Chirurgia Neonatale delle Malformazioni dell`intestino primitivo di

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Chirurgia Neonatale delle Malformazioni dell`intestino primitivo di
CHIRURGIA NEONATALE
DELLE MALFORMAZIONI
DELL’INTESTINO PRIMITIVO
DI MAGGIORE INCIDENZA
Dello stesso Editore
BAILEY - Semeiotica chirurgica. I segni fisici nella clinica chirurgica
BASMAJIAN - Riabilitazione medica
BAZAN - Le suturatrici meccaniche in chirurgia
CANUTO/TOVO - Medicina legale e delle assicurazioni
CATALIOTTI - Elementi di chirurgia pediatrica
CEVESE/CHIAPPETTA - Patologia iatrogena del paziente chirurgico
CHIARANDA - Guida illustrata delle emergenze
COLOMBRARO - Pediatria per i CDU
DADDI/PASARGIKLIAN/ALLEGRA/MANCINI - Trattato di pneumologia
DE NEGRI - Manuale di neuropsichiatria infantile
DEL GAUDIO - Anatomia chirurgica e corso di operazioni
DODI - Colon-proctologia ambulatoriale. Trattato per i chirurghi, gastroenterologi e medici pratici
DOMINI - L’ipertensione portale dell’infanzia
DOMINI - Chirurgia delle ernie diaframmatiche e del reflusso gastroesofageo
DOMINI-LIMA - Chirurgia delle malformazioni digestive
DOMINI/DE CASTRO- Chirurgia delle malformazioni urinarie e genitali
DOMINI/BELBUSTI/LIMA/SIGNORETTI/JASONNI - Argomenti di andrologia chirurgica pediatrica
DOMINI/MICCOLI/SPINELLI/FEDERICI - Endocrinopatie pediatriche
d’interesse chirurgico
FEGIZ - Il cancro del retto
FEGIZ/MARRANO/RUBERTI - Manuale di chirurgia generale
FORFAR/ARNEIL - Trattato di pediatria
FRADA’ - Semeiotica medica nell’adulto e nell’anziano
FRANCHINI/CALZOLARI - L’educazione alimentare nell’età evolutiva
GAVELLI/LENTINI - Guida alla diagnostica per immagini con le tecniche computerizzate
GOGLIA - Embriologia umana
GREESPAN - Endocrinologia clinica
HENRY - Le vie d’accesso allargabili
HESS - Le malattie delle vie biliari e del pancreas
KATZUNG - Farmacologia generale clinica
KEIGHLEY/WILLIAMS - Chirurgia di ano-retto e colon
MACCABRUNI/ CASELLI - l’AIDS pediatrico
MAINGOT - Chirurgia addominale
MAZZEO/FORESTIERI - Trattato di chirurgia oncologica
MAZZUCCATO - Anatomia radiologica, tecnica e metodologia propedeutiche alla diagnostica mediante immagini
McBRYDE - Segni e sintomi
OTTOLENGHI - Urologia pediatrica
VAUGHAN - Atlante di urologia pediatrica
CLAUDIO SPINELLI
Chirurgia Generale II - Dipartimento di Chirurgia
Università degli Studi di Pisa
CHIRURGIA NEONATALE
DELLE MALFORMAZIONI
DELL’INTESTINO PRIMITIVO
DI MAGGIORE INCIDENZA
Presentazione dei Professori
PAOLO MICCOLI
Ordinario di Chirurgia Generale
Direttore Chirurgia Generale II
Università degli Studi di Pisa
REMIGIO DÒMINI
Ordinario di Chirurgia Pediatrica
Direttore Scuola di Specializzazione in Chirurgia Pediatrica
Università degli Studi di Bologna
PICCIN
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo
(compresi fotocopie e microfilms)
senza il permesso scritto dell’Editore
ISBN 88-299-1626-9
Stampato in Italia
© 2001 by Piccin Nuova Libraria, S.p.A. - Padova
INDICE GENERALE
Presentazione del Prof. P. Miccoli
7
Presentazione del Prof. R. Dòmini
9
Prefazione dell’autore
11
PARTE I: INTESTINO PRIMITIVO
I.
Embriologia e classificazioni dell’intestino primitivo
15
PARTE II: INTESTINO ANTERIORE (FOREGUT)
29
III.
IV.
V.
POLMONE
Embriologia del diverticolo respiratorio
ed anomalie congenite
Malformazione adenomatosa cistica congenita
Cisti broncogena
Sequestrazione polmonare
VI.
VII.
VIII.
ESOFAGO
Esofago: embriologia ed anomalie congenite
Atresia esofagea
Fistola tracheo-esofageo isolata ad “H”
45
47
51
67
IX.
X.
XI.
XII.
STOMACO
Stomaco: embriologia ed anomalie congenite
Atresia antro-prepilorica
Atresia pilorica
Stenosi ipertrofica del piloro
69
71
75
77
79
XIII.
XIV.
XV.
VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
83
Embriologia del diverticolo epatico ed anomalie congenite 85
Atresia delle vie biliari extraepatiche
89
Dilatazione cistica del coledoco
97
II.
5
31
35
39
41
INDICE
XVI.
XVII.
XVIII.
XIX.
PANCREAS
Embriologia del pancreas ed anomalie congenite
Pancreas anulare
Fibrosi cistica (Ileo da meconio)
Iperplasia pancreatica (Nesidioblastosi neonatale)
101
103
107
111
117
PARTE III: INTESTINO MEDIO (MIDGUT)
XX.
XXI.
XXII.
XXIII.
XXIV.
XXV.
TENUE-COLON DESTRO
Embriologia dell’intestino medio ed anomalie congenite
Atresia e stenosi duodenale
Atresia digiunale ed ileale
Anomalie di rotazione e di fissazione dell’intestino medio
(Malrotazioni intestinali)
Duplicazioni dell’intestino medio
Patologia del dotto onfalo-enterico
125
127
131
137
145
153
159
PARTE IV: INTESTINO POSTERIORE (HINDGUT)
COLON-RETTO
XXVI.
Embriologia dell’intestino posteriore ed anomalie
congenite
XXVII. Atresia del colon
XXVIII. Malformazioni ano-rettali
XXIX.
Megacolon agangliare congenito (Malattia
di Hirschsprung)
171
Letture consigliate
223
6
173
177
181
205
PRESENTAZIONE
Una monografia delle malformazioni di interesse chirurgico a partenza dall’intestino primitivo giunge nel panorama editoriale medico in modo opportuno. Questo volume infatti, che si indirizza a studenti e specializzandi, consente a questi di utilizzare un itinerario culturale ed intellettuale uniforme per tutta la patologia congenita del tubo digerente e
dell’apparato respiratorio. Tale itinerario è svolto secondo i più moderni
indirizzi embriologici e le diverse patologie sono tracciate con estrema
chiarezza didattica, senza per questo rinunciare ad approfondimenti culturali agili ma rigorosi.
Un’opera, questa di Claudio Spinelli, alla quale non sembra arduo
pronosticare un ampio successo presso un vasto pubblico che certamente
apprezzerà anche l’accurata iconografia e l’estrema facilità di consultazione.
Prof. Paolo Miccoli
Ordinario di Chirurgia Generale
Direttore: Chirurgia Generale II
Università degli Studi di Pisa
20 giugno 2001
7
PRESENTAZIONE
Quando voglio saggiare l’effettiva preparazione di uno Studente gli
chiedo quali sono le malformazioni viscerali - fatte oggetto di chirurgia
neonatale - attribuibili ad errori di sviluppo delle tre componenti dell’intestino primitivo.
Nella maggioranza dei casi l’esaminato si trova in grossa difficoltà e
spesso fa “scena muta”.
Eppure egli sa ben rispondere sull’aspetto diagnostico, clinico e terapeutico, di quelle patologie congenite; ma manca di precise conoscenze
sui loro raccordi con le varie tappe dell’organogenesi, forse perchè, a lezione, nè l’Embriologo ha pensato di sviluppare le devianze malformative
del disco germinale trilaminare, nè il Chirurgo pediatrico ha mai cercato
d’inquadrare le principali anomalie dell’apparato intestinale, bilio-pancreatico e broncopolmonare, in riferimento alla loro comune origine dal
foglietto germinativo endodermico. Con ciò creando mancanza di comprensione di alcuni aspetti patogenetici quali, ad esempio, la possibile
coesistenza di associazioni malformative fra apparati che, pur così distinti e distanti dal punto di vista anatomico, in realtà, sotto quello embriologico, non lo sono affatto: perchè sono tutti originari dall’intestino primitivo.
Ricordo che Claudio Spinelli aveva avvertito il bisogno di colmare
questa lacuna - riportando lo spettro delle principali anomalie congenite
viscerali alla loro origine dall’intestino primitivo - fin da quando frequentava le lezioni sulla chirurgia neonatale, in qualità di Specializzando in
Chirurgia pediatrica, in Bologna, negli anni ’80. E so anche - per i rapporti clinici e scientifici che poi ha conservato col nostro Istituto - che
questa necessità di chiarezza si è fatta in lui più immanente quando al crescente personale cimento operativo nella Disciplina si sono aggiunti carici
didattici in materie chirurgiche e pediatriche presso l’Università di Pisa.
Penso che per Claudio Spinelli la stesura di queste pagine sia costata
poca fatica, trattandosi di una “messa a punto” voluta, innanzitutto, per sè
stesso: e quindi fatta con tutto il piacere che proviene da un arricchimento
culturale.
Di questo elaborato io apprezzo l’originalità, per i motivi prima espo9
INTESTINO PRIMITIVO
sti; ed anche la valenza didattica, per l’essenzialità e la qualità del contenuto e per l’ideazione, personalizzata e semplice, dei disegni che corredano il testo.
L’opera è un utile rudimento per lo Studente e lo Specializzando in
Pediatria (medica e chirurgica); è una piattaforma sulla quale potrà posarsi
chi abbia bisogno di un inquadramento generale di queste patologie e dalla quale potrà partire chi voglia entrare nello specifico, attingendo all’elenco di recenti e selezionati riferimenti bibliografici internazionali, consultati dall’Autore e quindi proposti come “Letture consigliate”.
Spero che questa Monografia “chirurgica”, così diversa da tante altre
in questo campo - e già a partire dal titolo, volutamente riferito alla sola
matrice embriologica, col rischio di risultare poco “allettante” per il clinico e il professionista - possa godere del rispetto che meritano quelle attività editoriali che, più che il profitto, cercano un Lettore giovane, “curioso”, col quale entrare in sintonia.
Prof. Remigio Dòmini
Ordinario di Chirurgia Pediatrica
nell’Università degli Studi di Bologna
Direttore della Scuola di Specializzazione
in Chirurgia Pediatrica
Bologna, 10 luglio 2001
10
PREFAZIONE
Questa monografia dedicata alle malformazioni congenite a partenza
dall’intestino primitivo, si propone di essere un compendio utile per i
colleghi specialisti e specializzandi, in particolare per gli inscritti alle
Scuole di Chirurgia Generale e Chirurgia Pediatrica ma anche per coloro
che frequentano branche pediatriche non chirurgiche, che si trovano, nella
loro pratica quotidiana, a contatto con piccoli pazienti affetti da anomalie
del tratto digestivo di interesse chirurgico.
La conoscenza delle complesse malformazioni dell’intestino primitivo
e delle interessanti correlazioni cliniche - embriologiche può rappresentare inoltre un arricchimento culturale per gli studenti del Corso di laurea in
Medicina e Chirurgia. L’opera rappresenta una selezione delle più comuni
malformazioni congenite del tubo digerente. Il suo piano si compone di
quattro parti: la prima comprende lo sviluppo dell’intestino primitivo e la
sua classificazione; le altre comprendono l’intestino anteriore, che si
estende dal diverticolo respiratorio all’abbozzo epatico, e dà origine alla
trachea, ai bronchi, ai polmoni, all’esofago, allo stomaco, alla porzione
duodenale prossimale alla papilla di Vater ed al sistema biliare,fegato,pancreas;l’intestino medio forma l’ansa intestinale primitiva che dà origine alla porzione del duodeno sotto la papilla, alle anse digiunali, ileali ed al colon fino alla giunzione dei due terzi prossimali con il terzo distale del colon trasverso; l’intestino posteriore dà origine al tratto che si estende dal
terzo distale del colon trasverso alla porzione superiore del canale anale.
A partire dallo sviluppo embriologico di ciascuna porzione dell’intestino primitivo,viene trattata la principale rispettiva malformazione.
Ogni argomento viene suddiviso, didatticamente, da un punto di vista
epidemiologico, anatomo-patologico, clinico, diagnostico e terapeutico. Le
tecniche chirurgiche sono accuratamente descritte e particolare attenzione
è rivolta anche agli attuali approcci laparoscopici. Tutti i capitoli sono arricchiti, per semplificare i concetti più complessi, da tabelle e da numerosi
disegni schematici.
11
INTESTINO PRIMITIVO
–
–
–
–
–
Un ringraziamento particolare viene da me riservato:
alla Prof.ssa Maria Grieco, dell’Istituto di Embriologia ed Anatomia
Umana Normale dell’Università di Pisa, per la consulenza sui vari
aspetti dell’embriogenesi.
al Dott. Paolo Signoretti per la sua preziosa attività redazionale nella
preparazione del volume.
alla Dott.ssa Alessia Bertocchini che con dedizione e pazienza ha affrontato la redazione del manoscritto.
alla Sign.ra Elvira Colognoli che si è prodigata collaborando alla ideazione dei disegni.
alla Sign. Gloria Tracci per la consulenza editoriale
Claudio Spinelli
12
PARTE I
INTESTINO PRIMITIVO
CAPITOLO I
EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE
DELL’INTESTINO PRIMITIVO
Dalla 3° alla 8° settimana, di sviluppo, periodo embrionale o periodo
dell’organogenesi, ciascuno dei tre foglietti germinativi da origine a tessuti ed organi specifici. Come conseguenza dell’organogenesi, alla fine
dell’8° settimana, sono riconoscibili le principali caratteristiche della
conformazione corporea esterna. Il periodo che va dall’inizio del 3° mese
alla fine della vita intrauterina è definito periodo fetale. Esso è caratterizzato dalla maturazione dei tessuti e degli organi e dalla rapida crescita
corporea. Poche malformazioni si verificano in questo periodo, mentre il
periodo più critico, in cui si verificano i difetti strutturali maggiori, è quello che va dalla 3° alla 8° settimana.
La fase iniziale dello sviluppo è caratterizzato dalla segmentazione
della cellula uovo fecondata e dall’annidamento della blastocisti nella decidua; la cellula uovo si segmenta fino allo stadio di morula. Le cellule interne della morula costituiscono la massa cellulare interna che darà origine
ai tessuti dell’embrione, mentre le cellule che la circondano costituiscono
la massa cellulare esterna che concorrerà alla costituzione della placenta.
All’epoca in cui la morula entra nella cavità uterina, incomincia a penetrare del liquido attraverso il suo rivestimento (zona pellucida) negli
spazi intercellulari della massa cellulare interna, fino a formare un’unica
cavità, il blastocele. In questa fase l’embrione viene definito blastocisti.
Le cellule della massa cellulare interna sono localizzate ad un polo
(embrioblasto), mentre quelle della massa cellulare esterna, trofoblasti, diventano piatte e formano la parete epiteliale della blastocisti (trofoblasto)
(Fig. 1.1)
Durante il 7°- 8° giorno di sviluppo, nell’area sovrastante l’embrioblasto, il trofoblasto si differenzia in due strati: uno strato interno il citotrofoblasto ed una zona esterna sinciziotrofoblasto.
Contemporaneamente anche le cellule della massa cellulare interna o
embrioblasti si differenziano in 2 strati, uno strato ipoblastico adiacente
alla cavità della blastocisti ed uno strato epiblastico sovrastante che insieme costituiscono il disco germinale bilaminare. Nel contesto dell’epiblasto
15
INTESTINO PRIMITIVO
Fig. 1.1 - Blastocisti
Massa cellulare interna
o embrioblasto
Cavità blastocistica
Massa cellulare esterna
o trofoblasto
compare una piccola cavità, che si espande e diventa la cavità amniotica.
Dalle cellule dell’ipoblasto si forma una sottile membrana (di Heuser),
che riveste la cavità esocelomatica (sacco vitellino primitivo) (Fig. 2.1)
Nella 3° settimana di sviluppo si verifica il fenomeno della gastrulazione, che porta alla comparsa del disco germinale trilaminare, costituito
dai tre foglietti germinali dell’embrione: l’ectoderma, l’entoderma e il mesoderma. Le cellule dell’epiblasto proliferano lungo la linea primitiva e
migrano verso l’interno, con un movimento di invaginazione, tra l’epiblasto e l’ipoblasto.Alla fine di questo processo di gastrulazione le cellule
che rimangono nell’epiblasto formano l’ectoderma, quelle dell’ipoblasto
formano l’entoderma, mentre le altre che sono andate a disporsi tra i due
foglietti costituiscono il mesoderma.
Nelle fasi successive il disco embrionale si trasforma da una struttura
piatta in una struttura tridimensionale, grazie ad un processo di crescita e
di allungamento per una continua migrazione di cellule, che avviene in direzione anteriore, laterale e cranio caudale.
Il foglietto germinativo ectodermico va incontro ad un processo complesso che porta alla formazione della placca neurale, i cui margini laterali si sollevano a formare le pieghe neurali, mentre la regione mediana
infossata forma una doccia (doccia neurale).
Con l’avvicinamento e la fusione tra loro lungo la linea mediana delle
pieghe neurali si forma il tubo neurale.
16
CAPITOLO I
EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO
Fig. 2.1 - Sezione di una blastocisti
Sincizio trofoblasto
Citotrofoblasto
Cavità amniotica
Epiblasto
Ipoblasto
Cavità esocelomatica
(sacco vitellino primitivo)
Membrana di Heuser
Fino a quando la fusione non è completata, l’estremità cefalica e caudale del tubo neurale comunicano con la cavità amniotica tramite i neuropori rispettivamente craniale e caudale.
Con la chiusura dei neuropori il sistema nervoso centrale è rappresentato da una porzione centrale ristretta, il midollo spinale ed una porzione
cefalica più ampia, le vescicole encefaliche.
Alcune cellule della porzione laterale delle pieghe neurali si separano
dando origine ad una popolazione cellulare nota con il termine di cresta
neurale: esse per migrazione attiva daranno origine ad un gruppo eterogeneo di tessuti, che comprendono i neuroni sensitivi dei gangli spinali, i
neuroni post gangliari del sistema autonomo; i gangli dei nervi cranici V,
VII,VIII, IX e X; le cellule di Schwann; le meningi; i melanociti; la midollare della ghiandola surrenalica; paragangli; corpi aortici e le cellule
parafollicolari (cellule C )della tiroide.
Dall’ectoderma si svilupperanno gli epiteli neuronali dell’orecchio,
del naso e dell’occhio; inoltre esso darà origine all’epidermide, alle
ghiandole del sottocute, ai peli, alle unghie,alla ghiandola mammaria ed
all’ipofisi.
Il foglietto germinativo mesodermico (con le sue componenti: mesoderma parassiale, intermedio e laterale) forma i somitomeri che danno origine al mesenchima del capo e si organizza nei somiti, nei segmenti occipitali e caudali.I somiti danno origine ai miotomi (tessuto muscolare), agli
17
INTESTINO PRIMITIVO
sclerotomi (cartilagine ed osso) ed ai dermatomi (tessuto sottocutaneo)
che rappresentano insieme il tessuto di sostegno del corpo.
Dal mesoderma deriva anche il cuore, le arterie, le vene, i vasi linfatici e tutte le cellule ematiche e linfatiche.Inoltre esso da origine al sistema
urogenitale (reni, gonadi ed i loro dotti), alla milza, alla corticale del surrene,al pericardio,al peritoneo ed alla pleura.
Il foglietto germinativo entodermico forma il sistema digerente (l’epitelio di rivestimento ,le ghiandole intestinali,il fegato ,il pancreas);l’epitelio della tuba uditiva e cavità timpanica;la tiroide, la paratiroide,il timo e
l’epitelio delle vie respiratorie.
La formazione dell’intestino primitivo di tipo tubulare è un evento
passivo e consiste nell’invaginazione ed incorporazione parziale del sacco
vitellino, rivestito dall’endoderma.
La sua formazione dipende in gran parte dalle pieghe cefalo-caudale e
laterali dell’embrione.
Il processo d’incurvamento embrionale cefalo-caudale è causato dal
rapido allungamento del sistema nervoso centrale, mentre il ripiegamento
in senso trasversale o laterale è prodotto dalla formazione dei somiti che si
accrescono rapidamente.
Come risultato di questi movimenti di ripiegamento cefalo-caudale,
l’ampia comunicazione iniziale tra embrione e sacco vitellino si riduce fino a residuare un lungo e ristretto condotto rappresentato dal dotto vitellino o dotto onfalomesenterico che connette il sacco vitellino con l’intestino
primitivo.(Fig. 3.1) (Fig.4.1).Questo dotto inizialmente è ampio, ma con
l’ulteriore sviluppo dell’embrione si restringe e si allunga.
Nella specie umana il sacco vitellino è rudimentale ed ha un ruolo nutritivo solo negli stadi precoci di sviluppo, ma successivamente regredisce
e scompare.
Con l’evoluzione del processo di incurvamento cefalo-caudale, si viene a formare una lunga e più ampia cavità cilindrica rivestita dall’endoderma incorporata nell’embrione.
Nella porzione anteriore, l’entoderma forma l’intestino anteriore; nella
regione caudale forma l’intestino posteriore e nella parte intermedia, l’intestino medio.
L’intestino medio è in comunicazione mediante il dotto vitellino con il
sacco vitellino.
L’estremità cefalica dell’intestino anteriore è transitoriamente chiusa
da una membrana ectodermica-endodermica chiamata membrana buccofaringea.Essa si disgrega, perforandosi, alla fine della 3° settimana, stabilendo una comunicazione tra l’intestino primitivo e la cavità amniotica,
tramite lo stomodeo (apertura buccale primitiva di origine ectodermica).
L’estremità caudale dell’intestino posteriore (cloaca) termina transito18
CAPITOLO I
EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO
Fig. 3.1 - Ripiegamento cefalocaudale dell’embrione
5
1
2
3
4
7
5
1
2
3
4
5
6
7
8
6
8
6
-
Cavità ammiotica
Ectoderma
Endoderma
Cavità esocelomatica
(sacco vitellino primitivo)
- Intestino Ant.
- Intestino Post.
- Allantoide
- Intestino medio
riamente con una membrana ectodermica-endodermica denominata membrana cloacale;essa si forma all’estremità caudale del disco embrionale ed
è costituita solamente da cellule ectodermiche ed endodermiche (manca il
mesoderma). Essa si perfora alla 9° settimana mettendo in comunicazione
l’intestino posteriore con il proctodeo ,invaginazione dell’ectoderma.
Quando compare la membrana cloacale la parete posteriore del sacco
vitellino forma un piccolo diverticolo, il diverticolo allantoenterico o allantoide.
L’allantoide in alcuni vertebrati inferiori serve da serbatoio per i prodotti escreti dal sistema renale, nell’uomo rimane rudimentale, ma può essere coinvolto nella formazione di anomalie nello sviluppo della vescica
(fistola, cisti e seno uracale).
Durante lo sviluppo infatti l’allantoide è in continuazione con la vescica; successivamente il lume dell’allantoide si oblitera e si forma uno spes19
INTESTINO PRIMITIVO
Fig. 4.1 - Ripiegamento laterale dell’embrione
1
3
4
2
2
3
1
2
3
4
5
- Cavità amniotica
- Sacco vitellino
- Tubo neurale
- Intestino
- Cavità celomatica
intraembrionaria
4
5
so cordone fibroso, l’uraco che unisce l’apice della vescica con l’ombelico.Nell’adulto questo legamento è noto con il nome di legamento ombelicale medio.
La porzione distale dell’allantoide ed il dotto vitellino dalla 5° settimana si uniscono per dare origine insieme ai vasi ombelicali al cordone
ombelicale primitivo (Fig. 4.1).
Dall’intestino primitivo anteriore, che dalla membrana bucco-faringea
si estende verso il basso fino al diverticolo epatico o abbozzo epatico, deriva il faringe, l’esofago, la trachea, i polmoni, lo stomaco, il duodeno
(prima porzione e metà superiore della seconda), il coledoco, il fegato, il
sistema biliare e pancreas.
Dall’intestino primitivo medio, che inizia caudalmente all’abbozzo
epatico e che si estende sino al punto in cui, nell’adulto, si localizza la
20
CAPITOLO I
EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO
Fig. 5.1 - Sezione sagittale di embrione
Intestino anteriore
Diverticolo respiratorio
Stomaco
Stomodeo
Abbozzo epatico
Abbozzo pancreatico
Cordone ombelicale
Dotto vitellino
Intestino medio
(ansa intest. primitiva)
Allantoide (vescica)
Cloaca
Intestino posteriore
giunzione dei due terzi di destra con il terzo sinistro del colon trasverso,
deriva la metà inferiore della seconda porzione, la terza e la quarta porzione del duodeno, il digiuno, l’ileo, il cieco, l’appendice, il colon ascendente ed i primi due terzi del colon trasverso.
Dall’intestino posteriore, che si estende dal terzo sinistro del colon
trasverso fino alla membrana cloacale, deriva il terzo distale del colon trasverso, il colon discernente, il sigma, il retto e la parte superiore del canale anale (2/3 prossimali). (Tabella 1)
EMBRIOLOGIA DELLA CAVITÀ E DELLE PARETI ADDOMINALI
Alla fine della 3° settimana, il mesoderma intraembrionale si differenzia da ciascun lato della linea mediana in una porzione parassiale, in una
intermedia ed in una placca laterale. La posizione laterale si divide in due
strati: il mesoderma somatico ed il mesoderma splancico. Quest’ultimo
continua con il mesoderma nella parte del sacco vitellino. Lo spazio che si
21
INTESTINO PRIMITIVO
Tab. 1 - Intestino primitivo: classificazione
Anteriore (foregut)
Medio (midgut)
Posteriore (hindgut)
•
•
•
•
•
•
•
•
Faringe
Esofago
Stomaco
Duodeno (1° porzione)
Coledoco
Fegato
Sistema biliare
Pancreas
•
•
•
•
•
•
Duodeno (2° porzione)
Digiuno
Ileo
Cieco
Colon discendente
Colon trasverso (2/3 prossimali)
•
•
•
•
•
Colon trasverso (2/3 distale)
Colon discendente
Sigma
Retto
Canale anale (2/3 prossimali)
viene a delimitare tra lo strato somatico e splancnico costituisce il celoma
intraembrionale (cavità corporea).
Il celoma intraembrionale ed il celoma extraembrionale sono in comunicazione nelle fasi iniziali, ma successivamente con la fase dell’incurvamento cefalo-caudale e laterale, questa connessione si perde.In tal modo
viene a formarsi un’ampia cavità celomatica intraembrionale che si estende nel torace fino alla regione pelvica.
Un incompleto sviluppo della parete corporea determina difetti come
la fessurazione dello sterno, l’onfalocele e la gastroschisi.
Le cellule del mesoderma somatico danno origine al peritoneo parietale della cavità addominale pleurica e pericardica; quelle del mesoderma
splacnico danno origine al peritoneo viscerale che riveste gli organi addominali, i polmoni ed il cuore.
I foglietti parietali e viscerali proseguono uno nell’altro al livello del
mesentere dorsale che tiene sospeso il canale intestinale alla cavità peritoneale.
22
CAPITOLO I
EMBRIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE DELL’INTESTINO PRIMITIVO
Il mesentere dorsale, decorre senza interruzione dall’intestino anteriore al posteriore; mentre il mesentere ventrale esiste solo dall’estremità
caudale nell’intestino anteriore fino alla porzione inferiore del duodeno e
deriva da un assottigliamento del mesoderma del setto trasverso.
All’interno dei mesenteri decorrono i vasi ematici, linfatici, e nervi diretti agli organi.
23
PARTE II
INTESTINO ANTERIORE
(FOREGUT)
INTESTINO ANTERIORE
(FOREGUT)
Tipo B
(11%)
Tipo A
(83%)
Tipo C
(6%)
Tipo I
Tipo II
II.
III.
IV.
V.
Tipo III
POLMONE
Embriologia del diverticolo respiratorio ed anomalie congenite
Malformazione adenomatosa cistica congenita
Cisti broncogena
Sequestrazione polmonare
XI.
XII.
VIE BILIARI EXTRA EPATICHE
XIII. Embriologia del diverticolo epatico
XIV. Atresia delle vie biliari extraepatiche
XV. Dilatazione cistica del coledoco
ESOFAGO
VI. Embriologia dell’esofago ed anomalie congenite
VII. Atresia esofagea
VIII. Fistola tracheo-esofagea isolata, ad “H”
IX.
X.
Atresia pilorica
Stenosi ipertrofica del piloro
PANCREAS
XVI. Embriologia del pancreas ed anomalie congenite
XVII. Pancreas anulare
XVIII.Fibrosi cistica (Ileo da meconio )
XIX. Iperplasia pancreatica (Nesidioblastosi neonatale)
STOMACO
Embriologia dello stomaco ed anomalie congenite
Atresia antro-pre pilorica
27
POLMONE
EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO
RESPIRATORIO ED ANOMALIE CONGENITE
MALFORMAZIONE ADENOMATOSA
CISTICA CONGENITA
CISTI BRONCOGENA
SEQUESTRAZIONE POLMONARE
CAPITOLO II
EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO
RESPIRATORIO ED ANOMALIE CONGENITE
Nella quarta settimana di vita intrauterina, compare un’evaginazione a
livello della parete ventrale dell’intestino anteriore che rappresenta l’abbozzo polmonare o diverticolo respiratorio.
L’epitelio che riveste interamente il laringe, la trachea ed i bronchi è
completamente di origine endodermica,mentre le strutture cartilaginee e
muscolari della trachea e dei polmoni derivano dal mesoderma splancnico
che avvolge l’intestino anteriore. Lo sviluppo del diverticolo respiratorio
avviene grazie alla formazione di due pieghe laterali o creste esofago-tracheali che si fondono per formare un setto esofago tracheale che divide
l’intestino anteriore in una porzione dorsale, l’esofago, ed in una ventrale,
la trachea e gli abbozzi polmonari.(Fig. 6.2)
L’abbozzo respiratorio mantiene la sua comunicazione con il faringe
attraverso l’orifizio laringeo; da esso si forma la trachea e due estroflessioni laterali, gli abbozzi bronchiali. Questi ultimi si allargano progressivamente per formare i bronchi principali destro e sinistro.
Dal bronco destro originano tre bronchi secondari, mentre dal sinistro
due, con la successiva conformazione dei tre lobi polmonari destri e due a
sinistra.
La cavità celomatica viene gradatamente riempita dagli abbozzi polmonari in espansione che penetrano attraverso i canali pericardioperitonali. Questi ultimi sono separati mediante le pieghe pleuroperitonali e pleuropericardiche delle cavità peritoneali e pericardica. Gli spazi residui vanno a costituire le primitive cavità pleuriche. (Fig. 7.2)
Il mesoderma che riveste la superficie esterna dei polmoni diventerà la
pleura viscerale, mentre quello che riveste la parete, pleura parietale. I
bronchi secondari si dividono più volte dicotomicamente formando i bronchi terziari (10 a destra e 8 a sinistra) che configurano nell’adulto i segmenti broncopolmonari. Fino al settimo mese di vita i bronchioli si dividono in continuazione in molti canali sempre più piccoli (fase canalicolare) fino alla formazione degli alveoli primitivi,costituiti da cellule sottili e
piatte (cellule alveolari epiteliali di 1° tipo) intimamente associate a minuscoli capillari sanguigni e linfatici, tali da poter garantire, già al 7° mese,
31
INTESTINO ANTERIORE: POLMONE
Fig. 6.2 - Blastocisti
1
2
2
2
1
1
1. Diverticolo respiratorio
2. Esofago
un adeguato scambio gassoso. Per tale motivo un neonato anche se prematuro può sopravvivere. Le cellule alveolari epiteliali di II tipo producono il
surfattante, un fluido ricco di fosfolipidi.; il liquido che riempie i polmoni
viene assorbito, eccetto il surfattante, che servirà a prevenire, all’inizio
della respirazione, il collasso degli alveoli durante l’espirazione diminuendo la tensione superficiale nell’interfaccia alveolo-capillare sanguigno.
Le malformazioni dell’apparato respiratorio, derivate dall’intestino
primitivo, di interesse chirurgico, sono riportate nella (Tab.I).
32
CAPITOLO II
EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO RESPIRATORIO ED ANOMALIE CONGENITE
Fig. 7.2 - Sviluppo della trachea e dei polmoni
Trachea
Abbozzi
polmonari
Bronco sinistro
Lobo superiore
destro
Lobo superiore
sinistro
Lobo medio
Lobo inferiore destro
Lobo inferiore
sinistro
Tab. 1 - Anomalie della trachea e dei polmoni
ANOMALIA
SINTOMATOLOGIA
Atresia Tracheale
Stenosi congenita tracheale
Tracheo broncomegalia
Agenesia bilaterale polmonare
Agenesia unilaterale e ipoplasia polmonare
Anomalie della lobulazione
Isomerismo polmonare
Cisti congenite respiratorie
– Broncogene
– Polmonari
– Adenomatosi cistica
alla nascita
alla nascita
alla nascita
alla nascita
infanzia
infanzia
infanzia
infanzia
infanzia
infanzia
alla nascita
Anomalie della vascolarizzazione
– Sequestrazione intralobare
– Sequestrazione extralobare (polmone accessorio)
– Arterie aberranti polmonari
– Assenza di una o entrambe arterie polmonari
– Arterie accessorie
– Coartazione dell’arteria polmonare
– Fistola polmonare artero-venosa
– Anomalie drenaggio venoso
tutte le età
tutte le età
alla nascita
alla nascita
alla nascita
alla nascita
alla nascita
alla nascita
* in grassetto le anomalie trattate nel testo
33
CAPITOLO III
MALFORMAZIONE ADENOMATOSA
CISTICA CONGENITA
La malformazione adenomatosa cistica congenita, (MAC) fa parte, insieme alla cisti broncogena ed alla sequestrazione intralobare, della malattia congenita cistica del polmone (Tab.I).
Essa è una malformazione polmonare riferita ad una alterazione embriogenetica più tardiva di quella della cisti broncogena a sede mediastinica. Essa è caratterizzata da una eccessiva suddivisione dei bronchioli terminali a scapito degli alveoli; in genere e monolaterale con interessamento prevalente nel lobo inferiore sinistro, più raramente interessa più lobi
dello stesso polmone o entrambi.
Macroscopicamente la malformazione adenomatosa consiste in una
massa multicistica. Si classificano tre forme principali di cisti: tipo primo
(70% dei casi), cisti singola o multipla di diametro maggiore di due centimetri, riferibili ad alveoli normali tappezzati da un epitelio ciliato pseudostratificato. Tipo secondo (20% dei casi), aggregati di cisti di diametro
compreso tra 0,5 e 2 centimetri rivestiti da un epitelio cubico o colonnare
con assenza di tessuto cartilagineo e di cellule mucipare, frequentemente
talòe affezione è associata ad altre malformazioni come la sindrome di
Prune-Belly, pectus excavatum, idrocefalo ed anencefalo. Tipo terzo (10%
dei casi): cisti numerosissime con diametro inferiore a cinque millimetri
(fig. 8.3).
