POLLOCK E GLI IRASCIBILI La scuola di New York
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POLLOCK E GLI IRASCIBILI La scuola di New York
Conferenza stampa Lunedì 23 settembre 2013 Milano, Palazzo Reale – Sala delle Otto Colonne POLLOCK E GLI IRASCIBILI LA SCUOLA DI NEW YORK a cura di Carter E. Foster e Luca Beatrice 24 settembre 2013 – 16 febbraio 2014 Palazzo Reale, Milano PROGRAMMA ore 10.00 ingresso troupe televisive e radiofoniche previo accredito (scrivere a elisa.lissoni@24orecultura.com) ore 11.30 conferenza stampa (per facilitare l’accesso alla sala, si suggerisce l’accredito elisa.lissoni@24orecultura.com) Intervengono: Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano Domenico Piraina, Direttore Palazzo Reale e Carter Foster, curatore della mostra e "Steven and Ann Ames Curator of Drawing, The Whitney Museum of American Art" Luca Beatrice, curatore della mostra ore 12.30 – 15.00 visita in anteprima della mostra Ufficio Stampa Arthemisia Group Adele Della Sala | ads@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | M. +39 345 7503572 Ufficio Stampa 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE Elisa Lissoni | elisa.lissoni@24orecultura.com | T + 39 02 30223643 Stefania Coltro | s.coltro@gmail.com | M. +39 349 6108183 Barbara Notaro Dietrich | b.notarodietrich@gmail.com | M +39 348 7946585 Ufficio Stampa Comune di Milano Elena Conenna | elenamaria.conenna@comune.milano.it | T. + 39 02 88453314 POLLOCK E GLI IRASCIBILI La scuola di New York 24 settembre 2013 – 16 febbraio 2014 Palazzo Reale, Milano Jackson Pollock ma non solo: anche Rothko, de Kooning, Kline. Rivoluzione artistica, rottura col passato, sperimentazione, energia: questo racconta la mostra “Pollock e gli Irascibili”, a Palazzo Reale dal prossimo 24 settembre. L’esposizione, curata da Carter Foster con la collaborazione di Luca Beatrice, è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano ed è prodotta e organizzata da Palazzo Reale, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con il Whitney Museum di New York. Attraverso le opere dei 18 artisti, guidati dal carismatico Pollock, e definiti “Irascibili” da un celeberrimo episodio di protesta nei confronti del Metropolitan Museum of Art, il visitatore avrà un panorama completo di un fondamentale stile artistico che seppe re-interpretare la tela come uno spazio per la libertà di pensiero e di azione dell’individuo; uno stile proprio di quella che fu chiamata “la Scuola di New York” e insieme un fenomeno unico, che caratterizzò l’America del dopoguerra e che influenzò, con la sua forza travolgente, l’Arte Moderna in tutto il mondo. “Un momento fondamentale che rappresenta il passaggio del testimone dell'innovazione artistica dall'Europa all'America: per la prima volta nella storia infatti non sono Milano o Parigi o Vienna a dettare la linea delle nuove tendenze nel campo delle arti visive, ma una città oltreoceano che grida a gran voce la propria radicale originalità. “– ha commentato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno –. L'inaugurazione di questa mostra è dunque un perfetto esordio dell'’Autunno Americano’, a cui seguirà un ricco palinsesto di spettacoli ed eventi, musica e danze compresi, diffusi per tutta la città, fino alla fine dell'anno e anche oltre. Un programma che porterà a Milano, il senso, il suono, il passo, di quella cultura americana che è tra i miti fondanti dell'immaginario di ciascuno di noi”. La mostra, che consta di oltre 49 capolavori provenienti dal Whitney Museum di New York, inaugura infatti le celebrazione dell’“Autunno Americano” a Milano che proseguiranno con l’apertura di una grande monografica dedicata ad Andy Warhol a fine ottobre. Protagonista indiscussa della mostra “Pollock e gli Irascibili” è l’opera Number 27 di Pollock, forse il suo quadro più famoso, nonché prestito eccezionale, data la delicatezza e la fragilità di questo olio, oltre alle sue dimensioni straordinarie - circa tre metri di lunghezza. Ma il Whitney Museum ha eccezionalmente acconsentito a fare viaggiare quest’opera, alla quale sarà dedicata un’intera sala di Palazzo Reale. Le altre opere esposte in mostra coprono un arco storico che va dalla fine degli anni Trenta alla metà degli anni Sessanta. Saranno presenti alcuni tra i capolavori più rilevanti della collezione del Whitney, come Mahoning di Franz Kline (1956), Door to the River di Willem de Kooning (1960) e Untitled (Blue, Yellow, Green on Red) (1954) di Mark Rothko, accanto a opere di artisti presumibilmente meno noti, ma rappresentative della loro maturità e, più in generale, della loro epoca. Questa distinzione e questo dualismo sono significativi per quanto riguarda la prassi collezionistica del Whitney, che è stato un precoce e importante sostenitore dell’Espressionismo Astratto, cercando coerentemente di fornire un quadro più diversificato e complesso di ciò che stava accadendo a New York all’epoca. Benché artisti quali Jackson Pollock, Willem de Kooning e Barnett Newman siano stati indubbiamente determinanti nel promuovere l’astrattismo a New York in quel periodo, di pari importanza furono pittori come William Baziotes e Bradley Walker Tomlin, che permettono una narrazione completa, complessa e più diversificata, rappresentativa dell’epoca stessa. Vale la pena ricordare l’episodio accennato sopra rispetto alla nascita del termine Irascibili: è il maggio del 1950 e il Metropolitan Museum di New York annuncia l’organizzazione di un’importante mostra dedicata all’arte contemporanea americana. Vengono esclusi dal parterre degli invitati i pittori che a partire dalla seconda metà degli anni Trenta hanno mosso i primi passi verso un linguaggio pittorico nuovo, affrancato dal passato e rivolto all’Espressionismo Astratto. Nel movimento, ormai delineato, dell’Action Painting – chi con un approccio più gestuale e irruente manifestato nella tecnica della sgocciolatura o della pennellata ritmica, chi con un atteggiamento più contemplativo che predilige la stesura cromatica per campiture ampie e morbide – emergono le personalità di Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Robert Motherwell, Barnett Newman che si fanno promotori di un codice stilistico più attuale. Sono proprio questi i principali nomi che compongono nel 1950 il gruppo degli Irascibili; è il quotidiano Herald Tribune a definire così i firmatari della lettera inviata al presidente del Metropolitan, Roland L. Redmond, e presentata al New York Times, in cui dichiarano il totale dissenso nei confronti delle posizioni assunte dal museo. Nel gennaio del 1951 la rivista Life pubblica l’emblematica fotografia di Nina Leen che ritrae quindici dei diciotto “Irascibles” vestiti da banchieri. Al centro Pollock, con lui, oltre de Kooning, Rothko, Newman e Motherwell, Adolph Gottlieb, William Baziotes, James Brooks, Bradley Walker Tomlin, Jimmy Ernst, Ad Reinhardt, Richard Pousette-Dart, Theodoros Stamos, Clyfford Still e Hedda Sterne, unica donna a completare il gruppo. Anche questa storica fotografia sarà riprodotta nella mostra di Palazzo Reale. “Nell’album fotografico della storia dell’arte – scrive Luca Beatrice nel suo saggio - , quello degli Irascibili è tra gli scatti più famosi, almeno quanto i Futuristi in abito da gran sera, i Dada immortalati da Alfred Stieglitz, i Surrealisti vestiti alla moda, fino ai cinque della Transavanguardia in smoking all’inizio degli anni Ottanta. Gli Irascibili, nonostante l’aspetto tutto sommato bonario, sono “tecnicamente” arrabbiati per il fatto accaduto, ma in generale questa condizione di protesta, sintetizzata peraltro nella lettera inviata il 20 maggio 1950 al presidente del Met e che contiene le loro rimostranze, li mette in una condizione piuttosto tipica ai tempi dell’avanguardia: fare fronte comune, lavorare insieme, condividere successi ed eventuali difficoltà in maniera compatta”. http://www.mostrapollock.it www.comune.milano.it/palazzoreale Cartella stampa: http://bit.ly/1eZxzcW Uffici stampa ARTHEMISIA GROUP Adele della Sala | ads@arthemisia.it | M +39 345 7503572 press@arthemisia.it | T +39 06 69380306 24 ORE CULTURA - GRUPPO 24 ORE Elisa Lissoni | elisa.lissoni@24orecultura.com | T. +39 02 30223643 Stefania Coltro | s.coltro@gmail.com | M. +39 349 6108183 Barbara Notaro Dietrich | b.notarodietrich@gmail.com | M. +39 348 7946585 UFFICIO STAMPA COMUNE DI MILANO Elena Conenna tel. 02.88453314 | elenamaria.conenna@comune.milano.it Scheda tecnica Titolo POLLOCK E GLI IRASCIBILI La scuola di New York A cura di Carter E. Foster Luca Beatrice Una mostra Comune di Milano – Cultura, Moda, Design Palazzo Reale Arthemisia Group 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE Allestimento studio CastagnaRavelli Sponsor Tecnico Atm; Trenord; Edizioni Condè Nast (Vogue; L’ Uomo Vogue); Cassina; CanaleArte Con il supporto di la Rinascente Hotel Ufficiale NH Hotels Con il sostegno di Coop Lombardia Con il contributo di Ricola In collaborazione con Il Sole 24 ORE Domenica Radio 24 Sede Palazzo Reale, Milano Periodo 24 settembre 2013 – 16 febbraio 2014 Orari lunedì 14.30 – 19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30 giovedì e sabato 9.30 – 22.30 Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura Info e prenotazioni www.mostrapollock.it www.comune.milano.it/palazzoreale www.ticket.it/pollock tel. 02 54913 Ingresso VISITATORI INDIVIDUALI € 11,00 € 9,50 € 5,50 Gratuito Dipendenti Comunali BIGLIETTO FAMIGLIA GRUPPI € 9,50 Gratuità GRUPPI TOURING CLUB O FAI € 5,50 Gratuità SCUOLE € 5,50 Gratuità VISITE GUIDATE INGRESSO SINGOLO INTERO audioguida gratuita INGRESSO SINGOLO RIDOTTO audioguida gratuita visitatori dai 6 ai 26 anni, visitatori oltre i 65 anni, portatori di handicap, soci Touring Club con tessera, soci FAI con tessera, possessori di biglietti aderenti all'iniziativa "Lunedì Musei" (Poldi Pezzoli / Museo Teatrale della Scala), militari, forze dell’ordine non in servizio, insegnanti, dipendenti con badge e abbonati annuali Trenord, soci Coop con tessera, altre categorie convenzionate (seguirà lista) INGRESSO RIDOTTO SPECIALE audioguida gratuita dipendenti Gruppo 24 ORE (eventuale accompagnatore al seguito € 9,50), volontari Servizio Civile muniti di tesserino, dipendenti con badge e abbonati annuali ATM che presentano in biglietteria il tesserino con la dicitura “abbonamento annuale” o in alternativa la tessera Carta Club oppure lo scontrino fiscale, altre categorie convenzionate (seguirà lista) audioguida gratuita Minori fino ai 6 anni, un accompagnatore per disabile che presenti necessità, giornalisti con tesserino ODG per servizio (previo accredito – non si procede con l’accreditare la stampa sabato, domenica e nei giorni festivi – per emergenze 349 6108183), tesserati ICOM, guide turistiche munite di tesserino di abilitazione Dietro esibizione del badge € 5,50 – eventuale ospite al seguito € 9,50 audioguida gratuita 1 o 2 adulti + bambini (da 6 a 14 anni) = adulto € 9,50 – bambino € 5,50 audioguida gratuita Gruppi di almeno 15 persone 1 accompagnatore per ogni gruppo Sistema di microfonaggio obbligatorio e incluso nel prezzo Gruppi organizzati direttamente dal Touring Club e dal FAI 1 accompagnatore e 1 guida per gruppo Sistema di microfonaggio obbligatorio e incluso nel prezzo Gruppi di studenti di ogni ordine e grado 2 accompagnatori per ogni gruppo scolastico Sistema di microfonaggio obbligatorio e incluso nel prezzo GRUPPI: 110,00 € visita guidata - 130,00 € visita guidata inglese/francese SCUOLE: 70,00 € visita guidata - 90,00 € visita guidata con focus in inglese o in lingua (inglese/francese) visita guidata cumulativa POLLOCK + WARHOL (durata 120 min, su richiesta e previa disponibilità): 120,00 € scuole / 150,00 € gruppi Didattica Comune di Milano - Sezione Didattica Palazzo Reale Ad Artem – Sezione didattica in mostra e in classe tel. 02 6597728 info@adartem.it Audioguida Antenna International Visite guidate Ad Artem tel. 02 6597728 info@adartem.it Social Media Hashtag: #pollock #irascibili ARTHEMISIA GROUP: https://www.facebook.com/ArthemisiaGroup https://twitter.com/arthemisiagroup http://pinterest.com/ArthemisiaGroup/ https://www.youtube.com/user/ArthemisiaGroup 24 ORE CULTURA: https://twitter.com/24Cultura https://www.facebook.com/24ORECultura http://instagram.com/24cultura http://pinterest.com/24Cultura/boards/ http://www.youtube.com/user/24ORECultura Catalogo 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE prezzo 34 € in mostra; 39 € in libreria da ottobre 2013 disponibile su www.shopping24.it Ufficio Stampa Arthemisia Group Adele Della Sala | ads@arthemisia.it | T. 06 69380306 | M. 345 7503572 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE Elisa Lissoni | elisa.lissoni@24orecultura.com | twitter @laeli_sa | T. 02 30223643 Stefania Coltro | s.coltro@gmail.com| twitter @laziastefi | M. 349 6108183 Barbara Notaro Dietrich | b.notarodietrich@gmail.com | M. 348 7946585 Comune di Milano Elena Maria Conenna |elenamaria.conenna@comune.milano.it | T. 02 88453314 ELENCO OPERE Jackson Pollock Senza titolo 1933‐1939 matite colorate e grafite su carta, cm 37,8 x 2 5,4 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dal Julia B. Engel Purchase Fund e dal Drawing Committee, 85.16 Jackson Pollock Senza titolo 1933‐1939 pastello a cera e grafite su carta, cm 38,1 x 2 5,4 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dal Julia B. Engel Purchase Fund e dal Drawing Committee, 85.17 Jackson Pollock Senza titolo, recto 1939‐1942 inchiostro su carta, cm 45,7 x 3 5,2 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dal Julia B. Engel Purchase Fund e dal Drawing Committee, 85.19a‐b Jackson Pollock Senza titolo 1944 penna, pennello e inchiostro nero, acquerello opaco su carta, cm 33,3 x 2 7,9 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dal Julia B. Engel Purchase Fund e dal Drawing Committee, 85.20 Jackson Pollock Senza titolo 1939‐1942 matite colorate e grafite su carta, cm 35,6 x 2 7,9 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dal Julia B. Engel Purchase Fund e dal Drawing Committee, 85.18 Jackson Pollock Senza titolo 1950 circa inchiostro su carta, cm 44,5 x 56,2 Whitney Museum of American Art, New York; dono di un donatore anonimo, 74.129 Jackson Pollock Senza titolo 1950 circa pennello e inchiostro su carta, cm 47,8 x 6 2,9 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dal Julia B. Engel Purchase Fund e dal Drawing Committee, 85.21 Jackson Pollock Number 17, 1950 / “ Fireworks” 1950 olio, smalto e pittura d’alluminio su pannelli, cm 56,8 x 56,5 Whitney Museum of American Art, New York; dono di Mildred S. Lee, 99.59 Jackson Pollock Number 27, 1950 1950 olio, smalto e pittura d’alluminio su tela, cm 124,6 x 2 69,4 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 53.12 Hans Hofmann Fantasia in Blue 1954 olio su tela, cm 152,4 x 132,1 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dal Julia B. Engel Purchase Fund e dal Drawing Committee, 57.21 Bradley Walker Tomlin Number 2 ‐ 1 950 1950 olio su lino, cm 137,2 x 106,7 Whitney Museum of American Art, New York; dono di David e Peggy Rockefeller in onore di John I . H . Baur, 81.8 Hans Hofmann Orchestral Dominance in Yellow 1954 olio su tela, cm 122,2 x 152,7 Whitney Museum of American Art, New York; dono di Betty Ann Besch Solinger in onore di David M. Solinger, 95.262 Mark Tobey Universal Field 1949 tempera, acquerello opaco e pennarello su cartone, cm 70,8 x 1 13,3 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 50.24 Jack Tworkov Duo I I 1956 olio e pastelli a olio su lino, cm 202,9 x 107 Whitney Museum of American Art, New York; dono dell’artista, 68.78 Adolph Gottlieb The Crest 1959 olio su tela, cm 275 x 2 28,6 Whitney Museum of American Art, New York; gift of The Chase Manhattan Bank, 66.89 Mark Rothko Senza titolo (Blue, Yellow, Green on Red) 1954 olio su tela, cm 197,5 x 166,4 Whitney Museum of American Art, New York; dono dell’American Contemporary Art Foundation, Inc., Leonard A. Lauder, Presidente, 2002.261 Mark Rothko Senza titolo 1953 olio su tela, cm 268,4 x 1 28,9 Whitney Museum of American Art, New York Arshile Gorky The Betrothal I I 1947 olio e inchiostro su tela, cm 128,9 x 9 6,5 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 50.3 Willem de Kooning Landscape, Abstract 1949 circa olio su carta, cm 48,9 x 6 4,9 Whitney Museum of American Art, New York; dono di Sylvia e A lan H. Temple, 68.96 Willem de Kooning Black and White, recto 1959 smalto su carta, cm 69,2 x 99,1 Whitney Museum of American Art, New York; dono in memoria di Audrey Stern Hess, 75.21a‐b Willem de Kooning Door to the River 1960 olio su lino, cm 203,5 x 178,1 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi degli Amici del Whitney Museum of American Art, 60.63 Willem de Kooning Woman Accabonac 1966 olio su carta montata su tela, cm 200,7 x 89,2 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dell’artista e d ella sig.ra Bernard F. Gimbel, 67.75 Clyfford Still Senza titolo 1945 olio su tela, cm 108 x 8 5,7 Whitney Museum of American Art, New York; dono di Bernard Harper e Abby Friedman, 69.3 Barnett Newman Senza titolo 1946 pennello e inchiostro su carta, cm 60,5 x 4 5,5 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi del John I . H . Baur Purchase Fund, del Wilfred P. and Rose J. Cohen Purchase Fund, della East Japan Railway Company, del List Purchase Fund, del Richard and Dorothy Rodgers Fund, del Charles Simon Purchase Fund e del Drawing Committee, 89.25 Barnett Newman Senza titolo 1961 litografia su carta, cm 76,4 x 56,7 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi del Print Committee, 84.57 David Smith Hudson River Landscape 1951 acciaio dipinto saldato e acciaio inossidabile, cm 126,8 x 187,3 x 42,1 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 54.14 Barnett Newman The Promise 1949 olio su tela, cm 130,8 x 173 Whitney Museum of American Art, New York; dono di Adriana e Robert Mnuchin 2000.338 Lee Krasner The Guardian 1960 olio e pittura da pareti su tela, cm 134,9 x 147,6 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dell’Uris Brothers Foundation, Inc., 60.61 James Brooks Number 27 1950 olio su tela, cm 95,4 x 1 18,4 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi di Marie e Roy R. Neuberger, 53.32 Franz Kline Composition 1955 pennello e inchiostro, olio e grafite su carta, cm 26,4 x 3 3,2 Whitney Museum of American Art New York; dono di Frances e Sydney Lewis, 77.35 Franz Kline Mahoning 1956 olio e carta su tela, cm 204,2 x 2 55,3 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi degli Amici del Whitney Museum of American Art, 57.10 Franz Kline Dahlia 1959 olio su tela, cm 208,3 x 170,2 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi di un gruppo anonimo di amici del Whitney Museum of American Art, 66.90 Franz Kline Senza titolo 1960 pennello e inchiostro nero su carta, cm 21,1 x 2 7,5 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi dei coniugi Benjamin Weiss, 78 .53 Hedda Sterne