con DÊAnnunzio a Fiume, Bologna, Il Mulino, 2002, in particolare il capitolo sesto ÿEconomia pirataŸ, pp. 133-151, e le conclusioni, pp. 203-205. (14) Hakim Bey. TAZ Zone temporaneamente autonome, Milano, Shake, 2002, in particolare le pp. 11-58; i riferimenti alla vicenda dannunziana sono alle pp. 41-42; le due citazioni tra virgolette sono rispettivamente a p. 26 e a p. 19. (15) Citato in Gerra, LÊimpresa di Fiume, cit., vol. II, pp. 36-37. 86 Rivista Marittima Ottobre 2014 THE PROPULSION TECHNOLOGY PARTNER FOR THE AVIATION INDUSTRY. FOLLOW US www.avioaero.com DESIGN SAND CASTING / ADDITIVE MANUFACTURING MANUFACTURING ASSEMBLY TESTING DELIVERY MRO & CRO YOUR TECHNOLOGY PARTNER SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE LÊATTIVIT˘ DÊINTELLIGENCE DEI GRUPPI JIHADISTI Secondo la lettura del Corano ROBERTO CELESTRE (*) I l Corano è per i musulmani testo ispirato, oggetto sacro stricto sensu. Esso è fonte teologica e, al contempo, testo della prassi che investe non solo la morale, ma anche la giurisprudenza nei vari ambiti della vita dei fedeli. LÊepoca medievale ha conosciuto unÊintensa attività esegetica del testo sacro e di elaborazione normativa allo scopo di fornire soluzioni aderenti ai dettami coranici che rispondevano alle esigenze di una comunità in evoluzione. Anche i riferimenti riconducibili allÊambito militare presenti nel testo sono stati oggetto di riflessione interpretativa da parte degli esegeti. La ÿriletturaŸ sugli aspetti militari è stata rivitalizzata dagli ideologi contemporanei di gruppi paramilitari jihadisti, con lÊobiettivo di legittimarne lÊoperato creando una cornice ideologica e di riconoscimento giuridico. In quanto rispondenti al volere divino, tali organizzazioni mirano quindi alla continua polarizzazione di nuove forze e, al contempo, ad attirare il consenso dellÊintera comunità islamica. Il Corano è quindi il punto di partenza da cui originano le speculazioni ideologiche del radicalismo islamico contemporaneo e, per comprenderne il pensiero, ne consegue che una lettura attenta del testo coranico è illuminante, se non indispensabile. Il Corano, paradigma di riferimento L Êunica citazione esplicita riscontrabile nel Corano sullÊattività dÊintelligence in realtà ne vieterebbe lÊesercizio in forma clandestina: ÿO Voi che credete! Evitate molte congetture, ché alcune sono peccato e non spiate gli altri, non occupatevi degli affari altrui, e non mormorate degli altri quando non sono presenti. Piacerebbe forse a qualcuno mangiare la carne del vostro fratello morto? No di certo, vi disgusterebbeŸ (1). Il divieto esplicito rivelato in questo versetto è stato però interpretato dagli esegeti quale interdizione allÊintrusione nella vita privata e nellÊambito domestico dei fedeli. A sua volta, i commentatori coranici hanno indi- (*) Studioso di storia dellÊIslam medievale con particolare riferimento alle tematiche afferenti a tecniche e strategie militari del periodo islamico classico. ˚ socio dellÊIstituto per lÊOriente ÿCarlo Alfonso NallinoŸ e collabora a diverse riviste, tra cui Oriente Moderno ed Eurasian Studies. Recentemente ha curato e tradotto dallÊarabo il testo di Ali ibn Abi Bakr al-Harawi, Consigli sugli stratagemmi di guerra, Il Melangolo, Genova, 2013. 88 Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti viduato dei versetti in seno a vari capitoli del testo in cui esistono i presupposti per la legittimazione di alcune attività dÊintelligence. Ed è su questi passaggi del Corano che in passato (periodo classico medievale) si è sviluppato il dibattito sullÊammissibilità dellÊattività dÊintelligence, creando così la linea di demarcazione fra interesse privato e pubblico in tale ambito. I riferimenti che legittimano lÊattività dÊintelligence per il bene comune sono molteplici, seppur quasi mai espliciti in quanto rimandano a eventi legati alle vite dei profeti, a figure bibliche o a narrazione di eventi storici citati nel Corano. Senza voler entrare nel merito dei singoli versetti coranici, a titolo esemplificativo è utile qui menzionare almeno alcuni passaggi in cui sono rilevabili le specifiche attività o momenti che caratterizzano operazioni dÊintelligence. La ventisettesima ÿsūra», (ÿsūra della formicaŸ) racchiude gli elementi base dÊintelligence reporting: presenza di una fonte informativa, comunicazione dellÊinformazione, grado di attendibilità di quanto riportato, verifica dellÊinformazione ricevuta da parte dellÊautorità competente. Tale ÿsūra» ha come protagonista unÊupupa che rivela a re Salomone di aver trovato un regno grazie al proprio sguardo che abbraccia ciò che nemmeno quello del re è in grado di abbracciare. LÊupupa porta notizia sicura dellÊesistenza del regno di Saba, dove una regina, da cui parte ogni cosa, siede su un trono eccelso. Il suo popolo adora il sole anziché Dio, poiché Satana ha abbellito ai loro occhi le loro azioni sviandoli dal vero cammino. La narrazione prosegue con lÊincredulità del sovrano nellÊudire il messaggio riferito e con il suo fermo proposito di voler verificare se le Rivista Marittima Ottobre 2014 informazioni ricevute rispondano al vero o siano mendaci (2). La ÿsūra delle donneŸ ribadisce quanto enunciato nella ÿsūra» precedente, enfatizzando lÊimportanza dellÊanalisi dellÊinformazione ricevuta e lÊuso della massima accortezza nella sua diffusione, operazione che deve essere svolta esclusivamente da chi è responsabile della sicurezza dello Stato (3). Le ÿsūre» dodicesima e ventottesima fanno invece riferimento alla raccolta di informazioni in forma clandestina tramite lÊutilizzo di molteplici forme e mezzi (4). Anche lÊattività di contro-intelligence è riscontrabile in alcuni versi del Corano. La necessità di adottare tutte quelle misure precauzionali per prevenire attività dÊintelligence da parte del nemico è evidenziata in più parti e, tra queste, la ÿsūra degli ipocritiŸ ne è un esempio. In essa si mette in guardia dalla minaccia costituita da quanti, a seguito dei successi militari del profeta di Muhammad e del consolidarsi della nascente comunità islamica tra le potenze della penisola araba, hanno abbracciato la fede islamica per opportunismo. Gli ipocriti erano la quinta colonna dei politeisti, coloro che agivano in seno alla nuova comunità islamica di Medina allo scopo di minarla dal suo interno e seminare la sedizione. Di conseguenza, gli ipocriti sono coloro che si avvantaggiano dellÊappartenenza esteriore allÊIslam, operando invece segretamente per raccogliere informazioni utili al campo avversario. Il termine con cui il Corano identifica gli ipocriti è munāfiqūn, espressione oggi utilizzata da Talebani, al-Qaeda, Hamas e altri movimenti islamici (e non solo paramilitari) nei confronti di quanti attuano forme di intelligence clandestina ai 89 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti danni della umma, la comunità islamica. Da quanto esposto, nel Corano sono presenti quindi dei modelli riconducibili ad attività dÊintelligence che, se finalizzata alla difesa dellÊinteresse della comunità islamica, è considerata lecita. Per quel che concerne il profilo di chi può o potrebbe essere in grado di ricoprire ruoli dÊintelligence, tale profilo è riassumibile in una figura di assoluta fiducia e attendibilità, capace di non deviare dai dettami islamici pur nella ricerca dellÊottenimento dellÊinformazione (per esempio, divieto di uso di bevande alcoliche o di circuizioni sessuali ai fini dellÊottenimento di informazioni). Inoltre, non vi è una particolare prescrizione o interdizione che vieterebbe ai non musulmani di svolgere compiti dÊintelligence a favore della comunità islamica. Il quadro generale è quindi articolato. Dai cenni sopra riportati emerge lÊevidenza che il Corano è strumento indispensabile per una riflessione sullÊidentificazione e la codifica di tale attività secondo i dettami islamici e riassumibile nei seguenti parametri: 1) esistenza di un fine a lungo termine, ovvero trionfo della comunità islamica (umma); 2) esercizio dellÊattività dÊintelligence soltanto secondo il modus operandi previsto nel Corano, traendo spunto dalle narrazioni presenti nel testo sacro; 3) lettura interpretativa delle narrazioni storiche, profetiche e bibliche presenti nel testo coranico; 4) studio ed emulazione delle tecniche dÊintelligence utilizzate dal profeta Muhammad secondo quanto narrato dai biografi canonici. Il primo passo, quindi, per comprendere il modello dÊintelligence dei gruppi jihadisti è rifarsi alla lettura e interpretazione del Co- 90 rano, tenendo inoltre come riferimento la condotta del profeta Muhammad in materia. Partendo dai punti sopra enunciati, gli ideologi dei gruppi jihadisti hanno quindi esteso il concetto dÊintelligence, radicalizzandolo. LÊoccupazione dei territori della umma, anche simbolica, e la consapevolezza che i colpi inferti dagli eserciti delle forze occidentali (e in queste viene incluso anche Israele) hanno fortemente compromesso il fine sacro a lungo termine (Vedasi punto 1). Si origina così una radicalizzazione della concezione dellÊattività dÊintelligence, che dalla accezione classica di strumento essenziale per la difesa della comunità, diviene adesso dovere religioso obbligatorio cui ogni fedele è chiamato. I manifesti islamici dÊ intelligence La nuova visione dÊintelligence è espressa in due documenti apparsi in ambiente ciberislamico , ovvero quello spazio in cui vengono enunciati punti di vista sulla concezione islamica del mondo da parte di coloro che si definiscono musulmani. Tale ambiente è per gli ideologi jihadisti lo strumento su cui edificare una potenziale ed estesa base di consenso per rendere legittimo, se non addirittura vincolante, il responso espresso in materia (5) . I documenti, in pratica dei manifesti dÊintelligence resi noti rispettivamente nel 2009 e nel 2010, costituiscono le linee guida per quanti operano in tale attività. Il primo di questi è il Muʽlim fī hukm aljāsūs al-muslim ovvero la ÿGuida per il governo della spia musulmanaŸ di Abu Yahya al-Libi (6). La ÿGuidaŸ consta di 149 pagine ed è stata pubblicata il 30 giugno 2009 da al- Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti ÿFajr Media CenterŸ sul forum del sito web di ÿal-FallujaŸ (7). Lo scritto di al-Libi è preceduto da unÊintroduzione di Ayman alZawahiri, eminenza grigia di al-Qaeda (8), il quale definisce lÊopera ÿdi qualità, seria, scientifica e di valore pratico sul modo islamico di giudicare lo spionaggio. (⁄) Egli vi ha immesso la propria esperienza nei settori dellÊemigrazione, dellÊaccampamento (9) e del jihad. Senza dubbio tale esperienza è un prezioso valore aggiunto che fornisce alla ricerca una dimensione praticaŸ. La dimensione pratica cui al-Zawahiri fa menzione si riferisce allÊuso fatto nel trattato da al-Libi di episodi della vita del profeta Muhammad, vagliati alla luce di passi coranici, oltre a pareri di giuristi sia del periodo classico che contemporaneo. La costante dellÊesemplificazione della vita del profeta, accompagnata da una copiosa annotazione di responsi giuridici ed esegetici, mira a rendere la guida più fruibile, fugando così ogni dubbio o inconsapevolezza del fedele in materia. Infine, secondo al-Zawahiri, il punto più importante affrontato da al-Libi è di aver provato come, alla luce delle vicissitudini subite in quel periodo dai mujahedin (10), il crimine di spionaggio sia un problema non più eludibile per la comunità musulmana, tanto da porsi allÊattenzione di giuristi ed esperti sul jihad. LÊapproccio di al-Libi è essenzialmente teorico ed è riassumibile nei seguenti punti: · Definizione di spia; · Governo delle spie in generale; · Governo della spia nellÊIslam; · Opinione prevalente dei giuristi; · Come provare lÊaccusa di spionaggio. Il documento si contraddistingue innanzitutto per lÊutilizzo di una terminologia esplicita. Il termine ÿspiaŸ è evidente- Rivista Marittima Ottobre 2014 mente adoperato da al-Libi per contestualizzare e racchiudere il tema dellÊintelligence in una dimensione prettamente religiosa che, come detto precedentemente, vieterebbe tale attività da parte di musulmani ai danni di correligionari. ˚ interessante come al-Libi coniughi la definizione linguistica e lÊaccezione terminologica, creando una nuova definizione del termine ÿspiaŸ più aderente alla nuova concezione islamica. La spia è ÿcolui che cerca informazioni in modo segreto per farne un report. In arabo, tale figura è anche denominata occhio (11), termine generalmente utilizzato metaforicamente. La spia è infatti indicata in lingua araba con il termine „occhio‰ in quanto tale organo costituisce il punto focale di ogni cosa e lÊattività di chi spia è accentrata negli occhi. Per mezzo della concentrazione e della visualizzazione, tutto il corpo sembra essere un occhioŸ. Come si diceva, la definizione linguistica del termine è coniugata allÊaccezione terminologica, ovvero la spia è colui che viene a conoscenza dei punti deboli presenti tra i ranghi dei musulmani, sviluppando, esaminando e fornendo reports al nemico. Come si evince, quindi, il significato stesso di spia implica un senso di ricerca, scrutinio e cura nel raccogliere e ottenere informazioni in condizioni di clandestinità. Il punto nodale del documento di al-Libi è però il terzo capitolo. LÊattenzione è ovviamente incentrata sullo spionaggio militare che, secondo lÊautore è elemento essenziale per il fine ultimo del jihad e, se negletto, potrebbe essere causa del suo fallimento. Il pensiero dellÊautore è chiarissimo già sin dalle primissime pagine. 91 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti Secondo al-Libi ÿè un grosso errore esaminare la controversia sulla definizione di spia secondo i canoni dei giurisperiti classici applicando tale definizione a quei soggetti considerati i principali pilastri delle nazioni con i loro sistemi, leggi, leaders, soldati, budget, ecc.. Al contempo, sarebbe un errore non ricondurre la controversia giuridica nei confronti di chi considera se stesso facente parte di un corpo dÊintelligence. Costoro hanno compiti ben specifici, giudicati e puniti quando indugiano e sbagliano nello svolgimento di tali compiti e coinvolgono se stessi in guerre nel senso pieno del termine. LÊunica differenza tra i soldati e chi opera in ambiente dÊintelligence è che i primi dichiarano la propria guerra, il proprio combattere e la propria inimicizia, mentre i secondi custodiscono in segreto attività, missioni e compiti. Il fine è unico, ma gli scopi militari sono comuni LÊunica differenza è il mezzo: uno dichiara, lÊaltro rivelaŸ. In pratica, secondo al-Libi, nessuno può sentirsi escluso dal giudizio di condanna di spionaggio. Far parte di un sistema dÊintelligence, uno dei pilastri su cui si basa la sicurezza nazionale, anche di un paese arabo-islamico, non esime da colpevolezza se lÊattività di tale apparato colpisce musulmani. Al-Libi chiarisce che lÊattività dÊintelligence ai danni di musulmani costituisce sempre e comunque una forma di aiuto a favore degli infedeli e, in tal senso, il Corano ha numerose evidenze nel proibire ciò. In particolare la sūra dellÊesaminataÊ ammonisce: ÿO voi che credete! Non prendete per alleati i nemici Miei e nemici vostri mostrando loro affetto, mentre essi han rifiutato fede nella Verità che vÊè giunta, scacciando il Messaggero Divino e voi, perché 92 credete in Dio vostro Signore; se voi uscite a lottare sulla Mia via e per desiderio del Mio compiacimento, ma segretamente nutrite affetto per loro, ebbene Io meglio conosco quel che voi celate e quel che voi palesate, e chi di voi fa ciò, erra lungi dalla via pianaŸ (12). Quindi, informare gli infedeli sulle debolezze dei musulmani si traduce nel considerare tali persone quali sostenitori degli infedeli. Dio infatti equiparerebbe lo stabilire legami con gli infedeli allÊattività di spionaggio a favore di questÊultimi. Sulla base di questo versetto, secondo al-Libi ne conseguirebbe lÊinevitabile applicazione della pena capitale in caso di provata accusa di spionaggio o di aiuto al nemico da parte di un musulmano ai danni di correligionari. Il resto del trattato prosegue con numerose citazioni di eventi storici della vita del profeta Muhammad e i relativi commenti di giureconsulti, nel tentativo di sostenere il pensiero dellÊautore. Se al-Libi delinea un nuovo modello teorico islamico dellÊattività dÊintelligence, il pensiero di Abu Ubayda Abdallah al-Adam (13) traccia invece le linee guida per lÊagire. Nel luglio del 2010 ÿal-Fajr Media CenterŸ pubblicò una serie di lezioni audio ÿsulla sicurezza e lÊintelligence e la sua importanza per lÊIslamŸ, dal titolo Sina a alIrhab (ÿLÊindustria del terrorismoŸ). LÊobiettivo delle lezioni, di cui al-Adam è lÊautore, è ÿdi aiutare i combattenti a rimanere vivi e stare lontano dalle prigioni, in modo che possano espletare il proprio compito (⁄). Inoltre, ad aiutare i combattenti ad avvicinare il nemico nascostamente incorrendo nel minor numero di perditeŸ. Il conseguimento di tali obiettivi è regolato Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti dallÊosservanza di alcuni principi su cui si basa la sicurezza, principi che, secondo alAdam, trovano fondamento nel versetto coranico: ÿO voi che credete! Statevi in guardia!Ÿ (14). Ne deriva che sicurezza e circospezione in materia militare rispondono a un preciso dettame divino. Pertanto, Al-Adam identifica i seguenti otto punti cardine della sicurezza: 1) La consapevolezza è la chiave della sicurezza; 2) Importanza dellÊadozione di misure preventive; 3) No alla ricerca esasperata di misure di sicurezza se queste compromettono il jihad, fine supremo; 4) Trasmissione delle informazioni solo alle funzioni interessate; 5) Informazioni trasmesse nei tempi dovuti e secondo necessità; 6) Consapevolezza che lÊerrore commesso crea un pericolo immediato; 7) Divieto di comportamento erratico del combattente (rimanere nella posizione assegnata) nei casi di emergenza; 8) Rinuncia ai comportamenti consuetudinari. Uno dei punti interessanti del pensiero di alAdam è la definizione di sicurezza nazionaleÊ che per unÊorganizzazione non equivale alle misure adottate fuori dai confini di una nazione a tutela della propria sicurezza, bensì si riferisce a quelle linee rosse che il nemico non deve travalicare senza che ne consegua una risposta forte e dolorosa (per esempio lÊassassinio di stato o di un leader dellÊorganizzazione). Inoltre, al-Adam cataloga i settori dÊintelligence in: 1) militare; 2) sicurezza nazionale; 3) intelligence esterna. A questÊultima, secondo al-Adam, sono riferibili e fanno capo non solo le stazioni dÊintelligence dis- Rivista Marittima Ottobre 2014 seminate in tutto il mondo, ma anche ambasciate, agenzie di stampa, testate di giornali ed enti radiofonici (tra tutti, la BBC). La parte conclusiva de ÿLÊindustria del terrorismoŸ tratta le modalità di reclutamento e suddivisione dei ruoli di chi opera nei sistemi di sicurezza e dÊintelligence. A un inziale screening dei possibili candidati segue la raccolta dÊinformazioni sulla persona che, se idonea, viene avvicinata da un membro dellÊorganizzazione per instillare nel candidato lealtà e amore verso Dio. Affinché vi sia la certezza che il candidato operi per il bene del jihad, la lealtà giurata è soltanto verso Dio e non nei confronti dei membri dellÊorganizzazione. I ruoli di coloro che operano in attività intelligence sono suddivisi in: 1) visibili (ovvero quei membri che ricoprono ruoli pubblici nella società. Sono ben noti ai servizi segreti e agenzie del nemico, quindi a rischio di cattura e, per tale motivo, non devono avere nomi o indirizzi di altri componenti dellÊorganizzazione); 2) segreti (membri che operano in clandestinità); 3) leaders (coloro che giocano un ruolo importante nelle operazioni sia in forma clandestina sia pubblica). Il leader è il collettore di informazioni e viene sottoposto a lunghe fasi di addestramento. Per tale ragione, in caso di decesso è molto difficile trovare un sostituto. Il ciclo di lezioni di al-Adam verte anche sui sistemi di addestramento che, in sequenza, si suddividono in addestramento spirituale (indottrinamento ed educazione alla legge religiosa islamica), politico, training sulla sicurezza e, infine, solo dopo il completamento positivo di questÊultima fase, si passa allÊaddestramento militare. 