About travelling
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About travelling By Chiara CONTI (1992), Liceo Classico Sesto Properzio (LSP), Assisi/Italy Every travel is different. This is the topic we have discussed with our Italian teacher. In my composition I have described different types of travel: holiday, inter-rail travelling, travelling for work, moving to different towns without a specific destination and finally the cultural exchange. All these kinds of journey have something in common: homesickness. Because when we go away from our own home we always miss our family and our habits, sooner or later. I have used my imagination, describing a hypothetical meeting of all the schools involved in the project, as follows … Sono il viaggio e le sensazioni da esso provocate i temi fondamentali del progetto Comenius. Si è tenuto a Roma l’incontro tra le scuole collegate dal trait d’union. Da grande voglio fare… il viaggiatore… Un bambino fa girare il mappamondo, lo ferma con un dito e sogna di viaggiare… Una delle caratteristiche principali delle nuove generazioni è la smania di conoscere. Si cerca sempre di venire a contatto con realtà sempre diverse e di ottenere come risultato un arricchimento n° 8/2011, page X personale. Ciò che più di ogni altra cosa permette tutto ciò è il viaggio. Non sempre la destinazione è fondamentale; l’importante è “andare”. È proprio sull’importanza del viaggio e delle emozioni che esso prova nell’animo di chi lo compie, che si è discusso all’incontro del progetto Comenius. I ministeri dell’istruzione di sei nazioni contribuiscono economicamente, a scambi culturali tra giovani liceali. Il programma si articola in due settimane, distanti tra loro qualche mese nel quale i ragazzi delle coppie di nazioni abbinate, si ospitano vicendevolmente. È un progetto che avrà come risultato la produzione di articoli riguardanti gli argomenti trattati. Uno di questi è appunto il viaggio. Ciò che lo rende così importante e ricco di emozioni è l’alternarsi di gioia e nostalgia. Quando si è lontani da casa per un arco di tempo più o meno breve, c’è sempre in noi la felicità e la trepidazione di conoscere posti nuovi. In tutti però, nasce sempre una certa nostalgia, anche per un semplice profumo o per la voce di una persona cara. È questo il bello del viaggio: è come una “pioggerella” in una giornata estiva. È però ogni volta diverso perché possono cambiare lo scopo, la meta e le sensazioni vissute. La vacanza è il viaggio del turista. Il caldo ruggente di agosto non concilia l’incontro con nuove culture ma costringe a creare un itinerario ricco di bar e “ombre” dove riposarsi. Il “visitatore frettoloso” predilige “l’inanimato rispetto all’animato”: e ciò rende il viaggio un’esperienza più sterile. Il bambino punterà in questo caso il dito senza far girare troppo il mappamondo. E che dire degli inter-rails? Ventenni, zaino in spalla, nessun rumore di “spiccioli” nelle tasche, metà della vacanza passata su un treno, con un itinerario che spesso lascia a desiderare ma con tanta voglia di divertirsi e di fare nuove esperienze. Il bambino punterà più dita nel mappamondo, in posti diversi. C’è poi il “viaggio necessario” di chi lavora all’estero ed è costretto a spostarsi di luogo in luogo, di casa in casa, di città in città. È forse in questo tipo di “viaggiatore” che la nostalgia è amplificata perché il ritorno a casa non è mai definitivo. Il bambino in questo caso non gira il mappamondo perché non può scegliere. E come non citare gli “spostamenti dell’irrequieto”; “l’andare” acquista in questo caso un ruolo fondamentale e sostituisce il “dove”. L’individuo che intraprende questo tipo di viaggio, alla maniera alfierana, si sente investito da una forte trepidazione mentre sta per raggiungere un luogo. Tutto ciò svanisce però appena il piede tocca la meta sognata. Subentra qui l’ansia di scappare, di “smarrirsi altrove”, il più lontano possibile. Il bambino allora non smetterà mai di far girare il mappamondo. Altra importante tipologia di viaggio è quella riguardante il progetto Comenius, appunto. Lo “scambio culturale” è il nome più adatto che potevano dargli. È data infatti una grande importanza alla conoscenza reciproca delle tradizioni e del mondo in cui l’ospite vive. La domanda più gettonata in questi casi è “da voi questo com’è?”