New York, N.Y., 1955 1955 aerografo e smalto su tela, cm 92,1 x 153 Whitney Museum of American Art, New York; dono di un donatore anonimo, 56.20 William Baziotes The Mannequins 1946 olio su lino, cm 101,6 x 1 21,92 Whitney Museum of American Art, New York; dono di David M. Solinger in onore di John I .H. Baur, 74.106 William Baziotes The Beach 1955 olio su lino, cm 91,4 x 1 21,9 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 56.12 Morris Louis Addition II 1959 pittura acrilica su tela, cm 252,1 x 3 43,5 Whitney Museum of American Art, New York; dono del Marcella Brenner Revocable Trust, 2011.52 Ad Reinhardt Abstract Painting, Red 1952 olio su tela, cm 76,5 x 3 8,1 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi della Lauder Foundation, Leonard and Evelyn Lauder Fund, 98.16.1 Philip Guston Dial 1956 olio e pittura da pareti su lino, cm 182,9 x 194 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 56.44 Ad Reinhardt Number 18 ‐1948‐1949 1948‐1949 olio su lino, cm 102,2 x 152,1 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 53.13 Ad Reinhardt Number 17 – 1953 1953 olio e tempera su lino, cm 197,8 x 200 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 55.36 Robert Motherwell The Red Skirt, 1947 (dalla serie Personages) olio su pannello, cm 121,9 x 6 1 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 49.3 Robert Motherwell N.R.F. Collage, Number 1 1959 olio e collage su carta, cm 73 x 5 7,9 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi degli Amici del Whitney Museum of American Art, 61.24 Richard Pousette‐Dart The Magnificent 1950‐1951 olio su tela, cm 219,2 x 1 11,8 Whitney Museum of American Art, New York; dono di Ethel K. Schwabacher, 53.43 Alfonso Ossorio Number 14 – 1953 1953 inchiostro e c era su tavola, cm 153,7 x 9 7,8 x 3 ,5 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, 55.8 Theodoros Stamos High Snow ‐ Low Sun, I I 1957 olio su tela, cm 136,5 x 2 48,3 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi degli Amici del Whitney Museum of American Art, 57.30 Sam Francis Senza titolo 1956 acquerello trasparente e opaco su carta, cm 77,6 x 56,5 Whitney Museum of American Art, New York; dono di un donatore anonimo, 74.120 Sam Francis Abstraction 1959 olio e pittura acrilica su lino, cm 214 x 1 27,3 Whitney Museum of American Art, New York; lascito Udo M. Reinach, 60.16 Helen Frankenthaler Blue Territory 1955 olio e smalto su tela, cm 291,6 x 150,3 Whitney Museum of American Art, New York; acquisto, con fondi degli Amici del Whitney Museum of American Art, 57.8 Milano riaccende le luci su una stagione magmatica e avvincente dell’arte mondiale, che vide il debutto degli Stati Uniti nella modernità creativa, e segnò la prima vera globalizzazione dell’arte. Il dibattito di allora e di oggi su artisti come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Franz Kline, e sull’intero gruppo dei quindici maestri ritratti nel celebre scatto di “Life”, coincide con il dibattito sulla modernità artistica, sulla sua natura, sui suoi esiti. Milano è stata una capitale della classicità prima e del moderno e del contemporaneo poi: una città viva capace di attrarre il nuovo e di produrlo, sempre. Oggi Milano propone al grande pubblico questa rassegna con lo spirito di sempre: rileggere una pagina di frattura e innovazione ma anche di costruzione del canone moderno. Un incontro con la bellezza inquieta di artisti che non si sono accontentati, che sono andati oltre, e che sono stati poi a loro volta messi in discussione dalle generazioni successive. Generazioni che continuano a riconoscere a tutti loro di avere aperto strade nuove all’espressione universale. Giuliano Pisapia Sindaco di Milano Il 2013 è l’Anno della Cultura Italiana in America: iniziative, eventi e spettacoli hanno portato nelle più importanti città degli Stati Uniti una parte significativa della nostra produzione artistica e culturale, riscontrando ovunque un grande apprezzamento. Milano risponde a questo omaggio dedicando alla cultura americana – in tutti i suoi aspetti, dall’arte visiva alla musica, dalla letteratura alla scienza – un programma ricco di appuntamenti di conoscenza, approfondimento e dialogo. Il cartellone dell’Autunno Americano – questo è il titolo dell’intera iniziativa – si apre con l’inaugurazione della mostra dedicata a Pollock e agli Irascibili, che racconta un momento di fondamentale importanza nella storia dell’arte moderna: la nascita dell’Espressionismo Astratto nella New York degli anni Quaranta. Un momento significativo che rappresenta il passaggio del testimone dell’innovazione artistica dall’Europa all’America: per la prima volta nella storia infatti non sono Parigi o Milano o Vienna a dettare la linea delle nuove tendenze nel campo delle arti visive, ma una città “oltreoceano” che grida a gran voce la propria radicale originalità. È New York che imprime uno straordinario movimento in avanti nei linguaggi artistici, dopo il disgregamento di ruoli, canoni e regole che il Novecento ha portato con sé in tutta Europa, conquistando così agli Stati Uniti un ruolo nuovo da assoluto protagonista. L’inaugurazione di questa mostra è dunque il prestigioso esordio dell’Autunno Americano, cui seguirà un ricco palinsesto di spettacoli ed eventi – musica e danze comprese –, diffusi per tutta la città fino alla fine dell’anno e anche oltre. Un programma che porterà a Milano il senso, il suono, il passo di quella cultura americana che è tra i miti fondanti dell’immaginario di ciascuno di noi. Filippo Del Corno Assessore alla Cultura Palazzo Reale intrattiene, da anni, eccellenti rapporti di collaborazione con i grandi musei americani, ma quello con il Whitney Museum è sicuramente speciale. Dopo l’esposizione New York Renaissance, Masterworks from the Whitney Museum of American art, organizzata da Palazzo Reale nel 2002, che si configurava come un omaggio alla creatività e alla forza del popolo americano, oltraggiato dall’attentato dell’11 settembre del 2001, venne poi proposta la notevole retrospettiva di Edward Hopper, che riscosse un successo di critica e di pubblico sinceramente inaspettato e, perciò, più gradito. Mostra che ebbe anche il merito di attirare l’attenzione sul grande artista americano, come testimoniano le importanti esposizioni successivamente organizzate a Roma e a Parigi. Siamo giunti così al terzo episodio di questa intensa e fortunata collaborazione, che si inquadra in un coerente percorso di conoscenza dell’arte americana. Questo nuovo progetto espositivo intende raccontare quella che è comunemente definita come Scuola di New York che, coniugando le influenze dell’Astrattismo e del Surrealismo con l’esperienza del Muralismo messicano e dell’arte dei nativi americani, seppe elaborare una nuova estetica del moderno. Fu in quel momento che nacque un movimento autenticamente americano che modificò la geopolitica dell’arte, sottraendo a Parigi il ruolo di capitale artistica per eccellenza. La mostra si offre come un avvincente racconto della storia della Scuola di New York, attraverso le opere dei suoi maggiori esponenti. Per facilitarne la lettura e l’interpretazione sono stati utilizzati altri media comunicativi, come i video e le fotografie, ai quali è stato affidato il compito di restituire l’atmosfera dell’epoca. Di particolare rilievo e apprezzamento è lo sforzo, compiuto dall’amministrazione comunale, di arricchire il progetto espositivo con una nutrita serie di proposte teatrali, musicali e letterarie, che consentiranno di capire più incisivamente il milieu culturale e intellettuale dentro il quale nacque e si sviluppò la pittura di Jackson Pollock, Mark Rothko, Willem de Kooning, Franz Kline. Domenico Piraina Direttore Polo Mostre e Musei Scientifici Jackson Pollock ha cambiato il linguaggio della pittura. Altrettanto rivoluzionario nella metà degli anni Quaranta quanto lo furono Michelangelo e Raffaello nel Rinascimento, con la sua famosa “tecnica dello sgocciolamento” spinse l’arte e l’atto di realizzarla – anticipando quasi la dimensione della performance – in una direzione radicalmente nuova. Dopo la svolta epocale di Pollock, non era più possibile tornare indietro, come ben compresero tutti i pittori d’avanguardia dell’epoca. Nelle parole di Willem de Kooning, altra figura importante dell’Espressionismo Astratto, Pollock fu colui che “ruppe il ghiaccio” per la pittura. Pollock e de Kooning, insieme a Barnett Newman e a Mark Rothko, sono considerati i maggiori protagonisti di quel periodo incredibilmente fecondo che, sullo sfondo della New York degli anni Quaranta e dei primi anni Cinquanta, deviò il corso della storia dell’arte, spostandone il centro dall’Europa agli Stati Uniti. Allorché una società produce simili stagioni, i motivi sono sempre vari, ma in tutti i casi, in tali situazioni, è da notare che molti artisti di talento finiscono per essere eclissati da pochi innovatori di maggiore spicco. Questa mostra, accanto a capolavori famosi, presenta numerosi tesori non noti come meriterebbero, conservati nei depositi della collezione permanente del Whitney Museum of American Art. Sin dalla sua fondazione, nel 1930, l’impegno a favore di artisti viventi è sempre stato uno dei princìpi ispiratori del Whitney Museum; abbiamo infatti coraggiosamente acquistato molte opere dell’Espressionismo Astratto già poco tempo dopo la loro esecuzione, e attentamente e ampiamente raccolto lavori di molti degli artisti qui esposti. Siamo felici di poter condividere con il pubblico italiano e con i milanesi la produzione di quell’epoca straordinaria, attraverso le opere dei suoi celebri colossi e di altri artisti di fama minore, per dare un’idea precisa della rivoluzione operata dall’Espressionismo Astratto. Figure quali Franz Kline, David Smith, Hedda Sterne, Clyfford Still e Bradley Walker Tomlin hanno saputo creare potenti e originali vocabolari formali, qui rappresentati da esempi veramente magnifici. Il Whitney Museum è sommamente lieto di poter collaborare con il Comune di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura in questa mostra di opere della sua collezione permanente, opere rappresentative di uno dei momenti più decisivi della storia dell’arte, la cui onda d’urto si avverte ancora oggi. Carter E. Foster Curatore della mostra e "Steven and Ann Ames Curator of Drawing, The Whitney Museum of American Art" IRASCIBILI & HIPSTER Luca Beatrice “Non parto per New York, vado via da Parigi” 1, scrisse Marcel Duchamp quando in gran segreto stava organizzando la fuga dall’Europa. Era il 1915 e allora la capitale mondiale dell’arte e della cultura era ancora saldamente posizionata in riva alla Senna. Chiunque avesse in mente di “fare l’artista” prima o poi sarebbe dovuto passare al battesimo del fuoco della Ville Lumière, dove nel frattempo era nato il cinema, settima arte, e arte del Novecento per eccellenza. Parigi significava avanguardia, ricerca, sperimentazione. Era il mondo delle gallerie, dei mercanti, dei musei, il crocevia obbligatorio per qualsiasi individuo dotato di creatività. Eppure Duchamp intuisce, con largo anticipo, che a un certo punto l’asse si sarebbe spostato nel Nuovo Mondo, in particolare in quella città che rappresenta l’America ma non e soltanto l’America, e New York. Nei mesi successivi al suo arrivo (estate 1915), “il mondo dell’arte subì una rapida trasformazione: comparsa di nuovi collezionisti; crescita esponenziale, sui giornali, dei dibattiti dedicati all’arte moderna e, soprattutto, nascita di spazi espositivi ovunque. In soli cinque anni, trentaquattro gallerie organizzarono circa duecentocinquanta mostre di artisti considerati moderni o progressisti” 2. Nonostante l’emergere, in un terreno cosi fertile e carico di entusiasmo, di una nuova generazione di pittori in ascesa – molti dei quali esposero all’Armory Show già nella prima edizione del 1913 –, non si può ancora parlare di nascita dell’arte americana moderna. Ciò avverrà con certezza in due momenti successivi: con l’affermarsi dell’Espressionismo Astratto, dunque negli anni Quaranta, e con l’attenuarsi del contributo dell’avanguardia europea tra i protagonisti attivi sul campo, per un progressivo allontanamento dalle matrici dei movimenti novecenteschi, Surrealismo in particolare. Tutto questo in un tessuto dove e totalmente assente l’idea di tradizione, che l’arte americana non conosce e contro il cui peso non si deve scontrare: qui ogni cosa e clamorosamente nuova. Dunque, quell’energia che fa dire a Duchamp “New York ben presto sarebbe diventata la nuova capitale artistica mondiale” sembra ancora incredibile in un contesto dominato soprattutto dal realismo, eredita di quella Folk Art che nell’Ottocento vedeva i pittori impegnati su immagini naturali e a raffigurare due temi importati dalla letteratura, l’espansione del paesaggio a Ovest con la fondazione della ferrovia (suggestione condivisa con il cinema western), e il naufragio, di cui rimasero vittima migliaia di migranti partiti dalle coste inglesi di Southampton, che Hermann Melville metaforizzo nella figura del Leviatano bianco in Moby Dick. I talenti più dotati delle scuole d’arte, poi, venivano mandati nei musei italiani e francesi a copiare i capolavori della pittura classica, spesso commissionati per le case dei nuovi ricchi americani. Insomma, nella seconda meta dell’Ottocento, quando in Europa si apre la stagione dell’Impressionismo, l’arte negli Stati Uniti e pressoché una disciplina sconosciuta mentre, appena cinquant’anni dopo, sara tra i primi straordinari segnali di crescita di un Paese nuovo. Se dunque l’Espressionismo Astratto e il primo movimento americano, Jackson Pollock e il primo artista americano, “anzi il grande pittore americano”, come lo definisce un altro artista, Budd Hopkins: “Se cercate di immaginarlo pensate a un vero americano, non a un europeo trapiantato. Con le virtù virili del maschio americano: un duro, di poche parole e se cowboy ancora meglio. Certamente non uno dell’Est o uno che abbia studiato ad Harvard. Senza influssi europei, ma con influssi di qui, messicani, indiani americani e cosi via. Uno uscito dalle nostre terre, non da Picasso 1 2 A. Cohen-Solal, Americani per sempre, Johan & Levi Editore, Milano 2006, p. 319. Ivi, p. 322. o Matisse, uno a cui sia concesso il gran vizio americano, il vizio di Hemingway, quello di bere” 3. E non solo per i natali e il background familiare autoctono, mentre i suoi colleghi più vecchi denunciano l’origine europea: il decano Hans Hofmann e nato in Baviera nel 1880, Arshile Gorky (1904) e armeno e il suo coetaneo Willem de Kooning e olandese, mentre Mark Rothko (1903) ha addirittura naturalizzato il cognome lettone Rotkowitz in una versione americanizzata. Ancora, Esteban Vicente (1903) e spagnolo e Hedda Sterne, unica donna a comparire nella celeberrima foto degli Irascibili, di Bucarest, classe 1910. L’americanismo di Pollock non e tanto questione di cittadinanza, anche i suoi coetanei sono tutti nati in America, quanto di approccio all’opera e di costruzione del personaggio che va ben aldilà del semplice essere artista. Quando Pollock “scopre” il dripping, abbandonando definitivamente la pittura da cavalletto per affrontare tele di grandissima dimensione e lavorarci in maniera fisica, preperformantica, in Europa l’Informale e entrato in una fase, se non di decadenza, almeno di stanca e il movimento, diffusosi in maniera planetaria dalle colonne d’Ercole al Giappone, scivola verso un naturalismo di maniera che ne determinerà di li a poco l’implosione. Italiani, francesi, tedeschi (non e l’incipit di una barzelletta) non riescono a rivaleggiare con la virulenza, lo spirito innovativo, la sicurezza nei propri mezzi che gli artisti americani degli anni Quaranta, Pollock in testa, mostrano nei loro dipinti, sorpassando il manierismo di un genere in Europa forse obsoleto e che non riesce più a pungere come nei momenti migliori. In quanto a Pollock, “sembrava che fosse impegnato a riscoprire l’America nei casuali incroci di linee che si facevano strada sulla tela fin oltre i bordi. Estatica, libera, rinvigorita dall’alcol, l’arte moderna nelle mani di Pollock era una specie di delirium tremens” 4. Colpisce, soprattutto, il Pollock personaggio, non si sa quanto suo malgrado o quanto invece abilmente costruito sullo stereotipo “genio e sregolatezza”, che farà da apripista a diversi divi irregolari di Hollywood e, soprattutto, alle rockstar maledette di fine anni Sessanta. In effetti la grande popolarità del pittore, nato a Cody in Wyoming nel 1912, ha origini mediatiche, se si pensa che senza le fotografie e il breve film diretto da Hans Namuth nel 1950 all’interno del suo studio a Springs, Long Island, dove Pollock si rifugiava per lavorare fuori dal caos di Manhattan, il messaggio non sarebbe mai arrivato in modo cosi diretto ed esplicito e di conseguenza neppure la sua fama. “Quando Namuth, dunque, entra nello studio di Pollock, capisce che il nodo cruciale e l’artista, non l’opera […] Il fotografo avverte che il bello sta proprio nel guardarlo lavorare, Pollock. Invadere il suo spazio e carpirne la gestualità come se, per una volta, pittore e opera si fondessero in una cosa sola. Protagonista di questo breve film non e il quadro finito ma la ritualità dell’esecuzione” 5. Jackson e uno che corre da solo. Ha un carattere difficile, eredita di un’infanzia complessa ma soprattutto a causa dei noti problemi di alcolismo. La sua corporatura robusta si scontra con una psiche fragilissima. E un eroe romantico ai limiti della misantropia, che sembra confermare “il grande mito americano del personaggio solitario, dell’individuo intrepido” 6; ha bisogno di continue conferme nel lavoro e non gli basta il plauso della critica. Se negli atteggiamenti appare un trait d’union tra il ragazzo prodigio del cinema americano James Dean e il Jim Morrison degli ultimi stralunati concerti, anche nel “look” e decisamente avanti rispetto agli artisti a lui coevi, “un antidivo che ha la chance di diventare un mito, antesignano delle rockstar dell’eccesso e dell’autodistruzione” 7, al punto che stupisce vederlo al centro della foto degli Irascibili, di tre quarti, in giacca e cravatta, persino un po’ a disagio insieme a Mark Rothko e Barnett Newman che di norma vestivano cosi anche quando dipingevano. Di solito, “Pollock indossa una maglia nera a 3 F. Stonor Saunders, La guerra fredda culturale, Fazi Editore, Roma 2004, p. 228. Ibidem. 5 L. Beatrice, Pop. L’invenzione dell’artista come star, Rizzoli, Milano 2012, p. 8. 6 F. Stonor Saunders, La guerra fredda culturale, cit., p. 228. 7 L. Beatrice, Pop. L’invenzione dell’artista come star, cit., p. 10. 