93 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti Il corso di al-Adam è completato dalla ripartizione e classificazione delle tipologie di documenti basati sul livello di confidenzialità, al fine di determinare le possibilità di accesso al documento stesso ai diversi livelli e membri dellÊorganizzazione. Conclusione Tutta la letteratura prodotta dagli ideologi della militanza jihadista ricerca la propria autenticazione nel Corano. Quindi, per comprendere e approfondire i parametri ideologici e filosofici che muovono lÊattività dÊintelligence dei gruppi e organizzazioni jihadiste, è innanzitutto auspicabile avere una conoscenza (anche interpretativa) del testo sacro, punto dÊorigine e riflessione di carattere comportamentale-normativo per ogni musulmano. Dallo sforzo speculativo dei teorizzatori jihadisti nasce una razionale letteratura dÊazione in materia dÊintelligence. In tal senso, ÿLÊindustria del terrorismoŸ è un documento esemplificativo e importante nella galassia dei manuali jihadisti. Il pensiero di al-Adam colpisce per lÊapproccio tecnico e pragmatico che sembra rifuggire gli arcaismi e i costanti riferimenti temporali al periodo islamico classico utilizzati invece nel documento di al-Libi. QuestÊultimo, a sua volta, rimane comunque un documento imprescindibile per lÊattività di gruppi paramilitari jihadisti, in quanto costituisce la cornice ideologica fondamentale della concezione islamica dÊintelligence creandone le basi per la sistematizzazione teorica. n La traslitterazione di termini e nomi arabi è stata utilizzata il minimo possibile al fine di evitare tecnicismi, privilegiando così una lettura più agile dei contenuti dellÊarticolo. Unica deroga è stata fatta per le vocali lunghe, indicate nel testo con un trattino posto in alto alla vocale stessa, dove cade lÊaccento. NOTE (1) Il versetto qui citato è ripreso dalla ÿsūra delle stanze intimeŸ (Corano 49:12). Si noti come, quasi a voler rafforzare il divieto, lÊattività di spionaggio venga equiparata metaforicamente al cannibalismo. Il Corano è suddiviso in 114 capitoli (sing. arabo ÿsūraŸ) che, a loro volta, contengono un numero totale di 6.236 versetti. I passaggi e riferimenti coranici citati in questo articolo sono indicati da un numero che designa la ÿsūraŸ, seguita poi dal numero del versetto. I titoli delle ÿsūreŸ sono ricavati per convenzione da parole chiave estrapolate dal testo della ÿsūraŸ. La versione del testo coranico in italiano qui utilizzata è quella di Alessandro Bausani (Il Corano, Sansoni, Firenze, 1955) di cui esistono numerose ristampe. 94 Rivista Marittima Ottobre 2014 LÊattività dÊintelligence dei gruppi jihadisti (2) Cor 27:18-25. (3) ÿE quando giunge loro qualche notizia rassicurante o inquietante, essi la divulgano; se invece la riferissero al Messaggero e a quelli di loro che detengono lÊautorità, coloro che desiderano informarsi le conoscerebbero dalla loro bocca. Ma se non fosse per la grazia di Dio su di voi e la Sua Misericordia, tutti voi, salvo pochi, avrebbero seguito il DemonioŸ (Cor. 4:83). (4) Rispettivamente ÿsūra di GiuseppeŸ (Cor.12:67-87) e ÿsūra del ÿraccontoŸ (Cor. 28:4-13). (5) La definizione di ambiente ÿciberislamicoŸ è di Gary R. Bunt. Per un approfondimento sullÊuso delle rete da parte dei movimenti islamici si veda G. R. Bunt, ÿLÊIslam digitale (Internet)Ÿ, in Le religioni e il Mondo Moderno. Islam (a cura di R. Tottoli), Einaudi, Torino, 2009, pp. 665 - 686. (6) Il libico Abu Yahya al-Libi era uno dei leader di riferimento di al-Qaeda, la cui attività in qualità di membro dellÊorganizzazione si svolse Afghanistan, Mauritania e Nord Africa. Studioso di storia, diritto islamico e giurisprudenza, ben presto al-Libi divenne uno dei teologi oltranzisti del gruppo e responsabile della propaganda di al-Qaeda. Rimase ucciso nel corso di un attacco di droni nel giugno del 2012 nella località di Mir Ali (Waziristan), nel nord est del Pakistan. Su wikipedia è possibile consultare un dettagliatissimo quadro biografico di al-Libi (http://en.wikipedia.org/wiki/Abu_Yahya_al-Libi). La ÿGuida per il governo della spia musulmanaŸ è considerato il suo documento più importante. (7) ÿAl-Fajr Media CenterŸ è lÊesclusivo strumento di propaganda di al-Qaeda di cui pubblica in rete i materiali scritti o video. Il sito di al-Fallujah (al-faloja.org), precedentemente noto come ÿal-Fallujah Islamic MinbarŸ, è invece un forum jihadista che contiene discussioni e documenti sul jihad. Esiste anche una versione in inglese del documento la cui traduzione, in verità poco aderente allÊoriginale in lingua araba, è curata dal Director of National Intelligence (DNI) Open Source Center. Tale versione è consultabile sul sito del DNI Open Source Center (http://fas.org/irp/dni/osc/libi.pdf). (8) Così come per al-Libi, il sito in inglese di wikipedia offre informazioni biografiche molto accurate su Ayman al-Zawahiri con numerosi link e rimandi in nota (http://en.wikipedia.org/wiki/Ayman_al-Zawahiri). (9) Il richiamo ÿallÊemigrazione e accampamentoŸ fatto da al-Zawahiri è riferito alle operazioni militari in Afghanistan cui al-Libi partecipò sin dagli inizi del 1990. (10) Probabilmente al-Zawahiri si riferisce alla controffensiva congiunta delle forze armate statunitensi e britanniche iniziata nel 2007 per liberare la regione afgana di Helmand. (11) La lingua araba annovera numerosi termini per indicare chi opera in attività dÊintelligence. Seppur sinonimi, tali termini hanno però sfumature diverse. Il più comune, adoperato anche da Al-Libi a titolo del suo documento, è jāsūs. Il temine ÿocchioŸ (ÂAyn) è sinonimo di jāsūs, sebbene la sua traduzione più corretta sia ÿfonteŸ. Come è evidente nel testo, lÊaccezione terminologica è per al-Libi il pretesto per costruire una definizione complessa del termine al fine di qualificare il ruolo di chi opera in attività dÊintelligence. (12) Cor. 60:1. (13) Abu Ubaydah Abdallah al-Adam era il responsabile dei sistemi di sicurezza e di intelligence di Al-Qaeda. ˚ deceduto nellÊaprile del 2013 nel Waziristan (Pakistan) in seguito a un attacco di ÿdroniŸ. Un sunto in inglese del corso audio è stato pubblicato dallÊInternational Institute for Counter-Terror (ICT) dellÊInterdisciplinary Center (IDC) di Herzliya, Israele, consultabile sul sito http://i-hls.com/2014/06/al-qaedas-terrorist-classes-ictreview/. (14) Cor 4:71. Rivista Marittima Ottobre 2014 95 SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE LE NAVI ÿPIEMONTEŸ SEMPRE LEGATE AL DESTINO DI MESSINA Regia nave PIEMONTE (1899). ATTILIO BORDA BOSSANA (*) T ra le tanti navi che legarono il loro nome a Messina e al suo porto, sono significative le vicende del piroscafo Piemonte e il destino delle unità che portarono il nominativo di tale regione. A parte il riferimento storico al 5 maggio 1860, quando con il consenso di Giovan Battista Fauchè, amministratore della Raffaele Rubattino & C e allÊinsaputa dellÊarmatore della Società di Navigazione a Vapore Sarda, il piroscafo a ruote, Piemonte, con il Lombardo, aveva imbarcato a Quarto, i Mille di Garibaldi diretti in Sicilia, è curioso il destino di una nave ormeggiata alla banchina del porto di Messina nel 1908, il Regio ariete torpediniere Piemonte. Alla fonda si trovavano le unità della squadriglia torpediniere dÊalto mare Spica, Saffo, Serpente, Scorpione e (*) Giornalista professionista, è autore di numerose pubblicazioni tra cui Messina e le navi della Marina russa (2006); Grattaccieli sulle onde (2008); 150 anni di navi passeggeri (2013). ˚ stato allievo (SM) dellÊAccademia Navale dal 1970 al 1972. Attualmente collaboratore del quotidiano Gazzetta del Sud. 96 Rivista Marittima Ottobre 2014 Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina Sagittario e quelle della squadriglia delle torpediniere da costa 90 S, 106 S, 131 S, 138 S, 140 S e 151 S. Fu quello della Regia Marina, il primo nucleo dÊintervento allÊindomani del sima che sconvolse tragicamente la città e proprio a bordo del Piemonte, con a bordo 268 uomini, furono attivati i primi interventi di soccorso e fu impartito lÊordine, vista lÊimpossibilità di effettuare comunicazioni telegrafiche e telefoniche e lÊinagibilità di strade e ferrovie, di inviare due unità navali, il Serpente e lo Spica, per raggiungere un posto telegrafico operativo per informare dellÊaccaduto e richiedere aiuti. Scafo con prua a sperone, poppa a incrociatore, timone compensato e alette di rollio che si estendevano per circa un terzo della lunghezza dello scafo, lÊariete torpediniere Piemonte, era stato costruito dal cantiere Armstrong a Elswick nel Regno Unito per conto della Regia Marina Italiana, e varato il 23 agosto 1888. Giunto in Italia nellÊottobre del 1889 fu assegnato a compiti di squadra e nel luglio del 1894 fu dislocato in Mar Rosso e, successivamente in Oceano Indiano per una campagna coloniale per poi operare esclusivamente oltremare. DallÊagosto 1898 al gennaio 1900 effettuò una crociera intorno al mondo e poi altre, sopratutto nei mari dellÊAfrica e nellÊEstremo Oriente. Dopo la vicenda del terremoto del 1908, partecipò dal 1911, alla guerra italo-turca impiegato inizialmente in appoggio agli sbarchi in Libia e, successivamente, in Mar Rosso, prendendo anche parte allo scontro di Kunfida. Durante la Prima Guerra Mondiale, fu assegnato, con la squadra anglo-francese, alla base di Salonicco partecipando a varie mis- Rivista Marittima Ottobre 2014 sioni belliche, bombardando e appoggiando sbarchi sulle coste bulgare e turche. Al termine del conflitto fu messo in disarmo per poi essere radiato il 15 maggio 1920 ma, la sua storia non finì. Fu infatti ceduta alla Petrolifera Italo-Rumena SA di Milano, e completamente trasformata in nave cisterna: smantellate strutture e armamenti, svuotato lo scafo, per 3/4 della sua lunghezza venne diviso in quattro cisterne, mentre la parte poppiera fu adibita a sala macchine, sovrastata da una plancia con timoneria, sala comando, alloggi, mensa, ecc.. Dotata di due motrici a vapore a triplice espansione eroganti 984 hp moventi due eliche, poteva svoluppare una velocità di 9 nodi, con una stazza lorda di 1.718 t, stazza netta di 1.218 t; lunghezza 95,08 m, larghezza 11,62, immersione 6,08 m. Fu quindi varata un anno e mezzo dopo, con il nome di Edda, e nel 1925 lÊunità venne ceduta alla Compagnia di Navigazione Maris SA di Genova e ribattezzata Marisedda, venduto qualche anno dopo alla Scopinich & Monta. Nel 1932 cessò la sua attività e così la nave che per prima portò aiuto alla Messina terremotata, ventiquattro anni prima, fu demolita a Vado Ligure. Smantellato fu nel 1907 anche quel ÿPiemonteŸ, costruito in Gran Bretagna per la Rubattino nel 1863 e nolegggiata, otto anni dopo, alla Florio; nel 1881 passato alla NGI e dopo il 1897, alla F. Pace di Malta in servizio per i collegamenti tra Messina e La Valletta. Stesso destino nel 1931, per Il Piemonte, realizzato nel 1901, dai cantieri navali del Muggiano a La Spezia, per Luigi Carpuccio & Company, 5.601 tonnellate di stazza lorda, 389 (bp) metri di lunghezza, 52 metri di larghezza. Motori a vapore a tripla espansione, vite doppia e velocità di 97 Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina servizio 13 nodi. 1.650 passeggeri (1.650 in terza classe). Nel 1904 la nave era stata impiegata sulla rotta Genova-GirgentiPalermo-Napoli-New York e successivamente passo alla Navigazione Alta Italia, facendo scalo a Messina il 27 febbraio 1906, sulla rotta da Genova a Tripoli. Nel 1908 fu ceduta al Lloyd del Pacifico con il nome di President P. Montt; poi nel 1909, alla SNSM (Società Meridionale di Trasporti Marittimi), nuovamente come Il Piemonte, impiegata dal 10 ottobre 1011 al 14 ottobre 1912, come nave trasporto truppe da Napoli per Tripoli sulla rotta orientale della Sicilia, e poi, sino al Â15, nei collegamenti tra Genova, Napoli, Messina, Catania e Alessandria. Nel 1916 cambiò denominazione e divenne San Rossore navigando per il Lloyd Sabaudo; poi nel 1921 si chiamò Emilia Pellegrina, per la compagnia SA Finanziaria Camogli e infine nel 1928, Jaunna, per la Società anonima di navigazione La Tirrenia. Ma è del piroscafo Piemonte che Messina conserva il ricordo più vivo, forse perchè rimasto sotto gli occhi dei sui abitanti per tanti anni. Fu infatti la nave che ÿrisiedetteŸ per il maggior periodo nel suo mare, essendo stata per oltre sei anni, semisommersa sui bassi fondali della rada di Paradiso, nel litorale nord della città. La nave della Canadian Pacific Line, fu costruita con il nome Minnedosa, nel 1913; aveva una stazza da 12.500 a 13.000 tonnellate e navigò fino al 1931. Impostato nel cantiere Barclay, Curle & Co. di Glasgow, era stato destinato per la linea Amburgo-America ma allo scoppio della prima guerra mondiale ne fu definito Il PIEMONTE con il LIGURIA all vigilia della campagna dÊEtiopia (Archivio autore). 98 Rivista Marittima Ottobre 2014 Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina Il MINNESODA in Canada (Archivio autore). lÊallestimento come nave trasporto truppe. Entrò così in servizio il 5 dicembre 1918, con un viaggio da Liverpool a St. John, New Brunswick, avendo come passeggeri soldati canadesi che tornavano in patria. Terminato questo suo impiego, il Minnedosa fu immesso in servizio di linea, fino al 1922, per la Canadian Pacific da Liverpool al Canada e successivamente sulla rotta Anversa, Southampton sempre verso il nord America. Il Minnedosa fu sottoposto a interventi di rinnovamento nel 1925, presso il cantiere Hawthorne, Leslie & Co. di Newcastle e rimesso in servizio da Anversa al Canada. Nel 1927 tornò poi al porto di Liverpool per il collegamento con gli scali canadesi e dopo aver compiuto 129 traversate, nel 1931, fu messa in disarmo per raggiungere Genova quattro anni dopo, per essere demolita. Ma non era ancora tempo per la sua fine, nel 1935, fu infatti acquisita dal Governo ita- Rivista Marittima Ottobre 2014 liano, per essere trasformata in nave trasporto truppe e ribattezzata Piemonte. La campagna dÊEtiopia richiese infatti un flusso navale gravoso per il trasporto a Massaua di 472.562 uomini e 122.842 a Mogadiscio; 16.496 veicoli e 1.241.224 tonnellate di materiali vari che determinò un totale di 1.200 viaggi/nave. Per fronteggiare tale impegno lÊItalia ricorse quindi allÊacquisto di navi sul mercato internazionale di nove transatlantici il Saarbrücken, e la gemella Coblenz, ribattezzate rispettivamente Toscana e Sicilia; Werra che prese il nome Calabria; Melita quello di Liguria; Risolute che si chiamò Lombardia; General Mitre, Sierra Ventana Bahia Blanca, a cui furono poste i nomi di Sannio, Sardegna e Umbria e la Minnedosa che divenne Piemonte. Questa nove vecchie navi, le cosiddette unità della classe ÿRegioniŸ, furono gestite dalla società Italia e successivamente nel 99 Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina 1936, dal Lloyd Triestino, ma mai impiegate per servizio passeggeri di linea, ritardando anche i programmi di rimodernamento della flotta mercantile italiana. Le navi passeggeri trasformate sommariamente per trasporto truppe, effettuarono 63 viaggi per lÊAfrica Orientale nel periodo febbraio-ottobre 1935 e il Piemonte il 5 marzo e poi il 25 settembre 1935 partì da Messina, imbarcando prima effettivi e materiali della Divisione ÿPeloritanaŸ e poi reparti del 3o Fanteria, destinati a rafforzare tempestivamente le difese delle due Colonie. Proprio il Piemonte, quasi alla vigilia dellÊattacco allÊEtiopia, fu protagonista di una missione di spionaggio col trasporto Gedda di un quantitativo di armi, celate in casse con la scritta ÿditta AnsaldoŸ, senza destinatario. Dopo uno scambio di comunicazioni fra il Ministero della Guerra, il Comando superiore in Africa Orientale, il SIM e la Legazione italiana a Gedda, il 22 settembre 1935, il piroscafo Piemonte, partiva segretamente da Napoli per Gedda. Imbarcava un drappello di militari in abiti civili, con passaporti di copertura in cui figuravano come dipendenti della Fiat e dellÊAnsaldo. Un autocarro con rimorchio, e tutto il materiale che era stato richiesto dai sauditi come campione (un carro assalto veloce, un cannone, una mitragliatrice pesante e due leggere, una stazione radio) era stato mimetizzato in gigantesche casse. LÊimpegno militare della nave proseguì anche per le operazioni di occupazione dellÊAlbania, e il 4 marzo 1942 sfuggi a un attacco che il sottomarino greco Proteus, a 27,2 miglia da Capo Dukato, fece La Regia nave ANTONIO MOSTO (Fonte Wikipedia). 100 Rivista Marittima Ottobre 2014 Le navi ÿPiemonteŸ sempre legate al destino di Messina Il PIEMONTE affondato a Messina nel 1943 (Archivio autore). al convoglio di cui faceva parte con il Galilea, Francesco Crispi, e Viminale scortato da incrociatore Turbine e dalle torpediniere Carlo Montanari e Antonio Mosto, nella navigazione tra Patrasso e Bari. Il Piemonte, alle ore 13 del 18 novembre 1942, fu invece leggermente danneggiato da un siluro lanciato dal sommergibile inglese Umbra HMS P 35, comandato dal Lt. Stephen Lynch Conway Maydon, che colpi la nave a 4 miglia da Capo Rasocolmo, durante il suo trasferimento per unirsi in convoglio al Sardegna, per il trasporto di truppe ed equipaggiamenti da Valona a Brindisi. LÊequipaggio di 170 uomini fu salvato e la nave spiaggiata, perchè sommersa a poppa. Successivamente il Piemonte, fu trasferito per le avarie riportate nel porto di Messina, ma alla fonda con il Viminale, non sfuggi alle Rivista Marittima Ottobre 2014 incursioni aeree che dal maggio del 1943 operarono i ÿB17Ÿ e ÿB24Ÿ, e gli aerei inglesi ÿStirlingŸ, ÿHalifaxŸ e ÿLancasterŸ. Nel solo 1943, Messina subì quattro bombardamenti navali e 2.805 bombardamenti aerei, e solo nei primi quindici giorni di agosto furono sganciate dalle fortezze volanti degli Alleati più di 6.500 tonnellate di esplosivo per impedire la ritirata di 40 mila tedeschi e di 60 mila italiani insieme a mezzi di trasporto e armamenti. Il Piemonte danneggiato, si salvò dallÊaffondamento perchè dopo aver constato lÊinsufficenza delle pompe dÊesaurimento dello scafo, il suo comandante, il capitano Mattioli di Recanati, dispose di arenarla nella rada S. Francesco da dove, fu recuperato solo nel 1949, e il 27 aprile dello stesso anno, trasferita alla Spezia per il disarmo. n 101 SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE LA VERA STORIA NON CONOSCIUTA DELLA REGIA MARINA DURANTE LA GRANDE GUERRA Da quando ero scolaro in quinta elementare mi hanno insegnato che la prima guerra mondiale è stata unÊinterminabile guerra di assedio tra due differenti alleanze che si sono massacrate per anni in una lunga trincea che dalla Manica arrivava alle coste dellÊAdriatico senza nessun apprezzabile risultato fino allÊintervento determinante degli Stati Uniti dÊAmerica. A Ovest della fangosa trincea si battevano i buoni e a Est i cattivi. TuttoÊora, quando penso a quella guerra, immagino soltanto reticolati, sangue e fango, sudore ghiacciato di giovani alpini impegnati a trascinare riluttanti muli carichi di munizioni e viveri per sentieri innevati. Il mare è inesistente! Quali battaglie navali sono state combattute? Nulla che valesse la pena di conoscere a parte il noto evento di Rizzo del 10 giugno 1918 il quale dimostrava ancora una volta lÊinutilità di avere sperperato denaro nella realizzazione di flotte dÊaltura. Oggi, in piena fase di commemorazione del centenario della prima guerra mondiale non sarà questo il messaggio mediatico che continuerà a passare? La guerra è stata combattuta e vinta soltanto sul fronte terrestre? Molti hanno scritto che la Marina ha avuto una parte marginale al punto che alcuni cannoni sono stati smontati dalle navi per imbarcare su pontoni fluviali. I marinai annoiati di attendere una battaglia che non sarebbe mai stata combattuta hanno raggiunto i fratelli dellÊEsercito combattendo quali Fanti di Marina in quello che sarà il Reggimento San Marco. Continua a essere assoluta lÊignoranza nostrana sullÊesercizio del Potere Marittimo che non fa differenza tra pace e guerra, tra commercio e uso delle armi, per salvaguardare gli interessi nazionali. In alto Adriatico la guerriglia condotta dalla Marina sotto il lungimirante controllo di Thaon di Revel è stata aspra e quotidiana, fatta di piccoli scontri apparentemente senza alcuna influenza, ma determinanti nel mantenimento di Venezia in mano italiana. LÊunico tipo di guerra marittima che si poteva condurre fu portato avanti con determinazione e con iniziativa senza subire quella avversaria. Il successo di Rizzo, a prescindere dalla fortuna sempre necessaria, non