Art Nouveau - Le premesse
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Art Nouveau - Le premesse
ART NOUVEAU LE PREMESSE Jugendstil Stile Liberty Modernismo Sezessionstil Stile Floreale INTRODUZIONE LE INVARIANTI LE ORIGINI A. W. N. Pugin e il Gothic Revival John Ruskin William Morris e le Arts and Crafts I Preraffaelliti Dante Gabriele Rossetti Edward C. Burne-Jones Viollet le Duc L’influenza giapponese Il Simbolismo Gustave Moureau Odilon Redon Arnold Böcklin I nabis : P. Serusier e M. Denis Aubrey Vincent Beardsley Gli imprenditori - artigiani Louis Comfort Tiffany Arthur Lasenby Liberty E. Gallé – Vaso - 1900 E. Gallé – Vaso - 1900 La straordinaria, anche se breve, stagione dell’Art Nouveau si sviluppa a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Con la freschezza stilistica delle forme “naturali”, i raffinati cromatismi di una materia lavorata dall’eleganza del nuovo stile e con la coscienza di una spiritualità non ancora compromessa dalla disillusione della decadenza fin de siecle, rappresenta il tentativo estremo di realizzare una nuova sintesi figurativa, rivelatrice di verità ultime. ……….. L’Art Nouveau è lo specchio di un mondo borghese che, nello slancio di rinnovamento, consuma i suoi ideali in un raffinato simbolismo, in perenne equilibrio tra astrazione e realtà. Introduzione Le difficoltà nel definire in modo univoco autori e opere che hanno interessato i tempi e i modi dello sviluppo dell’Art Nouveau in Europa è determinato dalle molteplici prospettive con le quali la storiografia ha affrontato il tema in questi decenni. Questa varietà interpretativa è determinata da un lato dalla stessa Art Nouveau in quanto, sotto il profilo stilistico, si presenta in una infinita varietà di produzioni sia delle arti maggiori che minori, coinvolgendo nella sua Künstwollen anche tutti i livelli della produzione artigianale. In tal modo, a seconda dell’ottica generale o particolare con la quale si affronta il problema interpretativo, emergono aspetti, sfaccettature, angolazioni che possono modificare, di fatto, il quadro generale. L. C. Tiffany Vaso a forma di tulipano Vetro opalescente e bronzo - 1895 L. C. Tiffany Lampada Vistaria – 1899-1925 vetro, rame, bronzo Introduzione Dall’altro lato la varietà interpretativa è determinata anche dalla dimensione geografica della diffusione del nuovo stile che, essendo a scala europea, ha favorito la declinazione stilistica della produzione secondo linee nazionali, regionali quando non anche personali, portando ai limiti delle potenzialità espressive materiali, forme, superfici e cromatismi. Essendo, inoltre, un movimento che si è sviluppato in un arco temporale molto limitato ha visto aderire al suo interno personalità provenienti da altre esperienze figurative o maturare, successivamente, linguaggi che, pur nella continuità delle ricerca, si sono staccati decisamente dagli assunti iniziali. Tali risultati, pertanto, non sempre sono facilmente interpretabili nella loro appartenenza ai vari filoni dell’Art Nouveau. Questa poliedrica varietà, però, è anche la ricchezza stessa di questo stile che dal punto di vista stilistico, nella ormai stanca produzione storicistica, ha saputo inventare una “forma” nuova con la quale realizzare una ideale Gesamtkünstwerk (opera d’arte totale) moderna. Emile Gallè, Il Giglio - 1895 Parigi, collezione privata Fernando Thesmar, Vaso in porcellana decorato con smalti su lamelle d’oro - 1895 Eugene Feuillatre, broche – 1890 Parigi, collezione privata Introduzione Per delineare questa breve storia dello stile, che verrà affrontata con un’ottica prevalentemente indirizzata all’architettura, tenuto conto delle necessità didattiche di una scuola secondaria superiore, si è ritenuto di privilegiare, anche se a rischio di eccessivi schematismi, quegli autori che ne hanno messo in luce con maggiore chiarezza i caratteri invarianti e le specificità nazionali, regionali ed individuali, per quelle opere ritenute dalla critica maggiormente rappresentative. Non possono essere esclusi, però, almeno dalla citazione, quegli autori come Tafuri e Dal Co che colgono, di questo periodo stilistico, le valenze negative dettate da una sostanziale compromissione con la “materia” per trascenderla, affermando che “… al massimo l’Art Nouveau è apologia delle tecniche, mai “progettazione della loro crisi.”. Continuano i due autori “ … la Maison du Peuple di Bruxelles modella la propria parete ondulata sul perimetro del lotto urbano, facendosi monumento ad una istituzione politica popolare. Ma qui è il punto : il “popolo” di Horta altri non è che la “comunità spirituale” degli eletti – gli artisti, sacerdoti dei grandi Tiffany & Co. Vaso Maagnolia - 1893 Emile Gallè - Iris – 1893 Vetro opalescente e bronzo Introduzione Valori - … divenuta umanità rigenerata dall’arte. L’Art Nouveau mette maschere a frammenti urbani salutati come germi di utopie regressive. Adolf Loos ne mostrerà l’inattualità scagliandosi contro Vienna “Città tatuata””. Un’ottica autorevole che, invece, accetta le innovazioni dell’Art Nouveau ma tende a leggerle unicamente attraverso l’espressione dei suoi presupposti tecnologici e funzionali, rimarcandone, anzi, l’originario distacco dagli eccessi del decorativismo, è quella di Kenneth Frampton. Lo storico inglese, optando per una suddivisione per autori e opere più che per movimenti e “stili”, rimarca nei casi analizzati i caratteri innovativi che pongono dette opere nel filone protorazionalista o protoespressionista, definendone con puntigliosa chiarezza le radici di volta in volta Schinkeliane, di Viollet Le Duc, di Morris e le Arts and Crafts, ma escludendo ogni approfondimento critico sugli aspetti stilistico decorativi e sulle relative interpretazioni simboliche. Se ciò può essere in parte giustificato dall’ottica esclusivamente P. Behrens Lampada da tavolo - 1895 bronzo e vetro opalescente Introduzione Yutta Sika – Vaso - 1905 architettonica del testo di Frampton non consente, però, per le nostre finalità didattiche, una comprensione del fenomeno stilistico inteso nella globalità della sua produzione e letto nell’impatto con un immaginario collettivo che lo ha presto trasformato in “moda”. Dall’esautoramento delle valenze più propriamente stilistiche e decorative dell’Art Nouveau operate di Frampton nella lettura delle opere più significative del tempo altri autori, come Bruno Zevi, tendono invece a sottolineare l’influenza diretta ed indiretta che l’Art Nouveau ha avuto in quasi tutti gli esponenti di spicco dell’architettura fin de siecle. Egli rimarca, invece, proprio i punti i connessione con gli esponenti e le poetiche protorzionaliste, a suo dire debitrici della rivoluzione operata dal nuovo stile e quindi delle esperienze figurative da esso introdotte nel fare artistico. Ma lo stesso Zevi non manca di sottolineare “... si è detto che, presentando una alternativa moderna ai partiti stilistici delle accademie neoclassiche e neobarocche, il Liberty ha scalzato la loro autorità e ha apertoi la strada a nuove esperienze. Questo è esatto, ma non dice tutta la storia. L’essenziale dell’Art Nouveau è dato dalle personalità di Victor Horta, di Henry van de Velde, di Charles Rennie Mackintosh, di Antonio Gaudì e dalle loro splendide opere”, evidenziando, quindi, non tanto il valore della sintassi figurativa del Liberty per se stessa quanto la padronanza di alcuni artisti nell’uso di quel linguaggio. A