. Vivere per sette giorni nella casa di una persona che non si è mai vista prima crea un legame molto forte tanto che, alla fine dell’esperienza, ti sembra di conoscerla da una vita. È simpatico notare che gli studenti chiamano i loro corrispondenti con un aggettivo, il “mio”; ciò sottolinea questo particolare rapporto che si crea e si solidifica in un arco di tempo brevissimo. Il bambino in questo caso gira il mappamondo insieme ad un altro e puntano il dito insieme. Tutti i tipi di viaggi sono però accomunati da uno stesso sentimento, la nostalgia. Nonostante la bellezza dei posti visitati, o le persone conosciute, o le astratte ricchezze guadagnate, l’idea di casa resta sempre presente in ognuno di noi. Anche se non si presenta in maniera forte, c’è sempre una sorta di “arietta gelida” che va a colpire l’animo e a ridimensionare le sensazioni che più ci riscaldano. Basta una frase, una musica, un semplice odore a farci ricordare casa. Forse perché ci trasmette calore, sicurezza e fiducia. Ed è in questo momento che il bambino viaggiatore comincia a ricordare la stanza in cui si trovava il mappamondo, lo studio del papà, con le sue carte e i suoi libri che gli era proibito toccare ma che lo facevano sentire protetto. È questa nostalgia che rende più facile il ritorno, il distacco da una realtà che ci ha dato tanto, nel bene e nel male. Alleggerisce il dispiacere dell’addio e proietta di nuovo nella realtà quotidiana, fatta di gioie e dispiaceri, vittorie e sconfitte ma che tanto ci manca quando ce ne allontaniamo. Alcuni non la pensavano in questo modo; ci sono persone che non vedono l’ora di dare una svolta alla propria vita e di fuggire lontano ma sono certa che anche nel luogo più bello del mondo, senza pensieri e preoccupazioni, la voce che gli ricorda della propria casa e dei propri affetti gli resti sempre nel cuore, senza gridare ma solo sussurrando. Il bambino però è ancora piccolo, ha tutta la vita davanti a sé e la voce della mamma che lo richiama lo risveglia dai suoi sogni di viaggi fatti semplicemente girando il mappamondo. n° 8/2011, page X On travelling By Letizia DI LORENZO (1992), LSP Assisi/Italy We have recently discussed about the theme of the travel with our Italian teacher. We have examined some documents (articles, dossiers etc) and then we have had to give our opinion about the meaning of the word JOURNEY. Is it something related with the pleasure to discover a new place? Is it more? This is my answer: E’ il fenomeno Alice nel paese delle Meraviglie. La stravagante opera di Caroll, a suo tempo criticata, accusata di contenere elementi che sfiorano la pedofilia e poi catalogata come lettura per bambini è prepotentemente tornata alla ribalta. Sugli scaffali delle librerie, di nuovo bambine bionde e bianconigli, a volte resi nella loro veste originale, ma molto più spesso filtrati dal velo della parodia. Un cammino ideale - s’intende - un procedere verso luoghi fantastici e irreali, un lavoro di fantasia e immaginazione, un muovere passi avvolti da un’atmosfera onirica. Chi non sogna di viaggiare? E chi non sogna viaggiando? Chi decide di partire, di solito compie due viaggi. Il primo è quello che fa tornare un po’ bambini, è il progetto, il sogno. Ecco allora che la mente si figura la meta, sceglie il proprio itinerario, e le grandi distanze si bruciano in un secondo. Poco importa se quello a cui si assisterà realmente sarà un po’ meno bello e un po’ più costoso di quello che avevamo pensato. Si tratta di “viaggiare stando fermi” come cantava Luca Carboni in un suo pezzo un po’ struggente. Da quando l’uomo ha inventato mezzi idonei per spostarsi, il viaggio è divenuto pura filosofia. Dal desiderio di seguir “virtute e conoscenza” che spinse Ulisse a solcare di nuovo i mari essendo tornato sano e salvo alla petrosa Itaca, passando per il viaggio tutto spirituale (dal peccato alla salvezza divina) dei filosofi medievali, invertendo poi le coordinate verso il viaggio dell’imprevisto, che costrinse il povero Robinson a rimanere anni su un’isola deserta. E ancora, i viaggi surreali di Gulliver e quelli dei romantici, resi simili (Lillipuziani a parte) grazie al rifiuto della società e al vagheggiamento di ciò che è ignoto, lontano, primitivo, inusuale. La concezione del viaggiare ha subìto delle modifiche in base al progredire dei tempi e al naturale cambiamento di idee e punti di vista. E’ però evidente come il viaggiare corrisponda al vivere, inteso come cammino più o meno tortuoso e non privo di imprevisti o vicoli ciechi. Poi siamo arrivati noi, in rappresentanza di quella mentalità che ha reso i turisti pragmatici e frettolosi. Oggi è la meta che conta, e non di certo il percorso, anche perché basta un giorno per spostarsi in aereo da un capo all’altro del pianeta, mentre per gli spostamenti interni siamo guidati dai suggerimenti più o meno corretti della voce meccanica del navigatore satellitare. Non si tratta certo della soddisfazione che poteva provare chi lasciava ogni certezza e sicurezza per addentrarsi verso ciò che è pericoloso, o di chi ha sfidato le persone che credevano che la terra fosse piatta, e ha scoperto l’America. Si sogna e ci si emoziona meno in sostanza e per ricordarsi di farlo si preferisce provare modi meno rischiosi- spesso comodamente seduti sulle poltroncine di un cinema. Alice si risveglia dal suo mondo delle meraviglie