L`ira di Berlusconi: se non mi tutelano saltano le

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L`ira di Berlusconi: se non mi tutelano saltano le
Direttore Ezio Mauro
Fondatore Eugenio Scalfari
NZ
ANNO 39 - N. 80
IN ITALIA € 2,00 con il Venerdì e “D”
R2/ LA STORIA
ALLE 19 RSERA SUI TABLET
TUTTE LE NOTIZIE IN UN CLIC
CON REPUBBLICA+
L’INFORMAZIONE RADDOPPIA
L’alba del Ruanda vent’anni dopo
l’onore di un paese nato nel sangue
L’ultima battaglia dell’America
caccia ai bracconieri di sequoie
PIETRO VERONESE E SCHOLASTIQUE MUKASONGA
FEDERICO RAMPINI
L’ira di Berlusconi:
se non mi tutelano
saltano le riforme
R2/ LA CULTURA
LA CITTÀ COME NEGLI ANNI ’50
Autobiografia
di Scalfari
la scrittura
e il desiderio
Il fondatore di “Repubblica”
compie novant’anni
la sua cronaca di una vita
> Letta e Verdini da Renzi: senza agibilità il patto si rompe
> Il premier: non vedo il Cavaliere, ma l’accordo reggerà
MASSIMO RECALCATI
Q
SERVIZI ALLE PAGINE 2 E 3
IL CASO
MAPPE
L’INTERVISTA
Cosentino in carcere
ora dica ciò che sa
Il male
del Veneto
ROBERTO SAVIANO
ILVO DIAMANTI
UWAIT-Casal di Principe.
Se dovessi trovare una
sintesi al potere politico
di Cosentino utilizzerei soltanto queste due parole: Kuwait e
Casal di Principe. Il nuovo arresto di Nicola Cosentino non
riguarda solo la sua famiglia,
la Campania, la politica meridionale e i fatti criminali locali.
INCHIESTA dei magistrati
di Brescia contro gli indipendentisti veneti può
avere effetti pericolosi. Almeno
quanto le iniziative e i comportamenti perseguiti. Perché, al di là
del merito delle indagini, rischia
di ridurre a caricatura un fenomeno complesso e fondato, che
supera i confini della regione.
K
Parla Orlando
“Il mio piano
per la giustizia”
L’
LIANA MILELLA A PAGINA 4
SEGUE ALLE PAGINE 14 E 15
LA BCE POTREBBE CREARE MONETA, SPREAD GIÙ
Deflazione, Draghi pronto alla svolta
Lo Shard e la cattedrale di Saint Paul avvolti dall’inquinamento
IL RETROSCENA
Il sentiero
americano
FEDERICO FUBINI
centrale europea ha
guadagnato qualche settimana di tempo, ma solo i prossimi mesi diranno se quello di ieri è
stato davvero un punto di svolta.
L
A BANCA
SEGUE ALLE PAGINE 10 E 11
40404
VENERDÌ 4 APRILE 2014
R2/ LA COPERTINA
SEGUE A PAGINA 33
ALVOHXEBbahaajA CIDEDIDODS
9 770390 107009
www.repubblica.it
CS-RT
ROMA. La banca centrale europea dà i primi segni di voler reagire al rischio di deflazione in Europa. Se necessario, anche ricorrendo a leggeri prelievi sui depositi delle banche commerciali
presso l’Eurotower o la creazione di moneta per comprare titoli sul mercato. Mario Draghi ha
detto però che la banca centrale
aspetta altri dati prima di decidere se e cosa fare. Lo spread
Bund-Btp a dieci anni è caduto a
165 punti.
cielo disegnato da Renzo Piano sul Tamigi è il più alto d’Europa.
Diventano spettri i ponti sul fiume. Resta visibile solo il cupolone della cattedrale di St. Paul. La colpa, a dar retta al primo ministro,
è della sabbia del Sahara, trasportata fino a Londra dal vento.
PETRINI ALLE PAGINE 10 E 11
A PAGINA 25 CON UN COMMENTO DI JOHN LLOYD
Mario Draghi
Torna il fumo di Londra
ma stavolta è solo smog
UANDO uno psicoanalista
si interessa di una biografia non è per raccogliere i dettagli della cronaca
di una esistenza ma per provare a individuare quei tratti che,
nel variare infinito delle esperienze e degli eventi, hanno
conferito una forma singolare
ad una vita. Nel caso di Eugenio Scalfari, per come egli si descrive nel suo Racconto Autobiografico, uno di questi tratti,
se non il tratto principale, è la
vocazione della scrittura («la
mia vera passione era quella di
scrivere»). “Vocazione” non è
un termine qualunque. Per la
psicoanalisi esso traduce la parola tedesca Wunsch con la
quale Freud descriveva il desiderio. Dunque per Scalfari, che
domenica compie novant’anni, la scrittura è stata la manifestazione più forte, più costante e più imprescindibile,
del suo desiderio. Qualcosa di
cui sarebbe per lui, come afferma a conclusione del suo racconto, «impossibile fare altrimenti». Questa vocazione è ciò
che lo rende un testimone.
ALLE PAGINE 40 E 41
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA
SCOMPARSA la città. Non si vede più lo Shard, e dire che il gratta-
È
VIA LIBERA DEFINITIVA AI TAGLI
R2/ IL REPORTAGE
Province cancellate a metà
ecco le poltrone che resistono
Viaggio nello zoo di Copenhagen
“Qui comanda la legge della savana”
LA POLEMICA
PAOLO GRISERI
A PROVINCIA è morta, viva la Provincia. Dopo anni di discussione è stata approvata la legge
che «riordina» le 107 Province italiane. Le «riordina» perché non le
abolisce. Rimarranno in piedi e, anzi, aumenteranno i loro compiti, se
si deve credere ad Antonio Saitta,
Presidente dell’Unione degli enti
dati prematuramente per morti, in
teoria il politico italiano che ieri
avrebbe dovuto indossare la grisaglia delle giornate tristi.
L
ALLE PAGINE 6 E 7
Gli stipendi d’oro
degli ambasciatori
quei 600mila euro
da sforbiciare
Il ministro Mogherini:
risparmi per 108 milioni
ALESSANDRA BADUEL A PAGINA 16
DAL NOSTRO INVIATO
IL RACCONTO
MAURIZIO CROSETTI
COPENHAGEN
ESETTE giraffe sembrano danzare
L
attorno a un cerchio, voltandosi
insieme al più piccolo rumore.
Però ne manca una. Si chiamava Marius, il 9 febbraio l’hanno uccisa sparandole un chiodo in testa, poi l’hanno squartata per mostrare ai bambini
com’era fatta dentro, infine l’hanno
data in pasto ai leoni. E proprio quattro di quei felini li hanno uccisi col veleno. Qui, nello zoo di Copenhagen.
