Chirurgia Neonatale delle Malformazioni dell`intestino primitivo di
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Chirurgia Neonatale delle Malformazioni dell`intestino primitivo di
CHIRURGIA NEONATALE DELLE MALFORMAZIONI DELL’INTESTINO PRIMITIVO DI MAGGIORE INCIDENZA Dello stesso Editore BAILEY - Semeiotica chirurgica. I segni fisici nella clinica chirurgica BASMAJIAN - Riabilitazione medica BAZAN - Le suturatrici meccaniche in chirurgia CANUTO/TOVO - Medicina legale e delle assicurazioni CATALIOTTI - Elementi di chirurgia pediatrica CEVESE/CHIAPPETTA - Patologia iatrogena del paziente chirurgico CHIARANDA - Guida illustrata delle emergenze COLOMBRARO - Pediatria per i CDU DADDI/PASARGIKLIAN/ALLEGRA/MANCINI - Trattato di pneumologia DE NEGRI - Manuale di neuropsichiatria infantile DEL GAUDIO - Anatomia chirurgica e corso di operazioni DODI - Colon-proctologia ambulatoriale. Trattato per i chirurghi, gastroenterologi e medici pratici DOMINI - L’ipertensione portale dell’infanzia DOMINI - Chirurgia delle ernie diaframmatiche e del reflusso gastroesofageo DOMINI-LIMA - Chirurgia delle malformazioni digestive DOMINI/DE CASTRO- Chirurgia delle malformazioni urinarie e genitali DOMINI/BELBUSTI/LIMA/SIGNORETTI/JASONNI - Argomenti di andrologia chirurgica pediatrica DOMINI/MICCOLI/SPINELLI/FEDERICI - Endocrinopatie pediatriche d’interesse chirurgico FEGIZ - Il cancro del retto FEGIZ/MARRANO/RUBERTI - Manuale di chirurgia generale FORFAR/ARNEIL - Trattato di pediatria FRADA’ - Semeiotica medica nell’adulto e nell’anziano FRANCHINI/CALZOLARI - L’educazione alimentare nell’età evolutiva GAVELLI/LENTINI - Guida alla diagnostica per immagini con le tecniche computerizzate GOGLIA - Embriologia umana GREESPAN - Endocrinologia clinica HENRY - Le vie d’accesso allargabili HESS - Le malattie delle vie biliari e del pancreas KATZUNG - Farmacologia generale clinica KEIGHLEY/WILLIAMS - Chirurgia di ano-retto e colon MACCABRUNI/ CASELLI - l’AIDS pediatrico MAINGOT - Chirurgia addominale MAZZEO/FORESTIERI - Trattato di chirurgia oncologica MAZZUCCATO - Anatomia radiologica, tecnica e metodologia propedeutiche alla diagnostica mediante immagini McBRYDE - Segni e sintomi OTTOLENGHI - Urologia pediatrica VAUGHAN - Atlante di urologia pediatrica CLAUDIO SPINELLI Chirurgia Generale II - Dipartimento di Chirurgia Università degli Studi di Pisa CHIRURGIA NEONATALE DELLE MALFORMAZIONI DELL’INTESTINO PRIMITIVO DI MAGGIORE INCIDENZA Presentazione dei Professori PAOLO MICCOLI Ordinario di Chirurgia Generale Direttore Chirurgia Generale II Università degli Studi di Pisa REMIGIO DÒMINI Ordinario di Chirurgia Pediatrica Direttore Scuola di Specializzazione in Chirurgia Pediatrica Università degli Studi di Bologna PICCIN TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo (compresi fotocopie e microfilms) senza il permesso scritto dell’Editore ISBN 88-299-1626-9 Stampato in Italia © 2001 by Piccin Nuova Libraria, S.p.A. - Padova INDICE GENERALE Presentazione del Prof. P. Miccoli 7 Presentazione del Prof. R. Dòmini 9 Prefazione dell’autore 11 PARTE I: INTESTINO PRIMITIVO I. Embriologia e classificazioni dell’intestino primitivo 15 PARTE II: INTESTINO ANTERIORE (FOREGUT) 29 III. IV. V. POLMONE Embriologia del diverticolo respiratorio ed anomalie congenite Malformazione adenomatosa cistica congenita Cisti broncogena Sequestrazione polmonare VI. VII. VIII. ESOFAGO Esofago: embriologia ed anomalie congenite Atresia esofagea Fistola tracheo-esofageo isolata ad “H” 45 47 51 67 IX. X. XI. XII. STOMACO Stomaco: embriologia ed anomalie congenite Atresia antro-prepilorica Atresia pilorica Stenosi ipertrofica del piloro 69 71 75 77 79 XIII. XIV. XV. VIE BILIARI EXTRAEPATICHE 83 Embriologia del diverticolo epatico ed anomalie congenite 85 Atresia delle vie biliari extraepatiche 89 Dilatazione cistica del coledoco 97 II. 5 31 35 39 41 INDICE XVI. XVII. XVIII. XIX. PANCREAS Embriologia del pancreas ed anomalie congenite Pancreas anulare Fibrosi cistica (Ileo da meconio) Iperplasia pancreatica (Nesidioblastosi neonatale) 101 103 107 111 117 PARTE III: INTESTINO MEDIO (MIDGUT) XX. XXI. XXII. XXIII. XXIV. XXV. TENUE-COLON DESTRO Embriologia dell’intestino medio ed anomalie congenite Atresia e stenosi duodenale Atresia digiunale ed ileale Anomalie di rotazione e di fissazione dell’intestino medio (Malrotazioni intestinali) Duplicazioni dell’intestino medio Patologia del dotto onfalo-enterico 125 127 131 137 145 153 159 PARTE IV: INTESTINO POSTERIORE (HINDGUT) COLON-RETTO XXVI. Embriologia dell’intestino posteriore ed anomalie congenite XXVII. Atresia del colon XXVIII. Malformazioni ano-rettali XXIX. Megacolon agangliare congenito (Malattia di Hirschsprung) 171 Letture consigliate 223 6 173 177 181 205 PRESENTAZIONE Una monografia delle malformazioni di interesse chirurgico a partenza dall’intestino primitivo giunge nel panorama editoriale medico in modo opportuno. Questo volume infatti, che si indirizza a studenti e specializzandi, consente a questi di utilizzare un itinerario culturale ed intellettuale uniforme per tutta la patologia congenita del tubo digerente e dell’apparato respiratorio. Tale itinerario è svolto secondo i più moderni indirizzi embriologici e le diverse patologie sono tracciate con estrema chiarezza didattica, senza per questo rinunciare ad approfondimenti culturali agili ma rigorosi. Un’opera, questa di Claudio Spinelli, alla quale non sembra arduo pronosticare un ampio successo presso un vasto pubblico che certamente apprezzerà anche l’accurata iconografia e l’estrema facilità di consultazione. Prof. Paolo Miccoli Ordinario di Chirurgia Generale Direttore: Chirurgia Generale II Università degli Studi di Pisa 20 giugno 2001 7 PRESENTAZIONE Quando voglio saggiare l’effettiva preparazione di uno Studente gli chiedo quali sono le malformazioni viscerali - fatte oggetto di chirurgia neonatale - attribuibili ad errori di sviluppo delle tre componenti dell’intestino primitivo. Nella maggioranza dei casi l’esaminato si trova in grossa difficoltà e spesso fa “scena muta”. Eppure egli sa ben rispondere sull’aspetto diagnostico, clinico e terapeutico, di quelle patologie congenite; ma manca di precise conoscenze sui loro raccordi con le varie tappe dell’organogenesi, forse perchè, a lezione, nè l’Embriologo ha pensato di sviluppare le devianze malformative del disco germinale trilaminare, nè il Chirurgo pediatrico ha mai cercato d’inquadrare le principali anomalie dell’apparato intestinale, bilio-pancreatico e broncopolmonare, in riferimento alla loro comune origine dal foglietto germinativo endodermico. Con ciò creando mancanza di comprensione di alcuni aspetti patogenetici quali, ad esempio, la possibile coesistenza di associazioni malformative fra apparati che, pur così distinti e distanti dal punto di vista anatomico, in realtà, sotto quello embriologico, non lo sono affatto: perchè sono tutti originari dall’intestino primitivo. Ricordo che Claudio Spinelli aveva avvertito il bisogno di colmare questa lacuna - riportando lo spettro delle principali anomalie congenite viscerali alla loro origine dall’intestino primitivo - fin da quando frequentava le lezioni sulla chirurgia neonatale, in qualità di Specializzando in Chirurgia pediatrica, in Bologna, negli anni ’80. E so anche - per i rapporti clinici e scientifici che poi ha conservato col nostro Istituto - che questa necessità di chiarezza si è fatta in lui più immanente quando al crescente personale cimento operativo nella Disciplina si sono aggiunti carici didattici in materie chirurgiche e pediatriche presso l’Università di Pisa. Penso che per Claudio Spinelli la stesura di queste pagine sia costata poca fatica, trattandosi di una “messa a punto” voluta, innanzitutto, per sè stesso: e quindi fatta con tutto il piacere che proviene da un arricchimento culturale. Di questo elaborato io apprezzo l’originalità, per i motivi prima espo9 INTESTINO PRIMITIVO sti; ed anche la valenza didattica, per l’essenzialità e la qualità del contenuto e per l’ideazione, personalizzata e semplice, dei disegni che corredano il testo. L’opera è un utile rudimento per lo Studente e lo Specializzando in Pediatria (medica e chirurgica); è una piattaforma sulla quale potrà posarsi chi abbia bisogno di un inquadramento generale di queste patologie e dalla quale potrà partire chi voglia entrare nello specifico, attingendo all’elenco di recenti e selezionati riferimenti bibliografici internazionali, consultati dall’Autore e quindi proposti come “Letture consigliate”. Spero che questa Monografia “chirurgica”, così diversa da tante altre in questo campo - e già a partire dal titolo, volutamente riferito alla sola matrice embriologica, col rischio di risultare poco “allettante” per il clinico e il professionista - possa godere del rispetto che meritano quelle attività editoriali che, più che il profitto, cercano un Lettore giovane, “curioso”, col quale entrare in sintonia. Prof. Remigio Dòmini Ordinario di Chirurgia Pediatrica nell’Università degli Studi di Bologna Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Pediatrica Bologna, 10 luglio 2001 10 PREFAZIONE Questa monografia dedicata alle malformazioni congenite a partenza dall’intestino primitivo, si propone di essere un compendio utile per i colleghi specialisti e specializzandi, in particolare per gli inscritti alle Scuole di Chirurgia Generale e Chirurgia Pediatrica ma anche per coloro che frequentano branche pediatriche non chirurgiche, che si trovano, nella loro pratica quotidiana, a contatto con piccoli pazienti affetti da anomalie del tratto digestivo di interesse chirurgico. La conoscenza delle complesse malformazioni dell’intestino primitivo e delle interessanti correlazioni cliniche - embriologiche può rappresentare inoltre un arricchimento culturale per gli studenti del Corso di laurea in Medicina e Chirurgia. L’opera rappresenta una selezione delle più comuni malformazioni congenite del tubo digerente. Il suo piano si compone di quattro parti: la prima comprende lo sviluppo dell’intestino primitivo e la sua classificazione; le altre comprendono l’intestino anteriore, che si estende dal diverticolo respiratorio all’abbozzo epatico, e dà origine alla trachea, ai bronchi, ai polmoni, all’esofago, allo stomaco, alla porzione duodenale prossimale alla papilla di Vater ed al sistema biliare,fegato,pancreas;l’intestino medio forma l’ansa intestinale primitiva che dà origine alla porzione del duodeno sotto la papilla, alle anse digiunali, ileali ed al colon fino alla giunzione dei due terzi prossimali con il terzo distale del colon trasverso; l’intestino posteriore dà origine al tratto che si estende dal terzo distale del colon trasverso alla porzione superiore del canale anale. A partire dallo sviluppo embriologico di ciascuna porzione dell’intestino primitivo,viene trattata la principale rispettiva malformazione. Ogni argomento viene suddiviso, didatticamente, da un punto di vista epidemiologico, anatomo-patologico, clinico, diagnostico e terapeutico. Le tecniche chirurgiche sono accuratamente descritte e particolare attenzione è rivolta anche agli attuali approcci laparoscopici. Tutti i capitoli sono arricchiti, per semplificare i concetti più complessi, da tabelle e da numerosi disegni schematici. 11 INTESTINO PRIMITIVO – – – – – Un ringraziamento particolare viene da me riservato: alla Prof.ssa Maria Grieco, dell’Istituto di Embriologia ed Anatomia Umana Normale dell’Università di Pisa, per la consulenza sui vari aspetti dell’embriogenesi. al Dott. Paolo Signoretti per la sua preziosa attività redazionale nella preparazione del volume. alla Dott.ssa Alessia Bertocchini che con dedizione e pazienza ha affrontato la redazione del manoscritto. alla Sign.ra Elvira Colognoli che si è prodigata collaborando alla ideazione dei disegni. alla Sign. Gloria Tracci per la consulenza editoriale Claudio Spinelli 12 PARTE I INTESTINO PRIMITIVO CAPITOLO I EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO Dalla 3° alla 8° settimana, di sviluppo, periodo embrionale o periodo dell’organogenesi, ciascuno dei tre foglietti germinativi da origine a tessuti ed organi specifici. Come conseguenza dell’organogenesi, alla fine dell’8° settimana, sono riconoscibili le principali caratteristiche della conformazione corporea esterna. Il periodo che va dall’inizio del 3° mese alla fine della vita intrauterina è definito periodo fetale. Esso è caratterizzato dalla maturazione dei tessuti e degli organi e dalla rapida crescita corporea. Poche malformazioni si verificano in questo periodo, mentre il periodo più critico, in cui si verificano i difetti strutturali maggiori, è quello che va dalla 3° alla 8° settimana. La fase iniziale dello sviluppo è caratterizzato dalla segmentazione della cellula uovo fecondata e dall’annidamento della blastocisti nella decidua; la cellula uovo si segmenta fino allo stadio di morula. Le cellule interne della morula costituiscono la massa cellulare interna che darà origine ai tessuti dell’embrione, mentre le cellule che la circondano costituiscono la massa cellulare esterna che concorrerà alla costituzione della placenta. All’epoca in cui la morula entra nella cavità uterina, incomincia a penetrare del liquido attraverso il suo rivestimento (zona pellucida) negli spazi intercellulari della massa cellulare interna, fino a formare un’unica cavità, il blastocele. In questa fase l’embrione viene definito blastocisti. Le cellule della massa cellulare interna sono localizzate ad un polo (embrioblasto), mentre quelle della massa cellulare esterna, trofoblasti, diventano piatte e formano la parete epiteliale della blastocisti (trofoblasto) (Fig. 1.1) Durante il 7°- 8° giorno di sviluppo, nell’area sovrastante l’embrioblasto, il trofoblasto si differenzia in due strati: uno strato interno il citotrofoblasto ed una zona esterna sinciziotrofoblasto. Contemporaneamente anche le cellule della massa cellulare interna o embrioblasti si differenziano in 2 strati, uno strato ipoblastico adiacente alla cavità della blastocisti ed uno strato epiblastico sovrastante che insieme costituiscono il disco germinale bilaminare. Nel contesto dell’epiblasto 15 INTESTINO PRIMITIVO Fig. 1.1 - Blastocisti Massa cellulare interna o embrioblasto Cavità blastocistica Massa cellulare esterna o trofoblasto compare una piccola cavità, che si espande e diventa la cavità amniotica. Dalle cellule dell’ipoblasto si forma una sottile membrana (di Heuser), che riveste la cavità esocelomatica (sacco vitellino primitivo) (Fig. 2.1) Nella 3° settimana di sviluppo si verifica il fenomeno della gastrulazione, che porta alla comparsa del disco germinale trilaminare, costituito dai tre foglietti germinali dell’embrione: l’ectoderma, l’entoderma e il mesoderma. Le cellule dell’epiblasto proliferano lungo la linea primitiva e migrano verso l’interno, con un movimento di invaginazione, tra l’epiblasto e l’ipoblasto.Alla fine di questo processo di gastrulazione le cellule che rimangono nell’epiblasto formano l’ectoderma, quelle dell’ipoblasto formano l’entoderma, mentre le altre che sono andate a disporsi tra i due foglietti costituiscono il mesoderma. Nelle fasi successive il disco embrionale si trasforma da una struttura piatta in una struttura tridimensionale, grazie ad un processo di crescita e di allungamento per una continua migrazione di cellule, che avviene in direzione anteriore, laterale e cranio caudale. Il foglietto germinativo ectodermico va incontro ad un processo complesso che porta alla formazione della placca neurale, i cui margini laterali si sollevano a formare le pieghe neurali, mentre la regione mediana infossata forma una doccia (doccia neurale). Con l’avvicinamento e la fusione tra loro lungo la linea mediana delle pieghe neurali si forma il tubo neurale. 16 CAPITOLO I EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO Fig. 2.1 - Sezione di una blastocisti Sincizio trofoblasto Citotrofoblasto Cavità amniotica Epiblasto Ipoblasto Cavità esocelomatica (sacco vitellino primitivo) Membrana di Heuser Fino a quando la fusione non è completata, l’estremità cefalica e caudale del tubo neurale comunicano con la cavità amniotica tramite i neuropori rispettivamente craniale e caudale. Con la chiusura dei neuropori il sistema nervoso centrale è rappresentato da una porzione centrale ristretta, il midollo spinale ed una porzione cefalica più ampia, le vescicole encefaliche. Alcune cellule della porzione laterale delle pieghe neurali si separano dando origine ad una popolazione cellulare nota con il termine di cresta neurale: esse per migrazione attiva daranno origine ad un gruppo eterogeneo di tessuti, che comprendono i neuroni sensitivi dei gangli spinali, i neuroni post gangliari del sistema autonomo; i gangli dei nervi cranici V, VII,VIII, IX e X; le cellule di Schwann; le meningi; i melanociti; la midollare della ghiandola surrenalica; paragangli; corpi aortici e le cellule parafollicolari (cellule C )della tiroide. Dall’ectoderma si svilupperanno gli epiteli neuronali dell’orecchio, del naso e dell’occhio; inoltre esso darà origine all’epidermide, alle ghiandole del sottocute, ai peli, alle unghie,alla ghiandola mammaria ed all’ipofisi. Il foglietto germinativo mesodermico (con le sue componenti: mesoderma parassiale, intermedio e laterale) forma i somitomeri che danno origine al mesenchima del capo e si organizza nei somiti, nei segmenti occipitali e caudali.I somiti danno origine ai miotomi (tessuto muscolare), agli 17 INTESTINO PRIMITIVO sclerotomi (cartilagine ed osso) ed ai dermatomi (tessuto sottocutaneo) che rappresentano insieme il tessuto di sostegno del corpo. Dal mesoderma deriva anche il cuore, le arterie, le vene, i vasi linfatici e tutte le cellule ematiche e linfatiche.Inoltre esso da origine al sistema urogenitale (reni, gonadi ed i loro dotti), alla milza, alla corticale del surrene,al pericardio,al peritoneo ed alla pleura. Il foglietto germinativo entodermico forma il sistema digerente (l’epitelio di rivestimento ,le ghiandole intestinali,il fegato ,il pancreas);l’epitelio della tuba uditiva e cavità timpanica;la tiroide, la paratiroide,il timo e l’epitelio delle vie respiratorie. La formazione dell’intestino primitivo di tipo tubulare è un evento passivo e consiste nell’invaginazione ed incorporazione parziale del sacco vitellino, rivestito dall’endoderma. La sua formazione dipende in gran parte dalle pieghe cefalo-caudale e laterali dell’embrione. Il processo d’incurvamento embrionale cefalo-caudale è causato dal rapido allungamento del sistema nervoso centrale, mentre il ripiegamento in senso trasversale o laterale è prodotto dalla formazione dei somiti che si accrescono rapidamente. Come risultato di questi movimenti di ripiegamento cefalo-caudale, l’ampia comunicazione iniziale tra embrione e sacco vitellino si riduce fino a residuare un lungo e ristretto condotto rappresentato dal dotto vitellino o dotto onfalomesenterico che connette il sacco vitellino con l’intestino primitivo.(Fig. 3.1) (Fig.4.1).Questo dotto inizialmente è ampio, ma con l’ulteriore sviluppo dell’embrione si restringe e si allunga. Nella specie umana il sacco vitellino è rudimentale ed ha un ruolo nutritivo solo negli stadi precoci di sviluppo, ma successivamente regredisce e scompare. Con l’evoluzione del processo di incurvamento cefalo-caudale, si viene a formare una lunga e più ampia cavità cilindrica rivestita dall’endoderma incorporata nell’embrione. Nella porzione anteriore, l’entoderma forma l’intestino anteriore; nella regione caudale forma l’intestino posteriore e nella parte intermedia, l’intestino medio. L’intestino medio è in comunicazione mediante il dotto vitellino con il sacco vitellino. L’estremità cefalica dell’intestino anteriore è transitoriamente chiusa da una membrana ectodermica-endodermica chiamata membrana buccofaringea.Essa si disgrega, perforandosi, alla fine della 3° settimana, stabilendo una comunicazione tra l’intestino primitivo e la cavità amniotica, tramite lo stomodeo (apertura buccale primitiva di origine ectodermica). L’estremità caudale dell’intestino posteriore (cloaca) termina transito18 CAPITOLO I EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO Fig. 3.1 - Ripiegamento cefalocaudale dell’embrione 5 1 2 3 4 7 5 1 2 3 4 5 6 7 8 6 8 6 - Cavità ammiotica Ectoderma Endoderma Cavità esocelomatica (sacco vitellino primitivo) - Intestino Ant. - Intestino Post. - Allantoide - Intestino medio riamente con una membrana ectodermica-endodermica denominata membrana cloacale;essa si forma all’estremità caudale del disco embrionale ed è costituita solamente da cellule ectodermiche ed endodermiche (manca il mesoderma). Essa si perfora alla 9° settimana mettendo in comunicazione l’intestino posteriore con il proctodeo ,invaginazione dell’ectoderma. Quando compare la membrana cloacale la parete posteriore del sacco vitellino forma un piccolo diverticolo, il diverticolo allantoenterico o allantoide. L’allantoide in alcuni vertebrati inferiori serve da serbatoio per i prodotti escreti dal sistema renale, nell’uomo rimane rudimentale, ma può essere coinvolto nella formazione di anomalie nello sviluppo della vescica (fistola, cisti e seno uracale). Durante lo sviluppo infatti l’allantoide è in continuazione con la vescica; successivamente il lume dell’allantoide si oblitera e si forma uno spes19 INTESTINO PRIMITIVO Fig. 4.1 - Ripiegamento laterale dell’embrione 1 3 4 2 2 3 1 2 3 4 5 - Cavità amniotica - Sacco vitellino - Tubo neurale - Intestino - Cavità celomatica intraembrionaria 4 5 so cordone fibroso, l’uraco che unisce l’apice della vescica con l’ombelico.Nell’adulto questo legamento è noto con il nome di legamento ombelicale medio. La porzione distale dell’allantoide ed il dotto vitellino dalla 5° settimana si uniscono per dare origine insieme ai vasi ombelicali al cordone ombelicale primitivo (Fig. 4.1). Dall’intestino primitivo anteriore, che dalla membrana bucco-faringea si estende verso il basso fino al diverticolo epatico o abbozzo epatico, deriva il faringe, l’esofago, la trachea, i polmoni, lo stomaco, il duodeno (prima porzione e metà superiore della seconda), il coledoco, il fegato, il sistema biliare e pancreas. Dall’intestino primitivo medio, che inizia caudalmente all’abbozzo epatico e che si estende sino al punto in cui, nell’adulto, si localizza la 20 CAPITOLO I EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO Fig. 5.1 - Sezione sagittale di embrione Intestino anteriore Diverticolo respiratorio Stomaco Stomodeo Abbozzo epatico Abbozzo pancreatico Cordone ombelicale Dotto vitellino Intestino medio (ansa intest. primitiva) Allantoide (vescica) Cloaca Intestino posteriore giunzione dei due terzi di destra con il terzo sinistro del colon trasverso, deriva la metà inferiore della seconda porzione, la terza e la quarta porzione del duodeno, il digiuno, l’ileo, il cieco, l’appendice, il colon ascendente ed i primi due terzi del colon trasverso. Dall’intestino posteriore, che si estende dal terzo sinistro del colon trasverso fino alla membrana cloacale, deriva il terzo distale del colon trasverso, il colon discernente, il sigma, il retto e la parte superiore del canale anale (2/3 prossimali). (Tabella 1) EMBRIOLOGIA DELLA CAVITÀ E DELLE PARETI ADDOMINALI Alla fine della 3° settimana, il mesoderma intraembrionale si differenzia da ciascun lato della linea mediana in una porzione parassiale, in una intermedia ed in una placca laterale. La posizione laterale si divide in due strati: il mesoderma somatico ed il mesoderma splancico. Quest’ultimo continua con il mesoderma nella parte del sacco vitellino. Lo spazio che si 21 INTESTINO PRIMITIVO Tab. 1 - Intestino primitivo: classificazione Anteriore (foregut) Medio (midgut) Posteriore (hindgut) • • • • • • • • Faringe Esofago Stomaco Duodeno (1° porzione) Coledoco Fegato Sistema biliare Pancreas • • • • • • Duodeno (2° porzione) Digiuno Ileo Cieco Colon discendente Colon trasverso (2/3 prossimali) • • • • • Colon trasverso (2/3 distale) Colon discendente Sigma Retto Canale anale (2/3 prossimali) viene a delimitare tra lo strato somatico e splancnico costituisce il celoma intraembrionale (cavità corporea). Il celoma intraembrionale ed il celoma extraembrionale sono in comunicazione nelle fasi iniziali, ma successivamente con la fase dell’incurvamento cefalo-caudale e laterale, questa connessione si perde.In tal modo viene a formarsi un’ampia cavità celomatica intraembrionale che si estende nel torace fino alla regione pelvica. Un incompleto sviluppo della parete corporea determina difetti come la fessurazione dello sterno, l’onfalocele e la gastroschisi. Le cellule del mesoderma somatico danno origine al peritoneo parietale della cavità addominale pleurica e pericardica; quelle del mesoderma splacnico danno origine al peritoneo viscerale che riveste gli organi addominali, i polmoni ed il cuore. I foglietti parietali e viscerali proseguono uno nell’altro al livello del mesentere dorsale che tiene sospeso il canale intestinale alla cavità peritoneale. 22 CAPITOLO I EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO Il mesentere dorsale, decorre senza interruzione dall’intestino anteriore al posteriore; mentre il mesentere ventrale esiste solo dall’estremità caudale nell’intestino anteriore fino alla porzione inferiore del duodeno e deriva da un assottigliamento del mesoderma del setto trasverso. All’interno dei mesenteri decorrono i vasi ematici, linfatici, e nervi diretti agli organi. 23 PARTE II INTESTINO ANTERIORE (FOREGUT) INTESTINO ANTERIORE (FOREGUT) Tipo B (11%) Tipo A (83%) Tipo C (6%) Tipo I Tipo II II. III. IV. V. Tipo III POLMONE Embriologia del diverticolo respiratorio ed anomalie congenite Malformazione adenomatosa cistica congenita Cisti broncogena Sequestrazione polmonare XI. XII. VIE BILIARI EXTRA EPATICHE XIII. Embriologia del diverticolo epatico XIV. Atresia delle vie biliari extraepatiche XV. Dilatazione cistica del coledoco ESOFAGO VI. Embriologia dell’esofago ed anomalie congenite VII. Atresia esofagea VIII. Fistola tracheo-esofagea isolata, ad “H” IX. X. Atresia pilorica Stenosi ipertrofica del piloro PANCREAS XVI. Embriologia del pancreas ed anomalie congenite XVII. Pancreas anulare XVIII.Fibrosi cistica (Ileo da meconio ) XIX. Iperplasia pancreatica (Nesidioblastosi neonatale) STOMACO Embriologia dello stomaco ed anomalie congenite Atresia antro-pre pilorica 27 POLMONE EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO RESPIRATORIO ED ANOMALIE CONGENITE MALFORMAZIONE ADENOMATOSA CISTICA CONGENITA CISTI BRONCOGENA SEQUESTRAZIONE POLMONARE CAPITOLO II EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO RESPIRATORIO ED ANOMALIE CONGENITE Nella quarta settimana di vita intrauterina, compare un’evaginazione a livello della parete ventrale dell’intestino anteriore che rappresenta l’abbozzo polmonare o diverticolo respiratorio. L’epitelio che riveste interamente il laringe, la trachea ed i bronchi è completamente di origine endodermica,mentre le strutture cartilaginee e muscolari della trachea e dei polmoni derivano dal mesoderma splancnico che avvolge l’intestino anteriore. Lo sviluppo del diverticolo respiratorio avviene grazie alla formazione di due pieghe laterali o creste esofago-tracheali che si fondono per formare un setto esofago tracheale che divide l’intestino anteriore in una porzione dorsale, l’esofago, ed in una ventrale, la trachea e gli abbozzi polmonari.(Fig. 6.2) L’abbozzo respiratorio mantiene la sua comunicazione con il faringe attraverso l’orifizio laringeo; da esso si forma la trachea e due estroflessioni laterali, gli abbozzi bronchiali. Questi ultimi si allargano progressivamente per formare i bronchi principali destro e sinistro. Dal bronco destro originano tre bronchi secondari, mentre dal sinistro due, con la successiva conformazione dei tre lobi polmonari destri e due a sinistra. La cavità celomatica viene gradatamente riempita dagli abbozzi polmonari in espansione che penetrano attraverso i canali pericardioperitonali. Questi ultimi sono separati mediante le pieghe pleuroperitonali e pleuropericardiche delle cavità peritoneali e pericardica. Gli spazi residui vanno a costituire le primitive cavità pleuriche. (Fig. 7.2) Il mesoderma che riveste la superficie esterna dei polmoni diventerà la pleura viscerale, mentre quello che riveste la parete, pleura parietale. I bronchi secondari si dividono più volte dicotomicamente formando i bronchi terziari (10 a destra e 8 a sinistra) che configurano nell’adulto i segmenti broncopolmonari. Fino al settimo mese di vita i bronchioli si dividono in continuazione in molti canali sempre più piccoli (fase canalicolare) fino alla formazione degli alveoli primitivi,costituiti da cellule sottili e piatte (cellule alveolari epiteliali di 1° tipo) intimamente associate a minuscoli capillari sanguigni e linfatici, tali da poter garantire, già al 7° mese, 31 INTESTINO ANTERIORE: POLMONE Fig. 6.2 - Blastocisti 1 2 2 2 1 1 1. Diverticolo respiratorio 2. Esofago un adeguato scambio gassoso. Per tale motivo un neonato anche se prematuro può sopravvivere. Le cellule alveolari epiteliali di II tipo producono il surfattante, un fluido ricco di fosfolipidi.; il liquido che riempie i polmoni viene assorbito, eccetto il surfattante, che servirà a prevenire, all’inizio della respirazione, il collasso degli alveoli durante l’espirazione diminuendo la tensione superficiale nell’interfaccia alveolo-capillare sanguigno. Le malformazioni dell’apparato respiratorio, derivate dall’intestino primitivo, di interesse chirurgico, sono riportate nella (Tab.I). 32 CAPITOLO II EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO RESPIRATORIO ED ANOMALIE CONGENITE Fig. 7.2 - Sviluppo della trachea e dei polmoni Trachea Abbozzi polmonari Bronco sinistro Lobo superiore destro Lobo superiore sinistro Lobo medio Lobo inferiore destro Lobo inferiore sinistro Tab. 1 - Anomalie della trachea e dei polmoni ANOMALIA SINTOMATOLOGIA Atresia Tracheale Stenosi congenita tracheale Tracheo broncomegalia Agenesia bilaterale polmonare Agenesia unilaterale e ipoplasia polmonare Anomalie della lobulazione Isomerismo polmonare Cisti congenite respiratorie – Broncogene – Polmonari – Adenomatosi cistica alla nascita alla nascita alla nascita alla nascita infanzia infanzia infanzia infanzia infanzia infanzia alla nascita Anomalie della vascolarizzazione – Sequestrazione intralobare – Sequestrazione extralobare (polmone accessorio) – Arterie aberranti polmonari – Assenza di una o entrambe arterie polmonari – Arterie accessorie – Coartazione dell’arteria polmonare – Fistola polmonare artero-venosa – Anomalie drenaggio venoso tutte le età tutte le età alla nascita alla nascita alla nascita alla nascita alla nascita alla nascita * in grassetto le anomalie trattate nel testo 33 CAPITOLO III MALFORMAZIONE ADENOMATOSA CISTICA CONGENITA La malformazione adenomatosa cistica congenita, (MAC) fa parte, insieme alla cisti broncogena ed alla sequestrazione intralobare, della malattia congenita cistica del polmone (Tab.I). Essa è una malformazione polmonare riferita ad una alterazione embriogenetica più tardiva di quella della cisti broncogena a sede mediastinica. Essa è caratterizzata da una eccessiva suddivisione dei bronchioli terminali a scapito degli alveoli; in genere e monolaterale con interessamento prevalente nel lobo inferiore sinistro, più raramente interessa più lobi dello stesso polmone o entrambi. Macroscopicamente la malformazione adenomatosa consiste in una massa multicistica. Si classificano tre forme principali di cisti: tipo primo (70% dei casi), cisti singola o multipla di diametro maggiore di due centimetri, riferibili ad alveoli normali tappezzati da un epitelio ciliato pseudostratificato. Tipo secondo (20% dei casi), aggregati di cisti di diametro compreso tra 0,5 e 2 centimetri rivestiti da un epitelio cubico o colonnare con assenza di tessuto cartilagineo e di cellule mucipare, frequentemente talòe affezione è associata ad altre malformazioni come la sindrome di Prune-Belly, pectus excavatum, idrocefalo ed anencefalo. Tipo terzo (10% dei casi): cisti numerosissime con diametro inferiore a cinque millimetri (fig. 8.3). Le cisti sono rivestite da epitelio pseudo stratificato colonnare ciliato con cellule mucipare ed elementi cartilaginei. SINTOMATOLOGIA: le cisti molto voluminose determinando compressione e slargamento mediastinico. Le forme di secondo e terzo tipo sono incompatibili con la vita e costituiscono reperti occasionali necroscopici di feti nati morti. Clinicamente tale malformazione si manifesta con distress respiratorio progressivo. Nelle forme più favorevoli in cui la sintomatologia compare dopo il periodo neonatale,può essere caratterizzata da broncopolmoniti recidivanti per una sovra infezione batterica. DIAGNOSI: viene eseguita mediante esame ecografico durante la gravi35 INTESTINO ANTERIORE: POLMONE Tab. 1 - Patologia polmonare congenita A) MALATTIE CONGENITE CISTICHE DEL POLMONE • • • • CISTI BRONCOGENA MEDIASTINICA CISTI BRONCOGENA PERIFERICA MALFORMAZIONE ADENOMATOSA CISTICA DEL POLMONE SEQUESTRAZIONE POLMONARE INTRALOBARE B) MALATTIE CONGENITE NON CISTICHE DEL POLMONE • • • • AGENESIA POLMONARE MONO/BILATERALE APLASIA POLMONARE IPOPLASIA POLMONARE SEQUESTRAZIONE EXTRALOBARE (POLMONE ACCESSORIO INFERIORE) ENFISEMA LOBARE CONGENITO FISTOLA ARTERO-VENOSA POLMONARE • • Fig. 8.3 - Malformazione adenomatosa cistica congenita Tipo I Tipo III Tipo II 36 CAPITOLO III MALFORMAZIONE ADENOMATOSA CISTICA CONGENITA danza. La compressione dell’esofago e, quindi, la difficoltà di deglutizione del liquido amniotico causano polidramnios, mentre la compressione dei grossi vasi venosi del mediastino (vena cava) è responsabile dell’anasarca fetale. TERAPIA: se la diagnosi di MAC viene fatta precocemente si possono eseguire decompressioni in utero mediante shunt tra cavità cistica polmonare ipertesa e liquido amniotico Se la diagnosi di MAC viene fatta dopo la 32° settimana di gestazione è indispensabile valutare la necessità di un parto prematuro ed una precoce conversione chirurgica dopo la nascita con exeresi del lobo o del legamento colpito. Se la malformazione è asintomatica in età neonatale si segue con un attento follow-up clinico e strumentale poiché alcune MAC possono ridursi di volume o anche scomparire. L’RX standard del torace, RM o TAC, scintigrafia polmonare, broncoscopia, angiografia o angio RM sono le indagini strumentali da eseguire; utili nella diagnosi differenziale tra enfisema lobare, sequestrazione polmonare o ernia diaframmatica. 