virtuali, e Ulisse è diventato pigro. n° 8/2011, page X “Where are we going, man? I don't know, but we gotta go!” By Costanza Maria TIRIDUZZI (1992), LSP Assisi/Italy When our Italian teacher asked us to write this composition about the meaning of the journey, we were going to leave for Lithuania and I was very excited. I talked about the theme of the journey starting from an introduction to the Comenius project then I talked about the importance of getting to know new countries and new peoples. There are different ways of travelling and every journey can have a special meaning for the person, it can be a physical journey but also a spiritual one. I talked about the meaning of the journey for different people providing examples from literature, e.g. Kerouac’s book “On the road”, or from the movie “Into the wild”. L’UE ha dato un contributo in denaro ad ogni scuola che partecipa al progetto Comenius, approvandolo e finanziandolo nell’ottica di una comunicazione interculturale. Le scuole che partecipano al progetto vengono dalla Polonia, Germania, Olanda, Turchia, Italia, Lituania, Spagna; il loro compito è quello di produrre un giornale che parli di interculturalità su una piattaforma internet sulla quale vengono pubblicati i prodotti del progetto: articoli, video, immagini. Una parte del progetto prevede lo scambio: i partecipanti vengono ospitati in casa dei loro corrispondenti per una settimana durante la quale frequentano la scuola e svolgono attività che permettono loro di venire a conoscenza della cultura di quel paese. E’ proprio per questo motivo che l’UE finanzia e promuove da diversi anni il progetto Comenius: si tratta di un momento di formazione per i ragazzi che allargano le proprie vedute sul mondo e conoscono realtà diverse dalle loro; è un momento in cui i pregiudizi, preconcetti o anche solo idee vengono smentiti o riconfermati dalla realtà dei fatti. Prima di un viaggio si fanno progetti, si lascia correre l’immaginazione, si stabiliscono itinerari che in realtà cambieranno sempre in meglio o in peggio: “i due viaggi, quello fantastico e quello reale, ora si accordano, ora si combattono”. I ragazzi del Comenius si accorgeranno quindi che i vari popoli sono completamente diversi dagli stereotipi che li riguardano: troveranno italiani precisi e silenziosi, tedeschi “caciaroni” e ritardatari, inglesi divertenti e disponibili. Proprio per smentire i preconcetti più comuni è necessario che si venga a contatto con le persone: uomini, non oggetti devono essere al centro del nostro viaggio; sono gli altri a mettere in discussione la nostra identità o le nostre sicurezze: “è meno pericoloso osservare cammelli che uomini”. Sono infatti le persone che si incontrano, a far cambiare la nostra visione della vita, o almeno a sconvolgerla un po’; nel famoso libro di Jack Kerouac “On the Road” il protagonista, Sal, viaggia da solo, ma in realtà non è mai solo perché incontra nuove persone, vecchi amici, donne ovunque egli vada; ognuno di loro lascia un’impronta nell’anima del protagonista, tanto che egli ricorda i luoghi e le città in base a chi vi abita o chi vi ha incontrato, di ognuno di loro ascolta e apprezza la storia. n° 8/2011, page X I personaggi di Kerouac intraprendono viaggi reali nello spazio, ma anche viaggi spirituali che li portano alla continua ricerca di qualcosa: ”Andiamo..” “Dove?” “Non lo so, l’importante è andare..”; l’andare e basta che placa l’irrequietezza e genera uno stato di pace; l’andare: una strada nera che taglia l’arancione del deserto australiano in cui il passare del tempo è dettato dal solo cambiamento del paesaggio. Il viaggio su una strada in autostop, in macchina con sconosciuti più o meno simpatici, o il viaggio su un treno che continua ad andare con passeggeri che salgono e scendono; il viaggio senza una meta precisa, ma con un chiaro scopo come per Alex, protagonista del recente film “Into the wild” che per trovare sé stesso e il significato vero della felicità si lascia dietro la società e va a vivere in un pullman che trova abbandonato tra le distese di neve disabitate dell’Alaska, per poi capire che “la felicità è vera solo se condivisa”. Il viaggio anche come esperienza di vita quindi, e quale sia la strada da seguire “dipende da dove vuoi andare”; i ragazzi del Comenius capiranno che nel viaggio si vede ciò che si vuole vedere e se si è pronti a capire una nuova cultura la si apprezzerà anche; oltre a conoscere nuovi popoli, ciò che li affascinerà sarà anche il significato in sé del viaggio che può essere un ritorno a sé, ma anche un viaggio senza fine, illimitato. Per i viaggi senza fine anche la letteratura italiana ha i suoi “esponenti” che, dilaniati da un dissidio interiore, non trovano mai posa e sfogano la loro “ansia di libertà o di Dio” tramite il viaggiare: Alfieri, che cerca la libertà assoluta per