4 maniche lunghe, se fa caldo una t-shirt qualsiasi, di preferenza scura. I jeans sono quelli da lavoro, senza orlo, risvoltati affinché il fondo non intralci i movimenti, macchiati e lisi. Le scarpe sono in genere un vecchio paio di anfibi tipo Doc Martens. Non che quando fosse costretto a presenziare all’inaugurazione di qualche mostra il suo look cambiasse di molto: un maglione a zip e mocassini neri con fibbia altrettanto vissuti” 8. Altri dettagli non insignificanti, la sigaretta perennemente accesa, la barba di qualche giorno, l’aria scazzata o forse semplicemente stanca. Nessuno dei suoi colleghi degli anni Cinquanta incarna meglio di lui quel personaggio unico, mix tra maudit e romanticismo, che lo rende immortale come artista, scomparso a soli 44 anni, l’11 agosto 1956, e soprattutto l’archetipo di una gioventù nuova, ribelle, allontanatasi presto dai temi postbellici dei propri genitori, insopportabile ai più e dannatamente modaiola. E il primo pittore hipster della storia americana, e nell’agosto 1949 la rivista “Life” “dedico la doppia pagina centrale a Jackson Pollock, facendo arrivare l’artista e la sua opera su tutti i tavoli e i caffè d’America” 9. Oltre alla grandezza “eroica” di Pollock, c’e un’altra ragione per cui l’Espressionismo Astratto diventa arte americana per eccellenza: perche sinonimo di liberta, proprio l’esatto contrario di ciò che era accaduto nei regimi totalitari europei, che avevano fatto della figurazione la loro migliore arma propagandistica, che si tratti della pittura muraria del ventennio fascista, del volgare immaginario bucolico in URSS durante lo stalinismo che “uccise” il talento essenziale di Malevicˇ suprematista, o delle effigi architettoniche magniloquenti della Germania nazista. Nonostante il fondamentalismo culturale del presidente Truman e di McCarthy, che amavano il classicismo e disprezzavano l’arte astratta collegandola a “stimoli degeneri o sovversivi” dell’avanguardia, in America la sperimentazione diventa presto il comune denominatore di diverse esperienze, non solo nelle arti visive, in direzione di un’azione libera e svincolata dalla politica. Anzi, all’inizio degli anni Cinquanta il MoMA da vita a un massiccio programma di esportazione dell’Espressionismo Astratto che i più maliziosi hanno voluto leggere come una forma di propaganda culturale, a cominciare da Parigi (quasi a pagare il biglietto di ritorno della nave per l’America che imbarco Marcel Duchamp nel 1915), dove nel 1952 vennero esposti diversi capolavori astratti che, secondo il curatore James Johnson Sweeney, “non avrebbero potuto essere ne realizzati ne esibiti in regimi totalitari come la Germania nazista e l’attuale Unione Sovietica con i suoi paesi satelliti” 10. Rincara la dose Alfred Barr, primo direttore del MoMA, spiegando che “il non conformismo dell’artista moderno e l’amore per la liberta non possono essere tollerati in una tirannia monolitica e l’arte moderna e uno strumento inutile per la propaganda del dittatore” 11. Il compito di un museo, secondo l’ex direttore del programma internazionale del museo August Heckscher, “e connesso alla battaglia principale della liberta contro la tirannia. Sappiamo che dove prevale la tirannia, che si tratti di fascismo o di comunismo, l’arte moderna viene distrutta ed esiliata” 12. Mentre l’arte americana sceglie rapidamente di mettere da parte la politica, anche in paesi liberati dalla dittatura, come l’Italia postbellica, resta acceso il dibattito, con toni decisamente aspri, tra i difensori della pittura realista e impegnata, che discende da una lettura certo troppo contenutistica del Picasso di Guernica, e le nuove generazioni che spingono l’acceleratore verso la pittura come linguaggio, avulsa da ogni genere di rappresentazione. Simbolo di tale diatriba e l’episodio del novembre 1948 che vede coinvolto in prima persona il segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti, sotto lo pseudonimo di Roderigo di Castiglia, e la sua violenta scomunica sulle colonne di “Rinascita” della pittura astratta, “una raccolta di cose mostruose”, nonostante gli autori fossero tutti giovani iscritti o comunque orbitanti nell’area di sinistra. Tutto 8 Ivi, p. 8. F. Stonor Saunders, La guerra fredda culturale, cit., p. 239. 10 Ivi, p. 241. 11 Ibidem. 12 Ivi, p. 244. 9 questo perche la linea ufficiale del PCI premia quel realismo caro a Guttuso, la cui politica culturale e ancora strettamente legata alle idee del ministro sovietico Ždanov. Per contro, in America, nonostante il legame con la storia politica negli anni della guerra fredda, gli artisti reclamano la loro totale indipendenza e “l’Espressionismo Astratto, come il jazz, era un fenomeno creativo e la sua esistenza, e perfino il suo successo, ebbero luogo a prescindere dall’uso politico che se ne fece” 13. Sono vestiti da banchieri i quindici artisti (tre dei firmatari della lettera sono assenti), una sola, si e detto, e donna, fotografati da Nina Leen nel maggio 1950 per protestare contro la decisione del Metropolitan Museum di non includere gli espressionisti astratti in una mostra sulla pittura americana contemporanea. Questo singolare modo di contestare la decisione fu organizzato da uno dei più famosi di loro, Barnett Newman, che campeggia al centro nella parte bassa dell’inquadratura accanto a Mark Rothko. L’autrice, nota firma di “Life”, specialista nei ritratti e nelle foto di moda, passa dunque alla storia dell’arte per questo scatto noto come quello degli Irascibili, una delle immagini di gruppo più celebri degli anni Cinquanta, anche se non tutti i protagonisti appartengono all’ultima generazione di artisti, e a causa proprio degli abiti particolarmente formali appaiono più vecchi di quanto l’anagrafe dichiari. Pollock, ad esempio, dimostra più dei suoi 38 anni; i visi più giovanili sono senz’altro quelli di Robert Motherwell e Theodoros Stamos, che ha il curioso particolare dei pantaloni risvoltati come si portano oggi. Diverse sono le teste bianche, gli accenni di calvizie, e alcuni, Rothko in particolare, hanno l’aria cattedratica e professorale che mal si addice a una protesta cosi clamorosa; la stessa Hedda Sterne, quarantenne, e molto severa, avvolta in un ampio cappotto nero. Una foto, si diceva, che ha fatto storia e che permette di vedere insieme protagonisti assoluti, ottimi comprimari, fino a scendere a qualche personaggio dalla carriera meno importante. Nell’album fotografico della storia dell’arte, quello degli Irascibili e tra gli scatti più famosi, almeno quanto i Futuristi in abito da gran sera, i Dada immortalati da Alfred Stieglitz, i Surrealisti vestiti alla moda, fino ai cinque della Transavanguardia in smoking all’inizio degli anni Ottanta. Gli Irascibili, nonostante l’aspetto tutto sommato bonario, sono “tecnicamente” arrabbiati per il fatto accaduto, ma in generale questa condizione di protesta, sintetizzata peraltro nella lettera inviata il 20 maggio 1950 al presidente del Met e che contiene le loro rimostranze, li mette in una condizione piuttosto tipica ai tempi dell’avanguardia: fare fronte comune, lavorare insieme, condividere successi ed eventuali difficoltà in maniera compatta. Dal Greenwich Village, quartiere di New York dove sta nascendo una nuova moda che cambierà rapidamente il volto del nuovo decennio, segnando il definitivo spartiacque dai temi del dopoguerra, si alza una voce forte a proposito del non sempre facile rapporto tra artisti e istituzioni, in un Paese come l’America che pure i cambiamenti li registra con una certa velocità. Quest’immagine non poteva passare inosservata allo sguardo attento di uno dei più famosi fotografi statunitensi contemporanei, Timothy Greenfi eld-Sanders, autore di centinaia di ritratti nel mondo dell’arte, dello spettacolo, della finanza e della politica. Egli ha “coverizzato” per ben due volte il celebre scatto di Nina Leen, nel 1985 con The New Irascibles e, di recente, nel 2009, con The Next Irascibles. Il primo remake, pubblicato su “Arts Magazine”, e incentrato sulla scena davvero ribelle dell’East Village, e include il meglio di una generazione di autentici irregolari, alcuni dei quali destinati a una fine precoce come David Wojnarowicz o i galleristi Colin De Land e Pat Hearn, altri a gestire un certo successo come Kiki Smith, Mark Kostabi, il writer Futura 2000, i critici Robert Pincus-Witten e Carlo McCormick. A differenza dei loro illustri predecessori i Nuovi Irascibili non hanno alcuna regola ne stile che li accomuni, anzi sono espressione di una cultura di strada molto alla moda che sembra riprendere alla lettera una citazione dello scrittore Hunter Thompson, “When the going gets weird, the weird turn pro”, più o meno “quando le cose si fanno 13 Ivi, p. 249. strambe, gli strambi diventano professionisti”. Lo scatto più recente, The Next Irascibles, si riferisce invece alla pubblicazione per “Paper Mag” dell’aprile 2009 e mette insieme undici artisti (quattro sono donne) che rappresentano l’ultima new wave newyorkese, molto cool e hipster come va di moda nel nuovo millennio: nomi quali Jules de Balincourt, Pati Hertling, Tim Barber e Julia Chiang, conosciuti soprattutto dagli addetti ai lavori, probabili scommesse per il futuro ma non cosi certi di entrare nella storia, a conferma che più ci avviciniamo al presente più l’arte si avvicina al mondo “stagionale” del fashion. Rispetto alle due foto di riferimento, questi ragazzi posano come smaliziati fotomodelli, non abitano più l’East Village ma i nuovi quartieri un tempo periferia di New York, oggi veri e propri centri di aggregazione culturale, da Jersey City appunto in New Jersey al Lower East Side fino a Bushwick, a nord di Brooklyn. Se torniamo al 1950, non e soltanto la foto degli Irascibili, e di conseguenza l’affermazione dell’Espressionismo Astratto, a segnare il calendario del nuovo e la fretta di uscire da un decennio dove la gioventù combatteva al fronte per gli ideali di liberta e democrazia. In pochi anni in America accadono talmente tante cose, non solo a New York ma anche sulla West Coast californiana, in maniera cosi rapida e straordinaria da dover posizionare proprio allora la nascita della cultura contemporanea, in coincidenza con l’esplosione del talento di Jackson Pollock. Poco prima della mostra della New York School, alla Frank Perls Gallery nel 1951, un giovane di Pittsburgh, Andrew Warhola, figlio di immigrati dell’Est europeo, si era trasferito a Manhattan in cerca di fortuna, girovagando per negozi di moda e case editrici. A proposito di libri, sempre nel 1951, esce la prima edizione di The Catcher in the Rye (Il giovane Holden), romanzo culto di J.D. Salinger, la cui figura del protagonista apre un’epoca dominata dall’ansia, dall’insoddisfazione e dal senso d’incompiutezza. Nel 1952, siamo al San Remo Bar del Village, si diffonde il termine hipster, che fonti accreditate vogliono coniato già negli anni Quaranta, come uno stile di vita praticato nel mondo della letteratura, della musica, delle tribù giovanili che si appassionano alle forme più innovative di jazz: un tocco di esistenzialismo, molta moda, qualche allucinogeno più hype dell’alcool, interesse verso la cultura nera come conferma il testo pubblicato da Norman Mailer nel 1957 The White Negro (Il negro bianco), poi ripreso nel 1967, in cui definisce tra le tipologie dell’eroe nordamericano, quella che si incarna nell’hipster, il ribelle, irradiante energie psichiche non represse. Tutti temi raccontati da una meravigliosa mostra, Beat Culture and The New America 1950-1965, ordinata dal Whitney Museum di New York nel 1996 14. Nel 1953 esce Junkie (La scimmia sulla schiena) di William Burroughs e siamo già nei pressi della Beat Generation, il cui gruppo storico formatosi a New York e destinato in breve a disperdersi: Allen Ginsberg va in Messico, lo stesso Burroughs a Tangeri, Jack Kerouac si rifugia nel North Carolina e il suo amico Neal Cassady a San Jose. Per leggere i monumenti di questa generazione tocca aspettare il 1956 con Howl (Urlo) di Ginsberg e il 1957 per On The Road (Sulla strada) di Kerouac. Il 1954 e l’anno di Marlon Brando e di The Wild One (Il selvaggio) al cinema, diretto da Laszlo Benedek, di li a poco seguito da Rebel Without a Cause (Gioventù bruciata) con James Dean per la regia di Nicholas Ray: e il trionfo dell’antieroe americano, che Frances Stonor Saunders collega direttamente a Pollock, “aveva il coraggio di Marlon Brando, l’inquieto spirito di James Dean” 15. E ancora, nasce il Newport Jazz Festival, escono i primi numeri di “The Black Mountain Review”, guru indiscusso John Cage, e di “The Village Voice”, mentre Robert Rauschenberg, tredici anni più giovane di Pollock, mette mano ai primi Combine Painting, anticamera della Pop Art e prima crepa nell’estetica dell’Espressionismo Astratto. 14 Beat Culture and The New America 1950-1965, catalogo della mostra, Whitney Museum of American Art, New York 1996. 15 F. Stonor Saunders, La guerra fredda culturale, cit., p. 228. Nel 1955 James Dean si schianta con la sua Porsche. Muore anche Charlie “Bird” Parker proprio mentre Bill Haley, con Rock Around The Clock, diffonde in tutti i jukebox americani un nuovo tipo di musica, il rock and roll, antipasto alla pubblicazione del primo LP di Elvis Presley, e il 1956, che cambierà per sempre la storia del suono contemporaneo. Ormai la parola d’ordine e Pop, e infatti il critico Lawrence Alloway comincerà a utilizzarla a proposito dell’arte. Sta entrando definitivamente in crisi un mondo, e per vederne gli effetti non basta star dietro alle composizioni piatte e smaltate di quell’Andy Warhol e alla sua teoria che la pittura e destinata a farsi da sola, senza più enfasi gestuali o espressioniste e nemmeno troppo talento. Bisogna fare un salto al di qua dell’oceano e tornare nella vecchia Europa, precisamente in Germania, a Leverkusen, dove nel 1960 Udo Kultermann cura la mostra Monochrome Malerei (Pittura monocroma) che di fatto chiude l’âge d’or dell’Espressionismo Astratto e apre in direzione del Minimal, o di una pittura oggetto neutra e ripetuta, contraltare aniconico e concettuale della flatness Pop. Una soluzione già intuita dai più estremi innovatori degli Irascibili del 1950: Rothko, Reinhardt e Newman. Come a dire, che la fine era nota. L’ESPRESSIONISMO ASTRATTO E LA COLLEZIONE DEL WHITNEY MUSEUM Jane Panetta La mostra Pollock e gli Irascibili raduna quasi cinquanta opere dalla fine degli anni Trenta alla metà degli anni Sessanta, provenienti dall’importante raccolta del Whitney, che comprende un’ampia gamma di artisti. Nella selezione esposta sono presenti alcuni tra i capolavori più rilevanti della collezione, come Mahoning di Franz Kline (1956) e Door to the River di Willem de Kooning (1960), accanto a opere di artisti presumibilmente meno noti, ma rappresentative della loro maturità e, più in generale, della loro epoca. Questa distinzione e questo dualismo sono significativi per quanto riguarda la prassi collezionistica del Whitney, che è stato un precoce e importante sostenitore dell’Espressionismo Astratto, cercando coerentemente di fornire un quadro più diversificato e complesso di ciò che stava accadendo a New York all’epoca. Benché artisti quali Jackson Pollock, Willem de Kooning e Barnett Newman siano stati indubbiamente determinanti nel promuovere l’astrattismo a New York in quel periodo, di pari importanza furono pittori come William Baziotes e Bradley Walker Tomlin, di cui il Whitney possiede opere notevoli, che permettono una narrazione completa, complessa e più diversificata, rappresentativa dell’epoca stessa. Il Whitney fu fondato nel 1930 allo scopo di creare un museo dichiaratamente dedicato alla produzione degli artisti americani viventi. Nel comunicato stampa originario si legge: “In genere i musei aspettano che un pittore o uno scultore ottenga un certo riconoscimento ufficiale prima di accoglierne le opere nelle proprie sacre sale. Al Whitney verrà adottata esattamente la prassi opposta”1. Conformemente a questo spirito, il Museo ha coerentemente assunto una posizione più globale nei confronti dell’Espressionismo Astratto, al di là di un’unica e ristretta interpretazione di chi – e di che cosa – questo periodo rappresenti. La presente mostra rispecchia pienamente tale spirito istituzionale. A partire dalla fine degli anni Trenta, e in particolare durante gli anni Quaranta, sulla scena artistica di New York cominciarono a emergere artisti con un linguaggio astratto e un’estetica unici. In parte per reazione all’angoscia esistenziale del dopoguerra (molti di questi artisti erano infatti emigrati negli Stati Uniti negli anni Venti), ma anche in opposizione alla canonizzazione dell’arte moderna operata da istituzioni quali il Museum of Modern Art, che aveva adottato un modello più eurocentrico, questi artisti cercavano di procedere in un modo nuovo e di creare un vocabolario artistico ampiamente orientato verso l’astrattismo e caratterizzato da un uso espressivo delle linee, del colore e del gesto. Il gruppo, che prese forma verso la fine degli anni Quaranta, venne chiamato “Espressionismo Astratto”, secondo una celebre definizione apparsa per la prima volta nel 1946 in un articolo del “New Yorker” a firma del critico Robert Coates, ma entrata nell’uso comune solo dopo il 1950. In ogni caso, qualunque forma di autoidentificazione da parte di questo gruppo è stata forse troppo enfatizzata e ulteriormente complicata dalla quantità di titoli descrittivi spesso evocati a tale proposito, tra cui “Scuola di New York”, “Action Painting” e “pittura di tipo americano”. Tentare di riunire questi artisti sotto un’unica etichetta sembra quasi inutile; è difficile, per esempio, capire come si possa sostanzialmente raggruppare la serie Women di de Kooning e gli zip paintings (“quadri con cerniera”) di Newman sotto un unico titolo. Queste diverse etichette restano comunque significative perché ricordano come tali artisti sono stati considerati dal punto di vista storico: come “Scuola di New York”, ovvero artisti che hanno condiviso l’esperienza di 1 F. Miller Biddle, The Whitney Women and the Museum they Made, Arcade Publishing, New York 1999, p. 69. vivere ed esporre insieme a New York; come “Action Painters”, sottolineando l’astrattismo gestuale ampiamente prediletto da questi artisti; e come “pittori di tipo americano”, dando rilievo all’idea di un decentramento del mondo dell’arte rispetto all’Europa, unitamente al valore culturale e politico che essi rappresentavano per gli Stati Uniti, soprattutto all’estero, in quanto creavano opere genuinamente “americane”. La grande quantità di letteratura che è stata prodotta sull’Espressionismo Astratto dagli anni Cinquanta ha cercato anch’essa di definire e delimitare il movimento (in parte per mezzo delle “etichette” sopra accennate), e di enunciarne l’importanza specifica rispetto alla storia della pittura americana del dopoguerra. Nel suo fondamentale volume sull’argomento, The Triumph of American Painting (pubblicato per la prima volta nel 1970, più di quarant’anni fa), Irving Sandler delineò accuratamente quelli che secondo lui erano stati gli anni decisivi per l’Espressionismo Astratto (1942‐1952), indicando il gruppo principalmente come “espressionisti astratti” e concentrando la sua analisi su circa quindici artisti – tutti inclusi in questa mostra (che ne presenta ventisei in totale). Ciò che tuttavia appare particolarmente rilevante nella selezione di opere dalla collezione del Whitney – e più in generale dai suoi depositi – è la traiettoria più ampia qui presentata. La ricezione della pittura espressionista astratta alla fine degli anni Quaranta fu indubbiamente complicata; spesso, all’epoca, essa era ancora accolta negativamente, nonostante il numero crescente di mostre e acquisizioni da parte di musei e collezioni private. Benché alla fi ne degli anni Quaranta e nei primi anni Cinquanta fossero state allestite numerose mostre di artisti astratti americani, le loro opere godevano generalmente di scarsa stima, in quanto costituivano una cesura radicale rispetto ai lavori figurativi, più apprezzati negli Stati Uniti negli anni precedenti (mentre, per contrasto, l’astrattismo era il dominio d’avanguardia degli artisti europei contemporanei e non solo). In un suo scritto del 1955, Clement Greenberg affrontò il problema di quella che definì “pittura di tipo americano, riferendosi alle opere di Arshile Gorky, Willem de Kooning e Adolph Gottlieb, tra gli altri, e prendendo atto dei modi in cui esse continuavano a dare profondamente fastidio. Il critico spiegò che l’Espressionismo Astratto era “il primo fenomeno dell’arte americana a suscitare una protesta permanente e il primo a essere seriamente disapprovato, spesso all’estero”2. Greenberg proseguiva così, sempre a proposito degli espressionisti astratti: “I loro dipinti sono allarmanti perché, a un occhio profano, sembrano basarsi così tanto sul caso, sull’estro del momento o su effetti azzardati. Sembra che vi operi una spontaneità senza controllo…”3. Prefigurando la persistente resistenza segnalata da Greenberg, nel maggio 1950 un gruppo di artisti attivi a New York scrisse una lettera aperta al presidente del Metropolitan Museum of Art, Roland Redmond, boicottando un’imminente mostra e concorso con giuria. La lettera era firmata da ventotto artisti, tra cui Willem de Kooning, Adolph Gottlieb, Ad Reinhardt, Hedda Sterne, Richard Pousette‐Dart, William Baziotes, Jimmy Ernst, Jackson Pollock, James Brooks, Clyfford Still, Robert Motherwell, Bradley Walker Tomlin, Theodoros Stamos, Barnett Newman, Mark Rothko e altri, e fu pubblicata sulla prima pagina del “New York Times” il 22 maggio 1950. Costoro accusavano specificamente il Metropolitan di una presunta mancanza di sostegno e di interesse per l’“arte d’avanguardia”, riferendosi alle opere in grande maggioranza puramente astratte che essi producevano all’epoca. A seguito di ciò, la rivista “Life” fotografò parecchi di quegli artisti 2 J. O’Brien (a cura di), Clement Greenberg: The Collected Essays and Criticism, Vol. 3, The University of Chicago Press, Chicago – London 1993, p. 218. 