37 CAPITOLO IV CISTI BRONCOGENA Le cisti broncogene vengono classificate in “mediastiniche” e “periferiche”. La cisti broncogena a localizzazione mediastinica rappresenta la degenerazione cistica di un abnorme sviluppo dell’abbozzo respiratorio dell’intestino primitivo anteriore. Le cisti sono nella maggior parte dei casi localizzate nel mediastino posteriore a livello retrotracheale o carenale; meno frequentemente in sede paratracheale, ilare e paraesofagea. Macroscopicamente sono uniloculate, raramente multiloculate. Microscopicamente sono costituite da epitelio tipo cuboide, in parte ciliato, con corpi inclusi cartilaginei, miocellule lisce, elementi del plesso mienterico. Le cisti broncogene a localizzazione periferica sono correlate ad una anomalia di ramificazione dell’albero tracheo bronchiale. Esse sono più frequentemente monolaterali e situate a livello del lobo polmonare inferiore; raramente sono bilaterali. Esse rappresenterebbero il risultato più tardivo del difetto di sepimentazione. La presenza di epitelio respiratorio, a volte ciliato, con elementi cartilaginei e nervosi conferma l’alterazione embriologica tardiva.Le cisti comunicano spesso con l’albero bronchiale, come può essere dimostrato dalla presenza di aria. Le cisti infette possono simulare un ascesso polmonare. Sono stati riportati casi di carcinoma polmonare in cisti congenite del polmone. SINTOMATOLOGIA: una cisti broncogena deve essere sospettata in un neonato in presenza di distress respiratorio. La sintomatologia è in rapporto al volume ed alla sepsi. Le cisti mediastiniche a localizzazione cervicale, anche se piccole possono determinare sintomi da compressione con episodi di dispnea, tosse e tirage. Le cisti periferiche non infette possono rimanere asintomatiche, diagnosticate occasionalmente durante una radiografia del torace. Un’ampia comunicazione tra cisti e bronco può essere responsabile, con un meccanismo a valvola,di un’ipertensione endocistica con rapido incremento volumetrico e conseguente riduzione della capacità ventilatoria del parenchima fino alla rottura con pneumotorace. Dopo le prime settimane di vita le cisti possono infettarsi, manifestandosi clinica39 INTESTINO ANTERIORE: POLMONE mente con febbre, dolore toracico, tosse produttiva e broncopolmoniti secernenti. La sintomatologia settica, anche se regredisce con la terapia antibiotica, tende a recidivare. DIAGNOSI: la diagnosi strumentale è basata sulla radiologia standard del torace, correlata con un esofagogramma per valutare una possibile compressione ab-extrinseco. Le cisti periferiche sono frequentemente caratterizzate dalla presenza di livelli idroaerei. La sede ed i rapporti con gli organi adiacenti vengono studiati con RM o TAC. L’esame angiografico è utile nella diagnosi differenziale con la sequestrazione polmonare. TERAPIA: la terapia chirurgica è indicata nelle forme sintomatiche; per le asintomatiche e per le piccole dimensioni può essere seguito un regolare follow-up strumentale. Le cisti mediastiniche sono aggredibili mediante un accesso toracotomico post-laterale. Si esegue l’exeresi della cisti con chiusura della comunicazione bronchiale se essa è ben clivabile dal piano tracheo-bronchiale, al contrario, per evitare lesioni di queste strutture ,viene asportato solamente il rivestimento mucoso della cisti. Una segmentectomia ed una lobectomia rappresentano il trattamento elettivo delle cisti broncogene periferiche. 40 CAPITOLO V SEQUESTRAZIONE POLMONARE La sequestrazione polmonare è una malformazione congenita caratterizzata da una massa di tessuto polmonare non funzionante di tipo embrionario, isolata dal parenchima polmonare normale, non comunicante con l’albero bronchiale e vascolarizzata da arterie sistemiche aberranti provenienti prevalentemente dall’aorta toracica e/o addominale. Questa porzione di tessuto polmonare può essere localizzata nel 75% dei casi all’interno del polmone (sequestrazione intralobare) circoscritta da parenchima normale; oppure fuori dal polmone circoscritta in una propria pleura viscerale (sequestrazione extralobare) (Tab.I) e (Fig.9.5). Le sequestrazioni extralobari sono situate usualmente nel segmento basale posteriore del torace di sinistra, nell’angolo costo-diaframmatico adiacente all’aorta ed all’esofago. Raramente sono situate in segmenti superiori o in entrambi i lati. La vascolarizzazione di questo tessuto “sequestrato” origina dall’aorta toracica o dall’aorta addominale mediante tronTab. 1 - Parametri differenziali tra sequestrazioni intra ed extralobari Intralobari Extralobari Età alla diagnosi 50% > 20 anni 60% < 1 anno Sesso M.: F. – 1 : 1 M.: F. – 4 : 1 Relazione con il polmone interno separato Sede 60% polmone sinistro 90% polmone sinistro Drenaggio venoso polmonare sistemico o portale Anomalie associate rare pectus excavatum difetti diaframmatici 41 INTESTINO ANTERIORE: POLMONE Fig. 9.5 - Sequestrazione polmonare S. Intralobare S. Extralobare chi arteriosi prevalentemente singoli o multipli. In quest’ultimo caso, spesso, originano dall’aorta sottodiaframmatica. Le sequestazioni extralobari sono generalmente di piccole dimensioni e di consistenza parenchimatosa, perché prive di aria. Microscopicamente non sono rilevabili strutture mature, ma rari bronchioli ed alveoli con modificazioni di tipo cistico. Le sequestrazioni intralobari sono localizzate usualmente nel segmento basale del lobo inferiore. Macroscopicamente il sequestro intralobare appare come una massa cistica con cavità ripiene di muco/pus; anche se non ha comunicazioni con l’albero bronchiale spesso contiene aria proveniente da minute connessioni alveolari. La vascolarizzazione del tessuto è affidata ad un singolo o multiplo tronco arterioso che origina dall’aorta toracica, addominale o da vasi intercostali. Il drenaggio venoso, sia delle forme intralobari che extralobari, avviene attraverso le vene polmonari o, occasionalmente, attraverso il sistema dell’azigos nella vena cava inferiore. SINTOMATOLOGIA: clinicamente la sequestrazione polmonare extralobare è asintomatica; spesso è scoperta occasionalmente durante una autopsia in un bambino con altre anomalie congenite o durante la correzione chirurgica di un’ernia di Bochdalek o di una eventratio congenita. Infatti, la sequestrazione polmonare può associarsi ad altre malformazioni congenite 42 CAPITOLO V SEQUESTRAZIONE POLMONARE del diaframma e dell’esofago (duplicazioni esofagee o diverticolo esofageo); confermando l’origine comune dall’intestino primitivo anteriore sia dell’apparato respiratorio che dell’esofago. I “sequestri” di maggiore dimensione possono manifestarsi con un quadro di tipo respiratorio-infettivo di varia gravità, con episodi di bronco polmonite recidivante, che si manifestano usualmente dopo i 10 anni (solamente nel 40% dei casi prima dei 10 anni). L’esistenza di comunicazioni artero-venose (tra arterie sistemiche e vena polmonare) all’interno della sequestrazione polmonare può essere responsabile di una insufficienza cardiaca-congestizia e/o di emottisi. DIAGNOSI: la diagnosi viene eseguita con un esame radiologico del torace, che mostra nei casi senza infezione una opacità omogenea, di solito a sinistra, adiacente al diaframma. Quando è presente un’infezione, l’opacità contiene formazioni cistiche con o senza livelli idroaerei. L’esofagogramma integra la radiografia del torace. La TAC, l’Angio-RM e l’Ecodoppler forniscono utili informazioni pre-operatorie sulla morfologia della massa sequestrata e sulla sua vascolarizzazione. TERAPIA: le forme extralobari sono rimosse previa legatura e sezione dell’arteria sistemica e della vena anomala. Le forme intralobari richiedono una segmentectomia o una lobectomia (spesso l’intero lobo è coinvolto dal processo infiammatorio) dopo una accurata ricerca del tronco arterioso aberrante o dei rami arteriosi che attraversano il diaframma , e che retraendosi in addome possono creare gravi sanguinamenti. 43 CAPITOLO V SEQUESTRAZIONE POLMONARE La sequestrazione polmonare è una malformazione congenita caratterizzata da una massa di tessuto polmonare non funzionante di tipo embrionario, isolata dal parenchima polmonare normale, non comunicante con l’albero bronchiale e vascolarizzata da arterie sistemiche aberranti provenienti prevalentemente dall’aorta toracica e/o addominale. Questa porzione di tessuto polmonare può essere localizzata nel 75% dei casi all’interno del polmone (sequestrazione intralobare) circoscritta da parenchima normale; oppure fuori dal polmone circoscritta in una propria pleura viscerale (sequestrazione extralobare) (Tab.I) e (Fig.9.5). Le sequestrazioni extralobari sono situate usualmente nel segmento basale posteriore del torace di sinistra, nell’angolo costo-diaframmatico adiacente all’aorta ed all’esofago. Raramente sono situate in segmenti superiori o in entrambi i lati. La vascolarizzazione di questo tessuto “sequestrato” origina dall’aorta toracica o dall’aorta addominale mediante tronTab. 1 - Parametri differenziali tra sequestrazioni intra ed extralobari Intralobari Extralobari Età alla diagnosi 50% > 20 anni 60% < 1 anno Sesso M.: F. – 1 : 1 M.: F. – 4 : 1 Relazione con il polmone interno separato Sede 60% polmone sinistro 90% polmone sinistro Drenaggio venoso polmonare sistemico o portale Anomalie associate rare pectus excavatum difetti diaframmatici 41 INTESTINO ANTERIORE: POLMONE Fig. 9.5 - Sequestrazione polmonare S. Intralobare S. Extralobare chi arteriosi prevalentemente singoli o multipli. In quest’ultimo caso, spesso, originano dall’aorta sottodiaframmatica. Le sequestazioni extralobari sono generalmente di piccole dimensioni e di consistenza parenchimatosa, perché prive di aria. Microscopicamente non sono rilevabili strutture mature, ma rari bronchioli ed alveoli con modificazioni di tipo cistico. Le sequestrazioni intralobari sono localizzate usualmente nel segmento basale del lobo inferiore. Macroscopicamente il sequestro intralobare appare come una massa cistica con cavità ripiene di muco/pus; anche se non ha comunicazioni con l’albero bronchiale spesso contiene aria proveniente da minute connessioni alveolari. La vascolarizzazione del tessuto è affidata ad un singolo o multiplo tronco arterioso che origina dall’aorta toracica, addominale o da vasi intercostali. Il drenaggio venoso, sia delle forme intralobari che extralobari, avviene attraverso le vene polmonari o, occasionalmente, attraverso il sistema dell’azigos nella vena cava inferiore. SINTOMATOLOGIA: clinicamente la sequestrazione polmonare extralobare è asintomatica; spesso è scoperta occasionalmente durante una autopsia in un bambino con altre anomalie congenite o durante la correzione chirurgica di un’ernia di Bochdalek o di una eventratio congenita. Infatti, la sequestrazione polmonare può associarsi ad altre malformazioni congenite 42 CAPITOLO V SEQUESTRAZIONE POLMONARE del diaframma e dell’esofago (duplicazioni esofagee o diverticolo esofageo); confermando l’origine comune dall’intestino primitivo anteriore sia dell’apparato respiratorio che dell’esofago. I “sequestri” di maggiore dimensione possono manifestarsi con un quadro di tipo respiratorio-infettivo di varia gravità, con episodi di bronco polmonite recidivante, che si manifestano usualmente dopo i 10 anni (solamente nel 40% dei casi prima dei 10 anni). L’esistenza di comunicazioni artero-venose (tra arterie sistemiche e vena polmonare) all’interno della sequestrazione polmonare può essere responsabile di una insufficienza cardiaca-congestizia e/o di emottisi. DIAGNOSI: la diagnosi viene eseguita con un esame radiologico del torace, che mostra nei casi senza infezione una opacità omogenea, di solito a sinistra, adiacente al diaframma. Quando è presente un’infezione, l’opacità contiene formazioni cistiche con o senza livelli idroaerei. L’esofagogramma integra la radiografia del torace. La TAC, l’Angio-RM e l’Ecodoppler forniscono utili informazioni pre-operatorie sulla morfologia della massa sequestrata e sulla sua vascolarizzazione. TERAPIA: le forme extralobari sono rimosse previa legatura e sezione dell’arteria sistemica e della vena anomala. Le forme intralobari richiedono una segmentectomia o una lobectomia (spesso l’intero lobo è coinvolto dal processo infiammatorio) dopo una accurata ricerca del tronco arterioso aberrante o dei rami arteriosi che attraversano il diaframma , e che retraendosi in addome possono creare gravi sanguinamenti. 43 ESOFAGO ESOFAGO: EMBRIOLOGIA ED ANOMALIE CONGENITE ATRESIA ESOFAGEA FISTOLA TRACHEO ESOFAGEA ISOLATA AD “H” CAPITOLO VI ESOFAGO: EMBRIOLOGIA ED ANOMALIE CONGENITE EMBRIOLOGIA DELL’ESOFAGO: L’esofago si sviluppa in quella piccola area di endoderma dell’intestino primitivo anteriore, compreso tra il diverticolo respiratorio e la dilatazione dello stomaco. Durante la quarta settimana, il diverticolo respiratorio compare nella parete ventrale dell’intestino anteriore; questo si separa gradualmente dalla parete dell’intestino primitivo mediante un setto esofagotracheale. In tal modo l’intestino anteriore viene diviso in una porzione ventrale, l’abbozzo respiratorio, ed in una dorsale, l’esofago. (Fig. 10.6 ). Fig. 10.6 - Esofago e diverticolo respiratorio Intestino anteriore Setto esofago-tracheale Faringe Trachea Diverticolo respiratorio Abbozzi polmonari A Esofago B C A. B. C. Stadi di sviluppo del diverticolo 47 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO La separazione tra esofago e trachea procede in senso caudocraniale, simultaneamente la trachea e l’esofago si allungano; il processo di separazione si completa dalla 34/ma alla 36/ma settimana.L’allungamento dell’esofago interessa prima la porzione superiore e successivamente la porzione inferiore. A livello della biforcazione tracheale, l’esofago presenta un diametro più ridotto ed è questo il punto in cui avviene l’atresia esofagea. L’allungamento dell’esofago, che risulta più dall’ascesa del faringe piuttosto che dalla discesa dello stomaco ,sembra trasportare lo stomaco primordiale alla posizione in cui si formerà il diaframma; contemporaneamente infatti si sviluppa il setto trasverso ed il pericardio. In questo stadio di sviluppo dal mesenchima circostante si forma lo strato muscolare dell’esofago: nei due terzi superiori di tipo striato, innervato dal plesso parasimpatico (del nervo vago) e nei due terzi inferiori di tipo liscio, innervato dal plesso simpatico (splancico) che origina dalle branche del tronco simpatico toracico e del plesso celiaco. ANOMALIE DELL’ESOFAGO: Durante lo sviluppo dell’esofago due sono gli eventi embriologici critici che se si verificano determinano importanti malformazioni. Il primo evento è la separazione dell’intestino primitivo anteriore in esofago e trachea durante la quarta settimana che determina un’ampia varietà di difetti con manifestazioni cliniche differenti: parziale o completo insuccesso della separazione tra trachea ed esofago; parziale o completa assenza della trachea; parziale o completa assenza dell’esofago; atresia dell’esofago senza fistola tracheale; atresia dell’esofago con fistola tracheale; fistola tracheo-esofagea isolata. Il secondo è un evento meno rilevante, rappresenta la formazione della giunzione cardiale. Essa è il risultato dello sviluppo dell’esofago, dello stomaco, del diaframma e dell’innervazione autonoma di queste strutture anatomiche. Se si verificano variazioni di sviluppo in questa area dalla sesta settimana fino alla nascita, possono conseguire alterazioni funzionali che accompagnano tutta la vita dell’individuo. Tra l’ampia varietà di anomalie congenite dell’esofago alcune hanno una maggiore incidenza ed interesse clinico come l’atresia esofagea e la fistola tracheoesofagea isolata; altre, come il “Cleft” laringotracheoesofageo sono rarissime ed estremamente gravi. In questa ultima malformazione è presente un’abnorme comunicazione tra lume laringotracheale e lume 48 CAPITOLO VI ESOFAGO: EMBRIOLOGIA ED ANOMALIE CONGENITE Tab. 1 - Anomalie dell’esofago Anomalia Manifestazione clinica Atresia esofagea alla nascita Stenosi esofagea alla nascita Fistola tracheoesofagea ad H alla nascita Laringotracheoesofageal “Cleft” alla nascita VACTERL (associazione: m. vertebrali, anale, cardiaca, fistola tracheoesofagea/atresia esofagea, renali, arti) alla nascita Membrana ed anelli esofagei qualsiasi età Duplicazione esofagea qualsiasi età Cisti enterogene qualsiasi età Diverticoli qualsiasi età Mucosa eterotopica qualsiasi età Esofago corto congenito qualsiasi età Acalasia infanzia Calasia poco dopo la nascita * in grassetto le anomalie trattate nel testo esofageo, responsabile alla nascita di distress respiratorio, tirage e crisi di soffocamento durante l’alimentazione orale. In questo capitolo vengono pertanto trattate solo le due principali anomalie (Tab. I). 49 CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA L’A.E. è caratterizzata dalla mancata formazione di un segmento intermedio di esofago, con un moncone prossimale che termina, nella maggior parte dei casi (98%), a fondo cieco ed un moncone distale, in comunicazione con lo stomaco che, nell’86% dei casi, comunica, cranialmente con la trachea. INCIDENZA: della atresia esofagea è intorno a 1/3000 nati vivi; essa è più frequente nel prematuro; non esistono sostanziali differenze tra i due sessi. L’anomalia embriologica si manifesta intorno al 21/mo – 34/mo giorno di vita intrauterina ed è conducibile ad un difetto di sviluppo del setto tracheo-esofageo che separa l’intestino primitivo anteriore in esofago e trachea; probabilmente da una deviazione spontanea del setto esofageotracheale in direzione posteriore o da qualche altro meccanismo che spinge la parete dorsale dell’intestino anteriore in avanti. Sono stati riportati rari casi di trasmissione ereditaria, con una maggiore incidenza familiare, sebbene non sia stato ancora identificato un chiaro fattore genetico. CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA: dell’atresia esofagea prevede cinque tipi. (Tabella I) (Fig.11.7) Tipo I – Atresia esofagea senza fistola tracheo-esofagea Incide nel 7% dei pazienti nati con questa anomalia. I due monconi esofagei sono completamente separati tra loro; la tasca superiore termina a livello cervicale o nella parte alta del torace. La tasca inferiore è corta e si estende per 2-3 centimetri sopra il diaframma, presentandosi come un diverticolo del fondo gastrico. La distanza tra i due monconi esofagei (“gap”) è quindi notevole (3 o 5 corpi vertebrali). Tipo II – Atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea prossimale È un’anomalia rara, intorno al 2% di tutte le atresie esofagee. La tasca esofagea superiore termina a fondo cieco all’ingresso toracico, ma su51 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO Tab. 1 - Classificazione anatomo-patologica Tipo Anomalia % Tipo I Atresia senza fistola 7 Tipo II Atresia con fistola tracheo-esofagea prossimale 2 Tipo III Atresia con fistola tracheo-esofagea distale 86 Tipo IV Atresia con doppia fistola tracheo-esofagea 1 Tipo V Fistola tracheo-esofagea senza atresia o fistola tracheo-esofagea isolata ad “H” 4 Fig. 11.7 - Classificazione delle atresie esofagee A B D C E 52 A. Tipo I A. E. Senza fistola B. Tipo II A. E. Con fistola prossimale C. Tipo III A. E. Con fistola distale D. Tipo IV A. E. Con fistola doppia E. Tipo I Fistola ad “H” (senza atresia) CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA periormente in sede cervicale comunica con la trachea mediante una fistola. Tipo III – Atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea distale È la malformazione più frequente (86% dei pazienti con atresie esofagee). La tasca esofagea superiore si estende fino alla parte superiore del torace e termina a fondo cieco. Essa presenta pertanto una lunghezza breve. La tasca esofagea inferiore comunica con l’albero respiratorio tramite una fistola con la carena o con il bronco principale destro. I due monconi atresici, a livello toracico, risultano vicini tra loro. Tipo IV – Atresia esofagea con doppia fistola tracheo-esofagea È una anomalia che costituisce lo 0,3 – 1% di tutte le atresie esofagee. Il moncone prossimale dell’esofago finisce a fondo cieco, ma comunica con la trachea tramite una fistola che origina al di sopra del cul di sacco, come le atresie esofagee di II tipo. Il moncone distale dell’esofago comunica direttamente con la trachea come nel Tipo III. Tipo V – Fistola tracheo esofagea senza atresia dell’esofago o fistola isolata ad “H” È una malformazione rara, circa il 4% di tutte le atresie esofagee. Questo tipo anatomopatologico, non dovrebbe essere classificato tra le atresie esofagee, perché non è presente atresia. Il quadro clinico è peculiare e si differenzia dalle altre anomalie. ANOMALIE ASSOCIATE: Il 50% di tutti i neonati con atresie esofagee presentano altre malformazioni congenite: Le anomalie interessano l’apparato cardiovascolare (cardiopatie), muscolo-scheletrico (malformazioni all’estremità degli arti,vertebre), cranio-facciali (dismorfismi faciali, “cleft” palato, anomalie del cranio), gastrointestinale (ano imperforato, malrotazione intestinale, atresia duodenale, pancreas anulare); genito-urinarie (idronefrosi, megauretere, agenesia renale, duplicazione ureterale, ipospadia e criptorchidismo); neurologiche (spina bifida, idrocefalo, ipoplasia cerebrale); respiratorie (ipoplasia o agenesia polmone, sequestrazione polmonare); ernie diaframmatiche congenite ed anomalie cromosomiche (sindrome di Turner, Trisomia 21 e Trisomia 18) (Tab. II). – La combinazione di anomalie forma varie sindromi: VATERL: difetti della vertebra e del sacro, agenesia ano-rettale, malformazioni cardiovascolari, fistola tracheo-esofagea con o senza atresia nell’esofago, agenesia o disgesia renale, ipo-aplasia di arti di 53 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO Tab. II - Malformazioni congenite associate ad atresia esofagea – Tipo % Cardiovascolari 22 Gastrointestinali 18 Muscoloscheletriche 18 Cranio-faciali 14 Genito-urinarie 11 Respiratorie 9 Neurologiche 5 Cromosomali 3 tipo preassiale come ipo-aplasia del pollice o del radio, mono o bilaterale; CHARGE: coloboma dell’iride o della retina, cardiopatia congenita, atresia delle coane, ritardo mentale, ipoplasia dei genitali e malformazioni auricolari (Tabella II). FISIOPATOLOGIA: il mancato passaggio di liquido amniotico nello stomaco e nell’intestino a causa dell’atresia esofagea determina l’insorgenza di polidramnios che è presente in tutti i casi di atresia esofagea pura (I tipo) e nel 60% di atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea distale (III tipo). In presenza di fistola tracheo-esofagea distale, la minore incidenza di polidramnios è correlata al passaggio nel tratto gastroenterico del liquido amniotico attraverso la trachea e la fistola con conseguente ristabilimento parziale del circolo entero-amniotico. La saliva non ingerita viene rigurgitata alla nascita ed il neonato presenta una “apparente” ipersalivazione. L’alimentazione orale lattea, in un neonato con atresia esofagea non ancora diagnosticata, determina rigurgito con inondazione della via orale e polmonite “ab ingestis”. (prevalentemente apicale destra). La comunicazione tra l’albero tracheo-bronchiale ed esofago causa il passaggio reciproco del contenuto delle due strutture: l’aria inspirata passa 54 CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA Tab. III - Classificazione di Waterston Gruppo Peso (Kg) Affezioni collaterali A > 2,5 nessuna B1 1,8 – 2,5 nessuna B2 > 2,5 broncopolmonite ed anomalie C1 < 1,8 nessuna C2 qualsiasi peso broncopolmonite e anomalie gravi direttamente nello stomaco determinando la distensione con sopraelevazione del diaframma e relativa difficoltà respiratoria. A sua volta il materiale all’interno dello stomaco (latte e secreti) può defluire nell’albero respiratorio rendendosi responsabile di una broncopolmonite chimica (da reflusso acido) (Tabb. III e IV). SINTOMATOLOGIA: alla nascita l’atresia esofagea deve essere sospettata in presenza di eccessiva salivazione nel neonato, con accentuate secrezioni schiumose nasali, orali e faringee accompagnate da rumori all’interno dell’albero bronchiale. Il neonato può presentarsi cianotico, con crisi di soffocamento e tosse. In genere, 24-48 ore dopo la nascita,si sviluppa una broncopolmonite “ab ingestis”; la fistola distale può essere responsabile di una broncopolmonite “chimica” da riflusso gastro-esofageo tracheo-bronchiale. Un episodio di broncopolmonite può condizionare la strategia operatoria e la prognosi del neonato. DIAGNOSI: la diagnosi può essere sospettata in gravidanza durante un esame ecografico, per la presenza di polidramnios. Alla nascita tale malformazione viene ricercata sistematicamente mediante l’introduzione di un sondino naso-gastrico radiopaco che, in caso di atresia esofagea, si arresta in genere dopo 10 cm. dal margine gengivale e si arrotola nel cul di sacco prossimale. Un esame radiografico diretto conferma la posizione del sondino e consente di stabilire il livello dell’ostruzione valutata in relazione alle vertebre dorsali, in modo da poter collocare la lunghezza della tasca cieca superiore. La radiografia può evidenziare la presenza di aria nello stomaco e nelle anse intestinali in caso di fistola tra l’albero respira55 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO torio e tubo gastro-enterico a valle dell’atresia (tipo III). Al contrario, in caso di atresia esofagea senza fistola (tipo I) l’aria sarà assente; l’assenza di aria non esclude con certezza una fistola tracheo-esofagea inferiore. Infatti, in caso di fistola di calibro ristretto può non avvenire il passaggio dell’aria all’interno dello stomaco. All’esame obiettivo, in presenza di una fistola tra la trachea ed il tratto distale dell’esofago (tipo III), l’addome risulta notevolmente disteso e timpanico; in assenza di fistola (tipo I), incavato ed ottuso. La radiografia del torace può evidenziare atelettasia polmonare e/o focolai broncopolmonari. Altre indagini devono essere rivolte ad escludere la presenza di malformazioni associate, in particolare le cardiopatie cianogene che influenzano la strategia operatoria e la prognosi. PROGNOSI: La prognosi del paziente affetto da atresia esofagea è condizionata dall’eventuale immaturità del neonato, dalle malformazioni associate, dal suo peso corporeo. Il ruolo di quest’ultimo parametro è stato quantificato da Waterston che ha proposto una classificazione di questi pazienti in cinque gruppi sulla base del rischio prognostico: GRUPPO A, neonato a termine, di poco superiore a 2,5 Kg, in buone condizioni generali e senza malformazioni associate; GRUPPO B1, neonati di peso corporeo tra 1,8-2,5 Kg, in buone condizioni generali e senza malformazioni associate; GRUPPO B2, neonati con peso corporeo maggiore a 2,5 Kg, ma con malformazioni associate o con segni e sintomi di “distress” respiratorio o di polmonite chimica; GRUPPO C1, neonati pre-termine di peso minore a 1,8 Kg, senza malformazioni associate; GRUPPO C2, neonati di qualsiasi peso, ma con gravi malformazioni associate (cardiopatie, idro o poroencefalia) e/o con segni di “distress” respiratorio o di polmonite chimica. (Tab. III) La mortalità nei neonati di basso rischio (Gruppi A e B1) è intorno al 7% ed in quelli ad alto rischio (Gruppi B2, C1 e C2) al 70% PROVVEDIMENTI MEDICO RIANIMATORI E CHIRURGICI IMMEDIATI: i provvedimenti immediati da prendere in ogni neonato nel momento in cui viene confermata la diagnosi sono: 1. Profilassi dell’infezione polmonare mediante l’aspirazione, in modo continuo o ad intervalli di 15 minuti, del cul di sacco prossimale (con sonda di Replogle) e delle vie respiratorie, fino al momento della correzione dell’anomalia. Antibioticoprofilassi; farmaci antisecretivi gastrici somministrati per via endovenosa per ridurre l’azione lesiva del succo gastrico; umidificazione dell’aria; decubito semi-seduto (antiTrendelenburg) nei pazienti con atresia esofagea del III tipo, per ridurre la tendenza al rigurgito delle secrezioni gastriche in trachea, e pro56 CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA Tab. IV Fisiopatologia dell’atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea distale Mancata deglutizione di saliva Mancata deglutizione di latte Crisi di soffocamento e di pianto Inalazione endotracheale Passaggio di aria inspirata nello stomaco Dilatazione gastrica acuta Distensione addominale Reflusso gastro-esofageo (Tracheo-bronchiale) Polmonite Dispnea no in quelli senza fistola (tipo I), anche se le opinioni nella posizione da far assumere al neonato non sono univoche. 2. Riequilibrio idro-elettrolitico e nutrizione parenterale totale. 57 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO 3. Assistenza respiratoria nei neonati con fistola tracheo-esofagea inferiore e distress respiratorio. La ventilazione ad alta frequenza permette un miglior scambio gassoso polmonare, con minore pressione endotracheale e riduzione del passaggio d’aria nello stomaco. 4. Prevenzione di una crisi asfittica neonatale da gastrectasia acuta in neonati con atresia esofagea di tipo III o IV, ricorrendo eventualmente ad una gastrostomia. Essa viene eseguita esclusivamente nei pazienti prematuri, in condizioni generali compromesse e con focolai broncopneumonici (gruppi B2 e C2), in cui lo stomaco e l’intestino del neonato è massimamente disteso da gas, da interferire con la funzione respiratoria. La gastrostomia è raramente indicata nei pazienti a basso rischio (gruppi A e B1). 5. Programmazione del ripristino della continuità esofagea. TERAPIA CHIRURGICA: la strategia chirurgica è diversa in rapporto al tipo anatomico della malformazione. Terapia chirurgica nella atresia esofagea di tipo III – anastomosi diretta dei due monconi esofagei Nei pazienti in condizioni critiche, l’intervento chirurgico viene differito e si eseguono tutti i provvedimenti medico respiratori e chirurgici precedentemente descritti fino ad uno stato di stabilità da permettere la correzione chirurgica. Nei pazienti in buone condizioni generali è possibile affrontare subito l’intervento chirurgico dell’esofago atresico per via toracica. L’intervento chirurgico di eso-esoanastomosi primaria deve essere preceduta da una endoscopia tracheo bronchiale, utile non solo per evidenziare la sede e l’ampiezza della fistola tracheo-esofagea distale, ma soprattutto per escludere l’eventuale coesistenza di un’altra fistola tra il moncone esofageo prossimale e la trachea (atresia esofagea tipo IV). Queste fistole possono rimanere misconosciute e se il neonato viene trattato come appartenente al III tipo con sezione e sutura della sola fistola distale può presentare nel decorso post operatorio sintomi respiratori e broncopolmonari. L’accesso chirurgico è una toracotomia destra sul IV spazio intercostale (Fig.12.7); l’approccio all’esofago viene eseguito per via extrapleurica dissecando la pleura parietale dalla fascia endotoracica fino al mediastino posteriore fino a giungere all’identificazione della vena azigos dell’esofago atresico, del nervo vago e del dotto toracico. Mobilizzazione estesa ed accurata dei due monconi, evitando di arrecare danni vascolari e nervosi al moncone esofageo superiore e alla trachea durante l’isolamento da quest’ultimo. La vascolarizzazione del moncone prossimale è assicurata da rami del tronco tireo-cervicale, e la sua mobilizzazione può essere condotta per una ampia estensione. 58 CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA Fig. 12.7 - Toracotomia IV spazio intercostale per atresia esofagea La legatura della vena azigos può facilitare l’esposizione del moncone esofageo inferiore. Isolamento della fistola tracheo-esofagea. Essa viene sezionata e suturata con punti staccati a 3-4 mm dalla parete tracheale. Il moncone esofageo distale, viene mobilizzato quanto basta per non compromettere l’irrorazione vascolare di tipo segmentario con relative sequele ischemiche. I due monconi esofagei vengono mobilizzati al fine di consentire una anastomosi senza trazione. L’anastomosi diretta può essere eseguita in presenza di un “gap” breve (massimo due corpi vertebrali). (Fig. 13.7). In casi particolarmente difficili in cui la distanza (“long gap”) tra i due monconi è tale da non permettere una anastomosi esofagea sicura ( la deiscenza può essere disastrosa), si può ricorrere a numerose tecniche per consentire un’anastomosi diretta come la mobilizzazione esasperata del moncone inferiore, fino ai pilastri diaframmatici, con risalita del cardias o addirittura del fondo gastrico. Questa tecnica, può richiedere un ulteriore intervento chirurgico di fundoplicatio secondo Nissen a causa di un reflusso gastro-esofageo secondario . La tecnica di miotomia circolare completa a livello del cul di sacco prossimale secondo Livaditis rappresenta un‘ulteriore soluzione (Fig.14.7) 59 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO Fig. 13.7 - Atresia esofagea con fistola distale (Tipo III) intervento di eso-eso anastomosi 1 2 3 A. Interruzione tra legature della vena azygos per esporre il moncone esofageo inferiore. 