conclusione delle sue premesse Zevi afferma che “… Questo fatto determina un limite del Liberty : non c’è in esso un vero progresso culturale. … ma il fatto stesso che nessun effettivo avanzamento culturale prenda le mosse da quel primo esemplare giustifica il sospetto che l’origine del movimento vada ricercata fuori dall’architettura e precisamente, come propone il Pevsner, in pittura …” G. Gurschner Lampada da tavolo - 1900 Il Curtis, citando le affermazioni dello storico Hitchcock, afferma che l’Art Nouveau “… offrì il primo programma internazionale per un fondamentale rinnovamento che il XIX secolo iniziò a realizzare” e che “… l’Art Nouveau fu effettivamente il primo stadio di architettura moderna in Europa”, anche se a questo attestato di primogenitura affianca la dichiarazione “… se per architettura moderna si intende principalmente il rifiuto totale dello storicismo”. Cela anch’egli, all’interno delle sue dichiarazioni, una sostanziale indifferenza per gli aspetti stilistici, rimarcando più il ruolo di “ponte” verso la modernità razionalista (e quindi di superamento delle condizioni storico artistiche del presente) che elementi di originalità ed innovazione propri dello stile floreale hanno determinato. Manifesto pubblicitario per il negozio “Art Nouveau Bing” aperto a Parigi nel1895 Pongo infine un riferimento all’opera di Renato De Fusco che pur ripercorrendo nella sostanza lo stesso cammino interpretativo dei precedenti autori, propone una visione più approfondita del fenomeno, andando a definire alcuni aspetti, come la teoria dell’ Einfühlung, che viene comunque accettata come uno dei substrati teorici dell’Art Nouveau. Introduzione J. A. Daum – Vaso con pesci Cristallo placcato -1890 Introduzione L’autore, inoltre, nel tentativo di individuare alcuni caratteri figurativi invarianti della produzione del periodo, in particolare architettonica, non si sottrae all’esigenza di analizzare il fenomeno stilistico anche sotto il profilo dell’espressività grafico – pittorica, quale componente essenziale del nuovo linguaggio. Va detto che tale espressività, anche per il De Fusco, è solo uno degli aspetti dell’Art Nouveau e ribadisce che la sostanza del fenomeno non risiede solo nei simbolismi superficiali di un decorativismo totalizzante, ma va ricercata, forse, più nello stimolo all’innovazione che tali grafismi hanno portato nella loro rottura con lo storicismo, che non nei risultati figurativi veri e propri. Questi, è un dato di fatto, hanno sostanzialmente sostituito, con un’ottica organicista, gli apparati decorativi dell’eclettismo. E ritroviamo, qui, una sostanziale condivisione degli assunti di Zevi che riporta l’attenzione, più che sulle invarianti del fenomeno artistico, su alcuni artisti che lo hanno adottato come linguaggio e ne hanno saputo sfruttare tutte le potenzialità creative e non solo decorative. F. E. Decorchemont – Coppa - 1907 Introduzione Infine va citata Rossana Bossaglia che affrontando il tema in senso generale, inclusa anche l’architettura, pur rilevandone sia i diversi percorsi di maturazione e sia le origini non coincidenti, accetta lo stile Liberty nella sua autonoma configurazione storiografica sottolineando come i diversi percorsi lessicali possono essere riunificati nel più conglobante termine di Modernismo. Ne individua, quindi, una chiara unità stilistica che nella radice comune del simbolismo e nelle esperienze estetioc-etico-sociali che da William Morris alle numerose Werstätte caratterizzeranno una parte della produzione artistico – artigianale di quegli anni. Riferendosi in particolare a queste ultime esperienze afferma “La base specifica delle ricerche e dell’apostolato di tutti costoro è la fede nell’integrazione dell’arte con la vita e quindi la volontà di non produrre alcunché che non sia ”bello”, anche nel campo dell’oggetto di serie a di largo consumo : da un lato per la convinzione idealistica che il bello operi da solo il riscatto nel bene e sia pertanto veicolo primo di redenzione e fonte di moralità, dall’altro per il democratico impegno a fornire a tutti gli elementi e i modi per una convivenza civile che non sia privilegio per alcuni e mortificazione per altri.”. J. A. Daum – 1901-1905 Vetro soffiato, placcato cion colore. Introduzione Da questo quadro introduttivo – interpretativo di alcune posizioni storiografiche attuali e del recente passato, si può comprendere la premessa relativa alle difficoltà di definire con schematismi eccessivamente riduttivi le linee di indirizzo di un fenomeno tanto breve quanto di grande impatto comunicativo, le cui premesse, ritengo, ancora oggi non si sono del tutto consumate nei magazzini della storia. Il cammino all’interno della storia dell’Art Nouveau, per motivazioni di ordine didattico, verrà posto quindi con il preciso intento di ordinare nel modo più schematico possibile le varie declinazioni linguistiche, non trascurando, per quanto possibile, quegli apporti critici anche sostanzialmente discordanti, ma accettando come impostazione generale di partenza la suddivisione del De Fusco e la visione unitaria della Bossaglia che consentono, con maggiore immediatezza e facilità di lettura, la comprensione dei diversi approcci al problema della “forma”. J. A. Daum – 1901-1905 Vetro soffiato, placcato cion colore. LE INVARIANTI DELL’ART NOUVEAU Da Per comprendere, pur della varietà delle declinazioni stilistiche, le idee che stanno alla base dello stile e che troveranno conferma nelle opere di architettura realizzate, è necessario individuare gli elementi comuni presenti nelle opere stesse, al di là delle varie produzioni nazionali o scelte individuali. Dal punto di vista generale : • L’Art Nouveau fu uno stile internazionale, ma a differenza di altri stili internazionali come quello Neoclassico o Neogotico, esso non si rifà ad alcuno stile del passato ma “crea” una forma nuova nel presente per il presente. •Inoltre il suo internazionalismo è determinato dal fatto che esso era lo stile che rappresentava “gli ideali e gli interessi dei paesi industrializzati i quali avevano incrementato i loro vantaggi dalla liberalizzazione egli scambi, dal superamento del nazionalismo, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e comunicazione” (De Fusco). L’Art Nouveau attua un completo affrancamento dalle forme del passato. Per la prima volta nella storia dell’arte la ricerca stilistica non si rivolge alla storia passata ma cerca nell’evoluzione del mondo moderno dello sviluppo industriale, dei progressi della tecnologia, nelle nuove istanze sociali e culturali, una “forma” appropriata, nuova e rispondente alle richieste di rappresentatività. L’Art Nouveau, infatti, accetta la moderna tecnologia e tenta di piegarla alle nuove esigenze del gusto. A seconda delle aree geografiche o di alcuni artisti sono evidenti alcuni richiami al passato medievale o classico o vernacolare, ma essi vengono completamente trasfigurati dalla nuova logica stilistica. L’Art Nouveau investe tutti i settori della produzione artistica, dalle arti maggiori quali l’architettura, la pittura e scultura, alle minori, all’arredamento, abbigliamento, grafica, teatro, pubblicità. In questo modo con essa si realizza quella ideale unificazione tra arti maggiori e minori (o applicate) promosso da William Morris e recepito dalla cultura dell’ottocento. Quell’ideale “opera d’arte totale” L’Art Nouveau si sviluppa in una moltitudine di varianti