Le cisti sono rivestite da epitelio pseudo stratificato colonnare ciliato
con cellule mucipare ed elementi cartilaginei.
SINTOMATOLOGIA: le cisti molto voluminose determinando compressione e slargamento mediastinico. Le forme di secondo e terzo tipo sono incompatibili con la vita e costituiscono reperti occasionali necroscopici di
feti nati morti. Clinicamente tale malformazione si manifesta con distress
respiratorio progressivo. Nelle forme più favorevoli in cui la sintomatologia compare dopo il periodo neonatale,può essere caratterizzata da broncopolmoniti recidivanti per una sovra infezione batterica.
DIAGNOSI: viene eseguita mediante esame ecografico durante la gravi35
INTESTINO ANTERIORE: POLMONE
Tab. 1 - Patologia polmonare congenita
A)
MALATTIE CONGENITE CISTICHE DEL POLMONE
•
•
•
•
CISTI BRONCOGENA MEDIASTINICA
CISTI BRONCOGENA PERIFERICA
MALFORMAZIONE ADENOMATOSA CISTICA DEL POLMONE
SEQUESTRAZIONE POLMONARE INTRALOBARE
B)
MALATTIE CONGENITE NON CISTICHE DEL POLMONE
•
•
•
•
AGENESIA POLMONARE MONO/BILATERALE
APLASIA POLMONARE
IPOPLASIA POLMONARE
SEQUESTRAZIONE EXTRALOBARE (POLMONE ACCESSORIO INFERIORE)
ENFISEMA LOBARE CONGENITO
FISTOLA ARTERO-VENOSA POLMONARE
•
•
Fig. 8.3 - Malformazione adenomatosa cistica congenita
Tipo I
Tipo III
Tipo II
36
CAPITOLO III
MALFORMAZIONE ADENOMATOSA CISTICA CONGENITA
danza. La compressione dell’esofago e, quindi, la difficoltà di deglutizione
del liquido amniotico causano polidramnios, mentre la compressione dei
grossi vasi venosi del mediastino (vena cava) è responsabile dell’anasarca
fetale.
TERAPIA: se la diagnosi di MAC viene fatta precocemente si possono
eseguire decompressioni in utero mediante shunt tra cavità cistica polmonare ipertesa e liquido amniotico Se la diagnosi di MAC viene fatta dopo
la 32° settimana di gestazione è indispensabile valutare la necessità di un
parto prematuro ed una precoce conversione chirurgica dopo la nascita
con exeresi del lobo o del legamento colpito.
Se la malformazione è asintomatica in età neonatale si segue con un
attento follow-up clinico e strumentale poiché alcune MAC possono ridursi di volume o anche scomparire. L’RX standard del torace, RM o TAC,
scintigrafia polmonare, broncoscopia, angiografia o angio RM sono le indagini strumentali da eseguire; utili nella diagnosi differenziale tra enfisema lobare, sequestrazione polmonare o ernia diaframmatica.
37
CAPITOLO IV
CISTI BRONCOGENA
Le cisti broncogene vengono classificate in “mediastiniche” e “periferiche”.
La cisti broncogena a localizzazione mediastinica rappresenta la degenerazione cistica di un abnorme sviluppo dell’abbozzo respiratorio dell’intestino primitivo anteriore. Le cisti sono nella maggior parte dei casi localizzate nel mediastino posteriore a livello retrotracheale o carenale; meno
frequentemente in sede paratracheale, ilare e paraesofagea. Macroscopicamente sono uniloculate, raramente multiloculate. Microscopicamente sono
costituite da epitelio tipo cuboide, in parte ciliato, con corpi inclusi cartilaginei, miocellule lisce, elementi del plesso mienterico.
Le cisti broncogene a localizzazione periferica sono correlate ad una
anomalia di ramificazione dell’albero tracheo bronchiale. Esse sono più
frequentemente monolaterali e situate a livello del lobo polmonare inferiore; raramente sono bilaterali. Esse rappresenterebbero il risultato più tardivo del difetto di sepimentazione. La presenza di epitelio respiratorio, a
volte ciliato, con elementi cartilaginei e nervosi conferma l’alterazione
embriologica tardiva.Le cisti comunicano spesso con l’albero bronchiale,
come può essere dimostrato dalla presenza di aria. Le cisti infette possono
simulare un ascesso polmonare. Sono stati riportati casi di carcinoma polmonare in cisti congenite del polmone.
SINTOMATOLOGIA: una cisti broncogena deve essere sospettata in un
neonato in presenza di distress respiratorio. La sintomatologia è in rapporto al volume ed alla sepsi. Le cisti mediastiniche a localizzazione cervicale, anche se piccole possono determinare sintomi da compressione con
episodi di dispnea, tosse e tirage. Le cisti periferiche non infette possono
rimanere asintomatiche, diagnosticate occasionalmente durante una radiografia del torace. Un’ampia comunicazione tra cisti e bronco può essere
responsabile, con un meccanismo a valvola,di un’ipertensione endocistica
con rapido incremento volumetrico e conseguente riduzione della capacità
ventilatoria del parenchima fino alla rottura con pneumotorace. Dopo le
prime settimane di vita le cisti possono infettarsi, manifestandosi clinica39
INTESTINO ANTERIORE: POLMONE
mente con febbre, dolore toracico, tosse produttiva e broncopolmoniti secernenti. La sintomatologia settica, anche se regredisce con la terapia antibiotica, tende a recidivare.
DIAGNOSI: la diagnosi strumentale è basata sulla radiologia standard del
torace, correlata con un esofagogramma per valutare una possibile compressione ab-extrinseco. Le cisti periferiche sono frequentemente caratterizzate dalla presenza di livelli idroaerei. La sede ed i rapporti con gli organi adiacenti vengono studiati con RM o TAC. L’esame angiografico è
utile nella diagnosi differenziale con la sequestrazione polmonare.
TERAPIA: la terapia chirurgica è indicata nelle forme sintomatiche; per
le asintomatiche e per le piccole dimensioni può essere seguito un regolare follow-up strumentale.
Le cisti mediastiniche sono aggredibili mediante un accesso toracotomico post-laterale.
Si esegue l’exeresi della cisti con chiusura della comunicazione bronchiale se essa è ben clivabile dal piano tracheo-bronchiale, al contrario,
per evitare lesioni di queste strutture ,viene asportato solamente il rivestimento mucoso della cisti. Una segmentectomia ed una lobectomia rappresentano il trattamento elettivo delle cisti broncogene periferiche.
40
CAPITOLO V
SEQUESTRAZIONE POLMONARE
La sequestrazione polmonare è una malformazione congenita caratterizzata da una massa di tessuto polmonare non funzionante di tipo embrionario, isolata dal parenchima polmonare normale, non comunicante con
l’albero bronchiale e vascolarizzata da arterie sistemiche aberranti provenienti prevalentemente dall’aorta toracica e/o addominale.
Questa porzione di tessuto polmonare può essere localizzata nel 75%
dei casi all’interno del polmone (sequestrazione intralobare) circoscritta da
parenchima normale; oppure fuori dal polmone circoscritta in una propria
pleura viscerale (sequestrazione extralobare) (Tab.I) e (Fig.9.5).
Le sequestrazioni extralobari sono situate usualmente nel segmento
basale posteriore del torace di sinistra, nell’angolo costo-diaframmatico
adiacente all’aorta ed all’esofago. Raramente sono situate in segmenti superiori o in entrambi i lati. La vascolarizzazione di questo tessuto “sequestrato” origina dall’aorta toracica o dall’aorta addominale mediante tronTab. 1 - Parametri differenziali tra sequestrazioni intra ed extralobari
Intralobari
Extralobari
Età alla diagnosi
50% > 20 anni
60% < 1 anno
Sesso
M.: F. – 1 : 1
M.: F. – 4 : 1
Relazione con il polmone
interno
separato
Sede
60% polmone sinistro
90% polmone sinistro
Drenaggio venoso
polmonare
sistemico o portale
Anomalie associate
rare
pectus excavatum
difetti diaframmatici
41
INTESTINO ANTERIORE: POLMONE
Fig. 9.5 - Sequestrazione polmonare
S. Intralobare
S. Extralobare
chi arteriosi prevalentemente singoli o multipli. In quest’ultimo caso,
spesso, originano dall’aorta sottodiaframmatica.
Le sequestazioni extralobari sono generalmente di piccole dimensioni
e di consistenza parenchimatosa, perché prive di aria. Microscopicamente
non sono rilevabili strutture mature, ma rari bronchioli ed alveoli con modificazioni di tipo cistico.
Le sequestrazioni intralobari sono localizzate usualmente nel segmento basale del lobo inferiore. Macroscopicamente il sequestro intralobare
appare come una massa cistica con cavità ripiene di muco/pus; anche se
non ha comunicazioni con l’albero bronchiale spesso contiene aria proveniente da minute connessioni alveolari. La vascolarizzazione del tessuto è
affidata ad un singolo o multiplo tronco arterioso che origina dall’aorta toracica, addominale o da vasi intercostali. Il drenaggio venoso, sia delle forme intralobari che extralobari, avviene attraverso le vene polmonari o, occasionalmente, attraverso il sistema dell’azigos nella vena cava inferiore.
SINTOMATOLOGIA: clinicamente la sequestrazione polmonare extralobare
è asintomatica; spesso è scoperta occasionalmente durante una autopsia in
un bambino con altre anomalie congenite o durante la correzione chirurgica di un’ernia di Bochdalek o di una eventratio congenita. Infatti, la sequestrazione polmonare può associarsi ad altre malformazioni congenite
42
CAPITOLO V
SEQUESTRAZIONE POLMONARE
del diaframma e dell’esofago (duplicazioni esofagee o diverticolo esofageo); confermando l’origine comune dall’intestino primitivo anteriore sia
dell’apparato respiratorio che dell’esofago.
I “sequestri” di maggiore dimensione possono manifestarsi con un
quadro di tipo respiratorio-infettivo di varia gravità, con episodi di bronco
polmonite recidivante, che si manifestano usualmente dopo i 10 anni (solamente nel 40% dei casi prima dei 10 anni).
L’esistenza di comunicazioni artero-venose (tra arterie sistemiche e
vena polmonare) all’interno della sequestrazione polmonare può essere responsabile di una insufficienza cardiaca-congestizia e/o di emottisi.
DIAGNOSI: la diagnosi viene eseguita con un esame radiologico del torace, che mostra nei casi senza infezione una opacità omogenea, di solito
a sinistra, adiacente al diaframma. Quando è presente un’infezione, l’opacità contiene formazioni cistiche con o senza livelli idroaerei. L’esofagogramma integra la radiografia del torace. La TAC, l’Angio-RM e l’Ecodoppler forniscono utili informazioni pre-operatorie sulla morfologia della
massa sequestrata e sulla sua vascolarizzazione.
TERAPIA: le forme extralobari sono rimosse previa legatura e sezione
dell’arteria sistemica e della vena anomala. Le forme intralobari richiedono una segmentectomia o una lobectomia (spesso l’intero lobo è coinvolto
dal processo infiammatorio) dopo una accurata ricerca del tronco arterioso
aberrante o dei rami arteriosi che attraversano il diaframma , e che retraendosi in addome possono creare gravi sanguinamenti.
43
CAPITOLO V
SEQUESTRAZIONE POLMONARE
La sequestrazione polmonare è una malformazione congenita caratterizzata da una massa di tessuto polmonare non funzionante di tipo embrionario, isolata dal parenchima polmonare normale, non comunicante con
l’albero bronchiale e vascolarizzata da arterie sistemiche aberranti provenienti prevalentemente dall’aorta toracica e/o addominale.
Questa porzione di tessuto polmonare può essere localizzata nel 75%
dei casi all’interno del polmone (sequestrazione intralobare) circoscritta da
parenchima normale; oppure fuori dal polmone circoscritta in una propria
pleura viscerale (sequestrazione extralobare) (Tab.I) e (Fig.9.5).
Le sequestrazioni extralobari sono situate usualmente nel segmento
basale posteriore del torace di sinistra, nell’angolo costo-diaframmatico
adiacente all’aorta ed all’esofago. Raramente sono situate in segmenti superiori o in entrambi i lati. La vascolarizzazione di questo tessuto “sequestrato” origina dall’aorta toracica o dall’aorta addominale mediante tronTab. 1 - Parametri differenziali tra sequestrazioni intra ed extralobari
Intralobari
Extralobari
Età alla diagnosi
50% > 20 anni
60% < 1 anno
Sesso
M.: F. – 1 : 1
M.: F. – 4 : 1
Relazione con il polmone
interno
separato
Sede
60% polmone sinistro
90% polmone sinistro
Drenaggio venoso
polmonare
sistemico o portale
Anomalie associate
rare
pectus excavatum
difetti diaframmatici
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INTESTINO ANTERIORE: POLMONE
Fig. 9.5 - Sequestrazione polmonare
S. Intralobare
S. Extralobare
chi arteriosi prevalentemente singoli o multipli. In quest’ultimo caso,
spesso, originano dall’aorta sottodiaframmatica.
Le sequestazioni extralobari sono generalmente di piccole dimensioni
e di consistenza parenchimatosa, perché prive di aria. Microscopicamente
non sono rilevabili strutture mature, ma rari bronchioli ed alveoli con modificazioni di tipo cistico.
Le sequestrazioni intralobari sono localizzate usualmente nel segmento basale del lobo inferiore. Macroscopicamente il sequestro intralobare
appare come una massa cistica con cavità ripiene di muco/pus; anche se
non ha comunicazioni con l’albero bronchiale spesso contiene aria proveniente da minute connessioni alveolari. La vascolarizzazione del tessuto è
affidata ad un singolo o multiplo tronco arterioso che origina dall’aorta toracica, addominale o da vasi intercostali. Il drenaggio venoso, sia delle forme intralobari che extralobari, avviene attraverso le vene polmonari o, occasionalmente, attraverso il sistema dell’azigos nella vena cava inferiore.
SINTOMATOLOGIA: clinicamente la sequestrazione polmonare extralobare
è asintomatica; spesso è scoperta occasionalmente durante una autopsia in
un bambino con altre anomalie congenite o durante la correzione chirurgica di un’ernia di Bochdalek o di una eventratio congenita. Infatti, la sequestrazione polmonare può associarsi ad altre malformazioni congenite
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CAPITOLO V
SEQUESTRAZIONE POLMONARE
del diaframma e dell’esofago (duplicazioni esofagee o diverticolo esofageo); confermando l’origine comune dall’intestino primitivo anteriore sia
dell’apparato respiratorio che dell’esofago.
I “sequestri” di maggiore dimensione possono manifestarsi con un
quadro di tipo respiratorio-infettivo di varia gravità, con episodi di bronco
polmonite recidivante, che si manifestano usualmente dopo i 10 anni (solamente nel 40% dei casi prima dei 10 anni).
L’esistenza di comunicazioni artero-venose (tra arterie sistemiche e
vena polmonare) all’interno della sequestrazione polmonare può essere responsabile di una insufficienza cardiaca-congestizia e/o di emottisi.
DIAGNOSI: la diagnosi viene eseguita con un esame radiologico del torace, che mostra nei casi senza infezione una opacità omogenea, di solito
a sinistra, adiacente al diaframma. Quando è presente un’infezione, l’opacità contiene formazioni cistiche con o senza livelli idroaerei. L’esofagogramma integra la radiografia del torace. La TAC, l’Angio-RM e l’Ecodoppler forniscono utili informazioni pre-operatorie sulla morfologia della
massa sequestrata e sulla sua vascolarizzazione.
TERAPIA: le forme extralobari sono rimosse previa legatura e sezione
dell’arteria sistemica e della vena anomala. Le forme intralobari richiedono una segmentectomia o una lobectomia (spesso l’intero lobo è coinvolto
dal processo infiammatorio) dopo una accurata ricerca del tronco arterioso
aberrante o dei rami arteriosi che attraversano il diaframma , e che retraendosi in addome possono creare gravi sanguinamenti.
43
ESOFAGO
ESOFAGO: EMBRIOLOGIA
ED ANOMALIE CONGENITE
ATRESIA ESOFAGEA
FISTOLA TRACHEO ESOFAGEA ISOLATA AD “H”
CAPITOLO VI
ESOFAGO: EMBRIOLOGIA
ED ANOMALIE CONGENITE
EMBRIOLOGIA DELL’ESOFAGO: L’esofago si sviluppa in quella piccola area
di endoderma dell’intestino primitivo anteriore, compreso tra il diverticolo
respiratorio e la dilatazione dello stomaco. Durante la quarta settimana, il
diverticolo respiratorio compare nella parete ventrale dell’intestino anteriore; questo si separa gradualmente dalla parete dell’intestino primitivo
mediante un setto esofagotracheale. In tal modo l’intestino anteriore viene
diviso in una porzione ventrale, l’abbozzo respiratorio, ed in una dorsale,
l’esofago. (Fig. 10.6 ).
Fig. 10.6 - Esofago e diverticolo respiratorio
Intestino anteriore
Setto esofago-tracheale
Faringe
Trachea
Diverticolo
respiratorio
Abbozzi
polmonari
A
Esofago
B
C
A. B. C. Stadi di sviluppo del diverticolo
47
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
La separazione tra esofago e trachea procede in senso caudocraniale,
simultaneamente la trachea e l’esofago si allungano; il processo di separazione si completa dalla 34/ma alla 36/ma settimana.L’allungamento dell’esofago interessa prima la porzione superiore e successivamente la porzione inferiore. A livello della biforcazione tracheale, l’esofago presenta
un diametro più ridotto ed è questo il punto in cui avviene l’atresia esofagea.
L’allungamento dell’esofago, che risulta più dall’ascesa del faringe
piuttosto che dalla discesa dello stomaco ,sembra trasportare lo stomaco
primordiale alla posizione in cui si formerà il diaframma; contemporaneamente infatti si sviluppa il setto trasverso ed il pericardio.
In questo stadio di sviluppo dal mesenchima circostante si forma lo
strato muscolare dell’esofago: nei due terzi superiori di tipo striato, innervato dal plesso parasimpatico (del nervo vago) e nei due terzi inferiori di
tipo liscio, innervato dal plesso simpatico (splancico) che origina dalle
branche del tronco simpatico toracico e del plesso celiaco.
ANOMALIE DELL’ESOFAGO: Durante lo sviluppo dell’esofago due sono
gli eventi embriologici critici che se si verificano determinano importanti
malformazioni.
Il primo evento è la separazione dell’intestino primitivo anteriore in
esofago e trachea durante la quarta settimana che determina un’ampia varietà di difetti con manifestazioni cliniche differenti: parziale o completo
insuccesso della separazione tra trachea ed esofago; parziale o completa
assenza della trachea; parziale o completa assenza dell’esofago; atresia
dell’esofago senza fistola tracheale; atresia dell’esofago con fistola tracheale; fistola tracheo-esofagea isolata.
Il secondo è un evento meno rilevante, rappresenta la formazione della
giunzione cardiale. Essa è il risultato dello sviluppo dell’esofago, dello
stomaco, del diaframma e dell’innervazione autonoma di queste strutture
anatomiche. Se si verificano variazioni di sviluppo in questa area dalla sesta settimana fino alla nascita, possono conseguire alterazioni funzionali
che accompagnano tutta la vita dell’individuo.
Tra l’ampia varietà di anomalie congenite dell’esofago alcune hanno
una maggiore incidenza ed interesse clinico come l’atresia esofagea e la
fistola tracheoesofagea isolata; altre, come il “Cleft” laringotracheoesofageo sono rarissime ed estremamente gravi. In questa ultima malformazione è presente un’abnorme comunicazione tra lume laringotracheale e lume
48
CAPITOLO VI
ESOFAGO: EMBRIOLOGIA ED ANOMALIE CONGENITE
Tab. 1 - Anomalie dell’esofago
Anomalia
Manifestazione clinica
Atresia esofagea
alla nascita
Stenosi esofagea
alla nascita
Fistola tracheoesofagea ad H
alla nascita
Laringotracheoesofageal “Cleft”
alla nascita
VACTERL (associazione: m. vertebrali, anale,
cardiaca, fistola tracheoesofagea/atresia esofagea,
renali, arti)
alla nascita
Membrana ed anelli esofagei
qualsiasi età
Duplicazione esofagea
qualsiasi età
Cisti enterogene
qualsiasi età
Diverticoli
qualsiasi età
Mucosa eterotopica
qualsiasi età
Esofago corto congenito
qualsiasi età
Acalasia
infanzia
Calasia
poco dopo la nascita
* in grassetto le anomalie trattate nel testo
esofageo, responsabile alla nascita di distress respiratorio, tirage e crisi di
soffocamento durante l’alimentazione orale.
In questo capitolo vengono pertanto trattate solo le due principali anomalie (Tab. I).
49
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
L’A.E. è caratterizzata dalla mancata formazione di un segmento intermedio di esofago, con un moncone prossimale che termina, nella maggior
parte dei casi (98%), a fondo cieco ed un moncone distale, in comunicazione con lo stomaco che, nell’86% dei casi, comunica, cranialmente con
la trachea.
INCIDENZA: della atresia esofagea è intorno a 1/3000 nati vivi; essa è
più frequente nel prematuro; non esistono sostanziali differenze tra i due
sessi.
L’anomalia embriologica si manifesta intorno al 21/mo – 34/mo giorno di vita intrauterina ed è conducibile ad un difetto di sviluppo del setto
tracheo-esofageo che separa l’intestino primitivo anteriore in esofago e
trachea; probabilmente da una deviazione spontanea del setto esofageotracheale in direzione posteriore o da qualche altro meccanismo che spinge la parete dorsale dell’intestino anteriore in avanti. Sono stati riportati
rari casi di trasmissione ereditaria, con una maggiore incidenza familiare,
sebbene non sia stato ancora identificato un chiaro fattore genetico.
CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA: dell’atresia esofagea prevede cinque tipi. (Tabella I) (Fig.11.7)
Tipo I – Atresia esofagea senza fistola tracheo-esofagea
Incide nel 7% dei pazienti nati con questa anomalia. I due monconi
esofagei sono completamente separati tra loro; la tasca superiore termina a
livello cervicale o nella parte alta del torace. La tasca inferiore è corta e si
estende per 2-3 centimetri sopra il diaframma, presentandosi come un diverticolo del fondo gastrico. La distanza tra i due monconi esofagei
(“gap”) è quindi notevole (3 o 5 corpi vertebrali).
Tipo II – Atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea prossimale
È un’anomalia rara, intorno al 2% di tutte le atresie esofagee. La tasca esofagea superiore termina a fondo cieco all’ingresso toracico, ma su51
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
Tab. 1 - Classificazione anatomo-patologica
Tipo
Anomalia
%
Tipo I
Atresia senza fistola
7
Tipo II
Atresia con fistola tracheo-esofagea prossimale
2
Tipo III
Atresia con fistola tracheo-esofagea distale
86
Tipo IV
Atresia con doppia fistola tracheo-esofagea
1
Tipo V
Fistola tracheo-esofagea senza atresia o fistola
tracheo-esofagea isolata ad “H”
4
Fig. 11.7 - Classificazione delle atresie esofagee
A
B
D
C
E
52
A. Tipo I A. E. Senza fistola
B. Tipo II A. E. Con fistola
prossimale
C. Tipo III A. E. Con fistola
distale
D. Tipo IV A. E. Con fistola
doppia
E. Tipo I Fistola ad “H”
(senza atresia)
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
periormente in sede cervicale comunica con la trachea mediante una fistola.
Tipo III – Atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea distale
È la malformazione più frequente (86% dei pazienti con atresie esofagee). La tasca esofagea superiore si estende fino alla parte superiore del
torace e termina a fondo cieco. Essa presenta pertanto una lunghezza breve. La tasca esofagea inferiore comunica con l’albero respiratorio tramite
una fistola con la carena o con il bronco principale destro. I due monconi
atresici, a livello toracico, risultano vicini tra loro.
Tipo IV – Atresia esofagea con doppia fistola tracheo-esofagea
È una anomalia che costituisce lo 0,3 – 1% di tutte le atresie esofagee.
Il moncone prossimale dell’esofago finisce a fondo cieco, ma comunica
con la trachea tramite una fistola che origina al di sopra del cul di sacco,
come le atresie esofagee di II tipo. Il moncone distale dell’esofago comunica direttamente con la trachea come nel Tipo III.
Tipo V – Fistola tracheo esofagea senza atresia dell’esofago o fistola
isolata ad “H”
È una malformazione rara, circa il 4% di tutte le atresie esofagee.
Questo tipo anatomopatologico, non dovrebbe essere classificato tra le
atresie esofagee, perché non è presente atresia. Il quadro clinico è peculiare e si differenzia dalle altre anomalie.
ANOMALIE ASSOCIATE: Il 50% di tutti i neonati con atresie esofagee presentano altre malformazioni congenite: Le anomalie interessano l’apparato
cardiovascolare (cardiopatie), muscolo-scheletrico (malformazioni all’estremità degli arti,vertebre), cranio-facciali (dismorfismi faciali, “cleft”
palato, anomalie del cranio), gastrointestinale (ano imperforato, malrotazione intestinale, atresia duodenale, pancreas anulare); genito-urinarie
(idronefrosi, megauretere, agenesia renale, duplicazione ureterale, ipospadia e criptorchidismo); neurologiche (spina bifida, idrocefalo, ipoplasia
cerebrale); respiratorie (ipoplasia o agenesia polmone, sequestrazione polmonare); ernie diaframmatiche congenite ed anomalie cromosomiche (sindrome di Turner, Trisomia 21 e Trisomia 18) (Tab. II).
–
La combinazione di anomalie forma varie sindromi:
VATERL: difetti della vertebra e del sacro, agenesia ano-rettale,
malformazioni cardiovascolari, fistola tracheo-esofagea con o senza
atresia nell’esofago, agenesia o disgesia renale, ipo-aplasia di arti di
53
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
Tab. II - Malformazioni congenite associate ad atresia esofagea
–
Tipo
%
Cardiovascolari
22
Gastrointestinali
18
Muscoloscheletriche
18
Cranio-faciali
14
Genito-urinarie
11
Respiratorie
9
Neurologiche
5
Cromosomali
3
tipo preassiale come ipo-aplasia del pollice o del radio, mono o bilaterale;
CHARGE: coloboma dell’iride o della retina, cardiopatia congenita,
atresia delle coane, ritardo mentale, ipoplasia dei genitali e malformazioni auricolari (Tabella II).
FISIOPATOLOGIA: il mancato passaggio di liquido amniotico nello stomaco e nell’intestino a causa dell’atresia esofagea determina l’insorgenza di
polidramnios che è presente in tutti i casi di atresia esofagea pura (I tipo)
e nel 60% di atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea distale (III tipo). In presenza di fistola tracheo-esofagea distale, la minore incidenza di
polidramnios è correlata al passaggio nel tratto gastroenterico del liquido
amniotico attraverso la trachea e la fistola con conseguente ristabilimento
parziale del circolo entero-amniotico.
La saliva non ingerita viene rigurgitata alla nascita ed il neonato presenta una “apparente” ipersalivazione. L’alimentazione orale lattea, in un
neonato con atresia esofagea non ancora diagnosticata, determina rigurgito
con inondazione della via orale e polmonite “ab ingestis”. (prevalentemente apicale destra).
La comunicazione tra l’albero tracheo-bronchiale ed esofago causa il
passaggio reciproco del contenuto delle due strutture: l’aria inspirata passa
54
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
Tab. III - Classificazione di Waterston
Gruppo
Peso (Kg)
Affezioni collaterali
A
> 2,5
nessuna
B1
1,8 – 2,5
nessuna
B2
> 2,5
broncopolmonite ed anomalie
C1
< 1,8
nessuna
C2
qualsiasi peso
broncopolmonite e anomalie gravi
direttamente nello stomaco determinando la distensione con sopraelevazione del diaframma e relativa difficoltà respiratoria. A sua volta il materiale all’interno dello stomaco (latte e secreti) può defluire nell’albero respiratorio rendendosi responsabile di una broncopolmonite chimica (da reflusso acido) (Tabb. III e IV).
SINTOMATOLOGIA: alla nascita l’atresia esofagea deve essere sospettata
in presenza di eccessiva salivazione nel neonato, con accentuate secrezioni schiumose nasali, orali e faringee accompagnate da rumori all’interno
dell’albero bronchiale. Il neonato può presentarsi cianotico, con crisi di
soffocamento e tosse. In genere, 24-48 ore dopo la nascita,si sviluppa una
broncopolmonite “ab ingestis”; la fistola distale può essere responsabile di
una broncopolmonite “chimica” da riflusso gastro-esofageo tracheo-bronchiale. Un episodio di broncopolmonite può condizionare la strategia operatoria e la prognosi del neonato.
DIAGNOSI: la diagnosi può essere sospettata in gravidanza durante un
esame ecografico, per la presenza di polidramnios. Alla nascita tale
malformazione viene ricercata sistematicamente mediante l’introduzione
di un sondino naso-gastrico radiopaco che, in caso di atresia esofagea, si
arresta in genere dopo 10 cm. dal margine gengivale e si arrotola nel cul
di sacco prossimale. Un esame radiografico diretto conferma la posizione
del sondino e consente di stabilire il livello dell’ostruzione valutata in relazione alle vertebre dorsali, in modo da poter collocare la lunghezza della
tasca cieca superiore. La radiografia può evidenziare la presenza di aria
nello stomaco e nelle anse intestinali in caso di fistola tra l’albero respira55
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
torio e tubo gastro-enterico a valle dell’atresia (tipo III). Al contrario, in
caso di atresia esofagea senza fistola (tipo I) l’aria sarà assente; l’assenza
di aria non esclude con certezza una fistola tracheo-esofagea inferiore. Infatti, in caso di fistola di calibro ristretto può non avvenire il passaggio
dell’aria all’interno dello stomaco.
All’esame obiettivo, in presenza di una fistola tra la trachea ed il tratto
distale dell’esofago (tipo III), l’addome risulta notevolmente disteso e timpanico; in assenza di fistola (tipo I), incavato ed ottuso.
La radiografia del torace può evidenziare atelettasia polmonare e/o focolai broncopolmonari. Altre indagini devono essere rivolte ad escludere
la presenza di malformazioni associate, in particolare le cardiopatie cianogene che influenzano la strategia operatoria e la prognosi.
PROGNOSI: La prognosi del paziente affetto da atresia esofagea è condizionata dall’eventuale immaturità del neonato, dalle malformazioni associate, dal suo peso corporeo. Il ruolo di quest’ultimo parametro è stato
quantificato da Waterston che ha proposto una classificazione di questi pazienti in cinque gruppi sulla base del rischio prognostico: GRUPPO A,
neonato a termine, di poco superiore a 2,5 Kg, in buone condizioni generali e senza malformazioni associate; GRUPPO B1, neonati di peso corporeo tra 1,8-2,5 Kg, in buone condizioni generali e senza malformazioni associate; GRUPPO B2, neonati con peso corporeo maggiore a 2,5 Kg, ma
con malformazioni associate o con segni e sintomi di “distress” respiratorio o di polmonite chimica; GRUPPO C1, neonati pre-termine di peso minore a 1,8 Kg, senza malformazioni associate; GRUPPO C2, neonati di
qualsiasi peso, ma con gravi malformazioni associate (cardiopatie, idro o
poroencefalia) e/o con segni di “distress” respiratorio o di polmonite chimica. (Tab. III)
La mortalità nei neonati di basso rischio (Gruppi A e B1) è intorno al
7% ed in quelli ad alto rischio (Gruppi B2, C1 e C2) al 70%
PROVVEDIMENTI MEDICO RIANIMATORI E CHIRURGICI IMMEDIATI: i provvedimenti immediati da prendere in ogni neonato nel momento in cui viene
confermata la diagnosi sono:
1. Profilassi dell’infezione polmonare mediante l’aspirazione, in modo
continuo o ad intervalli di 15 minuti, del cul di sacco prossimale (con
sonda di Replogle) e delle vie respiratorie, fino al momento della correzione dell’anomalia. Antibioticoprofilassi; farmaci antisecretivi gastrici somministrati per via endovenosa per ridurre l’azione lesiva del
succo gastrico; umidificazione dell’aria; decubito semi-seduto (antiTrendelenburg) nei pazienti con atresia esofagea del III tipo, per ridurre la tendenza al rigurgito delle secrezioni gastriche in trachea, e pro56
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
Tab. IV
Fisiopatologia dell’atresia esofagea con fistola
tracheo-esofagea distale
Mancata deglutizione di saliva
Mancata deglutizione di latte
Crisi di soffocamento
e di pianto
Inalazione endotracheale
Passaggio di aria inspirata
nello stomaco
Dilatazione gastrica acuta
Distensione
addominale
Reflusso
gastro-esofageo
(Tracheo-bronchiale)
Polmonite
Dispnea
no in quelli senza fistola (tipo I), anche se le opinioni nella posizione
da far assumere al neonato non sono univoche.
2. Riequilibrio idro-elettrolitico e nutrizione parenterale totale.
57
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
3. Assistenza respiratoria nei neonati con fistola tracheo-esofagea inferiore e distress respiratorio. La ventilazione ad alta frequenza permette
un miglior scambio gassoso polmonare, con minore pressione endotracheale e riduzione del passaggio d’aria nello stomaco.
4. Prevenzione di una crisi asfittica neonatale da gastrectasia acuta in
neonati con atresia esofagea di tipo III o IV, ricorrendo eventualmente
ad una gastrostomia. Essa viene eseguita esclusivamente nei pazienti
prematuri, in condizioni generali compromesse e con focolai broncopneumonici (gruppi B2 e C2), in cui lo stomaco e l’intestino del neonato è massimamente disteso da gas, da interferire con la funzione respiratoria. La gastrostomia è raramente indicata nei pazienti a basso
rischio (gruppi A e B1).
5. Programmazione del ripristino della continuità esofagea.
TERAPIA CHIRURGICA: la strategia chirurgica è diversa in rapporto al tipo
anatomico della malformazione.
Terapia chirurgica nella atresia esofagea di tipo III – anastomosi diretta dei due monconi esofagei
Nei pazienti in condizioni critiche, l’intervento chirurgico viene differito e si eseguono tutti i provvedimenti medico respiratori e chirurgici precedentemente descritti fino ad uno stato di stabilità da permettere la correzione chirurgica. Nei pazienti in buone condizioni generali è possibile affrontare subito l’intervento chirurgico dell’esofago atresico per via
toracica.
L’intervento chirurgico di eso-esoanastomosi primaria deve essere preceduta da una endoscopia tracheo bronchiale, utile non solo per evidenziare la sede e l’ampiezza della fistola tracheo-esofagea distale, ma soprattutto per escludere l’eventuale coesistenza di un’altra fistola tra il moncone
esofageo prossimale e la trachea (atresia esofagea tipo IV). Queste fistole
possono rimanere misconosciute e se il neonato viene trattato come appartenente al III tipo con sezione e sutura della sola fistola distale può presentare nel decorso post operatorio sintomi respiratori e broncopolmonari.
L’accesso chirurgico è una toracotomia destra sul IV spazio intercostale (Fig.12.7); l’approccio all’esofago viene eseguito per via extrapleurica
dissecando la pleura parietale dalla fascia endotoracica fino al mediastino
posteriore fino a giungere all’identificazione della vena azigos dell’esofago atresico, del nervo vago e del dotto toracico.
Mobilizzazione estesa ed accurata dei due monconi, evitando di arrecare danni vascolari e nervosi al moncone esofageo superiore e alla trachea durante l’isolamento da quest’ultimo. La vascolarizzazione del moncone prossimale è assicurata da rami del tronco tireo-cervicale, e la sua
mobilizzazione può essere condotta per una ampia estensione.
