E. Ascenti, Pittura a Messina tra Classicismo e

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E. Ascenti, Pittura a Messina tra Classicismo e
Museo Regionale di Messina- III Corso di aggiornamento per operatori didattici
(2013-2014)
Questioni teoriche e metodologiche. Spunti per una lettura integrata del patrimonio
museale
Elena Ascenti
ABSTRACT
Pittura a Messina tra Classicismo e Barocco: esempi nelle collezioni museali
Il Seicento è considerato il secolo d’oro della pittura a Messina, molti artisti legano le loro opere
alle grandi linee della pittura italiana.
Fino alla metà del secolo Messina è una città florida economicamente e vivace culturalmente,
mantiene, grazie alla sua fedeltà alla Spagna, privilegi importanti come il monopolio sul commercio
della seta. L’architettura religiosa è in grande espansione, dal punto di vista architettonico il
momento più alto è rappresentato dalla realizzazione della Palazzata, il cosiddetto “Teatro
Marittimo”, la teoria di palazzi progettata dall’architetto Simone Gullì nel 1622. E’ un momento di
crescita anche intellettuale, all’Università insegnano personalità di grande spessore come Pietro
Castelli, Marcello Malpighi, Alfonso Borelli. Nascono anche molte Accademie, tra le più
importanti L’Accademia della Fucina e si costituiscono alcune collezioni private, come quella
inaugurata dal Principe Ruffo nel 1646 nel suo palazzo alla Marina. Nella Galleria Ruffo erano
presenti tre quadri di Rembrandt e opere degli artisti più rappresentativi del tempo; la quadreria
(oggi dispersa) era costituita da quadri commissionati direttamente ai pittori con cui Don Antonio
era in contatto e rappresentava una specie di scuola per gli artisti che potevano ammirarla e
studiarla. I segni della crisi economica, politica e sociale che porterà alla rivolta antispagnola del
1674-1678 sono latenti e la repressione spagnola dopo la rivolta sarà durissima. Moltissime opere
depredate, trasportate in Francia e in Spagna, molti artisti costretti all’esilio, tra cui Agostino Scilla
e Onofrio Gabrieli. La rivolta rappresenta una cesura non soltanto dal punto di vista economico e
politico, ma anche culturale e artistico.
Antonino Barbalonga Alberti (Messina 1603-1649)
Capostipite della pittura del Seicento a Messina, Barbalonga si forma inizialmente nella bottega di
Giovan Simone Comandè e più tardi viene accolto a Roma come allievo e collaboratore del
Domenichino. Notizie dettagliate in Susinno e in Pascoli. Rientra a Messina nel 1634 e di fatto
inaugura la pittura legata formalmente ai canoni del classicismo. Molto famoso come ritrattista
(ritratto dello zio Padre Alberti datato 1634-Museo Regionale), aveva realizzato anche i ritratti di
Urbano VIII e dei cardinali Onofrio, Antonio e Francesco Barberini (oggi di collocazione ignota).
Accademico di san Luca. Il suo capolavoro era considerato la tela raffigurante la Vergine col
bambino e san Filippo Neri, spedita da Roma per la chiesa dei Filippini di Messina ( distrutta, ma
nota da una foto Brogi), costruita con una calcolata ricerca lineare e cromatica. Tra le molte opere
custodite al Museo Regionale, hanno particolare rilevanza: La Pietà (firmata) dalla chiesa di san
Nicolò dei Gesuiti (esemplata su un modello di Annibale Carracci), San Sebastiano (firmato e
proveniente dal mercato antiquario), La Vergine e sant’Alberto Carmelitano (dalla chiesa di S.
Maria del Carmine) e san Giacomo in adorazione del Crocifisso dalla chiesa di San Domenico.
Agostino Scilla (Messina 1629-Roma 1700)
Tra i maggiori protagonisti della cultura artistica messinese del Seicento è Agostino Scilla.
Pittore, filosofo, naturalista, si forma a Messina nella bottega di Barbalonga, ma già a diciassette
anni viene mandato dal Senato messinese a Roma alla scuola di Andrea Sacchi. Lì entra in contatto
con le correnti classiciste romane, da Domenichino a Poussin e a Lanfranco. Ritorna in Sicilia nel
1651 e vi rimane fino al 1678, quando viene esiliato in Francia per i suoi interessi filofrancesi
durante la rivolta antispagnola. Dopo l’esilio e un periodo trascorso a Torino, Scilla torna a Roma
dove morirà nel 1700. Personaggio di grande cultura vanta tra i suoi committenti la regina Cristina
di Svezia e il principe Antonio Ruffo di Scaletta, proprietario della famosa quadreria nel Teatro
Marittimo di Gullì, oggi dispersa. Accademico di San Luca e Accademico della Fucina con il
significativo nome di “Scolorito”. Sono perduti i grandi cicli di affreschi nelle chiese e nei palazzi.
