pfv_definitivo - Regione Calabria
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Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIA DI CROTONE PREMESSA L’attività venatoria in Italia è regolata dalla legge 157/92 che rappresenta la norma quadro in materia di protezione della fauna e per il prelievo venatorio. I principi che ispirano la disciplina della materia sono innovativi rispetto alla precedente normativa, legge 968/77, poiché stabiliscono che la fauna selvatica appartiene allo Stato e che si può derogare a ciò solo nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge. Infatti, la legge nazionale indica quali sono le specie cacciabili e quelle che sono assolutamente protette, fissa le modalità cui si devono attenere le regioni nelle predisposizioni dei propri atti, dei calendari venatori, dei piani faunistici e della pianificazione del territorio. La normativa nazionale accoglie anche le direttive CEE n. 409/79, e sue modificazioni ed integrazioni, sulla conservazione degli uccelli selvatici e attua i principi contenuti nella convenzione di Parigi del 1950, per la protezione degli uccelli e della convenzione di Berna del 1979, relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa. Il cardine della legge 157/92 è rappresentato dal principio secondo cui l’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica. In tal senso il legislatore pone in primo piano la protezione dell’ambiente e della fauna imponendo a carico della pubblica amministrazione l’obbligo della sua conservazione. Per quanto riguarda gli aspetti di pianificazione del territorio, la legge dispone che una quota del territorio, e precisamente tra il 20 ed il 30%, sia destinato a divieto di caccia, un’altra, fino al 15%, alla gestione faunistica privatistica ed il restante territorio, suddiviso in ambiti territoriali, alla caccia programmata ed individua nei piani faunistico venatori gli strumenti di pianificazione a livello Provinciale e regionale. 1 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 1. DISPOSIZIONI GENERALI 1.1. Quadro normativo di riferimento 1.1.1. Introduzione I criteri della L. 157/92 “Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio”, seguita, nella nostra Regione dalla L. R. n. 9/96, hanno dimostrato che i principi fondamentali della caccia svolta in termini di programmazione anche pluriennale e della gestione del territorio a fini faunistico, in modo concordato tra i diversi settori coinvolti (cacciatori, agricoltori e ambientalisti), costituiscono ancora oggi un punto di riferimento dal quale partire per proseguire nel processo di coinvolgimento diretto delle categorie. Infatti, le numerose emergenze ambientali (cambiamenti climatici, inquinamento, perdita di habitat e di specie, OGM, specie aliene, crisi idrica, incendi, ecc.) portano in secondo piano la contrapposizione ideologica tra ambientalisti e cacciatori e rimarcano invece l’importanza di saper costruire un fronte comune finalizzato alla tutela degli ambienti naturali e della fauna selvatica. La materia concernente le attività faunistico-venatorie è regolata, a livello nazionale, dalla nota legge 11 febbraio 1992, n. 157. Si tratta di una legge-quadro che recepisce alcune importanti direttive comunitarie, e precisamente la 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, nonché l’85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici. Non va trascurato, inoltre che la legge citata costituisce attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503. La legge quadro del 1992, come risulta dall’art. 1, comma 3, ha affidato alle Regioni a Statuto ordinario (come la Calabria), il compito di emanare norme relative alla gestione e tutela di tutte le specie della fauna selvatica. Scopo principale della legge 157/1992 - che abroga espressamente la normativa precedente (legge 27 dicembre 1977, n. 968) garantendo una maggior tutela della conservazione della fauna selvatica rispetto alla protezione degli interessi venatori – è quello di contemperare tre diversi interessi e precisamente la tutela e la conservazione della fauna selvatica, la protezione degli interessi legati all’attività venatoria, nonché la difesa degli interessi legati alla produzione agricola. 1.1.2. Strumenti di tutela della fauna selvatica. Per realizzare le finalità della legge, essa si preoccupa di prevedere una serie di strumenti tra cui fondamentale è la cosiddetta pianificazione faunistico-venatoria, cui la legge sottopone tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale. La disciplina di questo strumento è contenuta nell’art. 10, ove si dice che il territorio di ogni regione è ripartito in tre tipologie di aree e precisamente: 2 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio a) Zone destinate a protezione: il 20/30% del territorio di ogni Regione è destinato alla protezione della fauna selvatica. La regione Calabria, con la legge n° 9 del 17 maggio 1996 comma 2 lettera a) art.5, specifica che tale quota ha al massimo un valore del 24 per cento del territorio agro-silvo-pastorale provinciale, comprendendo in essa tutte le aree ove sia comunque vietata l'attività' venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni; Il territorio di protezione comprende: le oasi di protezione destinate al rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica, le zone di ripopolamento e cattura destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l’immissione nel territorio in tempi e condizioni utili all’ambientazione fino alla ricostituzione e stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio; ed i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale per la ricostituzione delle popolazioni autoctone. b) Zone destinate a riserva - il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato (al massimo fino al 15%) a caccia riservata a gestione privata organizzata in: aziende faunistico-venatorie, in cui la caccia è consentita nelle giornate previste dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e abbattimento e in cui non è consentito immettere o liberare fauna selvatica dopo il 31 di agosto; aziende agri-turistico venatorie, ove sono consentiti l’immissione e l’abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento; centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, in cui è vietato l’esercizio dell’attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell’impresa agricola, dipendenti della stessa e persona specificamente indicate. c) Zone destinate alla gestione programmata della caccia: sulla parte restante del territorio agro-silvo-pastorale le Regioni possono promuovere forme di gestione programmata della caccia osservando sempre le finalità sopra specificate e meglio indicate nell’art. 1 della legge quadro n. 157/1992. 1.1.3. Procedura di pianificazione faunistico-venatoria. 1.1.3.1. Il ruolo della Provincia. L’Amministrazione provinciale ha il compito di predisporre, per la pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale, il piano faunistico venatorio. Esso va articolato per comprensori omogenei, deve individuare all’interno del territorio provinciale le zone a vocazione diversa e precisamente: oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, centri pubblici di riproduzione, centri privati di riproduzione, zone e periodi per l’addestramento, allenamento e gare di cani, zone destinate agli appostamenti fissi. Tutte le zone individuate dal piano devono essere indicate, a sensi del comma 9° dell’art. 10, da tabelle perimetrali, esenti da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell'ente, associazione o 3 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio privato che sia preposto o incaricato della gestione della singola zona. La delibera che determina il perimetro delle zone da vincolare va notificata ai proprietari e affittuari dei fondi rustici e pubblicata mediante affissione all’Albo Pretorio dei Comuni interessati. Ove nei 60 giorni successivi alla pubblicazione sia presentata opposizione motivata da parte dei proprietari o conduttori di fondi che rappresentino almeno il 40% della superficie complessiva che s’intende vincolare, la zona non può essere istituita. In ogni caso, a seguito dell’opposizione manifestata dai proprietari o affittuari di fondi rustici, anche nelle zone non vincolate l’esercizio dell’attività venatoria resta vietato. Il Piano deve prevedere inoltre l'individuazione delle aree idonee per l'istituzione di aziende faunistico -venatorie ed agro-turistico-venatorie; Le province predispongono altresì piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica nonchè piani d’immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e sentite le organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali, nonché i criteri per corrispondere gli incentivi a favore dei proprietari o affittuari (singoli o associati) di fondi rustici che s’impegnino alla tutela e risparmio di habitat naturali ed all’incremento della fauna selvatica. Il piano deve prevedere anche i criteri per il risarcimento del danno a favore di proprietari ed affittuari singoli o associati di fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed alle opere approntate sui fondi vincolati. Nel Piano sono presenti infine la carta delle potenzialità e vocazioni faunistiche con la mappa della distribuzione e dello status delle specie d’interesse gestionale e le norme per la regolamentazione della caccia per i non residenti nelle province interessate. 1.1.3.2. Il ruolo della Regione. Nella pianificazione faunistico-venatoria la Regione interviene in tre modi diversi, a sensi dell’art. 10, comma 10, ovvero: a) tramite il coordinamento dei piani provinciali di cui al comma 7 dello stesso art. 10, secondo criteri dei quali l’Istituto nazionale per la fauna selvatica garantisce l’omogeneità e la congruenza, a norma dell’art. 11; b) tramite l’esercizio dei poteri sostitutivi ove le Province non adempiano i loro obblighi inerenti alla pianificazione; c) con la redazione del piano faunistico Regionale di cui all’art. 10, comma 12, nonché di cui all’art. 14 della citata legge quadro n. 157/1992. Tale piano determina i criteri per l’individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. 4 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio In via eccezionale e ove ricorrano specifiche necessità ambientali, le Regioni possono disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, e l’attuazione di piani di miglioramento ambientale di cui al comma 7° dell’art. 10. In particolare, la Regione Calabria è intervenuta con la Legge Regionale 17 maggio 1996, n. 9, contenente “Norme per la gestione e tutela della fauna selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell’esercizio venatorio” (Legge Regionale n. 9/1996, come modificata dall’art. 47. comma 5 L.R. 14 luglio 2003, n. 10). In quest’ambito, di particolare interesse è l’art. 5 che prevede che Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. La Giunta regionale attua la pianificazione di cui al comma 1 mediante il coordinamento dei piani faunistici - venatori provinciali sulla base di criteri di cui l'I.N.F.S. garantisce l'omogeneità e la congruità e nel rispetto delle seguenti indicazioni: a) destinare una quota massima del 26 per cento del territorio agro-silvo-pastorale della Regione a protezione della fauna selvatica, comprendendo in essa tutte le aree ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni; b) destinare una quota massima del 15 per cento del territorio agro-silvo-pastorale provinciale ad ambiti privati di caccia, ivi compresi i centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale, le zone di addestramento e allenamento dei cani e per le zone per gare cinofile; c) promuovere sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale forme di gestione programmata della caccia; d) determinare criteri per l’individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agro-turistico venatorie e di centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale. Il piano faunistico-venatorio regionale è predisposto dalla Giunta regionale mediante il coordinamento dei piani faunistici - venatori provinciali. Il piano faunistico-venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, sentita la Consulta Faunistico Venatoria Regionale. Il piano faunistico-venatorio regionale ha durata quinquennale e può essere aggiornato anche prima della scadenza su richiesta di una o più province se le situazioni ambientali e faunistiche sulla base delle quali è stato elaborato subiscano sensibili variazioni. 1.2. Indicazioni per la predisposizione dello studio d’incidenza La citata legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, integrata dalla legge 3 ottobre 2002, n. 221, è attuativa dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE, del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale L 103 del 25.4.1979, pagg. 1–18. La direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 5 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle CE L 206 del 22.7.1992, pagg. 7– 50 è stata recepita in Italia con il DPR n. 357/1997. Le citate direttive partono dalle seguenti considerazioni di fondo: a) la salvaguardia, la protezione e il miglioramento della qualità dell'ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, costituiscono un obiettivo essenziale di interesse generale perseguito dalla Comunità conformemente all'articolo 174 (ex art. 130 R) del Trattato; b) Scopo principale della direttiva n. 92/43/CEE è, com’è noto, quello di promuovere il mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali. In questo modo il legislatore comunitario contribuisce all'obiettivo generale di uno sviluppo durevole. Il mantenimento di detta biodiversità può in taluni casi richiedere il mantenimento e la promozione di attività umane; c) Nel territorio europeo degli Stati membri, gli habitat naturali non cessano di degradarsi e che un numero crescente di specie selvatiche è gravemente minacciato; gli habitat e le specie minacciati fanno parte del patrimonio naturale della Comunità e i pericoli che essi corrono sono generalmente di natura transfrontaliera, per cui è necessario adottare misure a livello comunitario per la loro conservazione; d) Tenuto conto delle minacce che incombono su taluni tipi di habitat naturali e su talune specie, è necessario definirli come prioritari per favorire la rapida attuazione di misure volte a garantirne la conservazione; e) Per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario in uno Stato di conservazione soddisfacente, occorre designare zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario definito; f) Tutte le zone designate, comprese quelle già classificate o che saranno classificate come zone di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, dovranno integrarsi nella rete ecologica europea coerente; g) In ciascuna zona designata, occorre attuare le misure necessarie in relazione agli obiettivi di conservazione previsti; h) I siti che possono essere designati come zone speciali di conservazione sono proposti dagli Stati membri; si deve tuttavia prevedere una procedura che consenta, in casi eccezionali, la designazione di un sito non proposto da uno Stato membro che la Comunità consideri essenziale per il mantenimento di un tipo di habitat naturale prioritario o per la sopravvivenza di una specie prioritaria; i) Qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze significative sugli obiettivi di conservazione di un sito già designato o che sarà designato deve formare oggetto di una valutazione appropriata; 6 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio j) L'adozione di misure intese a favorire la conservazione di habitat naturali prioritari e specie prioritarie di interesse comunitario è responsabilità comune di tutti gli Stati membri; tali misure possono tuttavia costituire un onere finanziario eccessivo per taluni Stati membri poiché, da un lato, tali habitat e specie non sono distribuiti uniformemente nella Comunità e dall'altro, nel caso specifico della conservazione della natura, il principio "chi inquina paga" è di applicazione limitata; k) In questo caso eccezionale dovrebbe essere previsto un contributo mediante cofinanziamento comunitario entro i limiti delle risorse disponibili in base alle decisioni della Comunità; l) Occorre incoraggiare, nelle politiche di riassetto del territorio e di sviluppo, la gestione degli elementi del paesaggio aventi un'importanza fondamentale per la flora e la fauna selvatiche; m) Occorre garantire la realizzazione di un sistema di verifica dello stato di conservazione degli habitat naturali e delle specie di cui alla presente direttiva; n) E’ necessario istituire, a complemento della direttiva 79/409/CEE un sistema generale di protezione di talune specie di fauna e di flora; si devono prevedere misure di gestione per talune specie, qualora il loro stato di conservazione lo giustifichi, compreso il divieto di taluni modi di cattura o di uccisione, pur prevedendo la possibilità di deroghe, subordinate a talune condizioni; o) Per garantire il controllo dell'attuazione della presente direttiva, la Commissione europea periodicamente prepara una relazione di sintesi, basata, tra l'altro, sulle informazioni trasmesse dagli Stati membri in merito all'attuazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva; p) Il miglioramento delle conoscenze scientifiche e tecniche è indispensabile per attuare la presente direttiva e pertanto occorre di conseguenza incoraggiare la ricerca e i lavori scientifici necessari a tal fine; q) Occorre prevedere misure complementari per regolamentare la reintroduzione di talune specie di fauna e di flora indigene, nonché l'eventuale introduzione di specie non indigene; r) L'istruzione e l'informazione generale relative agli obiettivi della presente direttiva sono indispensabili per garantirne l'efficace attuazione. Tutto ciò considerato, il legislatore comunitario ha fornito, nella citata direttiva 92/43/CEE, la definizione di “Zona speciale di conservazione” (ZPS), ovvero un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato. Tali ZPS svolgono un ruolo determinante nella conservazione delle specie di avifauna migratoria. Onde rendere accettabile il disturbo causato dall’attività venatoria sulle specie citate, sono adottate misure precauzionali per evitare impatti eccessivamente devastanti, soprattutto nei periodi di migrazione prepuziale, evitando il più possibile che vi siano abbattimenti accidentali o sottrazione di zone di alimentazione e rifugio, specie nei periodi climaticamente più disagiati. 7 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 1.3. Indicazioni sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) I Piani faunistico - venatori provinciali, come tutti gli strumenti di pianificazione territoriale, devono essere assoggettati alla VAS. La strategia dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile, adottata dal Consiglio europeo di Göteborg nel 2001, ha mostrato quale elemento politico fondamentale, il fatto che tutte le politiche debbano ruotare attorno al concetto di sviluppo sostenibile. La strategia sottolineava inoltre che, per una valutazione sistematica delle proposte, era necessario disporre di migliori informazioni. La direttiva sulla VAS rappresenta uno strumento importante per fornire informazioni di questo genere, che consentano di integrare più efficacemente le considerazioni ambientali nelle proposte settoriali man mano che queste sono presentate e trovare, dunque, soluzioni più sostenibili. Prima dell’introduzione della direttiva 2001/42/CE, i progetti di rilevante entità che potevano avere un impatto sull’ambiente dovevano essere sottoposti a valutazione nell’ambito della direttiva 85/337/CEE1 concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. Tale valutazione avveniva, tuttavia, in una fase in cui le possibilità di apportare cambiamenti sensibili erano spesso limitate: le decisioni riguardo all’ubicazione del progetto o alle scelte di alternative potevano, infatti, già essere state prese nell’ambito di piani riguardanti un intero settore o un’area geografica. La direttiva 2001/42/CE sulla VAS colma questa lacuna e stabilisce che siano valutati gli effetti ambientali di un ampio ventaglio di piani e programmi, in modo che se ne tenga conto durante l’effettiva elaborazione dei piani, e che questi siano adottati a tempo debito. Inoltre, il pubblico deve essere consultato sui progetti e sulla valutazione ambientale ed occorre tener conto delle opinioni che esprime. Come indicato nel titolo della direttiva, l’obiettivo del legislatore europeo è quello di “garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione delle considerazioni ambientali nei piani e programmi sia all’atto della loro elaborazione sia all’atto della successiva adozione” (art. 1). La direttiva definisce la “Valutazione ambientale” come un processo sistematico inteso a valutare le conseguenze sul piano ambientale delle azioni proposte, delle politiche, dei piani o delle iniziative nell’ambito di programmi, al fine di garantire che tali conseguenze siano incluse a tutti gli effetti ed affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del processo decisionale e poste sullo stesso piano delle considerazioni di ordine economico e sociale. In questa ottica la VAS è da intendersi come uno strumento di supporto per le decisioni, e tutto il processo di valutazione è centrato attorno alla possibilità di migliorare la qualità della decisione. Proprio per queste ragioni va inserita nei punti strategici del processo decisionale, fermo restando la sua natura di processo valutativo. È applicata a tutti i piani e programmi elaborati per i settori: agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei 1 Direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale o direttiva sulla VIA, GUCE L175 del 5.7.1985, pag.40. 8 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio suoli, dei trasporti, ai piani e programmi elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE applicati su piccole aree o per le loro modifiche. Sono esclusi dall’applicazione di questa direttiva piani e programmi destinati a scopi di difesa nazionale e protezione civile e piani e programmi finanziari e di bilancio. La VAS riguarda i processi di formazione dei piani più che i piani in senso stretto. Si tratta quindi di uno strumento di aiuto alla decisione (DSS - Decision Support System), più che un processo decisionale in se stesso. Per definire in termini concreti la VAS occorre porre attenzione sull’aggettivo “strategico”, che la differenzia in modo sostanziale dalla VIA. Si prenda un esempio concreto: una necessità del territorio di collegamento trasporti. - La VIA si pone il problema di verificare e mitigare gli impatti ambientali rispetto ad una decisione già assunta, ad esempio di una strada che collega un punto A ad un punto B. La VAS interviene a monte, giudicando come quel collegamento possa essere “strategicamente” risolto: strada, autostrada, ferrovia, ferrovia veloce, collegamento aereo. La VAS, quindi, non è solo elemento valutativo ma “permea” il piano e ne diventa elemento costruttivo, gestionale e di monitoraggio. È importante sottolineare che i processi decisionali politici sono fluidi e continui: quindi la VAS deve intervenire al momento giusto del processo decisionale. Occorre quindi certamente approfondire gli aspetti tecnico-scientifici, ma senza perdere il momento giusto e rendendola inutile anche se rigorosa, ricordando che la VAS è uno strumento e non il fine ultimo. Sempre più, negli ultimi tempi, l’attenzione si è spostata quindi dalla metodologia all’efficacia. Come sottolinea la direttiva, la prima fase della valutazione ambientale non può prescindere dall’individuare gli interlocutori sociali (stakeholders) per poi pianificare e gestire meglio la loro partecipazione alla discussione. Prima di “entrare nel vivo” della valutazione stessa è altresì necessario analizzare il processo decisionale tramite il diagramma della decisione. In questa fase trova spazio una rassegna esaustiva delle varie fasi del processo, degli attori coinvolti e del loro titolo, per meglio individuare dove e come intervenire con le considerazioni relative alla sostenibilità. In altre parole in questa fase si descrive l’intero processo decisionale, si identificano i momenti decisionali (decision windows) e si identificano dove devono essere prese decisioni critiche con implicazioni ambientali. Successivamente si stila il rapporto ambientale, nel quale si individuano, si descrivono e si valutano gli effetti significativi che potrebbero realizzarsi con l’attuazione di un determinato piano o programma e contenente le seguenti informazioni: illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali e del rapporto con altri piani o programmi; stato attuale dell’ambiente e sua evoluzione senza il piano; caratteristiche ambientali dell’area interessata; problemi ambientali esistenti; obiettivi di protezione ambientale; possibili effetti significativi sull’ambiente (biodiversità, fattori climatici, salute umana, popolazione, flora e fauna, suolo, acqua, aria, beni materiali, patrimonio culturale, patrimonio architettonico, patrimonio archeologico, paesaggio); misure per impedire, mitigare o ridurre gli effetti negativi; sintesi dei motivi di scelta delle alternative; descrizione delle misure previste per il monitoraggio. 9 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Si costruisce così un rapporto sintetico sulle criticità dell’area o settore con dati, grafici e brevi commenti attraverso il quale il decisore dovrebbe identificare immediatamente i punti forti e deboli di un’area o settore. La successiva fase ha l’obiettivo di costruire l’albero obiettivi, azioni e indicatori per lo sviluppo sostenibile. Per quel che riguarda gli obiettivi generali di sostenibilità le organizzazioni internazionali fanno riferimento a quattro – cinque obiettivi, per orientare con maggiore precisione le scelte. Si tratta di analizzare tali obiettivi generali per evidenziare come le azioni del piano o programma permettono di raggiungerli. Per quanto riguarda gli obiettivi specifici di piano, sono proprio questi che permettono il raccordo tra azioni di piano e obiettivi generali e rivestono un ruolo centrale nella VAS. A questo punto la direttiva con l’obiettivo di concludere il processo di valutazione ambientale, per poi poter impostare correttamente il monitoraggio, descrive il rapporto ambientale che alla luce di tutte le fasi precedenti si deve andare a stilare. Il rapporto ambientale è la parte centrale della valutazione sull’ambiente richiesta dalla direttiva, che influenzerà la versione definitiva del piano o programma. Il rapporto ambientale costituisce un importante strumento per l’integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell’elaborazione e nell’adozione di piani e programmi in quanto garantisce che gli effetti significativi considerazione nel corso di sull’ambiente siano individuati, descritti, valutati e presi in tale processo. La preparazione del rapporto ambientale e l’integrazione delle considerazioni ambientali, nella preparazione dei piani e dei programmi, costituisce un processo iterativo che deve contribuire al raggiungimento di soluzioni più sostenibili nell’iter decisionale. L’ultima fase della valutazione, presa in esame dalla direttiva, riguarda il monitoraggio e il controllo degli indicatori. “Gli Stati membri controllano gli effetti ambientali significativi dell'attuazione dei piani e dei programmi al fine, tra l'altro, di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e essere in grado di adottare le misure correttive che ritengono opportune.” Il rapporto ambientale deve includere una descrizione delle misure previste per il monitoraggio. Il ruolo del monitoraggio è di poter correggere le azioni qualora non fossero raggiunti gli obiettivi; attraverso una relazione di monitoraggio si deve riportare l’analisi del grado di raggiungimento degli obiettivi, l’analisi delle risposte, l’analisi degli indicatori, l’esame degli scostamenti, l’esame del feedback, l’analisi della rete di monitoraggio, l’azioni di miglioramento. 10 Provincia di Crotone 2. Piano Faunistico-Venatorio QUADRO CONOSCITIVO 2.1 - Assetto territoriale La Provincia di Crotone si estende per 171.658 ettari, di cui 61.954 ettari di pianura, 43.768 ettari di montagna e 65.936 ettari di collina, distribuiti nei 27 Comuni. 2.1.1 Il Clima Il notevole dislivello che caratterizza il territorio della Provincia determina una certa zonazione del clima, tipicamente mediterraneo nella fascia costiera e collinare, che diventa generalmente più umido sopra i 1.000 m di altezza; la piovosità del territorio provinciale è distribuita omogeneamente nei mesi autunnali ed invernali, con massimi di precipitazione che raggiungono i 1.200- 1.300 mm annui nel piano montano e che decrescono drasticamente a 788 mm annui nella fascia costiera. La temperatura media annua varia tra i 10 °C ed i 12 °C sull’altopiano silano ed aumenta sino ad oltre 16 °C nella fascia costiera. Per la caratterizzazione climatica e bioclimatica del territorio studiato, sono stati utilizzati i dati pluviometrici e termometrici delle stazioni meteorologiche ricadenti nel territorio e sono presentati i relativi diagrammi pluviometrici. Sono state, inoltre, individuate le unità bioclimatiche in base al sistema proposto da 11 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio BIOCLIMA della provincia di Crotone FONTE: PROVINCIA DI CROTONE - PIANO DI GESTIONE ZPS “MARCHESATO - FIUME NETO” Rivas-Martinez (Rivas-Martinez, 1981; Rivas-Martinez et al.,1991), che utilizza la combinazione di due indici (l’indice di termicità e l’indice ombrotermico) e i valori delle precipitazioni medie annue 12 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio per esprimere il termotipo e l’ombrotipo di un territorio. In base a tale classificazione nel territorio indagato sono riconoscibili termotipi che vanno dal termomediterraneo al Supramediterraneo. In particolare si rilevano i seguenti termotipi (Gangale,1999): REGIONE MEDITERRANEA( Iov < 1,5): Termomediterraneo superiore (T= 16-18°C; It da 350 a 399) Il clima è caratterizzato da una spiccata aridità estiva (3 mesi), e dalle precipitazioni localizzate soprattutto nei mesi autunnali (ottobre risulta il mese più piovoso). Questo termotipo caratterizza le stazioni più termofile del territorio indagato e sul versante jonico si estende fino a circa 300 m di quota. Quest’area è caratterizzata da boschi termofili dei Quercetea ilicis; in questa fascia inoltre si rinvengono le ripisilve termofile dei Nerio-Tamaricetea. Mesomediterraneo: (T= 13-16°C; It da 349 a 210). Ricadono in questo termotipo 8 stazioni. Sul versante jonico interessa una fascia altitudinale compresa tra i 300 e i 770 m di quota. La temperatura media annua risulta compresa tra i 15° e i 12,9° C e le precipitazioni, concentrate prevalentemente nei mesi autunnali, sono comprese tra i 1044 e 1399 mm di pioggia annui. Tale fascia risulta caratterizzata da boschi mesofili dell’Erico-Quercion ilicis e, limitatamente al mesomediterraneo superiore, querceti caducifogli dei Quercetalia pubescenti-petraeae. In questa unità ricadono le stazioni di Cotronei (505 m s.l.m.) e Cerenzia (663 m ). Supramediterraneo (o Temperato oceanico di transizione) (T= 8-13°C; It da 209 a 70) In questa fascia sono comprese solo stazioni pluviometriche per cui tutti i dati termometrici sono stati dedotti utilizzando le rette di regressione di Ciancio (l.c.), che hanno permesso di individuare una fascia altitudinale compresa tra i 770 e i 1050 m di quota. Il clima è caratterizzato da un breve periodo di aridità estiva e il massimo delle precipitazioni in autunno. Le precipitazioni medie annue variano dai 1184 ai 1419 mm, e le temperature medie sono comprese tra i 10,8 e i 12,2°C. Le formazioni vegetali che caratterizzano questo termotipo sono soprattutto querceti caducifogli mesofili dei Quercetalia pubescentipetraeae e, verso il limite superiore, le pinete a pino calabro del Doronico-Fagion. Rientrano in questa fascia le stazioni di Savelli ( 964 m) e S. Giovanni in Fiore a 1050 m di quota, caratterizzata da precipitazioni medie annue di 1238 mm e temperatura media di 10.8°C. 2.1.2. GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA Dal punto di vista geologico, il territorio della Provincia di Crotone presenta una notevole varietà di tipologie, infatti, dalle rocce di origine granitica dell’altopiano della Sila si passa ad un tipo di terreno, quello vicino alla costa, di natura alluvionale con sedimenti argillosi di natura alluminosilicatica. Gran parte del territorio è compreso nel Bacino Crotonese costituito da una vasta estensione di depositi che si estendono verso est fino al mare Ionio, separati dal massiccio della Sila, ad ovest da una scalinata di faglie normali ad andamento circa N-S; il Bacino Crotonese è diviso in due grandi porzioni dall’elemento trascorrente E-O di S. Nicola dell’Alto. Nella porzione settentrionale affiorano, trasgressivi sul substrato metamorfico, depositi terrigeni di età serravalliano—tortoniana (Ogniben, 1955 e 1962), cui si intercalano estese coltri gravitative, costituite sia da litotipi del substrato cristallino (p.es. olistolite di S.Nicola dell’Alto) che da falde ad affinità liguride (p. es. “Falda” di Cariati, Ogniben, 1955). Nella porzione meridionale (Bacino 13 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio del Marchesato) sono conservati tutti i termini della successione neogerlica, che si articola in almeno sei sequenze deposizionali separate da altrettante fasi tettoniche, databili rispettivamente al Serravalliano-Tortoniano, Tortoniano superiore-Messiniano basale, Messiniano superiore, Pliocene inferiore, Pliocene medio e Pleistocene inferiore-medio. I depositi delle successioni premessiniane e messiniane affiorano estesamente nel vertice nord-occidentale del bacino del Marchesato, tra i paesi di S. Nicola dell’Alto, Cerenzia e Cotronei; in quest’area sono ubicati importanti giacimenti salini, attualmente ancora in coltivazione nell’area di Belvedere di Spinello. Verso SUD la sequenza messiniana affiora in maniera più discontinua lungo la scalinata delle grandi faglie bordiere fino alla zona di Catanzaro. 14 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio GEOLOGIA della provincia di Crotone FONTE: PROVINCIA DI CROTONE - PIANO DI GESTIONE ZPS “MARCHESATO - FIUME NETO” 15 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio I terreni infra e medio-pliocenici affiorano di prevalenza nella parte centrale del Bacino, a nucleo di strutture ad horst asimmetrico con direzione assiale SO-NE, tra cui ricordiamo la dorsale Roccabernarda-Rocca di Neto e l’alto di Scandale. L’età di queste strutture è medio-pliocenica, poiché sono ricoperte in discordanza stratigrafica dalla formazione plio-pleistocenica delle Argille di Cutro (Roda, 1964), che si estende fino al margine ionico dove raggiunge spessori superiori ai 1000 m. La sequenza sedimentaria è definitivamente chiusa all’inizio del Pleistocene medio dalla deposizione delle arenarie di S. Mauro (Di Grande, 1967) costituite da depositi litorali e deltizi 16 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio che, come in gran parte della Calabria, segnalano l’inizio dell’uplift regionale (Ferrini et al., 1997). Tali connotazioni, assieme ad una particolare condizione morfologica, hanno determinato la nascita di paesaggi di rilevante importanza paesaggistica come le pareti di roccia, i canyon, e fenomeni carsici e sabbiosi. Le grotte rappresentano la parte preponderante dei monumenti litici della provincia di Crotone, ciò grazie anche alla presenza dell’importante geosito di Verzino che consta di 8 grotte ipogee che con i suoi 2 chilometri di percorribilità attuale e per la peculiarità di essere in un ambiente gessoso (solfato di calcio) rappresentano uno dei più importanti fenomeni carsici d’Italia. Altre grotte sono situate nei comuni di Pallagorio, Cerenzia, Caccuri, Petilia Policastro e Castelsilano. Le gole, assieme alle forre, diventano una costante ambientale dominante mano a mano che ci si addentra verso la parte pedemontana dell’altopiano silano, quando cioè cambia la natura geologica del terreno che diventa roccia di tipo granitica, il resto è affidato all’azione meccanica abrasiva da parte del carico solido (massi e ciottoli) che il corso d'acqua trasporta verso valle. Tale situazione si estende e si ripete su tutto l’arco del medio alto marchesato interessando i comuni di Umbriatico, Pallagorio, Savelli, Caccuri, Castelsilano, Cotronei, Petilia Policastro e Mesoraca (dal preliminare al PTCP, 2007). Nel territorio sono compresi tre geositi che, quali elementi di pregio scientifico e ambientale del patrimonio naturalistico, rappresentano valenze di eccezionale importanza per gli aspetti paesaggistici e di richiamo culturale, didattico - ricreativi. Il geosito di Verzino si colloca nel settore nord-occidentale della Provincia di Crotone ed è compreso tra i comuni di Verzino, Castelsilano, Cerenzia, Caccuri e Belvedere di Spinello. Esso costituisce, per diversità di forme carsiche e superficiali e sviluppo di sistemi ipogei, uno dei più importanti sistemi carsici in gessi d’Italia e presenta, infatti, numerose grotte, sorgenti di acqua sulfurea e sezioni stratigrafiche di particolare interesse geologico. Il geosito di Zinga, si interseca con il geosito di Verzino e comprende l’area tra il centro abitato dell’omonima località e monte Russomanno nella media Valle del Fiume Vitravo e, rappresenta per peculiarità morfologiche, strutturali stratigrafiche e sedimentologiche un geosito unico. E’ importante rilevare infatti lo spettacolare anticlinale di Russomanno, con la curvatura degli strati rocciosi che presenta la convessità verso l'alto; i diapiri, manifestazioni di risalite saline che grazie alla loro bassa densità intrudono lo strato roccioso; le doline, depressioni imbutiformi prodotte dalla dissoluzione della roccia per opera delle acque piovane; anche qui le sorgenti di acqua naturale e sulfurea. Le peculiarità geologiche del Marchesato crotonese oltre a dare origine a elementi fisiografici di indubbio valore paesaggistico sono anche alla base della ricchezza di risorse minerarie di quest’area: ricchi giacimenti di metano presso Crotone, presenza di miniere per l’estrazione di salgemma e zolfo nella media valle del Neto. Nella tabella seguente sono riportate le principali caratteristiche minerarie di località incluse nel territorio della provincia di Crotone. Il terzo geosito, detto di Vrica, si colloca nel settore sud-orientale della provincia di Crotone; qui il territorio, che è di tipo collinare, è caratterizzato da superfici pianeggianti delimitate da scarpate che si raccordano ad un versante con una tipica morfologia a calanchi, ed i sedimenti affioranti 17 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio sono costituiti da argille marnose siltose grigie azzurre ricche di fossili depositatesi durante il Pliocene. Perciò il geosito di Vrica è la testimonianza di due ere geologiche ed ecco quindi la ragione della sua notevole importanza. Anche il sottosuolo gioca la sua rilevante parte tra le componenti geolitologiche di questo territorio. E’ infatti ormai comprovata dagli anni 70 la presenza nel sottosuolo, presso Crotone, di ricchi giacimenti di metano ed inoltre la presenza di miniere per l’estrazione di salgemma e zolfo nella media valle del Neto. La maggior parte dei pozzi metaniferi (per la precisione tre) sono tutti concentrati in mare antistante alla costa della città di Crotone, mentre uno è situato nella parte sud del promontorio di Capo Colonna. I dati dell’ENI, società italiana del settore energetico, rivelano che dai giacimenti di Crotone è estratto, attraverso piattaforme marine, il 16% della produzione nazionale di metano, attestando la città capoluogo tra le prime produttrici in Italia del prezioso gas. I pozzi, tutti collegati tra loro, convogliano il metano alle varie centrali che a loro volta lo immettono sulla rete nazionale di distribuzione. Nell’entroterra, precisamente tra i comuni di S. Nicola dell’Alto e Strongoli, si trovano solfare, ovvero miniere di zolfo ormai non più utilizzate in quanto diseconomiche. Una miniera per l’estrazione di Salgemma si trova nel territorio del comune di Belvedere Spinello in località Timpa del Salto ed in merito negli ultimi tempi sono state sollevate delle osservazioni sugli effetti ambientali derivanti dalla subsidenza della miniera stessa. Un salinodotto consente di trasportare il materiale estratto ad uno stabilimento nel comune di Cirò Marina che, dopo determinati processi chimici, lo trasforma in cloruro di sodio iperpuro e da un pontile, che si trova nei pressi dello stabilimento stesso, è stivato in delle navi per la distribuzione. 18 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PRINCIPALI RISORSE MINERARIE NELLA PROVINCIA DI CROTONE 2.1.3. Rete idrografica e qualità delle acque Dal punto di vista delle risorse idriche, il contesto territoriale è caratterizzato dalla presenza di due importanti corsi d’acqua, i fiumi Neto e Tacina, ai cui bacini idrografici si aggiungono quelli dei loro affluenti e di altri torrenti minori. Ad esclusione del Neto, tutti gli altri fiumi hanno un carattere torrentizio con piene e secche che si alternano in funzione delle stagioni. A tal proposito va precisato che, nonostante lo sviluppo poco significativo dei suddetti torrenti, essi presentano alvei abbastanza ampi dovuti alle piene che si verificano durante le stagioni delle piogge. Si segnala la presenza nella provincia di Crotone di due laghi che sono il S.Anna e l’Ampollino. 19 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio IDROGRAFIA della provincia di Crotone FONTE: PROVINCIA DI CROTONE - PIANO DI GESTIONE ZPS “MARCHESATO - FIUME NETO” Delle risorse idriche fanno anche parte, oltre alle sorgenti dei principali torrenti succitati, le acque sulfuree ricadenti nei comuni di Pallagorio, S. Nicola dell’Alto, Casabona, Caccuri, Cotronei e Petilia Policastro (dal preliminare al PTCP, 2007). 20 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio I principali laghi individuati sono due: il lago Ampollino e il lago di S. Anna. La storia del lago Ampollino è legata agli anni del primo dopoguerra infatti dal 1920, in Sila, sono stati creati dei laghi artificiali che si sono perfettamente integrati nel contesto ambientale circostante. Nati per lo sfruttamento idroelettrico dei corsi d'acqua silani, questi invasi, hanno finito per acquisire una notevole valenza paesaggistica dando un’identità specifica al territorio. Il lago Ampollino, nato nel 1926, raccoglie le acque del fiume omonimo, è circondato dai monti Scorciavuoi, Gariglione, Zingomarro e Monte Nero. Il versante sud ricade nel territorio comunale di Cotronei ed è proprio in questa parte che sono nati importanti villaggi turistici come Trepidò e Palumbosila. Lo sbarramento che ha originato il lago è una diga posizionata all’estremità est alta circa 39 metri e si trova a 1.271 metri s.l.m. e può raccogliere circa 68 milioni di mc d'acqua. Il lago di S. Anna, che ricade ai margini tra il territorio di Cutro e quello di Isola Capo Rizzuto, si configura come un modesto invaso di origine lacustre situato sul limite nord del pianoro di S. Anna – Rosito. Dopo la riforma agraria per risolvere i problemi derivanti dalla siccità durante le stagioni estive sono stati realizzati un gran numero di laghi e invasi artificiali collegati a un complesso sistema irriguo di canali per permettere un utilizzo dei terreni più aridi a fini agricoli, fra questi vi è appunto il lago di S. Anna che negli ultimi decenni è stato oggetto di importanti lavori di manutenzione finalizzati ad un suo potenziamento per la pratica agricola dei terreni del basso Marchesato. La parte più consistente delle risorse idriche della provincia è costituita da fiumi, torrenti e sorgenti. Tolto il Neto tutti gli altri fiumi hanno un carattere pressoché torrentizio con piene e secche che si alternano in funzione delle stagioni. Idrografia di superficie Torrente Lipuda. Posto nella parte più settentrionale della Provincia di Crotone, il Torrente Lipuda ricade anche nella ZPS Marchesato – Fiume Neto nel tratto iniziale del suo bacino idrografico. Si origina tra il Monte Mazzagullo (696 m s.l.m.) e il Cozzo Perticara (709 m s.l.m.), costeggia il comune di Umbriatico e sfocia a 2 Km a sud di Cirò Marina. Fiume Neto. Il fiume Neto ha origine dalle falde del Timpone Sorbello (1850 m s.l.m.) in provincia di Cosenza; ha una lunghezza di circa 90 Km, con una portata media misurata alla foce di 15 mc/s ed una pendenza media del 3%. Secondo fiume della Calabria dopo il Crati, il suo bacino idrografico, con un’ampiezza complessiva di 1078 Km2, è però il più vasto della regione. Lungo il suo percorso riceve le acque di diversi tributari, due dei quali, il Vitravo e il Lese. Le sue acque sono intensivamente sfruttate a scopi irrigui e per la produzione di energia elettrica. Sfocia nel Mar Ionio tra i comuni di Strongoli (loc. Fasana) e Crotone (loc. Cannonieri). L’ultimo tratto della su asta fluviale, un tempo linea di confine tra i due comuni, ricade attualmente nel solo comune capoluogo. Vengono di seguito riportate le caratteristiche altimetriche e di superficie del bacino e dei sottobacini del Neto. 21 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Caratteristiche del bacino e sottobacini del fiume Neto Fiume Tacina Ha origine dal Timpone Morello (1665 m s.l.m.) nella provincia di Catanzaro. Lungo 65 Km, con un bacino idrografico complessivo di 426 Km2, è il secondo fiume della provincia di Crotone. Riceve le acque dei due principali affluenti, il torrente Soleo e il torrente S. Antonio. Sfocia nel Golfo di Squillace in località Steccato di Cutro, 2 Km a est dell’abitato di Botricello. Nel suo tratto montano, il Tacina presenta pesanti interventi di derivazioni delle sue acque, destinate alla produzione di energia elettrica nelle centrali di Orichella, Timpa Grande e Calusia. Ulteriori derivazioni, nel settore pedemontano-vallivo, hanno ridotto gravemente le portate del Tacina e del Soleo, con gravi ripercussioni ambientali e di natura igienico-sanitaria. Vengono di seguito riportate le caratteristiche altimetriche e di superficie del bacino e dei sottobacini del Tacina. 22 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Caratteristiche bacino e sottobacini del fiume Tacina Qualità biologica e sfruttamento dei corsi d’acqua. Studi condotti nel 2002 da un equipe di ricercatori universitari (Gallo et al., 2003) hanno mostrato significative correlazioni tra lo stato delle comunità macrobentoniche fluviali e lo sfruttamento antropico dei principali bacini idrografici della provincia di Crotone. Questi ultimi si caratterizzano (come risultato dai sopralluoghi eseguiti in loco) per la presenza di aree ad elevata naturalità nelle zone montane, e di attività umane a potenziale impatto sull’ambiente in quelle vallive. Tra queste vanno menzionate l’escavazione degli alvei per l’estrazione di inerti e l’utilizzo agricolo del territorio. Lo studio ha previsto prelievi faunistici in 22 stazioni scelte sui fiumi Neto e Tacina e sugli affluenti Lese, Vitravo e Ampollino del primo e Soleo e S. Antonio del secondo. Si è proceduto, quindi, al calcolo dell’Indice Biotico Esteso (I.B.E.) ed alla valutazione della struttura trofico-funzionale, della ricchezza e dell’abbondanza dei taxa presenti. Tralasciando il dettaglio dei dati strettamente biologici, vengono di seguito riportati i risultati del suddetto studio, con particolare riferimento agli effetti dell’azione antropica sulla fauna campionata nel periodo V-VI e X-XI 2002. Neto e suoi affluenti (escluso Ampollino) Nel primo campionamento il fiume Neto presenta una chiara compromissione monte-valle della qualità biologica delle sue acque. La stazione più a monte mostra un elevato valore di naturalità (I.B.E.) mentre, tra quelle più a valle, le ultime tre appaiono pesantemente impattate dai reflui associati all’attività di silos, cementifici ed industrie agroalimentari. Ciò è testimoniato dalla massiccia presenza di microrganismi associati a condizioni di degrado ambientale. In questa stesse stazioni, nel secondo campionamento, realizzato dopo un periodo a moderata piovosità, aumentano gli organismi filtratori, anch’essi “indicatori” di una certa compromissione, tra cui alcune specie resistenti all’inquinamento organico. Il fiume Vitravo, ad eccezione della prima stazione, mostra gravissimi segni di alterazione riconducibili a processi di deviazione del corso e di captazione delle acque a scopo irriguo che determinano un regime idrologico inferiore a quello del Deflusso Minimo Vitale. Il protrarsi di tale condizione fino al mese di novembre genera effetti di anaerobiosi che di fatto riduce la comunità macrobentonica a pochissimi organismi estremamente tolleranti. Situazione simile a quella del Neto si presenta per 23 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio il fiume Lese, con aumento verso valle di organismi associati a condizioni di degrado e inquinamento delle acque. Tacina e suoi affluenti Per quanto riguarda il fiume Tacina, la stazione di monte, collocata a valle di una diga, appare chiaramente risentire dell’attività di quest’ultima in termini, ad esempio, di alterazione del chimismo delle acque da essa rilasciate. Più a valle si notano effetti riconducibili alla riduzione della portata, per captazione di acqua ad uso potabile ed irriguo e per attività agricole ed industriali. Ad esempio, nella terza stazione, in autunno, si trovano abbondanti organismi associati a condizioni di inquinamento organico e tracce di un deposito oleaginoso probabilmente dovuto allo sversamento di un frantoio a monte. I fiumi Soleo e S. Antonio, nel tratto superiore, presentano condizioni di elevata integrità ambientale, testimoniata dalla presenza di una comunità macrobentonica caratterizzata da numerosi organismi utilizzatori della lettiera vegetale. Nei tratti inferiori si nota lo sviluppo di una moderata alterazione associabile alle attività agricole ivi esercitate oltre che, nel caso del S. Antonio, a lavori di regimentazione idraulica. Nel complesso, tanto il Neto quanto il Tacina, mostrano palesi segni di alterazione delle comunità macrobentoniche. Tra i sottobacini quello del Vitravo risulta il più compromesso per le sistematiche e macroscopiche captazioni a scopo irriguo (Gallo et al., 2003). 24 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 25 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 26 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.4 SISTEMA AGRO FORESTALE Oggi il territorio costituisce un sicuro fattore di sviluppo della nostra Provincia, perciò va salvaguardato ed utilizzato in modo molto efficace. La sua gestione, pertanto, è un fattore strategico, per tutte le azioni programmatiche, è rappresenta uno dei momenti più qualificanti della pianificazione territoriale provinciale. In una realtà economica sociale ed ambientale, come quella Crotonese, la gestione del territorio và incentrata sul concetto di sviluppo sostenibile, inteso come “sviluppo economico sostenibile con le esigenze ambientali”. La gestione del territorio, quindi, comporta l’individuazione di un insieme coordinato di interventi che valorizzino le risorse agronomiche, forestali, naturali, culturali ed umane, consentendo nel contempo un miglioramento dell’ambiente, come indicato nelle Linee guida regionali. L’agricoltura in provincia di Crotone si presenta come uno dei settori produttivi più rilevanti dal punto di vista economico e di gran lunga il più presente nella copertura territoriale, questo non nasconde tuttavia tanti e vari problemi ancora irrisolti che pesano nelle responsabilità di quanti si occupano della materia cioè istituzioni, imprese, organizzazioni agricole. Il momento che attraversa l’agricoltura è difficile e solo se si sa dove si vuole andare è possibile fare delle scelte consapevoli, altrimenti si subiscono gli eventi. La pianificazione del territorio agricolo pertanto deve avere come obiettivo non solo il corretto uso ed edificabilità dei suoli ma deve anche programmare lo sviluppo economico favorendo in particolare la permanenza della popolazione nelle zone agricole e rurali, anche attraverso la creazione di condizioni adeguate alle esigenze sociali. Tali esigenze possono essere soddisfatte solo attraverso la realizzazione di adeguate infrastrutture nelle aree agricole per favorire uno sviluppo integrato del territorio (viabilità rurale, elettrificazione rurale e rete wireless). Si deve puntare sull’innovazione, sulla certificazione del processo e sulla sicurezza del prodotto per quanto riguarda l’agricoltura intensiva, sulla commercializzazione, qualità e la formazione per le produzioni tipiche, sul legame azienda/prodotto/territorio, sull’uso integrato delle risorse disponibili (agricole, ambientali e storico- culturale) e sulla diversificazione delle attività (agricoltura, artigianato, agriturismo) per creare nuove opportunità, aspetto interessante, soprattutto, per le imprese agricole che operano nelle aree interne e più svantaggiate, dove è più accentuato il fenomeno dello spopolamento. Diventa necessario esaltare la cultura d’impresa e favorire il ricambio generazionale e l’insediamento di imprenditori agricoli con adeguata formazione professionale, garantendo ai giovani non solo l’insediamento ma anche la permanenza. E' necessario, inoltre, un adeguamento a migliori standard tecnico-economici delle dimensioni medie aziendali attraverso adeguate misure politiche mirate alla ricomposizione fondiaria. Occorre mettere in atto politiche mirate alle effettive esigenze del territorio, diversificate a seconda delle caratteristiche zonali (zonizzazione, vocazionalità, tipicità), valorizzando, quindi, quelle produzioni tipiche e di pregio che imprimono una forte caratterizzazione al territorio. Oggi, è necessario e maturo, adottare tecniche produttive eco-sostenibili, sia per la salvaguardia dell’agroecosistema che della fertilità del suolo, pertanto 27 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio occorre incentivare una agricoltura che rispetti l’ambiente, come quella integrata e soprattutto biologica, che può diventare fonte di reddito primario per le miriadi di piccole aziende che caratterizzano il tessuto agricolo Crotonese. Oggi, il mondo ha fame di energia, pertanto, va incentivata la produzione di energia “pulita” attraverso lo sfruttamento delle biomasse forestali e la produzione di “biodiesel”, che permetterebbe di sfruttare terreni agricoli marginali ormai abbandonati e preservare l’ampie aree boschive. Và fatto un recupero funzionale e formale dei manufatti rurali preesistenti (che potrebbero fornire ospitalità) e storici (Masserie, mulini ad acqua, borghi rurali, ecc.) in modo da incentivare il turismo rurale. Una attenzione particolare deve essere posta al patrimonio boschivo, che va visto come una risorsa di inestimabile valore ambientale e produttivo, in quanto ha funzione paesistico-ambientale (caratterizzano fortemente il territorio), turistico-ricreativa (sono molto graditi e frequentati dal pubblico), funzione protettiva (è importante per la conservazione del suolo), funzione produttiva (sono in grado di produrre elevate masse legnose o di altri prodotti). A tale proposito, anche l’ampia area boschiva può essere sfruttata per fini turistici, ma anche produttivi in riferimento alla produzione di biomasse sfruttabili per la produzione di energia. Oggi, più che mai, è necessario mettere l’impresa agricola e l’imprenditore al centro di tutti i processi che si attivano, quelli che riguardano gli aspetti produttivi, la sicurezza alimentare, la salute, l’ambiente, le scelte di programmazione territoriale. Accrescere la competitività delle imprese agricole, mantenere la coesione dei sistemi socioeconomici territoriali e favorire la salvaguardia delle risorse ambientali sono gli obiettivi che bisogna porsi per la pianificazione del territorio agro – forestale. In questa direzione la figura dell’imprenditore agricolo è qualcosa di più e di diverso da quella di qualche anno fa. Un significativo aiuto viene dalla nuova definizione di imprenditore agricolo introdotta dal Decreto legga 228/01 che ha modificato l’art.2135 del c.c. Accanto ad un’agricoltura volta a produrre prodotti di qualità, oggi abbiamo un’agricoltura orientata a produrre prodotti tipici, che fa della sua specificità territoriale il suo maggior punto di forza, e un’agricoltura il cui reddito si intreccia, con altre attività, ma che sempre e comunque svolge un ruolo di primaria importanza per il presidio del territorio e per il mantenimento dell’equilibrio sociale ed ambientale. Sono questi nuovi obiettivi unitamente ad una rinnovata coscienza della società civile, che rivolge in misura sempre maggiore la propria attenzione allo sviluppo delle aree rurali e alla ricerca della genuinità dei prodotti, sono i punti cardine per il rilancio dell’economia di tali aree. In questo contesto il futuro del territorio è nelle mani dell’agricoltore il quale sarà il primo promotore dello sviluppo rurale. Grazie a tale cambiamento oggi l’imprenditore agricolo è colui che si occupa non solo della coltivazione del fondo, della selvicoltura o dell’allevamento di animali curando l’intero ciclo, ma anche colui che si occupa di salvaguardare l’ambiente in cui opera. L’imprenditore agricolo, quindi, assume un ruolo polivalente che va 28 oltre la semplice produzione di derrate. Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio L’imprenditore, oggi, può e deve fornire servizi alla pubblica amministrazione ed alla società civile. Nello stesso tempo l’economia rurale deve avere un impostazione plurisettoriale al fine di diversificare le attività, creare nuove fonti di reddito e di occupazione e proteggere il patrimonio rurale. Come l’agricoltura è stata in origine il motore dello sviluppo economico-sociale, del benessere diffuso, così non potrà esserci uno sviluppo futuro di qualità senza uno spazio agricolo ed un’imprenditoria agricola moderna. L’agricoltura è lo strumento centrale per la sicurezza del territorio, la vivibilità dell’ambiente, il riequilibrio faunistico, la salubrità degli alimenti e la qualità della vita dei cittadini. Proprio nella sicurezza del territorio e nella salvaguardia dell’ambiente stanno la nuova frontiera e le nuove opportunità per l’impresa agricola. L’agricoltura è per la società lo strumento per garantirsi queste essenziali componenti della qualità della vita. IL SETTORE AGRICOLO Il settore agricolo, riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo socio-economico della provincia di Crotone. Il tessuto imprenditoriale crotonese, infatti, risulta incentrato sull’agricoltura. delle imprese attive all’agricoltura, media crotonesi nella provincia, infatti, appartiene una quota molta più alta rispetto alla nazionale demografico Quasi il 31% (Polos 2006) delle (17%). Se imprese, si si analizza nota l’andamento che le imprese sono cresciute del 58%. Dietro tali dati di sintesi ci celano differenze sostanziali a livello settoriale. Basti pensare che nel settore agricolo tale aumento è stato pari al 324,7 %, con uno stock di imprese che si è triplicato nel decennio 1996-2006 (Polos 2006 CCIAA Crotone). L’agricoltura inoltre sta diventando sempre più “rosa”. Uno dei settori privilegiati, infatti, dalle donne imprenditrici, secondo solo al commercio, è l’agricoltura con il 18,8% di aziende al femminile. Ma l’agricoltura, oltre a un importante ruolo economico, riveste un ruolo attivo, oramai riconosciuto anche dall’Unione Europea, per la salvaguardia dell’ambiente e in particolare degli ecosistemi naturali, agricoli e forestali. L'agricoltura crotonese, dal punto di vista strutturale, è caratterizzata dai seguenti elementi: -Superficie totale aziendale Ha 114.215,58 -Superficie agricola utilizzata (SAU) Ha 84.257,94 -Aziende agricole n. 18.595 29 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab. n°1 Aziende e ripartizione dei terreni agricoli per provincia Aziende Sup. PROVINCE N Crotone SAU Ha Tot. Ha 18.595 114.21 84.258 Media aziendale 6,14 4,53 Fonte dati ISTAT Anno 2000 – 5° Censimento dell’agricoltura Analizzando i dati statistici si nota che negli ultimi anni i suoli agricoli hanno subito un continuo “consumo” . Infatti, da un confronto dei dati degli ultimi due censimenti (1990-2000) risulta che nell’ultimo decennio la SAU totale è diminuita di circa il 18%, la più alta tra le province calabresi. Tab. n° 2 Consumo dei suoli agricoli SAU Totale 1990 2000 Diff. Ha % 102.605 84.258 18.347 -17,9 Dall’analisi dei dati ISTAT (5° Censimento dell’agricoltura) il settore agricolo crotonese risulta molto polarizzato per la presenza di aziende di piccole e di grandi dimensioni mentre sono poco rappresentative quelle di medie dimensioni che costituiscono l’ossatura centrale di altre realtà agricole più evolute. Infatti il 35% delle aziende hanno meno di 1 ettaro di SAU, con un grado di copertura pari soltanto al 2,6% della superficie totale e al 3,8% della SAU complessivamente rilevate Provincia. La quota sale al 80,9% nella se si considerano le aziende con meno di 5 ettari, cui corrisponde il 20,3 % della superficie totale e il 27,0% della SAU. Viceversa le aziende con oltre 20 ettari di SAU sono 606 e, pur rappresentando solo il 3,25% del totale,coprono il 54,5% della superficie totale e il 44,7% della SAU. 30 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab. n°3 Aziende per classe di superficie agricola utilizzata CLASSI DI SAU N % Sup. % SAU % Tot. Ha Senza SAU 82 0,44 0 0 Meno di 1 ettaro 6599 35,50 2996 2,63 3215 3,82 Da 1 a 2 ettari 3863 20,77 5086 4,46 5240 6,23 Da 2 a 5 ettari 4573 24,60 15050 13,18 14268 16,93 Da 5 a 10 ettari 2149 11,55 16489 14,44 14331 17,00 Da 10 a 20 ettari 723 3,89 12335 10,78 9538 11,32 Da 20 a 50 ettari 377 2,02 12949 11,34 11478 13,62 Da 146 0,78 10818 9,47 10317 12,24 100 ettari e oltre 83 0,45 38491 33,70 15871 18,84 TOTALE 18595 100,00 114214 100,00 84258 100,00 50 a 100 ettari Fonte dati ISTAT Anno 2000 – 5° Censimento dell’agricoltura 31 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 32 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab. n° 4 Aziende e relativa superficie totale per classe di SAT e SAU di SAU di Classi ANNI DI CENSIMENTO superfici 2000 e totale 1990 Aziende Superficie Classi di 1982 Aziende Totale Superficie Aziende Totale Superficie Totale SAU CLASSI DI SUPERFICIE Senza 1 - 12 - 14 - Meno di 1 6.067 2.996,32 3.112 1.497,46 2.752 1.311,26 un– 2 1 3.711 5.086,09 2.800 3.750,04 2.583 3.461,61 2–3 2.179 5.206,58 2.186 5.147,72 2.043 4.805,12 3–5 2.560 9.843,95 3.000 11.411,93 3.223 12.265,72 5 – 10 2.442 16.488,86 3.446 23.139,35 3.910 26.191,28 10 – 20 921 12.335,08 1.192 15.740,91 1.233 16.096,70 20 – 30 239 5.718,82 268 6.370,52 260 6.140,91 30 – 50 188 7.230,68 226 8.442,79 226 8.379,58 50 – 100 158 10.818,18 173 11.900,22 150 9.914,81 100 e oltre 129 38.491,42 151 41.820,93 172 53.852,68 18.595 114.2145, 16.566 Totale CLASSI DI SAU 142.419,67 9.036,17 89 2.689,16 110 13.069,09 SAU Meno di 6.599 4.098,16 3.570 2.491,24 3.267 2.477,11 un– 2 1 3.863 6.522,33 2.946 4.986,07 2.740 5.666,77 2–3 2.162 6.059,87 2.297 6.464,09 2.177 6.354,63 3–5 2.411 10.505,07 2.917 12.680,47 3.165 13.849,82 5 – 10 2.149 16.474,94 3.101 22.977,25 3.400 24.463,93 10 – 20 723 11.464,64 943 13.851,47 1.018 15.036,18 20 – 30 210 6.073,51 234 6.882,79 225 5.954,21 30 – 50 167 10.584,65 189 8.063,74 207 10.704,63 50 – 100 146 14.213,70 169 18.981,07 130 9.665,97 100 e 83 19.182.94 111 29.154,52 127 35.177,33 18.595 114.215,98 129.221,87 16566 Senza 82 129.221,52 16.566 98 oltre Totale 16.566 33 142.419,67 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab. n° 5 - Aziende e relativa superficie investita per le principali coltivazioni praticate (superficie in ha) ANNI DI CENSIMENTO SUPERFICIE MEDIA 2000 COLTIVAZIONI 1990 Superfici 1982 Superfici AZIENDALE Superfici SEMINATIVI Aziend e Aziend e Aziend e 200 199 1982 e e e 0 0 9.127 42.863,4210.834 59.101,8311.192 60.126,934,7 4,46 5,37 Cereali 6.656 Frumento tenero 566 Frumento duro 5.283 Orzo 826 1.850,63 761 2.245,39 2.012 4.754,14 2,24 2,95 2,36 Granoturco 186 650,09 159,29 670,69 3,5 4,08 3,24 Riso - - - - - - - Legumi secchi 186 418,51 286 465,39 1.113 1.895,84 2,25 1,63 1,7 Patata 44 9,93 16 6,77 67 64,94 Barbabietola 32660,14,8.963 45.086,519.719 47.409,814,91 5,03 4,88 2.681,85 387 1.560,03 1.104 3.621,22 4,74 4,03 3,28 26.141,848.330 40.102,048.541 36.589,604,95 4,81 4,28 39 207 - - 0,23 0,42 0,97 da zucchero Piante industriali 234 1.252,10 720 4 28,74 Ortive 1.054 2.208,21 1.656 Foraggere 238 2.362,96 6 204 avvicendate COLTIVAZ. 2.796,89 798 2.900,86 5,35 3,88 3,64 39,88 141,50 12 7,12 6,65 11,8 2.767,10 1.941 2.155,45 2,1 1,67 1,11 1.313,53 669 2.642,09 9,93 6,44 3,95 LEGNOSE 13.268 24.910,52 11.433 22.816,63 12.414 25.527,60 1,88 2 Vite 3.592 3.302,14 5.168 4.465,29 8.310 7.128,28 0,92 0,87 0,86 1.741 2.064,80 1.426 2.057,53 4.374 4.124,68 1,19 1,44 0,94 per altri vini 1.856 1.229,87 3.756 2.424,72 4 2.908,33 0,66 0,65 0,71 per uva da tavola 17 4,29 2,01 80,82 Olivo 11.287 18.762,279.162 15.225,299.000 15.098,651,66 1,66 1,68 Agrumi 1.238 1.522,85 1.194 1.719,91 914 973,78 Fruttiferi 796 1.291,44 771 1.330,89 634 1.025,73 1,62 1,73 1,62 Vivai 11 27,16 30,92 46,26 2.334 16.484,00 1.979 per vini DOC e 2,06 DOCG 4 6 81 19 0,25 0,5 1 1,23 1,44 1,07 2,47 5,15 2,43 Prati Permanenti 20.686,64 2.136 22.905,18 7,06 10,5 10,7 e Pascoli S.A.U. 18.513 84.257,94 16.477 102.605,1 16.456 108.559,7 4,55 6,23 6,6 ARB. DA LEGNO 479 1.621,77 - - - - 3,39 - 165,64 24 89,81 4,34 4,6 3,74 36 - di cui pioppeti 34 147,55 BOSCHI 1.767 22.452,922.325 18.573,521.545 26.085,0212,7 7,99 16,9 NON 2.545 4.324,42 2.921 4.237,35 3.520 5.941,57 1,7 1,45 1,69 SUPERFICIE AGRARIA UTILIZZATA ALTRA SUPERFICIE 3.988 1.558,93 6.151 3.640,26 4.080 1.743,56 0,39 0,59 0,43 SUPERFICIE TOTALE18.594 114.215,9 16.554 129.221,8 16.552 142.419,6 6,14 7,81 8,6 8 7 7 34 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab. n°6 - Aziende per classe di SAU e comuni CLASSI DI SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA (in ettari) COMUNI 20 -30 181 40 16 14 3 3 583 87 30 11 6 5 1 418 65 94 36 12 5 3 262 178 283 132 34 13 6 806 62 56 56 26 10 13 2 1 226 109 56 42 11 2 1 4 1 226 5 10 123 203 184 90 47 158 Castelsilano Cerenzia Belvedere di Spinello Caccuri 4 Carfizzi Casabona 2 100 30- 50- e 50 100 oltre Totale - 10 20 Senza Meno di 1 2-5 superficie Ciro' 2 272 161 128 29 22 12 4 4 634 Ciro' Marina 1 453 245 133 43 18 15 5 4 917 Cotronei 5 678 191 89 21 13 15 9 1.021 Crotone 9 320 435 667 232 72 38 16 13 1.802 Crucoli 2 178 87 104 56 23 27 6 7 490 Cutro - 29 108 359 463 107 30 7 6 1.109 Isola di Capo Rizzuto 16 697 481 404 315 70 14 12 2 2.011 Melissa 7 187 137 192 61 34 18 4 - 640 Mesoraca 2 944 244 168 41 24 14 7 3 1.447 Pallagorio 4 122 88 125 65 22 14 3 1 444 Petilia Policastro 6 1.038 265 174 64 29 26 9 6 1.617 Roccabernarda 1 165 111 169 50 21 11 3 5 536 Rocca di Neto - 135 147 236 57 12 8 2 2 599 San Mauro M. 1 27 47 161 79 33 10 3 4 365 San dell'Alto - 148 48 38 9 3 - 1 - 247 Santa Severina 3 96 61 96 32 19 5 1 - 313 Savelli 1 79 30 6 2 - 1 - 1 120 Nicola Scandale 7 88 105 195 66 18 12 3 1 495 Strongoli 8 112 109 237 113 59 39 17 6 700 Umbriatico - 4 5 36 21 12 9 7 6 100 Verzino 1 144 110 113 55 27 7 5 5 TOTALE 82 6.599 3.863 4.573 2.149 723 377 146 83 35 467 18.595 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab. n°7 - Incidenza percentuale sul totale delle aziende COMUNI CLASSI DI SAU (in ha) Totale % fino a 5 tra 5 e 10 oltre 10 86,96 6,86 6,17 100,00 Caccuri 87,32 7,18 5,50 100,00 Carfizzi 78,63 13,74 7,63 100,00 Casabona 77,05 16,38 6,58 100,00 Castelsilano 76,99 11,50 11,50 100,00 Cerenzia 91,59 4,87 3,54 100,00 Ciro' 88,80 4,57 6,62 100,00 Ciro' Marina 90,73 4,69 4,58 100,00 Belvedere di Spinello Cotronei 94,32 2,06 3,62 100,00 Crotone 79,41 12,87 7,71 100,00 Crucoli 75,71 11,43 12,86 100,00 Cutro 44,72 41,75 13,53 100,00 Isola di Capo Rizzuto 79,46 15,66 4,87 100,00 Melissa 81,72 9,53 8,75 100,00 Mesoraca 93,85 2,83 3,32 100,00 Pallagorio 76,35 14,64 9,01 100,00 Petilia Policastro 91,71 3,96 4,33 100,00 Roccabernarda 83,21 9,33 7,46 100,00 Rocca di Neto 86,48 9,52 4,01 100,00 San Mauro M. 64,66 21,64 13,70 100,00 San Nicola dell'Alto 94,74 3,64 1,62 100,00 Santa Severina 81,79 10,22 7,99 100,00 Savelli 96,67 1,67 1,67 100,00 Scandale 79,80 13,33 6,87 100,00 Strongoli 66,57 16,14 17,29 100,00 Umbriatico 45,00 21,00 34,00 100,00 Verzino 78,80 11,78 9,42 100,00 36 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio zootecnia Il patrimonio zootecnico crotonese, anche se piccolo, ha subito negli ultimi decenni un profondo mutamento. Negli anni si è assisto ad un continuo calo del numero di aziende: nell’arco di un ventennio si sono persi due terzi delle aziende zootecniche e di conseguenza anche il numero di capi, tanto che si è passati dai 1.801.123 capi del 1982 ai 949.328 del 2000. Tab n°8 – Aziende con allevamenti SPECIE BESTIAME AZIENDE ALLEVAMENTI BOVINI BUFALINI DI ANNI DI CENSIMENTO 2000 CON E 1990 1982 Aziende Capi Aziende Capi Aziende Capi 1.075 - 1.428 - 3.353 - 422 13.881 567 22.527 826 23.444 Vacche da latte 52 1.090 270 5.106 409 5.516 OVINI 256 37.031 323 45.059 258 23.678 Pecore 236 33.904 320 42.526 258 18.507 CAPRINI 233 17.865 415 26.334 361 12.330 Capre 209 14.236 413 24.586 356 10.047 EQUINI 226 510 373 777 986 2.710 SUINI 376 5.907 605 11.840 2.183 11.223 Scrofe 48 1.148 83 1.362 241 647 CONIGLI 84 23.903 56 2.576 125 2.708 Fattrici 64 5.607 49 902 79 1.277 ALLEVAMENTI AVICOLI 320 397.123 236 101.472 935 844.518 555.624 Polli da carne 161 44.509 80 32.654 282 Galline da uova 276 101.657 221 67.997 814 288.225 Altri avicoli 69 250.957 46 821 94 669 TOTALE CAPI 949.328 386.539 1.801.123 Se si considerano alcuni settori in particolare, come quello bovino, si nota che negli ultimi anni si è confermata la tendenza al ribasso. Il settore carne rappresenta l’attività principale degli allevamenti aziende bovini, anche specializzate per la produzione se del le vitellone da carne sono poche, per l’alto costo dei soggetti da ristallo e per le difficoltà razza di reperire alimenti principalmente allevata a è basso la costo. La Podolica del Marchesato, soprattutto per le fattrici, che viene incrociata in primo luogo con la Charolais, e in secondo luogo con la Romagnola, Limousine, ecc. per ottenere ottimi vitelli che vengono tenuti al pascolo. 37 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab n°9– Patrimonio Zootecnico Provinciale aggiornato al 2006 SPECIE BOVINI SUINI OVI-CAPRINI COMUNI Capi UBA Latte Belvedere S. 352 286,4 50 110 Caccuri 453 375,8 692 246 56 Carfizzi 87 73,8 Casabona 379 326,2 160 20 408 Castelsilano 161 134,2 659 323 Cirò 462 392,8 Cirò M. 218 179,6 Cotronei 515 443,0 192 460 Crotone 582 483,2 5.421 364 Crucoli 589 500,6 Cutro 38 36,0 10.930 Isola C.R. 93 74,6 16.767 Melissa 441 361,0 Mesoraca 701 612,6 Pallagorio 408 364,8 Petilia P. 669 Rocca di N. EQUINI Carne - Cerenzia 190 20 6 23 3.945 21 43 3 549 6.393 1.128 595,8 4.178 1.851 125 107,8 1.150 Roccabernarda 588 481,6 964 587 San Mauro M. 164 137,2 1.495 295 60, 53,2 250 54 Scandale 161,0 131,4 1.752 145 Strongoli 714,0 540,0 1.721 615 Umbriatico 1826,0 1604,0 Verzino 475,0 411,4 12 100 San Nicola A. Santa Severina Savelli 24 761 80 38 1 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio TOTALE 10261 8707 52.854 7.719 4.576 65 Fonte: nostra elaborazione su dati APA Tra le attività zootecniche del territorio crotonese l’allevamento ovino è quello che ha avuto il minor decremento. Nonostante ciò nel corso degli anni non è stata promossa alcuna opera di miglioramento delle popolazioni locali. Si è cercato di incrementare le produzioni importando razze transalpine resistenza che hanno avuto una presenza effimera. La maggiore mole, la minore alle malattie, le maggiori esigenze alimentari e la più breve stagione riproduttiva non ne hanno favorito la diffusione per la scarsa capacità di adattamento al clima e alle condizioni ambientali di questo territorio, che risultano molto diverse da quelle dei territori di provenienza. Negli ultimi anni l’interesse degli allevatori si è spostato su razze italiane come la Comisana e la Sarda. Olivicoltura La superficie agricola investita ad ulivo ha subito un variazione positiva dell’80%. Questo vistoso aumento è dovuto all’OCM (Organizzazione Comunitaria del Mercato) dell’ulivo che ha premiato la produzione. Perciò molti terreni che erano da sempre adibiti a seminativo trasformati o a pascolo sono stati in uliveti. La principale cultivar è nota come Policastrese che sicuramente è un clone della Carolea. Nelle zone più interne e a maggiori altitudine (Caccuri, Castelsilano e Cerenzia) è molto diffusa una cultivar locale denominata Pennulara. Negli all’introduzione Biancolilla, di il ultimi nuove Leccino, anni si cultivar il è quale Frantoio, assistito la Coratina, le una delle principali produzioni del territorio provinciale. L’introduzione di nuove varietà, che hanno una maggiore resa in olio (per es. Coratina) e non sono alternanti, un maggiore numero di piante per ettaro ottenuto con sesti più stretti (6x6, 6x4, 5x5), una maggiore meccanizzazione delle operazioni colturali e della territorio, raccolta, hanno la presenza permesso un di frantoi aumento sul della produzione e della qualità dell’olio. Negli ultimi poi, anche nel nostro affermando l’agricoltura territorio biologica e anni si sta molte sono 39 la Nucellare (Messinese,Etnea e Belice) ,la Roggianella,la Cassanese L’olio attualmente costituisce inoltre Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio le aziende olivicole che la praticano, migliorando ulteriormente la qualità. Attualmente sul nostro territorio è riconosciuta una sola DOP (Denominazione di Origine Protetta) nota come DOP olio extravergine Alto Crotonese che ha come zona di produzione Castelsilano (in parte), Cerenzia, Pallagorio, San Nicola dell’Alto, Savelli (in parte) e Verzino. All’esame dell’U.E. e in via di certificazione c’è il DOP Marchesato di Crotone, che abbraccia tutti gli altri comuni. Quindi paradossalmente tutto il nostro territorio provinciale ricade in zone DOP. I frantoi presenti nel territorio provinciale sono circa 100, dove vengono impiegati almeno due addetti ciascuno per 52 giornate/anno. La PLV, integrazione e reddito da lavoro, è in media annua di € 5.000.000 Tab n°10- Produzione di olive ed olio nella provincia di Crotone Annata q/li olive q/li olio 97/98 978.415 202.285 98/99 463.931 101.116 99/2000 1.108897 254.063 2000/2001 523.063 110.992 2001/2002 1.096.882 254.429 Fonte: PTCP Provincia di Crotone Vitivinicoltura La viticoltura, nel nostro territorio, si effettua ancora, per la maggior parte in modo tradizionale. Gli antichi Greci allevamento “alberello crotonese. La allevavano calabrese superficie vitata classico” ha la é subito vite tuttora ad alberello, presente nei significative variazioni questa forma di vigneti del territorio nell’ultimo mezzo secolo, sono aumentate nel decennio 1960 – 70 (con le leggi di riforma agraria – 1950 – l’assegnazione dei terreni ai contadini, e nuove leggi del settore ne hanno favorito la diffusione) mentre sono diminuite negli ultimi anni, in relazione alla politica dell’O.C.M. (Organizzazione Comune di Mercato) vino. Nel territorio c rotonese convivono due aspetti, da una parte una viticoltura moderna e più industriale, comunque tipica, svolta nelle aree DOC, IGP, DOP (es. Ciro, Melissa, ecc), dall’altra una viticoltura tradizionale praticata nei piccoli paesi e nelle aree meno vocate. Nonostante le limitate dimensioni delle aziende viticole (sono vigneti per lo più a uso familiare), la meccanizzazione della coltura è migliorata, per cui si assiste ad una discreta riduzione dei tempi di lavoro e quindi dei costi di produzione. 40 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Cosi i sistemi di allevamento, che sono ad alberello nei vigneti più vecchi, nei quali anche la densità è maggiore, con sesti più stretti (1,00x1,00 – 1,60x0,80 – 1,80x0,90) che difficoltà alla meccanizzazione, sono vigneti più recenti, con sesti molto facilmente meccanizzabile, senza stati più in parte gradualmente sostituiti dal “cordone” nei larghi modificare creano (2,00x1,00 la resa per – 2,20x2,50 non – alterare 1,25-1,50) e le caratteristiche delle uve e dei vini. Tutte le tecniche colturali si sono elevate sia nella gestione del suolo (concimazioni con organici), che nella difesa fitosanitaria (mediante metodi di produzione integrata e/o biologica). La potatura è quella corta, la gestione della chioma viene adottata in funzione dell’uva e del vino che si vuole ottenere. I vitigni più diffusi nel territorio crotonese sono il Gaglioppo altri vitigni di trascurabile entità (quale il Greco etc.). Tab. n°11 – Settore vitivinicolo provincia di Crotone anno 2002 Vino Superficie Produzione uva/q.li Produzione vino/hl DOC Cirò bianco iscritta 158 8.068 5.810 DOC Cirò rosso 1.495 49.572 34.700 DOC Melissa bianco 14 581 406 DOC Melissa rosso 154 3.206 2.244 IGT Lipuda bianco 12 48 38 IGT Lipuda rosso 47 159 127 IGT Val di Neto bianco 39 1.862 1.489 IGT Val di Neto rosso 126 4.517 3.614 Venti sono gli stabilimenti enologici, il valore commerciale ammonta a circa 11 milioni di euro, le uve destinate alla trasformazione di vini DOC sono ql.i. Il comprensorio della DOC Ciro, per come delimitato dal 41 58.000 ql.i su un totale di 180.000 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio disciplinare di produzione, ricade all'estremo nord della provincia di Crotone; esteso circa 20.000 ha è compreso entro i confini comunali di Crucoli, Cirò, Cirò Marina e Melissa. I vitigni più diffusi nell'area del Ciro sono: Gaglioppo 80%, Greco Bianco 15%, Trebbiano bianco 4% e altri vitigni di trascurabile entità 1%. Recentemente internazionali miglioratori sono come come stati lo Chardonnay ad es. introdotti e Capuccio, Aglianico, definiti Cabernet, Sauvignon, ecc. Grande interesse si sta ponendo per il recupero di vitigni autoctoni come Canino, Nerello altri vitigni il Magliocco Lacrima, Prunesta, Greco nero, S. Severina o Colorino, Ciliegiolo, Nero d'Avola, ecc. Alcuni di questi vitigni minori sono più meritevoli per ottenere vini tipici di "nicchia" richiesti da consumatori appassionati. Il DOC Melissa, invece, abbraccia, i comuni di Melissa, Belvedere Spinello, Carfizzi, San Nicola dell’Alto, Umbriatico e parte del territorio comunale di: Casabona, Castelsilano, Crotone, Pallagorio, Rocca di Neto, Scandale, San Mauro Marchesato, Santa Severina e Strongoli. I vitigni ammessi sono: Greco bianco, Trebbiano toscano e Malvasia bianca, Gaglioppo Greco nero e bianco , Trebbiano toscano e Malvasia bianca. Il DOC Sant’Anna comprende i comuni di Isola Capo Rizzuto e parte dei comuni di Crotone e Cutro, mentre i vitigni ammessi sono: Gaglioppo,Nerello,Nerello mascalese, Nerello cappuccio, Malvasia nera e bianca e Greco bianco. L’IGT (Indicazione Geografica Tipica) Lipuda si estende sui comuni di Carfizzi, Casabona, Cirò, Cirò Marina, Crucoli, Melissa, Strongoli ed Umbriatico. Le uve devono provenire da vigneti composti da uno o più vitigni raccomandati e\o autorizzati per la provincia di Crotone. 42 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio L’IGT Val di Neto comprende i Comuni di Belverere Spinello, Caccuri, Carfizzi, Casabona, Cerenzia, Crotone, Cutro, Mesoraca, Pallagorio, Petilia Policastro, Roccabernarda, Rocca di Neto, San Mauro Marchesato, San Nicola dell’Alto, Santa Severina ed Umbriatico. Anche in questo caso le uve devono provenire da vigneti composti da uno o più vitigni raccomandati e\o autorizzati per la provincia di Crotone. L’intero territorio della Provincia di Crotone, inoltre, ricade nell’IGT Calabria e le uve, come nei casi precedenti, devono provenire da vigneti composti da uno o più vitigni raccomandati e\o autorizzati per la provincia di Crotone. Dall’analisi emerge, come per gli uliveti, che tutto il territorio provinciale è coperto da riconoscimenti di tipicità. Orticoltura Tab n°12 - Orticoltura provincia di Crotone COLTIV ANNI DI CENSIMENTO 2000 Aziende Ortive 1.054 Superficie investita 2.208,21 1990 Aziende 1.656 SUPERFICIE MEDIA AZIENDALE Superficie investita 2.767,10 1982 Aziende 1.941 Superficie investita 2.155,45 2000 1990 1982 2,1 1,67 1,11 Tab. 13 – Aziende e relativa superficie investita a ortive – ISTAT 2000 ORTIVE IN PIENO CAMPO POMODORO DA MENSA POMODORO DA INDUSTRIA MELANZANA PEPERONE FINOCCHIO LATTUGA CIPOLLA MELONE ASPARAGO ANGURIA CAVOLFIORE CAVOLO BROCCOLO CALABRESE ORTIVE IN COLTURA PROTETTA POMODORO DA MENSA ZUCCHINA MELANZANA CETRIOLO SAU 204 768 20 60 400 160 16 50 20 80 400 30 2208 SAU 10 2 4 2 18 TOTALE TOTALE Fonte: PTCP Provincia di Crotone 43 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Cerealicoltura La cerealicoltura in questi ultimi anni è stata investita da una profonda e rapida trasformazione. Per la natura del terreno, per l’ampia zona che un tipo di terreno (soprattutto argilloso) ricopre, la principale produzione del territorio crotonese è stata quella dei cereali e in particolar modo quella del grano duro. Negli ultimi anni tale produzione è calata vistosamente sia per la nuova politica europea, che non premia la produzione, sia per un nuovo orientamento produttivo più legato alla produzione dell’olio. Come abbiamo visto in precedenza, nell’ultimo decennio, c’è stata una riduzione dei terreni destinato a seminativo, con una conseguente riduzione della produzione. Tale riduzione è dovuta ad una diversa tecnica di coltivazione che ne ha abbassato la resa per ettaro. una cerealicoltura tradizionale avvicendata Nell’ultimo (rotazione decennio colturale) a si una è passati cerealicoltura da in monosuccessione, con tutto quello che ne consegue in termine di produzione (già al primo anno di ringrano è, infatti, marcata la riduzione in rese di granella) e ambiente. La crisi provocata in particolare dalla riforma PAC è stata acuita dai nuovi oneri derivanti per i produttori disponibilità dalla normativa dei trasformatori sul a seme certificato, remunerare la cui non maggior ha corrisposto, qualità del di fatto, la né un prodotto miglioramento reale dell’affidabilità dei produttori di seme. Silvicoltura Il bosco rappresenta un elemento peculiare che caratterizza il territorio e svolge un ruolo multifunzionale, in una quanto ha funzione paesistico- ambientale, che incide in modo turistico- significativo sull’ambiente, ricreativa, in quanto è di gradimento e frequentazione del pubblico,funzione protettiva, perché ha una rilevante conservazione del suolo,e in quanto è in grado importanza sulla funzione produttiva , di produrre elevate masse legnose o di altri prodotti. Il settore silvicolo, quindi, presenta enorme potenzialità sia dal punto di vista produttivo sia dal punto di vista dell’aspetto sociale ed ambientale. 