l’uomo e vive nel pessimismo, cerca luoghi in sintonia col suo animo, come Petrarca che, per avvicinarsi a Dio ascende il Monte Ventoso ma da lassù vede ancora meglio le bellezze della terra. I luoghi prediletti da Alfieri sono freddi, desolati e senza la presenza dell’uomo, e sono gli stessi luoghi descritti dagli autori romantici: la creatura di Frankenstein, mentre in preda alla disperazione scappa dal suo creatore, si rifugia tra le montagne e i ghiacci, che sono freddi come il suo animo e quindi in un certo senso di conforto. Il viaggio è quindi chiaramente un’esperienza che arricchisce e completa il nostro modo di vedere il mondo, fornisce alternative e soluzioni o conferme al nostro stile di vita e trova legami tra culture molto lontane e diverse tra loro; per questo è importante che una parte del progetto comprenda proprio lo scambio e la discussione comune su alcuni temi proposti per poter confrontare opinioni e modi di vivere. Il viaggio è un momento di piacere, la “filosofia del viaggio”, in una società in cui viaggiare è una cosa comune, può essere applicata anche alla vita per cui, come canta Battisti “sì, viaggiare, lentamente senza accelerare, dolcemente senza strappi al motore”. Last-minute generation By Holly Isobel DOUGLAS (1992), LSP Assisi/Italy My composition is a comparison between the “21st century Traveller” and those who I think are “real travellers”. In the last century there has been a decrease in the importance given to journeys. Today too many people mistake “travelling” for “holiday making”, and this is very negative considering the positive examples of journeys we have had in history, literature, cinema and music. Our generation has never known what travelling really means. Today we are all extremely lazy and hard to please, and we expect the highest standard possible in everything, even in travelling. We rely on n° 8/2011, page X technology to capture the important moments of our lives and we do exactly the same when we are away from home. We complain about the places we visit, the food we try, the music we listen to when we visit a new country. The perfect traveller should be able to adapt, feel comfortable, free and connected to the world, when he steps out of his comfort zone. Voli low cost. Week-end all inclusive. Pacchetto vacanza. “Goditi il sole delle Maldive in 5 minirate!”.Offerte last-minute per Cuba. “Visita l’Italia in 9 giorni, 7 città al giorno!” “Villaggi turistici Sole, tutto il divertimento senza dover uscire dalle nostre strutture!” Chissà se nel XIII secolo Dante Alighieri prima di intraprendere il suo famoso viaggio abbia dovuto scegliere tra centinaia e centinaia di offerte così convenienti? Mentre cerchi semplicemente di controllare la tua casella di posta elettronica e vieni colpito dalla luce abbagliante di una pubblicità pop-up che ti offre sole, mare e divertimento, un po’ ti viene il dubbio su cosa sia diventato il viaggio o meglio il “viaggiatore” oggi. Sicuramente il Viaggiatore Moderno è molto più pigro, esigente e “tecnologico” del suo antenato fiorentino, anche se, ammettiamolo, il “navigatore/maestro” di Dante era molto più preparato dei nostri Tom-Tom. Il Viaggiatore Moderno sta lì di fronte al Partenone con la sua macchina fotografica subacquea ultimo modello, videocamera, registratore vocale, corso di lingua sull’mp3 e guida on-line sul palmare e non nota neanche le due donne sul marciapiede accanto a lui che intonano un canto tradizionale. Il Viaggiatore Moderno è colui che parte in comitiva, col “pulmino” della parrocchia, che passa il tempo a criticare le usanze e i piatti del luogo e che non parte mai senza il suo “cofanetto di medicinali” perché “non si sa mai…” Il Viaggiatore Moderno confonde il viaggio con la vacanza. Per “ Viaggiatore del XXI secolo” non salta alla mente un profugo, un esule, un ragazzino che fugge dal “paesino” oppressivo dove è cresciuto, eppure sono loro i veri viaggiatori; come Dante, come Annibale e come Alex, il protagonista del romanzo “Into the Wild”, che non vedono la differenza di lingua come un ostacolo e che hanno sicuramente provato il gusto di perdersi e di dover cercare un percorso alternativo per compiere un viaggio che non sempre ha una meta precisa. Indubbiamente il gusto per il viaggio “vero” si è attenuato, come il gusto per l’esotico. Il turista o il viaggiatore moderno si sposta poco dalla sua zona di comfort e per poco tempo perché i suoi spostamenti “sono limitati entro le sue ferie retribuite”. Il vero viaggiatore, quello che esiste da sempre e non è schiavo del tempo, è cittadino del mondo, è in grado di non abbassare lo sguardo davanti a scenari estremi e soprattutto ricorda. Ricorda non tanto i monumenti e la cortesia dell’addetto alla reception del suo albergo, ma i colori e gli odori e quei piccoli piaceri come chiedere informazioni a un locale