1. Moncone esofageo prossimale 2. Trachea 3. V. azygos legata e sezionata 4. Moncone distale con fistola tracheale 4 B. Sezione e sutura della fistola tracheoesofagea 6. Sutura della fistola tracheale 7. Linea di incisione a livello del moncone esofageo prossimale 7 6 C. Eso-eso anastomosi 8. Anastomosi 9. Nervo vago 10. V. cava superiore 8 9 10 60 CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA Fig. 14.7 - Tecnica di allungamento del moncone prossimale “tecnica di Livaditis” A C B Fig. 15.7 - Tecnica di allungamento del moncone prossimale “tecnica di Kimura” D A B C Con tale tecnica si ottiene un allungamento del tratto esofageo superiore di circa un centimetro. Un’altra tecnica è la miotomia extramucosa secondo Kimura (Fig. 15.7). Essa prevede un approccio in due tempi: esecuzione di una miotomia extramucosa spiraliforme per due giri e mezzo lungo il cul di sacco superiore mobilizzato. Ad allungamento ottenuto, circa due centimetri, si ricostruisce il piano muscolare sopra il cilindro mucoso con punti staccati e si esegue una esofagostomia terminale sulla parete destra del torace sotto la clavicola. Dopo quattro mesi di distanza viene di nuovo mobilizzato, trasposto in torace e suturato al moncone distale. 61 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO Fig. 16.7 - Tecnica di allungamento del moncone prossimale “tecnica con lembo sec. Bianchi” Un’altra tecnica complementare è quella del lembo anteriore: viene utilizzato un lembo della parete anteriore del cul di sacco superiore, mediante una incisione ad “U rovesciato”. Il lembo viene rovesciato verso il basso e tubulizzato. Tale tecnica può essere utilizzata nei casi in cui il moncone superiore sia molto dilatato. (Fig 16.7) L’anastomosi primaria tra i due monconi esofagei è realizzabile nella gran parte dei casi. Essa viene eseguita termino-terminale a punti staccati con filo riassorbibile 5/0 o 6/0 in monostrato a tutto spessore. Prima di completare lo strato anteriore viene posizionato un sondino naso-gastrico 62 CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA che sarà utile sia per aspirare il succo gastrico, sia per rialimentare il neonato, sia per mantenere una pervietà endoluminale in caso di parziale deiscenza dell’anastomosi. La toracotomia viene chiusa previo posizionamento di un drenaggio tubulare siliconato (extrapleurico) in prossimità dell’anastomosi. ESOFAGO-COLON-PLASTICA: nel 10 – 20% dei casi, l’anastomosi immediata dei monconi esofagei non è tecnicamente eseguibile. Alcuni neonati con un “gap” lungo per inadeguato accrescimento viscerale o per complicanze chirurgiche che abbiano compromesso la possibilità di utilizzare i due monconi esofagei – come una deiscenza totale dell’anastomosi esofagea, con retrazione dei monconi – sono candidati ad un intervento di esofagoplastica. Una esofagostomia cervicale (latero-cervicale sinistra) con esteriorizzazione del moncone esofageo prossimale ed una gastrostomia rappresentano eventi palliativi che vengono eseguiti in attesa dell’intervento definitivo. L’intervento più utilizzato per il ripristino della continuità digestiva è l’esofago colonplastica che viene eseguito intorno all’8° - 12° mese. Preferibilmente viene utilizzato il colon “trasverso sinistro” vascolarizzato dal peduncolo vascolare colico sinistro costituito dalla arteria colica sinistra, ramo della arteria mesenterica inferiore e dalla vena corrispettiva, tributaria della splenica. (Fig. 17.7) Il segmento di colon viene trasferito in senso isoperistaltico, nel mediastino anteriore (dietro lo sterno mediante un tunnel retrosternale) ed anastomizzato al moncone esofageo prossimale, in regione latero-cervicale sinistra. L’anastomosi colon-gastrica viene eseguita nella parete posteriore del fondo gastrico. L’intervento termina con l’anastomosi colon-colica termino-terminale in monostrato extramucoso. TERAPIA CHIRURGICA: ATRESIA ESOFAGEA DI TIPO IV: presenta gli stessi aspetti di approccio chirurgico della atresia esofagea di III tipo; si differenzia solamente da un tempo cervicale iniziale, mediante accesso sovraclaveare destro per sezionare e suturare la fistola esofago-tracheale. TERAPIA CHIRURGICA: ATRESIA ESOFAGEA DI I TIPO: essa presenta problemi clinici e terapeutici differenti dagli altri tipi. Una anastomosi primaria tra i due monconi esofagei è raramente possibile a causa di un “gap lungo”. Una gastrostomia viene eseguita dopo aver confermato la diagnosi di atresia esofagea senza fistola associata ad aspirazione continua della saliva dal cul di sacco superiore mediante sonda di Replogle. L’esame radiografico, mediante liquido di contrasto, nel segmento prossimale esofageo e 63 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO Fig. 17.7 - Esofago-colon-plastica isoperistaltica sul peduncolo colico sinistro A B A B nella tasca distale (tramite la gastrostomia) permette di valutare la distanza tra i due monconi. Dopo tre mesi si esegue la toracotomia esplorativa per procedere ad anastomosi primaria dopo aver mobilizzato fino al cardias il moncone inferiore. Nell’85-90% dei casi è possibile eseguire l’anastomosi anche con “gap” di 4-7 centimetri. Le complicanze chirurgiche di una anastomosi eseguita sotto tensione sono elevate (deiscenze, stenosi, ernia iatale con reflusso gastro esofageo e disordini della motilità dell’esofago). 64 CAPITOLO VII ATRESIA ESOFAGEA Tab. V - Complicanze della chirurgia per atresia esofagea PRECOCI – DEISCENZA ANASTOMOTICA – DEISCENZA SUTURA FISTOLA TRACHEALE – STENOSI DELL’ANASTOMOSI TARDIVE – – – – – – STENOSI DELL’ANASTOMOSI REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO DISFAGIA TRACHEOMALACIA PNEUMOPATIE RICORRENTI DEFORMITÀ PARETE TORACICA In caso di assoluta impossibilità tecnica di esecuzione di una anastomosi diretta è necessario praticare una esofagostomia cervicale del moncone prossimale e la sutura nel moncone distale, dilazionando l’intervento di ricanalizzazione alimentare mediante esofago-colon-plastica all’8° 12° mese. TERAPIA CHIRURGICA: ATRESIA ESOFAGEA DI TIPO II: la strategia terapeutica è simile al I tipo; alla nascita oltre alla gastrostomia dovrà essere sezionata e suturata, per via cervicale destra, la fistola tracheo-esofagea superiore. COMPLICAZIONI POST-OPERATORIE: le complicazioni post operatorie dopo una correzione di atresia esofagea incidono in oltre il 40% dei casi con “gap lunghi” e nel 10% nei “gap brevi”. Esse sono rappresentate (Tab. V): – Deiscenza anastomotica la cui incidenza è in relazione alla distanza tra i due monconi; se inferiore a due centimetri (gap breve) o maggiore di due centimetri (gap lungo). Esse possono essere deiscenze gravi con completa retrazione dei monconi con pleuromediastinite; quadro clinico estremamente grave che richiede un intervento immediato di toracotomia con toilette endotoracica, affondamento del moncone distale, esofagostomia cervicale sinistra e gastrostomia. La ricostruzione della continuità alimentare avviene intorno all’8° - 12° mese con una esofago-colon-plastica. Le piccole deiscenze anastomotiche possono essere controllate con il drenaggio toracico e la nutrizione parenterale totale. 65 INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO – Deiscenza della sutura della fistola tracheale, può manifestarsi nell’immediato decorso post-operatorio con un quadro clinico grave caratterizzato da un pneumo-mediastino iperteso,da richiedere un reintvento per suturare la fistola. – Stenosi anastomotica, si osserva con percentuali variabili dal 10 al 75% in rapporto alla lunghezza del “gap”. Essa può essere anche la conseguenza di una deiscenza anastomotica e richiede dilatazioni esofagee a partire dalla 4° - 6° settimana. – Reflusso gastro-esofageo, è correlato ai casi “long gap” ed incide dal 20 al 50% degli operati; può richiedere una fundoplicatio secondo Nissen. – Tracheomalacia, si osserva frequentemente nelle forme di III tipo; essa è caratterizzata da un collasso della parete tracheale in fase espiratoria per mancata maturazione degli anelli tracheali. L’arco dell’aorta può comprimere dall’esterno la trachea e favorire questo quadro clinico. In caso di grave sintomatologia (episodi dispnoici acuti, cianosi e pneumopatia ricorrente) è stato eseguito un intervento di aortosternopessia secondo Filler. – Deformità della parete toracica, caratterizzate da asimmetrie toraciche e/o scoliosi, sono rilevabili nel 60% dei pazienti sottoposti a toracotomia per atresia esofagea. Esse sono “eliminate” dalla recentissima tecnica correttiva dell’atresia esofagea eseguita con successo in 10 casi, con tecnica mininvasiva video-toracoscopica, da S. Rothenberg (Denver, USA) e in 9 casi da N.M.A. Bax (Utrecht). 66 CAPITOLO VIII FISTOLA TRACHEO-ESOFAGEA ISOLATA AD “H” La fistola tracheo-esofagea ad “H” è isolata, non associata ad atresia esofagea; è un’affezione rara con un’incidenza del 4% delle malformazioni tracheo-esofagee congenite (Fig. 11.7). La fistola è localizzata nel 70% dei casi a livello cervicale, in corrispondenza della seconda vertebra toracica. Il tramite della fistola, rivestito da epitelio di rivestimento di tipo esofageo, ha un decorso corto e usualmente pervio tale da permettere il passaggio di aria e di liquido. Sono stati riportati casi di fistole di calibro ampio (fenestratura) simulando un “cleft” laringotracheoesofageo. SINTOMATOLOGIA: il quadro clinico è in rapporto al calibro della fistola ed è caratterizzato da crisi di tosse, cianosi dopo alimentazione orale ed episodi di broncopolmonite “ab ingestis”. All’esame obiettivo l’addome è disteso. La distensione aumenta durante il pianto, in cui, con la chiusura della glottide, viene incrementato il passaggio di aria dalla fistola tracheale nell’esofago con conseguente distensione gassosa dello stomaco. Questi sintomi possono far sospettare la malformazione fin dalle prime settimane di vita. DIAGNOSI: viene eseguita con un esofagogramma che documenta il passaggio di mezzo di contrasto dall’esofago nelle vie aeree e con la tracheoscopia che permette la corretta identificazione della fistola. TERAPIA: essendo la fistola ubicata nella maggior parte dei casi a livello cervicale, l’intervento chirurgico viene eseguito con un accesso extratoracico latero cervicale destro (incisione cutanea sovraclaveare destra).La fistola viene isolata facilmente avendo una parete ben strutturata e viene sezionata e suturata sia sul versante tracheale che su quello esofageo. Nei casi di localizzazione endotoracica della fistola, la tattica chirurgica non si differenzia da quella già descritta per l’atresia esofagea (toracotomia destra con approccio extrapleurico). 67 STOMACO EMBRIOLOGIA DELLO STOMACO ED ANOMALIE CONGENITE ATRESIA ANTRO - PREPILORICA ATRESIA PILORICA STENOSI IPERTROFICA DEL PILORO CAPITOLO IX STOMACO: EMBRIOLOGIA ED ANOMALIE CONGENITE EMBRIOLOGIA DELLO STOMACO: durante la quinta settimana di sviluppo compare a livello dell’intestino anteriore primitivo una “dilatazione” nella regione del futuro stomaco. Nelle settimane successive, lo stomaco cambia di morfologia sia per le modificazioni della sua parete sia per i cambiamenti di posizione degli organi circostanti. Durante la 6° e 7° settimana la grande curvatura e la piccola curvatura sono conformate. Infatti, la dilatazione gastrica primitiva cresce più rapidamente a livello del margine dorsale rispetto al margine ventrale. Il fondo dello stomaco rappresenta un’ulteriore dilatazione della estremità craniodorsale. La regione dorsale convessa ,a causa di una rotazione dello stomaco di 90° in senso orario intorno al suo asse longitudinale,diventa la grande curva e la regione ventrale concava la piccola curva. Con la rotazione dello stomaco il versante sinistro si porta in posizione centrale e quello destro in posizione dorsale. Il nervo vago sinistro che innerva inizialmente il lato sinistro dello stomaco, con la rotazione, ora innerva la parete anteriore e quello di destra la parete posteriore. Lo stomaco subisce inoltre anche una rotazione in senso antero-posteriore. In tal modo la parte caudale o pilorica si porta a destra e verso l’alto; mentre la parte cefalica o regione del cardias si sposta a sinistra ed in basso (Fig. 18.9). Lo strato longitudinale dello stomaco compare tra l’8° e la 10° settimana e lo strato obliquo tra la 12° e la 14° settimana. L’anello pilorico è ben sviluppato tra la 4° e la 5° settimana di gestazione; in tale periodo è rilevabile nell’intestino liquido amniotico. ANOMALIE DELLO STOMACO I difetti durante lo sviluppo embriologico dello stomaco determinano tutta una serie di malformazioni non comuni. Le più frequenti affezioni sono l’atresia antro-prepilorica, l’atresia pilorica e la stenosi ipertrofica del piloro di origine non congenita (Tab.I). 71 INTESTINO ANTERIORE: STOMACO Fig. 18.9 - Rotazione dello stomaco lungo il suo asse longitudinale 1 3 4 2 A B C 3 4 D E 1. Stomaco – 2. Duodeno – 3. Piccola curva – 4. Grande curva 72 CAPITOLO IX STOMACO: EMBRIOLOGIA ED ANOMALIE CONGENITE Tab. 1 - Anomalie dello stomaco ANOMALIA SINTOMATOLOGIA Agastria e microgastria infanzia Atresia antro-pre pilorica Completa: diaframma antro-prepilorico completo neonatale Incompleta: diaframma antro-prepilorico incompleto Atresia pilorica Completa: diaframma pilorico completo corda fibrosa solida discontinuità gastro-duodenale Incompleta: diaframma pilorico incompleto fibrosi pilorica con lume pervio e sottile infanzia neonatale neonatale neonatale infanzia infanzia Stenosi ipertrofica del piloro (congenita?) 2-4 settimane Duplicazioni dell’antro o piloro tutte le età Ostruzione pilorica da ectopia pancreatica tutte le età Malformazioni congenite artero-venose tutte le età Diverticoli tutte le età Aderenze gastro-duodenali tutte le età Teratomi tutte le età Malposizioni tutte le età * in grassetto le anomalie trattate nel testo 73 CAPITOLO X ATRESIA ANTRO - PREPILORICA Le forme congenite dell’atresia antro-prepilorica del bambino comprendono: DIAFRAMMA ANTRO-PREPILORICO È una anomalia rara – circa l’1% di tutte le atresie e diaframmi del tratto alimentare – che consiste nella presenza di un setto membranoso (diaframma) che occlude il canale pilorico in modo completo o incompleto. Esso è comunemente localizzato a circa 1 – 3 centimetri prossimalmente al piloro ed è costituito da uno setto di circa 2 – 7 millimetri di spessore coperto da entrambi i lati da mucosa gastrica. Sono stati riportati in letteratura casi in cui il diaframma si trovava a circa 7 – 8 centimetri dal piloro. Questa malformazione può essere associata ad atresia duodenale. DIAFRAMMA PRE-PILORICO COMPLETO Sono situazioni in cui il quadro clinico si manifesta subito dopo la nascita. Ipersalivazione e vomito non biliare, dispnea, cianosi possono osservarsi a causa del reflusso gastro esofageo. In epoca neonatale, può essere sospettata ecograficamente la diagnosi per la presenza di poliidramnios. L’esame obiettivo dell’addome dimostra una distensione epigastrica. La radiografia dell’addome mostra una gastrectasia imponente “bolla singola” con assenza di aria nelle anse intestinali. I diaframmi completi, anche se sono totalmente occludenti, possono presentare una piccola apertura che lascia passare latte e secrezioni gastriche. Questi neonati possono anche non avere problemi durante l’alimentazione lattea, ma con l’introduzione di cibi solidi possono presentare una sintomatologia tipica da ostruzione gastrica. La terapia è chirurgica, aperta o in laparoscopia, con asportazione della membrana mucosa previa apertura ampia dell’antro gastrico associata ad una piloro-plastica secondo Heineke Mikulicz. 75 INTESTINO ANTERIORE: STOMACO DIAFRAMMA PRE-PILORICO INCOMPLETO In questa anomalia, il diaframma mucoso presenta una apertura centrale di 3-5 millimetri di diametro che permette il passaggio parziale del contenuto gastrico in duodeno. La sintomatologia è in rapporto al grado di ostruzione; il quadro clinico è caratterizzato da dolori addominali (crampi epigastrici), reflusso gastro-esofageo e vomito di cibo non digerito. Bambini o giovani adulti con incompleta ostruzione, possono sviluppare, per la stasi del contenuto gastrico, oltre al dolore epigastrico, ulcera gastrica ed esofagite grave. La terapia, nelle forme con severa stasi gastrica, ulcera ed esofagite consiste nell’escissione della membrana (attraverso una gastrotomia prossimale al piloro) associata a piloroplastica. Il trattamento può essere eseguito in chirurgia aperta o laparoscopica. L’elettrocauterio per papillotomia può essere utilizzato per l’incisione della membrana prepilorica sotto guida endoscopica. 76 CAPITOLO XI ATRESIA PILORICA L’ostruzione completa del piloro può avvenire per una membrana (diaframma) completa, di spessore variabile, o di un cordone fibroso che unisce il piloro al duodeno o per una discontinuità completa del piloro dal duodeno. Le ostruzioni piloriche incomplete sono dovute alla presenza di un diaframma incompleto o di una fibrosi con lume pervio e sottile che si presentano clinicamente in età non neonatale. La diagnosi dell’atresia pilorica completa può essere sospettata nel 61% dei casi mediante esame ecografico prenatale per la presenza di polidramnios. I neonati sono sintomatici dalla nascita. Il quadro clinico è caratterizzato da vomito non biliare. La diuresi e l’emissione delle feci si riduce nei primi giorni di vita. La radiografia rileva distensione gastrica, con assenza di aria nelle anse intestinali. L’atresia pilorica può associarsi con l’epidermolisi bollosa letale. Nel sospetto di lesione cutanea associata, deve essere eseguita una biopsia della cute prima del trattamento chirurgico. TERAPIA CHIRURGICA: nella atresia pilorica da membrana completa viene eseguita una incisione ad Y nella regione pirolo-duodenale associata ad una piloro-plastica di avanzamento secondo Randolph. (Fig. 19.11). Nella atresia con completa discontinuità viene eseguita un’anastomosi gastro-duodenale. In presenza di un cordone fibroso, si esegue una doppia incisione obliqua nella regione antrale e nel duodeno con successiva anastomosi secondo Kimura. (Fig. 20.11) I provvedimenti immediati sono un drenaggio naso-gastrico decompressivo, correzione dell’equilibrio idroelettrolitico e antibioticoterapia. La correzione chirurgica della malformazione non deve avvenire in regime d’urgenza. 77 INTESTINO ANTERIORE: STOMACO Fig. 19.11 - Atresia pilorica da diaframma completo “tecnica di piloro-plastica “Y” sec. Randolph” A B C Fig. 20.11 - Atresia pilorica con cordone fibroso “anastomosi antro-duodeno sec. Kimura” 78 CAPITOLO XII STENOSI IPERTROFICA DEL PILORO La stenosi ipertrofica del piloro è la più comune causa di ostruzione intestinale dell’età neonatale con una incidenza di 2-4 casi ogni 1.000 nati vivi, con un rapporto maschi – femmine di 4 : 1. Raramente tale affezione viene diagnosticata alla nascita o durante la vita uterina mediante l’osservazione ecografica della distensione gastrica; normalmente, essa si manifesta clinicamente dopo 2 – 4 settimane dalla nascita con vomito non biliare. Per tale motivo la stenosi ipertrofica del piloro non dovrebbe essere considerata una anomalia congenita, ma una malattia acquisita. La stenosi è causata da una ipertrofia ed iperplasia degli strati muscolari longitudinali e circolari del piloro. Il canale pilorico si allunga ed il diametro diviene più stretto. EZIOPATOGENESI: rimane sconosciuta e controversa; sicuramente multifattoriale: fattori ereditari; cause farmacologiche (antibioticoterapia con eritromicina); ipergastrinemia con elevati valori di prostaglandine e deficit di ossido nitrico; anomala innervazione muscolare; fattori meccanici; carenza nel latte materno di acido picolinico con conseguente disfunzione della muscolatura liscia intestinale. Biopsie muscolari piloriche hanno documentato una carenza di vaso intestinal peptide (VIP) e di nitrossido, mediatori del rilasciamento della muscolatura liscia. SINTOMATOLOGIA: il sintomo fondamentale è il vomito a getto non biliare che si presenta dopo il pasto latteo; l’età della presentazione è prevalentemente intorno alla III – IV settimana (range 2 – 6 settimane); la diagnosi può rimanere misconosciuta per numerosi giorni o settimane, con una media di 8 giorni (range 3 – 25 giorni).Talvolta può esserci un vomito ematico a causa di erosioni della mucosa (esofagite) per reflusso gastroesofageo; più raramente di ulcerazioni gastriche. Il vomito persistente causa perdita progressiva di peso e squilibri idroelettrolitici.La disidratazione si manifesta con una “facies” tipica con infossamento degli occhi e delle fontanelle. La mucosa orale è secca e la pelle anelastica, specialmente alle estremità. Il 2 – 17% dei pazienti presenta un ittero a bilirubina indiretta. 79 INTESTINO ANTERIORE: STOMACO DIAGNOSI: in condizioni di rilasciamento e dopo che il bambino ha vomitato, possono esserci segni di iperperistalsi gastrica (segno patognomico di una ostruzione gastrica distale incompleta), oppure è possibile palpare all’esame obiettivo dell’addome nell’80 – 100% dei casi la tumefazione pilorica a forma di “oliva” dura e compatta, in regione epigastrica lievemente a destra della linea mediana. Diagnosi differenziale: tra le affezioni chirurgiche che possono simulare una stenosi ipertrofica del piloro dobbiamo enumerare l’ atresia antropilorica con diaframma incompleto,la duplicazione gastrica o pilorica o l’ ispessimento del piloro da tessuto pancreatico ectopico,l’ulcera gastroduodenale. Tra le affezioni di natura medica rientrano nella diagnosi differenziale quelle che si presentano clinicamente con vomito dopo alcune settimane dalla nascita come gli ematomi subdurali con aumentata pressione intracranica; la meningite; l’insufficienza surrenalica congenita; l’intolleranza al latte ed i difetti enzimatici epatici. Diagnosi strumentale: lo studio ecografico rappresenta l’esame fondamentale per la diagnosi di stenosi ipertrofica del piloro. Esso dimostra un allungamento del piloro e l’aumento di spessore della muscolatura pilorica. Uno spessore del muscolo pilorico maggiore di 4,1 +/- 1 millimetro, una lunghezza del canale pilorico maggiore di 19,9 +/- 6 millimetri ed un diametro trasverso del piloro maggiore di 13,6 +/- 2,5 millimetri, sono dati attendibili per una diagnosi di stenosi ipertrofica del piloro. Lo studio radiologico con mezzo di contrasto (bario) evidenzia una dilatazione gastrica ed un canale pilorico allungato ed incurvato, con i due segni caratteristici della corda concava verso l’alto “string sign” e della doppia traccia “double tract sign”. ANOMALIE ASSOCIATE: la stenosi ipertrofica del piloro può associarsi ad altre anomalie come atresia dell’esofago, malrotazione intestinale, palatoschisi, deformità agli arti, anomalie renali (idronefrosi, megauretere), cardiache, ernia inguinale, ipospadia e criptorchidia. TERAPIA CHIRURGICA: la terapia chirurgica della stenosi ipertrofica del piloro non necessariamente deve essere immediata dopo la diagnosi. Deve essere corretto, prima dell’intervento, l’eventuale stato di disidratazione e l’alcalosi metabolica conseguente alle perdite di valenze acide (Hcl) con il vomito.L’applicazione di un sondino-naso gastrico permette la decompressione dello stomaco. Una incisione cutanea di circa tre centimetri (laterale-trasversa) nel quadrante superiore destro (sotto il margine inferiore del fegato) con sezione del muscolo retto dell’addome, permette l’apertura della cavità ad80 CAPITOLO XII STENOSI IPERTROFICA DEL PILORO Fig. 21.12 A. Piloromiotomia extramucosa sec. Fredet-Ramstedt B. Piloromiotomia extramucosa laparoscopica dominale. Il fegato viene divaricato in alto ,l’oliva pilorica individuata ed esteriorizzata.La sierosa dell’oliva pilorica viene incisa in una zona avascolare sulla superficie antero-superiore, dalla giunzione piloro-duodenale (in corrispondenza della vena pilorica) alla gastrica (un centimetro sopra l’antro). Lo strato muscolare spesso viene dissociato fino ad esporre circa 7–9 millimetri di mucosa (piloromiotomia extramucosa secondo Fredet Ramstedt. L’insufflazione con aria (150 – 200 c.c.) tramite il sondino naso-gastrico può evidenziare piccole perforazioni misconosciute durante la pilorotomia; in tal caso vengono suturate direttamente interponendo una porzione di omento, oppure si suturano i bordi dell’incisione o si esegue una seconda miotomia sul margine posteriore. La piloromiotomia extramucosa può essere eseguita mediante un approccio video laparoscopico. Nel maggio 1990 fu praticata la prima piloromiotomia laparoscopica (Alain,Grousseau).Anomalie congenite cardiache e respiratorie escludono tale procedura (Fig. 21.12). 81 INTESTINO ANTERIORE: STOMACO Le complicanze operatorie possono essere: una perforazione non riconosciuta con conseguente peritonite; ristagno gastrico o vomito persistente,che può conseguire ad uno stato di “calasia”, ad edema del canale pilorico, ad angolazione della giunzione piloroduodenale; oppure una recidiva o una persistenza della malattia per una incompleta miotomia tale da richiedere un reintervento, con revisione della prima miotomia o con una seconda incisione sul lato opposto alla prima. Prima di un reintervento è necessario escludere, con uno studio radiografico, altre cause di stenosi come diaframmi pilorici, stenosi duodenale o malrotazione intestinale. 82 VIE BILIARI EXTRAEPATICHE EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO EPATICO ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE DILATAZIONE CISTICA DEL COLEDOCO CAPITOLO XIII EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO EPATICO ED ANOMALIE CONGENITE Durante la terza settimana di vita intrauterina all’estremità distale dell’intestino anteriore origina dall’endoderma, ventralmente, un diverticolo (diverticolo epatico) che è destinato a formare il fegato, il sistema biliare e la cistifellea. Le cellule dell’abbozzo epatico proliferano e penetrano nel setto trasverso (lamina mesodermica che si estende dalla parete ventrale dell’embrione al peduncolo del sacco vitellino e divide la regione pericardica da quella addominale; essa diventa la parte ventrale del diaframma). Il diverticolo epatico successivamente si differenzia in due componenti; una prossimale ed una distale. La parte prossimale del diverticolo s’allunga, ma non aumenta di diametro diventando via biliare extraepatica; al contrario la parte distale cresce rapidamente di diametro e forma i cordoni epatici, che daranno origine al parenchima epatico ed al sistema dei dotti biliari intraepatici. Quando le cellule epatiche hanno invaso interamente il setto trasverso, la parte esterna diventa il rivestimento sieroso del fegato, eccetto in un punto “area nuda”. Le riflessioni del rivestimento sieroso del fegato nel setto trasverso formano il legamento coronale (che in avanti, a sviluppo terminato, si continua con il legamento falciforme e lateralmente con i legamenti triangolari destro e sinistro) ed il piccolo omento (teso tra fegato ed intestino anteriore: stomaco e duodeno).Essi costituiscono le connessioni peritoneali tra l’intestino anteriore e la parete ventrale e si definiscono con il termine di mesogastrio ventrale. (Fig. 22.13) La porzione prossimale del diverticolo epatico allungandosi rimane distinta dalla massa epatica principale e dà origine al coledoco, al dotto cistico, alla cistifellea, al dotto epatico comune ed al dotto epatico destro e sinistro. Durante gli stadi di allungamento il sistema biliare è costituito da un cordone solido di cellule, come il duodeno. Il processo di ricanalizzazione del lume dei dotti inizia verso la VI settimana con il dotto epatico destro/sinistro e comune e procede lentamente verso il dotto cistico, la colecisti ed il coledoco, in contemporanea con le modificazioni che avvengo85 INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE Fig. 22.13 - Embriologia: diverticolo epatico 9 8 7 1 10 7 6 2 5 3 4 11 A A 18 7 1 10 17 14 7 2 3 13 15 16 12 5 4 C D 1. Cuore – 2. Dotto vitellino – 3. Allantoide – 4. Cloaca – 5. Intestino post. – 6. Intestino medio – 7. Abbozzo epatico – 8. Abbozzo stomaco – 9. Diverticolo respiratorio – 10. Setto trasverso – 11. Ansa intestinale primitiva – 12. Colecisti – 13. Pancreas – 14. Diaframma – 15. Legamento falciforme – 16. Duodeno – 17. Mesogastrio dorsale – 18. Piccolo omento 86 CAPITOLO XIII EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO EPATICO ED ANOMALIE CONGENITE Tab. 1 - Anomalie delle vie biliari extraepatiche e colecisti Anomalia Comparsa della sintomatologia – – – – – – – – – – – – – nascita nascita nascita nascita tutte le età tutte le età tutte le età tutte le età tutte le età tutte le età tutte le età tutte le età tutte le età Atresia delle vie biliari extraepatiche Variazioni dotti epatici Dotti epatici accessori Duplicazione dotto epatico comune Dilatazione cistica del coledoco Duplicazione del coledoco Assenza della colecisti Duplicazione della colecisti Colecisti situata a sinistra Colecisti intraepatica Mucosa ectopica nella colecisti Adenomioma della colecisti Anomalie dotto cistico In grassetto le anomalie trattate nel testo. no nel duodeno. Questo processo non avviene in modo omogeneo (contiguo) ma in più punti contemporaneamente,i quali successivamente si unificano.. Nella VII settimana il dotto cistico è ricanalizzato, la colecisti rimane solida fino alla 12/ma settimana. Un difetto del processo di ricanalizzazione dei dotti biliari potrebbe essere responsabile della atresia delle vie biliari extraepatiche. La porzione prossimale del diverticolo epatico, costituito dal coledoco e dotto pancreatico, viene assorbita, e si approfonda a tutto spessore (posizione intramurale) nella parete del duodeno. I due dotti, nel tratto intramurale, hanno una parete comune e quindi a livello della terminazione si ha un unico orifizio dotato di sistema sfinteriale (papilla di Vater). Il sistema sfinteriale sembra svolgere un ruolo importante perché, fin dalla vita fetale, protegge il sistema biliare dal reflusso di succo pancreatico (ricco di enzimi proteolitici e lipolitici). Se questo processo di approfondimento nella parete del duodeno non è sufficiente, rimane un canale comune biliopancreatico in posizione transmurale, lungo, con un alterato angolo di congiunzione; questa situazione anatomica non svolge più un ruolo di protezione nei confronti del deflusso di materiale pancreatico ed è responsabile di episodi di colangite con alterazione della parete della via biliare 87 INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE Fig. 23.13 - Migrazione embriologica intramurale del complesso “canale comune bilio-pancreatico” 5 1 4 3 2 A 7 6 B 1. Canale bilio-pancreatico (transmurale) – 2. Papilla di Vater – 3. Muscolo (Parete duodenale) – 4. Wirsung – 5. Coledoco – 6. Sfintere di Oddi – 7. Canale bilio-pancreatico (intramurale) (slaminamento della lamina propria e reazione fibrosa circostante) (Fig. 23.13). La perdita della capacità elastica parietale e l’azione pressoria dovuta al reflusso pancreatico determina la progressiva dilatazione della parete del coledoco evolvendo in “cisti” vera e propria. ANOMALIE DELLE VIE BILIARI Le anomalie della via biliare extraepatica e della colecisti sono elencate nella Tab.I. 88 CAPITOLO XIV ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE L’atresia delle vie biliari (AVB) è una grave affezione neonatale caratterizzata dall’assenza di tutte o parte delle vie biliari extraepatiche, che sono più o meno estesamente costituite da tessuto connettivo fibroso. Questa alterazione determina, se non corretta, ittero colestatico, stasi biliare intraepatica con cirrosi biliare incompatibile con la vita. L’incidenza dell’AVB è intorno ad un caso ogni 10.000 nati vivi, con lieve predominanza nel sesso femminile (1,27: 1). L’eziopatogenesi è sconosciuta. Una anomalia congenita non può essere esclusa (vedere “embriologia abbozzo epatico”) a causa della frequente associazione con altre malformazioni. Vengono ipotizzate anche infezioni virali fetali come il “reovirus tipo 3” che determina negli animali da esperimento le stesse alterazioni istologiche dell’AVB. ANATOMIA PATOLOGICA E CLASSIFICAZIONE: il processo di ostruzione può interessare globalmente o distrettualmente l’albero biliare. Sulla base delle possibili varianti anatomopatogiche è possibile classificare le AVB in: – Tipo “A” (83% dei casi) in cui abbiamo una completa sostituzione da parte di tessuto fibroso di tutte le vie biliari extraepatiche, comprendendo anche la colecisti, che risulta una cavità virtuale, priva di lume. – Tipo “B” (11% dei casi); è presente una completa atresia del dotto epatico comune e del dotto destro e sinistro, mentre è normalmente pervio il coledoco e la colecisti. – Tipo “C” (6% dei casi); è presente un abbozzo biliare atresico all’ilo epatico di tipo cistico (1-3 centimetri di diametro) con normale pervietà del coledoco e della colecisti. La cisti all’ilo epatico ha una parete interna priva dell’endotelio tipico delle vie biliari; essa può avere delle microscopiche connessioni con i dotti biliari intraepatici di dimensioni intorno a 150 micron. Tali minute connessioni con il passare del tempo diminuiscono di numero e dimensioni, fino a scomparire completamente, rendendo più aleatoria la possibilità di un intervento chirurgico dopo il terzo mese. L’abbozzo biliare cistico può contenere, 89 INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE Fig. 24.14 - Classificazione dell’AVB Tipo B (11%) Tipo A (83%) Tipo C (6%) pertanto, bile, ma tentativi chirurgici di drenaggio su questo abbozzo sono destinati a fallire. (Fig. 24.14) ANOMALIE ASSOCIATE: normalmente l’AVB è una malformazione isolata ma in rari casi si può associare alla sindrome di Alagille o displasia arterioepatica. Essa è caratterizzata da una estrema ipoplasia delle vie biliari intraepatiche che non può trarre nessun beneficio dal trattamento chirurgico (intervento di Kasai) ma solamente dal trapianto epatico. 