A PAGINA 36
Usa-Russia, tregua
nella guerra fredda
per proteggere
sei astronauti
In una sonda comune
a 400 km dalla Terra
VITTORIO ZUCCONI A PAGINA 19
00147 ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO, 90 - TEL. 06/49821, FAX 06/49822923. SPED. ABB. POST., ART. 1, LEGGE 46/04 DEL 27 FEBBRAIO 2004 - ROMA. ■CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ: A. MANZONI & C. MILANO - VIA NERVESA, 21 - TEL. 02/574941. ■PREZZI DI VENDITA: AUSTRIA ■ BELGIO ■ FRANCIA
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SEDE:
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
IL GOVERNO ALLA PROVA
Lo scontro
L’avvertimento di Berlusconi
“Se non vengo tutelato
non garantisco le riforme”
Dopo il no di Napolitano il leader forzista cade nello sconforto
Ma Renzi, Verdini e Gianni Letta confermano l’accordo
GOFFREDO DE MARCHIS
CARMELO LOPAPA
ELLEKAPPA
ROMA. La delusione maturata
appena rientrato dal Colle ha
adesso lasciato spazio allo
sconforto più buio, a uno stato
«quasi di prostrazione fisica»,
racconta chi ha raggiunto ieri
Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli. Si sente in un vicolo cieco,
a pochi giorni dal pronunciamento dei giudici del Tribunale
di sorveglianza di Milano. Il leader di Forza Italia ha la certezza
di essere rimasto solo di fronte
alla pena da scontare. «Napolitano non farà nulla per salvarmi, me lo ha detto, ne ero certo.
D’altronde è da tempo che mi
vuole fuori dai giochi», andava
ripetendo nei pochi incontri politici avuti in giornata. Ma l’angoscia è cresciuta di ora in ora.
Nel summit di Palazzo
Chigi ribadita l’idea di
approvare pure l’Italicum
prima del 25 maggio
Non ha retto alla tensione e ha
cancellato l’incontro previsto
in serata con i dirigenti del coordinamento del Lazio. L’ex premier non ce l’ha fatta, nel tardo
pomeriggio a sorpresa è salito
sul suo airbus per tornare ad Arcore.
La rabbia è nei confronti dei
consiglieri che, ancora nelle ultime 48 ore, lo avevano illuso di
uno spiraglio possibile, spingendolo a farsi ricevere dal capo dello Stato. Tutto inutile,
ogni porta è sprangata. Lo spettro tornano ad essere gli arresti
domiciliari, nonostante fedelissimi e legali continuino a rassicurarlo sui servizi sociali. L’esito dell’incontro al Quirinale
avrebbe convinto Berlusconi
del contrario. «Vedrete, questi
ormai possono fare di tutto, anche sbattermi ai domiciliari. Se
potessero mi metterebbero pure in galera pur di non farmi fare campagna», è lo sfogo che
chiama in causa ancora una volta i magistrati che dovranno decidere sulla sua sorte. L’ex Cavaliere è spiazzato. La voglia
matta di tornare a urlare da una
tribuna, per esempio confermando il comizio in programma lunedì pomeriggio al Teatro Alfieri di Torino, deve fare i
conti con i freni tirati dagli avvocati: «Non può piazzare dinamite a due giorni dalla decisione dei giudici».
In questo clima, ieri mattina,
il leader forzista dà pieno mandato a Denis Verdini e a Gianni
Letta per incontrare il premier
Matteo Renzi e il ministro Maria Elena Boschi. Quell’incontro che Berlusconi avrebbe voluto fare in prima persona ma
che il presidente del Consiglio
ha rifiutato. Vertice sì, ma in
campo aperto, stavolta a Palazzo Chigi. I riflessi del colloquio
al Quirinale arrivano fin lì. Gli
ambasciatori del Cavaliere confessano: il faccia a faccia con Napolitano è andato male, «proprio come hanno ricostruito i
giornali». Berlusconi ha chiesto
una «tutela» per salvarsi in extremis, infrangendosi contro lo
scoglio opposto da Napolitano.
«Matteo, capisci che se il nostro
leader non viene messo in con-
dizione di fare campagna elettorale, noi possiamo anche finire terzi alle Europee, ma poi è
chiaro che le riforme ve le fate
con Grillo, se ne siete capaci», la
butta lì con la consueta schiettezza Denis Verdini. Il premier
allarga le braccia, intuisce di essere destinatario delle stesse
istanze avanzate al Colle, e risponde: «Io non posso fare proprio niente...».
Sul tavolo allora non restano
che le riforme, da portare avanti insieme, nella convenienza
reciproca. Italicum e modifica
del Senato. «Noi nella partita ci
stiamo e vogliamo restarci, la
tua bozza può essere un buon
punto di partenza, poi è chiaro
che dei correttivi dovremo apportarli», continua Verdini. Oggi è così, ma l’umore del capo
non promette nulla di buono. E
il patto confermato ieri può
rompersi da un momento all’al-
GLI OBIETTIVI E GLI OSTACOLI
OK ALL’ITALICUM
La prima tappa
delle riforme
è stata,
il 12 marzo,
l’approvazione
della legge
elettorale
(il cosiddetto
Italicum)
alla Camera
ADDIO SENATO
Lunedì scorso
il governo ha
varato il ddl
che riforma
il Senato: non
voterà più la
fiducia, avrà
solo 148
membri senza
indennità
25 MAGGIO
L’obiettivo
è approvare
entro il 25
maggio, data
delle elezioni
europee,
l’Italicum in via
definitiva e il
nuovo Senato
in prima lettura
1 2 3
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
3
PER SAPERNE DI PIÙ
www.governo.it
www.forzaitalia.it
LA LEGGE
Mafia, il voto di scambio
passa alla Camera
alleggerite le pene
ALBERTO CUSTODERO
avrebbe perfino suggerito al capo dello Stato di firmare un atto di indirizzo che lasciasse i
magistrati liberi di decidere, «a
condizione di garantire agibilità politica al capo dell’opposizione». Altra speranza vana. A
rendere il cielo su Arcore ancora più grigio, i sondaggi. L’ultimo registrato da Alessandra
Ghisleri attribuisce a Forza Italia il 21,6, mezzo punto perso in
una sola settimana con l’M5s
praticamente alla pari (21,4).
La paura è di un tracollo alle Europee. Ecco perché il leader fa
sapere di volere tutti i big dei
consensi a questo punto in lista.
Ha incontrato Gianfranco Micciché a Palazzo Grazioli dandogli il via libera. Vuole Pino Galati in Calabria, Mara Carfagna
(tutt’altro che convinta) in
Campania, oltre a Fitto già in
corsa in Puglia. Pochi volti nuovi, tra loro compare un rampollo della famiglia Stefanel nella
circoscrizione Nordest.