nazionali, pur avendo evidenti caratteri comuni. Le tante declinazioni stilistiche raggiungono anche il limite del personalismo, come nel caso di Gaudì, difficilmente inquadrabile in una geografia più ampia. L’Art Nouveau persegue l’ideale dell’ opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk). Lo slancio creativo è rivolto verso un’arte totalizzante, che investa ogni aspetto dell’operare umano, dalla scala architettonica e più rappresentativa fino al più piccolo dettaglio decorativo. I limiti di questo campo d’azione sono strettamente interconnessi tra loro, al punto di risultare inscindibili. Il fine ultimo è la creazione dell”opera d’arte totale” che riassuma in se il controllo di ogni aspetto formale e figurativo e sia la summa della forza creatrice dell’artista. L’Art Nouveau presenta due linee interpretative : una linea a carattere più “organico” e una a carattere più “geometrico”. Le opere legate alla linea organica tendono a caratterizzare le forme attraverso un continuo riferimento, più o meno marcato a tutte le scale, al naturalismo floreale e quindi alla linearità curva delle volute e degli arabeschi. Le opere più “geometriche” tendono a caratterizzarsi per una definizione più rettilinea delle forme e delle superfici, meno legata ai principi del naturalismo. E. Gallé – Vaso - 1900 J. Hoffmann+ - Bicchiere di servizio “Variante B” - 1910 Dal punto di vista “formale” i caratteri comuni possono essere : Il recupero della dimensione “organica” delle forme, in contrapposizione all’artificialità degli stilemi del classicismo. Questo legame con il mondo naturale si traduce, nell’esperienza pratica, da un lato in elementi svincolati dalla razionalità e dalla geometria del classicismo e dell’eclettismo ottocentesco, dall’altro nella teorica “continuità delle forme” degli elementi costituenti l’opera. Inoltre la dimensione organica informa anche l’intera struttura edilizia nella sua conformazione architettonica. La valorizzazione della “linea” rispetto agli altri elementi figurativi o spaziali è la traduzione in “simbolo” del naturalismo dell’Art Nouveau. Essa rappresenta, nel suo fluire morbido e variato, la dimensione organica delle forme. L’uso del ferro quale materiale moderno, tecnologicamente avanzato, con la proprietà di potersi adattare a qualsiasi forma. L’uso congiunto di diversi materiali contemporaneamente, resi evidenti nelle loro caratteristiche fisiche ed espressive, ma organicamente connessi gli uni agli altri. Il principio di unità, implicito in questo stile, e la sua ricchezza espressiva, si manifesta proprio con la capacità di fondere tra loro elementi eterogenei in una strettissima correlazione determinata proprio dal principio formale. Questa “unità” si manifesta, poi, anche a scala più ampia tendendo a connettere strettamente anche l’architettura e la natura, la casa al giardino, l’edilizia all’intera scena urbana. J. Hoffmann - Jardiniere 1914-1915 Le origini LE ORIGINI tutti i movimenti pittorici e gli artisti che, in modi diversi, hanno operato all’interno delle correnti Simboliste, alla ricerca dell’espressione di una dimensione non oggettiva della realtà. Tra questi ultimi possono essere annoverati i Preraffaelliti, i Simbolisti propriamente detti, ma anche figure autonome e svincolate dagli “ismi” come Gauguin, Van Gogh e Maurice Denis. Sempre tra i fattori culturali possiamo annoverare anche la nuove costruzioni in ferro che, più che per le loro qualità formali, aprivano un mondo nuovo di forme e di potenzialità espressive determinate da un materiale ancora tutto da sperimentare. Queste opere assurgevano, proprio dal punto di vista espressivo, a simboli di modernità, in contrapposizione al monumentalismo imperante della retorica accademica. L’Art Nouveau certamente eredita gran parte di quelle esperienze figurative maturate nel corso del XIX° secolo, sorte in opposizione al classicismo Beaux Arts della accademie. Ma le motivazioni di una esigenza di rinnovamento così marcata possono essere identificate nella necessità, prolungatasi per tutto il secolo, di definire uno stile ex novo. Questo “stile” doveva sì rispecchiare le trasformazioni del gusto dell’epoca, ma doveva anche consentire alla nuova società che si stava formando di identificarsi in una immagine nuova, che ne riassumesse i caratteri principali. Tra i fattori culturali che in modi diversi ma concomitanti hanno determinato le premesse del nuovo stile sono da annoverare l’esperienza del Gothic Revival, con i suoi richiami ad una spiritualità ed eticità della vita da trasporre in primis nelle forme dell’arte; il movimento delle Arts and Crafts, con il recupero della dimensione artigianale contro la banalizzazione dei prodotti industriali; Vetreria Nuutajarvi - Vaso - 1900 Le origini A. W. N. PUGIN E IL GOTHIC REVIVAL L’Art Nouveau trova parte delle sue radici anche nel movimento inglese delle Arts and Crafts, sviluppatosi nella seconda metà dell’ottocento, la cui figura più rappresentativa fu William Morris. Le Arts and Crafts rappresentano il punto di arrivo di una linea evolutiva socio culturale e artistica che ha le sue radici nel cristianesimo di Augustus Welby Northmore Pugin (1812-1852) e nella figura di John Ruskin (18191900), un socialista promotore dell’ Aesthetic Movement. Palazzo del Parlamento, Lomdra Sezione e pianta Ciò che unisce queste figure di pensatori e artisti è da un lato l’insoddisfazione spirituale e culturale per la propria epoca caratterizzata dal dominio della “macchina”, dall’altro l’esigenza di porvi rimedio attraverso una nuova etica della produzione che superi le conseguenze della divisione del lavoro, sia sotto il profilo umano che artistico. A. W. N. Pugin e C. Barry Palazzo del Parlamento, Lomdra – 1839-1860 Tavola tratta da True principles (1841) La cappella utilitaria è trattata come un capannone decorato. Per ottenere ciò Pugin propone un ritorno diretto ai valori spirituali del cristianesimo ed alle forme architettoniche del Medioevo, queste ultime quali simboli di una umanità rigenerata dalla nuova condizione spirituale. Pugin dice che il Gotico non è uno stile ma una religione e vale più del greco perchè la religione cristiana vale più della pagana. Con lui si inizia a giudicare l’opera d’arte dal punto di vista della moralità del suo creatore. Da ciò derivò l’obbligo della sincerità più assoluta, della verità degli elementi dell’opera che devono essere palesati in architettura. A lui si deve lo sviluppo e l’omogeneità del Gothic Revival europeo ma anche un primo approccio verso una architettura che faccia dell’espressione dei suoi materiali e delle sue strutture la sua ragione d’essere e la sua qualità, in contrapposizione allo storicismo decorativo dominante. Per quanto concerna l’architettura Pugin afferma che tutte le caratteristiche di ogni edificio devono essere “necessarie” alla convenienza, alla costruzione ed all’adeguatezza. Cioè vanno banditi il superfluo e il gratuito che per lui sono rappresentati dagli apparati decorativi non strettamente necessari e dall’occultamento delle strutture e dei materiali che formano l’opera. Ogni ornamento dovrebbe avere la funzione esclusiva di un arricchimento della costruzione elementare dell’edificio. Pugin infatti era convinto che la forma dovesse essere determinata soprattutto dalla natura del materiale, e che queste condizioni A. W. N. Pugin erano state raggiunte al massimo livello all’interno dello stile