3 Ibidem. chiave, intitolando la foto, diventata poi famosa, Gli Irascibili4. Quell’immagine, realizzata nel 1950 dalla fotografa Nina Leen e poi pubblicata da “Life”, era accompagnata dal seguente testo esplicativo: “I solenni personaggi qui sopra ritratti, insieme con altri tre, formano il gruppo degli artisti “irascibili” che hanno sollevato un gran polverone a proposito del concorso del Metropolitan. Tutti rappresentanti dell’avanguardia, dipingono in stili che variano dagli sgocciolamenti di Pollock ai ciclopici fantasmi di Baziotes, e tutti diffidano del museo da quando il suo direttore li ha paragonati a ‘pellicani dal petto piatto che si pavoneggiano nel mezzo di incolte terre intellettuali’ […] La loro ribellione e il conseguente boicottaggio della mostra sono in linea con una tradizione di vecchia data degli artisti d’avanguardia […] Gli effetti della rivolta degli “irascibili” si devono ancora vedere, ma sembra comunque che essa abbia indotto i giurati del Metropolitan a trasformare più di metà mostra in una fi era di arte moderna aperta a tutti”5. Col tempo, la foto ha finito per rappresentare, forse a torto, il movimento e i suoi attori – un’entità che non è possibile descrivere concisamente. Ma la questione di un’accurata rappresentazione evidenzia una dicotomia tipica di questo periodo; l’Espressionismo Astratto venne subito percepito come un fenomeno coeso, benché formato simultaneamente da una gamma differenziata di artisti, da de Kooning a Newman, e dalle differenti manifestazioni di astrattismo prodotte da questo gruppo così ampio. La valutazione, da parte di Greenberg, del panorama all’interno del mondo dell’arte (e per il pubblico), anche in una data avanzata come il 1955, richiama l’attenzione sull’ambiziosa politica di acquisizione ed esposizione del Whitney, vista la quantità di fondamentali opere espressioniste astratte entrate a far parte della collezione tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta. In particolare, l’acquisto di The Betrothal II di Gorky (1947) nel 1950 e di Hudson River Landscape di David Smith (1951) nel 1954 – quindi solo tre anni dopo la loro creazione – indica un atteggiamento tenace, seppure in un momento ancora controverso. Il Whitney venne fondato nel 1930, e più tardi prese in considerazione un progetto di fusione con il Metropolitan, che fu poi abbandonato nel 1948, dopo anni di discussioni; tale progetto avrebbe portato all’assorbimento della collezione del Whitney in un’apposita “ala Whitney” nell’edificio del Metropolitan. Questa possibile soluzione, che fu annunciata pubblicamente nel 1943, suscitò la veemente opposizione di un gruppo di 172 artisti, i quali firmarono una lettera di protesta, proclamando la loro fiducia nel Whitney in quanto unico luogo a coinvolgere e sostenere artisti viventi. La lettera affermava: “Se l’arte contemporanea ha ricevuto un trattamento più liberale dalla maggior parte degli altri musei americani, il credito spetta soprattutto al Whitney. Sin dalla sua apertura, il Whitney ha stabilito in questo paese un modello rispetto a ciò che un museo può fare per l’arte del suo tempo”6. Il Whitney rinunciò definitivamente al progetto nel 1948, spiegando che “la fusione avrebbe finito per distruggere lo scopo originario principale per il quale la signora Whitney aveva fondato il museo”7. Il museo cominciò invece a muoversi secondo una visione più ambiziosa, in linea con la maturità nel frattempo acquisita dall’istituzione, aprendo ben presto un nuovo spazio al 22 di West 54th Street. In quel momento cruciale di ripensamento della propria funzione, il museo definì così la propria missione: “Presentare mostre di artisti viventi la cui opera è stata trascurata dalle accademie tradizionali”8. 4 La foto pubblicata sulla rivista “Life infatti ritraeva solo quindici artisti: Theodoros Stamos, Jimmy Ernst, Barnett Newman, James Brooks, Mark Rothko, Richard Pousette‐Dart, William Baziotes, Jackson Pollock, Clyfford Still, Robert Motherwell, Bradley Walker Tomlin, Willem de Kooning, Adolph Gottlieb, Ad Reinhardt e Hedda Sterne. 5 Irascible Group of Advanced Artists Led Fight Against Show, in “Life”, 15 gennaio 1951. 6 F. Miller Biddle, The Whitney Women… cit., p. 75. 7 Ivi, p. 76. 8 Vedi http://whitney.org/About/History L’importanza delle prime mostre del Whitney indica un significativo interesse per l’astrattismo, conformemente alla missione precipua dell’istituzione, che era appunto quella di impegnarsi soprattutto a favore degli artisti viventi. Nel 1935 il museo allestì una mostra intitolata Pittura astratta in America che, sebbene incentrata su artisti americani già affermati della generazione precedente, tra cui Charles Demuth, Arthur Dove e Georgia O’Keeffe (l’introduzione al catalogo era stata scritta da Stuart Davis, i cui lavori erano pure esposti), presentava anche opere di Gorky e un certo numero di dipinti astratti di altri autori, eseguiti quello stesso anno. In sostanza, l’impegno a presentare opere astratte al pubblico rimase un fulcro importante del programma del Whitney per tutti gli anni Quaranta e oltre. L’evento del 1935 fu seguito nel 1945 da una mostra, nella quale esordirono al Whitney artisti del calibro di William Baziotes, HansHofmann, Mark Rothko and Mark Tobey. Dei 165 artisti che esposero in quell’occasione, più di 50 fecero il loro debutto al Whitney proprio quell’anno9. In questo stesso spirito, la collezione del Whitney comprende una quantità di opere fondamentali che costituiscono il nucleo vero e proprio dell’Espressionismo Astratto inteso nel senso più ampio, opere che rendono la collezione uno scrigno di primaria importanza degli interessi estetici del movimento. Una caratteristica degna di nota della collezione, peraltro, sono i suoi ampi depositi di opere di artisti per così dire minori, che comprendono lavori di Gottlieb e Bradley Walker Tomlin. Per esempio, The Beach di Gottlieb (1955) è un’astrazione lirica che si cimenta ancora con il luogo e con il paesaggio; l’opera è, in parte, ispirata a una gita in Florida durante la quale l’autore soffrì di una calura opprimente, ma al tempo stesso è anche un’interpretazione astratta del genere del paesaggio, secondo un’importante evoluzione sperimentata anche da altri espressionisti astratti. Analogamente, Number 2 – 1950 di Tomlin (1950) fornisce una versione unica di un interesse condiviso, in questo caso l’uso della linea gestuale. Benché in modo più controllato rispetto agli sgocciolamenti di Pollock, Tomlin arriva al “suo” uso della linea pittorica attraverso la conoscenza della calligrafi a orientale – un’influenza che permeava, più in generale, tutta la scena artistica. In entrambi i casi, questi esempi meno noti (che sono, tuttavia, dipinti importanti nell’opera dei rispettivi autori) completano certi salti critici nella narrazione storica, permettendo una visione più globale. Un esempio chiave in questo senso è The Betrothal II di Arshile Gorky (1947). Uno tra i primi pittori espressionisti astratti, spesso definito come una figura transizionale nella storia dell’arte del Ventesimo secolo, Gorky rimase dichiaratamente legato ai suoi predecessori surrealisti europei. Le sue astrazioni biomorfi che, che ebbero una grande influenza sul giovane de Kooning, cominciavano già ad anticipare le pennellate gestuali che più avanti sarebbero state così importanti per artisti come Pollock e Kline. Anche se le composizioni di Gorky non arrivarono mai allo stile puramente gestuale e astratto per cui è soprattutto nota la Scuola di New York, la sua opera contribuì, all’epoca, a far evolvere la pittura da un modello radicato nel Surrealismo europeo a una nuova estetica americana. Questo suo lavoro tardo, in particolare, aiuta ad articolare meglio la complessa storia e le complicate origini del movimento. Andando oltre lo stile più surrealista e biomorfico di Gorky, il monumentale Mahoning di Franz Kline, eseguito nel 1956, fu acquistato dal Whitney l’anno seguente e riassume l’opera profondamente astratta dell’artista (la maggior parte della produzione della maturità di Kline è formata da analoghe astrazioni in bianco e nero). Quest’opera di grandi dimensioni è uno degli esempi principali delle astrazioni monocromatiche di Kline, realizzate dall’artista tra il 1949 e il 1961. La composizione di Kline è impregnata dell’autentica essenza del movimento, grazie all’estremo appiattimento della superficie del quadro e all’insistenza dell’artista sul fatto che l’opera non riguarda nulla; come Kline disse a proposito della sua opera in generale, “l’ignota 9 American Visionaries: Selections from the Whitney Museum of American Art, Harry N. Abrams, New York 2001, p. 11. ragione per cui la forma dovrebbe esserci e avere proprio quell’aspetto e non avere nessun significato particolare”10. Questa idea era corroborata dall’uso del titolo Mahoning, un riferimento oggettivo a due diverse città della Pennsylvania (il suo Stato natale), senza alcun significato concettuale per l’opera in sé (per Kline, questo non era assolutamente un paesaggio – dichiarazione categorica condivisa da molti suoi colleghi). L’uso frequente, da parte di Kline, di una tavolozza esclusivamente bianca e nera, impiegata anche da Pollock e de Kooning per alcuni periodi, nonché di pittura a smalto ad asciugatura rapida, aumentava la spontaneità del lavoro, anche a motivo della sua capacità di incorporarvi una pennellata altamente gestuale. Anche il dipinto astratto di de Kooning Door to the River (1960) esemplifica certi aspetti chiave comuni agli espressionisti astratti, benché con origini diverse rispetto all’esempio di Kline. Sotto molti aspetti e nel corso di tutta la sua lunga carriera, de Kooning ebbe una posizione altalenante rispetto al movimento, a motivo del suo prolungato interesse per la figurazione anche quando i suoi colleghi si muovevano in direzione puramente astratta. Tuttavia, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, quando iniziò a dividersi tra New York e l’estremità orientale di Long Island, de Kooning dipinse una serie di composizioni più schiettamente astratte e gestuali, spesso defi nite paesaggi. Opere come Door to the River, ma anche Ruth’s Zowie (1957) e A Tree in Naples (1960), pur mantenendosi fortemente astratte, riescono a essere suggestivamente allusive al mondo circostante – caratteristica non condivisa, per esempio, dal suo collega Franz Kline. A proposito di questa serie di dipinti, lo stesso de Kooning ebbe a dire: “[Quando] ho iniziato a fare questi paesaggi, avevo l’idea di un certo tipo di luce naturale”11. Realizzato con pennelli da imbianchino, come si vede dalle pennellate ampie e grezze, Door to the River è semplicemente evocativo, invece che esplicitamente descrittivo, nonostante il titolo specifico. Nell’ambito della vasta produzione di de Kooning, questo gruppo di dipinti astratti della fine degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta resta un unicum: queste opere, che si possono considerare tra le sue più astratte, sono particolarmente conformi allo spirito dell’Espressionismo Astratto. Door to the River è un brano fondamentale del discorso del Whitney: sottolinea la complessità, spesso contraddittoria, del percorso di de Kooning ed è, al tempo stesso, tipico di questo specifico momento storico. In aggiunta alla sua vasta collezione di dipinti e opere su carta, il Whitney comprende anche importanti esempi di scultura, contemporanei all’Espressionismo Astratto. Benché il periodo in generale sia soprattutto associato alla pittura – donde la definizione di “Action Painting” –, la scultura di David Smith condivide molte delle istanze principali del movimento, pur indirizzandosi anche in nuove direzioni. Il suo Hudson River Landscape (1951), probabilmente uno dei lavori più importanti della maturità dell’artista, non era, in effetti, un’astrazione pura. Ispirato a numerosi viaggi in treno effettuati da Smith tra New York City e il suo studio a Bolton Landing, NY, ovvero su quella che lo stesso Smith definì “una sintesi di dieci viaggi su una tratta di 75 miglia”12, l’opera contiene molti dettagli visivi che rappresentano questa veduta del fiume Hudson, benché sia stata inizialmente interpretata come astratta. Nello specifico, Smith propugnò sempre la “sinonimia di oggetti reali e astrazioni”, un ideale evidente nel caso di questa particolare scultura, nella quale tale “sinonimia” sembra funzionare assai bene. Smith coniò anche la celebre asserzione “Tutto ciò che la mente concepisce è reale”, che si direbbe, apparentemente, in contrasto con l’idea di astrazione13. 10 Franz Kline: Black & White 1950‐1961, Fine Art Press and the Menil Collection, Houston 1994, p. 13. J. Elderfi eld, de Kooning: A Retrospective, The Museum of Modern Art, New York 2011, p. 331. 12 D. Smith, Thoughts on Sculpture, in “College Art Journal”, 13, n. 2 (inverno 1954), p. 99. 13 D. Smith, The Language is Image, in “Arts and Architecture”, LXIX (ottobre 1951), p. 34. 11 La versione dell’astrazione di Smith in quel momento specifico rimane unica nell’ambito dello scenario più ampio dell’Espressionismo Astratto. Hudson River Landscape è un ottimo esempio del progetto dello scultore e della sua particolare interpretazione dell’astrazione. Il più influente, probabilmente, e sicuramente il più famoso dei pittori espressionisti astratti fu Jackson Pollock. Pollock è sicuramente più noto per le sue composizioni “sgocciolate”, che iniziò a dipingere nel 1947 (opere come Number 27, 1950, al Whitney), ma arrivò a eseguire composizioni puramente astratte nella maturità, dopo un rilevante percorso di genere più figurativo, che incorporava un immaginario mitico, inventando segni e simboli. La raccolta del Whitney comprende numerosi importanti dipinti e disegni dell’artista e permette di valutarne attentamente la traiettoria e l’evoluzione, nel corso della quale Pollock sperimentò linguaggi di sua invenzione, reagendo sia al giogo del Surrealismo sia all’eredità di personaggi immensi come Pablo Picasso. Questo suo primo percorso incorpora la battaglia schiettamente americana ingaggiata dagli espressionisti astratti in generale, nel cercare di imporsi al di là del Surrealismo e del Cubismo e di indurre l’astrattismo a occupare un posto nuovo, ancora da concepire. Pollock, dopo gli esordi in un ambito realistico che molto doveva al suo primo maestro, Thomas Hart Benton, superò tali influssi preesistenti creando la sua opera spartiacque (e il suo unico linguaggio astratto); come disse de Kooning, tali opere fecero da battistrada per gli artisti che vennero dopo di lui, permettendo la realizzazione di opere “più dirette, estemporanee, astratte e di dimensioni maggiori”14. Significativo, in tal senso, è appunto il succitato Number 27, 1950: con i suoi quasi 125 x 270 centimetri è una delle opere più grandi esposte in mostra, nonché uno dei primi esempi di composizione puramente astratta perfettamente compiuta e al contempo pervasa da un senso di spontanea improvvisazione. Come è stato ampiamente sottolineato, il Whitney è sempre stato molto attento, storicamente, a non limitare le proprie acquisizioni a ciò che andava di moda o era universalmente accetto al pubblico e al mondo dell’arte. Se si passa in rassegna la collezione odierna, si noterà che gli artisti rappresentati sono più numerosi di quelli citati da Sandler nel suo fondamentale testo del 1970. La raccolta del Whitney, e questa mostra in particolare, restituiscono un’immagine esauriente e sfaccettata del periodo, che si estende al di là dei nomi canonici e generalmente accettati fino a comprendere dipinti di artisti quali Helen Frankenthaler, Hedda Sterne, David Smith e Mark Tobey – non indicati da Sandler come protagonisti chiave del movimento, ma tuttavia importanti nell’ambito di questo momento critico. Mentre la seminale narrazione di Sandler era, per definizione, più aperta e dedicava ampia attenzione a personaggi come William Baziotes, James Brooks e Bradley Walker Tomlin, il Whitney amplia ulteriormente tale narrazione, grazie alla natura stessa della propria collezione, e alla storia intricata ma potente che essa inevitabilmente fornisce. L’Espressionismo Astratto è qui presentato non come un fenomeno chiaro e semplificato, ma come un periodo di oltre vent’anni di storia dell’arte americana con molteplici tensioni spesso in dialogo tra loro, e che comprende una gamma sorprendentemente ampia di artisti e opere. 