poteva concretizzarsi senza la strategia della guerriglia studiata dal Grande Ammiraglio. Tutti i mezzi navali e i primi aerei disponibili sono stati impiegati in questa feroce lotta, non soltanto i MAS. Nel contesto della guerriglia si riscoprono alcune incursioni meno note, ma non meno audaci, eseguite nei porti nemici grazie alle conoscenze nautiche di uomini come Nazario Sauro e allÊaudacia dei primi piloti della Marina. Pertanto, è nostra intenzione dare spazio ad alcuni documenti ufficiali che provano quanto la Guerra sia stata aspra anche in campo marittimo al punto da spingere lo Stato Maggiore della Marina a trovare nuove soluzioni avventurandosi in campi del tutto nuovi, come lÊutilizzo dei primi aerei nel bombardamento dei porti, nei primi attacchi navali e nellÊinfiltrazioni di arditi dietro le linee nemiche. Patrizio Rapalino 102 Rivista Marittima Ottobre 2014 Rivista Marittima Ottobre 2014 103 104 Rivista Marittima Ottobre 2014 Rivista Marittima Ottobre 2014 105 106 Rivista Marittima Ottobre 2014 Rivista Marittima Ottobre 2014 107 108 Rivista Marittima Ottobre 2014 Rivista Marittima Ottobre 2014 109 110 Rivista Marittima Ottobre 2014 RUBRICHE Lettere al Direttore UFFICIALI DELLA MARINA MILITARE: UNA RISORSA PER LA NAZIONE Preg.mo Capitano di Vascello Patrizio Rapalino Direttore Rivista Marittima Via Taormina 4 00135 ROMA Milano, 1 settembre 2014 Gentile Comandante, da appassionato e antico lettore della Rivista Marittima (la ÿfregavoŸ a mio Padre per leggerla già da ragazzino delle medie negli anni Sessanta⁄) e con la quale ho anche collaborato con grande piacere (ho preparato il Supplemento dedicato a mio Padre del maggio 2008) mi scuso innanzitutto se Le scrivo per un articolo uscito nel numero di maggio del 2013: oltre un anno di ritardo è fatto veramente ingiustificabile, ma solo spiegabile con il momento di eccezionale difficoltà professionale attraversato nel 2013/2014, in particolare per il mio incarico pubblico, a causa della ben nota crisi del settore immobiliare nel quale sono specializzato. Mi riferisco allÊottimo articolo ÿMirage e CannoniŸ del dottor Giuliano Da Frè che conosco e stimo e ringrazio per avere ÿrecuperatoŸ un episodio di valore e perizia del personale della nostra Marina, tanto significativo quanto poco conosciuto al di fuori di una ristrettissima cerchia. Il ricordo di questo fatto è sempre stato presente nei dialoghi con mio Padre nei 34 anni successivi di Sua vita terrena, in quanto quel giorno Rivista Marittima Ottobre 2014 Giuseppe Oriana (ammiraglio di Divisione, già promosso ammiraglio di Squadra: avrebbe ÿpreso i gradiŸ il 29.12.73 successivo) era lÊammiraglio di servizio a MARISTAT. Ricevette così la richiesta del permesso per lÊUnità di rispondere al fuoco dei due ÿMirageŸ libici. Con la fulmineità di reazione che sempre aveva contraddistinto lÊAmmiraglio in tutta la Sua lunghissima carriera, in guerra e in pace (Vds. gli episodi di Castelrosso e del Garibaldi nel ridetto Supplemento), il permesso fu immediatamente accordato. E lÊincidente finì bene · salvo i feriti, in particolare quello grave · grazie alla prontezza e alla perizia nautica e militare del comandante Barbalonga e alla valentia di cannoniere del sergente Sponziello. Mio Padre spiegò al figlio studente del terzo anno di legge ma appassionato di cose militari marittime · rivedendomi a Genova il fine settimana successivo · lÊesito quasi incredibile dellÊincidente, ossia di come un cannoncino di poppa, per di più non radarguidato cioè sparando ÿa manoŸ, potesse aver messo in fuga un allora modernissimo ÿMirageŸ. Tornò con me sulla vicenda molte altre volte, sempre ricordando la eccezionale bravura del Comandante, poi ammiraglio, Barbalonga ed esprimendo una particolare stima nei suoi confronti. Un seguito non conosciuto dellÊepisodio è politico, ma credo che a oltre 40 anni di distanza e cambiati tutti i protagonisti della politica italiana, la verità storica mi consenta, anzi imponga, di raccontarlo, anche 111 Lettere al Direttore perché indicativo del valore e della grande scuola dei nostri Ufficiali di Marina, anche in campi diversi dal tiro dei cannoni. Qualche giorno dopo lo scontro, il Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Gino de Giorgi, fu chiamato dal ministro degli Esteri Aldo Moro che, preoccupato di una possibile escalation nei rapporti con la Libia (i motivi sono indicati nellÊarticolo del dottor Da Frè) chiese allÊAmmiraglio se non fosse possibile per i pescherecci italiani evitare di entrare nel Golfo della Sirte e per la Marina Militare impedirglielo materialmente. La reazione dellÊammiraglio De Giorgi non tardò un solo secondo: ÿnoi consideriamo il principio della libertà di navigazione sui mari un valore sacro; se il Governo mi desse un ordine di questo tipo io mi dimetterei immediatamente, ma tenga presente che non troverete un solo Ufficiale di questa Marina disposto a fare il Capo di Stato Maggiore a quelle condizioni!Ÿ. Di fronte a una posizione così netta, nobile e indiscutibile sia sul piano dellÊetica che del diritto, lÊonorevole Moro, politicamente abilissimo come i più anziani dei lettori ricordano, fece una immediata marcia indietro precisando che la sua era solo unÊipotesi a scopo informativo. Ho voluto divulgare lÊepisodio non solo per la verità storica alla quale la Rivista Marittima è votata, ma anche per ricordare una grande figura di Uomo e di Comandante quale fu lÊammiraglio Gino De Giorgi. Del quale mio Padre ebbe lÊonore di essere collaboratore diretto come Capo UAG (Ufficio Affari Generali) (in particolare per il varo della Legge Navale del 1974), Suo compagno di Accademia e dal quale fu nominato Comandante in Capo dellÊAlto Tirreno. Una categoria, quella degli Ufficiali della MMI, 112 che costituisce una risorsa per la Nazione, un punto di eccellenza sul quale lÊItalia può contare. Conosco alcuni Ufficiali giovani in nulla diversi da celebri Comandanti in guerra della Regia Marina che mio Padre mi aveva fatto conoscere negli anni Sessanta e Settanta. E che principi universali acquisiti nei secoli dalle nazioni civili · come la libertà dei mari e il salvataggio in mare, questione ora della massima attualità · valgono come norme primarie di ius gentium, prevalenti rispetto a qualsiasi indirizzo politico contingente. Circostanza degna di nota, non messa in evidenza dalla stampa e della quale non avrei potuto dire se avessi letto lÊarticolo di Da Frè un anno fa, è che, con il varo della legge 27.12.2013, n.147 promossa a gran voce dallÊammiraglio Giuseppe De Giorgi, ben due Leggi Navali prendono le mosse dalla Famiglia De Giorgi, lÊuna a 40 anni di distanza dallÊaltra! Una circostanza davvero unica, non solo nella storia italiana, ma · credo · nella storia del mondo. Mi permetta di concludere, caro Direttore, con un riconoscimento non rituale alla ÿSuaŸ Rivista Marittima, cioè come da Lei cambiata: nuovo formato ideale, pubblicità opportuna, bella e per nulla disturbante e, soprattutto, contenuti di qualità, varietà e completezza eccezionali. In tempi come questi, con le note ristrettezze finanziarie, riuscire a migliorare nettamente (per di più un prodotto già eccellente) non è davvero comune. Nel felicitarmi, quindi, con Lei e ringraziandoLa per lÊattenzione, La prego di accogliere i sensi della mia stima insieme a vivissime cordialità. Avvocato Federico F. Oriana Rivista Marittima Ottobre 2014 Lettere al Direttore ULTRA LA FINE DI UN MITO Caro Direttore, ho letto con piacere la recensione dellÊammiraglio Manzari dedicata al mio ULTRA la fine di un mito apparsa sul numero di giugno della Rivista. Probabilmente lo spazio tiranno ha favorito un paio di imprecisioni che ho interesse a correggere. Innanzitutto non ho mai scritto di ÿ(⁄) macchine cifranti ÿEnigmaŸ (ÿHagelinŸ modificate)Ÿ. Come speravo di aver chiarito esistevano: macchine cifranti meccaniche (tra le altre le ÿEnigmaŸ commerciali e · e sottolineo e · le ÿHagelinŸ) e macchine elettromeccaniche (per esempio ÿEnigmaŸ elettromeccaniche e ÿTypexŸ). La differenza, in termini di potenza di elaborazione, tra le une e le altre era come quella che passa tra una bicicletta e un autocarro con rimorchio. Non mi risulta che Gino Jori facesse parte del reparto Informazioni, né lÊho mai scritto. Sono lieto in merito al fatto che la tesi in base alla quale le perdite subite dal traffico italo-tedesco alla volta dellÊAfrica Settentrionale sia ÿgià ampiamente accettata in ambito navaleŸ. Ciò significa che la legione di scrittori, più o meno improvvisati, che scrive e pubblica ancor oggi il contrario, con abbondanza dei cosiddetti indignati speciali, non fa parte ÿdellÊambito navaleŸ. Il fatto che ULTRA abbia consentito un impiego ottimale delle non numerose risorse britanniche nel Mediterraneo è esattamente il contrario di quello che ho scritto e documentato, a partire dalla disponibilità di velivoli da ricognizione e attacco inglesi nel 1942. LÊopinione del recensore è, naturalmente, rispettabilissima, ma preferirei che fosse dato a Cesare quel che è di Cesare Rivista Marittima Ottobre 2014 senza indurre il lettore in eventuali, per quanto involontari, errori. Grato per lÊattenzione, cordialmente Suo Enrico Cernuschi PICCOLA NAVE BIANCA Gentili lettori, la Rivista Marittima, come noto, è una pubblicazione seria, che si limita a pubblicare saggi. Tuttavia non vuole essere seriosa né tanto meno noiosa. Ecco che ci viene incontro a stemperare il peso della realtà quotidiana la poesia che insieme alla pittura del mare alimentano e tengono vivi i nostri sogni di ragazzi, quando, per lo meno nel mio caso, decisi di lasciarmi alla spalle la sicurezza inamovibile del Monviso. A tutti coloro che vogliono continuare a sognare dedichiamo questa poesia, dal titolo Piccola nave bianca, della poetessa e pittrice romana Wanda Faraoni nostra abbonata. Patrizio Rapalino Piccola nave bianca dal fumaiolo giallo⁄ che lentamente vai mentre accarezzo con mano su oceani azzurri e ci fai approdare sopra isole ventose dove piovaschi e sole forte si alternano al suono di calipso, bazar, colori e occhi neri di donna e ci fai pregare in piccole chiese 113 Lettere al Direttore sperdute fra giganti cactus cimiteri dalla poche croci e cattedrali dorate. Piccola nave bianca dal fumaiolo giallo⁄.. Quante bandiere ci fai salutare al di qua di un canale! Vediamo città dai tetti rossi bimbi che non sanno piangere docili lama e civiltà incaiche ove ancora oggi silenzio misterioso si dispede fra i monti a picco, un fiume rossastro e di ginestre il profumo. Piccola nave bianca Dal fumaiolo giallo⁄. ci porti su un cammino di grandi avventurosi e te ne vai lungo canali verdi 114 e cime imbiancate, sfidi Eolo e Nettuno. Attraversi uno stretto dove due oceani si stringono la mano⁄ un bel mattino icebergs vaganti ci danno il benvenuto nellÊapprodar sopra una terra tutta bianca gelida e ghiacciata abitata soltanto da lunghe teorie di pinguini e cormorani⁄ EÊ realtà, è proprio realtà mi domando mentre accarezzo con mano un continente sui banchi di scuola sognato⁄. Wanda Faroni scritta il 10 febbraio 1992 sulla nave Daphne in navigazione sullo stretto di Drake di ritorno dallÊAntartide Rivista Marittima Ottobre 2014 RUBRICHE Osservatorio Internazionale (Agosto 2014) RUSSIA E OCCIDENTE, UN POCO DI ANALISI La Russia sta cominciando a vivere in un ambiente reso più aspro dalle sanzioni guidate dagli Stati Uniti, UE e altri, e da una politica di confronto sempre più duro con il sistema economico e di sicurezza occidentale. Dopo il drammatico cambio di leadership in Ucraina si è inaugurata una nuova fase storica, che ha messo nel dimenticatoio i momenti positivi (non moltissimi in verità) intercorsi tra la fine degli anni Ottanta e giusto ieri nelle relazioni tra Mosca e lÊOccidente. Passando sopra le idiozie di chi aveva detto che la storia era finita e alla dabbenaggine di chi gli aveva creduto, le vicende ucraine sono un chiaro segnale di una nuova fase e un abbozzo della nuova politica di sicurezza (Esteri e Difesa) da parte di Mosca. ˚ un progetto a lungo termine che avrà un impatto importante sulle dinamiche globali. LÊipotesi centrale di questa strategia è che la Russia risponde alle politiche statunitensi e occidentali, percepite come ostili e che hanno lÊobiettivo di ridurre sempre di più lo spazio di manovra e di influenza di Mosca sulla scena internazionale. Il Cremlino non poteva assolutamente ignorare gli sviluppi in Ucraina, un Paese di massima importanza per la Russia, con lÊarrivo al potere di una dirigenza ultranazionalista e filoccidentale. Questa combinazione, la peggiore possibile agli occhi di Mosca, è stata un guanto di sfida che poneva in dubbio la posizione internazionale e indeboliva la stessa coesione interna della 115 Russia e la sua leadership. Mosca ha raccolto quella che considera una sfida, che rappresenta un conflitto a lungo termine di dimensioni globali ponendo termine alla opposizione, sinora verbale a Washington. Questa, che pure era diventata sempre più rumorosa, ma era considerata oramai inutile. Per Mosca, a differenza della Georgia nel 2008, lÊUcraina non è più un episodio localizzato, marginale geograficamente e di breve termine. In sostanza, lÊattuale lotta Stati Uniti-Russia è per stabilire un nuovo ordine internazionale nel futuro. Per il futuro prevedibile, lÊUcraina rimarrà il campo di battaglia principale di questa lotta. La tattica di Mosca può cambiare, ma lÊobiettivo principale no, cioè quello di sbarrare lÊingresso dellÊUcraina nella NATO. Obiettivi paralleli, anche se di grande importanza simbolica, sono quelli di mantenere lÊidentità culturale russa del Sud e dellÊEst dellÊUcraina, e mantenere il controllo della Crimea, oramai considerata rientrata nello spazio nazionale russo, anche per il suo immenso valore strategico nel controllo del Mar Nero e come punto di proiezione di potere marittimo sino al Mediterraneo. A differenza della guerra fredda, con il timore ideologico del comunismo, lÊattuale posizione in Ucraina e un conflitto di poteri e aree di influenza allo stato puro, assai simile al confronto Triplice Intesa-Triplice Alleanza degli inizi del XX secolo. Molti Stati europei occidentali vedono ancora generalmente la Russia come una minaccia ma Rivista Marittima Ottobre 2014 Osservatorio Internazionale anche come una opportunità commerciale e sbocco per le produzioni manifatturiere e servizi, inoltre hanno una dipendenza energetica che li pone in una posizione ambigua rispetto agli Stati Uniti, si guardi la Francia, uno dei membri della NATO più determinati nei riguardi di Mosca, ma che ha venduto alla Russia navi da sbarco di grande capacità di proiezione, come una unità portaelicotteri del tipo ÿMistralŸ. La Russia cercherà di salvaguardare il più possibile queste debolezze e di orientarle a suo vantaggio e creare crepe nello schieramento avversario (è una vecchia tattica, qualcuno si ricordi le proposte per un negoziato del disarmo che coinvolgesse solamente i Paesi europei escludendo Canada e Stati Uniti negli anni della Guerra Fredda, che poi sfociò nella CSCE prima e nella OSCE dopo) e in questo, Mosca si concentrerà in primis su Germania, Italia, Francia, Spagna e una serie di piccoli Stati, dalla Finlandia allÊAustria e alla Grecia, che per ragioni differenti hanno costruito estese e intense relazioni commerciali. Idealmente, la Russia vorrebbe vedere lÊEuropa riconquistare una certa indipendenza dalla strategia degli Stati Uniti, sperando che la politica delle sanzioni, una costante della politica americana e delle controsanzioni russe crei tali difficoltà ai partners europei (si vedano le reazioni spagnole a seguito del bando di Mosca su taluni prodotti agricoli) da incidere sul meccanismo politico di confronto, anche se nel breve periodo Mosca sa che avrà di fronte una Europa compatta, vicina agli Stati Uniti e ostile. Nel medio termine la Russia conta in misura notevole sul ruolo emergente (e divergente) della Germania come leader de facto del- Rivista Marittima Ottobre 2014 lÊEuropa per poter stabilire un rapporto meno dipendente, agli occhi di Mosca, del continente nel suo rapporto con Washington. Anche se gli interessi di Mosca e Berlino divergono in modo consistente in molti punti, gli interessi del Cremlino verso la Germania sono prioritari. Nel breve termine, la Russia sta cercando di compensare i problemi emersi nel commercio e nelle relazioni finanziarie con lÊOccidente dando nuovo slancio ai contatti con lÊAsia. LÊimportanza della Cina in Russia aumenta, in quanto è lÊunica grande economia impermeabile alle sanzioni iniziate dagli Stati Uniti. Probabilmente, replicando quando sta cercando di fare in Occidente, Mosca cercherà di sviluppare le relazioni economiche con partners che hanno delle necessità e peculiarità quali Giappone e Corea del Sud. In questa ottica la Russia sta cercando di espandere e rafforzare i suoi legami in forma alternativi, quali il BRICS, considerata da Mosca piattaforma naturale per una strategia alternativa e il recente vertice del gruppo, tenutosi in Brasile, ha fatto un primo passo verso la creazione di istituzioni finanziarie comuni. La Russia tuttavia ha realizzato che questo non è sufficiente e sta lavorando intensamente per rinforzare i suoi legami anche con gli Stati dellÊASEAN, nonostante i difficili rapporti che questi hanno con la Cina, che sta diventando un partner sempre più importante, anche se obbligato. In un ambito più generale, la Russia si pone come una alternativa politica (e strategica) alla leadership globale esercitata dagli Stati Uniti e raccoglie intorno a sè tutti gli scontenti e dubbiosi e prova del successo è stato il voto allÊAssemblea Generale dellÊONU 116 Osservatorio Internazionale sullÊUcraina, che sebbene ha visto la vittoria della mozione occidentale ha visto tra astenuti e contrari, una importante fetta della comunità internazionale e il duo russo-cinese al Consiglio di Sicurezza potrebbe rappresentare un imporante elemento di denial di molte dinamiche dellÊONU (Siria docet). Nel suo recente discorso al consiglio di sicurezza nazionale, il presidente Putin ha elencato le priorità del Cremlino: miglioramento delle relazioni interetniche in tutta la Russia, rafforzamento dellÊordine costituzionale e della stabilità politica; promozione dello sviluppo economico e sociale, con particolare attenzione alle regioni vulnerabili o depresse della Federazione. Nonostante un occhio rivolto allÊinterno, il discorso di Putin è centrato sulla necessità della coesione interna per fare fronte a quelle che vengono identificate come possibili minacce esterne, provenienti da Stati Uniti, NATO e UE. Corollario a questo elenco è un più stretto controllo governativo della situazione interna, rilancio dellÊindustrializzazione e la sua decisa modernizzazione, riduzione della dipendenza tecnologica e finanziaria dallÊOccidente. Inoltre sono centrali lÊattenta destinazione delle risorse economiche e coesione sociale, con particolare attenzione alle fasce giovanili. In termini di sicurezza militare, le principali minacce per la Russia, provengono dalla NATO tornata a essere pienamente percepita come una minaccia; il miglioramento degli assetts strategici (offensivi e difensivi) sono in prima linea nelle necessità del Cremlino, nel quadro generale della modernizzazione dellÊintero apparato militare e del suo settore industriale (ricerca, sviluppo e produzione). 