58
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
Fig. 12.7 - Toracotomia IV spazio intercostale per atresia esofagea
La legatura della vena azigos può facilitare l’esposizione del moncone
esofageo inferiore.
Isolamento della fistola tracheo-esofagea. Essa viene sezionata e suturata con punti staccati a 3-4 mm dalla parete tracheale. Il moncone esofageo distale, viene mobilizzato quanto basta per non compromettere l’irrorazione vascolare di tipo segmentario con relative sequele ischemiche.
I due monconi esofagei vengono mobilizzati al fine di consentire una
anastomosi senza trazione. L’anastomosi diretta può essere eseguita in
presenza di un “gap” breve (massimo due corpi vertebrali). (Fig. 13.7).
In casi particolarmente difficili in cui la distanza (“long gap”) tra i due
monconi è tale da non permettere una anastomosi esofagea sicura ( la deiscenza può essere disastrosa), si può ricorrere a numerose tecniche per
consentire un’anastomosi diretta come la mobilizzazione esasperata del
moncone inferiore, fino ai pilastri diaframmatici, con risalita del cardias o
addirittura del fondo gastrico. Questa tecnica, può richiedere un ulteriore
intervento chirurgico di fundoplicatio secondo Nissen a causa di un reflusso gastro-esofageo secondario .
La tecnica di miotomia circolare completa a livello del cul di sacco
prossimale secondo Livaditis rappresenta un‘ulteriore soluzione (Fig.14.7)
59
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
Fig. 13.7 - Atresia esofagea con fistola distale (Tipo III) intervento di eso-eso anastomosi
1
2
3
A. Interruzione tra legature della vena
azygos per esporre il moncone esofageo inferiore.
1. Moncone esofageo prossimale
2. Trachea
3. V. azygos legata e sezionata
4. Moncone distale con fistola tracheale
4
B. Sezione e sutura della fistola tracheoesofagea
6. Sutura della fistola tracheale
7. Linea di incisione a livello del
moncone esofageo prossimale
7
6
C. Eso-eso anastomosi
8. Anastomosi
9. Nervo vago
10. V. cava superiore
8
9
10
60
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
Fig. 14.7 - Tecnica di allungamento del moncone prossimale “tecnica di Livaditis”
A
C
B
Fig. 15.7 - Tecnica di allungamento del moncone prossimale “tecnica di Kimura”
D
A
B
C
Con tale tecnica si ottiene un allungamento del tratto esofageo superiore di circa un centimetro. Un’altra tecnica è la miotomia extramucosa
secondo Kimura (Fig. 15.7). Essa prevede un approccio in due tempi: esecuzione di una miotomia extramucosa spiraliforme per due giri e mezzo
lungo il cul di sacco superiore mobilizzato. Ad allungamento ottenuto, circa due centimetri, si ricostruisce il piano muscolare sopra il cilindro mucoso con punti staccati e si esegue una esofagostomia terminale sulla parete destra del torace sotto la clavicola. Dopo quattro mesi di distanza viene
di nuovo mobilizzato, trasposto in torace e suturato al moncone distale.
61
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
Fig. 16.7 - Tecnica di allungamento del moncone prossimale “tecnica con lembo sec.
Bianchi”
Un’altra tecnica complementare è quella del lembo anteriore: viene
utilizzato un lembo della parete anteriore del cul di sacco superiore, mediante una incisione ad “U rovesciato”. Il lembo viene rovesciato verso il
basso e tubulizzato. Tale tecnica può essere utilizzata nei casi in cui il
moncone superiore sia molto dilatato. (Fig 16.7)
L’anastomosi primaria tra i due monconi esofagei è realizzabile nella
gran parte dei casi. Essa viene eseguita termino-terminale a punti staccati
con filo riassorbibile 5/0 o 6/0 in monostrato a tutto spessore. Prima di
completare lo strato anteriore viene posizionato un sondino naso-gastrico
62
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
che sarà utile sia per aspirare il succo gastrico, sia per rialimentare il neonato, sia per mantenere una pervietà endoluminale in caso di parziale deiscenza dell’anastomosi.
La toracotomia viene chiusa previo posizionamento di un drenaggio
tubulare siliconato (extrapleurico) in prossimità dell’anastomosi.
ESOFAGO-COLON-PLASTICA: nel 10 – 20% dei casi, l’anastomosi immediata dei monconi esofagei non è tecnicamente eseguibile. Alcuni neonati con
un “gap” lungo per inadeguato accrescimento viscerale o per complicanze
chirurgiche che abbiano compromesso la possibilità di utilizzare i due
monconi esofagei – come una deiscenza totale dell’anastomosi esofagea,
con retrazione dei monconi – sono candidati ad un intervento di esofagoplastica.
Una esofagostomia cervicale (latero-cervicale sinistra) con esteriorizzazione del moncone esofageo prossimale ed una gastrostomia rappresentano eventi palliativi che vengono eseguiti in attesa dell’intervento definitivo. L’intervento più utilizzato per il ripristino della continuità digestiva è
l’esofago colonplastica che viene eseguito intorno all’8° - 12° mese. Preferibilmente viene utilizzato il colon “trasverso sinistro” vascolarizzato dal
peduncolo vascolare colico sinistro costituito dalla arteria colica sinistra,
ramo della arteria mesenterica inferiore e dalla vena corrispettiva, tributaria della splenica. (Fig. 17.7)
Il segmento di colon viene trasferito in senso isoperistaltico, nel mediastino anteriore (dietro lo sterno mediante un tunnel retrosternale) ed
anastomizzato al moncone esofageo prossimale, in regione latero-cervicale sinistra. L’anastomosi colon-gastrica viene eseguita nella parete posteriore del fondo gastrico. L’intervento termina con l’anastomosi colon-colica termino-terminale in monostrato extramucoso.
TERAPIA CHIRURGICA: ATRESIA ESOFAGEA DI TIPO IV: presenta gli stessi
aspetti di approccio chirurgico della atresia esofagea di III tipo; si differenzia solamente da un tempo cervicale iniziale, mediante accesso sovraclaveare destro per sezionare e suturare la fistola esofago-tracheale.
TERAPIA CHIRURGICA: ATRESIA ESOFAGEA DI I TIPO: essa presenta problemi
clinici e terapeutici differenti dagli altri tipi. Una anastomosi primaria tra i
due monconi esofagei è raramente possibile a causa di un “gap lungo”.
Una gastrostomia viene eseguita dopo aver confermato la diagnosi di
atresia esofagea senza fistola associata ad aspirazione continua della saliva
dal cul di sacco superiore mediante sonda di Replogle. L’esame radiografico, mediante liquido di contrasto, nel segmento prossimale esofageo e
63
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
Fig. 17.7 - Esofago-colon-plastica isoperistaltica sul peduncolo colico sinistro
A
B
A
B
nella tasca distale (tramite la gastrostomia) permette di valutare la distanza
tra i due monconi.
Dopo tre mesi si esegue la toracotomia esplorativa per procedere ad
anastomosi primaria dopo aver mobilizzato fino al cardias il moncone inferiore. Nell’85-90% dei casi è possibile eseguire l’anastomosi anche con
“gap” di 4-7 centimetri.
Le complicanze chirurgiche di una anastomosi eseguita sotto tensione
sono elevate (deiscenze, stenosi, ernia iatale con reflusso gastro esofageo
e disordini della motilità dell’esofago).
64
CAPITOLO VII
ATRESIA ESOFAGEA
Tab. V - Complicanze della chirurgia per atresia esofagea
PRECOCI
– DEISCENZA ANASTOMOTICA
– DEISCENZA SUTURA FISTOLA TRACHEALE
– STENOSI DELL’ANASTOMOSI
TARDIVE
–
–
–
–
–
–
STENOSI DELL’ANASTOMOSI
REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO
DISFAGIA
TRACHEOMALACIA
PNEUMOPATIE RICORRENTI
DEFORMITÀ PARETE TORACICA
In caso di assoluta impossibilità tecnica di esecuzione di una anastomosi diretta è necessario praticare una esofagostomia cervicale del moncone prossimale e la sutura nel moncone distale, dilazionando l’intervento
di ricanalizzazione alimentare mediante esofago-colon-plastica all’8° 12° mese.
TERAPIA CHIRURGICA: ATRESIA ESOFAGEA DI TIPO II: la strategia terapeutica
è simile al I tipo; alla nascita oltre alla gastrostomia dovrà essere sezionata e suturata, per via cervicale destra, la fistola tracheo-esofagea superiore.
COMPLICAZIONI POST-OPERATORIE: le complicazioni post operatorie dopo
una correzione di atresia esofagea incidono in oltre il 40% dei casi con
“gap lunghi” e nel 10% nei “gap brevi”.
Esse sono rappresentate (Tab. V):
–
Deiscenza anastomotica la cui incidenza è in relazione alla distanza
tra i due monconi; se inferiore a due centimetri (gap breve) o maggiore di due centimetri (gap lungo). Esse possono essere deiscenze gravi
con completa retrazione dei monconi con pleuromediastinite; quadro
clinico estremamente grave che richiede un intervento immediato di
toracotomia con toilette endotoracica, affondamento del moncone distale, esofagostomia cervicale sinistra e gastrostomia. La ricostruzione
della continuità alimentare avviene intorno all’8° - 12° mese con una
esofago-colon-plastica. Le piccole deiscenze anastomotiche possono
essere controllate con il drenaggio toracico e la nutrizione parenterale
totale.
65
INTESTINO ANTERIORE: ESOFAGO
–
Deiscenza della sutura della fistola tracheale, può manifestarsi nell’immediato decorso post-operatorio con un quadro clinico grave caratterizzato da un pneumo-mediastino iperteso,da richiedere un reintvento per suturare la fistola.
–
Stenosi anastomotica, si osserva con percentuali variabili dal 10 al
75% in rapporto alla lunghezza del “gap”. Essa può essere anche la
conseguenza di una deiscenza anastomotica e richiede dilatazioni esofagee a partire dalla 4° - 6° settimana.
–
Reflusso gastro-esofageo, è correlato ai casi “long gap” ed incide dal
20 al 50% degli operati; può richiedere una fundoplicatio secondo
Nissen.
–
Tracheomalacia, si osserva frequentemente nelle forme di III tipo; essa è caratterizzata da un collasso della parete tracheale in fase espiratoria per mancata maturazione degli anelli tracheali. L’arco dell’aorta
può comprimere dall’esterno la trachea e favorire questo quadro clinico. In caso di grave sintomatologia (episodi dispnoici acuti, cianosi e
pneumopatia ricorrente) è stato eseguito un intervento di aortosternopessia secondo Filler.
–
Deformità della parete toracica, caratterizzate da asimmetrie toraciche e/o scoliosi, sono rilevabili nel 60% dei pazienti sottoposti a toracotomia per atresia esofagea. Esse sono “eliminate” dalla recentissima
tecnica correttiva dell’atresia esofagea eseguita con successo in 10 casi, con tecnica mininvasiva video-toracoscopica, da S. Rothenberg
(Denver, USA) e in 9 casi da N.M.A. Bax (Utrecht).
66
CAPITOLO VIII
FISTOLA TRACHEO-ESOFAGEA ISOLATA AD “H”
La fistola tracheo-esofagea ad “H” è isolata, non associata ad atresia
esofagea; è un’affezione rara con un’incidenza del 4% delle malformazioni tracheo-esofagee congenite (Fig. 11.7). La fistola è localizzata nel 70%
dei casi a livello cervicale, in corrispondenza della seconda vertebra toracica. Il tramite della fistola, rivestito da epitelio di rivestimento di tipo
esofageo, ha un decorso corto e usualmente pervio tale da permettere il
passaggio di aria e di liquido. Sono stati riportati casi di fistole di calibro
ampio (fenestratura) simulando un “cleft” laringotracheoesofageo.
SINTOMATOLOGIA: il quadro clinico è in rapporto al calibro della fistola
ed è caratterizzato da crisi di tosse, cianosi dopo alimentazione orale ed
episodi di broncopolmonite “ab ingestis”.
All’esame obiettivo l’addome è disteso. La distensione aumenta durante il pianto, in cui, con la chiusura della glottide, viene incrementato il
passaggio di aria dalla fistola tracheale nell’esofago con conseguente distensione gassosa dello stomaco. Questi sintomi possono far sospettare la
malformazione fin dalle prime settimane di vita.
DIAGNOSI: viene eseguita con un esofagogramma che documenta il passaggio di mezzo di contrasto dall’esofago nelle vie aeree e con la tracheoscopia che permette la corretta identificazione della fistola.
TERAPIA: essendo la fistola ubicata nella maggior parte dei casi a livello cervicale, l’intervento chirurgico viene eseguito con un accesso extratoracico latero cervicale destro (incisione cutanea sovraclaveare destra).La
fistola viene isolata facilmente avendo una parete ben strutturata e viene
sezionata e suturata sia sul versante tracheale che su quello esofageo. Nei
casi di localizzazione endotoracica della fistola, la tattica chirurgica non si
differenzia da quella già descritta per l’atresia esofagea (toracotomia destra con approccio extrapleurico).
67
STOMACO
EMBRIOLOGIA DELLO STOMACO
ED ANOMALIE CONGENITE
ATRESIA ANTRO - PREPILORICA
ATRESIA PILORICA
STENOSI IPERTROFICA DEL PILORO
CAPITOLO IX
STOMACO: EMBRIOLOGIA
ED ANOMALIE CONGENITE
EMBRIOLOGIA DELLO STOMACO: durante la quinta settimana di sviluppo
compare a livello dell’intestino anteriore primitivo una “dilatazione” nella
regione del futuro stomaco.
Nelle settimane successive, lo stomaco cambia di morfologia sia per le
modificazioni della sua parete sia per i cambiamenti di posizione degli organi circostanti.
Durante la 6° e 7° settimana la grande curvatura e la piccola curvatura
sono conformate. Infatti, la dilatazione gastrica primitiva cresce più rapidamente a livello del margine dorsale rispetto al margine ventrale. Il fondo dello stomaco rappresenta un’ulteriore dilatazione della estremità craniodorsale. La regione dorsale convessa ,a causa di una rotazione dello
stomaco di 90° in senso orario intorno al suo asse longitudinale,diventa la
grande curva e la regione ventrale concava la piccola curva. Con la rotazione dello stomaco il versante sinistro si porta in posizione centrale e
quello destro in posizione dorsale. Il nervo vago sinistro che innerva inizialmente il lato sinistro dello stomaco, con la rotazione, ora innerva la
parete anteriore e quello di destra la parete posteriore.
Lo stomaco subisce inoltre anche una rotazione in senso antero-posteriore. In tal modo la parte caudale o pilorica si porta a destra e verso l’alto; mentre la parte cefalica o regione del cardias si sposta a sinistra ed in
basso (Fig. 18.9).
Lo strato longitudinale dello stomaco compare tra l’8° e la 10° settimana e lo strato obliquo tra la 12° e la 14° settimana. L’anello pilorico è
ben sviluppato tra la 4° e la 5° settimana di gestazione; in tale periodo è
rilevabile nell’intestino liquido amniotico.
ANOMALIE DELLO STOMACO
I difetti durante lo sviluppo embriologico dello stomaco determinano
tutta una serie di malformazioni non comuni. Le più frequenti affezioni
sono l’atresia antro-prepilorica, l’atresia pilorica e la stenosi ipertrofica
del piloro di origine non congenita (Tab.I).
71
INTESTINO ANTERIORE: STOMACO
Fig. 18.9 - Rotazione dello stomaco lungo il suo asse longitudinale
1
3
4
2
A
B
C
3
4
D
E
1. Stomaco – 2. Duodeno – 3. Piccola curva – 4. Grande curva
72
CAPITOLO IX
STOMACO: EMBRIOLOGIA ED ANOMALIE CONGENITE
Tab. 1 - Anomalie dello stomaco
ANOMALIA
SINTOMATOLOGIA
Agastria e microgastria
infanzia
Atresia antro-pre pilorica
Completa: diaframma antro-prepilorico completo
neonatale
Incompleta: diaframma antro-prepilorico incompleto
Atresia pilorica
Completa: diaframma pilorico completo
corda fibrosa solida
discontinuità gastro-duodenale
Incompleta: diaframma pilorico incompleto
fibrosi pilorica con lume pervio e sottile
infanzia
neonatale
neonatale
neonatale
infanzia
infanzia
Stenosi ipertrofica del piloro (congenita?)
2-4 settimane
Duplicazioni dell’antro o piloro
tutte le età
Ostruzione pilorica da ectopia pancreatica
tutte le età
Malformazioni congenite artero-venose
tutte le età
Diverticoli
tutte le età
Aderenze gastro-duodenali
tutte le età
Teratomi
tutte le età
Malposizioni
tutte le età
* in grassetto le anomalie trattate nel testo
73
CAPITOLO X
ATRESIA ANTRO - PREPILORICA
Le forme congenite dell’atresia antro-prepilorica del bambino comprendono:
DIAFRAMMA ANTRO-PREPILORICO
È una anomalia rara – circa l’1% di tutte le atresie e diaframmi del
tratto alimentare – che consiste nella presenza di un setto membranoso
(diaframma) che occlude il canale pilorico in modo completo o incompleto.
Esso è comunemente localizzato a circa 1 – 3 centimetri prossimalmente al piloro ed è costituito da uno setto di circa 2 – 7 millimetri di
spessore coperto da entrambi i lati da mucosa gastrica. Sono stati riportati
in letteratura casi in cui il diaframma si trovava a circa 7 – 8 centimetri
dal piloro. Questa malformazione può essere associata ad atresia duodenale.
DIAFRAMMA PRE-PILORICO COMPLETO
Sono situazioni in cui il quadro clinico si manifesta subito dopo la nascita. Ipersalivazione e vomito non biliare, dispnea, cianosi possono osservarsi a causa del reflusso gastro esofageo. In epoca neonatale, può essere
sospettata ecograficamente la diagnosi per la presenza di poliidramnios.
L’esame obiettivo dell’addome dimostra una distensione epigastrica.
La radiografia dell’addome mostra una gastrectasia imponente “bolla
singola” con assenza di aria nelle anse intestinali.
I diaframmi completi, anche se sono totalmente occludenti, possono
presentare una piccola apertura che lascia passare latte e secrezioni gastriche. Questi neonati possono anche non avere problemi durante l’alimentazione lattea, ma con l’introduzione di cibi solidi possono presentare una
sintomatologia tipica da ostruzione gastrica.
La terapia è chirurgica, aperta o in laparoscopia, con asportazione della membrana mucosa previa apertura ampia dell’antro gastrico associata
ad una piloro-plastica secondo Heineke Mikulicz.
75
INTESTINO ANTERIORE: STOMACO
DIAFRAMMA PRE-PILORICO INCOMPLETO
In questa anomalia, il diaframma mucoso presenta una apertura centrale di 3-5 millimetri di diametro che permette il passaggio parziale del contenuto gastrico in duodeno. La sintomatologia è in rapporto al grado di
ostruzione; il quadro clinico è caratterizzato da dolori addominali (crampi
epigastrici), reflusso gastro-esofageo e vomito di cibo non digerito.
Bambini o giovani adulti con incompleta ostruzione, possono sviluppare, per la stasi del contenuto gastrico, oltre al dolore epigastrico, ulcera
gastrica ed esofagite grave.
La terapia, nelle forme con severa stasi gastrica, ulcera ed esofagite
consiste nell’escissione della membrana (attraverso una gastrotomia prossimale al piloro) associata a piloroplastica.
Il trattamento può essere eseguito in chirurgia aperta o laparoscopica.
L’elettrocauterio per papillotomia può essere utilizzato per l’incisione
della membrana prepilorica sotto guida endoscopica.
76
CAPITOLO XI
ATRESIA PILORICA
L’ostruzione completa del piloro può avvenire per una membrana (diaframma) completa, di spessore variabile, o di un cordone fibroso che unisce il piloro al duodeno o per una discontinuità completa del piloro dal
duodeno.
Le ostruzioni piloriche incomplete sono dovute alla presenza di un
diaframma incompleto o di una fibrosi con lume pervio e sottile che si
presentano clinicamente in età non neonatale.
La diagnosi dell’atresia pilorica completa può essere sospettata nel
61% dei casi mediante esame ecografico prenatale per la presenza di polidramnios.
I neonati sono sintomatici dalla nascita. Il quadro clinico è caratterizzato da vomito non biliare.
La diuresi e l’emissione delle feci si riduce nei primi giorni di vita.
La radiografia rileva distensione gastrica, con assenza di aria nelle anse intestinali.
L’atresia pilorica può associarsi con l’epidermolisi bollosa letale. Nel
sospetto di lesione cutanea associata, deve essere eseguita una biopsia della cute prima del trattamento chirurgico.
TERAPIA CHIRURGICA: nella atresia pilorica da membrana completa viene
eseguita una incisione ad Y nella regione pirolo-duodenale associata ad
una piloro-plastica di avanzamento secondo Randolph. (Fig. 19.11).
Nella atresia con completa discontinuità viene eseguita un’anastomosi
gastro-duodenale. In presenza di un cordone fibroso, si esegue una doppia
incisione obliqua nella regione antrale e nel duodeno con successiva anastomosi secondo Kimura. (Fig. 20.11)
I provvedimenti immediati sono un drenaggio naso-gastrico decompressivo, correzione dell’equilibrio idroelettrolitico e antibioticoterapia.
La correzione chirurgica della malformazione non deve avvenire in regime d’urgenza.
77
INTESTINO ANTERIORE: STOMACO
Fig. 19.11 - Atresia pilorica da diaframma completo “tecnica di piloro-plastica “Y”
sec. Randolph”
A
B
C
Fig. 20.11 - Atresia pilorica con cordone fibroso “anastomosi antro-duodeno sec. Kimura”
78
CAPITOLO XII
STENOSI IPERTROFICA DEL PILORO
La stenosi ipertrofica del piloro è la più comune causa di ostruzione
intestinale dell’età neonatale con una incidenza di 2-4 casi ogni 1.000 nati
vivi, con un rapporto maschi – femmine di 4 : 1.
Raramente tale affezione viene diagnosticata alla nascita o durante la
vita uterina mediante l’osservazione ecografica della distensione gastrica;
normalmente, essa si manifesta clinicamente dopo 2 – 4 settimane dalla
nascita con vomito non biliare. Per tale motivo la stenosi ipertrofica del
piloro non dovrebbe essere considerata una anomalia congenita, ma una
malattia acquisita. La stenosi è causata da una ipertrofia ed iperplasia degli strati muscolari longitudinali e circolari del piloro. Il canale pilorico si
allunga ed il diametro diviene più stretto.
EZIOPATOGENESI: rimane sconosciuta e controversa; sicuramente multifattoriale: fattori ereditari; cause farmacologiche (antibioticoterapia con
eritromicina); ipergastrinemia con elevati valori di prostaglandine e deficit
di ossido nitrico; anomala innervazione muscolare; fattori meccanici; carenza nel latte materno di acido picolinico con conseguente disfunzione
della muscolatura liscia intestinale. Biopsie muscolari piloriche hanno documentato una carenza di vaso intestinal peptide (VIP) e di nitrossido,
mediatori del rilasciamento della muscolatura liscia.
SINTOMATOLOGIA: il sintomo fondamentale è il vomito a getto non biliare che si presenta dopo il pasto latteo; l’età della presentazione è prevalentemente intorno alla III – IV settimana (range 2 – 6 settimane); la diagnosi può rimanere misconosciuta per numerosi giorni o settimane, con una
media di 8 giorni (range 3 – 25 giorni).Talvolta può esserci un vomito
ematico a causa di erosioni della mucosa (esofagite) per reflusso gastroesofageo; più raramente di ulcerazioni gastriche. Il vomito persistente causa perdita progressiva di peso e squilibri idroelettrolitici.La disidratazione
si manifesta con una “facies” tipica con infossamento degli occhi e delle
fontanelle. La mucosa orale è secca e la pelle anelastica, specialmente alle
estremità. Il 2 – 17% dei pazienti presenta un ittero a bilirubina indiretta.
79
INTESTINO ANTERIORE: STOMACO
DIAGNOSI: in condizioni di rilasciamento e dopo che il bambino ha vomitato, possono esserci segni di iperperistalsi gastrica (segno patognomico
di una ostruzione gastrica distale incompleta), oppure è possibile palpare
all’esame obiettivo dell’addome nell’80 – 100% dei casi la tumefazione
pilorica a forma di “oliva” dura e compatta, in regione epigastrica lievemente a destra della linea mediana.
Diagnosi differenziale: tra le affezioni chirurgiche che possono simulare una stenosi ipertrofica del piloro dobbiamo enumerare l’ atresia antropilorica con diaframma incompleto,la duplicazione gastrica o pilorica o l’
ispessimento del piloro da tessuto pancreatico ectopico,l’ulcera gastroduodenale. Tra le affezioni di natura medica rientrano nella diagnosi differenziale quelle che si presentano clinicamente con vomito dopo alcune
settimane dalla nascita come gli ematomi subdurali con aumentata pressione intracranica; la meningite; l’insufficienza surrenalica congenita; l’intolleranza al latte ed i difetti enzimatici epatici.
Diagnosi strumentale: lo studio ecografico rappresenta l’esame fondamentale per la diagnosi di stenosi ipertrofica del piloro. Esso dimostra un
allungamento del piloro e l’aumento di spessore della muscolatura pilorica.
Uno spessore del muscolo pilorico maggiore di 4,1 +/- 1 millimetro,
una lunghezza del canale pilorico maggiore di 19,9 +/- 6 millimetri ed un
diametro trasverso del piloro maggiore di 13,6 +/- 2,5 millimetri, sono dati attendibili per una diagnosi di stenosi ipertrofica del piloro.
Lo studio radiologico con mezzo di contrasto (bario) evidenzia una dilatazione gastrica ed un canale pilorico allungato ed incurvato, con i due
segni caratteristici della corda concava verso l’alto “string sign” e della
doppia traccia “double tract sign”.
ANOMALIE ASSOCIATE: la stenosi ipertrofica del piloro può associarsi ad
altre anomalie come atresia dell’esofago, malrotazione intestinale, palatoschisi, deformità agli arti, anomalie renali (idronefrosi, megauretere), cardiache, ernia inguinale, ipospadia e criptorchidia.
TERAPIA CHIRURGICA: la terapia chirurgica della stenosi ipertrofica del
piloro non necessariamente deve essere immediata dopo la diagnosi. Deve
essere corretto, prima dell’intervento, l’eventuale stato di disidratazione e
l’alcalosi metabolica conseguente alle perdite di valenze acide (Hcl) con il
vomito.L’applicazione di un sondino-naso gastrico permette la decompressione dello stomaco.
Una incisione cutanea di circa tre centimetri (laterale-trasversa) nel
quadrante superiore destro (sotto il margine inferiore del fegato) con sezione del muscolo retto dell’addome, permette l’apertura della cavità ad80
CAPITOLO XII
STENOSI IPERTROFICA DEL PILORO
Fig. 21.12 A. Piloromiotomia extramucosa sec. Fredet-Ramstedt
B. Piloromiotomia extramucosa
laparoscopica
dominale. Il fegato viene divaricato in alto ,l’oliva pilorica individuata ed
esteriorizzata.La sierosa dell’oliva pilorica viene incisa in una zona avascolare sulla superficie antero-superiore, dalla giunzione piloro-duodenale
(in corrispondenza della vena pilorica) alla gastrica (un centimetro sopra
l’antro). Lo strato muscolare spesso viene dissociato fino ad esporre circa
7–9 millimetri di mucosa (piloromiotomia extramucosa secondo Fredet
Ramstedt.
L’insufflazione con aria (150 – 200 c.c.) tramite il sondino naso-gastrico può evidenziare piccole perforazioni misconosciute durante la pilorotomia; in tal caso vengono suturate direttamente interponendo una porzione
di omento, oppure si suturano i bordi dell’incisione o si esegue una seconda miotomia sul margine posteriore.
La piloromiotomia extramucosa può essere eseguita mediante un approccio video laparoscopico. Nel maggio 1990 fu praticata la prima piloromiotomia laparoscopica (Alain,Grousseau).Anomalie congenite cardiache e respiratorie escludono tale procedura (Fig. 21.12).
81
INTESTINO ANTERIORE: STOMACO
Le complicanze operatorie possono essere: una perforazione non riconosciuta con conseguente peritonite; ristagno gastrico o vomito persistente,che può conseguire ad uno stato di “calasia”, ad edema del canale pilorico, ad angolazione della giunzione piloroduodenale; oppure una recidiva o una persistenza della malattia per una incompleta miotomia tale da
richiedere un reintervento, con revisione della prima miotomia o con una
seconda incisione sul lato opposto alla prima. Prima di un reintervento è
necessario escludere, con uno studio radiografico, altre cause di stenosi
come diaframmi pilorici, stenosi duodenale o malrotazione intestinale.
82
VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO EPATICO
ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
DILATAZIONE CISTICA DEL COLEDOCO
CAPITOLO XIII
EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO EPATICO
ED ANOMALIE CONGENITE
Durante la terza settimana di vita intrauterina all’estremità distale dell’intestino anteriore origina dall’endoderma, ventralmente, un diverticolo
(diverticolo epatico) che è destinato a formare il fegato, il sistema biliare e
la cistifellea.
Le cellule dell’abbozzo epatico proliferano e penetrano nel setto trasverso (lamina mesodermica che si estende dalla parete ventrale dell’embrione al peduncolo del sacco vitellino e divide la regione pericardica da
quella addominale; essa diventa la parte ventrale del diaframma). Il diverticolo epatico successivamente si differenzia in due componenti; una prossimale ed una distale.
La parte prossimale del diverticolo s’allunga, ma non aumenta di diametro diventando via biliare extraepatica; al contrario la parte distale cresce rapidamente di diametro e forma i cordoni epatici, che daranno origine
al parenchima epatico ed al sistema dei dotti biliari intraepatici.
Quando le cellule epatiche hanno invaso interamente il setto trasverso, la parte esterna diventa il rivestimento sieroso del fegato, eccetto in un
punto “area nuda”. Le riflessioni del rivestimento sieroso del fegato nel
setto trasverso formano il legamento coronale (che in avanti, a sviluppo
terminato, si continua con il legamento falciforme e lateralmente con i legamenti triangolari destro e sinistro) ed il piccolo omento (teso tra fegato
ed intestino anteriore: stomaco e duodeno).Essi costituiscono le connessioni peritoneali tra l’intestino anteriore e la parete ventrale e si definiscono con il termine di mesogastrio ventrale. (Fig. 22.13)
La porzione prossimale del diverticolo epatico allungandosi rimane distinta dalla massa epatica principale e dà origine al coledoco, al dotto cistico, alla cistifellea, al dotto epatico comune ed al dotto epatico destro e
sinistro.
Durante gli stadi di allungamento il sistema biliare è costituito da un
cordone solido di cellule, come il duodeno. Il processo di ricanalizzazione
del lume dei dotti inizia verso la VI settimana con il dotto epatico destro/sinistro e comune e procede lentamente verso il dotto cistico, la colecisti ed il coledoco, in contemporanea con le modificazioni che avvengo85
INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
Fig. 22.13 - Embriologia: diverticolo epatico
9
8
7
1
10
7
6
2
5
3
4
11
A
A
18
7
1
10
17
14
7
2
3
13
15
16
12
5
4
C
D
1. Cuore – 2. Dotto vitellino – 3. Allantoide – 4. Cloaca – 5. Intestino post. – 6. Intestino medio – 7. Abbozzo epatico – 8. Abbozzo stomaco – 9. Diverticolo respiratorio
– 10. Setto trasverso – 11. Ansa intestinale primitiva – 12. Colecisti – 13. Pancreas –
14. Diaframma – 15. Legamento falciforme – 16. Duodeno – 17. Mesogastrio dorsale
– 18. Piccolo omento
86
CAPITOLO XIII
EMBRIOLOGIA DEL DIVERTICOLO EPATICO ED ANOMALIE CONGENITE
Tab. 1 - Anomalie delle vie biliari extraepatiche e colecisti
Anomalia
Comparsa
della sintomatologia
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
nascita
nascita
nascita
nascita
tutte le età
tutte le età
tutte le età
tutte le età
tutte le età
tutte le età
tutte le età
tutte le età
tutte le età
Atresia delle vie biliari extraepatiche
Variazioni dotti epatici
Dotti epatici accessori
Duplicazione dotto epatico comune
Dilatazione cistica del coledoco
Duplicazione del coledoco
Assenza della colecisti
Duplicazione della colecisti
Colecisti situata a sinistra
Colecisti intraepatica
Mucosa ectopica nella colecisti
Adenomioma della colecisti
Anomalie dotto cistico
In grassetto le anomalie trattate nel testo.
no nel duodeno. Questo processo non avviene in modo omogeneo (contiguo) ma in più punti contemporaneamente,i quali successivamente si unificano..
Nella VII settimana il dotto cistico è ricanalizzato, la colecisti rimane
solida fino alla 12/ma settimana. Un difetto del processo di ricanalizzazione dei dotti biliari potrebbe essere responsabile della atresia delle vie biliari extraepatiche.
La porzione prossimale del diverticolo epatico, costituito dal coledoco
e dotto pancreatico, viene assorbita, e si approfonda a tutto spessore (posizione intramurale) nella parete del duodeno. I due dotti, nel tratto intramurale, hanno una parete comune e quindi a livello della terminazione si ha
un unico orifizio dotato di sistema sfinteriale (papilla di Vater). Il sistema
sfinteriale sembra svolgere un ruolo importante perché, fin dalla vita fetale, protegge il sistema biliare dal reflusso di succo pancreatico (ricco di
enzimi proteolitici e lipolitici). Se questo processo di approfondimento
nella parete del duodeno non è sufficiente, rimane un canale comune biliopancreatico in posizione transmurale, lungo, con un alterato angolo di
congiunzione; questa situazione anatomica non svolge più un ruolo di protezione nei confronti del deflusso di materiale pancreatico ed è responsabile di episodi di colangite con alterazione della parete della via biliare
87
INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
Fig. 23.13 - Migrazione embriologica intramurale del complesso “canale comune bilio-pancreatico”
5
1
4
3
2
A
7
6
B
1. Canale bilio-pancreatico (transmurale) – 2. Papilla di Vater – 3. Muscolo (Parete
duodenale) – 4. Wirsung – 5. Coledoco – 6. Sfintere di Oddi – 7. Canale bilio-pancreatico (intramurale)
(slaminamento della lamina propria e reazione fibrosa circostante) (Fig.
23.13).
La perdita della capacità elastica parietale e l’azione pressoria dovuta
al reflusso pancreatico determina la progressiva dilatazione della parete
del coledoco evolvendo in “cisti” vera e propria.
ANOMALIE DELLE VIE BILIARI
Le anomalie della via biliare extraepatica e della colecisti sono elencate nella Tab.I.
88
CAPITOLO XIV
ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
L’atresia delle vie biliari (AVB) è una grave affezione neonatale caratterizzata dall’assenza di tutte o parte delle vie biliari extraepatiche, che sono più o meno estesamente costituite da tessuto connettivo fibroso. Questa
alterazione determina, se non corretta, ittero colestatico, stasi biliare intraepatica con cirrosi biliare incompatibile con la vita.
L’incidenza dell’AVB è intorno ad un caso ogni 10.000 nati vivi, con
lieve predominanza nel sesso femminile (1,27: 1).