90 CAPITOLO XIV ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE SINTOMATOLOGIA: tutti i tipi di AVB presentano la stessa sintomatologia caratterizzata da ittero colestatico alla nascita, con feci acoliche ed urine ipercromiche, con epatomegalia e modesta splenomegalia.Alla palpazione il fegato presenta margini rotondeggianti.Alcuni neonati sviluppano ascite e dilatazione delle vene della parete addominale. L’ittero è persistente e costante con elevati valori di bilirubina totale ( bilirubina diretta oscilla da 10 a 20 mg/ml), fosfatasi alcalina e gamma GT . In un neonato con ittero persistente,dopo le prime due settimane, occorre porre il sospetto diagnostico di AVB. DIAGNOSI: la diagnosi differenziale deve essere posta con le altre cause di ittero neonatale non chirurgico come intossicazioni farmacologiche, l’ispissated biliary syndrom,la galattosemia, l’eritroblastosi fetale o altre malattie emolitiche, l’ittero familiare non emolitico, le ostruzioni estrinseche delle vie biliari, la sepsi ed infezioni come toxoplasmosi, epatite da virus, rosolia, malattia da inclusione citomegalica. Gli esami strumentali comprendono l’esame ecografico il quale può rilevare l’abbozzo cistico all’ilo epatico (tipo “C”) o la presenza o meno della colecisti. L’ecografia prenatale può evidenziare una formazione cistica endoaddominale tale da far sospettare o una atresia tipo “C” o una cisti del coledoco o una duplicazione cistica intestinale o una cisti del mesentere. La scintigrafia con Tc 99 disida (Di – isopropyl – phenilcarbamil – metil – imino – diacetil – acid) e la colangio RM mostrano un accumulo del tracciante nel fegato, ma con assenza di visualizzazione delle vie biliari. L’agobiopsia epatica percutanea non viene comunemente utilizzata nei neonati per differenziare una atresia biliare da altre affezioni non chirurgiche. TERAPIA CHIRURGICA: un neonato affetto da AVB extraepatiche non trattato ha una sopravvivenza raramente superiore ad un anno di età evolvendo verso un ingravescente scompenso epatico (cirrosi) con ipertensione portale ed emorragie digestive. I portatori di AVB vengono sottoposti nei primi due mesi di vita ad un intervento di derivazione bilio-digestiva. I bambini con AVB che non hanno beneficio dall’intervento devono essere sottoposti a trapianto epatico. La tecnica chirurgica prevede – previa una preliminare colangiografia laparoscopica che confermi l’atresia – una incisione sottocostale trasversa bilaterale (a V rovesciata), con successiva sezione del legamento rotondo e dei legamenti triangolari, per migliorare lo spazio operatorio e la visualizzazione della “porta hepatis”. Una biopsia epatica viene praticata per lo studio dei dotti intraepatici. Si valuta la presenza della colecisti, in caso positivo si esegue, tramite puntura di essa, una colangiografia. La colan91 INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE giografia è importante per differenziare l’AVB dalla sindrome da bile inspessita e dall’epatite virale neonatale; in quest’ultima affezione la morfologia delle vie biliari extra ed intraepatiche è normale. In alcuni pazienti può esserci una diffusione retrograda del mezzo di contrasto, iniettato nella colecisti, al parenchima epatico, attraverso i vasi linfatici intraepatici. Questa situazione è ingannevole, perché se viene interpretata come una vera connessione tra colecisti e vie biliari intraepatiche potrebbe essere eseguita, senza nessun successo, una derivazione biliare “colecistoduodeno”. Pertanto,nei casi in cui non viene visualizzata una normale anatomia delle vie biliari intraepatiche è indicato l’intervento derivativo di “porto-enterostomia“. La colangiografia può essere praticata solamente in un terzo dei pazienti con AVB, perché la colecisti non ha un lume, è fibrosa, unitamente ai dotti biliari extraepatici. In presenza di AVB i residui fibrosi delle vie biliari in connessione con le colecisti vengono isolati dal basso fino a raggiungere l’ilo epatico, dove la dissezione prosegue posteriormente alla biforcazione della vena porta fino alla “placca portale o ilare”. Alla “porta hepatis” ogni struttura viene accuratamente isolata ed identificata.Un “loop”viene posizionato attraverso il forame di Winslow attorno al legamento epatoduodenale allo scopo di controllare eventuali sanguinamenti durante la dissezione dell’ilo. Il dotto epatico comune viene isolato e sezionato ed il suo tratto distale viene utilizzato per trazione facilitando la dissezione posteriore della vena porta e della arteria epatica. La vena porta ed i rami destro e sinistro dell’arteria epatica vengono circondati con loops. Numerosi e sottili rami venosi portali devono essere delicatamente legati alla base della placca fibrosa portale.Nella fase successiva viene rimossa una placca fibrosa o “pasticca” di tessuto epatico (con l’uso di forbici sottili) di circa due centimetri di diametro , con una escavazione di 5 – 10 millimetri. Nei casi in cui si trova un abbozzo biliare cistico, esso viene asportato fino a raggiungere la “porta hepatis”. La placca fibrosa ed il parenchima epatico escisso a livello della “porta hepatis” vengono sottoposti ad esame istologico per lo studio dei sottili dotti biliari. Successivamente viene preparata secondo la tecnica di Roux una ansa esclusa lunga, nel tratto di digiuno posto a 15 – 20 centimetri dal Treitz e l’estremità distale affondata, viene portata per via transmesocolica all’ilo epatico dove viene confezionata una anastomosi monostrato termino-terminale, tra ansa intestinale e “porta hepatis”, con filo riassorbibile 5/0 e 6/0 a punti staccati. La presenza di strutture canalicolari biliari pervie a livello della “porta hepatis” dovrebbero consentire, una volta anastomizzate con l’ansa intestinale, un efficace drenaggio biliare. 92 CAPITOLO XIV ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE Fig. 25.14 - Atresia vie biliari extraepatiche “intervento di epatico porto-enterostomia” secondo Kasai A B D C La continuità digestiva viene ripristinata con una anastomosi tra ansa originale e capo distale dell’ansa alla Roux a 40 centimetri dalla anastomosi alla “porta hepatis”. Questo intervento chirurgico è stato descritto per primo nel 1959 da Kasai definendolo: epatico porto-enterostomia. (Fig. 25.14 A.B.C.D.E) Una variazione alla tecnica di Kasai, nei casi di atresia limitata all’epatico comune con pervietà colecistocoledocica (AVB tipo B), è l’utilizza93 INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE Fig. 25.14 - (segue) E A. B. C. D. E.: Fasi successive dell’intervento di epatico porto-enterostomia zione della colecisti.Essa viene mobilizzata,ribaltata ed anastomizzata alla “porta hepatis” al posto dell’ansa esclusa alla Roux (intervento epato-porto-colecistostomia). Questa tecnica ha il potenziale vantaggio di limitare la colangite ascendente post-operatoria. Alcuni autori preferiscono eseguire in tutti i casi un intervento di Kasai (epato-porto-enterostomia), perché il coledoco, anche se pervio, coartato e ipoplastico, contiene flustoli ematici – bilio – parenchimali nel suo lume; per cui l’epato-porto-colecistostomia non risulta completamente sicura da un punto di vista funzionale. 94 CAPITOLO XIV ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE COMPLICANZE POST-OPERATORIE: sono, la mancata risoluzione dell’ittero; in tal caso il paziente è candidato al trapianto di fegato; la colangite ascendente, con febbre, ittero e dolore. Il 27% dei bambini trattati chirurgicamente per AVB dopo 5 anni sono anitterici ed in buona salute; altri sviluppano una fibrosi periportale con successiva ipertensione portale sintomatica (ascite, ematemesi e melena da varici esofagee); altri sviluppano una cirrosi epatica ingravescente da colestasi, diventando candidati ad un trapianto di fegato. 95 CAPITOLO XV DILATAZIONE CISTICA DEL COLEDOCO La dilatazione cistica del coledoco è una affezione congenita caratterizzata da una dilatazione della via biliare extraepatica. Solamente un caso su quattro viene diagnosticato entro il primo anno di età. L’incidenza è di un ogni 13.000 nati vivi; le femmine sono più colpite dei maschi con un rapporto di tre a uno. EZIOPATOGENESI: è controversa. Il reflusso di succo pancreatico nella via biliare favorirebbe la dilatazione cistica, per la presenza di un canale pancreatico-coledocico comune transmurale lungo, a causa di un difetto di migrazione del “Carrefour” bilio-pancreatico nello spessore della parete duodenale (vedi : embriologia del diverticolo epatico). Meccanismi simili a quelli osservati nel morbo di Hirschsprung sono stati ipotizzati in questa affezione (oligoganglionosi del tratto a monte o a valle della cisti coledocica). CLASSIFICAZIONE: la dilatazione cistica del coledoco viene distinta da un punto di vista anatomo patologico in cinque tipi (Fig.25.15): Tipo I: cisti extraepatica unica (cisti del coledoco); Tipo II: diverticolo extraepatico sovraduodenale (diverticolo del coledoco); Tipo III: coledococele; Tipo IV: cisti extraepatiche multiple; Tipo V: cisti multiple o singole intraepatiche. Quando si associa fibrosi epatica si configura la sindrome di Caroli. SINTOMATOLOGIA: la sintomatologia si può manifestare precocemente, tra 1-6 mesi (forma infantile), con ittero di tipo ostruttivo, con o senza massa palpabile e dolori addominali; più frequentemente si manifesta tardivamente tra i 2-4 anni ( forma giovanile), con la classica triade: ittero, febbre e dolore addominale associata o meno alla presenza di una massa addominale nel quadrante superiore destro da riferire alla cisti. Le complicanze sono legate alla presenza di litiasi della colecisti o 97 INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE Fig. 25.15 - Dilatazione cistica del coledolo: classificazione anatomo-patologica II I III IV V delle vie biliari principali(8-30% dei casi) che può provocare coliche addominali, ittero ed infezione della cisti. Una colangite od una pancreatite possono associarsi a questa affezione a causa del reflusso pancreatico nella via biliare o del reflusso biliare nel dotto pancreatico, per l’anomalia della giunzione pancreatico biliare. Un carcinoma può svilupparsi all’interno di una cisti coledocica biliare anche in età giovanile. Più di due terzi dei pazienti sottoposti ad una derivazione, con conservazione della cisti (cisto-duodenostomia) hanno sviluppato un carcinoma entro 10 anni; mentre è raro un carcinoma delle vie biliari che si sviluppa dopo una completa resezione della cisti. DIAGNOSI: la diagnosi può essere eseguita occasionalmente nel corso di un esame ecografico o in seguito ad accertamenti per episodi di ittero, dolori addominali o massa addominale palpabile. La diagnosi strumentale si avva98 CAPITOLO XV DILATAZIONE CISTICA DEL COLEDOCO Fig. 26.15 - Dilatazione cistica del coledoco “derivazione bilio-digestiva con ansa esclusa alla Roux” A. Anastomosi con l’epatico comune B. Anastomosi alla confluenza con gli epatici C. Anastomosi separata epatico dx e sx le, oltre dell’ecografia, della colangio RM, della TAC, della scintigrafia epato-biliare e della colangio-pancreatografia retrograda per via endoscopica. TERAPIA: la terapia chirurgica della dilatazione cistica del coledoco prevede un accesso sottocostale trasverso destro; una aspirazione del contenuto intracistico; una colangiografia attraverso la colecisti per una valutazione della morfologia delle vie intra ed extraepatiche; la colecistectomia e la completa resezione della cisti (per eliminare il rischio di carcinoma), con sutura del tratto distale del coledoco al di sopra del Wirsung evitando di lesionare il dotto pancreatico. Il livello di resezione prossimale della cisti è vario: a livello del dotto epatico comune (ricostruzione della via biliare mediante una epaticodigiunostomia su ansa alla Roux),oppure a livello della confluenza degli epatici (anastomosi epaticodigiuno all’ilo su ansa alla Roux) o a livello dell’epatico destro e sinistro (anastomosi separata, epatico destro ed epatico sinistro, su ansa esclusa alla Roux) (Fig.26.15 A.B.C.). 99 PANCREAS EMBRIOLOGIA DEL PANCREAS ED ANOMALIE CONGENITE PANCREAS ANULARE FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO) IPERPLASIA PANCREATICA (NESIDIOBLASTOSI NEONATALE) CAPITOLO XVI EMBRIOLOGIA DEL PANCREAS ED ANOMALIE CONGENITE Il pancreas si forma da due abbozzi che derivano dal rivestimento endodermico del duodeno intorno alla VI settimana di vita. Il diverticolo ventrale è situato alla base del diverticolo epatico, il diverticolo dorsale direttamente dal versante dorsale del duodeno, diametricamente opposto a quello epatico. Il diverticolo dorsale si accresce nel mesentere dorsale sviluppando gli acini primari; durante lo stesso periodo il diverticolo ventrale si sviluppa insieme a quello epatico. Quando il duodeno ruota verso destra ed assume la forma di “C”, l’abbozzo pancreatico ventrale migra dorsalmente analogamente al tratto distale del coledoco. Durante la VII settimana, l’ abbozzo ventrale viene a trovarsi subito sotto e dietro l’abbozzo dorsale. Dal piccolo abbozzo ventrale si forma il processo uncinato e la porzione inferiore della testa del pancreas con il suo dotto ventrale; dall’ampio abbozzo dorsale il corpo, la coda del pancreas ed il dotto dorsale. Nelle fasi successive avviene la fusione dei due abbozzi primordiali e la comunicazione tra i dotti: la porzione prossimale del dotto pancreatico dorsale può obliterarsi o persistere in forma di ristretto dotto, il dotto pancreatico accessorio (di Santorini); il dotto ventrale persiste e unendosi alla porzione del dotto dorsale forma il dotto pancreatico principale (di Wirsung). Alla fine della VII settimana non sono evidenti segni della duplice origine dell’organo. Il condotto pancreatico principale, insieme al coledoco, sbocca nel duodeno a livello della papilla maggiore (di Vater); lo sbocco del dotto accessorio, quando è presente, avviene a livello della papilla minore. Nel 10% dei casi i due dotti non si fondono, rimane la situazione originaria con i due dotti separati. La giunzione bilio-pancreatica o “canale comune bilio-pancreatico”, al termine dello sviluppo embriologico viene a trovarsi a metà tra la fine della papilla e la muscolatura esterna del duodeno. In tal modo i due dotti, nel tratto intramurale, hanno una parete comune con un orifizio unico dotato di un sistema sfinterale (sfintere di Oddi) (Fig. 27.16). 103 INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS Fig. 27.16 - Embriologia del pancreas: abbozzo ventrale e dorsale 1 5 6 2 4 B 3 3 A B A 1. Abbozzo epatico – 2. Colecisti – 3. Abbozzo pancreatico ventrale – 4. Abbozzo pancreatico dorsale – 5. Coledoco – 6. Dotto epatico La secrezione degli acini si manifesta durante il terzo mese di vita intrauterina ed anche la differenziazione tra pancreas endocrino ed esocrino avviene precocemente durante la vita embrionale. Le isole pancreatiche di Langerhans si sviluppano dal tessuto parenchimale pancreatico e si distri104 CAPITOLO XVI EMBRIOLOGIA DEL PANCREAS ED ANOMALIE CONGENITE Tab. 1 - Anomalie congenite del pancreas – – – – – – – – – – – – Aplasia o ipoplasia Iperplasia (Nesidioblastosi) Displasia Variazioni di anomalia dei dotti Pancreatite familiare Pancreas divisum Pancreas anulare Anomalie di rotazione Pancreas accessorio eterotopico (pancreas aberrante) Cisti pancreatiche Fibrosi cistica (ileo da meconio) Anomalie arteriose, venose e linfatiche * in grassetto le anomalie trattate nel testo buiscono all’interno della ghiandola . La secrezione di insulina inizia al quinto mese. Anche le cellule secernenti glucagone e somatostatina si sviluppano dalle cellule parenchimali. Il mesoderma splancico che circonda l’abbozzo pancreatico costituisce il tessuto connettivo della ghiandola. ANOMALIE DEL PANCREAS Le anomalie congenite del pancreas, come risultato di un difetto del normale sviluppo embriologico, sono numerose (Tab. I) 105 CAPITOLO XVII PANCREAS ANULARE Il pancreas anulare (PA) è caratterizzato anatomicamente da una banda di tessuto pancreatico che circonda la seconda parte del duodeno in continuità con il parenchima della testa del pancreas da entrambi i lati. Il tessuto pancreatico che costituisce l’anello è istologicamente normale con acini , isole e con un proprio dotto connesso con il dotto del Wirsung ; raramente si apre in modo autonomo con un dotto comune o con numerosi orifizi, in duodeno (Fig. 28.17) (Fig. 29.17). Il 70% dei casi di PA sono associate ad altre anomalie: una stenosi o atresia del duodeno nella sede dell’anello è presente nel 40% ; una sindrome di Down nel 16%; malrotazioni intestinali; fistola tracheo-esofagea nel 9% e difetti congeniti cardiaci nel 7%. EZIOPATOGENESI: del pancreas anulare è riferibile ad una errata differenziazione e rotazione degli abbozzi pancreatici primitivi. Non è noto, comunque, quale sia la reale alterazione embriologica che produce il pancreas anulare,nonostante le numerose spiegazioni proposte (ipertrofia dell’abbozzo dorsale e ventrale; fissazione di parte dell’abbozzo ventrale alla parete del duodeno prima della rotazione; tessuto pancreatico eterotopico). SINTOMATOLOGIA: il pancreas anulare è congenito, ma può manifestarsi clinicamente in ogni età. Nella maggioranza dei casi questa condizione è asintomatica (70%) e può essere un reperto occasionale autoptico. La sintomatologia può presentarsi nel 33% dei casi nella prima settimana di vita e nel 45% dei casi entro il primo anno; rari casi sono visti verificarsi in giovani pazienti o in età adulta. I sintomi sono dovuti all’ostruzione esercitata sul duodeno o sul tratto biliare distale o a livello della papilla di Vater, da parte dell’anello pancreatico.Nel neonato si manifestano con vomito, perdita di peso, alcalosi, disidratazione e ittero. Nell’infanzia il grado di stenosi duodenale può essere meno severa con sintomi di ostruzione cronica (stasi gastrica con vomito biliare, reflusso gastro-esofageo, ulcera gastrica). 107 INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS Fig. 28.17 - Pancreas anulare Fig. 29.17 - Pancreas anulare e distribuzione topografica dei dotti pancreatici A B C Nell’adulto questa affezione si presenta con una varietà di complicanze: ostruzione duodenale e biliare; pseudocisti pancreatica; pancreatite ed ulcerazioni peptiche (gastriche e duodenali). 108 CAPITOLO XVII PANCREAS ANULARE Fig. 30.17 - Pancreas anulare: terapia chirurgica A. Duodeno-duodenostomia (sec. Weitzman) B. Duodeno-digiunostomia (sec. Gross) A B La diagnosi di pancreas anulare può essere sospettata ecograficamente durante la vita intrauterina per la presenza di un polidramnios. Alla nascita la radiografia diretta dell’addome mostra la “doppia bocca” per la presenza di aria nello stomaco disteso e nella porzione inferiore del duodeno, mentre è assente nel restante tratto intestinale. TERAPIA: la terapia chirurgica viene praticata nei casi di stenosi duodenale completa. La sezione dell’anello pancreatico è assolutamente controindicata per il pericolo di lesioni dei piccoli dotti pancreatici, perché è impossibile visualizzare l’esatto dotto escretore; le fistole pancreatiche si manifestano nel 5% dei casi operati con questa procedura. La duodenodigiunostomia transmesocolica rappresenta il trattamento di scelta proposta da Gross ed offre soddisfacenti risultati. Se la duodenodigiunostomia è tecnicamente impossibile, per una eccessiva estensione dell’anello pancreatico alla prima porzione duodenale, si può eseguire una gastrodigiunostomia anteriore; questa procedura ha lo svantaggio di una potenziale formazione di ulcera nella sede dell’anastomosi. La duodenoduodenostomia proposta da Weitzman (anastomosi latero-laterale) rappresenta la tecnica chirurgica di by-pass più fisiologica. Essa richiede un’ampia mobilizzazione del duodeno fino al Treitz (manovra di Kocker) (Fig. 30.7) 109 CAPITOLO XVIII FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO) L’ileo da meconio è l’espressione clinica più precoce della fibrosi cistica del pancreas o mucoviscidosi. Circa il 6 – 20% dei neonati affetti da fibrosi cistica presenta alla nascita una ostruzione intestinale meconiale. Sebbene la fibrosi cistica non sia una anomalia morfologica del pancreas, ma una condizione ereditaria che si trasmette per via autosomica recessiva, l’ileo da meconio è un problema chirurgico rilevante in età neonatale e, pertanto, viene trattato all’interno del nostro testo. L’incidenza della fibrosi cistica è di un caso su 1.100 nati, con uguale distribuzione in entrambi i sessi. È stato calcolato che il 6% della popolazione è portatrice del gene della fibrosi cistica FISIOPATOLOGIA: la fibrosi cistica o mucoviscidosi è un disordine genetico anatomico recessivo a penetranza variabile che determina una secrezione anomala di tutte le ghiandole esocrine: pancreas, fegato, tratto gastro-enterico,tracheo-bronchiale, mucose nasali, ghiandole salivari, testicoli e ovaie. Il muco secreto presenta una elevata viscosità e precipitando entro i piccoli lumi dei dotti ghiandolari causa ostruzione e dilatazione; a ciò consegue la distruzione del tessuto ghiandolare che viene sostituito con tessuto fibroso. Il pancreas mostra l’alterazione strutturale più cospicua. La sequenza degli eventi con l’anomala secrezione da parte degli acini, inizia prima della nascita a cui seguono ostruzioni dei dotti, atrofia e fibrosi. Alla nascita l’aspetto istologico del pancreas nella fibrosi cistica rileva la presenza di materiale ispessito nei duttuli pancreatici e fibrosi precoce periduttale e periacinosa. Le insule di Langerhans, di solito, sono normali, ma lo sviluppo di un diabete mellito in alcuni pazienti suggerisce che l’apporto ematico agli isolotti possa risultare compromesso dalla fibrosi progressiva. Alterazioni istologiche precoci e di grado variabile sono rilevabili nelle ghiandole secretorie esocrine dislocate lungo tutto il canale alimentare, come le ghiandole di Brunner nel duodeno o le ghiandole mucose (cellule caliciformi) 111 INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS Fig. 31.18 - Fibrosi cistica: fisiopatologia • Ghiandole di Brunner • Ostruzione dei dotti • Dilatazione cistica • Atrofia e fibrosi A. Fibrosi cistica: polmone – eccessiva secrezione mucosa – enfisema ostruttivo B. Fibrosi cistica: duodeno/pancreas ↓ – atelettasia – bronchiectasie • Ostruzione dei dotti biliari • Fibrosi periportale • Pericolangite • Perforazione • Volvolo C. Fibrosi cistica: fegato D. Ileo da meconio: intestino dell’intestino tenue; esse sono dilatate con aspetti cistici. Nei bambini con fibrosi cistica sono state osservate inoltre ulcere peptiche. Le alterazioni patologiche del fegato sono caratterizzate da ostruzione dei piccoli duttuli biliari da parte di materiali densi; fibrosi periportale e pericolangite. Il 10-15% dei casi sviluppa una cirrosi biliare multinodulare con successiva ipertensione portale e varici esofagee. I polmoni sviluppano la malattia dopo mesi ed anni, al momento della nascita infatti sono strutturalmente normali. Il muco prodotto rimane tenacemente adeso, ostruendo i bronchioli ed i bronchi che conducono ad enfisema ostruttivo con zone multiple di atelettasia e bronchiectasie (Fig. 31.18). 112 CAPITOLO XVIII FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO) Tra le anomalie associate frequentemente alla fibrosi cistica abbiamo l’atresia intestinale. La patogenesi dell’ileo da meconio sembra correlata non solo alla deficiente secrezione degli enzimi pancreatici, ma in maniera prevalente alla anomala secrezione delle ghiandole intestinali, con una maggiore quantità di mucoproteine e albumina che aumentano la viscosità e la densità. Sono stati riportati in letteratura casi di ileo da meconio senza fibrosi cistica del pancreas, confermando un ruolo secondario della patologia pancreatica nella patogenesi dell’ileo da meconio. Il meconio così prodotto aderisce alle pareti del lume intestinale aumentando la propria consistenza fino a vere e proprie concrezioni e realizzando un quadro di ostruzione intestinale. L’estensione delle aree ostruite può essere variabile; generalmente si estende alle ultime anse dell’ileo; la parte terminale del digiuno è generalmente dilatata e contiene del materiale semiliquido. Procedendo in senso caudale la dilatazione delle anse aumenta e la dilatazione è massima nella porzione media dell’ileo e può raggiungere fino a sette centimetri di diametro; la dilatazione cessa invece negli ultimi 20-30 centimetri dalla valvola ileo-cecale; questo tratto contiene materiale bianco-grigiastro indurito sotto forma di concrezioni solide. Il quadro clinico può variare da una semplice ostruzione del tenue distale (ileo-meconiale semplice) ad un quadro clinico complicato (ileo meconiale complicato), quando si creano alcune particolari condizioni. (1) PERFORAZIONE: quando il bolo di meconio inspessito e compresso dalla peristalsi contro la valvola ileo-cecale causa una costante compressione sulle pareti intestinali con conseguente necrosi-ischemica ed eventuale perforazione. (2) VOLVOLO; le anse dilatate ripiene di meconio possono avvolgersi per l’iperperistalsi su se stesse fino a provocare un volvolo, con conseguenti danni da devascolarizzazione. MECONIO: in condizioni normali è composto da liquido amniotico ingerito dal feto, da secrezioni delle ghiandole intestinali, del fegato e del pancreas. Esso si presenta come una sostanza semifluida, viscida, di colorito verde-nerastro per la presenza di pigmenti biliari e contiene squame epiteliali provenienti dalla vernice caseosa e dall’epitelio dell’intestino. Con il progredire della gestazione tende a diventare più consistente e più scuro per l’assorbimento di acqua da parte dell’intestino. La quantità varia dai 60 ai 200 grammi. 113 INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS Normalmente la primaria emissione di meconio avviene nel 27% poco dopo la nascita e nel 69% nelle prime 12 ore e nel 94% nelle prime 24 ore. Nel quarto giorno di vita è completamente eliminato. SINTOMATOLOGIA “ILEO DA MECONIO” - Il quadro clinico è caratterizzato da distensione addominale alla nascita (talora sono visibili e palpabili le anse piene di meconio pastoso con segni di iperperistalsi all’ascoltazione addominale) dal vomito biliare precoce e progressivo e dall’assenza della emissione di meconio. L’anamnesi familiare positiva per fibrosi cistica può essere di aiuto per una conferma diagnostica. DIAGNOSI: la radiografia diretta dell’addome mette in evidenza, oltre alla distensione addominale, livelli idroaerei più o meno numerosi con un quadro tipico di occlusione intestinale bassa: a differenza delle atresie intestinali i livelli sono generalmente più scarsi. I livelli, anche se raramente, possono mancare del tutto. Caratteristico può essere il reperto delle cosiddette “bolle di sapone” entro il lume delle anse dilatate, per la presenza di bolle di aria intrappolata nel meconio viscoso. La presenza di calcificazioni endo addominali deve indurre il sospetto di esiti di peritonite perforativa neonatale. Aria libera in cavità addominale indica una perforazione prenatale (peritonite da meconio). Il clisma opaco, con gastrografin, deve essere eseguito sia per consentire spesso una risoluzione incruenta del quadro clinico (tecnica di Noblett), ma anche per escludere le altre cause di ostruzione intestinale bassa, come una atresia digiuno-ileale, o un’atresia colica o la malattia di Hirschsprung o la “sindrome del colon sinistro”. Una condizione particolare è la sindrome da “Plug” di meconio, anche se non è correlata con la malattia fibrosi cistica. Essa si osserva in un caso su 500 nati e riguarda i neonati che presentano un ritardo all’emissione di meconio e talora sintomi da occlusione bassa. Essa si risolve spontaneamente o dopo clisteri con l’emissione di meconio ispessito nell’ultimo tratto di colon, sotto forma di un cordone di varia lunghezza. Il clisma può evidenziare un colon di normale lunghezza, ma di calibro ridotto (microcolon da non uso). Il liquido di contrasto se arriva a refluire nell’ileo terminale, può rilevare piccole concrezioni, rotondeggianti da meconio solidificato. TERAPIA Terapia medica “non chirurgica” Nei casi di ileo da meconio semplice è possibile tentare l’esecuzione di un clisma con gastrografin (mezzo di contrasto idrosolubile ipertonico); circa 30-50 c.c. di mezzo di contrasto vengono introdotti a caduta attraverso un catetere tipo Foley capace di richiamare liquidi entro il lume 114 CAPITOLO XVIII FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO) Fig. 32.18 - Ileo da meconio: terapia chirurgica (enterotomia ileale e cat. Fogarty) intestinale e di ammorbidire il meconio vischioso facilitandone l’espulsione. Un’iperidratazione per via parenterale si rende necessaria per evitare i rischi legati allo shock ipovolemico. La perforazione intestinale da clisma con gastrografin può rappresentare una insidiosa complicanza immediata o tardiva entro 48 ore dall’esame, riportata con un’incidenza di circa 11% dei casi. In caso di successo (67% dei casi) il neonato evacua il meconio entro 24-48 ore e potrà essere rialimentato precocemente per via orale. Una soluzione di n-acetilcisteina al 10% può evitare la comparsa, a causa della sua azione fluidificante, di nuove crisi occlusive. La terapia chirurgica La terapia chirurgica è necessaria in caso di fallimento della tecnica di Noblett o in presenza di ileo da meconio complicato. In caso di ileo da meconio semplice si può eseguire una enterotomia e lavaggio, attraverso un sondino con soluzione di gastrografin e di n-acetilcisteina nel tratto occupato da meconio ispessito. L’enterotomia viene eseguita nel tratto di tenue dilatato nel suo bordo antimesenterico ed in essa viene introdotto un sondino o un catetere di Fogarty che viene avanzato verso la zona di ostruzione iniettando soluzione 115 INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS Fig. 33.18 - Ileo da meconio: terapia chirurgica (derivazione ileale esterna sec. Bishop-Koop di gastrografin e di n-acetilcisteina. Quando il meconio è stato rimosso l’enterotomia viene chiusa. Una via alternativa d’accesso alla enterotomia ileale può essere il moncone appendicolare. In casi particolari può essere necessaria una resezione intestinale e anastomosi. Tale procedura viene eseguita nella forma con volvolo o con atresia associata. Una derivazione ileale esterna provvisoria (secondo Bishop-Koop) consiste in una anastomosi termino-terminale tra l’estremità dell’intestino prossimale e la parete della porzione distale, a circa 4 centimetri dalla sua estremità che viene esteriorizzata (ileostomia) (Fig. 32.18) (Fig. 33.18). 