ROMA.Riduzione della pena massima da dodici a dieci anni. Eliminata la frase relativa alla «disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze delle associazioni mafiose». Con queste due modifiche, la Camera ha approvato,
con il solo voto contrario dei grillini, il ddl sul voto di scambio. I voti a favore sono stati 310, 61 i contrari, tutti del
M5S. La palla passa ora al Senato dove il ddl dovrebbe essere approvato a tempi record per diventare esecutivo
prima delle amministrative. Il voto di scambio finora aveva avuto scarsissime applicazioni perché prevedeva l’erogazione di denaro da parte del politico in cambio dei voti mafiosi. Un comportamento, questo, che non si verifica
quasi mai in quanto i politici, in genere, si “sdebitano” promettendo appalti e posti di lavoro. La nuova norma, invece, che contempla nel patto politico-mafioso la promessa
di “ogni altra utilità”, «fa chiarezza — spiega Rosy Bindi,
presidente della commissione Antimafia — nell’individuare lo scambio tra potere mafioso e potere politico».
L’approvazione del ddl ha incassato il plauso di Rosy Bindi, di Franco Roberti, Procuratore nazionale Antimafia
(«Ora la norma è perfetta e veramente utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia», ha commentato). E dell’associazione di don Ciotti Libera, che «auspica l’immediata approvazione della norma a Palazzo Madama».
Ma l’abbassamento della pena
massima, invocata nei giorni scorsi da Fi, e l’eliminazione della “disponibilità” (a favore della quale
s’era espressa anche la magistratura), hanno alimentato una dura
polemica con i grillini. Andrea Colletti, deputato 5Stelle, durante il
dibattito in Aula aveva lanciato
pesanti accuse. «Vorremmo sapere — aveva dichiarato — se nell’incontro di mercoledì tra Napolitano e Berlusconi si è parlato di
questa norma. Sarebbe bello sapere se anche stamattina (ieri,
ndr) se n’è parlato, vista l’accelerazione da Pd e Fi dopo l’incontro
Renzi-Verdini-Gianni Letta. Forse
Franco Roberti, procuratore
dovremmo cambiare il titolo del
nazionale antimafia
ddl e chiamarlo “voto di scambio
politico elettorale tra Renzi, Verdini e Berlusconi”». «Sono tutte falsità — replica Donatella Ferranti, Pd, presidente della commissione Giustizia — le modifiche tengono conto delle criticità segnalate dall’Anm e da diversi pm
antimafia». «La pena — ha aggiunto — è stata rimodulata lasciando un tempo di prescrizione di dodici anni e mezzo. Mentre l’inciso “disponibilità” è stato eliminato in
quanto criticato per eccessiva indeterminatezza». «È arrivato il tempo — ha dichiarato Bindi — di varare un Testo unico delle leggi antimafia, per il coordinamento tra
le norme che ancora manca». Dall’opposizione, «soddisfatti» i forzisti che, ha spiegato il capogruppo Renato
Brunetta, «hanno visto accolte le nostre proposte». Voto
favorevole anche dalla Lega secondo cui però, come ha
precisato il deputato Angelo Attaguile, «il ddl non basta
a sconfiggere la criminalità organizzata che va colpita al
cuore con il sequestro dei beni mafiosi». A questo proposito, si registra la protesta dei Prefetti (Sinpref) per il fatto che da un mese è vacante il posto di direttore dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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UN ANNO FA A PARMA
Matteo Renzi e Silvio
Berlusconi il 15 aprile 2013
al Teatro Regio di Parma
per il centenario della nascita
di Pietro Barilla
FOTO:IMAGOECONOMICA
tro. Renzi lo capisce, apre sui
tempi della riforma elettorale,
che Forza Italia pretende di approvare prima della «cancellazione» di Palazzo Madama.
«Non ho problemi — mette le
mani avanti il premier — possiamo votare anche l’Italicum
prima del 25 maggio. Ma non so
se sarà fattibile». Il Pd ha i suoi
problemi, la minoranza dei 22
senatori attende in riva al fiume. Il partito di Berlusconi è al-
10 APRILE
Tra sei giorni
il Tribunale
manderà
Berlusconi
ai domiciliari
o ai servizi
sociali. Forza
Italia minaccia
di sfilarsi dal
patto riforme
trettanto dilaniato. Verdini lo
ammette nel salotto della Presidenza: «I nostri gruppi parlamentari sono in difficoltà, soprattutto quello del Senato,
non sappiamo fino a che punto
possiamo controllarli». I falchi,
sotto altre identità, tornano a
volare. L’ostilità del capogruppo Paolo Romani nei confronti
del pacchetto non è un mistero,
quella di Renato Brunetta alla
Camera lo è ancora meno:
FRONDA NEL PD
Ventidue
senatori del Pd,
guidati dall’ex
ministro Chiti,
chiedono che
il Senato resti
elettivo. Anche
una parte di Fi
è su queste
posizioni
4 5
«Renzi ci ripensi, riscriva tutto
— avverte —. Senza Berlusconi
affonda la Concordia».
Gianni Letta aveva accompagnato Berlusconi al Colle, ma
per la prima volta ha lasciato
che entrasse da solo. Invece a
Palazzo Chigi si è presentato al
fianco di Verdini. Non a caso. In
coda al vertice, che era iniziato
con l’accordo sulla legge sul voto di scambio poi approvata a
Montecitorio, viene aperto il
dossier nomine. Sono centinaia
i vertici delle aziende pubbliche in attesa di rinnovo. In cima
alla lista Eni (a pranzo Renzi ha
visto l’ad Scaroni), Enel, Poste
e Rai. A Palazzo Chigi la pratica
viene gestita in collaborazione
col sottosegretario Luca Lotti. È
stato solo un primo sondaggio,
ma è chiaro che Forza Italia vuole giocare anche questa partita.
Nomine, riforme, legge elettorale, ma la testa di Berlusconi
è affollata da altri pensieri, altri
incubi. Raccontano che anche
al Colle le abbia provate tutte,
4
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
IL GOVERNO ALLA PROVA
PER SAPERNE DI PIÙ
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www.giustizia.it
L’intervista
Andrea Orlando
Le riforme? «Prima bisogna eliminare le macerie». Le critiche su Napolitano per via di Berlusconi? «Il capo dello Stato sta garantendo il dialogo tra le forze politiche». Il confronto tra Renzi e l’ex
premier sulle riforme? «Mai parlato della magistratura». Gli interventi? «Subito l'auto-riciclaggio». La
sua principale preoccupazione? «Il carcere disumano». La sua sfida? «Cambiare faccia al processo civile per rilanciare l'economia».