per strada e non capire nulla di quello che risponde. Certo, il viaggio è anche quello che si fa con la fantasia, tramite i racconti dei nonni e le testimonianze degli immigrati, i mappamondi ed i libri, ma non esiste sensazione pari a quella di partire e tornare. È incredibile quanto manchi a un viaggiatore la sua routine quando è in viaggio, e il viaggio quando è tornato alla sua routine. Qualcuno sostiene che la parte più bella del viaggio sia proprio il ritorno. È bello proprio per la malinconia che genera dentro ed i dubbi che provoca. In effetti il viaggiatore si domanderà sempre se tornerà in quei luoghi esotici e intanto si ripropone di non dimenticare nulla E poi dimentica. In fondo se non si dimentica non si è spinti a ripartire. J.Bloom in uno dei suoi libri affermò che dopo aver visto la statua della libertà aveva visto tutto, e infatti i suoi viaggi finirono lì. Il vero viaggio, da sempre associato alla vita, non finisce mai, c’è sempre qualcosa di nuovo, di più grande da vedere, come diceva un vecchio slogan di una compagnia automobilistica “non hai mai visto tutto”; non ci si può esimere dal compiere un altro viaggio per paura di non trovare qualcosa di migliore rispetto a ciò che abbiamo già visto. Forse l’unico sicuro al 100% di non poter più compiere un viaggio altrettanto sorprendente come il suo ultimo, è proprio Dante Alighieri dopo il suo viaggio nell’ Aldilà. n° 8/2011, page X The Voyage to Robinson Crusoe's Island: The Land of Juan Fernández in Chile By Carlota PAGADIGORRIA (1993), DSB Bilbao/Spain The Voyage to Robinson Crusoe's Island: This is the name of the 24th Ruta Quetzal BBVA expedition, in which Ana Artola (on the right) and I, Carlota Pagadigorria (on the left), students of the German School of Bilbao, had in 2009 the opportunity to take part in. The Ruta Quetzal is a cultural program claimed to be of “Universal Interest” by the UNESCO since 1990. It was created with the aim of discovering the human, geographic and historical dimensions of other cultures as well as forging bonds between young people aged 16 and 17 in all Spanish-speaking countries, Brazil and Portugal. Each year, after a rigorous selection process, expedition members are chosen. For months, Ana and I worked in a project and fortunately we were also chosen as participants for the expedition of 2009. The academic adventure was divided into two parts, starting in Spain in July and continuing with a trip to Chile in December. We traveled with more than other 270 young people from 53 countries. During the 20 days of the first part of the expedition we visited the Spanish regions of Castilla-La Mancha, Valencia, Murcia, Andalusia, Castilla y León, La Rioja and Madrid. First we visited the Carmelite convent at Ocaña, burial place of Alonso de Ercilla, the author of the epic poem “La Araucana”, and later Madrid, where we had an audience with Their Royal Highnesses the Prince and Princess of Asturias. We followed the footsteps of the Spanish men who played an important role in making Chile what it is today. In Valencia we embarked on the amphibious boat Galicia and continued our journey through the Mediterranean Sea. Finally, in La Rioja we visited the Valvanera, Yuso and Suso monasteries in San Millán de la Cogolla, where we learned the importance of the Spanish language throughout the world. n° 8/2011, page X Audiencia de los Príncipes de Asturias Don Felipe y Doña Letizia In the second part of the expedition we traveled to Chile, where, in addition to visiting Robinson Crusoe Island, we went to Santiago, Valparaíso, Concepción, Villarrica and Temuco, among other destinations in the Andean country. We focused our trip on the sailor Alexander Selkirk, the Scottish castaway who inspired novelist Daniel Defoe's character Robinson Crusoe, who lived on a deserted island(the now called Robinson Crusoe Island) from 1704, when he was abandoned by the galleon Cinque Ports, until 1709 when he was rescued. We spent three days exploring the island and doing walking-expeditions, which, in my opinion, were the best three days of the adventure. Another important aim of the Chilean expedition was to find out about the Mapuche Indians. Therefore we visited the Araucania region and the Villarrica National Park, their territory. For a couple of days we lived with them, with their families and learnt from their costumes and traditions. Here we also did a trip to the beautiful Villarrica Vulcan. Finally we followed the trail of the country's two Nobel prizewinners: Gabriela Mistral (Vicuña 1889-New York 1957) and Pablo Neruda (Parral 1904Santiago de Chile 1973), two great writers of the 20th century. The Ruta Quetzal has changed our way of seeing the world. It was a great opportunity and we wouldn’t hesitate to repeat this adventure although I must admit that it was sometimes hard to