L’eziopatogenesi è sconosciuta. Una anomalia congenita non può essere esclusa (vedere “embriologia abbozzo epatico”) a causa della frequente
associazione con altre malformazioni.
Vengono ipotizzate anche infezioni virali fetali come il “reovirus tipo
3” che determina negli animali da esperimento le stesse alterazioni istologiche dell’AVB.
ANATOMIA PATOLOGICA E CLASSIFICAZIONE: il processo di ostruzione può
interessare globalmente o distrettualmente l’albero biliare. Sulla base delle
possibili varianti anatomopatogiche è possibile classificare le AVB in:
– Tipo “A” (83% dei casi) in cui abbiamo una completa sostituzione da
parte di tessuto fibroso di tutte le vie biliari extraepatiche, comprendendo anche la colecisti, che risulta una cavità virtuale, priva di lume.
– Tipo “B” (11% dei casi); è presente una completa atresia del dotto
epatico comune e del dotto destro e sinistro, mentre è normalmente
pervio il coledoco e la colecisti.
– Tipo “C” (6% dei casi); è presente un abbozzo biliare atresico all’ilo
epatico di tipo cistico (1-3 centimetri di diametro) con normale pervietà del coledoco e della colecisti. La cisti all’ilo epatico ha una parete interna priva dell’endotelio tipico delle vie biliari; essa può avere
delle microscopiche connessioni con i dotti biliari intraepatici di dimensioni intorno a 150 micron. Tali minute connessioni con il passare
del tempo diminuiscono di numero e dimensioni, fino a scomparire
completamente, rendendo più aleatoria la possibilità di un intervento
chirurgico dopo il terzo mese. L’abbozzo biliare cistico può contenere,
89
INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
Fig. 24.14 - Classificazione dell’AVB
Tipo B (11%)
Tipo A (83%)
Tipo C (6%)
pertanto, bile, ma tentativi chirurgici di drenaggio su questo abbozzo
sono destinati a fallire. (Fig. 24.14)
ANOMALIE ASSOCIATE: normalmente l’AVB è una malformazione isolata
ma in rari casi si può associare alla sindrome di Alagille o displasia arterioepatica. Essa è caratterizzata da una estrema ipoplasia delle vie biliari
intraepatiche che non può trarre nessun beneficio dal trattamento chirurgico (intervento di Kasai) ma solamente dal trapianto epatico.
90
CAPITOLO XIV
ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
SINTOMATOLOGIA: tutti i tipi di AVB presentano la stessa sintomatologia caratterizzata da ittero colestatico alla nascita, con feci acoliche ed urine ipercromiche, con epatomegalia e modesta splenomegalia.Alla palpazione il fegato presenta margini rotondeggianti.Alcuni neonati sviluppano
ascite e dilatazione delle vene della parete addominale. L’ittero è persistente e costante con elevati valori di bilirubina totale ( bilirubina diretta
oscilla da 10 a 20 mg/ml), fosfatasi alcalina e gamma GT .
In un neonato con ittero persistente,dopo le prime due settimane, occorre porre il sospetto diagnostico di AVB.
DIAGNOSI: la diagnosi differenziale deve essere posta con le altre cause
di ittero neonatale non chirurgico come intossicazioni farmacologiche, l’ispissated biliary syndrom,la galattosemia, l’eritroblastosi fetale o altre malattie emolitiche, l’ittero familiare non emolitico, le ostruzioni estrinseche
delle vie biliari, la sepsi ed infezioni come toxoplasmosi, epatite da virus,
rosolia, malattia da inclusione citomegalica.
Gli esami strumentali comprendono l’esame ecografico il quale può
rilevare l’abbozzo cistico all’ilo epatico (tipo “C”) o la presenza o meno
della colecisti. L’ecografia prenatale può evidenziare una formazione cistica endoaddominale tale da far sospettare o una atresia tipo “C” o una
cisti del coledoco o una duplicazione cistica intestinale o una cisti del
mesentere. La scintigrafia con Tc 99 disida (Di – isopropyl – phenilcarbamil – metil – imino – diacetil – acid) e la colangio RM mostrano un accumulo del tracciante nel fegato, ma con assenza di visualizzazione delle
vie biliari. L’agobiopsia epatica percutanea non viene comunemente utilizzata nei neonati per differenziare una atresia biliare da altre affezioni
non chirurgiche.
TERAPIA CHIRURGICA: un neonato affetto da AVB extraepatiche non trattato ha una sopravvivenza raramente superiore ad un anno di età evolvendo verso un ingravescente scompenso epatico (cirrosi) con ipertensione
portale ed emorragie digestive. I portatori di AVB vengono sottoposti nei
primi due mesi di vita ad un intervento di derivazione bilio-digestiva. I
bambini con AVB che non hanno beneficio dall’intervento devono essere
sottoposti a trapianto epatico.
La tecnica chirurgica prevede – previa una preliminare colangiografia
laparoscopica che confermi l’atresia – una incisione sottocostale trasversa
bilaterale (a V rovesciata), con successiva sezione del legamento rotondo
e dei legamenti triangolari, per migliorare lo spazio operatorio e la visualizzazione della “porta hepatis”. Una biopsia epatica viene praticata per lo
studio dei dotti intraepatici. Si valuta la presenza della colecisti, in caso
positivo si esegue, tramite puntura di essa, una colangiografia. La colan91
INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
giografia è importante per differenziare l’AVB dalla sindrome da bile inspessita e dall’epatite virale neonatale; in quest’ultima affezione la morfologia delle vie biliari extra ed intraepatiche è normale.
In alcuni pazienti può esserci una diffusione retrograda del mezzo di
contrasto, iniettato nella colecisti, al parenchima epatico, attraverso i vasi
linfatici intraepatici. Questa situazione è ingannevole, perché se viene interpretata come una vera connessione tra colecisti e vie biliari intraepatiche potrebbe essere eseguita, senza nessun successo, una derivazione biliare “colecistoduodeno”. Pertanto,nei casi in cui non viene visualizzata
una normale anatomia delle vie biliari intraepatiche è indicato l’intervento
derivativo di “porto-enterostomia“.
La colangiografia può essere praticata solamente in un terzo dei pazienti con AVB, perché la colecisti non ha un lume, è fibrosa, unitamente
ai dotti biliari extraepatici.
In presenza di AVB i residui fibrosi delle vie biliari in connessione
con le colecisti vengono isolati dal basso fino a raggiungere l’ilo epatico,
dove la dissezione prosegue posteriormente alla biforcazione della vena
porta fino alla “placca portale o ilare”. Alla “porta hepatis” ogni struttura
viene accuratamente isolata ed identificata.Un “loop”viene posizionato
attraverso il forame di Winslow attorno al legamento epatoduodenale allo
scopo di controllare eventuali sanguinamenti durante la dissezione dell’ilo.
Il dotto epatico comune viene isolato e sezionato ed il suo tratto distale viene utilizzato per trazione facilitando la dissezione posteriore della
vena porta e della arteria epatica. La vena porta ed i rami destro e sinistro
dell’arteria epatica vengono circondati con loops.
Numerosi e sottili rami venosi portali devono essere delicatamente legati alla base della placca fibrosa portale.Nella fase successiva viene rimossa una placca fibrosa o “pasticca” di tessuto epatico (con l’uso di forbici sottili) di circa due centimetri di diametro , con una escavazione di 5
– 10 millimetri. Nei casi in cui si trova un abbozzo biliare cistico, esso
viene asportato fino a raggiungere la “porta hepatis”. La placca fibrosa ed
il parenchima epatico escisso a livello della “porta hepatis” vengono sottoposti ad esame istologico per lo studio dei sottili dotti biliari.
Successivamente viene preparata secondo la tecnica di Roux una ansa
esclusa lunga, nel tratto di digiuno posto a 15 – 20 centimetri dal Treitz e
l’estremità distale affondata, viene portata per via transmesocolica all’ilo
epatico dove viene confezionata una anastomosi monostrato termino-terminale, tra ansa intestinale e “porta hepatis”, con filo riassorbibile 5/0 e
6/0 a punti staccati. La presenza di strutture canalicolari biliari pervie a livello della “porta hepatis” dovrebbero consentire, una volta anastomizzate con l’ansa intestinale, un efficace drenaggio biliare.
92
CAPITOLO XIV
ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
Fig. 25.14 - Atresia vie biliari extraepatiche “intervento di epatico porto-enterostomia” secondo Kasai
A
B
D
C
La continuità digestiva viene ripristinata con una anastomosi tra ansa
originale e capo distale dell’ansa alla Roux a 40 centimetri dalla anastomosi alla “porta hepatis”.
Questo intervento chirurgico è stato descritto per primo nel 1959 da
Kasai definendolo: epatico porto-enterostomia. (Fig. 25.14 A.B.C.D.E)
Una variazione alla tecnica di Kasai, nei casi di atresia limitata all’epatico comune con pervietà colecistocoledocica (AVB tipo B), è l’utilizza93
INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
Fig. 25.14 - (segue)
E
A. B. C. D. E.: Fasi successive dell’intervento di epatico porto-enterostomia
zione della colecisti.Essa viene mobilizzata,ribaltata ed anastomizzata alla
“porta hepatis” al posto dell’ansa esclusa alla Roux (intervento epato-porto-colecistostomia). Questa tecnica ha il potenziale vantaggio di limitare
la colangite ascendente post-operatoria. Alcuni autori preferiscono eseguire in tutti i casi un intervento di Kasai (epato-porto-enterostomia), perché
il coledoco, anche se pervio, coartato e ipoplastico, contiene flustoli ematici – bilio – parenchimali nel suo lume; per cui l’epato-porto-colecistostomia non risulta completamente sicura da un punto di vista funzionale.
94
CAPITOLO XIV
ATRESIA DELLE VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
COMPLICANZE POST-OPERATORIE: sono, la mancata risoluzione dell’ittero;
in tal caso il paziente è candidato al trapianto di fegato; la colangite ascendente, con febbre, ittero e dolore.
Il 27% dei bambini trattati chirurgicamente per AVB dopo 5 anni sono
anitterici ed in buona salute; altri sviluppano una fibrosi periportale con
successiva ipertensione portale sintomatica (ascite, ematemesi e melena da
varici esofagee); altri sviluppano una cirrosi epatica ingravescente da colestasi, diventando candidati ad un trapianto di fegato.
95
CAPITOLO XV
DILATAZIONE CISTICA DEL COLEDOCO
La dilatazione cistica del coledoco è una affezione congenita caratterizzata da una dilatazione della via biliare extraepatica. Solamente un caso
su quattro viene diagnosticato entro il primo anno di età. L’incidenza è di
un ogni 13.000 nati vivi; le femmine sono più colpite dei maschi con un
rapporto di tre a uno.
EZIOPATOGENESI: è controversa. Il reflusso di succo pancreatico nella
via biliare favorirebbe la dilatazione cistica, per la presenza di un canale
pancreatico-coledocico comune transmurale lungo, a causa di un difetto di
migrazione del “Carrefour” bilio-pancreatico nello spessore della parete
duodenale (vedi : embriologia del diverticolo epatico).
Meccanismi simili a quelli osservati nel morbo di Hirschsprung sono
stati ipotizzati in questa affezione (oligoganglionosi del tratto a monte o a
valle della cisti coledocica).
CLASSIFICAZIONE: la dilatazione cistica del coledoco viene distinta da un
punto di vista anatomo patologico in cinque tipi (Fig.25.15):
Tipo I: cisti extraepatica unica (cisti del coledoco);
Tipo II: diverticolo extraepatico sovraduodenale (diverticolo del coledoco);
Tipo III: coledococele;
Tipo IV: cisti extraepatiche multiple;
Tipo V: cisti multiple o singole intraepatiche. Quando si associa fibrosi epatica si configura la sindrome di Caroli.
SINTOMATOLOGIA: la sintomatologia si può manifestare precocemente,
tra 1-6 mesi (forma infantile), con ittero di tipo ostruttivo, con o senza
massa palpabile e dolori addominali; più frequentemente si manifesta tardivamente tra i 2-4 anni ( forma giovanile), con la classica triade: ittero,
febbre e dolore addominale associata o meno alla presenza di una massa
addominale nel quadrante superiore destro da riferire alla cisti.
Le complicanze sono legate alla presenza di litiasi della colecisti o
97
INTESTINO ANTERIORE: VIE BILIARI EXTRAEPATICHE
Fig. 25.15 - Dilatazione cistica del coledolo: classificazione anatomo-patologica
II
I
III
IV
V
delle vie biliari principali(8-30% dei casi) che può provocare coliche addominali, ittero ed infezione della cisti. Una colangite od una pancreatite
possono associarsi a questa affezione a causa del reflusso pancreatico nella via biliare o del reflusso biliare nel dotto pancreatico, per l’anomalia
della giunzione pancreatico biliare.
Un carcinoma può svilupparsi all’interno di una cisti coledocica biliare anche in età giovanile. Più di due terzi dei pazienti sottoposti ad una derivazione, con conservazione della cisti (cisto-duodenostomia) hanno sviluppato un carcinoma entro 10 anni; mentre è raro un carcinoma delle vie
biliari che si sviluppa dopo una completa resezione della cisti.
DIAGNOSI: la diagnosi può essere eseguita occasionalmente nel corso di
un esame ecografico o in seguito ad accertamenti per episodi di ittero, dolori
addominali o massa addominale palpabile. La diagnosi strumentale si avva98
CAPITOLO XV
DILATAZIONE CISTICA DEL COLEDOCO
Fig. 26.15 - Dilatazione cistica del coledoco “derivazione bilio-digestiva con ansa
esclusa alla Roux”
A. Anastomosi con l’epatico comune
B. Anastomosi alla confluenza con gli epatici
C. Anastomosi separata epatico dx e sx
le, oltre dell’ecografia, della colangio RM, della TAC, della scintigrafia epato-biliare e della colangio-pancreatografia retrograda per via endoscopica.
TERAPIA: la terapia chirurgica della dilatazione cistica del coledoco prevede un accesso sottocostale trasverso destro; una aspirazione del contenuto intracistico; una colangiografia attraverso la colecisti per una valutazione della morfologia delle vie intra ed extraepatiche; la colecistectomia
e la completa resezione della cisti (per eliminare il rischio di carcinoma),
con sutura del tratto distale del coledoco al di sopra del Wirsung evitando
di lesionare il dotto pancreatico. Il livello di resezione prossimale della
cisti è vario: a livello del dotto epatico comune (ricostruzione della via biliare mediante una epaticodigiunostomia su ansa alla Roux),oppure a livello della confluenza degli epatici (anastomosi epaticodigiuno all’ilo su
ansa alla Roux) o a livello dell’epatico destro e sinistro (anastomosi separata, epatico destro ed epatico sinistro, su ansa esclusa alla Roux)
(Fig.26.15 A.B.C.).
99
PANCREAS
EMBRIOLOGIA DEL PANCREAS
ED ANOMALIE CONGENITE
PANCREAS ANULARE
FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO)
IPERPLASIA PANCREATICA
(NESIDIOBLASTOSI NEONATALE)
CAPITOLO XVI
EMBRIOLOGIA DEL PANCREAS
ED ANOMALIE CONGENITE
Il pancreas si forma da due abbozzi che derivano dal rivestimento endodermico del duodeno intorno alla VI settimana di vita. Il diverticolo
ventrale è situato alla base del diverticolo epatico, il diverticolo dorsale
direttamente dal versante dorsale del duodeno, diametricamente opposto a
quello epatico. Il diverticolo dorsale si accresce nel mesentere dorsale
sviluppando gli acini primari; durante lo stesso periodo il diverticolo ventrale si sviluppa insieme a quello epatico. Quando il duodeno ruota verso
destra ed assume la forma di “C”, l’abbozzo pancreatico ventrale migra
dorsalmente analogamente al tratto distale del coledoco. Durante la VII
settimana, l’ abbozzo ventrale viene a trovarsi subito sotto e dietro l’abbozzo dorsale.
Dal piccolo abbozzo ventrale si forma il processo uncinato e la porzione inferiore della testa del pancreas con il suo dotto ventrale; dall’ampio
abbozzo dorsale il corpo, la coda del pancreas ed il dotto dorsale.
Nelle fasi successive avviene la fusione dei due abbozzi primordiali e
la comunicazione tra i dotti: la porzione prossimale del dotto pancreatico
dorsale può obliterarsi o persistere in forma di ristretto dotto, il dotto pancreatico accessorio (di Santorini); il dotto ventrale persiste e unendosi alla
porzione del dotto dorsale forma il dotto pancreatico principale (di Wirsung).
Alla fine della VII settimana non sono evidenti segni della duplice origine dell’organo.
Il condotto pancreatico principale, insieme al coledoco, sbocca nel
duodeno a livello della papilla maggiore (di Vater); lo sbocco del dotto accessorio, quando è presente, avviene a livello della papilla minore. Nel
10% dei casi i due dotti non si fondono, rimane la situazione originaria
con i due dotti separati.
La giunzione bilio-pancreatica o “canale comune bilio-pancreatico”, al
termine dello sviluppo embriologico viene a trovarsi a metà tra la fine della papilla e la muscolatura esterna del duodeno. In tal modo i due dotti,
nel tratto intramurale, hanno una parete comune con un orifizio unico dotato di un sistema sfinterale (sfintere di Oddi) (Fig. 27.16).
103
INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS
Fig. 27.16 - Embriologia del pancreas: abbozzo ventrale e dorsale
1
5
6
2
4
B
3
3
A
B
A
1. Abbozzo epatico – 2. Colecisti – 3. Abbozzo pancreatico ventrale – 4. Abbozzo pancreatico dorsale – 5. Coledoco – 6. Dotto epatico
La secrezione degli acini si manifesta durante il terzo mese di vita intrauterina ed anche la differenziazione tra pancreas endocrino ed esocrino
avviene precocemente durante la vita embrionale. Le isole pancreatiche di
Langerhans si sviluppano dal tessuto parenchimale pancreatico e si distri104
CAPITOLO XVI
EMBRIOLOGIA DEL PANCREAS ED ANOMALIE CONGENITE
Tab. 1 - Anomalie congenite del pancreas
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
Aplasia o ipoplasia
Iperplasia (Nesidioblastosi)
Displasia
Variazioni di anomalia dei dotti
Pancreatite familiare
Pancreas divisum
Pancreas anulare
Anomalie di rotazione
Pancreas accessorio eterotopico (pancreas aberrante)
Cisti pancreatiche
Fibrosi cistica (ileo da meconio)
Anomalie arteriose, venose e linfatiche
* in grassetto le anomalie trattate nel testo
buiscono all’interno della ghiandola . La secrezione di insulina inizia al
quinto mese. Anche le cellule secernenti glucagone e somatostatina si sviluppano dalle cellule parenchimali. Il mesoderma splancico che circonda
l’abbozzo pancreatico costituisce il tessuto connettivo della ghiandola.
ANOMALIE DEL PANCREAS
Le anomalie congenite del pancreas, come risultato di un difetto del
normale sviluppo embriologico, sono numerose (Tab. I)
105
CAPITOLO XVII
PANCREAS ANULARE
Il pancreas anulare (PA) è caratterizzato anatomicamente da una banda
di tessuto pancreatico che circonda la seconda parte del duodeno in continuità con il parenchima della testa del pancreas da entrambi i lati.
Il tessuto pancreatico che costituisce l’anello è istologicamente normale con acini , isole e con un proprio dotto connesso con il dotto del Wirsung ; raramente si apre in modo autonomo con un dotto comune o con
numerosi orifizi, in duodeno (Fig. 28.17) (Fig. 29.17).
Il 70% dei casi di PA sono associate ad altre anomalie: una stenosi o
atresia del duodeno nella sede dell’anello è presente nel 40% ; una sindrome di Down nel 16%; malrotazioni intestinali; fistola tracheo-esofagea nel
9% e difetti congeniti cardiaci nel 7%.
EZIOPATOGENESI: del pancreas anulare è riferibile ad una errata differenziazione e rotazione degli abbozzi pancreatici primitivi. Non è noto,
comunque, quale sia la reale alterazione embriologica che produce il pancreas anulare,nonostante le numerose spiegazioni proposte (ipertrofia dell’abbozzo dorsale e ventrale; fissazione di parte dell’abbozzo ventrale alla parete del duodeno prima della rotazione; tessuto pancreatico eterotopico).
SINTOMATOLOGIA: il pancreas anulare è congenito, ma può manifestarsi
clinicamente in ogni età. Nella maggioranza dei casi questa condizione è
asintomatica (70%) e può essere un reperto occasionale autoptico.
La sintomatologia può presentarsi nel 33% dei casi nella prima settimana di vita e nel 45% dei casi entro il primo anno; rari casi sono visti
verificarsi in giovani pazienti o in età adulta.
I sintomi sono dovuti all’ostruzione esercitata sul duodeno o sul tratto
biliare distale o a livello della papilla di Vater, da parte dell’anello pancreatico.Nel neonato si manifestano con vomito, perdita di peso, alcalosi,
disidratazione e ittero. Nell’infanzia il grado di stenosi duodenale può essere meno severa con sintomi di ostruzione cronica (stasi gastrica con vomito biliare, reflusso gastro-esofageo, ulcera gastrica).
107
INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS
Fig. 28.17 - Pancreas anulare
Fig. 29.17 - Pancreas anulare e distribuzione topografica dei dotti pancreatici
A
B
C
Nell’adulto questa affezione si presenta con una varietà di complicanze: ostruzione duodenale e biliare; pseudocisti pancreatica; pancreatite ed
ulcerazioni peptiche (gastriche e duodenali).
108
CAPITOLO XVII
PANCREAS ANULARE
Fig. 30.17 - Pancreas anulare: terapia chirurgica
A. Duodeno-duodenostomia (sec. Weitzman)
B. Duodeno-digiunostomia (sec. Gross)
A
B
La diagnosi di pancreas anulare può essere sospettata ecograficamente
durante la vita intrauterina per la presenza di un polidramnios. Alla nascita la radiografia diretta dell’addome mostra la “doppia bocca” per la presenza di aria nello stomaco disteso e nella porzione inferiore del duodeno,
mentre è assente nel restante tratto intestinale.
TERAPIA: la terapia chirurgica viene praticata nei casi di stenosi duodenale completa. La sezione dell’anello pancreatico è assolutamente controindicata per il pericolo di lesioni dei piccoli dotti pancreatici, perché è
impossibile visualizzare l’esatto dotto escretore; le fistole pancreatiche si
manifestano nel 5% dei casi operati con questa procedura. La duodenodigiunostomia transmesocolica rappresenta il trattamento di scelta proposta
da Gross ed offre soddisfacenti risultati. Se la duodenodigiunostomia è
tecnicamente impossibile, per una eccessiva estensione dell’anello pancreatico alla prima porzione duodenale, si può eseguire una gastrodigiunostomia anteriore; questa procedura ha lo svantaggio di una potenziale formazione di ulcera nella sede dell’anastomosi. La duodenoduodenostomia
proposta da Weitzman (anastomosi latero-laterale) rappresenta la tecnica
chirurgica di by-pass più fisiologica. Essa richiede un’ampia mobilizzazione del duodeno fino al Treitz (manovra di Kocker) (Fig. 30.7)
109
CAPITOLO XVIII
FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO)
L’ileo da meconio è l’espressione clinica più precoce della fibrosi
cistica del pancreas o mucoviscidosi. Circa il 6 – 20% dei neonati affetti da fibrosi cistica presenta alla nascita una ostruzione intestinale
meconiale. Sebbene la fibrosi cistica non sia una anomalia morfologica
del pancreas, ma una condizione ereditaria che si trasmette per via autosomica recessiva, l’ileo da meconio è un problema chirurgico rilevante in età neonatale e, pertanto, viene trattato all’interno del nostro
testo.
L’incidenza della fibrosi cistica è di un caso su 1.100 nati, con uguale
distribuzione in entrambi i sessi. È stato calcolato che il 6% della popolazione è portatrice del gene della fibrosi cistica
FISIOPATOLOGIA: la fibrosi cistica o mucoviscidosi è un disordine genetico anatomico recessivo a penetranza variabile che determina una secrezione anomala di tutte le ghiandole esocrine: pancreas, fegato, tratto gastro-enterico,tracheo-bronchiale, mucose nasali, ghiandole salivari, testicoli e ovaie.
Il muco secreto presenta una elevata viscosità e precipitando entro i
piccoli lumi dei dotti ghiandolari causa ostruzione e dilatazione; a ciò consegue la distruzione del tessuto ghiandolare che viene sostituito con tessuto fibroso. Il pancreas mostra l’alterazione strutturale più cospicua. La sequenza degli eventi con l’anomala secrezione da parte degli acini, inizia
prima della nascita a cui seguono ostruzioni dei dotti, atrofia e fibrosi. Alla nascita l’aspetto istologico del pancreas nella fibrosi cistica rileva la
presenza di materiale ispessito nei duttuli pancreatici e fibrosi precoce periduttale e periacinosa.
Le insule di Langerhans, di solito, sono normali, ma lo sviluppo di un
diabete mellito in alcuni pazienti suggerisce che l’apporto ematico agli
isolotti possa risultare compromesso dalla fibrosi progressiva. Alterazioni
istologiche precoci e di grado variabile sono rilevabili nelle ghiandole secretorie esocrine dislocate lungo tutto il canale alimentare, come le ghiandole di Brunner nel duodeno o le ghiandole mucose (cellule caliciformi)
111
INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS
Fig. 31.18 - Fibrosi cistica: fisiopatologia
• Ghiandole di Brunner
• Ostruzione dei dotti
• Dilatazione cistica
• Atrofia e fibrosi
A. Fibrosi cistica: polmone
– eccessiva secrezione mucosa
– enfisema ostruttivo
B. Fibrosi cistica: duodeno/pancreas
↓
– atelettasia
– bronchiectasie
• Ostruzione dei dotti biliari
• Fibrosi periportale
• Pericolangite
• Perforazione
• Volvolo
C. Fibrosi cistica: fegato
D. Ileo da meconio: intestino
dell’intestino tenue; esse sono dilatate con aspetti cistici. Nei bambini con
fibrosi cistica sono state osservate inoltre ulcere peptiche.
Le alterazioni patologiche del fegato sono caratterizzate da ostruzione
dei piccoli duttuli biliari da parte di materiali densi; fibrosi periportale e
pericolangite. Il 10-15% dei casi sviluppa una cirrosi biliare multinodulare
con successiva ipertensione portale e varici esofagee. I polmoni sviluppano la malattia dopo mesi ed anni, al momento della nascita infatti sono
strutturalmente normali.
Il muco prodotto rimane tenacemente adeso, ostruendo i bronchioli ed
i bronchi che conducono ad enfisema ostruttivo con zone multiple di atelettasia e bronchiectasie (Fig. 31.18).
112
CAPITOLO XVIII
FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO)
Tra le anomalie associate frequentemente alla fibrosi cistica abbiamo
l’atresia intestinale.
La patogenesi dell’ileo da meconio sembra correlata non solo alla deficiente secrezione degli enzimi pancreatici, ma in maniera prevalente alla
anomala secrezione delle ghiandole intestinali, con una maggiore quantità
di mucoproteine e albumina che aumentano la viscosità e la densità. Sono
stati riportati in letteratura casi di ileo da meconio senza fibrosi cistica del
pancreas, confermando un ruolo secondario della patologia pancreatica
nella patogenesi dell’ileo da meconio.
Il meconio così prodotto aderisce alle pareti del lume intestinale aumentando la propria consistenza fino a vere e proprie concrezioni e realizzando un quadro di ostruzione intestinale.
L’estensione delle aree ostruite può essere variabile; generalmente si
estende alle ultime anse dell’ileo; la parte terminale del digiuno è generalmente dilatata e contiene del materiale semiliquido. Procedendo in senso
caudale la dilatazione delle anse aumenta e la dilatazione è massima nella
porzione media dell’ileo e può raggiungere fino a sette centimetri di diametro; la dilatazione cessa invece negli ultimi 20-30 centimetri dalla valvola ileo-cecale; questo tratto contiene materiale bianco-grigiastro indurito
sotto forma di concrezioni solide.
Il quadro clinico può variare da una semplice ostruzione del tenue distale (ileo-meconiale semplice) ad un quadro clinico complicato (ileo meconiale complicato), quando si creano alcune particolari condizioni.
(1) PERFORAZIONE: quando il bolo di meconio inspessito e compresso
dalla peristalsi contro la valvola ileo-cecale causa una costante compressione sulle pareti intestinali con conseguente necrosi-ischemica ed eventuale perforazione.
(2) VOLVOLO; le anse dilatate ripiene di meconio possono avvolgersi
per l’iperperistalsi su se stesse fino a provocare un volvolo, con conseguenti danni da devascolarizzazione.
MECONIO: in condizioni normali è composto da liquido amniotico ingerito dal feto, da secrezioni delle ghiandole intestinali, del fegato e del
pancreas. Esso si presenta come una sostanza semifluida, viscida, di colorito verde-nerastro per la presenza di pigmenti biliari e contiene squame
epiteliali provenienti dalla vernice caseosa e dall’epitelio dell’intestino.
Con il progredire della gestazione tende a diventare più consistente e più
scuro per l’assorbimento di acqua da parte dell’intestino. La quantità varia
dai 60 ai 200 grammi.
113
INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS
Normalmente la primaria emissione di meconio avviene nel 27% poco
dopo la nascita e nel 69% nelle prime 12 ore e nel 94% nelle prime 24
ore. Nel quarto giorno di vita è completamente eliminato.
SINTOMATOLOGIA “ILEO DA MECONIO” - Il quadro clinico è caratterizzato
da distensione addominale alla nascita (talora sono visibili e palpabili le
anse piene di meconio pastoso con segni di iperperistalsi all’ascoltazione
addominale) dal vomito biliare precoce e progressivo e dall’assenza della
emissione di meconio. L’anamnesi familiare positiva per fibrosi cistica
può essere di aiuto per una conferma diagnostica.
DIAGNOSI: la radiografia diretta dell’addome mette in evidenza, oltre alla distensione addominale, livelli idroaerei più o meno numerosi con un
quadro tipico di occlusione intestinale bassa: a differenza delle atresie intestinali i livelli sono generalmente più scarsi. I livelli, anche se raramente, possono mancare del tutto. Caratteristico può essere il reperto delle cosiddette “bolle di sapone” entro il lume delle anse dilatate, per la presenza
di bolle di aria intrappolata nel meconio viscoso. La presenza di calcificazioni endo addominali deve indurre il sospetto di esiti di peritonite perforativa neonatale. Aria libera in cavità addominale indica una perforazione
prenatale (peritonite da meconio). Il clisma opaco, con gastrografin, deve
essere eseguito sia per consentire spesso una risoluzione incruenta del
quadro clinico (tecnica di Noblett), ma anche per escludere le altre cause
di ostruzione intestinale bassa, come una atresia digiuno-ileale, o un’atresia colica o la malattia di Hirschsprung o la “sindrome del colon sinistro”.
Una condizione particolare è la sindrome da “Plug” di meconio, anche se
non è correlata con la malattia fibrosi cistica. Essa si osserva in un caso su
500 nati e riguarda i neonati che presentano un ritardo all’emissione di
meconio e talora sintomi da occlusione bassa. Essa si risolve spontaneamente o dopo clisteri con l’emissione di meconio ispessito nell’ultimo
tratto di colon, sotto forma di un cordone di varia lunghezza.
Il clisma può evidenziare un colon di normale lunghezza, ma di calibro ridotto (microcolon da non uso). Il liquido di contrasto se arriva a refluire nell’ileo terminale, può rilevare piccole concrezioni, rotondeggianti
da meconio solidificato.
TERAPIA
Terapia medica “non chirurgica”
Nei casi di ileo da meconio semplice è possibile tentare l’esecuzione
di un clisma con gastrografin (mezzo di contrasto idrosolubile ipertonico); circa 30-50 c.c. di mezzo di contrasto vengono introdotti a caduta attraverso un catetere tipo Foley capace di richiamare liquidi entro il lume
114
CAPITOLO XVIII
FIBROSI CISTICA (ILEO DA MECONIO)
Fig. 32.18 - Ileo da meconio: terapia chirurgica (enterotomia ileale e cat. Fogarty)
intestinale e di ammorbidire il meconio vischioso facilitandone l’espulsione.
Un’iperidratazione per via parenterale si rende necessaria per evitare i
rischi legati allo shock ipovolemico.
La perforazione intestinale da clisma con gastrografin può rappresentare una insidiosa complicanza immediata o tardiva entro 48 ore dall’esame, riportata con un’incidenza di circa 11% dei casi. In caso di successo
(67% dei casi) il neonato evacua il meconio entro 24-48 ore e potrà essere
rialimentato precocemente per via orale. Una soluzione di n-acetilcisteina
al 10% può evitare la comparsa, a causa della sua azione fluidificante, di
nuove crisi occlusive.
La terapia chirurgica
La terapia chirurgica è necessaria in caso di fallimento della tecnica di
Noblett o in presenza di ileo da meconio complicato.
In caso di ileo da meconio semplice si può eseguire una enterotomia e
lavaggio, attraverso un sondino con soluzione di gastrografin e di n-acetilcisteina nel tratto occupato da meconio ispessito.
L’enterotomia viene eseguita nel tratto di tenue dilatato nel suo bordo
antimesenterico ed in essa viene introdotto un sondino o un catetere di Fogarty che viene avanzato verso la zona di ostruzione iniettando soluzione
115
INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS
Fig. 33.18 - Ileo da meconio: terapia chirurgica (derivazione ileale esterna sec. Bishop-Koop
di gastrografin e di n-acetilcisteina. Quando il meconio è stato rimosso
l’enterotomia viene chiusa.
Una via alternativa d’accesso alla enterotomia ileale può essere il
moncone appendicolare. In casi particolari può essere necessaria una resezione intestinale e anastomosi. Tale procedura viene eseguita nella forma
con volvolo o con atresia associata.
Una derivazione ileale esterna provvisoria (secondo Bishop-Koop)
consiste in una anastomosi termino-terminale tra l’estremità dell’intestino
prossimale e la parete della porzione distale, a circa 4 centimetri dalla sua
estremità che viene esteriorizzata (ileostomia) (Fig. 32.18) (Fig. 33.18).
116
CAPITOLO XIX
IPERPLASIA PANCREATICA
(NESIDIOBLASTOSI NEONATALE)
L’iperinsulinismo rappresenta la causa più frequente di ipoglicemia nel
neonato e nel bambino di età inferiore ad un anno. Solamente una diagnosi ed una terapia precoce possono prevenire i danni al sistema nervoso
centrale che conseguono a questa rara patologia.
L’ipoglicemia neonatale è stata riscontrata nel 4,4% dei nati a termine
e nel 15,6% dei prematuri. Nella grande maggioranza dei casi l’ipoglicemia neonatale è transitoria, rispondendo efficacemente alla terapia infusionale di glucosio. Un’ipoglicemia persistente, refrattaria alle normali misure terapeutiche, deve indurre il sospetto di una forma organica di iperinsulinismo (Tabella I).
La diagnosi di ipoglicemia deve includere un rapido dosaggio radioimmunologico dell’insulina. Usualmente si considera un indice di iperinsulinismo, una normale od elevata insulinemia, in presenza di bassi livelli glicemici.
SINTOMATOLOGIA dell’ipoglicemia neonatale non è specifica ed include:
crisi di apnea, ipotonia muscolare, ipotermia, tremori, cianosi, pallore, sudorazione profusa, irritabilità, convulsioni tonico-cloniche generalizzate
fino al coma.