Nella grande stanza a via Arenula che fu di Togliatti adesso siede un Pd doc, Andrea Orlando. Dà la sua
prima intervista, s’innervosisce per le domande su
Berlusconi. Parla solo delle cose che porterà in consiglio dei ministri. Insiste con forza sul carcere. E di
carcereparlaalungoconNapolitano.OggisaràaPalermo, a spiegare la strategia del governo sul 416ter. Sul quale garantisce che «sarà legge prima delle europee»
“Sulla giustizia
niente patti con Silvio
bisogna fare presto
sul voto di scambio”
LIANA MILELLA
ROMA. Non si può che partire dal
416-ter se, proprio mentre la Camera vota il testo, hai di fronte il ministro della Giustizia.
Qual è il suo giudizio?
«Sul voto di scambio tra politica e mafia il Parlamento ha trovato un accordo per recepire alcune osservazioni venute da più
parti al testo del Senato e per far
sì che le modifiche non compromettano la sua entrata in vigore
prima della prossima campagna
elettorale».
Alla fine si farà il decreto?
«Spero che non ce ne sia la necessità. Il governo comunque ritiene fondamentale la tempestiva entrata in vigore della norma».
Abbassare la pena a 4-10 anni al politico che prende voti dalla mafia non
è uno sconto rispetto ai 7-12 di chi è
mafioso?
«Sono scelte che competono al
Parlamento. In ogni caso si tratta di
pene severe. D’altronde il procuratore nazionale antimafia Roberti
ha definito la norma come “perfetta”».
Un mese in via Arenula, non è poco.
Ha già in tasca la “grande” riforma
della giustizia?
«Non credo che esista una grande riforma. Esistono diversi interventi strutturali. Ma è impossibile metterli in campo se prima non
si rimuovono alcuni macigni rappresentati dalle emergenze che
segnano pesantemente il servizio
giustizia. Per affrontare le riforme bisogna innanzitutto sgomberare il campo dalle macerie determinate dal conflitto permanente
sulla giustizia stessa e dalla rimozione di alcuni temi che considero
assolutamente cruciali e di cui invece si è parlato pochissimo. La vera sfida è ripristinare l’efficienza
dell’organizzazione giudiziaria.
Questo sì sarebbe rivoluzionario».
Scusi, quali sarebbero queste “macerie” che lei vede e che rischiano di
lasciare le riforme sulle carta?
«Parlo delle emergenze esplosive che mi sono ritrovato sul tavolo e
che bisogna affrontare subito, a cominciare dal carcere, dove non solo
l'Italia rischia una pesante condanna Ue, ma soprattutto continua a
non attuare l'articolo 27 della Costituzione che certifica la pena come rieducazione».
Orlando si fermi, la interrompo, lo
so, il carcere è una sua quotidiana angoscia, ma qui incombe l'attualità...
«No, la prego, non mi parli di
Berlusconi. Non è possibile che
ogni intervista sulla giustizia diventi un'intervista su Berlusconi...».
E però non possiamo ignorare i fatti
che la cronaca politica ci offre, quel
Berlusconi che chiede di incontrare
Napolitano, il presidente che dice di
sì, ma subito gli attacchi, come quello di Grillo, che piovono sul Quirinale.
«Il presidente si è assunto un difficilissimo ruolo in questa fase per
garantire il dialogo tra tutte le forze politiche, che è la condizione necessaria per affrontare la crisi istituzionale ed economica. Per questo
è stato sottoposto ad attacchi frequenti ed ingenerosi».
Un attimo. Tra una settimana i giudici di Milano decideranno sulla pena di Berlusconi. Che si agita e rivendica l’agibilità politica col Colle.
Lei di questo che pensa? Non si sente condizionato da questo incontro?
«Non vedo nessuna relazione tra
l'azione che governo e Parlamento
devono svolgere sulla giustizia in
questo momento e quell'incontro».
E sulla decisione dei giudici
che dice? È
preoccupato?
«Non credo
che sia compito
del ministro della Giustizia commentare decisioni che addirittura devono ancora essere assunte».
È un fatto però
che per la riforma costituzionale Renzi ha
incontrato Berlusconi e ha stretto un
intesa con lui. Lei farà lo stesso per la
giustizia?
«Non mi risulta che ci sia stata alcuna intesa che riguarda il titolo
quarto della Costituzione, appunto quello sulla giustizia. In ogni caso penso che per riformare la giustizia nel nostro Paese si debba partire da una proposta della maggioranza di governo, su cui confrontarsi poi con tutte le forze politiche».
Il Foglio le attribuisce un programma che di certo non piace alle toghe, ma piace a Berlusconi, da un intervento sull'obbligatorietà dell'azione penale, a
un diverso sistema di elezione
del Csm, a una revisione delle sanzioni disciplinari, per finire con
regole diverse
per la convivenza
tra pm e giudici. È
questo il suo programma?
«Glielo ripeto. Prima di affrontare qualunque intervento
strutturale sull'ordinamento è necessario elimina-
GRATTERI: RENZI
MI VOLEVA MINISTRO
“Fino alle 16.15
del giorno in cui fui
formato il governo,
Renzi mi assicurò
di volermi ministro
della Giustizia.
Poi non so cos’è
successo”.
Lo ha detto Nicola
Gratteri, procuratore aggiunto
di Reggio Calabria.
“Il mio programma
era cambiare le
regole d’ingaggio e
smontare ciò che
non funziona”
re le emergenze che gravano sul
terreno della giustizia. In quell'articolo comunque vengono riprese
proposte di ormai quattro anni
fa...Alcune peraltro si sono già realizzate, penso alla riforma della
geografia giudiziaria; altre, come
quella della legge elettorale del
Csm, sono state nel tempo indicate
come necessarie anche dall’interno della magistratura, così come
l’organizzazione degli uffici sulla
base di priorità, fatta salva l’autonomia dei magistrati e l’obbligatorietà dell’azione penale, che non
era messa in discussione neppure
in quell’articolo».
Ma lei allora cos'ha davvero in serbo?
Quali sono le sue prossime mosse?
«Al primo posto c'è un intervento
per rafforzare gli strumenti di contrasto alle mafie.
Innanzitutto introduciamo il
reato di auto-riciclaggio, che la
magistratura
sollecita da anni.
Ci saranno norme per rafforzare la confisca dei
beni e una riforma per rendere
più efficace il
meccanismo per
sciogliere e commissariare i comuni infiltrati.
Nascerà una
giornata nazionale delle vittime
della mafia e saranno previsti interventi di sostegno alle famiglie».
Tra Camera e Senato stanno passando misure che faranno calare i detenuti. Le saranno utili?
«Sono norme che ridefiniscono
il modello penitenziario e affrontano in modo più avanzato il tema
della custodia cautelare. Gli ultimi
dati, che non autorizzano nessun
trionfalismo, parlano però di un
miglioramento della situazione.