follow the pace of the expedition. All in all, the Ruta Quetzal was the best experience and now we can say that we have over 270 friends in 53 countries. n° 8/2011, page X Unterwegs zur Robinson Crusoe Insel… Rumbo a la isla de Robinson Crusoe... By Carlota PAGADIGORRIA (1993/German version) and Ana Artola (1993/Spanish version), DSB Bilbao/Spain ... con la Ruta Quetzal, una beca ofrecida por la Universidad Complutense de Madrid, patrocinada por el banco BBVA y declarada de interés cultural por la UNESCO. Se trata de una expedición por España y Sudamérica que la realizan 300 jóvenes al año. Gracias a ella cerca de 8000 chicos y chicas has tenido ya la oportunidad de descubrir las dimensiones humanas, geográficas e históricas de otras culturas. Además, es una experiencia formativa en la que los participantes no solo amplían sus conocimientos, sino que también desarollan un espíritu de cooperacion internacional, que va más allá de la pobreza y la riqueza. Somos Carlota y Ana, y este verano tuvimos la oportunidad de participar en la Ruta Quetzal. Tras realizar un trabajo cada una, ganamos una beca para el viaje. Este año, además del viaje por España ha tocado como país latino ir a Chile. Así que en verano hicimos la parte española y estas navidades hemos completado nuestro viaje visitando algunas regiones de Chile, desde las playas de Valparaíso hasta el volcán Villarica. Para nosotras ha sido una experiencia única e inolvidable, en la que convivimos con otros 300 jóvenes de nuestra edad de todo el mundo durante 40 días, algo irrepetible. Hemos podido conocer y compartir nuevas culturas. Gracias a la Ruta ahora tenemos amigos en todas partes que siempre recordaremos. Además, la Ruta nos ha llevado por los sitios más remotos de Chile, como la isla Juan Fernández, la isla en la que estuvo abandonado años el famoso personaje de la novela de Daniel Defoe "Robinson Crusoe". Visitamos los pueblos mapuches, el antiguo pueblo guerrero de Chile y ünico que aún sobrevive. Gracias a la convivencia con ellos aprendimos todo sobre su cultura. Subimos a uno de los volcanes más famosos de Chile, el Villarica. Visitamos las primeras minas construidas en Sudamérica. Navegamos en un buque militar... Por otro lado, es cierto que también fue un viaje duro: teníamos que cargar con nuestro equipaje los 40 días, el cual se reunía en dos mochilas. Apenas llevábamos ropa para cambiarnos, y mucho menos nos la iban a lavar, eso era asunto nuestro. La comida, a parte de ser escasa, no nos gustaba mucho al estar acostumbrados a la de casa. Tampoco teníamos mucho tiempo para dormir y las caminatas que hacíamos eran agotadoras. A pesar de todo lo malo, hemos disfrutado mucho de este viaje y ha merecido la pena totalmente. Todas las dificultades que hemos pasado nos han servido para valorar las cosas que nos esperaban en casa, como una simple cama o una comida de casa. Y lo más importante, hemos conocido a mucha gente en la Ruta con la que seguiremos en contacto y nunca olvidaremos. ... mit der Ruta Quetzal, einem Stipendium der Universität Complutense Madrid, gesponsert von der Bank BBVA und von der UNESCO als Kulturprojekt anerkannt. Es handelt sich um eine Expedition durch Spanien und Südamerika, an der jedes Jahr 300 Jugendliche teilnehmen. Dank der Ruta Quetzal haben schon rund 8000 Jugendliche die Möglichkeit gehabt, die ethnischen, geographischen und historischen Dimensionen anderer Kulturen kennenzulernen. Sie ist außerdem ein Bildungserlebnis, bei dem die Teilnehmer nicht nur ihre Kenntnisse erweitern, sondern auch ein Gefühl für internationale Kooperation entwickeln, unabhängig von Reichtum und Armut. Wir sind Ana und Carlota und bewarben uns im Sommer um die Möglichkeit, an der Ruta Quetzal teilzunehmen. Nachdem wir ein Projekt präsentierten, gewannen wir ein Stipendium für die Reise. Dieses Jahr reisten wir durch Spanien und Chile. 20 Tage lang zur Weihnachtszeit durchquerten wir Chile von Norden nach Süden. Für uns war es ein unvergessliches Erlebnis, das wir mit Jugendlichen unseres Alters aus der ganzen Welt teilten. Etwas Unwiederholbares! Wir haben neue Kulturen kennen gelernt und unsere mitgeteilt. Dank der Ruta Quetzal haben wir jetzt Freunde überall, die wir nie vergessen werden. Außerdem hat uns die Ruta durch die exotischsten Plätzen von Chile geführt, z. B. die Juan FernándezArchipel, wo die berühmte Hauptperson von Daniel Defoes Roman ,,Robinson Crusoe" allein überlebte. Wir segelten mit einem Kriegsschiff. Wir besuchten die Dörfer der Mapuche, eines uralten Stammes, der jahrelang gegen die Spanier kämpfte, und das als einziger Stamm bis heute überlebt hat. Dank des Zusammenlebens mit ihnen lernten wir sehr viel über sie und ihre Kultur. Anderseits war es eine sehr anstrengende Reise: Wir mussten unsere Ausrüstung und Gepäck immer auf den Rücken tragen, auf keinen Fall