44 paesaggistico, ricreativo, Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tab n°13. Silvicoltura Tipo di coltivazione Pioppeti Altro Boschi: fustaie Boschi:cedui Macchia Mediterranea Altra Superficie Superficie/ha 540 1.960 12.586 17.932 8.240 107.937 Agriturismo L’agriturismo costituisce un settore in crescita, che meglio rappresenta dalle della ‘ruralità, della voglia di campagna e di tranquillità a contatto con la natura. Le Aziende agrituristiche della provincia di Crotone iscritte al Registro regionale superano le 122 unità; operative sono circa 25; posti letto circa 230. Tab. n° 14 - Agriturismi per Comune PL N° O OP AC PR PV ACR N. CACCURI 4 0 4 0 4 3 3 CARFIZZI 1 0 1 0 1 1 1 15 CASABONA 7 0 1 0 7 5 1 8 CASTELSILANO 1 0 1 0 1 0 0 4 CERENZIA 1 1 0 0 1 1 1 35 CIRO' 16 4 13 0 13 12 12 214 CIRO' MARINA 6 0 6 0 5 5 4 61 COTRONEI 2 0 1 0 2 2 0 6 CROTONE 23 2 19 2 22 20 18 251 CRUCOLI 5 0 4 0 5 5 5 55 CUTRO 1 0 1 0 1 1 1 10 ISOLA C.R. 9 1 7 0 8 8 7 100 MELISSA 0 0 0 0 0 0 0 0 MESORACA 4 0 4 0 4 4 4 46 PALLAGORIO 0 0 0 0 0 0 0 0 ROCCA DI NETO 5 0 3 0 4 5 2 48 ROCCABERNARDA 2 0 2 0 1 1 1 30 S. MAURO M.TO 0 0 0 0 0 0 0 0 SANTA SEVERINA 9 0 9 0 9 9 9 121 SAVELLI 1 1 0 0 1 1 1 20 SCANDALE 5 0 3 0 4 5 4 29 STRONGOLI 10 2 8 0 9 10 8 141 UMBRIATICO 1 0 1 0 1 1 1 15 VERZINO 0 0 0 0 0 0 0 0 TOTALE 123 11 97 2 113 107 90 PT/ROUN 47 16 8 5 1354 29 O = Ospitalità senza dazione pasti; OP= Ospitalità con senza dazione pasti; AC = Agricampeggio; PR= 45 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.5 GRADO DI ANTROPIZZAZIONE La popolazione della Provincia di Crotone al 31 dicembre 2008 è di 178.452 abitanti. Rispetto al 1997 si è avuto un calo di ben 4.532 abitanti, per come si evidenzia nella tabella successiva. La situazione dimostra una notevole tendenza allo spopolamento che ha raggiunto il 2,54% in questo intervallo di tempo. (v. Tab. 1). Questo fenomeno è particolarmente spiccato in tutti i comuni delle aree interne. Gli unici abitati che registrano un aumento di popolazione sono quelli costieri ed in particolare modo il comune di Isola di Capo Rizzuto che ha avuto un aumento percentuale del 24,45% , dove certamente ha influito l’aumento di cittadini extracomunitari. Il comune con la maggiore riduzione è Carfizzi con il 39,86%. La fotografia che si realizza è quella di un territorio interno tenente allo spostamento verso la costa. Tab. 1 - Confronto fra popolazione residente nel 1997 e nel 2008 COMUNE POPOLAZIONE Variazione % 1997 2008 2.667 2.351 -11,85 CACCURI 1.936 1.751 -9,56 CARFIZZI 1327 798 -39,86 CASABONA 3.435 2.937 -14,50 CASTELSILANO 1.400 1.101 -21,36 CERENZIA 1.321 1.251 -5,30 CIRO’ 5.057 3.333 -34,09 CIRO’ MARINA 14.069 14.552 3,43 COTRONEI 5.697 5.947 4,39 CROTONE 59.001 61.049 3,47 CRUCOLI 3.896 3.328 -14,58 CUTRO 11.341 10.172 -10,31 CAPO 12.315 15.326 24,45 BELVEDERE SPINELLO ISOLA DI RIZZUTO MELISSA 4.319 3.472 -19,61 MESORACA 7.889 6.859 -13,06 PALLAGORIO 1.756 1.408 -19,82 PETILIA 10.006 9.284 -7,22 ROCCABERNARDA 3.892 3.554 -8,68 ROCCA DI NETO 5.471 5.647 3,22 MAURO 2.513 2.274 -9,51 965 -22,80 POLICASTRO SAN MARCHESATO S. NICOLA 1250 46 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio DELL’ALTO SANTA SEVERINA 2254 2230 -1,06 SAVELLI 1.756 1.407 -19,87 SCANDALE 3.485 3.276 -6,00 STRONGOLI 6.683 6.582 -1,51 UMBRIATICO 1156 982 -15,05 VERZINO 2.560 2.084 -18,59 TOTALE 178.452 173.920 -2,54 Fonte: Elaborazione Osservatorio Provincia di Crotone su dati Anagrafe Comunale. Tab. 2 - Densità abitativa SUPERFICIE DENSITA COMUNE POPOLAZIONE ' Kmq ettari % Totale % per Kmq BELVEDERE SPINELLO 30,19 3.019 1,76 2.351 1,35 77,87 CACCURI 57,27 5.727 3,35 1.751 1,01 30,57 CARFIZZI 20,34 2.034 1,19 798 0,46 39,23 CASABONA 68,99 6.899 4,03 2.937 1,69 42,57 CASTELSILANO 39,5 3.950 2,31 1.101 0,63 27,87 CERENZIA 24,28 2.428 1,42 1.251 0,72 51,52 CIRO’ 70,15 7.015 4,10 3.333 1,92 47,51 CIRO’ MARINA 41,6 4.160 2,43 14.552 8,37 349,81 COTRONEI 78,13 7.813 4,56 5.947 76,12 CROTONE 178,75 17.875 10,44 61.049 35,10 341,53 CRUCOLI 49,81 4.981 2,91 3.328 1,91 66,81 CUTRO 131,87 13.187 7,70 10.172 5,85 77,14 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 125,27 12.527 7,32 15.326 8,81 122,34 MELISSA 50,94 5.094 2,98 3.472 2,00 68,16 MESORACA 93,56 9.356 5,47 6.859 3,94 73,31 PALLAGORIO 41,96 4.196 2,45 1.408 0,81 33,56 PETILIA POLICASTRO 93,43 9.343 5,46 9.284 5,34 99,37 ROCCABERNARDA 65,52 6.552 3,83 3.554 2,04 54,24 ROCCA DI NETO 43,63 4.363 2,55 5.647 3,25 129,43 SAN MAURO MARCHESATO 42,02 4.202 2,45 2.274 1,31 54,12 47 3,42 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio S. NICOLA DELL’ALTO 7,83 783 0,46 965 0,55 123,24 SANTA SEVERINA 51,88 5.188 3,03 2230 1,28 42,98 SAVELLI 48,5 4.850 2,83 1.407 0,81 29,01 SCANDALE 53 5.300 3,10 3.276 1,88 61,81 STRONGOLI 85,29 8.529 4,98 6.582 3,78 77,17 UMBRIATICO 72,86 7.286 4,26 982 0,56 13,48 VERZINO 45,37 4.537 2,65 2.084 1,20 45,93 TOTALE 1711,94 171.194 100,00 100 101,59 173.9 20 Fonte: Elaborazione Osservatorio Politiche sociali Provincia di Crotone. La densità abitativa sul territorio regionale, è di 133 ab/km², inferiore rispetto al valore dell’Italia (189 ab/km²). La provincia di Crotone ha la minore densità abitativa regionale pari a 101,59 abitanti per kmq . Nella provincia il comune con maggiore densità è Cirò Marina con 349,81 abitanti per Kmq e quello con minore densità è Umbriatico con 13,48 abitanti per kmq. In riferimento all’estensione territoriale 3 Comuni appartengono alla classe territoriale compresa sopra i 100 Kmq (Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro), 12 comuni sono nella classe tra i 50 e i 100 Kmq, 11 nella classe fra 5 e 10 Kmq ed un solo Comune (S.Nicola dell’Alto) si inserisce sotto i 10 Kmq,. L’evoluzione del territorio urbanizzato della provincia di Crotone evidenzia un notevole sviluppo degli abitati, infatti, si è passati da una superficie del territorio urbanizzato di 6,242 Kmq del 1953 ai 74,68 Kmq del 2001, con un incremento di circa 12 volte. Tab. 3 - Evoluzione del territorio urbanizzato Superficie Superficie COMUNE % Sup Superficie % Sup Superficie Sup totale urbanizzata Tot urbanizzata Kmq 1953 % 1994 % 2001 % SPINELLO 30,19 0,126 0,42 0,769 2,55 1,284 4,25 CACCURI 57,27 0,078 0,14 0,803 1,40 0,951 1,66 CARFIZZI 20,34 0,056 0,28 0,334 1,64 0,1457 0,72 CASABONA 68,99 0,144 0,21 0,698 1,01 1,089 1,58 CASTELSILANO 39,5 0,079 0,20 0,309 0,78 0,358 0,91 CERENZIA 24,28 0,07 0,29 0,438 1,80 0,485 2,00 CIRO’ 70,15 0,153 0,22 1,016 1,45 1,376 1,96 CIRO’ MARINA 41,6 0,477 1,15 4,691 11,28 6,355 Tot urbanizzata % Tot BELVEDERE 48 15,28 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio COTRONEI 78,13 0,146 0,19 3,28 4,20 4,812 6,16 CROTONE 178,75 1,863 1,04 11,432 6,40 18,566 10,39 CRUCOLI 49,81 0,11 0,22 0,769 1,54 1,379 2,77 CUTRO 131,87 0,48 0,36 3,333 2,53 5,323 4,04 RIZZUTO 125,27 0,754 0,60 5,1 4,07 10,807 8,63 MELISSA 50,94 0,129 0,25 1,205 2,37 2,135 4,19 MESORACA 93,56 0,134 0,14 1,129 1,21 1,96 2,09 PALLAGORIO 41,96 0,105 0,25 0,67 1,60 0,977 2,33 93,43 0,179 0,19 1,905 2,04 3,356 3,59 ROCCABERNARDA 65,52 0,07 0,11 1,416 2,16 2,706 4,13 ROCCA DI NETO 43,63 0,083 0,19 1,581 3,62 2,157 4,94 42,02 0,082 0,20 0,538 1,28 0,479 1,14 7,83 0,099 1,26 0,348 4,44 0,837 10,69 SANTA SEVERINA 51,88 0,134 0,26 0,579 1,12 0,77 1,48 SAVELLI 48,5 0,145 0,30 0,748 1,54 0,93 1,92 SCANDALE 53 0,118 0,22 0,906 1,71 1,281 2,42 STRONGOLI 85,29 0,275 0,32 1,968 2,31 2,656 3,11 UMBRIATICO 72,86 0,044 0,06 0,302 0,41 0,43 0,59 VERZINO 45,37 0,109 0,24 0,631 1,39 1,081 2,38 TOTALE 1711,94 6,242 0,36 46,898 2,74 74,6857 4,36 ISOLA DI CAPO PETILIA POLICASTRO SAN MAURO MARCHESATO S. NICOLA DELL’ALTO Fonte: Provincia ci Crotone PTCP Attraverso il rapporto tra superficie urbanizzata e superficie territoriale, si è ricavato l’entità del consumo di suolo per usi urbani rispetto alla dimensione del territorio comunale che fornisce un’indicazione sulla quantità potenzialmente disponibile di suolo. Dai dati è emerso che il territorio urbanizzato nella provincia, è passato dal 1953 al 2001 dall’0,36% al 4,36% del territorio provinciale, che in termini di superficie significa un aumento di 74,68 Kmq. Come si poteva prevedere si è verificato un incremento lungo la fascia costiera delle espansioni urbane di moltissimi piccoli centri storicamente insediati, per motivi di difesa o di salubrità, sulle propaggini collinari, lontani dalla costa. Questo è forse il fenomeno più macroscopico della trasformazione, legato in buona misura ad un’attività turistica che ha visto nello sfruttamento delle coste il motivo quasi esclusivo di attrazione. 49 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Si è assistito alla nascita di tutte una serie di frazioni sulla costa, migliaia di metri cubi di cemento in parte nate grazie a utopistiche previsioni degli strumenti urbanistici, ma in gran parte nati come insediamenti abusivi. Spesso sono seconde case (spesso costruita a pochi chilometri dalla prima). Il fenomeno della seconda casa ha prodotto in molti casi, una serie di problemi molto ben conosciuti con spreco di risorse di ogni tipo, paesistiche, energetiche, etc. poiché sono insediamenti spesso privi delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Ci sono casi nella provincia di Crotone come ad esempio nel comune di Isola C.R. in cui si è legato ai processi di cui sopra, modelli insediativi diversi, come i villaggio turistici autonomi; Spicca nella tabella il dato di Cirò Marina che nello stesso arco temporale ha fatto rilevare un incremento 15,28%, passando da una sup. Usb. di 0,146 Kmq a 6,355 Kmq. Il Capoluogo Crotone fa rilevare in valore assoluto un incremento del 10,39% dovuto ad un espansione incontrollata dei centri urbani che ha prodotto le tipiche aree di frangia periurbana, marginalizzate rispetto al sistema dei servizi collocato nel vecchio centro, e la proliferazione dell’insediamento residenziale su aree agricole periurbane, attraverso la tipologia della casa unifamiliare che ha portato come conseguenze fenomeni di inquinamento localizzati, perdita di valori paesistici, aggravi sui problemi di traffico legati forzatamente ad una mobilità automobilistica di tipo individuale. Un minore incremento lo fanno segnare i comuni dell’entroterra, e presilani ad esclusione di Cotronei, comune nella fascia silana crotonese, caratterizzato dalla presenza di due nuclei periurbani a destinazione turistica quali “Trepidò” e “Villaggio Palumbo”. 2.1.6 RETE ANTROPICA 2.1.6.1 Discariche Nella provincia di Crotone sono state censite 36 discariche di cui 3 attive e 33 dismesse. Precisamente risultano allo stato attive una discarica classificata ex I di II categoria tipo B, rifiuti speciali e speciali pericolosi, entrambe situate nel comune di Crotone, in località Columbra e in località Passovecchio. Molte delle discariche presenti sul territorio provinciale sono state inserite nel Piano Regionale delle bonifiche. La tabella conoscitiva dedicata al quadro delle discariche evidenzia i seguenti dati nel territorio provinciale: 50 Provincia di Crotone Comune Piano Faunistico-Venatorio Belvedere Sp Località Discarica Timpa Cassiano Sp Sp Caccuri Area Volume Tip. rifiuto Perm Dist ab 1800 5400 Rsu+In+Ing Med.Al 2000 Sciolle 280 560 Rsu+In+Ing Bass 2800 Carfizzi Celia Seccata 600 1800 nd Med.El 300 Casabona Corvo nd nd nd nd nd Castelsilano Zinnate 2100 6300 nd Med.Al 250 Cerenzia Sciolle 600 1200 Rsu+In+Ing Bass 3000 Grotte 500 1500 Rsu+In+Ing Med.Al 1000 Cirò Coppa Mordace 2400 14400 Rsu+In+Ing Bass 1000 Cirò Marina Scarate 8000 16000 nd Elevata 3000 Cotronei Spuntone Chianetta 13200 52800 nd Med.Al 2000 Orecchielle 300 300 Rsu+In+Ing Med.Al 1500 Crotone Tufolo I categoria Crucoli Le Sciolle 2100 2.100 Rsu+In+Ing Med.Al 600 Cabba Catoia 2800 2800 Rsu+In+Ing Bass 2000 Loc. Valle dell'Ape nd nd nd nd nd Torre 2000 6000 Rsu+Ing Bass 300 Isola C.R. Concio 100000 1000000 nd nd nd Melissa Carpice 600 3600 Rsu+In+Ing Med.El 2400 Mesoraca Sciolle 600 1200 Rsu+In+Ing Elevata 2300 Loc. Agrillo nd nd nd nd nd Petilia P. San Cesario 6000 18000 Rsu+In+In Elev 2000 Roccabernarda Ombrello nd nd nd nd nd Rocca di Neto Pedalaci 3600 36000 Rsu+In+Ing Med.Al 1400 San Mauro M Liquirizietto 300 1200 Rsu+In+Ing Bass 1200 San Nicola A Sciolle nd nd nd nd nd Santa Severina Petrirta 1500 15000 Rsu+In+Ing Bass 500 Savelli Torchinico 40000 40000 Rsu+In+Ing Med.Al 500 Scandale Ditture nd nd nd nd nd Strongoli Sottocastello 2500 15000 Rsu+In+Ing Bass 250 Comero 10000 30000 Rsu+In+Ing Elevata 2300 Umbriatico Paradiso 600 1200 Rsu+In+Ing Media 800 Verzino Piano Purgatorio nd nd nd nd nd Cutro Rsu+In+Ing 51 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Nella seguente tabella vengono riportati i dati relativi a: 1. Distanza delle discariche dai corsi d’acqua, 2. Esistenza vincoli, 3. Morfologia, 4. stato di attività o inattività, 5. Conferimento attuale, 6. 7. Rischio Tipo di intervento di bonifica o messa in sicurezza da adottare Comune Dist Vincoli Morf Crotone Crucoli 250 50 300 Nd 250 50 50 500 300 10 20 20 30 Cutro Nd 0 Isola C.R. Nd Melissa 250 Mesoraca 50 Nd Petilia P. 70 Roccabernar Nd Rocca di 250 San Mauro M 0 San Nicola A Nd Conf /Non Acq Belvedere Caccuri Carfizzi Casabona Castelsilano Cerenzia Cerenzia Cirò Cirò Marina Cotronei Attiva idrogeo pianeggian nd valliva idrogeo scarpata nd nd Nd scarpata nd valliva nd valliva nd scarpata nd pianeggian Idrogeo+ scarpata Idrogeo scarpata nd nd nd nd nd nd nd nd nd nd parco nd nd Non Non Non Non Non Non Non Non Non Non Non Non scarpata Non valliva Non nd Non valliva Non nd Non valliva Non pianeggina Non nd Non valliva Non nd Non valliva Non pianeggian Non nd Non Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att Att 52 Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Ris Inter K v 141 68 111 nd 134 124 147 143 142 267 137 Off Off Off nd Off Off Off Off Off In situ Off 136 121 nd 171 nd 99 176 nd 195 nd 174 114 nd Off Off nd Off nd Off Off nd Off nd Off Off nd Provincia di Crotone Santa Savelli Scandale Strongoli Umbriatico Verzino Piano Faunistico-Venatorio 50 100 Nd 150 100 50 Nd agricola nd nd nd nd nd nd valliva scarpata nd rilievo cava scarpata nd Non Non Non Non Non Non Non Infine nella tabella che segue sono indicate Att Att Att Att Att Att Att Sovreco S.Giova Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco Sovreco 168 194 nd 174 177 119 nd Off Off nd Off In situ Off nd le discariche attualmente attive nonché quelle chiuse con Ordinanza del Commissario Straordinario per l’Emergenza Rifiuti in Calabria, il tutto in attuazione di quanto previsto dal “Piano regionale per l’individuazione definitiva delle discariche di servizi agli impianti e per la progressiva riduzione del numero di discariche di prima categoria esistenti nel territorio della Regione Calabria”, approvato con ordinanza n. 2100 del 2 dicembre 2002. Comune Loc. Discarica Ordinanza Comm. Emergenza Rifiuti Carfizzi Celia Seccata Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva Cirò Coppa Mordace Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva Cirò Marina Scarate Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva Passovecchio, tipo 2 (Nucleo Industriale) Crotone Tufolo I Cat. Loc. Columbra Tipo 2B Loc. Columbra Tipo I Crucoli Isola Capo Mesoraca Ord.Comm. n°1987 del 12/08/02 fino al 31/12/2002 - (aut. Allo smaltimento dei fanghi di risulta del proprio Impianto di depurazione)- Rinnovo Autorizzazione con Ord.Comm.Emerg. R.S.U. n°2298 del 26/03/2003 – ATTIVA Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 939 del 22.02.00 Attiva ATTIVA ed in fase di ampliamento Requisita con Ordin. Comm. Emerg. 736 del 04.08.1999 ATTIVA richiesto ampliamento Non - Le Sciolle Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 Non Attiva Cabba Catoia Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998- Non Attiva Concio Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 1030 del 24.05.2000 Non Attiva Carpice Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 Non Attiva Rizzuto Melissa B Sciolle Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva 53 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Loc. Agrillo Pallagorio Fondo Conisselle 9 Chiusa con O.D.C.M. n° 2089 del 26/11/2002 - Non Attiva dal 31/08/2002 Ordin. Emerg. R.S.U. n. 570 del 09.03.1999 - Non Attiva Roccabernarda Ombrello Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 264 del 27.04.2001 – Non Attiva Rocca di Neto Celestino O.d C.M. n° 47 del 18/03/1998 Non Attiva Petrirta Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva Savelli Torchinico Chiusa con Ordinanza n° 16/09/1998 del Commissario Strongoli Sottocastello Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva Comero Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva Umbriatico Paradiso Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 – Non Attiva Verzino Piano del Purgatorio Chiusa Ord.Comm.Emerg.R.S.U. Attiva Santa Severina 54 17 prot. n° 4659 del n° 2318 del 27/03/2003 Non Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 55 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.6.2 INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO Nella redazione del Piano Faunistico anche il settore delle infrastrutture di trasporto ha una certa importanza specie per l’impatto che riveste nello sviluppo della fauna selvatica. Una strada, una ferrovia o anche un aeroporto certamente sono elementi di disturbo alla fauna presente ed a quella di passaggio. L’Offerta di Trasporto Contesto delle reti di trasporto Sul territorio Provinciale sono presenti due strade statali, la 106 ionica e la 107 Silana Crotonese, una fitta rete di strade provinciali, rappresentate precisamente da 54 strade che si sviluppano sul territorio per una lunghezza complessiva di circa 922 Km; una dorsale ferroviaria sulla costa ionica, tre porti di cui il maggiore quello di Crotone e dall’aeroporto Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. Quanto detto farebbe pensare ad una provincia priva di problemi legati alla mobilità, sia di merci sia di persone. Mentre questo non è vero perché pur essendoci quasi tutti i tipi di infrastrutture di trasporto, queste risultano essere insufficienti o meglio (inefficaci) inefficienti. Tutto questo è legato ad una serie di fattori intrinseci ed estrinseci alle infrastrutture, quali possono essere la obsolescenza e la inadeguatezza delle stesse, o come l’orografia del territorio, che non agevola le comunicazioni, e la scarsa, o quasi, inesistente intermodalità tra le diverse infrastrutture di trasporto. Le infrastrutture di trasporto AEREOPORTO S.ANNA L’aeroporto “Sant’Anna” è situato in un’area prospiciente il mare Ionio, a sud di Crotone, da cui dista 15 km. L’area di sedime presenta una superficie di 184 ha con una altitudine di 157 m s.l.m. L’aeroporto ricade in un’area ad elevata valenza ambientale ed archeologica, non solo per la presenza del Parco Archeologico di Capocolonna, ma anche per la presenza di strutture storiche, quali Le Castella, Santa Severina ecc. Inoltre, la presenza del porto di Crotone pone le premesse per una intermodalità tra i vettori aerei e navali. La posizione geografica dell’aeroporto potrebbe favorire i collegamenti internazionali, in particolare con tutti i paesi del medio oriente e dei Balcani. L'aereoporto è collegato al resto della rete infrastrutturale direttamente con SS 106 ionica. Il servizio di trasporto aereo è effettuato, in regime di oneri di servizio, dalla compagnia N u o v a C A I , con una media di 21 voli settimanali, tra arrivi e partenze, su scala nazionale. La Ferrovia Infine, la linea ferroviaria si sviluppa interamente sulla costa ionica per circa 77 km. La linea è a semplice binario e a trazione diesel. La velocità massima varia da 100 a 150 km/h, 56 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio con una velocità commerciale massima di 72 km/h. Il traffico che attraversa la stazione di Crotone, allo stato attuale, è formato da 36 treni/giorno, una misura inferiore alla capacità della linea. Lungo il tracciato ferroviario, che si sviluppa parallelamente alla costa ionica, i Comuni e le località interessate dalla linea ferroviaria sono numerosi. Nonostante la dotazione di reti e nodi di servizio variegati, Crotone é la provincia calabrese che maggiormente sente il peso dell’isolamento. Il disegno delle reti ne penalizza in effetti il ruolo: la stessa ferrovia che non garantisce certo elevati standard ed opportunità di raccordo agli assi portanti della mobilità interregionale, sembra determinare un vincolo alle comunicazioni agendo da barriera su alcune direttrici. Inoltre, seppur dotata di un aeroporto e di un porto, l’insufficienza nei collegamenti integrati e nei servizi ne limitano di fatto le prospettive di crescita. Le Strade Il sistema di trasporto viario è rappresentato da due direttrici principali, le strade statali SS 106 e SS 107. La SS106 si sviluppa da nord a sud lungo la costa ionica, lasciando ai margini l’intero territorio dell’entroterra. La sua lunghezza è di 84 Km . La SS107, lunga 41 Km, attraversa trasversalmente il territorio provinciale, dividendolo quasi perfettamente in due parti . Lo sviluppo delle due uniche strade statali che attraversano il territorio provinciale è dovuto alla conformazione orografica dello stesso; infatti, il territorio presenta una parte prevalentemente pianeggiante sulla costa, ed una parte, spostandoci verso l’entroterra, prima collinare e poi montuosa. Questo tipo di orografia, ha fatto si che le vie di comunicazione, che collegano i diversi centri urbani, non siano in grado di soddisfare adeguatamente la crescente domanda di trasporto, creando una frattura tra l’entroterra e i paesi sulla costa. Al contempo, anche i centri costieri, sono penalizzati negli spostamenti, in quanto costretti a percorrere l’unica via di comunicazione, la SS 106, sia per gli spostamenti interprovinciali sia per quelli extraprovinciali. Le difficoltà connesse alla percorrenza della SS 106 sono legate a diversi fattori, tra i principali si possono evidenziare due, uno dovuto al fatto che essa attraversa, ancora oggi, tutti i centri urbani che si trovano sulla costa, tranne quello di Cirò Marina; l’altro che ha portato negli anni la struttura ha perdere le caratteristiche per poter essere classificata superstrada. Da evidenziare che negli anni passati sono stati effettuati dei lavori di ammodernamento, in particolare a nord della città di Crotone, e precisamente dal Passo Vecchio fino al villaggio Bucchi, dove è stato realizzato un nuovo tratto, per una lunghezza di circa 5,5 Km, a due carreggiate separate da spartitraffico e sfalsate rispetto al resto della rete viaria. 57 Provincia di Crotone L’intervento non Piano Faunistico-Venatorio ha prodotto dei risultati tangibili dato che è un tratto limitato e concentrato prima del nucleo industriale di Crotone, lasciando attraversare alla SS 106 tutta la parte vecchia della zona industriale che va dal Passo Vecchio fino all’area della ex Montedison, e la zona urbana di Poggio Pudano. Da queste due direttrici principali di diramano in tutto il territorio le strade provinciali. Il totale di km di strade statali e provinciali sono ben 922,44. Rete stradale Denominazione Nome Strada Km SP 1 Crucolese 16,45 SP 2 Gaglioppo 2,35 SP 3 Madonna di Mare 5,06 SP 4 Contrada Cappella 9,89 SP 4 bis Bacco 1,863 SP 5 Krimisa 1,72 SP 6 Grisica 21,29 SP 7 Torre Passo 37,97 SP 8 Chonia 0,62 SP 9 Caraconessa 15,22 SP 10 Enotria 6,924 SP 10 Bis Cappellieri 3,707 SP 11 UDHA E JASHTËS 10,5 SP 12 Del Vino 15,8 SP 13 Melisseo 7,242 SP 14 Puheriu 24,49 SP 15 Rosaneti 10,4 SP 16 Topanello 5 SP 16 Bis Comero 1,319 SP 17 S. Agostino 3,563 SP 17 Bis Turrazzo 1,78 SP 18 Fasana 9,48 SP 19 Pietra del Tesauro 3,647 SP 20 Pietra della Battaglia 3,917 SP 21 Macalla 4,962 SP 22 Poiero 6,19 SP 23 Corazzo 7,387 Strada 58 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio SP 23 DIR SP 24 Eremo 13,04 SP 25 Siberene 1,062 SP 26 Pantalitiche 21,18 SP 26 BIS SERRA FRATTA 6,628 SP 27 Mesudera 10,77 SP 28 Pino Grande 5 SP 29 GIPSO 11,85 SP 30 BELVEDERE SPINELLO 7,3 SP 31 DELLE TERME 10,3 SP 32 SANTA RANIA 13,99 SP 33 ULIVETI 2,464 SP 34 ALTILIA 1,823 SP 35 LAGO AMPOLLINO 1,779 SP 36 PAGLIARELLE 11,38 SP 36 BIS DELL’AQUILA 0,474 SP 37 SANTA SPINA 6,124 SP 38 VALLE TACINA 12,04 SP 39 MAURITANIA 3,907 SP 40 ENOTRI 4,05 SP 40 Bis FONDO VALLE S. ANTONIO 10,84 SP 41 SERRA ROSSA 15,04 SP 41 Bis REAZIO 3,658 SP 42 DRAGONE 9,955 SP 42 BIS PUTTINO 1,458 SP 43 NORMANNI 17,36 SP 44 LE CASTELLA 2,704 SP 45 S.ANNA 6,26 SP 45 BIS JAPIGI 6,11 SP 45 TER VILLA MARGHERITA 0,501 SP 46 CAPO RIZZUTO 9,13 SP 46 BIS ASYLA 1,194 SP 47 LE CANNELLE 5,69 SP 48 OVILE MARINA 8,1 SP 49 CAPOCOLONNA 5,27 SP 50 MONASTERO 12,5 SP 51 CARBONARA 4,411 SP 52 PAPANICE 8,574 59 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio SP 53 SERRA MUZZUNETI 61,15 SP 54 SAVELLESE 14,48 SP 55 BASSA VALLE DEL NETO 11,01 SP 56 DEL MARCHESATO 40 SP 57 GABBELLA 5,951 SP 58 SS. ECCE HOMO 26,83 SP 59 CARAVA’ 13,5 SP 60 CARISI 12,06 SP 61 TREPIDO’ 34,03 SP 62 PRESILA 19,04 SP 63 (ex SS109) MARINELLA 22,34 SP 64 PAPA SAN ZOSIMO 14,05 SP 65 PRINCIPE 7,746 SP 66 ESARO 2,6 SS106 84 SS107 41 922,444 Fonte : Provincia di Crotone - Ufficio Sicurezza Stradale 60 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Il parco veicolare 409 11508 1122 61 TOTALE COMPLESSICO PER COMUNE 87318 7194 ALTRI VEICOLI TOTALE FONTE:ACI TRATTORI 10 9 2 15 7 11 11 81 29 434 14 74 85 11 26 5 125 65 27 10 5 9 4 11 34 2 6 RIMORCHI TRASPORTI 208 125 45 229 87 122 173 986 449 2903 201 963 1287 351 477 67 749 477 233 198 65 120 71 227 457 81 157 RIMORCHI SSPECIALI AUTOVEICOLI SPECIALI 1 1 1 2 1 3 3 31 4 249 2 16 24 2 5 2 7 3 5 2 1 5 2 8 25 1 3 MOTOVEACOLI SPECIAL AUTOCCARRI TRACP. MERC 60 65 55 94 44 54 143 787 156 3201 150 330 521 126 99 61 336 189 49 59 30 55 23 129 281 29 68 1125 882 CARFIZZI 349 CASABONA 1327 CASTELSILANO 601 CERENZIA 772 CIRO' 1717 CIRO' MARINA 6911 COTRONEI 2815 CROTONE 32155 CRUCOLI 1598 CUTRO 4783 ISOLA DI CAPO 8257 RRIZZUTO MELISSA 1520 MESORACA 3359 PALLAGORIO 660 PETILIA POLICASTRO 4754 ROCCA DI NETO 2770 ROCCABERNARDA 1585 S.MAURO 1015 MARCHESATO S.NICOLA DELL'ALTO 415 SANTA SEVERINA 1058 SAVELLI 715 SCANDALE 1423 STRONGOLI 3235 UMBRIATICO 439 1078 VERZINO MOTOCARRI TRASP AUTOBUS BELVEDERE SPINELO CACCURI MOTICICLI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 AUTOVETTURE COMUNBE Il parco veicolare della provincia risulta essere per comune il seguente. 48 41 31 53 13 20 262 320 117 210 50 123 129 98 202 12 406 101 260 62 3 123 60 55 53 16 16 0 0 0 0 2 1 0 6 8 19 0 16 23 2 0 0 12 2 1 0 0 2 1 1 1 0 0 4 2 2 4 1 3 3 28 11 241 5 22 38 11 1 1 11 7 1 3 0 0 1 5 16 1 0 11 1 0 11 1 4 2 146 8 334 7 221 163 64 21 3 83 62 5 5 0 6 3 4 66 0 2 6 0 0 8 0 2 1 69 6 250 5 154 118 45 2 0 37 20 0 3 0 1 0 2 29 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1473 1126 485 1743 757 992 2315 9365 3603 3999 2033 6702 1064 2230 4192 811 6520 3696 2166 1357 519 1379 880 1865 4197 569 1330 2884 97 422 1233 758 4 1129 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Il dato da evidenziare è la presenza di ben 87318 autovetture in pratica 1 auto ogni 2 abitanti , naturalmente il parco macchine maggiore quello del comune di Crotone. Inoltre è da evidenziare il parco trattori specie per l’impatto che possono avere durante le lavorazioni agricole rispetto alla fauna . Il dato che si accerta è di una meccanizzazione agricola significativa nella aree costiere e di pianura, proprio dove è maggiore la presenza di un’agricoltura intensiva. 62 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 63 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.6.3.Impianti industriali La provincia di Crotone occupa un’area che può essere considerata complessivamente a basso sviluppo industriale. Infatti i comuni interessati ad una presenza industriale sono Crotone, Cutro, Scandale e Cirò Marina. Sono presenti, infatti, nel territorio alcune centrali idroelettriche (Caccuri -Loc. Calusia; Cotronei - Loc. Timpa Grande; Cotronei – San Giovanni in Fiore Loc. Orichella). Il cui funzionamento ha senza dubbio alterato le caratteristiche idrologiche del Fiume Neto (vedasi anche lo Studio di Fattibilità per la Riserva della Foce del Neto, 2001). Particolarmente pressante è negli ultimi anni la tendenza alla realizzazione di piccole centraline che sfruttano corsi d’acqua minori con conseguente realizzazioni di bacini di riempimento e sbarramenti la cui pianificazione deve essere sottoposta necessariamente ad una Valutazione d’Incidenza che tenga conto non solo della singola opera, ma che analizzi in modo complessivo l’effetto sinergico di più opere che incidono sullo stesso sistema idrologico. Altra tematica estremamente attuale e molto dibattuta è quella che riguarda la realizzazione di impianti eolici per la produzione di energia elettrica. Una valutazione della potenzialità di questo settore innovativo è riportata nel documento “Eolico in Calabria". Indirizzi per gli inserimenti degli impianti eolici nel territorio regionale (D.G.R. 55/2006) in cui si sottolinea la necessità di sottoporre a Valutazione d’Incidenza i progetti ricadenti all’interno di ZPS ed il divieto di realizzazione nell’ambito di Siti d’Interesse Comunitario. Più recentemente il D.M. 17-10-2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)” vieta la “realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali, alla data di emanazione dell’atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto. Gli enti competenti dovranno valutare l'incidenza del progetto, tenuto conto del ciclo biologico delle specie per le quali il sito è stato designato, sentito l’Ispra. Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonché gli impianti per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kW. Nella tabella seguente (PTCP, 2007) vengono elencati gli impianti eolici realizzati o in fase di progettazione contigui o interni alla ZPS, che rappresentano sicuramente un elemento di criticità agli obiettivi di conservazione della fauna (in chirotterofauna). 64 particolar modo per l’avifauna e la Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Impianti eolici realizzati ed in progetto COMUNE DENOMINAZIONE DITTA Scandale Il Fortino Clean Energy Srl Cutro Timpone Arciere Energy Crotone 2 Sa Roccabernarda Colle Cervellino Energy Crotone 1 Sa Strongoli-Melissa Strongoli-Melissa Edison (Edens) Melissa San Francesco Gamesa Ciro' Crociminuti - Malucrut E-Vento Srl Cutro Rosito - S.Anna Kyoto Energy Sud Sr Tali impianti spesso esercitano un pesante impatto sul paesaggio, sull’ambiente, sulla stabilità delle pendici anche per i rilevanti movimenti di terra che l’apertura delle strade ad essi connessi, le fondamenta e quant’altro necessario, richiedono inevitabilmente. Inoltre è ampiamente e scientificamente dimostrato, da numerosi studi, come gli impianti eolici producano seri effetti negativi sulle biocenosi e in particolare sugli uccelli e sui chirotteri. Tali effetti consistono essenzialmente in due tipologie d’intervento: - diretto, dovuto alla collisione degli animali con parti dell’impianto, in particolare il rotore; - indiretto, dovuto all’aumento del disturbo antropico con conseguente allontanamento e/o scomparsa degli individui, modificazione di ambienti (aree di riproduzione e di alimentazione), frammentazione degli habitat e delle popolazioni, ecc. La diminuzione degli spazi ambientali è una delle cause maggiori della scomparsa e della rarefazione di molte specie il disturbo provocato dalle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, vengono indicati da molti autori, come una delle cause principali dell’abbandono di queste aree da parte degli uccelli, in particolare per le specie che nidificano a terra o negli arbusti. È evidente che la misurazione della mortalità dà valori molto approssimati per difetto. Infatti molte carcasse non vengono ritrovate in quanto possono essere spostate e divorate da altri animali quali topi, volpi o cani randagi. In Italia, Magrini (2003) ha riportato che nelle aree dove sono presenti impianti eolici, è stata osservata una diminuzione di uccelli fino al 95% per un’ampiezza di territorio fino a circa 500 metri dalle torri. In paesi come l’Italia ed il territorio crotonese, interessati da grandi flussi di migratori su vasti fronti, lo sviluppo dell’eolico sulle coste, o in prossimità dei corridoi migratori porterebbe come conseguenza inevitabile stragi intollerabili di uccelli migratori, destinate ad avere impatti pesanti sulla consistenza delle specie. I pipistrelli vengono anch’essi distrutti in gran numero dal movimento delle turbine. Gli uccelli sottoposti a rischio sono i migratori notturni (passeriformi) ed anche quelli diurni (rapaci e veleggiatori), soprattutto quando, alla ridotta visibilità, si aggiungono condizioni atmosferiche avverse che comportano una riduzione delle altezze di volo. Gli uccelli più colpiti sembrano essere in assoluto i rapaci anche se tutti gli uccelli di grandi dimensioni, ad esempio cicogne e aironi, sono potenzialmente ad alto rischio; seguono poi i 65 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio passeriformi e le anatre, in particolare durante il periodo di migrazione. oltre al pericolo derivante dalla collisione diretta, ci sono altri tipi di impatto che occorre considerare, prima fra tutte la perdita di habitat. La presenza di corpi idrici rappresenta un ulteriore rischio, in quanto ad essi si associa una maggiore densità di uccelli. Al fine di mitigare i danni che tali impianti arrecano alla fauna selvatica si potrebbe pensare di mettere in atto una serie di misure tra cui: o il controllo delle specie preda che, come messo in risalto costituiscono un’attrazione per le popolazioni di rapaci aumentandone conseguentemente il rischio di collisioni. L’eradicazione, o il controllo di queste popolazioni, limiterebbe sicuramente il rischio di collisione; o utilizzare esclusivamente modelli tubolari di turbine; queste infatti non forniscono posatoi adatti alla sosta dei rapaci contribuendo alla diminuzione del rischio di collisioni; Osborn (2001) infatti, evidenzia come l’utilizzo di turbine tubolari e la presenza di posatoi naturali (alberi) riduca sensibilmente il rischio di impatto. Sarebbe quindi opportuno prevedere azioni di miglioramento ambientale che interessino le aree limitrofe all’impianto, in modo da fornire agli uccelli una valida alternativa all’utilizzo del parco eolico. o Strickland (1998) riporta un caso in cui sono state utilizzate delle sagome come deterrenti applicati alle turbine, per impedire che i rapaci usino le stesse come posatoi (con una percentuale di rischio di collisioni molto maggiore); o l’utilizzo di particolari vernici visibili nello spettro UV, campo visivo degli uccelli, hanno provocato, secondo Curry (1998)una significativa riduzione della mortalità. Poiché tale accorgimento renderebbe più visibili le pale rotanti; altri studi invece non evidenziano nessun risultato significativo (Strickland et al., 2000). Alcune ricerche si sono concentrate su quale colorazione rendesse più visibili le pale degli aereogeneratori; McIsaac (2000) ha dimostrato che bande colorate che attraversano la superficie, in senso trasversale, delle pale, vengono avvertite dai rapaci a maggior distanza. Hodos invece,(2000) afferma che, colorando una sola delle tre pale di nero e lasciando le altre due bianche, si ridurebbe l’effetto “Motion Smear” (corpi che si muovono a velocità molto alte producono immagini che rimangono impresse costantemente nella retina dando l’idea di corpi statici e fissi), e gli uccelli riuscendo a percepire molto meglio il rischio, potrebbero, in tempo utile, a modificare la traiettoria di volo. 2.1.6.4 IMPIEGO DI PESTICIDI Dall’analisi dei dati riportati in tabella, elaborati dal Servizio di Agropedologia dell’ARSSA, si evince chiaramente che le aree maggiormente soggette a rischio di contaminazione da fitofarmaci sono le zone di pianura a coltivazione intensiva. Infatti, dei 27 comuni della provincia, quelli in cui vi è la maggior incidenza di rischio di contaminazione sono Cirò Marina, Isola di Capo Rizzuto e 66 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Rocca di Neto. Ciò è certamente legato al tipo di coltivazioni prevalenti in questi comuni, il vigneto nella zona di Cirò, e le colture ortive in serra ed in pieno campo negli altri due comuni. Al contrario le zone più impervie che ricadono nei comuni montani e/o quelle nelle quali sono diffuse l’olivicoltura, la castanicoltura e le essenze forestali, colture per le quali sono minimi o nulli i trattamenti fitosanitari, presentano un bassissimo rischio di contaminazione. PROVINCIA DI CROTONE: rischio contaminazione acquiferi da prodotti fitosanitari Area Area comune rischio Incidenza COMUNE (ha) (ha) (%) BELVEDERE DI SPINELLO 3000,96 46,987 1,57 CACCURI 6050,30 0 0 CARFIZZI 2050,60 76,792 3,74 CASABONA 6691,81 51,419 0,77 CASTELSILANO 3962,14 0 0 CERENZIA 2198,07 0 0 CIRO' 7027,99 269,122 3,83 CIRO' MARINA 4138,11 878,153 21,22 COTRONEI 7836,00 0 0 CROTONE 17937,43 396,426 2,21 CRUCOLI 4993,97 1,54 CUTRO 13207,04 375,043 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 12531,10 1579,720 12,61 MELISSA 5112,07 286,357 5,60 MESORACA 9382,34 421,695 4,49 PALLAGORIO 4400,68 0 0 PETILIA POLICASTRO 9729,66 166,560 1,71 ROCCA DI NETO 4437,53 376,712 8,49 ROCCABERNARDA 6420,74 432,605 6,74 SAN MAURO MARCHESATO 4148,81 12,130 0,29 SAN NICOLA DELL'ALTO 776,70 0 0 SANTA SEVERINA 5179,12 12,692 0,25 SAVELLI 4841,20 0 0 SCANDALE 5364,30 118,242 2,20 STRONGOLI 8459,36 434,506 5,14 UMBRIATICO 7260,03 1,188 0,02 VERZINO 4515,19 0 0 76,889 2,84 Fonte: Regione Calabria Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione 67 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 68 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.6.5 Meccanizzazione Agricola Dall’analisi dei dati riportati in tabella si evince chiaramente che la meccanizzazione agricola è maggiormente diffusa nelle zone di pianura a coltivazione intensiva. Infatti, dall’analisi della prima tabella che riporta, divise per comune, le trattrici o le macchine portate per la lavorazione del terreno si evince che le prime prevalgono nei comuni di pianura ad agricoltura intensiva (Crotone, Rocca di Neto ed Isola di Capo Rizzuto), mentre le seconde sono prevalenti nei comuni posti in zone collinari o come Cirò dove per la coltivazione dei vigneti si usano piccole macchine portate (motozappe, motocoltivatori e moto fresatrici) Diversamente dall’analisi dei dati riportati nella seconda tabella si evince come le mietitrebbie siano maggiormente diffuse nelle zone di pianura (Crotone, Isola di Capo Rizzuto, Cutro e Rocca di Neto). Soprattutto nelle operazioni di sfalcio di prati e medicai e nella raccolta di grano, non è infrequente imbattersi in animali selvatici che, nella maggioranza dei casi, fuggono spaventati dal rumore del trattore ma che in qualche caso restano feriti o, peggio, uccisi dagli organi di lavoro delle attrezzature. Ciò capita soprattutto durante i periodi di cova o riproduzione, quando cioè sono presenti nidiate o cucciolate, epoche che coincidono con la maggiore attività nei campi In caso di necessità di fuga, gli animali selvatici d’istinto abbandonano il rifugio solo all’ultimo minuto. Una lepre, una brigata di starne, una nidiata di fagiani o altri selvatici, in caso di pericolo, rimangono accovacciati nel loro rifugio nell’intento di eludere ciò che viene riconosciuto come predatore anche se invece è una macchina agricola. Il loro rifugio viene abbandonato solo all’ultimo momento confidando nell’effetto mimetico, nella sorpresa della fuga e nella loro velocità. Questa tecnica di gestione del pericolo è stata per loro fonte di sopravvivenza e selezione nei millenni ma risulta inefficiente di fronte ai moderni cantieri di lavoro, dove la velocità di lavoro può raggiungere anche i 15-20 km/ora e talvolta superare anche i 30 km/ora. Vittime, in questo caso, sono soprattutto le lepri e i volatili che nidificano sul terreno. Lo sfalcio dei prati coincide, come noto, con i periodi in cui la fauna si sta riproducendo e con la presenza di un gran numero di pulcini e cuccioli. Durante il taglio del foraggio le lepri, giovani o adulte, si accovacciano nell’erba sicure di sfuggire all’insidia ricorrendo al mimetismo e all’immobilità. Analogamente si comportano anche i volatili di alcune specie (quaglia, fagiano, starna, ecc.). 69 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Aziende e relativi trattrici o/e mezzi portati AZIENDE CON MEZZI DI PROPRIETA’ TOTALE COMUNI AZIENDE AZIENDE AZIENDE TRATTRICI MOTOCOLTIVATOR CON MEZZI CON I CON MEZZIFOR MEZZI Belvedere di MOTOFRESATRICI IN DA COMPROP AZIENDE NITE E MOTOZAPPE MEZZI AZIENDE MEZZI 105 48 48 563 49 7 96 Caccuri 406 32 4 58 70 81 83 Carfizzi 241 21 12 28 36 94 10 Casabona 775 71 18 122 141 172 18 Castelsilano 199 14 3 21 23 78 11 Cerenzia 224 18 8 23 26 86 90 Ciro' 607 24 30 110 124 459 48 Ciro' Marina 812 33 17 186 251 515 56 Cotronei 956 72 13 92 97 173 18 Crotone 1.621 1.020 66 562 827 470 52 Crucoli 471 27 20 82 123 231 26 Cutro 963 87 72 110 191 27 28 1.569 90 287 374 71 86 43 19 32 37 308 32 1.156 34 106 165 79 94 Isola di Capo Melissa 1.761 569 Mesoraca 1.301 Pallagorio 431 37 14 65 71 111 11 1.457 66 88 95 134 865 1.09 Roccabernard 484 21 29 79 247 350 68 Rocca di Neto 486 39 43 205 248 61 65 San Mauro 335 26 3 72 94 69 81 San Nicola 241 24 - - - Santa 296 22 7 52 69 114 12 Savelli 105 2 1 1 1 82 82 Scandale 229 14 3 100 125 65 74 Strongoli 452 40 8 116 163 96 99 77 7 - 15 16 435 37 5 99 111 85 86 3.869 4.79 5.6 Petilia Umbriatico Verzino TOTALE Fonte: 16.497 12.10 61 2.814 Istat - 5° Censimento generale dell'agricoltura 2000 70 - 1 - 1 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Aziende e relative macchine operatrici COMUNI AZIENDE CON MEZZI DI PROPRIETA’ COMUNI MIETITREBBIATRICI MACCHINE PER LA APPARECCHI RACCOLTA AZIENDE MEZZI AZIENDE MEZZI PERMACCHINE PER LA L'IRRORAZIONE DI FERTILIZZAZIONE AZIENDE MEZZI AZIENDE MEZZI Belvedere di Caccuri 2 2 - - - - 1 1 Carfizzi - - - - - - 1 1 Casabona 3 5 - - 5 1 1 Castelsilano - - - - - - 2 2 Cerenzia - - - - - - Ciro' 24 24 1 1 360 Ciro' Marina - - 1 1 Cotronei - - - Crotone 36 41 22 24 Crucoli 2 4 1 Cutro 17 18 Isola di Capo 11 Melissa 5 - - 365 11 14 8 12 3 1 2 - - 57 63 82 89 1 10 16 8 11 3 4 11 14 8 11 16 2 4 79 80 52 54 11 13 - - - - - 3 3 2 Mesoraca - 4 4 7 5 5 - 1 1 1 1 18 9 13 Pallagorio - - - Petilia - - 4 Roccabernar 1 2 - 85 7 7 3 5 87 5 3 3 7 Rocca di 85 San Mauro 3 4 1 San Nicola - - - - 8 - - 7 - - 8 - 18 9 87 8 - Santa - - - - - - - - Savelli - - - - - - - - Scandale 1 1 - - - - - - Strongoli 17 18 3 4 - - 1 1 Umbriatico - - - - Verzino 5 6 - - TOTALE Fonte: 224 245 47 63 2 553 Istat - 5° Censimento generale dell'agricoltura 2000 71 - - - 2 17 18 315 340 588 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.7 Aree Protette 2.1.7.1 PARCO NAZIONALE DELLA SILA ISTITUZIONE Il Parco Nazionale della Sila viene istituito con Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002. Esso comprende due aree denominate Sila Grande e Sila Piccola che precedentemente costituivano il Parco Nazionale della Calabria che cessa di esistere. Contestualmente viene istituito anche l’Ente Parco Nazionale della Sila che ha personalità di diritto pubblico ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente e del Territorio, al quale si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975. La perimetrazione del Parco, riportata in scala 1:50.000 è allegata al suddetto Decreto ed è stata depositata presso il Ministero dell’Ambiente e del Territorio, presso la Regione Calabria e presso la sede dell’Ente Paro Nazionale della Sila. STORIA Il Parco Nazionale della Sila, anche se di recente istituzione, ha una storia molto lunga alle spalle strettamente legata a quella del Parco Nazionale della Calabria istituito con Legge n° 503 del 02\04\1968 con lo scopo di conservare interessanti caratteristiche ambientali di alcuni territori calabresi particolarmente significativi e di soddisfare la funzione di educazione alla natura. Tuttavia ci furono molte perplessità a riguardo sia da parte di tecnici sia da parte di ambientalisti. Il parco che nasceva, infatti, sarebbe stato il risultato di diverse aree di interesse naturalistico sparse nel territorio della Regione Calabria e distanti fra di loro anche centinaia di chilometri senza una vera e propria perimetrazione. La perimetrazione definitiva del Parco Nazionale della Calabria avvenne solo dieci anni dopo ed individuava tre distinte aree protette: la Sila Grande in provincia di Cosenza, con una estensione di 7.000 ettari; la Sila Piccola in provincia di Catanzaro, con una estensione di 5.700 ettari; e l’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, con una estensione di 3.200 ettari. Dopo la legge quadro sui parchi n° 394\91 l’Aspromonte è divenuto parco a sé. Si è avviato così il procedimento che ha portato alla nascita del Parco Nazionale della Sila con un area che si estende nei comuni di Cosenza, Catanzaro e Crotone. DISCIPLINA DI TUTELA DEL PARCO NAZIONALE DELLA SILA - Zonizzazione Il Parco Nazionale della Sila, così come delimitato nella cartografia in scala 1:50000 allegata al D.P.R. 14\09\2002 è suddiviso nelle seguenti zone: 72 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio ▪ Zona 1 – di rilevante interesse naturalistico e paesaggistico con inesistente o limitato grado di antropizzazione ▪ Zona 2 – di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico con maggior grado di antropizzazione e di presenza di attività agro – silvo – pastorali. - Tutela e promozione dello sviluppo sostenibile Nell’abito del territorio del Parco Nazionale della Sila sono assicurate - la conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di formazioni geologiche, di singolarità paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di processi naturali, di equilibri ecologici; - l’applicazione di metodi di gestione del territorio, idonei a realizzare una integrazione fra uomo e ambiente mediante il mantenimento e lo sviluppo della attività agro – silvo – pastorali tradizionali; - l'applicazione di metodi di gestione del territorio, idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente mediante il mantenimento e lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali; - la promozione e lo sviluppo dell'agricoltura biologica attraverso opportune forme di incentivazione per la riconversione delle colture esistenti. A tale fine, entro sessanta giorni dalla nomina degli organi del parco, il consiglio direttivo appronterà un piano di riconversione delle colture esistenti a colture biologiche, con la previsione dei relativi fabbisogni finanziari, da sottoporre all'esame della Regione Calabria nel quadro dei finanziamenti compresi nel Quadro comunitario di sostegno 2000/2006; - la conservazione del bosco e la gestione delle risorse forestali attraverso interventi che non modifichino il paesaggio e le caratteristiche fondamentali dell'ecosistema; - la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica anche interdisciplinare nonché di attività ricreative compatibili; - la difesa e la ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici; - la sperimentazione e valorizzazione delle attività produttive compatibili. - Divieti generali Su tutto il territorio del Parco nazionale della Sila sono vietate le seguenti attività: ▪ la cattura, l'uccisione, il danneggiamento ed il disturbo delle specie animali ad eccezione di quanto eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell'Ente parco, salvo gli eventuali abbattimenti selettivi o prelievi faunistici necessari per ricomporre equilibri ecologici compromessi, accertati dall'Ente parco ai sensi dell'art. 11, comma 4 della legge 6 dicembre 1991, n 394; ▪ la raccolta e il danneggiamento della flora spontanea, salvo nei territori in cui sono consentite le 73 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio attività agro – silvo – pastorali e nel rispetto delle normativa degli usi civici locali; e' fatta salva la raccolta di funghi, come disciplinata da specifica normativa regionale; ▪ l'introduzione in ambiente naturale non recintato di specie vegetali o specie animali estranee alla flora e alla fauna autoctona, fatte salve le foraggere ed altre specie vegetali impiegate nelle coltivazioni agrarie e le specie animali in transumanza; ▪ il prelievo di materiali di rilevante interesse geologico e paleontologico, ad eccezione di quello eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell'Ente parco; ▪ l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, l'asportazione di minerali; le cave e/o le miniere in coltivazione e regolarmente autorizzate potranno restare in esercizio fino ad'esaurimento delle autorizzazioni attraverso specifici piani di coltivazione, dismissione e recupero autorizzati dall'Ente parco; ▪ l'introduzione da parte di privati, di armi, di esplosivi, e di qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzata, fatto salvo quanto previsto dall'art. 21, comma 1, lettera g), della legge 11 febbraio 1992, n. 157; ▪ il campeggio, al di fuori delle aree destinate a tale scopo ed appositamente attrezzate, ad eccezione del campeggio temporaneo autorizzato; ▪ il sorvolo non autorizzato dalle competenti autorità, secondo quanto espressamente definito dalle leggi sulla disciplina del volo; ▪ il transito di mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali gravate da servitù, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per i mezzi accessori all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali; ▪ lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall'Ente Parco. Regime attuativo generale 1. l'adozione dei nuovi strumenti urbanistici generali e loro varianti generali e parziali per la parte ricadente nell'area del parco deve essere preceduta da intesa col soggetto gestore del parco. 2. le attività silvo – colturali, comprese quelle interessanti demani statali, regionali e comunali, sono autorizzate dall'autorità territoriale competente, secondo quanto specificato dalla delibera della giunta regionale n. 2796 del 18 settembre 1989; 3. tutti gli interventi e le opere da realizzare nelle aree proposte e/o designate ai sensi delle direttive comunitarie 92/43/CEE e 79/409/CEE sono sottoposti alla necessaria valutazione di incidenza ai sensi dell'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357; 4. E' prevista la realizzazione del progetto di metanizzazione delle frazioni di Camigliatello e Moccone del comune di Spezzano della Sila, approvato con delibera della giunta comunale n. 107 dell'11 agosto 1998, in deroga ai divieti di cui all'art. 4. 74 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Modalità di richiesta di autorizzazioni L'eventuale rilascio di autorizzazioni da parte dell'organismo di gestione, per quanto disposto dai precedenti articoli 6, 7 e 8, e' subordinato al rispetto, da parte del richiedente, delle seguenti condizioni: ▪ gli elaborati tecnici relativi alle istanze prodotte dovranno essere corredati di tutte le autorizzazioni, i nulla-osta, i pareri, comprese le eventuali prescrizioni, da parte degli Enti istituzionalmente competenti per territorio secondo quanto richiesto alla normativa vigente; ▪ l'autorizzazione e' rilasciata entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione richiesta, completa in ogni sua parte; tale termine potrà essere prorogato, per una sola volta, di trenta giorni per necessità di istruttoria. - Vigilanza e sorveglianza La vigilanza sulla gestione del Parco nazionale della Sila e' esercitata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. ▪ La sorveglianza del territorio di cui all'art. 1 e' affidata al Corpo forestale dello Stato, nei modi previsti dall'art. 21 della legge 6 dicembre. 1991, n. 394, e all'Arma dei carabinieri ed alle altre Forze di polizia i cui appartenenti rivestano la qualifica di agente o di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi del codice di procedura penale. ▪ Le eventuali esigenze di potenziamento della sorveglianza potranno essere esercitate mediante l'utilizzo di personale dell'Ente parco nei modi di cui al comma 2 dell'art. 21 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, nonché attraverso operatori di eventuali servizi di polizia ecologica dell'Ente Parco. IL TERRITORIO Il Parco Nazionale della Sila ha una estensione di circa 73695 ettari, ricadente in 21 comuni, 5 comunità montane e 3 province. Nella provincia di Crotone ricadono 9085,10 ettari. La Sila è costituita da un grosso massiccio granitico – cristallino di natura piuttosto variabile. Di rado si tratta di veri e propri graniti; quasi sempre sono granodioriti, dioriti quarziferi con filoni di pegmatite. Confina a nord con la pianura di Sibari, a ovest con la valle del Crati, mentre a est e a sud degrada lentamente verso il mare Ionio. La morfologia si presenta con forme moderate e rotondeggianti, i cui rilievi più importanti come Monte Altare (1.651 m.), Monte Scuro (1.650 m.), Monte Pettinascura (1.685 m.), Monte Botte Donato (1.929 m.), Monte Nero (1.880 m.), Monte Gariglione (1.750 m.), fanno da contorno ai tre laghi artificiali Ampollino, Arvo e Cecita. I tre laghi furono realizzati fra il 1920 ed il 1950 per la produzione di energia idroelettrica. Ed oggi costituiscono un punto di forza del paesaggio con gli innumerevoli scenari che offrono durante il 75 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio trascorrere delle stagioni. Numerosi, inoltre, sono i corsi d'acqua che attraversano il parco e che costituiscono una fonte di importanza enorme per la vita nel parco. Tra i più importanti citiamo il Cecita, che origina l'omonimo lago dopo aver attraversato una profonda vallata ricca di boschi di pino laricio, faggi ed abete bianco, il Neto, il Lese, la fiumarella di Macchialonga che percorre i pascoli di alta quota, Il Tacina che origina la splendida vallata in prossimità del Gariglione MICROCLIMA La piovosità annua raggiunge in media i 1.600 mm. La distribuzione è caratterizzata da massimi principali in autunno e secondari a fine inverno inizio primavera, mentre i minimi sono estivi con 100 mm. Fra giugno e agosto. Notevoli sono le precipitazioni nevose, con manti che raggiungono i due metri di altezza, ma di scarsa persistenza se non nelle vallecole più riparate ed esposte a nord. Durante annate eccezionali, in cui il carico di neve può superare i tre metri si verifica spesso danno al soprassuolo arboreo più giovane danneggiando decine di ettari di pineta. La Sila Piccola è leggermente più piovosa della Sila Grande per la differenza disposizione dei monti appenninici. I venti della circolazione generale, provenienti dal Tirreno, non devono superare barriere come Serra della Guardia, Monte Scuro e Botte Donato e possono far sentire più facilmente il loro effetto. L'umidità relativa dell'aria è elevata con una media annua del 75%. La temperatura media annua è di 8 – 9 °C con una escursione di circa 17 °C, la temperatura media del mese più freddo (dicembre) oscilla su 1-2°C, quella di agosto sui 17-19°C. FLORA Oltre la bellezza del paesaggio, la Sila Piccola occupa un posto di primo piano a livello naturalistico per la presenza diffusa di boschi naturali di Pino laricio (Pinus laricio Poir.) e di boschi misti di Faggio (Fagus selvatica Linn,) e Abete bianco (Abies alba Mill.) e per il notevole corteggio floristico che conta più di un migliaio di specie, alcune delle quali rare, altre endemiche di origine balcanica, e per questo di grande interesse fitogeografico. La pineta pura di Pino laricio costituisce la formazione vegetale più estesa, ed attraversa il Parco senza soluzione di continuità lungo una fascia compresa tra 1.000 e 1.400 metri di altitudine, coprendo oltre 3000 Ha di superficie, il che la rende assieme alla pineta della Sila Grande, unica nel suo genere in Europa. Al limite inferiore si associa con le specie quercine e verso l'alto con il Faggio e l'Abete bianco. Sul suolo nudo ove la pineta si è insediata, si è affermata nel tempo la flora più varia, dalle Graminacee ai vari Trifogli, agli Asfodeli, alle Felci e ai vari Arbusti (Cisti, Rose canine, Rovi, Lamponi, Biancospini, Meli selvatici) per arrivare alle Latifoglie come il Faggio, l'Acero, Lontano. Nell'ambito dei popolamenti di Pino laricio si trovano inoltre degli individui aventi particolari caratteristiche di pregio: tra questi si segnala un ecotipo di Pino laricio, chiamato "Pino Vutullo", 76 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio da alcuni ritenuto una varietà botanica, presenta un fusto cilindrico con corteccia liscia, è privo di nodi, ed ha un durame più esteso del normale. Verso il limite superiore del territorio considerata è inclusa la Riserva Naturale Biogenetica "Gariglione-Pisarello" ove avviene la raccolta di un seme di Abete bianco dall'elevato valore genetico, in quanto le abetine nate da questo seme mostrano particolare resistenza alle cosiddette "Piogge Acide". La vasta superficie occupata dal territorio preso in considerazione, rende possibile il diversificarsi di vari ambienti e formazioni vegetali caratteristici dell'Orizzonte Montano Inferiore del Piano Montano, in cui ricade totalmente il Parco della Sila Piccola. Nel Suborizzonte Inferiore il Pino laricio trova il suo optimum ecologico e vi domina incontrastato raggiungendo dimensioni maestose come in località Roncino e Acqua delle Donne; al limite Inferiore si mescola col Cerro, col Castagno e con altre Querce caducifolie. Verso il limite Superiore si ha una giustapposizione del Pino col Faggio, pur rimanendo quest'ultimo subordinato al primo, tranne che in qualche stazione umida e più esposta a Nord ove si verifica un'inversione di tendenza. Nel Suborizzonte Superiore domina il Faggio che inferiormente confina con le pinete di Laricio, mentre verso l'alto tende a mescolarsi con l'Abete bianco, di cui si riscontra una abbondante rinnovazione naturale. Nel complesso del Gariglione i boschi di faggio e abete si trovano associati con piante sparse o a gruppi, di sorbociavardello, acero di label, acero opalo e con un carteggio floristico di pregio. FAUNA Oltre alla grande varietà di specie è oltremodo significativa la presenza del Lupo, un tempo oggetto di efferate persecuzioni, oggi al centro di un oculato progetto di ripopolamento unitamente a quello di reintroduzione di Cervi, Caprioli e Gufo Reale che occupano un ruolo fondamentale per il riequilibrio della catena alimentare. Infatti la presenza del Lupo (Canis lupus), trovandosi all'apice di una complessa catena alimentare, è indicativa della ricchezza varietale delle specie faunistiche che popolano il Parco (vi si annoverano oltre 20 specie fra mammiferi, uccelli, rettili e pesci). Nel territorio del Parco è presente la fauna tipica dell'Appennino con grandi predatori come il Lupo ed il Gatto selvatico. Vengono di seguito riportate le specie più importanti: - lupo, gatto selvatico, tasso, volpe, faina, puzzola, donnola, martora, scoiattolo, ghiro, quercino, moscarino, topi selvatici etoporagni, cinghiale, capriolo, picchio, poiana, gheppio, falco, gufo, salamandra, trota, rana, raganella, vipera ecc. 2.1.7.2 Oasi di Protezione della selvaggina – FOCE DEL NETO La foce del Neto, all’interno della quale insiste un’Oasi di Protezione della selvaggina di 1633,90 ha, (Decreto Giunta Regionale n. 2022 del 15/09/76), delimitata a sud con il torrente Talesi a nord con il torrente Vergano, ad ovest con la linea ferroviaria jonica, e ad est con il 77 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio litorale jonico, è un’importante zona umida i cui habitat sono indispensabili per la sosta e la riproduzione di specie di uccelli, rettili ed anfibi. Infatti una zona più ampia della foce è stata individuata dalla Regione Calabria e proposta dall’Italia quale Sito di Interesse Comunitario, ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) con la denominazione Foce del Neto per complessivi 656 ha. Essa è inoltre inclusa nell’IBA cod. 149 “Marchesato e Fiume Neto” come zona ZPS in base al DGR del giugno del 2005. Posta tra i comuni di Strongoli, lato nord della foce, e di Crotone, lato sud ancora oggi presenta una fitta boscaglia che mostra glia spetti della foresta mista, in cui compare il pioppo bianco, il salice, l’ontano, la tamerice, l’olmo, il frassino ed un ricco sottobosco a Juncus pragmites, equisetumed altre essenze. La fauna maggiore (cervi, cinghiali, caprioli) che un tempo era presente in questa zona è ormai estinta, tuttavia sono presenti durante il passo e nidificanti le specie palustri presenti anche sui laghi silani (sgarza ciuffetto, garzetta, tarabusco e gabbiani di varia specie) Particolarmente comuni il ramarro e la tartaruga palustre. Abbondanti nelle acque salate antistanti le diverse varietà di pesce bianco: cefalo, spigola, orata che risalgono il fiume . In poche parole un ambiente palustre con vegetazione ripariale relitta. Allo stato attuale sorge in località Misola di Crotone una boscaglia naturale composta da ontani neri, olmi campestri, tamerici, salici, giunchi, lentischi, canne d'acqua. Vi si trova il bellissimo iris palustre. Ma ciò che rende rara e altrettanto interessante la zona umida del Neto è che essa costituisce, con i suoi stagni, un habitat ideale per gli uccelli migratori: falchi, aironi cenerini, folaghe, cavalieri d'Italia, ecc.. Nel passato fu segnalata la presenza della lontra. Da secoli la foce del Neto è la tappa in andata e in ritorno delle lunghe traversate del mediterraneo per i migratori. E' altresì, un luogo ‘sicuro’ e di facile nutrimento per gli uccelli che si fermano a svernare. Gli ambienti circostanti sono rappresentate da aree agricole di bonifica anche recenti ed insediamenti e di case sparse. Di seguito si riportano le campagne di osservazione presso la foce del Neto, oggetto di pubblicazione su birdcalabria.blogspot.com (da parte di: dott. Giuliano Monterosso naturalista e dott. Francesco Sottile naturalista e biologo) Report: Foce del Neto, 13.3.07 Giornata decisamente fruttuosa ieri alla Foce del Neto. Osservata anche una nuova specie per me, una femmina/imm. di Smeriglio Falco colombarius (seconda segnalazione per l'area). 01) Sula 1 ind. al 2° anno 02) Cormorano 5 03) Airone cenerino 30+ 04) Spatola 2 ad. 05) Marzaiola 2 m+f 06) Falco di palude 7 (di cui 1 m ad.) 07) Poiana 1 08) Gheppio 3+ 09) Falco pellegrino 1 78 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 10) Smeriglio 1 f/imm. 11) Gallinella d'acqua 3 12) Corriere piccolo 3 13) Gabbiano comune 40+ 14) Gabbiano roseo 10 15) Gabbiano corallino 30+ 16) Gabbiano reale 300+ 17) Gabbiano corso 9 (6 ad.+2 ind. al 3° e 2 al 2° anno) 18) Zafferano 8+ ad. 19) Beccapesci 3+ 20) Colombaccio alcuni ind. 21) Tortora dal collare 3+ 22) Upupa 4 23) Martin pescatore 1 24) Allodola diversi ind. 25) Cappellaccia molti ind. 26) Calandrella 50+ 27) Rondine 15+ 28) Balestruccio 5 29) Merlo alcuni ind. 30) Ochiocotto 2 31) Beccamoschino diversi ind. 32) Usignolo di fiume diversi ind. 33) Gazza diversi ind. 34) Cornacchia grigia diversi ind. 35) Storno 7 36) Frinfuello 50+ 37) Fanello 40+ 38) Cardellino 50+ 39) Verdone diversi ind. 40) Strillozzo diversi ind. EuroBW 2006: Foce del Neto, 7.X.06 Da pochi minuti di ritorno dalla Foce del Neto (Crotone) per l'Eurobirdwatch 2006, riporto le specie avvistate dalle 0re 7:45 alle 11:45. Purtroppo, la presenza di alcuni pescatori nei pressi della foce ha ridotto notevolmente il numero di specie osservabili. 1) Berta maggiore 127+ 79 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2) Berta minore 40+ 3) Garzetta 2 (alla Foce del torrente Passovecchio, pochi Km più a sud) 4) Airone bianco maggiore 2 (di cui 1 alla Foce Passovecchio) 5) Airone cenerino 16 6) Spatola 1 imm. 7) Germano reale 6 ff. 8) Falco di palude 2 ff. 9) Poiana 1 10) Gheppio 3 11) Folaga 1 12) Pivieressa 2 13) Piovanello pancianera 3 14) Pantana 1 15) Gabbiano comune 20+ 16) Gabbiano reale 70+ (ad. + imm.) 17) Gabbiano corso 1 ad. 18) Zafferano 3 ad. 19) Beccapesci 16 20) Colombaccio molti ind. 21) Tortora dal collare diversi ind. 22) Martin pescatore 1 23) Cappellaccia molti ind. 24) Pettirosso diversi ind. 25) Occhiocotto alcuni ind. 26) Beccamoschino diversi ind. 27) Usignolo di fiume molti ind. 28) Gazza molti ind. 29) Taccola 50+ 30) Cornacchia grigia diversi ind. 31) Storno 60+ 32) Passera d'Italia diversi ind. 33) Passera mattugia 3 34) Cardellino 30+ 35) Strillozzo alcuni ind. 80 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Report: Foce del Neto, 20.IX.06 Giorno 20 settembre scorso mi sono recato alla Foce del Neto per accompagnare un fotoreporter per effettuare alcuni scatti dell'area. Avevo con me il binocolo, ovviamente, e, nonostante l'oretta passata non fosse destinata al birdwatching, ho avvistato alcune specie interessanti. Riporto di seguito: 1) Airone cenerino 6 2) Poiana 1 3) Sparviero 1 4) Beccaccia di mare 2 4) Avocetta 2 5) Piovanello pancianre 2 (confidentissimi!) 6) Pantana 1 7) Combattente 1 8) Gabbiano reale 50+ 9) Beccapesci 4+ 10) Colombaccio1 11) Tortora dal collare alcuni ind. 12) Cappellaccia alcuni ind. 13) Stiaccino alcuni ind. 14) Beccamoschino alcuni ind. 15) Averla piccola 1 f./imm. 16) Pigliamosche 1 Tra i Gabbiani reali, ce n'era uno sub-adulto (nella foto piccola e il secondo da destra nella foto grande) che non mi ha convinto per forma e dimensioni: più piccolo dei L. cachinnas, becco meno robusto e silhouette complessivamente più snella. Vi propongo due scatti, chiedendovi di aiutarmi nella determinazione di un'eventuale ssp., che al momento non ho il tempo di identificare da solo. (Fonte: Giuliano Monterosso 2006/2007) Sito: birdwatching calabria. 2.1.7.3 Riserva Marina “Capo Rizzuto” Sempre nel 2002 e precisamente il 19 febbraio, il Ministero dell’Ambiente istituisce la riserva marina denominata Capo Rizzuto. La Riserva Naturale “Capo Rizzuto” interessa l’area marina costiera antistante i Comuni di Crotone ed Isola Capo Rizzuto ed esattamente da Capo Donato (poco a sud di Crotone) a Barco Vercillo (subito prima della località Praialonga), per tutto il tratto di mare ricompresso, in linea di massima, fino all’isobata (profondità) dei 100 metri con una superficie complessiva stimata è di 13.500 Ha . 81 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio L’area marina protetta oltre ad offrire un interessante scenario naturalistico sottomarino, con le enormi praterie di Posidonea Oceanica che costituiscono una vera e propria oasi di vita ricca e diversificata, si protrae sulla costa che in questo tratto si frastaglia fuoriuscendo con numerose lingue di terra che costituiscono i promontori di Capo Colonna, Capo Cimiti, Capo Rizzuto e Le Castella, per uno sviluppo costiero di circa 40 Km; si alternano così coste rocciose a strapiombo sul mare a spiagge basse e sabbiose offrendo ulteriori paesaggi di rara bellezza. Inoltre alla notevole vita biologica dei fondali si affianca la ricchezza di testimonianze archeologiche; a pochi metri d'acqua, infatti, ed in particolare sulle numerose secche è possibile scorgere reperti (colonne marmoree e carichi di navi) risalenti all’epoca greca e romana. 2.1.8 Siti Rete Natura 2000 Nella provincia di Crotone è presente la ZPS (Zona di Protezione Speciale) denominata Marchesato- Fiume Neto istituita con un provvedimento deciso dalla Giunta regionale del 27/6/2005 in merito alla Revisione del sistema regionale delle ZPS, direttiva 79/409/CEE “Uccelli”, recante conservazione dell'avifauna selvatica e direttiva 92/43/CEE “Habitat” relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatica. La ZPS Marchesato-Fiume Neto interessa tutti i comuni dell’entroterra della provincia ed è stimata per una superficie pari a 67.000 Ha e comunque va rilevato la mancanza di un organico monitoraggio ambientale di queste aree dovuto probabilmente ad una scontata valutazione della naturalità delle stesse, come nel caso delle foci del fiume Neto e Tacina. Di individuazione sempre da parte della Regione sono le aree SIC (Siti di Interesse Comunitario) che nel territorio della provincia di Crotone raggiungono il numero di 21 di cui due si trovano a mare; per ogni singolo sito SIC è stata predisposta una scheda riassuntiva, articolata secondo le disposizioni di Natura 2000, nella quale vengono elencate le principali competenti caratteristiche che lo contraddistinguono e che rappresentano il patrimonio biologico da proteggere. Per ogni habitat sono disponibili le seguenti informazioni: Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito Nome del sito: denominazione del sito Codice dell'Habitat: codice Natura 2000, identificativo di ogni singolo habitat Percentuale di copertura dell'Habitat: Valore di copertura in percentuale dell'habitat calcolato sulla superficie del singolo sito Rappresentatività: grado di rappresentatività del tipo di habitat naturale sul sito, seguendo il seguente sistema di classificazione: rappresentatività eccellente; buona conservazione rappresentatività significativa presenza non significativa 82 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Nei casi in cui la rappresentatività sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai seguenti altri campi: Superficie relativa: superficie del sito coperta dal tipo di habitat naturale rispetto alla superficie totale coperta da questo tipo di habitat naturale sul territorio nazionale, secondo la seguente codifica: percentuale compresa tra il 15.1% ed il 100% della popolazione nazionale; percentuale compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale; percentuale compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale; Stato di Conservazione: grado di conservazione della struttura e delle funzioni del tipo di habitat naturale in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica: conservazione eccellente; buona conservazione conservazione media o ridotta Valutazione globale: valutazione globale del valore del sito per la conservazione del tipo di habitat naturale, secondo la seguente codifica: valore eccellente valore buono valore significativo CLASSI DI HABITAT dato relativo alla indicazione della divisione del sito in classi generali di habitat, secondo il seguente sistema di codice di riferimento ANFIBI E RETTILI Per ogni sito contenuto in banca dati vengono riportate le informazioni relative alle specie di Anfibi e Rettili, in esso segnalate, inserite in allegato II della Direttiva Habitat. Per ogni specie sono disponibili le seguenti informazioni: Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito Nome del sito: denominazione del sito Numero della specie: codice Natura 2000, identificativo di ogni singola specie Nome della specie: nome scientifico della specie I campi "RESIDENZA", "NIDIFICAZIONE/RIPRODUZIONE" "SVERNAMENTO" "TAPPA" contengono le informazioni dati relative alla consistenza della popolazione della specie all’interno del sito, secondo la seguente codifica: numero di individui (i), o numero di coppie (p) se conosciuti; In assenza di dati numerici vale la seguente codifica: 83 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio C. la specie è comune R. la specie è rara V. la specie è molto rara In assenza di qualsiasi dato relativo alla popolazione, viene segnalata semplicemente la presenza nel sito con la seguente codifica: P. specie presente nel sito (non si hanno informazioni quantitative) Il campo popolazione contiene i dati relativi alla dimensione e alla densità della popolazione della specie presente nel sito, rispetto alle popolazioni presenti sul territorio nazionale, secondo la seguente codifica. popolazione compresa tra il 15,1% ed il 100% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale; popolazione non significativa Nei casi in cui la popolazione sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai seguenti altri campi: Campo "Conservazione": grado di conservazione degli elementi dell’habitat importanti per la specie in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica: conservazione eccellente; buona conservazione conservazione media o limitata Campo "Isolamento": grado di isolamento della popolazione presente sul sito rispetto all’area di ripartizione naturale della specie in Italia, secondo la seguente codifica: popolazione (in gran parte) isolata popolazione non isolata, ma ai margini dell’area di distribuzione popolazione non isolata all’interno di una vasta fascia di distribuzione Campo "Valutazione globale": valutazione globale del valore del sito per la conservazione della specie interessata, secondo la seguente codifica valore eccellente valore buono valore significativo MAMMIFERI per ogni sito contenuto in banca dati vengono riportate le informazioni relative alle specie di Mammiferi in esso segnalate, inserite in allegato II della Direttiva Habitat. Per ogni specie sono disponibili le seguenti informazioni: Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito 84 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Nome del sito: denominazione del sito Numero della specie: codice Natura 2000, identificativo di ogni singola specie Nome della specie: nome scientifico della specie I campi "RESIDENZA", "NIDIFICAZIONE/RIPRODUZIONE" "SVERNAMENTO" "TAPPA" contengono le informazioni dati relative alla consistenza della popolazione della specie all’interno del sito, secondo la seguente codifica: numero di individui (i), o numero di coppie (p) se conosciuti; In assenza di dati numerici vale la seguente codifica: C. la specie è comune R. la specie è rara V. la specie è molto rara In assenza di qualsiasi dato relativo alla popolazione, viene segnalata semplicemente la presenza nel sito con la seguente codifica: P. specie presente nel sito (non si hanno informazioni quantitative) Il campo popolazione contiene i dati relativi alla dimensione e alla densità della popolazione della specie presente nel sito, rispetto alle popolazioni presenti sul territorio nazionale, secondo la seguente codifica. popolazione compresa tra il 15,1% ed il 100% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale; popolazione non significativa Nei casi in cui la popolazione sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai seguenti altri campi: Campo "Conservazione": grado di conservazione degli elementi dell’habitat importanti per la specie in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica: conservazione eccellente; buona conservazione conservazione media o limitata Campo "Isolamento": grado di isolamento della popolazione presente sul sito rispetto all’area di ripartizione naturale della specie in Italia, secondo la seguente codifica: popolazione (in gran parte) isolata popolazione non isolata, ma ai margini dell’area di distribuzione popolazione non isolata all’interno di una vasta fascia di distribuzione Campo "Valutazione globale": valutazione globale del valore del sito per la conservazione della specie interessata, secondo la seguente codifica valore eccellente valore buono valore significativo 85 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio SIC DELLA PROVINCIA DI CROTONE 86 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio * sic Marini CODICE DENOMINAZIONE ETTARI COMUNE ETTARI ETTARI COMUNE SIC/ % COMUNE 1 IT9310069 Parco Nazionale della 16027 Calabria 2 IT9320046 Stagni sotto Timpone S. 11,9 Cotronei, Petilia Policastro, Mesoraca, Savelli ** ROCCABERNARDA 6418,7 11,9 0,2 Francesco 3 IT9320050 PESCALDO 73,1 UMBRIATICO 7256,6 73,1 1,0 4 IT9320095 FOCE NETO 542,8 CROTONE 17937,5 366,0 2,0 STRONGOLI 8461 198,9 2,4 40,5 0,6 0,1 5 IT9320096 Fondali di Gabella Grande 484 CROTONE 6 IT9320097 Fondali da Crotone a Le 4453 CROTONE RIZZZUTO * 7 IT9320100 DUNE DI MARINELLA 40,5 CIRO’ 7033,3 8 IT9320101 CAPO COLONNA 28,7 CROTONE 17937,5 19,2 9 IT9320102 DUNE DI SOVERETO 104,1 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 12520,8 102,7 0,8 10 IT9320103 CAPO RIZZUTO 12,3 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 12520,8 11,3 0,1 11 IT9320104 COLLINE DI CROTONE 606,7 CROTONE 17937,5 606,7 3,4 12 IT9320106 STECCATO DI CUTRO e 258,0 CUTRO 13219,5 134,3 1,0 2827,3 SANTA SEVERINA 5174,7 532,4 10,3 ROCCABERNARDA 6418,7 1425,8 22,2 PETILIA POLICASTRO 9731,3 0.6 0,01 SAN MAURO MARCHESATO 4145,6 868,5 21,0 4,0 Castella * – ISOLA CAPO COSTA DEL TRUCHESE 13 14 15 16 IT9320110 IT9320111 IT9320112 IT9320122 MONTE FUSCALDO TIMPA DI CASSIANO MURGIE DI STRONGOLI FIUME LESE 348,7 709,4 1239,9 CASABONA 6693,8 270,3 CASTELSILANO 3964,0 16,5 0,4 BELVEDERE SPINELLO 2998,5 61,8 2,1 1,1 MELISSA 5110,3 56,9 SAN NICOLA DELL’ALTO 775,5 6,2 0,8 STRONGOLI 8461,0 434,5 5,1 CASABONA 6693,8 211,8 3,2 SAVELLI 4841,4 12,0 0,2 VERZINO 4515,0 20,8 0,5 CASTELSILANO 3964,0 560,7 14,1 CERENZIA 2196,8 441,9 20,1 CACCURI 6049,5 202,1 3,3 BELVEDERE DI SPINELLO 2998,5 0,7 0,0 SANTA SEVERINA 5174,7 1,7 0,0 CACCURI 6049,5 257,6 4,3 17 IT9320122 FIUME LEPRE 257,6 18 IT9320114 Monte Gariglione 604 19 IT9320115 Monte Femminamorta 658 ** 20 IT9320125 Torrente Soleo 1184 ** 21 IT9320129 Fiume Tacina 1075 ** ** ** ESCLUSO – PARCO NAZIONALE DELLA SILA 87 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 88 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 89 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 90 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 91 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 92 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 93 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 94 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 95 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 96 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 97 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 98 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 99 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 100 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 101 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 102 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 103 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 104 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 105 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 106 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 107 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 108 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 109 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 110 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 111 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 112 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 113 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 114 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 115 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 116 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 117 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 118 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 119 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 120 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 121 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 122 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 123 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 124 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 125 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 126 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 127 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.8.1. Valutazione generale dei siti Valenze vegetazionali Siti a dominanza di habitat marini I siti a dominanza di habitat marini (“Fondali di Gabella Grande”, IT9320096, e “Fondali da Crotone a Le Castella”, IT9320097) sono caratterizzati dalla presenza dell’habitat prioritario “Praterie di Posidonia” (cod. 1120*). La Posidonia oceanica è una fanerogama di grande importanza ecologica per la grande produzione di ossigeno, per il fatto di produrre ed esportare biomassa, per contribuire, in misura massiccia, alla fissazione dei fondali ed alla protezione delle spiagge dall’erosione e, cosa molto rilevante, per il fatto di rappresentare una zona di riproduzione e fonte di cibo per molte specie animali. Questa cenosi offre infatti riparo e sostentamento a numerose specie animali, prevalentemente idroidi, briozoi, policheti, molluschi, anfipodi, isopodi, decapodi, echinodermi e anche pesci. La consistenza e la struttura dei posidonieti vengono considerati indicatori di qualità dei sistemi costieri per la loro sensibilità nei confronti degli impatti generati da varie attività antropiche (inquinamento, erosione costiera, aumento della torbidità, azione meccanica dovuta a pesca e ancoraggi). Le praterie rappresentano delle biocenosi ad elevata biodiversità, nelle quali diverse specie bentoniche e nectoniche, tra le quali alcune di notevole interesse economico e naturalistico, si nutrono, crescono e si riproducono. Studi effettuati recentemente hanno permesso di descrivere lo status attuale di queste formazioni: l’analisi della sua struttura, la presenza periodica di fiori e frutti e gli elevati valori di densità fogliare (numero dei ciuffi presenti in ogni metro quadrato di substrato) delineano uno stato generale di benessere del posidonieto. Tuttavia lo stato attuale dei limiti inferiori delle praterie indagate è disturbato da condizioni naturali quali idrodinamismo e correnti di fondo che rallentano la progressione delle praterie. Secondo gli autori i segni di erosione riscontrati costituiscono un segnale di allarme che impone la messa in opera di un sistema di sorveglianza dei limiti delle praterie più articolato e duraturo nel tempo e consigliano, per completare tale ricerca, di estendere la tecnica del balisage a livello dei limiti superiori delle praterie, strutturalmente più fragili per la vicinanza con l’interfaccia costiera, che meglio evidenzia le relazioni di disturbo delle attività antropiche sui popolamenti fitobentonici. Essi auspicano, inoltre, che le aree oggetto di studio non limitino la sorveglianza ai popolamenti a fanerogame marine ma la estendano a tutto il fitobenthos e, quindi, anche ai popolamenti algali del mesolitorale, infralitorale e circalitorale che si dimostrano veri descrittori 128 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio sintetici dei processi di alterazione ambientale. Analisi più dettagliate a livello citofisiologico delle praterie in esame (fenoli, metallotioneine, citochinine, epifiti, comunità a diatomee), peraltro, potrebbero fornire utili strumenti per una identificazione precoce di stress ambientale e perciò usati in programmi integrati di biomonitoraggio (Cozza & Rende, 2005). Siti a dominanza di habitat costieri-dunali Siti a steppe salate mediterrane I siti che rientrano in questa tipologia sono “Capocolonne” (IT9320101) e “Caporizzuto” (IT9320103), caratterizzati dalla vegetazione alofila legata alle stazioni rocciose più prossime al mare e direttamente sottoposte all’aerosol marino. Esse mostrano una struttura aperta e molto discontinua, e sono caratterizzate dalla dominanza di piccole camefite, talora associate a emicriptofite e nanofanerofite Tali formazioni vegetazionali sono ascrivibili principalmente agli habitat di interesse comunitario “Steppe salate mediterranee” (1510*), prioritario, e “Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. endemici” (1240). Tale vegetazione si può inquadrare dal punto di vista fitosociologico nell’ordine Crithmo- Limonietalia, con specie tipiche delle scogliere rocciose mediterranee quali Crithmum maritimum (Finocchio di mare), diverse specie del genere Limonium, Mesembryantheum nodiflorum (Erba cristallina comune o Aizoacea) e la Centaurea spp.. Altro habitat largamente rappresentato in questa tipologia di siti è “Foreste di Olea e Ceratonia” (9320), in particolare nel SIC di Caporizzuto, dove risulta avere una copertura del 50% sul totale della superficie del sito. Si tratta di formazioni di macchia bassa ed aperta legata a condizioni termomediterranee con essenze dell’Oleo- Lentiscetum degradato. Lo status di conservazione delle formazioni rupestri di scogliera mediterranea presenti all’interno dei due SIC non risulta essere di buon livello: la vegetazione di tali siti, esposta direttamente all’azione della salsedine, non è soltanto drasticamente ridotta rispetto al passato ma, soprattutto, si presenta raramente nel suo stadio climax. Siti a vegetazione dunale 129 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio I siti che presentano habitat dunali sono “Dune di Marinella” (IT9320100), “Dune di Sovereto” (IT9320102), “Steccato di Cutro e Costa del Turchese” (IT9320106). La successione dei differenti tipi di vegetazione, dal mare verso l’interno, parte dalla serie psammofila, legata alla zona intertidale della linea di marea, per poi passare a quella delle dune embrionali mobili. Procedendo verso l’interno si passa alla vegetazione di gariga e di macchia degradata, caratterizzata da essenze dell’Oleo- Lentiscetum, per poi arrivare alle pinete retrodunali di Pinus pinaster e Pinus radiata. Tali formazioni arboree sono legate a rimboschimenti, in particolare per quanto riguarda il Bosco di Sovereto. Le serie vegetazionali presenti in questi SIC sono ascrivibili principalmente agli habitat di interesse comunitario “Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei TheroBrachipodietea” (6220*), prioritario, “Dune costiere con Juniperus spp.”, (2250*), anch’esso prioritario, e “Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae” (2210). Siti a dominanza di habitat montano-collinari I SIC appartenenti a questa tipologia sono 5: “Pescaldo” (IT9320050), “Monte Fuscaldo” (IT320110), “Timpa di Cassiano – Belvedere” (IT9320111), “Colline di Crotone” (IT9320111), “Murgie di Strongoli” (IT9320112). Gli habitat di interesse comunitario caratterizzanti tali siti sono legati sia a situazioni mesofile (habitat “Foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia”, cod. 9340), che a condizioni più xerofile (habitat “Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero- Brachipodietea”, cod. 6220*, prioritario). Altro habitat largamente rappresentato, in particolare nel sito Murgie di Strongoli è “Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica” (cod. 8210). Si tratta di siti caratterizzati dalla presenza di vegetazione xerofila annuale a praticelli con contingente di terofite e dalle leccete sopramediterreanee, legate alla fascia mesomediterranea umida, il cui strato arboreo superiore è caratterizzato dalla presenza del Farnetto (Quercus frainetto), mentre quello dominato è caratterizzato dal Leccio (Quercus ilex). Siti a dominanza di habitat umido-fluviali Rientrano in questa tipologia di siti 4 SIC caratterizzati prevalentemente da vegetazione igrofila: “Stagni sotto Timpone San Francesco”, IT9320046, IT9320095, “Fiume Lese”, IT9320122, “Fiume Lepre”, IT9320123. 