Nel 2009 i detenuti in attesa di
giudizio di primo grado erano
21mila, oggi sono 10.471. Le persone con misure alternative erano
GUARDASIGILLI
Andrea Orlando,
45 anni, è stato
eletto deputato
nel 2006. Prima
responsabile
giustizia del Pd,
è diventato
ministro
dell’Ambiente
nel governo Letta.
Renzi gli ha
affidato
il ruolo di ministro
della Giustizia
9.290, a fine 2013 sono state
24.616».
A che punto siamo sulla droga dopo
la Consulta?
«Il governo e il Parlamento hanno l'obbligo di riesaminare la materia alla luce dei principi contenuti nella sentenza sulla Fini-Giovanardi. Vedremo in quali forme, ma
certamente ci saranno conseguenze sul numero dei detenuti tenendo conto che un quarto, circa 14mila, sono in cella per questo reato».
Lei spera di evitare ulteriori condanne di Strasburgo?
«Le norme non bastano se non si
snelliscono le procedure. Esistono
molti accordi per il rimpatrio dei detenuti, ma sono stati utilizzati pochissimo. Stiamo lavorando per
migliorare e accelerare il rimpatrio, tenendo conto che in Italia, a
oggi, gli stranieri sono circa il 3040% del totale. Solo del Marocco,
dove sono appena stato, ci sono
4mila detenuti. In queste settimane abbiamo impostato accordi
con le Regioni che consentiranno
di trasferire in comunità circa
500 tossicodipendenti».
In questi anni, quando si è parlato
di giustizia, si è pensato sempre al
penale, lei non fa altro che parlare
di processo civile. Non teme di essere in contro tendenza?
«Il civile ha una rilevanza cruciale, perché il suo cattivo funzionamento è una palla al piede
rispetto alla crescita economica,
come il presidente del Consiglio
ha sottolineato più volte. Anche
il penale ha bisogno di interventi, ma anche in questo caso, prima di nuove norme processuali,
visto che ne abbiamo cambiate
tantissime, serve un adeguato
supporto organizzativo, un
informatizzazione avanzata, un
intervento che riduca il numero
dei procedimenti. E su tutto, misure che colmino i vuoti di organico del personale amministrativo».
È vero, Renzi non fa che parlare del
civile, ma quale sarà la sua rivoluzione?
«Proporrò una riforma organica, ma prima ancora un intervento su ciò che precede e segue il processo civile stesso. Offriremo al
cittadino soluzioni che gli eviteranno di ricorrere al giudice per
risolvere le controversie. Una
svolta sarà quella dell'esecuzione
delle decisioni del giudice in cui
saranno eliminati i tempi morti».
Per esempio?
«Se due coniugi vorranno divorziare o separarsi, e se non ci
sono figli minori coinvolti, per
definire la loro situazione non
dovranno più andare davanti al
giudice, che si limiterà a omologare la decisione assunta privatamente tra le parti».
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IL CIVILE
Va cambiata
faccia al
processo
civile per
rilanciare
l’economia
BERLUSCONI
Nessun
nesso tra
l’incontro al
Colle e i
nostri
progetti
LE CARCERI
Il quadro è
migliorato
ma resta il
rischio della
condanna
europea
6
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
IL GOVERNO ALLA PROVA
La legge
Province, addio a metà
cambiano nome
ma aumentano i compiti
Il riordino è legge, sì della Camera tra le proteste
Fi grida al golpe. M5S: 30 mila poltrone in più
I NUMERI
32 mln
IL RISPARMIO
È il risparmio per lo
stop allo stipendio dei
3.700 consiglieri
24mila
LA CRESCITA
L’aumento del
numero dei
consiglieri comunali
60mila
IL PERSONALE
Sono i dipendenti
provinciali che
mantengono il lavoro
15
AREE METROPOLITANE
Le nuove aree
avranno un sindaco
eletto dai cittadini
ROMA. La Camera approva in via definitiva il ddl Delrio che
prevede l’abolizione delle province. La norma passa con 260 voti a
favore e 158 contrari di Forza Italia, M5S, Sel e Fdi. In aula Renato
Brunetta grida più volte al «golpe», definisce il ddl «una legge
porcata che non cancella le province, fa aumentare i costi e
insieme alla riforma del Senato genera un obbrobrio». L’ex
ministro chiede al Capo dello Stato Napolitano di non promulgarla.
A Brunetta risponde Delrio, sottosegretario alla presidenza del
Consiglio, parlando di «una riforma vera» e respingendo le accuse:
«Non c’è nessun golpe, non c’è alcuna verità in questa accusa e la
riforma porterà solo semplificazione e risparmio. Forza Italia ha
una preoccupazione di tipo politico perché il
centrosinistra ha un sacco di sindaci». Ma per i
LA 5Stelle la legge anziché tagliare le poltrone le
GIOR farà lievitare di 30 mila unità. La riforma prevede
le amministrazioni provinciali siano svuotate
NA che
di competenze, i consigli provinciali trasformati
TA in Assemblee dei sindaci che non prenderanno
indennità aggiuntive per il lavoro svolto. Ad
eccezione di edilizia scolastica, pianificazione dei trasporti e tutela
dell’ambiente, le competenze delle province vengono trasferite a
regioni e comuni. I nuovi enti prenderanno vita dal 2015. Inoltre
Napoli, Milano, Torino, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Venezia e
Reggio Calabria diventano Città Metropolitane come Roma.
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L’INCHIESTA
PAOLO GRISERI
A PROVINCIA è morta, viva la
Provincia. Dopo anni di discussione è stata approvata la legge che «riordina» le
107 Provincie italiane. Le
«riordina» perché non le abolisce. Rimarranno in piedi e, anzi, aumenteranno i loro compiti, se si deve credere ad Antonio Saitta, Presidente dell’Unione degli enti dati prematuramente per morti, in
teoria il politico italiano che ieri avrebbe dovuto indossare la
grisaglia delle giornate tristi.
Il suo tono, al contrario, non è
affatto disperato: «Devo dire
che sono abbastanza soddisfatto. Siamo riusciti a mantenere gran parte delle compe-
L
tenze che avevamo prima e a
queste ne abbiamo aggiunte
di nuove». Ma come? L’«area
vasta», la «città metropolitana», non sono novità dirompenti nel panorama istituzionale italiano? «Qualche novità
c’è ma la sostanza resta quella
di prima. I nomi che lei ha citato sono solo modi diversi di
chiamare le Province». «Che
restano uguali, da Bolzano alla Sicilia», dice sorridendo Andrea Barducci, Presidente a Firenze.