TERAPIA INIZIALE: una infusione costante di glucosio, mediante un catetere venoso centrale è la terapia iniziale per tutte le forme ipoglicemiche;
nelle condizioni di iperinsulinismo la somministrazione di diazzossido inibisce la secrezione di insulina. Il diazzossido associato ai cortisonici è utile per stabilizzare ulteriormente il valore della glicemia. Farmaci analoghi
della somatostatina a lunga durata di azione sono risultati ugualmente efficaci nel normalizzare la glicemia ai neonati con iperinsulinismo.
ANATOMIA-PATOLOGICA E CLASSIFICAZIONE: l’alterazione istologica pancreatica corrispondente al quadro clinico dell’ipoglicemia con iperinsulinemia può comprendere quattro condizioni: l’iperplasia delle cellule B;
l’adenoma o l’adenomatosi; la nesioblastosi e l’iperfunzione isolata delle
117
INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS
Tab. 1 - Usuali cause di ipoglicemia
Ipoglicemia transitoria
Ipoglicemia persistente
Insufficiente riserva glicogenica
Difetti enzimatici ed ormonali
Ritardo crescita intrauterina
Glicogenesi (I, II, VI)
Deficit di fruttosio 1,6
di fosfatasi
Iperinsulinismo
Galattosemia
Neonato di madre diabetica
Intolleranza al fruttosio
Eritroblastosi
Acidemia metil-malonica e propionica
Sindrome di Beckwith
Malattia delle urine a sciroppo di acero
Tirosinosi
Deficit di cortisolo ed ormoni della crescita
Ipersinsulinismo
Adenoma
Iperplasia delle cellule insulari
Nesidioblastosi
Alterazioni funzionali delle cellule insulari
cellule B, per un deficit secretivo. Più lesioni possono coesistere nello
stesso paziente.
Nei neonati e nei bambini sotto un anno di vita la nesidioblastosi è la
causa più frequente di iperinsulinismo; l’adenoma e l’iperplasia di cellule
insulari sono più comuni in età superiore.
La nesidioblastosi è caratterizzata da una intensa proliferazione di cellule insulari prevalentemente B ad autonomia funzionale, originate dall’epitelio duttale del pancreas esocrino. Esse sono distribuite diffusamente e
casualmente nel parenchima pancreatico sotto forma di cellule singole e di
piccoli aggregati. La componente endocrina risulta in media cinque volte
maggiore nelle nesidioblastosi rispetto a quella di un pancreas normale.
Granuli neuroendocrini di diametro 300-700 mu contenenti insulina
sono stati osservati con il microscopio elettronico, all’interno delle cellule
endocrine.
Studi immunoistochimici hanno rilevato anomalie anche nella distribuzione delle cellule secernenti glucagone, somatostatina e polipeptidi
pancreatici. Una riduzione delle cellule D, con conseguente diminuzione
della secrezione di somatostatina, è stata osservata in neonati con ipogli118
CAPITOLO XIX
IPERPLASIA PANCREATICA (NESIDIOBLATOSI NEONATALE)
cemia persistente iperinsulinemica. Un deficit della somatostatina, a causa
dell’azione inibente di questo polipeptide sul rilascio dell’insulina, può indurre uno stato iperinsulinemico.
EZIOPATOGENESI: di questa affezione è sconosciuta. Una storia familiare
di neoplasia endocrina multipla è stata descritta in rari casi nei pazienti affetti da nesidioblastosi.
In una revisione della letteratura su 38 neonati con ipoglicemia ed iperinsulinemia non responsiva alla terapia medica sottoposti ad intervento
chirurgico di pancreasectomia sono stati riportati 13 casi (34%) di nesidioblatosi; 11 casi (29%) di iperplasia di cellule B; 11 casi (29%) di adenoma
e 3 casi (8%) di pancreas normale.
DIAGNOSI: la persistenza della sintomatologia, in presenza di una discrepanza tra valori glicemici ed insulinemia, rende di facile diagnosi questa affezione. Il sospetto di ipoglicemia trova conferma in un valore di
glucosio 40 mg/dl nel neonato a termine e 30 mg/dl nel prematuro. Valori
di insulinemia compresi tra 10 e 15 nU/ml sono sospetti e valori 20 nU/ml
rappresentano una diagnosi certa. La somministrazione di glucagone e di
somatostatina rappresentano i test farmacologici che si affiancano ai test
di tolleranza al carico di glucosio ed a quello di leucina nel sospetto di
una nesidioblastosi.
L’ecografia, la tomografia computerizzata e l’angiografia raramente rilevano anormalità pancreatiche. Di scarso rilievo risulta anche il dosaggio
dell’insulina nei prelievi selettivi di sangue nella vena splenica, mediante
il cateterismo transepatico della vena porta.
TERAPIA: nel caso in cui venga evidenziato un adenoma, la terapia chirurgica è basata sulla asportazione di esso, con una porzione di tessuto
pancreatico, al fine di escludere all’esame istologico una associazione con
una forma diffusa. In assenza di una lesione visibile per una presumibile
diagnosi di nesidioblastosi viene praticata una pancreasectomia subtotale
(corporo-caudale) al 75-90%, con trancia di sezione a destra della vena
mesenterica superiore.
L’accesso laparotomico viene eseguito mediante una incisione sottocostale trasversa con la resezione di entrambi i muscoli retti. La sezione del
legamento gastro-colico, l’ampia manovra di Kocker del duodeno, l’abbassamento dell’angolo colico sinistro e l’incisione del peritoneo posteriore lungo il margine inferiore della ghiandola permettono l’ispezione e la
palpazione bidigitale del pancreas. L’ecografia intraoperatoria esclude la
presenza di neo-formazioni intraparenchimali. Il pancreas viene sezionato
a destra della vena mesenterica superiore rispettando il processo uncinato.
119
INTESTINO ANTERIORE: PANCREAS
Fig. 33.19 - Nesidioblastosi: terapia chirurgica (pancreasectomia)
95%
65%
90%
85%
La pancreasectomia è preceduta dalla liberaziazione, dalla ghiandola, della
arteria splenica e della vena splenica, mediante una accurata resezione-legatura dei rami diretti all’organo. La manovra viene iniziata a livello della
coda e proseguita verso la testa del pancreas fino ai vasi mesenterici superiori; sollevando verso l’alto la coda ed il corpo pancreatico.
Un miglior controllo dell’ipoglicemia insieme ad una soddisfacente
funzione esocrina è ottenuta dopo una pancreasectomia “quasi” totale (al
95%) in cui viene lasciata in sede una quota minima di tessuto pancreatico, compreso tra il margine destro del coledoco ed il duodeno.
In caso di insuccesso dopo una resezione pancreatica sub totale, può
essere eseguita una ulteriore riduzione di parenchima fino alla pancreasectomia totale (Fig. 33.19).
Una ipertrofia compensatoria del tessuto pancreatico residuo dopo
pancreasectomia sub o quasi totale, è stata riportata da vari autori. Il conseguente incremento della funzione endocrina ed esocrina del residuo rigenerato può rendere necessario un reintervento.
La preservazione della milza durante l’atto operatorio, risulta importante per l’aumentato rischio di sepsi dopo splenectomia. La splenectomia
può essere evitata anche se si può rendere necessaria la legatura della vena
splenica, a scopo emostatico, in caso di sua accidentale lacerazione; i vasi
gastrici brevi sono infatti sufficienti a mantenere il ritorno venoso. I valori
glicemici si normalizzano entro 24 ore dall’intervento chirurgico.
120
PARTE III
INTESTINO MEDIO
(MIDGUT)
INTESTINO MEDIO
(MIDGUT)
XX.
XXI.
XXII.
XXIII.
XXIV.
XXV.
TENUE-COLON DESTRO
Embriologia dell’intestino medio ed anomalie congenite
Atresia e stenosi duodenale
Atresia digiunale ed ileale
Anomalie di rotazione e fissazione dell’intestino medio (Malrotazioni intestinali)
Duplicazioni dell’intestino medio
Patologia del dotto onfalo-enterico
123
TENUE-COLON DESTRO
EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO MEDIO
ED ANOMALIE CONGENITE
ATRESIA E STENOSI DUODENALE
ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE
ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE
DELL’INTESTINO MEDIO
(MALROTAZIONI INTESTINALI)
DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO
PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO
CAPITOLO XX
EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO MEDIO
ED ANOMALIE CONGENITE
L’intestino medio (mid gut) è quella porzione dell’intestino primitivo
che embriologicamente è aperto ventralmente nel sacco vitellino. Nell’embrione di cinque settimane, l’intestino medio è sospeso alla parete addominale dorsale da un dotto mesentere (mesentere dorsale) e ventralmente
comunica con il sacco vitellino per mezzo del dotto vitellino o peduncolo
vitellino o dotto onfalomesenterico. Più tardivamente nello sviluppo, l’intestino medio è quella porzione dell’intestino che è vascolarizzata dalla arteria mesenterica superiore. Nell’adulto l’intestino medio si estende dal
duodeno subito sotto la papilla di Vater (giunzione bilio-pancreatica) e termina alla giunzione dei due terzi prossimali del colon trasverso con il terzo distale.
Lo sviluppo dell’intestino medio è caratterizzato da un rapido allungamento del tubo intestinale e del suo mesentere, dando origine all’ansa intestinale primitiva.
L’ansa intestinale primitiva presenta al suo apice il dotto vitellino (o
dotto onfalomesenterico) ed il suo asse è rappresentato dall’arteria mesenterica superiore. (Fig. 34.20) (35.20).
In tal modo possiamo distinguere l’ansa primitiva in un segmento cefalico o prearterioso che darà origine alla porzione distale del duodeno, al
digiuno e ad una porzione dell’ileo; ed in un segmento caudale o postarterioso che darà origine alla porzione inferiore dell’ileo, al cieco, all’appendice, al colon ascendente ed ai due terzi prossimali del colon trasverso. Infatti, durante la quinta settimana si sviluppa nel segmento caudale una
espansione (posteriormente al dotto onfalomesenterico) da cui si svilupperà il cieco (abbozzo cecale), rappresentando il limite tra il futuro intestino tenue e colon.
Nella quinta e sesta settimana, l’intestino medio (ansa intestinale) si
allunga più rapidamente del corpo embrionario; questa discrepanza, accentuata anche dalla crescita del fegato, induce tutta una serie di movimenti fino al raggiungimento della posizione finale del tenue e del colon;
questi movimenti successivi possono essere divisi in tre stadi:
127
INTESTINO MEDIO
Fig. 34.20 - Intestino medio: “ansa intestinale primitiva”
1
2
7
9
3
4
5
8
6
1. Stomaco – 2. Duodeno – 3. A. mesenterica sup. – 4. Segmento cefalico – 5. Segmento caudale – 6. Dotto vitellino – 7. Colon trasverso – 8. Intestino tenue – 9. Abbozzo cecale
Primo stadio: erniazione.
Durante l’ottava settimana di vita, a causa del rapido allungamento
dell’ansa primitiva ed in particolare del suo segmento cefalico o prearterioso, la cavità addominale risulta troppo piccola per contenere tutte le anse ed esse compensano penetrando nel celoma extra embrionario, cioè all’interno del cordone ombelicale. In tal modo si forma un’ernia ombelicale fisiologica (Fig. 36.20). Una banda mesenterica fissa la porzione
prossimale del duodeno e previene la sua entrata all’interno del cordone
ombelicale (erniazione). Questa struttura mantiene la sua entità anatomica
nell’adulto sotto forma di legamento di Treitz. Contemporaneamente al
suo allungamento l’ansa intestinale primitiva ruota attorno al suo asse formato dall’arteria mesenterica superiore di novanta gradi.
Secondo stadio: ritorno delle anse erniate in addome
Durante la decima settimana le anse intestinali erniate cominciano a
rientrare nella cavità addominale, a causa probabilmente della regressione
128
CAPITOLO XX
EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO MEDIO ED ANOMALIE CONGENITE
Fig. 35.20 - Intestino medio: “vascolarizzazione”
A. celiaca
A. mesenterica superiore
A. mesenterica inferiore
del mesonefros e della riduzione della massa epatica. La porzione prossimale del digiuno è la prima a rientrare e si posiziona nel lato sinistro e
progressivamente le altre anse intestinali si posizionano sempre più a destra. L’abbozzo cecale è l’ultima porzione che rientra nella cavità addominale e si colloca nel quadrante superiore destro immediatamente sotto il
lato destro del fegato. Successivamente esso scende in fossa iliaca destra.
Lo stadio II si conclude con l’ulteriore rotazione del duodeno al di sotto e
a sinistra della arteria mesenterica superiore. Durante questo stadio per la
complessità dei movimenti di rotazione avvengono le più importanti anomalie intestinali. Durante il ritorno in addome l’intestino medio subisce
una rotazione intorno all’asse della arteria mesanterica di 270 gradi.
Terzo stadio: processo di fissazione
Intorno alla ventesima settimana di gestazione avviene il posizionamento finale del colon e del mesentere. Il cieco rimane nella sua originale
posizione, mentre il colon continua ad allungarsi e, a causa dell’ulteriore
riduzione delle dimensioni del fegato, il colon ascendente si dispone in alto e si forma la fessura epatica o destra. Il cieco, il colon ascendente e la
pleura epatica assumono così la disposizione definitiva. Durante questa fase i colon ascendente e discendente si fissano alla parete posteriore dell’addome per la giunzione dei loro mesenteri con il peritoneo parietale posteriore. Questo processo di fissazione può causare delle anomalie arrestandosi in vari punti.
129
INTESTINO MEDIO
Fig. 36.20 - Intestino medio: “Ernia ombellicale fisiologica”
Fegato
Esofago
Piccolo omento
Stomaco
Cieco
Duodeno
Colon discendente
Anse digiunali
Retto
Dotto vitellino
Allantoide
Cloaca
ANOMALIE DELL’INTESTINO MEDIO
Un numero elevato di malformazioni congenite dell’intestino medio, in
relazione con i complessi eventi sopra descritti, sono riportate in Tabella I.
Tab. 1 - Anomalie dell’intestino medio
Anomalia
Periodo d’esordio
Atresia e stenosi duodenale
Tutte le età
Atresia e stenosi digiuno-ileale
Alla nascita
Malrotazioni intestinali
Alla nascita
Duplicazioni cistiche e tubolari
Tutte le età
Pervietà del dotto onfalomesenterico
Alla nascita
Diverticolo di Meckel
Infanzia o più tardivamente
Diverticoli non meckeliani
Età intermedia
Vena porta preduodenale
Infanzia
Sindrome dell’arteria mesenterica superiore
Età intermedia
Malformazioni artero-venose
Tutte le età
* in grassetto le patologie trattate nel testo
130
CAPITOLO XXI
ATRESIA E STENOSI DUODENALE
Per atresia si intende una completa obliterazione del lume intestinale e
per stenosi una ostruzione parziale o incompleta. L’interruzione completa
del transito determina una insorgenza della sintomatologia alla nascita,
mentre una interruzione parziale porta ad una diagnosi differita per periodi
di tempo anche lunghi (settimane o mesi). Le ostruzioni possono essere
suddivise in intrinseche per arresto di sviluppo embriologico o estrinseche
per cause esterne che comprimono la parete intestinale.
PATOGENESI: non è nota, anche se viene ipotizzato o un difetto di ricanalizzazione dell’intestino primitivo ( nelle fasi iniziali dello sviluppo il
lume è obliterato a causa di un rivestimento epiteliale esuberante; successivamente avviene un processo di vacuolizzazione intorno al 2° - 3° mese
di gestazione con ricanalizzazione dell’intestino) o un’ insufficienza vascolare con ischemia distrettuale, per precoci eventi patologici intrauterini
(vasculopatie, volvolo, invaginazione).
CLSSIFICAZIONE: le atresie intestinali si distinguono in:
–
Tipo I: Atresia membranosa. Diaframma, intatto o membranoso, costituito da mucosa o sottomucosa di spessore variabile. A causa della peristalsi e dell’alta pressione endoluminale, la membrana però risulta
sfiancata a tipo “manica a vento” e simulare una ostruzione più distale
rispetto alla sede di origine. Il diaframma può essere pervio centralmente consentendo una canalizzazione duodenale parziale che determina ristagno biliare e formazione tardiva di calcoli.
–
Tipo II: Atresia cordonale. I due segmenti duodenali, quello prossimale e quello distale, sono uniti da un tenue e corto cordone fibroso lungo il bordo del mesentere integro.
–
Tipo III: Atresia con assenza di un tratto di intestino. Assenza di connessione tra i due segmenti duodenali con mesentere assente o difetto
a “V”. (Fig. 37.21).
131
INTESTINO MEDIO
Fig. 37.21 - Atresia duodenale: classificazione
Tipo I
A
B
Tipo II
C
Tipo III
D
A. Atresia tipo I – B. Diaframma a “manica a vento” – C. Atresia tipo II – D. Atresia tipo III
INCIDENZA: l’atresia duodenale è una malformazione rara ,un caso su
3.000 – 5.000 nati vivi; essa può presentarsi isolata o in associazione con
altre anomalie congenite o quadri sindromici (Tabella I)
132
CAPITOLO XXI
ATRESIA E STENOSI DUODENALE
Tab. 1 - Anomalie associate con atresia duodenale
Anomalia
(%)
Sindrome Down
29
Malrotazioni
19
Cardiopatie congenite
17
Fistola Tracheo-esofagea
7
Uro-genitali
5
Sindrome da “Distress respiratorio”
4
Ano imperforato
3
LOCALIZZAZIONE: l’ostruzione duodenale è localizzata sempre nella seconda porzione usualmente in prossimità dell’ampolla di Vater: (45%
preampollare; 55% postampollare).
DIAGNOSI PRENATALE: la diagnosi di atresia duodenale può essere sospettata, nel periodo prenatale, mediante l’esame ecografico che può evidenziare un polidramnios nel corso del terzo trimestre di gravidanza o descrivere la “doppia bolla” con immagini una allo stomaco e l’altra al duodeno, dilatati al di sopra dell’ostruzione.
SINTOMATOLOGIA: la sintomatologia si manifesta dopo poche ore dalla
nascita con vomito “chiaro” non biliare nel caso di ostruzione prevateriana
o “biliare” nel caso di ostruzione sottovateriana. Un neonato con vomito
biliare e caratteristiche somatiche di una sindrome di Down è molto sospetta per una atresia duodenale. L’addome è generalmente piatto, con
modesta dilatazione in sede epigastrica che scompare dopo l’introduzione
del sondino naso-gastrico.
Nei casi di ostruzione parziale del duodeno per diaframma incompleto,
i sintomi possono comparire diversi giorni o settimane dopo la nascita.
Più raramente può esserci una sintomatologia dovuta a stasi duodeno-gastrica di tipo cronica che persiste fino all’età giovanile (ulcere peptiche,
vomito recidivante, reflusso gastro-esofageo, esofagite).
133
INTESTINO MEDIO
Fig. 38.21 - Atresia duodenale: “passaggio di un sondino in duodeno” con suo arresto a livello dell’ostruzione
DIAGNOSI POST-NATALE: radiograficamente alla diretta dell’addome si evidenzia, se lo stomaco non è stato aspirato, il quadro caratteristico a “doppia
bolla” con presenza di aria nello stomaco e nella prima porzione duodenale.
In presenza di ostruzione duodenale parziale (intrinseca: diaframma
mucoso incompleto; estrinseca: pancreas anulare, briglie di Ladd, vena
porta accessoria) è presente aria sotto il livello di ostruzione.
La diagnosi viene confermata con una radiografia con mezzo di contrasto (Rx digerente) o con Rx clisma opaco per escludere una malrotazione intestinale.
TERAPIA: l’ostruzione duodenale non rappresenta una urgenza chirurgica; occorre mantenere un drenaggio gastrico con sondino in neonati prematuri (inferiori ad un chilo di peso) o con “distress respiratorio” può essere utile una ventilazione assistita e nutrizione parenterale totale. L’intervento chirurgico viene programmato quando il neonato si trova in
condizioni migliori di peso e di trofismo.
L’accesso mediante una incisione sopraombelicale trasversa (2-3 cm al
di sopra dell’ombelico) permette di esporre la regione duodenale, previa
divaricazione del fegato ed esplorazione dell’intero duodeno e delle altre
porzioni dell’intestino tenue, per escludere altre possibili sedi di ostruzione o malrotazione.Deve essere valutata la colecisti al fine di escludere una
vena porta preduodenale, espressione di una anomalia di sviluppo della
vena porta con persistenza del residuo del dotto vitellino anteriore della
vena vitellina destra. Il sondino naso-gastrico viene fatto passare in duodeno al fine di reperire il punto esatto dell’ostacolo (Fig. 38.21). Se il
134
CAPITOLO XXI
ATRESIA E STENOSI DUODENALE
Fig. 39.21 - Atresia duodenale: “duodenotomia con escissione del diaframma”
A
B
C
D
duodeno presenta una continuità e in assenza di pancreas anulare, il catetere si ferma nella sede del diaframma duodenale. Si incide il duodeno
verticalmente, un centimetro sopra ed uno sotto l’ostruzione, e si escide il
diaframma mucoso con una incisione verticale, identificando la papilla di
Vater. I bordi del diaframma escisso possono essere suturati a scopo emostatico con punti riassorbibili.
Il duodeno inciso verticalmente viene chiuso con una sutura trasversale per evitare stenosi. (Fig. 39.21)
135
INTESTINO MEDIO
Fig. 40.21 - Atresia duodenale: anastomosi duodeno-duodenale
A. Incisione orizzontale
B. Incisione orizzontale
verticale (sec. Kimura)
Quando è presente una evidente separazione del duodeno o nel caso di
pancreas anulare si può eseguire una duodenoduodenostomia che richiede
una estesa mobilizzazione del duodeno con un’ampia manovra di Kocher.
Le incisioni nel segmento prossimale e distale possono essere entrambe
orizzontali, oppure orizzontale nel tratto a monte e verticale in quello a
valle secondo la procedura di Kimura; quest’ultimo tipo di anastomosi ha
il vantaggio di essere più ampia della prima. (Fig. 40.21).
Un sondino transanastomotico può essere posizionato fino al digiuno
prima della sutura dello strato anteriore dell’anastomosi.
136
CAPITOLO XXII
ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE
INCIDENZA: l’incidenza della atresia digiuno-ileale è di un caso su 1.500
nati vivi.
L’ileo è colpito con maggiore frequenza nel digiuno. Le atresie digiuno-ileali si differenziano da quelle duodenali per l’alta incidenza di ostruzioni multiple nelle casistiche. Sono basso peso un terzo dei neonati con
atresia digiunale, un quarto di quelli con atresia ileare e la metà di quelli
con atresie multiple.
EZIOPATOGENESI: l’atresia digiuno-ileale è una malformazione acquisita
durante la vita intrauterina per un accidente vascolare. Infatti, nel tratto di
intestino distale alla occlusione, si trovano elementi meconiali (20% dei
casi), materiale biliare e cellule epiteliali squamose. Questa osservazione
esclude, come momento postoperatorio della atresia digiuno-iliale, un difetto nel processo di ricanalizzazione.
In letteratura sono riportati numerosi casi di neonati con atresie intestinali chiaramente legate a compressione intrauterina dei vasi mesenterici
da parte di volvoli, invaginazioni intestinali. Studi sperimentali sull’intestino fetale di cane hanno dimostrato che la legatura o compressione dei
vasi mesenterici determina alterazioni intestinali di tipo atresico. Alcune
atresie infatti hanno rapporti di contiguità con il colletto di un onfalocele o
di una gastroschisi.
FISIOPATOLOGIA: in tutte le atresie è presente una enorme disparità tra il
calibro ridotto dell’intestino a valle ed il calibro notevole dell’intestino a
monte, che può superare 3-4 volte a quello normale, con parete sottile e
friabile; con segni talvolta di sofferenza vascolare e con assenza di onde
peristaltiche propulsive valide. La mucosa del segmento distale presenta
una ipertrofia compensatoria con parziale obliterazione del lume da parte
dei villi.L’iperdistensione e l’insufficiente apporto ematico possono essere
responsabili di perforazioni secondarie.
Nel decorso post-operatorio, a causa dell’atonia del segmento prossimale e dell’ipertrofia mucosa di quello distale, può persistere un certo gra137
INTESTINO MEDIO
Fig. 41.22 - Atresia digiuno-ileale: classificazione
Tipo I
Tipo II
Tipo IV
Tipo IIIA
do di ostruzione, che può richiedere alcune settimane prima di riprendere
una normale funzione. Questa situazione può portare ad un insuccesso terapeutico. Tale complicanza può essere evitata con una resezione ampia
dell’intestino dilatato o con una esteriorizzazione dell’intestino a “canna
di fucile” o sec. Bishop-Koop.
CLASSIFICAZIONE: Grosfeld ha descritto quattro tipi anatomopatologici
di atresia (Figg.41.22 e 42.22):
138
CAPITOLO XXII
ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE
Fig. 42.22 - Atresia tipo III B o “a buccia di mela” (applee peel)
Digiuno (fondo ceco)
Sigma
Ileo “a buccia di mela” (con unico vaso mesenterico)
–
–
–
Tipo I: Atresia membranosa (diaframma) (19%). Il lume intestinale è
completamente ostruito da un diaframma rivestito su ambedue i versanti da mucosa. Non vi è interruzione nella continuità intestinale.
Tipo II: Atresia cordonale (31%). I due segmenti prossimale e distale
sono uniti da una struttura cordoniforme fibrosclerotica di varia lunghezza e che presenta istologicamente tutti gli strati intestinali. Il mesentere è di solito indenne o presenta un difetto a V.
Tipo III A: Atresia con assenza di un tratto di intestino più o meno
lungo (46%) e di relativo mesentere. In questo tipo di atresia la lunghezza totale dell’intestino è ridotta.
139
INTESTINO MEDIO
–
–
ipo III B: a quest’ultima malformazione dobbiamo aggiungere una
forma più rara, tipo III B, la cosiddetta atresia ad albero di Natale
(Christmas tree) o a buccia di mela (apple peel). Essa è una semplice
atresia con interruzione completa della continuità ed assenza del mesentere e dell’arteria mesenterica superiore e con ileo distale di aspetto elicoidale. La vascolarizzazione è anomala, l’intestino tenue è irrorato dalle arterie della regione ileo-cecale.
Tipo IV: Atresie multiple (17%).
DIAGNOSI PRENATALE: un polidramnios materno è presente nel 20 – 35%
dei casi, specialmente nelle ostruzioni digiunali alte. L’ecografia prenatale
(dopo 2° trimestre di gestazione) può riscontrare un quadro tipico a bolle
multiple o immagini cistiche numerose corrispondenti ad anse intestinali
dilatate a monte dell’atresia. Questo aspetto si manifesta anche nell’ileo
da meconio o nella peritonite meconiale. In quest’ultima situazione gli ultrasuoni possono rilevare anche calcificazioni endoperitoneali.
SINTOMATOLOGIA: l’atresia digiuno-ileale è una delle cause più comuni
delle occlusioni intestinali neonatali .Alla nascita è presente vomito biliare ed è tanto più precoce quanto più alta è l’ostruzione. Nelle forme distali può comparire anche dopo 24 ore dalla nascita ed è meno profuso
delle forme alte. La distensione addominale, vista in rapporto alle sede
dell’ostruzione, nelle forme distali è notevole, accentuata dalla debolezza
della parete. La cute è lucida, stirata e sono evidenti le vene del sottocute. Nel 20% dei casi il neonato può emettere meconio normalmente. L’esame fisico del neonato si completa con l’esplorazione rettale e con il
passaggio di un sondino naso-gastrico. Questa manovra esclude una atresia esofagea; l’aspirazione di abbondante materiale biliare conferma la
diagnosi di occlusione intestinale. L’ittero, con aumento della bilirubina
indiretta, si associa nel 30% dei casi di atresia digiunale e nel 20% di
quelle ileali.
DIAGNOSI POST-NATALE: l’esame diretto dell’addome evidenzia anse dilatate con livelli idroaerei in ortostatismo; se i livelli sono numerosi ci si
orienta verso una occlusione bassa. Calcificazioni endoaddominali sono tipiche di una peritonite meconiale e un orletto calcifico, intorno ad una
opacità saccata, i dentifica una “pseudocisti” formatasi tra le anse sede di
perforazione. Il clisma evidenzierà il classico quadro di “microcolon da
non uso”; nelle occlusioni che si sono instaurate in un periodo gestazionale tardivo il colon può apparire normale. Il bario refluendo nell’ultima ansa ileale – ed in assenza di riscontro di concrezioni da meconio solidificato può essere diagnostico di atresia bassa.
140
CAPITOLO XXII
ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE
Tab. 1 - Atresia digiuno-ileale: diagnosi differenziale
Perforazione intestinale
Volvolo (intestino medio)
Ileo da meconio
Malattia di Hischsprung
Invaginazione intestinale
Atresia colon
Cisti mesenterica ostruttiva
Duplicazioni intestinali ostruttive
Malrotazioni intestinali
Ostruzione intestinale funzionale
Colon sinistro piccolo (sindrome diabetica)
Sindrome da “Plug” di meconio
Sepsi generalizzata / batteriemia
Ascite chilosa
Enterocolite necrotizzante
Ingestione materna di farmaci
DIAGNOSI DIFFERENZIALE: la diagnosi differenziale deve includere la malattia di Hirschsprung, l’atresia del colon, e l’ileo da meconio o quadri
funzionali di ostruzione. Il clisma opaco può essere utile nel differenziare
queste affezioni. (Tabella I)
TERAPIA: il trattamento chirurgico consiste in una incisione addominale
trasversa sopraombelicale, come descritto per l’atresia duodenale; essa
permette un’eccellente esposizione anche per l’atresia digiuno-ileale e colica. L’intero tratto intestinale viene ispezionato dal duodeno alla giunzione retto-sigmidea. La lunghezza del tenue nel neonato normalmente è di
250 cm; nei pazienti con atresia è più corto della norma. Lo scopo è quello di localizzare la sede dell’ostruzione; nell’atresia digiunale alta lo stomaco ed il tratto prossimale alla stenosi si presentano dilatati. Nel 50%
dei casi l’atresia è vicina al legamento del Treitz.
Un sondino naso-gastrico viene fatto passare fino al tratto atresico per
decomprimerlo dalle secrezioni e dall’aria. Un catetere di Foley viene inserito nel segmento distale in cui viene iniettata, sotto adeguata pressione, aria
141
INTESTINO MEDIO
Fig. 43.22 - Atresia digiuno-ileale: terapia chirurgica. Resezione della tasca atresica, a
monte, dilatata ed anastomosi termino-terminale aprendo “a becco di
flauto” (45°) il moncone distale
e soluzione fisiologica per liberare il lume dai “Plugs” di meconio ed accertarsi della pervietà del tratto distale, talvolta fino a farla uscire dall’ano.
Il problema tecnico più rilevante nella chirurgia delle atresie digiunoileali è rappresentato dalla discrepanza di calibro tra i due segmenti (prossimale e distale), perché il segmento dilatato non sviluppa una efficace peristalsi determinando nel periodo post operatorio una ostruzione intestinale
funzionale. Per evitare questa complicanza, che talvolta può portare ad un
insuccesso terapeutico, è necessario resecare il tratto prossimale dilatato
fino a far cadere la resezione su un tratto di calibro vicino a quello normale. L’estensione della resezione a monte dell’atresia è variabile da 20 a 80
cm, in rapporto alla lunghezza dell’intestino dilatato. Successivamente si
esegue l’anastomosi, usualmente termino-terminale, tra segmento prossimale e distale, resecando il cul di sacco distale a “becco di flauto” (45
gradi) per ovviare alla discrepanza di calibro. Il difetto mesenterico viene
suturato (Fig. 43.22).
142
CAPITOLO XXII
ATRESIA DIGIUNALE ED ILEALE
L’anastomosi latero-laterale di facile esecuzione, anche se evita il problema della sproporzione di calibro, deve essere effettuata solo quando altre forme di anastomosi non offrono sufficiente garanzie di successo, perché essa può favorire l’insorgenza della “sindrome dell’ansa cieca”. In caso di notevole dilatazione nel segmento prossimale, questo può essere
ridotto di calibro con la tecnica del “Tapering” consistente nella resezione
longitudinale di un segmento di parete intestinale lungo il bordo antimesenterico del tratto prossimale e successiva sutura. Questa tecnica migliora
la compliance e la peristalsi del segmento trattato. Il rimodellamento del
segmento dilatato prossimale può essere effettuato anche con una suturatrice meccanica di tipo lineare.
Una esteriorizzazione o derivazione intestinale esterna a “canna di fucile” o mediante una Y secondo Roux associata ad enterostomia secondo
Bishop-Koop (tecnica applicata anche nella chirurgia dell’ileo da meconio) viene eseguita in condizioni generali e locali particolarmente compromesse (dilatazione eccessiva, ostruzione temporanea da “Plugs” di meconio nel tratto distale).
Nel caso di atresia di tipo III B “apple peel”, in cui i neonati sono ad
alto rischio per la precaria vascolarizzazione e per la brevità dell’intestino,
viene utilizzato un intervento in due tempi: una digiunostomia preliminare
nell’ansa atresica dilatata ed una anastomosi differita (dopo 2-5 settimane). Con tale procedimento il segmento a monte riprende la sua elasticità
e peristalsi e quella a valle tende spontaneamente alla detorsione migliorandone la vascolarizzazione.
Nella atresia multipla (tipo IV) può essere resecato un unico tratto di
intestino (se le atresie sono confinate in un tratto breve) seguito da una
singola anastomosi. La preservazione di 50 – 70 cm di lunghezza digiunoileale, compresa la valvola ileo-cecale, permette nel neonato una regolare
funzione di assorbimento e quindi di sopravvivere. Quando non è possibile eseguire una singola anastomosi, perché le atresie sono localizzate lungo un ampio tratto, si eseguono multiple anastomosi cercando di conservare più intestino possibile.
143
CAPITOLO XXIII
ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE
DELL’INTESTINO MEDIO
(MALROTAZIONI INTESTINALI)
Le “malrotazioni intestinali” rappresentano molteplici entità anatomopatologiche, dovute ad una anomalia di rotazione e di fissazione dell’intestino medio. Esse possono essere asintomatiche (scoperte occasionalmente
durante un esame radiologico, necroscopico o un intervento chirurgico
eseguito per altri scopi) o sintomatiche, manifestandosi con un quadro clinico di ostruzione intestinale. Nella maggoranza dei casi i sintomi si manifestano nei primi giorni di vita ed i rimanenti entro il primo mese; occasionalmente possono presentarsi solo in età infantile o in età adulta.
FISIOPATOLOGIA: ognuna di queste anomalie di rotazione può diventare
importante da un punto di vista pratico; potenzialmente essa può essere
causa di ostacolo al normale transito intestinale mediante due meccanismi:
occlusione da volvolo (volvulus neonatorum di Dott) o occlusione da briglie peritoneali di Ladd. Entrambi sono la conseguenza di difetti occorsi
nel II stadio di rotazione.
Un’altra manifestazione patologica dovuta ad un difetto di fissazione
posteriore del mesocolon sono le ernie interne mesocoliche (rispettivamente destra e sinistra).
INCIDENZA: l’incidenza delle anomalie di rotazione intestinale, anche se
è difficilmente quantificabile, è stata stimata intorno a un caso ogni 5.000
nati vivi (uno su 200 riscontri autoptici). I maschi sono colpiti più frequentemente, con un rapporto 2:1 con il sesso femminile. Nel 27% dei casi sono associate altre anomalie congenite.