117 Il confronto, inclinato e asimmetrico, è probabile che sia duro e lungo. Le sanzioni non faranno fare a Putin marcia indietro, nonostante le speranze occidentali. Egli percepisce che un suo cedimento causerebbe una maggiore pressione. Dalla sua egli ha un sostegno patriottico (e xenofobo) assai forte nella opinione pubblica, che a fronte di una pressione esterna ha ridotto notevolmente la già debole opposizione alla presente leadership e che ora arriva a un 85% di sostegno alla presidenza Putin. ˚ troppo presto per speculare come il confronto potrebbe finire. La posta in gioco è molto alta. Come accennato, qualsiasi seria concessione potrebbe costare assai cara a Putin, ma ironia della sorte il vero vincitore potrebbe essere Pechino. AIUTO MILITARE AMERICANO ALLA FRANCIA Il presidente Barack Obama ha dato il via libera lÊ11 agosto a un programma di aiuti militari per un valore di 10 milioni di dollari alla Francia per il sostegno nelle sue operazioni anti-terrorismo in Mali, Ciad e Niger. Tale importo sarà destinato alle operazioni di trasporto aereo e di rifornimento in volo richiesta dalla Francia per sostenere le sue operazioni anti-terrorismo in questi Paesi. La Francia ha lanciato nel gennaio 2013 una grande operazione militare in Mali e dal 1o agosto, le forze francesi nella regione sono state riconfigurate nel quadro della operazione Berkhane contro il terrorismo islamista. Il QG di questa nuova forza ha sede in Chad e articolazioni in Mali, Mauritania e Burkina Faso. Analisti sottolineano la persistente debolezza francese nelle ope- Rivista Marittima Ottobre 2014 Osservatorio Internazionale razioni a ÿbraccio lungoŸ che non saranno (pienamente) risolte sino allÊentrata in servizio di un congruo numero di velivoli Airbus ÿA-400 AtlasŸ da trasporto e aerocisterne ÿA-330Ÿ. DUE GOVERNI E DUE PARLAMENTI Il Parlamento libico, sostituito si è riunito alla fine di agosto per nominare un nuovo primo ministro, ma il Congresso generale nazionale (CGN), dove gli islamisti sono in maggioranza, si rifiuta di riconoscere la legittimità della nuova Camera dei Rappresentanti, dominato dai liberali e federalisti. La Libia ha così due parlamenti e due governi. sistemi di identificazione e segnalazione. LÊamministratore delegato sottolineava che tali operazioni richiedono la presenza di tecnici esperti in aviazione e avionica. Qualche giorno dopo la medesima compagnia rilasciava un comunicato che smentiva le dichiarazioni del suo proprio amministratore delegato specificando la detta compagnia aveva sospeso le operazioni di volo da e verso la Libia dalla seconda metà di giugno. ˚ infine notizia che nel mese di settembre le forze aree dei 5+5 (Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Malta, Algeria, Mauritania, Marocco, Tunisia e, almeno nominalmente, Libia) svolgeranno la rituale esercitazione che avviene dopo lÊestate, sarà area congiunta di controllo, sorveglianza e difesa dello spazio aereo da minacce di vario tipo. AEREI (E GRILLI PARLANTI) SCOMPARSI LE FORZE ARMATE DEGLI EMIRATI Agli inizi di agosto è circolata la notizia che undici velivoli di vario tipo, tutti di linea, siano scomparsi dallÊaerporto di Tripoli nelle fasi iniziali dei violentissimi combattimenti che hanno visto milizie islamiste affrontarsi per controllarne il perimetro. I media algerini sempre attentissimi alle vicende libiche hanno segnalato il fatto, sottolineando il potenziale pericolo di tale fatto indicando che gruppi terroristi potrebbero usare questi velivoli per ripetere scenari dellÊ11 settembre 2001 nel Mediterraneo. A metà del mese una fonte mediatica tunisina pubblicava lÊintervista dellÊamministratore delegato di una compagnia area di quel Paese che rivelava che due aerei del tipo ÿAirbus 320Ÿ della sua compagnia, parcheggiati e bloccati nellÊaeroporto di Tripoli erano scomparsi e che erano stati rimossi da essi i Rivista Marittima Ottobre 2014 Alla fine di agosto sono stati riportati dei raid aerei su Tripoli, condotti da velivoli non identificati. Media locali hanno insistemente riportato che si trattava di jet delle forze aeree degli emirati ed egiziane. I due Paesi hanno ufficialmente smentito tale notizia, ma è utile dedicare una qualche attenzione alle Forze Armate degli Emirati, sicuramente meno conosciute di quelle egiziane, e che hanno preso parte ufficialmente alle operazioni aeree della NATO contro la Libia nel 2011 contribuendo con due squadriglie da combattimento (1 su ÿF-16Ÿ e 1 su ÿMirage-2000Ÿ). Attualmente le Forze Armate contano 51.000 unità di cui 44.000 delle forze di terra, 2.500 in quelle di mare e 4.500 in quelle aeree. Gli Emirati divenuti indipendenti dalla Gran Bretagna nel 1971, 118 Osservatorio Internazionale nel 1976 hanno integrato le loro Forze Armate. Lo scorso giugno lÊUnione ha istituito il servizio militare obbligatorio maschile e quello volontario per quello femminile, anche per rimpolpare i ranghi, che vedono una larghissima presenza di ÿvolontariŸ stranieri ed evitare situazioni pericolose. La presenza di stranieri residenti negli emirati raggiunge uno spettacolare 80%, a fronte di una popolazione di meno di 6 milioni di abitanti. Le Forze Armate degli emirati, anche se hanno un livello numerico di personale non particolarmente elevato, disponogono di sistemi dÊarma assai avanzati e moderni, specialmente nel settore aereo e della difesa aerea, disponendo missili ÿPatriotŸ e sistemi di comando e controllo THAAD (Terminal High Altitude Area Defense). Le Forze aeree dispongono di 201 velivoli da combattimento, di cui 138 jets, in gran parte ÿF-16Ÿ e ÿMirage-2000Ÿ. Nel 2013 la forza aerea ha iniziato a ricevere ulteriori 25 ÿF-16 Block 60Ÿ (tra le più avanzate) e ha in corso un processo di selezione per rimpiazzare i ÿMirage-2000Ÿ, per i quali la Francia spera di poter vendere i ÿRafaleŸ. AUMENTO DELLÊATTIVIT¤ AEREA RUSSA Nella seconda metà di agosto bombardieri e altri velivoli da ricognizione e sorveglianza dellÊAviazione e della Marina russa sono penetrati nello spazio aereo degli Stati Uniti e del Canada almeno 16 volte. Il NORAD (North American Air Defence Command), il comando statunitense-canadese ha registrato un picco di attività osservando che si trattava secondo le modalità di 119 volo registrate qualcosa di diverso da normali attività addestrative, ma test per verificare tempi e modi delle difese aeree di Stati Uniti e Canada. LIBIA: CHI COMBATTE CHI? Dalla metà di luglio, la Libia è stata teatro di sanguinose battaglie tra le milizie rivali. Dopo la caduta di Muammar Gheddafi e dopo otto mesi di rivolta, le autorità di transizione non sono ancora riusciti a ristabilire lÊordine e la sicurezza. Il generale (in pensione) Khalifa Haftar ha ingaggiato una sanguinosa battaglia contro gli islamisti, ma con successi inferiori a quello che i suoi sostenitori, sinora misteriosi, si attendevano. Invece ex milizie ribelli o jihadisti consolidano il loro caotico e brutale potere. Inoltre sono apparsi in differenti occasioni jets che alla metà di agosto hanno attaccato a Tripoli le posizioni delle milizie provenienti da Misurata e, apparentemente, a favore della operazione Dignità, lanciata nel mese di maggio dal generale Khalifa Haftar e dei suoi alleati, quelle della regione di Zintan (a Ovest della capitale libica). Le incursioni aeree tuttavia non hanno potuto impedire alle milize di Misurata di prendere il controllo dellÊaeroporto. Escludendo la miriade delle piccole milizie, in realtà vere e proprie gangs dotate di armi pesanti, le maggiori fazioni si possono raggruppare in tre aree maggiori. Come accennato ci sono quelle fedeli al generale Khalifa Haftar. Con loro, ci sono altre milizie e tribù considerate più o meno vicino allÊex leader libico Gheddafi, o almeno hanno incoraggiato il suo regime. Rivista Marittima Ottobre 2014 Osservatorio Internazionale Di fronte a queste milizie, ci sono i jihadisti di Ansar al-Sharia sostenitori della legge islamica, e per lo più di ex ribelli che hanno combattuto il regime di Muammar Gheddafi, molto attivi a Bengasi, la seconda città libica e sono sospettati di violenze terribili e abusi di ogni tipo e di prossimità con le galassie terroristiche di Al Qaida, inizialmente e ora dello Stato Islamico, di cui aspirerebbero a diventare il braccio operativo nellÊAfrica settentrionale, in concorrenza con i gruppi legati alla ÿsezione regionaleŸ del movimento di Al Zawairi, Al Qaida del Maghreb Islamico (AQIM). La terza parte è costituita dalle milizie legate alla città di Misurata. Situato a 200 km a Nord-Est di Tripoli, la città è un caso speciale. A differenza dei jihadisti di Ansar al-Sharia, queste formazioni non sono islamisti. Vicino ad altre milizie, essi formano unÊalleanza con la milizia Gharyan o Zawiya. Queste diverse fazioni costituiscono un gruppo eterogeneo. Tripoli e Bengasi, il principale teatro di scontri. Gli scontri in Libia si svolgono per la maggior parte in luoghi distinti. A Tripoli, la capitale, è in gran parte legato al confornto tra le milizie di Misurata e quelle di Zintan. La questione non è ideologica, ma in buona parte strategica. Al centro di questa battaglia si trova il Tripoli International Airport (o quello che ne rimane). A Bengasi, le milizie islamiste di Ansar alSharia hanno una solida base dalla caduta del vecchio regime. Esse sono considerate come responsabili di tutti gli attacchi verso le presenze occidentali e internazionali in tutta la Libia. Le forze di elite del governo libico, una delle poche unità delle Forze Armate regolari hanno tentato inutilmente in diverse occasioni di espellere queste forze Rivista Marittima Ottobre 2014 da Bengasi. ˚ comunque utile sottolineare che parlare di forze regolari libiche non è del tutto appropriato, in quanto si tratta di milizie preesistenti e che hanno accettato lÊinvito del governo di Tripoli di formare le Forze Armate. Queste forze raccolgono anche i militari addestrati in diversi Paesi occidentali, tra cui lÊItalia. Il loro comandante, Abu Wanis Kamada, beneficia anche del sostegno del generale Khalifa Haftar. Data la gravità della situazione sul terreno, i parlamentari libici, riunitisi fortunosamente il 13 agosto a Tobruk, hanno votato una mozione unitaria richiedendo un intervento da parte della comunità internazionale. LÊobiettivo è chiaro: per proteggere le popolazioni civili dal dilagare degli scontri. Un compito che può essere difficile in un contesto dove lÊunica ambasciata rimasta funzionante è quella italiana, questo mentre tutte le altre sono state progressivamente svuotate e il personale delle Nazioni Unite è stato rimpatriato sin dal 15 luglio. Tuttavia è stato nominato un nuovo capo della missione ONU in Libia. Questo è lo spagnolo Bernardino Leon, già delegato dellÊUnione Europea per il Mediterraneo meridionale. Per quanto riguarda la possibilità di un intervento militare da parte della comunità internazionale, nulla è meno certo. Americani ed Europei, che si basano molto sul ruolo pacificatore e unificatore del nuovo Parlamento libico, sono assai riluttanti a fronte della ipotesi di una possibile invasione di terra in quel Paese. La Russia è coinvolta in unÊaltra controversia, ma nessuno ne parla. Con tutti gli occhi del mondo puntati sul confine tra Ucraina e Russia, è facile che vi sia poca attenzione su altri scenari. Tutta- 120 Osservatorio Internazionale via, negli ultimi mesi vi è stata intensa attività nel Caucaso, coinvolgendo il territorio del Nagorno-Karabakh, Armenia, Azerbaigian e Russia. Il coinvolgimento della Russia nel conflitto che oppone Armenia e Azerbaigian potrebbe preannunciare un cambiamento della posizone di Mosca in questo conflitto, oramai di lunga data. Nel 1994, dopo una laboriosa mediazione e lÊaiuto di Turchia e Iran è stato possibile raggiungere un cessate il fuoco tra le ex repubbliche sovietiche di Armenia e Azerbaigian in conflitto per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, regione dellÊAzerbaigan popolata da maggioritariamente da Armeni. LÊArmenia era riuscita a stabilire la continuità territoriale con il Nagorno-Karabakh a seguito della superiorità militare sul terreno. Da allora le parti si sono trincerate dietro posizioni rigide e totalmente contrastanti bloccando ogni possibilità di negoziato e lasciano le proprie forze con le armi al piede. Ora, con la Russia e lÊOccidente a fronteggiarsi per lÊUcraina, il conflitto del Nagorno-Karabakh rappresenta un punto di crisi più sottile dellÊUcraina, ma altrettanto significativo per gli equilibri dellÊintero Caucaso, il Mar Nero e la sicurezza energetica occidentale. Mentre la Georgia tenta di avvicinarsi allÊOccidente e lÊArmenia rafforza i legami con la Russia, lÊAzerbaigian è in un equilibrio precario, anche per le enormi ricchezze energetiche di cui dispone e per il fatto di essere uno snodo geografico importante dei presenti (e futuri) gasdotti e oleodotti. Agli inizi di agosto, le forze delle due parti si sono scontrate sulla linea del cessate il fuoco per quelle che sono state descritte 121 come scaramucce che hanno visto la morte di una ventina di militari; ma visto il contesto esplosivo che insite su quella parte di eurasia, suscettibile di gravi rischi di instabilità, per la non grande distanza con il ribollente scenario mediorientale. Storicamente la Russia ha sostenuto le ragioni degli Armeni, ma recentmenete ha iniziato ad avvicinarsi allÊAzerbaigian rafforzando la sua azione diplomatica per risolvere questa situazione aperta e incrementare influenza politica, economica ed energetica nella regione e, in ultima analisi aumentare la pressione sulla piccola sentinella filoccidentale nella regione, la Georgia. Tuttavia le chance per una soluzione del conflitto sono ridotte, a cominciare dalle ferite aperte dal conflitto che è costato 30.000 morti e ha visto la nascita della repubblica, autoproclamata del Nagorno-Karabakh, considerata dallÊAzerbaigian una parte del suo proprio territorio occupata illegalmente e totalmente mancante di legittimità e riconoscimento internazionale. LÊArmenia dal canto suo afferma che il Nagorno-Karabakh ha non ha nessun futuro come parte dellÊAzerbaigian e ritiene che il conflitto deve essere risolto con il riconoscimento del diritto allÊautodeterminazione del popolo del Nagorno-Karabakh. Tale riconoscimento comporterebbe probabilmente lÊindipendenza o la riunificazione con lÊArmenia. La repubblica separatista è stimata con una popolazione di circa 145.000 abitanti, di cui quasi il 95% sono di etnia armena e che ha una elevatissima influenza allÊinterno della leadership armena, in quanto moltissimi dei dirigenti di Erevan sono nati nel NagornoKarabakh, ripetendo in qualche misura la relazione tra Croazia e Herzeg-Bosna. Rivista Marittima Ottobre 2014 Osservatorio Internazionale LA GERMANIA CANCELLA UN IMPORTANTE CONTRATTO CON LA RUSSIA La prima settimana di agosto il governo tedesco ha annullato un importante contratto che avrebbe fornito alle Forze Armate russe un sistema di addestramento e simulazione prodotto dalla Rheinmetall, per un valore di 100 milioni di euro. Ancora una volta è stato il potente Ministero dellÊEconomia a revocare il contratto, che era in discussione sin da marzo. La evoluzione della situazione in Ucraina e lÊadozione delle conseguenti poltiche restrittive da parte dellÊUE nei confronti di Mosca ha portato a questa scelta, duramente criticata dalla Russia che ha accusato la sudditanza tedesca ed europea alle indicazioni statunitensi. Il sistema di addestramento, un sofisticato pacchetto di simulatori di vario tipo avrebbe permesso di addestrare, a basso costo e con buoni risultati, oltre 30.000 soldati allÊanno. ABENOMICS DELLA DIFESA Il primo ministro giapponese Shinzō Abe, conosciuto anche per il modello economico che ha imposto al Giappone, la cosiddetta Abenomics, che consiste nellÊimmissione di risorse nel mercato finanziario e nel mantimento della spesa pubblica senza decurtazioni, ha aggiunto un tassello particolare a questo schema sottoponendo al parlamento la proposta per un bilancio della Difesa pari quasi 30 miliardi di euro, con un incremento pari al 3,5% rispetto allÊanno precedente. Questa proposta era largamente attesa viste le tensioni montanti in Asia centrale, dove Cina e Coree, Russia, Taiwan, e più a Sud, le Rivista Marittima Ottobre 2014 nazioni dellÊASEAN sono interessate da un crescente clima di confronto in contesto di crescente militarizzazione. Se approvato, questo sarebbe il terzo aumento consecutivo del bilancio della Difesa, interrompendo un decennio di tagli. AllÊinizio di agosto il Ministero della Difesa di Tokyo aveva descritto il contesto di sicurezza del Giappone come ÿsempre più graveŸ. Parlando di ÿgrande preoccupazioneŸ per le attività della Cina nel Mar Cinese orientale e Corea del Nord citate come una minaccia alla sicurezza. Pechino e Tokyo sono impegnati in una lotta amara sulle isole Senkaku in Giappone (chiamate Diaoyu dalla Cina). I settori della Difesa e sorveglianza aerea e aeromarittima sono quelli che vedranno i maggiori rafforzamenti, secondo i piani, ma anche la Guardia Costiera, in prima linea nel confronto con similiari entità dei Paesi vicini, così come delle loro flotte pescherecce, vedrà aumentare bilancio, personale, velivoli e battelli dÊaltura. YEMEN: 15 SOLDATI RAPITI E GIUSTIZIATI DA AL QAEDA LÊ8 agosto quindici soldati yemeniti sono stati giustiziati da un gruppo di Al Qaeda poco dopo il loro rapimento nella provincia di Hadramout, a Sud-Est del Paese. I soldati, che stavano andando in congedo, sono stati catturati da un commando di Al Qaida che ha intercettato il loro autobus vicino alla città di Chibam e portato alla vicina città di Houta, dove sono stati giustiziati in pubblico. LÊEsercito ha subito inviato rinforzi nella zona per cercare di catturare gli autori di questo attacco. Il giorno prima, quattro soldati e 11 militanti di Al Qaeda sono stati uccisi in 122 Osservatorio Internazionale due attacchi contro installazioni militari in Hadramout. Al Qaeda operante nella penisola arabica, la ÿcenerentolaŸ delle varie fazioni della galassia terroristica, soprattutto a causa della forte opposizione da parte degli Stati della regione ha ritrovato spinta e vigore soprattutto nello Yemen in concomitanza con la offensiva dellÊesercito islamico in Siria e Irak. La cosa non è vista come un segnale di alleanza, ma anzi della crescente rivalità tra le due organizzazioni, che cercano di consolidare le loro posizioni per quello che considerano un possibile futuro confronto. LA MARINA RUSSA DEL MAR NERO RICEVE IL PRIMO SOTTOMARINO DELLA CLASSE ÿVARSHAVYANKAŸ Il primo della serie di sei sottomarini dieselelettrici della classe ÿVarshavyankaŸ, costruiti per la flotta del Mar Nero, sarà messo in servizio nella Marina russa il 22 agosto. Secondo la Marina russa il sottomarino è attualmente nella seconda fase di test nel Mar Baltico. La costruzione del sottomarino No- 123 vorossiysk è iniziato nellÊagosto 2010, seguito dal Rostov-on-Don nel novembre 2011, lo Stary Oskol nellÊagosto 2012 e nel febbraio 2014 il Krasnodar. La consegna, tanto attesa, di questi sottomarini, soprannominati dalla US Navy come ÿbuchi neri nel mareŸ, in quanto difficilmente intercettabili quando sommersi (secondo le fonti russe), è una parte fondamentale della strategia navale della Russia nel Mediterraneo. La classe ÿVarshavyankaŸ (Progetto ÿ636.3Ÿ) è una versione migliorata dei sottomarini classe ÿKiloŸ e dispone di tecnologia stealth avanzata, ampio raggio dÊazione e la capacità di colpire obiettivi in superfice e subacquei. Questi battelli sono destinati a operare in acque relativamente poco profonde. I sottomarini, che hanno un equipaggio di 52 unità, hanno velocità subacquea massima di 20 nodi, unÊautonomia di 400 miglia (propulsione elettrica) con la possibilità di pattugliare per 45 giorni. Essi sono armati con 18 siluri e otto missili superfice-aria. La Flotta russa del Mar Nero ha ricevuto lÊultimo sottomarino, un esemplare della classe ÿKilo-AlrosaŸ, nel 1990. Enrico Magnani Rivista Marittima Ottobre 2014 RUBRICHE Scienza e tecnica PROGRESSI DEL PROGRAMMA SPAZIALE INTERNAZIONALE GPM PER LA MISURA DELLE PRECIPITAZIONI Nel numero di febbraio 2014 di questa rubrica avevamo accennato al lancio del satellite Global Precipitation Measurement (GPM) Core Observatory da parte delle agenzie spaziali statunitense (NASA) e giapponese (JAXA), previsto per il giorno 28 febbraio dallo spaziodromo di Tanegashima, mediante un razzo vettore giapponese del tipo ÿH-IIAŸ. Il lancio ha avuto effettivamente luogo alle ore 3:37 di mattina ora standard giapponese (JST); dopo circa 15 minuti e 57 secondi dal decollo il satellite si è separato come previsto dal veicolo di lancio e im- messo in orbita, per iniziare le procedure di taratura e prova degli strumenti. Riportiamo in riquadro le principali caratteristiche del satellite e dei suoi sensori, cioè il Dual-frequency Precipitation Radar (DPR) e il GPM Microwave Imager (GMI), sensori che hanno iniziato a funzionare regolarmente e stanno inviando i dati scientifici sulla terra, dove vengono elaborati. I primi sessanta giorni costituiscono un periodo di prova per la verifica del regolare funzionamento del satellite e degli strumenti I primi dati verranno rilasciati verso la comunità scientifica non oltre sei mesi dopo il lancio, quando i tecnici della NASA e della JAXA ne avranno verificata lÊattendibilità. Il 17 marzo è stata eseguita, impiegando i