La legge non abolisce le Provincie perché le loro funzioni
sono indispensabili. «Se non ci
fosse più la competenza sulle
strade, qualcuno i cantonieri
dovrebbe continuare a pagarli», osserva Federico Bozzanca, della segreteria nazionale
della Cgil Funzione pubblica. I
dipendenti degli enti provinciali italiani sono 60.000. Operano in diversi settori, dalle
SOTTOSEGRETARIO
La riforma delle province prende
il nome di Graziano Delrio,
sottosegretario alla presidenza
del Consiglio e autore del
disegno di legge
scuole alla manutenzione delle strade, dal servizio di trasporto pubblico alle attività di
tutela dei parchi. Tutti mestieri che qualcuno dovrà continuare a fare e che non si possono abolire solo perché si è
deciso di rottamare le Provincie: «Nell’autunno scorso abbiamo firmato un accordo preciso con il governo», spiega
Bozzanca aggiungendo che i
sindacati hanno ottenuto una
garanzia assoluta: il riordino
degli enti locali non causerà la
perdita di un solo posto di lavoro. Tutti i 60.000 rimarranno al loro posto: «Alcuni potranno essere trasferiti ad altri enti - ammette il sindacalista - ma questo non potrà causare diminuzioni dello stipendio». Così se una competenza
fosse, ad esempio, trasferita ai
Comuni e se lo stipendio del dipendente comunale fosse più
basso, il dipendente provin-
ciale trasferito continuerebbe
a mantenere il suo attuale
compenso.
Ma di trasferimenti se ne vedono pochi all’orizzonte.
Quando Saitta dice di aver
portato a casa un congruo numero di competenze snocciola
un lungo elenco. Le future Provincie si occuperanno di viabilità (l’80 per cento delle strade
italiane), trasporto pubblico
su gomma, tutela dell’ambiente, pianificazione territoriale, edilizia scolastica per le
scuole medie e potranno anche diventare stazioni appaltanti per i lavori pubblici dei
piccoli comuni. «Se volete conclude ironico Saitta - chiamatela pure abolizione delle
Provincie».
Quel che invece cambierà in
modo radicale sarà il sistema
di elezione. I consigli provinciali e delle città metropolitane non saranno più eletti dai
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
7
PER SAPERNE DI PIÙ
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www.upinet.it
IL PERSONAGGIO
L’assessore
“O mi pagano
o mi dimetto”
MARIO NERI
“
Taglieranno le
indennità e tornerò
a fare il maestro, io
la politica non la
faccio per hobby
“
CARTELLI 5STELLE
I deputati 5Stelle in
aula con i cartelli
contro il ddl Delrio
FOTO: ANSA
cittadini ma dai consigli comunali e saranno composti da
consiglieri che svolgono il
compito aggiuntivo in modo
gratuito. Si risparmieranno in
questo modo 32 milioni che
corrispondono allo stipendio
dei 3.700 tra consiglieri, assessori e presidenti. Un risparmio non molto significativo: il
costo complessivo delle provincie italiane è di 12 miliardi.
Contemporaneamente la nuova legge aumenta da 6 a 10 i
consiglieri comunali dei piccoli municipi aumentando la platea complessiva degli eletti di
24 mila persone. Per questo ieri dall’Anci si gioiva per «la vittoria dei Comuni». E i vertici
dell’Unione delle Provincie
commentano amaramente:
«Con Del Rio al governo il partito dell’Anci ha allargato il
numero dei consiglieri comunali risparmiando su quelli
provinciali». Guerre di campa-
>
BONSAI
nile.
Gli unici che perderanno il
posto saranno dunque presidenti e assessori. «Mi toccherà
cercarmi un lavoro e fare il Presidente part time», osserva il
fiorentino Barducci. Dal 22
giugno, quando scadrà il suo
mandato, verrà prorogato «a
titolo gratuito» fino a fine anno. Come farà? «Beh, siccome
non ho intascato tangenti e
non ho conti in Svizzera, dovrò
tornare al mio lavoro di pubblicitario. La mia vita cambierà. Andrò in Provincia al
termine del lavoro, alle cinque
del pomeriggio». Il suo concittadino Renzi le ha fatto un bello scherzo: «E dire che quando
il Presidente della Provincia
era lui e io ero il suo vice aveva
un’idea diversa, non pensava
certo di rottamarsi. Vuoi vedere che è l’abito che fa il monaco?».
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SEBASTIANO MESSINA
Un giudice a Strasburgo
A CORTE europea dei diritti dell’uomo ha detto
no. Niente da fare. La condanna resta quella e
non viola nessun diritto fondamentale, nessun
principio di giustizia, nessuna libertà incomprimibile
dell’individuo. A dire la verità solo lui, i suoi avvocati e
i suoi fedelissimi avevano creduto di riuscire a ottenere a Strasburgo il ribaltamento - o almeno l’attenuazione - della severa sentenza dalla Cassazione. Ma alla
fine hanno dovuto accorgersi che il giudice di Berlino
la pensa esattamente come il giudice di Roma. E la
Corte europea non ci trova proprio nulla di anomalo
nel fatto che una legge, per quanto severa, venga applicata al leader indiscusso di una organizzazione che
gode di un consenso popolare molto vasto (per fortuna in calo, dopo quello che è capitato al suo capo).
Adesso se ne faccia una ragione anche lui, Totò Riina.
L
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GIOVANNI DI FEDE
ASSESSORE
FIRENZE.Dovrà tornare ad essere un maestro
“ramingo”, quasi di strada. Perché questo
era Giovanni Di Fede prima dell’inizio della
sua carriera politica, diciotto anni fa. «Maestro elementare, sì, avevo una cattedra di
ruolo, ma insegnavo italiano agli adulti stranieri un po’ qui un po’ là». Quasi non ci crede,
l’assessore provinciale all’istruzione di Firenze. È il primo pomeriggio, la Camera ha
approvato il ddl Delrio. Province abolite, sono già un ricordo.
Assessore, quindi torna a lavorare per davvero?
«Il pacchetto prevede la proroga delle cariche politiche fino al 31 dicembre 2014, ma
le indennità decadono prima. E siccome io la
politica non la faccio per hobby...».
Abbandona la nave...
«Non mi danno più lo stipendio. Che devo
fare? Non ho ancora capito da quando, ma sarebbe davvero spiacevole se fosse da subito.
Spero si arrivi almeno fino a maggio, quella
che doveva essere la naturale scadenza della
legislatura. Ma poi sì, dopo anni riprenderò a
fare l’insegnante. Mi dispiace dover lasciare
l’incarico prima del previsto, ma d’altra parte io non ho altre entrate. La mia unica risorsa a questo punto diventerà la scuola».
Ne sono passati di incarichi sotto i ponti.