130 “Foce del Neto”, Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Gli habitat maggiormente rappresentati all’interno di tali siti risultano essere “Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba” (cod. 92A0), “Gallerie e forteti ripari meridionali” (cod. 92D0), “Dune con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua” (cod. 2240), “Foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia” (cod. 9340), “Torbiere basse alcaline” (cod. 7230). I lembi di bosco planiziale localizzati in prossimità delle foci dei torrenti, in particolare alla foce del Neto, lungo le fiumare, risultano essere ben conservati. Dove vi era parziale inondazione sono presenti Alnus glutinosa, diverse specie di salici ed in particolare Salix alba ed i pioppi (Populus nigra e Populus alba); in situazione meno igrofila, ma con la falda freatica alta, si trovano il Fraxinus oxycarpa, Euonymus europaeus e le ormai rare Quercus robur e Ulmus minor. Di grande valore naturalistico sono le boscaglie igrofile ad oleandro e tamerici, formazioni arbustive che si insediano sul greto ciottoloso delle fiumare, limitatamente al loro tratto medio e terminale. Altre formazioni vegetazionali presenti in questi siti sono quelle legate alle paludi e pantani con acque stagnanti. Si tratta di zone caratterizzate da popolamenti ad idrofite, cioè piante esclusive di ambienti acquatici. Generalmente il livello delle acque nei pantani è basso e pertanto le piante formano fitti intrichi appena emergenti dalla superficie dell'acqua. Alcune specie sono radicate al fondo, come ad esempio Potamogeton, Callitriche, Alisma plantago-acquatica, Zannichellia palustris e Ruppia marittima (quest'ultima solo in caso di lagune salmastre); altre sono idrofite natanti come Lemna gibba e Lemna minor. Di grande interesse sono le formazioni palustri a canneto: qui la vegetazione è formata da fasce concentriche costituite essenzialmente da Phragmites australis e Thypha latifolia e la loro presenza indica inequivocabilmente una forte eutrofia delle acque. Valenze faunistiche Siti a dominanza di habitat marini Gli ecosistemi a Posidonia oceanica rivestono una grande importanza come habitat di elezione per molte specie ittiche sia nello stadio adulto sia in quello larvale. Si possono incontrare frequentemente presso le praterie di Posidonia diverse specie ittiche allo stadio giovanile. E’ il caso dei giovanili gregari del dentice, degli stadi giovanili della cernia e dell’aragosta. Altre specie sono legate a questo tipo di habitat anche negli stadi adulti: il polpo, la triglia di scoglio, lo scorfano nero, l’orata, la seppia. 131 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Il popolamento ittico è ben rappresentato da un alto numero di specie tra cui vi sono: Epinephelus marginatus, Mullus surmuletus, Scorpaena porcus, Scorpaena scrofa, Trigla lucerna. La fauna bentonica associata al substrato mobile (sabbia o fango) è rappresentata da organismi per la maggior parte fossori e con abitudini detritivore o limivore: sono abbondanti i policheti erranti (Arenicola arenaria, Nephtys caeca), gli oloturoidei (Holoturia tubulosa) e alcuni echinoidei (Spatangus purpureus). Anche i taxa legati a questo tipo di fondale sono rappresentati da organismi con abitudini alimentari variabili: sono carnivori alcuni molluschi gasteropodi (Philine quadripartita), crostacei, asteroidei (Astropecten aranciacus). Filtratori sono i pennatulacei (Pennatula rubra), gli antipatari (Cerianthus membranaceus) e i molluschi bivalvi (Cerastoderma edule, *Pinna nobilis). Quest’ultima è una specie di interesse comunitario localizzata in corrispondenza delle Praterie di Posidonia che richiede, pertanto, una protezione rigorosa. Siti a dominanza di habitat costieri – dunali Siti a steppe salate mediterrane La zona sopralitorale, la cui ampiezza varia dai 30-40 cm in alcuni tratti di costa, fino ad alcuni metri sulle pareti rocciose dei promontori, è interessata dalla presenza di comunità bentoniche di substrati rocciosi: il Caenogasteropode Littorina neritoides, crostacei isopodi (Lygia italica) e attiniari (Actina equina). Per quanto riguarda l’ornitofauna In mare aperto sono presenti i procellariformi fra cui sono state segnalate diomedea), la mentre berta sono minore comuni, (Puffinus puffinus) e la berta maggiore (Calonectris tra i caradriiformi, il gabbiano corallino (Larus melanocephalus) e, anche sulle rive, quello comune (Larus ridibundus). Più diffuse, seppur numericamente ridotte, le colonie di gabbiano reale (Larus argentatus). Siti a vegetazione dunale Generalmente, in tali siti, il sopralitorale è interessato da una “biocenosi di sabbie ad essiccazione rapida” con poche specie fossorie, tra le quali la pulce di sabbia (Talitrus saltator). Localmente e per alcuni periodi di tempo (da novembre a maggio) si verifica in questo orizzonte l’accumulo di detrito fogliare spiaggiato di Posidonia oceanica e alghe, chiamato “banchetto”, il quale tende ad orientare il deposito costiero verso una “biocenosi di sabbia ad essiccazione lenta”. In essa la fauna è più variegata e comprende numerose specie, anche terrestri: sono stati osservati altri anfipodi quali Orchestia gammarella, isopodi Tylos ponticus, T. europaeus e 132 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Idotea basteri, il decapode Pachygrapsus marmoratus, i coleotteri Actinopteryx truncata e Bledius bicornis, predatore, quest’ultimo, di isopodi ed anfipodi, e il mollusco Ovatella firminii (Infantino, 1992). Di grande importanza è la potenziale presenza di nidi di Caretta caretta all’interno di questi SIC dunali data la loro conformazione che ben si adatta ad ospitare l’evento di nidificazione: la costa Sud della Calabria jonica può essere attualmente considerata il principale territorio italiano di nidificazione delle tartarughe marine. Siti a dominanza di habitat montano-collinari Le schede Natura 2000 dei siti appartenenti a questa tipologia elencano diverse specie ornitiche la cui presenza è stata rilevata all’interno dei siti oggetto di questo studio: le specie ornitiche di interesse comunitario rappresentano il motivo principale per cui tali siti sono stati proposti come SIC e come ZPS. Essi sono, infatti, sede di rotte migratorie importanti ed, essendo per lo più caratterizzati da ambienti rocciosi (“M. Fuscaldo”, “Murgie di Strongoli” e “Timpa di Cassiano-Belvedere”), rappresentano l’ambiente ideale per numerose specie di rapaci, primo fra tutti l’avvoltoio Capovaccaio, Neophron percnopterus. Esso è presente all’interno dei SIC “Monte Fuscaldo”, “Timpa di Cassiano-Belvedere” e “Murgie di Strongoli” con una coppia nidificante per ciascun sito. E’ una specie rara, oggetto di osservazioni sistematiche ed interventi per la protezione dei siti di nidificazione da parte della Provincia di Crotone nell’ambito del “Progetto integrato di sviluppo dell’Appennino Crotonese”, intervento “Oasi di tutela e valorizzazione della popolazione di Capovaccaio”. Il SIC “Monte Fuscaldo”, ed in particolare Valle Niffi, rappresenta un luogo di passaggio oltre che di nidificazione di molte specie dell’avifauna: oltre ai Nibbi (Milvus milvus e M. migrans) si osservano il Falco Pellegrino (Falco peregrinus), il Biancone (Circaetus gallicus), il Gheppio (Falco tinnunculus) e la Poiana (Buteo buteo) comuni, peraltro, in tutti i siti, il Gufo Reale (Bubo bubo), il Lanario (Falco biarmicus feldeggii) e il Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus). Per quanto riguarda la mammalofauna, non risultano, in base alla Scheda Natura 2000, specie di interesse comunitario (Allegato II della Direttiva 92/43/CEE) presenti all’interno dei SIC montano-collinari. Da ciò si può dedurre che l’alto valore naturalistico, per quanto riguarda la fauna presente nei siti, deriva dalla presenza di diverse specie ornitiche di interesse comunitario oltre che di specie di interesse conservazionistico a rischio di estinzione. Siti a dominanza di habitat umido-fluviali La morfologia del territorio, gli eventi geologici avvicendatisi nei secoli e non ultimo l'intervento dell'uomo che inconsapevolmente ha favorito l'impaludamento delle coste hanno fatto della Calabria, fino al completamento delle opere di bonifica, una terra ricca di paludi, stagni ed acquitrini (Armando Lucifero, 1898 – 1901, Giornale Ornitologico Italiano e Carlo de Fiore, 1890). 133 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Una così ampia diffusione delle zone umide favoriva, naturalmente, l'insediamento di numerose specie animali molte delle quali oggi scomparse o a forte rischio di estinzione. Le ricerche effettuate sul campo annotate dagli zoologi citati ci parlano della Lontra, Lutra lutra, che era molto diffusa in Calabria mentre attualmente è segnalata solo in pochissime aree del nord della Calabria. Anche Anfibi e Rettili hanno risentito negativamente della distruzione degli ambienti paludosi. In particolare, gli Anfibi stanno attraversando una fase di declino globale. Le cause di questo declino, che ha portato sull'orlo dell'estinzione numerose specie, vanno individuate anche nell'assottigliamento dello strato di ozono dell'atmosfera il quale lascia passare un maggior numero di raggi ultravioletti che inducono mutazioni nelle uova degli Anfibi prive di guscio schermante. In Calabria la realizzazione da parte dell'uomo di piccoli invasi artificiali ad uso prevalentemente irriguo (pozze, abbeveratoi, vasche e stagni) ha consentito a molti Anfibi di disporre di siti alternativi adatti alla riproduzione. Si calcola che in Calabria i siti riproduttivi del Tritone italico, Triturus italicus, piccolo urodelo diffuso dell'Italia meridionale, siano rappresentati per oltre il 60% da ambienti acquatici di origine antropica, soprattutto pozze e vasche in cemento. L'adattabilità di questi animali a utilizzare siti diversi da quelli naturali ha consentito loro di superare l'effetto negativo causato dalla scomparsa delle paludi. Fra i Rettili acquatici, la specie che ha più risentito del prosciugamento delle paludi è la Testuggine palustre, Emys orbicularis. Un tempo presente in tutti gli acquitrini e nelle pozze laterali, nelle anse e negli slargamenti dei fiumi, la specie si ritrova, oggi, soltanto lungo il corso del Neto ed in poche altre zone umide (Murgie di Strongoli). Quelle dei Mammiferi, dei Rettili e degli Anfibi non sono le uniche classi che hanno risentito negativamente della scomparsa delle zone umide. Diverse, infatti, sono le specie di Uccelli che dal 1800 ad oggi non nidificano più in Calabria, mentre dalle osservazioni di campo di Armando Lucifero e di Carlo de Fiore si evince chiaramente la loro presenza sul territorio calabrese: - Tarabuso, Botaurus stellaris, …ritengo che qualche coppia nidifichi in primavera nella Calabria, perché il 1877, di maggio udii per molti giorni consecutivi, il suo amoroso muggito nell'impenetrabile canneto del lago di S. Anna (regione litoranea di Crotone). - Forapaglie, Acrocephalus schoenobaenus, …Comunissimo dall'aprile all'ottobre fra i giunchi e le canne dei nostri stagni e sulle pianure circostanti. Ho avuto i nidiacei in maggio ed in luglio, sicchè ritengo faccia due covate nell'anno. - Basettino, Panurus biarmicus, …Il 3 gennaio 1888 uccisi un maschio mentre arrampicavasi con graziosa sveltezza sulle canne dello stagno Burrazzo (regione litoranea di Crotone) ed il 15 giugno 1892 ebbi i nidiacei catturati in quei dintorni. - Aquila anatraia maggiore, Aquila clanga, …Abbastanza comune in Calabria per tutte e tre le regioni. - Alzavola, Anas crecca, …Qualche coppia rimane a nidificare nelle stesse paludi nelle quali nidificano i germani. 134 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Le cause di tali scomparse sono molteplici e sicuramente riconducibili in primo luogo alla già citata massiccia riduzione delle zone umide. Se la bonifica degli inizi del secolo ha aperto la via all'insediamento dell'uomo in zone altrimenti ostili e non sfruttabili, essa ha contribuito notevolmente alla scomparsa delle specie suddette. Alla bonifica bisogna aggiungere, naturalmente, le cause attuali. Il forte inquinamento, dovuto soprattutto alle sostanze usate in agricoltura (pesticidi, diserbanti etc.), la pressione antropica, il bracconaggio, e, non ultima, la pratica usata da molti pescatori di frodo di avvelenare i corsi dei fiumi impediscono un eventuale ritorno delle specie suddette nelle poche aree umide rimaste. Le informazioni attuali sulla fauna sono frammentarie e solo per alcuni siti e per alcune classi (Uccelli) si hanno dati completi. Per quanto attiene al sito “Foce del Neto”, i dati sull’avifauna si possono evincere dal lavoro svolto da Mingozzi e Monterosso, presenti nello “Studio di fattibilità per la riqualificazione ambientale della foce del fiume Neto” (2001), che si è avvalso di indagini bibliografiche e di sopralluoghi di campagna. I dati sull’erpetofauna e sulla batracofauna si devono, invece, al lavoro di Serroni P., Morrone M. G., Brunelli E., Tripepi S.: L’erpetofauna dell’oasi di protezione “Foce del Neto”, pubblicato nel 1999. L’avifauna è rappresentata all’interno dei SIC umido - fluviali da un alto numero di specie. A seconda delle aree dei siti è stata differenziata in: avifauna degli ambienti di mare e dunali; avifauna degli ambienti forestali; avifauna dell’ambiente fluviale; avifauna delle zone umide e delle aree agricole. Uccelli degli ambienti di marea e dunali Gli ambienti delle dune ospitano soprattutto limicoli e laridi in migrazione e svernamento. Tra i primi sono da segnalare la Beccaccia di mare (Haematopus ostralegus) (fino a 32 ind.), ormai regolare lungo tutta la costa; il Fratino (Charadrius alexandrinus), l’unica specie per cui si possa pensare ad una più che probabile nidificazione, vista anche la costante presenza durante il periodo estivo; la Pivieressa (Pluvialis squatarola), regolare visitatore sia in migrazione sia d’inverno; la Pittima reale (Limosa limosa) ed il Chiurlo piccolo (Numenius phaeopus) in primavera ed autunno, insieme a meno frequenti segnalazioni di Voltapietre (Arenaria interpres). Importanza maggiore assumono, invece, le notevoli concentrazioni di gabbiani lungo tutta la costa, e in modo particolare in prossimità della foce del Neto. Primo fra tutti il Gabbiano corallino (Larus melanocephalus) che, con picchi di 1500 e più individui svernanti, fa della foce del Neto una delle aree più importanti in Italia per lo svernamento di questa specie (Serra et alii, 1997). Consistenti presenze, durante la migrazione, anche di Gabbiano roseo (Larus genei ) (sino a 35 ind.) e Gabbiano corso (Larus audouinii) (specie SPEC 1), quest’ultimo segnalato in Calabria regolarmente soltanto in questo tratto di costa ionica. Altra specie svernante (con un massimo di 20 ind.) è lo Zafferano (Larus fuscus), anch’essa poco presente lungo le coste calabresi. Il Gabbiano reale mediterraneo (Larus michaellis) può raggiungere d’inverno le 150 unità, mentre il Gabbiano comune (Larus ridibundus) supera 135 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio abbondantemente le 350. Sterna maggiore (Sterna caspia) e Sterna zampenere (Gelochelidon nilotica) sono regolarmente presenti in migrazione; il beccapesci (Sterna sadvicensis) anche d’inverno, con punte massime di 20 ind. svernanti (50 e più, in migrazione). Gli ambienti dunali sono anche frequentati da numerose specie di passeriformi migratori. Tra questi sono da ricordare: la Rondine (Hirundo rustica), in grandi concentrazioni; la Rondine rossiccia (Hirundo daurica), il Calandro (Anthus campestris) e la Monachella (Oenanthe hyspanica), quest’ultima specie probabilmente anche nidificante. Anche per gli uccelli, comunque, sarà necessario un successivo approfondimento sulla presenza di specie, quali il Fratino (Charadrius alexandrinus) ed altri probabili nidificanti. Uccelli delle foreste I boschi igrofili, presenti in alcuni di questi SIC rappresentano l’esempio più evidente di quanto l’uomo abbia interferito nel complesso paesaggistico di questo ambiente un tempo ricco di copertura forestale. Essi sono ormai ridotti a soli due nuclei principali presenti nel SIC “Foce del Neto”: il bosco del Pantanello nel comune di Strongoli, e la porzione meridionale di quello che un tempo doveva essere la Misola, a confine con la loc. Paglianiti. Il notevole processo di frammentazione di questo tipo d’habitat, ormai divenuto rarissimo in tutta la regione, ha certamente influito in modo drastico sulla fauna. E l’attuale assenza di corridoi, inoltre, ha contribuito (insieme alla progressiva riduzione in superficie) all’ulteriore isolamento di queste due porzioni relitto. Il tutto ha provocato un inevitabile impoverimento di specie e una diminuzione delle abbondanze relative. Attualmente sono poche le conoscenze a riguardo e si ritengono, dunque, indispensabili studi mirati e più approfonditi. Anche per gli uccelli non vi sono, al momento, precise indicazioni sull’effettiva consistenza numerica delle specie. Tuttavia, i boschi del Pantanello, della Misola, residue porzioni forestali igrofile adiacenti alla foce ed altre rimaste intatte lungo l’eucalipteto della sponda sud (seppur di esigua estensione), rappresentano luoghi di sosta durante le migrazioni menzionare:l’Usignolo (Luscinia di numerose specie di megarhyncos), il passeriformi. Tra Codirosso (Phoenicurus queste sono da phoenicurus), il Canapino (Hippolais polyglotta), la Capinera (Sylvia atricapilla), il Luì rosso (Phylloscopus il Fringuello (Fringilla coelebs) , il Verzellino (Serinus serinus) e lo Zigolo nero (Emberiza cirlus). Uccelli dell’ambiente fluviale L’ambiente fluviale è per gli uccelli, insieme alle zone umide limitrofe, il luogo di maggiore concentrazione di specie di tutta l’area. Essenzialmente tre sono le sottozone in cui l’ambiente fluviale può essere suddiviso: le acque correnti a differenti profondità, comprese le isole affioranti con vegetazione riparia e canneti, le rive del fiume con vegetazione riparia arbustiva e saliceti, e la foce vera e propria, con rive sabbiose e canneti residui. L’ambiente fluviale è di fondamentale importanza per gli ardeidi, con elevate concentrazioni di Airone cenerino (Ardea cinerea) e Airone rosso (Ardea purpurea). Garzetta (Egretta garzetta) ed 136 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Airone bianco maggiore (Egretta alba), benché meno abbondanti, sono ugualmente presenti durante le migrazioni insieme alla Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides). Importanti segnalazioni di Tarabuso (Botaurus stellaris) anche lungo i canneti. Di regolare comparsa Mignattaio (Plegadis falcinellus) e Spatola (Platalea leucorodia) (con punte massime di 60 ind.). Anche gli anatidi sono notevolmente rappresentati da numerose specie, sia in migrazione sia in inverno. L’abbondante ittofauna presente nel fiume favorisce sempre più di frequente la presenza del Falco Pescatore (Pandion haliaetus), che si ferma nell’area anche per più settimane. Rallidi e limicoli trovano nei bassi fondali e nelle isole affioranti un ottimo punto per la sosta e l’alimentazione. Tra le specie più significative vi sono: Porciglione (Rallus aquaticus), Schiribilla (Porzana parva), Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), Avocetta (Recurvirostra avosetta), Pernice di mare (Glareola praticola), Corriere grosso (Charadrius hiaticula), Pittima reale (Limosa limosa), Chiurlo maggiore (Numenius arquata), Totano moro (Tringa erythropus) e Albastrello (Tringa stagnatilis). La zona della foce ospita le più alte concentrazione di Cormorani e gabbiani duranti i mesi invernali e le migrazioni. Uccelli delle zone umide Insieme all’ambiente fluviale, le zone umide ospitano il maggior numero di specie ornitiche. Oltre a quelle già inserite nel punto precedente, vanno ricordate le consistenti presenze invernali di Pavoncella (Vanellus vanellus) e Piviere dorato (Pluvialis apricaria) in aree caratterizzate dalla presenza di campi coltivati e zone a pascolo. Queste sono regolarmente allagate dalle piogge stagionali, ed offrono delle risorse trofiche anche a importanti concentrazioni di Mignattaio (Plegadis falcinellus) (sino a 50 e più ind.) e a varie specie di limicoli quali Chiurli maggiori (Numenius arquata), Combattenti (Philomachus pugnax), Pittime reali (Limosa limosa), Beccaccini (Gallinago gallinago), ecc.. Le zone suddette, tra l’altro, sono fra le più indicate per la progettazione di interventi di restauro ambientale, ai fini di aumentarne la ricettività faunistica già consistente. Uccelli delle aree agricole Alcune aree attualmente adibite a campi agricoli sono di un certo interesse per la sosta, di Mignattaio (Plegadis falcinellus), di Gru (Grus grus) (in migrazione), di Pavoncella (Vanellus vanellus) e di Piviere dorato (Pluvialis apricaria) (nei mesi invernali). In particolar modo alcuni di questi coltivi sono anche interessati dalla presenza di specie primaverili di falconiformi che sfruttano anche altre zone agricole ricadenti all’interno dei confini dell’attuale Oasi Faunistica del Fiume Neto. Tali aree, benché a scarsa naturalità, devono perciò essere tenute presenti come importanti stazioni di sosta durante le migrazioni. Uno di questi campi coltivati, subito a sud della foce del Neto, era in passato un’area depressa soggetta a regolari allagamenti, in cui si riscontrava una elevata ricchezza in specie di aironi, anatre e limicoli. 137 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Mammiferi I mammiferi presenti meriterebbero studi mirati e più approfonditi. Specie di sicura presenza è la volpe (Vulpes vulpes), diffusissima praticamente in ogni tipo di habitat del sito è la faina (Martes foina) che frequenta, invece, i lembi di bosco idrofilo residui lungo le rive del Neto. Il riccio europeo (Erinaceus europaeus) è presente negli ambienti agricoli dei siti. Erpetofauna I rettili rappresentativi di questi due SIC, elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE, sono: il cervone (Elaphe quatuorlineata) che è il più grande serpente presente nel nostro paese, in quanto a mole e lunghezza, potendo raggiungere i 250 cm (la lunghezza media, comunque, si aggira sui 150-180cm) presente in entrambi i siti; la tartaruga palustre europea (Emys orbicularis), unico Emidide presente in Italia e presente soprattutto nelle zone umide e forestali del sito “Foce del Neto” e nel sito “Stagni sotto Timpone S. Francesco”. Altri rettili, elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE, presenti solo nel SIC “Foce Neto” sono: la testuggine comune (Testudo hermanni) segnalata prevalentemente nelle zone retrodunali a macchia mediterranea e nella zona a pascoli sabbiosi ruderalizzati adiacente alla costa dove ha fortemente risentito del continuo disturbo antropico e del pascolo indiscriminato e la *Caretta caretta che è una specie prioritaria, segnalata come specie nidificante nel Data Base di Bioitaly benché non vi siano, al momento, effettive segnalazioni nell’area del SIC . In questo sito si incontrano anche altri rettili quali Coronella austriaca, Elaphe longissima, presente anche nel SIC “Stagni sotto Timpone S. Francesco” e Lacerta bilineata, inclusi nella scheda Natura 2000 così come la Lucertola campestre (Podarcis sicula), osservabili lungo tutto il tratto costiero, nella macchia mediterranea e tra le formazioni psammofile delle dune del sito “Foce del Neto”. Presente in quasi tutti gli ambienti dei siti in questione, la specie più diffusa tra i colubridi sono il biacco (Coluber viridiflavus carbonarius) e la biscia dal collare (Natrix natrix) (Studio di fattibilità per la riqualificazione ambientale della foce del fiume Neto, 2001). INDIVIDUAZIONE DEI FATTORI DI CRITICITÀ E MINACCIA Analisi dei principali fattori di minaccia e criticità per il sito L’analisi delle minacce e delle criticità che possono arrecare disturbo agli habitat e alle specie floristiche e faunistiche di interesse comunitario è finalizzata all’individuazione di obiettivi e di strategie perseguibili per una gestione dei siti che abbia come fine principale quello della tutela e conservazione delle specie ed habitat di interesse comunitario. Le linee gestionali, gli interventi e la loro organizzazione secondo un piano d’azione consentiranno infatti di affrontare le minacce, in modo da diminuirne, e se possibile eliminarne, il grado di incidenza che esse hanno sul sito. Siti a dominanza di habitat marini 138 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio L’habitat caratterizzante questi siti “Praterie di posidonie (Posidonion oceanicae)” (cod.1120*), è sottoposto a diverse criticità, legate prevalentemente al disturbo che l’uomo può esercitare su tali ambienti: - fenomeni di disturbo, innescati dalla posa di ancore, e dall’agitazione delle acque a causa del passaggio di imbarcazioni: tale criticità può innescare fenomeni di regressione dell’habitat di interesse comunitario a posidonieto; - possibile disturbo antropico legato alla pesca professionale (a strascico) e subacquea; - - scarico e deposito di materiali; insabbiamento della Posidonia: la prateria a Posidonia su sabbia è soggetta ad interrimento proprio per la componente sabbiosa estremamente mobile destinata tuttavia ad essere velocemente asportata nei versanti esposti a SE. E’ probabile che tale criticità sia presente in particolare nei pressi di Capo Colonna ove sono presenti fenomeni di insabbiamento causati soprattutto da materiali provenienti dall’erosione del promontorio e trascinati versi il basso; - ricerca ed estrazione di oli e gas (estrazione di gas da parte dell’ENI dal 1976): uno dei fenomeni legati a tale criticità è l’abbassamento della costa con uno sprofondamento di 36 cm nei 30 anni di attività; Siti a dominanza di habitat costieri-dunali Come descritto nel paragrafo 1.1.2 la tipologia costiero–dunale si articola in due differenti tipologie: siti a steppe salate mediterranee e siti a vegetazione dunale. Le criticità riconducibili agli habitat che caratterizzano questi siti, sono: ‐ abbandono e scarico di rifiuti ed inerti; ‐ erosione costiera: la maggior parte delle spiagge risultano essere in arretramento più o meno forte a seconda che siano o meno esposte all’azione delle mareggiate principali che provengono da SE: opere di difesa sono state già realizzate da Enti Pubblici. Tale criticità è legata inoltre al forte apporto di quantità d’acqua proveniente dall’irrigazione che si va ad aggiungere al naturale bilancio idrogeologico dell’area con un incremento notevole del deflusso superficiale e sotterraneo. Questo incremento di deflusso delle acque al di sotto della coltre calcarenitica organogena determina un “effetto saponetta” che favorisce lo scivolamento e/o lo sprofondamento dei blocchi calcarenitici, già in equilibrio precario operato ‐ dal moto a causa dello scalzamento al piede ondoso, contribuendo al fenomeno dell’erosione costiera; fenomeni di erosione della duna determinati da principalmente dall’azione erosiva del vento accentuata dal disturbo antropico e dalla presenza di tracciati e sentieri che tagliano 139 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio la duna perpendicolarmente; ‐ rimozione di sedimenti: presenza di cave di sabbia abusive; ‐ presenza di specie alloctone (Eucaliptus spp., Ailanthus altissima, Robinia pseudoacacia); ‐ incendi incontrollati: il rischio di incendio sulla vegetazione arbustiva della duna e su quella arborea retrodunale risulta essere elevato soprattutto a causa della presenza di una strada limitrofa; ‐ aerosol marino carico di potenziali elementi inquinanti; ‐ possibile inquinamento del mare; ‐ disturbo antropico (impatto turistico dei bagnanti, attività sportive e ricreative all’aperto, passaggio di imbarcazioni nei pressi delle coste rocciose, calpestio delle cenosi dunali); ‐ presenza di infrastrutture turistiche. Le criticità legate alle specie animali, ed in particolare dell’erpetofauna presenti all’interno dei SIC costieri – dunali sono riconducibili a: ‐ disturbo ai siti di nidificazione, causato attività più o meno direttamente connesse al turismo balneare che coincidono col periodo di deposizione, incubazione e schiusa delle uova; ‐ utilizzo di mezzi meccanici per la pulitura delle spiagge: attualmente risulta sempre più diffusa la pratica di pulire e livellare le spiagge con mezzi meccanici (bulldozers e trattori), e l’utilizzo delle spiagge con mezzi fuoristrada. Tali fenomeni sono reali fattori di disturbo e distruzione dei siti di ovideposizione della specie Caretta caretta. Siti a dominanza di habitat montano – collinari Gli habitat sottoposti alle criticità di seguito elencate sono quelli caratteristici dei siti montano – collinari: habitat “Foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia”, e “Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachipodietea”. Le criticità risultano essere legate a: ‐ abbandono dei sistemi pastorali; ‐ ricomposizione fondiaria (rimozione di siepi e macchie); ‐ gestione forestale: tale criticità è riconducibile in particolare al governo a ceduo delle leccete con turni di ceduazione molto brevi, che non favoriscono la strutturazione di un soprassuolo potenzialmente da sottoporre ad avviamento a fustaia; ‐ rimboschimento con specie “aggressive” nei confronti della macchia originaria: coniferamento con Pino marittimo (Pinus pinaster A.), Pino insigne (Pinus radiata D.), Pino domestico (Pinus pinea L.) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis M.). Queste due ultime specie tendono ad accrescersi bene soffocando spesso la lecceta; ‐ incendi incontrollati; 140 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio ‐ frammentazione e ridotta estensione delle fitocenosi causata anche da disboscamento a fini agricoli ed edilizi; ‐ caccia, bracconaggio, disturbo e predazione dei nidi di rapaci; ‐ presenza di linee elettriche ad alta tensione, fonte di disturbo per i rapaci; ‐ raccolta di specie floristiche di interesse comunitario; ‐ discariche abusive e abbandono di inerti; ‐ aperture di sentieri, piste e strade; ‐ disturbo antropico (impatto derivante da uso turistico – ricreativo, localizzati fenomeni di degradazione dovuti a compattamento per calpestio, realizzazione di una centrale eolica in prossimità del SIC “Murge di Strangoli). Siti a dominanza di habitat umido – fluviali Le criticità legate ai siti appartenenti a questa tipologia risultano essere: ‐ modificazioni strutturali e alterazioni degli equilibri idrici dei bacini dovuti a processi di urbanizzazione, interventi di artificializzazione dell’alveo, captazioni idriche, estrazione di ghiaia ed altri materiali; ‐ prelievo di acqua per irrigazione: tale evento causa l’abbassamento della falda con conseguente diminuzione di apporti idrici; ‐ fonti di inquinamento provenienti dal ruscellamento di fertilizzanti: tale criticità è strettamente connessa all’estensione delle coltivazioni; ‐ salinizzazione della falda che può far regredire i popolamenti forestali in formazioni a canneto; ‐ pesca sportiva, caccia, cattura e rimozione di fauna e flora; ‐ canalizzazione delle acque presente alla foce del fiume neto; ‐ immissione di specie ittiche alloctone nei bacini fluviali; ‐ discariche abusive e abbandono di rifiuti ed inerti nelle acque; ‐ pericolo di incendi. In generale, la criticità comune a tutte le tipologie di habitat, quindi presente in tutti i SIC è: – Scarsa sensibilizzazione, scarsa conoscenza degli habitat e delle specie di interesse comunitario. Gli obiettivi e le strategie individuate in base a questa criticità hanno permesso di identificare degli interventi di monitoraggio che hanno come obiettivo principale quello di migliorare il livello di informazione e di sensibilizzare gli operatori turistici ed economici, la popolazione locale ed i turisti riguardo le esigenze di tutela degli habitat e specie di interesse comunitario. 141 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Sintesi delle criticità Nel paragrafo precedente sono stati elencati in dettaglio tutti i fattori che rappresentano situazioni di criticità e di minaccia per gli habitat e specie di interesse comunitario. Nel presente paragrafo vengono sintetizzati ed associati ai diversi habitat di interesse comunitario. Le seguenti tabelle racchiudono tutte le criticità elencate precedentemente sintetizzandole in voci più generali. Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat marini Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità Praterie di Posidonia (Posidonion oceanicae) Fattore di criticità Disturbo antropico Insabbiamento della Posidonia Scarsa conoscenza, informazione, sensibilizzazione delle specie ed habitat di interesse comunitario Ricerca ed estrazione di oli e gas X X X X Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat costieri – dunali Fattore di criticità Disturbo antropico Erosione costiera e dunale Presenza di specie alloctone Scarsa conoscenza, informazione, sensibilizzazione delle specie ed habitat di interesse comunitario Incendi incontrollati Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità “Step “Arb “Scogliere “Fores “Vegetazion Percorsi pe usteti con te di e annuale substep salate term vegetazione Olea delle linee di pici di medi odelle coste e deposito gramina terra medi mediterrane Cerat marine” cee e nee” terra e con piante onia” Limonium nei” annue spp.endemi dei ci” TheroBrachip odietea X X X X X X X X Dun Dune e fisse del cost litorale iere del con Crucian Juni ellion peru maritim s a spp X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 142 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tabella2 Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat montano collinari Fattore di criticità Disturbo antropico Gestione forestale Introduzione di specie alloctone Incendi incontrollati Rimboschime nti Frammentazio ne/estensione ridotta degli habitat Scarsa conoscenza, informazione, sensibilizzazio ne delle specie ed habitat di interesse comunitario abbandono dei sistemi pastorali Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità Lagh Torbi Gallerie e Forest Foreste di Percorsi Pareti ie ere forteti ripari ea Quercus ilex substep rocciose e Q. stag bass meridionali galleri pici di calcaree con (Neriorotundifolia gramina vegetazione ni e a di distr alcali Tamaricetea Salix cee e casmofitica e alba e ofici ne piante Securinegio Popul natur annue n tinctoriae) us ali dei alba TheroBrachyp odietea X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 143 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat umido – fluviali Fattore di criticità Disturbo antropico Modificazi oni strutturali e alterazioni degli equilibri idrici Fonti di inquiname nt Pericolo di incendi Salinizzazi one della falda Scarsa conoscenz a, informazio ne,sensibil izzazione delle specie ed habitat di interesse comunitari o Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità Fiumi Torb Gallerie e Forest Praterie e Comunità Fores Forest Dune mobili medit iere forteti ea fruticeti aloigrofile te di e di del cordone erran bass ripari galleri alofili mediterran Querc Olea e litorale con ei a e meridiona a di mediterra ee con us Cerato Ammophila arenaria flusso alcal li (Nerio- Salix nei e Juncus sp. ilex e nia Q. perm ine Tamarice alba e (dune termoanent rotun Popul bianche) atlantici tea e difolia e us (Sarcocor Securine alba netea gion tinctoriae) fruticosi) X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Dune con prati dei Brachypodie talia e vegetazione annua X X X X X X X X X X X 144 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.1.9 ISTITUTI FAUNISTICI ISTITUITI AI SENSI DELLA LEGGE N. 157/92: DISTRIBUZIONE, CARATTERISTICHE E PROBLEMATICHE Nel presente capitolo si descrive l’attuale situazione dei diversi istituti faunistici. Il precedente piano ne prevedeva la creazione di diversi tipi, dei quali risultano attivati solo quelli riportati in seguito. 2.1.9.1 Zone di Addestramento Cani (ZAC) La provincia di Crotone con proprio disciplinare, approvato dal Consiglio provinciale n. 74 del 19/05/2005, ha regolamentato l’istituzione e la gestione delle zone per l’allenamento, l’addestramento e le gare e prove cinofile. Le ZAC hanno lo scopo di promuovere l’educazione cinofila e venatoria dei cacciatori ed il recupero dei territori marginali. Le zone per l’allenamento, l’addestramento e le gare cinofile sono state distinte in: o zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili, senza abbattimento della stessa, denominate ZAC di tipo A la cui superficie non può essere inferiore a 80 ettari; o zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenenti alle specie cacciabili, con abbattimento della stessa, denominate ZAC di tipo B. Tali zone devono avere una superficie compresa tra i 3 ed i 20 ettari e devono essere distanti più di 150 metri dai centri abitati e 500 metri dalle oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, appostamenti fissi , parchi nazionali, parchi naturali regionali e riserve naturali; I soggetti che possono richiedere l’autorizzazione sono: le associazioni venatorie ed agricole riconosciute a livello nazionale ed operanti sul territorio provinciale, gli imprenditori agricoli singoli o associati e le associazioni cinofile dell’ENCI operanti nella provincia. Ad ogni associazione venatoria o cinofila non potrà essere data in concessione più di una zona aumentata di altra unità per ogni 1500 tesserati. L’ufficio provinciale della caccia verifica che la superficie impegnata, insieme alle altre strutture a gestione privata della caccia già autorizzate, non comporti il superamento del limite del 15% previsto dalla lettera b) comma 2 della L.R. n. 9/96. In allegato si riporta l’intero disciplinare approvato dalla Provincia di Crotone. Nella territorio provinciale crotonese sono state istituite cinque Zone di Addestramento Cani di tipo B di seguito riportate in tabella. 145 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio COMUNE LOCALITA’ SUP. HA Ciro’ Porcari 5,70 Cirò Medullà 15 Cirò Niballo cotura 20 Rocca di Neto Destro Iuca 3,70 Isola di Capo Rizzuto Vermica 6,22 Saletella TOTALE 50,62 In comune di Cirò sono presenti tre ZAC di tipo B di seguito descritte. La prima della ditta Zampino Cataldo è sita in località Porcari nel comune di Cirò. Ha una superficie di 5.70.30 ettari al foglio 52 p.lle 11-26. Il sito è posto a 5 km dal centro abitato e ubicato in una zona interna rispetto alla strada provinciale n. 7 Cirò – Cirò Marina. E’ stata approvata con Determina Dirigenziale n. 706 del 29/05/07. La seconda, sita in località Medullà, ha un’estensione di 15 ettari e catastalmente ricade nel foglio 48 particella 20 in parte. La superficie è completamente recintata con rete esagonale composta dal filo di ferro zincato sostenuta da paletti di sezione a T di altezza variabile da 1.5 a 2 metri. All’interno del recinto sono collocata 10 altane di altezza di 3 metri, in ferro tubolare, e poste tra loro a notevole distanza, e sì che lo sparo avvenga dall’alto in basso senza rischio per i cacciatori. La selvaggina immessa per l’addestramento, a parte i cinghiali, allevati in azienda, proviene da aziende accreditate. I terreni su cui insiste la ZAC sono della Società “Silvo Faunistica S. domenica” di Tessitore Antonio & C. s.a.s” con sede in cirò Marina alla C.da Madonna d’Itria P.IVA: 02023800796. L’istituzione è avvenuta con Determina Dirigenziale n.710 del 30/05/07. La terza è posta in località Niballo Cutura ed identificato in catasto al foglio 57 particelle 44-47-48 per una superficie di 20.00.00 ettari. La superficie è recintata con pali di castagno di altezza fuori terra di 2 metri ad interasse di 2 metri con interposta rete metallica di tipo pastorizio. E’ Stata autorizzata con Determina Dirigenziale n. 1647 del 06/11/08. La quarta ZAC, sita nel comune di rocca di Neto alla località destro Iuca, ha una superficie di 3.70.84 ettari. Catastalmente ricade nel foglio di mappa n. 17 particella 172, il terreno è per lo più di natura pianeggiante ed in minima parte collinare. La zona è completamente recintata con pali in cemento e rete per un’altezza di 1.40 metri. E’ stata autorizzata con determina Dirigenziale n. 618 del 08/05/08. La quinta ed ultima ZAC ricade nel comune di Isola Capo Rizzuto alla località Vermica Saletella ed è identificata in catasto al foglio 14 particelle 410-412 per una superficie di 6.22.62 ettari,ha giacitura pianeggiante, ed è stata autorizzata con Determina Dirigenziale n. 966 del 10/06/09. 2.1.9.2 Azienda Agri Turistico-Venatoria Nel territorio provinciale è stata autorizzata (D.G.R. n. 1109 del 19/12/05) l’istituzione di un’azienda agrifaunistica – venatoria denominata “Due cime” di proprietà del signori Morelli. 146 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio L’azienda ricade nel comune di San Mauro Marchesato in località Due Cime – Piano del Re ed ha una superficie complessiva di 355.81.57 ettari. La ripartizione colturale prevede le seguenti qualità di coltura: QUALITA’ SUPERFICIE HA Uliveto 100.29.10 Seminativo 98.97.40 Pascolo cespugliato 127.80.90 Querceto 10.19.60 Agrumeto 17.55.80 TOTALE COLTURE 354.82.80 Fabbricati rurali 00.98.77 TOTALE AZIENDALE 355.81.57 Il fondo presenta una orografia varia. E’ inserito in parte su terreni pianeggianti asciutti, dove prevalgono le coltivazioni di graminacee e leguminose in rotazione, in parte irrigui dove prevalgono la coltivazione di agrumi e foraggere (erba medica e mais). Nelle zone declivi, che presentano pendenze variabili dal 5 al 25% è coltivato l’olivo, nelle aree a minore pendenza e sono presenti zone a pascolo e a macchia mediterranea nelle aree con maggiore pendenza. Esistono dei fabbricati rurali in parte ristrutturati per una superficie complessiva di 9877 mq. L’azienda è posta a circa 3.5 km dal centro abitato di Roccabernarda ed è collegata ai centri abitati attraverso una strada poderale che si allaccia alla ss 109 ter dalla quale dista circa 500 metri. Ha una posizione ottimale essendo a circa 15 km dal mare e a 30 dalla Sila. 2.1.9.3 Miglioramenti ambientali Se pur previsti dal precedente piano faunistico-venatorio non sono mai stati effettuati miglioramenti ambientali. 2.1.9.4 Centri di recupero della fauna Alla fine degli anni sessanta incominciano a nascere in Italia le prime strutture adibite al soccorso, alle cure e alla liberazione degli animali selvatici in difficoltà Dall’ultimo censimento del 2004 (Mariachier A. 2005. Indagine sui Centri di Recupero per Animali Selvatici in Italia. Dipartimento di Scienze Animali, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Padova, Legnaro), risulta che i C.R.A.S. in Italia sono 85, con una maggiore concentrazione nel Nord Italia 54%, Centro Italia 21%, Sud Italia 25%. In Calabria esistono due di questi centri, uno nella provincia di Cosenza presso l’Istituto Todaro, Contrada Lacone di Rende e uno a Catanzaro. Quest’ultimo istituito il 13/09/2005, è stato 147 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio realizzato dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, ed ubicato presso il Parco della Biodiversità Mediterranea. I dati sotto riportati riguardano le specie provenienti dalla provincia di Crotone ricoverati presso i due centri su descritti, divisi per anno specie e luogo di ritrovamento e, nel caso del CRAS di Catanzaro anche per danno riportato. Specie Provenienza 1988 FALCO DI PALUDE Crotone 1989 GHIANDAIA MARINA Crotone 1990 POIANA GHEPPIO CAPOVACCAIO GHEPPIO FALCO DI PALUDE Santa Severina Crotone Santa Severina Santa Severina Crotone 1991 POIANA LUPO POIANA CIVETTA Santa Severina Belvedere Spinello Santa Severina Crotone 1992 ALBANELLA MINORE ALLOCCO ALLOCCO Cirò Santa Severina Santa Severina 1993 POIANA POIANA BARBAGIANNI FENICOTTERO Santa Severina Santa Severina Crotone Isola Capo Rizzuto 1994 GHEPPIO POIANA POIANA POIANA GHEPPIO POIANA POIANA LANARIO Crotone Cirò Cirò Cirò Santa Severina Santa Severina Santa Severina Santa Severina 1995 POIANA Cotronei 1996 148 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio AIRONE CENERINO CIVETTA FALCO PECCHIAIOLO GHEPPIO AQUILA REALE GHEPPIO POIANA AIRONE CENERINO Crotone Santa Severina Cotronei Crotone Casabona Santa Severina Santa Severina Santa Severina 1997 POIANA FALCO DI PALUDE GHEPPIO POIANA Verzino Crotone Crotone Mesoraca 1998 POIANA OCCHIONE FALCO PECCHIAIOLO POIANA GHEPPIO GRILLAIO POIANA GHEPPIO GHEPPIO Santa Severina Crotone Mesoraca Santa Severina Santa Severina Cotronei Crotone Crotone Crotone 1999 FALCO DI PALUDE CICOGNA BIANCA TARABUSINO GHEPPIO ALLOCCO POIANA SPARVIERO SPARVIERO LABBO POIANA FALCO DI PALUDE FALCO DI PALUDE Santa Severina Crotone Crotone Santa Severina San Nicola dell'Alto Crotone San Mauro Marchesato Crotone Crotone Crotone Crotone Crotone Santa Severina 2000 GABBIANO COMUNE SPARVIERO UPUPA GALLINELLA D'ACQUA TARABUSINO TARABUSINO GAMBECCHIO POIANA BARBAGIANNI BARBAGIANNI POIANA GABBIANO REALE BARBAGIANNI Crotone Crotone Crotone Crotone Crotone Santa Severina Crotone Crotone Santa Severina Santa Severina Crotone Crotone Crotone SPARVIERO 149 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio GABBIANO REALE POIANA PIOVANELLO MAGGIORE GRILLAIO GHEPPIO AIRONE CENERINO GABBIANO COMUNE BARBAGIANNI FROSONE Crotone Santa Severina Crotone Caccuri Crotone Crotone Crotone Crotone Santa Severina 2001 POIANA POIANA POIANA LUPO SPARVIERO POIANA UPUPA BARBAGIANNI GHEPPIO GHEPPIO GHEPPIO CAPOVACCAIO POIANA GHEPPIO CIGNO REALE FALCO PECCHIAIOLO FENICOTTERO GABBIANO REALE BARBAGIANNI FALCO PECCHIAIOLO POIANA AIRONE CENERINO GABBIANO COMUNE GHEPPIO SPARVIERO AIRONE CENERINO POIANA CORMORANO CIGNO REALE Crotone Rocca di Neto Rocca di Neto Casabona Crotone Isola Capo Rizzuto Crotone Cirò marina Crotone Crotone Crotone Rocca Bernarda Petilia Policastro Crotone Crotone Cotronei Cirò marina Crotone Crotone Petilia Policastro Crotone Verzino Crotone Crotone Santa Severina Crotone Crotone Crotone Cirò marina 2002 CIGNO REALE POIANA POIANA MOFFETTA SCIMMIA GHEPPIO VOLPE LODOLAIO POIANA POIANA POIANA CIVETTA ASSIOLO Isola Capo Rizzuto Cirò marina Cotronei Cirò marina Crotone Isola Capo Rizzuto Crotone Cirò MELISSA Cirò marina Petilia Policastro Cerenzia Isola Capo Rizzuto 150 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio ASSIOLO CIVETTA GABBIANO REALE BARBAGIANNI CIVETTA GALLINELLA D'ACQUA GRU GRIFONE DI RUPPELL GHEPPIO POIANA GUFO COMUNE AIRONE BIANCO MAGGIORE CIVETTA Isola Capo Rizzuto Crotone Crotone Caccuri Crotone Crotone Rocca di Neto Isola Capo Rizzuto Isola Capo Rizzuto Crotone Roccabernarda Cirò marina Cirò 2003 GHEPPIO POIANA POIANA GHEPPIO GRILLAIO GHEPPIO TARABUSINO ALLOCCO POIANA POIANA GHEPPIO POIANA ASSIOLO POIANA ASSIOLO ASSIOLO CIVETTA CIVETTA GHEPPIO Crotone Crotone Santa Severina Crotone Crotone Crotone Crotone Petilia Policastro Cutro Isola Capo Rizzuto Petilia Policastro Scandale Scandale Cutro Crotone Crotone Crotone Isola Capo Rizzuto Crotone 2004 POIANA GHEPPIO POIANA GHEPPIO POIANA POIANA POIANA POIANA FALCO DI PALUDE GRILLAIO ASSIOLO GRUCCIONE BARBAGIANNI GARZETTA FALCO DI PALUDE POIANA VOLPE POIANA CIVETTA Crotone Isola Capo Rizzuto Cutro Crotone Cotronei Crotone Isola Capo Rizzuto Roccabernarda Crotone Crotone Crotone Crotone Crotone Crotone Crotone Isola Capo Rizzuto Umbriatico Cotronei Crotone 151 Provincia di Crotone CIVETTA POIANA POIANA POIANA ASSIOLO ASSIOLO GHEPPIO GABBIANO REALE ASSIOLO POIANA GABBIANO REALE POIANA BARBAGIANNI PELLEGRINO POIANA POIANA CORMORANO CRAS CATANZARO 2005 2005 POIANA POIANA CIVETTA FAINA TARABUSINO VOLPE POIANA DELLE STEPPE POIANA POIANA SPARVIERO SPARVIERO SPARVIERO GHEPPIO GABBIANO REALE FALCO PECCHIAIOLO GHEPPIO ASSIOLO ASSIOLO CIVETTA POIANA TUFFETTO VOLPE POIANA GATTO SELVATICO BARBAGIANNI POIANA PELLEGRINO 2006 CIVETTA POIANA POIANA VOLPE POIANA 2007 POIANA GHEPPIO Piano Faunistico-Venatorio Crotone Crotone Petilia Policastro Crotone Crotone Cutro Isola Capo Rizzuto Isola Capo Rizzuto Crotone Strongoli Isola Capo Rizzuto Crotone Santa Severina Crotone Petilia Policastro Cotronei Cirò Verzino Santa Severina Cerenzia Cirò Cotronei Mesoraca Scandale Isola Capo Rizzuto Strongoli Casabona Casabona Casabona Torre Melissa Torre Melissa Petilia Policastro Santa Severina Crotone Crotone Santa Severina Crotone Le Castella Cirò Strongoli Caccuri Passovecchio Rocca Bernardo Cirò Isola Capo Rizzuto Crotone Santa Severina Crotone Petilia Policastro Strongoli Cutro 152 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio ASSIOLO SCOIATTOLO SCOIATTOLO PECCHIAIOLO PECCHIAIOLO AIRONE BIANCO MAGGIORE 2008 GHEPPIO ALLOCCO ALLOCCO GHEPPIO GHEPPIO PECCHIAIOLO FALCO DI PALUDE BARBAGIANNI BECCACCIA ALBANELLA REALE 2009 POIANA POIANA BARBAGIANNI TESTUGGINE PALUSTRE FALCO PECCHIAIOLO Crotone Cotronei Cotronei Cotronei Crotone Caccuri Crotone Carfizzi Cirò Crotone Crotone Strongoli Scandale S.Mauro marchesato Crotone Casabona Santa Severina Cirò marina Rocca di Neto Crotone Crotone 2010 NIBBIO BRUNO C.R.A.S. Petilia Policastro CATANZARO 2006 POIANA POIANA Isola Capo Rizzuto Cirò Capo piccolo CIVETTA Cutro Steccato GHEPPIO Crotone San Giorgio GHEPPIO GHEPPIO Crotone Isola Capo Rizzuto ss 106 GHEPPIO Rocca di Neto GHEPPIO Santa Severina Avvelenamento. Deceduto. Frattura ala sx. Liberato. intrappolata in canna fumaria. Liberato ferita arma da fuoco. Arrivato deceduto. Frattura ala sx femmina. Liberato Frattura ala sx femmina Deceduto frattura ala dx femmina. Deceduto. frattura arto sx maschio. Deceduto 2007 POIANA Cirò 08/07/2007 POIANA Crotone 27//08/07 NIBBIO BRUNO Crotone 04/05/2007 ALLOCCO Petilia Policastro BALESTUCCIO MARTIN PESCATORE TARABUSINO Cirò 26/06/07 Anello infs c18183 29/06/2007 Caccuri 06/09/2007 Isola Capo Rizzuto 22/09/2007 Shock. Liberato inetti al volo. Liberato. FRATTURA ALA E ZAMPA SX. Deceduto FERITA AL COLLO.Liberato. Crotone 18/02/2008 TRAUMA DA IMPATTO. Liberato ARRIVATA DECEDUTA SHOCK TRAUMATICO. DECEDUTO FRATTURA ESPOSTA ALA SX. SOGGETTO IRRECUPERABILE. LUNGODEGENTE 2008 CIVETTA 153 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Le Castella 06/03/08 Anello INFS CH 3754 17/03/2008 DEBILITATO NON DEAMBULAZIONE. Liberato. SHOCK DA IMPATTO. Deceduto. SCHIACCIAMENTO CON LESIONE CARAPACE FRATTURA DELLO STESSO NECROSI ACUTA DEL PIASTRONE. Lungodegente. SHOCK DA IMPATTO.Liberato DEBILITATO NON DEAMBULAZIONE FRATTURA ALA SX. deceduto FRATTURA ALA DX FERITA ARMA DA FUOCO. Eutanasia in soggetto agonizzante. FRATTURA SCOMPOSTA. Deceduto GABBIANO REALE Isola Capo Rizzuto PASSERO Isola Capo Rizzuto TARTARUGA PALUSTRE EUROPEA Cutro GHEPPIO Rocca di Neto MASCHIO 02/04/08 FALCO DI PALUDE Scandale FEMMINA 12/05/08 BIANCONE Crotone Loc. Farina 18/10/08 GHEPPIO Isola Capo Rizzuto FALCO PELLEGRINO Crotone Loc Gabbella FEMMINA 11/11/08 Anello INFS CF6612 VOLPOCA Crotone Loc. Gabella MASCHIO 13/12/08 POIANA Rocca di Neto 10/01/2009 POIANA Crotone 12/01/09 Anello INFS CH 3794 GHEPPIO Cirò marina MASCHIO 01/05/2009 NUTRIA Cirò marina MASCHIO 03/05/09 LODOLAIO Crotone Loc. Gabella MASCHIO 07/05/09 Anello INFS T 56184 TARTARUGA PALUSTRE EUROPEA CUTRO Steccato SS 106 MASCHIO 29/05/09 ASSIOLO Santa Severina 02/06/2009 GAZZA Crotone 12/06/2009 TARTARUGA PALUSTRE EUROPEA Isola Capo Rizzuto POIANA Cirò marina ASSIOLO Cirò marina ASSIOLO Isola Capo Rizzuto Loc. Marinella 23/06/09 DISIDRATAZIONE. In fase di riabilitazione Loc. Punta alice 23/06/09 Anello INFS SHOCK DA IMPATTO , CH 3814 fortemente debilitato. Liberato PULLO INETTO AL VOLO 06/07/2009 In stato di shock da presumibile impatto. Deceduto Loc. Le Castella SHOCK PER CADUTA DAL SEGNI DI CATTIVITA' LESIONI ALI. Liberato SHOCK FRATTURA ZAMPA FERITA ARMA DA FUOCO. Deceduto 2009 154 FRATTURA RADIO DX E PICCOLA LESIONE CORNEALE. Deceduto SHOCK DA IMPATTO. Liberato FRATTURA DELL'ALA DX. Liberato INCISIVO INFERIORE SX SPEZZATO INCISIVI SUPERIORI SPEZZATI E SANGUINANTI. Specie alloctona. lungodegente SHOCK DA IMPATTO DISTORSIONE ARTICOLAZIONE OMERORADIOULNARE DX. Liberato RITROVATA AL CENTRO DELLA CARREGGIATA. In fase di riabilitazione. FORTE SHOCK FRATTURE ALI. Deceduto FORTE IMPATTO SUL SUOLO. Deceduto Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 13/07/09 ASSIOLO Isola Capo Rizzuto 16/07/2009 ASSIOLO Isola Capo Rizzuto ASSIOLO Crucoli ASSIOLO Isola Capo Rizzuto ASSIOLO Crotone AIRONE CENERINO Isola Capo Rizzuto Loc. Praialonga 17/09/09 POIANA Rocca di Neto 21/10/2009 POIANA Isola Capo Rizzuto C.da Bonnale 06/01/09 GUFO COMUNE Cotronei 15/01/2010 POIANA Petilia Policastro 18/01/2010 FALCO PELLEGRINO Isola Capo Rizzuto Loc. Parco Inziti FEMMINA 21/01/10 17/07/09 Anello INFS H 263465 20/07/2009 Loc Praialonga 24/07/09 Loc Capo Colonna 27/07/09 NIDO. Deceduto PULLU INETTO GRAVE STATO DI SHOCK. Deceduto PULLO CADUTO DAL NIDO. Liberato pullo inetto al volo. Liberato INETTO AL VOLO FORTE SHOCK. Deceduto PICCOLA ABRASIONE. Liberato FORTE SHOCK NON RIESCE A CARICARE IL PESO SUGLI ARTI. Liberato CORPO DISSEMINATO DI PALLINI DI PIOMBO AGONIZZANTE. Deceduto 2010 FERITA DA ARMA DA FUOCO ALA DX. Lungodegente FERITA DA ARMA DA FUOCO, FRATTURA TIBIA SX. In fase di riabilitazione SOGGETTO SPARATO FORTEMENTE DEBILITATO. DECEDUTO In fase di riabilitazione Degli esemplari consegnati ai C.R.A.S. non sono giunte a questo Ente notizie o statistiche in merito, se non quelle riportate in tabella esplicitamente richieste. Nella provincia di Crotone non esiste alcun centro per il recupero della fauna, ma sarebbe auspicabile che in un prossimo futuro venisse istituito. 2.1.9.5 Allevamenti autorizzati (Art. 17 L 157/92) Gli allevamenti, di cui all’art. 17 della L. n. 157/92 e art.9 della L.R. n. 9/96, sono destinati ai seguenti scopi: ripopolamento e/o reintroduzione in natura, alimentazione e detenzione a scopo amatoriale e ornamentale. Negli impianti nei quali si esercitano diverse tipologie di allevamento (alimentare, ripopolamento, ornamentale) le aree destinate ad ogni tipologia devono essere nettamente distinte e separate da idonee recinzioni. E’, altresì, ammesso il recupero, la detenzione e la cura di fauna selvatica in difficoltà per la sua reintroduzione in natura. L’autorizzazione per l’allevamento e/o detenzione di fauna selvatica a scopo di ripopolamento e alimentare è rilasciata dalla Giunta Regionale. La Giunta Regionale, sentita la Provincia interessata sulla conformità della richiesta al P.F.V.P. , rilascia l’ autorizzazione ed informa la Provincia per l’ aggiornamento delle superfici disponibili da destinare a gestione privata della caccia. 155 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Negli allevamenti di selvaggina da ripopolamento deve essere mantenuta una densità secondo i rapporti minimi di seguito indicati per le specie cacciabili: a) fagiano e germano reale: dai 30 ai 60 giorni, 0,5 mq per capo; oltre i 60 giorni, 1mq per capo; b) starne e coturnici dai 30 ai 60 giorni, 0.25 mq per capo; oltre i 60 giorni, 0.5 per capo; c) lepri allevate in recinto, 10 mq per capo; d) ungulati (cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone), 500 mq di superficie recintata a capo. Per le altre specie eventualmente allevate le Province daranno indicazione della densità minima da rispettare. I selvatici allevati per fini di ripopolamento ed appartenenti a specie cacciabili stanziali devono essere autoctoni e mantenuti in purezza; la Provincia si riserva l’eventuale verifica, tramite l’I.N.F.S., la purezza delle specie allevate, attraverso prelievi a campione degli animali presenti nella struttura. I recinti e le voliere per l’accrescimento dei soggetti da ripopolamento devono contenere al loro interno appropriata vegetazione cespugliata e/o colture seminative per facilitare l’ ambientamento degli animali nel territorio oggetto del ripopolamento ed evitare il fenomeno di cannibalismo tra specie stesse. L’autorizzazione per l’allevamento e/o detenzione di fauna selvatica a scopo ornamentale e/o amatoriale è rilascia dalla Provincia competente per territorio. A tale scopo possono essere detenuti e/o allevati esemplari di specie e numero di capi sottoindicati: a) starna: non superiore a trenta capi; b) coturnice: non superiore a trenta capi; d) fagiano e germano reale: non superiore a trenta capi d) quaglia: non superiore a cinquanta capi; e) lepre: non superiore a cinque capi; e) ungulati (cinghiale, capriolo,daino, cervo e muflone): non superiore a tre capi. I capi in sovrannumero nella fase riproduttiva possono essere utilizzati a scopo alimentare. I beneficiari devono garantire una permanenza degli animali tale da eliminare qualsiasi tipo di sofferenza e/o maltrattamento eviaprevia comunicazione del responsabile dell’allevamento, all’Ufficio Caccia. L’eventuale allevamento e/o detenzione a scopo ornamentale e/o amatoriale di qualsiasi altro tipo di selvaggina appartenente alle specie cacciabili é autorizzato dalle Province competenti con le modalità stabilite ai commi precedenti; nel caso in esame il numero massimo di capi da allevare e/o detenere non deve essere superiore a dieci. Il titolare dell’azienda agricola che, all’interno di essa, alleva selvatici a scopo di ripopolamento, alimentare, amatoriale ed ornamentale è tenuto a darne comunicazione agli Uffici Regionali e Provinciali della Caccia. 156 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio La comunicazione dovrà contenere le indicazioni delle specie di selvaggina allevate, nel quadro del rispetto della normativa vigente ed in particolare di quella igienico-sanitaria, e dovrà essere corredata, salvo altra richiesta degli uffici competenti,. da: a) titolo di proprietà dell’ area o documento equivalente: b) corografia del territorio scala l:25.000 con l’individuazione della zona; c) estratto mappa catastale in scala 1:2000 con indicati foglio e particelle interessate; d) nulla-osta della A.S.L competente (solo per allevamenti a scopo alimentare). Il titolare dell’impresa dovrà altresì documentare il suo stato giuridico di titolare di impresa agricola. Ad oggi esiste un solo allevamento di fauna selvatica nell’azienda agricola Santa Domenica s.a.s., autorizzato con Delibera Giunta Regionale n. 7837 del 05/12/96, con centro aziendale in località Favaro, agro di Cirò ed estesa Ha 60,00, che alleva e riproduce cinghiale e daini. Per quanto riguarda l’allevamento del cinghiale, nell’azienda sono presenti capi di ceppo autoctono e capi di ceppo ungherese, debitamente separati. Il ceppo autoctono è composto da 9 femmine e 2 maschi posti in un recinto di 25 ettari di bosco. La media dei nati è di 1 capo/femmina/anno. Il ceppo ungherese, allevato a scopo alimentare, è posto in 2 recinti, in ognuno dei quali è tenuta una famiglia. Nell’allevamento sono presenti 2 maschi e la media di nati all’anno è di 4/femmina/anno. Nell’azienda è presente un allevamento di daini composto da 24 femmine e 6 maschi con la media di nati di 1/femmina/anno, di cui circa il 50% restano in vita. 2.2 ASSETTO FAUNISTICO 2.2.1. Situazione generale: peculiarità e problematiche Il territorio della provincia è caratterizzato da una evidente eterogeneità ambientale che influenza in modo diretto la ripartizione spaziale delle specie animali, a seconda delle particolari esigenze ecologiche di ciascuna di esse. Diverse le situazioni di frammentazione di habitat naturale riscontrabili che, oltre a rappresentare un fattore di drastica riduzione dell’ambiente vitale per gli animali, è direttamente collegata alla distribuzione e ai valori di abbondanza delle specie sul territorio. Malgrado questo ed altri fattori limitanti al mantenimento delle condizioni favorevoli per la conservazione della fauna il territorio è caratterizzato ancora oggi da valori di ricchezza in specie di notevole importanza a livello sia regionale che nazionale. Tale diversità è concentrata sopratutto in quelle aree che hanno mantenuto discreti o buoni livelli di naturalità, o che 157 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio rappresentano, nel caso degli uccelli, grazie alla loro posizione geografica, stazioni di sosta e alimentazione strategiche rispetto alle normali rotte migratorie. La ricchezza in specie di uccelli rappresenta senza dubbio la chiave di lettura principale per la comprensione dell’importanza naturalistica dell’area. Essa costituisce in termini assoluti uno dei territori di maggiore valenza ornitologica della Regione, annoverando la presenza di specie di elevato interesse conservazionistico a livello nazionale ed europeo. Ciò è possibile grazie alle particolari fisionomie geomorfologiche, botaniche e paesaggistiche favorevoli alla nidificazione, sosta ed alimentazione di specie rare e localizzate, con consistenti presenze corrispondenti, in diversi casi, alle più alte concentrazioni registrate sinora in Calabria e, per alcune specie, in Italia. La provincia di Crotone, grazie alla sua strategica posizione geografica, rappresenta un ideale corridoio migratorio per tutte quelle specie di uccelli che sfruttano l’asse ionico costiero per i loro spostamenti annuali dai quartieri di svernamento a quelli riproduttivi, e viceversa. I settori particolarmente interessati da questo consistente flusso migratorio sono individuabili lungo l’intera fascia costiera della provincia e nei territori interni della stessa, con direttrici che seguono indicativamente direzione SW-NE. Ai numerosi contingenti primaverili di Falconiformi, Ciconiformi e Passeriformi, si aggiungono le numerose e spesso rare presenze autunnali di Charadriformi (limicoli, sterne e gabbiani) che, soprattutto lungo la fascia costiera, raggiungono concentrazioni spesso di rilevanza nazionale. Principali rotte di migrazione europee Detto ciò bisogna considerare però che uno strumento di pianificazione che si prefigge l’obiettivo di gestire il territorio e sfruttare le sue risorse naturali deve partire dalla conoscenza dell’entità delle risorse stesse. Questo all’attualità, data la carenza di banche dati provinciali, risulta la 158 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio principale difficoltà incontrata al fine di redigere nella maniera più efficace la programmazione faunistica – venatoria. In effetti la nuova legge introduce il concetto di caccia compatibile con la disponibilità stimata della selvaggina e pertanto il prelievo deve risultare compatibile con la conservazione della fauna oggetto del prelievo stesso. Ciò significa che il quantitativo di capi abbattuti nel corso di ogni stagione venatoria deve risultare inferiore a quello che in gergo tecnico viene chiamato l’incremento utile annuo della popolazione, dato dalla differenza tra il numero di individui nati nell’anno e quello dei soggetti deceduti. Se la somma della mortalità naturale più il numero di individui prelevati supera la natalità, inevitabilmente il numero d’individui che riesce a riprodursi diviene ogni anno più esiguo finché, se il prelievo continua con la stessa intensità, si giunge all’estinzione della popolazione. Per la determinazione dei prelievi è necessario quindi che si verifichino contemporaneamente tre condizioni: 1. conoscenza della dimensione della popolazione sottoposta a prelievo; 2. entità dei prelievi delle annate precedenti; 3. regolamentazione del prelievo in funzione della consistenza delle popolazioni. Dei dati necessari però si è a conoscenza esclusivamente dei dati dei carnieri, che come è noto non sempre rispecchiano la realtà. Da qui la necessità di valutare quantitativamente la fauna, in diversi periodi dell’anno, per la creazione e gestione continua delle banche dati faunistiche, e del controllo costante del territorio da parte di personale specializzato. Per l’analisi della consistenza faunistica provinciale si è utilizzata la bibliografia. Si è partiti dal dato di Lucifero (1901) per ciò che riguarda La fauna, e si sono integrati con i dati, raccolti in bibliografia, risultanti da lavori effettuati a vario titolo, ed a volte non pubblicati, da diverse organizzazioni (LIPU, WWF, MAN, ecc) o da naturalisti e biologi, e per alcune specie anche i dati presenti banche dati del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. 2.2.1.1 Analisi dei principali fattori di impatto Nel territorio sono state identificate molte forme d’impatto, dirette e indirette, che sono ritenute incidere in forma differente, spesso rilevante, sullo stato della fauna. Analizzando le cause indirette si rileva che queste sono legate al depauperamento degli habitat, dovuto soprattutto alle attività umane, anche legate all’uso del suolo – comprese le molteplici forme di urbanizzazione e industrializzazione, all’abbandono delle pratiche agro-silvopastorali tradizionali, e ad altre attività legate alle modifiche delle condizioni idrauliche dei corsi d’acqua, ai trasporti. In maniera indiretta la fauna soffre di una generale semplificazione degli ambienti seminaturali, infatti paragonando la situazione attuale della vegetazione, con quella presente anche solo alcuni decenni fa, notiamo come la suddetta antropizzazione, l’abbandono dell’agricoltura tradizionale e la riforestazione con specie alloctone (in particolare coi generi Eucaliptus e Pinus), successivi all’ultimo dopoguerra, hanno incrementato il rischio di 159 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio scomparsa di alcuni aspetti del paesaggio. Ne è conseguito un generale impoverimento floristico e faunistico. Inoltre l’uso dei veleni, la sostituzione oramai totale delle siepi naturali con quelle artificiali, e la gestione delle risorse naturali, in particolare quelle forestali ed estrattive, quasi mai indirizzata alla conservazione, provocano un forte decremento della biodiversità. Altro fattore d’impatto che influisce pesantemente sulla trasformazione della vegetazione mediterranea, causando la regressione da tipi più evoluti e meglio strutturati a tipi degradati, è il ripetersi degli incendi. Gli incendi che si ripetono spesso negli anni e in particolare negli stessi spazi già percorsi dalle fiamme, conducono a un progressivo impoverimento della biodiversità, oltre che ad altre forme d’impatti indiretti come le conseguenze all’assottigliamento del suolo. Inoltre dove i pendii sono ripidi, il dilavamento può essere molto intenso, soprattutto se all’incendio fa seguito una pioggia di forte intensità. Va però ricordato che in passato la pratica di incendiare piccoli appezzamenti di bosco per creare pascolo ha contribuito alla formazione di ecosistemi che oggi rappresentano alcuni fra gli habitat seminaturali più importanti di tutti i territori interni, come le pseudosteppe, le macchie pascolate o i pascoli cespugliati. Il numero di animali che muore per effetto diretto del fuoco è in genere relativamente basso se si considerano i vertebrati omeotermi (Uccelli e Mammiferi). Gli individui adulti sono in grado di allontanarsi dal fuoco e diversi studi hanno rilevato che la mortalità causata dagli incendi è di solito limitata. Il fuoco può però rappresentare un importante fattore limitante per il successo riproduttivo della stagione in cui l'evento si verifica. Nella provincia di Crotone, gli incendi hanno luogo principalmente nel periodo estivo, che corrisponde alla stagione più secca: tale periodo coincide con il periodo post-riproduttivo della gran parte delle specie selvatiche, e conseguentemente con la presenza di individui giovani e particolarmente vulnerabili (prole non involata, piccoli ungulati nella fase hiding, ecc.). Inoltre, in questa stagione si ha, per alcune specie ornitiche, una percentuale non trascurabile di deposizioni tardive o seconde deposizioni. Gli effetti degli incendi sulla fauna selvatica nel lungo periodo sono notevoli e complessi: il fuoco modifica infatti il microclima dell'area attraverso l'azione del fumo, l'alterazione della quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo conseguente alla distruzione della copertura vegetale, l'innalzamento dell'escursione termica per periodi anche prolungati, l'aumento del vento, la modificazione del tasso medio di umidità. L'effetto degli incendi di maggiore impatto sulle popolazioni selvatiche nel breve periodo e nel medio periodo è rappresentato dunque dall'alterazione della struttura e della composizione della vegetazione. L'azione del fuoco non sempre compromette la sopravvivenza delle specie arboree, e distrugge in alcuni casi solo la parte superficiale delle specie erbacee ed arbustive, che in genere rigenerano nel corso della successiva stagione vegetativa. D'altro canto tale azione limita fortemente la disponibilità di risorse trofiche per tutti gli animali che si alimentano di specie erbacee ed arbustive, ed inoltre modifica significativamente la struttura del sottobosco e della vegetazione in generale, privando 160 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio la fauna selvatica, oltre che di risorse trofiche, anche di un elemento fondamentale di rifugio. In caso di incendi tanto intensi da distruggere gli alberi, la nidificazione di molte specie può risultare compromessa per molti anni. In Italia con la LEGGE-QUADRO IN MATERIA DI INCENDI BOSCHIVI Legge 21 novembre 2000, n. 353 i comuni devono attivare il Catasto Incendi dove verranno aggiornati con cadenza annuale ed entro il 30 dicembre di ogni anno tutte le aree del territorio comunale percorse dal fuoco. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. Nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa dal fuoco. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell'ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia.; Infine anche la presenza di parchi eolici è causa di notevoli disturbi e danni soprattutto all’avifauna. Di seguito verranno analizzati gli effetti, che hanno sulla fauna, i fattori antropici e suggerite possibili correttive. Tali impianti spesso esercitano un pesante impatto sul paesaggio, sull’ambiente, sulla stabilità delle pendici anche per i rilevanti movimenti di terra che l’apertura delle strade ad essi connessi, le fondamenta e quant’altro necessario, richiedono inevitabilmente. Inoltre è ampiamente e scientificamente dimostrato, da numerosi studi, come gli impianti eolici producano seri effetti negativi sulle biocenosi e in particolare sugli uccelli e sui chirotteri. Tali effetti consistono essenzialmente in due tipologie d’intervento: - diretto, dovuto alla collisione degli animali con parti dell’impianto, in particolare il rotore; - indiretto, dovuto all’aumento del disturbo antropico con conseguente allontanamento e/o scomparsa degli individui, modificazione di ambienti (aree di riproduzione e di alimentazione), frammentazione degli habitat e delle popolazioni, ecc. La diminuzione degli spazi ambientali è una delle cause maggiori della scomparsa e della rarefazione di molte specie il disturbo provocato dalle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, vengono indicati da molti autori, come una delle cause principali dell’abbandono di queste aree da parte degli uccelli, in particolare per le specie che nidificano a terra o negli arbusti. È evidente che la misurazione della mortalità dà 161 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio valori molto approssimati per difetto. Infatti molte carcasse non vengono ritrovate in quanto possono essere spostate e divorate da altri animali quali topi, volpi o cani randagi. In Italia, Magrini (2003) ha riportato che nelle aree dove sono presenti impianti eolici, è stata osservata una diminuzione di uccelli fino al 95% per un’ampiezza di territorio fino a circa 500 metri dalle torri. In paesi come l’Italia ed il territorio crotonese, interessati da grandi flussi di migratori su vasti fronti, lo sviluppo dell’eolico sulle coste, o in prossimità dei corridoi migratori porterebbe come conseguenza inevitabile stragi intollerabili di uccelli migratori, destinate ad avere impatti pesanti sulla consistenza delle specie. I pipistrelli vengono anch’essi distrutti in gran numero dal movimento delle turbine. Gli uccelli sottoposti a rischio sono i migratori notturni (passeriformi) ed anche quelli diurni (rapaci e veleggiatori), soprattutto quando, alla ridotta visibilità, si aggiungono condizioni atmosferiche avverse che comportano una riduzione delle altezze di volo. Gli uccelli più colpiti sembrano essere in assoluto i rapaci anche se tutti gli uccelli di grandi dimensioni, ad esempio cicogne e aironi, sono potenzialmente ad alto rischio; seguono poi i passeriformi e le anatre, in particolare durante il periodo di migrazione. oltre al pericolo derivante dalla collisione diretta, ci sono altri tipi di impatto che occorre considerare, prima fra tutte la perdita di habitat. La presenza di corpi idrici rappresenta un ulteriore rischio, in quanto ad essi si associa una maggiore densità di uccelli. Infine anche le attività di bracconaggio sono causa di impatto. Sono noti casi di prelievo ai nidi a diverse specie, in particolare ai rapaci utilizzati per la falconeria e alle specie oggetto di collezionismo e di mercato; queste pratiche sono da ritenersi ancora fra le principali minacce per alcune specie prioritarie come a esempio il lanario. Fattori d’impatto sulle comunità ornitiche Fattori d’impatto sulla fauna (escluso ornitofauna) I principali rischi per la sopravvivenza della fauna provengono dalla riduzione e dalla frammentazione degli habitat naturali e seminaturali. Ma anche, laddove sussistano condizioni ottimali per la sopravvivenza e la riproduzione di talune specie, troppo spesso intervengono fenomeni di natura antropica a destabilizzare parte o l’intero ciclo biologico delle stesse. Si ricorda che, a eccezione dei chirotteri, in generale per tutte le specie della fauna non avicola, si pongono spesso problematiche ambientali aggiuntive, derivanti dalla mancata possibilità di spostamento pari a quella degli uccelli. Fra queste minacce, le più subdole sono certamente rappresentate da quelle che vengono dalla creazione di manufatti o modifiche dell’ambiente, che comportano l’impossibilità, o la possibilità accompagnata da seri rischi, di sopravvivenza agli animali, di attraversare tratti del territorio prima percorribili in funzione della eco-etologia delle specie. A questa categoria di impatti appartengono l’alterazione e/o la distruzione dei corridoi ecologici, gli impianti per la produzione di energia eolica, la presenza di sbarramenti e chiuse 162 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio artificiali che alterano l’ecologia dei corpi idrici e impediscono i movimenti dei pesci lungo l’asta fluviale e i loro naturali processi di colonizzazione e riproduzione, l’urbanizzazione, determinate forme di recinzioni degli appezzamenti agricoli e non, sia privati che pubblici. Si è osservato che, in molti casi, questi impatti sussistono contemporaneamente in medesimi siti, sommando i propri singoli effetti. Molti di quelli che sono, il più delle volte, impatti indiretti per l’avifauna, come, in parte, gli incendi, l’uso di pesticidi, la pulizia del sottobosco, con rimozione di piante morte o morenti, le attività estrattive, il randagismo e l’immissione di specie alloctone, che decretano l’aumento del tasso di competizione intraspecifico e influiscono negativamente sul patrimonio genetico delle popolazioni locali, spesso incidono in maniera diretta sulle popolazioni di altri vertebrati e degli invertebrati. Un caso particolare è il Lupo Canis lupus, per questo, le minacce derivano principalmente dai rapporti con l’uomo, storicamente caratterizzati da elementi di conflitto, di persecuzione, da bracconaggio diffuso e persistente, e da randagismo dei cani domestici, che provoca inquinamento genetico. 2.2.2 Uccelli acquatici e marini Il sistema di zone umide ha subito negli ultimi 60-70 anni un notevole decremento per ciò che riguarda l’estensione complessiva e il livello di eterogeneità ambientale. Intensi processi di frammentazione, legati soprattutto alla conversione delle aree paludose in terreni agricoli, hanno fortemente impattato sul grado di naturalità di questi preziosi serbatoi di biodiversità animale e vegetale,compromettendone in alcuni casi la ricettività faunistica e il grado di complessità strutturale della vegetazione. Nonostante questo, il territorio conserva ancora alcuni importantissimi esempi di questa fondamentale tipologia di habitat. La foce del fiume Neto e quella del Tacina, fra tutte, spiccano per livelli di ricchezza specifica e abbondanze relative, con presenze regolari di specie tutelate a livello comunitario ed internazionale e minacciate di estinzione sia in Italia che in Europa. Entrambe le zone umide - poste fra i comuni di Crotone e Strongoli, la prima, e nel Comune di Cutro a confine con Botricello, la seconda - si trovano in una posizione geografica favorevole per garantire alle specie migratorie sosta e alimentazione durante l’intero arco dell’anno. La sola foce del Neto ha fatto registrare negli ultimi diciassette anni la presenza di ben 188 specie ornitiche (cfr. Monterosso, 2006). Fra queste, sono da segnalare le notevoli concentrazioni di Ardeidae, Threskiornithidae, Gruidae, Laridae, Sternidae ed altri Charadriiformes. In modo particolare, la foce del fiume Neto rappresenta un’importantissima stazione di sosta e alimentazione per consistenti popolazioni migratorie di Airone rosso, Spatola, Mignattaio, Gru, Gabbiano corso, Gabbiano roseo, Sterna zampenere e Sterna maggiore. 163 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Tra i limicoli si segnalano il Cavaliere d’Italia, l’Avocetta, la Pittima reale e il Combattente (le ultime due hanno raggiunto in alcuni anni concentrazioni di diverse centinaia di individui). Lungo i tratti costieri limitrofi alla foce fluviale, sono regolari le presenze migratorie di Beccaccia di mare. Anche in periodo invernale si registrano presenze di specie rare e minacciate; tra le più regolari e abbondanti quelle di Gabbiano corallino, Piviere dorato e Pavoncella, per le quali la foce del Neto costituisce una delle aree di importanza nazionale per lo svernamento (Serra et al., 1997; Baccetti et al., 2002). Dati meno puntuali sono invece disponibili per la foce del fiume Tacina, che rappresenta allo stesso modo una stazione di passaggio obbligato per molti migratori e svernanti lungo l’asse ionico costiero. L’area è certamente luogo di transito e sosta temporanea per molte specie di Ardeidae, Laridae, Sternidae e altri Charadriiformes. La minore estensione ed eterogeneità di nicchie ecologiche rispetto alla foce del Neto, la rende una stazione allo stato attuale meno ricettiva per l’ornitofauna, ma da ritenere comunque sito di interesse ornitologico nel panorama già fortemente impoverito delle zone umide della provincia di Crotone. Per ciò che riguarda l’ambito marino, bisogna evidenziare l’importanza del tratto costiero tra le due foci fluviali succitate. La costa ionica ricadente in provincia di Crotone rappresenta un’area di notevole importanza per molte specie pelagiche, sia in periodo invernale che durante le migrazioni. Fra le specie tutelate si segnalano la Berta maggiore, Berta minore, tutte le specie calabresi di Charadriiformes (tra cui anche alcune prime segnalazioni per la Regione) e Laridae. Tra queste ultime, spiccano in modo particolare le sempre più consistenti presenze di Gabbiano corso, specie minacciata di estinzione a livello globale (SPEC 1) e nazionale (EN, in pericolo) e particolarmente protetta in base alla normativa comunitaria e internazionale di riferimento. 2.2.3 Uccelli rapaci e strigiformi Nei territori provinciali, la secolare presenza di determinate attività umane tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio significativo con la natura di questi luoghi e in particolare con alcune specie animali. La ragione sta nell’evoluzione di tipologie di ambienti con forti caratteri di seminaturalità, ai quali, col passare del tempo, è stato riconosciuto un altissimo valore, per quanto concerne la conservazione della biodiversità e degli uccelli da preda. A questi habitat seminaturali, come a quelli naturali, si rapportano sempre specie animali e vegetali ormai rare e minacciate, che per sopravvivere necessitano della valorizzazione e di un seguito di quelle attività che si rispecchiano nell’agricoltura estensiva e che prevedono un sano utilizzo del suolo e del bosco. Nonostante le innumerevoli minacce, le aree collinari e pedemontane rimangono indubbiamente alcuni dei luoghi di maggiore rilievo naturalistico di tutta la regione. I rapaci, sia quelli diurni che quelli di abitudini notturne, sono “indicatori” faunistici dello stato di salute generale dell’ambiente, che ci dicono dell’importanza biologica della zona, con ecosistemi tipici del bacino mediterraneo, ormai relegati a poche stazioni in Italia e quasi sempre nel meridione. 164 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio A dimostrazione di quanto appena affermato, nella provincia con la presenza della ZPS “Marchesato-fiume Neto” e di alcuni SIC vengono tutelati la presenza e la nidificazione di molte specie d’interesse conservazionistico come il Capovaccaio, il Biancone, il Nibbio reale, il Lanario, il Grillaio e il Gufo reale ed il loro habitat. Il numero delle specie ornitiche presenti nei SIC è sempre elevato; ad esempio nella sola area del monte Fuscaldo (cod. IT9320110) dimorano, annualmente, circa 135 specie diverse di uccelli. Anche le aree SIC di Murgie (cod. IT9320112), Timpe di Cassiano (cod. IT9320111), dei fiumi Lese e Lepre (cod. IT9320122, IT9320123), tutte le valli fluviali e in particolare le zone di alcuni affluenti come il torrente Calamo, la Seccata e il Manzello, l’area del Geoparco Ipogeo dll’Alto Crotonese (GIAC), fanno parte di quelle zone considerate hots spots di biodiversità, al pari del monte Fuscaldo, e rappresentano pertanto i luoghi maggiormente idonei alla riproduzione dei rapaci diurni e degli strigiformi, animali notoriamente esigenti per quanto riguarda la qualità dell’ambiente. Le notizie attinenti questi gruppi sono certamente maggiori rispetto a quelli di altri ordini, anche se localmente, come nella porzione centro settentrionale, più precisamente nell’area del bacino del Lipuda, le informazioni sulla presenza e sulla distribuzione dei rapaci sono meno dettagliate che per il resto della superficie. E’ comunque noto che nella provincia, ad oggi, si riproducono regolarmente 12 delle 26 specie di uccelli da preda diurni appartenenti agli ordini degli Accipitriformes e dei Falconiformes,; 7 le specie appartenenti all’ordine degli Strigiformes. I radicali mutamenti degli ultimi 20-30 anni hanno accentuato gli aspetti di isolamento biologico delle aree di cui sopra, e alcune specie come il Capovaccaio, il Nibbio reale e il Gufo reale hanno subito pesanti perdite in termini di numero di coppie nidificanti, trovandosi attualmente, al limite dell’estinzione. Vista la posizione strategica l’area durante le migrazioni, particolarmente nei mesi primaverili, assume anche una importanza vitale per specie quali il Falco pescatore, le albanelle, il Falco di palude, il Falco cuculo, il Lodolaio e stormi di Nibbi bruni e Falchi pecchiaioli. Fra questi migratori ve ne sono alcuni che arrivano dalle regioni più settentrionali per trascorrere l’inverno negli stessi territori o nelle vicinanze – i rapaci diurni necessitano spesso di grandi spazi e non riconoscono i confini umani –, come l’Albanella reale, l’Aquila minore o il Nibbio reale. Esistono poi specie accidentali come l’Avvoltoio grifone o l’Aquila del Bonelli, osservate eccezionalmente durante il periodo di erratismo, tipico degli anni che precedono la maturità, di molti uccelli da preda e che sottolineano nuovamente l’importanza dell’area in un quadro internazionale di conservazione. Alcune popolazioni, al contrario di altre, hanno avuto un incremento: è il caso del Falco pellegrino, del Falco pecchiaiolo e del Grillaio. Per quanto riguarda il Falco pellegrino, si ritiene che il numero di coppie sia aumentato probabilmente di oltre il 50 %, rispetto alla popolazione degli anni ’70-’80. Nel caso del Falco pecchiaiolo, non si conoscevano coppie nidificanti fino ai 165 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio primi anni novanta, a partire dai quali sono stati osservati diversi casi di riproduzione e al momento la popolazione di questa specie sembra essersi stabilizzata. Per quel che concerne lo stato attuale delle conoscenze, si ricorda che la provincia di Crotone ed in particolar modo l’area ricadente nella ZPS Marchesato – Fiume Neto, rappresenta una delle zone più importanti area della regione per la presenza e la riproduzione del Gufo reale. Resta l’importanza notevole dell’area per la presenza, anche con buone concentrazioni, di quasi tutte le specie di Strigiformi Italiani. Di tutte le specie diurne presenti nella provincia, il 50 % è minacciato di estinzione a livello nazionale, tra cui il Capovaccaio, minacciato a livello critico secondo la Lista Rossa italiana (LIPU & WWF, 1998). Tutte queste specie risultano particolarmente protette ai sensi della L. 157/92, benchè siano spesso soggette a frequenti episodi di bracconaggio così come rilevato anche dai dati trasmessi dal CRAS di Catanzaro e riportati al capitolo 2.1.10.4. 2.2.4 Passeriformi e altre specie I Passeriformi costituiscono l’ordine più rappresentativo della classe degli uccelli, sia per numero di specie sia per numero di individui, di conseguenza occupano una molteplice varietà di ambienti. Data l’eterogeneità delle caratteristiche ambientali della provincia non stupisce la presenza di 85 specie diverse di Passeriformi, quasi tutte ben distribuite e diffuse nell’intero territorio. Lungo la fascia collinare è da segnalare la Ghiandaia marina Coracias garrulus, appartenente all’ordine dei Coraciformi, presente lungo le piane litoranee e dei corsi d’acqua e con una popolazione stimata intorno alle 25-55 coppie nidificanti. Estremamente importanti anche le presenze della Calandrella Calandrella brachydactyla, migratrice regolare, osservata in maggiori concentrazioni alla foce del Neto, e presente lungo la fascia pianeggiante e collinare, in zone aperte, aride, steppiche e coltivate, e della Tottavilla Lullula arborea, osservata durante la stagione invernale in gran parte delle aree collinari e di pianure aperte, e durante la stagione riproduttiva anche a quote più elevate. Negli ambienti steppici, di macchia mediterranea e agricoli si rinvengono l’Averla capirossa Lanius senator e l’Averla piccola Lanius collurio, entrambe nidificanti in zone aperte, arbustate e scarsamente alberate; la seconda nidificante anche nelle zone aperte montane più interne. Altra specie tipica della macchia mediterranea è la Magnanina Sylvia undata osservata in periodo riproduttivo nella valle del fiume Lese, ma probabilmente presente anche in altri aree della provincia di Crotone. Nelle aree montane più interne, due tra le specie tutelate sono la Balia dal collare Ficedula albicollis e il Codirosso Phoenicurus phoenicurus, nidificanti in boschi maturi (faggete, querceti, castagneti, pinete, ecc.) ed osservabili in migrazione nei tratti costieri (es. Foce del Neto) e collinari. 