EZIOPATOGENESI: le fasi embrionali della normale rotazione e fissazione
dell’intestino medio sono schematicamente divise in tre stadi.
Nel primo stadio l’ansa intestinale primitiva, inizialmente in posizione
sagittale con l’asse costituito dall’arteria mesenterica superiore, ruota in
senso antiorario di 90°, passando alla posizione trasversale. Il tratto prearterioso dell’ansa intestinale (dall’ansa duodeno-digiunale al dotto vitellino) che prima era al di sopra dell’arteria mesenterica superiore, si viene
145
INTESTINO MEDIO
così a trovare a destra di questa ed il tratto post-arterioso (dal dotto vitellino al punto di mezzo del colon trasverso) che era al di sotto, a sinistra.
Nel secondo stadio l’ansa media situata nel cordone ombelicale (ernia
ombelicale fisiologica) ritorna nella cavità peritoneale compiendo nello
stesso tempo una ulteriore rotazione in senso antiorario di 180°. Le anse
intestinali del tratto pre-arterioso rientrando passano al di sotto dell’arteria
mesenterica superiore; si raccolgono in alto a sinistra nell’addome, spingendo lateralmente e in avanti i segmenti dell’intestino posteriore destinati a diventare flessura splenica del colon e colon discendente.
Il tratto post-arterioso (cieco e colon ascendente) rientra portandosi in
alto e a destra nella arteria mesenterica superiore. In questo stadio si compie anche l’ulteriore rotazione del duodeno dietro l’arteria mesenterica superiore. In tal modo l’angolo duodeno-digiunale viene a trovarsi a sinistra
di questa, assumendo la posizione definitiva. Il secondo stadio si conclude
con la discesa del cieco dalla posizione sotto epatica alla fossa iliaca destra.
Nel terzo stadio il cieco ascendente e la flessura epatica, per un ulteriore allungamento del colon, assumono la disposizione definitiva ed avviene la fissazione del mesentere del cieco e del colon ascendente (mesocolon) alla parete addominale posteriore destra. Questa III fase avviene in
un tempo più lungo rispetto alle altre, dal 3° mese di vita embrionale alla
nascita .
1. OCCLUSIONI DA VOLVOLO DA MALROTAZIONE INTESTINALE
Il volvolo intestinale acuto (volvulus neonatorum di Dott) è la complicanza più frequente nella patologia delle anomalie di rotazione e fissazione dell’intestino medio. La predisposizione al volvolo è sostenuta dalla
mancata fissazione della radice mesenterica al peritoneo parietale, per incompleta rotazione dell’intestino primitivo, nella fase del suo ritorno dal
sacco vitellino alla cavità addominale.
Una prima condizione che può essere causa di volvolo è un arresto
della rotazione a 90°. Questa si verifica quando l’intestino medio, dopo la
rotazione di 90° avvenuta al primo stadio, rientra nella cavità addominale
“in massa”, senza la normale ulteriore rotazione di 180°. Il digiuno, l’ileo,
il cieco, il colon ascendente e trasverso hanno in comune un solo mesentere (“mesenterium comune”); il duodeno discende a destra dell’arteria mesenterica, il tenue è situato a destra dell’addome ed il colon a sinistra; il
cieco è nella fossa iliaca sinistra. In queste condizioni, la fissazione del
mesentere alla parete posteriore viene a mancare e quindi l’intestino medio si trova “appeso” alla parete addominale posteriore solo da uno stretto
146
CAPITOLO XXIII
ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO
Fig. 44.23 - Malrotazione intestinale
A. “arresto a 90°”
B. “arresto a 180°”
peduncolo costituito dall’origine della arteria mesenterica superiore. Tale
posizione predispone ovviamente al volvolo dell’intero intestino medio.
(Fig. 44.23 A)
Un’altra condizione che può essere una causa potenziale di volvolo è
un arresto della rotazione a 180° (alla fine del II stadio) quando è già avvenuta la rotazione del duodeno dietro l’arteria mesenterica superiore ed il
cieco si assesta nel quadrante superiore destro (posizione sottoepatica).
Anche in questa situazione la fissazione del mesentere del tenue è incompleta, il peduncolo mesenterico è mobile e quindi la potenzialità di formazione di volvolo è elevata. (Fig. 44.23 B)
SINTOMATOLOGIA: il volvolo acuto si presenta nella maggior parte dei
casi entro la prima settimana di vita e si manifesta con vomito biliare, in
un lattante in pieno benessere, seguito dalla distensione addominale e dalla contrattura parietale (in caso di peritonite da ischemia intestinale) con
emissione dal retto di sangue misto a muco o a meconio.
Le condizioni generali divengono rapidamente critiche, per le conseguenze gravi ed immediate della torsione intestinale sui vasi mesenterici
superiori, con consecutivo eventuale infarto dell’intestino medio.
147
INTESTINO MEDIO
DIAGNOSI: l’esame radiografico diretto dell’addome mostra i segni di
una occlusione, con livelli idroaerei solo quando, a monte della stenosi,
c’è una discreta quantità di intestino; pertanto, poiché il “volvulus neonatorum” quasi sempre ostruisce il duodeno di solito non si osservano livelli. In caso di perforazione la “diretta” dell’addome mostra aria sotto diaframmatica ed opacità massiva da versamento peritoneale trasudativo.
Una radiografia con mezzo di contrasto per via orale può rivelare l’ostruzione alta duodeno-digiunale mentre il clisma opaco, evidenzia il cieco in
posizione alta ed il colon completamente spostato a sinistra. Il valore di
questi due ultimi esami, in caso di volvolo acuto, è limitato.
TERAPIA: il volvolo acuto costituisce una vera emergenza chirurgica,
onde limitare le conseguenze sulla vitalità dell’intestino. L’eviscerazione
della matassa intestinale permette di confermare la presenza del volvolo
che si forma sempre per una torsione in senso orario (di uno o più giri);
si esegue pertanto una manovra di derotazione in senso antiorario. Se
l’intestino è ischemico, è necessaria una resezione più o meno ampia. Prima di eseguire una resezione intestinale estesa (inferiore di 70 cm di intestino residuo), con il rischio di sindrome da “intestino corto”, è proponibile rimandare la resezione dopo 24 ore “second look” nel tentativo di conservare la maggior lunghezza possibile di intestino.Eseguita la derotazione
del volvolo si procede alla sezione della “banda transduodenale” di Ladd.
Il duodeno, il digiuno e l’ileo prossimale vengono riposizionati nella metà
destra dell’addome, mentre l’ileo distale, il cieco ed il colon ascendente
vengono sistemati nella metà sinistra dell’addome. I visceri non devono,
infatti, essere riposizionati nella sede anatomica prevista dalla normale
anatomia (Fig. 45.23 A e B).
Un sondino naso-gastrico deve essere fatto passare attraverso il duodeno nel digiuno per escludere la presenza di altre ostruzioni di tipo membranoso, in particolare a livello duodenale.
2. OSTRUZIONI DA BRIGLIE PERITONEALI DI LADD
Le briglie peritoneali rappresentano una causa frequente di occlusione
da anomalie di rotazione e giunzione dell’intestino medio.Le briglie peritoneali sono delle strutture connettivali che si formano per errori vari di rotazione.Per un difetto di rotazione dell’ansa duodeno-digiunale, quando non
passa dietro i vasi mesenterici, si possono formare aderenze (briglie) con il
mesentere del colon ascendente.Queste briglie peritoneali possono provocare angolature tali da determinare occlusioni a carico di vari tratti intestinali
– in particolare del duodeno – con due meccanismi (Fig. 46.23 A, B)
148
CAPITOLO XXIII
ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO
Fig. 45.23 - Malrotazione intestinale: volvolo
A. Volvolo “derotazione”
in senso antiorario e sezione
della banda di Ladd
B. Riposizionamento dei segmenti
intestinali dopo derotazione
149
INTESTINO MEDIO
Fig. 46.23 - Malrotazione intestinale “briglie tra ansa duodeno-digiunale e primo
tratto del digiuno con il mesentere del colon ascendente”
B. “Riposizionamento”
dopo la liberazione delle briglie
A. “Liberazione” delle briglie
A. Nei difetti di rotazione, con arresto a 180 gradi, in cui il cieco e colon ascendente sono localizzati in regione sottoepatica, si formano bande
fibrose con decorso trasversale della porzione laterale del cieco e del colon ascendente e si posizionano trasversalmente alla parete addominale
posteriore destra incrociando la terza porzione del duodeno, con possibilità di occlusione acuta o cronica.
B. L’ostruzione duodenale acuta del duodeno (terza porzione) da parte
di briglie di Ladd si manifesta con vomito biliare intermittente ed assenza
150
CAPITOLO XXIII
ANOMALIE DI ROTAZIONE E DI FISSAZIONE DELL’INTESTINO MEDIO
Fig. 47.23 - “Briglie di Ladd”
Briglie
di distensione addominale. Tale quadro clinico richiede un trattamento
chirurgico di sezione della banda fibrosa. Nelle forme di ostruzione duodenale cronica, dovuta a parziale ostacolo, il quadro clinico ha insorgenza
in età infantile con vomito periodico dolori addominali crampiformi e
scarso accrescimento ponderale (Fig. 47.23).
3. ERNIE INTERNE O ERNIE MESOCOLICHE
Le ernie interne mesocoliche sono dovute ad un difetto del III stadio
di sviluppo dell’intestino, in cui viene a mancare la fissazione del mesentere al peritoneo. Nella parete addominale posteriore il cul di sacco è costituito dal mesocolon destro o sinistro. (Fig. 48.23)
151
INTESTINO MEDIO
Fig. 48.23 - Malrotazione intestinale: ernie interne
Cieco
Mesenterica superiore
Vena mesenterica inferiore
A. Ernia mesocolica destra
B. Ernia mesocolica sinistra
Esse si presentano clinicamente con quadri di subocclusione o occlusione intestinale. Risulta utile uno studio radiologico completo del tratto
gastro-enterico.
152
CAPITOLO XXIV
DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO
Con il termine “duplicazioni digestive” si intendono formazioni cave a
morfologia cistica o tubolare che sono in intimo contatto con i vari segmenti del canale alimentare e possono essere localizzate dalla base della
lingua all’ano (Fig. 49.24).
Ladd nel 1937 propose il termine “duplicazione intestinale” nel tentativo di raggruppare sotto un’unica dizione tutte le definizioni usate in precedenza come “cisti enterogene”, “cisti enteriche”, “ileo duplice”, “diverticoli giganti”, “diverticoli di Meckel anomali”.
INCIDENZA: le duplicazioni digestive sono rare e comprendono lo 0,1
– 0,3% di tutte le malformazioni congenite. Quelle a localizzazione digiuno-ileale sono le più frequenti (oltre il 50% di tutte le duplicazioni)
(Tabella I).
EZIOPATOGENESI: numerose sono le ipotesi proposte per spiegare la embriogenesi delle duplicazioni intestinali. Una di queste si basa su di un difetto endodermico che consegue ad una alterata separazione della notocorda durante lo stadio presomitico dello sviluppo embrionario.
Questa teoria può spiegare le duplicazioni mediastiniche, ma non
quelle intraddominali.
Altri autori ipotizzano una mancata regressione di quei diverticoli embrionari. (dello stomaco, del duodeno e dell’ileo) che sono regolarmente
presenti durante le fasi precoci dello sviluppo intrauterino: con questa teoria non si spiega la formazione delle duplicazioni tubolari lunghe. Altri
AA. danno colpe ad una difettosa ricanalizzazione intestinale per un errore del processo di vascolarizzazione durante la 6° - 7° settimana di vita fetale, in cui gli spazi cistici formati da più vacuoli si fondono tra loro, ma
non si riuniscono con il lume principale: anche questa teoria presenta delle discordanze, come quella diverticolare dal momento che non spiega
perché le duplicazioni sono localizzate sempre tra i foglietti dei mesenteri,
mentre il processo di vacuolizzazione è in tutti i versanti del lume intesti153
INTESTINO MEDIO
Fig. 49.24 - Duplicazioni intestino medio: “localizzazioni”
nale. In rari casi le dilatazioni cistiche hanno una sede extramesenterica,
libere nella cavità peritoneale e collegate all’intestino solamente da un esile peduncolo vascolare.
1. DUPLICAZIONI CISTICHE: Le duplicazioni digestive a morfologia cistica o sferica rappresentano il 90% di tutte le duplicazioni digestive.
Esse sono situate sul versante mesenterico e si riscontrano prevalentemente nell’intestino tenue ed in particolare nell’ileo terminale. Le duplicazioni cistiche poste in vicinanza della giunzione ileo-cecale possono causare occlusione intestinale durante il periodo neonatale o possono rimanere asintomatiche e rappresentare un potenziale punto di invaginazione,
come un comune diverticolo di Meckel. La mucosa che tappezza la duplicazione è uguale a quella dell’intestino normale adiacente e possiedono
una parete muscolare liscia parzialmente in comune con quella della pare154
CAPITOLO XXIV
DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO
Tab. 1 - Incidenza delle duplicazioni digestive in rapporto alla sede
Sede
(%)
Digiuno / ileali
55
Colon / retto
12
Esofago
20
Duodeno
7
Stomaco
4
Appendice
1
Fig. 50.24 - Duplicazioni tubolari
155
INTESTINO MEDIO
Tab. 2 - Duplicazioni dell’intestino medio: sintomi d’esordio
Sintomi
(%)
Massa addominale
22
Distensione addominale (occlusione)
21
Vomito
16
Enterorragia / melena
14
Dolore addominale
11
Peritonite
9
Arresto della crescita
4,2
Diarrea
2,8
te intestinale dovuta alla coalescenza degli strati muscolari nel punto in
cui vengono a contatto, impedendo in tal modo di trovare un piano di clivaggio e, pertanto, di dissecare e separare la duplicazione del segmento
intestinale contiguo. Inoltre, anche la vascolarizzazione è in comune; le
vene e le arterie che irrorano l’intestino adiacente decorrono di solito sulla
superficie della duplicazione, per cui il tentativo di resecare soltanto la duplicazione può non riuscire per la compressione vascolare dell’ansa normale.
Le duplicazioni cistiche, nell’80% dei casi, non comunicano con il lume dell’intestino contiguo. Esse contengono una sostanza mucoide chiara,
secreta dalla stessa mucosa, a volte emorragica per la presenza di ectopie
gastriche con ulcerazioni della mucosa.
Clinicamente le duplicazioni cistiche possono presentarsi come una
massa asintomatica oppure con un quadro occlusivo (invaginazione o volvolo). Sanguinamento e melena sono sintomi rari, perché le duplicazioni
cistiche non comunicano con l’intestino adiacente (Tabella II)
2. DUPLICAZIONI TUBOLARI: le duplicazioni tubolari rappresentano il 10%
di tutte le duplicazioni del tubo digerente; esse sono situate sul versante
antimesenterico, hanno parete comune con l’intestino e comunicano con il
suo lume all’altezza dell’estremo distale.
156
CAPITOLO XXIV
DUPLICAZIONI DELL’INTESTINO MEDIO
Esse possono avere una lunghezza variabile da pochi centimetri fino a
casi che si estendono in senso cranio-caudale a tutto l’intestino tenue ed
al colon. Le duplicazioni tubolari spesso sono ulcerate non tanto all’interno del proprio lume quando a livello e sopratutto a valle, della giunzione
con l’intestino normale (ulcera peptica). Clinicamente esse si presentano
con dolori addominali e melena. Le duplicazioni tubolari lunghe, chiuse
distalmente, possono simulare una ascite chilosa.
DIAGNOSI: la diagnosi strumentale, soprattutto per le forme cistiche, è
basata sull’indagine ecografica prenatale o neonatale che rileva una formazione cava, a pareti muscolari, adiacente ad un segmento del tubo digerente. La TAC e RM sono utili per migliorarne lo studio ed in particolare i
suoi rapporti. La scintigrafia intestinale con tecnezio 99 pertecnato è usata
per evidenziare la duplicazione o la mucosa gastrica eterotopica in essa
contenuta.
TERAPIA: la terapia chirurgica di scelta nelle duplicazioni cistiche o tubolari, non molto estese, è l’exeresi totale della duplicazione con resezione del segmento intestinale contiguo e successiva anastomosi .Nelle duplicazioni tubolari estese del tenue è possibile eseguire l’exeresi totale della
duplicazione mediante dissezione extramucosa o “stripping” della mucosa.
La mucosa nelle duplicazioni tubolari è infatti debolmente coesa alla parete muscolare . Lo stripping della mucosa può essere eseguito anche con
incisioni multiple sulla parete muscolare della duplicazione secondo la
tecnica di Wrenn.
DUPLICAZIONI DUODENALI
Le duplicazioni duodenali sono situate prevalentemente nella parete
della seconda porzione duodenale in rapporto con lo stomaco, con il pancreas o con le vie biliari.
L’esame TAC rileva lesioni cistiche, che per la loro natura possono
creare difficoltà diagnostiche differenziali specialmente con le cisti delle
vie biliari extraepatiche (cisti del coledoco) e con le cisti pancreatiche. Le
duplicazioni duodenali o digiunali ,eccezionalmente(1,8% dei casi),possono risalire nel torace attraverso il pilastro destro del diaframma ed incrociare dal dietro l’esofago e l’aorta “duplicazioni toraco-addominali”.
Le duplicazioni duodenali rimangono prevalentemente asintomatiche o
determinano ostruzione parziale del duodeno. La presenza nel 50% dei casi di mucosa gastrica eterotopica all’interno della duplicazione, è respon157
INTESTINO MEDIO
sabile della formazione di ulcere peptiche con possibile emorragia o
perforazione.
Il trattamento chirurgico delle duplicazioni duodenali è l’escissione
parziale, tramite una mucosectomia (stripping della mucosa), lasciando in
sede il rivestimento siero-muscolare.
158
CAPITOLO XXV
PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO
Con il termine di “patologia del dotto onfalo-enterico” si intende un
insieme di anomalie congenite, tutte correlate ad una mancata involuzione
(completa o parziale) del dotto onfalo-enterico.
Il sacco vitellino, durante la prima fase della vita embrionaria, comunica ampiamente con l’intero intestino primitivo; con la formazione dell’intestino anteriore medio e posteriore, la comunicazione si riduce e rimane in connessione, attraverso lo spazio ombelicale, con l’apice dell’intestino medio tramite il dotto vitellino o dotto onfalo-enterico.
Progressivamente, verso la settima settimana di vita intrauterina, la
connessione si interrompe. Le due arterie vitelline che vascolarizzano il
sacco vitellino formano le arterie localizzate nel mesentere dorsale dell’intestino primitivo; nell’adulto sono rappresentate dall’arteria del tripode celiaco, dall’arteria mesenterica superiore e dall’arteria mesenterica inferiore
(che irrorano rispettivamente i segmenti che derivano dall’intestino anteriore, medio e posteriore) (Fig. 35.20).
Normalmente, le arterie vitelline si atrofizzano, ma persistono quando
persiste il dotto vitellino onfalo-mesenterico. Alcune volte rimangono sotto forma di una corda fibrosa attaccata alla regione ombelicale. Anche le
vene vitelline si atrofizzano; la porzione centrale della vena sinistra, persiste diventando la vena porta.
Se il dotto vitellino o dotto onfalo-enterico non va in completa atresia,
si configurano una serie di malformazioni definite “anomalie del dotto onfalo-enterico. (Tabella I) (Fig. 51.25 A.B.C.D.E).
1. DIVERTICOLO DI MECKEL
Il diverticolo di Meckel rappresenta la più frequente anomalia congenita dell’intestino. Esso è presente approssimativamente nel 2% della
popolazione generale con prevalenza nel sesso maschile. Nella maggior
parte dei casi rimane asintomatico; quando diventa sintomatico le sue
manifestazioni cliniche sono rappresentate generalmente dall’emorragia
159
INTESTINO MEDIO
Tab. 1 - Anomalie del dotto onfalo-enterico
Difetto embriologico
Anomalia
Persistenza completa e pervietà
del dotto onfalo-enterico
Fistola onfalo-enterica
Persistenza e pervietà del tratto
iuxta ombelicale del dotto onfalo-enterico
Seno del canale onfalo-enterico
Persistenza e pervietà del tratto
iuxta intestinale del dotto onfalo-enterico
Diverticolo di Meckel
Pervietà del tratto centrale del
dotto onfalo-enterico
Cisti del canale enterico
Tab. 2 - Complicanze chirurgiche associate al diverticolo di Meckel
Diverticolo di Meckel (non attaccato)
−
Invaginazione
−
Ulcera peptica con sanguinamento
−
Perforazione con sanguinamento intraperitoneale
−
Diverticolite
−
Modificazioni neoplastiche
−
Incarcerazione in un sacco erniario inguinale o ombelicale (ernia di Littré)
−
Sindrome da crescita batterica con malassorbimento
Diverticolo di Meckel attaccato alla parete ombelicale o peritoneale
−
Occlusione intestinale semplice
−
Volvolo del tenue
−
Volvolo del diverticolo di Meckel
Persistenza di una vena o arteria vitellina
−
Ostruzione digiunale
−
Ostruzione del tenue bassa
−
Emoperitoneo da rottura traumatica
Dotto onfalo-enterico pervio
−
Polipo ombelicale
−
Prolasso dell’ileo
−
Infezione della cisti onfalo-mesenterica
−
Ombelico “umido”
digestiva, dall’occlusione intestinale e dal dolore addominale acuto o
ricorrente correlato con le complicanze infiammatorie del diverticolo.
(Tabella II)
160
CAPITOLO XXV
PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO
Fig. 51.25 - Patologia del dotto onfalo-enterico
B
A
C
D
A. Diverticolo del Meckel
libero
B Seno del canale onfaloenterico
C. Diverticolo del Meckel
con connessione fibrosa
alla cicatrice ombelicale
D. Cisti del canale onfalomesenterico
E. Fistola onfalo-enterica
E
161
INTESTINO MEDIO
Il diverticolo di Meckel è localizzato ad una distanza variabile dalla
valvola ileo-cecale (20 – 60 cm) e presenta una lunghezza che oscilla tra 1
e 20 cm, con un diametro medio intorno a 2 cm. Il diverticolo può avere
un meso proprio (25 – 40%) con una varia base d’impianto, l’apice può
essere libero o connesso tramite una briglia fibrosa (residuo del dotto onfalo-enterico) al peritoneo parietale in corrispondenza della cicatrice ombelicale.
ANATOMIA PATOLOGICA: istologicamente ha una struttura simile a quella
dell’intestino contiguo, la mucosa presenta isole eterotopiche di mucosa
gastrica di tipo fundico, di mucosa duodenale completa con ghiandole di
Brunner, di tessuto pancreatico e di mucosa colica. L’eterotopia gastrica è
la più frequente, in oltre l’80% dei casi (nel 35% dei casi asintomatici e
nel 75% di quelli complicati).
SINTOMATOLOGIA E COMPLICANZE: i sintomi si manifestano prevalentemente nei primi anni di vita mentre l’incidenza delle complicanze legate
al diverticolo di Meckel decresce progressivamente con l’età.
1. Emorragia digestiva (25 – 50% dei casi) rappresenta il sintomo più
frequente; può essere episodica o massiva. Il sanguinamento episodico
può rimanere misconosciuto per ampio tempo e manifestarsi solamente
con un’anemia. Il sanguinamento massivo, con sangue rosso vivo emesso
dal retto o rosso scuro, in genere, compare in pieno benessere, senza dolori addominali, manifestandosi con pallore, tachicardia ed astenia. L’emorragia, anche se massiva, si interrompe spontaneamente per un intenso vasospasmo dei vasi mesenterici.
L’emorragia è una conseguenza del sanguinamento di ulcere peptiche – situate o all’interno del diverticolo o nel sottostante tratto ileale
– per la presenza di mucosa gastrica ectopica. L’esame radiografico
“clisma del tenue” può non essere direttamente diagnostico, ma deve
essere eseguito insieme ad una scintigrafia addominale con Tecnezio
99 (pertecnetato). Il radionuclide viene captato selettivamente dalla mucosa eterotopica con possibile visualizzazione di un’area di captazione
a livello del quadrante addominale superiore di destra. La sensibilità
dell’esame è intorno all’80% e può essere migliorata con la somministrazione di pentagastrina. L’angiografia mesenterica può essere utilizzata, nei casi di sanguinamento occulto, per identificare la sede del
sanguinamento.
2. Occlusione intestinale (30 – 35% dei casi). L’occlusione intestinale
può avvenire attraverso diversi meccanismi riconducibili alla particolare
conformazione anatomica del diverticolo.
162
CAPITOLO XXV
PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO
3. Invaginazione: Essa è causata dall’introflessione a “dito di guanto”
del diverticolo di Meckel all’interno del lume intestinale, costituendo in
tal modo la base di origine per una invaginazione ileo-ileale. L’edema della mucosa diverticolare per un’ulcera peptica può essere un’ulteriore causa
di invaginazione.
4. Volvolo intestinale : si instaura per una briglia congenita, residuo fibroso del dotto onfalo-enterico, della porzione iuxta-ombelicale o per una
briglia infiammatoria tra il diverticolo e un punto qualunque della cavità
peritoneale. Clinicamente queste affezioni si manifestano con una tipica
occlusione intestinale acuta del tenue con dolore addominale.
5. Dolore addominale: in presenza di un diverticolo di Meckel, complicato con una flogosi simile a quella di una appendicite acuta. Il dolore è
localizzato in regione periombelicale o nei quadranti bassi dell’addome e,
a seconda della sede del diverticolo, La diagnosi è intraoperatoria.
In presenza di un’appendice indenne in un paziente operato per sospetta appendicite acuta deve essere ricercato il diverticolo di Meckel,
esaminando per 60 – 80 cm l’ileo a monte della valvola ileo-cecale.
La flogosi del diverticolo di Meckel si può complicare nel 50% dei casi con una perforazione intestinale. La perforazione può esitare o in un
ascesso o in una peritonite diffusa.
TERAPIA: la tecnica chirurgica per il diverticolo di Meckel si diversifica
in rapporto alla situazione anatomo-patologica.
A. Diverticolo di Meckel asintomatico; diagnosticato occasionalmente
durante un intervento chirurgico eseguito per altre cause, è in genere sufficiente una diverticolectomia a cuneo (con tecnica chiusa); una base di impianto ampia controindica questo intervento a favore di una resezione con
anastomosi. Mentre nell’adulto con età maggiore di 40 anni la rimozione
del diverticolo scoperto occasionalmente non è giustificata (perché l’incidenza di complicanze decresce con l’età), in età pediatrica è discutibile e
la maggior parte dei chirurghi esegue la rimozione allo scopo di prevenire
le sue complicanze.
B. Diverticolo di Meckel sintomatico; la chirurgia prevede l’esposizione del diverticolo insieme al segmento intestinale da cui origina con
successiva ricostruzione della continuità.
La laparoscopia ,in presenza di una complicanza da diverticolo di
Meckel come un sanguinamento intestinale o una flogosi, può avere un
163
INTESTINO MEDIO
Fig. 51.25F - Laparoscopia nel diverticolo di Meckel
Anestesista
Aiuto
Operatore
Ferrista
A. Posizione del paziente
B. Posizione dei trocars
A
C. Resezione del diverticolo con stapler lineare
a) Resezione in direzione parallela all’intestino (rischio di stenosi)
b) Resezione in direzione trasversa (previene la stenosi)
B
duplice scopo : diagnostico e terapeutico.La resezione del diverticolo (intracorporea o transombellicale)deve essere eseguita in direzione trasversa
con la stapler lineare (perpendicolare al bordo antimesenterico) al fine di
prevenire una stenosi intestinale ( la resezione del diverticolo in asse con
l’intestino può esitare infatti in una stenosi) (Fig. 51.25 F).
164
CAPITOLO XXV
PATOLOGIA DEL DOTTO ONFALO-ENTERICO
2. FISTOLA ONFALO-ENTERICA O DOTTO ONFALO-ENTERICO PERVIO
Nella fistola onfalo-enterica il dotto rimane pervio per tutta la sua lunghezza, mantenendo una comunicazione diretta tra il lume ileale e la cute
ombelicale. L’ombelico spesso è normale durante l’infanzia, perché il dotto in prossimità di quest’ultimo può rimanere parzialmente obliterato da
una iperplasia epiteliale. Una eventuale infezione del dotto, che si manifesta con segni di flogosi della regione ombelicale, provoca una fuoriuscita
spontanea di muco infetto o materiale fecale dalla fistola.
Quando la fistola è ampia, può presentarsi attraverso l’ombelico un
prolasso ileale, che può divenire irriducibile ed andare incontro a fenomeni ischemici da strangolamento di tipo gangrenoso, da richiedere un trattamento chirurgico urgente.
3. SENO DEL CANALE ONFALO-ENTERICO O CISTI DEL DOTTO VITELLINO
Il seno del canale onfalo-enterico, definito anche cisti del dotto vitellino o seno ombelicale, rappresenta un residuo esterno a fondo cieco che si
manifesta clinicamente con infezioni e fuoriuscita di materiale purulento
dall’ombelico. Esso può essere isolato o collegato attraverso un cordone
fibroso alla porzione interna obliterata del dotto vitellino o ad un diverticolo di Meckel o direttamente all’ileo.
La sua dimensione in profondità, valutata con un catetere o con una fistolografia, è varia, da pochi millimetri a numerosi centimetri. Cisti “giganti”, che hanno provocato ostruzione intestinale per compressione, sono
state riportate nei neonati. L’esame ecografico può confermare la natura
della cisti. La diagnosi differenziale deve essere posta con le cisti mesenteriche, cisti da duplicazione e cisti del coledoco.
La terapia chirurgica consiste in una incisione cutanea sottombellicale,
isolando la fistola fino all’intestino tenue. Solo in casi eccezionali è necessario procedere ad una escissione in blocco della fistola e dell’ileo, mediante resezione ileale e successiva anastomosi ileale.
4. POLIPO OMBELICALE
È una anomalia caratterizzata dalla presenza di mucosa ileale a livello
ombelicale e spesso viene diagnosticato erroneamente come un granuloma. Esso produce un secreto mucoso e non mostra segni di guarigione.
Necessita di exeresi chirurgica.
165
PARTE IV
INTESTINO POSTERIORE
(HINDGUT)
INTESTINO POSTERIORE
“HINDGUT”
XXVI.
XXVII.
XXVIII.
XXIX.
COLON-RETTO
Embriologia dell’intestino posteriore ed anomalie congenite
Atresia del colon
Malformazioni ano-rettali
Megacolon agangliare congenito (Malattia di Hirschsprung)
169
COLON-RETTO
EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO POSTERIORE
ED ANOMALIE CONGENITE
ATRESIA DEL COLON
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO
(MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
CAPITOLO XXVI
EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO POSTERIORE
ED ANOMALIE CONGENITE
L’intestino posteriore dà origine al terzo distale del colon trasverso, al
colon discendente, al sigma, al retto ed alla parete superiore del canale
anale. L’endoderma dell’intestino posteriore forma anche il rivestimento
interno nella vescica e dell’uretra.
Intorno alla VI settimana di gestazione un diverticolo intestinale compare prossimalmente all’inserzione del dotto vitellino nell’ansa intestinale
primitiva; esso indica il futuro cieco e l’appendice. La porzione distale del
diverticolo cecale aumenta di diametro e di lunghezza formando il futuro
colon ascendente e il colon trasverso.
L’intestino posteriore nella sua porzione terminale si apre nella cloaca,
rivestita dall’endoderma a diretto contatto con l’ectoderma superficiale.
L’area di contatto tra l’endoderma e l’ectoderma senza interposizione di
mesoderma rappresenta la membrana cloacale. Quando compare la membrana cloacale, intorno al 16° giorno di sviluppo, la parete posteriore del
sacco vitellino forma un piccolo diverticolo, “diverticolo allanto-enterico
o allantoide. L’allantoide, che in alcuni vertebrati inferiori, serve da serbatoio per i prodotti escreti dal sistema renale, nella specie umana rimane rudimentale, ma può essere coinvolto nella formazione di anomalie nello
sviluppo della vescica. L’allantoide rimane incorporato nell’embrione, in
comunicazione con la cloaca. Dalla quinta settimana il peduncolo del sacco vitellino e l’allantoide si fondono per dare origine al cordone ombelicale.
Durante l’ulteriore sviluppo si forma, nell’angolo tra l’allantoide e
l’intestino posteriore, una cresta trasversale, “setto urogenitale”; esso si
accresce caudalmente dividendo la cloaca in una porzione anteriore, “seno
urogenitale primitivo”, ed una posteriore, “canale ano-rettale”. Nella settima settimana di vita embrionale, il setto uro-rettale raggiunge la membrana cloacale che a sua volta la divide in due parti; una membrana anteriore
“urogenitale”, ed una membrana posteriore, “anale”. La parte intermedia
tra la membrana uro-genitale ed anale costituisce il perineo.
Successivamente, intorno alla 8° settimana, si forma anteriormente alla membrana anale una depressione ectodermica, “fossa anale o procto173
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 52.26 - Porzione caudale dell’intestino posteriore
1
2
7
3
6
4
5
1. Ombelico – 2. Allantoide – 3. Tubercolo genitale – 4. Membrana cloacale
5. Cloaca – 6. Retto primitivo – 7. Setto uro-rettale
deo”, ed alla 8° settimana la membrana anale si perfora e si stabilisce la
comunicazione tra il retto e l’esterno tramite il canale anale. La linea pettinata rappresenta il livello di passaggio tra canale anale e retto (tra endoderma e ectoderma) (Fig. 52.26).
A livello di questa linea, l’epitelio si trasforma da cilindrico in pavimentoso stratificato.
Durante il 3° mese di gestazione villi e ghiandole compaiono nella
mucosa del colon e presentano uno sviluppo massimo nel 5° mese; poi
gradualmente si riducono.
Lo strato circolare muscolare dell’intestino posteriore compare intorno
alla 9° settimana. Le cellule ganglionari del plesso mioenterico, migrano
dalle pieghe neurali alla parete intestinale e raggiungono il colon nella 7°
settimana e l’innervazione risulta completa alla 12° settimana.
Alla 10° settimana si completano le fibre muscolari longitudinali; esse
174
CAPITOLO XXVI
EMBRIOLOGIA DELL’INTESTINO POSTERIORE ED ANOMALIE CONGENITE
Tab. 1 - Anomalie del colon-retto
Duplicazione bilaterale del colon
Cystic remnants on the tailgut
Hirschsprung
Stenosi anale
Atresia anale membranosa
Ectopia anale
Atresia ano-rettale
Atresia rettale alta
Atresia del colon
Sindrome del colon sinistro piccolo
* in grassetto le anomalie trattate nel testo
sono presenti, prima a livello del canale anale, poi raggiungono la regione
del sigma. Sopra questo segmento colico le fibre longitudinali si estendono solamente lungo le tre tenie (una mesenterica e due antimesenteriche)
del colon e raggiungono il cieco all’11° settimana.
ANOMALIE DELL’INTESTINO POSTERIORE
Numerose sono le malformazioni congenite che interessano il colon ed
in particolare la regione ano-rettale (Tabella I).
175
CAPITOLO XXVII
ATRESIA DEL COLON
L’atresia del colon è una malformazione estremamente rara; essa rappresenta circa il 10% di tutti i casi di atresie intestinali ed incide di un caso ogni 10.000 – 20.000 nascite.