Gotico Inglese del Chiesa di Saint Augustine XV° secolo. Ramsgate - 1842 Le origini Le origini Con tale approccio l’architetto prende le distanze dall’architettura in tesa solo come immagine di se stessa, per evidenziarne i contenuti strutturali ed espressivi dei materiali di cui è costituita. Questo approccio, però, non interrompe quella tradizione che recupera dal passato il patrimonio stilistico necessario, ma si limita a cercare, nella storia, quel periodo che più si avvicina alle sue esigenze rappresentative. Si determina con lui un nesso molto stretto tra condizione etica e pratica artistica che, con declinazioni diverse, influenzerà parte della cultura del XIX secolo. A. W. N. Pugin - St. Gile’s – 1839-44 A. W. N. Pugin – Scarisbrick Hall – 1837-45 Il disegno della Chiesa di St. Paul a Londra mostra chiaramente come le spinte laterali siano assorbite dagli archi rampanti. JOHN RUSKIN (1819-1900) L’influenza di Pugin su John Ruskin fu decisiva, in particolare per la comune avversione per la loro epoca materialista e per l’esigenza di nuovo approccio alla creazione artistica. L’insoddisfazione estetica di Ruskin nasce dalla constatazione delle difficoltà di adattare la tradizione artigianale ai metodi della produzione industriale, anche per la dimensione alienante e non creativa di questa. Inoltre l’insoddisfazione nasce anche dal disagio determinato dall’eclettismo e dallo storicismo imperanti, sovraccarichi di forme decorative. Ruskin non si interessa dei problemi dell’organizzazione o della struttura degli edifici (sebbene egli denunci con forza ciò che definisce l’inganno strutturale). In tutta la sua opera pubblicata ci sono si e nò due piante di edifici, non ci sono sezioni, né emerge alcun interesse per le masse e per i volumi. Come scrittore e disegnatore gli interessano i particolari, le cornici delle porte e delle finestre, i capitelli, le modanature, e si concentra sui frammenti poco appariscenti, ritenendo che l’architettura consista negli ornamenti della superficie e nelle parti scolpite. Ciò che lo interessa soprattutto è il disegno della superficie, il tessuto delle cose, sia in architettura che in natura : egli ha un piacere sensuale, quasi erotico, nel descrivere tutto ciò. Nelle superfici elaborate dall’uomo e modellate dal tempo egli vede l’impronta della natura, e la mano e l’occhio godono nell’accarezzarla. La superficie può essere liscia o scabra, o comunque si voglia, ma purché sia un’espressione vera della propria natura e delle proprie funzioni. In questa visione sono percepibili le affinità con Pugin, in particolare per la dimensione etica del “fare” artistico e per il considerare il prodotto finale quale risultato della condizione morale della società e del piacere del lavoro artigianale, elementi che per entrambi erano presenti nel medio evo. John Ruskin non si espresse su questioni socio - culturali ed economiche fino al 1853 con il libro THE STONES OF VENICE, dove condanna la “divisione del lavoro” industriale e al degenerazione a macchina dell’operaio. Dopo aver scritto LA NATURA DEL GOTICO Ruskin abbandona lo studio dell’architettura e si dedica soprattutto ai problemi sociali, diventando uno dei più radicali pensatori del suo tempo : sogna per l’Inghilterra un società giusta, egualitaria, con retribuzioni uguali per tutti. Fintanto ché ciò non si avvererà, dice Ruskin, gli architetti saranno impotenti, e la buona architettura potrà sorgere solo una volta cambiata la natura della società. Le sue convinzioni sociali si esprimeranno con forza solo alla fine della sua vita, ma l’esaltazione dei valori morali è già evidente nei suoi primi scritti. I saggi come THE POETRY OF ARCHITECTURE, pubblicati nel 1837 e 1838 nell’Architectural Magazine, trattano del paesaggio e del modo in cui uno chalet, un cottage o una fattoria, devono armonizzarsi con esso, nella tradizione della teoria del Pittoresco, peraltro già da tempo diffusa in Inghilterra. L’apporto di Ruskin è che questa architettura inevitabile, senza pretese e “naturale” deve saper riflettere non solo l’abilità artigianale, ma l’intero modo di vita del popolo che la produce. Questi temi verranno approfonditi poi nelle due opere più famose dedicate più specificatamente all’architettura : The Seven Lamps of Architecture (1849) e The Stones of Venice (1851-53). In THE QUEEN OF THE AIR (1865) le sue teorie si esprimono in un aforisma : “Una persona sciocca costruisce scioccamente; un saggio saggiamente; un virtuoso costruisce cose belle, e una persona immorale cose turpi”. Ruskin pur fondando la sua critica sul sentimento e sulla sensibilità, curandosi molto poco delle tecniche costruttive e dell’organizzazione degli edifici, mostra il più profondo rispetto per le analisi rigidamente deterministiche del Gotico fatte da Viollet Le Duc. WILLIAM MORRIS (1834-896) E LE ARTS AND CRAFTS La figura di William Morris riveste importanza per aver portato a compimento quel percorso ideale, iniziato da Pugin e continuato da Ruskin, di rivalutazione del lavoro umano e in particolare della sua espressione artigianale. Persona molto religiosa, nel 1852 a Oxford stringe amicizia con Burne Jones (pittore Preraffaellita) e da questo rapporto crescerà in lui la passione per l’arte medievale, la poesia e lo stile dei primitivi, cosicché la vocazione religiosa si trasformerà in vocazione artistica. Philipèp Webb - Red House - 1858 Entrato nella Confraternita Preraffaellita Morris segue un suo percorso personale, in particolare per l’impegno sociale derivato dall’insegnamento di Ruskin e dalla lettura di Karl Marx. Da queste idee matureranno le sue idee sul legame tra arte e società, che sono alla base della sua dottrina politica ed estetica. Nel 1858-59 Morris si fa progettare una casa per sé e la moglie, detta la Red House, a Bexley Heath nel Kent. La casa era in stile neogotico ed era uno delle primi edifici funzionali progettati con criteri di abitabilità secondo le reali esigenze di vita (e non solo di pura rappresentanza). Inoltre l’opera perseguiva anche una particolare integrazione nell’ambiente nel quale era inserita. Morris progetta anche tutto l’arredamento della sua casa, comprese le carte da parati che decorate con motivi floreali o desunti dalla natura. Interno della Red House – 1868 (ricostruzione al Victoria e Albert Museum, Londra) La casa diventerà il manifesto del nuovo gusto estetico e dei metodi di lavorazione artigianale. Essa rappresenta l’esempio visibile degli ideali dell’artigianato artistico promosso da Morris. L’evidente impoverimento e degrado estetico causato dall’industrializzazione si era evidenziato con l’Esposizione Universale di Londra del 1851. Per Morris le condizioni di lavoro ideali per ritrovare quella qualità perduta potevano essere ritrovate ripristinando le condizioni di lavoro più congeniali alla persona, e cioè ritornando ad un lavoro di tipo artigianale. Il riferimento era alle corporazioni medievali, dove il lavoro era progettato ed eseguito dall’artigiano stesso. Morris sostiene che l’arte deve entrare nella prassi della vita sociale e ciò, oltre ad avere un valore “sociale” di per sé, significava anche perseguire l’eliminazione della divisione del lavoro creativo tra artistico (rappresentato dalla pittura, scultura e architettura) e artigianale, tendendo ad estendere la parola arte a tutto ciò che ci circonda nella vita. Le origini Nel 1861 fonda a Londra la “Morris, Marshall, Faulkner & Co.” che è la prima moderna società specializzata nel progetto e nella realizzazione di opre decorative e di arredamento. Tra i soci e i collaboratori c’erano Rossetti, Burne Jones e l’architetto Philipp Webb. L’offerta era di pitture, decorazioni, vetrate, lavori in metallo e mobili “a basso costo”. I motivi decorativi sono principalmente floreali ed hanno nel disegno quelle stesse caratteristiche di precisione naturalistica e forza espressiva presenti nelle opere dei Preraffaelliti. L’idea è quella di produrre arte per le masse, di estendere il gusto estetico, con tutte le sue implicazioni morali e storiche, all’interno di ogni casa. A ciò si aggiunge la sua speranza di ricreare condizioni d lavoro più umane che sottolinea i fini fortemente egualitari e democratici della sua politica artistica. Purtroppo la realtà dimostrerà l’utopia del suo pensiero in quanto i prodotti, così realizzati, erano troppo costosi per la massa dei lavoratori. Da ciò emergeranno le contraddizioni della sua opera in quanto se da un lato Morris dedicherà molto tempo ad imprecare contro l’aristocrazia e il capitalismo, dall’altro lato sarà impegnato a disegnare carte da parati per la residenza di campagna della Regina Vittoria. Se il progetto umanitario socialista di Morris fallì, da un punto di vista pratico, rimane importante l’impulso che la sua opera e il suo pensiero eserciteranno nella costruzione di un nuovo rapporto tra arte e società. Nella seconda metà dell’XIX secolo nascerà il movimento inglese delle Ars ad Crafts (Arti e Mestieri) che sarà una vera organizzazione per la riforma delle arti applicate di cui Morris fu uno dei massimi sostenitori e divulgatori. Nel 1887 prende lì’avvio la Arts and Crafts Exibition Society, un’organizzazione a carattere internazionale con sedi a Londra, Parigi, Berlino ed altre città europee, con il compito di divulgare, attraverso esposizioni, sia i prodotti realizzati e sia i mezzi di lavorazione artigianale. Le origini E. V. Le Duc – Progetto per sala da concerti - 1866 VIOLLET LE DUC (1819-1900) E. V. Le Duc – Progetto per sala da concerti - 1866 L’insegnamento del grande architetto francese Viollet le Duc, che avrà una diretta ripercussione sulle opere di Horta, è contenuto in un passo del suo Dictionnaire raisonnè de l’architecture française du XI° au XVI° siècle (1854-1869) dove cita “Il giorno in cui tutti saranno convinti del fatto che il nuovo stile è soltanto la naturale e non studiata fragranza di un principio, di un’idea che consegue dal logico ordine delle cose di questo mondo; che lo stile si sviluppa come una piante che cresce secondo una legge ben definita … ebbene quel giorno potremmo esser certi che i posteri ci riconosceranno un certo stile . Lo stile esiste perché il progetto architettonico è soltanto una immediata conseguenza dei fondamentali principi strutturali relativi a : 1 – i materiali da utilizzare; 2 – il modo di utilizzarli; 3 – le operazioni da compiere; 4 – la logica derivazione dei dettagli e dell’insieme.” Le origini Risulta evidente, in questo passo, come Le Duc si stacchi dal rigido dogmatismo classicista per spingersi verso una direzione organica, che veda nella “naturalità” delle forme il vero principio strutturante delle stesse. Da ciò ne consegue anche quella “onestà” nell’uso dei materiali che viene attuata attraverso la loro chiara rappresentazione, senza falsificazioni, mettendone in luce le loro peculiarità. Infine, per quanto concerne lo stile, ad desso si perviene in modo naturale, quasi spontaneo, attraverso il rivelamento ”dello scopo per cui una forma è stata costruita”. In alcuni disegni, rimasti peraltro famosi per l’innovazione nell’uso combinato di materiali quali ferro e pietra, Le Duc anticipa quella nuova armonia di “forme aggregate” dove la qualità stilistica emerge non tanto per la decorazione delle stesse quanto per la chiarezza della loro funzione e della loro rappresentazione materiale. E. V. Le Duc – Progetto per un Hotel de Ville (da Entretiens sur l’architecture) - 1866 Le origini PRERAFFAELLITI D. G. Rossetti Beata Beatrix - 1863 Nel 1848 un gruppo di artisti fonda a Londra The Prerafhaelite Brotherhood (la Confraternita Prefraffaellita) che si pone come movimento antiaccademico ma con specifici risvolti mistico – ideali. Il portavoce del gruppo è John Ruskin e ne fanno parte, come fondatori, Dante Gabriele Rossetti (18281882), figlio di un italiano rifugiato politico in Inghilterra; Holman Hunt (1827-1910); John Everett Milais (1829-1896) e Thomas Woolner (1825-1892). A questi si aggiungeranno in un secondo tempo, Ford Madox Brown (18211893) e Edward Coley Buirne-Johns (18331898) Questi artisti, come altri gruppi coevi, hanno come modelli i Nazareni e quegli stili e sentimenti del passato che fanno specifico riferimento al Medioevo, periodo nel quale essi vedevano la presenza di una religiosità profonda e il realizzarsi di un ideale che era quello di un’arte collettiva. Il ricorso al Medio evo è un tema ricorrente nel Romanticismo, sia in pittura che in architettura, anche se di volta in volta assume tagli e significati diversi, ma semper proposta come depositaria di valori etico – sociali. E. C. Burne-Jones Storia di Pigmalione, 1868-1878 H. Hunt – Claudio e Isabella - 1850 I NAZARENI (1810-1830) Con l’età napoleonica emerge per la prima volta nella storia moderna dell’Italia, l’idea di nazione. Anche solo i titoli di Repubblica Italiana prima (1802), di Regno d’Italia poi (1805) esprimono l’aspirazione della società italiana all’unità nazionale, sia pure sotto protettorato straniero. La politica di potenza e di conquista della Francia napoleonica aveva provocato in tutti i paesi sottomessi la riscoperta della Patria, dei valori di nazione. Il messaggio egualitario e cosmopolita della Rivoluzione francese aveva generato, come antitesi, la riscoperta delle tradizioni e delle culture locali, la valorizzazione di ogni popolo. Con l’emergere dell’idea di nazione viene creata anche l’immagine simbolo dell’Italia : la bella donna in vesti classiche, la corona turrita in capo, che piange il poeta repubblicano nella tomba di Alfieri di Canova (1806-10). Nome derisorio dato ad artisti dell’inizio ‘800 che si ribellarono all’accademismo classicista, aspirando ad un rinnovamento dell’arte su basi religiose e patriottiche. Nel 1809 sotto la guida di Overbeck e Pforr, alcuni allievi dell’Accademia di Vienna fondarono la Lega di San Luca, (una confraternita religiosa) per riportare l’arte sulla “via della verità”, sull’esempio degli antichi maestri. a questi artisti sarà attribuito il nome di Nazareni, in riferimento al modo di portare i capelli lunghi - (così come sarà in Inghilterra con i Preraffaelliti) Dal 1810 al 1830 Johann Friedrich Overbeck e Franz Pforr, con Peter Cornelius, Philipp Veit, Wilhelm von Shadow e Joseph Fuhrich, fondano a Roma, nel Convento di San Isidoro sul Pincio, una colonia di artisti che si oppongono all’Accademia ufficiale e, quindi, in contrasto con il classicismo dominante di marca francese, proponendo un’arte animata da un forte sentimento religioso. Questo, infatti, sarà il primo movimento anti - Neoclassico. Questi artisti propongono una comunità artistica basata sull’amicizia e sulla fede. Tale atteggiamento avrà altri esempi nel corso dell’ottocento. Portano i capelli lunghi e vestiti medievali e questa identità tra arte e vita è un atteggiamento tipicamente romantico. Tematiche