166 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.2.5 Quadro complessivo dell’avifauna Dai dati rilevati a seguito delle osservazioni effettuate nel territorio provinciale, si riporta l’allegato I inerente l’elenco completo delle 227 specie di uccelli censite sino al gennaio 2009, appartenenti a 20 Ordini e 56 Famiglie così ripartite: 97 specie sono nidificanti regolari, 2 in modo irregolare e 12 da confermare, nonché le schede dei singoli uccelli, di importanza conservazionistica, con le caratteristiche e la distribuzione spaziale. Ogni specie è accompagnata da informazioni riguardanti status, fenologia, categoria di minaccia in Italia ed Europa, livello di tutela previsto secondo la normativa nazionale, comunitaria e internazionale. Per la nomenclatura e la sistematica ci si è riferiti alla Check-list degli uccelli italiani di Brichetti & Massa (1999). I termini fenologici usati sono quelli di uso corrente proposti da Fasola & Brichetti (1984) : Sedentaria: specie o popolazione legata per tutto il corso dell’anno a un determinato territorio, dove viene normalmente portato a termine il ciclo riproduttivo. Migratrice: specie o popolazione che compie annualmente spostamenti dalle aree di nidificazione verso i quartieri di svernamento. Una specie è considerata migratrice per un determinato territorio quando vi transita senza nidificare o svernare. Nidificante: specie o popolazione che porta regolarmente a termine il ciclo riproduttivo in un determinato territorio. Svernante: specie o popolazione migratrice che si sofferma a passare l’inverno o buona parte di esso in un determinato territorio, ripartendo in primavera verso le aree di nidificazione. Accidentale: specie che capita in una determinata zona sporadicamente, in genere con individui singoli o comunque in numero molto limitato. Vengono di seguito riportate le abbreviazioni utilizzate in Allegato I: Status e fenologia (Brichetti & Massa, 1999): B = Nidificante (breeding): sempre indicato anche se la specie è sedentaria S = Sedentaria o Stazionaria (sedentary, resident): sempre abbinata a «B» M = Migratrice (mygratory, migrant): le specie migratrici nidificanti sono indicate con «M reg, B» W = Svernante (wintering) (W) = Invernale (winter visitor): in questa categoria sono incluse le specie la cui presenza nel periodo invernale non è assimilabile a un vero e proprio svernamento E = Estivante (non breeding summer visitor): di specie estiva ma non nidificante A = Accidentale (vagrant, accidental): viene indicato il numero di segnalazioni per le specie segnalate fino a 5 volte; per ciascuna è riportato l’anno di avvistamento reg = regolare (regular): normalmente abbinato solo a «B» irr = irregolare (irregular): abbinato a tutti i simboli ? = può seguire ogni simbolo e significa dubbio SPEC: Species of European Conservation Concern (Tucker & Heath, 1994) 1 = SPEC 1: specie minacciata a livello globale 167 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2 = SPEC 2: specie minacciata con popolazione concentrate in Europa 3 = SPEC 3: specie minacciata con popolazione non concentrate in Europa IUCN: Nuova Lista Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (Lipu e WWF, 1999) CR (Critically endangered) = specie in pericolo in modo critico EN (Endangered) = specie in pericolo VU (Vulnerable) = specie vulnerabile LR (Lower risk) = specie a basso rischio NE (Not evaluated) = specie non valutata CEE: Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” (Consiglio delle Comunità Europee, 1979) I = specie in Allegato I della 79/409/CEE Berna: Convenzione di Berna (Consiglio d’Europa, 1979) II = specie in allegato II della Convenzione di Berna III = specie in allegato III della Convenzione di Berna Bonn: Convenzione di Bonn (Consiglio delle Comunità Europee, 1982) I = specie in allegato I della Convenzione di Bonn II = specie in allegato II della Convenzione di Bonn CITES: Convenzione di Washington (Consiglio delle Comunità Europee, 1996) irr = irregolare (irregular): abbinato a tutti i simboli ? = può seguire ogni simbolo e significa dubbio SPEC: Species of European Conservation Concern (Tucker & Heath, 1994) 1 = SPEC 1: specie minacciata a livello globale 2 = SPEC 2: specie minacciata con popolazione concentrate in Europa 3 = SPEC 3: specie minacciata con popolazione non concentrate in Europa IUCN: Nuova Lista Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (Lipu e WWF, 1999) CR (Critically endangered) = specie in pericolo in modo critico EN (Endangered) = specie in pericolo VU (Vulnerable) = specie vulnerabile LR (Lower risk) = specie a basso rischio NE (Not evaluated) = specie non valutata CEE: Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” (Consiglio delle Comunità Europee, 1979) I = specie in Allegato I della 79/409/CEE Berna: Convenzione di Berna (Consiglio d’Europa, 1979) II = specie in allegato II della Convenzione di Berna III = specie in allegato III della Convenzione di Berna Bonn: Convenzione di Bonn (Consiglio delle Comunità Europee, 1982) I = specie in allegato I della Convenzione di Bonn II = specie in allegato II della Convenzione di Bonn CITES: Convenzione di Washington (Consiglio delle Comunità Europee, 1996) A = specie in allegato A del regolamento CEE N. 338/97 168 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio C = specie in allegato C del regolamento CEE N. 338/97 L. 157/92: Legge per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (G.U. n. 46, 25/02.92) part. prot. = specie particolarmente protetta dalla Legge n. 157 del 1992 Specie di interesse conservazionistico Nelle tabelle successive sono segnalate: - Species of European Conservation Concern, SPEC (Tucker & Heath, 1994), specie in stato sfavorevole di conservazione, ordinate in categorie da 1 a 3, in relazione allo stato di minaccia, misurato sia in base alla dimensione sia al declino della popolazione in un arco di vent’anni (1970-1990). Alcune sono specie globalmente minacciate secondo i suddetti criteri, altre sono specie ancora relativamente abbondanti ma in costante o marcato declino. Le SPEC (escluse le specie accidentali) sono così distribuite: - Specie inserite nella Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Italia (Lipu e WWF, 1999), ossia specie a rischio di estinzione secondo le categorie di minaccia in ordine decrescente di gravità, individuate dall’IUCN, Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Tale classificazione è basata sull’analisi di tre fattori determinanti: la dimensione della popolazione, la tendenza della stessa e la dimensione dell’areale di distribuzione di ogni singola specie. Nel territorio provinciale le specie della Lista Rossa sono così ripartite (accidentali escluse): - Specie inserite nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE (Consiglio delle Comunità Europee, 1979), per le quali sono previste misure speciali di conservazione degli habitat, per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione. Sulla base della presenza di suddette specie, valutate tenendo conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione, vengono classificati come Zone di Protezione Speciale i territori più idonei in numero e superficie alla loro conservazione. Secondo l’art. 4 comma 2 della 79/409/CEE, inoltre, analoghe misure devono essere adottate anche per le specie migratrici non in all. I che ritornano regolarmente, con particolare attenzione 169 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio alle aree di riproduzione, di muta, di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte migratorie. Le specie complessivamente tutelate dalla Direttiva “Uccelli” (escluse le accidentali) sono pertanto così distribuite: - Specie inserite negli allegati II e III della Convenzione di Berna (Consiglio d’Europa, 1979) relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa. L’allegato II include le specie per cui è vietata: la cattura, la detenzione, l’uccisione, il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o riposo, la distruzione o la raccolta e detenzione di uova e la detenzione ed il commercio di animali vivi o morti, imbalsamati, nonché parti e prodotti vietati. L’allegato III include le specie per cui devono essere adottate necessarie ed opportune leggi e regolamenti per non compromettere la loro sopravvivenza. Tali norme legislative dovranno comprendere: periodo di chiusura, divieto temporaneo o locale, regolamentazione per la vendita, detenzione, trasporto e commercializzazione di animali selvatici vivi o morti. Nel territorio provinciale sono 119 le specie inserite in allegato II e 100 quelle in allegato III. - Specie inserite negli allegati I e II della Convenzione di Bonn (Consiglio delle Comunità Europee, 1982) relativa alla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica e accordi AEWA. L’allegato I include le specie migratrici minacciate che richiedono: il ripristino degli habitat importanti per la loro protezione dal rischio di estinzione; la prevenzione, eliminazione o riduzione al minimo dei fattori negativi e delle attività che ne ostacolano o impediscono la migrazione; la prevenzione, riduzione o controllo dei fattori di minaccia (reali o potenziali) delle specie, controllando in modo rigoroso che non siano introdotte specie esotiche e provvedendo alla sorveglianza ed evacuazione delle specie esotiche eventualmente già introdotte. L’allegato II include le specie che si trovano in cattivo stato di conservazione e che richiedono la conclusione di accordi internazionali per la loro conservazione e gestione, nonché quelle in cui lo stato di conservazione trarrebbe vantaggio dalla cooperazione internazionale derivante dalla stipula di un accordo internazionale. Nel territorio sono 2 le specie inserite nell’allegato I e sono 111 le specie inserite nell’allegato II. - Specie inserite negli allegati A e C del regolamento CEE N. 338/97 (Consiglio delle Comunità Europee, 1996), recante applicazione in Europa della Convenzione di Washington del 1979 (CITES), per la regolamentazione del commercio internazionale di specie animali e vegetali in via di estinzione. 170 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio L’allegato A comprende tutte le specie minacciate di estinzione per le quali esiste o potrebbe esistere un’azione di commercio. Il commercio di tali specie (che siano esemplari vivi o morti, loro parti o prodotti da essi ricavati) deve essere sottoposto ad una stretta regolamentazione avente per fine di evitare uno sfruttamento incompatibile con la loro sopravvivenza. L’allegato C comprende tutte le specie che una Parte (cioè uno Stato per cui la Convenzione è entrata in vigore) dichiara sottoposte, nei limiti di una sua competenza, ad una regolamentazione avente per scopo di impedire o di restringere il loro sfruttamento, e tali da richiedere la cooperazione delle altre Parti per il controllo del commercio. Le specie inserite nell’allegato A sono 43 e 4 quelle in allegato C. - Specie elencate all’art. 2 della Legge n. 157 dell’11 febbraio 1992, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (G.U. n. 46, 25/02.92). L’art. 2 comprende le specie particolarmente protette anche sotto il profilo sanzionatorio. Medesimo livello di protezione è da attribuire a tutte le altre specie minacciate di estinzione secondo direttive comunitarie, convenzioni internazionali o apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (cfr. art. 2 comma c). Le specie particolarmente protette secondo l’art. 2 della L. 157/92 sono 57. 2.2.6 Raccolta dati dell’avifauna La presenza dell’avifauna è stata rilevata, nel territorio provinciale, sia durante lo studio effettuato per la redazione del piano di gestione della ZPS, come si evince dalla check list successiva, sia da altri studi e campagne di osservazione,di seguito riportati, effettuati in diverse località della provincia nonché dai dati dei carnieri per l’anno 2008/2009. In particolare la presenza delle quaglie è dimostrata dalle operazioni effettuate, nell’ambito del Progetto per lo studio dei flussi migratori dell'avifauna in Calabria (da parte della dott.ssa Manuela Policastrese)1 per conto dell' U.C.I.M. Unione italiana Cacciatori Migratoristi e per I.S.P.R.A. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale con un dato di 128 soggetti catturati ed inanellati tra il mese da aprile e maggio del 2008 a Cirò Marina, oltre che dai dati dei carnieri. Per i turdidi ed i corvidi la presenza è stata rilevata nell’ambito Progetto "I Passeriformi quali indicatori ambientali", da parte della dott.ssa Manuela Policastrese, per conto dell' I.S.P.R.A e dell’Assessorato all’Ambiente della Provincia di Crotone come si evidenzia dalle tabelle sottostanti 171 Provincia di Crotone 1 Piano Faunistico-Venatorio dati non pubblicati Dati catture novembre 2006 dicembre Dati catture marzo2008-luglio 2009 az. agr. 2007 presso l’agriturismo “il querceto” “valle del biologico” c.da valle San Mauro di Santa Severina Marchesato Specie N Specie N Capinera 283 Balia nera 7 Pettirosso 183 Ballerina Bianca 5 Occhiocotto 62 Beccafico 1 Cinciarella 52 Capinera 141 Codibugnolo 39 Cardellino 7 Cinciallegra 38 Cinciallegra 77 Merlo 33 Cinciarella 20 fringuello 25 Codibugnolo 14 Luì piccolo 23 Codirosso 1 Tordo bottaccio 23 Codirosso spazzacamino 5 Passera scopaiola 21 fringuello 14 Verdone 15 Gazza 4 Usignolo di fiume 14 Ghiandaia 3 Verzellino 12 Gruccione 1 Ghiandaia 8 Luì piccolo 23 Beccafico 4 Merlo 2 Pigliamosche 3 Occhiocotto 46 Averla piccola 2 Passera d'Italia 19 Fiorrancino 2 Passera mattugia 1 Sterpazzola 2 Passera scopaiola 18 Usignolo 2 Pettirosso 58 Zigolo nero 2 Pigliamosche 2 Codirosso spazzacamino 1 Prispolone 1 Cutrettola 1 Sterpazzola 3 Gheppio 1 Sterpazzolina 1 Passera mattugia 1 Stiaccino 2 Saltimpalo 1 Torcicollo 1 Torcicollo 1 Tordo bottaccio 7 Tortora 1 Usignolo 1 Totale 855 Usignolo di fiume 2 Verzellino 2 Zigolo muciatto 1 Zigolo nero 4 Totale 494 FONTE: POLICASTRESE M. dati non pubblicati 172 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio A questi si aggiungono i dati dei carnieri per l’anno 2008/2009 di seguito riportati. Dati carnieri Campagna venatoria 2008/2009 Elenco Specie Codice ATC KR1 ATC KR2 N. Abbattuti Fagiano F 3 2 5 Quaglia Q 357 223 580 Beccaccia B 299 95 394 Beccaccino N 3 14 17 Colombaccio M 411 172 583 Tortora T 330 107 437 Turdidi R 1210 354 1564 Allodola A 183 388 571 Anatidi, Rallidi, Trampolieri D 10 11 21 Gazza, Ghiandaia, Cornacchia Grigia G 20 16 36 Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca 173 Capi Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio CHECK LIST DELL’AVIFAUNA OSSERVATA NELLA ZPS “MARCHESATO – FIUME NETO” 174 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 175 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 176 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 177 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 178 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 179 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 180 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 181 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 182 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio CAMPAGNA di Birdwatching Si riportano integralmente i report di alcune giornate di osservazione effettuate nel territorio della provincia di Crotone ad esclusione di quelle dedicate alla foce del Neto, già riportate nel paragrafo 2.1.8.2. (Fonte: Giuliano Monterosso 2006/2007) Sito: birdwatching calabria. Report: Marchesato di Crotone, 3.6.07 Splendido pomeriggio trascorso nel Marchesato di Crotone insieme all'amico Massimo Salerno, esperto e appassionato conoscitore dell'avifauna nella nostra provincia. Prima tappa al nido della Cicogna bianca Ciconia ciconia, che da alcuni anni ha scelto il nostro territorio per riprodursi. Ben 5 piccoli al nido, posto su un traliccio dell'alta tensione. Si procede verso zone più interne e difficili da raggiungere. Lungo il tragitto una piccola colonia di Gruccioni Merops apiaster, visibile dalla strada provinciale e facile da osservare e fotografare. Dopo di che arriviamo in una delle aree più affascinanti del crotonese, dove osserviamo la sola coppia di Capovaccaio Neophron percnopterus nidificante e altre specie di rapaci e passeriformi. Questo il report completo della giornata: 1) Cicogna bianca 7 (2 ad. + 5 pulli) 2) Capovaccaio 3 (2 ad. + 1 pullus) 3) Biancone 1 4) Nibbio bruno 2 (cp.) 5) Falco di palude 1 f 6) Poiana 6+ 7) Gheppio 4+ 8) Pellegrino 1 juv. 9) Colombaccio div. ind. 10) Tortora dal collare alc. ind. 11) Rondone 12) Upupa 1 13) Gruccione colonia di 20/30 cp. + vari ind. un pò ovunque 14) Ghiandaia marina 2 cp. 15) Cappellaccia alc. ind. 16) Rondine vari ind. 17) Balestruccio alc. ind. 18) Merlo 19) Capinera 20) Occhiocotto 183 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 21) Beccamoschino 22) Usignolo 23) Usignolo di fiume 24) Averla piccola 1 f 25) Ghiandaia 26) Taccola 27) Cornacchia grigia 28) Corvo imperiale 2 29) Fringuello 30) Cardellino Report: loc. Trafinello - Crotone, 15.4.07 Giornata di passo migratorio inaspettato, ieri; recatomi in loc. Trafinello (zona periferica di Crotone) nella speranza di fotogrfare le prime Ghiandaie marine (ancora non arrivate), ho avuto la fortuna di osservare il passaggio di diversi rapaci appartenenti soprattutto al genere Circus. Questo l'elenco delle specie osservate dalle 15:20 alle 18:30 c.ca: 1) Nibbio bruno 1 2) Falco di palude 4 (2 mm, 2 ff, 2 juv.) 3) Albanella minore 19 (12 mm, 5 ff, 2 juv.) 4) Albanella pallida 4 (1 m ad., 1 m sub-ad, 1 f, 1 juv.) 5) Poiana 6 (locali) 6) Sparviero 1 m (locale) 7) Gheppio 7 (locali) Le specie di non Falconiformi: 8) Colombaccio div. ind. 9) Tortora dal collare alc. ind. 10) Rondone div. ind. 11) Upupa 1 12) Cappellaccia div. ind. 13) Rondine div. ind. 14) Balestruccio div. ind. 15) Prispolone 3 184 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 16) Cutrettola 1 17) Culbianco 1 m 18) Monachella ssp. melanoleuca 1 m, 1 f 19) Stiaccino 3 mm 20) Beccamoschino div. ind. 21) Usignolo di fiume alcuni ind. 22) Averla capirossa 3 23) Gazza alcuni ind. 24) Cornacchia grigia div. ind. 25) Corvo imperiale 1 26) Rigogolo 1 m 27) Passera d'Italia div. ind. Report: Invaso S. Anna, 22.1.07 Giornata nebbiosa stamattina all'Invaso S. Anna, dove, come ogni anno, mi son recato per il censimento degli acquatici svernanti. Meno specie del solito e più scarse, sempre a causa delle condizioni climatiche ancora semi-primaverili. 1) Svasso piccolo 3+ 2) Svasso maggiore 55 3) Cormorano 21 4) Germano reale 14+ 5) Fischione 16 6) Codone 5+ 7) Alzavola 126+ 8) Moriglione 224 9) Folaga 13+ 10) Gabbiano reale 122+ 11) Pispola 5+ Report: Porto di Crotone, 19.1.07 Mattinata trascorsa al porto di Crotone per il consueto censimento degli acquatici svernanti. Il clima decisamente primaverile non mi ha permesso di osservare specie di particolare rilievo. La check-list è comunque interessante. 1) Svasso piccolo 6+ 2) Svasso maggiore 14+ 3) Berta minore 1 4) Cormorano 13+ 185 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 5) Volpoca 2 ff 6) Folaga 4+ 7) Piro piro piccolo 3 8) Gabbiano comune 150+ 9) Gabbiano corallino 2+ 10) Gabbianello 1 11) Gabbiano reale 175+ 12) Zafferano 26 13) Beccapesci 3+ 14) Martin pescatore 2 15) Ballerina bianca alc. 16) Codirosso spazzacamino vari ind. 17) Occhiocotto alc. ind. 18) Usignolo di fiume alc. ind. 19) Gazza alc. ind. 20) Taccola vari ind. 21) Passera d'Italia vari ind. EuroBW: Porto di KR, 07.X.06 1) Svasso piccolo 1 2) Gabbiano comune 161 3) Gabbiano corallino 1 4) Gabbiano reale 205 5) Zafferano 11 6) Beccapesci 1 7) Taccole diversi ind. Prima prova digiscoping 5.9.06 Periodo di assenza dal blog per motivi di studio. Domenica scorsa, 3 settembre 2006, ho finalmente sperimentato il digiscoping con la mia nuova attrezzatura (cannocchiale Opticron ES80 ED + oculare DTL 10,5x; fotocamera HP photosmart 735 montata con adattatore Opticron UDCA). Considerata la scarsa qualità della fotocamera (3 megapixel....), la qualità delle foto mi ha lasciato comunque soddisfatto. Sono stato al Porto di Crotone dove, per i lavori di dragaggio interrotti della nuova struttura, si son formati dei vasconi ad acque basse che attirano diversi uccelli. Domenica c'era poco: Ca 50 Gabbiani comuni, 15 Gabbiani reali, 1 Zafferano, 3 Beccapesci, 2 Gambecchi e 1 Coriere piccolo. Tra i Gabbiani reali, ce n'era uno sub-adulto (nella foto piccola e il secondo da destra nella foto grande) che non mi ha convinto per forma e dimensioni: più piccolo dei L. cachinnas, becco meno 186 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio robusto e silhouette complessivamente più snella. Vi propongo due scatti, chiedendovi di aiutarmi nella determinazione di un'eventuale ssp., che al momento non ho il tempo di identificare da solo. Grazie a chiunque volesse rispondere,Gm. Report: 20.VI.06 - Marchesato KR Il 20 giugno scorso, primo degli infuocati giorni di quel torrido mese, ho avuto il grande piacere di trascorrere un'intera giornata con Brendan Doe, appassionatissimo birdwatcher scozzese, dall'infinita pazienza per il mio inglese improbabile... Siamo stati a zonzo a "caccia di rarità mediterranee" tra cui, naturalmente, alcune nuove specie per lui. Nonostante l'afa ci abbia seriamente provati, alla fine il "carniere" è stato di tutto rispetto: 5 Ghiandaie marine (in zona periferica di Crotone), 2 Pecchiaioli, 2 Pellegrini, 2 Bianconi, 2 Capovaccai, c.ca 12 Nibbi bruni, 1 Nibbio reale, 1 Falco di palude f, 2 Sparvieri, Poiane, Gheppi, Gruccioni, 1 Averla capirossa, tra le specie più interessanti (gran parte delle quali a Monte Fuscaldo). Tornato in patria, Brendan mi ha spedito alcune sue foto di rarità scozzesi, scattate mediante digiscoping. Ve ne propongo un paio: un Piro piro pettorale Calidris melanotos (il 10.2.05 a Belhaven Bay, Lothian, Scozia) e un Gabbiano di Sabine Larus sabini (l'08.12.05 a Seafield, Lothian, Scozia). Per ingrandirle cliccate sulle immagini. Alla prossima, Gm. Pomeriggio a Monte Fuscaldo 16.7.06 Poco prima della mia partenza, starò fuori per alcuni giorni, riporto un breve report del pomeriggio trascorso in piacevole compagnia di Giuseppe Lagani, amico e compagno di escursioni birdwatching durante i miei primi anni alla Foce del Neto e ovunque vi fossero uccelli da osservare. Lunedì scorso, 10 luglio, siamo stati a Monte Fuscaldo, nel comune di S. Severina. Circondati dalla lussureggiante vegetazione mediterranea, abbiamo osservato alcune interessanti specie, tra cui: Gruccioni, Colombacci, Ghiandaie, 1 Tortora selvatica, alcune Ghiandaie e 2 Bianconi che spesso ci volteggiavano sulla testa, facendoci ammirare la loro maestosa e inconfondibile silhouette. (Fonte: Giuliano Monterosso 2006/2007) PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 01 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae 187 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Specie e autore: Anas penelope ( Linnaeus, 1758 ) Nome comune: Fischione Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La popolazione nidificante europea è stimata in 260-350.000 coppie, di cui 170-230.000 coppie in Russia, mentre la consistenza della popolazione svernante è stimata in oltre 1.700.000 individui. Tale consistenza è moderatamente aumentata tra il 1970 ed il 1990 per poi stabilizzarsi o aumentare in gran parte d’Europa fino al 2000, pur facendo registrare un significativo declino in Spagna ed in Azerbaijan. La specie è quindi rimasta complessivamente stabile e, pertanto, è considerata in buono stato di conservazione. In Italia: Il Fischione nidifica in Italia in modo occasionale e con pochissime coppie, presumibilmente costituite da individui non in grado di migrare per menomazioni provocate dall’attività venatoria. Nel nostro Paese il Fischione è migratore regolare e svernante nelle principali zone umide, soprattutto costiere. La distribuzione degli svernanti appare relativamente concentrata in un numero limitato di aree, collocate soprattutto lungo le coste venete, emiliano-romagnole, toscane e pugliesi. In particolare, il 57% della popolazione è concentrato in tre siti: Laguna di Grado e Marano, Delta del Po, Manfredonia-Margherita di Savoia. Nella Provincia Nel territorio provinciale viene segnalata regolarmente nelle zone umide, nel periodo invernale come segnalato anche dalla check-list degli uccelli degli uccelli della ZPS di Crotone Marchesato–Fiume Neto Stato di conservazione SPEC: non-SPECE Status stato di conservazione favorevole (sicura) IUCN Red List non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. Va tuttavia osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) testimoniano l’inizio della migrazione prepuziale entro il mese di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). 188 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. Non appare, invece, opportuna l’anticipazione del prelievo agli inizi di settembre, poiché, in tale periodo dell’anno, l’esercizio della caccia nelle zone umide è da ritenersi impattante sulle popolazioni di Anatidi nidificanti a livello locale e su molte specie migratrici di interesse conservazionistico. La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri Anatidi, dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di garantire sempre l’esistenza di forme idonee di monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni (migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo). E’ da prevedere nei casi di annate siccitose quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli Anatidi dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati. L’uso massiccio e prolungato del foraggiamento artificiale degli Anatidi, praticato in diverse unità territoriali di gestione venatoria, andrebbe scoraggiato, sia per ragioni di natura sanitaria, sia perché potenzialmente in grado di alterare la fisiologia ed il comportamento di uso dello spazio da parte dei contingenti in migrazione e svernanti. Nel caso di zone che ospitino specie protette e/o di interesse prioritario, in quanto minacciate, la somiglianza con specie cacciabili (massima nel caso Moretta – Moretta tabaccata, ma in varia misura applicabile agli altri Anatidi per i piumaggi femminili) rende necessaria l’adozione di provvedimenti di divieto generalizzato su porzioni rappresentative di territorio o nei periodi durante i quali si verifica la compresenza delle diverse specie. Il problema dell’abbattimento involontario di specie protette potrebbe essere in parte limitato qualora si adottassero serie forme di specializzazione dei cacciatori, comprensive di appositi percorsi didattici ed esami di idoneità; quest’ultima, infatti, non è sufficientemente assicurata dagli attuali meccanismi di abilitazione alla caccia. Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al recepimento dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di munizioni da caccia con pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle popolazioni degli uccelli acquatici. 189 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 02 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Anas strepera (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Canapiglia Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1 Stato giuridico: Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in meno di 96.000 coppie. Tale popolazione ha vissuto un declino numerico generalizzato tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, invece, nella maggior parte dei Paesi europei le presenze sono rimaste stabili e solo in alcuni di essi si è continuato a registrare un declino. La consistenza complessiva appare quindi inferiore al valore stimato precedentemente alla fase di declino, sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in Russia. Pertanto la specie è attualmente considerata depauperata ed in uno stato di conservazione sfavorevole. La specie è parzialmente sedentaria e nidificante, sia pure con pochissime coppie (50100). Il trend è caratterizzato da una colonizzazione abbastanza recente seguita da un andamento fluttuante. L’italia è interessata da contingenti di migratori provenienti dai quartieri dell’Europa centrosettentrionale che in parte svernano e sono presenti nelle principali zone umide. La distribuzione degli svernanti è moderatamente concentrata in alcune aree costiere dell’Adriatico settentrionale, della Toscana, della Puglia e della Sardegna. Il 90% della popolazione è risultata insediata in 28 siti, il più importante dei quali ospita mediamente il 12% delle presenze (Laguna di Grado e Marano). Nella Provincia Nel territorio provinciale viene segnalata irregolarmente nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli degli di Crotone uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Stato di conservazione SPEC: SPEC 3 Status stato di conservazione sfavorevole (depauperata) Criteri generale declino in tempi recenti IUCN Red List non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 20 gennaio. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale entro il mese di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). 190 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 191 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 03 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Anas crecca (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Alzavola Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1, Allegati III/2, Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Europa, la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 920.000 coppie. Tale consistenza è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, invece, in alcuni Paesi si è registrato un declino delle presenze (particolarmente rilevante quello osservato in Finlandia), mentre, in altri, le consistenze sono rimaste stabili, contribuendo a contenere il declino complessivo della specie. La consistenza complessiva si è quindi solo lievemente ridotta, sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in Russia, che rappresenta quella numericamente più importante. Pertanto la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. La specie è formalmente anche sedentaria e nidificante sebbene pochissimi siano i casi di riproduzione accertati (stimate 20-50 coppie), generalmente limitati alla Pianura Padana interna e costiera ed alla Toscana; tale situazione non risulta modificata rispetto ai dati storici. In Italia l’Alzavola è presente con contingenti assai più numerosi come migratore e svernante in gran parte delle zone umide italiane. La distribuzione degli svernanti non è molto concentrata (il 90% della popolazione è risultata insediata in 56 siti), pur evidenziando una presenza importante nelle zone umide costiere dell’Adriatico settentrionale ed in particolare nella laguna di Venezia (in cui è presente il 21% della popolazione). Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e svernante irregolare, Nella Provincia nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche di Crotone dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto. In Italia: Stato di conservazione SPEC: NON SPEC Status stato di conservazione sicura IUCN Red List non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 20 gennaio. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale entro il mese di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). 192 192 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 193 193 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 04 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Anas platyrhynchos (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Germano reale Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1, Allegati III/1. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: Nella Provincia di Crotone In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 3.300.000 coppie. Tale consistenza è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo si è registrato un declino delle presenze in diversi Paesi ma le popolazioni numericamente più importanti (presenti in Olanda, in Germania e in Polonia) si sono mantenute stabili. La consistenza complessiva si è quindi solo lievemente ridotta, sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in Russia. Pertanto la specie è attualmente considerata sicura e in buono stato di conservazione. Il Germano reale è specie parzialmente sedentaria e nidificante, più diffusa nella Pianura Padana, sul versante tirrenico ed in Sardegna, più scarsa nelle regioni meridionali ed in Sicilia. In alcune aree la popolazione è in parte o del tutto composta da individui semiselvatici, frutto di trascorse immissioni che, in diversi casi, continuano tutt’ora. La specie è presente come migratore regolare e svernante nella maggior parte delle zone umide italiane, mostrando un’elevata adattabilità ecologica (lagune costiere, paludi, grandi e piccoli bacini lacustri, fiumi e canali). Il 90% della popolazione è risultato insediato in 88 siti, con le maggiori concentrazioni nella Laguna di Venezia e nel delta del Po che hanno ospitato rispettivamente il 12% e il 10% del contingente. Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare, nidificante e svernante, nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Stato di conservazione NON SPEC SPEC: stato di conservazione sicura Status IUCN Red List non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 31dicembre. Và tuttavia osservato che il buono stato di conservazione della specie in Europa e l’elevata consistenza della popolazione svernante in Italia permettono la prosecuzione dell’attività di prelievo fino al termine previsto, senza che questo possa verosimilmente incidere in maniera significativa sullo status della popolazione stessa. Il mantenimento dell’attuale data di chiusura della caccia appare, infatti, accettabile in funzione della necessità di adottare tempi e modi di prelievo omogenei per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, poichè il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 194 194 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Per questa specie, un’ulteriore problematica è rappresentata dalle attività di immissione in natura – non solo a scopo venatorio – di soggetti di origine domestica, con conseguente inquinamento genetico dello stock nidificante e problemi di competizione e diffusione di patogeni nei confronti delle popolazioni di Anatidi selvatici. Una maggiore sorveglianza a tale riguardo appare indispensabile per la buona conservazione delle popolazioni autoctone e per una più efficace gestione della specie. 195 195 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 05 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Anas acuta (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Codone Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/2, Allegati III/2. Stato giuridico: Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 320.000 coppie. Tale popolazione ha vissuto un generale declino numerico tra il 1970 ed il 1990, per poi stabilizzarsi o aumentare in gran parte dell’areale fino al 2000. Tuttavia, il nucleo di popolazione numericamente più importante, presente in Russia, ha continuato a far registrare un calo delle presenze. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento delle consistenze comunque superiore al 10%) e la specie è attualmente considerata in declino. Il Codone nidifica in Italia solo eccezionalmente e con un numero di coppie del tutto trascurabile (zone umide costiere di Veneto, Emilia-Romagna, Abruzzo e Puglia), probabilmente in parte composte da individui che non sono in grado di migrare per menomazioni provocate dall’attività venatoria. Il Codone frequenta le zone umide interne e costiere italiane come migratore regolare e svernante. La specie appare abbastanza concentrata in un numero di siti relativamente ridotto, tra i quali spicca la laguna di Venezia (in cui è presente il 39% della popolazione svernante), seguita dalle zone umide costiere della Toscana, della Puglia e della Sardegna. Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare, svernante irregolare, Nella Provincia di nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Crotone Stato di conservazione SPEC: Status IUCN Red List SPEC 3 stato di conservazione sfavorevole non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 31dicembre. In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 196 196 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 06 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Anas querquedula (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Marzaiola Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1. Stato giuridico: Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 390.000 coppie. Tale popolazione ha vissuto un generale e significativo declino numerico tra il 1970 ed il 1990, declino che è poi proseguito fino al 2000 in gran parte dell’areale europeo ed ha interessato anche le popolazioni presenti in Bielorussia ed in Ucraina, generalmente segnalate tra le più importanti in termini numerici. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento delle consistenze comunque superiore al 10%), sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in Russia, che rappresenta il nucleo numericamente più importante a livello europeo. Pertanto la specie è attualmente considerata in declino La specie è migratrice nidificante (estiva), con popolazione prevalentemente concentrata nella Pianura Padana e presenze più localizzate ed irregolari nelle regioni centro meridionali ed insulari. Complessivamente, vengono stimate 350-500 coppie nidificanti. E’ presente come migratore regolare nelle zone umide di acqua dolce interne o costiere. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare, nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli di Crotone della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Stato di conservazione SPEC: Status IUCN Red List SPEC 3 stato di conservazione sfavorevole non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria La stagione venatoria attualmente prevista dalla normativa nazionale consente solo una minima sovrapposizione con il periodo di presenza della specie, durante la migrazione post-nuziale, visto che la stessa non sverna nel nostro Paese. La data di chiusura della caccia prevista dall’attuale normativa nazionale è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea . In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 197 197 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 07 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Anas clypeata (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Mestolone Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1, III,2 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 170.000 coppie. Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, invece, in alcuni Paesi si è riscontrato un significativo declino delle presenze (particolarmente rilevante quello osservato in Olanda) mentre, in altre, le popolazioni sono rimaste stabili. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento comunque superiore al 10%), sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in Russia, che rappresenta il nucleo numericamente più importante. Pertanto la specie è attualmente considerata in declino. La specie è parzialmente sedentaria e nidificante in Italia ma è rappresentata da un numero di coppie estremamente ridotto (150-200 coppie, per il 90% concentrate in Veneto ed EmiliaRomagna), frutto di un fenomeno di colonizzazione abbastanza recente. La distribuzione degli svernanti è piuttosto concentrata nelle zone umide costiere dell’alto Adriatico ed in Sardegna. Il 94% della popolazione è stata rilevata in soli 24 siti, con il 18% nel principale di questi (Quartu-Molentargius). Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e svernante irregolare, nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla di Crotone check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Stato di conservazione SPEC 3 SPEC: stato di conservazione sfavorevole Status IUCN Red List non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina,2004). In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 198 198 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 08 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Aythya ferina (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Moriglione Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 210.000 coppie. Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo la consistenza si è mantenuta stabile o è aumentata nella maggior parte dei paesi europei mentre, in alcuni, tra cui la Russia, che ospita un’importate popolazione di questa specie, si è riscontrato un declino delle presenze. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento delle consistenze comunque superiore al 10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in declino. In Italia: Poche coppie (300-400) di moriglioni nidificano attualmente in Italia, a seguito di fenomeni di colonizzazione iniziati negli anni 70 dello scorso secolo, soprattutto nella Pianura Padana e nelle isole maggiori. La specie frequenta il nostro Paese regolarmente durante la migrazione e la fase di svernamento. La popolazione svernante non è molto concentrata (il 90% della popolazione è stata censita in 44 siti, 19 dei quali ospitano il 73% del contingente). I nuclei più importanti si osservano sia in comprensori lagunari salmastri, sia in invasi profondi di acqua dolce. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e svernante irregolare, nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla di Crotone check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Stato di conservazione SPEC 2 SPEC: stato di conservazione sfavorevole Status IUCN Red List non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Va tuttavia osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) testimoniano l’inizio della migrazione pre-nuziale già in gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 199 199 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 09 Classe: Aves Ordine: Anseriformes Famiglia: Anatidae Specie e autore: Aythya fuligula (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Moretta Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 730.000 coppie. Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, invece, in diversi Paesi dell’Europa nord-orientale si è riscontrato un declino delle presenze (particolarmente rilevante quello osservato in Finlandia ed in Russia) mentre, in altri, esse sono rimaste stabili o sono aumentate. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento delle consistenze comunque superiore al 10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in declino. In Italia: Solo recentemente la specie ha iniziato a nidificare in Italia, con presenze più o meno regolari in Piemonte a partire dal 1980 e con casi meno frequenti in altre regioni settentrionali ed in Sardegna. Il numero complessivo di coppie rimane comunque esiguo (40-50). La distribuzione degli svernanti è piuttosto concentrata, con prevalenza delle zone umide dell’Italia settentrionale e della Sardegna. Il 90% della popolazione è risultata insediata in soli 26 siti, tra i quali il lago di Garda e l’attiguo laghetto del Frassino rappresentano quelli di maggior interesse, ospitando ben il 28% della popolazione complessiva. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice irregolare, nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli di Crotone della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Stato di conservazione SPEC 2 SPEC: stato di conservazione sfavorevole Status IUCN Red List non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14 200 200 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio . Va ricordato, inoltre, che nel Piano d’Azione nazionale per la conservazione della Moretta tabaccata (Aythya nyroca) è prevista la modifica all’art. 18, comma 1, della Legge 157/92 con l’obiettivo di escludere dalle specie cacciabili quelle ad essa simili, in particolare la Moretta, al fine di prevenire l’abbattimento accidentale di esemplari di una specie in condizioni già critiche. Pertanto, alla luce dei dati distributivi, demografici e conservazionistici sopra sintetizzati, un regime generale di protezione di questa specie, risulterebbe appropriato. 201 201 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 10 Classe: Aves Ordine: Galliformes Famiglia: Phasianidae Specie e autore: Alectoris graeca (MEISNER, 1804) Nome comune: Coturnice Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegati I e II/1. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in meno di 78.000 coppie. Tale popolazione è andata incontro ad un ampio declino tra il 1970 ed il 1990; sebbene nel decennio seguente alcune popolazioni, in particolare quelle importanti presenti in Macedonia e Grecia, siano rimaste stabili o abbiano mostrato un certo incremento, la specie ha continuato a diminuire nella maggior parte del suo areale europeo (contrazione superiore al 10%) e, pertanto, è attualmente considerata in declino. In Italia sono descritte tre sottospecie: - Alectoris graeca saxatilis (Alpi) - Alectoris graeca orlandoi (Appennino)* - Alectoris graeca whitakeri (Sicilia) * I dati genetici (DNA mitocondriale e DNA biparentale) di studi recenti dell’INFS (oggi ISPRA) non supportano la distinzione sottospecifica di A. g. orlandoi Priolo, 1984, rispetto alla sottospecie nominale A. g. graeca. Le popolazioni appenniniche vanno comunque considerate una distinta “unità gestionale”. La specie è diffusa negli ambienti adatti nell’arco alpino, sull’Appennino a Sud della provincia di Pesaro con notevole discontinuità e in Sicilia. In passato la Coturnice aveva una distribuzione più ampia rispetto all’attuale. Essa è, infatti, scomparsa nelle Isole Eolie, a Pantelleria, nell’Isola d’Elba, nell’Appennino toscano e ligure, nonché nelle Prealpi lombarde e nel Carso triestino. In Sicilia si stima una contrazione dell’areale di oltre il 34% dopo l’ultimo conflitto mondiale e soprattutto dagli anni settanta del Secolo scorso. Le popolazioni italiane di Coturnice possono essere definite complessivamente come “vulnerabili” e localmente “minacciate”. A partire dalla seconda metà del XX Secolo (con inizio dalle Alpi orientali e progressione verso occidente) si è, infatti, assistito sia ad un progressivo decremento numerico delle popolazioni sia ad una contrazione dell’areale. La Coturnice ha più di altre specie risentito del progressivo abbandono delle coltivazioni tradizionali d’altitudine, la riduzione del pascolo e delle superfici a prato. Contemporaneamente si è assistito ad un’espansione della boscaglia prima e del bosco poi, su superfici un tempo completamente prive di vegetazione arborea, non di rado coltivate o a pascolo, determinando una sostanziale modifica degli ambienti d’elezione per questa specie. Le modificazioni ambientali, in concomitanza con una serie altri fattori, quali il bracconaggio, il prelievo venatorio eccessivo, l’azione di determinati agenti patogeni, i cambiamenti climatici e l’azione di taluni predatori, hanno portato ad una condizione di diffuso declino delle popolazioni. Di seguito si riporta una sintesi della condizione delle diverse popolazioni di Coturnici nel nostro Paese: − Alpi – nei Comprensori Alpini, attualmente, la specie è soggetta ad un’opportuna pianificazione del prelievo, ma questo non sembra sufficiente a garantirne la ripresa; − Appennino – le popolazioni appenniniche sono probabilmente quelle più a rischio (distribuzione alquanto frazionata, gestione spesso non corretta). La presenza di estese aree protette risulta importante, ma non sufficiente; − Sicilia – la conservazione delle popolazioni della Coturnice di Sicilia risente dell’assenza di un’adeguata vigilanza, tuttavia, da alcuni anni la caccia a questa specie è sospesa. La presenza di tre estesi parchi risulta importante per la conservazione della sottospecie endemica, ma essi coprono solo la fascia settentrionale dell’Isola. 202 202 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Nella provincia Nel territorio provinciale non risultano osservazioni in bibliografia ma la sua presenza storicamente è accertata cos’ come riporta Lucifero A. in Avifauna Calabria 1901. Inoltre la specie è stata soggetta ad di Crotone immissioni negli ultimi anni. Stato di conservazione SPEC: Status IUCN Red List SPEC 2 stato di conservazione sfavorevole non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria La Direttiva 2006/105/CE, che ha modificato la Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE, classifica, la Coturnice una specie prioritaria, inserita nell’Allegato I (specie che necessitano di misure speciali di conservazione dell’habitat), dove in precedenza era menzionata la sola Coturnice di Sicilia (Alectoris graeca whitakeri). La specie è altresì inserita nell’allegato II/1 (specie cacciabile nell’UE, secondo il criterio della saggia utilizzazione). La specie è altresì inclusa tra le specie protette (Allegato III) della Convenzione di Berna. Come nel caso degli altri Galliformi di interesse venatorio, per far fronte al declino delle popolazioni si è fatto ricorso allo strumento del ripopolamento artificiale, con conseguenti problematiche di ordine sanitario e genetico. Fino ad un recente passato, infatti, per tali immissioni sono stati più spesso utilizzati ibridi sia con la Pernice rossa Alectoris rufa che con la Coturnice orientale Alectoris chukar, quando non addirittura ibridi con entrambe queste ultime specie. Assai numerose sono state pure le immissioni (abusive) di Coturnice orientale (specie alloctona). Di conseguenza, l’inquinamento genetico che ne è derivato può avere alterato il successo riproduttivo e la sopravvivenza delle popolazioni di Coturnice. Eventuali operazioni di reintroduzione dovrebbero dunque essere realizzate utilizzando soggetti catturati nell’ambito delle popolazioni meno minacciate, in particolare quelle ancora presenti in alcune aree protette, che, oltre a minimizzare i rischi di inquinamento genetico, sono caratterizzati da livelli di sopravvivenza dopo l’immissione decisamente più elevati. Non esistono dati complessivi dei carnieri realizzati in Italia, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in poche realtà locali. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico. La Coturnice non è più nella condizione di sostenere un diffuso prelievo venatorio, così come nel passato. Occorre che la fruizione venatoria sia basata solo su criteri di sostenibilità biologica, prevedendone l’eventuale sospensione in relazione all’accertamento dello status e del trend delle popolazioni locali. Ove le condizioni locali risultino tali da consentire il prelievo, questo dovrebbe essere realizzato su piani annuali basati sui dati di monitoraggio standardizzato e costante delle popolazioni. I risultati ottenuti in questo senso in Piemonte nell’ultimo decennio dimostrano la possibilità di arrestare la fase di declino generalizzato delle popolazioni di Coturnice nelle aree di caccia. 203 203 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 11 Classe: Aves Ordine: Galliformes Famiglia: Phasianidae Specie e autore: Perdix perdix (LINNEUS, 1758) Nome comune: Starna Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegati I*, I e II/1. Distribuzione e popolazione La popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.600.000 coppie, ma è andata incontro ad un ampio declino tra il 1970 e il 1990. Declino che è proseguito, nel decennio successivo, nella maggior parte dell’Europa occidentale e centrale (in particolare in Francia e Polonia, che ospitano popolazioni numericamente importanti) mentre la specie è rimasta stabile o ha mostrato un incremento in diversi Paesi dell’Europa orientale. Il declino complessivo è risultato dunque forte (oltre il 30%) e, di conseguenza, la specie è attualmente considerata v ulnerabile. Attualmente, in Italia, le popolazioni selvatiche di Starna costituiscono solo piccoli nuclei tra loro In Italia: fortemente disgiunti e localizzati nella parte settentrionale e centrale del Paese. L’areale storico comprendeva probabilmente tutta la Penisola, con esclusione delle quote più elevate (oltre i 1800- 2000 m s.l.m.) e forse alcune zone del Mezzogiorno per ragioni climatiche. Rispetto alla distribuzione recente della specie si debbono rimarcare la frammentazione, l’isolamento e le basse densità delle popolazioni “autosufficienti”, condizioni che rappresentano un rischio per la loro sopravvivenza. In generale la diffusione è comunque condizionata da iniziative locali di ripopolamento. Nel territorio provinciale non risultano osservazioni in bibliografia. Nella provincia Globale e in Europa: di Crotone Stato di conservazione SPEC 3 SPEC: Vulnerabile Status IUCN Red List Vulnerabile Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria La Direttiva 2006/105/CE elenca la Starna italica Perdix perdix italica nell’Allegato I (specie che necessitano di misure speciali di conservazione dell’habitat). La specie in generale è, invece, inserita nell’allegato II/1 (specie cacciabile nell’UE, secondo il criterio della saggia utilizzazione) e III/1 (specie commercializzabile se gli esemplari sono stati lecitamente ottenuti). In attesa che siano completati gli accertamenti genetici e tassonomici necessari sulle residue popolazioni non reintrodotte della specie, risulta necessario prevedere forme di tutela specifiche, in particolare il divieto di immettere starne per fini di ripopolamento negli stessi territori e nelle aree limitrofe. Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili ma vengono applicati solo in poche realtà locali. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per quanto concerne la data di apertura, che andrebbe posticipata almeno agli inizi del mese di ottobre, quando è maggiormente completato lo sviluppo dei giovani nati nella primavera precedente. La specie non è più nella condizione di sostenere un diffuso prelievo venatorio. Occorre che la gestione sia prevalentemente improntata a criteri strettamente conservazionistici, nell’ambito dei quali, particolare rilievo dovrebbero avere i programmi di reintroduzione. La sospensione del prelievo andrebbe prevista fino alla stabilizzazione delle popolazioni ed il successivo, eventuale, ripristino della fruizione venatoria andrebbe attuato solo sulla base di piani di prelievo e in un contesto di caccia specialistica con il cane da ferma. 204 204 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 12 Classe: Aves Ordine: Galliformes Famiglia: Phasianidae Specie e autore: Coturnix coturnix (LINNEUS, 1758) Nome comune: Quaglia Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegato II/2 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 2.800.000 coppie. Tale popolazione mostra attualmente fluttuazioni numeriche, ma tra il 1970 ed il 1990 ha fatto registrare un ampio declino, in particolare nell’Europa centro-orientale. Nell’arco del decennio successivo, la consistenza ha continuato a diminuire nell’Europa sud-orientale mentre ha mostrato un incremento nell’Europa centro-settentrionale. La consistenza complessiva appare quindi inferiore al valore stimato precedentemente alla fase di declino e, pertanto, la specie è attualmente considerata depauperata ed in uno stato di conservazione sfavorevole. In Italia: In Italia la Quaglia è migratrice nidificante (estiva), diffusa in tutto il Paese ma in modo frammentato. E’ probabile l’esistenza di una popolazione parzialmente sedentaria in Sardegna. Si stimano 15.000-30.000 coppie, con un trend generale di decremento e fluttuazioni locali. La specie migra regolarmente attraverso l’italia. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e nidificante come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto e come risulta dai dati dei di Crotone carnieri dei cacciatori e dal progetto per lo studio dei flussi migratori dell’avifauna in Calabria. Stato di conservazione SPEC 3 SPEC: stato di conservazione sfavorevole (depauperata) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria La Quaglia comune presenta uno stato di conservazione precario a livello sia europeo sia italiano e, pertanto, le possibili ripercussioni dell’attività venatoria a carico di questa specie debbono essere attentamente valutate. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in poche realtà locali ed i dati raccolti non risultano utilizzati per modulare il prelievo. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre – 31 dicembre) risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico; l’anticipazione del prelievo nelle prime settimane del mese di settembre, opportunità prevista dal comma 6 dell’art. 18 della stessa normativa, non risulta invece coerente con i dati di fenologia riproduttiva contenuti nel documento ORNIS della Commissione Europea. Recenti ricerche sulla biologia del Genere Coturnix hanno dimostrato che la Quaglia comune e la Quaglia giapponese, indipendentemente dall’attribuzione tassonomica formale, sono caratterizzate da evidenti differenze nel canto e nel comportamento migratorio. Inoltre, le quaglie giapponesi allevate appartengono a ceppi selezionati dall'uomo già da alcune centinaia di anni, tanto che correntemente queste quaglie vengono considerate in via di domesticazione ed hanno in larga misura perso il comportamento migratorio. Diversi studi recenti hanno dimostrato come le quaglie provenienti da allevamento (generalmente classificabili come Quaglia giapponese o ibridi tra questa e la Quaglia comune), una volta immesse in natura, si ibridino con successo con la Quaglia comune determinando in tal modo seri problemi sotto il profilo conservazionistico. 205 205 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Immissioni molto consistenti e diffuse di quaglie giapponesi o ibridi sono da tempo effettuate nelle Aziende AgriTuristico-Venatorie, nelle Zone di Addestramento Cani e, a volte, anche negli Ambiti Territoriali di Caccia, per cui possono determinarsi forme d’inquinamento genetico a carico delle popolazioni di Quaglia comune, con ripercussioni sulla fitness e sulla capacità di sopravvivenza dei soggetti selvatici, nonché alterazione dei loro comportamenti riproduttivi e di migrazione. Tenuto conto che il divieto di immissione introdotto dal DPR 357 si estende anche alle popolazioni alloctone, si rende necessario vietare l’impiego della Quaglia giapponese o suoi ibridi per le citate attività di tipo venatorio e cinotecnico. Inoltre, negli allevamenti finalizzati alla produzione di esemplari per tali attività, è necessario consentire esclusivamente la produzione della Quaglia comune. 206 206 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 13 Classe: Aves Ordine: Galliformes Famiglia: Phasianidae Specie e autore: Phasianus colchicus (LINEUS, 1758) Nome comune: Fagiano Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2, III/1. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 3.400.000 coppie ed è rimasta probabilmente stabile tra il 1970 e il 1990. Sebbene la specie sia diminuita in diversi Paesi dell’Europa centro-settentrionale nel decennio seguente, la maggior parte delle popolazioni, compreso il nucleo chiave presente nel Regno Unito, sono rimaste stabili o hanno mostrato un incremento. Lo stato delle popolazioni realmente selvatiche è difficilmente stimabile per le interferenze dovute ai soggetti allevati ed abbondantemente introdotti. In ogni caso, la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. In Italia: Attualmente la condizione della specie è alquanto diversificata e largamente influenzata dalla gestione venatoria. In varie province dell’Italia settentrionale e centrale la presenza di una rete consistente di zone ove è interdetta la caccia (segnatamente le Zone di Ripopolamento e Cattura) consente di mantenere sul territorio popolazioni autosufficienti e capaci di 2 raggiungere densità localmente elevate (oltre 100 esemplari/km , fino a 277 esemplari per 2 km ). Questa condizione permette anche di realizzare un efficace ripopolamento naturale, per dispersione, dei limitrofi territori degli Ambiti Territoriali di Caccia, nonché di prolungare nel tempo le opportunità di caccia alla specie (stagione inoltrata), quando i contingenti presenti negli ATC sono ormai in via di esaurimento. La specie conserva popolazioni in grado di autosostenersi anche in quelle Aziende Faunistico-Venatorie dove si applicano corretti piani di prelievo. Nel restante territorio si assiste in prevalenza al regolare periodico ripopolamento, attuato soprattutto con fagiani allevati, che non consente l’insediamento dei nuclei immessi. Nelle regioni meridionali il Fagiano risente dell’aridità estiva, che limita ulteriormente il successo riproduttivo delle popolazioni. Rispetto ad alcuni decenni or sono la condizione del Fagiano, analogamente a quella di altri Galliformi, ha risentito sia dell’evoluzione (sfavorevole) degli ecosistemi agricoli e forestali, sia dell’elevata pressione venatoria. Inoltre, il largo ricorso alle immissioni sul territorio di contingenti allevati con criteri di tipo industriale ha peggiorato significativamente la performance riproduttiva e di sopravvivenza delle popolazioni locali. Si può distinguere un’areale di nidificazione del Fagiano (figura sottostante), con presenza di popolazioni naturali più o meno stabili ed un’area di presenza della specie in conseguenza dei diffusi ripopolamenti venatori. Quest’ultima area interessa praticamente tutta la Penisola (fatta eccezione per le zone a maggiore altitudine, in genere oltre i 1.500 metri s.l.m., e quelle occupate da formazioni boschive continue e molto estese). La specie è sostanzialmente assente nelle Isole, nonostante ripetuti tentativi di introduzione in Sicilia e Sardegna; come nidificante è scarsamente diffusa anche nelle regioni meridionali. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata la presenza a seguito dei ripetuti ripopolamenti . di Crotone Stato di conservazione SPEC 3 SPEC: stato di conservazione sfavorevole (depauperata) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria 207 207 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Non esistono dati complessivi dei carnieri realizzati in Italia, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili ma vengono applicati solo in poche realtà locali. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per quanto concerne la data di apertura, che andrebbe posticipata almeno agli inizi del mese di ottobre, quando è maggiormente completato lo sviluppo dei giovani nati nella primavera precedente. Le principali problematiche commesse alla gestione a fini venatori del Fagiano sono: − la salvaguardia della fitness delle popolazioni autosufficienti, che sono minacciate dall’immissione dei contingenti allevati e selezionati con criteri industriali da molte generazioni e dalle forme patologiche diffusive particolarmente presenti negli allevamenti; − la necessità di estendere la rete delle zone in divieto di caccia (es. zone di ripopolamento e cattura), idonee alla specie sotto il profilo ambientale e adeguatamente gestite; − la realizzazione di interventi di miglioramento ambientale; − l’adozione di una regolamentazione del prelievo che abbia come obiettivo la conservazione di contingenti autosufficienti in natura. 208 208 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 14 Classe: Aves Ordine: Galliformes Famiglia: Phasianidae Specie e autore: Rallus aquaticus (LINEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: Porciglione Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: Nella provincia di Crotone La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 140.000 coppie. Tale popolazione è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990, così come nell’arco del decennio successivo, anche se in alcuni Paesi si è osservato un decremento (particolarmente rilevate quello registrato in Ucraina). Poiché non è noto l’andamento numerico delle importanti popolazioni spagnole e russe, si ritiene che la specie abbia subito, nel complesso, solo un limitato declino e, pertanto, è attualmente considerata in buono stato di conservazione. Il Porciglione è sedentario e nidificante in quasi tutte le regioni, con maggiore diffusione nella Pianura Padana e nel medio-alto versante tirrenico. Ampie zone di mancata presenza si osservano sulle Alpi, sugli Appennini ed in alcune regioni centro-meridionali. La stima della popolazione nidificante è rappresentata da 3.000-6.000 coppie, con un andamento globalmente stabile ma caratterizzato da fluttuazioni locali. La specie è migratrice regolare e svernante. Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice irregolare come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto. Stato di conservazione non SPEC SPEC: stato di conservazione favorevole (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi convenzionali di stima delle popolazioni invernali degli uccelli acquatici non forniscono dati sufficientemente affidabili nel caso di questa specie, determinandone una sostanziale sottostima. Essi vengono applicati in maniera regolare per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono comunque realizzati monitoraggi sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea (vedi tabella a pag. 171) che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. Va tuttavia osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) testimoniano l’inizio della migrazione pre- nuziale già nel mese di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). L’attuale stagione venatoria appare peraltro idonea sotto il profilo biologico e tecnico, anche tenuto conto di considerazioni generali inerenti l’effetto del prelievo sulle popolazioni nella seconda metà dell’inverno, quando lo stesso tende a divenire ampiamente additivo rispetto alla mortalità naturale e non sostitutivo. 209 209 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri uccelli acquatici, dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di migliorare il sistema di monitoraggio delle popolazioni, di formulare piani di prelievo ed assicurare la verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni (migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo). E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteo- climatiche invernali la richiedano, non solo sui corpi idrici effettivamente interessati dal gelo ma anche in una fascia cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli uccelli acquatici dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati. Nel caso di zone che ospitino specie protette e/o prioritarie, in quanto minacciate, la somiglianza con specie cacciabili (elevata nel caso Porciglione – Voltolino Porzana porzana) rende necessaria l’adozione di provvedimenti di divieto generalizzato su porzioni rappresentative di territorio o nei periodi durante i quali si verifica la compresenza delle diverse specie. Il problema dell’abbattimento involontario di specie protette potrebbe essere in parte attenuato qualora si adottassero serie forme di specializzazione dei cacciatori, comprensive di appositi percorsi didattici ed esami di idoneità; quest’ultima, infatti, non è sufficientemente assicurata dagli attuali meccanismi di abilitazione alla caccia. Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al recepimento dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di munizioni da caccia con pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle popolazioni degli uccelli acquatici. 210 210 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 15 Classe: Aves Ordine: Gruiformes Famiglia: Rallidae Specie e autore: Fulica atra (LINNEUS, 1758) Nome comune: FOLAGA Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2, , III/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.300.000 coppie. Tale popolazione è cresciuta significativamente tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, la consistenza è rimasta stabile o è aumentata nella maggior parte d’Europa mentre i nuclei principali, presenti in Russia, Ungheria e Polonia, hanno vissuto una contrazione numerica. La specie è quindi andata incontro ad un recente declino (con un decremento della consistenza comunque superiore al 10%) che, tuttavia, è ancora controbilanciato dal precedente incremento degli effettivi. Pertanto la Folaga è attualmente considerata in buono stato di conservazione. .La folaga è sedentaria e nidificante in tutto il Paese, più scarsa e localizzata nelle regioni alpine, in quelle del medio versante Adriatico ed in quelle meridionali. La popolazione nidificante complessiva è stimata in 8.000-12.000 coppie, con andamenti locali diversificati. La specie è anche migratrice regolare e svernante. Nonostante la loro ampia diffusione, gli individui svernanti risultano distribuiti sul territorio in maniera relativamente concentrata: il 50% di essi è presente in soli sette siti, tra i quali spiccano alcune zone umide dell’Italia nord-orientale, il lago Trasimeno e gli Stagni di Cagliari ed Oristano. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare, nidificante e svernante, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione non - SPEC SPEC: stato di conservazione favorevole (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevedrebbero una chiusura anticipata al 20 gennaio. Non appare casuale il fatto che negli ultimi decenni la consistenza della specie abbia mostrato una tendenza positiva in seguito alla limitazione dell’attività venatoria nella seconda parte dell’inverno. Va sottolineato che l’adozione di tempi e modi di prelievo differenti per la Folaga e gli Anatidi (a cui la Folaga è in larga misura assimilabile sotto il profilo comportamentale e tecnico-venatorio) risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per queste specie che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte di esse, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. 211 211 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.. La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri uccelli acquatici, dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di garantire sempre l’esistenza di forme idonee di monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni (migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo). E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteo-climatiche invernali la richiedano, non solo sui corpi idrici effettivamente interessati dal gelo ma anche in una fascia cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli Anatidi dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati. Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al recepimento dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di munizioni da caccia con pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle popolazioni degli uccelli acquatici. 212 212 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 16 Classe: Aves Ordine: Charadiiformes Famiglia: Charadiidae Specie e autore: Vanellus vanellus (LINNEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: PAVONCELLA Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.700.000 coppie. Tale popolazione è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo la specie ha subito un generalizzato declino nella maggior parte d’Europa (particolarmente severo nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in Russia, che ospitano popolazioni numericamente consistenti). Sebbene in questo periodo diverse piccole popolazioni abbiano mantenuto stabili o aumentato i propri effettivi, la specie ha subito, nel complesso, un forte declino (con un decremento delle consistenze comunque superiore al 30%) e, pertanto, è attualmente, considerata vulnerabile.. In Italia: La specie è parzialmente sedentaria e nidificante nelle regioni settentrionali con presenze instabili in quelle centrali e meridionali. La popolazione nidificante è stimata in 1.500-2.500 coppie, con un trend di incremento negli anni ’80 e ’90 ed un’attuale situazione complessiva di stabilità. La Pavoncella è presente come migratore regolare, estivante e svernante. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione SPEC2 SPEC: stato di conservazione sfavorevole (vulnerabile) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). Va inoltre sottolineato che l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie nell’ambito del gruppo dei limicoli propri di ambienti aperti, come avviene anche nel caso degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per queste specie che hanno abitudini fortemente gregarie e formano stormi polispecifici. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte di esse, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 213 213 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Anche la gestione venatoria di questa specie dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di garantire sempre l’esistenza di forme idonee di monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni (migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo). E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteo-climatiche invernali la richiedano, non solo su terreni effettivamente interessati da neve e gelo ma anche in una fascia cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone con idoneo grado di umidità possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli uccelli acquatici dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati. Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica ancora in uso in alcune località dell’Italia centro-settentrionale; la cattura di pavoncelle selvatiche destinate a fungere da richiamo non può essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività. . 214 214 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 17 Classe: Aves Ordine: Gruiformes Famiglia: Rallidae Specie e autore: Gallinula chloropus (LINNEUS, 1758) Nome comune: Gallinella d’acqua Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 140.000 coppie. Tale popolazione è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990, così come nell’arco del decennio successivo, anche se in alcuni Paesi si è osservato un decremento (particolarmente rilevate quello registrato in Ucraina). Poiché non è noto l’andamento numerico delle importanti popolazioni spagnole e russe, si ritiene che la specie abbia subito, nel complesso, solo un limitato declino e, pertanto, è attualmente considerata in buono stato di conservazione. In Italia: Il Porciglione è sedentario e nidificante in quasi tutte le regioni, con maggiore diffusione nella Pianura Padana e nel medio-alto versante tirrenico. Ampie zone di mancata presenza si osservano sulle Alpi, sugli Appennini ed in alcune regioni centro-meridionali. La stima della popolazione nidificante è rappresentata da 3.000-6.000 coppie, con un andamento globalmente stabile ma caratterizzato da fluttuazioni locali. La specie è migratrice regolare e svernante. Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . Nella provincia di Crotone Stato di conservazione non - SPEC SPEC: stato di conservazione favorevole (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione . Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina,2004). 215 215 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 18 Classe: Aves Ordine: Charadiiformes Famiglia: Scolopaci Specie e autore: Philomachus pugnax (LINNEUS, 1758) Nome comune: COMBATTENTE Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegati I, II/2 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 200.000 coppie. Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, tuttavia, la consistenza si è mantenuta stabile solo in alcuni paesi mentre, nella maggior parte d’Europa, le altre popolazioni hanno subito un moderato declino numerico, compresi i nuclei chiave presenti in Russia e Norvegia. La specie ha quindi vissuto una fase di declino (con un decremento delle consistenze comunque superiore al 10%) e, pertanto è attualmente considerata in declino. In Italia: Il Combattente non nidifica in Italia ma è presente come migratore regolare ed estivante, con pochi casi di svernamento. La specie è più frequente nelle zone umide costiere dell’alto Adriatico, della Toscana, della Puglia e delle due isole maggiori nonché della Pianura Padana. M Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare come segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione SPEC 2 SPEC: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi sistematici ed estesi relativi alla componente migratrice delle popolazioni. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 20 gennaio. Va tuttavia sottolineato che l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie nell’ambito del gruppo dei limicoli propri di ambienti aperti, come avviene nel caso degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per queste specie che hanno abitudini fortemente gregarie e formano stormi polispecifici. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte di esse, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14. 216 216 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Per tutti gli uccelli acquatici, inoltre, è da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteo-climatiche invernali la richiedano, non solo sui terreni effettivamente interessati da neve e gelo ma anche in una fascia cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli uccelli acquatici dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati. Nel caso di zone che ospitino specie protette e/o prioritarie, in quanto minacciate, la somiglianza con specie cacciabili (elevata proprio nel caso del Combattente nei confronti del Chiurlottello Numenius tenuirostris) rende necessaria l’adozione di provvedimenti di divieto generalizzato su tutto il territorio nazionale o nei periodi durante i quali si verifica la compresenza delle diverse specie. Alla luce dei dati distributivi, demografici e conservazionistici sopra sintetizzati, e tenendo conto delle modalità con cui viene esercitato il prelievo venatorio degli uccelli acquatici ai sensi della normativa vigente, un regime generale di protezione di questa specie, peraltro già adottato nei siti Natura 2000 in virtù del DCM n. 10 del 4 agosto 2006 e da alcune Regioni nei propri calendari venatori, risulterebbe appropriato. 217 217 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 19 Classe: Aves Ordine: Charadiiformes Famiglia: Scolopaci Specie e autore: Gallinago gallinago (LINNEUS, 1758) Nome comune: BECCACCINO Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 930.000 coppie. Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo la consistenza si è mantenuta stabile nella maggior parte dell’Europa orientale (inclusa la Russia, che ospita un nucleo chiave per la conservazione della popolazione europea) mentre ha mostrato un declino nel resto del continente. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento degli effettivi comunque superiore al 10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in declino. In Italia: Il Beccaccino nidifica in Italia in modo irregolare e del tutto occasionale (casi recenti in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna), mentre è presente regolarmente come migratore e svernante. I contingenti svernanti sono poco concentrati ed occupano sia aree costiere sia zone umide interne, con maggiore frequenza nell’Italia settentrionale e centrale sino alla Maremma tosco- laziale. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione SPEC 3 SPEC: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Gli ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale agli inizi di febbraio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri uccelli acquatici, dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di garantire sempre l’esistenza di forme idonee di monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni (migrazione preriproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo). 218 218 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteoclimatiche invernali la richiedano, non solo sui terreni effettivamente interessati da neve e gelo ma anche in una fascia cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centromeridionali, quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti nelle poche zone con idoneo grado di umidità possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli uccelli acquatici dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati. Nel caso di zone che ospitino specie di limicoli protetti e/o di interesse prioritario, in quanto minacciate, la somiglianza con specie cacciabili (elevata proprio nel caso del Beccaccino nei confronti del Croccolone Gallinago media) rende necessaria l’adozione di provvedimenti di divieto generalizzato su porzioni rappresentative di territorio o nei periodi durante i quali si verifica la compresenza delle diverse specie. Il problema dell’abbattimento involontario di specie protette potrebbe essere in parte attenuato qualora si adottassero serie forme di specializzazione dei cacciatori, comprensive di appositi percorsi didattici ed esami di idoneità; quest’ultima, infatti, non è sufficientemente assicurata dagli attuali meccanismi di abilitazione alla caccia. Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al recepimento dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di munizioni da caccia con pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle popolazioni degli uccelli acquatici. 219 219 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 20 Classe: Aves Ordine: Charadiiformes Famiglia: Scolopaci Specie e autore: Scolopax rusticola (LINNEUS, 1758) Nome comune: BECCACCIA Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Allegato II Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.800.000 coppie. Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, la consistenza si è mantenuta stabile nella maggior parte del suo areale mentre ha mostrato un declino in alcuni Paesi ed, in particolare, in Russia, dove è presente il nucleo numericamente più importante. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento degli effettivi comunque superiore al 10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in declino. In Italia: La Beccaccia nidifica in Italia in maniera assai scarsa e localizzata, con presenze più frequenti nell’area alpina, pre-alpina e dell’Appennino settentrionale. La popolazione è stimata in 50-150 coppie. La specie è migratrice regolare e svernante. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione SPEC 3 SPEC: stato di conservazione sfavorevole (in declino) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria La Beccaccia è al centro di un notevole interesse venatorio in gran parte dei Paesi europei dove è cacciata principalmente durante la migrazione autunnale, ma in alcuni Paesi dell’est europeo anche in primavera (fino al 30 aprile); di conseguenza talune popolazioni sono sottoposte al prelievo venatorio per un lunghissimo periodo (7-8 mesi). Tuttavia, le statistiche disponibili indicano nella Francia e nell’Italia i Paesi dell’Unione Europea in cui il carniere annuale risulta largamente più consistente. Il calo delle popolazioni europee di Beccaccia sarebbe, almeno in parte, imputabile all’elevata pressione venatoria, esercitata anche nel corso di fasi biologicamente delicate (periodo pre- riproduttivo e momenti critici nel corso dello svernamento) e alla scomparsa di habitat idonei alla riproduzione ed allo svernamento. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 10 gennaio. In Italia sono soprattutto il protrarsi della stagione venatoria in gennaio (in una fase quindi di maggiore vulnerabilità soprattutto in presenza di condizioni climatiche avverse, che possono determinare fenomeni di concentramento in aree ristrette) e l’abbattimento all’aspetto serale (peraltro vietato per legge), che concorrono a determinare una potenziale minaccia per la conservazione della specie. D’altra parte, in inverno il manifestarsi di ondate di gelo può indurre massicce perdite tra i giovani e il tasso di sopravvivenza dei contingenti è influenzato dalla temperatura e dai livelli delle precipitazioni invernali. 220 220 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Non sono disponibili in Italia dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, essi tuttavia vengono applicati in maniera irregolare e del tutto insufficiente per quanto concerne sia la componente svernante sia quella migratrice delle popolazioni. Inoltre, i dati sulla struttura della popolazione cacciata, importanti per verificare il successo riproduttivo e l’influenza del prelievo sulla dinamica, sono raccolti da diverse associazioni venatorie specializzate e non rispondono ad uno schema omogeneo a livello nazionale. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (in particolare la chiusura al 31 gennaio) risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per le motivazioni sopra evidenziate. A livello italiano si dovrebbe contribuire ad una corretta strategia globale di conservazione della specie, con particolare attenzione alle aree di svernamento (fase di vulnerabilità accentuata). Le misure più significative che andrebbero adottate sono: − adozione di uno schema di monitoraggio delle popolazioni standardizzato e sua applicazione in maniera sufficientemente diffusa; − monitoraggio dei carnieri; − definizione di un realistico carniere individuale giornaliero e stagionale; − chiusura della caccia al 31 dicembre, per evitare che il prelievo insista sulle popolazioni svernanti e localizzate, nonché su individui indotti a spostamenti per eventi climatici sfavorevoli e debilitati. Si consideri che nelle aree di svernamento le presenze in gennaio sono consistenti, ad es. le catture delle beccacce nella Tenuta di Castelporziano sono in media oltre il 20% della quota annuale; − introduzione di un sistema di sospensione del prelievo in presenza di eventi climatici particolarmente sfavorevoli alla specie (es. nevicate in periodo di svernamento e/o periodi di gelo protratti), che inducano a concentrazioni in aree limitrofe; − prevenzione degli abbattimenti illegali (caccia all’aspetto); − verifica dell’adeguatezza dell’attuale rete di aree protette per la conservazione della specie. 221 221 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 21 Classe: Aves Ordine: Columbiformes Famiglia: Columbidae Specie e autore: Columba palumbus (LINNEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: COLOMBACCIO Convenzione di Berna Non segnalata Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/1 Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 9.000.000 di coppie. Tale popolazione è rimasta stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, invece, la consistenza è aumentata in modo generalizzato, in particolare per le popolazioni chiave presenti nel Regno Unito ed in Germania. Pertanto, la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. In Italia: In Italia il Colombaccio nidifica ampiamente, a partire dal comparto alpino e quindi lungo tutta la penisola e nelle isole maggiori, ma con distribuzione frammentata. Si è verificata una recente espansione dell’areale ed un incremento della popolazione, più evidente nelle regioni settentrionali e centrali. E’ stimata una popolazione di 40.000-80.000 coppie. Il colombaccio migra regolarmente attraverso l’Italia ed è presente anche come svernante, con una popolazione probabilmente superiore ai 500.000 individui. Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . Nella provincia di Crotone Stato di conservazione E non-SPEC SPEC: stato di conservazione favorevole (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi tuttavia non vengono generalmente applicati, se non in maniera puntiforme e sporadica. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. L’attuale data di chiusura della caccia appare invece idonea sotto il profilo biologico e tecnico, tenuto anche conto di considerazioni generali inerenti l’effetto del prelievo sulle popolazioni nella seconda metà dell’inverno, quando lo stesso tende a divenire ampiamente additivo rispetto alla mortalità naturale e non sostitutivo. Nelle Province in cui esistono popolazioni nidificanti sufficientemente abbondanti, il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai sensi art.18, comma 2 della Legge n. 157/92 può essere ritenuto accettabile. Considerate le tradizionali pratiche venatorie, và ritenuto opportuno consentire l’uso di piccioni domestici (Columba livia) quale richiamo, non sussistendo particolari problemi di conservazione di questa specie. Dovrebbero essere infine promosse attività di monitoraggio delle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti, secondo protocolli standardizzati, e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta e l’analisi delle informazioni sui capi abbattuti. 222 222 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 22 Classe: Aves Ordine: Columbiformes Famiglia: Columbidae Specie e autore: Streptopelia turtur (LINNEUS, 1758) Nome comune: TORTORA Stato giuridico: Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: Nella provincia di Crotone La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 3.500.000 coppie. Tale popolazione ha vissuto un moderato declino tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio successivo, la consistenza è rimasta stabile o è aumentata in diversi Paesi (in particolare nell’Europa centrale) mentre in Spagna, Russia e Turchia (che ospitano nuclei numericamente consistenti) è diminuita. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento degli effettivi comunque superiore al 10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in declino. In Italia la Tortora è specie migratrice e nidificante (estiva) nella penisola, nelle due isole maggiori ed in alcune delle minori, con una popolazione approssimativamente stimata in 150.000- 300.000 coppie ed un trend complessivo probabilmente stabile. E’ presente anche come migratore regolare, mentre sporadici e poco significativi risultano i casi di svernamento. Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e forse anche nidificante , come rilevato dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . Stato di conservazione SPEC: Status IUCN Red List SPEC 3 stato di conservazione sfavorevole (in declino) Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi tuttavia non vengono generalmente applicati, se non in maniera puntiforme e sporadica. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 dicembre) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea e risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico. Anche il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai sensi dell’art.18, comma 2 della Legge n. 157/92, può essere ritenuto accettabile. Dovrebbero essere infine promosse attività di monitoraggio delle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti, secondo protocolli standardizzati, e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta e l’analisi delle informazioni sui capi abbattuti. 223 223 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 23 Classe: Aves Ordine: Passeriformes Famiglia: Alaudidae Specie e autore: Alauda arvensis (LINNEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: ALLODOLA Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: Nella provincia di Crotone La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 40.000.000 di coppie. Tale popolazione ha vissuto un decremento numerico generalizzato tra il 1970 ed il 1990; nel decennio seguente la riduzione degli effettivi è continuata in molte popolazioni dell’Europa occidentale, mentre le consistenze dei nuclei chiave presenti nelle regioni orientali sono rimaste stabili, contribuendo a contenere il declino della specie. La consistenza complessiva attuale appare comunque di gran lunga inferiore al valore stimato precedentemente alla fase di declino e, pertanto, la specie è considerata depauperata ed in uno stato di conservazione sfavorevole. Specie nidificante in Italia, parzialmente sedentaria con una popolazione approssimativamente stimata in 500.000-1.000.000 di coppie, con un andamento di decremento, stabilità o fluttuazione a livello locale. L’Italia viene raggiunta regolarmente da popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi europei. Lo svernamento è più consistente e regolare in aree pianeggianti costiere di Lazio, Campania, Puglia, Basilicata meridionale, Calabria nord-orientale, Sicilia e Sardegna. Mancano stime numeriche dei contingenti in transito e in svernamento in Italia per le difficoltà oggettive di rilevamento dei piccoli passeriformi migratori su ampia scala geografica. Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . Stato di conservazione SPEC: Status IUCN Red List SPEC 3 stato di conservazione sfavorevole (depauperata) Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Per quanto concerne l’entità del prelievo esercitato in Italia, mancano stime complete e attendibili. A titolo indicativo, di seguito vengono presentati i dati di carniere, desunti dalla lettura dei tesserini venatori, forniti all’INFS (oggi ISPRA) da alcune Amministrazioni. Il numero di soggetti abbattuti varia considerevolmente da zona a zona, in relazione alle tradizioni venatorie locali ed alle caratteristiche ambientali più o meno favorevoli al transito e alla sosta della specie. Inoltre diffusi fenomeni di turismo venatorio portano numerosi cacciatori delle regioni settentrionali a spostarsi in aree dove le condizioni per esercitare questa forma di caccia risultano particolarmente favorevoli, soprattutto nel centro-sud. Sulla base delle informazioni disponibili, una stima di almeno 1,5 milioni di allodole abbattute legalmente ogni anno in Italia può essere ritenuta realistica. Considerato il comportamento migratorio della specie, che determina, durante la stagione venatoria, la contemporanea presenza di differenti popolazioni caratterizzate da un diverso stato di conservazione, appare problematico assicurare la sostenibilità del prelievo nei confronti dell’Allodola seguendo le indicazioni fornite nel documento “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE” della Commissione Europea. Ciò anche in relazione alle modalità con cui in Italia è regolamentata la caccia nei confronti di questa specie e, più in generale, nei confronti dei migratori. 224 224 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio A tal proposito gli aspetti critici sono: − elevato numero di cacciatori interessati a questa forma di caccia; − elevato livello di mobilità dei cacciatori; − mancanza di adeguate limitazioni di carniere; − insufficienza dei dati di carniere; − assenza di programmi di monitoraggio che consentano di definire le popolazioni oggetto di prelievo e di valutarne lo stato e la dinamica. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre - 31 dicembre) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. Va tuttavia osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) testimoniano l’inizio della migrazione pre- nuziale agli inizi del mese di febbraio (Andreotti, Serra e Spina, 2004). L’attuale stagione venatoria appare pertanto idonea sotto il profilo biologico e tecnico, tenuto conto della fenologia della specie nel nostro Paese. Consentendo il prelievo dell’Allodola si determinano problemi legati alla presenza in Italia di specie protette simili, difficilmente riconoscibili in natura anche in relazione alle modalità con cui la caccia viene praticata e alla tendenza di queste specie a formare gruppi misti. Tale circostanza determina il rischio di abbattimento involontario di alcune specie protette, in particolare la Calandra Melanocorhypha calandra e la Tottavilla Lullula arborea, caratterizzate da uno stato di conservazione di gran lunga più sfavorevole di quello della stessa Allodola. Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa soprattutto nelle regioni centro-settentrionali; la cattura di allodole selvatiche da destinare alla funzione di richiamo non può essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività. 225 225 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 24 Classe: Aves Ordine: Passeriformes Famiglia: Turdidae Specie e autore: Turdus merula (LINNEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: MERLO Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 40.000.000 di coppie. Tale popolazione è rimasta numericamente stabile tra il 1970 ed il 1990; nel decennio successivo, la consistenza ha continuato a rimanere stabile, facendo anche registrare incrementi in alcuni Paesi, in particolare in Germania, Francia e Italia, che ospitavano popolazioni già numericamente consistenti. Pertanto, la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. Il Merlo è specie nidificante, parzialmente sedentaria, sulla penisola, in Sardegna, Sicilia e in numerose isole minori. La popolazione nidificante complessiva è stimata in 2.000.0005.000.000 di coppie, con tendenza alla stabilità o all’incremento locale. L’Italia viene raggiunta regolarmente da popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi europei. Mancano stime numeriche dei contingenti in transito e in svernamento in Italia per le difficoltà oggettive di rilevamento dei Passeriformi migratori su ampia scala geografica. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione E non-SPEC SPEC: stato di conservazione favorevole (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria I dati di carniere ottenuti tramite questionari inviati dall’INFS (oggi ISPRA) a tutti gli uffici caccia regionali mostrano come il Merlo sia una tra le specie maggiormente cacciate in Italia in termini di numero di capi abbattuti. Benché i dati acquisiti siano parziali, perché non in tutti gli ambiti di caccia vengono raccolti e analizzati i dati dei tesserini venatori, risulta un prelievo stimabile in alcuni milioni di individui all’anno. Nella sola provincia di Brescia ogni anno vengono abbattuti legalmente in media 200.000 merli. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 10 gennaio. Ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella seconda decade di gennaio (Spina e Serra, 2003). Da un’analisi di dati raccolti ancora più recentemente (al riguardo si vedano le figure relative all’andamento stagionale delle ricatture di merli inanellati all’estero), l’inizio dei movimenti migratori pre-riproduttivi degli individui adulti nel nostro Paese appare anticipato a dicembre (agli inizi di dicembre nel caso dei maschi adulti). Pertanto, l’attuale data di chiusura della caccia risulta idonea sotto il profilo biologico e tecnico. 226 226 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio In alcuni casi la stagione venatoria viene anticipata ai primi di settembre; visto che nelle prime settimane di settembre il prelievo viene esercitato pressoché esclusivamente sulle popolazioni nidificanti, tale anticipazione dovrebbe essere prevista solo in quelle parti dei territori di ciascuna unità di gestione in cui la specie risulta abbondante (in generale, i territori collinari e di media montagna). Le modalità con cui la caccia ai tordi viene praticata rende relativamente elevato il rischio di abbattimenti involontari di specie protette. Nel caso del Merlo la specie protetta che può essere più facilmente abbattuta per errore è il Merlo dal collare Turdus torquatus. Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa soprattutto nelle regioni centro-settentrionali; la cattura di merli selvatici da destinare a fungere da richiami non può essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività. Per quanto riguarda il numero di giornate di caccia si dovrebbero prevedere maggiori precauzioni nell’autorizzare le giornate aggiuntive nei mesi di ottobre e novembre (comma 6, art. 18, della legge n. 157/92) nelle aree dove il prelievo è particolarmente intenso. Per garantire la compatibilità del prelievo inoltre dovrebbero essere promosse attività di monitoraggio delle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta e l’analisi delle informazioni sui capi abbattuti. 227 227 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 25 Classe: Aves Ordine: Passeriformes Famiglia: Turdidae Specie e autore: Turdus pilaris (LINNEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: CESENA Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: Nella provincia di Crotone La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 14.000.000 di coppie. Tale popolazione è rimasta numericamente stabile tra il 1970 ed il 1990; nel decennio successivo, la consistenza in Europa e in Russia ha continuato a rimanere stabile o ha fatto registrare incrementi a livello nazionale. Pertanto, la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. La Cesena è parzialmente sedentaria e nidificante sulle Alpi, ove si stima una popolazione di 5.000-10.000 coppie, tendente all’incremento negli anni ’70-’80 e caratterizzata da una situazione attuale di stabilità o di fluttuazione a livello locale. L’Italia viene raggiunta da popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi europei e dall’Asia centrooccidentale. Mancano stime numeriche dei contingenti in transito e in svernamento in Italia per le difficoltà oggettive di rilevamento dei piccoli passeriformi migratori su ampia scala geografica. Tali contingenti sono estremamente variabili di anno in anno in relazione a fluttuazioni demografiche delle popolazioni di origine e agli andamenti climatici che influenzano gli spostamenti migratori della specie. Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . Stato di conservazione E non-SPEC SPEC: stato di conservazione favorevole (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria I dati di carniere ottenuti tramite questionari inviati recentemente dall’INFS (oggi ISPRA) a tutti gli uffici caccia regionali mostrano come la Cesena sia una tra le specie maggiormente cacciate in Italia in termini di numero di capi abbattuti. Benché i dati acquisiti siano parziali perché non in tutti gli ambiti di caccia vengono raccolti e analizzati i dati dei tesserini venatori, risulta un prelievo stimabile in alcuni milioni di individui all’anno. Nella sola provincia di Brescia ogni anno vengono abbattute legalmente dalle 20.000 alle 250.000 cesene. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 10 gennaio. Ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella seconda decade di gennaio. Le modalità con cui la caccia ai tordi viene praticata può determinare il rischio di abbattimenti involontari di specie protette, come la Tordela Turdus viscivorus ed il Merlo dal collare Turdus torquatus. Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa soprattutto nelle regioni centro-settentrionali; la cattura di cesene selvatiche da destinare alla funzione di richiamo non può essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività. Per quanto riguarda il numero di giornate di caccia si dovrebbero prevedere maggiori precauzioni nell’autorizzare le giornate aggiuntive nei mesi di ottobre e novembre (comma 6, art. 18 della legge n. 157/92) nelle aree dove il prelievo è particolarmente intenso. Per garantire la compatibilità del prelievo inoltre dovrebbero essere promosse attività di monitoraggio delle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta e l’analisi delle informazioni sui capi abbattuti. 228 228 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 26 Classe: Aves Ordine: Passeriformes Famiglia: Turdidae Specie e autore: Turdus philomelos (C.L. BREHM, 1831) Nome comune: Stato giuridico: TORDO BOTTACCIO Convenzione di Berna Allegato III Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 20.000.000 di coppie. Tale popolazione è rimasta numericamente stabile tra il 1970 ed il 1990; nel decennio successivo si è registrata una riduzione della consistenza della popolazione presente in Germania, controbilanciata da un incremento registrato per i due nuclei chiave presenti in Francia e Norvegia. La consistenza complessiva è quindi rimasta stabile e, pertanto, la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. In Italia: Il Tordo bottaccio è specie nidificante (estiva) sulle Alpi, più scarsa e localizzata sugli Appennini, parzialmente sedentaria, con una popolazione complessiva stimata in 100.000-300.000 coppie e tendenza alla stabilità o ad incrementi locali. L’Italia viene raggiunta regolarmente da popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi europei. Mancano stime numeriche dei contingenti in transito e in svernamento in Italia per le difficoltà oggettive di rilevamento dei piccoli passeriformi migratori su ampia scala geografica. Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . Nella provincia di Crotone Stato di conservazione E non-SPEC SPEC: stato di conservazione favorevole (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria I dati di carniere ottenuti tramite questionari inviati dall’INFS (oggi ISPRA) a tutti gli uffici caccia regionali mostrano chiaramente come il Tordo bottaccio sia di gran lunga la specie maggiormente cacciata in Italia in termini di numero di capi abbattuti. Benché i dati acquisiti siano parziali, perché non in tutti gli ambiti di caccia vengono raccolti e analizzati i dati dei tesserini venatori, risulta un prelievo stimabile in alcune decine di milioni di individui all’anno. Nella sola provincia di Brescia ogni anno vengono abbattuti legalmente dai 400.000 ai 600.000 tordi bottaccio. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre al 31 gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 10 gennaio. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella seconda decade di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). Le modalità con cui la caccia ai tordi viene praticata rende relativamente elevato il rischio di abbattimenti involontari di specie protette. Nel caso del Tordo bottaccio la specie protetta che può essere più facilmente abbattuta per errore è la Tordela Turdus viscivorus. Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa soprattutto nelle regioni centro-settentrionali; la cattura di tordi bottaccio selvatici da destinare alla funzione di richiamo non può essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività. 229 229 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 27 Classe: Aves Ordine: Passeriformes Famiglia: Corvidae Specie e autore: Garrulus glandarius (LINNEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: GHIANDAIA Convenzione di Berna Non segnalata Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: In Italia: Nella provincia di Crotone La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 6.000.000 di coppie. Tale popolazione è rimasta stabile tra il 1970 ed il 1990; sebbene nel decennio seguente si sia verificato un declino in alcuni paesi, la popolazione europea nel suo complesso, compresi gli importanti nuclei presenti in Francia, Russia e Turchia, è rimasta stabile o è aumentata. Pertanto, la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. Specie sedentaria ampiamente distribuita su tutto il territorio nazionale, tranne che nelle pianure intensamente coltivate, nelle parti più elevate della catena alpina e nel Salento. La specie ha mostrato recentemente un ampliamento dell’areale in diverse situazioni locali con un conseguente incremento delle popolazioni. Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . Stato di conservazione non-SPEC SPEC: Buono stato di conservazione (sicura) Status IUCN Red List Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. Il prelievo venatorio risulta relativamente modesto ed in generale non sembra incidere sulla dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo della specie, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 157/92, sono attuate da poche amministrazioni ed in maniera assai localizzata, pertanto non sono in grado di condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo maniera sporadica e localizzata. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico; il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai sensi art.18, comma 2 della Legge n. 157/92 può essere ritenuto accettabile. 230 230 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 28 Classe: Aves Ordine: Passeriformes Famiglia: Corvidae Specie e autore: Pica pica (LINNEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: GAZZA Convenzione di Berna Non segnalata Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 7.500.000 di coppie. Tale popolazione ha vissuto un incremento numerico tra il 1970 ed il 1990; sebbene nel decennio seguente la maggior parte delle popolazioni europee, compresa quella numericamente più consistente presente in Turchia, sia rimasta stabile o sia aumentata quelle presenti in Francia ed in Russia hanno mostrato una forte flessione e la consistenza della specie è complessivamente diminuita in tutto l’areale. Tuttavia, questa recente contrazione è ancora controbilanciato dagli incrementi precedenti e di conseguenza, la specie è attualmente considerata in buono stato di conservazione. In Italia: Specie sedentaria, ampiamente distribuita su tutto il territorio nazionale, tranne che nelle parti più elevate delle catene alpina e appenninica ed in Sardegna. La specie ha mostrato recentemente un ampliamento dell’areale in diverse situazioni locali ed un pressoché generalizzato incremento delle popolazioni. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione SPEC: Status IUCN Red List non-SPEC Buono stato di conservazione (sicura) Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. Il prelievo venatorio risulta complessivamente modesto ed in generale non sembra in grado di incidere sulla dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo della specie, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 157/92, sono in grado di condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni solo in casi limitati, ove si concentrano in maniera intensa su aree di piccole dimensioni. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in relativamente poche realtà locali. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico; il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai sensi art.18, comma 2 della Legge n. 157/92 può essere ritenuto accettabile. 231 231 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 29 Classe: Aves Ordine: Passeriformes Famiglia: Corvidae Specie e autore: Corvus corone Nome comune: Stato giuridico: (LINNAEUS, 1758) CORNACCHIA NERA E GRIGIA corone e Corvus Convenzione di Berna Non segnalata Convenzione di Bonn Non segnalata Direttiva Uccelli Allegato II/2. Distribuzione e popolazione Globale e in Europa: La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 7.000.000 di coppie. Tale popolazione ha vissuto un ampio incremento numerico tra il 1970 ed il 1990; sebbene nel decennio seguente la specie abbia mostrato un declino in un certo numero di Paesi, la consistenza di alcune popolazioni chiave, quali quelle presenti nel Regno Unito ed in Turchia, è rimasta stabile o è aumentata. La consistenza attuale è ritenuta stabile e, pur mancando informazioni sull’andamento recente della popolazione presente in Russia, la specie è considerata in buono stato di conservazione. In Italia: Specie sedentaria, ampiamente distribuita su tutto il territorio nazionale. Sulle Alpi è presente la cornacchia nera Corvus corone, mentre nel resto della penisola, con l’eccezione del Salento, e sulle isole si trova la forma grigia Corvus corone cornix. Quest’ultima ha mostrato recentemente un ampliamento dell’areale in diverse situazioni locali ed un pressoché generalizzato incremento delle popolazioni. Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto . di Crotone Stato di conservazione SPEC: Status IUCN Red List non-SPEC Buono stato di conservazione (sicura) Non segnalata Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. Il prelievo venatorio risulta complessivamente modesto ed in generale non sembra in grado di incidere sulla dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo della specie, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 157/92, sono in grado di condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni solo in casi limitati, ove si concentrano in maniera intensa su aree di piccole dimensioni. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in relativamente poche realtà locali. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico; il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai sensi art.18, comma 2 della Legge n. 157/92 può essere ritenuto accettabile. 232 232 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.2.7 Mammalofauna Per lo studio della mammalofauna ci si è dovuti limitare ai monitoraggi effettuati per la redazione del piano di gestione della ZPS, ai dati di provenienza dei CRAS (già riportati nei capitoli precedenti), ai dati dei carnieri per l’anno 2008/2009 ed alle notizie provenienti dalle fonti bibliografiche. La check list, redatta per il piano di gestione della ZPS “Marchesato-fiume Neto”, delle specie di Mammiferi è tratta da fonti bibliografiche e da osservazioni, per l’ordine Carnivora, in particolare per il lupo, i dati ufficiali riguardano due individui recuperati dal corpo forestale nei comuni di Belvedere Spinello e S. Nicola dell’alto tra il 1988 e il 1996 e diversi individui oggetto di bracconaggio nella parte collinare e montana della provincia. L’elenco dei Chiroptera è tratto da fonti bibliografiche certe sulla chirotterofauna calabrese (Garofano & Costanzo, 2000 in A.A.V.V. CKmap checklist and distribution of the Italian fauna) e a ritrovamenti (Muscianese, dato inedito); per gli ordini Insectivora e Rodentia sono state consultate le seguenti fonti bibliografiche: Coll. Dip. Ecologia UNICAL, 1981 - Cagnin, Aloise, 1988 - Cagnin, Aloise, 1995 - Aloise & Cagnin, 1999 - in A.A.V.V. CKmap checklist and distribution of the Italian fauna; Muscianese, dato inedito. In totale sono presenti 38 specie di mammiferi appartenenti a 5 classi, di cui 1 d’interesse comunitario ritenuta prioritaria (Canis lupus*), 7 inserite in allegato II, 12 in allegato IV e 2 in allegato V della direttiva habitat, 10 in allegato II e 15 in allegato III della Convenzione di Berna, 8 in allegato II della Convenzione di Bonn, 1 nell’allegato A e 1 nell’allegato B della Convenzione di Washington. 233 233 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio CHECK LIST DELLA MAMMALOFAUNA OSSERVATA HABITAT All.IV x x HABITAT All.V HABITAT All.II x BONN All.II x BONN All.I x CITES All.C x CITES All.B Specie CITES All. A famiglia BERNA All.III O r d i n e BERNA All.II Classe 157/92 NELLA ZPS “MARCHESATO – FIUME NETO” MAMMALIA CARNIVORA Canis lupus* Vulpes volpe Martes foina Martes martes Mustelidae Meles meles Mustela nivalis Mustela putorius Canidae ARTIODACTYL A CHIROPTERA Suidae Rhinolophida e Vespertionid ae x x x x x x x x Sus Scrofa Rhinolophus euryale Rhinolophus ferrumequinum Barbastella barbastellus Miniopterus schreibersi Myotis capaccinii Myotis myotis Nyctalus lasiopterus Plecotus austriacus x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x INSECTIVORA Erinaceus Erinacid europaeus ae Crocidura leucodon Soricida e x x Crocidura uaveolens Talpida e x Neomys anomalus Sorex minutus Suncus etruscus Talpa romana x x x 234 234 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Leporid ae Lepre europea e italica x Myocastor coypus Myocastori dae Arvicola terrestris Microtidae Microtus (Pytimys) savii Apodemus flavicollis Apodemus sylvaticus Rattus rattus Muridae Rattus norvegicus Mus domesticus RODENTIA Hystricidae Myocsidae Myocastorid Sciuridae Hystrix cristata Eliomys quercinus Muscardinus avellanarius Myoxus glis M. coypus Sciurus vulgaris meridionalis Clethriomys glareolus x x x x x x x X x 2.2.8.Raccolta dati mammalofauna I dati dei carnieri ci forniscono indicazioni generiche su cinghiali lepri e volpi. Riguardo i cinghiali nella campagna venatoria 2008/2009 ne sono stati abbattuti 96. Campagna venatoria 2008/2009 Elenco Specie Cinghiale ATC Codice KR1 H 86 ATC KR2 10 N. Capi Abbattuti 96 Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca La presenza di questa specie, in alcuni areali del territorio provinciale, talvolta si è rivelata problematica, per i danni causati alle colture agrarie, ed in modo particolare ai vigneti, per come evidenziato nella tabella allegata al cap 2.3.3. a pag 253. Per ciò che riguarda la volpe si può dire che questa specie è diffusa in tutta la provincia di Crotone, e si segnalano spesso danni provocati dalla sua attività predatrice. Il calo di interesse venatorio per questo carnivoro, ha contribuito all’aumento della popolazione ed alla sua 235 235 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio diffusione in tutti gli areali provinciali con conseguenti squilibri. Pertanto sarebbe necessario un contenimento della specie soprattutto nelle Zone di Ripopolamento e Cattura e prima delle immissioni di selvaggina. I dati riferiti ai carnieri dell’ultima campagna venatoria sono i seguenti Campagna venatoria 2008/2009 Elenco Specie Volpe Codice V ATC KR1 15 ATC KR2 41 N. Capi Abbattuti 56 Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca A differenza della volpe, la lepre, è una specie di grande interesse venatorio. L’abbandono dell’attività agricola e della pastorizia in molte aree della provincia, ed il conseguente inselvatichimento di questi areali e la carenza di pabulum, unito alla presenza di numerosi predatori, ha creato condizioni sfavorevoli all’aumento della popolazione ed alla sua espansione, e nonostante i 2000 capi immessi nel triennio 2003/2006, il numero degli abbattimenti e la sua presenza non è soddisfacente. Campagna venatoria 2008/2009 Elenco Specie Lepre Comune Codice L ATC KR1 11 ATC KR2 23 N. Capi Abbattuti 34 Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca Per il daino ed il capriolo, specie presenti nella Presila Crotonese, non abbiamo dati circa la consistenza della popolazione e l’esatta mappatura. Si può solo affermare che l’areale di presenza è quello interessato al Parco Nazionale della Sila. Con riferimento agli ungulati non si hanno notizie circa la popolazione esistente, la sua distribuzione e la consistenza media per specie 236 236 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 30 Classe: Mammalia Ordine: Lagomorpha Famiglia: Leporidae Specie e autore: Lepus europaeus (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: LEPRE COMUNE o EUROPEA Convenzione di Berna Allegato III Direttiva Habitat Non segnalata Distribuzione e popolazione In Italia: Nell'Italia peninsulare la Lepre comune è oggi presente in tutte le province, anche in conseguenza dei costanti ripopolamenti venatori, mentre manca in Sicilia e Sardegna. Una ricostruzione dell’areale storico della Lepre comune è stata tentata utilizzando reperti museali costituiti da esemplari raccolti prima dell’inizio dei massicci ripopolamenti artificiali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Negli ultimi cinquant’anni la situazione complessiva della specie è stata caratterizzata da una graduale diminuzione degli effettivi, come d’altronde è avvenuto in diversi altri Paesi europei. Le cause del declino sono molteplici, tra queste si citano le modificazioni qualiquantitative degli ambienti idonei (moderni criteri di coltivazione, aumentato grado di antropizzazione del territorio, abbandono delle coltivazioni nelle aree interne marginali), il considerevole aumento della pressione venatoria verificatosi fino alla metà degli anni Ottanta del Secolo scorso e la diffusione dell’European Brown Hare Syndrome (E.B.H.S.). Localmente anche l’aumento di taluni predatori e del randagismo canino può avere favorito tale declino. Dopo i primi anni Novanta del Secolo scorso si è osservata una fase di assestamento ed in seguito, una tendenza alla ripresa delle popolazioni. Così come la riduzione delle popolazioni di Lepre europea era avvenuta in maniera assai differenziata sul territorio italiano, anche la ripresa è apparsa più pronta laddove si sono conservate condizioni ambientali idonee e soprattutto nuclei soddisfacenti di popolazioni autoctone (ad es. entro le zone di ripopolamento e cattura, concentrate in particolare nelle aree protette dell’Italia centro-settentrionale). Al contrario, nelle zone marginali per la specie, come quelle montane e quelle dell’Italia centrale e meridionale, la sua condizione appare tuttora precaria. Lo stato di conservazione della Lepre europea sul territorio è quindi molto variabile e risente anche degli effetti della prassi gestionale che è spesso basata su prelievi non commisurati allo stato delle popolazioni locali e sul ripopolamento artificiale. Nella provincia Nella provincia viene segnalata la presenza, così come rilevato dalla check-list della mammalofauna ed alle ripetute immissioni di capi da ripopolamento faunistico. di Crotone Stato di conservazione IUCN Red List Least Concern Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria 237 237 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio La Lepre comune o Lepre europea, è inserita nell’Allegato III della Convenzione Berna (specie protette per le quali è ammesso l’eventuale sfruttamento delle popolazioni in modo regolamentato). Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in relativamente poche realtà locali. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per quanto concerne la data di apertura, che andrebbe posticipata almeno agli inizi del mese di ottobre, quando è in gran parte completato il periodo riproduttivo (le ultime nascite si verificano nella prima decade di ottobre). Le consuete e massicce operazioni di ripopolamento eseguite senza la necessaria programmazione, ma soprattutto senza alcuna forma di verifica oggettiva dei risultati conseguiti, hanno indotto nel mondo venatorio eccessive aspettative rispetto all’efficacia di questo delicato strumento gestionale. Si deve rimarcare il fatto che ormai le numerose prove sperimentali di ripopolamento dimostrano chiaramente come le lepri sottoposte ad importanti cambiamenti ambientali accrescono il loro già elevato grado di vulnerabilità (tasso annuale di sopravvivenza prossimo al 50%),anche quando la traslocazione avviene fra zone simili, dal punto di vista ecologico, e nel volgere di poche ore. In particolare tassi medi di sopravvivenza inferiori al 20% si osservano con lepri di allevamento e di importazione, mentre quelle di cattura locale (zone di ripopolamento e cattura) denotano una sopravvivenza relativamente migliore (30-35%). Questi risultati dimostrano chiaramente i forti limiti insiti nella prassi del ripopolamento artificiale ed un rapporto costi/benefici sostanzialmente sfavorevole. Tra le conseguenze biologiche insite nell’importazione delle lepri da altri Paesi vi sono la diffusione di nuovi agenti patogeni e l’introduzione di forme alloctone. Nelle regioni centro-meridionali della Penisola i ripopolamenti con la Lepre europea, oltre a rappresentare una potenziale minaccia per la conservazione delle residue popolazioni di Lepre italica (soprattutto per la diffusione di patologie comuni), incontrano ulteriori difficoltà legate al clima di tipo mediterraneo. Questa specie è, infatti, meglio adattata agli ambienti a clima temperato. A regime, sussiste quindi la necessità di adottare anche per questa specie un approccio gestionale fondato sui criteri della sostenibilità del prelievo venatorio, affinché lo stesso venga rapportato alla produttività naturale delle popolazioni. Interventi di miglioramento ambientale possono contribuire in modo significativo alla riuscita di una prassi gestionale tecnicamente corretta. Un ulteriore punto critico è rappresentato dall’esigenza di creare condizioni di minor rischio epidemiologico rispetto all’E.B.H.S.. Questa grave patologia virale riconosce, infatti, nelle basse densità di popolazione le condizioni demografiche più rischiose. Infatti, popolazioni con densità primaverili inferiori a 7-8 esemplari/Km2 sono soggette ad un elevato rischio di mortalità (soprattutto a carico dei giovani), popolazioni con densità comprese tra 8 e 15 esemplari/Km2 sono a rischio moderato, mentre quelle con oltre 15 esemplari/Km2 risultano relativamente meno minacciate. In una fase di transizione, per la gestione della Lepre europea appare sempre più importante la presenza sul territorio di un’idonea rete di zone di ripopolamento e cattura o aree assimilabili, in grado di ospitare popolazioni vitali della specie e di realizzare, per dispersione, un naturale ripopolamento dei territori circostanti. Allo stato attuale, quest’ultimo fattore si rivela il vero punto di forza degli Ambiti Territoriali di Caccia nell’Italia centro-settentrionale. 238 238 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 31 Classe: Mammalia Ordine: Carnivora Famiglia: Canidae Specie e autore: Vulpes vulpes (LINNAEUS, 1758) Nome comune: Stato giuridico: VOLPE Convenzione di Berna Non segnalata Direttiva Habitat Non segnalata Distribuzione e popolazione In Italia: La specie è presente su tutto il territorio nazionale, sia pure con densità assai variabili, in una vastissima gamma di ambienti e fasce altitudinali. Si è assistito ad una recente espansione dell’areale anche in aree di pianura intensamente coltivate ed addirittura in ambienti periurbani. Le densità più basse si riscontrano negli orizzonti alpini, dove le risorse alimentari sono minori e disperse in modo relativamente uniforme; in questi casi, i territori individuali sono assai estesi (molte centinaia di ettari). Negli agro-ecosistemi tradizionali, dove esiste una grande eterogeneità ambientale ed una distribuzione disomogenea delle risorse, si trovano le densità più elevate ed i territori individuali meno estesi (alcune decine di ettari). Specie autoctona presente con la forma Vulpes vulpes crucigera nella penisola e nelle isole maggiori ad eccezione della Sardegna, dove è sostituita da Vulpes vulpes ichnusae. Benché non esistano dati raccolti in maniera omogenea e con sistematicità sulla consistenza della specie in Italia, essa sembra essere generalmente abbondante e non presenta particolari problemi di conservazione. Le popolazioni di Volpe sono periodicamente localmente decimate da malattie infettive tra cui la rogna sarcoptica; gli effetti di questi eventi hanno comunque una durata limitata nel tempo, in quanto le capacità riproduttive della specie consentono un rapido recupero numerico. Nella provincia Nella provincia viene segnala la presenza in tutto il territorio, così come rilevato dalla check-list della mammalofauna . di Crotone Stato di conservazione IUCN Red List Least Concern Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in relativamente poche realtà locali e sono finalizzati a modulare le attività di controllo numerico piuttosto che il prelievo venatorio. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico. Il prelievo venatorio risulta complessivamente modesto ed in generale non sembra in grado di incidere sulla dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo della Volpe, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 157/92, sono in grado di condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni solo in casi limitati, ove si concentrano in maniera intensa e su aree di piccole dimensioni. 239 239 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 32 Classe: Mammalia Ordine: Artiodactyla Suidae Famiglia: Specie e autore: Nome comune: Stato giuridico: Sus scrofa (LINNAEUS, 1758) CINGHIALE Convenzione di Berna Non segnalata Direttiva Habitat Non segnalata Distribuzione e popolazione In Italia: Il Cinghiale è oggi l'Ungulato più diffuso in Italia, sia in termini distributivi che di consistenza. La specie è presente, senza soluzione di continuità, dalla Liguria, attraverso gli Appennini, sino alla Calabria, ad eccezione delle province pugliesi di Brindisi e Lecce, e in tutta la Sardegna. In Sicilia la presenza della specie, frutto di recenti immissioni, non è ancora del tutto consolidata. Nel settore alpino e prealpino la specie si distribuisce in maniera continua nel settore occidentale mentre nella porzione centrale ed orientale presenta ancora un areale discontinuo e ripartito in unità territoriali relativamente piccole. L’origine delle popolazioni di Cinghiale, come pure la sistematica delle due sottospecie ritenute ancora presenti in Italia, non sono ancora completamente chiare. La forma autoctona delle regioni settentrionali italiane scomparve prima che potesse essere caratterizzata dal punto di vista sistematico, mentre carenti risultano le informazioni disponibili sull'origine di Sus scrofa meridionalis e Sus scrofa majori, formalmente presenti rispettivamente in Sardegna e Maremma. Recenti studi genetici e di morfometria hanno evidenziato la sostanziale similitudine tra la popolazione maremmana e le altre presenti nella restante parte della penisola (Sus scrofa ). La sottospecie presente in Sardegna sembra invece differenziarsi, morfologicamente e geneticamente, facendo ipotizzare una sua origine da suini domestici anticamente inselvatichiti. Un ulteriore elemento di complessità nella definizione dell’origine della specie in Italia è fornito dalle massicce introduzioni di cinghiali operate in diverse regioni dagli inizi degli anni ’50, dapprima utilizzando esemplari catturati all'estero e, successivamente, animali prodotti in allevamenti. Ciò ha creato problemi di incrocio tra sottospecie differenti e di ibridazione con le forme domestiche, che hanno determinato la scomparsa dalla quasi totalità del territorio della forma autoctona peninsulare. Nel 2005, la stima approssimativa della consistenza della popolazione italiana era di almeno 600.000 individui; tale valore è, in ogni caso, da ritenersi indicativo, dal momento che dati sulla consistenza delle popolazioni sono del tutto carenti. E’ tuttavia evidente che negli ultimi trent’anni l’areale della specie si è più che quintuplicato e che essa mostra una capacità di veloce colonizzazione di nuovi territori. Un simile trend è in certa misura ipotizzabile anche per quanto concerne la consistenza complessiva della popolazione. Nella provincia Nella provincia viene segnala la presenza in tutto il territorio, così come rilevato dalla check-list della mammalofauna e dalle richieste di indennità per i danni provocati. di Crotone Stato di conservazione IUCN Red List Least Concern Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Attualmente il Cinghiale è prelevata in tutte le province (93) in cui è presente, sia attraverso la normale attività venatoria, sia in esecuzione di piani di controllo delle popolazioni. Nella stagione venatoria 2004-2005 si è assistito ad un sensibile e diffuso incremento del prelievo. Il carniere realizzato nel complesso del territorio cacciabile per la stagione 2004-2005 assomma a 114.831 capi, con un evidente aumento rispetto alla stagione 1999-2000 (93.045 capi). Va tuttavia evidenziato che i dati di prelievo appena citati debbono essere considerati largamente approssimati per difetto poiché il tipo di gestione a cui la specie è sottoposta non ne consente la raccolta sistematica, omogenea e continuata nel tempo. 240 240 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio La stima di popolazione nel Cinghiale pone diversi problemi metodologici ed applicativi. In generale, il metodo che presenta il miglior rapporto costi/benefici è rappresentato dall’analisi comparata degli indici cinegetici e di quelli di fertilità, ottenuti attraverso l’esame dei tratti riproduttivi delle femmine abbattute. Dettagliate linee guida in questo senso sono state proposte dall’INFS (oggi ISPRA), ma non sono state trasferite nella pratica gestionale se non in maniera del tutto localizzata ed episodica. Il periodo di caccia previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico per questa specie, se la caccia viene praticata in battuta o braccata. Nel caso degli abbattimenti attuati con metodi selettivi, vi è la possibilità di concedere periodi di caccia diversi da parte delle Regioni attraverso il dispositivo dell’art 11 quaterdecies della Legge n. 248 del 2005. La stagione venatoria suggerita dall’INFS (oggi ISPRA) per la caccia di selezione al Cinghiale prevede tempi differenziati in funzione delle classi sociali, con il rispetto totale delle femmine adulte nel periodo che va da febbraio a settembre. Uno dei problemi più rilevanti connessi alla gestione della specie è la carenza di informazioni relative alla consistenza e dinamica delle popolazioni. Tale circostanza è favorita dalla modalità di gestione venatoria della specie che nella maggior parte dei casi non si basa su piani di abbattimento quantitativi e qualitativi, frutto di stime annuali (come per gli altri Ungulati), né, in generale, su una programmazione degli interventi. La forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, ha dimostrato di causare una destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da una innaturale prevalenza delle classi giovanili, cha ha come conseguenza anche un sensibile aumento dei danni alle colture. Essa inoltre arreca un indesiderabile disturbo ad altri elementi della fauna selvatica, in particolare ai Cervidi. In questi ultimi anni il Cinghiale ha assunto un'importanza venatoria progressivamente crescente con notevoli conseguenze dirette e indirette, sia sul piano faunistico sia su quello gestionale. Se da un lato la gestione venatoria tende a massimizzare le presenze della specie sul territorio ed è responsabile di operazioni di immissione criticabili sotto il profilo tecnico e biologico, l'impatto che il cinghiale è in grado di esercitare sulle attività agricole e su altri elementi della zoocenosi impone in molti casi la necessità di controllare la densità delle sue popolazioni per mantenerla entro livelli economicamente accettabili. Tale paradosso trova il suo culmine nella parte centro-meridionale del Paese, dove anche in tempi recenti alcune amministrazioni pubbliche hanno autorizzato, se non addirittura attuato direttamente, immissioni di cinghiali a scopo di "ripopolamento". Le immissioni comportano un elevato rischio di introduzione e diffusione di alcune malattie, quali la tubercolosi e, soprattutto, la peste suina, in grado di creare rischi sanitari e causare gravi danni economici al comparto suinicolo a causa delle restrizioni commerciali imposte dalla Comunità Europea. La specie è dunque al centro di interessi contrastanti che da un lato tendono a favorirne la presenza, dall’altro ad escluderla dalle aree agricole più sensibili al danneggiamento, per il cui risarcimento vengono erogate dalle Amministrazioni ingenti somme di denaro. La strategia gestionale suggerita dall’INFS (oggi ISPRA) con le già citate linee guida, e basata sulla definizione di densità obiettivo differenziate per tipologie di uso agricolo del territorio, sulla stima quantitativa delle popolazioni e degli incrementi annuali previsti e sull’adozione di tecniche di prelievo differenziate e complementari, non è stata di fatto applicata dagli enti gestori. 241 241 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 33 Classe: Mammalia Ordine: Artiodactyla Cervidae Famiglia: Specie e autore: Nome comune: Stato giuridico: Dama dama (LINNAEUS, 1758) DAINO Convenzione di Berna Allegato III Direttiva Habitat Non segnalata Distribuzione e popolazione In Italia: Le popolazioni italiane hanno subito nel tempo un’elevata manipolazione che ha generato estinzioni a livello locale e creazione di nuovi nuclei. L’areale di distribuzione risulta, pertanto, frammentato e le popolazioni appaiono fra loro isolate. Le aree a più ampia distribuzione si concentrano in Toscana, Umbria, sull’Appennino tosco-romagnolo e nella zona compresa tra l’Appennino ligure e la provincia di Alessandria e Pavia. La specie risulta invece assente dall’arco alpino italiano, se si esclude la popolazione della foresta del Cansiglio (BL, TV, PN). Al Sud il Daino è segnalato nell’area del Gargano (Foggia), in Basilicata (dove è stato immesso un certo numero di capi all’inizio degli anni 2000) e in Calabria, in cui si segnalano tre piccoli nuclei originati da fughe da recinti nei Parchi della Sila e del Pollino e nell’area al confine tra le province di Reggio-Calabria, Vibo Valentia e Cosenza. In Sicilia la specie è stata introdotta e oggi conta su una popolazione di almeno 500 individui. In Sardegna, il Daino, reintrodotto recentemente dopo l’estinzione avvenuta negli anni ’60 del secolo scorso, è presente in aree di estensione complessiva pari a circa 18.000 ettari. L'areale originario di Dama dama si colloca nella porzione più orientale del bacino del Mediterraneo. La specie presenta pertanto, in Europa ed in Italia, una distribuzione attuale quasi completamente artificiale e deve essere considerata un’entità alloctona. L’origine delle popolazioni italiane è sconosciuta; alcuni autori la fanno risalire ad introduzioni attuate nel Neolitico, mentre la specie era sicuramente presente in Italia nel Medioevo. Le popolazioni italiane più antiche potrebbero essere quelle di San Rossore (dal XIV secolo) e di Castelporziano (dall’XI secolo). La popolazione italiana di Daino consta di 20.966 esemplari (stima aggiornata al 2005). Nel complesso non si evidenziano variazioni di rilievo rispetto al 2000 ad eccezione dei dati riferiti all’area dell’Appennino centro-meridionale e delle isole, dove la consistenza appare quasi raddoppiata. Una sensibile diminuzione delle consistenze si evidenzia invece in Toscana (22%) dove si concentrano più della metà dei capi stimati sul territorio nazionale. Nella provincia Nella provincia viene segnala la presenza nella fascia pre silana proprio nei territori confinanti con il Parco Nazionale della Sila . Pertanto si può desumere che possono essere capi provenienti dalle di Crotone fughe dai recinti del Parco Nazionale della Sila in località Fossiata. Stato di conservazione IUCN Red List Least Concern Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria Attualmente il Daino è oggetto di attività venatoria in 21 province delle 47 in cui è presente, mentre in alcune altre è sottoposto ad attività di controllo numerico mediante abbattimenti selettivi e/o catture. Nella stagione venatoria 2004-2005 si è assistito ad un sensibile e diffuso incremento del prelievo: il carniere realizzato nel complesso del territorio cacciabile assomma a 4.424 capi, con un aumento rispetto alla stagione 1999-2000 (2.500 capi) del 77%. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono generalmente applicati, anche se in maniera non omogenea per quanto concerne le tecniche utilizzate e la copertura del territorio nelle diverse unità territoriali di gestione. 242 242 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Il periodo di caccia previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per questa specie, se la stessa viene cacciata con metodi selettivi. La possibilità di concedere periodi di caccia diversi da parte delle Regioni è stata introdotta dall’art 11 quaterdecies della Legge n. 248 del 2005. La stagione venatoria suggerita dall’ISPRA prevede tempi differenziati in funzione delle classi sociali con limiti massimi che vanno dal 1° novembre al 15 marzo. A causa dell'elevato livello di socialità e della plasticità trofica il Daino presenta una limitata capacità di 2 dispersione e può raggiungere localmente densità estremamente elevate (oltre 30 capi/Km ), con conseguenti danni di entità consistente al soprassuolo boschivo. In considerazione dell’origine alloctona della specie e della possibilità che la sua diffusione determini fenomeni di competizione con i Cervidi autoctoni (Cervo e Capriolo) rispetto ai quali risulta vincente, i suggerimenti forniti dall’ISPRA prevedono una generale adozione di interventi atti a limitarne l’ampliamento dell’areale. Per quanto attiene le popolazioni esistenti, nelle aree in cui esse risultino ben consolidate e non si rilevino particolari problemi di competizione, la specie può essere gestita in maniera sostenibile e con l’obiettivo di mantenere corretti valori di densità e struttura di popolazione, favorendo al contempo il “congelamento” dell’area occupata; per quanto riguarda i nuclei di recente formazione è invece auspicabile la rimozione totale. 243 243 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio PROVINCIA DI CROTONE Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio SCHEDA FAUNA N° 34 Classe: Mammalia Ordine: Artiodactyla Cervidae Famiglia: Specie e autore: Nome comune: Stato giuridico: Capreolus capreolus (LINNAEUS, 1758) CAPRIOLO Convenzione di Berna Allegato III Direttiva Habitat Non segnalata Distribuzione e popolazione In Italia: Nella provincia di Crotone La presenza della specie in Italia si ripartisce in due grandi sub areali: il primo interessa l’arco alpino – in cui il Capriolo ha occupato pressoché completamente tutte le aree potenzialmente idonee - e l’Appennino ligure e lombardo fino alle province di Genova, Pavia e Piacenza; il secondo riguarda la dorsale appenninica centrale, dalle province di Parma e Massa Carrara sino a quelle dell’Aquila e di Pescara. Nell’Italia Meridionale la specie è presente in piccoli nuclei pressoché isolati che rappresentano in alcuni casi i residui di una passata più ampia distribuzione, in altri il frutto di reintroduzioni avvenute nel corso degli ultimi quarant’anni. Le popolazioni italiane di Capriolo sono il frutto di una sinergia di processi che, a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, hanno generato l’incremento delle popolazioni e l’ampliamento dell’areale occupato. La ricolonizzazione spontanea da nuclei residui della penisola unitamente a fenomeni di immigrazione naturale dall’Europa centrale hanno contribuito fortemente alla diffusione della specie sull’arco alpino e nell’Appennino centrosettentrionale. Inoltre, in quasi tutta la penisola, a partire dagli anni ‘60 e fino ad oggi, la specie è stata oggetto di numerose reintroduzioni che hanno inizialmente utilizzato capi provenienti dai paesi d’oltralpe, e più recentemente soggetti provenienti da province italiane in cui la specie è caratterizzata da buone densità. I caprioli presenti sull’arco alpino e sull’Appennino settentrionale possono dunque essere attribuiti alla forma nominale Capreouls capreouls. I piccoli nuclei presenti nella Tenuta Presidenziale di Castelporziano (Lazio), nella Foresta Umbra (Gargano, Puglia), nei Monti dell’Orsomarso (Calabria) ed in alcune aree della Toscana sud-occidentale rappresentano le uniche popolazioni relitte del Capriolo un tempo presente nell’Italia centromeridionale, riconducibile alla sottospecie Capreouls capreouls italicus. Nel 2005 la consistenza stimata della popolazione di Capriolo italiana ammontava a 425.874 capi, con un incremento rispetto al valore registrato nel 2000 pari al 26%. La tendenza delle popolazioni è dunque positiva, sebbene gli incrementi più pronunciati e trainanti siano localizzati in alcune aree dell’Appennino centro-settentrionale e delle Alpi centro-occidentali. In Trentino Alto Adige ed in Lombardia si è assistito invece ad una recente flessione delle consistenze. In molte province le densità risultano ancora, in varia misura, inferiori a quelle potenziali. Nella provincia viene segnalata la presenza nella fascia pre silana proprio nei territori confinanti con il Parco Nazionale della Sila . Stato di conservazione IUCN Red List Least Concern Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria La specie è prelevata in 46 delle 67 province in cui è presente. In tutta l’Italia centro- meridionale, a partire dal Lazio – con l’eccezione della provincia di Viterbo –, la specie non è oggetto di gestione venatoria. Il carniere realizzato nel complesso del territorio cacciabile per la stagione 2004- 2005 assomma a 46.507 capi, con un aumento del 33% rispetto a quanto riscontrato nella stagione 1999-2000 (34.850 capi). I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono generalmente applicati, anche se in maniera non omogenea per quanto concerne le tecniche utilizzate e la copertura del territorio, nelle diverse unità territoriali di gestione. 244 244 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Il periodo di caccia previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per questa specie, se la stessa viene cacciata con metodi selettivi. La possibilità di concedere periodi di caccia diversi da parte delle Regioni è stata introdotta dall’art 11 quaterdecies della Legge n. 248 del 2005. La stagione venatoria suggerita dall’ISPRA prevede tempi differenziati in funzione sia delle classi sociali, sia della collocazione geografica ed ecologica delle unità territoriali di gestione con limiti massimi che vanno dal 1°giugno al 15 marzo. Uno dei principali problemi di conservazione legati all’attività venatoria sono il mantenimento della caccia in braccata in alcune Provincie nord-orientali e sarebbe dunque opportuna una modifica della legge quadro nazionale che preveda la caccia di selezione come unica forma di prelievo per il Capriolo, così come per gli altri Ungulati (con la sola eccezione del Cinghiale). Come elemento critico va anche evidenziata la tendenza, ancora relativamente diffusa anche ove viene praticata la caccia di selezione, a prelevare preferenzialmente la classe maschile. In diversi casi infine la gestione venatoria della specie sembra condizionata dalla mancata applicazione di una corretta e scrupolosa stima delle popolazioni, nonché dalle richieste del mondo venatorio ed agricolo, che orientano le decisioni degli enti gestori indipendentemente da valutazioni oggettive sullo status e la dinamica delle popolazioni locali. 245 245 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.3 - Assetto sociale 2.3.1 Caratterizzazione della popolazione venatoria Dall’andamento, riscontrabile nella successiva tabella, del numero di cacciatori residenti nella Provincia di Crotone si registra una legger trand negativo negli ultimi 8 anni, infatti si passa da un totale n°1690 cacciatori della stagione venatoria 2001/2002 agli attuali 1650 con una riduzione di 40 unità. Numero di cacciatori residenti nella Provincia di Crotone STAG. VEN. ATC KR 1 ATC KR2 TOTALE 2001/2002 787 903 1690 2002/2003 587 821 1408 2003/2004 662 531 1193 2004/2005 606 559 1165 2005/2006 764 901 1665 2006/2007 466 524 990 2007/2008 803 856 1659 2008/2009 794 856 1650 Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca Entrando nei singoli ATC,così come evidenziato nella tabella precedente,il numero è in leggero aumento nell’ATC KR1 e in leggera diminuzione nell’ATC Kr2 . 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 ATC KR 1 ATC KR2 TOTALE 20 01 /2 00 2 20 02 /2 00 3 20 03 /2 00 4 20 04 /2 00 5 20 05 /2 00 6 20 06 /2 00 7 20 07 /2 00 8 20 08 /2 00 9 numero Cacciatori residenti nella Provincia di Crotone stagione venatoria Nelle tabelle successive sono riportate le autorizzazioni rilasciate ai cacciatori non residenti, per stagione, ed a quelli residenti in altro ATC. E’ stato sempre rispettato il limite di n° 120 cacciatori giornalieri non residenti La tendenza risulta in negativo . 246 246 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Numero di cacciatori non residenti nell’ATC KR1 e KR2 STAG. VEN. ATC KR 1 ATC KR 2 TOTALE 1999/2000 363 459 822 2000/2001 341 444 785 2001/2002 596 613 1209 2002/2003 530 544 1074 2003/2004 252 338 590 2004/2005 278 333 611 2005/2006 339 300 639 2006/2007 289 292 581 2007/2008 350 356 706 2008/2009 298 360 658 Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca Numero di cacciatori non residenti per stagione venatoria nell’ATC KR1 NON RESIDENTI * RESIDENTI STAG. VEN. Nella provincia Nell’ATC KR2 TOTALE 1999/2000 322 41 363 2000/2001 320 21 341 2001/2002 583 13 596 2002/2003 516 14 530 2003/2004 246 6 252 2004/2005 272 6 278 2005/2006 255 84 339 2006/2007 212 77 289 2007/2008 243 107 350 2008/2009 260 38 298 Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca Numero di cacciatori non residenti per stagione venatoria nell’ATC KR2 NON RESIDENTI * RESIDENTI STAG. VEN. nell’ATC KR1 TOTALE 1999/2000 419 40 459 2000/2001 413 31 444 2001/2002 593 20 613 2002/2003 515 29 544 2003/2004 290 48 338 2004/2005 302 31 333 2005/2006 275 25 300 2006/2007 262 30 292 2007/2008 308 48 356 2008/2009 325 35 360 Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca * Si intendono cacciatori residenti nell’altro ATC della provincia, che chiedono l'esercizio dell’attività venatoria temporaneamente in un ATC diverso da quello di residenza anagrafica. 247 247 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Dalla tabella successiva, invece rileviamo il numero totale di cacciatori sia residenti che non residenti, nei diversi anni. Anche in questo caso, si registra una flessione delle presenze passando dai 2506 della stagione venatoria 2001/2002 ai 2308 della stagione venatoria 2008/2009. Numero di Cacciatori residenti e non STAG. VEN. residenti nella provincia di Crotone Non Residenti residenti TOTALE 2001/2002 1690 1209 2899 2002/2003 1408 1074 2482 2003/2004 1193 590 1783 2004/2005 1165 611 1776 2005/2006 1665 639 2304 2006/2007 990 581 1571 2007/2008 1659 706 2365 2008/2009 1650 658 Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca 2308 N° CACCIATORI CACCIATORI PRESENTI PER STAGIONE VENATORIA 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 Residenti Non residenti 20 01 / 20 200 02 2 20 /200 03 3 20 /20 04 04 20 /200 05 5 20 /20 06 06 20 /200 07 7 20 /200 08 8 /2 00 9 TOTALE STAGIONE VENATORIA Le seguenti tabelle mettono a confronto il numero di cacciatori con la popolazione residente, la superficie territoriale, la superficie agro-silvo-pastorale, il territorio di caccia. Confronto fra n° di cacciatori residenti e dati territoriali Sup. agro Cacciatori Popolazione Superficie pastorale totale territoriale n. Ettari 1650 n. Ettari 173.920 171.694,10 silvo 165.510,44 Estrapolando i dati tabellari riferiti all’intera Provincia, si evincono i seguenti rapporti: 248 248 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio • n. cacciatori/popolazione = 0,00949; • n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00961;. • cacciatori/S.a.s.p. = 0,00997 Confronto fra n. di cacciatori residenti e dati territoriali dell’ATC KR 1 Sup. Cacciatori Popolazione Superficie n. totale territoriale n. Ettari 53.949 79.920 794 agro silvo pastorale Ettari 77.420,23 Estrapolando i dati tabellari riferiti all’intero ATC, si evincono i seguenti rapporti: • n. cacciatori/popolazione = 0,01471; • n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00993; • n. cacciatori/S.a.s.p. = 0,01106 . Confronto fra n. di cacciatori residenti e dati territoriali dell’ATC KR 2 Sup. Cacciatori Popolazione Superficie n. totale territoriale 856 n. Ettari 119.971 91.774 agro silvo pastorale Ettari 88.090,21 Estrapolando i dati tabellari riferiti all’intero ATC, si evincono i seguenti rapporti: • n. cacciatori/popolazione = 0,00714; • n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00933; • n. cacciatori/S.a.s.p. = 0,00901 Inoltre, nella provincia di Crotone, negli ultimi cinque anni risultano avere superato gli esami abilitanti all’esercizio della caccia n°309 persone. IDONEI ESAMI ABILITAZIONE ESERCIZIO VENATORIO Anno 2004 2005 2006 2007 2008 Totale Numero 65 80 63 63 38 309 Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca 249 249 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.3.2 Vigilanza venatoria Ai sensi di quanto stabilito dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689, dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle disposizioni che disciplinano le specifiche materie attribuite alla Polizia Provinciale, la vigilanza venatoria, compete in modo particolare, alla Polizia Provinciale, con le modalità di cui agli artt. 5 e 6 della Legge 7 marzo 1986, n. 65 e degli artt. 27 e 29 della Legge 11 febbraio 1992, n. 157. Nello specifico, il personale della Polizia Provinciale esercita le funzioni di Polizia Amministrativa Locale, nell’ambito del territorio di appartenenza, le funzioni di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza stabilite dagli artt. Succitati della legge n. 65/86, nonché sovrintende in materia venatoria alle operazioni di: catture o lanci di fauna selvatica; protezione delle colture dai danneggiamenti della fauna selvatica; delimitazione e tabellamento di ambiti territoriali; valutazione qualitativa dei danni causati dalla fauna selvatica; ripristino e valorizzazione degli ambiti naturali; attuazione dei piani di controllo della fauna selvatica (articolo 19, legge 11 febbraio 1992, n. 157); Al momento la Polizia Provinciale, sebbene istituito il Corpo con delibera del Consiglio Provinciale del 7 agosto 2002, non presenta un organico tale da effettuare autonomamente le operazioni di vigilanza. Infatti al momento interviene solo con la figura del coordinatore responsabile del Servizio di C.P.P. in operazioni di vigilanza e controllo in materia venatoria. Quindi solamente quando andrà a regime, il Corpo di Polizia Provinciale potrà gestire in modo totalmente efficace tale servizio. La vigilanza in questo arco di tempo, è stata comunque assicurata attraverso la stipula di apposite convenzioni con Associazioni di Volontariato e con Associazioni Venatorie che operano con proprie strutture organizzative composte da Guardie volontarie. Le associazioni coinvolte sono le seguenti: FIDC, ANLC, ENALCACCIA PT, ITALCACCIA, WWF e ANPANA. Il numero delle guardie volontarie è andato crescendo negli anni per arrivare, nel 2007/2008, e confermata per il 2009 a nr. 111 volontari. GUARDIE VOLONTARIE 2001/2002 2002/2003 2003/2004 2004/2005 2005/2006 2006/2007 2007/2008 2008/2009 4 53 24 29 54 56 111 111 Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca 250 250 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio A seguito di quanto su esposto a supporto dell’attività di vigilanza in generale, opera anche il Corpo Forestale dello Stato, che è presente nel territorio provinciale, anche con i Comandi Stazione distaccati sul territorio della Provincia di Crotone. La vigilanza e controllo inerente l’attività faunistico venatoria si è diversificata tenendo conto della stagionalità e delle priorità presenti sul territorio, in particolare: 1. periodo invernale: - controllo prevenzione incendi boschivi (ripulitura sottobosco); - attività di ripopolamento faunistico; - controlli venatori. 2. periodo primaverile: - attività di tutela della fauna minore; - attività di monitoraggio e presidio incendi boschivi; - attività di controllo antibracconaggio. 3. periodo estivo - autunnale: - controllo incendi boschivi; - controlli venatori. Dai controlli su esposti ed espletati dal C.P.P. con l’ausilio delle Guardie Ittico - venatorie ambientali, condotte sul territorio hanno evidenziato una serie di reati, tra cui quelli più diffusi risultano essere i seguenti: - violazione dell’art. 21 comma 1 lettera r) della Legge n. 157/92 (utilizzo di richiami acustici con batterie non consentiti per l’esercizio di caccia); - violazione dell’art. n. 110 e 640 del C.P. (truffa ai danni dello Stato), meglio specificata nella falsificazione di autorizzazione per l’esercizio di caccia, riguardante cacciatori provenienti da altre Regioni. E’ chiaro che tale attività si è potuta realizzare grazie alla presenza dei volontari presenti nel territorio . Questo aspetto rafforza quanto detto prima, ossia la necessità di attivare quanto prima un sistema di controllo efficace nel quale il volontariato dovrà essere un elemento rafforzativo per la buona riuscita dello stesso. In questo progetto è fondamentale la realizzazione di corsi per guardia ittico venatorie, che ad oggi non risultano mai stati attivati. 251 251 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.3.3 Danni registrati, interventi di prevenzione dei danni, attività di controllo della fauna selvatica. Dalle indagini territoriali effettuate è emerso che i danni più segnalati sono quelli da Lupi, nei Comuni di Verzino, Casabona e Cerenzia. In Carfizzi sono stati riscontrati danni da Volpi e Faina. Per quanto riguarda i danni da cinghiale, risultano pervenute alla Provincia le richieste così come riportate nella tabella seguente. Si intuisce che le aree maggiormente interessate si ripetono negli anni e che l’ARC KR1 è quella maggiormente interessata al fenomeno. DANNI DA CINGHIALI Anno 2000 2003 Numero Importo Importo % Richieste Richiesto Risarcito Risarcimento 3 3 € 6.795 € 8.876 € 4.063 € 5.744 60 65 COLTURA COMUNE LOCALITA’ DANNEGGIATA Roccabernarda S. Francesco Vigneto Savelli Scollaturo Vigneto Savelli Scollaturo Vigneto Umbriatico Prato Vigneto Cirò Garusa Vigneto Cirò S.Venere Vigneto 2004 1 € 2.050 € 1.567 76 Roccabernarda Destre Vigneto 2005 1 € 8.621,00 € 6.032,00 70 Pallagorio Palleca Vigneto 2006 4 € 12.272,00 € 7.750,00 63 Umbriatico Prato Vigneto Savelli Scollaturo Vigneto Santa Severina Alieci Vigneto Umbriatico Prato Vigneto Roccabernarda Vangore Vigneto 2007* 10 € 50.934,50 € 27.997,05 58 Umbriatico 2008** 5 € 21.324,00 € 6.460,00 40 Torre di Palleca Vigneto Pallagorio Spolingri Vigneto Roccabernarda Maggese Vigneto Roccabernarda Umbricello Vigneto Petilia Badessa Vigneto Policastro S.Spina Umbriatico Prato Umbriatico Roccabernarda Torre di Palleca Vangore Vigneto Vigneto Vigneto * Su dieci richieste pervenute ne sono state liquidate 9, poiché per una di esse il sopralluogo è stato negativo. La percentuale risarcita è ovviamente calcolata sulle nove su un importo richiesto di € 47.934,50. ** Su 5 richieste pervenute ne è stata liquidata solo una, xchè per le altre il sopralluogo è stato negativo. Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca Nonostante le aree interessate si ripetano nel corso degli anni, ad oggi, non risultano attivati interventi di prevenzione che prevediamo siano indispensabili realizzare nel corso di questo piano. 252 252 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2.4 - Risultati e considerazioni sulle strategie gestionali previste dal precedente Piano Faunistico Il Piano Faunistico Venatorio Provinciale 1998-2002 è stato approvato dalla Provincia di Crotone con Deliberazione della Giunta Provinciale n. 88 del 03/07/1998. La predisposizione ed adozione del Piano faunistico venatorio ha consentito alla Provincia di ottemperare alle disposizioni di legge (L. 157/92 e L.R. 9/96 ), le quali prevedevano che tutto il territorio agro-silvo-pastorale fosse soggetto a pianificazione faunistico venatoria finalizzata. Tale strumento rappresenta il punto cardine per la corretta gestione della fauna, del miglioramento ambientale al fine di consentire una razionale gestione della caccia, in equilibrio con l’ambiente. La sfida che bisognava affrontare era quella di programmare, per i cinque anni successivi, il territorio per raggiungere veramente quanto dettato dalla norma statale e regionale: "..norme per la gestione faunistica e prelievo venatorio..", usufruendo di una esperienza preziosa di questi ultimi anni,ove la "caccia programmata" (altro concetto chiave) ha portato da noi a scarsi risultati. Con il precedente piano faunistico-venatorio si è iniziato un lento percorso di pianificazione che ha visto l’istituzione, solo nel 2008, delle due ATC KR1 e KR2. Ciò ha consentito di iniziare un lavoro di collaborazione e sinergia tra le diverse associazioni di cacciatori ed ambientaliste che mai prima d’ora s’era verificato nel territorio provinciale. Nel corso degli ultimi anni la provincia di Crotone è stata interessata a diverse campagne di immissioni di fauna selvatica, delle quali non è possibile verificarne l’efficacia, per l’assenza dell’attività di monitoraggio prima e dopo la realizzazione delle immissioni. Dalle seguenti tabelle riportiamo i dati per ogni specie interessata, con le relative località di immissione. Cinghiali immessi nella provincia di Crotone nell’ATC KR1 CINGHIALI IMMESSI numero 2003 2006 TOTALE 73 50 123 Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca 253 253 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Cinghiali immessi nella provincia di Crotone nell’ATC KR1 ANNO 2003 N. COMUNE LOCALITA' N. 5 CASTELSILANO CARCARELLE 3 6 CERENZIA CUTURE 2 7 CACCURI AGRIL 3 8 S.NICOLA DELL'ALTO CURCIA 3 9 PALLAGORIO MONTE-SPOLINGRI-LINAGGIA 3 13 CIRO' SERRA DEL TRONO 4 14 UMBRIATICO PESCALDO 5 15 CARFIZZI MONTAGNELLA 2 16 SAVELLI MANCHE 3 17 MELISSA CASTELLAZZO 3 18 CRUCOLI FRASSI 3 19 CASABONA VITUSARO 5 20 VERZINO ACIRELLA -TRUMBATURU 3 21 BELVEDERE SPINELLO MONTAGNOLA 2 TOTALE CINGHIALI IMMESSI ANNO 2003 44 ANNO 2006 COMUNE LOCALITA' Q.TA' 5 CASTELSILANO CARCARELLA 3 6 CERENZIA CUTURE 2 7 CACCURI AGRIL 2 8 S.NICOLA DELL'ALTO CURCIA 2 9 PALLAGORIO MONTE 2 13 CIRO' DONNA ROSA 3 14 UMBRIATICO GULLO 3 15 CARFIZZI CRISMA 2 16 SAVELLI DIFISELLA 2 17 MELISSA CASTELLAZZO 2 18 VERZINO FORESTA 2 19 STRONGOLI SERRA SANTOMAZZO 2 20 BELVEDERE SPINELLO MONTAGNOLA 2 TOTALE CINGHIALI 29 Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca 254 254 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Cinghiali immessi nella provincia di Crotone nell’ATC KR2 ANNO 2003 N. COMUNE LOCALITA' N. 1 SANTA SEVERINA MONTE FUSCALDO 3 2 ROCCABERNARDA MONTE FUSCALDO 4 3 SCANDALE CANNAVATE 3 4 S.MAURO MARCHESATO CUTURA 3 10 COTRONEI COCCIOLO 5 11 PETILIA POLICASTRO MONTANO -CARBONARA 6 12 MESORACA MONTANO 5 TOTALE CINGHIALI IMMESSI ANNO 2003 29 ANNO 2006 COMUNE LOCALITA' Q.TA' 1 SANTA SEVERINA MONTE FUSCALDO 2 2 ROCCABERNARDA VALLE NIFFI 3 3 SCANDALE CANNAVATE 2 4 S.MAURO MARCHESATO CUTURA 2 10 COTRONEI COCCIOLO 4 11 PETILIA POLICASTRO TUFILICA 4 12 MESORACA VALLE MADAME 4 TOTALE CINGHIALI 21 Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca 255 255 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Coturnici immesse nella provincia di Crotone nell’ATC KR1 N. COMUNE LOCALITA' Q.TA' 1 BELVEDERE SPINELLO TIMPA DI CASSIANO 10 2 CACCURI SERRA DI BOSCO, CUCCO 16 3 CARFIZZI MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA 14 4 CASABONA OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI 14 5 CASTELSILANO COLIMITI 12 6 CERENZIA CUTURE 10 7 CIRO' COPPA,ROVERE,MASTROPAPA 16 9 CRUCOLI RIOVARCOLAMBRO,CUTURA 14 10 MELISSA FRAGALA' 14 11 PALLAGORIO MONTE LAURO, FURCI 14 12 ROCCA DI NETO SCIRROPIO,MANCA DI JUCA 6 13 SAVELLI LUCIETTO,TURCHINICO 14 14 STRONGOLI MONTAGNA,MURGE 16 15 S.NICOLA DELL'ALTO VINELLI,ZIANNO 14 16 UMBRIATICO CANALA,PARADISO,SANTA CATERINA 16 STRANGIROFALO,TODARO, 17 VERZINO TOTALE COTURNICI SCALLAVECCHIA 14 CONSEGNATE 214 Coturnici immesse nella provincia di Crotone nell’ATC KR2 N. COMUNE LOCALITA' Q.TA' 1 COTRONEI COCCIOLO 16 5 MESORACA PETRARA,ACQUA MOLLE 16 6 PETILIA POLICASTRO MARRATE, MUSCO FERRO 16 7 ROCCABERNARDA S.FRANCESCO 14 8 S.MAURO MARCHESATO S.NICOLA,CUTURA 6 MONTE FUSCALDO, SERRE DI 9 S.SEVERINA 10 SCANDALE TOTALE COTURNICI ALTILIA 12 MANCO FERRATO 6 CONSEGNATE 86 TOTALE COTURNICI IMMESSE IN ENTRAMBI GLI ATC Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca 256 256 300 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Fagiani immessi nella provincia di Crotone FAGIANI IMMESSI numero 2003 2007 TOTALE 2000 2130 4130 Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca Fagiani immessi nell’ ATC KR1 NEL 2003 N. COMUNE LOCALITA' Q.TA' 1 BELVEDERE SPINELLO TIMPA DI CASSIANO 50 OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA,TENIMENT 2 CACCURI O 60 3 CARFIZZI MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA 44 4 CASABONA OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI,MILITINO, SIRTINO,VARRASSO,CAVALLODORO, 64 ROSSOMANNO 5 CASTELSILANO COLIMITI 56 6 CERENZIA BODINE,COTURE 42 7 CIRO' COPPA,ROVERE,MASTROPAPA 70 8 CIRO' MARINA FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO 78 9 CRUCOLI RIOVARCOLAMBRO,CUTURA 60 10 MELISSA FRAGALA' 66 11 PALLAGORIO MONTE LAURO, FURCI 50 12 ROCCA DI NETO SCIRROPIO,MANCA DI JUCA 90 13 SAVELLI OLO,DIFISELLA 46 14 STRONGOLI MONTAGNA,MURGE 80 15 S.NICOLA DELL'ALTO VINELLO,ZIANNO 40 16 UMBRIATICO DONNA LAURA 60 17 VERZINO FORESTA, CRETTA 48 SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA,MISU PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA', TOTALE FAGIANI 1004 Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca 257 257 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Fagiani immessi nell’ATC KR1 anno 2007 N. COMUNE LOCALITA' Q.tà 1 BELVEDERE SPINELLO TIMPA DI CASSIANO 55 2 CACCURI TENIMENTO 65 3 CARFIZZI MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA 50 OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA, OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI, CASABONA 4 MILITINO,SIRTINO, VARRASSO,CAVALLODORO, ROSSOMANNO 70 5 CASTELSILANO COLIMITI 60 6 CERENZIA BODINE,COTURE 45 7 CIRO' COPPA,ROVERE,MASTROPAPA 75 8 CIRO' MARINA FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO 85 9 CRUCOLI RIOVARCOLAMBRO,CUTURA 65 10 MELISSA FRAGALA', PIANO TAVERNA, SACCURA' 70 11 PALLAGORIO MONTE, LAURO, FURCI 55 12 ROCCA DI NETO SCIRROPIO,MANCA DI JUCA 95 SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA, 13 SAVELLI MISUOLO,DIFISELLA 50 14 STRONGOLI MONTAGNA,MURGE 85 15 S.NICOLA DELL'ALTO VINELLO,ZIANNO 45 PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA', 16 UMBRIATICO DONNA LAURA 65 17 VERZINO FORESTA, CRETTA 55 TOTALE FAGIANI 1090 258 258 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Fagiani immessi nell’ATC KR2 anno 2003 N . COMUNE LOCALITA' Q.tà 1 COTRONEI COCCIOLO 102 FELLAO,CARPENTIERI,CANTORATO,MAIORA NO, APRIGLIANELLO, MANCO DEI CANI, 2 CROTONE ACQUA DI CRISTO, VALCORTINA,MORTILLA,OMBRARA, CACCHIAVIA,TRAFINELLO,SALICA 230 3 CUTRO ROMBOLO 110 4 ISOLA CAPO RIZZUTO S.STEFANO 116 5 MESORACA FORCORE 74 6 PETILIA POLICASTRO PAPARDA,PANTANO, VALLE S.TEODORO 74 7 ROCCABERNARDA CAPRARA,FILETTINO,VALLANTE,AMMA,NIFFI 74 8 S.MAURO MARCHESATO SERRA CACCIATORI 66 9 S.SEVERINA MONTE FUSCALDO 70 CASONE DEL LUPO 80 1 0 SCANDALE TOTALE FAGIANI CONSEGNATI 996 Fagiani immessi nell’ATC KR2 anno 2007 N . COMUNE LOCALITA' Q.tà FELLAO,CARPENTIERI,CANTORATO,MAIORA NO,APRIGLIANELLO,MANCO 1 DEI CANI, ACQUA DI CRISTO,VALCORTINA,MORTILLA, CROTONE OMBRARA,CACCHIAVIA,TRAFINELLO,SALICA 230 2 COTRONEI COCCIOLO 105 3 CUTRO ROMBOLO 115 4 ISOLA CAPO RIZZUTO S.STEFANO 120 5 MESORACA FORCORE, TROIANI, UMBRO, FRASSINETO 80 6 PETILIA POLICASTRO PAPARDA,PANTANO, VALLE S.TEODORO 80 7 ROCCABERNARDA CAPRARA,FILETTINO,VALLANTE,AMMA,NIFFI 80 8 S.MAURO MARCHESATO SERRA CACCIATORI 70 9 SANTA SEVERINA MONTE FUSCALDO 75 CASONE DEL LUPO 85 1 0 SCANDALE TOTALE FAGIANI PER ATC 1040 Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca 259 259 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Lepri immessi nella provincia di Crotone LEPRI IMMESSE numero 2003 2005 2006 TOTALE 1000 600 600 2200 Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca Lepri immesse nell’ATC KR1 ANNO 2003 N. COMUNE LOCALITA' Q.tà 1 BELVEDERE SPINELLO TIMPA DI CASSIANO 30 2 CACCURI OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA,TENIMENTO 30 3 CARFIZZI MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA 24 4 CASABONA OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI,MILITINO, SIRTINO, VARRASSO,CAVALLODORO, 30 ROSSOMANNO 5 CASTELSILANO COLIMITI 22 6 CERENZIA BODINE,COTURE 27 7 CIRO' COPPA,ROVERE,MASTROPAPA 30 8 CIRO' MARINA FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO 39 9 CRUCOLI RIOVARCOLAMBRO,CUTURA 36 10 MELISSA FRAGALA' 33 11 PALLAGORIO MONTE LAURO, FURCI 21 12 ROCCA DI NETO SCIRROPIO,MANCA DI JUCA 45 SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA, 13 SAVELLI MISUOLO,DIFISELLA 21 14 STRONGOLI MONTAGNA,MURGE 36 15 S.NICOLA DELL'ALTO VINELLO,ZIANNO 9 PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA', 16 UMBRIATICO DONNA LAURA 21 17 VERZINO FORESTA, CRETTA 21 TOTALE LEPRI CONSEGNATE 475 260 260 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio ANNO 2005 N. COMUNE LOCALITA' Q.tà 1 BELVEDERE SPINELLO TIMPA DI CASSIANO 18 2 CACCURI OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA,TENIMENTO 18 3 CARFIZZI MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA 14 4 CASABONA OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI, MILITINO,SIRTINO, VARRASSO, 18 CAVALLODORO,ROSSOMANNO 5 CASTELSILANO COLIMITI 13 6 CERENZIA BODINE,COTURE 16 7 CIRO' COPPA,ROVERE,MASTROPAPA 18 8 CIRO' MARINA FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO 24 9 CRUCOLI RIOVARCOLAMBRO,CUTURA 22 10 MELISSA FRAGALA' 20 11 PALLAGORIO MONTE LAURO, FURCI 13 12 ROCCA DI NETO SCIRROPIO,MANCA DI JUCA 27 SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA,MISUOLO, 13 SAVELLI DIFISELLA 13 14 STRONGOLI MONTAGNA,MURGE 22 15 S.NICOLA DELL'ALTO VINELLO,ZIANNO 5 16 UMBRIATICO PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA',DONNA LAURA 13 17 VERZINO FORESTA, CRETTA 13 TOTALE LEPRI 287 CONSEGNATE 261 261 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio ANNO 2006 N. COMUNE Q.tà LOCALITA' TIMPA DI CASSIANO,PONTICELLI, 1 BELVEDERE SPINELLO ACCESSO FILETTO 15 2 CACCURI EYDO,AGRIL,CARIA,SCANDIGLIO, FORESTELLA 21 3 CARFIZZI MARTORANA,CRISMA, MONTAGNELLA 15 MILITINO,CAVALLODORO,RUSSOMANNO, 4 CASABONA 5 CASTELSILANO COLIMITI,CARCARELLA,VARDARO,NIGRO 9 6 CERENZIA BODINO,FOSSE DI GULLO 15 7 CIRO' 8 CIRO' MARINA TIDDA 27 9 CRUCOLI RIOVARCO LAMBRO,CUTURA,FINIA 24 18 MONTAGNA PIANA COPPA,ROVERE,SERRA DEL LAGO,S.VENERE,DONNAROSA 21 FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO,CARCARELLA,MOR FRAGALA',CAMACIA,RU',FOSSE DI S.MARIA,PIANO 10 MELISSA TAVERNA 27 11 PALLAGORIO FURCI,CORACITI 15 SCIRROPIO,MANCHE DI JUCA, FONTE DI 12 ROCCA DI NETO TORCHIA,PIETA' 24 13 SAVELLI SCOLLATURO,VACANTE MELARIO,LISSANDRELLA 9 MURGE,VISCIGLIE,PETRARO,S.MAZZEA,PIETRA 14 STRONGOLI GROSSO 24 15 S.NICOLA DELL'ALTO ZIANNO,POMPA 6 16 UMBRIATICO PALLECA,PRATO,VRICA 12 17 VERZINO FORESTA, CRETTA,MONTAGNE 9 TOTALE LEPRI 291 262 262 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Lepri immesse nell’ATC KR2 ANNO 2003 N. COMUNE LOCALITA' Q.tà 1 COCCIOLO 30 COTRONEI FARINA,MAIORANO,VIA PER CAPOCOLONNA, GULLO, VITUSO, GRANCETTO, VALCORTINA, CROTONE VOLANTE, VALLE DELLA DONNA, SPINETTO, SANTA DOMENICA, MEZZA RICOTTA, TRAFINELLO, FALLAO, 2 3 4 CUTRO CANTORATO, CARPENTIERI, CREPACUORE 120 ROMBOLO,CAVALIERE,PALLOTTA,FRANZE' 69 S.STEFANO,RITANI,SANT'ANNA,SANT'ANDREA,MAN ISOLA CAPO RIZZUTO CHE 69 5 MESORACA FORCORE,VARDARO 42 6 PETILIA POLICASTRO TUFILICA,MONTANO 42 7 ROCCABERNARDA STRAGURACE,MULERA', VECCHIO,MUSCARELLO SERRA S.MAURO 8 MARCHESATO 9 S.SEVERINA 10 SCANDALE TOTALE TERMINE GROSSO,TERRATELLA,TRECASE,PETRARO, CACCIATORI,LIQUIRIZZETTO,VALLE 42 DI CAPRANO, CONZO, SANTO NICOLA 30 MONTE FUSCALDO 30 CASONE DEL LUPO,SERRA CACCIATORI 51 LEPRI 525 ANNO 2005 N. COMUNE LOCALITA' Q.tà 1 COCCIOLO 30 COTRONEI FARINA,MAIORANO,VIA PER CAPOCOLONNA, GULLO, VITUSO, GRANCETTO, VALCORTINA, CROTONE VOLANTE, VALLE DELLA DONNA, SPINETTO, SANTA DOMENICA, MEZZA RICOTTA, TRAFINELLO, FALLAO, 2 3 4 CUTRO CANTORATO, CARPENTIERI, CREPACUORE 120 ROMBOLO,CAVALIERE,PALLOTTA,FRANZE' 69 S.STEFANO,RITANI,SANT'ANNA,SANT'ANDREA,MAN ISOLA CAPO RIZZUTO CHE 69 5 MESORACA FORCORE,VARDARO 42 6 PETILIA POLICASTRO TUFILICA,MONTANO 42 7 ROCCABERNARDA STRAGURACE,MULERA', VECCHIO,MUSCARELLO SERRA S.MAURO 8 MARCHESATO 9 S.SEVERINA 10 SCANDALE TOTALE TERMINE GROSSO,TERRATELLA,TRECASE,PETRARO, CACCIATORI,LIQUIRIZZETTO,VALLE CAPRANO, CONZO, SANTO NICOLA 42 DI 30 MONTE FUSCALDO 30 CASONE DEL LUPO,SERRA CACCIATORI 51 LEPRI 313 263 263 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio ANNO 2006 N. COMUNE 1 Q.tà LOCALITA' 21 COCCIOLO, MACCHIA DELLA CASTAGNA, TREPIDO' FARINA, MAIORANO, CAPOCOLONNA, 30 MEZZA RICOTTA, FALLAO, GULLO, VALLE DELLA DONNA, 2 75 SPINETTO , CANTORATO, APRIGLIANELLO 120 TERMINE 3 4 GROSSO,ROMBOLO,CAVALIERE,PALLOTTA,FRANZE' 42 S.STEFANO,RITANI,SANT'ANNA, 69 SANT'ANDREA, 39 MANCHE,PERROTTA 69 5 24 FORCORE,VARDARO,CAMPANA, MONTANO 42 6 24 TUFILICA,MONTANO 42 7 21 PATERNIZZI 42 8 18 LIQUIZZETTO,VALLE DI CAPRANO,CONZO,PANTANO 30 9 21 MONTE FUSCALDO,ROCCELLA,CROCI 30 PETRARO,MULERA', LENZE, STRAGURACE, CASONE DEL LUPO, SERRA CACCIATORI, S.MARINA, 10 24 TOTALE CANNATA 51 LEPRI 309 Tutti gli animali sono stati forniti da ditte italiane, previa verifica dello stato sanitario. L’avifauna utilizzata, composta da individui in età riproduttiva, proveniva da grandi voliere ed è stato rispettato il rapporto maschi-femmine. Per le lepri in alcuni casi si è stati costretti ad utilizzare selvaggina di importazione, per carenza di animali di cattura in Italia. Discorso diverso per il cinghiale, la cui provenienza è da animali di cattura di provenienza italiana. Allo stato non sono stati effettuate azioni rivolte al miglioramento ambientale presupposto di fondamentale importanza per rendere il territorio di caccia più vocato alla presenza di specie faunistico-venatorie. Degli istituti faunistici previsti nel precedente piano faunistico-venatorio, sono stati realizzate solo le ZAC riportate in precedenza, ciò a causa del ritardo nell’attivazione degli Ambiti Territoriali di Caccia. Tutto ciò fa rilevare una bassissima percentuale di territorio sottoposto a protezione dall’attività di prelievo venatorio che ad oggi raggiunge solamente l’11,56% così come rilevato nel cap. 3.2. 