Molti dipinti, custoditi nel Museo Regionale di Messina, dal calcolato ritmo lineare, prospettico e
cromatico, rivelano l’adesione del pittore alle severe teorie classiciste. La tela con San Benedetto
ordina la distruzione degli idoli (dalla chiesa di San Paolo), emblematico esempio di composizione
classica e misurata, riprende alcune figure della Visione di san Romualdo del Sacchi, suo maestro a
Roma, oggi nella Pinacoteca Vaticana. Agostino Scilla è anche l’autore di un libro sui fossili con
incisioni dal particolare titolo: La Vana Speculazione disingannata dal senso (Napoli 1670). Egli
era un naturalista, amico di Pietro Castelli, del cui libro (perduto) “De Insectis,” curò le tavole a
colori. È autore anche di nature morte, tra cui uno Studio per cacciagione con volatili, custodito nel
Museo Regionale. I quadri di natura morta, cacce acquatiche e terrestri testimoniano anche una
particolare linea di collezionismo a Messina.
Giovan Battista Quagliata (Messina 1603-1673) figlio di Giovan Domenico, pittore romano
residente a Messina, nasce nel 1603 e qui muore nel 1673.
Viene mandato dal padre a Roma ed entra in contatto con Pietro da Cortona e seguaci. Secondo il
Susinno, “nella capitale lavorò con frequenza, divenne ricco e sposò una romana”. Tornato a
Messina lavora anche come architetto. Molte opere sono state distrutte dal terremoto. Per la chiesa
dei Teatini aveva realizzato sei tele con storie mariane e rimangono al Museo la Nascita della
Vergine e la Presentazione al Tempio (1647) di acceso cromatismo di stampo cortonesco. Al Museo
sono conservate l’Immacolata con la Vergine sorretta da angeli che si libra sopra un drago dalle
fauci spalancate, realizzato con grande attenzione naturalistica, quasi fiamminga, I santi Cosma e
Damiano e La Vergine di Propaganda Fide, di particolare iconografia gesuita. Gli affreschi della
tribuna del Duomo
(1655, distrutti durante la seconda guerra mondiale) con storie di santi
messinesi sono descritti dal Susinno e sono noti da alcune fotografie che rivelano la vasta
composizione architettonica realizzata dal pittore con finte sculture e stucchi.
Tra i protagonisti del primo barocco messinese Andrea Suppa (Messina 1628ca- 1671) realizza la
grande tela con L'Esaltazione della Croce per la chiesa del Monastero di san Paolo (oggi nel Museo
Regionale). Nella complessa composizione è realizzata una gloria di angeli in preghiera,
sottolineata da un abile gioco di chiaroscuro. L'articolazione dello spazio aperto, secondo la
concezione del nuovo linguaggio barocco, è costruita dai gesti “teatrali” degli angeli, definiti in un
morbido plasticismo che ricorda Guercino e Marolì, e lo studio su stampe di Raffaello e dei
Carracci. Un delicato cromatismo rivela armoniosi accostamenti tonali sullo sfondo di dense nuvole
in sottili trasparenze di luce. Sono perduti tutti gli affreschi di Suppa con effetti illusionistici e
spaziali, per cui era famoso, e la tela rimane tra i pochi esempi del nascente barocco in città.
Domenico Marolì (Messina 1612-1676), dopo un breve alunnato presso il Barbalonga, compie un
viaggio a Venezia , ricevendo la suggestione dei modelli della grande tradizione veneta. Rientra a
Messina intorno al 1660 e raggiunge grande notorietà con quadri di soggetto sacro, solo in parte
esistenti. Al Museo Regionale sono custodite le tele raffiguranti Loth e le figlie dalla collezione
Stagno e il san Pietro D’Alcantara dalla chiesa di S. Maria di Portosalvo. Muore durante la rivolta
antispagnola a Scaletta Zanclea.
Onofrio Gabrieli (Messina 1616-1706). Nativo di Gesso, dopo un breve alunnato presso il
Barbalonga, andò a Napoli e poi a Roma dove frequentò Poussin e Pietro da Cortona. In seguito
alla rivolta antispagnola si trasferì a Venezia con Domenico Marolì. Morirà a Gesso (Me) nel 1706.
E’ custodita al Museo Regionale la tela con la Madonna del Soccorso, firmata e datata 1664 (dalla
chiesa di san Francesco di Paola). Famosa era la tela con lo Sposalizio mistico di santa Caterina
per la chiesa di san Paolo