14 I. Sandler, The Triumph of American Painting: A History of Abstract Expressionism, Harper & Row Publishers, New York 1970, p. 102. BIOGRAFIE ARTISTI WILLIAM BAZIOTES 1912‐1963 Di origini greche – i suoi genitori erano emigrati dall’Europa –, nato e cresciuto in Pennsylvania, Baziotes completa gli studi artistici presso la National Academy of Design di New York nel 1936. Come altri componenti dell’Action Painting, muove i primi passi nell’agenzia Works Progress Administration (WPA); i suoi dipinti iniziali risentono della lezione accademica, con una predilezione per la natura morta e i temi sociali interpretati in chiave realistica. Successivamente le sue attenzioni si rivolgono al Cubismo di Picasso e di Miró, per avvicinarsi negli anni Quaranta alle nuove tendenze pittoriche degli astratti americani. Per quanto sia un membro del movimento, Baziotes svela nei suoi lavori una passione per il linguaggio simbolico e poetico, in particolare quello interpretato dai surrealisti europei. L’interesse per la poesia di Baudelaire, che coltiva insieme alla moglie Ethel Copstein, e per le atmosfere oniriche e misteriose scaturite dal subconscio diventano le fonti d’ispirazione dei suoi lavori maturi. Esseri biomorfici, dai contorni sfumati e irregolari, si stagliano su fondi impalpabili e leggeri. Nel 1947 riceve il primo premio per l’arte astratta e surrealista dall’Art Institute of Chicago e l’anno successivo fonda la Subjects of The Artist School con Rothko, Motherwell e David Hare. A causa di una grave malattia, la carriera di Baziotes si conclude molto presto: è il 1963 quando a soli 50 anni scompare nella sua casa di New York. JAMES BROOKS 1906‐1992 L’amicizia stretta con Pollock e la moglie, Lee Krasner, è determinante per la carriera pittorica di Brooks. Nato nel Missouri, studia arte a Dallas, in Texas, e nel 1926 si stabilisce a New York, dove intraprende gli studi all’Art Students League. Qui conosce gli artisti che compongono le fila dell’Espressionismo Astratto, entrando a far parte del programma del Federal Art Project. Se negli anni Trenta le pitture murali, realizzate in diversi edifici della WPA con le quali diventa noto, sono ispirate a tematiche storiche di matrice socialista, le opere successive dichiarano una nuova tendenza, rivelando il legame con lo stile di Pollock. Le tele si animano di figure irregolari, i colori vengono applicati con pennellate ritmiche e fluide, l’intero impianto pittorico ripercorre i dettami dell’Astrattismo. Nel 1936 viene inaugurata una sua grande mostra al Whitney Museum e dal 1945 Brooks risiede nell’appartamento newyorkese dei Pollock, stabiliti ormai in pianta stabile a The Springs, Long Island. Nel suo curriculum figurano docenze presso importanti atenei americani: insegna alla Columbia University nel 1946‐1948, al Pratt Institute di New York dal 1948 al 1955, all’Università della Pennsylvania a Philadelphia tra il 1971 e il 1972. I lavori degli ultimi anni registrano un codice espressivo semplificato, senza tralasciare però il guizzo gestuale che lo ha caratterizzato fin dall’inizio. Nel 1992 James Brooks muore a East Hampton, nello stato di New York. WILLEM DE KOONING 1904‐1997 Olandese – nasce a Rotterdam nel 1904 –, de Kooning si forma all’Accademia di Belle Arti e Scienze Applicate della sua città. Nel 1924 studia all’accademia di Bruxelles e poi alla scuola di disegno di Anversa, dove conosce le opere di Van Gogh, dal quale eredita l’idea dell’arte come mezzo attraverso cui esprimere le paure dell’uomo moderno. Dal 1926 è a New York e stringe una forte amicizia con il pittore Arshile Gorky. Anche lui partecipa alla WPA ed entra a far parte del movimento dell’Action Painting, risultandone inevitabilmente influenzato ma, se da un lato ne abbraccia i principi teorici, dall’altro non abbandona del tutto la figurazione, conservando nella composizione la presenza di elementi realistici. Il gesto pittorico diventa concitato, la pennellata è violenta: appartiene a questo nuovo percorso Woman I, opera esposta per la prima volta presso la Sidney Janis Gallery di New York, e alla quale seguiranno negli anni diversi lavori dedicati alla figura femminile. De Kooning dipinge anche paesaggi astratti e in queste tele lo spazio pittorico tende ad allargarsi contestualmente a stesure di colore sempre più ampie. Dal 1963 si trasferisce a Long Island, nel 1964 gli viene assegnato il Guggenheim International Award e successivamente altri importanti riconoscimenti. Ammalatosi di Alzheimer, muore nel 1997. SAM FRANCIS 1923‐1994 L’interesse di Francis per l’arte nasce in seguito a una lunga degenza in ospedale. Nato in California a San Mateo, laureato in medicina e psicologia a Berkeley, pilota militare, nel 1943 è vittima di un grave incidente aereo che lo costringe a trascorrere i quattro anni successivi a letto. Durante questo periodo di fermo l’unica attività concessagli è la pittura. Guarito, intraprende gli studi artistici conseguendo nel 1949 il Bachelor of Arts e l’anno successivo il Master of Arts. Dal 1950 si trasferisce a Parigi e trascorre dei periodi nel sud della Francia. La sua pittura, già influenzata dallo stile dei Color Field, è caratterizzata da tele bianche su cui, con rigore e ritmo, stende colate di vernice a formare macchie disomogenee di colore. Il viaggio in Giappone alle soglie del decennio successivo, siamo nel 1959, lascia nella produzione di Francis una traccia evidente: la pittura è applicata solo sul bordo, pochi i tocchi di colore acceso uniti a toni dorati, al centro la tela viene lasciata libera, come immacolata. Negli ultimi anni il colore diventa espressione di un gesto pittorico sempre più istintivo, acquistando centralità nello spazio; l’atto creativo è vissuto come un gesto ludico, le tinte vitali come la sua manifestazione. Dopo aver ricevuto diverse onorificenze – tra cui il titolo di Commandeur de l’Ordre des Arts et Lettres in Francia e la medaglia di pittura dalla Skowhegan School di New York –, Sam Francis si spegne a Santa Monica nel 1994. HELEN FRANKENTHALER 1928‐2011 Di famiglia ebraica, Helen Frankenthaler nasce nel 1928 a New York, dove si forma alla Dalton School. A metà degli anni Quaranta studia nel Vermont al Bennington College e nel 1950, tornata nella sua città natale, prosegue gli studi sotto la guida di Hans Hofmann all’Art Students League elaborando un metodo di lavoro del tutto personale. Come Pollock stende la tela ma, a differenza del maestro che aveva inventato il dripping, la più giovane artista cola il colore diluito. Nonostante i pigmenti siano quelli a olio, la sua originale tecnica le consente di raggiungere esiti formali tipici dei lavori ad acquerello. Invitata nel 1964 alla mostra Post‐Painterly Abstraction curata da Clement Greenberg, la Frankenthaler diventa una degli esponenti del movimento degli espressionisti astratti di seconda generazione; negli stessi anni sposa Robert Motherwell, da cui si separa nel 1971. Più avanti il suo stile si concentra sull’uso del colore; una sola cromia, applicata in maniera più o meno omogenea, campeggia su tutta la superficie della tela. Come altri suoi colleghi, viene inclusa nel gruppo dei Color Field. Tra 1980 e 1981 diverse università americane le conferiscono la laurea honoris causa, tra queste Harvard e Yale; diventa poi membro dell’Istituto Nazionale di Arti e Lettere di New York. Gli ultimi anni della sua vita li trascorre nel Connecticut, a Darien, dove scompare nel dicembre 2011. ARSHILE GORKY 1904‐1948 Nato a Khorkom in Armenia, Vosdanig Manoog Adoian adotta il suo pseudonimo in omaggio allo scrittore Maksim Gor’kij (gor’kij in russo significa “amaro”) e nel 1920 emigra negli Stati Uniti. La formazione in terra americana ha inizio prima alla Rhode Island School of Design, poi alla Providence Technical High School e alla New School of Design di Boston, per finire nel 1925 all’Accademia Nazionale del Design di New York. Entra in contatto con Jackson Pollock, Willem de Kooning e Sebastián Matta; proprio da quest’ultimo assorbe le teorie dell’esistenzialismo psicologico. Dal 1942 la sua pittura cambia, appare più diluita, delicata nella composizione, elementi biomorfici occupano la scena. Non ci sono angoli, le linee sono sinuose, emergono sprazzi di automatismo surrealista, ma la strada verso forme astratte e liriche è ormai intrapresa. Incluso nel Federal Art Project, viene assegnato alla sezione murale e nel 1936 la New York Art Commission approva il suo progetto per il palazzo amministrativo del Newark Airport. Diventato esponente dell’Espressionismo Astratto, nel 1946 espone al MoMA e nello stesso anno il suo studio prende fuoco distruggendo molti suoi lavori. L’ultimo periodo della sua vita è segnato da momenti difficili: nel 1948, a seguito di un incidente automobilistico, perde l’uso del braccio con il quale dipingeva, di lì a poco divorzia da Agnes Magruder, sposata nel 1941. Il 21 luglio dello stesso anno Gorky mette fine alla sua esistenza, impiccandosi a Sherman nel Connecticut. ADOLPH GOTTLIEB 1903‐1974 Gottlieb nasce a New York, dove studia pittura all’Art Students League; a diciotto anni, nel 1921, compie un viaggio in Europa, visita Berlino, Monaco e Parigi. Nella capitale francese frequenta l’Académie de la Grande Chaumière e, tornato in America, entra a far parte del programma della WPA; nel 1935 fonda il gruppo The Ten con Mark Rothko. Dopo qualche anno trascorso in Arizona, dove si era trasferito nel 1937 per dipingere il paesaggio asciutto del deserto in tele dall’impianto surreale, rientra a New York e sviluppa un codice stilistico personale, da lui stesso definito pittografia. L’interesse è ora verso figure ispirate alle culture primitive, in particolare alle popolazioni dell’America settentrionale e del Medio Oriente, fi no a rivolgersi nella maturità all’arte giapponese. Le sue tele si animano così di forme astratte sospese su paesaggi immaginari; il colore assume un ruolo fondamentale e Gottlieb negli anni Cinquanta arriva a ridurre al minimo la rappresentazione, cui si sommano accenni al Simbolismo astratto. Nei dipinti la scena è occupata solo da elementi circolari o linee sinuose. Nel 1963 riceve il Gran Premio alla VII Biennale di San Paolo e nel 1967 è indicato all’Art Commission di New York. Paralizzato su una sedia a rotelle, a causa di una malattia, dal 1970, Gottlieb non smette mai di portare avanti la ricerca per innovare la sua produzione artistica. Il 4 luglio 1974 si spegne nella sua città natale. PHILIP GUSTON 1913‐1980 Nato da una famiglia di ebrei ucraini, emigrati prima in Canada a Montréal poi a Los Angeles, Philip Goldstein, questo il suo nome anagrafico, si avvicina all’arte, in particolare al disegno di fumetti, frequentando un corso a distanza. Poi nel 1927 si iscrive alla Manual Arts High School dove conosce Pollock; vengono espulsi entrambi l’anno successivo. Viene ammesso all’Otis Art Institute e qui si avvicina all’arte metafi sica di De Chirico e alla pittura rinascimentale di Mantegna, Paolo Uccello, Piero della Francesca. Nel 1934 Guston lavora come assistente di Siqueiros nella realizzazione di murales in Messico e nel 1939 dipinge la facciata della sede della WPA per la New York World’s Fair. Negli anni Cinquanta si avvicina all’Action Painting e nello stesso periodo intraprende la carriera accademica, insegnando alla Boston University e al Pratt Institute. Nel 1967 si sposta a Woodstock, dove inizia un percorso pittorico del tutto personale, distaccandosi dal gruppo degli astrattisti; riprende il gusto figurativo derivante dai cartoni animati e da tracce d’immaginario surreale. Questo è il periodo migliore della sua carriera, anche se segna un allontanamento dal sistema dell’arte, un isolamento che durerà fi no alla morte, nel giugno del 1980. Guston riceve tuttavia importanti riconoscimenti: nel 1970 il titolo di dottore onorario d’arte dalla Boston University e nel 1972 è annoverato all’Istituto Nazionale di Arti e Lettere di New York. Negli ultimi anni la sua opera è stata riconosciuta come anticipatrice dell’estetica attuale. HANS HOFMANN 1880‐1966 Hofmann nasce in Baviera e studia a Monaco alla Moritz Hermann. Si sposta a Parigi nel 1904 per conoscere la pittura di Matisse, Picasso, Braque e seguire i corsi all’Académie de la Grande Chaumière. Tornato a Monaco apre, con il proprio nome, una scuola d’arte. Il successo delle sue lezioni giunge oltreoceano, tanto che nel 1930 è chiamato dall’Università di Berkeley per tenere dei corsi. Nel 1932 diventa docente all’Art Students League di New York e due anni dopo decide di aprire la Hans Hofmann School of Fine Arts, che diventa punto di riferimento per molti artisti dell’Espressionismo Astratto. Proprio intorno alla sua figura si raccoglie il gruppo degli Irascibili. Hofmann sviluppa un linguaggio pittorico peculiare, mescola i dettami della scomposizione cubista al cromatismo della corrente fauve – stili appresi nel periodo parigino – in un unicum compositivo che lo elegge mentore storico del movimento dell’Action Painting. I suoi dipinti si animano di elementi affiancati per contrasto cromatico, un “conflitto” che definisce la struttura stessa del dipinto. Verso la fine degli anni Cinquanta Hofmann decide di chiudere le sue scuole; negli anni infatti aveva aperto anche delle sessioni estive nel Massachusetts, per dedicarsi solamente alla pittura. Di questo periodo sono le tele di grandi dimensioni: forme geometriche dai toni accesi e dalle tinte piene sorvolano, come figure fluttuanti l’una sull’altra, la superficie. L’iniziatore dell’astrattismo americano muore a New York il 17 febbraio 1966. FRANZ KLINE 1910‐1962 Incluso nel gruppo dell’Espressionismo americano per lo stile apparentemente astratto dei suoi dipinti, Franz Kline in realtà si distingue dai suoi colleghi per la pratica e il metodo di esecuzione. Nato e cresciuto in Pennsylvania, studia alla Boston University ma nel 1935, a 25 anni, si trasferisce a Londra dove fino al 1938 frequenta The Heatherley School of Art. Tornato a New York, per lungo tempo continua a dipingere paesaggi, rivelando ancora un tocco di matrice espressionista. Alla fine degli anni Quaranta si avvicina al movimento dell’Action Painting e da qui prende avvio, in una circostanza alquanto casuale, la sua rivoluzione pittorica. Invitato dall’amico Willem de Kooning a proiettare su parete uno dei suoi schizzi preparatori, Kline viene magicamente impressionato: i tratti sintetici dei suoi bozzetti diventano linee corpose stagliate sul muro e ogni singolo elemento assume un’identità autonoma. Da qui l’artista decide di trasferire il tutto su tela: ne scaturiscono dipinti di grandi dimensioni, inizialmente modulati sul bianco e nero, talvolta arricchiti da policromie. Per quanto l’esito formale lo riconduca all’Action Painting, i dipinti di Kline sono il risultato di uno studio accurato che parte dal bozzetto e in un secondo momento viene riportato sul supporto pittorico, mantenendo comunque la natura istintiva del gesto. Del 1950 è la sua prima personale alla Charles Egan Gallery; il successo è immediato e prosegue negli anni a venire. Nel 1962 Kline muore vittima dell’alcol. LEE KRASNER 1908‐1984 Nata a Brooklyn con il nome di Lena Krasner (poi detta Lenore) – decide di cambiarlo in Lee per ovviare alle discriminazioni di genere radicate nel sistema dell’arte e sembrare un pittore maschio –, intraprende gli studi artistici alla Women’s Art School, proseguendoli all’Art Students League di New York e alla National Academy of Design. Al 1938 è datata la sua iscrizione alla Scuola di Hans Hofmann, dove registra i primi successi; contemporaneamente lavora nel programma del Federal Art Project per la sezione murale, ed entra a far parte del gruppo dell’Action Painting. Sono gli anni in cui conosce Jackson Pollock, con il quale prima condivide uno studio a New York e poi inizia una storia d’amore che li porta tre anni dopo a sposarsi. I lavori evidenziano una ricerca sul gesto pittorico – pennellate corsive dominano tele di grandi dimensioni – ma, nonostante l’adesione al movimento, i suoi dipinti risultano legati alla lezione cubista, in particolare nella struttura compositiva. Nel 1945 si trasferisce con il marito a The Springs, Long Island, dove la sua attività di pittrice diventa secondaria rispetto alla carriera di lui; la Krasner infatti continua a dipingere ma si fa per lo più promotrice delle nuove ricerche artistiche di Pollock. L’interesse del mondo dell’arte per la sua opera arriva tardi e solo a partire dagli anni Settanta riceve i primi riconoscimenti e premi. Nel 1982 viene nominata in Francia Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres. Due anni dopo si spegne nella sua casa di New York. MORRIS LOUIS 1912‐1962 Al secolo Morris Bernstein, nasce a Baltimora da genitori russi. Formatosi al Maryland Institute of Fine Arts, si trasferisce a New York nel 1936; qui vive fino al 1940 e conosce negli ambienti della WPA Arshile Gorky. Sono gli anni dell’affermazione del gruppo degli espressionisti astratti, inevitabile per lui esserne influenzato. Dopo un periodo trascorso a Baltimora, nel 1952 Louis si sposta a Washington e qui dà vita, insieme a Kenneth Noland, al movimento Color Field. L’anno successivo visita lo studio di Helen Frankenthaler e viene colpito dalla sua ricerca verso una pittura diluita e una stesura di colori per ampie campiture. Louis mette così a punto la nuova tecnica, distribuisce la vernice per velature sottili, la fa scorrere sulla tela grezza, abbandonando il metodo tradizionale di preparare il supporto, e procede per colature, affrancandosi dalle modalità gestuali tipiche dell’Action Painting che richiedeva vigore e foga nell’atto pittorico. I suoi quadri sono un compendio di cromie armoniose, a tratti sovrapposte, e in grado di offrire forti suggestioni. L’amicizia con Clement Greenberg gli regala il successo e la popolarità, e grazie al critico espone i suoi lavori in tutto il mondo; tra i più noti le serie Veils, 1959, e Unfurleds, 1961. Colpito da una malattia polmonare, forse causata dalle esalazioni delle vernici utilizzate per dipingere, Louis muore nel 1962 a soli 50 anni. ROBERT MOTHERWELL 1915‐1991 Nasce a Washington e, dopo aver frequentato l’Università di Stanford ed essersi laureato in filosofia a Harvard, nel 1939 decide di studiare storia dell’arte e diventare pittore. Le prime esperienze sono segnate dalla conoscenza di Max Ernst e André Masson, maestri del Surrealismo europeo esuli in America. Da loro apprende le teorie dell’automatismo pittorico, che sviluppa all’inizio della carriera. Nel 1941 si stabilisce a New York e qui stringe rapporti con Pollock, Baziotes e Hofmann con i quali forma la Scuola di New York, di cui è teorico