116 CAPITOLO XIX IPERPLASIA PANCREATICA (NESIDIOBLASTOSI NEONATALE) L’iperinsulinismo rappresenta la causa più frequente di ipoglicemia nel neonato e nel bambino di età inferiore ad un anno. Solamente una diagnosi ed una terapia precoce possono prevenire i danni al sistema nervoso centrale che conseguono a questa rara patologia. L’ipoglicemia neonatale è stata riscontrata nel 4,4% dei nati a termine e nel 15,6% dei prematuri. Nella grande maggioranza dei casi l’ipoglicemia neonatale è transitoria, rispondendo efficacemente alla terapia infusionale di glucosio. Un’ipoglicemia persistente, refrattaria alle normali misure terapeutiche, deve indurre il sospetto di una forma organica di iperinsulinismo (Tabella I). La diagnosi di ipoglicemia deve includere un rapido dosaggio radioimmunologico dell’insulina. Usualmente si considera un indice di iperinsulinismo, una normale od elevata insulinemia, in presenza di bassi livelli glicemici. SINTOMATOLOGIA dell’ipoglicemia neonatale non è specifica ed include: crisi di apnea, ipotonia muscolare, ipotermia, tremori, cianosi, pallore, sudorazione profusa, irritabilità, convulsioni tonico-cloniche generalizzate fino al coma. TERAPIA INIZIALE: una infusione costante di glucosio, mediante un catetere venoso centrale è la terapia iniziale per tutte le forme ipoglicemiche; nelle condizioni di iperinsulinismo la somministrazione di diazzossido inibisce la secrezione di insulina. Il diazzossido associato ai cortisonici è utile per stabilizzare ulteriormente il valore della glicemia. Farmaci analoghi della somatostatina a lunga durata di azione sono risultati ugualmente efficaci nel normalizzare la glicemia ai neonati con iperinsulinismo. ANATOMIA-PATOLOGICA E CLASSIFICAZIONE: l’alterazione istologica pancreatica corrispondente al quadro clinico dell’ipoglicemia con iperinsulinemia può comprendere quattro condizioni: l’iperplasia delle cellule B; l’adenoma o l’adenomatosi; la nesioblastosi e l’iperfunzione isolata delle 117 INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS Tab. 1 - Usuali cause di ipoglicemia Ipoglicemia transitoria Ipoglicemia persistente Insufficiente riserva glicogenica Difetti enzimatici ed ormonali Ritardo crescita intrauterina Glicogenesi (I, II, VI) Deficit di fruttosio 1,6 di fosfatasi Iperinsulinismo Galattosemia Neonato di madre diabetica Intolleranza al fruttosio Eritroblastosi Acidemia metil-malonica e propionica Sindrome di Beckwith Malattia delle urine a sciroppo di acero Tirosinosi Deficit di cortisolo ed ormoni della crescita Ipersinsulinismo Adenoma Iperplasia delle cellule insulari Nesidioblastosi Alterazioni funzionali delle cellule insulari cellule B, per un deficit secretivo. Più lesioni possono coesistere nello stesso paziente. Nei neonati e nei bambini sotto un anno di vita la nesidioblastosi è la causa più frequente di iperinsulinismo; l’adenoma e l’iperplasia di cellule insulari sono più comuni in età superiore. La nesidioblastosi è caratterizzata da una intensa proliferazione di cellule insulari prevalentemente B ad autonomia funzionale, originate dall’epitelio duttale del pancreas esocrino. Esse sono distribuite diffusamente e casualmente nel parenchima pancreatico sotto forma di cellule singole e di piccoli aggregati. La componente endocrina risulta in media cinque volte maggiore nelle nesidioblastosi rispetto a quella di un pancreas normale. Granuli neuroendocrini di diametro 300-700 mu contenenti insulina sono stati osservati con il microscopio elettronico, all’interno delle cellule endocrine. Studi immunoistochimici hanno rilevato anomalie anche nella distribuzione delle cellule secernenti glucagone, somatostatina e polipeptidi pancreatici. Una riduzione delle cellule D, con conseguente diminuzione della secrezione di somatostatina, è stata osservata in neonati con ipogli118 CAPITOLO XIX IPERPLASIA PANCREATICA (NESIDIOBLATOSI NEONATALE) cemia persistente iperinsulinemica. Un deficit della somatostatina, a causa dell’azione inibente di questo polipeptide sul rilascio dell’insulina, può indurre uno stato iperinsulinemico. EZIOPATOGENESI: di questa affezione è sconosciuta. Una storia familiare di neoplasia endocrina multipla è stata descritta in rari casi nei pazienti affetti da nesidioblastosi. In una revisione della letteratura su 38 neonati con ipoglicemia ed iperinsulinemia non responsiva alla terapia medica sottoposti ad intervento chirurgico di pancreasectomia sono stati riportati 13 casi (34%) di nesidioblatosi; 11 casi (29%) di iperplasia di cellule B; 11 casi (29%) di adenoma e 3 casi (8%) di pancreas normale. DIAGNOSI: la persistenza della sintomatologia, in presenza di una discrepanza tra valori glicemici ed insulinemia, rende di facile diagnosi questa affezione. Il sospetto di ipoglicemia trova conferma in un valore di glucosio 40 mg/dl nel neonato a termine e 30 mg/dl nel prematuro. Valori di insulinemia compresi tra 10 e 15 nU/ml sono sospetti e valori 20 nU/ml rappresentano una diagnosi certa. La somministrazione di glucagone e di somatostatina rappresentano i test farmacologici che si affiancano ai test di tolleranza al carico di glucosio ed a quello di leucina nel sospetto di una nesidioblastosi. L’ecografia, la tomografia computerizzata e l’angiografia raramente rilevano anormalità pancreatiche. Di scarso rilievo risulta anche il dosaggio dell’insulina nei prelievi selettivi di sangue nella vena splenica, mediante il cateterismo transepatico della vena porta. TERAPIA: nel caso in cui venga evidenziato un adenoma, la terapia chirurgica è basata sulla asportazione di esso, con una porzione di tessuto pancreatico, al fine di escludere all’esame istologico una associazione con una forma diffusa. In assenza di una lesione visibile per una presumibile diagnosi di nesidioblastosi viene praticata una pancreasectomia subtotale (corporo-caudale) al 75-90%, con trancia di sezione a destra della vena mesenterica superiore. L’accesso laparotomico viene eseguito mediante una incisione sottocostale trasversa con la resezione di entrambi i muscoli retti. La sezione del legamento gastro-colico, l’ampia manovra di Kocker del duodeno, l’abbassamento dell’angolo colico sinistro e l’incisione del peritoneo posteriore lungo il margine inferiore della ghiandola permettono l’ispezione e la palpazione bidigitale del pancreas. L’ecografia intraoperatoria esclude la presenza di neo-formazioni intraparenchimali. Il pancreas viene sezionato a destra della vena mesenterica superiore rispettando il processo uncinato. 119 INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS Fig. 33.19 - Nesidioblastosi: terapia chirurgica (pancreasectomia) 95% 65% 90% 85% La pancreasectomia è preceduta dalla liberaziazione, dalla ghiandola, della arteria splenica e della vena splenica, mediante una accurata resezione-legatura dei rami diretti all’organo. La manovra viene iniziata a livello della coda e proseguita verso la testa del pancreas fino ai vasi mesenterici superiori; sollevando verso l’alto la coda ed il corpo pancreatico. Un miglior controllo dell’ipoglicemia insieme ad una soddisfacente funzione esocrina è ottenuta dopo una pancreasectomia “quasi” totale (al 95%) in cui viene lasciata in sede una quota minima di tessuto pancreatico, compreso tra il margine destro del coledoco ed il duodeno. In caso di insuccesso dopo una resezione pancreatica sub totale, può essere eseguita una ulteriore riduzione di parenchima fino alla pancreasectomia totale (Fig. 33.19). Una ipertrofia compensatoria del tessuto pancreatico residuo dopo pancreasectomia sub o quasi totale, è stata riportata da vari autori. Il conseguente incremento della funzione endocrina ed esocrina del residuo rigenerato può rendere necessario un reintervento. La preservazione della milza durante l’atto operatorio, risulta importante per l’aumentato rischio di sepsi dopo splenectomia. La splenectomia può essere evitata anche se si può rendere necessaria la legatura della vena splenica, a scopo emostatico, in caso di sua accidentale lacerazione; i vasi gastrici brevi sono infatti sufficienti a mantenere il ritorno venoso. I valori glicemici si normalizzano entro 24 ore dall’intervento chirurgico. 120 PARTE III INTESTINO MEDIO (MIDGUT) INTESTINO MEDIO (MIDGUT) XX. XXI. XXII. XXIII. XXIV. XXV. TENUE-COLON DESTRO Embriologia dell’intestino medio ed anomalie congenite Atresia e stenosi duodenale Atresia digiunale ed ileale Anomalie di rotazione e fissazione dell’intestino medio (Malrotazioni intestinali) Duplicazioni dell’intestino medio Patologia del dotto onfalo-enterico 123 TENUE-COLON DESTRO EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO MEDIO ED ANOMALIE CONGENITE ATRESIA E STENOSI DUODENALE ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO (MALROTAZIONI INTESTINALI) DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO CAPITOLO XX EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO MEDIO ED ANOMALIE CONGENITE L’intestino medio (mid gut) è quella porzione dell’intestino primitivo che embriologicamente è aperto ventralmente nel sacco vitellino. Nell’embrione di cinque settimane, l’intestino medio è sospeso alla parete addominale dorsale da un dotto mesentere (mesentere dorsale) e ventralmente comunica con il sacco vitellino per mezzo del dotto vitellino o peduncolo vitellino o dotto onfalomesenterico. Più tardivamente nello sviluppo, l’intestino medio è quella porzione dell’intestino che è vascolarizzata dalla arteria mesenterica superiore. Nell’adulto l’intestino medio si estende dal duodeno subito sotto la papilla di Vater (giunzione bilio-pancreatica) e termina alla giunzione dei due terzi prossimali del colon trasverso con il terzo distale. Lo sviluppo dell’intestino medio è caratterizzato da un rapido allungamento del tubo intestinale e del suo mesentere, dando origine all’ansa intestinale primitiva. L’ansa intestinale primitiva presenta al suo apice il dotto vitellino (o dotto onfalomesenterico) ed il suo asse è rappresentato dall’arteria mesenterica superiore. (Fig. 34.20) (35.20). In tal modo possiamo distinguere l’ansa primitiva in un segmento cefalico o prearterioso che darà origine alla porzione distale del duodeno, al digiuno e ad una porzione dell’ileo; ed in un segmento caudale o postarterioso che darà origine alla porzione inferiore dell’ileo, al cieco, all’appendice, al colon ascendente ed ai due terzi prossimali del colon trasverso. Infatti, durante la quinta settimana si sviluppa nel segmento caudale una espansione (posteriormente al dotto onfalomesenterico) da cui si svilupperà il cieco (abbozzo cecale), rappresentando il limite tra il futuro intestino tenue e colon. Nella quinta e sesta settimana, l’intestino medio (ansa intestinale) si allunga più rapidamente del corpo embrionario; questa discrepanza, accentuata anche dalla crescita del fegato, induce tutta una serie di movimenti fino al raggiungimento della posizione finale del tenue e del colon; questi movimenti successivi possono essere divisi in tre stadi: 127 INTESTINO MEDIO Fig. 34.20 - Intestino medio: “ansa intestinale primitiva” 1 2 7 9 3 4 5 8 6 1. Stomaco – 2. Duodeno – 3. A. mesenterica sup. – 4. Segmento cefalico – 5. Segmento caudale – 6. Dotto vitellino – 7. Colon trasverso – 8. Intestino tenue – 9. Abbozzo cecale Primo stadio: erniazione. Durante l’ottava settimana di vita, a causa del rapido allungamento dell’ansa primitiva ed in particolare del suo segmento cefalico o prearterioso, la cavità addominale risulta troppo piccola per contenere tutte le anse ed esse compensano penetrando nel celoma extra embrionario, cioè all’interno del cordone ombelicale. In tal modo si forma un’ernia ombelicale fisiologica (Fig. 36.20). Una banda mesenterica fissa la porzione prossimale del duodeno e previene la sua entrata all’interno del cordone ombelicale (erniazione). Questa struttura mantiene la sua entità anatomica nell’adulto sotto forma di legamento di Treitz. Contemporaneamente al suo allungamento l’ansa intestinale primitiva ruota attorno al suo asse formato dall’arteria mesenterica superiore di novanta gradi. Secondo stadio: ritorno delle anse erniate in addome Durante la decima settimana le anse intestinali erniate cominciano a rientrare nella cavità addominale, a causa probabilmente della regressione 128 CAPITOLO XX EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO MEDIO ED ANOMALIE CONGENITE Fig. 35.20 - Intestino medio: “vascolarizzazione” A. celiaca A. mesenterica superiore A. mesenterica inferiore del mesonefros e della riduzione della massa epatica. La porzione prossimale del digiuno è la prima a rientrare e si posiziona nel lato sinistro e progressivamente le altre anse intestinali si posizionano sempre più a destra. L’abbozzo cecale è l’ultima porzione che rientra nella cavità addominale e si colloca nel quadrante superiore destro immediatamente sotto il lato destro del fegato. Successivamente esso scende in fossa iliaca destra. Lo stadio II si conclude con l’ulteriore rotazione del duodeno al di sotto e a sinistra della arteria mesenterica superiore. Durante questo stadio per la complessità dei movimenti di rotazione avvengono le più importanti anomalie intestinali. Durante il ritorno in addome l’intestino medio subisce una rotazione intorno all’asse della arteria mesanterica di 270 gradi. Terzo stadio: processo di fissazione Intorno alla ventesima settimana di gestazione avviene il posizionamento finale del colon e del mesentere. Il cieco rimane nella sua originale posizione, mentre il colon continua ad allungarsi e, a causa dell’ulteriore riduzione delle dimensioni del fegato, il colon ascendente si dispone in alto e si forma la fessura epatica o destra. Il cieco, il colon ascendente e la pleura epatica assumono così la disposizione definitiva. Durante questa fase i colon ascendente e discendente si fissano alla parete posteriore dell’addome per la giunzione dei loro mesenteri con il peritoneo parietale posteriore. Questo processo di fissazione può causare delle anomalie arrestandosi in vari punti. 129 INTESTINO MEDIO Fig. 36.20 - Intestino medio: “Ernia ombellicale fisiologica” Fegato Esofago Piccolo omento Stomaco Cieco Duodeno Colon discendente Anse digiunali Retto Dotto vitellino Allantoide Cloaca ANOMALIE DELL’INTESTINO MEDIO Un numero elevato di malformazioni congenite dell’intestino medio, in relazione con i complessi eventi sopra descritti, sono riportate in Tabella I. Tab. 1 - Anomalie dell’intestino medio Anomalia Periodo d’esordio Atresia e stenosi duodenale Tutte le età Atresia e stenosi digiuno-ileale Alla nascita Malrotazioni intestinali Alla nascita Duplicazioni cistiche e tubolari Tutte le età Pervietà del dotto onfalomesenterico Alla nascita Diverticolo di Meckel Infanzia o più tardivamente Diverticoli non meckeliani Età intermedia Vena porta preduodenale Infanzia Sindrome dell’arteria mesenterica superiore Età intermedia Malformazioni artero-venose Tutte le età * in grassetto le patologie trattate nel testo 130 CAPITOLO XXI ATRESIA E STENOSI DUODENALE Per atresia si intende una completa obliterazione del lume intestinale e per stenosi una ostruzione parziale o incompleta. L’interruzione completa del transito determina una insorgenza della sintomatologia alla nascita, mentre una interruzione parziale porta ad una diagnosi differita per periodi di tempo anche lunghi (settimane o mesi). Le ostruzioni possono essere suddivise in intrinseche per arresto di sviluppo embriologico o estrinseche per cause esterne che comprimono la parete intestinale. PATOGENESI: non è nota, anche se viene ipotizzato o un difetto di ricanalizzazione dell’intestino primitivo ( nelle fasi iniziali dello sviluppo il lume è obliterato a causa di un rivestimento epiteliale esuberante; successivamente avviene un processo di vacuolizzazione intorno al 2° - 3° mese di gestazione con ricanalizzazione dell’intestino) o un’ insufficienza vascolare con ischemia distrettuale, per precoci eventi patologici intrauterini (vasculopatie, volvolo, invaginazione). CLSSIFICAZIONE: le atresie intestinali si distinguono in: – Tipo I: Atresia membranosa. Diaframma, intatto o membranoso, costituito da mucosa o sottomucosa di spessore variabile. A causa della peristalsi e dell’alta pressione endoluminale, la membrana però risulta sfiancata a tipo “manica a vento” e simulare una ostruzione più distale rispetto alla sede di origine. Il diaframma può essere pervio centralmente consentendo una canalizzazione duodenale parziale che determina ristagno biliare e formazione tardiva di calcoli. – Tipo II: Atresia cordonale. I due segmenti duodenali, quello prossimale e quello distale, sono uniti da un tenue e corto cordone fibroso lungo il bordo del mesentere integro. – Tipo III: Atresia con assenza di un tratto di intestino. Assenza di connessione tra i due segmenti duodenali con mesentere assente o difetto a “V”. (Fig. 37.21). 131 INTESTINO MEDIO Fig. 37.21 - Atresia duodenale: classificazione Tipo I A B Tipo II C Tipo III D A. Atresia tipo I – B. Diaframma a “manica a vento” – C. Atresia tipo II – D. Atresia tipo III INCIDENZA: l’atresia duodenale è una malformazione rara ,un caso su 3.000 – 5.000 nati vivi; essa può presentarsi isolata o in associazione con altre anomalie congenite o quadri sindromici (Tabella I) 132 CAPITOLO XXI ATRESIA E STENOSI DUODENALE Tab. 1 - Anomalie associate con atresia duodenale Anomalia (%) Sindrome Down 29 Malrotazioni 19 Cardiopatie congenite 17 Fistola Tracheo-esofagea 7 Uro-genitali 5 Sindrome da “Distress respiratorio” 4 Ano imperforato 3 LOCALIZZAZIONE: l’ostruzione duodenale è localizzata sempre nella seconda porzione usualmente in prossimità dell’ampolla di Vater: (45% preampollare; 55% postampollare). DIAGNOSI PRENATALE: la diagnosi di atresia duodenale può essere sospettata, nel periodo prenatale, mediante l’esame ecografico che può evidenziare un polidramnios nel corso del terzo trimestre di gravidanza o descrivere la “doppia bolla” con immagini una allo stomaco e l’altra al duodeno, dilatati al di sopra dell’ostruzione. SINTOMATOLOGIA: la sintomatologia si manifesta dopo poche ore dalla nascita con vomito “chiaro” non biliare nel caso di ostruzione prevateriana o “biliare” nel caso di ostruzione sottovateriana. Un neonato con vomito biliare e caratteristiche somatiche di una sindrome di Down è molto sospetta per una atresia duodenale. L’addome è generalmente piatto, con modesta dilatazione in sede epigastrica che scompare dopo l’introduzione del sondino naso-gastrico. Nei casi di ostruzione parziale del duodeno per diaframma incompleto, i sintomi possono comparire diversi giorni o settimane dopo la nascita. Più raramente può esserci una sintomatologia dovuta a stasi duodeno-gastrica di tipo cronica che persiste fino all’età giovanile (ulcere peptiche, vomito recidivante, reflusso gastro-esofageo, esofagite). 133 INTESTINO MEDIO Fig. 38.21 - Atresia duodenale: “passaggio di un sondino in duodeno” con suo arresto a livello dell’ostruzione DIAGNOSI POST-NATALE: radiograficamente alla diretta dell’addome si evidenzia, se lo stomaco non è stato aspirato, il quadro caratteristico a “doppia bolla” con presenza di aria nello stomaco e nella prima porzione duodenale. In presenza di ostruzione duodenale parziale (intrinseca: diaframma mucoso incompleto; estrinseca: pancreas anulare, briglie di Ladd, vena porta accessoria) è presente aria sotto il livello di ostruzione. La diagnosi viene confermata con una radiografia con mezzo di contrasto (Rx digerente) o con Rx clisma opaco per escludere una malrotazione intestinale. TERAPIA: l’ostruzione duodenale non rappresenta una urgenza chirurgica; occorre mantenere un drenaggio gastrico con sondino in neonati prematuri (inferiori ad un chilo di peso) o con “distress respiratorio” può essere utile una ventilazione assistita e nutrizione parenterale totale. L’intervento chirurgico viene programmato quando il neonato si trova in condizioni migliori di peso e di trofismo. L’accesso mediante una incisione sopraombelicale trasversa (2-3 cm al di sopra dell’ombelico) permette di esporre la regione duodenale, previa divaricazione del fegato ed esplorazione dell’intero duodeno e delle altre porzioni dell’intestino tenue, per escludere altre possibili sedi di ostruzione o malrotazione.Deve essere valutata la colecisti al fine di escludere una vena porta preduodenale, espressione di una anomalia di sviluppo della vena porta con persistenza del residuo del dotto vitellino anteriore della vena vitellina destra. Il sondino naso-gastrico viene fatto passare in duodeno al fine di reperire il punto esatto dell’ostacolo (Fig. 38.21). Se il 134 CAPITOLO XXI ATRESIA E STENOSI DUODENALE Fig. 39.21 - Atresia duodenale: “duodenotomia con escissione del diaframma” A B C D duodeno presenta una continuità e in assenza di pancreas anulare, il catetere si ferma nella sede del diaframma duodenale. Si incide il duodeno verticalmente, un centimetro sopra ed uno sotto l’ostruzione, e si escide il diaframma mucoso con una incisione verticale, identificando la papilla di Vater. I bordi del diaframma escisso possono essere suturati a scopo emostatico con punti riassorbibili. Il duodeno inciso verticalmente viene chiuso con una sutura trasversale per evitare stenosi. (Fig. 39.21) 135 INTESTINO MEDIO Fig. 40.21 - Atresia duodenale: anastomosi duodeno-duodenale A. Incisione orizzontale B. Incisione orizzontale verticale (sec. Kimura) Quando è presente una evidente separazione del duodeno o nel caso di pancreas anulare si può eseguire una duodenoduodenostomia che richiede una estesa mobilizzazione del duodeno con un’ampia manovra di Kocher. Le incisioni nel segmento prossimale e distale possono essere entrambe orizzontali, oppure orizzontale nel tratto a monte e verticale in quello a valle secondo la procedura di Kimura; quest’ultimo tipo di anastomosi ha il vantaggio di essere più ampia della prima. (Fig. 40.21). Un sondino transanastomotico può essere posizionato fino al digiuno prima della sutura dello strato anteriore dell’anastomosi. 136 CAPITOLO XXII ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE INCIDENZA: l’incidenza della atresia digiuno-ileale è di un caso su 1.500 nati vivi. L’ileo è colpito con maggiore frequenza nel digiuno. Le atresie digiuno-ileali si differenziano da quelle duodenali per l’alta incidenza di ostruzioni multiple nelle casistiche. Sono basso peso un terzo dei neonati con atresia digiunale, un quarto di quelli con atresia ileare e la metà di quelli con atresie multiple. EZIOPATOGENESI: l’atresia digiuno-ileale è una malformazione acquisita durante la vita intrauterina per un accidente vascolare. Infatti, nel tratto di intestino distale alla occlusione, si trovano elementi meconiali (20% dei casi), materiale biliare e cellule epiteliali squamose. Questa osservazione esclude, come momento postoperatorio della atresia digiuno-iliale, un difetto nel processo di ricanalizzazione. In letteratura sono riportati numerosi casi di neonati con atresie intestinali chiaramente legate a compressione intrauterina dei vasi mesenterici da parte di volvoli, invaginazioni intestinali. Studi sperimentali sull’intestino fetale di cane hanno dimostrato che la legatura o compressione dei vasi mesenterici determina alterazioni intestinali di tipo atresico. Alcune atresie infatti hanno rapporti di contiguità con il colletto di un onfalocele o di una gastroschisi. FISIOPATOLOGIA: in tutte le atresie è presente una enorme disparità tra il calibro ridotto dell’intestino a valle ed il calibro notevole dell’intestino a monte, che può superare 3-4 volte a quello normale, con parete sottile e friabile; con segni talvolta di sofferenza vascolare e con assenza di onde peristaltiche propulsive valide. La mucosa del segmento distale presenta una ipertrofia compensatoria con parziale obliterazione del lume da parte dei villi.L’iperdistensione e l’insufficiente apporto ematico possono essere responsabili di perforazioni secondarie. Nel decorso post-operatorio, a causa dell’atonia del segmento prossimale e dell’ipertrofia mucosa di quello distale, può persistere un certo gra137 INTESTINO MEDIO Fig. 41.22 - Atresia digiuno-ileale: classificazione Tipo I Tipo II Tipo IV Tipo IIIA do di ostruzione, che può richiedere alcune settimane prima di riprendere una normale funzione. Questa situazione può portare ad un insuccesso terapeutico. Tale complicanza può essere evitata con una resezione ampia dell’intestino dilatato o con una esteriorizzazione dell’intestino a “canna di fucile” o sec. Bishop-Koop. CLASSIFICAZIONE: Grosfeld ha descritto quattro tipi anatomopatologici di atresia (Figg.41.22 e 42.22): 138 CAPITOLO XXII ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE Fig. 42.22 - Atresia tipo III B o “a buccia di mela” (applee peel) Digiuno (fondo ceco) Sigma Ileo “a buccia di mela” (con unico vaso mesenterico) – – – Tipo I: Atresia membranosa (diaframma) (19%). Il lume intestinale è completamente ostruito da un diaframma rivestito su ambedue i versanti da mucosa. Non vi è interruzione nella continuità intestinale. Tipo II: Atresia cordonale (31%). I due segmenti prossimale e distale sono uniti da una struttura cordoniforme fibrosclerotica di varia lunghezza e che presenta istologicamente tutti gli strati intestinali. Il mesentere è di solito indenne o presenta un difetto a V. Tipo III A: Atresia con assenza di un tratto di intestino più o meno lungo (46%) e di relativo mesentere. In questo tipo di atresia la lunghezza totale dell’intestino è ridotta. 139 INTESTINO MEDIO – – ipo III B: a quest’ultima malformazione dobbiamo aggiungere una forma più rara, tipo III B, la cosiddetta atresia ad albero di Natale (Christmas tree) o a buccia di mela (apple peel). Essa è una semplice atresia con interruzione completa della continuità ed assenza del mesentere e dell’arteria mesenterica superiore e con ileo distale di aspetto elicoidale. La vascolarizzazione è anomala, l’intestino tenue è irrorato dalle arterie della regione ileo-cecale. Tipo IV: Atresie multiple (17%). DIAGNOSI PRENATALE: un polidramnios materno è presente nel 20 – 35% dei casi, specialmente nelle ostruzioni digiunali alte. L’ecografia prenatale (dopo 2° trimestre di gestazione) può riscontrare un quadro tipico a bolle multiple o immagini cistiche numerose corrispondenti ad anse intestinali dilatate a monte dell’atresia. Questo aspetto si manifesta anche nell’ileo da meconio o nella peritonite meconiale. In quest’ultima situazione gli ultrasuoni possono rilevare anche calcificazioni endoperitoneali. SINTOMATOLOGIA: l’atresia digiuno-ileale è una delle cause più comuni delle occlusioni intestinali neonatali .Alla nascita è presente vomito biliare ed è tanto più precoce quanto più alta è l’ostruzione. Nelle forme distali può comparire anche dopo 24 ore dalla nascita ed è meno profuso delle forme alte. La distensione addominale, vista in rapporto alle sede dell’ostruzione, nelle forme distali è notevole, accentuata dalla debolezza della parete. La cute è lucida, stirata e sono evidenti le vene del sottocute. Nel 20% dei casi il neonato può emettere meconio normalmente. L’esame fisico del neonato si completa con l’esplorazione rettale e con il passaggio di un sondino naso-gastrico. Questa manovra esclude una atresia esofagea; l’aspirazione di abbondante materiale biliare conferma la diagnosi di occlusione intestinale. L’ittero, con aumento della bilirubina indiretta, si associa nel 30% dei casi di atresia digiunale e nel 20% di quelle ileali. DIAGNOSI POST-NATALE: l’esame diretto dell’addome evidenzia anse dilatate con livelli idroaerei in ortostatismo; se i livelli sono numerosi ci si orienta verso una occlusione bassa. Calcificazioni endoaddominali sono tipiche di una peritonite meconiale e un orletto calcifico, intorno ad una opacità saccata, i dentifica una “pseudocisti” formatasi tra le anse sede di perforazione. Il clisma evidenzierà il classico quadro di “microcolon da non uso”; nelle occlusioni che si sono instaurate in un periodo gestazionale tardivo il colon può apparire normale. Il bario refluendo nell’ultima ansa ileale – ed in assenza di riscontro di concrezioni da meconio solidificato può essere diagnostico di atresia bassa. 140 CAPITOLO XXII ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE Tab. 1 - Atresia digiuno-ileale: diagnosi differenziale Perforazione intestinale Volvolo (intestino medio) Ileo da meconio Malattia di Hischsprung Invaginazione intestinale Atresia colon Cisti mesenterica ostruttiva Duplicazioni intestinali ostruttive Malrotazioni intestinali Ostruzione intestinale funzionale Colon sinistro piccolo (sindrome diabetica) Sindrome da “Plug” di meconio Sepsi generalizzata / batteriemia Ascite chilosa Enterocolite necrotizzante Ingestione materna di farmaci DIAGNOSI DIFFERENZIALE: la diagnosi differenziale deve includere la malattia di Hirschsprung, l’atresia del colon, e l’ileo da meconio o quadri funzionali di ostruzione. Il clisma opaco può essere utile nel differenziare queste affezioni. (Tabella I) TERAPIA: il trattamento chirurgico consiste in una incisione addominale trasversa sopraombelicale, come descritto per l’atresia duodenale; essa permette un’eccellente esposizione anche per l’atresia digiuno-ileale e colica. L’intero tratto intestinale viene ispezionato dal duodeno alla giunzione retto-sigmidea. La lunghezza del tenue nel neonato normalmente è di 250 cm; nei pazienti con atresia è più corto della norma. Lo scopo è quello di localizzare la sede dell’ostruzione; nell’atresia digiunale alta lo stomaco ed il tratto prossimale alla stenosi si presentano dilatati. Nel 50% dei casi l’atresia è vicina al legamento del Treitz. Un sondino naso-gastrico viene fatto passare fino al tratto atresico per decomprimerlo dalle secrezioni e dall’aria. Un catetere di Foley viene inserito nel segmento distale in cui viene iniettata, sotto adeguata pressione, aria 141 INTESTINO MEDIO Fig. 43.22 - Atresia digiuno-ileale: terapia chirurgica. Resezione della tasca atresica, a monte, dilatata ed anastomosi termino-terminale aprendo “a becco di flauto” (45°) il moncone distale e soluzione fisiologica per liberare il lume dai “Plugs” di meconio ed accertarsi della pervietà del tratto distale, talvolta fino a farla uscire dall’ano. Il problema tecnico più rilevante nella chirurgia delle atresie digiunoileali è rappresentato dalla discrepanza di calibro tra i due segmenti (prossimale e distale), perché il segmento dilatato non sviluppa una efficace peristalsi determinando nel periodo post operatorio una ostruzione intestinale funzionale. Per evitare questa complicanza, che talvolta può portare ad un insuccesso terapeutico, è necessario resecare il tratto prossimale dilatato fino a far cadere la resezione su un tratto di calibro vicino a quello normale. L’estensione della resezione a monte dell’atresia è variabile da 20 a 80 cm, in rapporto alla lunghezza dell’intestino dilatato. Successivamente si esegue l’anastomosi, usualmente termino-terminale, tra segmento prossimale e distale, resecando il cul di sacco distale a “becco di flauto” (45 gradi) per ovviare alla discrepanza di calibro. Il difetto mesenterico viene suturato (Fig. 43.22). 142 CAPITOLO XXII ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE L’anastomosi latero-laterale di facile esecuzione, anche se evita il problema della sproporzione di calibro, deve essere effettuata solo quando altre forme di anastomosi non offrono sufficiente garanzie di successo, perché essa può favorire l’insorgenza della “sindrome dell’ansa cieca”. In caso di notevole dilatazione nel segmento prossimale, questo può essere ridotto di calibro con la tecnica del “Tapering” consistente nella resezione longitudinale di un segmento di parete intestinale lungo il bordo antimesenterico del tratto prossimale e successiva sutura. Questa tecnica migliora la compliance e la peristalsi del segmento trattato. Il rimodellamento del segmento dilatato prossimale può essere effettuato anche con una suturatrice meccanica di tipo lineare. Una esteriorizzazione o derivazione intestinale esterna a “canna di fucile” o mediante una Y secondo Roux associata ad enterostomia secondo Bishop-Koop (tecnica applicata anche nella chirurgia dell’ileo da meconio) viene eseguita in condizioni generali e locali particolarmente compromesse (dilatazione eccessiva, ostruzione temporanea da “Plugs” di meconio nel tratto distale). Nel caso di atresia di tipo III B “apple peel”, in cui i neonati sono ad alto rischio per la precaria vascolarizzazione e per la brevità dell’intestino, viene utilizzato un intervento in due tempi: una digiunostomia preliminare nell’ansa atresica dilatata ed una anastomosi differita (dopo 2-5 settimane). Con tale procedimento il segmento a monte riprende la sua elasticità e peristalsi e quella a valle tende spontaneamente alla detorsione migliorandone la vascolarizzazione. Nella atresia multipla (tipo IV) può essere resecato un unico tratto di intestino (se le atresie sono confinate in un tratto breve) seguito da una singola anastomosi. La preservazione di 50 – 70 cm di lunghezza digiunoileale, compresa la valvola ileo-cecale, permette nel neonato una regolare funzione di assorbimento e quindi di sopravvivere. Quando non è possibile eseguire una singola anastomosi, perché le atresie sono localizzate lungo un ampio tratto, si eseguono multiple anastomosi cercando di conservare più intestino possibile. 143 CAPITOLO XXIII ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO (MALROTAZIONI INTESTINALI) Le “malrotazioni intestinali” rappresentano molteplici entità anatomopatologiche, dovute ad una anomalia di rotazione e di fissazione dell’intestino medio. Esse possono essere asintomatiche (scoperte occasionalmente durante un esame radiologico, necroscopico o un intervento chirurgico eseguito per altri scopi) o sintomatiche, manifestandosi con un quadro clinico di ostruzione intestinale. Nella maggoranza dei casi i sintomi si manifestano nei primi giorni di vita ed i rimanenti entro il primo mese; occasionalmente possono presentarsi solo in età infantile o in età adulta. FISIOPATOLOGIA: ognuna di queste anomalie di rotazione può diventare importante da un punto di vista pratico; potenzialmente essa può essere causa di ostacolo al normale transito intestinale mediante due meccanismi: occlusione da volvolo (volvulus neonatorum di Dott) o occlusione da briglie peritoneali di Ladd. Entrambi sono la conseguenza di difetti occorsi nel II stadio di rotazione. Un’altra manifestazione patologica dovuta ad un difetto di fissazione posteriore del mesocolon sono le ernie interne mesocoliche (rispettivamente destra e sinistra). INCIDENZA: l’incidenza delle anomalie di rotazione intestinale, anche se è difficilmente quantificabile, è stata stimata intorno a un caso ogni 5.000 nati vivi (uno su 200 riscontri autoptici). I maschi sono colpiti più frequentemente, con un rapporto 2:1 con il sesso femminile. Nel 27% dei casi sono associate altre anomalie congenite. EZIOPATOGENESI: le fasi embrionali della normale rotazione e fissazione dell’intestino medio sono schematicamente divise in tre stadi. Nel primo stadio l’ansa intestinale primitiva, inizialmente in posizione sagittale con l’asse costituito dall’arteria mesenterica superiore, ruota in senso antiorario di 90°, passando alla posizione trasversale. Il tratto prearterioso dell’ansa intestinale (dall’ansa duodeno-digiunale al dotto vitellino) che prima era al di sopra dell’arteria mesenterica superiore, si viene 145 INTESTINO MEDIO così a trovare a destra di questa ed il tratto post-arterioso (dal dotto vitellino al punto di mezzo del colon trasverso) che era al di sotto, a sinistra. Nel secondo stadio l’ansa media situata nel cordone ombelicale (ernia ombelicale fisiologica) ritorna nella cavità peritoneale compiendo nello stesso tempo una ulteriore rotazione in senso antiorario di 180°. Le anse intestinali del tratto pre-arterioso rientrando passano al di sotto dell’arteria mesenterica superiore; si raccolgono in alto a sinistra nell’addome, spingendo lateralmente e in avanti i segmenti dell’intestino posteriore destinati a diventare flessura splenica del colon e colon discendente. Il tratto post-arterioso (cieco e colon ascendente) rientra portandosi in alto e a destra nella arteria mesenterica superiore. In questo stadio si compie anche l’ulteriore rotazione del duodeno dietro l’arteria mesenterica superiore. In tal modo l’angolo duodeno-digiunale viene a trovarsi a sinistra di questa, assumendo la posizione definitiva. Il secondo stadio si conclude con la discesa del cieco dalla posizione sotto epatica alla fossa iliaca destra. Nel terzo stadio il cieco ascendente e la flessura epatica, per un ulteriore allungamento del colon, assumono la disposizione definitiva ed avviene la fissazione del mesentere del cieco e del colon ascendente (mesocolon) alla parete addominale posteriore destra. Questa III fase avviene in un tempo più lungo rispetto alle altre, dal 3° mese di vita embrionale alla nascita . 