EZIOLOGIA: l’eziologia è sconosciuta, anche se sono state proposte,
anche per questa anomalia, la teoria della mancata ricanalizzazione embrionaria dopo lo stato “solido” dell’intestino e la teoria ischemica per
complicanze vascolari intrauterine. Alcune atresie coliche possono derivare da una occlusione prenatale della arteria mesenterica per emboli.
In presenza di una membrana in prossimità della valvola ileo-cecale,
probabilmente la causa dell’atresia è una invaginazione intrauterina
ileo-cecale.
ANOMALIE ASSOCIATE: sono stati riportati frequentemente, in letteratura,
casi clinici di atresia colica associata a gastroschisi o a onfalocele. L’atresia del colon si può associare anche ad anomalie osteo-articolari (sindattilia, polidattilia ed assenza del radio) oppure ad anomalie cardiache o oculari.
CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA: le atresie coliche vengono classificate, da un punto di vista anatomo-patologico, in:
– Atresie del colon di “Tipo I“: sono le forme membranose con continuità
esterna del colon. La membrana può essere completamente chiusa (atresia) o perforata (stenosi).
– Atresia del colon “ Tipo II “: sono presenti due cul di sacco uniti da un
cordone fibroso con mesentere intatto; in presenza di atresie multiple si
definiscono “tipo IIA”.
– Atresia del colon” Tipo III “: in presenza di un ampio “gap” tra i due
monconi con un difetto a V del mesentere.
177
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 53.27 - Atresia del colon: classificazione anatomo-patologica
Tipo I
Tipo II
Tipo III
Tipo II A
Tipo III A
– Atresia del colon “Tipo III A”: si definisce una atresia membranosa “a
manica a vento” a livello della valvola ileo-cecale o distalmente ad essa. (Fig. 53.27).
FISIOPATOLOGIA: l’intestino prossimale all’atresia è sempre dilatato con
possibilità di una gangrena ischemica delle pareti del colon. L’atresia del
colon si localizza, nella maggior parte dei casi, a monte della flessura
splenica e nel rimanente a valle di essa fino alla riflessione peritoneale, rimanendo congiunta con l’ampolla rettale mediante un cordone fibroso.
SINTOMATOLOGIA: la sintomatologia è caratterizzata da un quadro occlusivo neonatale con distensione addominale, vomito, disidratazione e sepsi.
178
CAPITOLO XXVII
ATRESIA DEL COLON
Si può associare nel 20% dei casi una mancata o una scarsa emissione di
meconio. Questo dato fa ipotizzare che l’anomalia si instauri nelle ultime
fasi della gestazione dopo che il meconio è stato prodotto ed ha attraversato l’intestino.
DIAGNOSI: la diagnosi può essere sospettata durante il periodo gestazionale, mediante l’esame ecografico che evidenzia le anse coliche dilatate
con normale quantità di liquido amniotico; questo aspetto, sovente, mette
in mostra una occlusione intestinale bassa. Dopo la nascita la radiografia
in bianco dell’addome evidenzia la dilatazione delle anse del tenue con
numerosi livelli idro-aerei in ortostatismo. Il clisma opaco mostra un microcolon che termina a livello del cul di sacco distale. Il quadro radiologico può simulare un ileo da meconio.
TERAPIA: il trattamento chirurgico dipende dalla sede dell’ostruzione,
dalla presenza o assenza di altre anomalie e dalla presenza di altri tratti
atresici. L’atresia del colon di tipo II e di tipo III, vicina alla flessura splenica, sono trattate con una sezione del tratto di colon prossimale dilatato
che finisce a cul di sacco e sezione a becco di flauto del colon distale, per
compensare la discrepanza di calibro tra i due segmenti di colon; segue
l’anastomosi colon-colica o ileo-colica se il colon destro non dimostra
adeguata affidabilità. Nelle atresie del colon discendente e sigma la resezione ed anastomosi primaria non sono indicate per la presenza di meconio nel segmento prossimale, il quale dopo 24 ore può essere ricco di batteri intestinali ed il confezionamento di una anastomosi può essere a rischio di deiscenze.
Quasi sempre pertanto, viene confezionata una colostomia nella sede
del segmento dilatato con ricanalizzazione intestinale intorno a 2 - 6 mesi
di età.
Se l’intero retto e sigma sono interessati da atresia si esegue un intervento tipo “pull-through” a circa un anno di età. Nei bambini con atresia
del colon, associata a gastroschisi ,si corregge prima il difetto della parete
addominale confezionando una colostomia a canna di fucile sui due cul di
sacco colici; la ricanalizzazione con anastomosi colon-colica viene eseguita nei mesi successivi.
179
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Le malformazioni ano-rettali (MAR) rappresentano un ampio spettro
di anomalie che vanno dalla alterata posizione e/o assenza anatomica dell’ano a difetti multipli del retto-ano, variamente associate, come l’atresia
rettale parziale o totale, tramiti fistolosi esterni o interni. Le malformazioni ano-rettali comprendono pertanto sia le forme più gravi (malformazioni
ano-rettali alte e intermedie) sia quelle più semplici (malformazioni anorettali basse). L’elevata incidenza dell’associazione con altre anomalie,
dello stesso apparato o di altri apparati (uro-genitale, cardio-vascolare,
osteo-articolare), può condizionare la tattica operatoria e la prognosi dello
stesso paziente, specialmente nei casi di malformazioni ano-rettali alte.
La storia della chirurgia ricostruttiva delle malformazioni ano-rettali è
complessa. Nel 1787 Bell propone la prima dissezione perineale (approccio
sacro-perineale); Ammusat e Matas nel 1835 descrissero un approccio perineale mediano,con o senza colostomia, come tempo preliminare. Nel 1948
Rhoads esegue la tecnica dell’abbassamento addomino-perineale in tempo
unico nel neonato; successivamente, tale tecnica viene abbandonata a favore
di un trattamento a stadi, con una colostomia dopo la nascita seguita da una
correzione per via mista addomino-perineale. Nel 1953 Stephens e nel 1967
Kiesewetter focalizzarono l’importanza della fionda pubo-rettale quale elemento anatomico fondamentale per la continenza fecale.
Sulla base di quest’ultimo concetto anatomo-funzionale della regione
pelvi-perineale, nel 1982 De Vries e Peña hanno descritto la tecnica dell’ano-retto-plastica per via sagittale posteriore migliorando decisamente i
risultati funzionali.
Negli ultimi anni prospettive ancora migliori sembrano offrirsi con il
pull-through addomino-perineale eseguito alla nascita, per via laparotomica, da Bianchi (1985) o effettuato, con tecnica videolaparoscopica, da
Georgeson (1995).
INCIDENZA: l’incidenza delle malformazioni ano-rettali è di circa un caso ogni 3.000 – 5000 nati vivi. Il rapporto maschio/femmina è 3 : 1 per le
181
INTESTINO POSTERIORE
Tab. 1 - Incidenza di anomalie associate alle MAR
Anomalie
%
Uro-genitali
20
Scheletriche
15
Cardiovascolari
8
Esofago-gastro-intestinali
12
Parete addominale
2
forme alte ed intermedie mentre per le forme basse è 1: 3. Una storia familiare di malformazioni ano-rettali è rara. In alcune famiglie sono state
riportate anomalie associate ano-mani e piedi.
EZIOPATOGENESI: l’eziopatogenesi delle malformazioni ano-rettali sembra essere correlata ad una alterazione più o meno importante nelle fasi
dello sviluppo embriologico del segmento terminale dell’intestino posteriore e del proctodeo. La parte caudale dell’intestino posteriore si apre
nella cloaca e si estende nell’allantoide; viene divisa dal setto uro-rettale
in una parte anteriore, il seno uro-genitale (vescica urinaria e uretra) ed
una parte posteriore, il canale ano-rettale (retto e canale anale posteriore).
Il tratto intermedio dà origine al “corpo perineale”. Una deviazione di
questa cresta trasversale, “setto uro-rettale”, determina le malformazioni
del gruppo rettale (difetti della cloaca interna), mentre errori di sviluppo
del proctodeo (depressione ectodermica o fossa anale) determina le
malformazioni del gruppo anale (difetti della cloaca esterna). (Fig. 54.28
A).
CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA: La complessità dei quadri anatomo-patologici delle malformazioni ano-rettali ha reso difficile la stesura di
una classificazione semplice. Un’importante classificazione fu proposta
nel 1970 da Stephens Smith ed altri in un “workshop” internazionale sulle
malformazioni ano-rettali a Melbourne. (Tabella I)
Le malformazioni ano-rettali sono classificate in rapporto al loro livello anatomico (fionda pubo-rettale) e al sesso. Nel 1984, questa classificazione considerata complessa fu revisionata e semplificata basandosi sulle
anomalie ano-rettali di più frequente riscontro clinico. La nuova classifi182
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Fig. 54.28a - Embriologia della porzione caudale dell’intestino posteriore
A
6
B
C
11
7
1
2
8
9
5
3
10
4
1. Allantoide – 2. Membrana cloacale – 3. Cloaca – 4. Intestino posteriore – 5. Setto
urorettale – 6. Seno uro-genitale – 7. Membrana uro-genitale – 8. Perineo – 9. Membrana anale – 10. Canale anorettale – 11. Vescica urinaria
cazione, “Wingspread classification of ano-rectal anomalies”, pur usando
termini simili e basandosi ugualmente sugli stessi livelli anatomici, ha
escluso i difetti retto-claocali e ano-etopico anteriore. Le malformazioni
cloacali sono classificate separatamente.
Tuttora anche queste classificazioni continuano ad avere pregi e difetti
e più recentemente Peña ha modificato le due forme “fistola retto-vestibolare” e “fistola ano-vestibolare” in una unica forma, la “fistola vestibolare”.
Le lesioni vengono classificate “in alte”, “intermedie” e “basse” con o
senza fistola associata. Le lesioni alte indicano che la fine della atresia
rettale è localizzata in un piano sopra il muscolo elevatore dell’ano (sopra
la fionda pubo-rettale dell’elevatore dell’ano) “sopraelevatore”. Le lesioni
intermedie sono quelle in cui la fine dell’atresia rettale è in un piano “sopra e trans elevatore” e quelle basse sono quelle in cui la fine della atresia
rettale è localizzata al di là degli elevatori “intraelevatore”, attraverso il
muscolo pubo-rettale, al di sotto della porzione più bassa nell’ischio.
Le lesioni “alte” sono localizzate sopra la linea pubococcigea, le lesioni “intermedie” a livello della linea pubococcigea, sotto l’ischio e quelle
“basse” al di sotto della parte bassa dell’ossificazione dell’ischio. (Fig.
54.28b).
183
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 54.28b - Linea pubo-coccigea
Ileo
A
B
Sacro
Pube
Ischio
C
A. Malformazione A.R. alta
B. Malformazione A.R. intermedia
C. Malformazione A.R. bassa
I
Oltre l’80% dei pazienti hanno una connessione (fistola) con il tratto
genito-urinario o con il perineo. I maschi ,con atresia rettale alta, hanno
una fistola con l’uretra a livello del verumontanum nell’80% dei casi e
con la vescica nel 6% dei casi; con atresia rettale bassa, nel 70%, hanno
una fistola ano-cutanea lungo il rafe mediano dal corpo perineale allo
scroto. Dal 20% al 30% presentano una membrana anale completa, stenosi anale, o un orifizio anale posizionato anteriormente rispetto alla sede
usuale.
Nelle femmine sono più frequenti le malformazioni anali rispetto a
quelle rettali. Nelle forme rettali alte è presente, nell’80% dei casi,una fistola retto-vaginale; raramente retto-vescicale; nelle forme basse è presente, nel 93% dei casi, una fistola tra il retto ed il vestibolo.
ANOMALIE ASSOCIATE: l’associazione tra malformazioni ano-rettali e
malformazioni in altri organi varia dal 43 al 63% dei casi. Nelle malformazioni rettali “alte” l’incidenza è doppia rispetto a quelle “basse” e maggiore è la gravità (Tab.I).
L’associazione tra anomalia vertebrale, tracheo-esofagea, ano-rettale e
renale viene definita sindrome “Vater”, oppure “Vacter” quando si osser184
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
vano malformazioni cardio-vascolari, o “Vacterl” in caso di ipoplasia di
arti (aplasia del radio).
Le anomalie uro-genitali sono le più frequenti e tali da richiedere uno
studio immediato di questo apparato in presenza di malformazione ano-rettale.
Le anomalie scheletriche osservate più comunemente sono: l’aplasia
del radio e le alterazioni vertebrali (emivertebre multiple, deformità di un
arco o assenza di una vertebra). Il 50% dei bambini con malformazione
ano-rettale “alta” presenta una malformazione sacrale (agenesia del sacro
completa o parziale; agenesia dell’emisacro completa o parziale); con conseguente alterazione dell’integrità dell’innervazione anatomica e della funzione vescicale (vescica neurologica).
In tutti i pazienti con malformazione ano-rettale dovrebbe essere valutata la presenza di una “tethered cord”, situazione anatomo-patologica caratterizzata da una trazione verso il basso del cono midollare in rapporto
alla presenza di tessuto fibroso, aderenze o lipomi. Questi pazienti possono presentare clinicamente gravi deficit neurologici a carico degli arti inferiori e dell’innervazione vescicale.L’atresia esofagea (con o senza fistola) e le ostruzioni duodenali possono associarsi alle malformazioni anorettali con un’incidenza rispettivamente del 10% e del 2%.
ANATOMIA DELL’ANO-RETTO E DEL PAVIMENTO PELVICO: la funzione della
continenza fecale è legata al normale sviluppo dell’ano-retto e del pavimento pelvico.
La muscolatura del canale ano-rettale si configura come due cilindri
coassiali l’uno all’altro. Il cilindro interno o viscerale è costituito dalla
parte terminale della muscolatura dell’intestino (strato muscolare circolare
= sfintere interno; strato muscolare longitudinale = muscolo longitudinale). Il cilindro esterno o somatico è formato dallo sfintere esterno e dal
muscolo pubo-rettale (nella sua parte inferiore); nella parte alta il cilindro
si apre ad imbuto e costituisce l’elevatore dell’ano che separa la cavità
pelvica dal perineo (Fig. 55.28).
Il muscolo sfintere interno è liscio, dotato di un tono permanente che
garantisce la continenza automatica. Esso rappresenta la continuazione
dello strato circolare proprio dell’intestino; a livello del canale anale questo strato si inspessisce e termina con un margine arrotondato, subito sotto
la linea pettinata.
Il muscolo longitudinale è all’esterno del precedente e rappresenta la
continuazione dello strato longitudinale proprio del retto. Esso si trova
quindi tra il muscolo sfintere interno ed il muscolo sfintere esterno. La sua
parte inferiore si apre a ventaglio verso lo sfintere esterno ed interno.
Il muscolo sfintere esterno è un muscolo striato la cui contrazione è
185
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 55.28 - Muscolatura del canale ano-rettale
1
2
3
1. M. sfintere interno – 2. M. longitudinale – 3. M. sfintere esterno
Fig. 56.28 - Anatomia “ano-retto e pavimento pelvico”
1
2
3
4
5
9
6
10
67
8
1. Vasi emorroidari superiori – 2. Peritoneo – 3. Pelvi – 4. M. otturatore interno – 5.
Spazio pararettale – 7. Fossa ischiorettale – 8. Vasi emorroidari inferiori – 9. M. elevatore dell’ano – 10. M. sfintere esterno
186
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Fig. 57.28 - Sfintere esterno
Pube
Retto
A
Coccige
B
C
Ano
A. Gruppo muscolare superiore “top loop” – B. Gruppo muscolare intermedio “intermediate loop” – C. Gruppo muscolare inferiore “base loop”
volontaria. Assicura la continenza in urgenza. Esso è situato coassialmente
allo sfintere interno, con l’interposizione del muscolo longitudinale; in alto si continua con l’elevatore dell’ano. (Fig. 56.28).
Il muscolo sfintere esterno può essere suddiviso in tre gruppi di fibre
muscolari a forma di fionda “loop”: gruppo muscolare superiore o “top
loop”, le cui fibre si fondono (senza confine istologico) con il muscolo
pubo-rettale e si inseriscono al pube; gruppo muscolare intermedio o “intermediate loop” che si inserisce posteriormente al coccige, passando anteriormente alla porzione media del canale anale a livello della linea pettinata; gruppo inferiore o sottocutaneo o “base loop”, esso è attaccato alla
cute del perineo anteriore, costituendo il “corrugatore” della cute anale.
(Fig. 57.28)
Questi tre gruppi muscolari contribuiscono, mediante una angolazione
selettiva del canale anale, alla continenza fecale.
Il muscolo elevatore dell’ano è un muscolo largo e sottile a forma di
imbuto. Esso è costituito da una parte centrale ad andamento trasversale e
da una parte a sviluppo ventrale. Queste strutture delimitano il cosiddetto
iato dell’elevatore, all’interno del quale sono accolti il canale ano-rettale e
vagina o prostata ed uretra.
187
INTESTINO POSTERIORE
Il muscolo elevatore è costituito da tre parti: una porzione ileo-coccigea, che origina dalla spina ischiatica e dalla parte posteriore della fascia
otturatoria con direzione verso il basso, posteriormente e medialmente si
inserisce a livello degli ultimi due metameri del sacro e nel rafe ano-coccigeo.
La porzione pubo-coccigea si inserisce nella faccia posteriore del pube
e nella parte anteriore della faccia otturatoria, si dirige posteriormente verso il basso fino all’estremità del coccige ed all’ultimo segmento del sacro.
Le fibre pubo-coccigee formano uno spazio ellittico chiamato “iatus
dell’elevatore” attorno il quale passa la parte bassa del retto, nell’uomo la
struttura uretro-prostatica e nella donna la vagina e l’uretra.
La porzione pubo-rettale è quella più mediale, le cui fibre si innescano
posteriormente alla sinfesi pubica e nella faccia superiore del diaframma
uro-genitale; dirigendosi posteriormente, si uniscono a quelle del lato opposto formando una cravatta intorno al retto nella sua parte inferiore.
Il cosiddetto “anello o fionda pubo-rettale” è formato dalla associazione della porzione pubo-rettale del muscolo elevatore e delle fibre profonde
dello sfintere esterno. È un muscolo potente ed il suo rilievo è perfettamente percepibile all’esplorazione rettale. (Fig. 58.28).
L’innervazione del canale ano-rettale avviene attraverso nervi somatici
e nervi viscerali (sistema simpatico e parasimpatico) (Fig. 59.28).
Il nervo pudendo interno, formato da fibre sensitive e fibre motrici, è il
principale nervo del plesso sacrale, le sue fibre emergono dal 2° – 3° – 4° forame sacrale e decorrono, staccandosi dalle radici sacrali, in posizione sottofasciale lungo il margine del muscolo ischio-coccigeo ed escono dalla pelvi
attraverso il canale di Alcock ed entrano nella fossa ischio-rettale,dove si dividono in due rami terminali: il nervo perineo ed il nervo dorsale del pene.
Le fibre motrici del nervo perineo innervano il muscolo sfintere esterno dell’ano, mentre le fibre sensitive innervano la cute della regione anale sotto la
linea pettinata. Tale regione è ricca, infatti, di recettori sensitivi che analizzano molteplici informazioni come l’attrito = corpuscoli genitali, pressione
= corpuscoli del Golgi, tatto = corpuscoli di Meissner, freddo = corpuscoli
di Krause, stiramento = corpuscoli di Pacini.
Un ramo più profondo del nervo perineo si accompagna all’arteria del
bulbo dell’uretra, e fornisce nel maschio fibre motrici al muscolo trasverso superficiale del perineo, al bulbo-cavernoso ed ischio-cavernoso e si distribuisce al corpo cavernoso dell’uretra ed alla mucosa uretrale. Nella
femmina fornisce fibre al bulbo del vestibolo.
Il nervo dorsale del pene o del clitoride decorre da dietro in avanti nel
trigono uro-genitale, separando la branca ischio pubica, ed arriva a livello
del dorso del pene, innervando il corpo cavernoso del pene.
188
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
CAPITOLO XXVIII
Fig. 58.28 - Muscoli del pavimento pelvico
Ano-retto
Pube
Vagina
M. pubococcigeo
M. puborettale
M. ileococcigeo
Sacro
Ischiocavernoso
Bulbospongioso
M. trasverso del perineo
M. pubococcigeo
M. sfintere esterno
M. ischio
coccigeo
M. piriforme
M. gluteo
Il muscolo elevatore dell’ano è innervato direttamente da rami del 3° –
4° nervo sacrale che decorrono sul pavimento pelvico tra il muscolo
ischio-coccigeo e ileo-coccigeo (nervo elevatore dell’ano; decorre parallelo al nervo pudendo interno). Il muscolo pubo-rettale è innervato direttamente da un ramo del 4° nervo sacrale.
L’innervazione viscerale o splancnica (simpatica e parasimpatica) regola il tono della muscolatura della parete dell’ano-retto (muscolo sfintere
interno e strato circolare) attraverso il sistema nervoso enterico localizzato
nel plesso sottomucoso (Meissner) e nel plesso mioenterico (Auerbach).
189
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 59.28 - Innervazione del canale ano-rettale
Plesso preaortico
Plesso
ipogastrico
Plesso
presacrale
N. presacrale
Plesso
sacrale
Le fibre simpatiche che raggiungono il retto derivano dai primi tre
segmenti lombari del midollo spinale, i quali passano attraverso i gangli
simpatici. Un prolungamento si estende lungo l’arteria mesenterica inferiore (plesso mesenterico inferiore) e raggiunge la parete superiore del retto.
Un altro prolungamento si congiunge con il plesso aortico. Il plesso
aortico ed il plesso ipogastrico (formato dai nervi splacnici lombari) costituiscono insieme il plesso presacrale. I nervi presacrali raggiunti dai nervi
“erigentes” (nervi sacrali parasimpatici che originano dal 2° – 3° – 4° forame sacrale) a livello della fascia sacrale del Waldeyer, formano il plesso-pelvico che innerva la parte inferiore del retto, il canale anale, la vescica e gli organi sessuali.
FUNZIONE DELLA CONTINENZA FECALE: la funzione della continenza fecale
è legata al normale sviluppo dell’anatomia ano-rettale ed in particolare al
190
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Fig. 60.28a - Malformazioni ano-rettali nel maschio
M.A.R. ALTE
M.A.R. INTERMEDIE
M.A.R. BASSE
Agenesia ano-rettale con fistola
retto-uretrale o retto-vescicale
Agenesia anorettale con fistola
retto-uretrale bulbare
Ano coperto incompleto
(con fistola anocutanea
perineale o scrotale)
Stenosi anale (Ano ectopico)
Agenesia ano-rettale
senza fistola
Agenesia anorettale senza fistola
Ano coperto completo
(senza fistola)
Ano membranoso
Atresia rettale
grado di sviluppo dell’innervazione pelvica (somatica e viscerale). La
continenza è assicurata da due meccanismi anatomici: l’occlusione del canale anale e l’angolo ano-rettale.
Il primo meccanismo è legato al tono permanente del muscolo sfintere
anale interno regolato dall’innervazione simpatica e parasimpatica del
plesso pelvico. Il muscolo sfintere interno è responsabile della continenza
automatica.
La sezione totale dello sfintere interno mette a rischio la continenza,
così come le fibre simpatiche e parasimpatiche. Lo sfintere esterno è responsabile della continenza volontaria. La chiusura del canale anale è ot191
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 60.28b - Malformazioni ano-rettali nella femmina
M.A.R. ALTE
Agenesia ano-rettale con fistola
retto-vaginale alta
Agenesia ano-rettale
con fistola retto-cloacale
M.A.R. INTERMEDIE
Agenesia anale con fistola
retto-vestibolare
M.A.R. BASSE
Ano coperto incompleto
(con fistola anocutanea
o ano-vestibolare)
Stenosi anale (Ano ectopico)
Agenesia anale
con fistola retto-vaginale bassa
Ano coperto completo
(senza fistola)
Ano membranoso
Atresia rettale
Agenesia anale senza fistola
Agenesia ano-rettale
senza fistola
tenuta grazie alla contrazione sinergica dei tre gruppi di fibre dello sfintere esterno, che sviluppano la loro azione in direzioni opposte.
Il secondo meccanismo è correlato con la funzione della fionda puborettale. L’angolo ano-rettale, normalmente, è di 90° - 100°, è determinato
e mantenuto dal tono del muscolo pubo-rettale. (Fig. 61.28).
L’evacuazione si ottiene con l’eliminazione del tono muscolare esistente del muscolo sfintere interno e dello sfintere esterno che aprono il
canale anale e quella del pubo-rettale che apre l’angolo ano-rettale.
192
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Fig. 61.28 - Meccanismo della continenza fecale
Retto
Pube
Coccige
La sezione totale dello sfintere interno o la lesione del plesso pelvico
o dei nervi somatici mettono a rischio la continenza fecale.
DIAGNOSI DELLE MAFORMAZIONI ANO- RETTALI: l’ispezione del perineo è
fondamentale per una diagnosi clinica insieme a quella dei genitali esterni.
1. Ano normale. Possiamo avere una prima situazione in cui all’esame
ispettivo l’ano ha un aspetto normale. Se il neonato ha una occlusione
intestinale con un addome disteso ed assenza di fuoriuscita di meconio, dobbiamo verificare la pervietà dell’ano con una sonda e supporre, in presenza di un ostacolo, una malformazione ano-rettale bassa:
stenosi ano-rettale, stenosi membranosa anale(la membrana può essere
visibile, quando per effetto della pressione addominale, diventa convessa, sottile e bluastra), oppure una atresia del retto, estremamente rara (2% di tutte le malformazioni ano-rettali). Quest’ultima ha tutte le
caratteristiche di una comune atresia intestinale di origine ischemica,
con due cul di sacco, una anale formato dal canale anale normale che
si arresta ad un livello variabile (5 – 10 centimetri) e l’altro rettale o
addirittura colico. Essi possono essere separati da una perdita di sostanza o da un cordone fibroso.
2. Ano anormale. L‘ano è assente o ha un aspetto diverso del normale,
oppure la sua sede è anomala. I problemi diagnostici sono diversi nel
maschio e nella femmina. (Fig. 60.28 A, B) (Tabelle I e II)
193
INTESTINO POSTERIORE
Tab. I - Diagnosi clinica delle malformazioni ano-rettali nel maschio
Ano normale
Ano anormale
Stenosi anale membranosa
Atresia del retto
Ano perineale anteriore
Piccolo orifizio con fuoriuscita di meconio
Ano coperto incompleto con fistola
ano-cutanea perineale o scrotale
Orifizio anale non visibile
con presenza di meconio
nelle urine
Malformazione ano-rettale alta:
agenesia ano-rettale con fistola rettovescicale o retto-uretrale
Malformazione ano-rettale intermedia:
agenesia anale con fistola retto-uretrale
bulbare
Assenza di orifizio anale;
assenza di meconiuria e di
meconio sul perineo
Malformazione ano-rettale alta:
agenesia ano-rettale senza fistola
Malformazione ano-rettale intermedia:
agenesia anale senza fistola
Malformazione ano-rettale bassa:
ano coperto completo
A. MASCHIO
1. Presenza di meconio che fuoriesce da un orifizio molto piccolo; il
quadro può essere un ano coperto incompleto con fistola ano-cutanea
o ano-vestibolare. È la malformazione ano-rettale più frequente. Il retto è normale, così come il canale anale fino a livello della linea pettinata, ma al di sotto di questa si riduce ad un tragitto fistoloso (rivestito da un epitelio squamoso) che si apre sul rafe perineale ad una distanza variabile (spesso dietro lo scroto nel maschio e nel vestibolo
nella femmina). L’orifizio è piccolissimo, tale da rendere impossibile
il cateterismo per l’esecuzione di una fistolografia. Le tracce di meconio sono anch’esse minime. Il tragitto fistoloso spesso è visibile perché rigonfio e bluastro.
194
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Tab. II - Diagnosi clinica delle malformazioni ano-rettali nella femmina
Un solo orifizio vulvare con
fuoriuscita di urina e meconio
(seno uro-genito-rettale)
Agenesia ano-rettale con fistola rettocloacale
Due orifizi: uretrale e vaginale
(assenza dell’orifizio anale)
Malformazione ano-rettale alta:
agenesia ano-rettale con fistola retto-vaginale
alta
Malformazione ano-rettale intermedia:
agenesia anale con fistola retto-vaginale
bassa
Tre orifizi: uno uretrale, uno
vaginale ed uno da cui fuoriesce
meconio (vulvare-perineale o
anale)
Malformazione ano-rettale intermedia:
agenesia anale con fistola retto-vestibolare
Malformazione ano-rettale bassa:
– ano coperto incompleto (con fistola anocutanea o ano-vestibolare
– ano ectopico anteriore perianale o vulvare
2. Orifizio anale non visibile con presenza di meconio nelle urine; la meconiuria è indicativa della presenza di una fistola retto-vescicale o retto-uretrale per una malformazione ano-rettale alta (agenesia ano-rettale con fistola retto-vescicale o retto-uretrale) o per una malformazione
ano-rettale intermedia (agenesia anale con fistola retto-uretrale bulbare).
3. Assenza di orifizio anale; assenza di meconiuria e di meconio sul perineo: questa condizione è indicativa di una anomalia non comunicante
di tipo malformazione ano-rettale alta (agenesia ano-rettale senza fistola) o di tipo malformazione ano-rettale intermedia (agenesia anale
senza fistola) o malformazione ano-rettale bassa (ano coperto completo), in cui l’orifizio è ricoperto solamente da un rafe ipertrofico.
B. FEMMINA
Nella femmina le anomalie non comunicanti (senza fuoriuscita di meconio nel perineo) sono eccezionali; esse sono sempre comunicanti con
195
INTESTINO POSTERIORE
l’esterno e con la sede; il numero e l’aspetto di tutti gli orifizi devono essere accuratamente valutati. Se vi è emissione di meconio è sufficiente
contare il numero degli orifizi.
Un solo orifizio alla vulva, dal quale fuoriesce urina e meconio, indica
l’esistenza di una agenesia ano-rettale di tipo “cloaca” (agenesia ano-rettale con fistola retto-cloacale).
Due orifizi ed assenza dell’orifizio anale, un orifizio uretrale e l’altro
vaginale (e non vestibolare) da cui fuoriesce meconio; è espressione di
una malformazione ano-rettale alta (agenesia ano-rettale con fistola rettovaginale alta) o malformazione ano-rettale intermedia (agenesia anale con
fistola retto-vaginale bassa).
Tre orifizi: uno uretrale, uno vaginale ed uno da cui fuoriesce meconio
che può essere localizzato a livello anale, perineale o vulvare. Può essere
anche agenesia anale con fistola retto-vestibolare; un ano coperto incompleto con fistola ano-vestibolare; ano ectopico anteriore perineale o vulvare (che è normale tranne che per la localizzazione ectopica).
DIAGNOSI STRUMENTALE DELLE MALFORMAZIONI ANO-RETTALI:
1. Radiografia diretta dell’addome e del torace in posizione ortostatica; è
utile nelle malformazioni ano-rettali studiare la presenza di altre anomalie associate, come la valutazione dei segmenti scheletrici o la distribuzione del gas addominale. Importante è la valutazione delle anomalie del sacro, la cui agenesia parziale determina l’assenza delle radici sacrali corrispondenti con conseguente “vescica neurologica”.
2. Invertografia: è una semplice radiografia diretta per valutare la distanza dell’ombra gassosa, che delimita la tasca atresica dalla cute perineale; si esegue lasciando per almeno tre minuti prima dell’esame il
bambino a testa in basso, piedi in alto e gambe flesse nelle anche a
120°, posizionando un repere metallico nella cute a livello della sede
presunta dell’ano. In questa posizione i gas delimitano bene il fondo
del cul di sacco atresico. L’esame deve essere eseguito dodici ore dopo la nascita, tempo necessario per consentire che l’aria intestinale
raggiunga la parte più distale del colon (cul di sacco). L’aspetto più rilevante di questa indagine non è la valutazione della distanza tra il cul
di sacco e la regione perianale, ma la posizione del cul di sacco rispetto a punti anatomici di repere; alle ossa del bacino e alle inserzioni
dell’elevatore dell’ano. Il muscolo elevatore si proietta in un triangolo
formato in alto della linea pubo-coccigea, che congiunge pube (p) con
il coccige (c) e, in basso, dal punto più inferiore dell’ischio (i). Quando il cul di sacco intestinale, con una radiografia in proiezione latera196
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
le, si proietta al di sopra della linea ‘p-c’, si tratta di una malformazione ano-rettale alta; se si proietta sul triangolo ‘p-c-i’ è una malformazione ano-rettale intermedia; se si proietta al di sotto del punto ‘i’ è
una malformazione ano-rettale bassa. La presenza di aria in vescica è
espressione di una fistola retto-vescicale o retto-uretrale (vedi Fig.
52.28).
3. Ecografia: consente di misurare la distanza che intercorre dal cul di
sacco intestinale al perineo; ma la sua specificità è limitata.
4. TAC o RM: permettono uno studio dei rapporti esatti tra cul di sacco
con l’elevatore dell’ano o lo sfintere esterno e le ossa pelviche.
5. Cistografia minzionale: può rilevare la fistola con il retto ed è utile
nello studio delle malformazioni urologiche associate alle malformazioni ano-rettali ed in particolare di un reflusso vescico-ureterale.Essa
si associa alla invertografia.
6. Fistolografia con immissione di mezzo di contrasto all’interno della fistola o nell’orifizio anale permette una esatta conoscenza della morfologia della MAR.
7. Puntura transcutanea: permette di opacizzare il cul di sacco intestinale
nelle malformazioni basse.
TERAPIA CHIRURGICA DELLE MALFORMAZIONI ANO-RETTALI: il trattamento
chirurgico varia in funzione del tipo di malformazione ano-rettale (alte,
basse, intermedie).
A. TRATTAMENTO DELLE FORME BASSE
Nelle malformazioni ano-rettali basse il muscolo sfintere interno risulta efficiente sul piano funzionale e lo sfintere esterno può essere normalmente sviluppato. Il retto è posizionato all’interno della fionda pubo-rettale e, pertanto, le problematiche chirurgiche sono minori,ed i risultati postoperatori sono buoni e con normale continenza.
Membrane anali senza fistola: viene eseguita una incisione radiale o
crociata della membrana con successive dilatazioni post operatorie.
Ano anteriore perineale: non deve essere sottoposto a trattamento chirurgico; solo in presenza di una stipsi potrà essere corretto con la tecnica
di Hendren.
197
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 62.28 - “Cut-back” su fistola ano-cutanea o anovestibolare
Ano coperto incompleto con fistola ano-cutanea od ano-vestibolare:
viene trattato con un “cut-back” che mette a piatto la fistola ed apre il fondo del cul di sacco. Si introduce uno specillo nella fistola e si apre con le
forbici mantenendosi nella linea mediana, verso la fossetta anale, dove il
tessuto diventa più spesso; completata l’apertura si possono applicare alcuni punti mucocutanei. (Fig. 62.28).
Ano anteriore vestibolare: viene sottoposto ad un intervento in epoca
più tardiva per motivi fisiologici e estetici. Viene eseguito l’intervento secondo la tecnica di Peña, che ha sostituito l’intervento di retroposizione
dell’ano.
Ano coperto completo: si esegua una anoplastica perineale. (Fig.
63.28).