wurden unsere Klamotten für uns gewaschen, das lag allein in unserer Verantwortung. Das Essen war knapp und schmeckte uns nicht sehr, denn wir waren das Essen von zu Hause gewöhnt. Wir hatten auch nicht genug Zeit zu schlafen und die Wanderungen waren unglaublich anstrengend. Trotzdem haben wir diese Reise sehr genossen und es hat sich wirklich gelohnt. Durch alle bewältigten Schwierigkeiten lernten wir erst, das, was uns zu Hause erwartete, zu schätzen, wie ein einfaches Bett oder Mutters Küche. Aber das Wichtigste war, dass wir wunderbare Menschen getroffen haben. Trotz der Unterschiede in Sprache und Kultur werden wir immer Kontakt zu ihnen haben und sie niemals vergessen. n° 8/2011, page X n° 8/2011, page X Mapudungun Mapudungun ist die Sprache der Mapuche Einwohner. Auf unserer Reise lernten wir ein paar nützliche Wörter, um uns mit den Mapuche unterhalten zu können. Wie María Teresa Quilacan, eine zum Juan de Dios Huaiquifil-Stamm gehörige Mapuche, uns erklärte, ist die Sprache Mapudungun uralt und wird nicht geschrieben. Sie wird mündlich von einer Generation an die nächste weitergegeben. Nun zeigen wir, wie die folgenden Wörter ausgesprochen werden: En nuestro viaje aprendimos algunas palabras útiles para comunicarnos con los mapuches. Como nos explicó María Teresa Quilacán, mapuche perteneciente a una comunidad indígena llamada “Juan de Dios Huaiquifil” cerca de Curarrehue, el mapudungun es una lengua muy antigua y no se escribe, se ha ido heredando de generación en generación de forma oral. A continuación mostraremos como se pronuncian las siguientes palabras: Mapudungun Deutsch Spanisch Marri marri! Kume peuma aimi! Chumleimi? Inche kmlkalekan. Chunte tripantuneimi? Inche… tuwun. Tunten fali? Ayiu kleymi piuke Guten Tag! Gute Nacht! Wie geht‘s? Mir geht es gut. Wie alt bist du? Ich komme aus… Wie viel kostet…? Es war nett, Sie kennen zu lernen. ¡Buenos días! ¡Buenas noches! ¿Cómo estás? Yo estoy bien. ¿Cuántos años tienes? Yo vengo de… ¿Cuánto vale? Estoy contento de haberte conocido. Bei den Mapuche Einwohnern Bei den ,,Ceremonias" n° 8/2011, page X Die Route Itinerario de la ruta La ruta por España (7 de julio-25 de julio) Die Route durch Spanien ( 7.Juli- 25.Juli) Madrid – Valencia- Cartagena – Málaga – Cádiz – Sevilla – Madrid – Buitrago de Lozoya – Segovia – Coca – Olmedo – Cuéllar – Peñafiel – San Millán de la Cogolla – Monasterio de Valvanera – Madrid. La ruta por Chile (12 de diciembre-2 de enero) Die Route durch Chile (12.- 31.Dezember) Santiago de Chile – Valparaíso – Robinson CrusoeInsel – Talcahuano – Concepción – Lota – Temuco – Curarrehue – Villarrica – Puerto Saavedra – Santiago de Chile. Mit dem Kriegsschiff “Galicia” unterwegs n° 8/2011, page X Interviews mit Ruteros Entrevistas a los ruteros trait d’union: ¿Por qué decidiste participar en la Ruta Quetzal? Eva Václavková (República Checa): Hace dos años conocí a una chica que había sido expedicionaria en el año 2007.Ella me contó su experiencia vivida en México y en España. Me dio mucha envidia e hice todo lo posible por conseguir ganar la beca. trait d’union: ¿Te ha gustado como experiencia?¿Qué es lo que más te ha gustado? Eva: La ruta supero todas mis expectativas. He conocido a gente maravillosa de diferentes partes del mundo, tuve la posibilidad de ir a lugares a donde jamás iría y pasar 40 días increíbles con esa gente con la que nunca quiero perder contacto. trait d’union: ¿Qué te ha parecido lo más duro? Eva: Me ha parecido durísima la despedida del último día, porque sabes que a la mayoría no les volverás a ver. trait d’union: ¿Cómo os comunicabais? ¿Te costó respetar las diferentes culturas? -Sí, la comunicación no siempre ha sido fácil, ya que hablamos en diferentes lenguas todos y tenemos diferentes culturas. Aún así, yo siempre respeto otras culturas y me gusta aprender de ellas cosas nuevas. trait d’union: ¿Qué tal la convivencia y el día a día con 300 personas? Eva: Es muy difícil que entre 300 jóvenes no haya peleas o discusiones. Había mucha rivalidad entre los grupos: Todos querían ser los primeros para la ducha o para el desayuno y nadie quería limpiar los baños… Hay que aprender a ser muy paciente: si en tu casa tardas media hora en levantarte, ducharte y desayunar, en la ruta tardabas tres. trait d’union: Warum beschlosst du, an der Ruta Quetzal teilzunehmen? Eva Václavková (Tchechische Republik): Vor zwei Jahren lernte ich ein Mädchen kennen, das 2007 bei de Ruta dabei war. Sie erzählte mir über ihre Erlebnisse in Mexico und Spanien. Ich war neidisch auf sie und deswegen gab ich Danach alles, um ein Stipendium zu bekommen. trait d’union: Hat dir diese Erfahrung gefallen? Was denn am meisten? Eva: Die Ruta hat alle unsere Erwartungen übertroffen. Ich habe tolle Freunde kennen gelernt von überall auf der Welt und ich hatte die Gelegenheit Orte zu besuchen, wo ich sonst