1. OCCLUSIONI DA VOLVOLO DA MALROTAZIONE INTESTINALE Il volvolo intestinale acuto (volvulus neonatorum di Dott) è la complicanza più frequente nella patologia delle anomalie di rotazione e fissazione dell’intestino medio. La predisposizione al volvolo è sostenuta dalla mancata fissazione della radice mesenterica al peritoneo parietale, per incompleta rotazione dell’intestino primitivo, nella fase del suo ritorno dal sacco vitellino alla cavità addominale. Una prima condizione che può essere causa di volvolo è un arresto della rotazione a 90°. Questa si verifica quando l’intestino medio, dopo la rotazione di 90° avvenuta al primo stadio, rientra nella cavità addominale “in massa”, senza la normale ulteriore rotazione di 180°. Il digiuno, l’ileo, il cieco, il colon ascendente e trasverso hanno in comune un solo mesentere (“mesenterium comune”); il duodeno discende a destra dell’arteria mesenterica, il tenue è situato a destra dell’addome ed il colon a sinistra; il cieco è nella fossa iliaca sinistra. In queste condizioni, la fissazione del mesentere alla parete posteriore viene a mancare e quindi l’intestino medio si trova “appeso” alla parete addominale posteriore solo da uno stretto 146 CAPITOLO XXIII ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO Fig. 44.23 - Malrotazione intestinale A. “arresto a 90°” B. “arresto a 180°” peduncolo costituito dall’origine della arteria mesenterica superiore. Tale posizione predispone ovviamente al volvolo dell’intero intestino medio. (Fig. 44.23 A) Un’altra condizione che può essere una causa potenziale di volvolo è un arresto della rotazione a 180° (alla fine del II stadio) quando è già avvenuta la rotazione del duodeno dietro l’arteria mesenterica superiore ed il cieco si assesta nel quadrante superiore destro (posizione sottoepatica). Anche in questa situazione la fissazione del mesentere del tenue è incompleta, il peduncolo mesenterico è mobile e quindi la potenzialità di formazione di volvolo è elevata. (Fig. 44.23 B) SINTOMATOLOGIA: il volvolo acuto si presenta nella maggior parte dei casi entro la prima settimana di vita e si manifesta con vomito biliare, in un lattante in pieno benessere, seguito dalla distensione addominale e dalla contrattura parietale (in caso di peritonite da ischemia intestinale) con emissione dal retto di sangue misto a muco o a meconio. Le condizioni generali divengono rapidamente critiche, per le conseguenze gravi ed immediate della torsione intestinale sui vasi mesenterici superiori, con consecutivo eventuale infarto dell’intestino medio. 147 INTESTINO MEDIO DIAGNOSI: l’esame radiografico diretto dell’addome mostra i segni di una occlusione, con livelli idroaerei solo quando, a monte della stenosi, c’è una discreta quantità di intestino; pertanto, poiché il “volvulus neonatorum” quasi sempre ostruisce il duodeno di solito non si osservano livelli. In caso di perforazione la “diretta” dell’addome mostra aria sotto diaframmatica ed opacità massiva da versamento peritoneale trasudativo. Una radiografia con mezzo di contrasto per via orale può rivelare l’ostruzione alta duodeno-digiunale mentre il clisma opaco, evidenzia il cieco in posizione alta ed il colon completamente spostato a sinistra. Il valore di questi due ultimi esami, in caso di volvolo acuto, è limitato. TERAPIA: il volvolo acuto costituisce una vera emergenza chirurgica, onde limitare le conseguenze sulla vitalità dell’intestino. L’eviscerazione della matassa intestinale permette di confermare la presenza del volvolo che si forma sempre per una torsione in senso orario (di uno o più giri); si esegue pertanto una manovra di derotazione in senso antiorario. Se l’intestino è ischemico, è necessaria una resezione più o meno ampia. Prima di eseguire una resezione intestinale estesa (inferiore di 70 cm di intestino residuo), con il rischio di sindrome da “intestino corto”, è proponibile rimandare la resezione dopo 24 ore “second look” nel tentativo di conservare la maggior lunghezza possibile di intestino.Eseguita la derotazione del volvolo si procede alla sezione della “banda transduodenale” di Ladd. Il duodeno, il digiuno e l’ileo prossimale vengono riposizionati nella metà destra dell’addome, mentre l’ileo distale, il cieco ed il colon ascendente vengono sistemati nella metà sinistra dell’addome. I visceri non devono, infatti, essere riposizionati nella sede anatomica prevista dalla normale anatomia (Fig. 45.23 A e B). Un sondino naso-gastrico deve essere fatto passare attraverso il duodeno nel digiuno per escludere la presenza di altre ostruzioni di tipo membranoso, in particolare a livello duodenale. 2. OSTRUZIONI DA BRIGLIE PERITONEALI DI LADD Le briglie peritoneali rappresentano una causa frequente di occlusione da anomalie di rotazione e giunzione dell’intestino medio.Le briglie peritoneali sono delle strutture connettivali che si formano per errori vari di rotazione.Per un difetto di rotazione dell’ansa duodeno-digiunale, quando non passa dietro i vasi mesenterici, si possono formare aderenze (briglie) con il mesentere del colon ascendente.Queste briglie peritoneali possono provocare angolature tali da determinare occlusioni a carico di vari tratti intestinali – in particolare del duodeno – con due meccanismi (Fig. 46.23 A, B) 148 CAPITOLO XXIII ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO Fig. 45.23 - Malrotazione intestinale: volvolo A. Volvolo “derotazione” in senso antiorario e sezione della banda di Ladd B. Riposizionamento dei segmenti intestinali dopo derotazione 149 INTESTINO MEDIO Fig. 46.23 - Malrotazione intestinale “briglie tra ansa duodeno-digiunale e primo tratto del digiuno con il mesentere del colon ascendente” B. “Riposizionamento” dopo la liberazione delle briglie A. “Liberazione” delle briglie A. Nei difetti di rotazione, con arresto a 180 gradi, in cui il cieco e colon ascendente sono localizzati in regione sottoepatica, si formano bande fibrose con decorso trasversale della porzione laterale del cieco e del colon ascendente e si posizionano trasversalmente alla parete addominale posteriore destra incrociando la terza porzione del duodeno, con possibilità di occlusione acuta o cronica. B. L’ostruzione duodenale acuta del duodeno (terza porzione) da parte di briglie di Ladd si manifesta con vomito biliare intermittente ed assenza 150 CAPITOLO XXIII ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO Fig. 47.23 - “Briglie di Ladd” Briglie di distensione addominale. Tale quadro clinico richiede un trattamento chirurgico di sezione della banda fibrosa. Nelle forme di ostruzione duodenale cronica, dovuta a parziale ostacolo, il quadro clinico ha insorgenza in età infantile con vomito periodico dolori addominali crampiformi e scarso accrescimento ponderale (Fig. 47.23). 3. ERNIE INTERNE O ERNIE MESOCOLICHE Le ernie interne mesocoliche sono dovute ad un difetto del III stadio di sviluppo dell’intestino, in cui viene a mancare la fissazione del mesentere al peritoneo. Nella parete addominale posteriore il cul di sacco è costituito dal mesocolon destro o sinistro. (Fig. 48.23) 151 INTESTINO MEDIO Fig. 48.23 - Malrotazione intestinale: ernie interne Cieco Mesenterica superiore Vena mesenterica inferiore A. Ernia mesocolica destra B. Ernia mesocolica sinistra Esse si presentano clinicamente con quadri di subocclusione o occlusione intestinale. Risulta utile uno studio radiologico completo del tratto gastro-enterico. 152 CAPITOLO XXIV DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO Con il termine “duplicazioni digestive” si intendono formazioni cave a morfologia cistica o tubolare che sono in intimo contatto con i vari segmenti del canale alimentare e possono essere localizzate dalla base della lingua all’ano (Fig. 49.24). Ladd nel 1937 propose il termine “duplicazione intestinale” nel tentativo di raggruppare sotto un’unica dizione tutte le definizioni usate in precedenza come “cisti enterogene”, “cisti enteriche”, “ileo duplice”, “diverticoli giganti”, “diverticoli di Meckel anomali”. INCIDENZA: le duplicazioni digestive sono rare e comprendono lo 0,1 – 0,3% di tutte le malformazioni congenite. Quelle a localizzazione digiuno-ileale sono le più frequenti (oltre il 50% di tutte le duplicazioni) (Tabella I). EZIOPATOGENESI: numerose sono le ipotesi proposte per spiegare la embriogenesi delle duplicazioni intestinali. Una di queste si basa su di un difetto endodermico che consegue ad una alterata separazione della notocorda durante lo stadio presomitico dello sviluppo embrionario. Questa teoria può spiegare le duplicazioni mediastiniche, ma non quelle intraddominali. Altri autori ipotizzano una mancata regressione di quei diverticoli embrionari. (dello stomaco, del duodeno e dell’ileo) che sono regolarmente presenti durante le fasi precoci dello sviluppo intrauterino: con questa teoria non si spiega la formazione delle duplicazioni tubolari lunghe. Altri AA. danno colpe ad una difettosa ricanalizzazione intestinale per un errore del processo di vascolarizzazione durante la 6° - 7° settimana di vita fetale, in cui gli spazi cistici formati da più vacuoli si fondono tra loro, ma non si riuniscono con il lume principale: anche questa teoria presenta delle discordanze, come quella diverticolare dal momento che non spiega perché le duplicazioni sono localizzate sempre tra i foglietti dei mesenteri, mentre il processo di vacuolizzazione è in tutti i versanti del lume intesti153 INTESTINO MEDIO Fig. 49.24 - Duplicazioni intestino medio: “localizzazioni” nale. In rari casi le dilatazioni cistiche hanno una sede extramesenterica, libere nella cavità peritoneale e collegate all’intestino solamente da un esile peduncolo vascolare. 1. DUPLICAZIONI CISTICHE: Le duplicazioni digestive a morfologia cistica o sferica rappresentano il 90% di tutte le duplicazioni digestive. Esse sono situate sul versante mesenterico e si riscontrano prevalentemente nell’intestino tenue ed in particolare nell’ileo terminale. Le duplicazioni cistiche poste in vicinanza della giunzione ileo-cecale possono causare occlusione intestinale durante il periodo neonatale o possono rimanere asintomatiche e rappresentare un potenziale punto di invaginazione, come un comune diverticolo di Meckel. La mucosa che tappezza la duplicazione è uguale a quella dell’intestino normale adiacente e possiedono una parete muscolare liscia parzialmente in comune con quella della pare154 CAPITOLO XXIV DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO Tab. 1 - Incidenza delle duplicazioni digestive in rapporto alla sede Sede (%) Digiuno / ileali 55 Colon / retto 12 Esofago 20 Duodeno 7 Stomaco 4 Appendice 1 Fig. 50.24 - Duplicazioni tubolari 155 INTESTINO MEDIO Tab. 2 - Duplicazioni dell’intestino medio: sintomi d’esordio Sintomi (%) Massa addominale 22 Distensione addominale (occlusione) 21 Vomito 16 Enterorragia / melena 14 Dolore addominale 11 Peritonite 9 Arresto della crescita 4,2 Diarrea 2,8 te intestinale dovuta alla coalescenza degli strati muscolari nel punto in cui vengono a contatto, impedendo in tal modo di trovare un piano di clivaggio e, pertanto, di dissecare e separare la duplicazione del segmento intestinale contiguo. Inoltre, anche la vascolarizzazione è in comune; le vene e le arterie che irrorano l’intestino adiacente decorrono di solito sulla superficie della duplicazione, per cui il tentativo di resecare soltanto la duplicazione può non riuscire per la compressione vascolare dell’ansa normale. Le duplicazioni cistiche, nell’80% dei casi, non comunicano con il lume dell’intestino contiguo. Esse contengono una sostanza mucoide chiara, secreta dalla stessa mucosa, a volte emorragica per la presenza di ectopie gastriche con ulcerazioni della mucosa. Clinicamente le duplicazioni cistiche possono presentarsi come una massa asintomatica oppure con un quadro occlusivo (invaginazione o volvolo). Sanguinamento e melena sono sintomi rari, perché le duplicazioni cistiche non comunicano con l’intestino adiacente (Tabella II) 2. DUPLICAZIONI TUBOLARI: le duplicazioni tubolari rappresentano il 10% di tutte le duplicazioni del tubo digerente; esse sono situate sul versante antimesenterico, hanno parete comune con l’intestino e comunicano con il suo lume all’altezza dell’estremo distale. 156 CAPITOLO XXIV DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO Esse possono avere una lunghezza variabile da pochi centimetri fino a casi che si estendono in senso cranio-caudale a tutto l’intestino tenue ed al colon. Le duplicazioni tubolari spesso sono ulcerate non tanto all’interno del proprio lume quando a livello e sopratutto a valle, della giunzione con l’intestino normale (ulcera peptica). Clinicamente esse si presentano con dolori addominali e melena. Le duplicazioni tubolari lunghe, chiuse distalmente, possono simulare una ascite chilosa. DIAGNOSI: la diagnosi strumentale, soprattutto per le forme cistiche, è basata sull’indagine ecografica prenatale o neonatale che rileva una formazione cava, a pareti muscolari, adiacente ad un segmento del tubo digerente. La TAC e RM sono utili per migliorarne lo studio ed in particolare i suoi rapporti. La scintigrafia intestinale con tecnezio 99 pertecnato è usata per evidenziare la duplicazione o la mucosa gastrica eterotopica in essa contenuta. TERAPIA: la terapia chirurgica di scelta nelle duplicazioni cistiche o tubolari, non molto estese, è l’exeresi totale della duplicazione con resezione del segmento intestinale contiguo e successiva anastomosi .Nelle duplicazioni tubolari estese del tenue è possibile eseguire l’exeresi totale della duplicazione mediante dissezione extramucosa o “stripping” della mucosa. La mucosa nelle duplicazioni tubolari è infatti debolmente coesa alla parete muscolare . Lo stripping della mucosa può essere eseguito anche con incisioni multiple sulla parete muscolare della duplicazione secondo la tecnica di Wrenn. DUPLICAZIONI DUODENALI Le duplicazioni duodenali sono situate prevalentemente nella parete della seconda porzione duodenale in rapporto con lo stomaco, con il pancreas o con le vie biliari. L’esame TAC rileva lesioni cistiche, che per la loro natura possono creare difficoltà diagnostiche differenziali specialmente con le cisti delle vie biliari extraepatiche (cisti del coledoco) e con le cisti pancreatiche. Le duplicazioni duodenali o digiunali ,eccezionalmente(1,8% dei casi),possono risalire nel torace attraverso il pilastro destro del diaframma ed incrociare dal dietro l’esofago e l’aorta “duplicazioni toraco-addominali”. Le duplicazioni duodenali rimangono prevalentemente asintomatiche o determinano ostruzione parziale del duodeno. La presenza nel 50% dei casi di mucosa gastrica eterotopica all’interno della duplicazione, è respon157 INTESTINO MEDIO sabile della formazione di ulcere peptiche con possibile emorragia o perforazione. Il trattamento chirurgico delle duplicazioni duodenali è l’escissione parziale, tramite una mucosectomia (stripping della mucosa), lasciando in sede il rivestimento siero-muscolare. 158 CAPITOLO XXV PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO Con il termine di “patologia del dotto onfalo-enterico” si intende un insieme di anomalie congenite, tutte correlate ad una mancata involuzione (completa o parziale) del dotto onfalo-enterico. Il sacco vitellino, durante la prima fase della vita embrionaria, comunica ampiamente con l’intero intestino primitivo; con la formazione dell’intestino anteriore medio e posteriore, la comunicazione si riduce e rimane in connessione, attraverso lo spazio ombelicale, con l’apice dell’intestino medio tramite il dotto vitellino o dotto onfalo-enterico. Progressivamente, verso la settima settimana di vita intrauterina, la connessione si interrompe. Le due arterie vitelline che vascolarizzano il sacco vitellino formano le arterie localizzate nel mesentere dorsale dell’intestino primitivo; nell’adulto sono rappresentate dall’arteria del tripode celiaco, dall’arteria mesenterica superiore e dall’arteria mesenterica inferiore (che irrorano rispettivamente i segmenti che derivano dall’intestino anteriore, medio e posteriore) (Fig. 35.20). Normalmente, le arterie vitelline si atrofizzano, ma persistono quando persiste il dotto vitellino onfalo-mesenterico. Alcune volte rimangono sotto forma di una corda fibrosa attaccata alla regione ombelicale. Anche le vene vitelline si atrofizzano; la porzione centrale della vena sinistra, persiste diventando la vena porta. Se il dotto vitellino o dotto onfalo-enterico non va in completa atresia, si configurano una serie di malformazioni definite “anomalie del dotto onfalo-enterico. (Tabella I) (Fig. 51.25 A.B.C.D.E). 1. DIVERTICOLO DI MECKEL Il diverticolo di Meckel rappresenta la più frequente anomalia congenita dell’intestino. Esso è presente approssimativamente nel 2% della popolazione generale con prevalenza nel sesso maschile. Nella maggior parte dei casi rimane asintomatico; quando diventa sintomatico le sue manifestazioni cliniche sono rappresentate generalmente dall’emorragia 159 INTESTINO MEDIO Tab. 1 - Anomalie del dotto onfalo-enterico Difetto embriologico Anomalia Persistenza completa e pervietà del dotto onfalo-enterico Fistola onfalo-enterica Persistenza e pervietà del tratto iuxta ombelicale del dotto onfalo-enterico Seno del canale onfalo-enterico Persistenza e pervietà del tratto iuxta intestinale del dotto onfalo-enterico Diverticolo di Meckel Pervietà del tratto centrale del dotto onfalo-enterico Cisti del canale enterico Tab. 2 - Complicanze chirurgiche associate al diverticolo di Meckel Diverticolo di Meckel (non attaccato) − Invaginazione − Ulcera peptica con sanguinamento − Perforazione con sanguinamento intraperitoneale − Diverticolite − Modificazioni neoplastiche − Incarcerazione in un sacco erniario inguinale o ombelicale (ernia di Littré) − Sindrome da crescita batterica con malassorbimento Diverticolo di Meckel attaccato alla parete ombelicale o peritoneale − Occlusione intestinale semplice − Volvolo del tenue − Volvolo del diverticolo di Meckel Persistenza di una vena o arteria vitellina − Ostruzione digiunale − Ostruzione del tenue bassa − Emoperitoneo da rottura traumatica Dotto onfalo-enterico pervio − Polipo ombelicale − Prolasso dell’ileo − Infezione della cisti onfalo-mesenterica − Ombelico “umido” digestiva, dall’occlusione intestinale e dal dolore addominale acuto o ricorrente correlato con le complicanze infiammatorie del diverticolo. (Tabella II) 160 CAPITOLO XXV PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO Fig. 51.25 - Patologia del dotto onfalo-enterico B A C D A. Diverticolo del Meckel libero B Seno del canale onfaloenterico C. Diverticolo del Meckel con connessione fibrosa alla cicatrice ombelicale D. Cisti del canale onfalomesenterico E. Fistola onfalo-enterica E 161 INTESTINO MEDIO Il diverticolo di Meckel è localizzato ad una distanza variabile dalla valvola ileo-cecale (20 – 60 cm) e presenta una lunghezza che oscilla tra 1 e 20 cm, con un diametro medio intorno a 2 cm. Il diverticolo può avere un meso proprio (25 – 40%) con una varia base d’impianto, l’apice può essere libero o connesso tramite una briglia fibrosa (residuo del dotto onfalo-enterico) al peritoneo parietale in corrispondenza della cicatrice ombelicale. ANATOMIA PATOLOGICA: istologicamente ha una struttura simile a quella dell’intestino contiguo, la mucosa presenta isole eterotopiche di mucosa gastrica di tipo fundico, di mucosa duodenale completa con ghiandole di Brunner, di tessuto pancreatico e di mucosa colica. L’eterotopia gastrica è la più frequente, in oltre l’80% dei casi (nel 35% dei casi asintomatici e nel 75% di quelli complicati). SINTOMATOLOGIA E COMPLICANZE: i sintomi si manifestano prevalentemente nei primi anni di vita mentre l’incidenza delle complicanze legate al diverticolo di Meckel decresce progressivamente con l’età. 1. Emorragia digestiva (25 – 50% dei casi) rappresenta il sintomo più frequente; può essere episodica o massiva. Il sanguinamento episodico può rimanere misconosciuto per ampio tempo e manifestarsi solamente con un’anemia. Il sanguinamento massivo, con sangue rosso vivo emesso dal retto o rosso scuro, in genere, compare in pieno benessere, senza dolori addominali, manifestandosi con pallore, tachicardia ed astenia. L’emorragia, anche se massiva, si interrompe spontaneamente per un intenso vasospasmo dei vasi mesenterici. L’emorragia è una conseguenza del sanguinamento di ulcere peptiche – situate o all’interno del diverticolo o nel sottostante tratto ileale – per la presenza di mucosa gastrica ectopica. L’esame radiografico “clisma del tenue” può non essere direttamente diagnostico, ma deve essere eseguito insieme ad una scintigrafia addominale con Tecnezio 99 (pertecnetato). Il radionuclide viene captato selettivamente dalla mucosa eterotopica con possibile visualizzazione di un’area di captazione a livello del quadrante addominale superiore di destra. La sensibilità dell’esame è intorno all’80% e può essere migliorata con la somministrazione di pentagastrina. L’angiografia mesenterica può essere utilizzata, nei casi di sanguinamento occulto, per identificare la sede del sanguinamento. 2. Occlusione intestinale (30 – 35% dei casi). L’occlusione intestinale può avvenire attraverso diversi meccanismi riconducibili alla particolare conformazione anatomica del diverticolo. 162 CAPITOLO XXV PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO 3. Invaginazione: Essa è causata dall’introflessione a “dito di guanto” del diverticolo di Meckel all’interno del lume intestinale, costituendo in tal modo la base di origine per una invaginazione ileo-ileale. L’edema della mucosa diverticolare per un’ulcera peptica può essere un’ulteriore causa di invaginazione. 4. Volvolo intestinale : si instaura per una briglia congenita, residuo fibroso del dotto onfalo-enterico, della porzione iuxta-ombelicale o per una briglia infiammatoria tra il diverticolo e un punto qualunque della cavità peritoneale. Clinicamente queste affezioni si manifestano con una tipica occlusione intestinale acuta del tenue con dolore addominale. 5. Dolore addominale: in presenza di un diverticolo di Meckel, complicato con una flogosi simile a quella di una appendicite acuta. Il dolore è localizzato in regione periombelicale o nei quadranti bassi dell’addome e, a seconda della sede del diverticolo, La diagnosi è intraoperatoria. In presenza di un’appendice indenne in un paziente operato per sospetta appendicite acuta deve essere ricercato il diverticolo di Meckel, esaminando per 60 – 80 cm l’ileo a monte della valvola ileo-cecale. La flogosi del diverticolo di Meckel si può complicare nel 50% dei casi con una perforazione intestinale. La perforazione può esitare o in un ascesso o in una peritonite diffusa. TERAPIA: la tecnica chirurgica per il diverticolo di Meckel si diversifica in rapporto alla situazione anatomo-patologica. A. Diverticolo di Meckel asintomatico; diagnosticato occasionalmente durante un intervento chirurgico eseguito per altre cause, è in genere sufficiente una diverticolectomia a cuneo (con tecnica chiusa); una base di impianto ampia controindica questo intervento a favore di una resezione con anastomosi. Mentre nell’adulto con età maggiore di 40 anni la rimozione del diverticolo scoperto occasionalmente non è giustificata (perché l’incidenza di complicanze decresce con l’età), in età pediatrica è discutibile e la maggior parte dei chirurghi esegue la rimozione allo scopo di prevenire le sue complicanze. B. Diverticolo di Meckel sintomatico; la chirurgia prevede l’esposizione del diverticolo insieme al segmento intestinale da cui origina con successiva ricostruzione della continuità. La laparoscopia ,in presenza di una complicanza da diverticolo di Meckel come un sanguinamento intestinale o una flogosi, può avere un 163 INTESTINO MEDIO Fig. 51.25F - Laparoscopia nel diverticolo di Meckel Anestesista Aiuto Operatore Ferrista A. Posizione del paziente B. Posizione dei trocars A C. Resezione del diverticolo con stapler lineare a) Resezione in direzione parallela all’intestino (rischio di stenosi) b) Resezione in direzione trasversa (previene la stenosi) B duplice scopo : diagnostico e terapeutico.La resezione del diverticolo (intracorporea o transombellicale)deve essere eseguita in direzione trasversa con la stapler lineare (perpendicolare al bordo antimesenterico) al fine di prevenire una stenosi intestinale ( la resezione del diverticolo in asse con l’intestino può esitare infatti in una stenosi) (Fig. 51.25 F). 164 CAPITOLO XXV PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO 2. FISTOLA ONFALO-ENTERICA O DOTTO ONFALO-ENTERICO PERVIO Nella fistola onfalo-enterica il dotto rimane pervio per tutta la sua lunghezza, mantenendo una comunicazione diretta tra il lume ileale e la cute ombelicale. L’ombelico spesso è normale durante l’infanzia, perché il dotto in prossimità di quest’ultimo può rimanere parzialmente obliterato da una iperplasia epiteliale. Una eventuale infezione del dotto, che si manifesta con segni di flogosi della regione ombelicale, provoca una fuoriuscita spontanea di muco infetto o materiale fecale dalla fistola. Quando la fistola è ampia, può presentarsi attraverso l’ombelico un prolasso ileale, che può divenire irriducibile ed andare incontro a fenomeni ischemici da strangolamento di tipo gangrenoso, da richiedere un trattamento chirurgico urgente. 3. SENO DEL CANALE ONFALO-ENTERICO O CISTI DEL DOTTO VITELLINO Il seno del canale onfalo-enterico, definito anche cisti del dotto vitellino o seno ombelicale, rappresenta un residuo esterno a fondo cieco che si manifesta clinicamente con infezioni e fuoriuscita di materiale purulento dall’ombelico. Esso può essere isolato o collegato attraverso un cordone fibroso alla porzione interna obliterata del dotto vitellino o ad un diverticolo di Meckel o direttamente all’ileo. La sua dimensione in profondità, valutata con un catetere o con una fistolografia, è varia, da pochi millimetri a numerosi centimetri. Cisti “giganti”, che hanno provocato ostruzione intestinale per compressione, sono state riportate nei neonati. L’esame ecografico può confermare la natura della cisti. La diagnosi differenziale deve essere posta con le cisti mesenteriche, cisti da duplicazione e cisti del coledoco. La terapia chirurgica consiste in una incisione cutanea sottombellicale, isolando la fistola fino all’intestino tenue. Solo in casi eccezionali è necessario procedere ad una escissione in blocco della fistola e dell’ileo, mediante resezione ileale e successiva anastomosi ileale. 4. POLIPO OMBELICALE È una anomalia caratterizzata dalla presenza di mucosa ileale a livello ombelicale e spesso viene diagnosticato erroneamente come un granuloma. Esso produce un secreto mucoso e non mostra segni di guarigione. Necessita di exeresi chirurgica. 165 PARTE IV INTESTINO POSTERIORE (HINDGUT) INTESTINO POSTERIORE “HINDGUT” XXVI. XXVII. XXVIII. XXIX. COLON-RETTO Embriologia dell’intestino posteriore ed anomalie congenite Atresia del colon Malformazioni ano-rettali Megacolon agangliare congenito (Malattia di Hirschsprung) 169 COLON-RETTO EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO POSTERIORE ED ANOMALIE CONGENITE ATRESIA DEL COLON MALFORMAZIONI ANO-RETTALI MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) CAPITOLO XXVI EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO POSTERIORE ED ANOMALIE CONGENITE L’intestino posteriore dà origine al terzo distale del colon trasverso, al colon discendente, al sigma, al retto ed alla parete superiore del canale anale. L’endoderma dell’intestino posteriore forma anche il rivestimento interno nella vescica e dell’uretra. Intorno alla VI settimana di gestazione un diverticolo intestinale compare prossimalmente all’inserzione del dotto vitellino nell’ansa intestinale primitiva; esso indica il futuro cieco e l’appendice. La porzione distale del diverticolo cecale aumenta di diametro e di lunghezza formando il futuro colon ascendente e il colon trasverso. L’intestino posteriore nella sua porzione terminale si apre nella cloaca, rivestita dall’endoderma a diretto contatto con l’ectoderma superficiale. L’area di contatto tra l’endoderma e l’ectoderma senza interposizione di mesoderma rappresenta la membrana cloacale. Quando compare la membrana cloacale, intorno al 16° giorno di sviluppo, la parete posteriore del sacco vitellino forma un piccolo diverticolo, “diverticolo allanto-enterico o allantoide. L’allantoide, che in alcuni vertebrati inferiori, serve da serbatoio per i prodotti escreti dal sistema renale, nella specie umana rimane rudimentale, ma può essere coinvolto nella formazione di anomalie nello sviluppo della vescica. L’allantoide rimane incorporato nell’embrione, in comunicazione con la cloaca. Dalla quinta settimana il peduncolo del sacco vitellino e l’allantoide si fondono per dare origine al cordone ombelicale. Durante l’ulteriore sviluppo si forma, nell’angolo tra l’allantoide e l’intestino posteriore, una cresta trasversale, “setto urogenitale”; esso si accresce caudalmente dividendo la cloaca in una porzione anteriore, “seno urogenitale primitivo”, ed una posteriore, “canale ano-rettale”. Nella settima settimana di vita embrionale, il setto uro-rettale raggiunge la membrana cloacale che a sua volta la divide in due parti; una membrana anteriore “urogenitale”, ed una membrana posteriore, “anale”. La parte intermedia tra la membrana uro-genitale ed anale costituisce il perineo. Successivamente, intorno alla 8° settimana, si forma anteriormente alla membrana anale una depressione ectodermica, “fossa anale o procto173 INTESTINO POSTERIORE Fig. 52.26 - Porzione caudale dell’intestino posteriore 1 2 7 3 6 4 5 1. Ombelico – 2. Allantoide – 3. Tubercolo genitale – 4. Membrana cloacale 5. Cloaca – 6. Retto primitivo – 7. Setto uro-rettale deo”, ed alla 8° settimana la membrana anale si perfora e si stabilisce la comunicazione tra il retto e l’esterno tramite il canale anale. La linea pettinata rappresenta il livello di passaggio tra canale anale e retto (tra endoderma e ectoderma) (Fig. 52.26). A livello di questa linea, l’epitelio si trasforma da cilindrico in pavimentoso stratificato. Durante il 3° mese di gestazione villi e ghiandole compaiono nella mucosa del colon e presentano uno sviluppo massimo nel 5° mese; poi gradualmente si riducono. Lo strato circolare muscolare dell’intestino posteriore compare intorno alla 9° settimana. Le cellule ganglionari del plesso mioenterico, migrano dalle pieghe neurali alla parete intestinale e raggiungono il colon nella 7° settimana e l’innervazione risulta completa alla 12° settimana. Alla 10° settimana si completano le fibre muscolari longitudinali; esse 174 CAPITOLO XXVI EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO POSTERIORE ED ANOMALIE CONGENITE Tab. 1 - Anomalie del colon-retto Duplicazione bilaterale del colon Cystic remnants on the tailgut Hirschsprung Stenosi anale Atresia anale membranosa Ectopia anale Atresia ano-rettale Atresia rettale alta Atresia del colon Sindrome del colon sinistro piccolo * in grassetto le anomalie trattate nel testo sono presenti, prima a livello del canale anale, poi raggiungono la regione del sigma. Sopra questo segmento colico le fibre longitudinali si estendono solamente lungo le tre tenie (una mesenterica e due antimesenteriche) del colon e raggiungono il cieco all’11° settimana. ANOMALIE DELL’INTESTINO POSTERIORE Numerose sono le malformazioni congenite che interessano il colon ed in particolare la regione ano-rettale (Tabella I). 175 CAPITOLO XXVII ATRESIA DEL COLON L’atresia del colon è una malformazione estremamente rara; essa rappresenta circa il 10% di tutti i casi di atresie intestinali ed incide di un caso ogni 10.000 – 20.000 nascite. EZIOLOGIA: l’eziologia è sconosciuta, anche se sono state proposte, anche per questa anomalia, la teoria della mancata ricanalizzazione embrionaria dopo lo stato “solido” dell’intestino e la teoria ischemica per complicanze vascolari intrauterine. Alcune atresie coliche possono derivare da una occlusione prenatale della arteria mesenterica per emboli. In presenza di una membrana in prossimità della valvola ileo-cecale, probabilmente la causa dell’atresia è una invaginazione intrauterina ileo-cecale. ANOMALIE ASSOCIATE: sono stati riportati frequentemente, in letteratura, casi clinici di atresia colica associata a gastroschisi o a onfalocele. L’atresia del colon si può associare anche ad anomalie osteo-articolari (sindattilia, polidattilia ed assenza del radio) oppure ad anomalie cardiache o oculari. CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA: le atresie coliche vengono classificate, da un punto di vista anatomo-patologico, in: – Atresie del colon di “Tipo I“: sono le forme membranose con continuità esterna del colon. La membrana può essere completamente chiusa (atresia) o perforata (stenosi). – Atresia del colon “ Tipo II “: sono presenti due cul di sacco uniti da un cordone fibroso con mesentere intatto; in presenza di atresie multiple si definiscono “tipo IIA”. – Atresia del colon” Tipo III “: in presenza di un ampio “gap” tra i due monconi con un difetto a V del mesentere. 177 INTESTINO POSTERIORE Fig. 53.27 - Atresia del colon: classificazione anatomo-patologica Tipo I Tipo II Tipo III Tipo II A Tipo III A – Atresia del colon “Tipo III A”: si definisce una atresia membranosa “a manica a vento” a livello della valvola ileo-cecale o distalmente ad essa. (Fig. 53.27). FISIOPATOLOGIA: l’intestino prossimale all’atresia è sempre dilatato con possibilità di una gangrena ischemica delle pareti del colon. L’atresia del colon si localizza, nella maggior parte dei casi, a monte della flessura splenica e nel rimanente a valle di essa fino alla riflessione peritoneale, rimanendo congiunta con l’ampolla rettale mediante un cordone fibroso. SINTOMATOLOGIA: la sintomatologia è caratterizzata da un quadro occlusivo neonatale con distensione addominale, vomito, disidratazione e sepsi. 