Immagine artistica del satellite Global Precipitation Measurement (GPM) Core Observatory con i principali sensori DPR e GMI (dal sito internet della NASA). Rivista Marittima Ottobre 2014 124 Scienza e tecnica sistemi di spinta del satellite, la prima manovra di rotazione di 180o del satellite sul piano orizzontale (yaw); il satellite quindi ora vola ÿin retromarciaŸ, cioè verso la direzione del suo lato posteriore; questa manovra verrà compiuta ogni quaranta giorni circa per assicurare il controllo termico; infatti, senza compiere queste manovre, lÊangolo tra lÊorbita del satellite e il sole varia, esponendo alle radiazioni solari quel lato del satellite che è invece stato progettato per rimanere ÿfreddoŸ. Per le manovre vengono impiegate le ruote di reazione (reaction wheels) di cui è dotato il satellite. Il 19 marzo è stata eseguita una manovra chiamata ÿdelta-VŸ della durata di circa cinquanta secondi per aumentare la velocità e quindi lÊaltezza della sua orbita, usando alcuni dei suoi dodici propulsori (thrusters). Lo scopo del programma internazionale GPM (Global Precipitation Measurement) è quello di fornire, più volte il giorno, informazioni dettagliate sulle precipitazioni (pioggia e neve) su tutto il globo terrestre, per migliorare la comprensione dei cicli dellÊacqua e dellÊenergia che governano il clima terrestre. Le precipitazioni, infatti, sono legate a cambiamenti di fase dellÊacqua contenuta nellÊatmosfera, cambiamenti di fase che comportano assorbimento o rilascio di energia termica, e il loro studio gioca un ruolo cruciale sia per migliorare la nostra comprensione del funzionamento del clima, sia per lÊeffettiva predizione delle condizioni metereologiche, e in particolare di fenomeni come i tifoni e gli uragani. Uno dei limiti che gli studiosi di meteorologia hanno sempre lamentato è la scarsità di dati sulle precipitazioni, soprattutto sugli oceani; lÊimpiego di satelliti consentirà di 125 superare questo limite. Mentre, infatti, i radar metereologici terrestri hanno cominciato a essere impiegati già durante la seconda guerra mondiale, il primo radar meteorologico basato su satellite è stato il PR (Precipitation Radar) installato a bordo del ÿTRMMŸ (Tropical Rainfall Measuring Mission), che fornisce dal novembre 1997 mappe tridimensionali delle precipitazioni nelle regioni tropicali e subtropicali, con una copertura estesa sia alle terre emerse che agli oceani, e ha rivoluzionato le conoscenze degli uragani da parte degli studiosi di meteorologia. NellÊambito del programma GPM, i dati del satellite lanciato a febbraio (Core Observatory) serviranno a calibrare i dati sulle precipitazioni misurati da una rete di altri satelliti gestiti da JAXA, NOAA, Dipartimento della difesa statunitense, dalla European Organisation for the Exploitation of Meteorological Satellites (EUMETSAT), dal Centre National dÊEtudies Spatiales (CNES) francese e dallÊorganizzazione per la ricerca spaziale indiana (Indian Space Research Organisation). Di particolare importanza per le tecnologie impiegate (parte delle quali sono alla base dei sensori installati a bordo del core Observatory) e per i risultati ottenuti la precedente missione ÿTRMMŸ, congiunta tra NASA e JAXA, iniziata nel 1997, e tuttora in corso. Il satelliteÿ TRMMŸ è stato progettato principalmente per misurare piogge moderate o forti nelle regioni tropicali e sub-tropicali. Le misure effettuate da questo satellite hanno fornito importanti informazioni sul livello delle precipitazioni medie annue, in particolare sugli oceani, rendendo per la prima volta disponibili immagini tridimen- Rivista Marittima Ottobre 2014 Scienza e tecnica La ÿcostellazioneŸ dei satelliti delle diverse agenzie spaziali, partecipanti al programma internazionale GPM (Global Precipitation Measurement), il cui scopo è fornire, più volte il giorno, informazioni dettagliate sulle precipitazioni (pioggia e neve) su tutto il globo terrestre (dal sito internet della NASA). sionali, riprese dallo spazio, sulla struttura e intensità delle tempeste. Tra gli strumenti di cui è dotato ÿTRMMŸ la telecamera TMI (TRMM Microwave Imager), il radar ÿPRŸ (Precipitation Radar) e i sensori VIRS (Visible and InfraRed Scanners). I principali strumenti del nuovo GPM Core Observatory sono il DPR e il GPI. Il DPR (Dual-frequency Precipitation Radar) è un radar meteorologico bibanda appositamente sviluppato in Giappone (dalla JAXA e dallÊIstituto nazionale della tecnologia dellÊinformazione e delle comunicazioni di Tokyo), che sfornisce profili tridimensionali delle precipitazioni, rivelando la struttura in- Rivista Marittima Ottobre 2014 terna dei temporali, sia allÊinterno che al di fuori delle nuvole e misurando, oltre ai dati globali sulle precipitazioni, dimensioni e distribuzioni delle gocce dÊacqua, dei fiocchi di neve e dei chicchi di grandine. Il GMI (GPM Microwave Imager) è un apparecchio costruito dalla compagnia Ball Aerospace and Technology Corp., di Boulder (Colorado), basato sulla tecnologia delle microonde per la raccolta dÊimmagini di precipitazioni (pioggia e neve) a tredici diverse frequenze; le informazioni che fornisce sono relative allÊintensità della precipitazione, alla quantità di acqua caduta e alle dimensioni delle gocce (o fiocchi di neve). Maggiori in- 126 Scienza e tecnica Il lancio del satellite GPM Core Observatory avvenuto il giorno 28 febbraio 2014 alle ore 3:37 di mattina (ora standard giapponese) dallo spaziodromo di Tanegashima, mediante un razzo vettore giapponese del tipo ÿH-IIAŸ (dal sito internet della NASA). formazioni sia sul GPR che sul GMI sono riportate in riquadro a fine Rubrica. Grazie ai suoi strumenti, il GPM Core Observatory può osservare le tempeste che si formano negli oceani tropicali, e seguirne il percorso verso le regioni più temperate, fornendo agli scienziati informazioni sulla struttura interna di queste tempeste durante tutto il loro ciclo di vita. La conoscenza di come le tempeste evolvono nel tempo aiuterà gli 127 scienziati a capire come mai alcune tempeste cambiano intensità quando escono dalle regioni tropicali. Le informazioni del GMI e del DPR forniranno anche un data base di misure accurate, nei cui confronti potranno essere comparate le misure degli altri satelliti del programma GPM, per ottenere dei dati uniformi sulle precipitazioni. Per esempio quando un satellite osserverà gli stessi feno- Rivista Marittima Ottobre 2014 Scienza e tecnica meni osservati e misurati dal GMI, i dati del GMI serviranno per calibrare gli strumenti dellÊaltro satellite. Di particolare importanza è la capacità del GPM Core Observatory di misurare non solo le normali precipitazioni (temporali e piogge consistenti), ma anche la neve e le piogge leggere, che costituiscono una parte significativa delle precipitazioni globali, specialmente nelle regioni temperate e fredde. Il satellite GPM Core Observatory, sviluppato e collaudato presso il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland, fornisce alimentazione elettrica, comunicazioni e memoria di massa ai sensori GMI e DPR, oltre ad assicurarne il posizionamento in orbita e lÊorientamento. Il satellite comprende, oltre alla struttura, i pannelli solari e il relativo sistema di dispiegamento, i sottosistemi dedicati allÊenergia, al controllo termico e dellÊassetto, alla guida e propulsione, alla navigazione e controllo, alle comunicazioni radio, e al comando e gestione dei dati. Due file di pannelli solari dispiegabili ricaricano la batteria del satellite e forniscono alimentazione ai sistemi di bordo. Un sistema di memoria di massa allo stato solido assicura la conservazione dei dati a bordo, e lÊantenna a elevato guadagno in banda ÿSŸ consente la trasmissione dei dati degli strumenti, sia in tempo reale che in play-back scaricandoli dalla memoria di massa. DallÊorbita a 407 km dalla superficie terrestre, i due strumenti GMI e DPR esaminano costantemente in maniera coordinata delle aree di superficie terrestre chiamate swath. Il GMI vede uno swath largo 885 chilometri, mentre i radar in banda ÿKuŸ e ÿKaŸ del DPR prendono immagini parzialmente Rivista Marittima Ottobre 2014 sovrapposte al centro dello swath. In particolare il radar in banda ÿKaŸ osserva una striscia larga 120 km, mentre quello in banda ÿKuŸ una striscia di 245 km. Il settore di terra della missione GPM comprende tutto quanto serve a comandare e operare il satellite GPM Core Observatory in orbita, e a gestire e distribuire i dati ricevuti da questo satellite e da tutti gli altri satelliti partecipanti al programma. Il MOC (Mission Operations Center) è parte del Goddard Space Flight Center della NASA, e invia i comandi al GPM Core Observatory attraverso la stazione terrestre ubicata a White Sands e il sistema di tre satelliti geosincroni TDRSS (Tracking and Data Relay Satellite System), impiegato anche per le comunicazioni con altri satelliti della NASA. A sua volta il satellite trasmette, impiegando la stessa catena di comunicazioni, la telemetria propria e degli strumenti, informazioni sul regolare funzionamento e i dati scientifici; questi ultimi sono trasmessi dal MOC al PPS (Precipitation Processing System), ubicato sempre a Goddard. I dati del GMI sono trasmessi con continuità, quelli del DPR una volta ogni orbita. Le agenzie che controllano gli altri satelliti del programma GPM inviano i dati dei propri satelliti al PPS attraverso le proprie strutture dio comunicazione. Il PPS elabora tutte le informazioni ricevute dagli strumenti dei vari satelliti, con la sola eccezione dei dati del DPR che vengono inviati ai MOS (Mission Operations Systems) della JAXA in Giappone per una prima elaborazione, dopo la quale sono rimandati al PPS come dati radar per le ulteriori elaborazioni e per lÊintegrazione con tutte le altre informazioni relative alle preci- 128 Scienza e tecnica pitazioni. I dati sulle precipitazioni del programma GPM possono essere scaricati gratuitamente dal sito internet pps.gsfc.nasa.gov. Allo scopo di individuare metodologie di elaborazione dei dati e valutare con che precisione gli strumenti dei satelliti osservano le precipitazioni dallo spazio, gli scienziati del programma GPM hanno pianificato e condotto una serie di campagne per comparare i dati dei satelliti (e anche dati raccolti da aerei che simulano i satelliti) con dati raccolti da strumenti basati a terra. Sono state eseguite cinque campagne di cui due in Canada, presso Toronto, per la misura delle precipitazioni nevose (2006–2007 e 2012), una sul Golfo di Finlandia per misurare le piogge leggere alle alte latitudini (2010), una per misurare temporali convettivi sulla terraferma, attorno a Oklahoma (2011), e una nello stato dello Iowa per misurare temporali e valutare applicazioni per la previsione degli allagamenti (2013). I satelliti ci consentono di osservare lÊevoluzione della struttura delle precipitazioni nel corso del ciclo di vita di una tempesta, in particolare sugli oceani e nelle zone dove i dati ottenuti dalle stazioni terrestri sono scarsi. I dati ottenuti dal satellite ÿTRMMŸ ci hanno fornito nuove conoscenze sulla dinamica degli uragani, per esempio sulla stabilità dellÊocchio di un ciclone quando il ciclone stesso si muove sulla superficie terrestre, e Il satellite GPM Core Observatory in fase di realizzazione presso il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland (dal sito internet della NASA). 129 Rivista Marittima Ottobre 2014 Scienza e tecnica Una delle prime immagini ricevute dal sensore GPM Microwave Imager (GMI) del satellite GPM Core Observatory, ripresa il 10 marzo 2014 al largo delle coste giapponesi, indica il flusso della pioggia nel corso di un ciclone tropicale. Le aree rosse indicano le piogge più intense, quelle gialle e blu piogge più leggere; lÊarea blu intenso nella zona superiore indica una nevicata (dal sito internet della NASA - Image Credits NASA/JAXA). come lÊintensificazione di un ciclone tropicale sia legata alla presenza di alte strutture di nuvole calde, e quindi possa essere prevista. La missione GPM ha una maggiore copertura e consentirà agli scienziati di migliorare le nostre capacità di prevedere lÊevoluzione di un uragano nel tempo, aiutando chi deve prendere decisioni a salvare delle vite umane. Più in generale, lÊacqua è fondamentale per la vita sulla terra. Sapere dove e quanta acqua cadrà è vitale per capire come il clima impatti sullÊambiente, sullÊagricoltura e sulla disponibilità di cibo, oltre che a prevedere i disastri naturali. Rivista Marittima Ottobre 2014 Alla luce delle previsioni degli scienziati dellÊIPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, organismo creato dallÊONU per lo studio dei cambiamenti climatici e dei loro effetti), secondo cui è molto probabile che un incremento nella temperatura media terrestre porti a cambiamenti nel sistema delle precipitazioni, tra cui un aumento della quantità di acqua che cadrà durante i temporali egli uragani (IPCC, 2011), le informazioni fornite dal programma GPM saranno fondamentali per la previsione dei disastri naturali legati alle precipitazioni, come i cicloni tropicali, le ÿbombe dÊacquaŸ, gli alla- 130 Scienza e tecnica Rappresentazione tridimensionale del ciclone osservato il 10 marzo 2014 al largo delle coste del Giappone dal sensore Dual-frequency Precipitation Radar (DPR) del satellite GPM Core Observatory. La striscia coperta dal DPR, larga 245 chilometri, si trova al centro della striscia più larga (885 km) coperta dallÊaltro sensore del satellite, il GMI. Anche in questa rappresentazione le aree rosse indicano le piogge più intense, quelle gialle e blu piogge più leggere (dal sito internet della NASA- Image Credits JAXA / NASA). gamenti, le malattie legate allÊacqua (come la malaria) e le frane. Per prevedere i futuri cambiamenti climatici, gli scienziati usano dei sofisticati modelli computerizzati, che si basano sui dati globali disponibili per descrivere le condizioni che esistono oggi e prevedere quelle del futuro. Fornendo dati sulla fisica delle precipitazioni, il programma GPM consente di progredire nellÊanalisi e modellazione del sistema climatico mondiale. Per la comunità agricola mondiale la conoscenza del quantitativo di acqua che cadrà nelle varie zone, la distribuzione temporale delle precipitazioni e le loro caratteristiche costituiscono informazioni cruciali per indirizzare le scelte del tipo di cultura da adottare nei diversi terreni e prevenire gli effetti 131 della siccità, e anche in questo settore i dati del programma GPM saranno di grande aiuto. Parimenti la conoscenza dellÊevoluzione della situazione delle precipitazioni consentirà ai manager pubblici di prendere con migliore cognizione di causa importanti decisioni sulla gestione delle risorse idriche, fondamentali non solo per il consumo umano diretto (alimentare e igienico-sanitario), ma anche per le attività agricole (irrigazione), industriali, estrattive e per la produzione di energia. Per chi fosse interessato ad approfondire lÊargomento consigliamo la visita dei siti internet della missione GPM: http://www.nasa.gov/gpm, http://pmm.nasa.gov e http://www.jaxa.jp/projects/sat/gpm/index_e.html. Claudio Boccalatte Rivista Marittima Ottobre 2014 Scienza e tecnica PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA MISSIONE GPM CORE OBSERVATORY Tipo di orbita: circolare, non eliosincrona; Altezza dellÊorbita: 407 chilometri (253 miglia); Durata dellÊorbita: 93 minuti, corrispondenti a circa sedici orbite il giorno; Inclinazione dellÊorbita: 65o; Velocità: 7 chilometri il secondo (circa 25.000 km/h); Durata prevista della missione: almeno tre anni (il combustibile presente a bordo è sufficiente per cinque anni). PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL GPM MICROWAVE IMAGER (GMI) Il sensore GMI, costruito dalla ditta Ball Aerospace & Technology Corp. di Boulder (Colorado) per conto del Goddard Space Flight Center della NASA, è un radiometro a microonde multicanale, progettato per individuare le precipitazioni complessive attraverso tutti gli strati di nuvole, inclusa la neve e la pioggia leggera. Per ottenere questo scopo misura lÊintensità dellÊenergia che viene costantemente emessa sotto forma di microonde da ogni componente del sistema terra, inclusa la pioggia e la neve. Ogni oggetto, sulla base delle sue proprietà fisiche e della sua temperatura, emette energia in maniera diversa, e gli scienziati, sulla base dei confronti tra quanto ricevuto sui diversi canali, sono in grado di distinguere pioggia e neve, e calcolare il rateo e la quantità delle precipitazioni. Il GMI impiega tredici canali per misurare lÊintensità delle microonde; i canali a frequenza più bassa (da 10 a 89 gigahertz) individuano le piogge da moderate a intense, mentre i quattro canali a frequenza più elevata (166 to 183 gigahertz), non presenti nel precedente programma TRMM, individuano anche le piogge più leggere. Dal punto di vista costruttivo, il GMI è un radiometro a scansione conica, comprendente due parti principali, lÊantenna rotante che riceve le microonde e i detettori che ricevono le microonde dallÊantenna e ne misurano lÊenergia. LÊantenna ha un diametro di 1,2 metri e ruota alla velocità di 32 giri il minuto. Quando lÊantenna è rivolta verso il satellite, esegue delle calibrazioni per assicurare lÊaccuratezza dei suoi risultati. PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL DUAL-FREQUENCY PRECIPITATION RADAR (DPR) Il DPR è stato progettato dalla JAXA e dallÊistituto nazionale giapponese per la tecnologia delle informazioni e comunicazioni, e costruito dalla NEC Toshiba Space Systems, Ltd. ˚ stato consegnato ufficialmente dalla JAXA alla NASA il 30 marzo 2012 e integrato a bordo del satellite GPM Core Observatory nel maggio 2012. Questo sensore impiega due radar a scansione per precipitazioni, rispettivamente in banda ÿKuŸ (corrispondente a una frequenza di 13.6 gigahertz) e ÿKaŸ (35.5 gigahertz). Entrambe hanno una risoluzione spaziale di circa 5 km; il radar ÿKaŸ, grazie alla sua frequenza più elevata, è in grado di raccogliere informazioni che richiedono una maggiore sensibilità, fondamentale per osservare le goccioline dÊacqua più piccole e le particelle di ghiaccio. Le informazioni raccolte dai due radar possono essere analizzate separatamente o in combinazione; per esempio comparare i segnali dei due radar è utile per capire se una precipitazione è formata da pioggia o neve. Le dimensioni dellÊantenna del radar ÿKu-bandŸ radar sono 2.4 x 2.4 x 0.6 metri, mentre quelle dellÊantenna del radar ÿKaŸ sono 1.44 x 1.44 x 0.7 metri. Il più anziano satellite ÿTRMMŸ è dotato di un radar meteorologico PR (Precipitation radar) che opera solo in banda ÿKuŸ. MT30 FEATURE La turbina a gas Rolls-Royce MT30 · già selezionata da 5 delle maggiori piattaforme navali al mondo · è la più performante turbina a gas per utilizzo navale oggi in servizio. Essa deve questo invidiabile primato al motore Rivista Marittima Ottobre 2014 della gamma Rolls-Royce dal quale è derivato, il ÿTrent 800Ÿ. Questo collaudato, affidabile e performante motore aereo equipaggia il ÿBoeing 777Ÿ e possiede le componenti principali (combustore, turbina, compressore) più grandi nellÊambito della rinomata famiglia di motori Trent. 