nie hingekommen wäre. Ich habe vierzig unglaubliche Tage zusammen mit Menschen verbracht, zu denen ich den Kontakt nie verlieren will. trait d’union: Was fandest du am schwierigsten? Eva: Der Abschied am letzten Tag war sehr hart, weil man weiß, dass es das Ende ist und dass man die meisten nie wieder sehen wird. trait d’union: War die Kommunikation schwer? Und das Zusammenleben mit anderen Kulturen? Eva: Ja, es war nicht immer leicht, da viele verschiedene Sprachen gesprochen wurden und auch viele verschiedene Kulturen vertreten waren. Trotzdem habe ich andere Kulturen immer respektiert und versucht, von ihnen Neues zu lernen. trait d’union: Wie klappte das Zusammenleben mit 300 Personen Tag für Tag? Eva: Jeder wollte der Erste sein, der sich duschen durfte oder Frühstück bekam, doch niemand war bereit den Badezimmer zu putzen…Man muss da vor allem lernen, geduldig zu sein: Während man zu Hause eine halbe Stunde braucht um aufzustehen, sich zu duschen und frühstücken, dauerte es auf der Ruta 3 Stunden. n° 8/2011, page X trait d’union: ¿Por qué decidiste participar en la Ruta Quetzal? Charles Peterson (Filipinas): Decidí apuntarme a la ruta tras leerlo todo sobre la expedición anterior, la Ruta Quetzal 2008, durante la cual visitaron Panamá. Me interesó tanto me presenté en representación de Filipinas. Además así podría mejorar mi español.J trait d’union: ¿Te ha gustado como experiencia?¿Qué es lo que más te ha gustado? Charles: Por supuesto lo que más me gustó fue conocer a la gente del grupo 15, que es el mejor… jajaja En realidad fue estupendo visitar la isla Robinson Crusoe y poder pasar allí unos días con los isleños que nos acogieron muy amablemente. Como experiencia ha sido inolvidable, para toda la vida. trait d’union: ¿Qué te ha parecido lo más duro? Charles: El estar tanto tiempo alejado de la familia, sobretodo en Navidad. trait d’union: ¿Cómo os comunicabais? Charles: No, nos entendíamos bastante bien. Y si con los idiomas no es suficiente, pues con gestos! Y si ya ni eso funcionaba, nos poníamos a cantar, que la música es el lenguaje universal.Yo iba con la guitarra a todas partes. Siempre encontrábamos un momento para tocar: en el autobús, en el campamento.. trait d’union: ¿Alguna anécdota? Charles: Miles! Como el día en el que se nos incendió el campamento, cuando nos perdimos en una caminata, cuando nos cruzamos con ballenas al ir al archipiélago Juan Fernández. Recuerdo que el día de Navidad tuvimos para comer bocadillo de aguacate con una hoja de lechuga, cortesía de los Mapuches ¡Con el hambre que teníamos! trait d’union: Was brachte dir auf die Idee, dich für die Ruta Quetzal zu melden? Charles Peterson (Philippinen): Ich habe vorher etwas über die vorherige Expedition gelesen, wo sie Panama besuchten. Sofort erkannte ich, das dies das Richtige für mich war, und meldete mich als Repräsentant der Philippinen. Außerdem konnte ich in der Ruta meine Sprachkenntnisse verbessern. trait d’union: Hat die Ruta deine Vorstellungen entsprochen? Charles: Natürlich. Was mir aber am meisten gefallen hat, war die Gruppe Nummer 15 kennen zu lernen, natürlich die beste, (er lacht) und natürlich die Gruppe, in der ich war. Ehrlich gesagt fand ich es toll, die Insel von Robinson Crusoe besucht zu haben und dort ein paar tolle Tage mit den Einheimischen verbracht zu haben. Sie haben uns nämlich sehr nett aufgenommen. Das ist unvergesslich und bleibt bei mir für immer. trait d’union: Was fandest du am schwersten? Charles: Ich vermisste meine Familie, die so weit weg war. Vor allem am Weihnachten erinnert man sich an die Familie. trait d’union: War die Kommunikation schwierig? Charles: Nein, tatsächlich konnten wir uns sehr gut verstehen. Wenn es mit der Sprache nicht funktionierte, probierten wir aus mit Gesten. Und wenn auch das nicht klappte, gaben wir auf und fingen an zu singen, denn Musik ist die universale Sprache. Ich nahm meine Gitarre immer mit. Man fand immer einen Moment, um zu spielen: im Bus, im Zeitlager… trait d’union: Irgendein Geschichtchen? Charles: Tausende! Z.B. am Tag als unser Zeitlager brannte, als wir auf einer Wanderung uns verirrten, oder als wir während der Reise nach Robinson Crusoe eine Gruppe Wale trafen. Ich erinnere mich noch an den 24. Dezember, als wir zum Essen ein Brot mit einem Blatt Salat und Avocado bekamen… und wir hatten soooooo einen Hunger… n° 8/2011, page X Prinz Felipe und Prinzessin Letizia.(Palacio del Pardo, 9. Juli) In Valparaíso Mönchskloster Valvanera (San Millán de la Cogolla, 21.Juli) Auf der Robinson Crusoe-Insel (Juan Fernández-Archipel) Am Vulkan Villarrica (Villarrica, 25. Dezember) Click/Look here, if you want to see more pictures of this voyage: http://traitdunion-online.eu/blog2/2010/05/18/ruta-quetzal-deutsch/ http://traitdunion-online.eu/artolaana/2010/05/25/ruta-quetzal-20092010/ n° 8/2011, page X