178 CAPITOLO XXVII ATRESIA DEL COLON Si può associare nel 20% dei casi una mancata o una scarsa emissione di meconio. Questo dato fa ipotizzare che l’anomalia si instauri nelle ultime fasi della gestazione dopo che il meconio è stato prodotto ed ha attraversato l’intestino. DIAGNOSI: la diagnosi può essere sospettata durante il periodo gestazionale, mediante l’esame ecografico che evidenzia le anse coliche dilatate con normale quantità di liquido amniotico; questo aspetto, sovente, mette in mostra una occlusione intestinale bassa. Dopo la nascita la radiografia in bianco dell’addome evidenzia la dilatazione delle anse del tenue con numerosi livelli idro-aerei in ortostatismo. Il clisma opaco mostra un microcolon che termina a livello del cul di sacco distale. Il quadro radiologico può simulare un ileo da meconio. TERAPIA: il trattamento chirurgico dipende dalla sede dell’ostruzione, dalla presenza o assenza di altre anomalie e dalla presenza di altri tratti atresici. L’atresia del colon di tipo II e di tipo III, vicina alla flessura splenica, sono trattate con una sezione del tratto di colon prossimale dilatato che finisce a cul di sacco e sezione a becco di flauto del colon distale, per compensare la discrepanza di calibro tra i due segmenti di colon; segue l’anastomosi colon-colica o ileo-colica se il colon destro non dimostra adeguata affidabilità. Nelle atresie del colon discendente e sigma la resezione ed anastomosi primaria non sono indicate per la presenza di meconio nel segmento prossimale, il quale dopo 24 ore può essere ricco di batteri intestinali ed il confezionamento di una anastomosi può essere a rischio di deiscenze. Quasi sempre pertanto, viene confezionata una colostomia nella sede del segmento dilatato con ricanalizzazione intestinale intorno a 2 - 6 mesi di età. Se l’intero retto e sigma sono interessati da atresia si esegue un intervento tipo “pull-through” a circa un anno di età. Nei bambini con atresia del colon, associata a gastroschisi ,si corregge prima il difetto della parete addominale confezionando una colostomia a canna di fucile sui due cul di sacco colici; la ricanalizzazione con anastomosi colon-colica viene eseguita nei mesi successivi. 179 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Le malformazioni ano-rettali (MAR) rappresentano un ampio spettro di anomalie che vanno dalla alterata posizione e/o assenza anatomica dell’ano a difetti multipli del retto-ano, variamente associate, come l’atresia rettale parziale o totale, tramiti fistolosi esterni o interni. Le malformazioni ano-rettali comprendono pertanto sia le forme più gravi (malformazioni ano-rettali alte e intermedie) sia quelle più semplici (malformazioni anorettali basse). L’elevata incidenza dell’associazione con altre anomalie, dello stesso apparato o di altri apparati (uro-genitale, cardio-vascolare, osteo-articolare), può condizionare la tattica operatoria e la prognosi dello stesso paziente, specialmente nei casi di malformazioni ano-rettali alte. La storia della chirurgia ricostruttiva delle malformazioni ano-rettali è complessa. Nel 1787 Bell propone la prima dissezione perineale (approccio sacro-perineale); Ammusat e Matas nel 1835 descrissero un approccio perineale mediano,con o senza colostomia, come tempo preliminare. Nel 1948 Rhoads esegue la tecnica dell’abbassamento addomino-perineale in tempo unico nel neonato; successivamente, tale tecnica viene abbandonata a favore di un trattamento a stadi, con una colostomia dopo la nascita seguita da una correzione per via mista addomino-perineale. Nel 1953 Stephens e nel 1967 Kiesewetter focalizzarono l’importanza della fionda pubo-rettale quale elemento anatomico fondamentale per la continenza fecale. Sulla base di quest’ultimo concetto anatomo-funzionale della regione pelvi-perineale, nel 1982 De Vries e Peña hanno descritto la tecnica dell’ano-retto-plastica per via sagittale posteriore migliorando decisamente i risultati funzionali. Negli ultimi anni prospettive ancora migliori sembrano offrirsi con il pull-through addomino-perineale eseguito alla nascita, per via laparotomica, da Bianchi (1985) o effettuato, con tecnica videolaparoscopica, da Georgeson (1995). INCIDENZA: l’incidenza delle malformazioni ano-rettali è di circa un caso ogni 3.000 – 5000 nati vivi. Il rapporto maschio/femmina è 3 : 1 per le 181 INTESTINO POSTERIORE Tab. 1 - Incidenza di anomalie associate alle MAR Anomalie % Uro-genitali 20 Scheletriche 15 Cardiovascolari 8 Esofago-gastro-intestinali 12 Parete addominale 2 forme alte ed intermedie mentre per le forme basse è 1: 3. Una storia familiare di malformazioni ano-rettali è rara. In alcune famiglie sono state riportate anomalie associate ano-mani e piedi. EZIOPATOGENESI: l’eziopatogenesi delle malformazioni ano-rettali sembra essere correlata ad una alterazione più o meno importante nelle fasi dello sviluppo embriologico del segmento terminale dell’intestino posteriore e del proctodeo. La parte caudale dell’intestino posteriore si apre nella cloaca e si estende nell’allantoide; viene divisa dal setto uro-rettale in una parte anteriore, il seno uro-genitale (vescica urinaria e uretra) ed una parte posteriore, il canale ano-rettale (retto e canale anale posteriore). Il tratto intermedio dà origine al “corpo perineale”. Una deviazione di questa cresta trasversale, “setto uro-rettale”, determina le malformazioni del gruppo rettale (difetti della cloaca interna), mentre errori di sviluppo del proctodeo (depressione ectodermica o fossa anale) determina le malformazioni del gruppo anale (difetti della cloaca esterna). (Fig. 54.28 A). CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA: La complessità dei quadri anatomo-patologici delle malformazioni ano-rettali ha reso difficile la stesura di una classificazione semplice. Un’importante classificazione fu proposta nel 1970 da Stephens Smith ed altri in un “workshop” internazionale sulle malformazioni ano-rettali a Melbourne. (Tabella I) Le malformazioni ano-rettali sono classificate in rapporto al loro livello anatomico (fionda pubo-rettale) e al sesso. Nel 1984, questa classificazione considerata complessa fu revisionata e semplificata basandosi sulle anomalie ano-rettali di più frequente riscontro clinico. La nuova classifi182 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Fig. 54.28a - Embriologia della porzione caudale dell’intestino posteriore A 6 B C 11 7 1 2 8 9 5 3 10 4 1. Allantoide – 2. Membrana cloacale – 3. Cloaca – 4. Intestino posteriore – 5. Setto urorettale – 6. Seno uro-genitale – 7. Membrana uro-genitale – 8. Perineo – 9. Membrana anale – 10. Canale anorettale – 11. Vescica urinaria cazione, “Wingspread classification of ano-rectal anomalies”, pur usando termini simili e basandosi ugualmente sugli stessi livelli anatomici, ha escluso i difetti retto-claocali e ano-etopico anteriore. Le malformazioni cloacali sono classificate separatamente. Tuttora anche queste classificazioni continuano ad avere pregi e difetti e più recentemente Peña ha modificato le due forme “fistola retto-vestibolare” e “fistola ano-vestibolare” in una unica forma, la “fistola vestibolare”. Le lesioni vengono classificate “in alte”, “intermedie” e “basse” con o senza fistola associata. Le lesioni alte indicano che la fine della atresia rettale è localizzata in un piano sopra il muscolo elevatore dell’ano (sopra la fionda pubo-rettale dell’elevatore dell’ano) “sopraelevatore”. Le lesioni intermedie sono quelle in cui la fine dell’atresia rettale è in un piano “sopra e trans elevatore” e quelle basse sono quelle in cui la fine della atresia rettale è localizzata al di là degli elevatori “intraelevatore”, attraverso il muscolo pubo-rettale, al di sotto della porzione più bassa nell’ischio. Le lesioni “alte” sono localizzate sopra la linea pubococcigea, le lesioni “intermedie” a livello della linea pubococcigea, sotto l’ischio e quelle “basse” al di sotto della parte bassa dell’ossificazione dell’ischio. (Fig. 54.28b). 183 INTESTINO POSTERIORE Fig. 54.28b - Linea pubo-coccigea Ileo A B Sacro Pube Ischio C A. Malformazione A.R. alta B. Malformazione A.R. intermedia C. Malformazione A.R. bassa I Oltre l’80% dei pazienti hanno una connessione (fistola) con il tratto genito-urinario o con il perineo. I maschi ,con atresia rettale alta, hanno una fistola con l’uretra a livello del verumontanum nell’80% dei casi e con la vescica nel 6% dei casi; con atresia rettale bassa, nel 70%, hanno una fistola ano-cutanea lungo il rafe mediano dal corpo perineale allo scroto. Dal 20% al 30% presentano una membrana anale completa, stenosi anale, o un orifizio anale posizionato anteriormente rispetto alla sede usuale. Nelle femmine sono più frequenti le malformazioni anali rispetto a quelle rettali. Nelle forme rettali alte è presente, nell’80% dei casi,una fistola retto-vaginale; raramente retto-vescicale; nelle forme basse è presente, nel 93% dei casi, una fistola tra il retto ed il vestibolo. ANOMALIE ASSOCIATE: l’associazione tra malformazioni ano-rettali e malformazioni in altri organi varia dal 43 al 63% dei casi. Nelle malformazioni rettali “alte” l’incidenza è doppia rispetto a quelle “basse” e maggiore è la gravità (Tab.I). L’associazione tra anomalia vertebrale, tracheo-esofagea, ano-rettale e renale viene definita sindrome “Vater”, oppure “Vacter” quando si osser184 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI vano malformazioni cardio-vascolari, o “Vacterl” in caso di ipoplasia di arti (aplasia del radio). Le anomalie uro-genitali sono le più frequenti e tali da richiedere uno studio immediato di questo apparato in presenza di malformazione ano-rettale. Le anomalie scheletriche osservate più comunemente sono: l’aplasia del radio e le alterazioni vertebrali (emivertebre multiple, deformità di un arco o assenza di una vertebra). Il 50% dei bambini con malformazione ano-rettale “alta” presenta una malformazione sacrale (agenesia del sacro completa o parziale; agenesia dell’emisacro completa o parziale); con conseguente alterazione dell’integrità dell’innervazione anatomica e della funzione vescicale (vescica neurologica). In tutti i pazienti con malformazione ano-rettale dovrebbe essere valutata la presenza di una “tethered cord”, situazione anatomo-patologica caratterizzata da una trazione verso il basso del cono midollare in rapporto alla presenza di tessuto fibroso, aderenze o lipomi. Questi pazienti possono presentare clinicamente gravi deficit neurologici a carico degli arti inferiori e dell’innervazione vescicale.L’atresia esofagea (con o senza fistola) e le ostruzioni duodenali possono associarsi alle malformazioni anorettali con un’incidenza rispettivamente del 10% e del 2%. ANATOMIA DELL’ANO-RETTO E DEL PAVIMENTO PELVICO: la funzione della continenza fecale è legata al normale sviluppo dell’ano-retto e del pavimento pelvico. La muscolatura del canale ano-rettale si configura come due cilindri coassiali l’uno all’altro. Il cilindro interno o viscerale è costituito dalla parte terminale della muscolatura dell’intestino (strato muscolare circolare = sfintere interno; strato muscolare longitudinale = muscolo longitudinale). Il cilindro esterno o somatico è formato dallo sfintere esterno e dal muscolo pubo-rettale (nella sua parte inferiore); nella parte alta il cilindro si apre ad imbuto e costituisce l’elevatore dell’ano che separa la cavità pelvica dal perineo (Fig. 55.28). Il muscolo sfintere interno è liscio, dotato di un tono permanente che garantisce la continenza automatica. Esso rappresenta la continuazione dello strato circolare proprio dell’intestino; a livello del canale anale questo strato si inspessisce e termina con un margine arrotondato, subito sotto la linea pettinata. Il muscolo longitudinale è all’esterno del precedente e rappresenta la continuazione dello strato longitudinale proprio del retto. Esso si trova quindi tra il muscolo sfintere interno ed il muscolo sfintere esterno. La sua parte inferiore si apre a ventaglio verso lo sfintere esterno ed interno. Il muscolo sfintere esterno è un muscolo striato la cui contrazione è 185 INTESTINO POSTERIORE Fig. 55.28 - Muscolatura del canale ano-rettale 1 2 3 1. M. sfintere interno – 2. M. longitudinale – 3. M. sfintere esterno Fig. 56.28 - Anatomia “ano-retto e pavimento pelvico” 1 2 3 4 5 9 6 10 67 8 1. Vasi emorroidari superiori – 2. Peritoneo – 3. Pelvi – 4. M. otturatore interno – 5. Spazio pararettale – 7. Fossa ischiorettale – 8. Vasi emorroidari inferiori – 9. M. elevatore dell’ano – 10. M. sfintere esterno 186 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Fig. 57.28 - Sfintere esterno Pube Retto A Coccige B C Ano A. Gruppo muscolare superiore “top loop” – B. Gruppo muscolare intermedio “intermediate loop” – C. Gruppo muscolare inferiore “base loop” volontaria. Assicura la continenza in urgenza. Esso è situato coassialmente allo sfintere interno, con l’interposizione del muscolo longitudinale; in alto si continua con l’elevatore dell’ano. (Fig. 56.28). Il muscolo sfintere esterno può essere suddiviso in tre gruppi di fibre muscolari a forma di fionda “loop”: gruppo muscolare superiore o “top loop”, le cui fibre si fondono (senza confine istologico) con il muscolo pubo-rettale e si inseriscono al pube; gruppo muscolare intermedio o “intermediate loop” che si inserisce posteriormente al coccige, passando anteriormente alla porzione media del canale anale a livello della linea pettinata; gruppo inferiore o sottocutaneo o “base loop”, esso è attaccato alla cute del perineo anteriore, costituendo il “corrugatore” della cute anale. (Fig. 57.28) Questi tre gruppi muscolari contribuiscono, mediante una angolazione selettiva del canale anale, alla continenza fecale. Il muscolo elevatore dell’ano è un muscolo largo e sottile a forma di imbuto. Esso è costituito da una parte centrale ad andamento trasversale e da una parte a sviluppo ventrale. Queste strutture delimitano il cosiddetto iato dell’elevatore, all’interno del quale sono accolti il canale ano-rettale e vagina o prostata ed uretra. 187 INTESTINO POSTERIORE Il muscolo elevatore è costituito da tre parti: una porzione ileo-coccigea, che origina dalla spina ischiatica e dalla parte posteriore della fascia otturatoria con direzione verso il basso, posteriormente e medialmente si inserisce a livello degli ultimi due metameri del sacro e nel rafe ano-coccigeo. La porzione pubo-coccigea si inserisce nella faccia posteriore del pube e nella parte anteriore della faccia otturatoria, si dirige posteriormente verso il basso fino all’estremità del coccige ed all’ultimo segmento del sacro. Le fibre pubo-coccigee formano uno spazio ellittico chiamato “iatus dell’elevatore” attorno il quale passa la parte bassa del retto, nell’uomo la struttura uretro-prostatica e nella donna la vagina e l’uretra. La porzione pubo-rettale è quella più mediale, le cui fibre si innescano posteriormente alla sinfesi pubica e nella faccia superiore del diaframma uro-genitale; dirigendosi posteriormente, si uniscono a quelle del lato opposto formando una cravatta intorno al retto nella sua parte inferiore. Il cosiddetto “anello o fionda pubo-rettale” è formato dalla associazione della porzione pubo-rettale del muscolo elevatore e delle fibre profonde dello sfintere esterno. È un muscolo potente ed il suo rilievo è perfettamente percepibile all’esplorazione rettale. (Fig. 58.28). L’innervazione del canale ano-rettale avviene attraverso nervi somatici e nervi viscerali (sistema simpatico e parasimpatico) (Fig. 59.28). Il nervo pudendo interno, formato da fibre sensitive e fibre motrici, è il principale nervo del plesso sacrale, le sue fibre emergono dal 2° – 3° – 4° forame sacrale e decorrono, staccandosi dalle radici sacrali, in posizione sottofasciale lungo il margine del muscolo ischio-coccigeo ed escono dalla pelvi attraverso il canale di Alcock ed entrano nella fossa ischio-rettale,dove si dividono in due rami terminali: il nervo perineo ed il nervo dorsale del pene. Le fibre motrici del nervo perineo innervano il muscolo sfintere esterno dell’ano, mentre le fibre sensitive innervano la cute della regione anale sotto la linea pettinata. Tale regione è ricca, infatti, di recettori sensitivi che analizzano molteplici informazioni come l’attrito = corpuscoli genitali, pressione = corpuscoli del Golgi, tatto = corpuscoli di Meissner, freddo = corpuscoli di Krause, stiramento = corpuscoli di Pacini. Un ramo più profondo del nervo perineo si accompagna all’arteria del bulbo dell’uretra, e fornisce nel maschio fibre motrici al muscolo trasverso superficiale del perineo, al bulbo-cavernoso ed ischio-cavernoso e si distribuisce al corpo cavernoso dell’uretra ed alla mucosa uretrale. Nella femmina fornisce fibre al bulbo del vestibolo. Il nervo dorsale del pene o del clitoride decorre da dietro in avanti nel trigono uro-genitale, separando la branca ischio pubica, ed arriva a livello del dorso del pene, innervando il corpo cavernoso del pene. 188 MALFORMAZIONI ANO-RETTALI CAPITOLO XXVIII Fig. 58.28 - Muscoli del pavimento pelvico Ano-retto Pube Vagina M. pubococcigeo M. puborettale M. ileococcigeo Sacro Ischiocavernoso Bulbospongioso M. trasverso del perineo M. pubococcigeo M. sfintere esterno M. ischio coccigeo M. piriforme M. gluteo Il muscolo elevatore dell’ano è innervato direttamente da rami del 3° – 4° nervo sacrale che decorrono sul pavimento pelvico tra il muscolo ischio-coccigeo e ileo-coccigeo (nervo elevatore dell’ano; decorre parallelo al nervo pudendo interno). Il muscolo pubo-rettale è innervato direttamente da un ramo del 4° nervo sacrale. L’innervazione viscerale o splancnica (simpatica e parasimpatica) regola il tono della muscolatura della parete dell’ano-retto (muscolo sfintere interno e strato circolare) attraverso il sistema nervoso enterico localizzato nel plesso sottomucoso (Meissner) e nel plesso mioenterico (Auerbach). 189 INTESTINO POSTERIORE Fig. 59.28 - Innervazione del canale ano-rettale Plesso preaortico Plesso ipogastrico Plesso presacrale N. presacrale Plesso sacrale Le fibre simpatiche che raggiungono il retto derivano dai primi tre segmenti lombari del midollo spinale, i quali passano attraverso i gangli simpatici. Un prolungamento si estende lungo l’arteria mesenterica inferiore (plesso mesenterico inferiore) e raggiunge la parete superiore del retto. Un altro prolungamento si congiunge con il plesso aortico. Il plesso aortico ed il plesso ipogastrico (formato dai nervi splacnici lombari) costituiscono insieme il plesso presacrale. I nervi presacrali raggiunti dai nervi “erigentes” (nervi sacrali parasimpatici che originano dal 2° – 3° – 4° forame sacrale) a livello della fascia sacrale del Waldeyer, formano il plesso-pelvico che innerva la parte inferiore del retto, il canale anale, la vescica e gli organi sessuali. FUNZIONE DELLA CONTINENZA FECALE: la funzione della continenza fecale è legata al normale sviluppo dell’anatomia ano-rettale ed in particolare al 190 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Fig. 60.28a - Malformazioni ano-rettali nel maschio M.A.R. ALTE M.A.R. INTERMEDIE M.A.R. BASSE Agenesia ano-rettale con fistola retto-uretrale o retto-vescicale Agenesia anorettale con fistola retto-uretrale bulbare Ano coperto incompleto (con fistola anocutanea perineale o scrotale) Stenosi anale (Ano ectopico) Agenesia ano-rettale senza fistola Agenesia anorettale senza fistola Ano coperto completo (senza fistola) Ano membranoso Atresia rettale grado di sviluppo dell’innervazione pelvica (somatica e viscerale). La continenza è assicurata da due meccanismi anatomici: l’occlusione del canale anale e l’angolo ano-rettale. Il primo meccanismo è legato al tono permanente del muscolo sfintere anale interno regolato dall’innervazione simpatica e parasimpatica del plesso pelvico. Il muscolo sfintere interno è responsabile della continenza automatica. La sezione totale dello sfintere interno mette a rischio la continenza, così come le fibre simpatiche e parasimpatiche. Lo sfintere esterno è responsabile della continenza volontaria. La chiusura del canale anale è ot191 INTESTINO POSTERIORE Fig. 60.28b - Malformazioni ano-rettali nella femmina M.A.R. ALTE Agenesia ano-rettale con fistola retto-vaginale alta Agenesia ano-rettale con fistola retto-cloacale M.A.R. INTERMEDIE Agenesia anale con fistola retto-vestibolare M.A.R. BASSE Ano coperto incompleto (con fistola anocutanea o ano-vestibolare) Stenosi anale (Ano ectopico) Agenesia anale con fistola retto-vaginale bassa Ano coperto completo (senza fistola) Ano membranoso Atresia rettale Agenesia anale senza fistola Agenesia ano-rettale senza fistola tenuta grazie alla contrazione sinergica dei tre gruppi di fibre dello sfintere esterno, che sviluppano la loro azione in direzioni opposte. Il secondo meccanismo è correlato con la funzione della fionda puborettale. L’angolo ano-rettale, normalmente, è di 90° - 100°, è determinato e mantenuto dal tono del muscolo pubo-rettale. (Fig. 61.28). L’evacuazione si ottiene con l’eliminazione del tono muscolare esistente del muscolo sfintere interno e dello sfintere esterno che aprono il canale anale e quella del pubo-rettale che apre l’angolo ano-rettale. 192 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Fig. 61.28 - Meccanismo della continenza fecale Retto Pube Coccige La sezione totale dello sfintere interno o la lesione del plesso pelvico o dei nervi somatici mettono a rischio la continenza fecale. DIAGNOSI DELLE MAFORMAZIONI ANO- RETTALI: l’ispezione del perineo è fondamentale per una diagnosi clinica insieme a quella dei genitali esterni. 1. Ano normale. Possiamo avere una prima situazione in cui all’esame ispettivo l’ano ha un aspetto normale. Se il neonato ha una occlusione intestinale con un addome disteso ed assenza di fuoriuscita di meconio, dobbiamo verificare la pervietà dell’ano con una sonda e supporre, in presenza di un ostacolo, una malformazione ano-rettale bassa: stenosi ano-rettale, stenosi membranosa anale(la membrana può essere visibile, quando per effetto della pressione addominale, diventa convessa, sottile e bluastra), oppure una atresia del retto, estremamente rara (2% di tutte le malformazioni ano-rettali). Quest’ultima ha tutte le caratteristiche di una comune atresia intestinale di origine ischemica, con due cul di sacco, una anale formato dal canale anale normale che si arresta ad un livello variabile (5 – 10 centimetri) e l’altro rettale o addirittura colico. Essi possono essere separati da una perdita di sostanza o da un cordone fibroso. 2. Ano anormale. L‘ano è assente o ha un aspetto diverso del normale, oppure la sua sede è anomala. I problemi diagnostici sono diversi nel maschio e nella femmina. (Fig. 60.28 A, B) (Tabelle I e II) 193 INTESTINO POSTERIORE Tab. I - Diagnosi clinica delle malformazioni ano-rettali nel maschio Ano normale Ano anormale Stenosi anale membranosa Atresia del retto Ano perineale anteriore Piccolo orifizio con fuoriuscita di meconio Ano coperto incompleto con fistola ano-cutanea perineale o scrotale Orifizio anale non visibile con presenza di meconio nelle urine Malformazione ano-rettale alta: agenesia ano-rettale con fistola rettovescicale o retto-uretrale Malformazione ano-rettale intermedia: agenesia anale con fistola retto-uretrale bulbare Assenza di orifizio anale; assenza di meconiuria e di meconio sul perineo Malformazione ano-rettale alta: agenesia ano-rettale senza fistola Malformazione ano-rettale intermedia: agenesia anale senza fistola Malformazione ano-rettale bassa: ano coperto completo A. MASCHIO 1. Presenza di meconio che fuoriesce da un orifizio molto piccolo; il quadro può essere un ano coperto incompleto con fistola ano-cutanea o ano-vestibolare. È la malformazione ano-rettale più frequente. Il retto è normale, così come il canale anale fino a livello della linea pettinata, ma al di sotto di questa si riduce ad un tragitto fistoloso (rivestito da un epitelio squamoso) che si apre sul rafe perineale ad una distanza variabile (spesso dietro lo scroto nel maschio e nel vestibolo nella femmina). L’orifizio è piccolissimo, tale da rendere impossibile il cateterismo per l’esecuzione di una fistolografia. Le tracce di meconio sono anch’esse minime. Il tragitto fistoloso spesso è visibile perché rigonfio e bluastro. 194 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Tab. II - Diagnosi clinica delle malformazioni ano-rettali nella femmina Un solo orifizio vulvare con fuoriuscita di urina e meconio (seno uro-genito-rettale) Agenesia ano-rettale con fistola rettocloacale Due orifizi: uretrale e vaginale (assenza dell’orifizio anale) Malformazione ano-rettale alta: agenesia ano-rettale con fistola retto-vaginale alta Malformazione ano-rettale intermedia: agenesia anale con fistola retto-vaginale bassa Tre orifizi: uno uretrale, uno vaginale ed uno da cui fuoriesce meconio (vulvare-perineale o anale) Malformazione ano-rettale intermedia: agenesia anale con fistola retto-vestibolare Malformazione ano-rettale bassa: – ano coperto incompleto (con fistola anocutanea o ano-vestibolare – ano ectopico anteriore perianale o vulvare 2. Orifizio anale non visibile con presenza di meconio nelle urine; la meconiuria è indicativa della presenza di una fistola retto-vescicale o retto-uretrale per una malformazione ano-rettale alta (agenesia ano-rettale con fistola retto-vescicale o retto-uretrale) o per una malformazione ano-rettale intermedia (agenesia anale con fistola retto-uretrale bulbare). 3. Assenza di orifizio anale; assenza di meconiuria e di meconio sul perineo: questa condizione è indicativa di una anomalia non comunicante di tipo malformazione ano-rettale alta (agenesia ano-rettale senza fistola) o di tipo malformazione ano-rettale intermedia (agenesia anale senza fistola) o malformazione ano-rettale bassa (ano coperto completo), in cui l’orifizio è ricoperto solamente da un rafe ipertrofico. B. FEMMINA Nella femmina le anomalie non comunicanti (senza fuoriuscita di meconio nel perineo) sono eccezionali; esse sono sempre comunicanti con 195 INTESTINO POSTERIORE l’esterno e con la sede; il numero e l’aspetto di tutti gli orifizi devono essere accuratamente valutati. Se vi è emissione di meconio è sufficiente contare il numero degli orifizi. Un solo orifizio alla vulva, dal quale fuoriesce urina e meconio, indica l’esistenza di una agenesia ano-rettale di tipo “cloaca” (agenesia ano-rettale con fistola retto-cloacale). Due orifizi ed assenza dell’orifizio anale, un orifizio uretrale e l’altro vaginale (e non vestibolare) da cui fuoriesce meconio; è espressione di una malformazione ano-rettale alta (agenesia ano-rettale con fistola rettovaginale alta) o malformazione ano-rettale intermedia (agenesia anale con fistola retto-vaginale bassa). Tre orifizi: uno uretrale, uno vaginale ed uno da cui fuoriesce meconio che può essere localizzato a livello anale, perineale o vulvare. Può essere anche agenesia anale con fistola retto-vestibolare; un ano coperto incompleto con fistola ano-vestibolare; ano ectopico anteriore perineale o vulvare (che è normale tranne che per la localizzazione ectopica). DIAGNOSI STRUMENTALE DELLE MALFORMAZIONI ANO-RETTALI: 1. Radiografia diretta dell’addome e del torace in posizione ortostatica; è utile nelle malformazioni ano-rettali studiare la presenza di altre anomalie associate, come la valutazione dei segmenti scheletrici o la distribuzione del gas addominale. Importante è la valutazione delle anomalie del sacro, la cui agenesia parziale determina l’assenza delle radici sacrali corrispondenti con conseguente “vescica neurologica”. 2. Invertografia: è una semplice radiografia diretta per valutare la distanza dell’ombra gassosa, che delimita la tasca atresica dalla cute perineale; si esegue lasciando per almeno tre minuti prima dell’esame il bambino a testa in basso, piedi in alto e gambe flesse nelle anche a 120°, posizionando un repere metallico nella cute a livello della sede presunta dell’ano. In questa posizione i gas delimitano bene il fondo del cul di sacco atresico. L’esame deve essere eseguito dodici ore dopo la nascita, tempo necessario per consentire che l’aria intestinale raggiunga la parte più distale del colon (cul di sacco). L’aspetto più rilevante di questa indagine non è la valutazione della distanza tra il cul di sacco e la regione perianale, ma la posizione del cul di sacco rispetto a punti anatomici di repere; alle ossa del bacino e alle inserzioni dell’elevatore dell’ano. Il muscolo elevatore si proietta in un triangolo formato in alto della linea pubo-coccigea, che congiunge pube (p) con il coccige (c) e, in basso, dal punto più inferiore dell’ischio (i). Quando il cul di sacco intestinale, con una radiografia in proiezione latera196 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI le, si proietta al di sopra della linea ‘p-c’, si tratta di una malformazione ano-rettale alta; se si proietta sul triangolo ‘p-c-i’ è una malformazione ano-rettale intermedia; se si proietta al di sotto del punto ‘i’ è una malformazione ano-rettale bassa. La presenza di aria in vescica è espressione di una fistola retto-vescicale o retto-uretrale (vedi Fig. 52.28). 3. Ecografia: consente di misurare la distanza che intercorre dal cul di sacco intestinale al perineo; ma la sua specificità è limitata. 4. TAC o RM: permettono uno studio dei rapporti esatti tra cul di sacco con l’elevatore dell’ano o lo sfintere esterno e le ossa pelviche. 5. Cistografia minzionale: può rilevare la fistola con il retto ed è utile nello studio delle malformazioni urologiche associate alle malformazioni ano-rettali ed in particolare di un reflusso vescico-ureterale.Essa si associa alla invertografia. 6. Fistolografia con immissione di mezzo di contrasto all’interno della fistola o nell’orifizio anale permette una esatta conoscenza della morfologia della MAR. 7. Puntura transcutanea: permette di opacizzare il cul di sacco intestinale nelle malformazioni basse. TERAPIA CHIRURGICA DELLE MALFORMAZIONI ANO-RETTALI: il trattamento chirurgico varia in funzione del tipo di malformazione ano-rettale (alte, basse, intermedie). A. TRATTAMENTO DELLE FORME BASSE Nelle malformazioni ano-rettali basse il muscolo sfintere interno risulta efficiente sul piano funzionale e lo sfintere esterno può essere normalmente sviluppato. Il retto è posizionato all’interno della fionda pubo-rettale e, pertanto, le problematiche chirurgiche sono minori,ed i risultati postoperatori sono buoni e con normale continenza. Membrane anali senza fistola: viene eseguita una incisione radiale o crociata della membrana con successive dilatazioni post operatorie. Ano anteriore perineale: non deve essere sottoposto a trattamento chirurgico; solo in presenza di una stipsi potrà essere corretto con la tecnica di Hendren. 197 INTESTINO POSTERIORE Fig. 62.28 - “Cut-back” su fistola ano-cutanea o anovestibolare Ano coperto incompleto con fistola ano-cutanea od ano-vestibolare: viene trattato con un “cut-back” che mette a piatto la fistola ed apre il fondo del cul di sacco. Si introduce uno specillo nella fistola e si apre con le forbici mantenendosi nella linea mediana, verso la fossetta anale, dove il tessuto diventa più spesso; completata l’apertura si possono applicare alcuni punti mucocutanei. (Fig. 62.28). Ano anteriore vestibolare: viene sottoposto ad un intervento in epoca più tardiva per motivi fisiologici e estetici. Viene eseguito l’intervento secondo la tecnica di Peña, che ha sostituito l’intervento di retroposizione dell’ano. Ano coperto completo: si esegua una anoplastica perineale. (Fig. 63.28). B. TRATTAMENTO DELLE FORME ALTE ED INTERMEDIE Le malformazioni ano-rettali caratterizzate clinicamente da una occlusione intestinale bassa, necessitano urgentemente un trattamento mediante una colostomia escludente (doppio stoma separato o colostomia ad ansa su ponte cutaneo). Nella maggior parte dei casi la colostomia viene eseguita sul colon discendente o sul sigma (lasciando distalmente alla sutura un segmento di colon sufficientemente lungo da consentire una successiva 198 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Fig. 63.28 - Ano coperto completo: anoplastica per via perineale A A C mobilizzazione della tasca rettale (oppure sul colon trasverso destro (a destra dei vasi colici medi).Quest’ultima si confeziona quando si presume che all’epoca dell’intervento radicale sia prevista una mobilizzazione del colon sinistro. La tecnica della colostomia escludente con doppio stoma separato su ponte cutaneo sec. Nixon, consiste in una incisione cutanea a ‘V’ in corrispondenza del segmento prescelto, con successiva esteriorizzazione dell’ansa colica ed interruzione della continuità intestinale; sutura separata dei due monconi colici alla parte addominale fissandoli al piano fasciale e cutaneo. Il lembo di cute compreso nella ‘V’ viene interposto tra i due stomi. 