«Ho iniziato la carriera nel ’96. Sono stato
chiamato al ministero dell’Istruzione come
consigliere politico per le scuole elementari,
poi come capo segreteria del ministro Luigi
Berlinguer. Un’esperienza meravigliosa. Poi
ho fatto un anno come assistente parlamentare alla Camera. E infine mi ha cercato Leonardo Domenici per far parte del suo staff in
Comune a Firenze. E nel 2009, dopo la vittoria di Renzi per Palazzo Vecchio, ho avuto l’incarico in Provincia, nella squadra di Andrea
Barducci».
Da assessore ha ristrutturato molte scuole.
Magari può aspirare a un posto nella squadra
di Nardella a Palazzo Vecchio?
«Sono contento del lavoro che ho fatto. Ma
non sono abituato a chiedere. Poi chi lo sa cosa c’è nella testa di Nardella...».
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8
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
IL GOVERNO ALLA PROVA
PER SAPERNE DI PIÙ
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Le imprese pubbliche
Verso la lista dei candidati
Oggi le due società di cacciatori di teste incontreranno il ministro Padoan per fare il punto sul lavoro istruttorio
I tempi sono strettissimi: entro il 13 aprile devono essere presentate le liste per i consigli, in vista delle assemblee
Impasse nel risiko nomine
no dei manager privati
alle offerte del governo
Vertice Eni, dopo Colao e Guerra, arriva il rifiuto di Simonelli
Si pensa a soluzioni interne per il gruppo petrolifero e per l’Enel
ROBERTO MANIA
RENZI FERMA SCARONI
“ La norma sull’onorabilità
dei manager non c’è in altri
paesi. Ma siamo contenti ci
sia”. Così il premier risponde
alle critiche dell’ad Eni sulla
la direttiva del Tesoro
ROMA. Dopo Vittorio Colao, amministratore delegato di Vodafone,
e Andrea Guerra, numero uno di
Luxottica, anche Lorenzo Simonelli, manager quarantenne da
pochi mesi alla guida di General
Electric Oil and Gas, dice no ad
un’azienda pubblica. Entrato nella lista che i “cacciatori di teste”
hanno stilato con i candidati alla
successione di Paolo Scaroni al
vertice dell’Eni e consegnato al
ministro dell’Economia Pier Carlo
Padoan, Simonelli ha fatto sapere
che non intende lasciare la multinazionale americana. Lì punta a
rafforzare il business — spiegano
dal suo staff — anche attraverso le
collaborazioni con clienti come
Eni. Certo Simonelli rappresentava il manager ideale per la svolta
nelle aziende pubbliche immaginata dal premier Matteo Renzi:
giovane, curriculum brillante,
profilo internazionale, per nulla
contaminato dalle cordate che negli ultimi quindici anni si sono
spartite le poltrone di quel che rimane delle aziende di Stato.
Dunque la partita delle nomine
pubbliche appare tutta ancora
aperta. Ma i tempi sono diventanti strettissimi: entro il 13 aprile devono essere presentate le liste dei
candidati del Tesoro per i Consigli
in vista delle assemblee delle società che si terranno a maggio.
Oggi le due società di cacciatori di testa (la Korn Ferry International e la Spencer Stuart Italia
che aveva tra i suoi consiglieri Enrico Letta, dimessosi una volta nominato a Palazzo Chigi, e anche lo
zio Gianni Letta) dovrebbero incontrare il ministro Padoan per fare il punto sul lavoro istruttorio
che hanno svolto. Il premier Renzi dice che prima dei nomi il governo vuole decidere la missione
industriale dei singoli gruppi, Eni,
Enel, Finmeccanica, Terna, Poste
e via dicendo. Il momento dei nomi è però arrivato, tenendo conto
che le valutazioni degli investitori non sono affatto secondarie dal
momento che lo Stato ha partecipazioni di minoranza in tutte le società quotate. «Mi assumo tutte le
responsabilità sulle scelte che faremo», ha detto ieri il premier.
Che nel prossimo week-end esaminerà i dossier insieme al sottosegretario Graziano Delrio e al fedelissimo Luca Lotti. Per martedì
prossimo è attesa la lista per Eni,
Finmeccanica e Poste (società
non quotata ma in pista per l’avvio della privatizzazione), per sa-
Scoppia il caso del
manager quarantenne
che guida General
Electric Oil and Gas
bato 12 aprile quella di Enel e Terna.
Tutto, ancora, ruota intorno al
vertice dell’Eni. Il presidente Giuseppe Recchi si è fatto da parte entrando in lista per la presidenza di
Telecom. Combatte come un leone Scaroni (classe 1946) che però
sembra non aver alcuna chance,
tanto più dopo la recentissima
condanna in primo grado a tre anni per reati ambientali a Porto Tolle. Ieri ha pranzato con Renzi e ha
criticato la direttiva dell’Economia sui criteri di onorabilità dei
manager pubblici. La risposta di
Renzi: «È vero che gli altri Paesi
non ce l’hanno, ma noi siamo contenti che ci sia». Senza più Simonelli, si rafforza l’ipotesi di Claudio Descalzi (1955), l’uomo che
ha in mano oltre il 90% del business di Eni, cioè l’esplorazione e la
produzione. È considerato uno
“scaroniano” ma la possibile uscita di scena dell’ad che guida il “Cane a sei zampe” dal 2005 lo ha sicuramente rafforzato. Per la presidenza girano i nomi di Franco
Bernabè (1948), che ha guidato
l’Eni nella stagione della privatizzazione, e di Leonardo Maugeri
(1964) che dall’Eni se n’è andato
nel 2011 proprio per un dissidio
con Scaroni.
Scampato il pericolo di una condanna (era imputato anche lui
per i fatti di Porto Tolle), Fulvio
Conti (1947), ad di Enel dal 2005,
coltiva la speranza di passare alla
presidenza del suo gruppo. Per la
carica di ceo, crescono le quotazioni di Francesco Starace
(1955), attuale ad di Enel Green
Power che ha cercato molto in
queste settimane il filo diretto con
il mondo renziano. Starace rappresenterebbe la discontinuità rispetto a Conti, mentre Luigi Ferraris, responsabile dell’area Finanza, si muoverebbe nel segno
della continuità. Il quotidiano spagnolo Expansiòn ha candidato all’Enel Andrea Brentan, ad di Endesa.
Alessandro Pansa (1962) non
resterà alla guida di Finmeccanica. In pole position per la sua sostituzione ci sono Giuseppe Giordo (1965), ad di Alenia, e Domenico Arcuri (1963), ad di Invitalia.
Per Gianni De Gennaro (1948)
non è invece esclusa la conferma
alla presidenza. E c’è solo una donna per ora tra i candidati al vertice
di uno dei gruppi pubblici: alle Poste potrebbe andare Monica Mondardini (1960), ad di Cir e del
Gruppo Editoriale L’Espresso. In
pista anche Luigi Gubitosi
(1961), direttore generale della
Rai, e Francesco Caio (1957), già
Mr. Agenda digitale.