e promotore in numerosi scritti. Nel 1944 tiene la prima personale alla galleria newyorkese di Peggy Guggenheim. I suoi lavori presentano dimensioni anche monumentali; la scelta cromatica è sintetizzata per lo più su due toni, nero e bianco, applicati attraverso vaste pennellate. Peculiare il risvolto politico e letterario che sottende i suoi dipinti, ad esempio in Elegy to the Spanish Republic #34, 1953‐1954. Motherwell a partire degli anni Sessanta sperimenta altre tecniche artistiche, come il collage e la stampa; con quest’ultima realizza un ciclo di lavori a edizione limitata. Nel 1958 si sposa con Helen Frankenthaler, da cui divorzia nel 1971, del 1973 è il successivo matrimonio con la fotografa tedesca Renate Ponsold; nel 1991, a 76 anni, muore a Provincetown nel Massachusetts. BARNETT NEWMAN 1905‐1970 Di origini ebraiche e newyorkese di nascita, Barnett Newman si forma culturalmente all’Art Students League per poi specializzarsi in filosofi a al City College. Nel 1933 tenta la carriera di sindaco di New York, candidandosi alle elezioni come indipendente, e negli stessi anni si avvicina all’arte, risentendo ancora molto della lezione espressionista europea. In seguito la sua attenzione è rivolta al Surrealismo, ma le profonde amicizie strette con Rothko, Motherwell e Baziotes lo introducono all’Espressionismo Astratto, di cui si fa interprete con l’opera Onement I, 1948. L’impianto pittorico appare condensato su poche tonalità, una linea netta e densa di colore suddivide la superficie definendone la struttura spaziale. Con il proseguire della carriera le linee verticali, definite da alcuni critici “zip”, diventano il suo tratto distintivo. Nei lavori seguenti, Newman manifesta sempre più una tensione verso forme monocrome; il colore viene steso uniformemente su tutta la grande tela e le interruzioni verticali si riducono al minimo. Le sue esperienze però si allargano anche ad altre tecniche; non mancano sculture, litografie e acqueforti. Dopo la carriera di docente presso diversi atenei americani, tra i quali l’Università della Pennsylvania a Philadelphia dal 1962 al 1966, nel 1970 riceve dalla Brandeis University del Massachusetts la medaglia di Creative Arts per la pittura. Il 4 luglio del 1970 Barnett Newman muore a New York colpito da un infarto. ALFONSO OSSORIO 1916‐1990 Cresciuto in una famiglia benestante a Manila nelle Filippine, Ossorio si forma in Inghilterra. Nel 1930 emigra negli Stati Uniti, dove frequenta la Portsmouth Priory a Providence, Rhode Island e poi Fine Arts all’Ateneo di Harvard. Inizialmente dipinge seguendo i canoni della pittura surrealista ma dopo l’incontro con Jackson Pollock, del quale diventa grande amico oltre che appassionato collezionista, volge l’attenzione a forme più astratte. Nel 1950 compie un viaggio a Parigi e conosce Jean Dubuffet, i suoi studi sui detenuti dei manicomi, e l’Art Brut. Nello stesso anno è chiamato a realizzare una grande opera murale nella chiesa di St. Joseph a Victorias City (Filippine) e qui esegue uno dei suoi lavori più noti, Angry Christ: una monumentale figura del Cristo stagliata sulla parete dell’abside, sul soffitto una decorazione policroma dalle tinte accese e piene. L’impatto con l’Art Brut è comunque decisivo: Ossorio realizza una serie di lavori – che porta avanti per tutta la vita – intitolati Congregation, combinazione di elementi e oggetti di natura diversa – gioielli, ammennicoli, pezzi di giocattoli – assemblati insieme sulla tela. Da qui prendono vita anche opere scultoree che l’artista conserva, insieme a quelle di Pollock e Dubuffet collezionate negli anni, nella sua grande residenza di East Hampton acquistata nel 1951. Nel 1961 è presente con suoi lavori alla mostra The Art of Assemblage organizzata al MoMA. Ossorio si spegne a New York nel 1990. JACKSON POLLOCK 1912‐1956 Ultimo di cinque figli, nasce a Cody, nel Wyoming, da una famiglia di contadini. La sua infanzia è segnata da continui spostamenti tra la California e l’Arizona. Cresce vicino alla tribù indiana dei Wadatkut, dai quali assimila il culto per la natura e le forme rituali. Il carattere ribelle si manifesta in lui fin da ragazzino: è spesso espulso per cattiva condotta dalle scuole che frequenta e l’alcol diventa la sua principale debolezza. Nel 1930, dopo aver studiato alla Manual Arts High School di Los Angeles, si sposta a New York ed entra in contatto con Thomas Hart Benton che lo avvicina alla pittura realista; negli stessi anni però assiste alla realizzazione dei murales del pittore messicano José Clemente Orozco nell’edificio della New School for Social Research. Nel 1935 viene incluso nel programma della WPA che gli consente di mantenersi e sperimentare nuovi linguaggi. In questi anni conosce Lee Krasner, se ne innamora e nel 1945 la sposa. Da lì a poco si trasferiscono nel Long Island, dove Pollock trasforma un vecchio fienile in studio. È qui che nasce il dripping: in piedi “danzando” intorno alla grande tela, Pollock fa colare vernice fresca, il ritmo delle pennellate è incalzante. In un silenzio totale prendono vita i suoi più grandi capolavori. Il successo è immediato, la conoscenza di Peggy Guggenheim lo porta a esporre a Venezia più volte; ma è la sua vita sregolata a sancire la fine di una straordinaria carriera. L’11 agosto 1956 Pollock, ubriaco, si schianta con la sua auto, ponendo fine alla sua esistenza e a quella di una giovane donna. RICHARD POUSETTE‐DART 1916‐1992 Cresciuto in un ambiente culturalmente attivo – il padre era critico e pittore –, Richard Pousette‐Dart si distingue fin da ragazzo per un approccio del tutto autonomo alla disciplina artistica. Dopo essersi trasferito a New York a vent’anni e aver frequentato per qualche tempo il Bard College, si avvicina all’arte studiando tecniche e linguaggi diversi – scultura, disegno, fotografi a, pittura – e lavorando come assistente presso studi di artisti. Nel 1941 realizza Symphony Number 1: The Transcendental, opera che lo rende famoso e lo annovera nel gruppo degli espressionisti astratti. Di grandi dimensioni, la tela è caratterizzata da un’armonia di sovrapposizioni tra elementi di matrice simbolica e surrealista – occhi e immagini biomorfe – e segni grafi ci derivati dalle culture primitive, in particolare dei nativi americani. Una pittura definita trascendentale, dove arte e religione sono intese come aspetti inscindibili della creatività. Nel 1948 presenta la personale alla Parsons Gallery di New York, a seguire sperimenta nuovi materiali combinando insieme vernici, sabbie e foglia d’oro; nel 1960 il linguaggio si semplifica e si riduce a punti di puro colore che vanno a comporre forme geometriche e circolari cariche di luce vibrante. Negli anni Pousette‐Dart si dedica all’insegnamento presso prestigiose università americane, come la Columbia e la New School for Social Research; nel 1982 partecipa alla Biennale di Venezia. Dieci anni più tardi, nel 1992, muore a New York. AD REINHARDT 1913‐1967 Figlio d’immigrati ebrei russi e tedeschi, Reinhardt cresce a Buffalo per poi trasferirsi nel 1931 a New York. Qui si avvicina agli studi e alla pratica dell’arte, interessandosi anche alla politica nelle file dei movimenti di sinistra; un attivismo che lo porta nel 1963 a marciare a Washington per i diritti civili dei neri d’America. Dopo aver lavorato nella divisione “pittura da cavalletto” della WPA, durante la Seconda guerra mondiale svolge l’attività di fotografo per la Marina e dal 1942 al 1949 diventa vignettista e reporter per il quotidiano “PM”. Entrato nel 1950 a far parte del gruppo degli espressionisti astratti, tiene mostre personali nelle gallerie di Peggy Guggenheim e Betty Parsons. La sua adesione al movimento non è mai totale, presto se ne allontana per abbracciare un’idea di pittura più vicina al Minimalismo, fino ad arrivare a uno stile sempre più teso verso il monocromo. Mentre all’inizio la tela si anima di forme geometriche composte di un colore pieno – rettangoli e quadrati –, in seguito le cromie, rese ancora più pure, si ampliano coprendo interamente la superficie; sono di questo periodo le serie Red Paintings, Blue Paintings e Black Paintings, quest’ultima la più nota. Inoltre perfeziona le tecniche pittoriche, giungendo a un nuovo metodo: travasa l’olio dal pigmento per rendere più raffi nate e sottili le stesure di colore. Docente al Brooklyn College dal 1947 e allo Hunter College dal 1957, muore a New York il 30 agosto 1967. MARK ROTHKO 1903‐1970 Marcus Rotkowitz, questo il suo vero nome, nasce in Lettonia nel 1903; a dieci anni, la sua famiglia si trasferisce in America a Portland, nell’Oregon, per ricongiungersi ai fratelli e al padre emigrati qualche anno prima. Nel 1924 va a vivere a New York e qui frequenta l’Art Students League. Membro attivo del circolo di artisti appartenenti al programma del Federal Art Project, nel 1935 Rothko fonda, insieme a Adolph Gottlieb, il gruppo The Ten portando avanti una ricerca linguistica che unisce astrazione ed espressionismo. Nei suoi quadri, per lo più di grandi dimensioni, pennellate estese di colore tracciano forme di rettangoli luminosi. Pochi e limitati sono i tocchi che l’artista pone sulla superficie pittorica, la scelta cromatica è rivolta a impressionare lo spettatore e a suscitare un momento contemplativo. Nell’utilizzo del colore, così come nella gestione dello spazio pittorico, emerge un approccio assolutamente lirico. Nel 1948 Rothko fonda la Subjects of Art School; nel 1964 gli vengono commissionati i dipinti per la cappella di Philip Johnson a Houston. I problemi di depressione sono un’ombra costante nella sua vita; il 25 febbraio del 1970 Rothko si toglie la vita nel suo studio di New York. L’anno successivo la cappella della chiesa di Houston viene inaugurata con il nome di Rothko Chapel. DAVID SMITH 1906‐1965 Nato nell’Indiana e cresciuto nell’Ohio, dove frequenta le scuole superiori, Smith s’iscrive all’Art School di Cleveland seguendo un corso di disegno per corrispondenza. Tra 1924 e 1925, mentre studia all’università dell’Ohio, in estate lavora come saldatore di metallo presso l’azienda automobilistica Studebaker. Trasferitosi nel 1926 a New York, segue lezioni di pittura all’Art Students League e conosce l’arte dei maestri europei, tra cui Picasso. Da qui l’interesse per la scultura, percepita come espressione tridimensionale della pittura; sono di questi anni le opere create con strumenti da lavoro e scarti di ferro. La scultura è quindi intesa come processo di assemblaggio e non più fusione di metalli. Durante la Seconda guerra mondiale lavora all’American Locomotive Company nel montaggio di parti di treni; ciò gli permette di perfezionare la tecnica e dar vita a opere di grandi dimensioni: totem in acciaio inossidabile dalle linee astratte e dai piani geometrici sovrapposti, trasposizioni scultoree della lezione pittorica cubista, da cui derivano le serie Cubi e Sentinel. Già nel 1948 insegna al Sarah Lawrence College di New York e nel 1955 a Oxford alla University of Mississippi. Ormai affermato in tutto il mondo, con diverse presenze in esposizioni internazionali – Biennale di San Paolo nel 1951 e Biennale di Venezia nel 1956 e 1958 –, nel 1965 David Smith muore nel Vermont, a Bennington, a seguito di un incidente stradale. THEODOROS STAMOS 1922‐1997 Cresciuto a New York, di genitori greci, fin da giovane evidenzia un interesse per l’arte mostrando grandi capacità, tanto che nel 1936 riceve la prima borsa di studio all’American Artists School. Alle soglie degli anni Quaranta, lasciata la scuola, svolge diversi lavori, tra cui quello di corniciaio in un negozio di New York. In questo periodo conosce Gorky, poi nel 1943 Newman e Gottlieb, con i quali approfondisce la dottrina scientifica e lo studio delle culture arcaiche, passioni che emergono già nei lavori iniziali. A ventidue anni infatti tiene la prima personale nella galleria Wakefield. I suoi dipinti si compongono di esseri amebiformi che fluttuano leggeri su fondi scuri, dorati, verdi; il rimando agli elementi naturali, terra e acqua, è immediato. Per lungo tempo Stamos viaggia in Europa e, alla ricerca di una propria classicità, visita la Grecia e l’Egitto, si sposta nel nord del Pacifico fino ad arrivare nel New Mexico; durante questa tappa conosce Mark Tobey. Nel 1950 tiene la sua prima personale alla Philips Gallery. Tornato quindi negli Stati Uniti, dal 1955 fino al 1977, tiene corsi all’Art Students League di New York e, contemporaneamente, dal 1962 lavora alla serie Sun‐Box: campi di colore piatto su cui si stagliano forme geometriche dai contorni netti. Dagli anni Settanta realizza la serie Infinity – dipinti policromi connotati da pennellate sottili –, frutto dei ricorrenti soggiorni in Grecia. È proprio nell’isola di Lefkada che Stamos muore nel 1997. HEDDA STERNE 1910‐2011 Nata in Romania con il nome di Hedwig Lindenberg – nel 1932 acquisisce quello del marito, Fritz Stern, modificandolo in Sterne con l’entrata dei Nazisti a Bucarest –, è l’unica donna appartenente al gruppo degli Irascibili, come testimonia la presenza nella foto scattata da Nina Leen nel 1950 e pubblicata su “Life” nel 1951. Cresciuta alla scuola d’arte di Vienna, Hedda Sterne registra ben presto i primi apprezzamenti; nel 1938 è presente con lavori a collage di vocazione surrealista alla collettiva parigina organizzata da Hans Arp. Nel 1941 emigra negli Stati Uniti, dove si tengono le sue esposizioni alla Galleria di Peggy Guggenheim, conosciuta proprio qualche anno prima a Parigi, e alla Parsons Gallery. Di questi anni sono le opere chiamate Anthropographs, composizioni di oggetti meccanici, ispirate agli strumenti agricoli visti durante un viaggio nel Vermont. In seguito la rappresentazione segue una deriva astratta; nelle sue tele campeggiano reticolati fitti e dinamici di linee perpendicolari e rette trasversali. Esplicito il rimando alle strutture avveniristiche della città di New York, con le sue avenue, i grattacieli e i ponti. Per un breve periodo, negli anni Sessanta, disegna elementi organici in metamorfosi; durante tutta la vita realizza numerosi ritratti, soprattutto dei più cari amici. Hedda Sterne è l’ultima tra gli esponenti del gruppo a lasciare la scena; muore a New York, all’età di 101 anni, nell’aprile del 2011. CLYFFORD STILL 1904‐1980 Originario di Grandin, nel Nord Dakota, Clyfford Still ha mantenuto una posizione di indipendenza rispetto al movimento dell’Action Painting. Cresciuto tra lo stato di Washington e il Canada, studia a New York all’Art Students League, e si laurea nel 1933 alla Spokane University. Successivamente inizia a viaggiare, spostandosi prima in California, dove al Museum of Art di San Francisco tiene la sua prima personale e conosce Mark Rothko, e poi in Virginia, insegnando pittura al Richmond Professional Institute. La sua autonomia nella ricerca artistica si evidenzia già dai primi lavori; grandi campiture irregolari di colore dominano tutta la superficie, l’impasto risulta spesso e corposo, a differenza di quello più sottile adottato da altri Irascibili. Predominanti sono il giallo, il rosso, il bianco e il nero che Still compone insieme, seguendo la logica del contrasto cromatico; le tinte sono accese, l’atmosfera dinamica. Il segno gestuale, forte ed energico, emerge dalla superficie pittorica, interrotta a tratti da squarci, come lacerazioni reali della materia pigmentosa. L’atteggiamento di diffidenza nei confronti di alcuni colleghi, e in particolare del sistema dell’arte, caratterizza costantemente la sua carriera; nel 1961, infatti, si allontana nuovamente da New York, dove era tornato nel 1950, per spostarsi in una fattoria nel Maryland, in cui si apparta per dedicarsi interamente alla pittura fino al 1980, anno della sua morte. MARK TOBEY 1890‐1976 Noto non solo come pittore ma anche come poeta e compositore musicale, Mark Tobey nasce nel Wisconsin, studia acquerello e pittura all’Art Institute di Chicago. Inizia a lavorare come disegnatore nel campo della moda quando, intorno al 1918, si avvicina alla religione Baha’i, culto monoteista di origini persiane, che influenza in maniera evidente la sua vita e l’attività artistica. Interessato alle culture orientali, dopo un viaggio in Europa, nel 1925 partecipa a un pellegrinaggio in Israele, e nella stessa occasione studia e apprende la calligrafi a persiana e araba. Successivamente, negli anni Trenta, visita la Cina, il Giappone e il Messico e, tornato in America, si trasferisce a Seattle, dove rimane fino al 1960. Da questo momento in poi la sua pittura assume sempre più i tratti dell’Astrattismo espressivo e il ciclo di lavori White Writing ne sono la testimonianza. Un vortice di elementi calligrafi ci, ottenuti con piccole e ritmiche pennellate, campeggia sulla tela; il colore principale è il bianco e un moto disordinato e irregolare sembra muovere queste forme. Nel 1944 espone per la prima volta la stessa serie alla Willard Gallery di New York, e da qui la sua carriera conosce l’ascesa; nel 1958 gli viene assegnato il premio alla Biennale di Venezia. Con gli anni Tobey sceglie uno stile di vita contemplativo e meditativo, che si rispecchia nei suoi lavori più tardi. Dal 1960 risiede a Basilea, dove muore nel 1976. BRADLEY WALKER TOMLIN 1899‐1953 Talento precoce, Tomlin fin da bambino manifesta un interesse per l’arte tanto da studiare prima scultura e poi, nel 1917, pittura all’Università di Syracuse, sua città natale nello Stato di New York. Inizia nel campo dell’illustrazione: lavora come grafico per importanti magazine della casa editrice Condé Nast, autore di diverse copertine di “Vogue”. In seguito si sposta in Europa, prima Londra e poi Parigi, dove segue i corsi dell’Académie de la Grande Chaumière, realizzando opere dall’impianto evocativo ed emozionale. Tornato a New York, siamo alla metà degli anni Trenta, visita la mostra Fantastic Art: Dada and Surrealism al Metropolitan Museum, ne viene colpito e in parte condizionato; influenze di matrice surrealista si ritrovano ancora in alcuni dipinti realizzati a cavallo della Seconda guerra mondiale. Allo stesso tempo Tomlin conosce Gottlieb, Rothko, Motherwell e Brooks, inevitabile è per lui il coinvolgimento nel movimento dell’Espressionismo Astratto. I suoi quadri diventano dimora ideale per elementi grafi ci: croci, linee, curve e simboli. La pennellata tradisce un approccio più poetico e pacato del lavoro artistico, distante ormai da una visione istintiva e puramente gestuale della pittura. Nell’ultimo periodo la composizione si allarga, la tela, ora più grande, è rivestita di segni calligrafi ci sparsi su tutta la superficie del quadro. Nel 1952 è tra i protagonisti dell’esposizione 15 Americans al MoMA di New York; scompare l’anno successivo. JACK TWORKOV 1900‐1982 Cresciuto in Polonia, a Biala, nel 1913 si trasferisce negli Stati Uniti con la famiglia. Inizialmente interessato alla letteratura e a diventare scrittore, frequenta la Columbia University per imparare la lingua inglese; nel frattempo però è affascinato dall’arte, soprattutto Cézanne e Matisse, si iscrive all’Accademia Nazionale del Design e nel 1925 entra all’Art Students League di New York. I lavori degli anni Venti rivelano ancora l’impianto accademico, sono paesaggi e scene dall’impianto realistico sociale; nel decennio successivo, dopo alcuni viaggi in Europa e la conoscenza di Willem de Kooning e degli artisti della WPA, il suo percorso cambia del tutto. Il lavoro volge verso forme astratte, le tele iniziano a comporsi di linee, verticali e orizzontali, di colore acceso, le pennellate sono sprazzi fiammeggianti sulla tela; tra le più famose Pink Mississippi, 1954. Sono questi gli anni in cui prende parte alle discussioni del movimento dell’Action Painting entrando a far parte del gruppo e contribuendo a delineare la poetica della Scuola di New York. Si dedica anche all’insegnamento, tiene numerosi corsi al Queens College, al Pratt Institute, e tra il 1963 e il 1969 è presidente del Dipartimento di Arti all’Università di Yale. Dagli anni Sessanta in poi, Tworkov cambia nuovamente stile pittorico, ora le tele sono abitate da elementi geometrici e linee rette, i toni più cupi. Una ricerca che porta avanti sino alla morte, avvenuta nel 1982 a Provincetown, Massachusetts. 