199 INTESTINO POSTERIORE La colostomia, anche se ha una sua morbilità, presenta notevoli vantaggi, tra cui l’esecuzione di un cologramma (introduzione di mezzo di contrasto idrosolubile, tramite un catetere di Foley attraverso la colostomia), per una più completa valutazione della malformazione e della eventuale fistola. Tale esame deve essere eseguito in proiezione laterale. Inoltre, la colostomia permette di operare il bambino in età elettiva (intorno a 3 – 6 mesi) ed in condizioni quindi migliori. Il colon defunzionalizzato rende più sicuro l’intervento di rettoplastica. RETTOPLASTICHE: principi generali: l’intervento chirurgico nella malformazione ano-rettale “alta” ha lo scopo di abbassare l’intestino attraverso la fionda pubo-rettale, ottenendo la massima continenza possibile. Per abbassare l’intestino è necessario dissecare il cul di sacco; suturare l’eventuale fistola retto-urinaria o retto-vaginale e costruire un canale anale di calibro adeguato, non stenotico, sulla cute perianale. La fionda pubo-rettale deve essere preservata, insieme alla complessa innervazione somatica e viscerale della pelvi. La fionda pubo-rettale è troppo profonda e troppo anteriore per essere accessibile per via addominale; inoltre, i nervi del plesso pelvico (nervi erigentes) che raggiungono le pareti laterali del retto estendendosi sopra l’elevatore verrebbero danneggiati da una dissezione laterale del retto. Eliminando la dissezione del cul di sacco tutte le strutture vicine ed in particolare i nervi pelvici vengono conservati. Le tecniche chirurgiche che vengono utilizzate nella correzione delle malformazioni ano-rettali alte sono numerose: tecnica di Stephens (rettoplastica sacro-perineale o sacro-addomino-perineale); tecnica di Mollard (rettoplastica perineo-addomino-perineale); tecnica di Peña e de Vries (ano-rettoplastica sagittale posteriore). Tecnica di Peña e de Vries (ano rettoplastica sagittale posteriore): è la tecnica più attuale e diffusa. Essa è basata sulla perfetta conoscenza anatomica della muscolatura pelvica ed è applicabile nella correzione di tutte le malformazioni ano-rettali eccetto quelle basse che sono risolvibili con una semplice perineoplastica. I vantaggi della tecnica sono: il buon controllo visivo di tutte le strutture perineali, del complesso sfinterico ed in particolare del cul di sacco rettale e della fistola retto-urinaria o vaginale; una accurata identificazione di tutti i muscoli pelvici (grazie anche ad un elettrostimolatore muscolare intraoperatorio che riduce il rischio di lesioni iatrogene neuromuscolari); migliore risultato funzionale (continenza). TECNICA INTERVENTO DI DE VRIES E PEÑA: Il paziente viene posto in posizione prona con la pelvi sollevata e la regione perianale ben esposta. Si esegue una incisione cutanea verticale mediana estesa dalla parte inferiore 200 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Fig. 64.28 - Anorettoplastica sagittale posteriore sec. Peña de Vries nel maschio – Esposizione del cul di sacco rettale previa separazione sulla linea mediana del muscolo sfintere esterno ed elevatore Sezione del coccige Fibre parasagittali Retto (cul di sacco M. sfintere esterno e elevatore dell’osso sacro fino ai genitali esterni; tutte le strutture muscolari che si incontrano devono essere aperte “a libro” (dividendole esattamente nella linea mediana), comprendendo il muscolo elevatore e lo sfintere esterno dell’ano. I fasci muscolari vengono identificati e repertati con fili di sutura. Viene così raggiunto ed individuato il cul di sacco intestinale e si incide la sua estremità per individuare la fistola che viene interrotta e suturata. Successivamente, inizia un tempo estremamente delicato: la dissezione della parete anteriore del cul di sacco rettale da quella posteriore dell’uretra (bulbare prostatica) o della vagina. Le difficoltà sono di ordine anatomico, perché non esiste un piano di clivaggio anatomico tra retto ed uretra e retto e vagina; essi hanno una parete in comune fino al margine superiore della prostata o della vagina. Il retto “cul di sacco” mobilizzato, in genere, è troppo voluminoso e, pertanto, viene rimodellato e ridotto di calibro “Tapering” (il rimodellamento viene fatto su un tubo di silastic 30 ch). L’estremità del retto mobilizzato viene abbassata all’interno del cilindro del “complesso muscolare” striato che quindi finisce con l’avvolgerla 201 INTESTINO POSTERIORE Fig. 65.28 - Anorettoplastica sagittale posteriore “ sec. Peña de Vries” nel maschio Retto B A – Esposizione della fistola retto-uretrale sua sezione e legatura trasfissa C Fig. 66.28 - Anorettoplastica sagittale posteriore “ sec. Peña de Vries” nel maschio – Il retto mobilizzato viene fatto passare attraverso l’elevatore ed ancorato al complesso muscolare. Tapering del retto e sutura alla cute del neo-ano 202 CAPITOLO XXVIII MALFORMAZIONI ANO-RETTALI Fig. 67.28 - Tecnica di Peña de Vries nel maschio (idem nella femmina con fistola retto-vaginale) Vescica Retto A M. elevatore Fistola retto-uretrale suturata Mobilizzazione del retto B Tapering C Sutura al neo-ano completamente perché le sue fibre vengono riavvicinate e suturate sulla linea mediana. Negli ultimi anni, risultati molto brillanti sembrano ottenersi mediante la tecnica del pull-through video-laparoscopica (sezione-sutura della fistola retto-uretale e mobilizzazione vascolare del retto) sec. Georgeson (1995). Questo procedimento mini-invasivo è ancora poco collaudato su base internazionale, perché finora eseguito solo in pochi Centri avanzati di endochirurgia neocrotale: occorrono pertanto ancora alcuni anni per per verificare se i suoi risultati funzionali saranno migliori rispetto alla tecnica di Peña. Comprendendo la parete intestinale per prevenire i prolassi. Si sutura infine l’intestino alla cute del neo ano con punti staccati. (Fig. 64.28; Fig.65.28; Fig. 66.28, Fig. 67.28). 203 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) La malattia di Hirschsprung, o megacolon agangliare è una anomalia congenita dell’innervazione autonoma intrinseca dell’intestino con alterazione del normale meccanismo della motilità del colon e della defecazione. L’anomalia è dovuta alla totale assenza delle cellule ganglionari intramurali del plesso sottomucoso e mienterico. La conseguenza fisio-patologica di questa anomalia è la presenza di un segmento di colon (contratto e senza peristalsi) capace di determinare una ostruzione funzionale parziale o completa. La malattia di Hirschsprung rientra nella diagnosi differenziale con i vari tipi di occlusione intestinale del neonato e con la stipsi cronica ed ostinata nel bambino più grande. INCIDENZA: La malattia di Hirschsprung ha un’incidenza media di circa 1 su 3.000. Nell’8% dei casi una storia di malattia di Hirschsprung è presente in altri membri della famiglia. Il rischio di avere un bambino affetto da questa malattia per un paziente affetto, è del 2% a segmento breve e del 30% a segmento lungo. Il rapporto maschi/femmine è di 3,5 ad 1 nella malattia di Hirschsprung a segmento breve; il rapporto si riduce in caso di malattia a segmento lungo. EZIOPATOGENESI: anche se la esatta causa dell’agangliosi rimane sconosciuta, la malattia di Hirschsprung può essere il risultato di un arresto della migrazione in senso cranio-caudale dei neuroblasti nel canale digestivo oppure di una alterazione dello sviluppo e della differenziazione finale di queste cellule, forse per eventi immunitari. Studi in famiglie con la malattia di Hirschsprung hanno rilevato un’alterazione genetica a carico del cromosoma 10 (o mutazione del proto oncogene ret). Simili delezioni cromosomiche sono state rilevate nella MEN II A e MEN II B. ANOMALIE ASSOCIATE: anomalie congenite associate sono comuni in pazienti con malattia di Hirschsprung (22% dei casi) ed in particolare cardiache, genito-urinarie, gastro-intestinali (come ano imperforato, malrotazio205 INTESTINO POSTERIORE ni etc.). L’8% dei pazienti con malattia di Hirschsprung ha una sindrome di Down,comunemente associata a difetti cardiaci. PLESSI MIOENTERICI: EMBRIOPATOGENESI E FISIOPATOLOGIA: i neuroblasti fetali, anche se non è stato formalmente provato, migrano dalla cresta neurale (cranio-cervicale) caudalmente, attraverso le fibre del nervo vago, negli strati muscolari del tubo digestivo. I neuroblasti si trovano nella parete dell’esofago intorno alle sei settimane di gestazione; successivamente sono presenti nello stomaco, nel duodeno, colon e retto. Nell’embrione di 7 cm (12 settimane) i neuroblasti possono essere identificati lungo l’intero colon. La maturazione dei neuroblasti in cellule ganglionari avviene molto lentamente e progressivamente; durante il terzo trimestre si trovano pochi elementi ganglionari; alla nascita un terzo si sono così sviluppati e la maturazione continua durante i primi cinque anni dopo la nascita. Dopo tale periodo il sistema ganglionare intramurale è completamente maturo. I plessi nervosi maturi (mioenterici) sono rappresentati da quello sottomucoso superficiale di Meissner, profondo di Henle e intramuscolare di Auerbach. L’attività miogenica del colon medio (peristalsi) è mediata dall’innervazione intrinseca (plessi intramurali) e dall’innervazione estrinseca (fibre nervose del sistema simpatico e parasimpatico). A. INNERVAZIONE INTRINSECA: è rappresentata dai plessi intramurali formati da: 1. Plesso mioenterico di Aüerbach situato tra lo strato muscolare circolare e longitudinale dell’intestino. Le neurocellule sono di grandi dimensioni ,con un nucleo periferico ed un chiaro nucleolo. 2. Plesso sottomucoso; esso è distinto in sottomucoso profondo (o plesso di Henle) e sottomucoso superficiale (plesso di Meissner). Le neurocellule dello strato sottomucoso sono piccole e più difficili da riconoscere. B. INNERVAZIONE ESTRINSECA: È rappresentata dalle fibre del sistema simpatico originatesi dalle cellule della catena gangliare pre-vertebrale. Esse penetrano nella parete intestinale e, prima di andare ad innervare le miocellule della parete intestinale, formano una arborizzazione sinaptica intorno alle cellule gangliari intramurali. Le fibre del sistema parasimpatico del 206 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) Fig. 68.29 - Megacolon: fisiopatologia e morfologia C B A A. Segmento agangliare coartato, distale B. Zona di transizione C. Segmento dilatato prossimale vago e del plesso pelvico si portano alle cellule gangliari intramurali del retto distale e dello sfintere interno. Nel segmento distale del retto assistiamo ad una riduzione delle fibre nervose e delle cellule ganglionari. Una struttura reticolare, costituita da cellule ganglionari e fibre mucose può essere rilevata nel muscolo sfintere interno, come un prolungamento del plesso mioenterico di Aüerbach. Tale struttura scende sotto la linea pettinata nel neonato per 4 mm e nel bambino più grande per 2 mm. Pertanto, una biopsia diagnostica deve essere eseguita oltre la linea pettinata. Nella agangliosi rettocolica congenita, l’anomalia consiste in un’assenza di cellule gangliari intramurali. Le fibre sinaptiche – presinaptiche, in assenza delle cellule gangliari, entrano direttamente nella parete dell’intestino incrementando il loro numero ed il loro spessore (ipertrofia delle fibre nervose nel tratto agangliare). Il segmento intestinale agangliotico è denervato funzionalmente (assenza della normale peristalsi) e contratto. I meccanismi che possono spiegare l’incremento del tono (contrattura) della parete del segmento agangliare sono: l’incremento dell’attività eccitatoria colinergica; l’assenza della attività inibitoria adrenergica e l’incremento dell’attività inibitoria adrenergica. L’effetto fisiopatologico di questa situazione sarà una stenosi funzionale; con un arresto della progressione del contenuto colico legato alla mancanza della peristalsi e ristagno di materiale fecale a monte del segmento agangliare con progressiva dilatazione del colon. Il quadro clinico che si viene a configurare è quello di una occlusione intestinale (Fig. 68.29) (Tabella I ). 207 INTESTINO POSTERIORE Tab. I - Fisiopatologia della malattia di Hirschsprung ANOMALIA CONGENITA ASSENZA DEI PLESSI SOTTOMUCOSO E MIOENTERICO SEGMENTO COLICO AGANGLIARE RIDUZIONE DELLA MOTILITA’ CONTRATTURA INCONTROLLATA OCCLUSIONE INTESTINALE PARZIALE O TOTALE RISTAGNO DI MATERIALE FECALE A MONTE DILATAZIONE PROGRESSIVA DEL COLON “MEGACOLON” ENTEROCOLITE ESTENSIONE DELL’ AGANGLIA: da un punto di vista clinico possiamo differenziare tre gruppi di malattia di Hirschsprung basandoci sulla lunghezza del segmento agangliare. (Fig. 69.29) (Tabella II). 1. Forma classica di malattia di Hirschsprung (75% dei casi): l’aganglia può coinvolgere il retto, il retto-sigma o può raggiungere la flessura splenica, con dilatazione colica prossimale. 2. Forma “long segment”: interessa un tratto di colon esteso (10%), in cui viene interessato più della metà del colon. Questo gruppo include anche l’aganglia totale del colon (5%) e, a volte, parte dell’ileo terminale. 3. Forma corta o “ultra short” o acalasia anale: rara (10%), limitata distalmente agli ultimi 2 – 3 centimetri di retto, con marcata dilatazione rettale: la sua diagnosi è affidata alla manometria ano-rettale. SINTOMATOLOGIA: la malattia di Hirschsprung si manifesta, in genere, entro il primo anno di vita con un quadro clinico che già alla nascita è 208 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) Tab. II - Estensione anatomica dell’aganglia in una serie numerosa di pazienti con malattia di Hirschsprung (Kleinhaus-J. Pediatr. Surg. 1979) Sede % Retto-sigma 30 Sigma 44 Colon sinistro 11 Flessura splenica 4 Colon trasverso 2 Colon ascendente 1 Tutto il colon 8 Fig. 69.29 - Estensione dell’aganglia A. Forma corta o “ultra shot” (10%) A B C D E A. B. C. D. E. Forma classica (75%) G F F. G. Forma “long segment” (15%) 209 INTESTINO POSTERIORE Tab. III - Età alla diagnosi della malattia di Hirschsprung 0 – 1 mese 8 – 41% 1 mese – 1 anno 35 – 53% > 1 anno 25 – 39% molto suggestivo; l’età media alla diagnosi è di 10 mesi; nel 5% dei casi la diagnosi viene formulata all’età di cinque anni. In alcuni casi l’agangliosi è riconosciuta nell’età adulta. (Tabella III) A. MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG NEL NEONATO: il quadro clinico è chiaramente di tipo occlusivo con ritardo nell’emissione di meconio superiore alle 24 ore (in oltre il 90% dei casi l’eliminazione avviene solo dopo stimolazione rettale o clistere) e distensione addominale (80% dei casi) associata a vomito biliare (Tabella IV). Tab. IV - Sintomatologia della malattia di Hirschsprung nel neonato Distensione addominale 65% Vomito 58% No meconio 24 ore 58% No meconio 48 ore 42% Nel periodo neonatale la malattia di Hirschsprung può complicarsi con l’enterocolite, per necrosi ischemica della mucosa intestinale sopra il tratto agangliare. L’addome si distende improvvisamente, vomito abbondante ed emissione a spruzzo di feci liquide, striate di sangue e maleodoranti. Il neonato presenta segni di sepsi con febbre e stato di shock (Tabella V). 210 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) Tab. V - Enterocolite associata a malattia di Hirschsprung: sintomatologia Distensione addominale 99% Diarrea esplosiva 82% Vomito 61% Febbre 40% Letargia 32% Shock 6% L’enterocolite evolve ,se non trattata, verso la pneumatosi intestinale, gli ascessi pericolici e la perforazione. Questa complicanza rappresenta la causa più importante di decesso nel neonato affetto da malattia di Hirschsprung. Una precoce diagnosi di agangliosi permette di ridurre la mortalità dell’enterocolite neonatale, che risulta essere intorno al 30% dei casi. DIAGNOSI DIFFERENZIALE E STRUMENTALE: il morbo di Hirschsprung nel neonato deve essere differenziato dalle altre cause di occlusione neonatale con ritardata emissione di meconio. (Tabella VI) L’ileo da meconio può essere escluso con una Rx clisma con contrasto idro-solubile; esso evidenzia un microcolon da non uso e la fine “smerigliatura” (segno di Neuhauser) nei quadranti inferiori dell’addome. Nei Tab. VI - Occlusione “intestinale distale”: diagnosi differenziale nel neonato Enterocolite necrotizzante Malattia di Hirschsprung Malrotazione intestinale Atresia intestinale Malformazione ano-rettale Ileo da meconio Sindrome da “tappo da meconio” Sindrome del colon sinistro piccolo 211 INTESTINO POSTERIORE Tab. VII - Sintomatologia della malattia di Hirschsprung nel lattante Anamnesi remota di ritardata emissione di meconio Stipsi grave (evacuazione solo dopo stimolazione) Crisi sub occlusive – occlusive pazienti con la sindrome da tappo “plug” di meconio, il clisma sarà diagnostico e curativo. L’emissione del tappo di meconio porta ad una risoluzione del quadro clinico occlusivo. Nella sindrome del colon sinistro piccolo, “small left colon syndrome” il clisma evidenzia un colon sinistro di calibro ristretto, arrotondato, liscio ,con dilatazione prossimale. Il colon sinistro presenta una attività peristaltica normale, si chiama anche “ostruzione funzionale transitoria del neonato”; esso colpisce figli di madri diabetiche e regredisce in genere entro il primo mese di vita. Il trattamento è conservativo. Malrotazione intestinale con volvolo: essa può essere esclusa con una Rx digerente. AGANGLIA COLICA TOTALE: rappresenta una forma particolare che si manife- sta con la comparsa di vomito persistente; la distensione addominale non è sempre presente anche se vi sono evacuazioni di feci in scarsa quantità. È un quadro clinico difficile da diagnosticare, perché radiologicamente non si vede il classico megacolon con il “cono di transizione”. Si associa spesso un megaileo, perché l’aganglia può interessare anche l’ileo terminale. B. MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG NEL LATTANTE: se la malattia non viene diagnosticata alla nascita, ma nei mesi successivi per la presenza di una forma di agangliosi non particolarmente severa, il piccolo paziente avrà una stipsi grave (con anamnesi remota di ritardata eliminazione di meconio) . Il quadro clinico può evolvere in ripetute crisi di occlusione o sub occlusione, associate a distensione addominale, vomito e stato di disidratazione. Questi episodi possono regredire spontaneamente o mediante clisteri. All’esame clinico sarà presente ristagno fecale con ampolla rettale vuota all’esplorazione digitale (Tabella VII). C. MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG NEL BAMBINO PIÙ GRANDE (2° INFANZIA): usualmente questi bambini presentano una stipsi cronica (molto marcata) 212 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) Tab. VIII - Sintomatologia della malattia di Hirschsprung nella seconda infanzia Stipsi cronica marcata Addome disteso (fecaloma palpabile – ampolla rettale vuota) Ritardo della crescita dalla nascita, con un ritmo defecatorio spontaneo o con clismi evacuativi a prevalenza settimanale o ancora maggiore. All’esame obiettivo presentano un addome marcatamente disteso e segni di alterato accrescimento (ipotonia ed ipotrofia delle masse muscolari del tronco e degli arti). Alla palpazione dell’addome si rileva un fecaloma sigmoideo ed all’esplorazione rettale, il retto è vuoto di feci(Tabella VIII). La diagnosi differenziale deve essere fatta con le forme di stipsi cronica (non su base neurogenica). In quest’ultima situazione la storia clinica di stipsi non è mai precoce, difficilmente prima dei 6 – 12 mesi, al contrario dei bambini affetti dalla malattia di Hirschsprung che hanno sviluppato sintomi, nel 90% dei casi, entro i primi tre mesi di vita. Questi bambini hanno alla palpazione un addome relativamente piatto modestamente disteso; all’ispezione del perineo è visibile materiale fecale (encopresi) ed alla esplorazione l’ampolla risulta occupata da un fecaloma; l’Rx clisma può mostrare una dilatazione del retto (megaretto). La manometria ano-rettale permette una diagnosi differenziale tra un megaretto di tipo funzionale ed una malattia di Hirschsprung a segmento “ultra corto”. Sia nelle forme di megaretto funzionale, sia nelle forme di alterata innervazione dello sfintere interno anale (Hirschsprung a segmento ultra corto definito anche acalasia dello sfintere rettale), in cui è presente un ipertono e/o mancato rilasciamento del muscolo sfintere interno, con assenza del riflesso retto-anale, il trattamento è basato unicamente alla risoluzione di questo problema mediante una divulsione anale o un “endorectal pull-through” per la sola via trans-anale sec. De La Torre-Mondragon (1998). Displasie neuronali intestinali: rappresentano delle forme attenuate della malattia di Hirschsprung (pseudo Hirschsprung) con sintomi clinici simili al morbo di Hirschsprung (transito colico rallentato, stipsi cronica), 213 INTESTINO POSTERIORE ma in assenza di aganglia dei plessi intramurali. Le alterazioni anatomopatologiche localizzate o generalizzate sono rappresentate essenzialmente da iperplasia del plesso sottomucoso e mioenterico con presenza di gangli giganti; presenza di gangli ectopici nel contesto della muscolaris mucosae o della lamina propria della mucosa; aumento della attività acetilcolinesterasica in assenza di aganglia; aplasia o ipoplasia dell’innervazione simpatica nel segmento intestinale displasico. Da un punto di vista clinico la displasia neuronale intestinale diventa malattia conclamata entro l’anno di età e si distinguono due quadri clinici principali: la displasia tipo A ,a prognosi severa, caratterizzata da una situazione occlusiva intestinale da ipoperistalsi colica (talora estesa anche all’intestino tenue) associata ad episodi di diarrea muco-sanguinolenta; la displasia tipo B, nettamente più frequente della precedente, con una sintomatologia simile alla malattia di Hirschsprung,causata forse da un ritardato processo di maturazione delle strutture nervose intramurali Alla nascita è presente una ritardata eliminazione di meconio. Sono stati descritti numerosi casi clinici di associazione tra displasia neuronale segmentale prossimale e malattia di Hirschsprung sia nella forma classica (retto-sigmoidea) che ultralunga. In questi casi un segmento giganto-gangliare (displasia intestinale neuronale) si trova a monte del tratto agangliare (malattia di Hirschsprung). In queste situazioni particolari il colon deve essere resecato nella zona sana,non più giganto-gangliare. DIAGNOSI 1. Rx diretta dell’addome: nel neonato il quadro è quello di una occlusione intestinale distale, con anse dilatate e livellate. Il colon è disteso ed è assente aria nel retto (proiezione latero-laterale). La presenza di aria libera in cavità addominale è espressione di perforazione. 2. Rx clisma opaco: l’esame, eseguito con bario diluito con acqua, mostra il tratto agangliare ristretto con la dilatazione del colon a monte (si evidenzia la classica zona di transizione tra il colon dilatato e quello coartato). I radiogrammi tardivi, eseguiti dopo 24 ore dall’esame, evidenziano una ritenzione di bario nel tratto di colon dilatato. Nei neonati, il clisma opaco è diagnostico nell’80% dei casi:infatti nelle prime tre settimane di vita la dilatazione del colon può non essere tale da distinguersi dal tratto agangliare, in questo periodo anche la dimostrazione della zona di transizione e del segmento retto-sigmoideo coartato può essere difficile. Nei pazienti con malattia di Hirschsprung con aganglia totale del colon, il clisma può non essere diagnostico;il diametro del colon è normale nella maggior parte dei casi, seb214 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) bene occasionalmente il calibro possa essere ridotto. Il colon può sembrare accorciato e con la flessura splenica depressa.Nel 30-40% dei casi è presente reflusso di bario nell’ileo. 3. Manometria ano-rettale: l’indagine è basata sulla presenza di una alterazione del riflesso inibitore retto-anale nei pazienti con aganglionosi. Nel colon normale la distensione dell’ampolla rettale determina un rilasciamento dello sfintere interno, con decremento della pressione nel canale anale. L’evidenziazione manometrica di questo rilasciamento riflesso, quando un palloncino viene gonfiato a livello dell’ampolla rettale, viene considerata la prova della presenza dei gangli nelle porzioni più caudali del retto terminale e fa escludere la malattia di Hirschsprung. La manometria ano-rettale offre una accuratezza diagnostica intorno al 90% dei casi; nei bambini prematuri o nei neonati nei primi 10-20 giorni di vita, il riflesso inibitore retto-anale può non essere ancora presente, perché la maturazione delle cellule gangliari può richiedere alcuni mesi. 4. Biopsia rettale: la dimostrazione istologica dell’assenza dei gangli nella sottomucosa (Meissner) e nello strato muscolare (Auerbach) e della presenza di fibre nervose ipertrofiche permettono una diagnosi di certezza di malattia di Hirschsprung. La biopsia deve essere eseguita sulla parete posteriore del retto a circa 1,5 cm – 3 cm sopra la linea pettinata, perché sotto questo livello è presente una normale ipo-agangliosi. Essa deve essere a tutto spessore per lo studio degli strati superficiali del colon. La biopsia transanale può essere di difficile lettura e può associarsi a complicanze come sanguinamenti o perforazioni. La biopsia descritta da Swenson richiede una anestesia generale con sutura nella zona del prelievo bioptico. La biopsia rettale classica a scopo diagnostico a tutto spessore è stata sostituita con la biopsia rettale per suzione secondo la tecnica di Noblett. La dimostrazione dell’incremento dell’attività acetilcolinesterasica mediante tecniche istochimiche ha portato ad una correttezza diagnostica della malattia di Hirschsprung nel 99% dei casi. L’innervazione colinergica, infatti, è incrementata nella malattia di Hirschsprung. Nei pazienti con un classico quadro clinico di malattia di Hirschsprung e radiografico, le biopsie rettali possono non essere praticate in fase pre-operatoria ed eseguite solamente in fase intra-operatoria. TERAPIA: il trattamento chirurgico ha lo scopo di eliminare il tratto di colon agangliare ed anastomizzare il tratto di sovrastante colon, normalmente innervato, al retto distale al fine di ottenere una soddisfacente funzione defecatoria. Alla nascita è prioritaria la risoluzione della sindrome occlusiva. Nel neonato una volta sospettata la diagnosi di malattia di Hir215 INTESTINO POSTERIORE Tab. IX - Malattia di Hirschsprung MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG COLOSTOMIA IRRIGAZIONI RETTALI CHIRURGIA DEFINITIVA CHIRURGIA DEFINITIVA schsprung vengono iniziate delle irrigazioni rettali o “nursing” attraverso un catetere di tipo Foley (14-20 ch) con 100-300 ml di soluzione fisiologica, due o tre volte al giorno. Tale procedura, inizialmente eseguita in ambiente ospedaliero, viene poi proseguita domiciliarmente. In tal modo riusciamo a svuotare l’intestino se l’agangliosi non supera in lunghezza la flessura colica splenica; nei casi più estesi può non essere efficace e occorre optare per una colonstomia decompressiva, confezionata nel tratto di colon normalmente innervato. L’impiego della colonstomia è quindi limitato a casi particolari come nella malattia di Hirschsprung con aganglia totale. In letteratura sono riportati casi di severe enterocoliti o perforazioni iatrogene che hanno richiesto una ileostomia in urgenza in pazienti con malattia di Hirschsprung a tutto il colon trattati con irrigazioni rettali. Il rischio di enterocolite (10%) rimane anche nei pazienti sottoposti a colonstomia, prima del definitivo “pull-through”, (Tabella IX). L’epoca dell’intervento definitivo nel paziente con malattia di Hirschsprung diagnosticata in epoca neonatale è tra i due e quattro mesi di vita.Essa dipende dalle condizioni nutrizionali (peso maggiore di quattro chilogrammi) e dall’efficacia dell’ irrigazione rettale. Le tecniche chirurgiche più comunemente eseguite nel trattamento definitivo della malattia di Hirschsprung sono la Swenson, la Duhamel e la Soave. Recentemente questa viene eseguita, nella forma “short”, per la sola via transanale sec. De La Torre-Mondragon (1995) e, nella forma classica e in quella più estesa, con la tecnica videolaparoscopica-perineale sec. Georgeson (1995). Descriveremo in questo capitolo solamente le tecniche più moderne ultimamente citate. 216 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) INTERVENTO DI SOAVE: consiste in una mucosectomia trans-addominale del sigma distale e del retto con “endorectal pull-through” “asettico”, anastomosi colon-anale spontanea e resezione differita del cilindro mucoso-colon-rettale abbassato ed esteriorizzato fuori dal perineo. Dopo una divulsione anale forzata, il paziente viene posizionato supino con gli arti inferiori liberi e le natiche all’estremità del tavolo operatorio. Si esegue una laparotomia para-mediana (para-rettale sinistra); si mobilizza il colon fino alla flessura sinistra sezionando e legando solamente i vasi sigmoidei medi, mantenendo l’arteria mesenterica inferiore e l’emorroidariea superiorie. Successivamente si esegue una mucosectomia (separazione dello strato siero-muscolare dalla mucosa retto-sigmoidea). La manovra viene facilitata iniettando una soluzione di idrocloruro di procaina allo 0,5% o soluzione fisiologica fra gli strati muscolari dell’intestino a circa 8-10 cm sopra la riflessione peritoneale del pavimento pelvico. Dopo una sezione longitudinale della parete anteriore il cilindro sieromuscolare viene progressivamente scollato dal cilindro mucoso, prima lateralmente, poi posteriormente; la dissezione continua fino a circa 1,5-2 cm dalla giunzione muco-cutanea anale. L’esplorazione digitale del canale anale e del cilindro può aiutare a verificare la profondità della dissezione. Una sonda viene introdotta nel cilindro mucoso e viene ancorata a questo; essa facilita l’esteriorizzazione del colon agangliare (pull-through). Si esegue una incisione circolare sulla superficie mucosa invaginata attraverso la quale, continuando la trazione, si estrae il colon normo-gangliare che, una volta esteriorizzato, viene resecato (lasciando un moncone di 5-6-cm fuori dall’ano) e fissato con punti di sutura alla mucosa rettale eversa. La parete del colon (strato sieromuscolare) viene fissata con alcuni punti di ancoraggio alla mucosa rettale eversa. Il moncone esteriorizzato viene resecato in 10° 12° giornata post-operatoria (Fig. 70.29). TECNICA LAPAROSCOPICA “SECONDO GEORGESON”: nelle fasi pre- paratorie dell’intervento si esegue una divulsione anale e, tramite una sonda, si praticano ripetuti lavaggi endorettali per evacuare ulteriormente il colon da feci e gas. L’operatore è posto sul lato destro del paziente, l’aiuto dalla parte opposta; il bambino in posizione supina. Il laparoscopio (10 mm) è inserito con tecnica open transombelicale. La cavità addominale viene insufflata con anidride carbonica. Altri tre trocars, 5 mm, sono inseriti a livello del quadrante inferiore destro e sinistro dell’addome. La dissezione del colon viene eseguita con l’ausilio dell’ultracision, strumento ad ultrasuoni che permette l’emostasi ed il taglio mediante un effetto meccanico, previa esecuzione di biopsie multiple a tutto spessore per verificare il livello della agangliosi. Il colon viene mobilizzato fino all’angolo sinistro con sezione e lega217 INTESTINO POSTERIORE Fig. 70.29 - Megacolon congenito agangliare: tecnica di Soave (laparotomica) Muscolare Mucosa Muscolare Mucosa A B Muscolare Mucosa D C A. Separazione della muscolare dalla mucosa B. C. Sequenza della mucosectomia completa D.-E. Evaginazione del colon normalmente innervato (pull-through) Colon normale E Mucosa tura dei vasi mesenterici. Il tempo perineale consiste nell’esecuzione della mucosectomia (essa viene iniziata incidendo la mucosa a circa un centimetro sopra la linea pettinata) scollando il cilindro mucoso ano-rettale dal cilindro siero-muscolare; una volta giunti a livello della riflessione peritoneale si seziona la cuffia muscolare del retto; si abbassa il colon transana218 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) Fig. 71.29 - Tecnica di Soave, laparoscopica sec. Georgenson Posizionamento dei trocars Disposizione in sala operatoria Anestesista Aiuto Operatore 1 4 2 3 Ferrista A le e si reseca la zona agangliare. La mucosa del colon gangliare viene suturata alla mucosa dell’ano con punti staccati. (Figg. 71.29, 72.29). 219 INTESTINO POSTERIORE Fig. 72.29 - Sequenza dell’endorectal pull-through con la tecnica laparoscopica di Georgeson A C B D E F G H 220 CAPITOLO XXIX MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG) Fig. 73.29 - Endorectal pull-through per via transanale sec. De La Torre-Mondragon TECNICA DI DE LA TORRE-MONDRAGON Si svolge tutta per la via transanale sopracitata, che comprende sia la mucosectomia, sia la sezione della “cuffia” e sia la legatura di alcuni vasi marginali ed infine il pull-through: è riservata alle forme “short segment” (Fig. 73.29). 221 LETTURE CONSIGLIATE 223 LETTURE CONSIGLIATE ASHCRAFT K. W. Atlas of Pediatric Surgery. W.B. Saunders Co. 1994 BAX N.M.A., GEORGESON K.E.,NAJMALDIN A, VALLA’ J.S., Endoscopic Surgery in Children. Ed. Springer-Verlag 2000 CATALIOTTI F. Chirurgia Pediatrica. Ed. Piccin, Padova, 1999 DE LA TORRE-MONDRAGON L, ORTEGA-SALGADO J.A. Transanal Endorectal Pull-Trough for Hirschsprung’s Disease. 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Saunders Co. 1998 225 INTESTINO POSTERIORE MASTROIACOVO P., DALLAPICCOLA B., ANDRIA G., CAMERA G., LUNGAROTTI M.S. Difetti Congeniti e Sindromi Malformative. Mc-Graw-Hill Libri Italia srl, 1990 NELSON W., BEHRMAN R.E., KLIEGMAN R.M., ARVIN A.M. Textbook of Pediatrics. W.B. Saunders Co., 1996 O’NEILL J.A., ROWE M.I., GROSFELD J.L., FONKALSRUD E.W., CORAN A.G. Pediatric Surgery, Ed. Mosby, 1998 OTTOLENGHI A. Chirurgia Pediatrica. Bi_Gi Ed., Verona, 1994 PURI P. Newborn Surgery. Ed. Butterworth Heinemann, 1996 ROWE M.I., O’NEILL J.A., GROSFELD J.L., FONKALSRUD E.W., CORAN A.G. Essentials of Pediatric Surgery, Ed. Mosby, 1995 SCHWEIZER P., SCHIER F. Hepatobiliary Surgery in Childhood. Ed. Schattauer, 1991 SKANDALAKIS J.E., GRAY S.W. Embryology for Surgeons. The embryological basis for the treatment of Congenital Anomalies. Ed. William e Wilkins 1994 SODERSTROM R.M.. Operative Laparoscopy. Lippincott-Raven Publishers, 1998 SPITZ L., CORAN A.G. Pediatric Surgery. Ed. 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