132 Scienza e tecnica LÊMT30 viene utilizzato dalla US Navy per la propulsione delle Littoral Combat Ship; dalla Marina sudcoreana sulle fregate ÿFFX Batch IIŸ e dalla Royal Navy sulle navi da combattimento ÿType 26Ÿ. ÿQuesta derivazione permette allÊMT30 di fornire una potenza considerevole. Esso può generare fino a 40MW da unÊunità propulsiva di 30 tonnellate, dato che la rende la turbina navale a gas con il rapporto più favorevole tra spinta e pesoŸ · afferma Richard Partridge, Chief of Naval Systems del Gruppo RollsRoyce · ÿQueste caratteristiche permettono alle unità equipaggiate con lÊMT30 di avere una potenza superiore in uno spazio più limitato rispetto a quello occupato da motori di altro tipo, e consentono ai progettisti maggiore flessibilità nellÊideare le navi del futuroŸ. Una parte crescente delle navi attuali viene progettata con propulsione elettrica che favoriscono una migliore versatilità, flessibilità e doti stealth. Questi sistemi utilizzano turbine a gas per alimentare alternatori e generatori e gestire così non solo la tradizionale funzione propulsiva ma anche per soddisfare la richiesta di energia elettrica necessaria per le armi, i sistemi di comunicazione e la vita a bordo. LÊMT30 è stato adottato dalla Marina ame- 133 ricana, che lo utilizza già dal 2008 sulle proprie unità da combattimento costiere classe ÿFreedomŸ, che possono superare i 40 nodi di velocità. Inoltre la US Navy ha selezionato lÊMT30 come componente fondamentale del GTA (Gas Turbine Alternator) nellÊambito del futuristico programma DDG 1000 per un nuovo destroyer. La prima unità di questa classe, lo USS Zumwalt, comincerà presto le prove in mare. Nel Regno Unito, lÊMT30 è stato scelto dalla Royal Navy per equipaggiare le nuove portaerei classe ÿQueen ElizabethŸ in versione GTA e nel 2013 la Marina della Repubblica di Corea ha selezionato la turbina Rolls-Royce per il secondo lotto delle fregate classe ÿFFXŸ. QuestÊultima è stata la prima applicazione di una singola turbina MT30, montata per lavorare in tandem con generatori diesel, dando vita a una flessibile configurazione elettro-meccanica ibrida che ha evidenziato lÊampia portata delle capacità dellÊMT30 in termini di dimensioni e prestazioni. Carat- Rivista Marittima Ottobre 2014 Scienza e tecnica LÊMT30 in versione GTA viene utilizzato dalla Royal Navy sulle portaerei classe ÿQueen ElizabethŸ e dalla US Navy sui caccia ÿDDG 1000Ÿ. teristiche queste che le permettono di equipaggiare una vasta gamma di unità, dalle corvette alle portaerei. A breve, lÊinnovativo sistema di propulsione per navi da combattimento della Royal Navy designato ÿType 26Ÿ sarà progettato intorno allÊMT30, anche in configurazione singola e ibrida dal punto di vista elettromeccanico, sulla scorta dellÊesperienza coreana. Oggi lÊMT30 si può considerare un prodotto leader sul mercato della propulsione navale, anche in virtù del proprio basso rischio tecnologico visto che condivide con i propri omologhi in campo aeronautico circa lÊ80% delle componenti. La gamma dei motori Trent ha accumulato circa 50 milioni di ore di volo ed equipaggia oggi più di 40 delle prime 50 compagnie aeree al mondo. Questo solido stato di servizio insieme allÊalto grado di compatibilità tra il propulsore marino e quello aeronautico a livello sia di componenti che di sottosistemi, assicura allÊMT30 un considerevole valore dal punto di Rivista Marittima Ottobre 2014 vista ingegneristico. Questo è un eccellente punto di partenza per le Marine di oggi che richiedono sempre maggiori doti di affidabilità ai propri equipaggiamenti. Rolls-Royce ha sempre perseguito una filosofia ingegneristica ispirata dal concetto ÿInventa una sola volta, usa molte volteŸ che le ha permesso di ampliare e di migliorare costantemente la propria base tecnologica. Inoltre Rolls Royce ha già un pedigree consolidato, costruito su più di 60 anni di esperienza, nel campo delle turbine a gas derivate da motori aerei. Dalla fine degli anni Cinquanta, le sue turbine a gas sono state adottate per diversi utilizzi sia a terra · per generare elettricità o pompare olio e gas · e sia in mare, per motorizzare diversi tipi di unità di superficie. ÿLÊMT30 differisce dal Trent 800 sotto molteplici aspettiŸ · aggiunge Mr Partridge · ÿLa sua architettura è basata sulla nucleo di un motore aeronautico, con lo stesso compressore, combustore e turbina. Perde la grande ventola e il relativo alloggiamento ne- 134 Scienza e tecnica cessari per la propulsione del suo omologo aeronautico, mentre lÊalbero centrale è esteso posteriormente per alimentare altre componenti come la trasmissione o lÊalternatoreŸ. ÿUlteriori modifiche includono la trasmissione del propulsore che è derivata dal Trent 500 (perché il Trent 800 è troppo grande) e un combustore modificato per utilizzare uno speciale carburante diesel dallÊalto contenuto di zolfo invece che il tradizionale cherosene aeronautico. Le diverse paratie usate per ottimizzare il flusso dÊaria allÊinterno del motore aeronautico sono raddrizzate allÊinterno dellÊMT30, mentre il sale e lÊumidità dellÊambiente marino richiedono un rivestimento anticorrosione per allungare la vita della turbinaŸ. La turbina stessa è sistemata in un alloggiamento che comprende anche valvole per lÊingresso e lo scarico dellÊaria insieme a un complesso di equipaggiamenti per sistemi di bordo essenziali, come quelli antincendio. La rilevante potenza dellÊMT30 è particolarmente apprezzata quando è richiesta una risposta veloce in termini di spinta per supportare i motori diesel in crociera, o per applicazioni che assorbono unÊelevata potenza specifica. Nelle moderne navi da battaglia le armi di bordo e i sistemi di comunicazione richiedono spesso grandi quantità di energia elettrica, generata dal Gas Turbine Alternator o da sistemi ibridi. LÊMT30 è ugualmente efficiente sia in configurazione singola che multi-propulsore. Combinato con motori diesel e per fornire potenza attraverso motori elettrici è ideale per piccole e rapide unità, spesso investite di delicati compiti di lotta antisommergibile, nei quali la silenziosità e lÊinvisibilità sono caratteristiche vitali. Molte delle Marine più avanzate hanno adottato, durante il decennio scorso, configurazioni flessibili 135 basate su una singola turbina a gas abbinata a motori diesel. ÿI nostri ingegneri navali devono adottare un approccio creativo basandosi sulle tecnologie innovative sviluppate per i motori aeronautici Rolls-RoyceŸ · ha affermato Mr Partridge · ÿe applicando competenze ingegneristiche di sistemi per produrre turbine navali a gas che massimizzino la fondamentale combinazione tra elevata potenza e bassi costi operativiŸ. LÊMT30 è competitivo sotto tutti gli aspetti · assicurando robustezza attraverso un alto grado di compatibilità con una collaudata tecnologia motoristica, ed efficienza operativa con grande potenza e ingombri relativamente limitati, in situazioni nelle quali lo spazio dedicato agli apparati propulsivi di bordo è un aspetto fondamentale. ÿNoi siamo convinti che lÊMT30 rappresenti la perfetta soluzione per equipaggiare unÊampia gamma di unità navaliŸ conclude Mr Partridge. ÿLa sua comprovata potenza, il suo ineguagliato rapporto spinta-peso, e i suoi ingombri estremamente limitati lo rendono adatto a una vasta gamma di navi incluse unità da combattimento oppure ausiliari/anfibie. Esso può essere configurato per una propulsione sia meccanica che elettrica e combinato con motori diesel ad alta velocità per una propulsione ibrida altamente efficienteŸ. Rolls-Royce ha recentemente completato lÊacquisizione di MTU. Entrambe le aziende sono state spesso selezionate per progetti rivoluzionari e ad alta performance. La combinazione di tecnologia innovativa rende Rolls-Royce ed MTU un binomio formidabile grazie alle sinergie tra i rispettivi sistemi di propulsione marina. Questa partnership sta già ottenendo risultati di rilievo su numerosi progetti in tutto il mondo. Richard Partridge Rivista Marittima Ottobre 2014 RUBRICHE Marine militari Algeria Consegnata la BDSL Kalaat Beni-Abbes (474) sbarco da 19,5 m e un carico massimo di 30 t, realizzati sul medesimo progetto dei mezzi in servizio con la Marina Militare, acquisito dal costruttore Cantiere Navale Vittoria (Rovigo). Un importante successo per la cantie- Con una cerimonia tenutasi oggi presso lo stabilimento del Muggiano di Fincantieri, Orizzonte Sistemi Navali, la joint-venture controllata da Fincantieri (51%) e partecipata da Finmeccanica con la divisione Selex ES (49%), ha consegnato con successo, rispettando le tempistiche e le specifiche contrattuali, la nave dÊassalto anfibio e supporto logistico da 8.800t Kalaat Beni-Abbes (474). Realizzata secondo unÊinnovativa regolamentazione introdotta dal RINA, presso il cantiere integrato Fincantieri di Riva Trigoso e del Muggiano (La Spezia), lÊunità è stata trasferita e messa in acqua presso il secondo stabilimento lo scorso gennaio, dove ha completato lÊallestimento ed effettuato le prove in mare e del sistema di combattimento, attività conclusasi con successo rispettando i tempi e le specifiche contrattuali. In parallelo, OSN ha fornito con piena soddisfazione della Marina algerina, il supporto con trasferimento di tecnologia, per la progettazione e la produzione in loco presso i cantieri ECRN (Etablissement de Construction et Réparation Navales) di Mers-El-Kebir, di tre mezzi da Con una cerimonia tenutasi il 29 marzo presso lo stabilimento di Fincantieri al Muggiano, la jointventure OSN ha consegnato alla Marina algerina lÊunità dÊassalto anfibio e supporto logistico KALAAT BENI-ABBES (474) (Fincantieri). 136 Rivista Marittima Ottobre 2014 Marine militari ristica e lÊindustria nazionale della Difesa di settore, che assume una particolare valenza sul piano internazionale, in quanto coinvolge la Marina Militare quale responsabile dellÊaddestramento del personale della Marina del Paese nordafricano, con il supporto di Fincantieri e delle altre ditte fornitrici attraverso la Fincantieri Training Accademy, Rivista Marittima Ottobre 2014 nuova struttura dedicata a tale attività. LÊarticolato programma portato avanti dalla MM con il coinvolgimento di vari enti quali il Centro Addestramento Aeronavale (MARICENTADD) di Taranto e il Centro Allestimento nuove costruzioni navali (MARINALLES) del Muggiano, vede la partecipazione di circa 190, tra membri 137 Marine militari dellÊequipaggio e tecnici manutentori di terra, che hanno iniziato lÊanno scorso i corsi presso MARICENTADD, dove si trova il simulatore navale appositamente sviluppato da OSN con la collaborazione della società genovese Eca Sindel, per addestrare i team di plancia e della centrale operativa della nuova unità da sbarco. LÊequipaggio è oggi coinvolto nella fase on-job-training e addestramento preliminare presso La Spezia per ottenere dal Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) la certificazione allÊimpiego della nuova unità navale, che successivamente si trasferirà presso Taranto per completare la preparazione allÊutilizzo operativo della piattaforma e del sistema di combattimento (tirocinio navale). Angola Accordo con il Brasile per sette nuovi pattugliatori Il programma di potenziamento della componente navale angolana ha registrato un importante tappa il 5 settembre scorso, quando il Ministro della Difesa del Paese e il suo omologo brasiliano hanno siglato un accordo tecnico per la costruzione di sette pattugliatori derivati dalla classe ÿMacaéŸ, in servizio con la Marina brasiliana. LÊaccordo prevede la costruzione in loco delle ultime tre unità, mentre le prime quattro saranno realizzate in Brasile. Successivamente alla firma, i due Ministeri procederanno alla contrattualizzazione delle capacità delle nuove unità. Il programma, che verrà gestito dalla società brasiliana a capitale governativo EMGEPRON, prevede anche la realizzazione di un cantiere in Angola, e la preparazione del per- 138 sonale impegnato nellÊattività di costruzione e allestimento. Derivati dal progetto francese Vigilante 400 CL54 del cantiere CMN, le unità della classe ÿMacaéŸ presentano un dislocamento a pc di circa 500 t, una lunghezza e larghezza rispettivamente di 54,2 e 8 metri, una velocità massima di 21 nodi grazie a un sistema propulsivo con due motori diesel MTU 16V 4000 M90 su due assi con eliche a passo variabile, unÊautonomia di 2.500 mn a 15 nodi. Con un equipaggio di 35 unità e unÊautonomia operativa di 10 giorni, questi pattugliatori dispongono di un sistema di combattimento con una suite di controllo tattico ÿIPqM TTI 2900Ÿ, un sistema integrato di navigazione Northrop Grumman Sperry Marine VisionMaster ÿFT 250Ÿ con radar in banda X e Y e una direzione del tiro Aerospatial e Defesa per lÊarmamento cannoniero. QuestÊultimo comprende un cannone della Allied Ordnance ÿL70 NADMŸ da 40 mm e due cannoni Oerlikon ÿGAM-B01Ÿ. Arabia Saudita Decolla il programma di ammodernamento della flotta NellÊambito del programma di ammodernamento della flotta della Marina Reale saudita, il cui pacchetto è stato affidato alla società francese OADS, che rappresenta gli interessi nazionali nel Paese mediorientale e a cui nel settembre 2013, è stato assegnato un complesso contratto per il mantenimento in servizio e lÊammodernamento di parte della flotta della Marina saudita. Con lÊinaugurazione di unÊapposita struttura di collegamento in Francia, il gruppo DCNS si occupa nellÊambito del contratto LEX, insieme ad Rivista Marittima Ottobre 2014 Marine militari altre società francesi, fra cui Thales ed MBDA, dellÊestensione della vita operativa con manutenzione delle quattro fregate classe ÿMadinaŸ o ÿTipo 2000Ÿ e dei due rifornitori di squadra della classe ÿBoraidaŸ, derivati da quelli in servizio con la Marina francese e acquistati nellÊambito del programma Sawari 1. Lo stesso gruppo di società francesi guidate da DCNS, si occuperà nellÊambito del contratto ERAV dellÊestensione della vita operativa delle tre fregate classe ÿAl RiyadhŸ o ÿTipo 3000A, acquisite con il programma Sawari 2 (Vds. immagine pagina successiva). In totale, saranno portati a termine nove pacchetti di grandi lavori e due dÊattività intermedia, da realizzarsi localmente presso le strutture cantieristiche di Jeddah, attraverso il supporto della società ODAS. Il pacchetto comprende anche il contratto AMWAJ legato al supporto della Marina saudita in termini di assistenza tecnica e parti di rispetto. Azerbaijan trollo remoto ÿRafael TyphoonŸ da 23 mm, due mitragliere ÿMini-TyphoonŸ anchÊesse a controllo remoto da 12,7 mm e due mitragliatrici brandeggibiali ÿNegevŸ da 7,62 mm, oltre a un lanciatore quadruplo per missili superficie-superficie ÿSpikeŸ asservito a una direzione del tiro ÿTopliteŸ, le unità tipo ÿSaar 62Ÿ hanno un lunghezza di 62 metri con sovrastrutture prodiere caratterizzate da un ponte di volo in grado di accogliere un elicottero leggero. LÊarmamento di queste ultime è similare a quello delle unità ÿShaldag Mk VŸ, mentre il sistema di combattimento comprende anche un radar di ricerca di superficie ÿElta 2228XŸ, un lanciatore per missili ÿSpikeŸ a lunga gittata o NLOS (Non-Line Of Sight) con portata di 25 km e un sistema sonar di scoperta contro operatori subacquei. Non è stato reso noto quante unità sono in costruzione e le tempistiche di realizzazione, ma nel corso della visita alla struttura produttiva risultano in diverse fasi dÊallestimento due unità tipo ÿShaldag Mk VŸ e una tipo ÿSaar 62Ÿ. Potenziamento della locale Guardia Costiera Bahamas LÊinaugurazione di una struttura produttiva nel settore navale da parte del presidente azero Ilham Aliyev presso Turkan, vicino la capitale Baku lo scorso 18 luglio ha permesso di evidenziare che la locale Guardia Costiera riceverà dal gruppo cantieristico israeliano Israel Shipyards, che secondo fonti locali è responsabile anche della realizzazione del nuovo stabilimento, sei unità da pattugliamento tipo ÿShaldag Mk VŸ da 32,65 m e altrettante di maggiori dimensioni e tonnellaggio del tipo ÿSaar 62Ÿ. Mentre le prime avranno un dislocamento a pc di circa 95 t, e saranno armate con cannoncino a con- Rivista Marittima Ottobre 2014 Al via il potenziamento della locale componente navale La componente navale delle Forze di Difesa delle Bahamas o RBDF (Royal Bahamas Defence Force) ha ricevuto la prima delle nove unità di diverse classi di unità da pattugliamento prodotte dai cantieri olandesi Damen, che si occupano anche del potenziamento delle infrastrutture portuali e addestrative, nonché dellÊammodernamento delle unità in servizio, sulla base di un contratto del valore complessivo di 228 milioni di dol- 139 LÊindustria francese ha lanciato il programma per lÊammodernamento della flotta della Marina reale saudita, fra cui le unità della classe Tipo ÿ3000Ÿ di cui è qui ripresa la fregata AL DAMMAN (816) (DCNS). Marine militari lari siglato nellÊaprile 2013. In particolare i cantieri Damen hanno consegnato alle RBDF la prima di quattro unità classe ÿLegendŸ da 42 m, e in particolare la Arthur 142 Dion Hanna (P 421) del tipo ÿStan Patrol 4207Ÿ, entrata in servizio lo scorso 20 giugno, dopo aver completato il trasferimento dallÊEuropa, a cui si è aggiunta la gemella Rivista Marittima Ottobre 2014 Marine militari Secondo quanto annunciato lo scorso 22 settembre dal Comandante in Capo della Royal Canadian Navy, questÊultima ritirerà dal servizio quattro unità navali, fra cui il caccia ALGONQUIN (283), fra il 2015 e 2016 (Marina candese). singola da sbarco da 59 m tipo ÿStan Lander 5612Ÿ, a cui si aggiungono nove unità veloci a chiglia rigida. NellÊambito del medesimo programma Sandy Bottom, che è stato concepito e sviluppato per colmare i problemi di obsolescenze, prontezza operativa e infrastrutturale delle locali Forze di Difesa, è previsto anche lÊestensione della vita operativa delle due unità da 61 m classe ÿBahamasŸ, entrate in servizio nel 1999-2000. Il gruppo olandese Damen procederà anche al potenziamento delle strutture portuali a sostegno della nuova componente navale, che richiede un potenziamento del personale in servizio, che è previsto passerà da 1.200 a 1.500 unità nel 2015, e si prevede che aumenterà a 1.900 nel medio termine. Canada Al ritiro unità navali si superficie Durward Knowles (P 422) il 31 luglio scorso. Le RBDF stanno inoltre acquisendo con lo stesso pacchetto, quattro unità costiere da 30 m tipo ÿStan Patrol 3007Ÿ e una Rivista Marittima Ottobre 2014 Secondo quanto annunciato lo scorso 22 settembre dal Comandante in Capo della Royal Canadian Navy, questÊultima ritirerà dal servizio quattro unità navali che hanno raggiunto la fine della propria vita operativa. Si tratta delle unità da rifornimento e supporto di squadra Protecteur (509) e Preserver (510) classe ÿProtecteurŸ e i due caccia Iroquois (280) e Algonquin (283) della classe ÿIroquoisŸ, senza che se ne preveda lÊentra in servizio di sostitutive. Il ritiro di queste unità è previsto fra il 2015 e il 2016. Luca Peruzzi 143 Marine militari Giappone Potenziamento delle capacità anfibie Lo scorso 7 luglio, nel corso di una visita presso la base navale statunitense di San Diego, il ministro della Difesa giapponese Itsunori Onodera ha dichiarato che il governo giapponese sta considerando lÊacquisizione di almeno una nuova unità dÊassalto anfibio, in modo da garantire lÊimmediato impiego di reparti terrestri in missioni di ÿdifesa delle isole giapponesi più remoteŸ. La Marina giapponese dispone già di tre unità classe ÿOsumiŸ, denominate LST, ma configurate con ponte di volo continuo, bacino allagabile in grado di ospitare due mezzi da sbarco a cuscino dÊaria e ponte garage. Onodura ha inoltre confermato che lÊOsumi sarà ammodernata per permettere lÊimbarco di veicoli dÊassalto anfibio tipo ÿAAV7A1Ÿ e convertiplani ÿMV-22 OspreyŸ, che il Giappone acquisterà negli Stati Uniti. Gran Bretagna Battesimo e varo della nuova portaerei Queen Elizabeth Nel corso di una cerimonia svoltasi il 4 luglio a Rosyth, nei pressi di Edimburgo, la regina Elisabetta II ha battezzato, utilizzando una bottiglia di whisky scozzese, la nuova portaerei Queen Elizabeth. La cerimonia sancisce il raggiungimento di un importante obiettivo nellÊambito del programma costruttivo perché la Queen Elizabeth, che completata avrà un dislocamento di circa 65.000 tonnellate, è la più grande unità navale mai costruita nel Regno Unito; il suo scopo principale riguarda la rigenerazione delle capacità 144 di aviazione imbarcata perse dalla Royal Navy con il ritiro dal servizio della portaerei leggera Ark Royal. Strutturalmente già completata, lÊunità verrà rimorchiata alla banchina dÊallestimento, in modo da lasciar libero il bacino in cui è stata costruita per lÊassemblaggio dei blocchi dellÊunità gemella, Prince of Rivista Marittima Ottobre 2014 Marine militari Una ripresa della portaerei QUEEN ELIZABETH, poco dopo lÊuscita dal bacino di galleggiamento dove le numerose sezioni che ne compongono scafo e sovrastrutture sono state assemblate. Wales. La Queen Elizabeth dovrebbe giungere a Portsmouth (sua base stanziale) alla fine del 2016, per poi iniziare le prove in mare propedeutiche alla consegna alla Royal Navy prevista per lÊanno successivo; lÊaddestramento con i velivoli ÿF-35B Lightning IIŸ inizierà nel 2018, compreso un periodo di ri- Rivista Marittima Ottobre 2014 schieramento nella costa orientale degli Stati Uniti. La dotazione normale di velivoli imbarcati ad ala fissa è stata fissata in 12 esemplari, un numero peraltro destinato ad aumentare considerevolmente in caso di necessità; inoltre, la Royal Navy sottolinea che la Queen Elizabeth · varata una settimana 145 Marine