264 264 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3 PIANIFICAZIONE FAUNISTICA- VENATORIA 3.1. Obiettivi generali di pianificazione Il territorio della Provincia di Crotone, con la presenza della ZPS “Marchesato- Fiume Neto, con i 21 SIC , con il Parco Nazionale della Sila e con la Riserva Marina Protetta di Isola Capo Rizzuto, che testimoniano dell’importanza naturalistica di questo territorio nel contesto regionale e nazionale, si evidenzia come un’area estremamente naturale e poco modificata da attività antropiche, urbanizzazioni e sfruttamenti industriali. Detto ciò, è importante sottolineare quanto gestire un habitat significhi innanzitutto conoscerne lo status generale e locale, l’evoluzione e le tendenze che lo coinvolgono; in tal senso, la presenza di specie selvatiche rappresenta il frutto di una coevoluzione e l’abbondanza di una popolazione è condizionata da stretti rapporti tra le specie oltre che da modificazioni naturali ed antropiche degli habitat. Pertanto per un’efficace programmazione non si può prescindere dalla continua ed approfondita conoscenza di due elementi fondamentali: o il territorio attraverso lo strumento del catasto ambientale redatto in termini quantitativi (ettaraggio, superficie relativa e indice di dispersione delle diverse tipologie ambientali) e cartografico; o il quadro faunistico espresso dal territorio, vale a dire informazioni precise e dettagliate sulla distribuzione, l'effettiva densità e, per alcune specie, la struttura (cioè il rapporto tra i sessi e le classi di età), o valutazione critica di indici di abbondanza relativa. Infatti le operazioni di censimento andranno a determinare anche i quantitativi relativi alle immissioni ed ai prelievi. La chiave di volta della gestione faunistica consiste nel comprendere il ruolo di ciascuno di questi elementi e nel modificarli in funzione dei risultati che si intendono ottenere. Molto spesso la fauna reale non corrisponde a quella potenziale, sia per ciò che concerne la diversità (numero delle specie), sia per quanto riguarda la densità (numero di individui per unità di superfice). Ciò è il risultato di una pesante interferenza delle cause di mortalità diretta che è stata esercitata storicamente (estinzione di alcune specie a livello nazionale o locale) o che tuttora sviluppa la propria azione. In termini generali obiettivo primario dei piani di assestamento faunistico dovrebbe essere quello di far coincidere fauna reale e fauna potenziale attraverso una serie di provvedimenti che prevedano il controllo della mortalità indotta dall'uomo, in maniera non programmata ed eccedente l'incremento utile annuo di popolazioni in equilibrio dinamico, con la capacità portante dell'ambiente e, ove necessario, conducendo opportune operazioni di reintroduzione. La valutazione della capacità portante dell'ambiente espresso da un determinato territorio per ciascuna delle specie di interesse gestionale (sensu lato) risulta dunque il primo obiettivo programmatico da raggiungere. 265 265 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio In riferimento alle attività di ripopolamento delle varie specie d’interesse faunistico venatorio, appare evidente, quanto il successo dell’attività sia legato alla qualità dei soggetti introdotti sul territorio attraverso l’utilizzo di soggetti giovani e di cattura con prelievi effettuati in areali limitrofi e brevissimi trasporti nei siti di destinazione. Anche l’adeguatezza degli ambienti di acclimatamento e di neo-introduzione attraverso la realizzazione di prati polifiti o trasemine, le giuste dimensioni delle recinzioni, che non dovranno essere inferiori a 2 ha e la natura del terreno dovrà essere tendenzialmente sabbiosa per permettere un maggiore drenaggio del terreno e quindi non favorire l’insorgenza di patologie, sono ulteriori elementi che contribuiscono alla felice riuscita dell’attività di ripopolamento. Anche l’incentivazione dei miglioramenti ambientali, con ripristini, mantenimenti o creazione ex-novo di seminativi a perdere, impianti di siepi, punti di abbeverata con diverse dislocazioni nelle fasce collinari, di pianura e di montagna, oltre una necessaria formazione della popolazione venatoria e dei soggetti preposti alla vigilanza sono elementi cardine della futura programmazione. Il territorio della provincia ha necessità di un maggior numero di ettari da sottoporre a protezione da attività di prelievo venatorio, pertanto l’istituzione di Zone di Ripopolamento e Cattura diventa uno dei principali obiettivi dell’attuale programmazione. 3.2 Definizione di superficie agro-silvo-pastorale (S.a.s.p.) 3.2.1. Analisi ambientale del Territorio Provinciale per la definizione della Superficie Agro-Silvo-Pastorale Per quanto riguarda le analisi ambientali dell'intero territorio provinciale, sono stati acquisiti e analizzati i seguenti archivi formato digitale: Cartografia CORINE LAND-COVER IV° livello che consente una precisa definizione delle tipologie di uso del suolo esistenti, della ripartizione del territorio provinciale in comprensori omogenei in riferimento a diverse caratteristiche geomorfologiche. Carte digitalizzate e georeferenziate in dotazione all’Ente provinciale, consente altresì una rapida e precisa misurazione delle superfici territoriali ad un livello di precisione mai ottenuto prima dell'utilizzazione di questi metodi. Le informazioni territoriali sono state gestite mediante l'uso di Sistemi Informativi Territoriali e in particolare mediante analisi effettuate in ambiente GIS, grazie alla collaborazione del Servizio Agropedologico dell’ARSSA. 266 266 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3.2.2. Determinazione e destinazione delle superfici agro-silvopastorali La legge quadro nazionale (art. 10, comma 1) dispone che l'intero territorio agro-silvopastorale sia soggetto a pianificazione faunistico-venatoria. Il Territorio può essere destinato a protezione faunistica a gestione privata o a gestione programmata della caccia. La definizione e la quantificazione del territorio agro-silvo-pastorale assume pertanto importanza fondamentale per determinare le porzioni destinate alle citate destinazioni. Tuttavia, ai fini delle fasi successive della programmazione faunistico-venatoria, sulla base della carta di uso del suolo, utilizzata per l'analisi ambientale, e tenendo conto delle indicazioni del Primo Documento Orientativo sui Criteri di Omogeneità e Congruenza dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, sono state determinate a livello comunale, le superfici agro-silvopastorali. I criteri contenuti nel documento citato consentono di giungere ad una corretta determinazione di detta superficie, escludendo dalla superficie territoriale complessiva le seguenti categorie di uso del suolo: le aree urbane, le zone verdi urbane e gli impianti sportivi, le zone estrattive, le discariche, le zone industriali, le aree portuali, la rete ferroviaria, le strade principali extraurbane e le zone non foto interpretabili comprese quindi le aree militari. Le superfici comunali e la S.A.S.P. ricavata per ciascun comune sono riportate nella Tab. successiva. La superficie agro-silvo-pastorale corrisponde a quella parte del territorio in cui è in atto una utilizzazione agricola, avendo per oggetto la coltivazione dei fondi, la silvicoltura, l’allevamento del bestiame ed attività annesse. La superficie agro-silvo-pastorale utile scaturisce dalla S.A.S.P. meno le aree vincolate ai fini venatori che ai sensi dell’art. 21 (Divieti) della L. 157/92, entrano a far parte delle superfici sottratte alla caccia. Queste riguardano le Foreste demaniali e regionali, le oasi di protezione,i parchi pubblici e parchi archeologici, le zone sottoposte a divieti e le zone di ripopolamento e cattura (24% come da L.R. 9/96). Qui di seguito verranno descritti solo le Foreste demaniali e Regionali ed i parchi pubblici e parchi archeologici, mentre le altre aree sono state descritte nei capitoli 2.1.7 e 2.1.8. Le foreste demaniali e regionali ricadenti nella provincia di Crotone, dalle indagini eseguite presso l’Azienda delle Foreste Regionale, si estendono su una superficie di Ha 865,99 e ricadono nei seguenti sei comuni Castelsilano, Savelli, Verzino, Mesoraca, Petilia Policastro e Cotronei. Inoltre i territori dei comuni di Savelli, Petilia Policastro, Mesoraca e Cotronei le suddette superfici coincidono con il Parco Nazionale della Sila. Tali territori non possono essere considerati al pari delle riserve naturali, ma è certo che trattasi di aree efficacemente protette che, controllate e gestite efficacemente in modo coordinato, possono costituire una rete di biotipi per un programma di ricostituzione ecologica. I dati sulle superfici sono riportati nella seguente tabella. 267 267 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Foreste Demaniali e Regionali SUPERFICIE ( ETTARI ) COMUNE Totali Castelsilano 194,37 Verzino 671,62 Totale 865,99 Parchi Pubblici ed Archeologici Fra i parchi pubblici ricadenti nella superficie agro-silvo-pastorale, vi è quello dell’Azienda Forestale in Castelsilano, esteso Ha 10 e sito in località Serra Pirai, sede del Centro di Educazione Ambientale “Villa Daino” e quello della Montagnella in Carfizzi, esteso per ettari 15. Fra i parchi archeologici è presente il Parco di Capo Colonna a Crotone esteso per ettari 137 e sede anche del museo archeologico. Parchi pubblici e Archeologici SUPERFICIE ( ETTARI ) COMUNE Castelsilano 10 Carfizzi 15 Crotone 137 Totale 162 268 268 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio S.A.S.P.U. % S.A.S.P. U. altro Foreste Demaniali OASI NETO SIC PARCO SILA S.A.S.P. SUPERFICIE Urbanizzata Ha SUPERFICIE Comunale Ha COMUNE Superficie Agro Silvo Pastorale Utile della Provincia di Crotone per Comune BELVEDERE DI SPINELLO 2998,30 94,2 2904,08 62,50 2841,58 94,77 CACCURI 6049,70 131,1 5918,64 459,70 5458,94 90,23 CARFIZZI 2050,00 52,9 1997,10 1982,10 96,69 CASABONA 6693,80 97,4 6596,41 482,10 6114,31 91,34 CASTELSILANO 3964,00 60,4 3903,58 577,20 CERENZIA 2197,00 77,2 2119,76 CIRO' 7033,30 158,8 6874,51 CIRO' MARINA 4137,60 504,0 3633,55 COTRONEI 7838,60 425,2 7413,39 CROTONE 17979,00 1236,1 16742,89 15,00 194,37 10,00 3122,01 78,76 441,90 1677,86 76,37 40,50 6834,01 97,17 3633,55 87,82 4681,99 59,73 14855,49 82,63 2731,4 606,7 1143,7 137,0 CRUCOLI 4991,70 87,5 4904,16 4904,16 98,25 CUTRO 13219,60 437,0 12782,63 134,3 12648,33 95,68 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 12520,80 710,2 11810,63 102,7 11707,93 93,51 MELISSA 5110,50 222,7 4887,82 MESORACA 9379,60 139,6 9239,96 PALLAGORIO 4400,70 111,9 4288,83 PETILIA POLICASTRO 9731,40 253,2 9478,19 ROCCA DI NETO 4443,10 226,0 4217,05 ROCCABERNARDA SAN MAURO MARCHESATO 6418,70 194,3 6224,40 4145,70 75,1 SAN NICOLA DELL'ALTO 775,50 48,7 56,9 1007,8 3429,9 0,6 4830,92 94,53 8232,16 87,77 4288,83 97,46 6047,69 62,15 4217,05 94,91 1437,7 4786,70 74,57 4070,62 868,5 3202,12 77,24 726,79 6,2 720,59 92,92 534,1 4541,74 87,77 12 2820,94 58,26 5251,65 97,87 7217,63 85,30 SANTA SEVERINA 5174,80 99,0 5075,84 SAVELLI 4841,60 92,7 4748,94 SCANDALE 5366,20 114,5 5251,65 STRONGOLI 8461,1 318,8 8142,33 434,5 UMBRIATICO 7256,70 116,1 7140,56 73,10 VERZINO 4515,10 99,0 4416,12 20,80 TOTALE 171694,10 1916 490,2 671,62 7067,46 97,39 3723,70 82,47 6183,7 165510,44 9085,10 6352,00 1633,90 865,99 162,00 147411,45 Riepilogo Superfici Agro-silvo-pastorali utile Superfice agro-silvo-pastorale Superficie aree protette Aree AFOR Sub Totale S.A.S.P.U. % Zone di Protezione su SASP 165.510,44 17233,00 865,99 18.098,99 147.411,45 10,94 269 269 85,86 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Carta d’uso reale del suolo La carta dell’uso reale del suolo, evidenzia le colture agrarie e forestali, alcune principali infrastrutture delle aree rurali, individuando e classificando le principali formazioni vegetali naturali. Fra di esse l’ampia area forestata del territorio, che costituisce una zona di pregio naturalistico e ambientale ma anche un’area particolarmente vulnerabile. In successione è stata elaborata una carta degli scenari del paesaggio, in cui saranno individuate alcune caratteristiche principali del paesaggio, con un senso sia per l’aspetto percettivo che ai fini della definizione di alcuni comparti: aree a uso consolidato omogeneo, aree di pregio (DOC, IGT, DOP), elementi caratterizzanti del paesaggio agricolo (come il paesaggio del vigneto e dell’oliveto), ecc. La carta delle unità di paesaggio (e dei suoli) invece riporta i tematismi relativi ai suoli, e costituisce una delle carte di maggiore importanza. Il suolo, il paesaggio e il clima costituiscono un ecosistema complesso, i cui componenti sono fortemente correlati fra loro. La carta dei suoli e delle unità di paesaggio è la carta di base per la definizione e la delimitazione delle aree a diversa suscettività d’uso. Come detto in precedenza, scendendo più nel dettaglio, alcune aree omogenee, sono state ulteriormente suddivise. Pertanto prendendo in considerazione i boschi questi sono stati ulteriormente individuati in boschi misti, di latifoglie , ecc. (come indicato nella legenda). Le varie aree possono essere raggruppati cosi da formare le diverse unità di paesaggio. 270 270 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio La carta dei territori boscati e seminaturali. Queste aree hanno una notevole importanza paesaggistica, in quanto vanno a formare una rete di connessione tra i diversi paesaggi rurali, e quindi evitano la frammentazione paesistica, ed ambientale in quanto costituiscono un ottimo habitat per molte delle nostre specie faunistiche e rappresentano un serbatoio di biodiversità. I boschi sono rappresentati da terreni coperti di vegetazione arborea naturale o artificiale caratterizzata soprattutto da boschi tradizionali misti, boschi di conifere (pino), boschi di latifoglie (soprattutto faggio) e eucalyptus. Questi ultimi sono stati impiantati con il duplice scopo di limitare l’erosione in atto nelle zone calanchifere e di fornire materia prima alla vicina Cellulosa Calabra. 271 271 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Dal punto di vista paesaggistico le formazioni boschive rappresentano un valore da tutelare. È necessario pertanto favorire nei rimboschimenti la formazione di boschi misti disetanei che hanno, rispetto ai boschi monospecifici, una migliore stabilità ecologica. È inoltre opportuno favorire la selvicoltura “naturalistica” che tende a mantenere i complessi boscati stabili e quindi maggiormente resistenti alle avversità naturali. Carta della capacità d’uso del suolo Sulla base delle informazioni ritratte dalla carta dei suoli saranno poi effettuate le analisi della capacità d’uso dei suoli e della suscettività d’uso dei suoli, secondo la consolidata metodica FAO della land evaluation. Nella la prima (land capability) si considerano soprattutto gli elementi territoriali che limitano l’uso del suolo dal punto di vista agronomico e forestale in generale. La suscettività deriva da un confronto fra le esigenze d’uso e le qualità e caratteristiche del territorio. Il metodo della determinazione della suscettività d’uso dei suoli è un metodo affermato, già in uso in molte parti del mondo. Tra i sistemi di valutazione del territorio, elaborati in molti paesi europei secondo modalità ed obbiettivi differenti, la Land Capability Classification (Kingebeil, Montgomery, U.S.D.A. 1961) viene utilizzato per classificare il territorio per ampi sistemi agro- forestali e non in base a specifiche pratiche colturali. La valutazione viene effettuata sull’analisi dei parametri contenuti nella carta dei suoli e sulla base delle caratteristiche dei suoli stessi. Il concetto centrale della Land Capability non si riferisce unicamente alle proprietà fisiche del suolo, che determinano la sua attitudine o meno ampia nella scelta di particolari colture, quanto alle impostazioni da questo presentate nel confronto di uso generico agricolo; limitazioni che derivano anche dalla qualità del suolo, ma soprattutto dalle caratteristiche in cui questo è inserito. Ciò significa che la limitazione costituita dalla scarsa produttività di un territorio, legata a precisi parametri di fertilità chimica del suolo (pH, C.S.C, sostanza organica, salinità, saturazioni di base,) viene messa in relazione ai requisiti del paesaggio fisico (morfologia, clima, vegetazione, etc), che fanno assumere alla stessa un grado di intensità differente a secondo che tali requisiti siano permanentemente sfavorevoli o meno (es. pendenza, rocciosità, aridità, degrado vegetale, etc.) 272 272 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 273 273 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 274 274 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 275 275 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 276 276 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 277 277 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio I criteri fondamentali della capacità d’uso sono: Di essere in relazione alle limitazioni fisiche permanenti, escludendo quindi valutazioni dei fattori socio – economici Di riferirsi al complesso di colture praticabili nel territorio in questione e non ad una coltura in particolare Di comprendere nel termine “difficoltà di gestione” tutte quelle pratiche conservative e sistematorie necessarie affinché, in ogni caso, l’uso non determini, perdita di fertilità o degradazione del suolo Di considerare un livello di conduzione abbastanza elevato, ma allo stesso tempo accessibile alla maggior parte degli operatori agricoli. Classificazione: La classificazione si realizza applicando tre livelli di definizione in cui suddividere il territorio: 1. Classi 2. Sottoclassi 3. unità Le classi sono 8 e vengono distinte in due gruppi in base al numero e alla severità delle limitazioni: le prime 4 comprendono i suoli idonei alle coltivazione (suoli arabili), tutte le altre 4 raggruppano i suoli non idonei (suoli non arabili), tutte caratterizzate da un grado di limitazione crescente. Ciascuna classe può riunire una o più sottoclassi in funzione del tipo di limitazione d’uso presentata, (erosione, eccesso idrico, , limitazioni climatiche, ecc.) e a loro volta queste possono essere suddivise in unità non prefissate, ma riferite alle particolari condizioni fisiche del suolo e alle caratteristiche del suolo o alle caratteristiche del territorio . Nella tabella che segue sono riportate le 8 classi classe Descrizione I Suoli amabilità senza o con modestissime limitazioni SI all’utilizzazione agricola o pericoli di erosione, molto profondi, quasi sempre livellati, facilmente lavorabili; possibile ampia scelta di colture II Suoli con modeste limitazioni e modesti pericoli di erosione, moderatamente profondi, SI pendenze leggere, facile lavorabilità; possono essere necessarie moderate pratiche di conservazioni; ampia scelta delle colture. III Suoli con severe limitazioni e con rischi di erosione, pendenze da moderate a forti, profondità modesta. Sono necessarie pratiche speciali per proteggere il 278 278 SI Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio suolo dall’erosione. Moderata scelta delle colture. IV Suoli con limitazioni molto severe e, notevoli pericoli SI di erosione se coltivati per pendenze notevoli. Scarsa scelta delle colture e/o richiedono una gestione molto accurata V Poco coltivabili per pietrosità e rocciosità o per altre NO limitazioni, pendenze assenti o moderate, leggero pericolo di erosione,utilizzabili pascolo razionalmente gestito con e foresta, con mantenimento dell’ambiente naturale VI Suoli con severe limitazioni che alle coltivazioni, NO moderate limitazioni per il pascolo e la selvicoltura; moderato pericolo di erosione. VII Limitazioni severe e permanenti, forte pericolo di NO erosione, pendenze elevate , morfologia accidentata, scarsa profondità , possibili il bosco, il pascolo brado e il mantenimento dell’ambiente naturale. VIII Limitazioni molto severe per il pascolo ed il bosco a NO causa della fortissima pendenza, notevolissimo il pericolo di erosione, eccesso di pietrosità o rocciosità, oppure salinità, etc. che restringono il loro uso a fini estetico – ricreativi e al mantenimento dell’ambiente naturale. Sottoclassi di capacità d’uso sottoclassi Tipo di limitazione S Deficienza e problemi fisico-chimici nella zona esplorabile dalle radici (eccesso di scheletro, scarso spessore, bassa capacità di fessurazioni, reazione, salinità). E Rischio di erosione W Limitazione legate al drenaggio C Interferenze climatiche 279 279 ritenuta idrica, Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3.2.4 Individuazione dei comprensori omogenei La particolarità del territorio della provincia di Crotone è che nonostante abbia un ampio sviluppo sul mare Ionio, una buona parte di esso è caratterizzato da estese ed aspre montagne con un’altimetria che varia dallo 0 metri della linea di costa fino ai 1723 del monte Femminamorta. In funzione della carta altimetrica e all’elaborazione di un modello digitale con isoipse ogni 25 metri, sono stati definiti tre sistemi territoriali (TAV. 3): - Sistema Montano (oltre 600 m) - Sistema Collinare (100 a 600 m) - Sistema Costiero (ambito di pertinenza e di rispetto della linea di costa) I sistemi territoriali costituiscono, ai diversi livelli, elemento di riferimento primario per l’organizzazione delle scelte strategiche per il governo del territorio. L’ambito appartenente al Sistema Costiero comprende tutti i comuni che si affacciano sul mar Ionio; qui il territorio si presenta pressoché pianeggiante (costa bassa) con una linea di costa che si sviluppa abbastanza linearmente secondo la direzione nord-sud; da Crotone, invece, procedendo verso sud fino a Capo Piccolo la costa diventa più frastagliata con rilievi, prossimi al mare, che raggiungono anche i 130 metri (costa alta) e addentrandosi verso l’interno si affaccia verso il golfo di Squillace. Il Sistema Collinare che comprende la maggior parte del territorio ed interessa molti comuni che si presentano con una predisposizione fortemente agricola, e che si possono identificare con i centri abitati di: Belvedere di Spinello, Carfizzi, Casabona, Cirò, Cirò Marina, Crucoli, Pallagorio, San Mauro Marchesato, Roccabernarda, San Nicola Dall'alto, Umbriatico e Verzino. Una terza fascia che definisce il Sistema Montano, si insinua nella Sila fino a rilievi che raggiungono i 1700 metri e comprende i comuni di Caccuri, Castelsilano, Cerenzia, Cotronei, Mesoraca, Petilia Policastro e Savelli. Nel passaggio marina-collina-montagna, si alternano paesaggi di particolare pregio naturalistico ambientale. La costa, caratterizzata da tratti che si protendono nel mare Ionio come Punta Fiume Nicà, punta Alice, Capo Colonna, Capo Cimiti, Capo Rizzuto, Capo Piccolo e Capo di Le Castella. La collina, il territorio dell’antico Marchesato con i caratteristici mammelloni argillosi, ma anche con la presenza di rilievi significativi come Monte Fuscaldo. La montagna, ovvero la Sila con i suoi rilievi di origine granitica caratterizzata dalla presenza di estese foreste di pino laricio. Una peculiarità che distingue il territorio della provincia di Crotone risiede proprio nel forte carattere naturalistico-ambientale dei tre Sistemi Territoriali, caratteristica, questa difficilmente riscontrabile in altri territori. Tale condizione territoriale dovrà essere l’elemento di riferimento primario per l’organizzazione delle scelte strategiche per il governo del territorio. Infatti a parte la costa, che ha subito il disordine di un’urbanizzazione selvaggia, gli altri sistemi territoriali mantengono ancora intatti i loro caratteri identitari e i loro valori naturalistici-ambientali. 280 280 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Questi tre sistemi li possiamo definire dei comprensori omogenei all’interno dei quali è omogenea anche la fauna presente. Tali fasce si susseguono, in ordine, dalla fascia montana a ovest, fino al litorale ionico verso est. La fauna di questi luoghi è riconducibile principalmente a quella che, nel continente europeo, vive nella fascia mesomediterranea e submediterranea, eccezionalmente nella fascia termomediterranea. La distribuzione e la concentrazione delle diverse specie è conseguenza dello stato di naturalità/degrado degli ecosistemi, nei diversi ambienti. Bisogna tenere conto del fatto che, pur essendo ampiamente verificate queste differenze, molti organismi si possono incontrare in più fasce o zone, per la loro distribuzione spaziale o per la capacità di muoversi in funzione delle stagioni o di altri eventi locali. Nel Sistema Montano, al di sopra dei 600 metri s.l.m., si può dire cha la fauna è rappresentata soprattutto dalle specie legate agli ecosistemi forestali. Qui si assiste al passaggio dai boschi quasi puri di faggio Fagus silvatica e Pino laricio Pinus laricio, o Cerro Quercus cerris, a formazioni vegetali in cui si ritrovano, oltre a queste ultime, altre specie arboree più spiccatamente mediterranee. La fauna vertebrata, di questa parte annovera presenze di gran pregio come il Lupo Canis lupus, il Capriolo Capreolus capreolus, il Gatto selvatico Felis silvestris, il Tasso Meles meles, lo Scoiattolo nero Sciurus vulgaris meridionalis e la Martora Martes martes, tra i mammiferi; il Picchio nero Dryocopus martius, l’Astore Accipiter gentilis, il Falco pecchiaiolo Pernis apivorus, il Nibbio bruno Milvus migrans e il Nibbio reale Milvus milvus tra i numerosissimi uccelli; e ancora la Vipera dell’Hugy Vipera aspis hugyi (presente in quasi tutta la provincia), la Salamandra pezzata nella varietà meridionale Salamandra salamandra giglioli, tra la abbondante erpetofauna, e, fra i pesci, probabile la Trota fario macrostigma Salmo trutta macrostigma, laddove le popolazioni pure non avrebbero incontrato ceppi di trota fario derivanti dalle numerose immissioni ittiche. Nel Sistema Collinare, tra i 100 e i 600 metri s.l.m., si prosegue con i versanti che degradano verso lo Ionio. Sono generalmente acclivi nelle quote più alte per poi raccordarsi dolcemente al passaggio tra le litologie cristalline ed i terreni sedimentari. Questi ultimi territori sono quelli più propriamente collinari che s’incontrano procedendo verso est e che coincidono con parte del Marchesato crotonese. Quest’area è caratterizzata da profondi valloni e canyon scavati dall’acqua, ambienti con elevata diversità biologica. Alle quote più alte (500-600 m.), sono ancora presenti boschi con latifoglie, come i boschi misti di Cerro Quercus cerris e Farnetto Quercus frainetto, a cui si alternano pinete di diverse specie. La fauna è riconducibile a quella descritta in precedenza. Frammisti a queste essenze, a quote più basse si trovano altre specie quercine che qui diventano dominanti, quali la Roverella Quercus pubescens e il Leccio Quercus ilex, localmente in associazione con la sughera Quercus suber. La copertura vegetale è più spesso 281 281 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio rappresentata da associazioni più degradate dove le piante con portamento arboreo lasciano, sempre più spesso, posto a una vegetazione dall’habitus prevalentemente cespitoso. A queste aree si avvicendano vaste estensioni di pascolo, pseudosteppe mediterranee, ma soprattutto coltivi tra i quali spiccano uliveti e vigne. Tali aspetti sono stati determinati da trasformazioni che hanno prodotto un aumento della diversità di specie ed habitat, modificando un paesaggio originariamente monotono in un movimentato mosaico di vegetazioni e utilizzi del suolo. Come diretta conseguenza le comunità animali si sono arricchite di specie. La fauna vertebrata di queste aree trova le presenze più importanti sicuramente tra i rettili, fra cui citiamo la Testuggine di Hermann Testudo hermanni e il Cervone Elaphe quatuorlineata e, tra gli uccelli, fra i quali spiccano come nidificanti alcuni fra i più rari del nostro paese, oltre al già citato Nibbio reale Milvus milvus, il Capovaccaio Neophron percnopterus, il Biancone Circaetus gallicus, il Lanario Falco biarmicus, la Cicogna bianca Ciconia ciconia e la Cicogna nera Ciconia nigra, il Gufo reale Bubo bubo, e l’Occhione Burhinus oedicnemus, quest’ultimo presente almeno durante i suoi spostamenti migratori e di probabile riproduzione. Tra gli anfibi è stata riscontrata, in più stazioni, la presenza del Tritone italico Triturus italicus, e di diverse specie di anuri, fra i quali il Rospo smeraldino Bufo viridis, la Raganella Hyla intermedia e altre specie di interesse conservazionistico. Tra i mammiferi va annoverata la presenza dell’Istrice Hystrix cristata, accanto a quella della Faina Mustela foina, della Volpe Vulpes vulpes, del Cinghiale Sus scrofa, del Tasso Meles meles, del Riccio Erinaceus europeus. Non è da escludersi la Lepre italica Lepus corsicanus, così come nel settore più a monte, la cui presenza è dubbia a causa soprattutto delle immissioni venatorie di Lepus europea. Scarsamente rilevabile, invece, l’esatta distribuzione di micromammiferi e chirotteri, pur essendo state segnalati il Ghiro Myoxus glis, il Quercino Elyomis quercinus, la Talpa romana, arvicole, crocidure e muridi. Tra questi ultimi il rappresentante più abbondante è senza dubbio l’Arvicola di Savi Microtus savi, che costituisce la preda più importante per tutti i carnivori di piccola e media taglia. Nel Sistema Costiero ma non solo, sotto i 100 metri s.l.m., sono particolarmente ampie le zone alluvionali, alla base di terrazzamenti marini prodotte dai principali corsi d’acqua e dai loro affluenti (fiumi Neto, Tacina e Lipuda). Sui litorali le loro foci rappresentano le zone più importanti, per la diversità biologica fra i vertebrati. In particolare, la foce del fiume Neto, fra le più importanti zone umide della Calabria, fondamentale per la salvaguardia di uccelli migratori, svernanti e nidificanti di interesse comunitario ed internazionale. Notevoli, ad esempio, le concentrazioni di Ardeidi, Threskiornithidi, Laridi ed altri Charadriformi, oltre ai numerosi Passeriformi in periodo migratorio. Di grande importanza anche dal punto di vista erpetologico, con presenze di estremo valore conservazionistico, tra cui la Testuggine d’acqua Emys orbicularis che alla foce del Neto è presente con una delle più importanti popolazioni dell’intero territorio. 282 282 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Nella maggioranza della provincia insieme alle presenze eccezionali, sono diffuse le specie ornitiche tipiche degli ambienti sopra menzionati: Columbidi, Corvidi, Silvidi, Irundinidi e Apodiformi, Coraciformi, Turdidi, Paridi, Lanidi, Fringillidi ed Emberizidi. Molte specie di Strigiformi, inoltre, sono state segnalate in tutta l’area, con popolazioni numericamente importanti a livello locale: l’Allocco Strix aluco, in particolare nelle aree boscate, la Civetta Athene noctua, l’Assiolo Otus scops, anche come svernante, il Barbagianni Tyto alba e il Gufo comune Asio otus in periodo invernale. 283 283 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3.2.5 Carta delle idoneità ambientali Le carte di idoneità ambientale permettono di integrare e sintetizzare le relazioni specie ambiente e rappresentano pertanto un valido strumento di supporto alle indagini conoscitive e ai progetti relativi alla conservazione e alla gestione territoriale. La costruzione della carta di idoneità si basa sulla conoscenza delle caratteristiche auto ecologiche delle specie analizzate e su quei parametri ambientali che discriminano la presenza o meno della singola specie nel territorio (Tavv. 6a, 6b, 6c, 6d). La scelta delle variabili ambientali su cui impostare il modello è fortemente condizionata dalla disponibilità di dati nel territorio di riferimento ed in particolare da studi specifici che legano tali variabili alle specie da analizzare. Le carte delle idoneità ambientali per le specie indagate sono state costruite seguendo i dettami della Rete Ecologica Nazionale. 3.2.5.1. Lepre La carta delle idoneità ambientali riferita a Lepus corsicanus (Lepre appenninica) è stata realizzata considerando i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici : 1. Dimensione del gruppo secondo una scala che va da 1 individuo a 4 individui 2. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata Tab. Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per la lepre Categoria 2.1.1 2.1.2 2.2.1 2.2.2 2.2.3 2.3.1 2.4.1 2.4.2 2.4.3 2.4.4 3.1.1 3.1.3 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.3.1 3.3.3 3.3.4 CORINE Land Cover livello 3 Idoneità Terre arabili non irrigate 2 Terre irrigate permanenti 1 Vigneti 2 Alberi e arbusti 2 Oliveti 2 Pascoli 3 Seminativi e colture arboree 2 Aree agricole a struttura complessa 3 Aree agricole interrotte da vegetazione naturale 3 Aree agro-forestali 2 Boschi di latifoglie 2 Boschi misti 2 Praterie naturali 2 Brughiere 2 Vegetazione a sclerofille 2 Aree di transizione cespugliato-bosco 3 Spiagge e dune 2 Aree con vegetazione sparsa 2 Aree incendiate 1 Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di Idoneità Ambientale,. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità. 284 284 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3.2.5.2. Cinghiale Per la costruzione della carta delle idoneità ambientali di Sus scrofa (Cinghiale) sono stati considerati i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici: 1. Dimensione del gruppo secondo una scala che va da 1 individuo a 16 individui. 2. Dimensione dell’home range secondo una scala che va da 300 a 5000 ha 3. Distanza percorsa in un ciclo di attività secondo una scala che va da 3 a 8 km 4. Distanza percorsa in fase di dispersione secondo una scala che va da 5 a 15 km 5. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata. Tab. – Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per il cinghiale Categoria 2.1.1 2.1.3 2.2.1 2.2.2 2.2.3 2.3.1 2.4.1 2.4.2 2.4.3 2.4.4 3.1.1 3.1.2 3.1.3 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.3.4 4.1.1 CORINE Land Cover livello 3 Terre arabili non irrigate Risaie Vigneti Alberi e arbusti Oliveti Pascoli Seminativi e colture arboree Aree agricole a struttura complessa Aree agricole interrotte da vegetazione Aree agro-forestali Boschi di latifoglie Foreste di conifere Boschi misti Praterie naturali Brughiere Vegetazione a sclerofille Aree di transizione cespugliato-bosco Aree incendiate Aree interne palustri Idoneità 1 1 2 2 1 1 1 2 3 2 3 1 3 2 2 3 3 1 2 Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di Idoneità Ambientale,. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità. 3.2.5.3. Starna Per la costruzione della carta delle idoneità ambientali di Perdix perdix (Starna) sono stati considerati i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici: 1. Dimensione dell’home range secondo una scala che va da 0.06 a 0.3 km 285 285 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 2. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata Tab. – Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per la starna Categoria 2.1.1 2.2.1 2.2.2 2.2.3 2.3.1 2.4.1 2.4.2 2.4.3 2.4.4 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.3.4 CORINE Land Cover livello 3 Idoneità Terre arabili non irrigate 3 Vigneti 2 Alberi e arbusti 3 Oliveti 2 Pascoli 1 Seminativi e colture arboree 3 Aree agricole a struttura complessa 3 Aree agricole interrotte da vegetazione naturale 3 Aree agro-forestali 1 Praterie naturali 2 Brughiere 3 Vegetazione a sclerofille 1 Aree di transizione cespugliato-bosco 2 Aree incendiate 1 Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di Idoneità Ambientale. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità. 3.2.5.4. Fagiano Per la costruzione della carta delle idoneità ambientali di Phasianus cochicus (Fagiano comune) sono stati considerati i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici: 1. Dimensione dell’home range secondo una scala che va da 0.5 a 2 ha 2. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata Tab. – Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per il fagiano comune Categoria 1.2.4 2.1.1 2.1.2 2.2.1 2.2.2 2.3.1 2.4.1 2.4.2 2.4.3 2.4.4 3.2.2 CORINE land cover livello 3 Idoneità Aeroporti 3 Terre arabili non irrigate 2 Terre irrigate permanenti 2 Vigneti 2 Alberi e arbusti 2 Pascoli 2 Seminativi e colture arboree 3 Aree agricole a struttura complessa 3 Aree agricole interrotte da vegetazione naturale 3 Aree agro-forestali 2 Brughiere 2 286 286 Provincia di Crotone 3.2.3 3.2.4 4.1.1 Piano Faunistico-Venatorio Vegetazione a sclerofille Aree di transizione cespugliato-bosco Aree interne palustri 1 2 2 Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di Idoneità Ambientale,. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità. 3.4 RIPARTIZIONE E LOCALIZZAZIONE DEGLI ISTITUTI PER LA GESTIONE FAUNISTICO - VENATORIA La destinazione differenziata del territorio. Il Territorio Agro-Silvo-Pastorale, il cui calcolo è stato specificato al punto 3.2, deve essere ripartita tra zone di protezione della fauna e zone a gestione privata, con la restante parte del territorio destinata alla gestione programmata della caccia. Pertanto la superficie agro-silvo-pastorale viene ripartita in 3 grosse quote: o Zone di protezione della fauna selvatica, in cui è vietata l’attività venatoria, incidenti per non più del 24% della SASP (lett. a comma 2 della L.R. n. 9/96), in cui sono compresi oltre alle zone di protezione della fauna (Oasi di Protezione, Zone di Ripopolamento e Cattura e Centri Pubblici di riproduzione, lett. a,b,c comma 8 art.10 L 157/92) anche le aree protette che nella provincia di Crotone sono rappresentate dal Parco Nazionale della Sila e dall’Oasi del Neto che trovano il loro corpus istitutivo e normativo in specifiche leggi emanate dalle Amministrazioni locali; o Istituti a gestione privata (Centri privati per la riproduzione della fauna selvatica, Zone di Addestramento Cani, Aziende Faunistiche ed Aziende Agro-turistico-venatorie), la cui quota massima e il 15% della SASP. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale si attua la gestione programmata della caccia, secondo le modalità statuite dalla L. 157/92 artt. 14 e 15. Fondamentale è stato l’apporto dell’INFS (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), il cui ruolo d’indirizzo è attribuito dall’art. 10 della L.157/1992, attraverso i Documenti Tecnici ed Action Plan, nel fornire indicazioni di carattere tecnico-scientifico per la programmazione faunisticovenatoria secondo criteri omogenei a livello nazionale e congrui ai principi di conservazione delle risorse faunistiche definiti dalla legge stessa. In particolare occorre citare il “Documento orientativo sui criteri di omogeneità e congruenza per la pianificazione faunistico venatoria” dell’INFS (D.T. INFS n° 15, Febbraio 1994). Tale documento chiarisce soprattutto il ruolo degli Istituti di produzione e protezione, nonché l’importanza della salvaguardia della fauna selvatica in tali istituti attraverso specifici interventi di gestione. Diversi gli aspetti approfonditi e 287 287 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio necessari alla programmazione faunistico-venatoria tra cui: - le differenze esistenti tra le quelle protette ai soli fini faunistici e le aree protette (oasi di protezione lungo le rotte migratorie, zrc, centri pubblici di riproduzione della fauna) senza alcuna limitazione all'uso e alla trasformazione degli ambienti per le prime, prevista invece per le aree protette; - il ruolo delle oasi di protezione quale rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica. Si tratta dell'unico istituto, tra quelli contemplati dalla legge n. 157/1992, nel quale la sola finalità dichiarata è quella della protezione di popolazioni di fauna selvatica; - il ruolo delle ZRC destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento" (art. 10, comma 8, punto b) e pertanto fattore di grande rilevanza per le Province che li devono gestire al fine di fornire una dotazione annua di selvaggina naturale attraverso l’immissione nei territori cacciabili o in altri territori di tutela, sia tramite catture e sia tramite irradiamento spontaneo nei territori circostanti; - il ruolo dei centri pubblici di riproduzione della fauna quali istituti destinati alla ricostituzione di popolazioni autoctone, sia attraverso l’immissione di selvatici a fini di reintroduzione sia attraverso la produzione naturale di fauna selvatica da utilizzare per fini di immissione in altri territori; il ruolo dei centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale la cui natura e le finalità rispetto agli allevamenti (art. 17 L. 157/92), sia da ricercarsi proprio nella mancanza della "condizione di cattività" per la fauna presente. Per la localizzazione degli ambiti di protezione finalizzati verranno considerate, la vocazionalità del territorio, presupposto fondamentale anche se non esclusivo per il buon risultato gestionale ed il raggiungimento degli obiettivi prefissi, l’esperienza del mondo venatorio attraverso il coinvolgimento delle ATC in modo da condividerne il percorso, nonché nel caso delle oasi di protezione della fauna anche le rotte migratorie. In ogni caso avviate le fasi di concertazione saranno formulate appropriate conclusioni sulla base delle proposte e delle osservazioni pervenute che saranno approvate e realizzate, previo contributo tecnico scientifico offerto da dipartimenti universitari competenti. L’ideale sarebbe una distribuzione a scacchiera che contribuirebbe a creare quella rete sinergica di istituti di tutela tra loro vicini, interrotti da comprensori venatori, che favorisce da una parte un efficace sistema di protezione alla fauna, in particolare quella migratoria, ma dall’altra comporta anche un irradiamento spontaneo della selvaggina, da questi serbatoi naturali, ai limitrofi territori cacciabili. 288 288 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3.4.1. Proposta per la realizzazione di un C.R.A.S. in Provincia di Crotone La Provincia di Crotone risulta già impegnata, con il WWF, nella realizzazione di un Centro Restocking per il Capovaccaio (Neophron percnopterus), per il Nibbio reale (Milvus milvus), per l’Istrice (Hystrix cristata), per il Tasso (Meles meles) e per la Testudo hermanni, specie di interesse comunitario, la cui biologia è molto particolare e molto importante per varie tipologie di ambienti presenti nella provincia di Crotone. Il Centro, finanziato con la misura1.10a – Rete Ecologica Regionale del POR Calabria 2000-2006, è in fase di realizzazione presso il comune di Rocca di Neto e pertanto è auspicabile che lo stesso possa allargare la sua attività e divenire in tempi rapidi anche un C.R.A.S. . Tutto ciò è motivato anche dal grande numero di animali ed uccelli selvatici provenienti dal nostro territorio e ricoverati presso il CRAS di Rende e di Catanzaro. Il Centro per il Recupero della Fauna Selvatica (C.R.A.S. ) progettato per la Provincia di Crotone, tenuto in debito conto le pluriennali esperienze maturate dai C.R.A.S. sia a livello regionale che nazionale, intende sopperire ad un “vuoto” percepito sia dai vari Enti che prestano la loro opera nel campo della tutela ambientale (Polizia Provinciale, Corpo Forestale dello Stato, Ente Parco, ecc.), sia dai gruppi ambientalisti che dai cittadini che sono obbligati a ricorrere alle prestazioni di tale tipologia di centri fuori provincia e, in alcuni casi, fuori Regione. Con la realizzazione del Centro Restocking e del C.R.A.S., la Provincia di Crotone non solo riuscirà a tutelare le specie faunistiche, ma riuscirà anche nell’intento di effettuare della ricerca scientifica nonché darà un contributo al territorio in termini di sensibilizzazione e di educazione ambientale. Sarà garantita l’attività di recupero, detenzione temporanea, cura e rilascio sul territorio della fauna selvatica in difficoltà (art. 3 – comma 8 – L.R. 9/96), presso le strutture di Centri di Recupero Animali Selvatici (CRAS), autorizzati ai sensi della normativa vigente. 3.4.1.1. Localizzazione dell'intervento La struttura che dovrebbe ospitare il C.R.A.S. è in Località “Cupone” del Comune di Rocca di Neto, nell’ex Centro per la produzione di Selvaggina dell’ARSSA appartenente al Centro Sperimentale Dimostrativo “Val di Neto”. In tale area, di una grandezza di 7 ettari, si è avuta la disponibilità, da parte dell’ARSSA, di due stabili con adeguati spazi interni e con un’ampia area esterna circostante che consentono di strutturare un intervento in grado di far fronte, in maniera adeguata, a tutte le attività che richiedono la cura, il recupero e la reintroduzione in natura della fauna in difficoltà. 3.4.1.2. Attività Le attività previste all’interno del Centro per il Recupero della Fauna Selvatica possono essere così riassunte: 289 289 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio • Primo soccorso e valutazione diagnostica; • Chirurgia; • Degenza; • Riabilitazione alla vita selvatica; • Reintroduzione in natura della fauna recuperata; • Sensibilizzazione ed educazione ambientale; • Ricerca scientifica; Il primo soccorso, la valutazione diagnostica e gli interventi chirurgici saranno realizzati in due locali adeguatamente attrezzati per far fronte a tutte le cause di ricovero (ferite d’arma da fuoco, fratture, intossicazioni, inoculazioni, etc) che generalmente presentano gli animali che vengono consegnati ai centri di recupero per la fauna selvatica. La degenza, la riabilitazione alla vita selvatica e l’ospitalità degli animali “inabili” ossia non più re introducibili in natura, sono assicurati dalla realizzazione di voliere di diverse tipologie per forme e dimensioni a seconda della loro destinazione d’uso (voliere da adibire a primo soccorso, a stabulazione prolungata, a riabilitazione alla vita selvatica) e a seconda delle specie animali da ospitare. Sarà possibile avviare azioni di sensibilizzazione e di educazione ambientale grazie ad un percorso didattico realizzato all’interno del Centro per il Recupero della Fauna Selvatica che consentirà ai visitatori di osservare da vicino gli animali ospiti del Centro. A tal fine saranno “aperte al pubblico” solo alcune voliere. Attraverso un porticato, adiacente ad un lato della voliera, oscurato da un doppio strato di rete ombreggiante, i visitatori osserveranno attraverso degli appositi pertugi gli animali nelle voliere più grandi. Tale accorgimento non sarà necessario, invece, per i box che ospiteranno gli animali “inabili” dal momento che essi non potranno essere più reintrodotti in natura. Su ogni voliera potranno essere affissi i pannelli didattici recanti, con sintesi conservazione, l'alimentazione degli e chiarezza, informazioni sullo status, la animali ospitati, con informazioni sulle particolarità delle specie e sulle possibilità di avvistamento. Un ulteriore attività realizzabile all’interno del Centro di Recupero per la Fauna Selvatica è quella della ricerca scientifica. La reintroduzione in natura, infatti, di specie stanziali consente, mediante consolidate metodologie (inanellamento, decolorazione del piumaggio, radiotracking, etc) di studiare gli individui direttamente nelle proprie nicchie ecologiche. Infine, la possibilità di conservare i cadaveri degli animali deceduti consente di intraprendere progetti di ricerca sulla presenza di pesticidi, metalli pesanti ed altre sostanze tossiche accumulati nei tessuti molli. Oltre che per le attività principali sopra descritte, i C.R.A.S. si caratterizzano per poter svolgere le seguenti funzioni: - educazione del pubblico alla tutela della fauna selvatica, allo scopo di sviluppare maggiore consapevolezza e sensibilizzazione rispetto ai temi della conservazione; - sostegno all’opera di conservazione della fauna selvatica, attraverso la reintroduzione di 290 290 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio animali e la conduzione di programmi di riproduzione per specie a rischio di estinzione; - valutazione dell’efficacia di provvedimenti legislativi adottati in materia di caccia e di conservazione della natura; - utilizzo degli animali selvatici come indicatori della salute e dell’integrità di un ecosistema, potendo essi fornire sia dati per un monitoraggio epidemiologico sia campioni per analisi tossicologiche. Nell’uso comune sono invalsi numerosi altri acronimi per indicare le strutture di recupero; i più comuni sono C.R.R. (Centro Recupero Rapaci) e C.R.F.S. (Centro Recupero Fauna Selvatica). Recupero Complesso di interventi attuati per motivazioni scientifiche ed etiche, necessario a riportare un animale nelle condizioni di vivere autonomamente in stato di naturale libertà, consentendogli di riacquistare la capacità di relazionarsi con l’ambiente, con i conspecifici, con i predatori e di riprodursi. Il termine “recuperato” non si applica pertanto agli animali per i quali sia stata formulata una prognosi infausta ad vitam o ad valitudinem. Le motivazioni su cui poggia il recupero sono state sintetizzate da Gandini (1996): - salvaguardia delle popolazioni e delle specie selvatiche in cattivo stato di conservazione, riconoscendo agli animali liberati un ruolo di sostegno demografico alle popolazioni viventi sul territorio; - riconoscimento all’animale selvatico del diritto ad essere recuperato, indipendentemente dalla specie di appartenenza. Possiamo riconoscere sei fasi necessarie per lo svolgimento del recupero: 1) ricovero e analisi di fattibilità; 2) cura; 3) riabilitazione; 4) marcatura; 5) liberazione; 6) monitoraggio e altre attività post-rilascio. Le fasi elencate non corrispondono ad una situazione reale, ma sono funzionali ad inquadrare in una sequenza temporale e logica le attività di un centro. Ritrovamento Per ritrovamento si intende il primo contatto delle persone coinvolte nel recupero con l’animale selvatico. Esso avviene in genere da parte di privati cittadini o degli addetti alla vigilanza venatoria. Al ritrovamento possono conseguire la segnalazione, la consegna od il soccorso. Si ricorda che, ai sensi della Legge 157/92 e 291 291 dei relativi recepimenti regionali, il Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio prelievo da parte di privati di uova, nidi, neonati e adulti di fauna selvatica, che non siano evidentemente esposti a grave minaccia, è vietato. Segnalazione La persona che ha effettuato il ritrovamento è tenuta a segnalare il fatto entro 24 ore all’autorità competente per territorio. A seguito della segnalazione l’animale ritrovato può essere raccolto dal personale provinciale preposto e consegnato ad un centro di recupero. Più spesso, i privati che ritrovano un animale selvatico si rivolgono direttamente ad un C.R.A.S. consegnando l’animale o segnalandone la presenza e richiedendo che gli operatori del centro si rechino sul luogo a prelevare l’esemplare. A seguito di un ritrovamento effettuato da privati, la segnalazione è l’atteggiamento migliore, perché consente agli operatori del recupero, siano essi volontari di un centro o addetti alla vigilanza venatoria, di fornire le istruzioni necessarie ad evitare tentativi potenzialmente controproducenti di manipolazione e cura dell’animale. Non è infrequente, infatti, che gli animali ritrovati vengano detenuti per un certo periodo di tempo in ambito domestico, con il rischio di diminuire la percentuale di successo del recupero. Consegna e soccorso Quando gli animali ritrovati vengono portati al centro dalla persona che ha effettuato il ritrovamento, o dal personale provinciale che ne aveva ricevuto la segnalazione, si parla di consegna. Nel caso invece in cui sia stato il personale del centro a recarsi sul luogo del ritrovamento per prendere in carico l’animale, si utilizza il termine soccorso. L’impiego di due vocaboli differenti è stato ritenuto opportuno per evitare di utilizzare il termine “recupero”, già carico di significati, per indicare il semplice prelievo di un animale sul territorio. Ricovero e analisi di fattibilità Per ricovero intendiamo tutte le procedure che devono essere espletate dal momento dell’arrivo dell’animale al centro, fino al suo avvio a strutture di stabulazione idonee. Alcune di queste procedure possono essere eseguite da volontari (comunque previo un’adeguata formazione), mentre altre richiedono l’intervento di professionisti e personale qualificato (attività cliniche; analisi di fattibilità). Le tappe in cui si articola la fase di ricovero verranno ovviamente affrontate in un ordine temporale variabile a seconda delle condizioni cliniche dell’animale e della disponibilità di personale; esse sono: - compilazione della scheda di ingresso dell’animale; - prima visita clinica e rianimazione; - eventuale marcatura provvisoria, interna al centro; 292 292 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio - analisi di fattibilità. L’analisi di fattibilità dovrebbe costituire una tappa imprescindibile per avviare il processo del recupero. Essa permette di scegliere razionalmente fra le tre opzioni che si presentano al momento del ricovero: 1. l’avvio dei processi di cura e riabilitazione al fine di liberare l’animale; 2. il mantenimento in cattività per l’intera vita di un soggetto giudicato irrecuperabile; 3. l’eutanasia. Una pratica assimilabile all’analisi di fattibilità non è prevista dalla regione Calabria, che quindi non impone al veterinario del centro di formulare una prognosi sulla ricuperabilità dell’animale entro sei mesi dal suo ricovero ma è ritenuta opportuna. Il ricovero dovrebbe essere sempre seguito da un periodo di quarantena. Cura Come fase di cura intendiamo il periodo in cui vengono condotte su un animale ricoverato procedure terapeutiche, sia mediche che chirurgiche. Detenzione La detenzione di esemplari vivi di fauna selvatica è vietata a soggetti che la realizzino su iniziativa privata, in particolare per specie non cacciabili o soggette ad un regime di protezione particolare ai sensi dell’articolo 2 della Legge 157/92. Per questo motivo i C.R.A.S. devono possedere una specifica autorizzazione per esercitare la loro attività. La detenzione non indica il possesso degli esemplari, dal momento che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile della Stato. La detenzione delle specie considerate pericolose ai sensi del Decreto Interministeriale 19 aprile 1996 è vietata. I centri di recupero che vogliano ricoverare specie presenti nell’Allegato A del suddetto provvedimento, devono essere in possesso di una specifica autorizzazione che testimoni la sussistenza dei necessari requisiti, e sono tenuti a denunciare ogni acquisizione di tali animali all' Ufficio Territoriale del Governo, competente per territorio. I gestori dei centri di recupero sono tenuti a compilare dei registri per il carico e lo scarico delle specie animali incluse negli Allegati A e B del Regolamento (CEE) 338/97 del Consiglio. Il registro di per sé non costituisce comunque una prova sufficiente della legalità della detenzione degli esemplari in esso iscritti. In alcuni C.R.A.S., l’obbligo di tenuta di un registro di detenzione è medesimi provvedimenti, regionali o provinciali, che ne autorizzano l’attività. Riabilitazione 293 293 stabilito dai Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Per riabilitazione intendiamo gli interventi di tipo gestionale, clinico e comportamentale, cui un animale deve essere sottoposto dopo la fase di cura per poter essere liberato. La fase di riabilitazione ha lo scopo di ripristinare l’integrità fisica (segnatamente la tonicità muscolare) e comportamentale (istinto predatorio, attitudine riproduttiva, comportamento alimentare) dell’animale. Essa viene a volte indicata con il termine “rieducazione”. Marcatura Per marcatura intendiamo l’applicazione ad un animale di dispositivi che ne consentano l’identificazione individuale ed eventualmente il monitoraggio delle attività a seguito della liberazione. La Campania e la Sicilia sono le uniche Regioni a rendere obbligatoria la marcatura degli animali prima della liberazione. Liberazione La liberazione è la fase del recupero consistente nel rilascio in natura di un animale curato, riabilitato e marcato. Essa dovrebbe avvenire secondo tempi, modalità e scelta del luogo di rilascio, che ne garantiscano le maggiori probabilità di successo. La liberazione (o “rilascio”) può configurarsi, a seconda delle specie e delle modalità di liberazione, come reintroduzione, introduzione o ripopolamento. Immissione Trasferimento e rilascio, intenzionale o accidentale, di un’entità faunistica (INFS, 1997). Traslocazione Immissione intenzionale (INFS, 1997). Reintroduzione Traslocazione finalizzata a ricostituire una popolazione di una determinata entità faunistica in una parte dell’areale in cui ne è documentata la presenza naturale in tempi storici e nella quale essa risulta estinta (INFS, 1997). Ripopolamento Traslocazione di individui appartenenti ad un’entità faunistica che è già presente nell’area di rilascio (INFS, 1997). Il termine è comunemente impiegato per definire un’immissione di numerosi esemplari a scopi venatori. Introduzione Traslocazione di un’entità faunistica in un’area posta al di fuori del suo areale di 294 294 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio documentata presenza naturale in tempi storici, oppure immissione di specie appartenenti alla fauna originaria dell’area di rilascio ma che a seguito della traslocazione acquisiscono uno status fenologico1 diverso da quello originario (INFS,1997). Monitoraggio e altre attività post-rilascio Il monitoraggio è la fase successiva alla liberazione, ed ha lo scopo di verificare il successo di quest’ultima. Essa si realizza attraverso l’applicazione all’animale di un dispositivo di marcatura (ad esempio un radiocollare) che consenta il controllo delle sue attività. L’esigenza di una fase di monitoraggio nasce dalla considerazione che il recupero non termina con la liberazione, bensì con il ritorno effettivo dell’animale alla vita selvatica. I dati raccolti in questa fase, nel breve e nel lungo periodo, possono permettere di valutare l’efficacia della cura, della riabilitazione e delle tecniche di rilascio. Per una reale efficacia nel perfezionamento delle metodiche di recupero, sarebbe necessario che questi dati venissero divulgati, sia nel caso di successi che di insuccessi. Oltre al monitoraggio, nel periodo successivo alla liberazione possono essere attuate misure di sostegno per gli animali, ad esempio la predisposizione di carnai o mangiatoie in cui il soggetto appena rilasciato possa tornare a nutrirsi nei primi tempi. Irrecuperabili Sono comunemente indicati come “irrecuperabili” quegli animali, ricoverati e curati in un C.R.A.S., che non potranno mai essere liberati a causa di gravi ed irreversibili menomazioni fisiche (ad esempio amputazione di ali o arti) o alterazioni comportamentali (ad esempio imprinting sull’uomo). Alcune Regioni si sono espresse sul destino degli animali irrecuperabili. Ad esempio l’Abruzzo e la Lombardia stabiliscono che essi possano essere ceduti ad istituzioni scientifiche autorizzate, o essere utilizzati a scopi didattici (Emilia-Romagna; Sicilia) o nell’ambito di progetti di riproduzione a scopo di conservazione (Puglia). La Lombardia inoltre, con l’Emilia-Romagna, prevede la possibilità che essi vengano sottoposti ad eutanasia. 3.5 Individuazione della Superficie Agro-Silvo-Pastorale per la determinazione degli indici di densità venatoria 3.5.1. Densità venatoria reale La densità venatoria rappresenta il numero di cacciatori presenti sul territorio di caccia. L’indice di densità venatoria reale per l’annata di caccia 2008/2009, ai sensi all’art. 13, 295 295 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio comma 11, della L.R. 9/96, è stata calcolato in funzione della Superficie Agro-Silvo- Pastorale (SASP), cioè della superficie provinciale soggetta a pianificazione faunistica, utilizzando come secondo parametro il numero di cacciatori residenti, esercitanti l’attività venatoria. Il Ministero dell’Agricoltura, sulla base dei dati censuari dei territori di caccia, ha fissato, con D.M. 30.11.1993, l’indice di densità minima per il territorio nazionale, che è pari a 0,0526 cacciatori/ha ovvero a 19,1 ettari/cacciatore, onde distribuire i cacciatori sul territorio di caccia e, quindi, tendenzialmente uniformare la pressione venatoria sul territorio, ciò per regolamentare l’accesso dei cacciatori non residenti. La Regione Calabria con il limite di 45,38 ettari/cacciatore nell’ATC Kr1 e di 55,14 ettari/cacciatore nell’ATC Kr2 indica la pressione venatoria massima. Dal rapporto tra i due valori si è ottenuta la S.A.S.P effettivamente disponibile per ogni cacciatore nell’annata 2008/2009 (indice di densità venatoria reale), distinta per ATC, come riportato nella Tabella successiva. Da tutto ciò si evidenzia che la pressione venatoria risulta di 89,99 ettari per cacciatore nell’ATC KR1 e di 88,73 ettari per cacciatore nell’ATC KR2. In tutte e due i casi siamo ben lontani dai limiti stabiliti dalla regione. Tab.- Densità venatoria reale per ATC espressa in ettari disponibili della S.A.S.P. per ciascun cacciatore ETTARI disponibili Superficie Sup. Agro – silvo per Cacciatore N° cacciatori che territoriale pastorale Utile hanno svolto alla caccia attività venatoria annata 08/09 Ettari ettari 794 79.919,70 856 91.774,40 1.650 171.694,10 71.455,64 89,99 ATC Kr1 88,73 ATC Kr2 75.955,81 147.411,45 89,34 Con riferimento alla caccia al cinghiale, nel territorio provinciale, si riporta nella tabella successiva il numero di squadre ripartite per ATC riferite alle diverse campagne venatorie: Numero di squadre per la Caccia al Cinghiale Campagna N. Squadre N. Squadre venatoria ATC KR1 ATC KR2 2003-2004 22 12 2004-2005 22 9 2005-2006 19 12 2007-2008 22 11 2008-2009 24 17 Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca 296 296 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3.6 La fauna selvatica: definizione degli obiettivi e pianificazione delle attività gestionali Il territorio provinciale si evidenzia come un’area estremamente naturale e poco modificata da attività antropiche, urbanizzazioni e sfruttamenti industriali però allo stesso tempo poco studiato e conosciuto da un punto di vista naturalistico. Naturalmente il processo di gestione di un habitat inizia con la sua conoscenza e la presenza e diffusione di specie selvatiche rappresenta il frutto di una coevoluzione. Pertanto per un’efficace pianificazione non si può prescindere dalla conoscenza del quadro faunistico espresso dal territorio, vale a dire informazioni precise e dettagliate sulla distribuzione, l'effettiva densità e, per alcune specie, la struttura (cioè il rapporto tra i sessi e le classi di età), o valutazione critica di indici di abbondanza relativa. Purtroppo, la scarsa disponibilità di dati sulla consistenza, densità e reale distribuzione delle specie faunistiche di interesse venatorio, risulta essere un punto di criticità per l’attività di programmazione e gestione. Dai segnali raccolti si intuisce che il territorio richiede un intervento ben pianificato per la gestione della fauna selvatica. Inoltre dobbiamo sempre ricordare che la gestione delle specie di interesse venatorio è un processo che non può essere scisso dalla gestione del territorio nel suo complesso. Infatti accanto alle azioni dirette (restocking, reintroduzioni e istituzione di zone di ripopolamento e cattura) a sostegno delle popolazioni stanziali delle principali specie, vanno avviate delle azioni di gestione degli habitat per ripristinare o aumentare la capacità portante del territorio. Da una prima analisi della situazione provinciale, per il momento basata su dati carenti e meritevole di futuro approfondimento, emerge l’urgenza di intervento sulle specie stanziali. La gestione del territorio di tipo “consumistico” ha fatto perdere di vista la gestione delle popolazioni selvatiche, ripopolamenti, scarse azioni di miglioramento ambientale e bracconaggio hanno determinato la riduzione delle densità ed estinzioni locali. In alcuni casi le ibridazioni con soggetti d’allevamento ed il rilascio di individui affetti da patologia hanno dato un contributo importante alla scomparsa delle popolazioni selvatiche da diverse aree. 3.6.1. Conservazione e gestione delle principali specie di interesse venatorio dell’avifauna Starna Miglioramento della capacità faunistica del territorio 297 297 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Uno strumento gestionale che può rivelarsi di particolare utilità è il ripristino ambientale. Ad esso va attribuita importanza prioritaria allorquando le possibilità di ottenere un insediamento stabile di una popolazione, ovvero un incremento della sua consistenza numerica, risultino condizionati da una non adeguata dotazione di quegli elementi ambientali indispensabili a consentire il pieno sviluppo delle potenzialità della specie. I settori sui quali di norma può risultare utile intervenire in maniera mirata sono molteplici, soprattutto se riferiti a comprensori di pianura interessati da un'agricoltura di tipo industriale. Questi possono riguardare la limitazione all'uso di alcuni pesticidi agricoli, l'incremento numerico di zone a vegetazione naturale e il loro rispetto soprattutto durante il periodo della nidificazione, la semina di piccoli appezzamenti con colture a perdere per l'alimentazione invernale, l'impianto di siepi, di filari di arbusti o di piccole isole a vegetazione naturale arbustiva, ecc. Ciò non di meno anche in aree meno intensamente sfruttate dal punto di vista agricolo essi risulterebbero sicuramente di grande utilità. Un elemento vegetazionale fino a qualche decina di anni orsono tipico del nostro paesaggio rurale di pianura era rappresentato dalle siepi; tale elemento fisionomico risulta particolarmente utile alla Starna poichè spesso preferito, sia come sito di nidificazione, sia come luogo di rifugio. Purtroppo la sua presenza è andata via via riducendosi nella misura in cui si frapponeva alle esigenze di accorpamento degli appezzamenti in unità colturali di dimensioni sempre maggiori. Ciò non toglie che, non solo al fine di garantire la conservazione di popolazioni naturali di Starna, ma anche in un'ottica più generale di incremento della diversità delle biocenosi animali e vegetali proprie degli ecosistemi agrari, la messa a dimora di filari di siepe, costituiti da un insieme di diverse essenze arbustive autoctone, risulti estremamente utile. Tra le specie meglio impiegabili allo scopo vi sono il biancospino (Crataegus monogyna), il prugnolo (Prunus spinosa), l'acero campestre (Acer campestre), il nocciolo (Corylus avellana), il sanguinello (Cornus sanguinea), la rosa selvatica (Rosa canina), il viburno (Viburnum opulus), il perastro (Pyrus pyraster), il ligustro (Ligustrum vulgare), il sambuco (Sambucus nigra) e diverse altre. I cereali a semina autunnale, in particolare il frumento e l'orzo, costituiscono, assieme alle leguminose da foraggio, le coltivazioni maggiormente preferite dalla Starna. Si ritiene che un territorio adatto ad ospitare la specie dovrebbe comprendere almeno il 40% della superficie agricola occupata da cereali autunnovernini. Queste tipologie colturali vengono infatti selezionate positivamente come siti di rifugio e di nidificazione in primavera ed estate e di nutrimento in inverno. Purtroppo gli interventi colturali comunemente attuati su queste colture prevedono il ricorso ad alcuni trattamenti fitosanitari (diserbo e trattamenti insetticidi primaverili) particolarmente dannosi per la sopravvivenza dei pulcini. Queste pratiche infatti limitano fortemente le disponibilità trofiche degli starnotti nel corso delle prime settimane di vita, quando il loro regime alimentare è quasi esclusivamente di tipo animale (insetti e acari); inoltre il diserbo delle infestanti dei cereali comporta la perdita di una serie di insetti che di queste piante si nutrono. In un contesto di potenziamento della capacità portante del territorio per la Starna risulta quindi estremamente 298 298 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio utile contenere l'uso di queste sostanze chimiche, evitando di trattare in particolare le fasce perimetrali dei campi di cereali autunno-vernini per una larghezza di almeno 6 metri. Determinazione della consistenza e della struttura delle popolazioni Una corretta gestione venatoria della specie deve prevedere, in epoche prefissate, la stima della densità delle popolazioni. Queste indagini andranno effettuate almeno due volte all'anno: a fine inverno (febbraio-inizi marzo) mediante il conteggio delle coppie e a fine estate (fine agosto-settembre) per valutare, attraverso la dimensione media delle brigate e il rapporto giovani/adulti, il successo riproduttivo della specie. Le tecniche utilizzabili al riguardo possono essere l'effettuazione di battute su aree prestabilite, il conteggio da autovettura su percorsi standardizzati, oppure l'indagine sugli avvistamenti di coppie o brigate fatti dagli agricoltori della zona. Prelievo venatorio Sulla scorta dei dati assunti mediante gli indici di consistenza relativa si potrà quantificare il successo riproduttivo della specie e quindi formulare i piani di prelievo. Tali piani indicheranno il quantitativo massimo di esemplari prelevabili nel corso della successiva stagione venatoria garantendo, nel contempo, la conservazione di un certo numero di riproduttori. In un'ottica di conservazione del nucleo presente alla fine della stagione invernale, il rinvenimento di un indice di riproduzione inferiore o uguale a 3 giovani prodotti per femmina, presente in estate, dovrebbe comportare l'astensione dal prelievo venatorio. In presenza di valori superiori il quantitativo di soggetti prelevabile per brigata andrebbe conteggiato detraendo due unità dall' indice di riproduzione, dopo averlo riferito al numero di femmine rinvenute in primavera (di norma il 30% in meno di quelle presenti in estate). Altri interventi gestionali Si ritiene che prioritaria importanza andrebbe data all'attuazione di seri tentativi di reintroduzione da effettuarsi nell'ambito di unità territoriali opportunamente individuate sulla base della loro specifica vocazionalità ecologica. Questi ambiti territoriali dovranno altresì presentare dimensioni adeguate, di almeno un paio di migliaia di ettari, e vincolati a regime di totale protezione della specie almeno per la durata del periodo di insediamento. Particolare attenzione andrà inoltre posta nella scelta dei soggetti da immettere preferendo, laddove disponibili, esemplari ben adattati alle condizioni ambientali locali. Le introduzioni dovranno essere di una certa consistenza, dell'ordine di 50 capi per 100 ettari ogni anno, e durare fino a quando non verrà accertata l'autosufficienza della popolazione neocostituita, comunque per non meno di un triennio. Il periodo durante il quale procedere alle operazioni di immissione dovrà essere quello estivo (mese di agosto) utilizzando soggetti di circa 8-12 settimane di vita. 299 299 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Al fine di contenere le elevate mortalità cui vanno incontro gli animali durante le prime fasi successive al rilascio si dovrà porre attenzione nella scelta di adeguate tecniche di stabulazione (voliere e/o recinti di pre-ambientamento) e di liberazione in natura. Al riguardo si osserva come i risultati migliori sono stati ottenuti mediante la predisposizione di voliere di ambientamento ubicate nei siti di rilascio al cui interno vengono stabulati nuclei costituiti da 15-20 soggetti per una quindicina di giorni fino al momento del rilascio. Per favorire la permanenza in loco degli animali una volta liberati si può fare ricorso ad alcuni accorgimenti, come quello di lasciare alcuni esemplari all'interno delle voliere con funzione di richiamo, oppure di distanziare le voliere di almeno cinquecento metri tra loro per impedire la formazione di gruppi particolarmente numerosi. Potrà inoltre risultare di una certa utilità l'eventuale ricorso ad interventi di controllo a carico di popolazioni di predatori (cani e gatti vaganti, Volpe e Corvidi) nel caso la loro consistenza numerica risulti interferire in modo consistente sul successo di ambientamento della Starna. Scopo degli interventi di reintroduzione rimane comunque quello dell'insediamento sul territorio di una popolazione autosufficiente da un punto di vista riproduttivo; ne deriva che queste operazioni devono avere una durata temporale ben definita. Al di fuori di queste forme di re insediamento di popolazioni autosufficienti, realizzate mediante il ricorso a rigorose metodiche e tecniche operative solo dopo aver proceduto alla rimozione di eventuali cause ambientali che abbiano determinato l'estinzione della popolazione originaria, non si reputa opportuna la realizzazione di altri interventi di immissione, soprattutto se ispirati da esigenze di consumismo venatorio fine a sé stesso o quando non risultino adeguatamente corredati da seri progetti esecutivi; ciò vale per la generalità del territorio, ma in particolare per gli Ambiti territoriali di caccia. Una volta raggiunto l'obiettivo prefissato dal programma di reintroduzione si potrà valutare l'opportunità di lasciare il nucleo neo-costituito alla naturale colonizzazione del territorio circostante attraverso l'irradiamento della popolazione, oppure di includere, in toto o solo in parte, il territorio nell'ambito di un'area di caccia programmata dove il prelievo venga rigorosamente commisurato al surplus di produzione annua. Questo secondo approccio implica necessariamente l'adozione di moderne forme di gestione attiva della popolazione. FAGIANO (Phasianus colchicus) Miglioramento della capacità faunistica del territorio A differenza di altre specie selvatiche stanziali più esigenti dal punto di vista delle condizioni ambientali, il Fagiano può trovare una buona possibilità di insediamento anche in aree di pianura intensamente coltivata qualora sufficientemente dotate di siti utilizzabili per il rifugio, la nidificazione e il nutrimento. I residui boschi planiziali, le fasce a vegetazione golenale che delimitano i corsi d'acqua possono essere utilmente impiegati allo scopo a condizione che vengano assicurate condizioni minimali atte a soddisfare le esigenze ecologiche della specie. 300 300 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Altri utili interventi in grado di determinare ripercussioni positive sul successo riproduttivo sono il potenziamento della presenza di aree di rifugio (siepi, piccoli boschetti, zone a vegetazione spontanea), la limitazione degli sfalci dei foraggi e della vegetazione spontanea (banchine inerbite di canali, cavedagne e fossi) in particolare durante il periodo riproduttivo (da metà aprile a metà luglio). La presenza di sufficienti fonti alimentari durante la stagione invernale può svolgere un'importante funzione nel contenere le perdite durante questo periodo particolarmente critico. Al riguardo si può utilmente intervenire mediante la fornitura di alimento (semina di colture a perdere, distribuzione di granaglie). Anche nel caso del Fagiano l'incremento della sopravvivenza dei giovani può indurre significativi aumenti della consistenza autunnale della popolazione. Da qui l'importanza della realizzazione di interventi di miglioramento ambientale finalizzati, nel caso specifico, al potenziamento delle disponibilità trofiche (presenza di Artropodi) in particolare durante le prime tre settimane di vita dei pulcini. Determinazione della consistenza e della struttura di popolazione Come ogni altra specie selvatica oggetto di prelievo venatorio, il Fagiano andrebbe sottoposto ad un prelievo calcolato secondo piani di abbattimento stabiliti sulla base dei risultati di specifici censimenti. Questi possono essere effettuati secondo diverse modalità, tuttavia i migliori risultati si ottengono per mezzo di battute su aree campione (eventualmente con l'ausilio di cani da ferma all'interno di aree con copertura vegetale particolarmente fitta), attuate quando buona parte dei fagianotti hanno circa quattro - sei settimane di vita (seconda metà di luglio). In questo modo, attraverso il calcolo della densità della popolazione, del numero medio di individui per covata e del rapporto tra adulti e giovani dell'anno, è possibile stabilire la quota massima di esemplari prelevabile attraverso l'esercizio venatorio. Piani di prelievo Il piano di prelievo dovrebbe tenere in debita considerazione il rapporto sessi nell'ambito di una popolazione. Studi condotti al riguardo hanno evidenziato come per popolazioni prossime alla capacità portante del territorio sia possibile ipotizzare un prelievo a carico dei maschi fino al 75% della consistenza autunnale senza pregiudizio della stabilità della popolazione. Ciò in ragione della loro poligamia e della presenza quindi di una consistente frazione di soggetti non riproduttori. Nel caso delle femmine il prelievo non dovrebbe invece superare il 20% della consistenza accertata prima dell'inizio della stagione venatoria. Altri interventi di gestione Per ciò che riguarda il ricorso ad interventi di reintroduzione o ripopolamento valgono, in linea di massima, le considerazioni già espresse nella parte relativa alla Starna. Anche per il Fagiano andrebbe privilegiato l'impiego di materiale di cattura locale da usarsi per le immissioni primaverili e di giovani dell'anno per quelle estive. 301 301 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Diversi lavori sperimentali hanno dimostrato comunque come la sopravvivenza di soggetti allevati, da un inverno a quello successivo, sia poco più della metà di quella di soggetti naturali. Per ciò che invece riguarda gli effetti a lungo termine di ripetute immissioni di soggetti allevati all'interno di aree di caccia si è riscontrato come queste operazioni inducano, nel tempo, un generalizzato calo della produttività della popolazione; ciò a seguito dell'impatto proporzionalmente più consistente esercitato dal prelievo sui soggetti naturali. A seguito di ripetuti interventi di immissione si riduce sempre più il numero di soggetti naturali, soprattutto in presenza di un prelievo venatorio eccessivo, inducendo un incremento della frazione proveniente da allevamento, la quale però ha spesso evidenziato un successo riproduttivo inferiore. Il crescente impatto negativo, indotto dalle operazioni agricole sul successo riproduttivo di buona parte della piccola selvaggina stanziale, induce a consigliare l'apertura della stagione venatoria non prima della terza domenica di settembre. Ciò al fine di permettere la conclusione della fase di dipendenza alle sempre più frequenti nidiate di sostituzione. 3.6.2. Conservazione e gestione delle principali specie di interesse venatorio della Mammalofauna LEPRE COMUNE (Lepus europaeus) Criteri di gestione Una corretta gestione delle popolazioni di Lepre impone la necessità di affrontare tre obiettivi prioritari: la conservazione ed il miglioramento degli ecosistemi agrari, la realizzazione di un prelievo venatorio commisurato alla produttività naturale e un'azione di salvaguardia nell'ambito di territori appositamente vincolati. Il miglioramento ambientale Attraverso gli interventi di miglioramento ambientale si tende a ridurre le conseguenze derivanti da alcuni fattori limitanti di carattere ambientale e, in definitiva, ad aumentare la capacità recettiva del territorio nei confronti di una determinata specie selvatica. Si è già avuto modo di osservare che in tempi relativamente recenti soprattutto gli ambienti agricoli hanno subito profonde trasformazioni, spesso legate ad una semplificazione di questi ecosistemi (monocolture, monosuccessioni, ricomposizione fondiaria, ecc.). Dovendo realizzare un programma d'interventi per migliorare la recettività faunistica di un territorio nei confronti della Lepre, occorre innanzi tutto procedere ad un'accurata analisi delle condizioni ambientali allo scopo di individuare le carenze più consistenti e, su questa base, si dovranno poi definire sia gli aspetti tecnici, sia gli strumenti di carattere organizzativo più opportuni per attuare gli specifici interventi sul campo. Tra gli strumenti di carattere organizzativo assumono naturalmente un particolare rilievo le intese con gli agricoltori dei 302 302 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio territori interessati. Certo non si può pensare di poter cambiare il corso dell'evoluzione agricola, ma occorre essere consapevoli che è possibile far ricorso anche a strumenti e pratiche compatibili con le comprensibili esigenze del mondo agricolo e, d'altra parte, si possono stabilire accordi su base economica, così come previsti anche dalla legge 157/92. La stessa politica della Comunità Economica Europea, che prevede sovvenzioni per favorire la messa a riposo di una quota dei terreni seminativi (set-aside), oppure le disposizioni e gli scopi previsti dai programmi di "estensivizzazione" e da quelli cosiddetti "agro-ambientali", inseriti nella recente riforma della politica agraria comunitaria, rappresentano una buona opportunità per migliorare a fini faunistici gli ecosistemi agrari più manomessi. In linea generale gli interventi in questo senso debbono tendere ad accrescere il grado di diversità ambientale, favorendo una buona presenza sia delle colture foraggere e dei cereali autunno-vernini, importanti per l'alimentazione della lepre, sia di adeguate aree di rifugio (utili però anche per l'alimentazione) come le siepi, i boschetti, le zone cespugliate, gli incolti produttivi, ecc. Tali interventi è bene che siano distribuiti in modo uniforme nei settori più bisognosi o carenti, in modo da integrare le dotazioni naturali delle singole zone. L'approccio deve quindi adeguarsi alle peculiari caratteristiche del territorio in esame. E' così che, ad esempio, nelle zone caratterizzate da estese colture industriali (mais, ecc.) a semina primaverile, spesso realizzate su appezzamenti di grandi dimensioni, è necessario predisporre la semina di fasce con cereali autunno-vernini o con foraggere su almeno l'1-3% della superficie, in modo da sopperire alla carenza di vegetazione nel periodo invernale ed aumentare l'indice di ecotono. In modo analogo nelle zone con estese coltivazioni di cereali autunno-vernini appare utile la predisposizione di fasce coltivate a foraggere (in particolare con leguminose) e il ripristino di siepi, boschetti ed altre componenti con vegetazione spontanea su di una superficie di almeno lo 0,1-0,4% del territorio. Poichè un'elevata incidenza delle aree boschive (oltre il 25-30%), soprattutto se compatte e con scarso sottobosco, può interferire negativamente sulla densità della Lepre, nell'ambito delle zone collinari e montane l'azione di miglioramento ambientale deve tendere a limitare i fenomeni di imboschimento naturale delle aree divenute marginali per l'agricoltura, poiché difficilmente meccanizzabili o poco fertili. In questi casi può essere sufficiente anche una periodica trinciatura della vegetazione erbacea ed arbustiva, da eseguirsi però a fine luglio o preferibilmente in agosto. Più opportunamente è utile procedere alla coltivazione di queste aree con cereali autunno-vernini o altre specie appetite dalla Lepre, da scegliersi in relazione alle caratteristiche climatiche e pedologiche della zona (Tab. successiva). Allo stesso tempo anche la realizzazione di modeste radure all'interno delle compagini boschive, soprattutto nei versanti soleggiati, è pratica raccomandabile per la gestione della lepre e di numerose altre specie selvatiche. Queste aree vanno periodicamente curate per evitare la naturale ripresa della vegetazione arbustiva ed arborea. 