Quella dei Nazareni è un’arte di ispirazione nazionalista e cattolica, che accompagna l’emergere dell’idea di Nazione dell’Italia, con tematiche prevalentemente religiose, quasi un mezzo di propaganda. Si ispirano al Medio Evo cristiano e si rifanno ai pittori fino al 1400 e a Raffaello. Cercano di “ricomporre” formalmente, in modo quasi filologico (filologia : complesso di indagini che mirano a riportare un testo alla sua forma originaria) lo stile di Raffaello che a quel tempo è ancora il simbolo dell’arte italiana). Questi artisti giungendo a Roma cercano, quindi, non la Roma classica dell’Impero che entusiasmò Winkelmann o David, ma la Roma del primo cristianesimo. Vanno alla ricerca di una originaria purezza. Durante i loro viaggi studiano Giotto, il Beato Angelico, il Ghirlandaio, il Perugino e, al disopra di tutti, Raffaello e Dürer. Per loro l’arte moderna deve essere ricca di contenuti morali e deve recuperare la spiritualità della natura e delle forme umane. Questo modo di pensare era in sintonia con le teorie del Wackenroder e degli Shlegel. I temi preferiti sono di ordine religioso o storico. • I temi religiosi sono sviluppati dai Nazareni in due modi : • Opere figurative finalizzate alla devozione privata, di piccole dimensioni, con soggetti prevalentemente intimi e affettuosi (L’Annunciazione, La Sacra Famiglia, l’infanzia di Gesù) • Opere più monumentali, quali cicli di affreschi di storie bibliche, nei quali riprendono anche le tecniche dell’affresco del 1400. • I soggetti storici sono ripresi dalle vicende del Medio Evo, spesso anche tedesco (per il quale riceveranno molti incarichi in Germania). Le origini D. G. Rossetti, Beata Beatrix - 1863 Il termine Preraffaelliti sta a significare la ripresa di uno stile e di riferimenti iconografici che si rifanno al periodo medievale e rinascimentale, inteso nelle sue formule espressive più art e mature, prima delle inflessioni manieristiche del semplici cinquecento. Ma soprattutto i Preraffaelliti volevano recuperare quel senso etico del “fare arte” che, secondo loro, sarà tradito nel 1500 quando l’arte diventerà una attività intellettuale. Questa constante esigenza nel ritrovare una armonia perduta, una sensibilità etica e profondi stimoli spirituali, sono una conseguenza anche dei mutamenti della società contemporanea che, nelle grandi trasformazioni indotte dalla rivoluzione industriale sembrava ormai lontana dall’onesto, umile ma gratificante lavoro artigianale. D. G. Rossetti, Proserpina - 1874 DANTE G. ROSSETTI (1828-1882) . D. G. Rossetti, Ecce ancilla Domini - 1850 Rossetti, che rappresentava la figura più affascinante e carismatica del gruppo, era un appassionato di Dante e il vate sarà spesso la musa ispiratrice per i suoi quadri. Da questi temi Rossetti prenderà spunto per le sue affascinanti ambientazioni in costume che contribuiranno a quelle fittizie ricostruzioni del mondo medievale che avranno una enorme fortuna. Nel 1850 Rossetti presenta la celebre tela dal titolo L’Annunciazione, o Ecce Ancilla Domini. Si tratta di una composizione di grande impegno morale e ideologico in quanto il pittore non si limita a rappresentare semplicemente la scena dell’Annunciazione, così familiare nell’arte sacra, ma cerca di “penetrarne il mistero che si rinnova per ogni donna nell’atto del concepimento”. L’interno domestico è nudo e povero e la fragile figura femminile viene raggiunta dall’Arcangelo chele porge un giglio, simbolo di purezza e innocenza. La reazione della giovane e di ritrosia e di smarrimento di fronte ad un momento così decisivo per il suo destino. Dal punto di vista pittorico l’autore usa simbolicamente il colore bianco che, occupando gran parte della tela, domina la scena con il suo senso di purezza e candore. E. C. Burne-Jones- Amore tra le rovine, 1894 circa E. C. Burne-Jones- Flora arazzo, 1900 circa D. G. Rossetti, Proserpina - 1874 L’INFLUENZA GIAPPONESE In una cultura sensibile all’estetismo, alla dimensione simbolica dell’arte, ma anche proiettata verso la ricerca del “nuovo”, pur senza perdere il contatto con le proprie radici, non poteva non rimanere affascinata dagli esotismi grafici dell’arte figurativa giapponese, penetrata in Europa e offerta al grande pubblico in modo massiccio attraverso le Esposizioni Universali della seconda metà del secolo. Cosicché quando Samuel Bing, nel 1890, allestì all’Ecole des Beaux Arts di Parigi una mostra sull’arte figurativa e sull’artigianato giapponese, il successo fu immediato. Ma al di là della mera novità e della naturale curiosità per questi esotismi figurativi, la cultura europea ritrovava, in queste opere, la naturalità delle forme che, riprendendo modelli forniti dalla natura organica, potevano finalmente superare l’impasse stilistico determinato dall’ormai stanco eclettismo storicistico. Nelle opere giapponesi la “forma naturale” non si arrestava di fronte ad una fredda ed oggettiva imitazione ma veniva estrapolata dal suo contesto e passata attraverso il vaglio della sensibilità creatrice dell’artista, e con essa la dimensione materiale della forma originaria si trasformava in simbolo di una condizione spirituale. Katsushika Hokusai – Iris e cicala di campo, 1832 Giappone Lenzuolo, XIX sec. Okinawa, Giappone Scialle, inizio XIX sec. Le origini L’arte giapponese, nella varietà delle sue forme e dei suoi colori, proponeva una grammatica apparentemente semplificata, di forte impatto percettivo proprio per la chiarezza e l’uniformità che la contraddistingueva. Tali caratteri erano determinati in primis da una precisa riconoscibilità della forme, che potevano essere o palesemente naturali o, nel caso di apparati decorativi, comunque riferibili alla loro origine organica. In secondo luogo dalla sinteticità delle forme che erano caratterizzate da una prevalenza della bidimensionalità e da un uso marcato della linea, al posto della tradizionale configurazione prospettica e costruzione chiaroscurale della tradizione accademica. In terzo luogo da uno straordinario uso delle gamme cromatiche che erano usate in modo uniforme, tali da caratterizzare con immediatezza la superficie da rappresentare. Questa semplificazione cromatica, anziché spostare l’immagine su un piano astratto, riusciva a mantenerlo strettamente legato al mondo naturale per la particolarità degli accordi tonali che riportano alla memoria l’infinita varietà delle sue manifestazioni. Molti saranno gli artisti europei che in modo diretto, o indiretto, risentiranno di questo influsso orientale. Gauguin è uno degli esempi più importanti di questa influenza, ma altri sono presenti nel panorama europeo, come ad esempio Van Gogh. Le origini Katsushika Hokusai - Il vento del sud spazza via le nuvole, 1831-34 Le origini IL SIMBOLISMO Il Simbolismo si manifesta verso gli anni ottanta in Francia nel campo della letteratura, in opposizione alle correnti naturalistiche del Realismo e dell’Impressionismo. Rivalutando la dimensione mitologica, onirica, psicologica e immaginativa della realtà cerca di rendere visibile l’ “Idea” che è nascosta alle di là delle cose visibili, ricorrendo al simbolo e alle allusioni. Nel caso del Simbolismo più che parlare di un movimento artistico bisogna parlare di un clima culturale che diffondendosi a livello europeo, si pone in continuità e come superamento del Romanticismo, proiettandosi verso il Novecento. Oltre alla letteratura il Simbolismo coinvolgerà anche le arti