24 settembre 2013 16 febbraio 2014 Educazione e Istruzione Jackson Pollock - Number 27, 1950 Ci sono tanti dipinti quanti occhi per vedere Sezione Didattica Scuola dell’Infanzia, Scuola Primaria Scuola Secondaria di Primo grado biennio della Scuola Secondaria di Secondo grado Negli anni ’50 il centro di riferimento artistico mondiale per il dibattito e le proposte culturali si sposta progressivamente da Parigi a New York. Giovani talenti americani si affermano progressivamente e le sperimentazioni di questi artisti spingono la pittura a esperienze di profonda rottura con la tradizione: il segno figurativo viene superato per dare spazio e libertà al gesto pittorico, all’uso del colore e alle dimensioni della tela, elementi che colti nelle loro differenze stilistiche, definiscono la “calligrafia” di ogni artista. Jackson Pollock diviene l’esponente più autorevole del gruppo di quegli artisti che hanno contribuito alla nascita dell’espressionismo astratto: gli Irascibili, che vennero così denominati dopo l’esclusione da una mostra organizzata del Metropolitan Museum of Art nel 1950. SEZIONE DIDATTICA PALAZZO REALE La Sezione Didattica di Palazzo Reale offre alla scuola la possibilità di conoscere direttamente una importante selezione di capolavori significativi dell’arte americana proveniente dalla collezione del Whitney Museum di New York, cogliendo, dalla magnificenza della monumentalità delle opere esposte e dal pensiero poetico di ogni artista, la chiave per entrare in contatto con un linguaggio artistico davvero unico, che ha contribuito ad intensificare il valore emozionale del rapporto tra l’energia dell’artista e lo spettatore. Scuola dell’Infanzia e Scuola Primaria classi 1, 2, 3 A New York, più di cinquanta anni fa, tanti artisti hanno vissuto e lavorato, qualcuno ha usato tanti colori, qualcuno un solo colore, qualcuno ha modellato il metallo. Ogni artista ha guardato e visto le cose con i suoi occhi e le ha rappresentate in modo diverso. Ci sono tanti dipinti quanti occhi per vedere I bambini saranno accompagnati in mostra e, attraverso le parole degli artisti, potranno scoprire un mondo dove i colori sono protagonisti. Ognuno “guardando con i propri occhi” le grandi tele dipinte potrà vivere sensazioni e emozioni e scoprire che Ci sono tanti dipinti quanti occhi per vedere. Scuola Primaria classe 4 e 5 - Scuola Secondaria di primo grado Scuola Secondaria di secondo grado (biennio) Nella stanza didattica i ragazzi verranno accolti da un’atmosfera che richiama, in particolare, il contesto artistico e storico americano, per narrare quegli anni di intensa trasformazione. I richiami saranno suggeriti da una semplice installazione, a indicare alcuni dei materiali utilizzati dai pittori che definirono il progressivo distacco dagli strumenti tradizionali, come il cavalletto; dalle parole stesse degli artisti, che modellarono attraverso il loro pensiero poetico, una personale visione del mondo e gli elementi di rottura e di ri-definizione dall’arte europea del Novecento. L’ attività sarà corredata di materiale didattico per la successiva visita in mostra, che verrà effettuata dalla classe in completa autonomia, e per l’approfondimento dei temi trattati, da utilizzare a scuola. INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI Comune di Milano - Settore Scuole Paritarie e Case Vacanze Sezione Didattica Palazzo Reale tel. 02 884.48046 - 48047 fax 02 884.48048 ED.ScuolePalazzoReale@comune.milano.it ATTIVITA’ DIDATTICA: € 13,00 a classe INGRESSO ALLA MOSTRA: SCUOLE: alunni € 5,50 - gratuito per i bambini della Scuola dell’Infanzia del Comune di Milano, per 2 insegnanti accompagnatori e insegnanti di sostegno FAMIGLIE: bambini € 5,50 - bambini minori di anni 6 gratuito - genitori biglietto ridotto € 9,50 24 ORE Cultura La mostra POLLOCK E GLI IRASCIBILI è una produzione Cultura POLLOCK E GLI IRASCIBILI La scuola di New York PROPOSTE DIDATTICHE E DIVULGATIVE DI AD ARTEM PARTNER UFFICIALE DELLA MOSTRA VISITA LABORATORIO per la scuola primaria e per le famiglie con bambini 6-10 anni La visita laboratorio è strutturata in due parti: 60 minuti in mostra alla scoperta dei colori, delle emozioni e dei gesti degli artisti “irascibili”, poi 30 minuti in laboratorio per sperimentare la tecnica del dripping, che rese famoso il grande artista americano Jackson Pollock. VISITA GUIDATA INTERATTIVA per la scuola primaria e secondaria di primo grado e per le famiglie con ragazzi adolescenti Non cercheremo di spiegare l’espressionismo astratto, ma di entrare tutti insieme nel mondo delle emozioni, dei gesti e dei colori degli artisti “irascibili”, invitando bambini e ragazzi ad “ascoltare” le opere d’arte e a condividere con i compagni le sensazioni trasmesse dai dipinti di Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Franz Kline, Barnett Newman protagonisti dell'arte americana tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Sessanta. VISITA GUIDATA CON FOCUS IN INGLESE per la scuola secondaria di primo e secondo grado e per gli adulti Proponiamo una nuova opportunità di fruizione delle esposizioni dell’Autunno Americano: all’interno della visita guidata sopradescritta, sarà possibile richiedere un focus in inglese, per confrontarsi con le parole originali degli artisti. VISITA GUIDATA per la scuola secondaria di secondo grado e per i gruppi di adulti Attraverso un’osservazione guidata e coinvolgente delle opere degli artisti “irascibili”, capitanati da Jackson Pollock, viene offerta l’opportunità di riflettere da un punto di vista storico sullo spostamento dell’avanguardia artistica da Parigi a New York e da un punto di vista artistico sulla libertà dell'individuo e sull'importanza della forza della linea, del colore, del gesto che caratterizzano l’espressionismo astratto. CONFERENZA SULL’ARTE AMERICANA per la scuola secondaria di secondo grado e per i gruppi di adulti Abbiamo predisposto uno splendido racconto per parole ed immagini per introdurre le tematiche dell’arte americana del secondo dopoguerra. Vengono messi a confronto l’espressionismo astratto di Pollock e degli artisti “irascibili” con le esperienze italiane di Fontana o Burri, per poi proporre la Pop Art di Andy Warhol come reazione all’esaltazione della soggettività dell’espressionismo e come celebrazione della nascita della civiltà dei consumi. CALENDARIO Visita guidata per adulti Visita laboratorio per famiglie con bambini 6-10 anni Visita guidata per famiglie con ragazzi 11-15 anni per i visitatori individuali adulti e per le famiglie giovedì sera, sabato e domenica pomeriggio sabato e domenica mattina e pomeriggio domenica mattina e pomeriggio Le attività didattiche e divulgative sono a cura di AD ARTEM per informazioni e prenotazioni 02 6597728 info@adartem.it 1 L’AUDIOGUIDA PER TUTTI Con Pollock e gli Irascibili Antenna International inaugura la sua produzione per l’autunno americano a Palazzo Reale. L’audiotour incluso nel biglietto di ingresso introduce il pubblico alla straordinaria personalità di Jackson Pollock, e a quelle dei numerosi artisti parte del gruppo degli Irascibili, uniti per rinnovare radicalmente la pittura americana. I contenuti approfondiscono l’espressionismo astratto: dall’Action Painting al Colour Field Painting e con l’audioguida sarà possibile conoscere il processo creativo alla base di questa rivoluzione pittorica e i retroscena del mondo vivace ed unico di questo gruppo di artisti eccentrici che si forma a New York negli anni Quaranta del Novecento. La voce di Luca Beatrice, curatore insieme a Carter Foster, racconta dettagli inediti della vita spesso movimentata e tragica degli “Irascibili” e rivela preziosi dettagli stilistici. Sono gli artisti in prima persona a parlare direttamente al pubblico attraverso citazioni recitate da attori accuratamente selezionati. La musica quale elemento fondante della pittura di Pollock e degli altri artisti – il jazz ad esempio dava il ritmo alla gocciolatura sulle tele di Pollock -‐ è parte integrante della colonna sonora dell’audioguida. Disponibile in italiano e in inglese; Il percorso appositamente ideato per i visitatori più giovani li avvicina al “gioco” della pittura astratta. È Arty il “Maestro dell’Arte” che accoglie i bambini e che, grazie ai superpoteri si trasforma in Jackson Pollock accompagnandoli per tutta la mostra. Altra compagna di viaggio è “Goccia”, una goccia di colore, che “entra” e “esce” dai dipinti rivelando ai bambini tanti segreti sulla pittura degli espressionisti astratti. Il dialogo acceso tra Arty Pollock, Goccia e altri personaggi “Irascibili” che “escono” dalle loro opere, coinvolge i giovani visitatori in un viaggio che è allo stesso tempo divertente e istruttivo. Disponibile in italiano ANTENNA INTERNATIONAL: Connecting the World to Culture Antenna International, da 30 anni azienda leader a livello mondiale nel campo delle audioguide e dei sistemi radio per gruppi, per musei, siti archeologici, luoghi d’interesse culturale di tutto il mondo, nasce negli Stati Uniti nel 1984. Oggi ha divisioni e uffici in Nord America, Europa, Medio Oriente e Asia. Ogni anno oltre 20 milioni di visitatori fruiscono di un percorso di visita culturale prodotto da Antenna International, mediante la più ampia gamma di piattaforme disponibili ovunque ed in molteplici lingue. Tra i suoi clienti: il MET, il MOMA, il Louvre, la Tate Modern, il Van Gogh Museum, i Musei Vaticani, il Cenacolo Vinciano, la National Gallery of London, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, la Gemäldegalerie, il Centre Georges Pompidou, il Guggenheim Museum di New York, Alcatraz, la Statua della Libertà, lo Yosemite National Park. E’ leader nello sviluppo di applicazioni per smartphones dedicate a musei, mostre e siti archeologici; le applicazioni di Antenna International sono le più scaricate del settore culturale (“Love Art” e “Yours, Vincent” 400.000 downloads: N. 1 nella categoria Education dell’ iTunes App Store). E’ stata la prima azienda a lanciare e promuovere in Italia i “kids tours”, percorsi espressamente creati per i più piccoli. Antenna AudioItalia|Via Vittoria Colonna, 27 00193 Roma|Tel. 06 97657850|www.antennainternational.com POLLOCK E GLI IRASCIBILI La scuola di New York 28 x 31 cm 192 pagine 80 illustrazioni cartonato 24 ORE Cultura 39,00 € In libreria a settembre 2013 24 ORE Cultura pubblica il catalogo che accompagna la mostra POLLOCK E GLI IRASCIBILI La scuola di New York (Milano, Palazzo Reale, 24 settembre 2013 – 19 febbraio 2014). La mostra e il catalogo raccolgono oltre 60 opere del gruppo dei 18 artisti che nel 1950 boicottarono l’esposizione sull’arte contemporanea americana organizzata dal Metropolitan Museum di New York rifiutandone i criteri di selezione. Gli artisti del gruppo, guidati dal carismatico Pollock e definiti “Irascibili” a seguito della protesta messa in atto in questa occasione, seppero re‐interpretare la tela come uno spazio per la libertà di pensiero e di azione dell’individuo, dando vita a quella che fu chiamata “la Scuola di New York”: un fenomeno unico, che caratterizzò l’America del dopoguerra e che influenzò, con la sua forza travolgente, l’Arte Moderna in tutto il mondo. Il catalogo e la mostra offrono uno sguardo completo sul movimento con opere di nomi famosi quali Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Franz Kline e Barnett Newman e artisti meno noti ma altrettanto importanti per ricostruire il momento culturale quali per esempio Gottlieb e Braley Walker Tomlin. I testi raccolti in catalogo, a firma di Luca Beatrice, David Anfam e Jane Panetta, permettono di approfondire la storia e la critica del movimento dell’Espressionismo Astratto e la politica di collezionismo del Whitney Museum, prestatore delle opere in mostra e da sempre sostenitore di questi artisti. SOMMARIO Gli Irascibili Irascibili & Hipster Luca Beatrice Espressionismo astratto – Crisi di identità David Anfam L’Espressionismo Astratto e la collezione del Whitney Museum Jane Panetta Catalogo delle opere Ufficio Stampa 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE Michela Beretta tel. 333 1749021 Elisa Lissoni tel. 02 30223643 michipress@virgilio.it elisa.lissoni@24orecultura.com Milano, 12 settembre 2013 COMUNICATO STAMPA la Rinascente continua a sostenere l’arte. In partnership con 24 Ore Cultura, promuove la mostra “Pollock e gli Irascibili. La scuola di NY.” In Rinascente l’autunno si preannuncia anche all’insegna dell’arte. Dal 17 al 30 settembre, le vetrine di via Santa Radegonda vengono dedicate alla mostra “Pollock e gli Irascibili. La scuola di NY.”, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e prodotta da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con il Whitney Museum di New York. In cartellone dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 a Palazzo Reale di Milano, la mostra presenta le opere di Jackson Pollock e di altre superstar dell’arte americana, grazie a 60 capolavori provenienti dal Whitney Museum, tra cui il famoso Number 27. Per promuovere l’evento, al Design Supermarket al piano -1 verrà allestito un pop-up store, dove poter acquistare il catalogo della mostra e il relativo merchandising. Per i Titolari Rinascentecard è prevista una riduzione del costo del biglietto d’ingresso della mostra. Ancora una volta la Rinascente coglie l’opportunità di sostenere e promuovere la cultura, aprendo una finestra sull’arte nel department store che ogni giorno celebra il Bello in tutte le sue forme. Per informazioni e richiesta immagini si prega di contattare: Direzione Comunicazione Letizia Novali press@rinascente.it Tel. 02 467711 CASSINA partecipa all’interno della mostra “POLLOCK E GLI IRASCIBILI. La scuola di New York” con le sedute all’avanguardia Caprice e Passion firmate da Philippe Starck dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 a Palazzo Reale di Milano, la mostra è a cura di Carter Foster, con la collaborazione di Luca Beatrice, ed è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano ed è prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con il Whitney Museum di New York. Il concetto delle sedie Caprice e Passion di Philippe Starck per Cassina è un vero e proprio concentrato di tecnologia: le due sedute si caratterizzano per l’avanguardia della loro costruzione. La struttura in acciaio ospita un’avveniristica scocca in nylon, frutto delle più avanzate sperimentazioni produttive della fucina Cassina, su cui calza il rivestimento, con la massima aderenza, quasi come calza il miglior abito di confezione sartoriale, pronto ad accogliere con naturalezza la figura. Le Caprice e Passion allestiranno l’ultima sala della mostra dedicata alle citazioni di Pollock. Cassina, autenticità prima di tutto. Cassina, fondata da Cesare e Umberto Cassina nel 1927, inaugura nell’Italia degli anni ‘50 l’industrial design. Da autentica apripista Cassina è la prima azienda, in quell’epoca complessa e ricca di fermenti, ad assumere un’attitudine di ricerca e di innovazione coinvolgendo importanti architetti e designer nell’immaginare nuove forme e soprattutto a tradurre le loro intuizioni in realtà, una caratteristica che ancora oggi distingue l’azienda. L’identità di Cassina, fedele a se stessa, si incontra in un originale connubio dove l’attitudine tecnologica è strettamente connessa ad una artigianalità di grande tradizione. L’azienda infatti mantiene il suo cuore antico, la falegnameria, che ne ha diffuso l’eccellenza esecutiva nel mondo e continua ad essere perno di tutte le lavorazioni. Cassina ha ricevuto tre premi Compasso d’Oro, uno dei quali nel 1991 per il suo contribuito alla produzione industriale. Nel 1964, con l’acquisizione dei diritti di riproduzione di quattro modelli disegnati da Le Corbusier (allora vivente) insieme a Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand, inizia la produzione della Collezione Cassina I Maestri, che negli anni a seguire raccoglierà in esclusiva mondiale, lavorando in stretto contatto con gli eredi e le fondazioni ufficiali, alcuni arredi dei più famosi architetti del XX secolo (Gerrit T. Rietveld, Charles R. Mackintosh, E. Gunnar Asplund, Frank Lloyd Wright, Charlotte Perriand e Franco Albini). Una ricostruzione filologica appassionata e attenta che riesce a raggiungere il cuore innovativo di ogni progetto e a valorizzarlo, anche alla luce delle più avanzate soluzioni tecnologiche. Molti gli architetti e i designer italiani e internazionali che hanno collaborato e collaborano con l’azienda per la Collezione Cassina I Contemporanei, tra i quali Gaetano Pesce, Vico Magistretti, Gio Ponti, Mario Bellini, Rodolfo Dordoni, Philippe Starck e Piero Lissoni. Una tensione di idee stimolante, dalla quale Cassina sa sempre trarre il meglio. Con una cultura trasversale della qualità assoluta, che rende ogni pezzo Cassina unico. Il marchio Cassina ha una forte presenza retail in tutto il mondo con i propri DOS (Directly Owned Stores) a Milano, Parigi, Londra e New York. L’azienda fa parte dal 2005 del Gruppo Poltrona Frau, leader mondiale nel settore dell’arredamento di alta gamma e portavoce sulla scena internazionale del migliore design made in Italy. Il 20 giugno 2013 Poltrona Frau Group ha annunciato l’acquisizione tramite l’azienda Cassina di Simon - marchio storico italiano di design fondato da Dino Gavina e Maria Simoncini - da Estel S.p.a.: una storia positiva per la valorizzazione del patrimonio dell'industria italiana del design. Un incontro per raccontare una storia industriale di due aziende e di due imprenditori pioneristici, unite oggi da un’anima sperimentale e dall’espressione del rapporto tra cultura e produzione. Il catalogo di eccellenza di SimonCollezione, inserito all’interno della Collezione