militari dopo il battesimo · è una piattaforma multiruolo, in grado di imbarcare anche diversi tipi di macchine ad ala rotante in relazione alla missione specifica. ÿCompattoŸ attualmente presenti sostituiti dal modello ÿSuper RapidoŸ di OTO Melara. Una volta ammodernante, le corvette saranno le principali unità della Marina irachena e le uniche a poter imbarcare un elicottero medio. India Italia Consegna di una nuova corvetta Prima uscita in mare del Carabiniere Il 12 luglio, il primo esemplare, battezzato Kamorta, di una nuova classe di quattro corvette antisommergibili è entrato in servizio nella Marina indiana. LÊunità è stata realizzata presso i cantieri Garden Reach Shipbuilders & Engineers Ltd. di Kolkata, nellÊambito del Project 28. Si tratta della prima unità, progettata dagli enti tecnici della Marina indiana, in assoluto costruita in India ed equipaggiata con il 90% di sistemi e apparati di origine locale. Iraq Il 25 giugno 2014 ha avuto luogo la prima uscita in mare della nuova fregata Carabiniere, in corso di allestimento presso gli stabilimenti Fincantieri del Muggiano. Si tratta di un obiettivo importante, anche perché raggiunto con tre mesi di anticipo rispetto allÊunità precedente, il Margottini. La prima uscita in mare precede ulteriori prove, destinate a concludersi alla fine del 2014 e propedeutiche alla consegna dellÊunità alla Marina Militare. Come il Margottini e il Fasan, il Carabiniere appartiene alla variante antisommergibili del segmento italiano del programma FREMM. Le corvette irachene lasciano lÊItalia NATO AllÊinizio di giugno, Fincantieri e il governo iracheno hanno siglato un accordo che mette fine alla lunga disputa sulle due corvette classe ÿAssadŸ, ordinate nel 1980 e rimaste per quasi 28 anni presso lÊArsenale della Spezia. Le due unità, Musa Bin Nassar e Tariq Bin Ziad, erano state consegnate alla Marina irachena nel 1986, ma si trovavano ancora in Italia ai tempi dellÊinvasione del Kuwait (1990) e furono dunque sottoposte allÊembargo decretato dallÊONU, rimanendo nel capoluogo ligure con equipaggio ridotto. Le due unità, lunghe 62,3 metri e aventi un dislocamento di 680 tonnellate, verranno anche sottoposte ad ammodernamento, con i cannoni da 76/62 146 Prolungamento dellÊoperazione Ocean Shield AllÊinizio di giugno 2014, i Ministri della Difesa delle Nazioni NATO hanno deciso di estendere le missioni antipirateria al largo del Corno dÊAfrica · operazione Ocean Shield · fino al termine del 2016. Le unità navali impegnate nellÊambito di Ocean Shield pattugliano una zona delimitata a Nord dal Golfo Persico, a Sud dallÊarcipelago delle Seychelles, a Est da quello delle Maldive e a Ovest dal Golfo di Aden, per un totale di circa due milioni di miglia qua- Rivista Marittima Ottobre 2014 Marine militari drate. Le attività delle unità navali impegnate nellÊoperazione sin dallÊagosto 2009 vengono svolte, come noto, in stretta cooperazione con quelle di altre forze navali appartenenti a Nazioni dellÊUnione Europea e ad altri Paesi. NellÊambito di questo sforzo internazionale, lÊoperazione Ocean Shield ha fatto registrare un decremento degli attacchi dei pirati, scesi a 20 nel 2012 e di cui nessuno si è concluso con la cattura della nave attaccata. Nonostante questi successi tangibili, la pirateria marittima rimane una minaccia e la NATO valuta che le bande di pirati e le organizzazioni criminali associate posseggano ancora buone capacità di attaccare e catturare unità mercantili e da diporto. Perù Acquisizione di unÊunità da supporto logistico Il 18 giugno, la Marina peruviana ha confermato la prossima acquisizione dellÊunità da supporto logistico dÊaltura Amsterdam, appartenente alla Marina olandese e il cui trasferimento è previsto per la fine del 2014. LÊunità è entrata in servizio nel 1995 e la sua cessione permetterà alla Marina peruviana di incrementare sostanzialmente le capacità di permanenza in mare del naviglio combattente: grazie allÊimbarco di combustibili, acqua dolce, lubrificanti, viveri e materiali e alle dotazioni sanitarie, lÊAmsterdam potrà svolgere importanti funzioni anche a favore della popolazione civile e in caso di calamità naturali. LÊunità ha un dislocamento a pieno carico di 17.000 tonnellate, una lunghezza di 166 metri, una larghezza di 22 metri e unÊimmersione di Rivista Marittima Ottobre 2014 8 metri; la propulsione è assicurata da due motori diesel, che sviluppano la potenza necessaria per raggiungere la velocità massima di 22 nodi; lÊautonomia è di 13.400 miglia a 20 nodi. Le capacità di carico comprendono 6.815 tonnellate di combustibile F-76, 1.660 tonnellate di combustibile avio e 290 tonnellate di carichi vari. ˚ inoltre presente un ampio ponte di volo e un hangar, in grado di accogliere tre elicotteri tipo ÿSea-KingŸ o simili. Portogallo Missili antinave per le unità subacquee La Marina portoghese ha pianificato lÊacquisizione, entro il 2014, di missili antinave tipo ÿUGM-84 Sub-Harpoon Block IIŸ di origine statunitense, da imbarcare sui due sottomarini Tridente e Arpão, da poco entrati in servizio. LÊacquisizione riguarda lÊammodernamento alla configurazione ÿBlock IIŸ di otto ordigni in versione ÿBlock IŸ, unÊoperazione eseguita con lÊinstallazione dei relativi kit forniti dalla Boeing e a cui seguirà lÊacquisto delle capsule per il lancio subacqueo. Peraltro, già nel 2012 il Tridente aveva eseguito, negli Stati Uniti, alcuni lanci di capsule per qualificare il sistema di lancio e la sua integrazione nel sistema di controllo del tiro in dotazione ai battelli. Oltre alla presenza di un sistema di guida radar attiva nella fase di ricerca del bersaglio, il ÿBlock IIŸ include un ricevitore GPS per lÊimpiego contro obiettivi terrestri. In aggiunta ai missili antinave, gli otto tubi di lancio da 533 mm dei ÿTridenteŸ possono impiegare siluri pesanti ÿBlack SharkŸ, consegnati dalla WASS alla Marina portoghese a partire dal 2005. 147 Marine militari Repubblica Popolare Cinese Varo di un nuovo rifornitore di squadra Il cantiere statale Guangzhou Shipyard International ha varato a fine maggio il quinto rifornitore di squadra della classe ÿFuch/Type 903Ÿ. LÊunità, che ha un dislocamento di 23.300 tonnellate, è stata fotografata allÊinizio di giugno, con alcuni lavori in corso sulle sovrastrutture, ma priva di distintivo ottico. I rifornitori della classe ÿFuchiŸ possono trasportare 10.500 tonnellate di combustibile, 250 tonnellate di acqua dolce e 680 tonnellate di munizioni; la velocità massima raggiungibile è 19 nodi, mentre lÊautonomia è di 10.000 miglia a 14 nodi. Gli sviluppi più recenti nel settore delle unità logistiche indicano che la Marina della Repubblica Popolare Cinese sta potenziando le capacità di supportare le proprie unità combattenti in aree operative ancor più distanti del Golfo di Aden o del Mediterraneo. Russia Impostazione di battelli lanciamissili e dÊattacco Fonti stampa russe hanno riferito che il quarto sottomarino nucleare dÊattacco della classe ÿYasen-M/Progetto 885MŸ, battezzato Ufa, è stato impostato il 27 luglio presso il cantiere Sevmash di Severodvinsk. Assieme allÊUfa risulta impostato anche il quinto esemplare di sottomarino nucleare lanciamissili balistici della classe ÿBorey-M/Progetto 955°Ÿ, battezzato Knyaz Oleg. Secondo le stesse fonti e in accordo con la pianificazione della Marina russa, il cantiere Sevmash dovrebbe rea- 148 lizzare sette battelli classe ÿYasenŸ entro il 2020, ma lÊobiettivo rimane ambizioso a causa sia dei lunghissimi tempi di sviluppo e consolidamento del progetto, sia dei problemi riscontrati sullÊunità capoclasse, il Severodvinsk, che hanno portato alla definizione di un progetto differente e denominato pertanto ÿYasen-MŸ. Queste unità sono caratterizzate da doppio scafo e da un unico asse di propulsione, mentre, per la prima volta a bordo di battelli sovietici/russi, i tubi di lancio sono posizionati a poppavia della prora, in modo da lasciare spazio allÊinstallazione di un sistema elettroacustico più avanzato di quelli precedenti. LÊarmamento comprende otto tubi per il lancio verticale di missili antinave o antisommergibili e quattro tubi di lancio tradizionali; il dislocamento è stimato in 9.500 tonnellate, mentre la velocità massima in immersione arriverebbe a 31 nodi. I battelli classe ÿBoreyŸ possono invece lanciare 16 missili balistici ÿBulavaŸ, il cui sviluppo è stato peraltro caratterizzato da diversi lanci conclusisi con un insuccesso. Queste unità hanno un dislocamento in immersione stimato in 24.000 tonnellate e una lunghezza di 170 metri; la velocità massima accreditata è di 29 nodi, mentre lÊarmamento comprende anche sei tubi di lancio da 533 mm. Oltre al Knyaz Oleg, il programma comprende al momento altre quattro unità, di cui le prime due · Yuri Dolgoruky e Aleksander Nevsky · risultano già in servizio. Varo di una nuova classe di cacciamine Il primo esemplare di una nuova classe di unità per contromisure mine, denominata ÿProgetto 12700Ÿ, è stato allÊinizio di giugno varato presso i cantieri Sredne-Nevsky di San Rivista Marittima Ottobre 2014 Marine militari Il sottomarino nucleare dÊattacco SEVERODVINSK, in servizio con la Marina russa. Pietroburgo. La nuova unità, battezzata Alexander Obukhov e destinata a entrare in servizio con la Flotta del Nord, è realizzata in materiali compositi, probabilmente vetroresina e fibra di carbonio, per ridurre la segnatura magnetica dello scafo e per facilitarne la manutenzione. Queste nuove unità hanno una lunghezza di 61 metri e una larghezza di 10; la massima velocità è di 16,5 nodi, mentre lÊequipaggio è formato da 44 uomini. gato fino al 2024 la durata del Memorandum of Understanding relativo al supporto in servizio per la flotta di velivoli imbarcati ÿEAV8B Harrier II PlusŸ in servizio con la Marina spagnola; di conseguenza, per il momento la decisione sul possibile sostituto degli ÿHarrierŸ spagnoli è stata rinviata. LÊopportunità di prolungare la vita utile dei velivoli è stata favorita dallÊanaloga decisione degli Stati Uniti, maturata dal Corpo dei Marines in relazione allo sviluppo del programma per lÊÿF-35BŸ. Spagna Prolungamento del periodo di servizio per gli ÿHarrierŸ imbarcati⁄ A fine maggio 2014, il Ministero della Difesa spagnolo ha comunicato di aver prolun- Rivista Marittima Ottobre 2014 ⁄e primo appontaggio di un ÿOspreyŸ sul Juan Carlos I Il 18 giugno, nelle acque del Golfo di Cadice, un convertiplano ÿMV-22 OspreyŸ appartenente al reparto dei Marines statunitensi 149 Marine militari di base a Moròn de la Frontera, è appontato per la prima volta sullÊunità dÊassalto anfibio Juan Carlos I della Marina spagnola. LÊevento è stato seguito da una serie di manovre per verificare la compatibilità del velivolo con le sistemazioni aeronautiche di bordo, compreso il trasferimento con ascensore dal ponte di volo allÊhangar e viceversa. Stati Uniti LÊAmerica verso lÊingresso ufficiale in servizio La nuova unità dÊassalto anfibio America ha lasciato il cantiere Ingalls di Pascagoula lÊ11 luglio per raggiungere la propria sede stanziale di San Diego. LÊAmerica verrà formalmente immessa in servizio nellÊUS Navy nel corso di una cerimonia che avrà luogo lÊ11 ottobre a San Francisco; lÊunità si trova nellÊarea di responsabilità del Southern Command e durante la navigazione verso la California conduce numerose attività con diverse Marine della regione per rafforzare la partnership e la sicurezza marittima in aree di comune interesse. Le Nazioni visitate sono Colombia, Brasile, Cile e Perù, con una sosta prevista anche nella base navale americana LÊunità dÊassalto anfibio AMERICA lascia il cantiere di Pascagoula. 150 Rivista Marittima Ottobre 2014 Marine militari di Guantànamo, nellÊisola di Cuba. LÊAmerica imbarca un contingente di oltre 300 Marines inquadrati nello Special Purpose Marine Air-Ground Task Force (SPMAGTF) South, un reparto operativamente autonomo destinato a svolgere operazioni sotto lÊegida del Southern Command. Impostazione dellÊIllinois Nel corso di una cerimonia svoltasi il 2 giugno, la First Lady Michelle Obama ha presieduto lÊimpostazione formale del nuovo sottomarino nucleare dÊattacco Illinois. Si Rivista Marittima Ottobre 2014 tratta del 13° esemplare della classe ÿVirginiaŸ, la cui costruzione a blocchi è iniziata nel 2011 ed è destinato a entrare in servizio il prossimo anno; il battello appartiene al ÿBlock IIIŸ, una delle diverse configurazioni in base al quale si sta sviluppando il programma di costruzione dellÊintera classe. Oltre allÊimpostazione dellÊIllinois, altri eventi di rilievo nellÊambito delle forze subacquee dellÊUS Navy e della classe ÿVirginiaŸ che avranno luogo entro il 2014 riguardano il battesimo del John Warner, lÊingresso in servizio del North Dakota e lÊimpostazione del Washington. Michele Cosentino 151 RUBRICHE Che cosa scrivono gli altri ÿParadisi da salvareŸ Il progetto Pristine Seas di National Geographic persegue lÊobiettivo di studiare, esplorare e proteggere le ultime aree incontaminate degli oceani con i loro ecosistemi NATIONAL GEOGRAFIC ITALIA fragilissimi e incontaAGOSTO 2014 minati, veri e propri regni della biodiversità marina, lavorando allÊuopo insieme a governi, fondazioni e altri gruppi di conservazione ambientale per stimolarne la protezione. Così si è potuto conseguire un contribuito importante alla tutela ambientale di ben 400.000 kmq dagli Stati Uniti al Cile, dalla Costa Rica al Mozambico alle Sporadi Equatoriali, a circa mille miglia a sud delle Hawaii, in un brillante consuntivo di dieci missioni negli ultimi cinque anni che vengono rapidamente illustrate, al solito, con stupendi servizi fotografici, veicolando il messaggio di come gli oceani rappresentino sempre una ricchezza inestimabile, un vero patrimonio di tutti. Un sostanziale passo avanti in direzione di quella tutela ambientale marina internazionale ancora ben lungi da quellÊambizioso obiettivo di proteggere il 20% dei mari, come proposto dai programmi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, al momento fermo, purtroppo, solo al 2,8%! LÊaccento batte poi, nel servizio di David Quammen, sul remoto arcipelago chiamato Terra di Francesco Giuseppe, formato da ben 192 isole nellÊestremo Nord russo, 800 miglia 152 nautiche a nord del Circolo polare artico. DellÊarcipelago, oggetto di studio ed esplorazione del la missione Pristine Seas 2013, si propongono allÊattenzione del lettore, dopo averne ripercorso in sintesi la storia e le vicissitudini più recenti, i risultati delle ricerche effettuate sotto molteplici punti di vista specialistici (botanico, macrobiologico, ittiologico, ornitologico e tanti altri ancora). Nel contempo si affrontano in termini critici quelle ÿtre questioni di fondoŸ dai cui, in maniera diretta o indiretta, ogni missione scientifica polare non si può esimere in tempi di cambiamenti climatici. E cioè: ÿperché i ghiacci perenni si stanno sciogliendo? Fino a che punto proseguirà la fusione? E con quali conseguenze per lÊambiente?Ÿ. Nel caso di specie della Terra di Francesco Giuseppe e dei mari adiacenti, si aggiunge anche un quarto quesito: come sarà possibile conciliare la nuova corsa allo sfruttamento delle risorse dellÊArtico russo (in cui, secondo Mosca, sono concentrati il 90% delle riserve di gas e il 60% di quelle petrolifere nazionali) con la tutela degli ecosistemi polari, in considerazione del sempre difficilissimo punto di equilibrio da raggiungere tra affari e sensibilità-eco, sviluppo e ambiente, ragione economica e ragione ambientale. ÿIl Sogno dellÊAmmiraglioŸ Durante il Basso Medioevo, alcune vicende di santi ed eroi erano state ambientate in mare, sempre luogo privilegiato per av- Rivista Marittima Ottobre 2014 Che cosa scrivono gli altri venture e imprese memorabili, mentre la stessa tradizione cavalleresca spesso finiva per intrecciarsi con le agiografie, divenendo successivamente un modello per la stessa STORICA N. 63, MAGGIO 2014 biografia di Cristoforo Colombo, come ben ci rappresenta Felipe Fernández-Armesto dellÊUniversità statunitense di Notre Dame. LÊOceano era per autori e letterati del Medioevo ÿuno spazio arcano, dominato dalla potenza di Dio, dove soffiavano venti agitati da cherubini, oppure era la rappresentazione della Fortuna e il luogo dove mostri e forze oscure annientavano navi a navigatori, talora riportandoli però a galla sani e salviŸ. Un mondo quindi colmo di echi e richiami alla letteratura epica e religiosa che hanno finito per marcare la stessa biografia di Colombo in alcuni paradigmi che il Nostro esamina secondo il seguente schema. Le umili origini del protagonista, lÊavversa fortuna, viaggio di scoperta promosso da un sovrano e, infine, il trionfo dellÊeroe (nel caso di specie, Ammiraglio Maggiore del Mare Oceano, Viceré e Governatore perpetuo di tutte le isole e terraferma), trionfo che, invero, non è mai esente da sofferenze e rovesci di fortuna, come sappiamo dalle peripezie e le alterne fortune di Colombo stesso. Tutto ciò atteso, sottolinea lÊAutore, in virtù dellÊinfluenza esercitata dalla letteratura dÊavventura ÿColombo finì per considerarsi un eroe epico, un capitano- come scrisse lui stesso- di cavalieri e conquiste!Ÿ, sicché spesso risultò difficile Rivista Marittima Ottobre 2014 distinguere la finzione narrativa dai resoconti propriamente storici. Non solo Colombo infatti, ma altri insigni esploratori europei trovarono nei romanzi cavallereschi non solo modelli per la propria biografia, ma anche fonte di ispirazione per i loro viaggi oltreoceano, vedendo e rappresentando se stessi sempre alla stregua dei protagonisti dei poemi epici, tutti protesi alla ricerca del mitico El Dorado o della celebre Antilia, lÊisola immaginaria al di là del mondo conosciuto, nel misterioso Oceano occidentale dove, secondo la leggenda, dopo lÊinvasione islamica della Spagna, si erano rifugiati quei sette vescovi che avevano fondato altrettante città. ÿAndrea Doria, uomo di StatoŸ Nel numero successivo del mensile in parola,Vittorio Beonio Brocchieri, dellÊUniversità degli studi di Calabria, ci propone un profilo STORICA N. 64, GIUGNO 2014 ÿpoliticoŸ della figura di Andrea Doria. ÿAffarista, ammiraglio, signore della città della Lanterna per oltre trentÊanni, braccio destro dellÊimperatore Carlo V, cavaliere del Toson dÊoro e mecenate, Andrea sembrerebbe la personificazione del Principe rinascimentaleŸ, in unÊEuropa divisa tra lÊinfluenza dellÊImpero asburgico e della Francia, dove ÿchiunque voglia contare qualcosa, deve aderire allÊuno o allÊaltraŸ, specialmente nelle acque insidiose dei conflitti italiani, che si incrociavano allÊepoca 153 Che cosa scrivono gli altri strettamente con i grandi conflitti europei e mediterranei. Del Doria lÊAutore ci propone una rapida biografia per meglio rappresentare la sua ÿirresistibile ascesaŸ allÊinsegna dellÊabilità e della disinvoltura, che raggiunse il suo apice nel 1528, quando lÊImperatore lo nomina ÿCapitano generale della flotta spagnola nel MediterraneoŸ, dando così luogo a quel sodalizio che sarebbe durato appunto trentÊanni, mentre Genova, la città bifronte stretta tra il mare e i monti, stringe sempre più i propri legami, commerciali e finanziari con la Spagna. Ancora una volta i commerci aprono la strada del credito e gli hombres de negocios della Superba divennero finanziatori e creditori della nobiltà cattolica e degli stessi Re Cattolici, con Andrea Doria nel ruolo preminente di interprete e garante degli interessi dellÊoligarchia finanziaria genovese. Mentre si pongono in essere con successo tali manovre politico-finanziarie, il Mediterraneo diventa un campo di battaglia con gli Ottomani, stretti alla Francia dallÊempia alleanza, in un alternarsi di vittorie e sconfitte. E lÊAutore, sia pur in maniera diplomaticamente corretta, non si esime dallÊaccennare alla disgraziata battaglia navale della Prevesa (28 settembre 1538), la Lepanto ottomana, ancora oggi ricordata in Turchia come festa della Marina militare. La vittoria mancata della Cristianità · che avrebbe potuto anticipare Lepanto di ben 33 anni · in cui il Doria, pur con una flotta tecnicamente e numericamente superiore, desiderosa peraltro di combattere nel nome della ÿLega SantaŸ voluta da papa Paolo III (che comprendeva, oltre alla Spagna e a Genova. anche il papato, la Repubblica di Venezia e i Cavalieri di Malta), non volle battersi fino in fondo con la flotta turco-barbaresca dellÊeterno nemico Khair-ad-Din, il 154 Barbarossa della nostra