303 303 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Coltivazioni utili alla Lepre. Specie Caratteristiche dei suoli Epoca di semina erba medica trifogli lupinella profondo e fertile varie calcarei anche ghiaiosi febbraio-marzo marzo autunno e primavera Sulla argilloso-calcarei autunno e primavera ginestrino veccia primavera varie primavera settembre e veccia pelosa primavera pisello da foraggio lupino dolce barbabietola da foraggio e da zucchero varie settembre e varie sciolti leggermente acidi autunno autunno profondi di medio impasto febbraio-aprile carota carota da foraggio rapa colza (*) vari vari freschi argillosi marzo-aprile primavera settembre settembre-ottobre ravizzone sciolti settembre-ottobre senape cavolo da foraggio verza radicchio topinambur frumento, orzo, avena e segale vari profondi di medio impasto profondi di medio impasto profondi di medio impasto vari settembre-ottobre aprile-giugno aprile-giugno maggio-giugno aprile vari settembre-ottobre mais loietto loiessa festuca dei prati erba mazzolina, agrostide, poa comune e poa annua vari, ma freschi freschi di medio impasto profondi di medio impasto poveri, anche ghiaiosi maggio primavera primavera primavera poveri, anche siccitosi primavera (*) evitare le varietà doppio zero. Molto spesso si osserva che il passaggio dai campi coltivati alla compagine boschiva o alla vegetazione cresciuta ai margini dei corsi d'acqua, o delle stesse siepi, avviene in modo assai netto, essendo oggi possibile eliminare con grande facilità, con l'uso delle macchine agricole, il margine erboso che si sviluppa naturalmente tra queste componenti; la conservazione di tali bordure appare invece assai utile poichè rappresentano un'importante risorsa alimentare e di 304 304 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio rifugio per la selvaggina in genere. Si noti che sotto il profilo agricolo le fasce coltivate immediatamente a ridosso della vegetazione arborea sono tra le meno produttive, per cui il loro utilizzo a fini faunistici risulta poco oneroso sul piano economico. In generale, infatti, per gli interventi di miglioramento ambientale si tende a sfruttare le modeste aree non utilizzate dall'agricoltura o che presentano un interesse secondario sotto il profilo economico, sia che si tratti di favorire la presenza di vegetazione spontanea e permanente, sia per realizzare delle apposite coltivazioni. Si consideri inoltre che nei terreni di pianura intensamente coltivati anche la semplice conservazione del 50% delle scoline inerbite rappresenta già un fattore positivo per la Lepre ed è quindi evidente come l'adozione su vasta scala della recente tecnica di drenaggio sotterraneo dei campi risulti negativa per la gestione faunistica. Determinazione della consistenza e della struttura delle popolazioni Tra i parametri demografici più importanti da considerare nella gestione delle popolazioni di Lepre vi sono, oltre ai fenomeni di emigrazione e di immigrazione, i tassi di natalità e di mortalità. In particolare occorre sottolineare la notevole variabilità del tasso di mortalità dei leprotti da un anno all'altro e da zona a zona, fenomeno che condiziona pesantemente la disponibilità di capi in autunno e quindi l'entità del prelievo ammissibile. La mortalità degli adulti nel periodo primaverile-estivo è invece meno variabile e, poichè risulta difficile da accertare sul campo, può essere considerata come suo valore medio (20%) rispetto alla consistenza di fine inverno (salvo la necessità di adottare correttivi nel caso si manifestino insoliti fenomeni di mortalità). Nella formulazione del piano di prelievo occorre inoltre prevedere che al termine della stagione venatoria si verificano ulteriori perdite a carico della popolazione residua, in genere preventivabili nella misura del 25-30% dei capi presenti a fine caccia (o a fine autunno). Tale mortalità deve essere comunque accertata direttamente attraverso i censimenti di fine inverno ed indurre agli eventuali correttivi nella definizione del successivo piano di prelievo. Per il controllo della dinamica di una popolazione di Lepri l'accertamento della sua densità o della consistenza rappresenta un'operazione essenziale sotto il profilo tecnico. Tuttavia, non sempre ciò è possibile, in particolare in certi periodi o in alcuni contesti ambientali ed organizzativi. In questi casi può essere preferibile il ricorso all'acquisizione dei cosiddetti "indici di abbondanza relativa" di più semplice determinazione. Questi indici non permettono di ricavare la densità assoluta della specie, ma consentono di rilevare la tendenza della popolazione all'accrescimento o alla diminuzione rispetto a determinati periodi precedenti. Si tratta infatti di rapportare la presenza delle Lepri ad una costante diversa dalla superficie, come la lunghezza di un percorso, il tempo di osservazione o altre variabili che possono essere più facilmente rilevate. Anche i cosiddetti "indici cinegetici di abbondanza relativa", ovvero il numero medio di capi abbattuti durante l'esercizio venatorio in rapporto allo sforzo di caccia, sono utilizzabili per valutare la tendenza di una popolazione sul lungo 305 305 Provincia di Crotone periodo. Piano Faunistico-Venatorio Gli stessi carnieri annuali, se considerati come serie "storica", possono fornire qualche buona indicazione in tal senso e spesso sono utilizzati per programmare empirici piani di abbattimento in mancanza di parametri di valutazione più attendibili. 1) Il censimento in battuta Si tratta di una tecnica di censimento possibile nei più svariati contesti ambientali e, teoricamente, in ogni stagione. Le battute si svolgono con l'intento di "rastrellare" un determinato territorio, in modo tale da garantirsi l'avvistamento di tutte le Lepri presenti, e vedono l'impiego di un numero di persone rapportato alla larghezza del fronte di battuta e al grado di copertura vegetale del terreno. Pertanto, se il percorso di censimento si sviluppa su di un'area diversificata sotto il profilo vegetazionale, la distanza tra i battitori dovrà essere stabilita in considerazione di quella necessaria per esplorare la componente vegetale più folta e coprente. Tenuto conto della fenologia della vegetazione più comune nel territorio di ciascuna unità di gestione la distanza consigliabile tra i battitori può essere ritenuta la seguente: territori collinari e montani da 3 a 5 m, territori pianeggianti a policoltura da 5 a 8. In presenza di comprensori di modesta estensione la battuta può interessare l'intero territorio oggetto di censimento, tuttavia di regola si preferisce esplorare una zona o fascia campione (almeno il 10% della superficie totale), scelta affinché risulti rappresentativa dell'intera area in esame; dalla scelta accurata della zona campione dipende naturalmente il buon esito del censimento. A tal fine è certamente auspicabile l'uso di una cartografia aggiornata con l'uso del suolo in scala 1:2.000 o 1:5.000. Qualora, per qualche motivo, non risulti possibile procedere ad una determinazione precisa della rappresentatività del campione di territorio prescelto, i dati raccolti possono essere utilizzati almeno come indice di abbondanza relativa della specie, a condizione che la metodica rimanga rigorosamente costante nel tempo e non intervengano significative modificazioni ambientali. Nel caso dei censimenti su fasce campione la larghezza consigliabile della battuta risulta di m 150 in pianura e di solo m 100 in collina e montagna a causa delle maggiori difficoltà di manovra sul campo. Con questa tecnica è importante che il percorso di censimento sia ben definito sul terreno da precisi punti di riferimento (margini di appezzamenti, siepi, piante isolate, bandierine, picchetti, ecc.), in modo da evitare restringimenti o allargamenti del fronte della battuta. Per un corretto svolgimento delle operazioni è peraltro importante che i battitori siano affiatati tra loro in modo da mantenere un buon allineamento e la distanza 306 306 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio prestabilita. Per la previsione dei tempi di percorrenza si consideri che la velocità media di avanzamento della battuta può oscillare tra 1,5 e 3 Km/h a seconda delle caratteristiche del terreno. Oltre ai battitori è spesso necessario disporre di osservatori opportunamente appostati (badatori), i quali hanno l'incarico di contare le Lepri scovate in zone difficilmente controllabili dai battitori per la presenza di vegetazione arborea o arbustiva, oppure per l'orografia del suolo. La disponibilità di un collegamento via radio tra il fronte di battuta e gli osservatori facilita questo compito e limita il rischio dei doppi conteggi. 2) Il censimento notturno con fari Per le sue caratteristiche comportamentali la lepre risulta più facilmente contattabile nelle ore notturne, particolarmente nel periodo di riposo vegetativo e nelle zone pianeggianti aperte. Il principio utilizzato per questa tecnica di censimento è analogo a quello del censimento in battuta su fascia campione, ma la perlustrazione avviene a mezzo di uno o due fari alogeni manovrati da altrettanti operatori su un'auto fuoristrada. Anche in questo caso la tecnica può essere utilizzata per la raccolta di indici di abbondanza relativa in presenza di condizioni ambientali ed organizzative non sufficienti per la stima della densità. D'altra parte, se si considera che le Lepri hanno l'abitudine di raccogliersi nelle ore notturne in zone aperte per alimentarsi, nonchè per ragioni di maggiore sicurezza nei confronti dei predatori, perlustrando queste zone coi fari è possibile osservare buona parte delle Lepri che vivono su comprensori più ampi e ricchi di vegetazione. Il censimento notturno con fari offre il vantaggio di essere praticabile da un limitato numero di persone: un autista, che all'occorrenza può occuparsi anche dell'annotazione degli avvistamenti (diversamente occorre un altro collaboratore) e uno o due osservatori con faro a seconda che si controlli da uno o due lati contemporaneamente. Le attrezzature di cui occorre disporre sono rappresentate da un fuoristrada (necessario per muoversi su strade secondarie nel periodo autunno-invernale) aperto per consentire agli osservatori una maggiore visuale e per mantenere il fascio luminoso più incidente rispetto al terreno, da uno o due fari alogeni con luminosità di 750.000-1.000.000 di candele, da un binocolo (ideale l'8 x 56) per verificare gli avvistamenti dubbi e da una dettagliata cartografia (scala 1:2.000 o 1:5.000), possibilmente con l'uso del suolo. La preparazione del percorso campione deve essere molto accurata in modo che risulti rappresentativo di tutto il territorio (circa il 20% della superficie); si consideri anche la necessità di evitare le conversioni ad U più strette di m 400 per prevenire eventuali 307 307 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio doppi conteggi. Infatti, se la tecnica consente di osservare le Lepri fino ad una distanza di oltre m 250 (grazie al riflesso degli occhi), motivi di prudenza consigliano di definire una fascia di esplorazione di regola non superiore a m 150 per faro. Non tutte le Lepri sono in effetti avvistabili grazie al riflesso dell'occhio e alcune vengono individuate anche dopo verifica con il binocolo. Dal punto di vista operativo occorre procedere con l'auto ad una velocità di 8-10 Km/h, eseguendo eventuali soste per chiarire possibili dubbi, mentre gli osservatori devono mantenere il fascio luminoso perpendicolare al percorso allo scopo di sfruttare meglio la potenza del faro. Di norma il censimento si svolge da un'ora dopo il tramonto a mezzanotte circa. Naturalmente è necessario che vi siano condizioni meteorologiche adatte, evitando le serate con scarsa visibilità, pioggia, neve al suolo, vento forte e temperature inferiori allo zero. Per una stima più attendibile della densità di popolazione occorre eseguire almeno tre ripetizioni del percorso di censimento in un periodo di tempo ristretto e, nel caso si riscontri un'elevata variabilità dei dati, è consigliabile procedere ad ulteriori accertamenti. La stima va eseguita considerando il valore medio dei dati raccolti, dovendo ridurre l'effetto dei possibili spostamenti delle Lepri sul territorio. L'eventuale presenza di dati chiaramente anomali per possibili interferenze negative deve indurre alla loro eliminazione in fase analitica. Una variante a questa tecnica di censimento consiste nell'esecuzione di esplorazioni da punti fissi predefiniti e consolidati nel tempo per le osservazioni. Questo metodo si presta maggiormente ove non risulta possibile definire un organico percorso di censimento. 3) Analisi dei carnieri L'analisi dei carnieri annuali realizzati in un determinato territorio di caccia rappresenta una fase importante nella gestione di una popolazione di Lepri. Le informazioni ottenibili in tal modo sono numerose e di rilievo. La semplice rilevazione dell'entità del carniere complessivo attraverso l'esame dei tesserini venatori specifici per i singoli territori di caccia è essenziale ai fini della programmazione del prelievo e di una migliore regolamentazione della caccia. Soprattutto se si considera l'attuale fase di non soddisfacente organizzazione dell'attività venatoria e la necessità di addivenire ad una sua razionalizzazione nel prossimo futuro, sembra necessario procedere innanzi tutto alla definizione di una fase intermedia ove il prelievo venatorio sia fondato su una programmazione che almeno consideri come termine di riferimento la serie dei carnieri pregressi e la loro tendenza nel tempo. Questa forma di approccio, pur essendo in uso già da molti anni e su larga scala 308 308 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio nella generalità dei Paesi europei, è ancora oggi assai diffusa e considerata come base minima per una corretta gestione delle popolazioni di Lepre, così come per altre specie stanziali. Da questa analisi è altresì possibile osservare la fenologia del prelievo nell'arco della stagione venatoria che dovrebbe essere posto in relazione allo sforzo di caccia operato. Risulterebbe inoltre di grande utilità poter rilevare il rapporto giovani/adulti, che indica sostanzialmente l'andamento della stagione riproduttiva, ovvero il successo riproduttivo della specie su di un determinato territorio, al quale dovrebbe essere evidentemente commisurato il prelievo ammissibile per una efficace conservazione della specie. Le tecniche di riconoscimento dei giovani (nati dell'anno) rispetto agli adulti sono sostanzialmente due. La prima si basa sulla palpazione del cosiddetto tubercolo di Stroh, posto tra la diafisi e l'epifisi distale dell'ulna. Per la sua praticità essa si presta per un uso corrente nei territori di caccia ove non esista personale e può essere applicata anche su animali vivi catturati, ad esempio, nelle Zone di ripopolamento e cattura per una loro migliore gestione. In tal modo è possibile riconoscere i giovani fino all'età di 8-9 mesi, per cui da ottobre in poi una certa percentuale di questi non è più riconoscibile. La seconda tecnica si fonda sull'incremento di peso del cristallino dell'occhio, che si verifica in relazione all'età del soggetto. Pur essendo di semplice applicazione, questa tecnica deve essere utilizzata da personale preparato. Il pressoché suo vantaggio risiede assoluta nella determinazione dell'età e nella possibilità nella precisione di acquisire altre informazioni, quali la presenza di momenti critici per la sopravvivenza dei giovani nell'arco della stagione riproduttiva (infatti è possibile stimare con buona attendibilità il bimestre di nascita delle Lepri dell'anno) e la presenza di possibili squilibri nella struttura della popolazione in base all'età (dovuti esempio ad un'elevata pressione venatoria). Conoscendo la consistenza primaverile di una determinata popolazione di Lepre (condizione pre-riproduttiva) attraverso le tecniche di censimento descritte ed il rapporto giovani/adulti all'inizio della stagione venatoria è possibile stimare la sua consistenza ad inizio caccia (considerando un tasso medio di sopravvivenza dei riproduttori nel periodo primaverileestivo di 0,8 ed un rapporto sessi di 1:1). Infatti, posto che R sia il numero di riproduttori a fine-inverno e G il numero medio di giovani per adulto all'inizio della stagione 309 309 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio venatoria (accertato sul 50% di un prudenziale piano di prelievo), consistenza C della popolazione può essere stimata mediante la seguente formula: C = 0,8 R (G + 1) I piani di prelievo Una corretta gestione delle popolazioni di Lepre non può prescindere da un loro utilizzo razionale secondo piani di prelievo commisurati al successo riproduttivo della specie, ed anzi questi sono finalizzati ad ottimizzare il prelievo rispetto alla necessità di conservare una adeguata quota di soggetti per la successiva stagione riproduttiva. Occorre comunque considerare che al termine della stagione venatoria le Lepri sono soggette ad ulteriori perdite invernali e che un certo numero di capi non vengono recuperati nel corso della caccia, per cui dimensionando il prelievo occorre rispettare una quota d'individui superiore del 25-30% rispetto alla consistenza prevista per fine- inverno (l'entità di queste perdite può comunque essere verificata a seguito del censimento di fine-inverno). Pertanto, nell'ipotesi di voler conservare come tale la densità di una data popolazione e tenuto conto dei parametri di sopravvivenza già considerati, se L rappresenta la quota di capi da mantenere dopo l'esercizio venatorio, il prelievo P può essere definito come segue: P = C - L ovvero, 1 P = 0,8 R (G+1) ______ R 0,75 Ciò considerato, si nota che la maggior fonte di condizionamento del prelievo P (a pari densità dei riproduttori R) è rappresentata dal numero medio di giovani per adulto ad inizio caccia (G), che in effetti è suscettibile di variazioni importanti, potendo oscillare da 0,5 fino a 3-3,5 a seconda del diverso successo riproduttivo di ogni popolazione. Altri interventi di gestione Numerosi sono gli accorgimenti che, se adottati con competenza ed impegno, possono contribuire a migliorare notevolmente la gestione delle popolazioni di Lepre. Tra questi si ricorda la necessità di mantenere o di costituire un'estesa ed efficiente rete di zone protette e/o di produzione, ove sia possibile realizzare un'adeguata azione di salvaguardia della specie attraverso la conservazione di popolazioni sufficientemente consistenti, anche per un loro naturale irradiamento nei territori circostanti, e dove sia possibile realizzare 310 310 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio periodici prelievi per fini di ripopolamento. Risultano, inoltre, utili tutti gli accorgimenti in grado di limitare l'impatto delle moderne tecniche di coltivazione (pesticidi, meccanizzazione, ecc.), nonchè, ovviamente, del bracconaggio. Il controllo del randagismo, sia dei cani che dei gatti rinselvatichiti, ma localmente anche della Volpe, può contribuire a limitare le perdite a carico dei leprotti e quindi a migliorare il successo riproduttivo della specie. Oggi, soprattutto dopo la diffusione della "European Brown Hare Syndrome" (E.B.H.S.), anche il controllo sanitario sembra assumere un importante rilievo nella gestione delle popolazioni di Lepre. Il ripopolamento Il ripopolamento è stata una pratica molto utilizzata nella provincia di Crotone e possiamo affermare che ha avuto un carattere prettamente consumistico e non già di vera ricostituzione delle popolazioni naturali. Molto spesso, infatti, i ripopolamenti sono stati eseguiti senza una programmazione adeguata che potesse verificare in primo luogo se il territorio presentava ancora caratteristiche ambientali idonee alla specie e, in secondo luogo, se sussistevano ancora le cause all'origine della sua rarefazione (in caso contrario è evidente che il ripopolamento non potrà avere alcuna possibilità di successo). Le Lepri potenzialmente da utilizzare per le immissioni sono sostanzialmente di tre diverse origini: di allevamento, di cattura locale e di importazione. Sembra quindi utile proporre un sintetico esame dei vantaggi e delle problematiche connesse al loro impiego nel ripopolamento. 1) Lepri di allevamento Le iniziative di allevamento della Lepre traggono sostanzialmente origine dall'esigenza di far fronte all'elevata pressione venatoria esistente nel nostro Paese e dal tentativo di affrancarsi dalle massicce importazioni di questa specie dall'estero, per una serie di ragioni carattere tecnico ed economico. Da alcuni anni di sono disponibili i risultati di prove sperimentali di ripopolamento eseguite utilizzando animali allevati con tecniche diverse. Occorre tuttavia precisare che le esperienze più organiche in materia si riferiscono a Lepri allevate in stretta cattività (in gabbia), mentre minori sono le informazioni sulle Lepri allevate in recinto (soprattutto se di dimensioni relativamente elevate). In sintesi i risultati emersi da queste prove evidenziano una grande vulnerabilità di questi soggetti rispetto ai 311 311 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio vari fattori della selezione naturale, con una sopravvivenza che si aggira attorno al 1520% nel caso dei giovani di 60-90 giorni d'età liberati in estate, e ancora più bassa nel caso di animali sub-adulti ed adulti liberati in autunno e in inverno. Una preventiva fase di pre-ambientamento (in allevamento) o di ambientamento (nei luoghi dell'immissione) all'interno di aree recintate non ha fornito risultati sostanzialmente diversi rispetto all'immissione diretta, probabilmente a causa di più importanti fattori limitanti, tra cui sembrano assumere particolare rilievo quelli di tipo comportamentale nei confronti dei predatori. D'altra parte bisogna considerare che anche le giovani Lepri in natura sono sottoposte ad una pesante selezione ancora prima dell'apertura della caccia. 2) Lepri di importazione A prescindere dai risultati ottenibili con le Lepri importate da altri Paesi, il loro impiego nelle operazioni di ripopolamento richiede necessariamente una premessa di carattere generale. sottospecie Infatti, l'immissione alloctone di determina massicci fenomeni quantitativi di di inquinamento esemplari genetico appartenenti a carico a delle popolazioni di Lepre italiane, alterando l'originario assetto genico. Inoltre, tale pratica rende possibile l'introduzione di forme patogene nuove nel nostro Paese o più semplicemente a livello locale, ma con prevedibili ripercussioni sulle popolazioni autoctone. Normalmente si osserva infatti come le popolazioni di animali selvatici vivano in una sorta di sostanziale equilibrio con una serie di agenti infettivi e parassitari potenzialmente patogeni. L'introduzione di nuovi agenti patogeni in una determinata area può invece essere all'origine di più accentuati fenomeni di mortalità, anche a carattere epizootico, almeno fino a quando non si sia raggiunta una nuova condizione di equilibrio. Per quanto riguarda la semplice sopravvivenza di queste Lepri sono noti i risultati di molte prove realizzate in Francia. Controlli eseguiti su di un centinaio di territori di caccia hanno consentito di accertare un tasso di ripresa medio del 20%, con valori estremi del 30% e del 3%. In altri casi si è registrato il 15, 17, 16, 12 e 15% di ripresa a seguito di altrettante prove di ripopolamento. 3) Lepri di cattura locale In Italia vengono prodotte annualmente alcune decine di migliaia di Lepri nelle Zone di ripopolamento e cattura o nei Centri di produzione della selvaggina allo stato naturale. A dispetto del quantitativo così elevato di capi utilizzati e dell'importanza attribuita alle operazioni di produzione naturale della specie, assai scarse sono le conoscenze circa i risultati ottenuti con la loro immissione. 312 312 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Alcune prove realizzate in altri Paesi evidenziano comunque risultati piuttosto difformi, anche in relazione alla diversa capacità recettiva dei singoli territori ed alla densità delle Lepri già presenti sul territorio. In ogni caso le percentuali di sopravvivenza nel corso della successiva stagione venatoria non superano il 50% dei capi liberati e più spesso risultano del 20-30%, a conferma delle difficoltà che la Lepre incontra allorquando viene traslocata su altri territori. Naturalmente, per le caratteristiche qualitative intrinseche di questi soggetti e per lo stress che essi subiscono, molto minore rispetto agli esemplari di altra provenienza, sono senza dubbio da preferirsi nelle operazioni di ripopolamento. Se si considerano l'elevato tasso di mortalità e la dispersione delle Lepri oggetto di ripopolamento, affinché vi siano le maggiori possibilità di successo di dette operazioni occorre che le immissioni avvengano sulla base di un'adeguata programmazione su aree ben circoscritte, utilizzando un consistente numero di esemplari (circa una decina di capi per 100 ettari). Ciò anche per soddisfare la necessità di costituire almeno una primitiva struttura della futura popolazione e rendere possibile l'instaurarsi dei necessari contatti sociali. CINGHIALE (Sus scrofa) Determinazione della capacità faunistica del territorio in termini quantitativi Modelli di valutazione ambientale Nel caso del Cinghiale la densità agro-forestale è spesso assai inferiore alla densità biologica e il suo mantenimento comporta da parte dell'uomo un'attività di controllo atta a contrastare la naturale tendenza della popolazione a raggiungere la capacità portante del sistema. I molteplici fattori che influenzano la recettività dei singoli ambienti non consentono di fornire valori numerici generalizzabili circa la densità biologica né tantomeno quelli relativi al carico di animali accettabile. La diversa attendibilità dei metodi di stima o censimento applicati a popolazioni di Cinghiale e riportati in letteratura rendono difficilmente confrontabili le densità di animali anche in ambienti simili; variazioni sensibili di densità possono verificarsi inoltre nell'ambito dello stesso territorio, ad esempio in anni caratterizzati da diversa disponibilità alimentare. Vengono forniti, per gli ambienti mediterranei, valori di densità biotica variabili da 2-4 a 5-10 (fino a 25) capi per 100 ettari. In realtà è verosimile che la foresta e la macchia mediterranea o submediterranea, con la varietà di specie quercine e la scolarità temporale dell'offerta di frutti selvatici che le contraddistingue, rappresentino l'optimum ecologico originario per la specie che in tali ambienti può raggiungere densità assai più elevate (in assenza di foraggiamento artificiale) rispetto 313 313 a quelle generalmente mostrate dalle Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio popolazioni dell'Europa centrale ed orientale. Competizione interspecifica L'impatto del Cinghiale sulle zoocenosi assume aspetti molto variabili in relazione alle diverse specie considerate, ma riguarda essenzialmente il comportamento alimentare. Laddove risorse fondamentali da punto di vista trofico, quali ghiande, castagne e faggiole, siano presenti in quantità limitate, il Cinghiale si configura come competitore rispetto ad altri animali. E' ipotizzabile dunque una sovrapposizione, almeno parziale, di nicchia trofica con altri Ungulati (in particolare il Cervo e il Daino) che condividono le scelte alimentari del Suide, sebbene questo non sembri pregiudicare la coesistenza delle diverse specie. Agendo in parte come predatore, il Cinghiale determina un l'impatto rilevante sui micro- e macromammiferi del suolo, attivamente ricercati durante il rooting. Roditori e insettivori vengono predati in maniera sensibile ma, sebbene in modo più occasionale, entrano a far parte della dieta del Cinghiale anche giovani Lagomorfi, Carnivori ed Ungulati. Controverso fra gli studiosi risulta il valore da attribuire alla predazione del Cinghiale su altri vertebrati quali rettili, anfibi, uccelli, spesso considerata più casuale che sistematica. In alcuni casi si è trovato che il Cinghiale ha un ruolo insignificante nella predazione sui nidi di uccelli terricoli, ma in altri sembra accertato che la presenza del Suide possa provocare una contrazione numerica nelle popolazioni di Fagiano per distruzione dei nidi. Un'ultima considerazione riguarda il Cinghiale in quanto preda dei grossi carnivori. In Paesi ancora popolati da Linci, Lupi, Orsi, i Cinghiali (soprattutto gli individui appartenenti alle classi giovanili) possono costituire percentuali rilevanti della dieta di questi carnivori. Anche in Italia i risultati di recenti indagini sullo spettro alimentare del Lupo indicano come il Cinghiale risulti la specie più importante, in termini di biomassa, nell'ambito della frazione costituita dagli animali selvatici. Danni all'ambiente Le interazioni che una popolazione di Cinghiale contrae con le fitocenosi naturali, così come con gli ecosistemi agrari, variano in maniera sensibile non solo da area ad area ma anche, nell'ambito della stessa zona, se considerate in anni successivi. Onnivoro per eccellenza, il Cinghiale è in grado di modificare la propria dieta in funzione delle disponibilità trofiche offerte dai vari ambienti; le richieste energetiche quotidiane variano inoltre in funzione dell'età, delle condizioni fisiologiche e del periodo dell'anno. Il regime alimentare risulta in prevalenza composto da bulbi, rizomi, radici, frutti; l'analisi delle feci e del contenuto stomacale di individui abbattuti ha rivelato alimenti di origine animale solitamente non superiori al 10% del volume totale. Le abitudini alimentari di una popolazione di Cinghiale sono influenzate da molteplici fattori relativi sia a caratteristiche intrinseche della popolazioni stesse, quali densità, composizione per classi d'età e per gruppi, che a elementi specifici dell'ecosistema. Circa gli effetti della densità si registrano pareri discordi fra gli studiosi: secondo alcuni 314 314 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Autori i danni provocati alla vegetazione dal Cinghiale non dipendono dalla densità di individui presenti, mentre altri sottolineano la significatività di tale relazione. Uno studio effettuato in Camargue sulle preferenze alimentari delle diverse classi d'età di Cinghiale evidenzia come il contenuto medio stomacale degli adulti sia rappresentato da maggiori quantità di alimenti di origine vegetale rispetto a quello di giovani e sub adulti; adulti e sub adulti assieme consumano invece più e parti vegetali ipogee rispetto ai giovani. Tra i fattori dell'ecosistema che influenzano le scelte alimentari del Cinghiale si annoverano la fenologia e la produttività delle varie essenze vegetali così come la disponibilità di specie coltivate. La risposta del sistema all'impatto di una popolazione di Suidi è in stretta relazione con lo stadio serale raggiunto dall'ecosistema stesso: più l'insieme appare evoluto, cioè costituito da una molteplicità di organismi interagenti, più le possibilità di far fronte a una perturbazione si fanno elevate. Nel caso dell'impatto del Cinghiale, si assiste spesso ad una sensibile diminuzione della biomassa vegetale, fortemente ridotta quantitativamente ma non nel numero di specie. Alcuni studi hanno evidenziato invece cambiamenti nelle associazioni vegetali utilizzate dal Cinghiale: in prati e pascoli le graminacee sono state sostituite da altre essenze erbacee quali, ad esempio, Potentilla anserina. Esperimenti effettuati confrontando aree recintate con zone adiacenti accessibili al pascolo dei selvatici hanno mostrato il forte impatto che il Cinghiale ha sulle specie vegetali appetite: la densità della copertura della flora primaverile è aumentata in recinto fino a quattro volte quella delle aree pascolate, mentre Claytonia virginica, una specie erbacea della famiglia delle Portulacacee, ha subito una riduzione di biomassa da 607 Kg/ha a 138 Kg/ha. Da tali studi è emerso che le essenze erbacee appetite dal Cinghiale si stabilizzano, dopo circa 20 anni, su livelli di biomassa inferiori a quelli precedenti la presenza del Suide, senza comunque estinguersi. Il recupero, in aree in cui il Cinghiale è stato eliminato, si verifica entro 1-3 anni per le piante erbacee mentre il processo è più lento per le radici legnose. La fenologia e la produttività di specie quali la quercia o il faggio, i cui frutti rivestono un'enorme importanza nell'alimentazione autunnale di molti Ungulati, assumono un ruolo determinante nel condizionare la dinamica di popolazione del Cinghiale. E' stato infatti provato che una diminuita produzione di ghianda provoca un netto declino nell'attività ovarica delle femmine diminuendone così il successo riproduttivo. L'abbondanza di ghianda sembra anche in relazione diretta con l'inizio della stagione riproduttiva più o meno ritardata a seconda della disponibilità dei frutti. E' noto come il succedersi di cinque anni di forte innevamento e bassa produzione di ghianda nella foresta di Bialowieza (Polonia) abbiano decimato la popolazione locale di Cinghiale, scesa da poco più di un migliaio di capi nel 1951 a circa 200 nel 1956. In carenza di alimenti reperibili in bosco, il consumo di piante coltivate, quali ad esempio cereali, patate, girasole, sembra aumentare in notevole misura. Laddove non esiste la possibilità di rivolgersi alle coltivazioni, il Cinghiale compie migrazioni 315 315 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio per procurarsi il cibo necessario. In tali casi, la simultanea convergenza di molti animali in aree anche di dimensioni limitate, crea un forte impatto sulla vegetazione, peraltro limitato nel tempo dalla durata dell'offerta alimentare. Gran parte del cibo utilizzato dal Cinghiale è reperibile sotto terra: oltre all'influenza diretta esercitata sulle specie di cui il Suide si nutre, esiste un altro aspetto, di estrema importanza, legato alle conseguenze dell'attività di scavo (rooting). Tale attività, effettuata per reperire radici, tuberi e piccoli invertebrati presenti nel suolo, è in relazione alle condizioni del substrato: risulta maggiore dopo una pioggia o in suoli sciolti (ad esempio sabbiosi) e appare ostacolata dalla neve o dal terreno gelato. Gli effetti sono molteplici; il rooting, se intenso, provoca un forte degrado della copertura erbacea del suolo con conseguente pericolo di erosione. Secondo alcuni Autori il manto vegetale diminuirebbe dell'87% rispetto alle condizioni originarie, mentre la proporzione di terreno nudo aumenterebbe dallo 0 all'88%. Il rapporto del Cinghiale con gli ecosistemi agrari si risolve in un impatto diretto, dovuto a prelievo delle diverse specie coltivate, e in un'azione indiretta, causata dal calpestio e dall'attività di scavo che danneggiano le piante mettendone a nudo le radici. I danni che ne derivano possono avere un notevole peso sulle attività umane, ragione forse per cui tale aspetto risulta più studiato rispetto ad altri. E' opportuno individuare quei fattori che, interagendo con le popolazioni di Cinghiale, ne indirizzano le scelte alimentari verso colture quali cereali, patate, girasole, vigneti. L'alto valore energetico di queste ultime, unito alla concentrazione spaziale delle risorse stesse, giustifica in parte le preferenze dei Suidi, che tendono a ottimizzare il rapporto costi/benefici. In generale il grano viene sistematicamente utilizzato quando si trova in aree relativamente prive di disturbo antropico e lo sviluppo dei margini fra zone boscate e coltivi risulta direttamente proporzionale alla presenza dei Suidi. Il valore dell'estensione di tali ecotoni per il Cinghiale è spiegabile come alternanza ideale di luoghi di rifugio e/o riposo e ricche aree di pastura. Secondo vari Autori sussiste un rapporto inversamente proporzionale fra intensità di frequentazione delle colture e disponibilità di alimenti quali ghiande e faggiole in bosco. Principale fattore di regolazione dell'attività del Cinghiale sulle specie coltivate sembra essere la richiesta di cibo in determinati periodi, più che la disponibilità dello stesso. Ciò è indicato dal fatto che durante studi sperimentali la quantità media di ghiande consumata in diverse stagioni (e offerta ad libitum tutto l'anno) è risultata molto variabile. Da gennaio ad aprile, quando le risorse alimentari dell'ambiente sono scarse, anche il consumo del cibo offerto appare basso ma aumenta parallelamente al crescere delle disponibilità naturali. Si può concludere che il fattore base che influenza la predilezione per le colture è soprattutto la mancanza di sufficiente cibo attraente in bosco in determinati periodi. In ambienti fortemente rimaneggiati dall'uomo, quali gli ecosistemi agrari, risulta sempre opportuno considerare tali aspetti della biologia del Cinghiale per far fronte alle periodiche "invasioni" di animali condizionate (anche) da ritmi endogeni specifici. 316 316 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio I mezzi che è possibile utilizzare per limitare i danni arrecati dal Cinghiale alle colture agrarie riguardano due grandi categorie: 1) i repellenti e le barriere; 2) l'alimentazione complementare. Numerosi esperimenti, di seguito riportati, hanno tentato di stabilire la durata e l'efficacia di tali mezzi, unitamente ad una valutazione dei costi di impianto e manutenzione necessari. Durante uno studio condotto per verificare i diversi sistemi di prevenzione dei danni, i 25 repellenti chimici impiegati, agenti sul sistema olfattivo o gustativo, si sono dimostrati efficaci per soli 3-4 giorni. Risultati analoghi per quanto concerne la durata dell'effetto deterrente si sono avuti con repellenti acustici costituiti da colpi sparati con cannoncini o da generatori di suoni, oppure da emissione del verso di allarme specifico del Cinghiale precedentemente registrato in tutti i casi gli animali vanno incontro ad assuefazione in brevissimo tempo. La recinzione elettrica sembra, fino ad ora, aver dato i migliori risultati: si compone di due fili elettrificati posti rispettivamente a 25 e 50 cm dal suolo e fissati, ad intervalli, a paletti di supporto in plastica, fibra di vetro, legno. Generalmente disposta attorno alle parcelle, può anche essere installata a protezione globale delle colture, qualche metro all'interno dell'area boscata confinante con i campi stessi. Il sistema di elettrificazione si basa su impulsi molto brevi, ad alto voltaggio (5-6.000 Volts) ed è tale da rimanere efficiente anche nel caso di contatto tra fili ed erbe o rami. La riuscita di una simile protezione dipende soprattutto dalla manutenzione: diviene rapidamente inefficace se i mezzi per effettuare tale mantenimento, intesi come materiali e personale, non sono stati previsti. In generale, visti i costi di installazione e manutenzione, pare che la recinzione elettrica risulti vantaggiosa per appezzamenti di dimensioni limitate investiti a colture di alto pregio. L'alimentazione complementare, intesa come offerta di cibo alternativo alle piante coltivate, si pone nell'ambito dei sistemi di lotta biologica. Si cerca cioè di riproporre agli animali condizioni di elevata produttività del bosco il quale, offrendo anche protezione e rifugio, diviene un habitat più frequentato rispetto alle coltivazioni. Esperimenti di questo genere sono stati condotti con successo da vari ricercatori. La frequenza di visite e la durata dell'attività' nelle parcelle coltivate diminuiscono sensibilmente in seguito alla presentazione di cibo alternativo in bosco. Opportuni accorgimenti quali il posizionamento di tali cibi in più punti, disperso su ampie superfici, consentono di "legare" gli animali al nuovo territorio. Si è notato che l'apporto di mais modifica le dimensioni delle zone frequentate durante l'attività notturna diminuendo l'ampiezza degli spostamenti che vengono a concentrarsi attorno ai nuovi siti di alimentazione. Le modalità e i tempi di somministrazione di tali alimenti in bosco vanno valutati a livello locale e non possono essere generalizzati ai diversi ambienti. In particolare, occorre tener conto delle disponibilità naturali in foresta e dei tempi di maturazione delle colture, 317 317 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio regolandosi di conseguenza. La conduzione selvicolturale dovrebbe privilegiare comunque la presenza di esemplari maturi di querce, castagno, faggio, in grado di fruttificare così da aumentare naturalmente l'offerta trofica dell'ambiente. Fra gli alimenti cosiddetti "di dissuasione", che possono anche venir impiantati nel bosco e lasciati a disposizione della fauna selvatica, vi sono, oltre al mais, le patate, i topinambur, il grano e l'avena; va sottolineato concentrazione nel contempo che una siffatta pratica, favorendo la di animali in aree prevedibili e facilmente raggiungibili in auto, può determinare un aumento del bracconaggio. In Italia, nella provincia di Siena, si è rilevato come il 43% delle squadre di caccia al Cinghiale operanti effettui interventi di integrazione alimentare in favore del Suide: la maggioranza delle squadre preferisce la somministrazione temporanea di granaglie, mentre solo alcuni gruppi adottano il sistema delle colture a perdere. Determinazione della consistenza e della struttura delle popolazioni Al fine di una corretta gestione della specie, è necessario procedere alla più possibile accurata stima quantitativa delle diverse popolazioni, in modo da determinarne la consistenza e la composizione in classi di età. Il metodo più di frequente utilizzato in aree di pianura è il conteggio delle orme degli animali su terreno innevato, che viene effettuato il giorno successivo ad una nevicata. L'area da censire, a seconda dell'estensione complessiva, viene suddivisa in più zone, ciascuna delle quali viene perlustrata nella stessa giornata da gruppi di osservatori. Ciascun gruppo annota tutte le piste di Cinghiale trovate su cartine in scala 1:25.000 e verifica se queste sconfinano nelle zone adiacenti. Tale metodo permette inoltre di ottenere informazioni sulla composizione della popolazione attraverso il rilevamento delle dimensioni delle impronte (lunghezza dello zoccolo delle dita mediane). Si assume infatti che: - lunghezza dell'impronta fino a 4 cm = soggetto giovane, - lunghezza dell'impronta da 5 a 6 cm = soggetto sub adulto, - lunghezza dell'impronta oltre 7 cm = soggetto adulto. La precisione delle suddette misurazioni dipende in gran parte dalla tempestività con cui il censimento viene effettuato dopo una nevicata e dalle caratteristiche del manto nevoso. In condizioni ottimali lo spessore nevoso deve essere di alcuni centimetri, in modo da consentire un facile rilevamento delle impronte e da non limitare la capacità di spostamento degli animali. Le caratteristiche morfologiche e vegetazionali dei territori collinari e montani non consentono in genere di seguire le tracce sulla neve per lunghi tratti; in queste condizioni risulta più redditizio affidarsi al conteggio diretto degli animali da postazioni sopraelevate (altane), situate in radure che offrano una buona visibilità e nelle quali siano state predisposti siti di foraggiamento per attirare gli animali. In queste condizioni il conteggio e la suddivisione degli animali in maschi, femmine e classi 318 318 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio di età risulta facilitato, anche se va segnalato come la frequentazione delle "governe" da parte dei verri sia assai più saltuaria rispetto a quanto avviene per le scrofe, i rossi e gli striati; ciò può condurre ad una sottostima di questa classe sociale. Impostazione dei piani di prelievo Per la formulazione dei piani annuali di prelievo è indispensabile valutare attentamente i risultati delle stime quantitative delle diverse popolazioni, considerando sia l'entità sia la struttura della popolazione. Dato l'incremento utile annuo elevato caratteristico della specie, è considerato accettabile per gli adulti un prelievo pari al 50% della loro consistenza, mantenendo costante un rapporto sessi paritario; per gli animali appartenenti alle classi giovanili viene generalmente suggerito un prelievo dell'80%, in modo da evitare un ringiovanimento eccessivo della popolazione che invece sembra essere una caratteristica della maggior parte delle attuali popolazioni italiane come conseguenza del tipo di gestione venatoria cui vengono sottoposte. La possibilità di analizzare le carcasse degli animali abbattuti può fornire dati estremamente interessanti circa lo status della popolazione (peso per sessi ed età, rapporto sessi, rapporto giovani adulti); in particolare l'analisi della dentizione consente di ottenere una valutazione più precisa dell'età degli animali abbattuti e della struttura della popolazione. Questi dati permettono inoltre di rilevare la distribuzione mensile delle nascite, in relazione a fattori ambientali e intrinseci della popolazione. Ad esempio, la maggior parte degli studi effettuati sulle popolazioni naturali di Cinghiale, mostrano come la precocità o il ritardo nelle nascite sia legato alla disponibilità di frutti prodotti dalle essenze forestali (soprattutto ghiande e castagne). Inoltre la ripartizione delle nascite da febbraio a settembre con picchi tra aprile e giugno si verifica per popolazioni pure di Cinghiale, mentre in quelle ibride le nascite avvengono tutto l'anno. L'esame dei capi abbattuti in ciascuna unità territoriale di gestione, o almeno di un campione significativo degli stessi, risulta dunque per il Cinghiale, ancor più che per altri Ungulati caratterizzati da indici di contattabilità più elevati che rendono le operazioni di censimento meno difficoltose, un elemento indispensabile per contribuire ad una maggior conoscenza della dinamica delle popolazioni ed alla stesura di piani di prelievo razionali e corretti. Altri interventi di gestione La recente espansione dell'areale e l'incremento delle popolazioni di Cinghiale verificatesi nel nostro Paese ha favorito sia il fenomeno del nomadismo venatorio, che rappresenta tra l'altro un ostacolo ad una razionale programmazione del prelievo, sia l'uso del segugio, che arreca grave disturbo alle popolazioni di altre specie selvatiche e in particolare al Capriolo. Mentre il primo problema può essere risolto costituendo strutture territoriali di gestione cui associare stabilmente cacciatori, il secondo andrebbe invece affrontato rendendo obbligatorio 319 319 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio l'uso esclusivo di cani addestrati e specializzati su questo selvatico, oppure operando gli abbattimenti da altane poste nei pressi delle aree maggiormente frequentate dagli animali che possono anche essere quelle provviste dei punti di foraggiamento utilizzate per i conteggi. In molti casi le due forme di caccia possono coesistere nella stessa unità di gestione anche se, ovunque ciò sia consentito dalle condizioni ambientali, la caccia di selezione con la carabina andrebbe preferita. E' inoltre necessario predisporre accorgimenti al fine di minimizzare i danni arrecati alle colture da questo selvatico. In parte ciò è possibile mediante l'utilizzo di repellenti o meglio delle recinzioni elettrificate e in parte dovrebbe essere incentivata la messa a coltura di piccoli appezzamenti "a perdere" di mais nelle radure, in modo da facilitare agli animali il reperimento del cibo nei momenti critici e ridurre in tal modo gli sconfinamenti dalle zone boscate. L'anticipazione della chiusura della caccia alla specie (almeno quella in battuta) al 31 dicembre consentirebbe inoltre di ridurre il disturbo che l'attività venatoria diretta a questo Ungulato arreca all'altra selvaggina stanziale. VOLPE (Vulpes vulpes) In Italia, come del resto in molti altri Paesi, i problemi di gestione della Volpe vengono quasi sempre affrontati in maniera acritica e con un approccio che tende ad essere condizionato più da convinzioni preconcette e da una tradizione venatoria più o meno consolidata che da un'analisi corretta delle conoscenze che si hanno (o non si hanno) circa la densità, la dinamica delle popolazioni locali ed i fattori che le determinano. E' ben vero, d'altra parte, che tra le specie tradizionalmente oggetto di gestione attiva attraverso piani di prelievo venatorio e/o di controllo la Volpe rappresenta un caso "difficile", poiché a fronte di un'estrema adattabilità, uno status generalmente buono ed una positiva evoluzione recente degli areali e in alcuni casi della densità di popolazione, essa è caratterizzata da un indice di contattabilità modesto, che rende difficili ed onerose le attività volte alla conoscenza quantitativa delle popolazioni e degli effetti a breve o lungo termine degli interventi gestionali sulle stesse. Da alcuni anni inoltre, la comparsa della rabbia silvestre, di cui la Volpe è il serbatoio, ha introdotto una nuova tematica nella gestione della specie e ciò determina scelte di profilassi e di controllo sanitario che non possono essere affrontate senza adeguate conoscenze e senza un'attenta valutazione del rapporto costi/benefici di ciascun programma di intervento. Miglioramento delle conoscenze sulla biologia della specie Di seguito vengono suggerite alcune indagini che possono essere considerate prioritarie per migliorare le conoscenze sulla Volpe a fini gestionali, pur mantenendo caratteristiche tali da renderle applicabili su aree di dimensioni medie e grandi con uno sforzo realisticamente dalle Pubbliche Amministrazioni interessate (soprattutto Regioni e Province). 320 320 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Distribuzione geografica Innanzitutto risulta interessante accrescere le conoscenze sulla distribuzione geografica ed ecologica della Volpe nel territorio interessato. Queste carenze conoscitive potranno essere colmate in futuro non è pensabile la sua realizzazione in tempi brevi è almeno auspicabile che le Pubbliche Amministrazioni, promuovano studi di base sulla distribuzione nel territorio di competenza almeno delle specie di mammiferi più interessanti dal punto di vista gestionale con l'uso di metodi almeno in parte analoghi a quelli utilizzati per la stesura degli atlanti ornitologici. Di notevole importanza gestionale risulterebbe pure la stesura di carte della distribuzione ecologica della Volpe ottenibili con la sovrapposizione dei dati di distribuzione geografica della specie (eventualmente anche per classi di densità di popolazione ottenibili con le metodologie indicate nel paragrafo successivo) e le corrispondenti carte tematiche (fisionomico-vegetazionali, di uso del suolo, ecc.). Consistenza e dinamica di popolazione Accanto alla distribuzione geografica, per un miglioramento delle conoscenze sulla biologia della Volpe, anche a fini applicativi, sono necessari studi di dinamica di popolazione quantomeno condotti sulla base di indici relativi di abbondanza. Gli indici relativi di abbondanza non costituiscono censimenti; per la loro determinazione non vengono infatti contati gli animali, ma vengono misurate alcune variabili correlate al numero di animali presenti. Le relazioni tra i valori degli indici di abbondanza relativa e la dimensione assoluta della popolazione possono essere studiati mediante l'analisi di regressione. Nel caso sia stata raccolta una quantità di dati sufficiente, dopo una prima fase di raccolta di dati indirizzati allo studio delle relazioni tra densità di popolazione ed indici di abbondanza, è possibile convertire i valori degli indici in termini assoluti per mezzo di fattori di correzione. Si tratta di un approccio ampiamente usato in biologia marina, che purtroppo ha possibilità di applicazione assai più limitate nel caso della stima di densità di vertebrati terrestri. Anche per quanto riguarda la Volpe tuttavia gli indici di abbondanza relativa possono permettere comparazioni dei valori misurati, soprattutto quando si intenda studiare l'evoluzione temporale della popolazione in una determinata area. Nel caso si desideri invece confrontare i dati provenienti da aree diverse si incontrano notevoli difficoltà poiché ciò sarebbe possibile solo qualora le aree da comparare presentino caratteristiche molto simili per ciò che riguarda tutti i fattori che influiscono sul valore degli indici misurati. Poiché le indagini condotte facendo uso di indici di abbondanza non misurano direttamente il valore delle variabili che si intendono studiare, ma quello di altre variabili che sono presumibilmente correlate alle prime, in questo genere di studi il rischio di introdurre distorsioni nel campione è particolarmente forte. Ciò rende necessario un approccio che preveda l'esame contemporaneo di più aspetti della biologia della specie, in maniera tale da permettere un controllo incrociato dei dati raccolti e della loro rappresentatività nei confronti della popolazione. 321 321 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Inoltre, al fine di limitare il più possibile le distorsioni introdotte nel campione, le tecniche di campionamento debbono essere stabilite su basi statistiche ancor più rigorose di quelle necessarie per uno studio diretto della popolazione. I principali problemi applicativi sono dunque rappresentati dalla determinazione: - della superficie delle aree campione nelle quali misurare gli indici scelti; - della dimensione del campione, cioè del numero di aree campione su cui effettuare la misurazione; - del numero di indici che si ritiene necessario prendere in esame al fine di avere una sufficiente sicurezza di non avere introdotto distorsioni nel campione. Occorre inoltre considerare che in presenza di risorse (economiche, di personale, di tempo) necessariamente limitate, il livello di accuratezza che si può raggiungere nella stima degli indici di abbondanza relativa è limitato da una legge fondamentale dell'economia, la legge della produttività decrescente. Una conseguenza di questa legge è che, oltre un certo limite, un miglioramento nell'accuratezza della stima comporta un aumento di costo non proporzionale al risultato ottenuto. Prelievo venatorio Il normale esercizio venatorio sulla Volpe è previsto ai sensi della legge 11.2.1992, n. 157; tale normativa prevede all'art. 18 la possibilità di esercitare la caccia alla specie dalla 3° domenica di settembre al 31 gennaio. Tale attività dovrà essere poi ulteriormente regolamentata anche dalle leggi regionali in materia, che potranno introdurre limitazioni più o meno sostanziali ai tempi e alle modalità di caccia nel periodo successivo alla chiusura dell'attività venatoria alla selvaggina stanziale (coincidente generalmente con la fine del mese di dicembre). Analogamente a quanto avviene per altre specie oggetto di caccia, non è stata generalmente sinora effettuata alcuna quantificazione né pianificazione del prelievo. Un più corretto prelievo venatorio a carico della Volpe dovrebbe prevedere sia una sua pianificazione, analogamente a quanto dovrebbe avvenire per tutte le specie cacciabili, sia la definizione di tempi e metodi di caccia tecnicamente più accettabili. Per quanto riguarda la pianificazione del prelievo, questa dovrebbe prevedere una buona conoscenza della consistenza e della dinamica della specie; tuttavia, una corretta stima dell'entità di questi parametri è assai difficile da ottenere per la Volpe, in considerazione della sua ampia valenza ecologica e del basso indice di contattabilità, in particolare dovendo operare su vasti territori, con personale non sufficientemente specializzato e con carenza di mezzi. Una pianificazione sufficientemente corretta del prelievo venatorio potrebbe quindi basarsi sull'analisi del numero di animali abbattuti e della loro composizione secondo classi di sesso e di età, condotta almeno su campioni rappresentativi della popolazione. Contrariamente a quanto avviene in diversi altri Paesi, soprattutto dell'Europa centrale e settentrionale, in Italia l'importanza cinegetica della Volpe è decisamente modesta per la 322 322 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio quasi totale mancanza di tradizioni specifiche. Di fatto in passato, ed anche attualmente, la partecipazione attiva dei cacciatori al prelievo di questa specie si è quasi sempre configurato con l'adesione a squadre che esercitavano la caccia sotto forma di battute con cani da seguito, in genere dopo la chiusura della caccia alla selvaggina stanziale, come forma di controllo. Altre forme di caccia, come quella con i cani da tana, le battute senza l'uso dei cani, o il tiro all'aspetto con la carabina, sono assai poco praticate; sarebbe invece auspicabile che esse sostituissero in tutto o in parte la braccata poichè, rispetto a quest'ultima, assicurano una maggiore selettività e un minor disturbo alle specie non bersaglio. Abbattimenti a scopo di controllo Il controllo di popolazioni animali appartenenti a specie cacciabili può essere ammesso in base alla norma sopra citata qualora queste arrechino gravi alle colture agricole, al patrimonio faunistico e alla piscicoltura. A questo riguardo occorre distinguere i casi di danni arrecati ad attività umane di primaria importanza (attività economiche, quali l'agricoltura, l'allevamento, ecc.) dai casi di predazione su individui appartenenti a specie selvatiche d’interesse venatorio, perché le due problematiche, pur trattate congiuntamente dalla legge, meritano approcci differenti. Interferenze negative con attività economiche Le operazioni di controllo di specie selvatiche sono giustificabili solo quando i danni da esse arrecati sono correttamente individuabili e quantizzabili, quando è possibile stabilire un piano di prelievo quantitativo basato su una buona conoscenza della consistenza e della dinamica della specie interessata, e quando non esistano metodi alternativi per limitare i danni. Tali operazioni esulano comunque dalla normale gestione faunistica e quindi, a maggior ragione, dall'attività venatoria e dovrebbero, pertanto, essere effettuate solo in maniera puntiforme nel tempo e nello spazio, quando se ne ravvisi la necessità sulla base delle conoscenze sopra citate. Il controllo dovrebbe inoltre essere portato a termine ad opera di personale specificamente addestrato dipendente dalla Pubblica Amministrazione, in tempi e con l'impiego di mezzi tali da limitare al massimo il disturbo arrecato alle popolazioni animali non bersaglio (evitando ad esempio le battute con cani in periodo primaverile ed estivo) e comunque con l'impiego esclusivo di mezzi selettivi. Nel caso della Volpe la risorsa economica danneggiata è costituita quasi esclusivamente da animali di bassa corte allevati in maniera non confinata o in spazi di stabulazione caratterizzati da recinzioni inadeguate. Alcune misure preventive possono ridurre sensibilmente, se non eliminare, i problemi posti dalla predazione della Volpe; tra questi si possono citare il ricovero notturno degli animali e la recinzione degli allevamenti con rete metallica (maglia di 10 cm) di almeno 1,80 m di altezza fuori terra, affondata nel suolo per almeno 50 cm e con la sommità dotata di una 323 323 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio parte sporgente verso l'esterno di circa 60 cm (quest'ultima costituita da 4 o 5 fili spinati ben tesi). Interferenza sulla dinamica di popolazioni selvatiche di interesse venatorio Scopo di una corretta gestione faunistica è la conservazione di biocenosi caratterizzate dal più alto grado possibile di diversificazione e di completezza. In generale è scorretto focalizzare l'attenzione e le misure di conservazione su singole specie animali. Ciò può essere opportuno, talvolta, o può essere addirittura necessario in alcuni casi ed in maniera contingente, soprattutto se si tratta di specie o di popolazioni in pericolo. In genere tuttavia le popolazioni locali di ogni singola specie non sono "isolabili" nemmeno in prima approssimazione e si possono conservare solo attraverso una strategia che prenda in considerazione le comunità biologiche di cui fanno parte. E' in questo contesto che dovrebbe tendenzialmente inserirsi anche la gestione venatoria, la quale pertanto non dovrebbe essere indirizzata a sviluppare le potenzialità di un territorio solo per alcune specie di particolare interesse per il cacciatore, a scapito di altre, sia pure competitrici o predatrici di queste. Questo approccio alla gestione faunistico-venatoria è stato recepito in parte dalla legislazione italiana, nella quale non compare più il concetto di animale "nocivo". L'importanza della predazione della Volpe nel limitare la densità delle popolazioni degli animali selvatici oggetto di caccia è assai variabile in dipendenza di numerosi fattori legati alle diverse realtà locali. Tra questi si possono citare le densità relative delle popolazioni di questo predatore e quelle delle specie predate (queste ultime rappresentate in larga misura da animali non interessanti dal punto di vista venatorio), la quantità e la dispersione sul territorio di fonti di cibo alternative e, nel caso di aree in cui vengano effettuati ripopolamenti, il grado di adattabilità degli animali immessi e le tecniche di rilascio utilizzate. La complessità dei meccanismi ecologici suddetti può spiegare i risultati in parte contraddittori forniti dalla letteratura scientifica in merito alla predazione della Volpe quale attore limitante le popolazioni degli animali predati. Infatti, i dati che scaturiscono dagli studi condotti sul regime alimentare della Volpe in diverse situazioni locali, generalmente ottenuti attraverso l'analisi delle feci o del contenuto stomacale, non possono che essere considerati puramente indicativi poiché tendono a valutare l'importanza relativa delle diverse speciepreda nello spettro di predazione del carnivoro, ma non chiariscono quanto l'azione di quest'ultimo risulti limitante per la dinamica di popolazione delle diverse specie predate ed in tal senso è disponibile una vasta letteratura. In particolare risulta difficile stabilire il peso relativo dell'azione di diversi predatori sulla dinamica di una specie preda caratterizzata da un elevato indice di appetibilità potenziale per ciascuno di essi. E' per questo che la maggior parte degli studi che hanno per oggetto la dinamica di popolazione della piccola selvaggina si riferisce agli effetti della predazione nel 324 324 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio suo complesso su una determinata popolazione di interesse cinegetico. In base alle conclusioni di questi Autori sembra possibile affermare che, almeno nel caso dei Galliformi, la predazione non influenza in maniera significativa la densità delle popolazioni nel periodo pre-riproduttivo e di conseguenza le variazioni della densità media in cicli poliennali, ma può tuttavia determinare una contrazione anche notevole della produttività autunnale, entrando localmente in conflitto diretto con gli interessi del mondo venatorio. Un quadro sostanzialmente analogo scaturisce dalle indagini volte a valutare gli effetti della predazione sulla densità e la dinamica delle popolazioni di Lagomorfi ed in particolare della Lepre europea (Lepus capensis). D'altra parte da diversi Autori la Volpe viene indicata come la specie a cui vanno ascritte in termini percentuali le massime perdite dovute a predazione a carico di Anatidi, Galliformi e Lagomorfi. A sostegno di questa tesi vengono portati sia dati sperimentali ottenuti attraverso l'analisi della demografia delle popolazioni predate confrontata con la dieta locale delle Volpi ed il loro comportamento spaziale, sia prove induttive derivate dall'aumento dei carnieri stagionali di piccola selvaggina in seguito ad una temporanea diminuzione della densità della Volpe dovuta ad operazioni sperimentali di controllo dei predatori o ad epidemie di rabbia silvestre e come conseguenza delle campagne di controllo delle popolazioni volpine intraprese a scopo profilattico per combattere questa malattia. Naturalmente la generalizzazione dei risultati sopra riportati a realtà ambientali e gestionali diverse, ed in particolare a quelle italiane, non può essere operata in maniera acritica, ma è tuttavia lecito ipotizzare che anche nel nostro Paese, nelle aree in cui esistono buone densità di Galliformi e Lagomorfi, la predazione della Volpe possa interferire negativamente con la produttività di questi ultimi. Viste le attuali caratteristiche della gestione faunistico-venatoria italiana la condizione sopra descritta si realizza quasi esclusivamente nelle zone a vario titolo protette ed in particolare nelle Oasi di protezione e nelle Zone di ripopolamento e cattura. Poiché queste ultime vengono istituite con una precisa funzione produttiva e rappresentano, almeno in alcune regioni, una realtà importante dal punto di vista gestionale, il controllo della Volpe negli ambiti territoriali da esse rappresentati pone diversi problemi sia di ordine tecnico sia di carattere politico-gestionale. Nella grande maggioranza dei casi, le Zone di ripopolamento e cattura occupano superfici modeste (alcune centinaia di ettari) e si presentano fortemente disperse nell'ambito del territorio in cui si esercita l'attività venatoria. Questa situazione può determinare, entro certi limiti ed in determinate stagioni, una maggiore concentrazione delle Volpi in tali ambiti, vista la maggiore offerta trofica e ed il minore disturbo che li caratterizza. A tal proposito va ricordato come la possibilità che la densità dei predatori determinata area risulti influenzata dalle caratteristiche positive di quelle adiacenti sia stata suggerita da diversi Autori. Risulta evidente dunque come una razionale gestione della Volpe in un territorio rappresentato da una alternanza di aree chiuse ed aperte 325 325 all'esercizio venatorio possa presentarsi Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio problematico. Alla luce di quanto detto è possibile esprimere le seguenti considerazioni. - Gli organi e le amministrazioni deputate alla conservazione della fauna dovrebbero affrontare il problema del controllo della Volpe consapevoli che, poste le attuali conoscenze sul complesso delle interazioni dei sistemi predatori-prede nelle comunità dei vertebrati omeotermi, le scelte tra le diverse strategie di intervento sono in prima istanza di natura politica e rappresentano il risultato di una mediazione tra gli interessi di diverse categorie sociali. In generale è possibile affermare che l'azione della Volpe come predatore non sembra in grado di influenzare in maniera significativa né la distribuzione né la densità preriproduttiva delle popolazioni predate e quindi non interferisce con la conservazione delle specie coinvolte: in tal senso operazioni di controllo non sono giustificabili. Al contrario, qualora si intenda ottimizzare la produttività delle popolazioni di Galliformi e Lagomorfi per scopi venatori (sulla generalità del territorio agro-forestale o in parte di esso) il controllo delle Volpi, qualora attuato efficacemente, può risultare un utile strumento gestionale. - L'efficacia dei programmi di controllo dipende dal successo ottenuto nel mantenere la densità locale delle Volpi su valori consistentemente più bassi rispetto a quelli consentiti dalla capacità portante del territorio e per periodi di tempo prolungati (idealmente in maniera costante). Nella pratica ciò risulta assai difficile per le seguenti motivazioni: - immigrazione di altri individui da aree adiacenti; - attenuazione dei fattori limitanti la crescita delle popolazioni dovuta alla maggiore disponibilità alimentare, la minore mortalità dei cuccioli e l'anticipazione della maturità sessuale nelle femmine; - ampia valenza ecologica generale della specie dimostrata sia dalla vastità dell'areale occupato (che comprende gran parte della Regione Olartica), sia dalla buona densità delle popolazioni nonostante l'accanita persecuzione cui è stata oggetto per secoli; - difficoltà di carattere organizzativo per mantenere elevata nel tempo l'efficienza delle attività di prelievo con l'uso esclusivo di mezzi selettivi. Diversi Autori, sia sulla base di dati sperimentali sia tenuto conto di prove induttive, ritengono che un controllo di popolazione della Volpe realmente efficace risulti virtualmente impossibile con il solo ricorso a mezzi strettamente selettivi (armi da fuoco) e mettendo in atto uno sforzo realizzabile nel contesto della gestione faunistica corrente. Ciò sembra essere confermato anche dall'esame critico delle statistiche di abbattimento italiane, purtroppo tuttavia riferibili ad un numero limitato di casi non egualmente distribuiti in senso geografico ed ecologico. D'altra parte l'uso di mezzi non selettivi (lacci, tagliole, veleno) non è consentito dalla attuale legislazione italiana e pone, oltre a gravi ed evidenti problemi di tipo conservazionistico, anche problemi di sicurezza e di etica. - Il controllo dei predatori e della Volpe in particolare non è che uno degli strumenti in grado di interferire con la dinamica delle popolazioni di specie di interesse cinegetico. esso infatti si affiancano altri interventi 326 326 mirati, almeno Ad nelle aree specifiche di Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio produzione (Zone di ripopolamento e cattura) tendenti a migliorarne i confini, la recettività, la sorveglianza, randagismo. le I tecniche delle miglioramenti eventuali ambientali immissioni di animali allevati, la lotta al specificamente eseguiti a fini faunistici, particolarmente nei moderni agroecosistemi, sono in grado di determinare un notevole aumento della densità media dei popolamenti di piccola selvaggina e, contrariamente al controllo dei predatori, producono effetti indotti di tipo ecologico, paesaggistico ed estetico positivi ed apprezzabili da parte della generalità dell'opinione pubblica. Benché l'influenza relativa dei due fattori a diversi livelli di densità rispetto alla capacità portante teorica del territorio sia considerazioni tuttora oggetto sopra di riportate debbono discussione, essere rimane tenute presenti evidente nello che stabilire le le strategie di gestione e, nel loro ambito, le priorità da accordare alle diverse tipologie di intervento. Inoltre la struttura ambientale e dispersione degli con i elementi miglioramenti ambientali, predabilità dell'ambiente ha (intesa fisionomici), una influenza soprattutto che non può come essere trascurabile diversità manipolata sull'indice di della selvaggina sia perchè favorisce l'efficacia delle attività difensive di quest'ultima, sia perchè, consentendo l'instaurarsi di zoocenosi più diversificate, permette ad un predatore generalista come la Volpe di distribuire la propria pressione di caccia su un più ampio numero di specie. - La programmazione del territorio per ciò che concerne la gestione faunistico-venatoria riveste una notevole importanza sia nell'orientare le scelte di intervento a carico della Volpe, sia nel determinarne i risultati. Fattori quali la dimensione e la dispersione delle aree protette, il più o meno massiccio ricorso al ripopolamento artificiale con selvaggina allevata, la quantità e la tipologia degli interventi tesi a modificare i fattori ambientali che influenzano la densità e la dinamica delle popolazioni di interesse cinegetico, l'entità e le caratteristiche della pressione venatoria sono in tal senso determinanti. Misure indirette di controllo Ben poco viene fatto nelle nostre realtà ai fini di una più complessiva e corretta gestione del territorio che comporti anche, come conseguenza indiretta, effetti sulla densità e la dinamica di popolazione della Volpe. Si è convinti che ogni modificazione stabile di una popolazione animale non possa ottenersi che intervenendo sul suo habitat, agendo sulla capacità recettiva del territorio e soprattutto sulle risorse alimentari disponibili. Si ritiene, pertanto, assai utile, ai fini della prevenzione di eventuali danni che possano essere arrecati dalla Volpe, un'azione mirata alla inibizione dei fattori ecologici che stanno alla base di elevate densità di popolazione volpina, e precisamente: - la graduale eliminazione delle discariche di rifiuti a cielo aperto o, quantomeno, la recinzione delle stesse a prova di animale; - l'eliminazione delle operazioni di ripopolamento intese come massiccio 327 327 rilascio di Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio selvaggina allevata piuttosto che come reintroduzioni operate su corrette basi tecnicoscientifiche; - l'eliminazione di tutte le fonti alimentari di origine antropica, quali le discariche abusive di taluni allevamenti, soprattutto avicoli, ove vengono accumulate le spoglie degli animali morti e quant'altro rappresenta scarto di produzione dell'allevamento. 3.7 GLI ISTITUTI DI PROTEZIONE E GESTIONE: VOCAZIONE FAUNISTICA E PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ GESTIONALI: Finalità della Rete ecologica presente nel territorio provinciale è la tutela e valorizzazione delle risorse naturali e ambientali nonché il recupero delle aree degradate, la tutela dei paesaggi e la conservazione della flora e della fauna. 3.7.1 Aree protette nazionali e regionali Nella provincia di Crotone sono presenti le seguenti aree protette rappresentate dalle Foreste Demaniali, dal Parco Nazionale della Sila e dall’Oasi di protezione faunistica della Foce del Neto, la Riserva Marina di Isola Capo Rizzuto, la cui pianificazione è demandata agli organi gestori. Nelle more di individuazione delle ZPS e di successiva attuazione dei Piani di Gestione delle ZPS della Provincia di Crotone ai sensi del D.M. 17/10/2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e Zone di Protezione speciale (ZPS) saranno applicate le opportune “misure” di tutela e conservazione, idonee a garantire la protezione e la tutela di specie di fauna selvatica, ponendo il divieto all’esercizio dell’attività venatoria alle specie indicate dal D.M. . Sarà posta particolare attenzione, attraverso attività di controllo e sorveglianza costante e continuativa del personale di vigilanza dell’Ente Provincia. 3.7.2 Rete natura 2000 La rete ecologica di Natura 2000 comprende la ZPS “Marchesato e Fiume Neto” ed i 21 SIC Già descritte nel capitolo 2.1.9. Anche in questo caso la pianificazione è demandata agli organi gestori. Alle attività previste da PFVP di Crotone nelle I.B.A. 149 “Marhcesato e Fiume Neto” vieni imposto il rispetto delle misure di conservazione e tutela prevista per le ZPS (sentenze di corte di Giustizia Europea C-355/90 e C-374/98; DGR della Regione Calabria n 279 del 09/11/2010). 3.7.3 Zone di ripopolamento e catture Centri Pubblici e Privati di riproduzione della Fauna 328 328 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Le zone di ripopolamento e cattura, previste dal comma 8, art.10 della legge 157/92, sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per immetterla poi, dopo un periodo di ambientamento, nel territorio. Questi istituti sono funzionali alla gestione faunistico-venatoria e del territorio, pur essendo negli stessi vigente il divieto di caccia. Considerato che allo stato attuale le ZRC sono inesistenti e che le zone destinate alla protezione della fauna nella provincia di Crotone sono in percentuale limitata rispetto a quelle previste dalle leggi nazionali e regionali, si ritiene fondamentale raggiungere le percentuali minime (24%) di superfici protette ,stabilite dal LR 9/96, attraverso la creazione di tale istituti. L'articolo 10, comma 3, della legge n. 157/92 prevede infatti di destinare per la protezione della fauna selvatica una quota compresa tra il 20 e il 30% della superficie agro-silvo-pastorale di ciascuna Regione, mentre la Regione Calabria alla lettera a) comma 2 art. 5 della L.R. 9/96 pone tale limite al 24%. Nella provincia di Crotone tale superficie raggiunge appena l’ 10,94%. Preme tuttavia evidenziare come il regime di divieto di caccia non rappresenti, di per sé, elemento sufficiente a caratterizzare e definire un ambito territoriale di protezione per la fauna selvatica, essendo la valenza faunistica di un comprensorio il risultato di una serie di attributi che lo caratterizzano. Tra questi notevole importanza rivestono un contesto ambientale favorevole e la realizzazione di adeguati interventi gestionali per la fauna selvatica, essendo la valenza faunistica di un comprensorio il risultato di una serie di attributi che lo caratterizzano. Tra questi notevole importanza rivestono un contesto ambientale favorevole e la realizzazione di adeguati interventi gestionali. .A sostegno di questa convinzione va ricordato che la legge 157/92 stessa sancisce, al comma 4 dell’art. 10, che per protezione si deve intendere "il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione e la cura della prole". Alla luce di quanto detto si evidenzia, ancora una volta, come una scelta attenta del sito, condotta mediante una preventiva verifica della vocazionalità del territorio, rappresenti il presupposto necessario, anche se non sufficiente, al raggiungimento degli obiettivi prefissati, anche perché i costi elevati per la gestione di tale istituto sono giustificati solo in quei territori che dimostrino una validità accertata dal punto di vista faunistico. Altro fattore da considerare è l’indice di produttività minima (densità ed indici di catturabilità) cui le singole zone siano tenute ad uniformarsi, e che determinerà la conferma o meno dell’istituto nella zona prescelta. Saranno privilegiate aziende agricole situate all'interno di comprensori interessati da un'agricoltura di basso reddito, anche se ciò non sempre è possibile dato che specie come la lepre ed il fagiano prediligono aree con agricoltura intensiva, al fine di ridurre i costi derivanti dagli indennizzi, quelle che praticano l’agricoltura biologica e le rotazioni agrarie. All’interno si attueranno tutte le azioni che favoriscano la creazione di habitat favorevoli alle specie oggetto di ripopolamento, come la creazione di siepi e di argini inerbiti al fine di favorire la nidificazione, il rifugio e l’alimentazione della fauna. L’istituzione delle ZRC sarà subordinata alla presentazione da parte delle ATC di proposte 329 329 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio valide e concrete e per la gestione delle zone saranno stipulate apposite convenzione che prevedano la soddisfazione dei seguenti punti: - censimento della fauna, che definiscano informazioni dettagliate e precise sulla distribuzione, l’effettiva densità, la struttura (cioè il rapporto tra i sessi e le classi di età) dei popolamenti faunistici, al fine di sopperire al problema della carenza di dati che affligge il territorio provinciale come tutta la regione. Le stime di densità dovranno essere condotte in due momenti significativi del ciclo biologico annuale per ciò che concerne la dinamica delle popolazioni, ovvero alla fine dell'inverno, stimando la consistenza dei riproduttori, e alla fine dell'estate per valutare il successo riproduttivo. In tal modo è possibile programmare il prelievo venatorio delle specie di interesse gestionale tenendo conto da una parte degli incrementi utili annui teorici e, dall'altra, dell'effettiva produttività delle popolazioni locali; - eventuale immissione di fauna, con l’utilizzo di ripopolamenti. Sarebbe sperabile di evitare le introduzioni per molteplici ragioni di ordine biologico le introduzioni sono da evitarsi, come anche ribadito dalla legge (art. 20, comma 1); - eventuale controllo dei predatori; - interventi sull’ambiente attraverso azioni mirate alla creazione delle condizioni ottimali per la vita e la riproduzione della fauna, con particolare riguardo alle fonti di cibo e di acqua ai siti di rifugio adatti alla riproduzione e contenendo i fattori che incidono sulla mortalità come la presenza di fonti trofiche dannose, la pratica di tecniche agricole particolarmente dannose (uso di prodotti chimici, uso di macchine agricole per la raccolta dei prodotti); - presenza di personale di vigilanza; - modalità di risarcimento danni alle colture. Sarebbe auspicabile che prendendo in considerazione la vocazionalità delle zone la scelta ricadesse su territori ad agricoltura a basso reddito, anche in considerazione del peso che eventuali risarcimenti danni alle colture possono avere. Si potrebbe pensare inoltre sostituire, almeno parzialmente il rimborso danni con un premio incentivante connesso al numero dei capi per ciascuna specie annualmente prodotto in relazione alla superficie ricadente entro i confini della ZRC; Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica per l’immissione a fini faunistico venatorio sono finalizzati alla “ricostituzione delle popolazioni autoctone” (L. 157/92, art. 10, comma 8, lettera c). La finalità di ricostituzione delle popolazioni autoctone di fauna selvatica transita attraverso l'attività di prelievo degli animali ed il loro trasferimento e successivo rilascio nelle località da qualificare sotto il profilo faunistico. L'art. 9 della L.R. 9/96 vincola in maniera chiara la destinazione della fauna catturata che potrà essere utilizzata esclusivamente per ripopolamento. Il dettato normativo inerente questo istituto e regolato dall’art. 10, comma 8, lettera d) della L 157/92. Nei centri privati è preminente la fase della produzione-cessione di animali allevati appartenenti alle specie cacciabili e ciò rappresenta l'aspetto che certamente meglio 330 330 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio caratterizza tali istituti al tempo stesso distinguendole dai centri pubblici che, invece, sono tenuti a riprodurre fauna selvatica di ogni specie ( e quindi anche non soggetta a prelievo venatorio ). Non si vedono impedimenti alla trasformazione, in caso di istituzione della figura del centro pubblico di strutture preesistenti quali le zone di ripopolamento e cattura e le oasi di protezione che, per talune loro affinità, potrebbero rivelarsi adatte ad una riqualificazione nella direzione indicata. I centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale possono essere organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa; in esse è vietato l’esercizio della caccia ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell’impresa agricola. Allo scopo di incrementare la capacità produttiva di questi territori risulta estremamente utile il ricorso ad interventi mirati di ripristino ambientale. Tale centri, previsti dal comma 8, art.10 della legge 157/92, sono destinati alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per immetterla poi, dopo un periodo di ambientamento, nel territorio. 3.7.4 ZAC (Zone Addestramento Cani) Sono le zone utilizzate per l’allenamento dei cani da caccia e lo svolgimento delle gare cinofile affidate alle associazioni venatorie nazionali, alle associazioni agricole, a imprenditori singoli o associati, associazioni cinofile operanti nella provincia ( art. 9, comma 4, L.R.9/96 ). L'esercizio di queste attività non è legato alla temporizzazione propria della caccia, perchè considerata attività sportiva solo concettualmente riconducibile alla caccia. La gestione di tale istituto è regolamentata dal disciplinare redatto dalla Provincia di Crotone ed allegato al presente Piano Faunistico Venatorio. 3.7.5 Aziende Faunistico-Venatorie ed Agri-Turistico-Venatorie. Le aziende faunistico-venatorie (A.F.V.) hanno prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche. Esse sono costituite in territori di rilevante interesse ambientale e di elevata potenzialità faunistica. L’istituto delle A.F.V. ha il compito di favorire l'insediamento sul territorio, la riproduzione naturale e l'incremento numerico delle popolazioni selvatiche che in questi ambienti trovano habitat adatto, mantenere e migliorare le caratteristiche ambientali. Tali obiettivi vanno perseguiti agendo principalmente sul ripristino e il miglioramento quali-quantitativo dell'ambiente naturale, nonchè sul ricorso a forme di prelievo programmato sulla base delle consistenze accertate. 