Cassina I Contemporanei, raccoglie firme importanti come Carlo Scarpa, Marcel Breuer e Kazuhide Takahama. www.cassina.com www.lccollection.cassina.com www.cassina.com/simon L'UOMO VOGUE MEDIA PARTNER DI "POLLOCK E GLI IRASCIBILI. LA SCUOLA DI NEW YORK" PALAZZO REALE, MILANO L'Uomo Vogue - la più autorevole testata di stile a livello internazionale, diretta da Franca Sozzani - da sempre sinonimo di eccellenza, avanguardia e interprete della visualità come linguaggio, sarà uno dei media partner della mostra “Pollock e gli irascibili. La scuola di New York” in scena a Palazzo Reale. Dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014, saranno esposti oltre 49 capolavori provenienti dal Whitney Museum di New York, che, eccezionalmente, ha concesso l’opera Number 27 di Pollock alla città di Milano. La collettiva è a cura di Carter Foster, con la collaborazione di Luca Beatrice, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con il Whitney Museum. Jackson Pollock ma non solo: anche Rothko, de Kooning, Kline e molte altre superstar dell’arte americana sono in arrivo a Milano a Palazzo Reale. La passione per il contemporaneo che da sempre caratterizza L'Uomo Vogue e che si declina nell'impegno a sostegno dell'immagine creativa del direttore Franca Sozzani, ben si sposa con questa straordinaria mostra. In particolare L’Uomo Vogue ha sempre dimostrato una specifica passione per l’arte, riservando numerose copertine ad artisti, scultori, architetti, fotografi (ricordiamo, tra le altre, le cover story dedicate a Jeff Koons, Cindy Sherman, Marina Abramović, Julian Schnabel, Matthew Barney, Richard Prince, Rem Koolhaas, Peter Marino, Maurizio Cattelan, Zhang Huan) oltre a realizzare numeri monografici, con delle vere e proprie collector’s issue, in occasione della Biennale di Venezia: protagonisti del numero di maggio de L’Uomo Vogue Francesco Vezzoli - uno degli artisti contemporanei italiani più affermati a livello internazionale - e il critico d’arte contemporanea e direttore della 55ma Biennale dell’Arte di Venezia, Massimiliano Gioni. Il mensile Condé Nast, infatti, anche nel 2013 ha seguito la rassegna da vicino, diventando guida e approfondimento attraverso le parole dei curatori e degli artisti e le immagini realizzate nei loro studi. Edizioni Condé Nast Spa, proprietà di Condé Nast International, è in Italia l’azienda leader nel settore dei prodotti editoriali di alta qualità. La casa editrice pubblica 15 periodici: Vanity Fair, Vogue Italia, L’Uomo Vogue, Glamour, GQ, GQ Style,Wired, AD, Traveller, Myself, Vogue Bambini, Vogue Gioiello, Vogue Accessory, Vogue Sposa, Sposabella. Condé Nast Italia ha inoltre consolidato la propria presenza sul web attraverso il lancio di 7 siti: Style.it, VanityFair.it, Vogue.it, Wired.it, Gq.com, Glamour.it, ADToday che, insieme, raggiungono ogni mese oltre 6,2 milioni di contatti unici e generano, sempre su base mensile, oltre 80,7 milioni di pagine viste (Fonte: Google Analytics Agosto 2013). Laura Piva Edizioni Condé Nast s.p.a Communications Director Tel. 02 85611 – email lpiva@condenast.it UFFICIO STAMPA: Mara Vitali Comunicazione tel. 02 70108230 Monica Ripamonti 348 0608294 Lisa Oldani 349 4788358 stampa@mavico.it www.mavico.it “Culture is not a luxury but rather a necessary component of quality of life.” Lukas Richterich - Vice President of Ricola Holding AG “When I am in my painting, I'm not aware of what I'm doing. It is only after a sort of 'get acquainted' period that I see what I have been about. I have no fear of making changes, destroying the image, etc., because the painting has a life of its own. I try to let it come through. It is only when I lose contact with the painting that the result is a mess. Otherwise there is pure harmony, an easy give and take, and the painting comes out well.” - Jackson Pollock Ricola ancora a Palazzo Reale per la mostra Pollock e gli Irascibili - La Scuola di New York Ricola ha cura, amore ed attenzione anche verso il mondo dell’arte ed ha accettato, nuovamente con grande entusiasmo, l’invito a supportare la mostra di Palazzo Reale a Milano dedicato a Pollock e gli Irascibili. Le caramelle Ricola accompagneranno i visitatori per tutta la durata della mostra. In particolar modo si potrà degustare l’ultimo nato dell’azienda Svizzera, il gusto Liquirizia. Questa nuova ricetta è unica nel suo genere, Ricola ha sapientemente unito la sua tradizionale miscela delle 13 erbe officinali, la liquirizia e le delicate note di anice. E’ importante ricordare che Palazzo Reale è una location ben conosciuta a Ricola che, nel 2011, è stata la caramella ufficiale della grande mostra Impressionisti. Capolavori della collezione Clark. Grazie all’ottimo rapporto di collaborazione instaurato in quell’occasione con il gruppo Arthemisia, le caramelle Ricola hanno accompagnato nel 2012 oltre alla mostra Brueghel e le Meraviglia dell’arte fiamminga, nel Chiostro del Bramante a Roma, la mostra Modigliani, Soutine e gli artisti malededetti, sempre a Palazzo Reale di Milano e conclusasi poche settimane fa. Ricola, azienda familiare Svizzera di lunga tradizione, è da più di 80 anni sinonimo di qualità nella produzione di specialità a base di erbe svizzere officinali naturali. Ricola ha saputo diventare leader del mercato, mantenendo salde nel tempo le sue posizioni, riconoscendo che il successo commerciale non è uno scopo fine a se stesso ma, seguendo la filosofia aziendale, il successo acquisito deve spingere l’azienda maggiormente ad assumersi delle responsabilità. L’obiettivo di Ricola è di offrire un costante impegno nei confronti dei consumatori, della natura e dell’ambiente. Come azienda profondamente legata alla natura, Ricola attribuisce molto valore all’eccellente qualità delle materie prime e per questo motivo le erbe da trasformare provengono esclusivamente da colture controllate e rispettose dell’ambiente. Tali erbe, coltivate in esclusiva per Ricola da più di un centinaio di aziende agricole, non hanno solamente una forza aromatica, ma posseggono anche una forza interiore: la forza corroborante della natura. L’impegno aziendale si estende anche ad aspetti non esclusivamente economici che si concretizzano, ad esempio, nel mantenimento e nella promozione di valori culturali legati all’arte e all’architettura. La Ricola Holding AG colleziona arte contemporanea svizzera sin dagli anni Settanta e la raccolta è esposta negli edifici della sede del Gruppo Ricola. Nel corso degli anni si è formata una raccolta di notevole spessore qualitativo, in cui sono rappresentati molti artisti affermati con le loro opere giovanili. La collezione comincia con dipinti di Richard Paul Lohse, Max Bill, Camille Graeser e Verena Loewensberg, divenuti famosi col nome di "Zürcher Konkrete" e riunisce in particolare svariati dipinti costruttivisti e teorici, fotografie e lavori su carta, nonché opere di matrice espressionista riferite al corpo. Fra le acquisizioni più importanti si contano opere, o gruppi di opere, firmate da Christoph Büchel, Jacques Herzog, Bruno Jakob, Karim Noureldin, Vaclav Pozarek, Shirana Shahbazi, Anselm Stalder e Erik Steinbrecher. L’attività collezionista della famiglia Richterich, iniziata dal fondatore Emil Richterich-Beck, è un aspetto molto vitale della cultura aziendale, che continua così a sostenere in particolare l’attività artistica contemporanea in Svizzera. In occasione di corsi interni di formazione, il personale viene introdotto al linguaggio dell’arte, presentata nei suoi contesti storici, sociali ed artistici. Inoltre, una biblioteca offre a tutti i collaboratori la possibilità di consultare le più recenti ed importanti pubblicazioni relative agli artisti presenti nella collezione del Gruppo Ricola. Infine, vengono proposte anche visite guidate aperte al pubblico, per dare l’occasione a tutti i visitatori di conoscere le opere della collezione. http://www.ricola.com/it-ch/L-azienda/Arte “Ad ulteriore dimostrazione che Ricola è appassionata di tutte le forme e tutte le declinazioni dell’arte, annuncio con entusiasmo la collaborazione di Ricola alla mostra Pollock e gli Irascibili. Questa mostra consente ai visitatori di ammirare capolavori di action painting e di espressionismo astratto, ad opera di Jackson Pollock e dei suoi amici artisti de La Scuola di New York, ed offre a Ricola un’altra straordinaria occasione per far conoscere i suoi prodotti al grande pubblico”, afferma Luca Morari, General Manager Divita srl, azienda che distribuisce la gamma di specialità Ricola in Italia. Ricola è un’azienda familiare che vanta una lunga tradizione: fondata a Laufen, in Svizzera, da Emil Richterich nel 1930 è giunta alla terza generazioni. Da più di 80 anni Ricola è sinonimo di qualità nella produzione di specialità a base di erbe officinali naturali in più di 40 paesi al mondo. La notorietà del marchio si fonda su elementi semplici ma basilari che, tramite la tradizione nella produzione delle caramelle e delle specialità alle erbe, si coniuga con i valori distintivi del territorio. Amore per l’ambiente, rigoroso controllo della qualità e solo ingredienti naturali: questa è in sintesi la ricetta delle specialità Ricola. L’originalità del prodotto è determinata dalla miscela di 13 erbe (Pimpinella, Veronica, Malva, Menta, Millefoglio, Salvia, Altea, Marrubio, Alchemilla, Piantaggine, Sambuco, Primula, Timo) messa a punto e perfezionata nel lontano 1940, tradizionalmente utilizzata ancora oggi per tutti i prodotti Ricola. Il prodotto Ricola si colloca quindi nella centralità dei valori ambientali, culturali ed etici fortemente voluti dall’azienda, che ha sempre posto particolare attenzione e rigore nella scelta delle materie prime. Tutte le erbe impiegate vengono coltivate in territorio alpino elvetico per conto di Ricola e provengono da metodi di agricoltura biologica, vale a dire senza l’apporto di fitofarmaci e con l’ausilio di lavoro principalmente manuale. Oltre un centinaio delle aziende che coltivano per Ricola operano in regime di coltivazione biologica e vantano il marchio protetto “Gemma”, il riconoscimento concesso da Bio Suisse (l’Associazione Svizzera delle organizzazioni per l’agricoltura biologica) ottenuto in applicazione di criteri più restrittivi rispetto alle direttive europee. Ampia la gamma di gusti e di formati: i classici cristalli di zucchero con la loro tipica forma a dado, disponibili in busta e in lattina, e un assortimento di prodotti senza zucchero, in astuccio da 50 gr., costituito da dieci gusti; vanno segnalate, oltre alle classiche erbe alle 13 Erbe balsamiche, i freschi gusti Fiori di sambuco, Arancia-menta, Ribes nero, Mentolo, Melissa-limoncella, Olivello spinoso, Erbe Alpine, Eucaliptolo e, ultimo nato, Liquirizia. L’assortimento Ricola viene completato dalle benefiche tisane alle erbe svizzere. Tisane istantanee che, grazie ad un procedimento che garantisce la conservazione dell’alto contenuto di principi attivi e aromi, si preparano velocemente e semplicemente; tisane fresche e dissetanti, confezionate in barattolo da 200 grammi, e disponibili in quattro varietà: “Alle Erbe”, “Distensive-Relax”, “Camomilla” e “Melissa Limoncella” da bersi calde o fredde. www.ricola.it Palazzo Reale Milano da 24 Settembre 2013 al 16 Febbraio 2014 Lun h. 09.30 - 14.30* Mar-Dom h. 9.30 – 19.30* Gio-Sab h. 9.30 – 22.30* *[la biglietteria chiude un’ ora prima] MAGGIORI INFO: www.comune.milano.it/palazzoreale www.mostrapollock.it Milano, 23 settembre 2013 Per ulteriori informazioni Ufficio Stampa e P.R. Linda Kemp Via Carlo Freguglia, 8 a. 20122 Milano 02 45409462 lindakemp@geraldini.com La cultura ha un grande peso Coop lo sostiene da sempre Coop Lombardia è un’impresa cooperativa che opera nel campo della grande distribuzione. E’ presente nella regione con 54 punti vendita. Alla cooperativa aderiscono oltre 950.000 soci i quali sono gli unici proprietari e principali fruitori dell’attività d’impresa. La cooperazione nasce nella comunità e dai bisogni delle persone: da qui deriva la propria missione e identità per questo l’attività di Coop non ha fini di speculazione privata ed è ordinata dai princìpi costituzionali della mutualità, ovvero dello scambio reciproco tra socio e cooperativa. Scopo sociale della Cooperativa è la tutela degli interessi economici, la salute, la sicurezza delle persone e la salvaguardia dell’ambiente, favorendo una coscienza critica dei consumi; per questo Coop tutela i soci, i propri clienti e i consumatori con la propria politica commerciale e con iniziative informative, consumeriste, sociali, solidaristiche e culturali. In questo ambito Coop sostiene la mostra dedicata a Pollock a Milano, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in programma dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 a Palazzo Reale. Coop Lombardia Società Coopertativa - 02.895931 – ufficiostampa@lombardia.coop.it – www.e-coop.it COMUNICATO STAMPA NH Italia S.p.A. www.nh-hotels.it UN SOGGIORNO TRA ARTE E CULTURA CON NH HOTELES • • NH Hoteles è hotel ufficiale della mostra “POLLOCK E GLI IRASCIBILI. La scuola di New York” dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 a Palazzo Reale di Milano NH lancia un pacchetto esclusivo che include soggiorno con prima colazione “AntiOx” e biglietti per l’esposizione Milano, 23 settembre 2013. Oltre 49 capolavori provenienti dal Whitney Museum di New York in mostra a Palazzo Reale a Milano. “POLLOCK E GLI IRASCIBILI. La Scuola di New York” è la nuova esibizione che per tutti gli appassionati d’arte vale un viaggio a Milano, una delle più vivaci e originali metropoli italiane. Con NH Hoteles sarà possibile godersi un soggiorno milanese all’insegna della cultura a un prezzo speciale: le strutture della catena alberghiera, infatti, sono gli hotel ufficiali della mostra, curata da Carter Foster con la collaborazione di Luca Beatrice, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE in collaborazione con il Whitney Museum di New York. Per l’occasione NH Hoteles ha realizzato un pacchetto ad hoc che comprende pernottamento, ricca colazione a buffet con prodotti AntiOx e l’ingresso per ammirate le opere dei 18 artisti, guidati dal carismatico Pollock, definiti “Irascibili” da un celeberrimo episodio di protesta nei confronti del Metropolitan Museum of Art. Un’esperienza unica tra capolavori assoluti dell’arte da vivere soggiornando in uno degli NH Hoteles di Milano. Sarà possibile scegliere tra l’esclusivo NH Grand Hotel Verdi, i centralissimi NH President e NH Milano Touring, l’accogliente NH Machiavelli e l’eccentrico hotel di design nhow Milano. Inoltre, è disponibile la connessione Wi-Fi gratuita in tutte le strutture. La promozione è valida fino al 16 febbraio 2014, il pacchetto è disponibile a partire da € 95,00 a notte in camera Standard doppia e prevede anche, su disponibilità dell’hotel, free upgrade a Superior, late checkout alle ore 17.00 (solo la domenica) e set di cortesia “Agua de la Tierra” in camera. 1 Dipartimento Corporate Affairs and Communication – Via G. B. Pergolesi, 2 A – 20124 Milano (Italia) COMUNICATO STAMPA NH Italia S.p.A. www.nh-hotels.it NH HOTELES NH Hoteles (www.nh-hotels.com) si colloca al 3° posto nel business delle catene alberghiere europee e gestisce quasi 400 hotel con circa 60.000 camere tra Europa, America e Africa, incluse destinazioni come Berlino, Madrid, Amsterdam, Parigi, Londra, Roma, Bogotà, Città del Messico e New York. NH Hoteles è quotata alla Borsa di Madrid. Per ulteriori informazioni: NH Italia S.p.A. (NH Hoteles) Federico Filippa Communication, Public Affairs and Social Media Manager Tel.: 02 575551 Mob.: 345 3791419 e-mail: f.filippa@nh-hotels.com Competence Communication (ufficio stampa) Tomaso Bonazzi – Marilia Scavone Tel.: 02 45489954 e-mail: bonazzi@compcom.it – scavone@compcom.it Social media Facebook | Twitter | Blog 2 Dipartimento Corporate Affairs and Communication – Via G. B. Pergolesi, 2 A – 20124 Milano (Italia) C A N A L E A R T E S. R. L. Corso Tassoni, 56 – 10144 Torino Tel.: (+39) 011 4377770 Fax: (+39) 011 4377577 www.canalearte.tv info@canalearte.tv COMUNICATO STAMPA Canale ARTE mette in video la rivoluzione artistica di Pollock e degli Irascibili Inizia con “Pollock e gli Irascibili. La scuola di New York” la collaborazione che vede impegnate insieme Canale ARTE, 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore e Arthemisia Group. In occasione della mostra, prodotta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, Palazzo Reale, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE in collaborazione con il Whitney Museum di New York, che aprirà i battenti a Palazzo Reale di Milano, dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014, Canale ARTE documenterà l’evento con le proprie telecamere. Il reportage della mostra sarà trasmesso per il grande pubblico dalla piattaforma multimediale di Canale ARTE (il punto di riferimento è il sito www.canalearte.tv) mentre contenuti video premontati saranno messi a disposizione delle testate giornalistiche che ne faranno richiesta all’ufficio stampa di 24 Ore Cultura. La collaborazione prevede anche la produzione del video curatoriale, diffuso in mostra, e realizzato con la preziosa partecipazione del curatore italiano Luca Beatrice. L’obiettivo di Canale ARTE è diventare punto di riferimento nevralgico per la divulgazione culturale italiana. Canale ARTE segue gli eventi culturali in Italia e all’estero mettendoli a disposizione del pubblico in un unico grande contenitore di qualità. Canale ARTE non esiste grazie alla pubblicità ma creando collaborazioni e partnership con i principali protagonisti del sistema culturale ed economico italiano. La cultura deve essere a disposizione di tutti. Canale ARTE è la nuova realtà televisiva multimediale rivolta all’universo dell’arte. Con trasmissioni 24/7 sul digitale terrestre e via internet, Canale ARTE aspira a diventare un punto di riferimento nel panorama dell’arte italiano proponendo contenuti d’alto valore culturale al pubblico nazionale e internazionale. Oltre alla diffusione di una più cosciente cultura dell’arte nel pubblico televisivo e web-televisivo, tra gli obiettivi di Canale ARTE spiccano la collaborazione con le istituzioni, dalle soprintendenze ai musei, e con i player del mercato dell’arte, dalle fiere alle mostre private. Canale ARTE è dal 2013 sponsor tecnico delle mostre “Pollock e gli Irascibili. La scuola di New York” e “Warhol”. La programmazione di Canale ARTE è composta solamente da contenuti d’alto profilo e riguarda “l’universo arte” in tutti i suoi aspetti. Canale ARTE trasmette: documentari sugli artisti e sui luoghi dell’arte; notizie e reportage dalle fiere; dirette dagli eventi culturali e dalle principali aste nazionali; talkshow; spettacoli. Canale ARTE è visibile worldwide tramite la trasmissione live su www.canalearte.tv e sul Canale 98 del digitale terrestre piemontese. Canale Arte S.r.l. | P. IVA/C.F.: 10757370019 | REA: TO–1159410 | ROC: 23432 | C.s. € 20.000