storiografia. E per una di quelle ironie di cui talora ama compiacersi la storia, ÿil periodo di massimo potere di Andrea Doria coincise con una parentesi di supremazia musulmana sul mare interno, dopo quasi cinque secoli di predominio cristiano, anzi italianoŸ. ÿUna nave in fuga dal vulcanoŸ e ÿSotto il segno del Dragone Ÿ Nella terribile eruzione del Vesuvio del 79 d.C. una lancia tentò invano di portare soccorso ARCHEO, N° 354 AGOSTO 2014 agli abitanti di Ercolano che si erano rifugiati sulla spiaggia. Una vicenda, persasi da secoli nelle pieghe della storia, che però le ricerche archeologiche hanno fatto rivivere nel 1982 con il ritrovamento dei resti di un soldato e di una barca, unitamente alla scoperta di una serie di reperti legati al mare, ora raccolti in un apposito padiglione, che restituisce una testimonianza palpabile dello stretto rapporto di Ercolano con il mare e della tragedia provocata dal vulcano, come rivive negli scritti di Domenico Camardo, Sarah Court, Maria Paola Guidobaldi e Mario Notomista, che ne mettono a fuoco i diversi particolari. Il fulcro della vicenda è costituito dallo scheletro di un soldato, armato di tutto punto con due borse, una di attrezzi, lÊaltra di denaro, ritrovato presso la chiglia di una barca rovesciata dalla furia dellÊeruzione. La barca, lunga 10 m circa e larga Rivista Marittima Ottobre 2014 Che cosa scrivono gli altri 2,20 altezza massima dal bordo un metro circa, con tre scalmi per lato (che permettevano lÊuso di tre coppie di remi) e forcella dÊappoggio per il timone, che era del tipo a remo esterno, oltre a tutti i particolari della costruzione che vengono ricostruiti e rappresentati in dettaglio. Si pensa a una lancia in dotazione a unÊunità militare che poteva essere utilizzata sia come scialuppa da sbarco e soccorso che come rimorchiatore. Il che ÿparrebbe suggerire la presenza di un ufficiale sbarcato da una nave militare sul litorale di Ercolano e impegnato in una missione di soccorso alla popolazioneŸ, affluita verso il mare in cerca di salvezza, come ci testimoniano i numerosi e macabri reperti viciniori, una missione finita però tragicamente! Molto interessante infine, nel contributo di Marco Meccarelli, la storia del ÿDragoneŸ, simbolo della Cina, in cui ci viene illustrato come il drago sia una presenza costante sin dai primordi della storia. Le leggende legate allÊanimale mitologico sono presenti in tutte le culture del mondo in racconti epici e testi sacri, Atzechi ed Egizi, Greci, Vichinghi ed Eschimesi che hanno narrato le lotte, per mare e per aria, contro le creature serpentiformi. Figura ubiqua dalle infinite varianti, il cui significato rimane sostanzialmente omogeneo. E in Cina? Anche qui le leggende sulle origine del drago e sul suo significato sono multiformi, ma sempre con un valore propiziatorio, conservato nel corso dei secoli quale emblema incontrastato della propria identità culturale, se si considera che, ancora oggi, i Cinesi indicano se stessi come ÿdiscendenti del dragoŸ. Ezio Ferrante La rivista per gli studiosi e per i veri appassionati di storia militare tutti i mesi in edicola dal 1993 Fondata da Erminio Bagnasco nel 1993 Diretta da Maurizio Brescia 68 pagine, Euro 7,00 www.storiamilitare-aes.com In ogni numero, rigorosi articoli dedicati agli avvenimenti, agli uomini e ai mezzi (navali, terrestri e aerei) che hanno fatto la storia, accompagnati da un imponente apparato illustrativo. LÊimmagine dÊepoca, sempre puntuale e di elevata qualità, è infatti una delle caratteristiche salienti di questo mensile che si avvale della collaborazione dei più affermati specialisti nei vari settori storico-militari. Rivista Marittima Ottobre 2014 155 RUBRICHE Recensioni e segnalazioni Patrizio Rapalino DALLE ALPI ALLÊALTO MARE Il ruolo della Marina Militare italiana nella tutela degli interessi nazionali (1861-2013) Edizioni in edibus 2014 Pagg. 400 Euro 22,00 La posizione geografica dellÊItalia non è cambiata con la crisi finanziaria. La penisola continua a lambire una delle più grandi e importanti vie di comunicazione del pianeta e ciò costituisce sempre un fattore di potenza che, qualora sfruttato, favorirebbe la ÿcrescita e lÊoccupazioneŸ. Con questa frase lÊAutore inizia lÊepilogo di questo suo lavoro, che tratta della Marina Militare del nostro Paese dalla sua fondazione nel lontano 1861 allo scorso anno. LÊespressione rivela la formazione geopolitica del Rapalino e, a nostro parere, può rappresentare unÊimportante chiave di lettura del libro. Iniziando da un esame storico della costituzione della Regia Marina attraverso lÊallargamento dello Stato Piemontese allÊintera penisola, i primi capitoli ci mostrano i grossi problemi non solo industriali della nuova nazione mediterranea, ma anche le difficoltà politiche e ÿministerialiŸ per la formazione e lÊaddestramento di una Flotta tra le prime del mondo e dei suoi principali conduttori. ÿIl nuovo gentiluomo italianoŸ viene prodotto dalla nuova Accademia di Livorno, voluta da Benedetto Brin, che giustamente appare nel 156 suo importante ruolo politico oltre che di grande progettista a cui dobbiamo lÊidea delle possenti ÿDuilioŸ. LÊespansione coloniale, lÊottima condotta della Guerra Italo-turca, il superamento delle difficoltà adriatiche nel Primo conflitto mondiale sono quindi descritti con grande chiarezza e con una puntuale analisi di strategia marittima, i cui vengono presi in considerazione tutti i fattori del Potere Marittimo. NellÊesaminare la costruzione della cosiddetta ÿgrande MarinaŸ tra le due Guerre Mondiali, si tratta con molto equilibrio la questione della mancata costruzione di portaerei e si mettono in luce le qualità dellÊammiraglio Cavagnari, troppo spesso criticato anche ingiustamente. La guerra in Mediterraneo contro gli anglo-sassoni ci appare nel volume in tutta la sua criticità marittima e la frase ÿdopo il novembre 1942 una volta preso atto dellÊimpossibilità di raggiungere il Canale di Suez, centro di gravità della nostra guerra, non cÊera altra scelta possibile se non quella di uscire dal conflittoŸ ci sembra lÊottima sintesi di unÊaccurata e serena analisi della situazione navale italiana del tempo. Nel capitolo sul 9 Settembre Ê43, giustamente intitolato il ÿgiorno più lungoŸ, viene messa in risalto la figura del Sansonetti, ÿvero deus ex machina dellÊobbedienza della flotta italianaŸ, come lo definisce lÊAutore. Le difficoltà non solo economiche, ma soprattutto politiche del dopoguerra sono quindi esaminate con freddo realismo, mentre si sottolineano le brillanti realizzazioni tecniche, come la trasformazione del Garibaldi in lanciamissili con la possibilità, grazie allÊinventiva tutta italiana, di poter servire anche per il lancio di missili strategici, o come la realiz- Rivista Marittima Ottobre 2014 Recensioni e segnalazioni zazione di eccellenti piattaforme antisom dotate di elicotteri. Il periodo oscuro termina con lÊapprovazione della ÿLegge NavaleŸ, di cui il Rapalino chiarisce in tutte le sue sfaccettature lÊiter parlamentare e il ruolo indispensabile svolto dal Capo di Stato Maggiore, ammiraglio De Giorgi. La visione geopolitica non può trascurare lÊidea, nata nellÊambito della Marina, del cosiddetto Mediterraneo Allargato e dei molti impegni delle nostre Forze Navali nelle missioni di pace sino a giungere ai nostri giorni con la descrizione delle attività di vigilanza pesca e del contrasto allÊimmigrazione clandestina. La ÿdiplomazia navaleŸ torna così a essere una delle principali attività della compagine marittima nazionale. Siamo sicuri che i giovani, che si accosteranno a questo volume, vi troveranno materia per comprendere la ÿmarittimitàŸ del nostro Paese, mentre i più anziani ritroveranno i momenti più significativi della nostra Storia, che, a nostro parere, deve meglio valorizzare le più importanti decisioni di politica navale prese negli ultimi centocinquanta anni, come questo libro sapientemente propone. Pier Paolo Ramoino Grègoire Chamayou TEORIA DEL DRONE Principi filosofici del diritto di uccidere DeriveApprodi 2014 Pagg. 240 Euro 17,00 La scrittura di Chamayou, per stile e contenuti, è senza dubbio brillante, frizzante, af- Rivista Marittima Ottobre 2014 fascinante, ma anche abbagliante, nel senso di ingannevole, oserei dire mistificante. E cercherò più avanti di dimostrarlo. Chamayou è un ricercatore in filosofia a Lione. Ma quello qui rassegnato, nonostante il sottotitolo, non è un libro di filosofia; è un libro ÿpoliticoŸ e a tesi. LÊAutore ricostruisce le tappe attraverso le quali si è pervenuti allÊattuale fisionomia e possibili impieghi degli Unmanned Aerial Vehicles, solitamente chiamati ÿdroniŸ, che da strumenti di esplorazione e di scoperta sono diventati, grazie allÊaggiunta di armamento, mezzi di offesa gestibili a distanza, senza impegno di piloti a bordo. E questo suscita le critiche di Chamayou sotto il profilo dellÊetica militare, che a suo avviso si basa sul rischio della vita reciproco fra le parti in causa. Ne deriva la mutazione della fisionomia del combattente in cacciatore, e del nemico in preda. La tesi, in verità apodittica, lascia a dir poco perplessi, specie perché proveniente da chi assuma di essere un difensore della pace: sembra di capire che a suo avviso, dunque, meglio è se le vite umane poste in pericolo siano quante più possibile, purché da entrambe le parti. Ma ciò pare contrastare con tutta la storia delle guerre, nelle quali ogni parte si sforza di risparmiare responsabilmente e al massimo le proprie forze: gli esempi che si potrebbero avanzare sono mille, ma quello che sembra più calzante è costituito dalle ÿV2Ÿ germaniche, usate verso la fine della Seconda Guerra Mondiale; con la differenza, rispetto ai moderni droni, che avevano sistemi di punteria molto approssimativi e certo infinitamente più imprecisi, e il più delle volte colpivano a casaccio, spesso nel 157 Recensioni e segnalazioni mucchio, con gravi perdite di civili. I ÿdroniŸ, grazie ai loro propri mezzi di scoperta incorporati nella carlinga, possono veramente effettuare deglÊinterventi ÿchirurgiciŸ; ché se poi venissero dal pilota remoto volutamente impiegati contro obiettivi non ÿmilitariŸ, la responsabilità non andrebbe fatta ricadere sul mezzo tecnico, ma sullÊoperatore umano. Preferibile, ad avviso di Chamayou, lÊimpiego del kamikaze. Che poi questi sacrifichi la propria vita non per unÊopera di bene, ma per ammazzare quanta più gente possibile, perciò solo andrebbe considerato un serio e buon combattente. Si ripete, si resta quasi spiazzati dallÊavventatezza delle affermazioni di questo Autore, che sotto la maschera del pacifista ispirato dallÊetica, e abilissimo nei sofismi più audaci, avanza teorie addirittura paradossali. Il libro andrebbe analizzato molto più approfonditamente e dettagliatamente di quanto si possa fare in una breve recensione: pure, si possono almeno accennare ancora un paio di critiche. La prima è di carattere puramente fattuale: Chamayou, che si direbbe animato da odio per gli Stati Uniti e per Israele, attribuisce a questi soli il possesso e lÊimpiego dei ÿdroniŸ: ma in realtà si sa che essi sono ormai già presenti nelle panoplie di alcune decine di Paesi. La seconda è che, quando si avventura sul terreno delle disquisizioni giuridiche, lÊAutore mi sembra che dimentichi che oggi è la guerra stessa a essere fuori legge, in forza della Carta delle Nazioni Unite (sia pure con la scappatoia dellÊarticolo 51, troppe volte invocato per giustificare iniziative a dir poco ⁄ bizzarre). Credo di essere 158 stato il primo, almeno in Italia, a trattare il tema del superamento della dicotomia guerra/pace, in un articolo pubblicato nella RM nel 1978: questo stato del diritto internazionale persiste tuttora, onde è quantomeno audace cercare di coonestare le proprie tesi sulla base del diritto bellico. Ma, ripeto, il libro andrebbe analizzato molto più in profondità. Però va anche detto che se ne raccomanda vivamente la lettura, proprio per il suo essere tanto controversial. Infine, mi preme di sottoscrivere il severo giudizio espresso da Sergio Luzzatto nella sua recensione apparsa su La domenica del Sole24ore del 23 marzo 2014: è un libro capzioso e deludente! Renato Ferraro Eliso Porta a cura di Umberta Porta LA MIA GUERRA FRA I CODICI ED ALTRI SCRITTI Ufficio Storico della Marina Militare 2014 Pagg. 164 Euro Quando lÊammiraglio Fernando Sanfelice di Monteforte, uno dei massimi navalisti italiani contemporanei, incoraggiava la dottoressa Umberta Porta a pubblicare le carte del Comandante Eliso, suo padre, aveva ragione. E non solo perché le 47 pagine e le 82 note scientificamente ineccepibili dellÊAutrice consentono di conoscere la vita e lÊazione del protagonista, introducendone i documenti inediti in maniera seria, ma perché veramente il ÿtesto è di un interesse Rivista Marittima Ottobre 2014 Recensioni e segnalazioni unicoŸ, colmando ÿuna serie di lacune che hanno impedito finora di capire il perché di avvenimenti dolorosi, che fanno pur sempre parte del nostro retaggio storicoŸ. LÊavventura comincia nellÊatmosfera esotica di Shanghai, dove è in missione il TV Eliso Porta, che non ha ancora 24 anni. Legge un libro (H. O. Yardley, The American Black Chamber, Indianapolis, 1931) sulle prime esperienze americane di decrittazione e intelligence ed è quasi un colpo di fulmine: interessato a fondo alla crittografia, continua a studiare il tema e ne diviene sempre più competente. Da CC ha il primo comando nellÊottobre 1939 (Ct Fulmine), ma poco dopo viene chiamato al Servizio Informazioni Segrete della Marina, diretto dallÊammiraglio Lais, dove conoscerà ÿquel piccolo nucleo di entusiasti neo-crittografi cheŸ durante la guerra svolse ÿil proprio compito con ottimo rendimentoŸ. Tra questi il Comandante Luigi Donini, che aveva ÿformato un gruppo di studio del Codice Navale ingleseŸ, riuscendo ÿa penetrarvi crittograficamente, cioè a capirne la struttura e il sistema per decifrarloŸ, tanto che nel luglio 1940, prima di Punta Stilo, tale gruppo decritta ÿun telegramma operativo dellÊAlto Comando inglese che ordinava nei particolari i movimenti della Flotta del MediterraneoŸ (cfr L. Donini, Il Servizio Informazioni Segrete della Marina, Bollettino dÊArchivio dellÊUSMM, XII, giugno 1998, pp. 11133); in altre condizioni ciò avrebbe potuto essere allÊorigine di un importante successo: lÊesito invece fa dire allÊammiraglio tedesco Weichold che ÿil 9 e 10 luglio la Marina italiana ha probabilmente perduto la sua grande occasioneŸ. Va comunque Rivista Marittima Ottobre 2014 sottolineato come i decrittatori italiani, pur mancando di esperienze di lunga lena e del supporto di strutture sistematiche e macchinari collaudati, riescano a fornire informazioni preziose usando soprattutto lÊintelligenza e la capacità immaginativa. Ai fini della penetrazione delle comunicazioni cifrate · ÿunÊoperazione affascinanteŸ la definisce Porta · non rileva soltanto la traduzione in chiaro di un messaggio cifrato, ma anche il suo collegamento con la ÿcarta di posizioneŸ, ÿlÊinterpretazione del trafficoŸ r.t. avversario, lÊelusione delle ruses del nemico, col quale si combatte una gara sempre rinnovata di ÿcrittografia psicologicaŸ per capire e nascondere. Il 24 marzo 1941 Porta e 5 collaboratori imbarcano sul Vittorio Veneto per una incursione nel Mediterraneo orientale. Il nucleo si rende subito utile, intercettando il segnale di avvistamento di unità italiane dirette in Egeo trasmesso dalla ricognizione inglese: è il 27, e lÊAutore commenta che, venuta a mancare la sorpresa, ÿsarebbe stato logico tornare indietroŸ. Il 28, alle 17:45, Porta consegna allÊammiraglio Jachino la decrittazione di un telegramma di Cunningham che ordina allÊaviazione, per il tramonto, un attacco aereo ÿdecisivoŸ contro il Vittorio Veneto, già azzoppato da un siluro; lÊinformazione consente di predisporre tempestivamente la difesa. Inoltre, interpretando il traffico r.t. avversario, intenso e in avvicinamento, il Comandante Porta valuta a ragione che il gruppo navale italiano è inseguito da unÊintera flotta. Rivedendo poi i brogliacci della notte di Matapan si rende conto che un avvistamento visivamente impossibile è stato segnalato 159 Recensioni e segnalazioni ugualmente da una nave nemica, la quale quindi deve disporre di uno strumento capace ÿdi vedere nella notteŸ: lÊintuizione è giusta, è il radar. ˚ difficile trattare di un volume così denso nel breve respiro di una recensione, ma non si può non ricordare lÊavventura del Mohawk. Il 16 aprile 1941, durante lÊattacco a un convoglio italo-tedesco, questo grosso CT britannico viene silurato dal CT italiano Tarigo, in procinto di affondare a sua volta. Siamo vicino alle secche di Kerkenah, in una zona di bassi fondali, e il CF Porta si propone di recuperare quei documenti segreti che possono trovarsi ancora nel relitto. Col motoveliero Fiammetta lo cerca e lo trova, coricato su un fianco a una decina di metri di profondità: già il 27 aprile viene recuperato un primo gruppo di carte secret e confidential; ma bisogna andar via perché aerei nemici appaiono continuamente in ricognizione sulla zona e il Comandante non vuol farsi notare. Dal 20 al 24 giugno è di nuovo sul posto, questa volta a bordo del piccolo peschereccio Elsa, mentre i sommozzatori lavorano da uno zatterone. Viene messa in scena una specie di recita di post-naufragio a uso degli aviatori inglesi, mentre per 4 giorni il Mohawk viene esplorato e se ne traggono importanti codici e documenti segreti, non purtroppo il cifrario navale che uno dei sommozzatori, divenuto palombaro, scoprirà incastrato tra un portello e lo scafo nel 1952. Peraltro lÊoperazione si è protratta abbastanza per destare qualche sospetto, e proprio al momento della partenza una squadriglia di ricognitori nemici dirige sullÊElsa. Volta la prora a Sfax e mandato tutto il personale sotto coperta, alzata la bandiera francese e 160 indossato un berretto col tipico pompon rosso, ÿincominciai · scrive Porta · a fare grandi cenni di saluto agli aviatori⁄ Gli apparecchi cominciarono a girare su di noi, abbassandosi sempre più in quota e dopo cinque minuti, quando ormai mi aspettavo una buona scarica di mitragliatrici che ci avrebbe mandato a raggiungere il Mohawk, il Capo squadriglia si decise a rispondere con un amichevole cenno di saluto e si allontanò verso altri lidiŸ. La testimonianza del Comandante Eliso Porta, dalla guerra alla cobelligeranza, si iscrive nella storia del SIS, che merita di essere più conosciuta e valorizzata di quanto non sia stato finora. Non lo suggerisce un attacco di sciovinismo né una ricerca di consolazione, poiché credo che un approfondimento sistematico del tema faccia emergere almeno due aspetti storicamente rilevanti. Il primo concerne il dovuto riconoscimento delle qualità (bravura, competenza, perizia, immaginazione e coraggio) con cui gli uomini del SIS affrontarono i loro compiti: per esempio, è la capacità di condurre con intelligenza una sintesi tra dati noti e altri soltanto dedotti che può condentire un apprezzamento esatto in situazione tattica difficile. Il secondo riguarda lÊinadeguato · talora mancato · seguito operativo dato alle informazioni: qualche volta il mancato sfruttamento dipende dagli eventi, ma in generale è il gap di modernità e di efficienza di cui soffre il Paese a penalizzare la guerra italiana. Non per nulla lÊintervento è stato deciso con lÊidea di non dover nemmeno combattere, un infortunio difficilmente evitabile quando si chiama Inghilterra lÊimpero inglese. Mariano Gabriele Rivista Marittima Ottobre 2014 RIVISTA MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868 Italia ordinario Estero zona 1 Estero zona 2 € 25,00 € 76,70 € 109,70 Un fascicolo arretrato € 6,00 + spese postali (*) Annate arretrate (intere o incomplete fino a 6 numeri) € 38,00 + spese postali (*) SCONTO LIBRERIE ITALIA 30% SCONTO LIBRERIE ESTERO 10% (*) Da concordare con l’Ufficio Abbonamenti. MODALITÀ DI PAGAMENTO Versamento su c.c.p. o bonifico Bancoposta n° 86820008 intestato a: Ministero Difesa - Direzione di Commissariato Marina Militare - Roma Causale: Abbonamento Rivista Marittima. è obbligatorio inserire anche il CODICE FISCALE IBAN = IT12N0760103200000086820008 Codice BIC = BPPIITRRXXX Codice CIN = N dall’Estero: Bonifico Bancoposta oppure: tramite libreria con sede in Italia. L’ABBONAMENTO DECORRE DALLA DATA DI SOTTOSCRIZIONE. 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