331 331 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Le aziende faunistico-venatorie sono autorizzate dalla Giunta Regionale nel rispetto, per ogni Provincia, del limite massimo del 15% della superficie agro-silvo-pastorale previsto dalla L.R. n. 9/96. Saranno sottoposte a Valutazione d’Incidenza le previsioni di istituzione delle Aziende Faunistico Venatorie e di Aziende Agroturistico Venatorie e le richieste di ampliamento delle stesse nei siti afferenti alla Rete Natura 2000. L’estensione massima di ogni azienda è determinata dalle specie e dal numero di capi che si intendono immettere e dai rispettivi piani di abbattimento; l’estensione minima delle A.F.V. deve risultare pari almeno a 100 ettari. I principali interventi necessari per favorire, attraverso il miglioramento delle dotazioni ambientali, l'insediamento e l'incremento numerico di popolazioni naturali di fauna selvatica consistono nel: - attuare un'agricoltura di tipo non intensivo di limitato impatto ambientale che preveda un moderato impiego di prodotti chimici; - realizzare strutture artificiali di ricovero e alimentazione per la selvaggina; - incrementare la diversificazione ambientale sia attraverso l'aumento degli incolti e delle colture a perdere per la selvaggina, la messa a dimora di siepi, alberi, ecc., sia con l'inserimento nell'ambito delle ordinarie rotazioni colturali di piante coltivate particolarmente adatte (si ricorda ad esempio l'importanza dei cereali autunno vernini per la starna e dell'erba medica e di diverse consociazioni di leguminose e graminacee per la lepre). Per quanto riguarda il ricorso ad iniziative di immissione artificiale finalizzate al ripopolamento si ritiene che queste possano fornire un prezioso contributo allorquando si debbano fronteggiare situazioni faunistiche a tal punto degradate da rendere problematica la naturale ricostituzione di popolazioni gravemente compromesse. Pare quindi giustificato il ricorso a questo tipo di interventi solo se attuati in maniera mirata e limitatamente al periodo di tempo necessario alla ricostituzione di nuclei stabili di riproduttori. Quando invece il ripopolamento artificiale assume cadenza routinaria, configurandosi come intervento volto ad assecondare le esigenze del consumo venatorio, si ritiene che esso debba trovare applicazione solo nelle Aziende agro-turistico-venatorie. Per ciò che concerne le Aziende agro-turistico-venatorie, viste le caratteristiche di gestione previste dalla legge, si ritiene che esse dovrebbero insistere su territori di limitata estensione (alcune centinaia di ettari) e di scarso valore ambientale e faunistico. Le aziende agri-turistico venatorie sono costituite principalmente per il recupero e la valorizzazione delle imprese agricole situate in aree svantaggiate attraverso l’organizzazione del prelievo venatorio. Esse devono preferibilmente essere collocate in territori di scarso rilievo faunistico e coincidere con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata ovvero dichiarate marginali ai sensi di interventi comunitari. Le aziende agro-turistico-venatorie sono autorizzate dalla Giunta Regionale nel rispetto, per ogni Provincia, del limite massimo del l5% della superficie agro-silvo-pastorale previsto dalla 332 332 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio L.R. n. 9/96 e richiamato dal P.F.V.R.; le A.A.T.V. sono altresì vincolate al rispetto delle previsioni dei rispettivi piani faunistici provinciali. L’estensione complessiva delle A.A.T.V. distribuite su ogni Provincia non deve essere superiore al 60% della superficie disponibile per strutture a gestione privata della caccia. L’estensione di ogni azienda è determinata dalle specie e dal numero di capi che si intendono immettere; l’estensione minima delle A.A.T.V. deve risultare pari almeno a 50 ettari. La domanda di autorizzazione deve essere inoltrata all’Assessorato Regionale alla Caccia che, tramite i propri uffici, la istruisce e la sottopone all’approvazione della Giunta Regionale. La Giunta Regionale, sentita la Provincia interessata sulla conformità della richiesta al P.F.V.P. rilascia l’autorizzazione ed informa la Provincia per l’aggiornamento delle superfici disponibili da destinare a gestione privata della caccia. Le aziende agro-turistico-venatorie, per consentire il conseguimento dei fini disposti dalla normativa vigente, possono prevedere la realizzazione di strutture produttive per l’allevamento della selvaggina in cattività, da immettere ed utilizzare all’interno dell’azienda medesima; possono, altresì, realizzare, a tali fini, strutture produttive ausiliarie, qual recinzioni e voliere di ambientamento nei quali è vietato il prelievo venatorio; é consentito, altresì, realizzare la recinzione totale o parziale dell’intera azienda. Eventuali opere di edilizia rurale sono consentite sempreché non comportino modificazioni ambientali e paesaggistiche, fatte salve le autorizzazioni previste in materia di edilizia privata e secondo le norme urbanistiche vigenti. Le opere di miglioramento ambientale sono a carico con i proprietari e/o conduttori dei fondi. La selvaggina immessa deve essere completamente recuperata, anche ai fini di evitare possibili inquinamenti delle specie naturali presenti sia all’interno dell’azienda, che nei territori circostanti. La selvaggina deve essere, prima dell’immissione, inanellata con il nome specifico dell’azienda Nelle aziende agri-turistico-venatorie il prelievo di selvaggina allevata in cattività e/o proveniente da allevamento, è consentito, al concessionario ed alle persone da esso autorizzate per tutto l’arco dell’anno. Il prelievo venatorio nelle aziende agro-turistico-venatorie è soggetto: a) al rispetto dei limiti imposti dai Comitati di Gestione degli A.T.C. ai fini della mobilita venatoria; b) all’ottenimento della residenza venatoria nell’A.T.C. interessato; c) all’opzione di caccia ai sensi dell’art. 12 della legge l57/92 e dell’art. 10 della L.R. n. 9/96; d) al rispetto del numero dei capi da abbattere; e) al possesso del tesserino venatorio; f) al rispetto del limite di tre giorni di caccia a settimana. Nelle aziende e’ consentito, per tutto l’arco dell’anno, l’addestramento dei cani e/o lo svolgimento di gare cinofile, con o senza abbattimento del selvatico, per l’educazione cinofila e 333 333 Provincia di Crotone venatoria del Piano Faunistico-Venatorio cacciatore, esclusivamente su selvaggina riprodotta in cattività e/o di allevamento. I danni causati alle produzioni agricole, all’interno delle aziende agri-turistico-venatorie, dalla fauna cacciabile, ai sensi della legge l57/92, sono a carico dei proprietari e/o conduttori dell’azienda. 3.7.6 Gli Ambiti territoriali di caccia La legge 157/92 all’art. 10 prevede che il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione sia destinato per una quota compresa tra il 20 e il 30 per cento a protezione della fauna selvatica, per una quota massima del 15 per cento a caccia riservata alla gestione privata e ai centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; sul rimanente territorio le regioni devono promuovere forme di gestione programmata della caccia, ripartendo il territorio in ambiti territoriali di caccia (ATC), di dimensioni sub provinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali (art.14). L’art 13 della legge regionale n. 9/1996, indica che la gestione degli ambiti territoriali di caccia sia affidata ad appositi Comitati i cui compiti rivestono una valenza pubblica per la rilevanza dei fini perseguiti nell’ambito della programmazione delle attività faunisticovenatorie previste dalla legge 157/1992 e definite dal piano faunistico venatorio regionale. Di seguito l’art.13 al comma 6 stabilisce che i componenti del comitato sono nominati dal Presidente della Provincia. L’art. 13 individua i compiti dei comitati e precisamente: • deliberano in ordine all’accesso all’ambito di competenza; • promuovono ed organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica predisponendo programmi di intervento nonché indagini ed azioni inerenti: - presenze faunistiche e i prelievi venatori - censimenti faunistici - tutela della fauna selvatica - incremento delle popolazioni animali selvatiche - difesa delle colture - promozione di eventuali limitazioni e azioni di razionalizzazione del prelievo venatorio per forme di caccia specifiche. • istituiscono e regolamentano le zone di rispetto venatorio • provvedono all’attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per: - ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio - coltivazioni per l’alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli - ripristino delle zone umide e dei fossati - differenziazione delle colture, - impianto di siepi, cespugli, alberi adatti alla nidificazione, 334 334 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio - tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori • collaborano operativamente ai fini della tabellazione, della difesa preventiva delle coltivazioni, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti della fauna selvatica • erogano i contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria e per la prevenzione dei danni. Il Regolamento Regionale n. 536 del 21 Luglio 2003, di attuazione della legge regionale 9/1996, prevede che l’organo di gestione dell’ATC sia il Comitato di gestione. Il Comitato si dota di uno statuto conforme al modello predisposto dalla Regione. L’art. 2 parte seconda del Regolamento individua le competenze del Comitato indicando, oltre a quelle già precisate dalla Legge anche: - la gestione faunistico-venatoria degli ungulati - l’espressione del parere in forma obbligatoria sulle proposte di Piano Faunistico- Venatorio Provinciale - la destinazione, fino al raggiungimento delle densità ottimali, delle quote di iscrizione ad operazioni di ripopolamento, reintroduzione di galliformi, lagomorfi e ungulati. Dal quadro normativo cosi delineato si evince che gli ambiti territoriali sono quelle parti di territorio agro-silvo - pastorale destinato alla caccia programmata e che tali ambiti devono essere gestiti da Comitati. La norma individua anche i compiti senza però specificarne la natura. Tra l’altro la legge regionale indica i compiti delle province demandando alle stesse le funzioni amministrative generali riguardanti “la vigilanza e il controllo delle relative attività” e in particolare per i comitati degli ATC “la rispondenza tra attività svolte, direttive impartite e fondi erogati”. Quindi si può ritenere che il Comitato di gestione svolge compiti di diretto rilievo pubblicistico in quanto: - la legge nazionale prevede l’istituzione degli ambiti territoriali come entità fisiche definiti nei piani faunistici regionali e gestiti da comitati - la legge regionale assegna ai comitati funzioni di “rilevanza pubblica”, e la competenza della Provincia riguarda la rispondenza delle attività svolte con le direttive impartite e con le finalità per le quali i fondi sono stati erogati, tale aspetto è una manifestazione tipica di un potere di vigilanza e controllo dell’ente pubblico in un certo senso sovraordinato ai comitati a conferma del vincolo di scopo “pubblicistico” al quale l’attività dei comitati di gestione è sottoposta. I comitati si trovano a gestire fondi di varia natura: - di tipo pubblico, quelli provinciali - di tipo privato , quelli dei cacciatori che hanno però, sempre, finalità di interesse generale, pertanto l’attività è sempre orientata a fini pubblici e si svolge secondo regole e principi che sono tipicamente pubblicistici. 335 335 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Pertanto i comitati pur non configurandosi persone giuridiche di diritto pubblico perseguono finalità di interesse generale. Con l’attuale normativa il legislatore considera i comitati come strutture di collegamento tra l’ente locale, Provincia, ed i soggetti che a vario titolo sono titolari di interessi propri ed interessati nella regolamentazione del territorio agro-silvo-pastorale che è destinato all’attività venatoria (caccia programmata). Per quanto riguarda la natura giuridica dei comitati la regione non la definisce in quanto considera che non sia da accogliere né il modello interamente privatistico né quello interamente pubblico e cioè una forma intermedia tra pubblico e privato. Ciò è evidenziato anche per quanto riguarda gli aspetti relativi all’acquisto di beni e servizi, infatti la regione con proprio regolamento sottopone i comitati ad una procedura specifica per l’acquisto di beni e servizi che è quella disciplinata dall'art. 13 punto 1 e 2 del regolamento Regionale. Per ciò che attiene al controllo della Provincia sugli ATC occorre rilevare che alla Provincia non spetta un controllo sui conti e sulla regolarità delle procedure amministrative, controllo di tipo sindacale, né un controllo sulle attività svolte dagli ATC tale da pregiudicare la discrezionalità e l’autonomia gestionale. La Provincia invece ha il compito di un controllo “rigoroso e mirato” sul rispetto delle direttive impartite e fondi erogati e attività svolte ( art 13 comma 6 LR 9/96 e art. 14 del regolamento Regionale) ed una funzione di controllo generale su tutte le attività dei Comitati in relazione agli strumenti di programmazione faunistico-venatoria Provinciali e regionali. Gestione finanziaria degli A.T.C. Bilancio di previsione 1. Le entrate degli A.T.C. sono costituite dalle seguenti fonti: a) quote di partecipazione dei cacciatori ammessi, previste dal comma 1 lettere a, b,c,d dell’art. 12 del Regolamento Regionale n°536 del 21/07/2003; b) contributi della Regione per il perseguimento dei fini istituzionali; c) contributi della Regione e della Provincia, su progetti finalizzati al raggiungimento di obiettivi della pianificazione faunistica territoriale presentati dal Comitato di gestione; d) contributi della Provincia destinati al risarcimento e alla prevenzione dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio venatorio; e) eventuali contributi di altri soggetti pubblici o privati; g) altre entrate. 2. Il Comitato di gestione predispone ed approva entro il 30 settembre di ogni anno il bilancio di previsione relativo all’esercizio successivo . 3. L’esercizio finanziario ha la durata di un anno e coincide con l’anno solare. 4. Nel bilancio degli A.T.C. debbono essere iscritte tutte le entrate e tutte le spese; è vietata la gestione di fondi fuori bilancio. 5. Le entrate debbono essere iscritte al bilancio separatamente, secondo la loro natura e 336 336 Provincia di Crotone provenienza; le Piano Faunistico-Venatorio entrate corrispondenti a contributi per progetti finalizzati debbono essere evidenziate distintamente per ciascun progetto. 6. Le spese debbono essere classificate per categorie, evidenziando la loro destinazione; 7. In particolare, debbono essere indicate: - le spese per l’acquisto di beni durevoli; - le spese per il personale; - le spese di gestione e di funzionamento (godimento e manutenzione dei locali; utenza di servizi; uso e manutenzione di automezzi e altri strumenti tecnici, etc); - le spese per l’allevamento e l’immissione di fauna selvatica e quelle per il controllo e il prelievo della stessa; - le spese per il miglioramento ambientale; - le spese per la vigilanza; - le spese per la prevenzione dei danni cagionati dalla fauna selvatica e dalla attività venatoria; - le spese per l’erogazione di contributi per il risarcimento dei danni; - le spese per la predisposizione e l’attuazione di progetti finalizzati; - altre spese. 8. I progetti finalizzati predisposti dagli ATC debbono essere coerenti con il piano faunistico regionale provinciale. 9. I progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del programma annuale di gestione debbono essere presentati alla Provincia entro il 30 settembre dell'anno antecedente a quello relativi dell'intervento. 10. L’approvazione da parte dell’Ente è condizione per l’iscrizione al bilancio del contributo e della spesa corrispondente. 11. Ogni Comitato di gestione ha facoltà di spesa nei limiti della disponibilità di bilancio. 12. Il bilancio deve essere previsto a pareggio. 13. I componenti del Comitato di gestione rispondono personalmente per le spese non previste a Bilancio e per importi eccedenti quelli autorizzati. Rendiconto tecnico e finanziario 1. Il Comitato di gestione provvede ad approvare e trasmettere alla Provincia entro il 30 Aprile di ogni anno il bilancio consuntivo relativo all’esercizio precedente con la relazione di accompagnamento, la nota integrativa e la relazione contabile del collegio dei Revisori. 2. Il rendiconto comprende il conto finanziario ed il conto patrimoniale. 3. Allo stesso deve essere allegata una relazione sullo stato di attuazione dei programmi e progetti dell’A.T.C.. 4. Per i progetti finalizzati per i quali siano stati erogati contributi da parte della 337 337 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Provincia, i predetti documenti debbono fornire specifica indicazione circa l’utilizzo dei contributi stessi e i risultati conseguiti. 5. Il rendiconto corredato dai relativi allegati è trasmesso in copia alla Regione. Controllo contabile 1. I Comitati di gestione degli ATC hanno la facoltà di istituire al loro interno un organo di controllo amministrativo – contabile la cui composizione, nomina, compiti e responsabilità sono disciplinati dallo statuto. Le spese relative al tale organo sono a carico del Comitato di gestione. 2. La Regione e la Provincia esercitano il controllo sull’utilizzo dei contributi regionali relativi ai fini istituzionali, alla realizzazione di progetti speciali, nonché al pagamento dei danni provocati dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria alle colture agricole. 3. La Provincia si riserva la facoltà di effettuare controlli e verifiche anche a campione, sulla regolarità della gestione amministrativo – contabile degli ATC. 4. In caso di riscontrate gravi irregolarità contabili, la Provincia dispone la sospensione dell'erogazione dei finanziamenti in corso, nonché il rimborso di quelli già erogati fatte salve altre azioni per la tutela dell'interesse dell'Amministrazione, il Presidente della Provincia con proprio decreto ed ai sensi della L.R. 39/95 dichiara decaduto il Comitato di Gestione inadempiente e alla contestuale nomina di un Commissario straordinario con poteri limitati nel tempo ai sensi della Legge 444/94. Metodi e tecniche di gestione L'attività gestionale all’interno degli ATC dovrebbe concretizzarsi in alcuni interventi principali, di seguito elencati. Redigere i propri piani di gestione con particolare attenzione all'approfondimento dei seguenti aspetti: • Individuazione dei distretti territoriali omogenei, con descrizione delle caratteristiche ambientali e delle attività di gestione da attuare in ciascuno di essi; • Individuazione di personale addetto all'attuazione delle attività gestionali (tale personale dovrà avere una formazione adeguata alla tipologia di mansioni da svolgere); all'interno di ciascun distretto dovranno essere individuate, sulla base dell'analisi delle caratteristiche territoriali e delle vocazioni per le specie di interesse cinegetico, delle aree apposite in cui concentrare gli interventi di miglioramento ambientale e i contributi ai conduttori agricoli per azioni in favore della fauna selvatica. Censimenti della selvaggina cacciabile. Devono essere effettuati contemporaneamente su tutto il territorio degli ATC per le specie soggette a considerevoli spostamenti e in periodi ben definiti per quelle più sedentarie. I censimenti devono essere organizzati, dove le condizioni ambientali lo permettono è 338 338 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio opportuno procedere a due censimenti annuali di cui uno pre-riproduttivo (primaverile) ed uno post-riproduttivo (estivo), i cui tempi esatti devono essere definiti in base alle specie presenti e ai cicli delle lavorazioni agricole. Pianificazione del prelievo Deve essere formulato il piano di abbattimento degli ATC, raccogliendo i dati censiti provenienti dal territorio. Il piano di abbattimento deve essere definito per ogni specie e frazionato nel territorio in funzione della disponibilità di ambienti idonei alla specie considerata e dei risultati dei censimenti locali. Sempre a livello di ATC deve essere esaminata, in seguito ai risultati dei censimenti, la necessità di sospensione della caccia (per ogni specie) e le limitazioni di tempi e luoghi. Reintroduzioni e ripopolamenti. Tutti gli interventi di ripopolamento e di reintroduzione da effettuare all’interno del territorio provinciale la cui competenza in ambito di gestione faunistica è in capo alla Provincia, devono essere preventivamente comunicati all’Amministrazione Provinciale e non potranno essere attuati se non a seguito del rilascio di apposita autorizzazione da parte della Amministrazione stessa. Le reintroduzioni di specie vocazionali e, dove necessario, i ripopolamenti, devono essere organizzati dagli ATC. nelle zone prescelte per gli interventi, per l'attuazione dei medesimi (strutture d’ambientamento, immissioni di animali, protezione e cura degli stessi). Tuttavia la scelta degli animali da utilizzare non deve essere lasciata solo all'ATC per evitare disomogeneità o errori, ma deve avvenire anche su indicazioni dell'Amministrazione Provinciale. Questa può avvalersi di personale tecnico specializzato per il reperimento dei soggetti migliori. Nel caso di interventi di reintroduzione o ripopolamento da effettuarsi all’interno di aree protette comprese nel territorio provinciale, l’ente gestore dovrà darne comunicazione alla Provincia contestualmente alla richiesta di parere all’Ufficio Caccia e Pesca Regionale. È comunque fatto divieto a chiunque di effettuare l’introduzione di specie alloctone in natura. Di seguito vengono riportate le indicazioni per le attività inerenti le specie di interesse conservazionistico e quelle di interesse faunistico-venatorio. Specie di interesse conservazionistico La liberazione di esemplari di specie di interesse conservazionistico potrà essere autorizzata a seguito della presentazione all'Amministrazione Provinciale di apposito progetto redatto da un operatore tecnico faunistico esperto come riconosciuto ai sensi del regolamento 339 339 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio regionale previsto nel Piano Faunistico-Venatorio Regionale o, nelle more dell'approvazione di tale regolamento, da personale laureato con comprovata esperienza professionale nella gestione faunistica. Dovranno comunque essere utilizzati soggetti geneticamente compatibili con quelli presenti sul territorio o che abbiano caratteristiche genetiche analoghe alla popolazione precedentemente presente nel territorio provinciale. Tutti gli interventi dovranno garantire la conservazione delle caratteristiche genetiche della popolazione originaria. L'autorizzazione verrà rilasciata a seguito di parere positivo dell'INFS e qualora il progetto dimostri l'utilità della liberazione per il miglioramento dello stato di conservazione della popolazione presente in natura o, nel caso di reintroduzione, qualora venga dimostrata l'importanza dell'intervento in una strategia nazionale di conservazione della specie. I modi e i tempi di attuazione saranno valutati in base alle caratteristiche delle singole specie oggetto di intervento, in modo da garantire il rispetto dei cicli biologici della singola specie e l'ottimizzazione della riuscita delle liberazioni. Le tecniche di monitoraggio dovranno essere esplicitamente previste nel progetto e dovranno essere adeguate alle caratteristiche ecoetologiche della specie. Nel progetto dovrà essere indicato esplicitamente il responsabile tecnico-scientifico dello stesso che garantirà sull'effettiva attuazione di quanto previsto. Qualora verifiche sullo stato di attuazione del progetto evidenziassero discrepanze con quanto preventivato, l'autorizzazione verrà revocata ad opera dell'Amministrazione Provinciale con la conseguente sospensione di tutte le attività non ancora attuate. Al termine del periodo progettuale, dovrà essere consegnata all'Amministrazione Provinciale una Relazione Consuntiva con la descrizione dettagliata delle azioni attuate e dei risultati conseguiti. Istituzione di zone di protezione e produzione. Questi istituti devono essere organizzati a livello di ATC poiché devono necessariamente coprire superfici vaste e soprattutto ricadere in ambienti idonei con perimetrazione razionale. Deve essere posta particolare attenzione alle caratteristiche di vocazionalità del territorio per ciascuna specie. Interventi di miglioramento ambientale 340 340 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Devono essere organizzati e attuati prevalentemente su terreni privati, è estremamente importante instaurare un rapporto diretto e costruttivo tra agricoltori e responsabili locali della gestione. A livello di ATC possono essere fissati i limiti minimi e massimi percentuali di superficie da destinare a tali opere e può essere indicato il tipo di intervento da effettuarsi a seconda della prevalente vocazionalità della stessa e della reale necessità e possibilità di incrementare la capacità portante del territorio per le diverse specie. Organizzazione della vigilanza Ogni ATC dovrebbe avere un numero congruo di guardiacaccia che operino al suo interno, in relazione alla sua estensione. Tale servizio non dovrebbe avere caratteristiche di volontariato bensì professionali, alle dipendenze dell'Organismo di gestione dell’ATC. Considerato che un ATC non potrebbe affrontare l'onere economico derivante da diverse guardie regolarmente stipendiate, dovrebbero essere previsti accordi tra Amministrazioni provinciali e ATC. In base a tali accordi le Amministrazioni Provinciali potrebbero stanziare un finanziamento annuo pari al costo dei contributi previdenziali dei dipendenti. La vigilanza dovrebbe avere un compito di controllo delle attività degli ATC, di consulenza tecnica e sorveglianza delle zone di protezione e di produzione, in collaborazione con la vigilanza provinciale. Pressione venatoria Deve essere calibrata in funzione delle caratteristiche ambientali di ogni ATC e della produttività media delle popolazioni di selvaggina, tenendo conto delle differenze di produttività che esistono per la stessa specie in situazioni ambientali differenti. E' in ogni modo importante che al cacciatore sia data la possibilità di prelievi annui soddisfacenti. All'interno dei singoli ATC dovrebbe essere fissato il rapporto cacciatore-territorio in funzione della produttività delle popolazioni di selvaggina. Per ogni ATC, inoltre, dovrebbe essere fissato un numero chiuso di cacciatori, garantendo però l'accettazione di tutti i residenti qualora questi fossero in numero eccedente. Un ulteriore provvedimento atto a razionalizzare la pressione venatoria, consiste nella specializzazione del cacciatore. Questa può essere definita per specie e modi di caccia e deve comunque essere una libera scelta. Le specializzazioni potrebbero essere le seguenti: 1. Caccia alla selvaggina stanziale e migratoria col cane da ferma 2. Caccia alla lepre comune col cane da seguita 341 341 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3. Caccia al cinghiale col cane da seguita 4. Caccia di selezione agli ungulati 5. Caccia alla selvaggina migratoria da appostamento I cacciatori potrebbero essere autorizzati a scegliere non più di due tipi di caccia. Interventi ordinari Censimenti Da esperienze precedentemente fatte sulle zone protette in diverse province italiane risulta di grande importanza monitorare costantemente l'evoluzione e lo sviluppo numerico delle popolazioni di selvaggina. Soprattutto nel caso di ambiti protetti di nuova istituzione, i conteggi permettono di stabilire se le popolazioni si accrescono con la velocità attesa, se si mantengono stabili oppure se arrivano ad una fase di declino e, conseguentemente, permettono verifiche sull'idoneità del territorio ad ospitare popolazioni autosufficienti ed in buona salute delle specie per cui la protezione è stata istituita. Nel caso, poi, delle Zone di Ripopolamento e Cattura e dei Centri di riproduzione della fauna selvatica, i censimenti permettono di valutare la possibilità di prelievo e di trasferimento degli animali in relazione alla dimensione delle popolazioni ed ai loro tassi di incremento e mortalità. In ogni zona protetta devono essere effettuati due censimenti all'anno: uno prima della stagione riproduttiva e uno al termine di questa, in autunno. Dai valori di densità e consistenza primaverile e autunnale ottenuti è possibile calcolare l'incremento annuo delle popolazioni e la mortalità invernale e, quindi, stabilire l'entità del prelievo sostenibile dalle popolazioni. I censimenti permettono, inoltre, di valutare l'effetto di eventi negativi ed accidentali sulle popolazioni e di programmare di conseguenza il ripristino delle consistenze originarie con immissioni. Tenendo sotto controllo l'andamento delle popolazioni è anche possibile valutare con precisione l'effetto, positivo o negativo, di altri interventi gestionali e quindi, determinarne l'efficacia in relazione ai costi. I censimenti possono essere effettuati secondo diversi metodi che devono essere di volta in volta scelti in relazione alla specie da censire, alle caratteristiche ambientali delle zone protette e al periodo dell'anno. I conteggi devono essere programmati e condotti da esperti del settore, coadiuvati dalle guardie provinciali e degli ATC e con la partecipazione dei cacciatori e di quanti, teoricamente ed in pratica, sono interessati alla fauna selvatica. Foraggiamenti Per alcune specie e in particolari condizioni ambientali, può essere opportuno procedere alla somministrazione periodica di alimenti aggiuntivi. 342 342 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Lo scopo di questo tipo di intervento è quello di ridurre la mortalità causata dalla deficienza di una adeguata disponibilità alimentare e, perciò, è un intervento da effettuarsi soprattutto nelle Zone di Ripopolamento e Cattura, per aumentare le possibilità di prelievo sulle popolazioni ed, eventualmente, anche in Oasi di Protezione e Zone di Rispetto Venatorio su popolazioni seriamente minacciate. Il periodo in cui effettuare i foraggiamenti è naturalmente il periodo limitante in quanto ad offerta alimentare, cioè l'inverno, e il foraggiamento dovrà essere tanto più prolungato tanto più permanenti sono le condizioni climatiche negative (innevamento e gelo o altre calamità). Il foraggiamento invernale è molto efficace su specie sensibili alle carenze alimentari invernali quali la Starna, il Fagiano e la Coturnice. Le modalità di somministrazione di cibo supplementare dovranno essere valutate e decise caso per caso, avendo cura, comunque, di non provocare eccessive concentrazioni di animali che potrebbero causare una più intensa attività predatoria. In particolare i punti di foraggiamento devono essere collocati in modo che non siano visibili, per evitare azioni di bracconaggio, ma devono essere facilmente raggiungibili per garantire il rifornimento con qualunque condizione. Il foraggiamento invernale sembra avere effetti positivi anche sulla produttività, in particolare delle specie di Galliformi, in quanto le femmine, in migliori condizioni fisiche, hanno un successo riproduttivo maggiore, producendo uova di migliore qualità da cui nascono pulcini con probabilità di sopravvivenza più elevate. Durante una reintroduzione di starne e Coturnici, bisogna creare almeno cinque punti d’alimentazione ogni 100 ha. affinché gli effetti del foraggiamento cominciano a essere sensibili. Miglioramenti ambientali Nelle fasce di pianura e di collina intensamente coltivata di prioritaria importanza, soprattutto all’interno di zone protette, sono gli interventi tesi a diversificare l’ambiente e a fornire possibilità di rifugio e alimentazione alle specie di piccola selvaggina. In tal senso, per rompere i blocchi di monocolture, è importante ricostituire piccole zone a vegetazione naturale o filari e siepi stratificate a divisione degli appezzamenti. Altro intervento importante per favorire le popolazioni di fauna stanziale è quello della predisposizione, all’interno dei campi, di strisce in cui non venga effettuato il raccolto, garantendo anche in questo modo rifugio e alimentazione. Per la porzione collinare meno coltivata della provincia, il problema si presenta in modo esattamente opposto. Infatti, le zone ancora coltivate sono in questa fascia altimetrica molto ridotte e, tra queste, ancor meno sono le aree destinate alle coltivazioni a rotazione (cereali e foraggiere). D'altra parte l'importanza delle coltivazioni per le specie di piccola selvaggina (Galliformi e 343 343 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Lagomorfi) è stata evidenziata da moltissime ricerche scientifiche su questo argomento. Si ritiene, perciò, che sia della massima importanza intervenire all'interno delle zone protette, coltivando i parzialmente, le terreni condizioni attualmente abbandonati e di diversità ambientale e di ripristinando così, almeno produttività primaria del territorio che hanno favorito lo sviluppo delle popolazioni di piccola selvaggina fino alla metà di questo secolo. In particolare dovranno essere coltivati, tra i cereali, frumento ed orzo e, tra le foraggiere, erba medica e trifoglio. Occorre inoltre che i metodi di lavorazione siano quelli tradizionali con arature, semina, concimazioni e i tempi di raccolta siano programmati in modo da non causare perdite di nidi, uova e giovani nati. Per quanto riguarda i cereali, dopo la mietitura, le stoppie dovranno essere lasciate per tutta l’estate, fino al momento della successiva semina; gli appezzamenti coltivati a foraggiere, dovranno essere periodicamente tagliati per garantire una buona qualità di foraggio per le lepri. Catture Il prelievo tramite cattura può essere effettuato solamente all'interno delle Zone di Ripopolamento e Cattura e dei Centri di Riproduzione della Fauna Selvatica ed eventualmente nelle Zone di Rispetto Venatorio, ed ha come scopo il trasferimento degli individui catturati ad altre zone sia per ripopolamento sia per reintroduzione. E' di fondamentale importanza che le catture vengano fatte solamente quando le popolazioni sono sviluppate a tal punto da non risentire dell'asportazione di un certo numero di animali. Per questo motivo non è possibile o, comunque, può risultare fortemente negativo, programmare catture senza avere a disposizione i dati dei censimenti. Sia la decisione se effettuare o no catture, sia l'entità di queste debbono dipendere strettamente dai risultati dei censimenti. In particolare il prelievo non deve mai superare l'incremento utile annuo dato dalla differenza tra incremento annuo e mortalità invernale. E' altrettanto importante che le catture vengano effettuate in modo da non agire sulla popolazione riproduttiva. Per questo motivo è bene che l'attività di cattura sia prevista sempre all'inizio del periodo invernale e che termini al massimo alla fine del mese di gennaio. Così facendo verranno catturati, presumibilmente, buona parte degli individui in sovrappiù della popolazione, quelli cioè che in ogni caso si perderebbero prima dell'inizio della stagione riproduttiva. I metodi di cattura utilizzabili dipendono dalla specie e dalle caratteristiche delle zone in cui si opera. In generale per i Galliformi è bene utilizzare delle gabbie trappola a nassa previo adeguato 344 344 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio foraggiamento. Per le lepri il metodo che dà i migliori risultati è quello della cattura con reti a tramaglio nelle quali gli animali vengono spinti dai battitori. Vigilanza L'attività di vigilanza è uno degli interventi di routine più importanti della gestione delle zone protette. Se la vigilanza non è efficace tutti gli altri interventi vengono vanificati. Considerata l'estensione notevole che la maggior parte delle zone protette deve avere e il numero non elevato di queste l'organizzazione più efficace potrebbe prevedere un numero variabile da 1 a 2 guardie fisse per ogni zona protetta con l'eventualità di affidare anche 2 o 3 zone di piccole dimensioni ad una coppia di guardie. La vigilanza dovrebbe essere completamente a carico delle guardie dipendenti dall'Amministrazione Provinciale, le quali potrebbero fare affidamento, in casi particolari, su guardie venatorie volontarie, guardie ecologiche, guardie degli ATC e anche cacciatori. La o le guardie devono essere completamente responsabili di quanto avviene nella zona protetta loro assegnata e devono occuparsi della programmazione e dell'attuazione di tutti gli interventi gestionali previsti. Un’alternativa è quella di affidare la vigilanza delle zone protette ad operatori specializzati dipendenti dagli ATC, evitando, comunque che un compito così delicato venga svolto da volontari, non sufficientemente preparati sul piano tecnico. Deve essere inoltre previsto, data la responsabilità degli addetti, un premio di produttività che sia determinato sulla base dei risultati dei censimenti (almeno 2 all’anno) e delle catture effettuate. Interventi straordinari Controllo numerico di specie dannose Con l'istituzione di zone protette, di qualunque tipo esse siano, possono verificarsi vere e proprie esplosioni numeriche di specie che esulano dagli obiettivi di protezione e che ad alte densità causano notevoli danni, soprattutto alle attività agricole. Alcune specie inoltre possono avere un'influenza negativa su altre che si vogliono salvaguardare. Questi improvvisi incrementi sono causati dalla cessazione di ogni tipo di attività venatoria e dallo spostamento e concentrazione degli animali all'interno delle zone protette dove non sono disturbati. Il fenomeno può essere tanto più grave quanto più estese sono le zone protette. Una specie per la quale sono state verificate queste modalità di occupazione e colonizzazione degli ambiti protetti è il Cinghiale che allo stesso tempo è quella che ha il maggior impatto sulle attività agricole. 345 345 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Per questi motivi, qualora si sia accertato, attraverso i censimenti, un innalzamento dei livelli delle popolazioni, è bene intervenire, con prelievi mirati, per prevenire l'esplosione numerica della specie. Tale tipo di intervento può essere anche effettuato in base alle richieste degli agricoltori, quando vengano accertati reali e consistenti danneggiamenti alle coltivazioni. Le operazioni di prelievo dovrebbero essere effettuate avendo cura di causare il minimo disturbo possibile alle altre specie di selvaggina; per questo motivo sarebbe preferibile utilizzare, al posto delle battute con cani da seguita, l'abbattimento da postazioni fisse (altane) localizzate in siti di consueta frequentazione da parte dei cinghiali e dove, in più, gli animali vengono attirati, nei periodi di scarsità alimentare, con appositi foraggiamenti. Gli abbattimenti dell'Amministrazione dovrebbero Provinciale, essere condotti eventualmente principalmente coadiuvate dai dalle cacciatori guardie degli ATC interessati da ogni zona protetta. La scelta degli animali da abbattere dovrà inoltre rispondere, oltre alla necessità di riduzione numerica, anche a criteri selettivi per non incorrere in problemi di destrutturazione delle popolazioni e per attuare più efficacemente il controllo e la riduzione delle popolazioni, incidendo sulle classi d’età più produttive. Immissioni Le immissioni all’interno delle zone protette possono essere sostanzialmente di due tipi: Reintroduzioni. Si definisce reintroduzione l’immissione di individui di una specie autoctona presente in tempi storici recenti e attualmente estinta, o localmente o sull’intero areale di distribuzione. Ripopolamenti: Si definisce ripopolamento l’immissione di individui di una specie autoctona ancora localmente presente ma con livelli di popolazione molto bassi. Le immissioni all’interno delle zone protette devono essere effettuate solamente per quelle specie per le quali il territorio è definito idoneo sulla base delle risultanze della carta delle vocazioni faunistiche (o carta delle potenzialità faunistiche). Tutti i tipi di zone protette possono in teoria essere utilizzati per le reintroduzioni, ma, considerato che perché queste operazioni abbiano successo sono necessarie superfici protette di dimensioni medio - grandi, le ZRC e i Centri Pubblici di Riproduzione della Fauna Selvatica sono da considerarsi le zone protette più adatte allo scopo. Per quanto riguarda i ripopolamenti, se il loro scopo è quello di ristabilire densità ottimali per popolazioni in declino, allora possono essere effettuati in tutti i tipi di zone protette; in particolare in quelle di nuova o recentissima istituzione, per raggiungere rapidamente consistenze pari alla capacità portante del territorio. Al contrario, se il ripopolamento è un’operazione di routine che serve a ripopolare il territorio destinato all’attività venatoria, per questo scopo possono essere destinate le ZRV 346 346 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio di piccole dimensioni che funzionerebbero, in questo caso, come aree d’ambientamento per la selvaggina allevata. Le immissioni nelle zone protette possono essere effettuate con animali selvatici traslocati da altre zone protette dove le popolazioni sono più abbondanti, oppure con individui allevati. In quest’ultimo caso, è necessario, per aumentare la sopravvivenza e ridurre la dispersione, che ogni zona protetta sia dotata di almeno una struttura d’ambientamento, preferibilmente un recinto a cielo aperto di 1-2 ha contenente voliere coperte da rete di nylon. Nel caso di immissioni di lepri d’allevamento, i recinti d’ambientamento devono essere di dimensioni maggiori. La costruzione assolutamente di strutture necessario di ambientamento (voliere, recinti, ecc.) è un supporto per garantire il successo delle immissioni, attraverso una riduzione della mortalità da ambientamento e della dispersione, cui tipicamente vanno incontro gli animali immessi in zone a loro sconosciute. Queste strutture vanno costruite e posizionate sotto la guida di esperti in modo che rispondano a tutti i requisiti di sicurezza, efficienza ed economicità. Le strutture di ambientamento vanno inoltre sorvegliate strettamente dal personale di vigilanza destinato alla zona protetta in modo da prevenire atti di bracconaggio e vandalismo e distruzioni dovute a cani e gatti randagi. Ricerca scientifica Una delle principali attività da promuovere all'interno degli ambiti protetti è la ricerca scientifica sulla fauna selvatica. L'acquisizione di conoscenze sulla biologia della fauna è ancora più importante in Italia dove vi è una notevole carenza di tale tipo di studi. La ricerca scientifica dovrebbe essere indirizzata ad argomenti di tipo auto ecologico e sinecologico per fornire una base oggettiva alle attività gestionali. Gli studi da privilegiare dovrebbero essere quelli inerenti la dinamica di popolazione, le preferenze di habitat, la competizione tra specie coesistenti e i rapporti prede-predatori. Le zone protette, specie se di buona estensione, permettono di avere a disposizione territori di studio dove viene eliminata una delle più importanti e non quantificabili variabili che incidono sulle popolazioni di selvaggina: la caccia. Inoltre nelle zone protette è possibile avere il fondamentale supporto del personale di vigilanza che direttamente può raccogliere in modo continuativo una serie di dati molto utili nelle fasi di approfondimento delle ricerche. Analisi dell’assetto territoriale Il territorio della Provincia di Crotone è stata suddiviso in due Ambiti Territoriali di Caccia: ATC Kr1 e ATC Kr 2. In confine tra i due ambiti è delineato dal fiume Neto. 347 347 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Ambito Territoriale di Caccia KR1 L’Ambito Territoriale di Caccia n. 1 si sviluppa a nord del fiume Neto ed è costituito dal territorio dei seguenti 17 comuni della Provincia di Crotone : Belvedere Spinello, Caccuri, Carfizzi, Casabona, Castelsilano, Cerenzia, Cirò Cirò Marina, Crucoli, Melissa, Pallagorio, Rocca di Neto, San Nicola dell’Alto, Savelli, Strongoli , Umbriatico e Verzino. La sua superficie ammonta a 79.851 ettari, con una incidenza percentuale del 46,51% sul totale provinciale. Ambito Territoriale di Caccia KR2 L’ambito territoriale caccia KR2 comprende il territorio dei seguenti comuni : Cotronei, Crotone, Cutro, Isola Capo Rizzuto, Mesoraca, Petilia Policastro, Roccabernarda, San Mauro Marchesato, Santa Severina e Scandale. Vengono rispettati in questa delimitazione i confini comunali. Di seguito si riporta il quadro relativo alle superfici occupate dagli ATC da tenere in considerazione per la pianificazione faunistico-venatoria e di quelle relative al territorio provinciale e alla S.A.S.P. (Superfice Agro-Silvo-Pastorale). 348 348 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Superfici utili per la pianificazione faunistico-venatoria Superficie in Ha Provincia KR 171.694,10 S.A.S.P. 165.510,44 S.A.S. P. ATC KR1 S.A.S. P. ATC KR2 77.420,23 88.090,21 3.8 - Identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi Non prevediamo la realizzazione di alcun appostamento fisso. 3.9 - Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo e criteri per l’erogazione dei risarcimenti Prevenzione dei danni Opere ed accorgimenti Al fine di prevenire i danni causati alle opere ed alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica, la Provincia di Crotone intende realizzare degli interventi strutturali nel territorio maggiormente interessato a questo fenomeno. A tal fine la Provincia pubblicherà dei bandi con le specifiche modalità di partecipazione, con l’indicazione dei territori interessati e con le tipologie di opere che si potranno realizzare per prevenire i danni per ogni specie selvatica e le colture interessate alla realizzazione degli interventi. Segnalazione, stima e liquidazione dei danni Segnalazione 349 349 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Coloro che subiscono danni a colture e opere agricole sono tenuti a segnalarli agli Organi competenti (Provincia o Ambiti Territoriali di Caccia), in forma scritta possibilmente entro 24 ore dall’accertamento del primo danno da parte del conduttore dei fondi. Le domande dovranno essere avanzate utilizzando un’apposita modulistica. Nelle domande di risarcimento dovranno essere comunque ben specificati: a) Indirizzo, numeri di telefono, dati anagrafici o ragione sociale del richiedente, accompagnati dal codice fiscale o dal numero della partita IVA; b) dichiarazione di proprietà o di possesso e riferimenti catastali dei terreni interessati dal danneggiamento; c) luogo ed entità della superficie oggetto di sopralluogo; d) coltura od opera danneggiata; e) indicazioni sulla specie che ha causato il danno e sua approssimativa zona di provenienza; f) stima del danno; h) documentazione fotografica comprovante il danno. Il richiedente è responsabile di quanto dichiarato nella domanda di indennizzo. Non sono indennizzabili danni relativi a: a) colture che al momento del sopralluogo siano già state raccolte o comunque manomesse; b) colture dove non sia in alcun modo tecnicamente accertabile la causa del danneggiamento; c) boschi o rimboschimenti dopo i tre anni dall’impianto; d) impianti di essenze arboree attuati con i contributi comunitari ove non sia stata prevista in progetto alcuna opera di prevenzione, qualora ammessa dalla normativa comunitaria; nel caso di differenza sostanziale tra la spesa derivante dall’importo ammissibile dal Regolamento CEE per la recinzione ed il costo effettivo della stessa, gli Ambiti Territoriali di Caccia e la Provincia potranno prevedere idonee incentivazioni; e) danni provocati da piccioni viventi allo stato naturale o da altri animali domestici; f) colture non agronomicamente valide: le coltivazioni di specie erbacee, qualora non risultino condotte secondo canoni ordinari di lavorazione, semina, trattamento e/o che nei vari stadi di sviluppo non presentino parametri validi dal punto di vista produttivo in termini qualitativi e quantitativi non sono ammissibili al risarcimento. Non sono inoltre indennizzabili danni stimati per un valore inferiore a Euro 100. Risarcimento Gli organismi preposti alla erogazione degli indennizzi verificano le richieste avanzate mediante sopralluoghi, da effettuarsi di norma entro 15 giorni successivi alla richiesta di indennizzo e comunque entro i limiti previsti dalla legge. I sopralluoghi di accertamento sono effettuati da tecnici della Provincia di Crotone abilitati a tale incarico, che verificheranno il danno causato sulle colture agrarie dalla fauna 350 350 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 4. Sull’apposito verbale di sopralluogo, il tecnico incaricato, dovrà riportare quanto segue: a) Superficie (dati catastali/coordinate geografiche) e tipologia della coltura oggetto del sopralluogo; b) Presunta data del danno; c) Presunta provenienza degli animali che hanno provocato il danno; d) Indicazioni circa opere per la prevenzione di eventuali ulteriori danni; e) Valutazione del danno in base alla stima presentata dalla ditta. Al sopralluogo possono presenziare rappresentanti incaricati dai Comitati di Gestione degli ATC e rappresentanti delle associazioni di categoria (venatorie e agricole) in veste di osservatori; tali incaricati dovranno comunque qualificarsi di fronte al proprietario o conduttore di fondo agricolo; gli stessi hanno facoltà di fare annotazioni sul verbale. In caso di controversia le questioni saranno esaminate dalla Camera arbitrale e di conciliazione di Crotone con sede presso la Camera di Commercio; Per il calcolo del danno si dovranno utilizzare i preziari vigenti. 3.10. Banche dati faunistiche La realizzazione di una banca dati sul patrimonio faunistico, diventa per la Provincia di Crotone, essenziale per qualsiasi azione di corretta programmazione e gestione. Pertanto è di fondamentale importanza che la provincia e gli ATC si attivino al più presto per la predisposizione di tale strumento, coinvolgendo in tale opera esperti della fauna e degli habitat. La Banca Dati, che si realizzerà, dovrà essere in grado di raccogliere tutte le informazioni provenienti da tutti i soggetti che operano nel territorio. Le informazioni che sarà possibile raccogliere riguarderanno il censimento della fauna selvatica, i prelievi venatori, l’attività di controllo delle specie, le immissioni e le morti di fauna selvatica, gli eventuali danni alle colture e gli incidenti stradali che vedano il coinvolgimento degli animali. La realizzazione delle banche dati faunistico è necessariamente collegata alla attività di monitoraggio della fauna. Il miglior modo per acquisire questi dati rimane il censimento della fauna selvatica, studiarne lo stato, l’evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostituivo o migliorativo delle comunità animali e degli ambienti naturali con l’obiettivo di una riqualificazione faunistica del territorio regionale, di effettuare e coordinare l’attività di inanellamento a scopo scientifico dell’avifauna sull’intero territorio provinciale, collaborare con Istituti scientifici ed Enti interessati alla gestione e conservazione del patrimonio faunistico. 351 351 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Il compito è quello di elaborare piani di azione per la conservazione delle specie d i Mammiferi ed Uccelli più minacciati della provincia. La redazione di un programma, per la gestione delle principali emergenze faunistiche, potrebbe realizzarsi attraverso: 1 la realizzazione migrazioni ed di un avifauna sistema di stanziale monitoraggio attraverso ornitologico, l’applicazione studio sulle dell’attività di inanellamento scientifico. Per svolgere al meglio tale attività i monitoraggi ornitologici devono essere svolti da ornitologi con comprovata esperienza sul campo nell’attività di Inanellamento, in possesso di patentino A e patentino C rilasciati dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica di Bologna, e Autorizzazione rilasciata dalla Regione Calabria per la cattura e l’Inanellamento degli uccelli per scopi scientifici. 2 realizzazione di monitoraggio ornitologico per mezzo di censimenti invernali degli uccelli acquatici nelle zone umide provinciali. Provincia di Crotone per la sua collocazione geografica rappresenta un'area di rilevante importanza per la sosta (migrazione post e pre-riproduttiva) e lo svernamento degli uccelli acquatici. In particolare, grazie alla presenza di ambienti umidi costieri (alcuni dei quali riconosciuti importanti, e classificati come Siti d'Interesse Comunitario e Zone a Protezione Speciale ai sensi delle Direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE) e di bacini artificiali interni, ospita ogni anno nel periodo invernale un consistente numero di esemplari appartenenti agli ordini dei Podicipediformi, dei Ciconiformi, dei Fenicotteriformi, degli Anseriformi, dei Gruiformi e dei Caradriformi. Come è noto le popolazioni animali sono risorse rinnovabili e pertanto possono essere sottoposte a prelievo attivo purché commisurato al tasso di incremento di ciascuna di esse. 3. avvio di un sistema di monitoraggio sulle popolazioni faunistiche caratterizzate da elevato interesse conservazionistico a livello comunitario e particolarmente minacciate di estinzione. Lo studio riguarda sia le specie di interesse venatorio che quelle di interesse conservazionistico. La Calabria è caratterizzata da ambienti ad elevato pregio naturalistico, ma dal punto di vista ornitologico risulta una delle regioni italiane meno conosciute, per cui risulta prioritario avviare un’indagine al fine di stabilire la presenza, lo status delle specie elencate presenti nel territorio regionale. Di singolare importanza, risulta all’interno delle foreste regionali la presenza di numerose specie di Piciformi, che rappresentano importanti indicatori di riconosciuta significatività ecologica e biologica dello stato dell’ecosistema; in particolare, specie come il picchio rosso 352 352 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio mezzano (Dendrocopos medius) e il picchio nero (Dryocopus martius) sono di importanza nazionale ed inseriti nella Direttiva Uccelli, rappresenta una specie fortemente minacciata, in quanto “specialista” e sensibile ad un monitoraggio precoce dei cambiamenti. Inoltre lo studio deve riguardare anche le specie di interesse venatorio quali ad esempio: Germano reale (Anas platyrhynchos), Quaglia (Coturnix coturnix), Tortora (Streptopelia turtur), Beccaccia (Scolopax rusticola), Beccaccino (Gallinago gallinago), Allodola (Alauda arvensis), Merlo (Turdus merula), Tordo bottaccio (Turdus philomelos), Storno (Sturnus vulgaris), ecc. Le azioni che saranno avviate su ciascuna delle specie sopra elencate dovranno essere finalizzate alla raccolta di dati utili alla redazione della Carta Faunistica della Provincia risponderanno alle principali esigenze di carattere gestionale delle specie stesse, con particolare riferimento alla programmazione faunistico-venatoria. Tutte le tecniche dovranno essere in linea con gli standard internazionali e, per quanto riguarda l'attività di inanellamento, coerenti con le disposizioni in materia dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. 3.10.1. Archivio faunistico Attraverso la realizzazione di un archivio faunistico gestito dal Servizio Caccia e Pesca, considerato che la legislazione regionale prevede che ogni Provincia debba dotarsi di specifiche banche dati faunistiche digitalizzate dove sono raccolti dati e informazioni sui seguenti argomenti: 1. Carnieri 2. Censimenti faunistici 3. Danni 4. Controllo faunistico 5. Miglioramenti ambientali 6. Popolazione venatoria 7. Infrazioni venatorie si cercherà di ottimizzare al massimo tutte le notizie raccolte. Un compito fondamentale nella realizzazione di questo archivio l’avranno i cacciatori attraverso la corretta compilazione dei dati dei carnieri. A tal fine saranno realizzati aggiornamenti obbligatori ai cacciatori, proposti in collaborazione tra Ente Provincia e gli ATC, che avranno come argomento la giusta compilazione dei carnieri. 3.11. Piano degli interventi di miglioramento ambientale e criteri per la corresponsione degli incentivi 353 353 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio La capacità ricettiva di un territorio,dal punto di vista faunistico, è il risultato di una serie di caratteristiche ambientali intrinseche capaci di sostenere un determinato numero di soggetti appartenenti alle diverse specie selvatiche. Gli interventi di miglioramento ambientale, in quest’ottica, assumono un obiettivo fondamentale della gestione del territorio, al fine di favorire l’incremento della presenza della selvaggina attraverso il recupero ed il ripristino di ecosistemi degradati. Scopo dei miglioramenti ambientali è quello di indurre un generalizzato incremento della diversità e della densità delle zoocenosi che perduri il più a lungo possibile. Ci si riferisce agli interventi di miglioramento ambientale che sono nel presente Piano contestualizzati con prevalenza nell’ambito dello sviluppo di una agricoltura multifunzionale in grado di assicurare interventi di creazione, ripristino o mantenimento di condizioni ambientali idonee alla vita della fauna selvatica, nonché di riduzione dell’impatto ambientale, causato dalle attività agricole negli agro ecosistemi, soprattutto nei riguardi della distribuzione, della densità e della biodiversità delle popolazioni costituenti le specie di fauna selvatica. Si rivolge l’attenzione alle tipologie di intervento di seguito elencate: 1. Gestione e cura dei boschi, finalizzata a favorire e contribuire ad una corretta gestione del patrimonio boschivo sia di pianura che di montagna, in un’ottica di conservazione e valorizzazione della fauna selvatica. 2. Recupero dei pascoli montani abbandonati e del paesaggio agrario che si pone l’obiettivo di conservare spazi seminaturali, elementi dell’agro sistema e del paesaggio agrario nonché ricreare condizioni ambientali idonee a specie appartenenti alla fauna tipica di tradizionali agro ecosistemi montani garantendo un mosaico di situazioni ambientali diversificate. 3. Colture a perdere, definite al fine di garantire rifugio e alimentazione alla selvaggina, sia stanziale che migratoria, durante il periodo autunno – invernale. 4. Ripristino e mantenimento di zone umide, finalizzato al mantenimento di aree fondamentali per la sosta e l’alimentazione dell’avifauna acquatica. 5. Piantumazione e conservazione di siepi, cespugli, boschetti e filari, finalizzati alla creazione e al mantenimento di ambienti idonei al rifugio, alla nidificazione e all’alimentazione della fauna selvatica sia stanziale che migratoria. Per la realizzazione degli interventi sopra elencati è fondamentale il pieno coinvolgimento degli Enti locali e delle forze economiche e sociali, intensificando la concertazione attraverso il rafforzamento della governance e l’integrazione degli strumenti di programmazione e pianificazione settoriale, mirando alla coerenza e convergenza nelle fasi operative. A tal fine il PSR Calabria 2007/2013 con le misure dell’Asse 2 può essere di valido aiuto. Tutte le operazioni di miglioramento dovranno prevedere quanto detto per le singole specie nei capitoli precedenti. Richiesta di finanziamento 354 354 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Al fine di realizzare quanto sopra, gli imprenditori, potranno accedere al finanziamento attraverso modalità fissate con bandi pubblici dagli ATC o dalla Provincia di Crotone. I Comitati di Gestione degli ATC dovranno: • Individuare le aree degradate potenzialmente vocate per le specie di interesse faunistico e venatorio. • predisporre i piani di miglioramento ambientale • definire un progetto pilota di immissione di fauna secondo il criterio delle “ aree vocate”. • approvare il “Piano e disciplinare per gli interventi di ripristino e miglioramento ambientale con finalità faunistiche”. Il ripristino di habitat divenuti rari o scomparsi ed il riassetto ambientale del territorio provinciale, mediante azioni finalizzate al mantenimento e miglioramento della Rete Ecologica Provinciale, sono azioni indispensabili al fine di: • favorire specie rare o in declino • favorire la ricolonizzazione o poter reintrodurre specie estinte • perseguire una adeguata densità di specie di interesse venatorio. L’approccio metodologico da utilizzare nei miglioramenti ambientali a fini faunistici è quello definito tramite il “Progetto pilota di immissione di fauna selvatica secondo il criterio delle aree vocate”. Tale approccio consiste nell’utilizzazione aree vocate al ripopolamento identificate dalla allegata cartografia (punto 3.12.3.) al fine di individuare Unità di Gestione Faunistica sulle quali si concentreranno, prioritariamente, gli incentivi economici previsti dal bando di accesso ai contributi per interventi di ripristino e miglioramento ambientale con finalità sia fauna stanziale che l’avifauna migratoria. Tale priorità deriva dalla constatata necessità di avviare la programmazione dell’insediamento e la riproduzione di nuclei faunistici autoctoni per il successivo irradiamento nelle aree limitrofe sia di creare le condizioni quanto più ottimali possibili (sito pressione venatoria iniziale, sensibilità e partecipazione migliore, scarsa degli agricoltori) per zone di ambientamento all’interno delle migliori aree dell’ATC per le singole specie di interesse faunistico e venatorio. 3.12. Piano di immissione di fauna selvatica 3.12.1. Obiettivi del ripopolamento Il principale obiettivo del ripopolamento deve essere quello della gestione e del miglioramento della zoocenosi di un determinato territorio. La Provincia, attraverso il Piano Faunistico deve dare il giusto indirizzo in tal senso, lo stesso verrà realizzato dai programmi degli ATC. Il ripopolamento, quindi, non deve assolutamente essere visto solamente territorio della selvaggina mancante per l’attività di prelievo venatorio. 355 355 come l’apporto in un Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Per i piani di immissione da realizzare nel prossimo futuro si dovrà tenere in considerazione quanto precedentemente detto per le singole specie nel paragrafo della gestione. Va ricordato che l’azione di immissione dovrà essere effettuata dopo azioni di censimento e monitoraggio della fauna a livello territoriale. I piani di gestione della fauna devono essere inoltre compatibili con i piani di gestione redatti per i siti rete natura 2000 della provincia e raccordarsi con il piano faunistico del Parco Nazionale della Sila. In particolare nei siti Natura 2000, fatto salvo il divieto di introduzione di specie non autoctone ex art. 12 D.P.R. 357/97, ogni intervento di reintroduzione di fauna selvatica all’interno dei siti e delle aree limitrofe, definite tali sulla base della mobilità delle specie oggetto della reintroduzione, è sottoposto a specifica valutazione di incidenza. Nei siti Natura 2000 gli interventi di miglioramento ambientale devono essere concordati con l’ente gestore e utilizzando esclusivamente specie autoctone. Eventuali piani di immissione devono porsi lo scopo principale di limitare gradualmente gli interventi di ripopolamento in modo che il prelievo venatorio sia basato sulla produzione spontanea della fauna. Gli interventi programmati dovranno quindi favorire la naturale moltiplicazione della specie pianificando le attività di conservazione degli habitat e di controllo sull’attività venatoria. Tutto ciò eviterà di creare quell’inquinamento genetico che si è verificato con l’utilizzo di animali appartenenti a razze o sottospecie diverse da quelle autoctone. Notevoli sono inoltre i problemi legati all’utilizzo di animali allevati nelle immissioni faunistiche quali le condizioni sanitarie, le modificazioni del comportamento indotto dall’allevamento, la caratterizzazione genetica degli animali allevati e la difficoltà degli animali ad integrarsi nel contesto dell’ambiente naturale dove sono immessi. La immissioni dovranno perciò essere attuate in modo pianificato tenendo conto della specie e delle peculiarità del territorio. La definizione dei piani di immissione deve essere quindi subordinata legata ad una azione preliminare di monitoraggio sulla consistenza attuale della specie da immettere negli specifici comprensori omogenei che sono stati individuati nel relativo paragrafo. 3.12.2. Criteri del ripopolamento Oramai è accertato che il ripopolamento più efficace è quello che si realizza con gli animali provenienti da catture all’interno delle Z.R.C.. Pertanto diventa fondamentale, anche per tale motivo, la realizzazione in tempi brevi di tale istituti che al momento sono completamente assenti nella Provincia di Crotone. Di conseguenza occorre, potenziare la produttività faunistica di questi istituti, in modo tale da aumentare non solo il numero dei capi catturabili ma altresì quello degli capi irradiati sui territori contigui. L’irradiamento naturale autunnale e, in misura maggiore, quello primaverile sono, infatti, i ripopolamenti più produttivi in assoluto, senza dimenticare che sono privi di costi e di 356 356 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio alcuna controindicazione. A tale proposito, dovrà essere totalmente evitata la pratica dei cosiddetti “rinsanguamenti”, vale a dire lo scambio di animali catturati tra Z.R.C. diverse. Tale pratica, infatti, è priva di qualsiasi fondamento scientifico e, lungi dal produrre gli ipotetici incrementi riproduttivi per i quali è invocata, viceversa comporta concreti rischi di carattere sanitario. Oltre ai ripopolamenti attuati con selvatici prodotti dalla Z.R.C. un secondo tipo di ripopolamento che può avere ritorno faunistico e venatorio è quello realizzabile con selvaggina, soprattutto lepri e fagiani, catturata in qualificati istituti di produzione di altre Province del nord Italia. La provincia e gli A.T.C., di comune accordo, potranno prevedere specifiche forme di incentivazioni a favore degli agricoltori compresi all’interno delle Z.R.C. che, aderendo e collaborando ai piani di miglioramento ambientale a fini faunistici, contribuiranno a conseguire significativi incrementi nella produttività faunistica naturale. Per quanto concerne le immissioni di selvaggina, acquistate da allevatori professionisti, si devono rispettare corretti principi di gestione faunistica e di profilassi sanitaria. Sarà cura di questa Provincia far si che ogni eventuale attività di immissione faunistica sia preceduta da studi di fattibilità che si attengono scrupolosamente a quanto prescritto nelle “linee guida per l’immissione di specie faunistiche” redatte dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dall’ex INFS ora ISPRA ed eventuali altre indicazioni fornite dagli specialisti dell’ISPRA. Tutte le eventuali attività di controllo delle specie faunistiche, condotte dall’Ente gestore ai sensi dell’art. 19 della legge 157/92, saranno precedute da studi di fattibilità e verificate le modalità al fine di non determinare impatti significativo, non solo su specie cacciabili ma anche su specie protette; anche perché tali attività solo in casi limitati sono in grado di condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni. In ogni sito afferente alla rete Natura 2000, le attività dovranno essere disciplinate attenendosi al D.M. n. 184 del 17/10/2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone Speciali di Conservazione (ZSC) e zone di Protezione Speciale (ZPS). 3.12.3. Carte delle aree vocate al ripopolamento La realizzazione delle carte delle aree vocate al ripopolamento (tav.8-9-10-11) si è basata sull’elaborazione della cartografia scaturita dal Progetto Corine Land Cover 90 (CLC90) e dai suoi successivi aggiornamenti (CLC2000). L’impiego di questi metadati scaturisce dal fatto che essi sono riconosciuti a livello europeo quali strumenti di base per la definizione delle politiche territoriali da parte di diversi servizi della Commissione Europea quali la DG - Politiche Regionali (DG - Regional policy), la DGAmbiente (DG Environment) e la DG Agricoltura (DG Agriculture), oltre all’AEA e ai nodi 357 357 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio della rete costituita dai Centri Tematici Europei (European Topic Centres - ETCs). Le carte delle aree vocate al ripopolamento scaturiscono dall’elaborazione delle carte di idoneità ambientale opportunamente epurate delle classi di uso del suolo non ritenute idonee ad attività di ripopolamento. Rispetto alle citate carte di idoneità ambientale la superficie vocata al ripopolamento delle specie analizzate risulta ridotta in quanto sono state escluse le seguenti classi di uso del suolo riportate nella tabella che segue. Tab. – Classi di uso del suolo escluse per la elaborazione delle aree vocate 1.1 Zone urbanizzate di tipo residenziale 1. Superfici artificiali 2. Superfici agricole utilizzate 1.1.1 1.1.2 1.2.1 1.2 Zone industriali, commerciali ed 1.2.2 infrastrutturali 1.2.3 1.2.4 1.3.1 1.3 Zone estrattive, cantieri, discariche 1.3.2 e terreni artefatti e abbandonati 1.3.3 1.4.1 1.4 Zone verdi artificiali non agricole 1.4.2 2.1.1 2.1 Seminativi 2.1.2 2.1.3 2.2.1 2.2 Colture permanenti 2.2.2 2.2.3 2.3 Prati stabili (foraggere permanenti) 2.3.1 2.4.1 2.4.2 2.4 Zone agricole eterogenee Zone residenziali a tessuto continuo Zone residenziali a tessuto discontinuo e rado Aree industriali, commerciali e dei servizi pubblici e privati Reti stradali, ferroviarie e infrastrutture tecniche Aree portuali Aeroporti Aree estrattive Discariche Cantieri Aree verdi urbane Aree ricreative e sportive Seminativi in aree non irrigue Seminativi in aree irrigue Risaie Vigneti Frutteti e frutti minori Oliveti Prati stabili (foraggere permanenti) Colture temporanee associate a colture permanenti Sistemi colturali e particellari complessi 2.4.3 Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti 2.4.4 Aree agroforestali La scelta di escludere le superfici agricole utilizzate scaturisce dal fatto che queste aree sono, nella maggior parte dei casi, di privati che spesso non sono interessati a gestire i fondi agricoli compatibilmente con le esigenze di gestione della fauna. Inoltre, l’impiego di presidi sanitari per la difesa delle colture può nuocere seriamente alla fauna immessa che, specie nel primo periodo di adattamento, trovandosi in stato di stress, risente significativamente dei trattamenti fitosanitari ed erbicidi che vengono effettuati sulle colture. Per stabilire la vocazionalità delle aree al ripopolamento per ogni specie sono state individuate le tipologie ambientali a diversa vocazione seguendo le linee guida della Rete Ecologica Nazionale e dell’INFS. Per i due fasianidi, Starna e Fagiano, sono state individuate le tipologie ambientali inerenti la fenologia riproduttiva. Di seguito vengono indicate per ogni specie le classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento assegnando il punteggio di: 0 perle aree non vocate; 1 per le aree a bassa vocazione, 2 per le aree a medi vocazione e 3 per le aree ad alta vocazione. Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento del Cinghiale 3.1.1 3.1.2 Boschi di latifoglie Foreste di conifere 3 1 358 358 Provincia di Crotone 3.1.3 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.3.4 4.1.1 Piano Faunistico-Venatorio Boschi misti Praterie naturali Brughiere Vegetazione a sclerofille Aree di transizione cespugliato-bosco Aree incendiate Aree interne palustri 3 2 2 3 3 1 2 Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento della Lepre appenninica 3.1.1 3.1.3 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.3.1 3.3.3 3.3.4 Boschi di latifoglie Boschi misti Praterie naturali Brughiere Vegetazione a sclerofille Aree di transizione cespugliato-bosco Spiagge e dune Aree con vegetazione sparsa Aree incendiate 2 2 2 2 2 3 2 2 1 Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento del Fagiano 3.2.2 3.2.3 3.2.4 4.1.1 Brughiere Vegetazione a sclerofille Aree di transizione cespuglieto – bosco Aree interne palustri 2 1 2 2 Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento della Starna 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.3.4 Praterie naturali Brughiere Vegetazione a sclerofille Aree di transizione cespuglieto – bosco Aree incendiate 359 359 2 3 1 2 1 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 4. 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ART.2 TIPOLOGIA DELLE ZONE Le zone per l’allenanamento, l’addestramento e le gare cinofile si distinguono in: - - Zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili, senza abbattimento della stessa, denominate Z.A.C. di tipo A la cui superficie non può essere inferiore ad 80 ettari; Zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili, con abbattimento della stessa, denominate Z.A.C. di tipo B. Tali zone devono avere una superficie compresa tra i 3 ed i 20 ettari e devono essere distanti più di 150 metri dai centri abitati e 500 metri da oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, appostamenti fissi, parchi nazionali, parchi naturali regionali e riserve naturali; ART.3 COSTITUZIONE 1. Le aree idonee alla costituzione delle zone addestramento cani sono indicate nel P.F.V.P. e sono aggiornate periodicamente in funzione delle mutate realtà territoriali e delle esigenze faunistiche ed ambientali. 2. I soggetti che possono richiedere l’autorizzazione per la costituzione delle zone addestramento cani sono: le associazioni venatorie ed agricole riconosciute a livello nazionale ed operanti sul territorio provinciale, gli imprenditori agricoli singoli o associati e le associazioni cinofile dell’ENCI operanti nella provincia. Ad ogni associazione venatoria e cinofila non potrà essere data in concessione più di una zona aumentata di altra unità per ogni 1.500 tesserati; Per ottenere il rilascio dell’autorizzazione alla istituzione e alla gestione di qualsiasi tipologia di Z.A.C., gli aventi diritto devono inoltrare alla Provincia apposita richiesta in bollo di valore corrente, corredata dai seguenti documenti: - planimetria generale con individuazione dell’area almeno in scala 1:25.000; - planimetria catastale con l’indicazione delle particelle interessate accompagnata dalle visure delle particelle stesse; - relazione tecnico descrittiva; - atti comprovanti il titolo di proprietà o di conduzione del fondo; - atto da cui risulti il consenso dei proprietari dei terreni o dei conduttori dei fondi alla costituzione della zona. 369 369 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Versamento in favore della Provincia di Crotone, Ufficio Caccia, per costo istruzione pratica; - Alla domanda deve essere allegato anche il regolamento per il funzionamento della zona, oltre ad una marca da bollo per il rilascio dell’autorizzazione. L’istruzione della pratica di realizzazione di una Z.A.C. è affidata agli Uffici Provinciali della Caccia che possono anche avvalersi della collaborazione di strutture, pubbliche e private, di provata esperienza in materia venatoria ed ambientale. L’Ufficio Provinciale della Caccia verifica che la superficie impegnata, insieme alle altre strutture a gestione privata della caccia già autorizzate, non comporti il superamento del limite del 15% previsto dalla L.R.n.9/96 e dal P.F.V.P. Le Z.A.C. sono costituite con delibera della Giunta Provinciale e relativo decreto di concessione rilasciato dal Presidente della Giunta Provinciale. L’autorizzazione non ha scadenza, ma può essere revocata in caso di violazione della stessa o di irregolare gestione della zona cinofila. - 3. 4. 5. 6. ART.4 REGOLAMENTO DI GESTIONE Il richiedente l’autorizzazione dovrà predisporre un regolamento di gestione dal quale risultino almeno: 1. Le specie di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili indicate dalla Regione nel calendario venatorio che intende immettere anche per l’eventuale abbattimento; 2. Tempi e modalità di utilizzazione dell’area. ART.5 PERIODO ED ORARIO DI UTILIZZO DELLE Z.A.C. 1. L’utilizzazione delle Z.A.C. per l’addestramento, l’allenamento e le gare cinofile, con e senza abbattimento di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili indicate dalla Regione nel calendario venatorio, è consentita dal 1° settembre di ogni anno al 30 giugno successivo, da un’ora prima del sorgere del sole al tramonto; 2. Nel periodo compreso tra il 01 luglio ed il 31 agosto di ogni anno l’attività cinofila per l’addestramento, l’allenamento e le gare è consentita senza l’abbattimento del selvatico. 3. L’addestramento, l’allenamento e le gare cinofile, senza abbattimento di selvaggina sono consentiti tutti i giorni della settimana. 4. L’addestramento, l’allenamento e le gare cinofile, con abbattimento di selvaggina sono consentiti nei giorni di lunedì, mercoledì, giovedì,sabato e domenica. 5. Il prelievo venatorio nelle Z.A.C. durante le fasi di addestramento non è soggetto all’opzione per la forma di caccia in via esclusiva di all’art.10 della L.R.9/96. ART.6 IMMISSIONE DI SELVAGGINA 1. Nelle Z.A.C. è consentito immettere, per il prelievo venatorio, selvaggina appartenente alle specie cacciabili indicate nel calendario venatorio regionale. 2. La stessa deve essere accompagnata da documentazione attestante la legittima provenienza e dalla necessaria certificazione sanitaria dell’Autorità veterinaria competente sul territorio della zona cinofila interessata; 3. Tutti gli esemplari immessi devono essere adeguatamente marcati con contrassegni inamovibili e numerati. 4. Essi devono altresì, essere annotati in apposito registro che dovrà essere tenuto a disposizione della Provincia e da questa vidimato. ART.7 MODALITA’ DI ACCESSO 370 370 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 1. Nei limiti di ricettibilità della zona, deve essere consentito il libero accesso a tutti i cacciatori richiedenti, a parità di diritti ed obblighi, in regola nel caso di addestramento con abbattimento di selvaggina, con i documenti necessari per lo svolgimento dell’attività venatoria previsti dall’art.10 della L.R.9/96, ad esclusione del tesserino venatorio, compresa la polizza di assicurazione in corso di validità; 2. L’utilizzo delle zone è comunque subordinato al possesso di specifica autorizzazione rilasciata dal soggetto gestore, che dovrà essere esibita durante i controlli disposti dagli agenti di vigilanza. 3. Nelle Z.A.C. con abbattimento, le autorizzazioni di cui al precedente comma dovranno essere cronologicamente annotate in apposito registro che dovrà essere tenuto a disposizione della Provincia e da questa vidimato. 4. Il numero di cacciatori contemporaneamente ammissibile nella Z.A.C. è determinato in misura di 1 cinofilo ogni 4 ettari nel caso di addestramento senza abbattimento e di 1 cinofilo ogni 3 ettari nel caso di addestramento con abbattimento. ART.8 QUOTE DI PARTECIPAZIONE 1. L’accesso nella Z.A.C. può essere subordinata al pagamento di una quota di partecipazione il cui importo e modalità di versamento saranno stabiliti dal gestore della struttura nel regolamento. 2. In caso di richiesta esplicita di immissione di selvaggina di allevamento, alla suddetta quota si vanno ad aggiungere i costi della selvaggina immessa, il cui listino deve essere affisso all’interno della struttura. 3. L’interessato alla fine del turno, dovrà richiedere regolare ricevuta dalla quale risulteranno chiaramente, oltre all’importo pagato, le generalità del cinofilo, la zona di addestramento con relativa autorizzazione, il numero di capi abbattuto e l’allevamento di provenienza. ART.9 TABELLAZIONI 1. Ogni Z.A.C. dovrà essere indicata, da tabelle perimetrali esenti da tasse e recanti la seguente scritta: -PROVINCIA DI CROTONE- ZONA ADDESTRAMENTO CANIL.R.9/96-AUT.N… DEL……-DIVIETO DI CACCIA -; 2. Le tabelle devono essere collocate lungo tutto il perimetro della zona, su pali o alberi, ad un’altezza tra i due e i quattro metri da terra e ad una distanza di circa 50 metri l’una dall’altra ed in modo che da ciascuna di essa siano visibili le due contigue. 3. La responsabilità della collocazione e della manutenzione delle tabelle sono a carico del concessionario. Art.10 VIGILANZA 1. Alla vigilanza nelle Z.A.C. provvede il concessionario, che può affidare il controllo alle Guardie Giurate Venatorie Volontarie. 2. In caso di necessità, il concessionario può chiedere all’Amministrazione Provinciale l’intervento delle Guardie Venatorie Provinciali. ART.11 COPERTURA ASSICURATIVA Il concessionario è tenuto a stipulare apposita polizza assicurativa per responsabilità civile a copertura degli eventuali danni che potrebbero verificarsi durante l’attività cinofila nella zona interessata. ART.12 371 371 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio DIVIETI E SANZIONI 1. Nelle Z.A.C. è vietato lo svolgimento dell’attività venatoria, salvo il prelievo a scopo di addestramento sulla selvaggina allevata appartenente a specie cacciabili. 2. Nelle Z.A.C. è vietato a chiunque, ad eccezione del concessionario, raccogliere lumache, funghi e prodotti in genere del bosco e del sottobosco. 3. Il cane che durante la gara o la prova esca dalla zona cinofila deve essere immediatamente richiamato dal conduttore; 4. In caso di violazione delle disposizioni contenute nel presente regolamento,compiute dal concessionario e/o da altri soggetti, si applicano le sanzioni amministrative e penali previste dalla L.157/92 e dalla L.R.9/96. 372 372 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio Allegati cartografici 373 373 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio INDICE ANALITICO DELLE MATERIE 2.1.9.2 Aziende Agrituristico Venatorie Premessa 2.1.9.3 Miglioramenti ambientali realizzati 1 DISPOSIZIONI GENERALI 2.1.9.4 Centro di recupero della Fauna 1.1 Quadro normativo di riferimento 2.1.9.5 Allevamenti autorizzati 1.1.1 Introduzione 2.2 Assetto Faunistico 1.1.2 2.2.1 1.1.3 2.2.1.1 1.1.3.1 2.2.2 1.1.3.2 2.2.3 1.2 2.2.4 1.3 2.2.5 2 2.2.6 2.1 2.2.7 2.1.1 2.2.8 2.1.2 Strumenti di tutela della fauna selvatica Situazione generale: Peculiarità e problematiche Procedura di pianificazione faunistico venatoria Analisi dei principali fattori di impatto Il ruolo della Provincia Uccelli acquatici e marini Il ruolo della Regione Uccelli rapaci e strigiformi 2.3 Assetto sociale 2.1.3 2.3.1 2.1.4 INDICAZIONI PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO STUDIO DI INCIDENZA Passeriformi a altre specie INDICAZIONI SULLA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) Quadro complessivo dell’avifauna QUADRO CONOSCITIVO Raccolta dati dell’avifauna Assetto territoriale Mammalofauna Il Clima Raccolta dati della mammalofauna Geologia e geomorfologia Rete idrografica e qualità delle acque Caratterizzazione della popolazione venatoria Sistema Agro Forestale 2.3.2 2.1.5 2.3.3 2.1.6 Vigilanza venatoria Grado di antropizzazione Danni registrati, interventi di prevenzione dei danni, attività di controllo Rete antropica della fauna selvatica 2.1.6.1 Risultati Discarichee considerazioni sulle strategie gestionali previste dal 2.4 2.1.6.2 3 2.1.6.3 precedente Faunistico InfrastrutturePiano di trasporto PIANIFICAZIONE FAUNISTICO-VENATORIA Impianti industriali 3.1 Obiettivi generali di pianificazione 2.1.6.4 Impiego di pesticidi 3.2 della Superficie Agro-Silvo-Pastorale 2.1.6.5 Definizione Meccanizzazione agricola pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. pag pag. 146 1 147 2 147 2 155 2 157 2 157 3 159 3 163 4 164 5 165 8 166 11 171 11 233 11 235 14 246 20 246 28 pag pag. pag pag. 250 46 252 50 pag 50 253 pag pag pag pag pag pag pag 56 265 65 265 67 266 70 Analisi ambientale del territorio provinciale per la definizione della Aree protette S.A.S.P. 2.1.7.1 Parco Nazionale della Sila pag 266 73 pag 73 3.2.2 Determinazione e destinazione della “Foce S.A.S.P. 2.1.7.2 Oasi di Protezione della Selvaggina del Neto” pag 267 78 3.2.3 Carta d’uso reale suolo Riserva Marina di del Capo Rizzuto 2.1.7.3 pag 270 82 3.2.4 2.1.8 pag 280 82 Carta delle idoneità 3.2.5 2.1.8.1 Valutazione generaleambientali dei siti pag 284 128 Lepre faunistici istituiti ai sensi della L 157/92 : Distribuzione, 3.2.5.1 Istituti 2.1.9 caratteristiche e problematiche 3.2.5.2 Cinghiale pag 284 145 pag 285 2.1.9.1 Zone di Addestramento Cani pag 145 3.2.1 2.1.7 Individuazione Comprensori Omogenei Siti Rete Naturadei 2000 374 374 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 3.12.1 3.2.5.3 Starna Obiettivi del ripopolamento pag 285 355 3.2.5.4 3.12.2 Fagiano Criteri del ripopolamento pag pag pag pag 286 355 287 357 Bibliografia Proposta per la realizzazione di un CRAS nella provincia di Crotone Allegati normativi 3.4.1.1 Localizzazione dell’intervento Allegati cartografici 3.4.1.2 Attività pag pag pag pag pag pag 359 289 367 289 372 289 3.5 Individuazione della Superficie Agro-Silvo-Pastorale per la determinazione degli indici di densità venatoria pag 295 3.5.1 Densità venatoria reale pag 295 3.6 La fauna selvatica: definizione degli obiettivi e pianificazione delle attività gestionali pag 297 3.6.1 Conservazione e gestione delle principali specie di interesse venatorio dell’avifauna pag 297 3.6.2 Conservazione e gestione delle principali specie di interesse venatorio della mammalofauna pag 302 3.7 Gli Istituti di protezione e gestione: vocazione faunistica e pianificazione delle attività gestionali pag 328 3.7.1 Aree protette nazionali e regionali pag 328 3.7.2 Rete Natura 2000 (SIC, ZPS, SIN, SIR) pag 328 3.7.3 pag 328 3.7.4 Zone di Ripopolamento e Cattura, Centri Pubblici e Privati di riproduzione della Fauna Zone addestramento cani e gare cinofile pag 331 3.7.5 Aziende faunistico-venatorie ed Aziende Agri-Turistico-Venatorie pag 331 3.7.6 Ambiti Territoriali di Caccia pag 334 3.8 Identificazione delle zone in cui sono collocabili appostamenti fissi gli pag 349 3.9 Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo e criteri per l’erogazione dei risarcimenti pag 349 3.10 Banche dati faunistiche pag 351 3.10.1 Archivio faunistico pag 353 3.11 Piano degli interventi di miglioramento ambientale e criteri per la corresponsione degli incentivi pag 353 3.12 Piano di immissione di fauna selvatica pag 355 3.4 Ripartizione e localizzazione degli istituti 3.12.3 Carte delle aree vocate al ripopolamento faunistico-venatoria per la gestione 4 3.4.1 375 375 Provincia di Crotone Piano Faunistico-Venatorio 376 376