B. TRATTAMENTO DELLE FORME ALTE ED INTERMEDIE
Le malformazioni ano-rettali caratterizzate clinicamente da una occlusione intestinale bassa, necessitano urgentemente un trattamento mediante
una colostomia escludente (doppio stoma separato o colostomia ad ansa su
ponte cutaneo). Nella maggior parte dei casi la colostomia viene eseguita
sul colon discendente o sul sigma (lasciando distalmente alla sutura un
segmento di colon sufficientemente lungo da consentire una successiva
198
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Fig. 63.28 - Ano coperto completo: anoplastica per via perineale
A
A
C
mobilizzazione della tasca rettale (oppure sul colon trasverso destro (a destra dei vasi colici medi).Quest’ultima si confeziona quando si presume
che all’epoca dell’intervento radicale sia prevista una mobilizzazione del
colon sinistro.
La tecnica della colostomia escludente con doppio stoma separato su
ponte cutaneo sec. Nixon, consiste in una incisione cutanea a ‘V’ in corrispondenza del segmento prescelto, con successiva esteriorizzazione dell’ansa colica ed interruzione della continuità intestinale; sutura separata dei due
monconi colici alla parte addominale fissandoli al piano fasciale e cutaneo.
Il lembo di cute compreso nella ‘V’ viene interposto tra i due stomi.
199
INTESTINO POSTERIORE
La colostomia, anche se ha una sua morbilità, presenta notevoli vantaggi, tra cui l’esecuzione di un cologramma (introduzione di mezzo di
contrasto idrosolubile, tramite un catetere di Foley attraverso la colostomia), per una più completa valutazione della malformazione e della eventuale fistola. Tale esame deve essere eseguito in proiezione laterale.
Inoltre, la colostomia permette di operare il bambino in età elettiva
(intorno a 3 – 6 mesi) ed in condizioni quindi migliori. Il colon defunzionalizzato rende più sicuro l’intervento di rettoplastica.
RETTOPLASTICHE: principi generali: l’intervento chirurgico nella malformazione ano-rettale “alta” ha lo scopo di abbassare l’intestino attraverso
la fionda pubo-rettale, ottenendo la massima continenza possibile. Per abbassare l’intestino è necessario dissecare il cul di sacco; suturare l’eventuale fistola retto-urinaria o retto-vaginale e costruire un canale anale di
calibro adeguato, non stenotico, sulla cute perianale.
La fionda pubo-rettale deve essere preservata, insieme alla complessa
innervazione somatica e viscerale della pelvi. La fionda pubo-rettale è
troppo profonda e troppo anteriore per essere accessibile per via addominale; inoltre, i nervi del plesso pelvico (nervi erigentes) che raggiungono
le pareti laterali del retto estendendosi sopra l’elevatore verrebbero danneggiati da una dissezione laterale del retto. Eliminando la dissezione del
cul di sacco tutte le strutture vicine ed in particolare i nervi pelvici vengono conservati.
Le tecniche chirurgiche che vengono utilizzate nella correzione delle
malformazioni ano-rettali alte sono numerose: tecnica di Stephens (rettoplastica sacro-perineale o sacro-addomino-perineale); tecnica di Mollard
(rettoplastica perineo-addomino-perineale); tecnica di Peña e de Vries
(ano-rettoplastica sagittale posteriore).
Tecnica di Peña e de Vries (ano rettoplastica sagittale posteriore): è la
tecnica più attuale e diffusa. Essa è basata sulla perfetta conoscenza anatomica della muscolatura pelvica ed è applicabile nella correzione di tutte le
malformazioni ano-rettali eccetto quelle basse che sono risolvibili con una
semplice perineoplastica. I vantaggi della tecnica sono: il buon controllo
visivo di tutte le strutture perineali, del complesso sfinterico ed in particolare del cul di sacco rettale e della fistola retto-urinaria o vaginale; una accurata identificazione di tutti i muscoli pelvici (grazie anche ad un elettrostimolatore muscolare intraoperatorio che riduce il rischio di lesioni iatrogene neuromuscolari); migliore risultato funzionale (continenza).
TECNICA INTERVENTO DI DE VRIES E PEÑA: Il paziente viene posto in posizione prona con la pelvi sollevata e la regione perianale ben esposta. Si
esegue una incisione cutanea verticale mediana estesa dalla parte inferiore
200
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Fig. 64.28 - Anorettoplastica sagittale posteriore sec. Peña de Vries nel maschio
– Esposizione del cul di sacco
rettale previa separazione sulla
linea mediana del muscolo sfintere esterno ed elevatore
Sezione del coccige
Fibre parasagittali
Retto
(cul di sacco
M. sfintere esterno
e elevatore
dell’osso sacro fino ai genitali esterni; tutte le strutture muscolari che si
incontrano devono essere aperte “a libro” (dividendole esattamente nella
linea mediana), comprendendo il muscolo elevatore e lo sfintere esterno
dell’ano. I fasci muscolari vengono identificati e repertati con fili di sutura. Viene così raggiunto ed individuato il cul di sacco intestinale e si incide la sua estremità per individuare la fistola che viene interrotta e suturata.
Successivamente, inizia un tempo estremamente delicato: la dissezione
della parete anteriore del cul di sacco rettale da quella posteriore dell’uretra (bulbare prostatica) o della vagina. Le difficoltà sono di ordine anatomico, perché non esiste un piano di clivaggio anatomico tra retto ed uretra
e retto e vagina; essi hanno una parete in comune fino al margine superiore della prostata o della vagina.
Il retto “cul di sacco” mobilizzato, in genere, è troppo voluminoso e,
pertanto, viene rimodellato e ridotto di calibro “Tapering” (il rimodellamento viene fatto su un tubo di silastic 30 ch).
L’estremità del retto mobilizzato viene abbassata all’interno del cilindro del “complesso muscolare” striato che quindi finisce con l’avvolgerla
201
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 65.28 - Anorettoplastica sagittale posteriore “ sec. Peña de Vries” nel maschio
Retto
B
A
– Esposizione della
fistola retto-uretrale
sua sezione e legatura
trasfissa
C
Fig. 66.28 - Anorettoplastica sagittale posteriore “ sec. Peña de Vries” nel maschio
– Il retto mobilizzato viene fatto passare attraverso l’elevatore ed ancorato al
complesso muscolare. Tapering del retto
e sutura alla cute del neo-ano
202
CAPITOLO XXVIII
MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
Fig. 67.28 - Tecnica di Peña de Vries nel maschio (idem nella femmina con fistola
retto-vaginale)
Vescica
Retto
A
M. elevatore
Fistola
retto-uretrale
suturata
Mobilizzazione
del retto
B
Tapering
C
Sutura al neo-ano
completamente perché le sue fibre vengono riavvicinate e suturate sulla linea mediana. Negli ultimi anni, risultati molto brillanti sembrano ottenersi
mediante la tecnica del pull-through video-laparoscopica (sezione-sutura
della fistola retto-uretale e mobilizzazione vascolare del retto) sec. Georgeson (1995). Questo procedimento mini-invasivo è ancora poco collaudato su base internazionale, perché finora eseguito solo in pochi Centri
avanzati di endochirurgia neocrotale: occorrono pertanto ancora alcuni anni per per verificare se i suoi risultati funzionali saranno migliori rispetto
alla tecnica di Peña. Comprendendo la parete intestinale per prevenire i
prolassi. Si sutura infine l’intestino alla cute del neo ano con punti staccati. (Fig. 64.28; Fig.65.28; Fig. 66.28, Fig. 67.28).
203
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO
(MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
La malattia di Hirschsprung, o megacolon agangliare è una anomalia
congenita dell’innervazione autonoma intrinseca dell’intestino con alterazione del normale meccanismo della motilità del colon e della defecazione. L’anomalia è dovuta alla totale assenza delle cellule ganglionari intramurali del plesso sottomucoso e mienterico. La conseguenza fisio-patologica di questa anomalia è la presenza di un segmento di colon (contratto e
senza peristalsi) capace di determinare una ostruzione funzionale parziale
o completa.
La malattia di Hirschsprung rientra nella diagnosi differenziale con i
vari tipi di occlusione intestinale del neonato e con la stipsi cronica ed
ostinata nel bambino più grande.
INCIDENZA: La malattia di Hirschsprung ha un’incidenza media di circa
1 su 3.000. Nell’8% dei casi una storia di malattia di Hirschsprung è presente in altri membri della famiglia. Il rischio di avere un bambino affetto
da questa malattia per un paziente affetto, è del 2% a segmento breve e
del 30% a segmento lungo. Il rapporto maschi/femmine è di 3,5 ad 1 nella malattia di Hirschsprung a segmento breve; il rapporto si riduce in caso
di malattia a segmento lungo.
EZIOPATOGENESI: anche se la esatta causa dell’agangliosi rimane sconosciuta, la malattia di Hirschsprung può essere il risultato di un arresto della migrazione in senso cranio-caudale dei neuroblasti nel canale digestivo
oppure di una alterazione dello sviluppo e della differenziazione finale di
queste cellule, forse per eventi immunitari. Studi in famiglie con la malattia di Hirschsprung hanno rilevato un’alterazione genetica a carico del
cromosoma 10 (o mutazione del proto oncogene ret). Simili delezioni cromosomiche sono state rilevate nella MEN II A e MEN II B.
ANOMALIE ASSOCIATE: anomalie congenite associate sono comuni in pazienti con malattia di Hirschsprung (22% dei casi) ed in particolare cardiache, genito-urinarie, gastro-intestinali (come ano imperforato, malrotazio205
INTESTINO POSTERIORE
ni etc.). L’8% dei pazienti con malattia di Hirschsprung ha una sindrome
di Down,comunemente associata a difetti cardiaci.
PLESSI MIOENTERICI: EMBRIOPATOGENESI E FISIOPATOLOGIA: i neuroblasti
fetali, anche se non è stato formalmente provato, migrano dalla cresta neurale (cranio-cervicale) caudalmente, attraverso le fibre del nervo vago, negli strati muscolari del tubo digestivo.
I neuroblasti si trovano nella parete dell’esofago intorno alle sei settimane di gestazione; successivamente sono presenti nello stomaco, nel
duodeno, colon e retto. Nell’embrione di 7 cm (12 settimane) i neuroblasti
possono essere identificati lungo l’intero colon.
La maturazione dei neuroblasti in cellule ganglionari avviene molto
lentamente e progressivamente; durante il terzo trimestre si trovano pochi
elementi ganglionari; alla nascita un terzo si sono così sviluppati e la maturazione continua durante i primi cinque anni dopo la nascita. Dopo tale
periodo il sistema ganglionare intramurale è completamente maturo. I
plessi nervosi maturi (mioenterici) sono rappresentati da quello sottomucoso superficiale di Meissner, profondo di Henle e intramuscolare di
Auerbach. L’attività miogenica del colon medio (peristalsi) è mediata dall’innervazione intrinseca (plessi intramurali) e dall’innervazione estrinseca
(fibre nervose del sistema simpatico e parasimpatico).
A. INNERVAZIONE INTRINSECA: è rappresentata dai plessi intramurali formati
da:
1. Plesso mioenterico di Aüerbach situato tra lo strato muscolare circolare e longitudinale dell’intestino. Le neurocellule sono di grandi dimensioni ,con un nucleo periferico ed un chiaro nucleolo.
2. Plesso sottomucoso; esso è distinto in sottomucoso profondo (o plesso
di Henle) e sottomucoso superficiale (plesso di Meissner). Le neurocellule dello strato sottomucoso sono piccole e più difficili da riconoscere.
B. INNERVAZIONE ESTRINSECA: È rappresentata dalle fibre del sistema simpatico originatesi dalle cellule della catena gangliare pre-vertebrale. Esse penetrano nella parete intestinale e, prima di andare ad innervare le miocellule della parete intestinale, formano una arborizzazione sinaptica intorno
alle cellule gangliari intramurali. Le fibre del sistema parasimpatico del
206
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
Fig. 68.29 - Megacolon: fisiopatologia e morfologia
C
B
A
A. Segmento agangliare coartato,
distale
B. Zona di transizione
C. Segmento dilatato prossimale
vago e del plesso pelvico si portano alle cellule gangliari intramurali del
retto distale e dello sfintere interno.
Nel segmento distale del retto assistiamo ad una riduzione delle fibre
nervose e delle cellule ganglionari. Una struttura reticolare, costituita da
cellule ganglionari e fibre mucose può essere rilevata nel muscolo sfintere
interno, come un prolungamento del plesso mioenterico di Aüerbach. Tale
struttura scende sotto la linea pettinata nel neonato per 4 mm e nel bambino più grande per 2 mm. Pertanto, una biopsia diagnostica deve essere
eseguita oltre la linea pettinata.
Nella agangliosi rettocolica congenita, l’anomalia consiste in un’assenza di cellule gangliari intramurali. Le fibre sinaptiche – presinaptiche,
in assenza delle cellule gangliari, entrano direttamente nella parete dell’intestino incrementando il loro numero ed il loro spessore (ipertrofia delle
fibre nervose nel tratto agangliare).
Il segmento intestinale agangliotico è denervato funzionalmente (assenza della normale peristalsi) e contratto.
I meccanismi che possono spiegare l’incremento del tono (contrattura)
della parete del segmento agangliare sono: l’incremento dell’attività eccitatoria colinergica; l’assenza della attività inibitoria adrenergica e l’incremento dell’attività inibitoria adrenergica.
L’effetto fisiopatologico di questa situazione sarà una stenosi funzionale; con un arresto della progressione del contenuto colico legato alla
mancanza della peristalsi e ristagno di materiale fecale a monte del segmento agangliare con progressiva dilatazione del colon. Il quadro clinico
che si viene a configurare è quello di una occlusione intestinale (Fig.
68.29) (Tabella I ).
207
INTESTINO POSTERIORE
Tab. I - Fisiopatologia della malattia di Hirschsprung
ANOMALIA CONGENITA
ASSENZA DEI PLESSI SOTTOMUCOSO E MIOENTERICO
SEGMENTO COLICO AGANGLIARE
RIDUZIONE DELLA MOTILITA’
CONTRATTURA INCONTROLLATA
OCCLUSIONE INTESTINALE PARZIALE O TOTALE
RISTAGNO DI MATERIALE FECALE A MONTE
DILATAZIONE PROGRESSIVA DEL COLON “MEGACOLON”
ENTEROCOLITE
ESTENSIONE DELL’ AGANGLIA: da un punto di vista clinico possiamo differenziare tre gruppi di malattia di Hirschsprung basandoci sulla lunghezza
del segmento agangliare. (Fig. 69.29) (Tabella II).
1. Forma classica di malattia di Hirschsprung (75% dei casi): l’aganglia
può coinvolgere il retto, il retto-sigma o può raggiungere la flessura
splenica, con dilatazione colica prossimale.
2. Forma “long segment”: interessa un tratto di colon esteso (10%), in
cui viene interessato più della metà del colon. Questo gruppo include
anche l’aganglia totale del colon (5%) e, a volte, parte dell’ileo terminale.
3. Forma corta o “ultra short” o acalasia anale: rara (10%), limitata distalmente agli ultimi 2 – 3 centimetri di retto, con marcata dilatazione
rettale: la sua diagnosi è affidata alla manometria ano-rettale.
SINTOMATOLOGIA: la malattia di Hirschsprung si manifesta, in genere,
entro il primo anno di vita con un quadro clinico che già alla nascita è
208
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
Tab. II - Estensione anatomica dell’aganglia in una serie numerosa di pazienti con
malattia di Hirschsprung (Kleinhaus-J. Pediatr. Surg. 1979)
Sede
%
Retto-sigma
30
Sigma
44
Colon sinistro
11
Flessura splenica
4
Colon trasverso
2
Colon ascendente
1
Tutto il colon
8
Fig. 69.29 - Estensione dell’aganglia
A. Forma corta o
“ultra shot” (10%)
A
B
C
D
E
A. B. C. D. E. Forma classica (75%)
G
F
F. G. Forma “long segment”
(15%)
209
INTESTINO POSTERIORE
Tab. III - Età alla diagnosi della malattia di Hirschsprung
0 – 1 mese
8 – 41%
1 mese – 1 anno
35 – 53%
> 1 anno
25 – 39%
molto suggestivo; l’età media alla diagnosi è di 10 mesi; nel 5% dei casi
la diagnosi viene formulata all’età di cinque anni. In alcuni casi l’agangliosi è riconosciuta nell’età adulta. (Tabella III)
A. MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG NEL NEONATO: il quadro clinico è chiaramente di tipo occlusivo con ritardo nell’emissione di meconio superiore
alle 24 ore (in oltre il 90% dei casi l’eliminazione avviene solo dopo stimolazione rettale o clistere) e distensione addominale (80% dei casi) associata a vomito biliare (Tabella IV).
Tab. IV - Sintomatologia della malattia di Hirschsprung nel neonato
Distensione addominale
65%
Vomito
58%
No meconio 24 ore
58%
No meconio 48 ore
42%
Nel periodo neonatale la malattia di Hirschsprung può complicarsi con
l’enterocolite, per necrosi ischemica della mucosa intestinale sopra il tratto agangliare. L’addome si distende improvvisamente, vomito abbondante
ed emissione a spruzzo di feci liquide, striate di sangue e maleodoranti. Il
neonato presenta segni di sepsi con febbre e stato di shock (Tabella V).
210
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
Tab. V - Enterocolite associata a malattia di Hirschsprung: sintomatologia
Distensione addominale
99%
Diarrea esplosiva
82%
Vomito
61%
Febbre
40%
Letargia
32%
Shock
6%
L’enterocolite evolve ,se non trattata, verso la pneumatosi intestinale,
gli ascessi pericolici e la perforazione. Questa complicanza rappresenta la
causa più importante di decesso nel neonato affetto da malattia di Hirschsprung. Una precoce diagnosi di agangliosi permette di ridurre la mortalità
dell’enterocolite neonatale, che risulta essere intorno al 30% dei casi.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE E STRUMENTALE: il morbo di Hirschsprung nel neonato deve essere differenziato dalle altre cause di occlusione neonatale
con ritardata emissione di meconio. (Tabella VI)
L’ileo da meconio può essere escluso con una Rx clisma con contrasto
idro-solubile; esso evidenzia un microcolon da non uso e la fine “smerigliatura” (segno di Neuhauser) nei quadranti inferiori dell’addome. Nei
Tab. VI - Occlusione “intestinale distale”: diagnosi differenziale nel neonato
Enterocolite necrotizzante
Malattia di Hirschsprung
Malrotazione intestinale
Atresia intestinale
Malformazione ano-rettale
Ileo da meconio
Sindrome da “tappo da meconio”
Sindrome del colon sinistro piccolo
211
INTESTINO POSTERIORE
Tab. VII - Sintomatologia della malattia di Hirschsprung nel lattante
Anamnesi remota di ritardata emissione di meconio
Stipsi grave (evacuazione solo dopo stimolazione)
Crisi sub occlusive – occlusive
pazienti con la sindrome da tappo “plug” di meconio, il clisma sarà diagnostico e curativo. L’emissione del tappo di meconio porta ad una risoluzione del quadro clinico occlusivo.
Nella sindrome del colon sinistro piccolo, “small left colon syndrome”
il clisma evidenzia un colon sinistro di calibro ristretto, arrotondato, liscio
,con dilatazione prossimale. Il colon sinistro presenta una attività peristaltica normale, si chiama anche “ostruzione funzionale transitoria del neonato”; esso colpisce figli di madri diabetiche e regredisce in genere entro
il primo mese di vita. Il trattamento è conservativo.
Malrotazione intestinale con volvolo: essa può essere esclusa con una
Rx digerente.
AGANGLIA COLICA TOTALE: rappresenta una forma particolare che si manife-
sta con la comparsa di vomito persistente; la distensione addominale non è
sempre presente anche se vi sono evacuazioni di feci in scarsa quantità. È
un quadro clinico difficile da diagnosticare, perché radiologicamente non
si vede il classico megacolon con il “cono di transizione”. Si associa spesso un megaileo, perché l’aganglia può interessare anche l’ileo terminale.
B. MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG NEL LATTANTE: se la malattia non viene
diagnosticata alla nascita, ma nei mesi successivi per la presenza di una
forma di agangliosi non particolarmente severa, il piccolo paziente avrà
una stipsi grave (con anamnesi remota di ritardata eliminazione di meconio) . Il quadro clinico può evolvere in ripetute crisi di occlusione o sub
occlusione, associate a distensione addominale, vomito e stato di disidratazione. Questi episodi possono regredire spontaneamente o mediante clisteri. All’esame clinico sarà presente ristagno fecale con ampolla rettale
vuota all’esplorazione digitale (Tabella VII).
C. MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG NEL BAMBINO PIÙ GRANDE (2° INFANZIA):
usualmente questi bambini presentano una stipsi cronica (molto marcata)
212
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
Tab. VIII - Sintomatologia della malattia di Hirschsprung nella seconda infanzia
Stipsi cronica marcata
Addome disteso (fecaloma palpabile – ampolla rettale vuota)
Ritardo della crescita
dalla nascita, con un ritmo defecatorio spontaneo o con clismi evacuativi a
prevalenza settimanale o ancora maggiore.
All’esame obiettivo presentano un addome marcatamente disteso e segni di alterato accrescimento (ipotonia ed ipotrofia delle masse muscolari
del tronco e degli arti).
Alla palpazione dell’addome si rileva un fecaloma sigmoideo ed all’esplorazione rettale, il retto è vuoto di feci(Tabella VIII).
La diagnosi differenziale deve essere fatta con le forme di stipsi cronica (non su base neurogenica). In quest’ultima situazione la storia clinica
di stipsi non è mai precoce, difficilmente prima dei 6 – 12 mesi, al contrario dei bambini affetti dalla malattia di Hirschsprung che hanno sviluppato
sintomi, nel 90% dei casi, entro i primi tre mesi di vita.
Questi bambini hanno alla palpazione un addome relativamente piatto
modestamente disteso; all’ispezione del perineo è visibile materiale fecale
(encopresi) ed alla esplorazione l’ampolla risulta occupata da un fecaloma; l’Rx clisma può mostrare una dilatazione del retto (megaretto). La
manometria ano-rettale permette una diagnosi differenziale tra un megaretto di tipo funzionale ed una malattia di Hirschsprung a segmento “ultra
corto”.
Sia nelle forme di megaretto funzionale, sia nelle forme di alterata innervazione dello sfintere interno anale (Hirschsprung a segmento ultra
corto definito anche acalasia dello sfintere rettale), in cui è presente un
ipertono e/o mancato rilasciamento del muscolo sfintere interno, con assenza del riflesso retto-anale, il trattamento è basato unicamente alla risoluzione di questo problema mediante una divulsione anale o un “endorectal pull-through” per la sola via trans-anale sec. De La Torre-Mondragon
(1998).
Displasie neuronali intestinali: rappresentano delle forme attenuate
della malattia di Hirschsprung (pseudo Hirschsprung) con sintomi clinici
simili al morbo di Hirschsprung (transito colico rallentato, stipsi cronica),
213
INTESTINO POSTERIORE
ma in assenza di aganglia dei plessi intramurali. Le alterazioni anatomopatologiche localizzate o generalizzate sono rappresentate essenzialmente
da iperplasia del plesso sottomucoso e mioenterico con presenza di gangli
giganti; presenza di gangli ectopici nel contesto della muscolaris mucosae
o della lamina propria della mucosa; aumento della attività acetilcolinesterasica in assenza di aganglia; aplasia o ipoplasia dell’innervazione simpatica nel segmento intestinale displasico.
Da un punto di vista clinico la displasia neuronale intestinale diventa
malattia conclamata entro l’anno di età e si distinguono due quadri clinici
principali: la displasia tipo A ,a prognosi severa, caratterizzata da una situazione occlusiva intestinale da ipoperistalsi colica (talora estesa anche
all’intestino tenue) associata ad episodi di diarrea muco-sanguinolenta; la
displasia tipo B, nettamente più frequente della precedente, con una sintomatologia simile alla malattia di Hirschsprung,causata forse da un ritardato processo di maturazione delle strutture nervose intramurali Alla nascita
è presente una ritardata eliminazione di meconio. Sono stati descritti numerosi casi clinici di associazione tra displasia neuronale segmentale prossimale e malattia di Hirschsprung sia nella forma classica (retto-sigmoidea) che ultralunga. In questi casi un segmento giganto-gangliare (displasia intestinale neuronale) si trova a monte del tratto agangliare (malattia di
Hirschsprung). In queste situazioni particolari il colon deve essere resecato nella zona sana,non più giganto-gangliare.
DIAGNOSI
1. Rx diretta dell’addome: nel neonato il quadro è quello di una occlusione intestinale distale, con anse dilatate e livellate. Il colon è disteso ed
è assente aria nel retto (proiezione latero-laterale).
La presenza di aria libera in cavità addominale è espressione di perforazione.
2. Rx clisma opaco: l’esame, eseguito con bario diluito con acqua, mostra il tratto agangliare ristretto con la dilatazione del colon a monte
(si evidenzia la classica zona di transizione tra il colon dilatato e quello coartato). I radiogrammi tardivi, eseguiti dopo 24 ore dall’esame,
evidenziano una ritenzione di bario nel tratto di colon dilatato.
Nei neonati, il clisma opaco è diagnostico nell’80% dei casi:infatti
nelle prime tre settimane di vita la dilatazione del colon può non essere tale da distinguersi dal tratto agangliare, in questo periodo anche la
dimostrazione della zona di transizione e del segmento retto-sigmoideo coartato può essere difficile. Nei pazienti con malattia di Hirschsprung con aganglia totale del colon, il clisma può non essere diagnostico;il diametro del colon è normale nella maggior parte dei casi, seb214
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
bene occasionalmente il calibro possa essere ridotto. Il colon può sembrare accorciato e con la flessura splenica depressa.Nel 30-40% dei
casi è presente reflusso di bario nell’ileo.
3. Manometria ano-rettale: l’indagine è basata sulla presenza di una alterazione del riflesso inibitore retto-anale nei pazienti con aganglionosi.
Nel colon normale la distensione dell’ampolla rettale determina un rilasciamento dello sfintere interno, con decremento della pressione nel
canale anale. L’evidenziazione manometrica di questo rilasciamento
riflesso, quando un palloncino viene gonfiato a livello dell’ampolla
rettale, viene considerata la prova della presenza dei gangli nelle porzioni più caudali del retto terminale e fa escludere la malattia di Hirschsprung. La manometria ano-rettale offre una accuratezza diagnostica intorno al 90% dei casi; nei bambini prematuri o nei neonati nei
primi 10-20 giorni di vita, il riflesso inibitore retto-anale può non essere ancora presente, perché la maturazione delle cellule gangliari può
richiedere alcuni mesi.
4. Biopsia rettale: la dimostrazione istologica dell’assenza dei gangli nella sottomucosa (Meissner) e nello strato muscolare (Auerbach) e della
presenza di fibre nervose ipertrofiche permettono una diagnosi di certezza di malattia di Hirschsprung. La biopsia deve essere eseguita sulla parete posteriore del retto a circa 1,5 cm – 3 cm sopra la linea pettinata, perché sotto questo livello è presente una normale ipo-agangliosi. Essa deve essere a tutto spessore per lo studio degli strati
superficiali del colon. La biopsia transanale può essere di difficile lettura e può associarsi a complicanze come sanguinamenti o perforazioni. La biopsia descritta da Swenson richiede una anestesia generale
con sutura nella zona del prelievo bioptico. La biopsia rettale classica
a scopo diagnostico a tutto spessore è stata sostituita con la biopsia
rettale per suzione secondo la tecnica di Noblett. La dimostrazione
dell’incremento dell’attività acetilcolinesterasica mediante tecniche
istochimiche ha portato ad una correttezza diagnostica della malattia
di Hirschsprung nel 99% dei casi. L’innervazione colinergica, infatti, è
incrementata nella malattia di Hirschsprung. Nei pazienti con un classico quadro clinico di malattia di Hirschsprung e radiografico, le biopsie rettali possono non essere praticate in fase pre-operatoria ed eseguite solamente in fase intra-operatoria.
TERAPIA: il trattamento chirurgico ha lo scopo di eliminare il tratto di
colon agangliare ed anastomizzare il tratto di sovrastante colon, normalmente innervato, al retto distale al fine di ottenere una soddisfacente funzione defecatoria. Alla nascita è prioritaria la risoluzione della sindrome
occlusiva. Nel neonato una volta sospettata la diagnosi di malattia di Hir215
INTESTINO POSTERIORE
Tab. IX - Malattia di Hirschsprung
MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG
COLOSTOMIA
IRRIGAZIONI RETTALI
CHIRURGIA
DEFINITIVA
CHIRURGIA DEFINITIVA
schsprung vengono iniziate delle irrigazioni rettali o “nursing” attraverso
un catetere di tipo Foley (14-20 ch) con 100-300 ml di soluzione fisiologica, due o tre volte al giorno. Tale procedura, inizialmente eseguita in ambiente ospedaliero, viene poi proseguita domiciliarmente. In tal modo riusciamo a svuotare l’intestino se l’agangliosi non supera in lunghezza la
flessura colica splenica; nei casi più estesi può non essere efficace e occorre optare per una colonstomia decompressiva, confezionata nel tratto di
colon normalmente innervato.
L’impiego della colonstomia è quindi limitato a casi particolari come
nella malattia di Hirschsprung con aganglia totale.
In letteratura sono riportati casi di severe enterocoliti o perforazioni
iatrogene che hanno richiesto una ileostomia in urgenza in pazienti con
malattia di Hirschsprung a tutto il colon trattati con irrigazioni rettali. Il rischio di enterocolite (10%) rimane anche nei pazienti sottoposti a colonstomia, prima del definitivo “pull-through”, (Tabella IX).
L’epoca dell’intervento definitivo nel paziente con malattia di Hirschsprung diagnosticata in epoca neonatale è tra i due e quattro mesi di vita.Essa dipende dalle condizioni nutrizionali (peso maggiore di quattro
chilogrammi) e dall’efficacia dell’ irrigazione rettale. Le tecniche chirurgiche più comunemente eseguite nel trattamento definitivo della malattia di
Hirschsprung sono la Swenson, la Duhamel e la Soave. Recentemente
questa viene eseguita, nella forma “short”, per la sola via transanale sec.
De La Torre-Mondragon (1995) e, nella forma classica e in quella più
estesa, con la tecnica videolaparoscopica-perineale sec. Georgeson (1995).
Descriveremo in questo capitolo solamente le tecniche più moderne ultimamente citate.
216
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
INTERVENTO DI SOAVE: consiste in una mucosectomia trans-addominale del sigma distale e del retto con “endorectal pull-through” “asettico”,
anastomosi colon-anale spontanea e resezione differita del cilindro mucoso-colon-rettale abbassato ed esteriorizzato fuori dal perineo. Dopo una
divulsione anale forzata, il paziente viene posizionato supino con gli arti
inferiori liberi e le natiche all’estremità del tavolo operatorio. Si esegue
una laparotomia para-mediana (para-rettale sinistra); si mobilizza il colon
fino alla flessura sinistra sezionando e legando solamente i vasi sigmoidei
medi, mantenendo l’arteria mesenterica inferiore e l’emorroidariea superiorie. Successivamente si esegue una mucosectomia (separazione dello
strato siero-muscolare dalla mucosa retto-sigmoidea). La manovra viene
facilitata iniettando una soluzione di idrocloruro di procaina allo 0,5% o
soluzione fisiologica fra gli strati muscolari dell’intestino a circa 8-10 cm
sopra la riflessione peritoneale del pavimento pelvico. Dopo una sezione
longitudinale della parete anteriore il cilindro sieromuscolare viene progressivamente scollato dal cilindro mucoso, prima lateralmente, poi posteriormente; la dissezione continua fino a circa 1,5-2 cm dalla giunzione
muco-cutanea anale. L’esplorazione digitale del canale anale e del cilindro
può aiutare a verificare la profondità della dissezione. Una sonda viene introdotta nel cilindro mucoso e viene ancorata a questo; essa facilita l’esteriorizzazione del colon agangliare (pull-through). Si esegue una incisione
circolare sulla superficie mucosa invaginata attraverso la quale, continuando la trazione, si estrae il colon normo-gangliare che, una volta esteriorizzato, viene resecato (lasciando un moncone di 5-6-cm fuori dall’ano) e
fissato con punti di sutura alla mucosa rettale eversa. La parete del colon
(strato sieromuscolare) viene fissata con alcuni punti di ancoraggio alla
mucosa rettale eversa. Il moncone esteriorizzato viene resecato in 10° 12°
giornata post-operatoria (Fig. 70.29).
TECNICA LAPAROSCOPICA “SECONDO GEORGESON”: nelle fasi pre-
paratorie dell’intervento si esegue una divulsione anale e, tramite una sonda, si praticano ripetuti lavaggi endorettali per evacuare ulteriormente il
colon da feci e gas. L’operatore è posto sul lato destro del paziente, l’aiuto
dalla parte opposta; il bambino in posizione supina. Il laparoscopio (10
mm) è inserito con tecnica open transombelicale. La cavità addominale
viene insufflata con anidride carbonica. Altri tre trocars, 5 mm, sono inseriti a livello del quadrante inferiore destro e sinistro dell’addome. La dissezione del colon viene eseguita con l’ausilio dell’ultracision, strumento
ad ultrasuoni che permette l’emostasi ed il taglio mediante un effetto meccanico, previa esecuzione di biopsie multiple a tutto spessore per verificare il livello della agangliosi.
Il colon viene mobilizzato fino all’angolo sinistro con sezione e lega217
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 70.29 - Megacolon congenito agangliare: tecnica di Soave (laparotomica)
Muscolare Mucosa
Muscolare
Mucosa
A
B
Muscolare Mucosa
D
C
A. Separazione della muscolare dalla mucosa
B. C. Sequenza della mucosectomia completa
D.-E. Evaginazione del colon normalmente innervato (pull-through)
Colon normale
E
Mucosa
tura dei vasi mesenterici. Il tempo perineale consiste nell’esecuzione della
mucosectomia (essa viene iniziata incidendo la mucosa a circa un centimetro sopra la linea pettinata) scollando il cilindro mucoso ano-rettale dal
cilindro siero-muscolare; una volta giunti a livello della riflessione peritoneale si seziona la cuffia muscolare del retto; si abbassa il colon transana218
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
Fig. 71.29 - Tecnica di Soave, laparoscopica sec. Georgenson
Posizionamento dei trocars
Disposizione in sala operatoria
Anestesista
Aiuto
Operatore
1
4
2
3
Ferrista
A
le e si reseca la zona agangliare. La mucosa del colon gangliare viene suturata alla mucosa dell’ano con punti staccati. (Figg. 71.29, 72.29).
219
INTESTINO POSTERIORE
Fig. 72.29 - Sequenza dell’endorectal pull-through con la tecnica laparoscopica di
Georgeson
A
C
B
D
E
F
G
H
220
CAPITOLO XXIX
MEGACOLON AGANGLIARE CONGENITO (MALATTIA DI HIRSCHSPRUNG)
Fig. 73.29 - Endorectal pull-through per via transanale sec. De La Torre-Mondragon
TECNICA DI DE LA TORRE-MONDRAGON
Si svolge tutta per la via transanale sopracitata, che comprende sia la
mucosectomia, sia la sezione della “cuffia” e sia la legatura di alcuni vasi
marginali ed infine il pull-through: è riservata alle forme “short segment”
(Fig. 73.29).
221
LETTURE CONSIGLIATE
223
LETTURE CONSIGLIATE
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INTESTINO POSTERIORE
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Finito di stampare nel settembre 2001
per i tipi delle Arti Grafiche Editoriali Srl, Urbino
Redazione a cura del Dott. Paolo Signoretti
Divisione Chirurgia Generale Ospedale Santa Croce - Fano