figurative e la musica, attraverso una interpretazione molto variegata della realtà che, dal punto di vista figurativo, va da un forte legame con la tradizione accademica fino quasi all’astrattismo. Impossibili da caratterizzare per le affinità stilistiche, le opere simboliste fanno emerge costantemente una proiezione verso un mondo irreale, subcosciente, misterioso e profondamente allusivo. Franz von Stuck, Salomè - 1906 GUSTAVE MOREAU (1826-1898) Pur rimanendo all’interno della tradizione accademica come impianto tecnico - compositivo, Moreau affronta temi tratti dalla mitologia classica, dalle leggende e dai racconti biblici. I suoi quadri, però, non sono a carattere descrittivo ma attraverso il racconto egli introduce sempre un’aura di mistero e di spaesamento, spingendo lo spettatore a cercare il vero significato nascosto dietro alla narrazione del mito. Moreau, in opposizione al Realismo imperante degli anni sessanta dell’ ottocento, non accetta il dato sensibile nella sua oggettività visiva o tattile, ma rappresenta ciò che non vede o ciò che sente, quasi come percezione extrasensoriale. La narrazione, mitologica o biblica, diventa solo uno strumento per condurre lo spettatore nel mistero. Nella “Salomè danza davanti a Erode” il contrasto tra il luminoso e rifinito corpo di Salomè e lo sfondo uniforme e confuso, con forti gradazioni rosso brune, determina l’effetto irreale e misterioso dell’ambientazione. A ciò va aggiunto il fitto decorativismo simbolico che incide la superficie del quadro . G. Moreau Salomè danza davanti a Erode 1876 Nella sua più famosa opera “L’Apparizione” del 1874-76, usa il tema biblico della Salomè (che ottenne dal re Erode la testa del Battista per merito del potere seduttivo della sua danza) per introdurci in un mondo magico e misterioso. Quì le presenze umane smaterializzate dalla luce e gli oggetti evanescenti sono immersi in uno spazio che, per la dimensione dilatata e la forma , richiama la sacralità di una chiesa o di una moschea, luogo di spiritualità. Nello stesso tempo i segni e gli accenni decorativi rimandano ad un mondo orientale o indiano. G. Moreau L’apparizione - 1876 ODILON REDON (1840-1916) Tra le figure più rappresentative del Simbolismo francese Redon, contemporaneo di Monet e degli Impressionisti con i quali espose nell’ultima mostra del 1886, opta per temi di tipo fantastico, caratterizzati da presenze mostruose e surreali, inserite in ambienti di forte ambiguità. Redon esplora i segreti legami tra visibile ed invisibile, tra realtà e fantasia e i suoi richiami sono ad un modo di sogni, dove la dimensione onirica viene, però, esplicitata attraverso “la logica e la verità del visibile”. Ne “Gli occhi chiusi” la figura, apparentemente sopita, rappresenta una metafora della visione interiore e del risveglio della coscienza individuale. Redon giocando proprio sull’ occhio, che rappresenta il senso rivelatore per eccellenza, rende simbolicamente evidente lo sguardo dell’artista che è costantemente rivolto alla ricerca della verità. Con alcune opere come, ad esempio, “L’occhio come un pallone bizzarro, si dirige verso l’infinito” , che allude allo sguardo dell’arte sopra e dentro il mondo sensibile, Redon anticipa il linguaggio Surrealista. O. Redon Gli occhi chiusi - 1890 Con alcune opere come, ad esempio, “L’occhio come un pallone bizzarro, si dirige verso l’infinito” , che allude allo sguardo dell’arte sopra e dentro il mondo sensibile, Redon anticipa il linguaggio Surrealista. O. Redon Gli occhi chiusi - 1890 O. Redon L’occhio, come un pallone bizzarro, si dirige verso l’infinito - 1882 ARNOLD BÖCKLIN (1827-1901) Grande viaggiatore, al termine della sua vita si stabilì a Firenze dove morì. L’Italia fu per Böcklin una inesauribile fonte di ispirazione, dove era possibile ritrovare un tempo e miti ormai perduti. Böcklin ha una formazione basata sui modelli classici e rinascimentali e quindi il suo Simbolismo è legato profondamente al Romanticismo tedesco A differenza dei francesi Böcklin non si lascia trascinare sul terreno della loro indeterminatezza descrittiva ma, al contrario, affronta i temi con una chiarezza ed un realismo assoluti. Ed è proprio questo contrasto quasi “surreale” tra una immagine descritta con uno stile accademico e l’atmosfera ignota e magica che avvolge la scena, che sconcerta l’osservatore. A. Böcklin - L’isola dei morti - 1880 Nell’opera “L’isola dei morti”, che già nel titolo rimanda ad una realtà ultraterrena, proiettando l’osservatore nel mistero di una condizione non sensibile e di forte angoscia. Realizzata in cinque versioni tra il 1880 e il 1886, la tela ha una alta intensità evocativa che trasmette una magica impressione di immobilità e di silenzio. La solidità dell’isola, materializzata nelle rocce a picco sul mare, si stempera nell’atmosfera tetra e misteriosa rappresentato dal nucleo di cipressi costretti in uno spazio ristretto, quasi a celare il varco verso l’infinito ultraterreno. Una piccola barca scivola silenziosa verso l’isola con a bordo una figura eretta, bianca come un fantasma, che osserva gli attimi precedenti l’approdo all’isola. L’immobilità della figura nel silenzio della scena sta a sottolineare l’inevitabilità del viaggio e del destino. A. Böcklin - L’isola dei morti - 1880 I NABIS : P. SERUSIER E M. DENIS (1864-1927) (1870-1943) Negli anni ottanta e novanta dell’ottocento un gruppo di artisti si riunisce a Pont Aven, in Bretagna, attorno alla figura di Paul Gauguin. Tra loro c’era Emile Bernard, che aveva messo a punto una tecnica pittorica basata su un uso autonomo del colore, steso a grandi campiture piatte e definite da un margine scuro detto cloisonne, che si rifaceva alla tecnica usata nel medio evo per la realizzazione delle vetrate. Questo stile pittorico che si caratterizza per la massima sintesi di forme e colori, verrà chiamato Sintetismo. F. Vallotton L’estate o il bagno - 1892 Nel 1888 giunge a Pont Aven il pittore Paul Serusier che seguendo le indicazioni di Gauguin sulla libera interpretazione dei colori (che vanno stesi sulla tela così come l’artista li vede, indipendentemente dalla loro similitudine con la realtà) dipinge Il Talismano. L’opera, ai limiti dell’astrazione, esprime perfettamente gli intenti che il gruppo di Pont Aven si prefiggeva : una sintesi di colori e forme, in contrapposizione al metodo analitico impressionista, e uso dei colori piatti, perlopiù puri e privi di chiaroscuri, scelti secondo criteri soggettivi e antinaturalistici. Ritornato Parigi Serusier raccoglie attorno a sè alcuni pittori e fonda il gruppo dei Nabis (i Profeti) : Maurice Denis, Pierre Bonnard, Paul Ranson, Edouard Vouillard e Felix Vallotton. Nelle discussioni che intraprendevano tra loro per definire i fini della loro pittura stabilirono come punti fermi : il superamento della visione impressionista e dell’insegnamento accademico, che privilegiava l’imitazione della natura; puntando sull’estrema semplificazione delle forme attraverso l’uso di un colore vivido, per costruire immagini caratterizzate da una intensa carica psicologica ed emotiva. P. Serusier Paesaggio al Bois d’amour (Il Talismano) - 1890 Con i Nabis il Simbolismo si tinse di esoterismo e misticismo, infatti gli adepti avevano ciascuno un proprio ruolo e si vestivano con abiti cerimoniali, compiendo strani riti propiziatori. In questa atmosfera il “Talismano” divenne una sorta di simbolo sacrale. Maurice Denis (1870-1943), ottimo scrittore, era il teorico del gruppo e fu lui a formulare la celebre frase “Ricordarsi che un quadro prima di essere un cavallo di battaglia, una donna nuda, un’azione o un aneddoto qualsiasi, è prima di tutto una superficie piana ricoperta di colori riuniti in un certo ordine”. Per Denis l’opera d’arte non doveva essere la riproduzione illusoria di una realtà esterna ma la trasposizione, mediante segni e campi di colore, di qualcosa di soggettivo, cioè “l’equivalente appassionato di una sensazione sperimentata” dall’artista”. P. Serusier – Ritratto di Paul Ranson in abbigliamento da “Nabi” - 1890 Nel quadro “Le muse nel bosco sacro” sono evidenti i concetti su esposti. L’opera ha un forte e raffinato senso decorativo, i colori sono piuttosto tenui rispetto a quelli di Serusier , e sono applicati a larghe campiture uniformi, delimitati da una linea di contorno fluida e ben evidente. Il trionfo di questa linea sinuosa che avvolge figure e alberi, si determina per il suo valore espressivo ed emozionale e sarà, di lì a poco, l’elemento figurativo caratteristico dell’Art Nouveau. M. Denis – Le muse nel bosco sacro - 1893 Anche Paul Gauguin, che ha condiviso l’esperienza di Pont Aven con Paul Serusier, troverà uno stile non dissimile, nei principi, a quello dei Nabis, pur mantenendo una sua completa autonomia figurativa. Nel suo caso verrà definito Simbolismo Sintetista a sottolineare l’acquisizione di quei caratteri figurativi ed espressivi tipici del periodo. Ne è un esempio il quadro “Visione dopo il sermone” dove alla realtà oggettiva e al taglio “fotografico” delle donne bretoni riprese di spalle, anche se sintetizzata da contorni marcati e superfici piatte, si contrappone l’irreale sfondo rosso dove lottano il bene e il male. Realtà e spiritualità si fondono nel cromatismo acceso di Gauguin che riunisce, nello spazio universale ed unitario del quadro, tutte le dimensioni umane del reale. P. Gauguin - Gli – 1888 P. Gauguin Visione dopo il sermone (Giacobbe lotta con l’angelo) – 1888 Le origini AUBREY VINCENT BEARDSLEY (1872-1898) Il nome di Beardsley è legato a quello di Oscar Wilde ed alla sua opera Salomè per la quale, nel 1894, realizzò le affascinanti illustrazioni, cariche di audace erotismo. La sua fama fu immediata e si sviluppò rapidamente a livello internazionale. Nel 1893 il primo numero della famosa rivista di arte e letteratura “The Studio”, fu dedicato ai disegni di un giovane ventunenne sconosciuto che, in tal modo, conobbe subito la fama e potè lasciare il suo lavoro di scrivano per intraprendere quello artistico, dedicandosi a tempo pieno alle sue creazioni. Successivamente un’altra rivista “The Yellow Book” lasciò molto spazio all’artista, anche perché le sue raffigurazioni, spesso erotiche o oscene, suscitavano forti polemiche garantendo, peraltro, una notevole tiratura al mensile. Nonostante ciò un anno dopo, nel 1895, Beardsley fu esonerato dalla carica di redattore esperto di arte e decise, quindi, di unirsi alla figura di Leonard Smithers per pubblicare un giornale rivale, “The Savoy” che trattava materiali pornografici ed erotici. Le origini Un figura, quella di Beardsley, ambigua e complessa, che nell’uso anche provocatorio e spregiudicato che faceva della sua arte, rappresentava uno straordinario e originale interprete del mondo estetizzante e decadente che Wilde aveva descritto. Dal punto di vista stilistico l’artista propugna una nuova concezione della cornice e della superficie pittorica in cui la linea, per sua natura bidimensionale, sostituisce la configurazione spaziale del mondo reale. Questa nuova interpretazione elimina ogni riferimento alla tridimensionalità dello spazio prospettico esaltando la superficie del foglio. Nel contempo scompare anche la volumetria delle figure, tradizionalmente costruita con effetti chiaroscurali, mentre la luminosità viene evocata semplicemente dai contrasti neutri tra il bianco e il nero. A. V. Beardsley – Illustrazioni per la Salomè di Orscar Wilde - 1894 Con la stessa linea Beardsley disegna le decorazioni egli arabeschi delle figure ma anche costruisce ed isola la figura dal suo contesto. I riferimenti storici di Beardsley sono certamente i linearismi della decorazione dei vasi attici greci (che aveva visto al British Museum), ma anche l’arte giapponese, importata in grande quantità nel corso dell’ottocento in Europa. Come linguaggio figurativo Beardsley appartiene al mondo simbolista di fine ottocento, in quanto da ognuna delle sue illustrazioni emerge quella predisposizione per l’estetismo e per la dimensione onirica che caratterizzano quasi tutto il movimento . Colpito dalla tubercolosi morirà all’età di 26 anni. A. V. Beardsley – Illustrazioni per la Salomè di Orscar Wilde - 1894 A. V. Beardsley – Illustrazioni per Salomè di O. Wilde 1894 LOUIS COMFORT TIFFANY Le origini Nel 1837 il signor Charles L. Lewis Tiffany (padre del famoso artista Art Nouveau) fondò a New York la società di argentieri e gioiellieri Tiffany&Young. A metà secolo, raggiunta una enorme ricchezza, decise di non importare più dall’Europa i prodotti ma di produrli in proprio. Il nome Tiffany divenne, con il tempo, sinonimo di lusso e questa fama valicò anche l’oceano giungendo in Europa, dove la società aprì delle filiali a Parigi e Londra. Louis Comfort Tiffany, il figlio, si formò in questo ambiente e intraprese studi di pittura a New York. Tiffany & Co. – New York Vaso a forma di fiore - 1900 L. C. Tiffany – Le quattro stagioni, New York -1997 - Le origini Ma la sua idea estetica era lontana dagli ideali americani di quegli anni, così nel 1865, a diciassette anni, andò a Parigi da Leon Bailly che era un cultore della nuova moda orientale. Studiando e viaggiando verso i luoghi di origine di queste forme artistiche, Tiffany visitò la Spagna, l’Egitto, l’Africa ma anche Ravenna, dove rimase colpito dai mosaici paleocristiani, e Chartres, dove potè ammirare le vetrate istoriate. Nel 1878 però avviene il cambiamento e l’artista si rivolge verso l’artigianato. Influenzato da William Morris e dalle Arts and Crafts, nonché dall’enorme collezione di oggetti raccolti in anni di viaggi, Tiffany divenne uno dei più ricercati designer d’interni, richiesto da tutta l’alta società. Tra le sue più famose linee di produzione è rappresentata dalle lampade, con le quali ottenne un successo straordinario, al punto che nel 1882 progettò il sistema di illuminazione a gas per la Casa Bianca. Tiffany & Co. – New York Lampada - 1900 L. C. Tiffany Vaso a forma di tulipano Vetro opalescente e bronzo - 1895 Le origini L. C. Tiffany – Lampada Wistaria – 1899-1925 Nello spirito dell’Art Nouveau, che persegue la realizzazione dell’ “opera d’arte totale”, Tiffany promosse anche altre attività come la progettazione di interni, laboratori di ebanisteria, un settore dedicato esclusivamente all’ “arte sacra”, uno studio di ceramica, un atelier di gioielleria e un’officina per la lavorazione del metallo. Tiffany & Co. Vaso Maagnolia - 1893 Tiffany & Co. - New York Vaso - 1897 L. C. Tiffany - Lampada Vistaria 1899-1925 - vetro, rame, bronzo Tiffany & Co. – Veduta della Oyster Bay 1905 Il motivo per la vetrata policroma, di 185 cm. di altezza, prende ispirazione da un luogo che amava molto : Cold Springs Harbour, presso New York, dove si costruì anche una casa. La vetrata fu costruita per la casa di New York di Wlliam Skinner. Tiffany & Co. – Fiore di mela 1899-1928