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
LA CRISI ECONOMICA
I mercati
Bce, guerra alla deflazione
“Pronti a dare più liquidità”
e lo spread crolla a 165
Il consiglio è unanime: più sostegno alla crescita
Non esclusa la creazione di moneta per acquistare titoli
LA BANCA centrale europea dà i primi segni di voler
reagire al rischio di deflazione in Europa. Se
necessario, anche ricorrendo a misure «non
convenzionali» come leggeri prelievi sui depositi
delle banche commerciali presso l’Eurotower o la
creazione di moneta per comprare titoli sul mercato.
Quella che potrebbe diventare la svolta della Bce,
dopo mesi di declino nella dinamica dei prezzi, è
arrivata in un passaggio della dichiarazione del
consiglio direttivo di ieri: «Seguiremo gli sviluppi
molto da vicino e prenderemo in considerazione
tutti gli strumenti che disponibili. Siamo decisi nella
nostra determinazione a mantenere un alto grado
di sostegno monetario», ha dichiarato il presidente
Mario Draghi al termine dell’incontro con i suoi
colleghi. «Il Consiglio è unanime nel suo impegno a
usare anche strumenti non convenzionali
all’interno del suo mandato per gestire
efficacemente i rischi di un periodo di bassa
inflazione troppo prolungato». Draghi ha detto che
la crescita in Europa nel primo
è moderata e che ci sarà
LA trimestre
lungo periodo di inflazione
GIOR un
bassa. Nella sostanza, tuttavia, la
NA Bce anche ieri non ha né tagliato i
TA tassi né agito in alcun altro modo.
Draghi ha detto che la banca
centrale aspetta «alcuni altri punti d’osservazione»
(cioè più dati nei prossimi mesi) prima di decidere
se e cosa fare. Per questo lo spread Bund-Btp a dieci
anni è caduto a 165 punti, i minimi dal giugno 2011,
mentre il tasso sul decennale del Tesoro è
precipitato al 3,25 per cento, tornando ai minimi di
oltre otto anni fa, ossia a settembre 2005.
IN RIALZO
Tra le Borse europee che
ieri hanno chiuso in positivo
anche quella di Francoforte
che ha segnato un +0,06%
Draghi impone la linea
e si avvicina alla Fed
“Ora misure eccezionali”
IL RETROSCENA
FEDERICO FUBINI
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
ARIO Draghi, il presidente della Bce, per la
prima volta alla fine del
Consiglio direttivo ha lasciato
intendere che l’Eurotower non
esclude più di creare moneta
per lanciare acquisti di titoli sui
mercati, cercando di riportare
l’inflazione a livelli più sani. Allo stesso tempo, il presidente
italiano dell’Eurotower ha mostrato tutto il suo fastidio per la
pressione che gli arriva da ogni
parte perché faccia qualcosa,
da quando sui prezzi nel continente è scesa una gelata.
Lo si è capito quando qualcu-
M
Mai un presidente
dell’Eurotower si era
trovato così in sintonia
con la visione americana
no gli ha chiesto delle critiche
per l’inazione della Bce arrivate da Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale. Almeno in pubblico, di solito Draghi non rivela tutti gli spigoli del suo carattere ma stavolta ha scelto di
farlo: «L’Fmi è stato estremamente generoso nelle sue opinioni su quello che dovremmo
e non dovremmo fare», ha osservato. Prima di aggiungere,
tagliente: «Vorrei che fosse così generoso anche con altre giu-
risdizioni, per esempio intervenendo con un comunicato il
giorno prima di un consiglio
della Federal Reserve».
Con la Bce è successo, mentre l’Fmi per lo più evita attentamente di commentare le
scelte delle autorità americane. Ma nelle parole di Draghi su
Christine Lagarde, ieri, alcuni
hanno letto anche una fonte
specifica di irritazione: la leader francese del Fmi conduce la
sua personale campagna per
diventare presidente della
Commissione Ue, come terza
forza in caso di pareggio alle europee fra i candidati del popolare e partito socialista europeo. E né Draghi né la Bce sono
felici di farsi trascinare in quella corsa, nelle vesti di bersagli
di critiche utili a guadagnare
visibilità e prendere posizione.
Lagarde però non è stata la
sola a mettere pressione sulla
Bce nell’ultimo mese. I prezzi
in area euro crescono a marzo a
un ritmo annuale dello 0,5%, in
continua frenata. Dinamiche
del genere rischiano di scoraggiare i privati dai consumi o degli investimenti e ieri Draghi
stesso ha sottolineato che è più
difficile ridurre i debiti, quando l’inflazione è così bassa. Per
la prima volta, il presidente
della Bce ieri ha parlato in un
modo che sarebbe stato
impensabile con i predecessori Wim Duisenberg o JeanClaude Trichet.
Lo ha fatto quando ha confessato che la sua
«paura più grande»: essa «è già
diventata realtà in una certa
misura ed è una stagnazione
protratta, più a lungo di quanto abbiamo nelle nostre previsioni». In uno stallo dell’economia e dei prezzi di questo tipo,
ha continuato il presidente della Bce, la disoccupazione «diventa più difficile da ridurre, o
da ridurre misure convenzionali».
Mai in passato un presidente
dell’Eurotower era arrivato così vicino alla visione americana, che con le mosse della banca centrale cerca di sostenere
anche l’occupazione. Per la prima volta Draghi ha anche detto esplicitamente che fra queste misure «non convenzionali» ci sono anche possibili acquisti di titoli sul mercato da
parte della Bce. Il banchiere
centrale ha fatto capire, se sarà
il caso, guarda più a portafogli
compositi di obbligazioni private (di banche o imprese) che
a titoli di Stato: il cosiddetto
quantitative easing sembrava
impensabile fino a pochi mesi
fa e lo stesso Draghi ha detto ieri che fino a un mese fa il consiglio direttivo della Bce non ne
aveva parlato.
Non sarà imminente comun-
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
11
PER SAPERNE DI PIÙ
www.ecb.europa.eu
www.tesoro.it
IL MINISTRO
Pier Carlo
Padoan,
ministro
dell’Economia
ha incontrato
il premier
Renzi per
affinare i
dettagli del
Def e delle
detrazioni
Irpef
LA MANOVRA
Renzi: “Martedì il Def
dalla spending le risorse
per le detrazioni Irpef”
ROBERTO PETRINI
ROMA.Conto alla rovescia per il
varo del Def e per il decreto per
le detrazioni Irpef (80 euro sotto i 25 mila euro di reddito lordo). Ieri Renzi ha incontrato il
ministro per l’economia Padoan (il quale poi si è recato al
Quirinale) per mettere a punto
gli ultimi dettagli. «Il Def sarà
presentato martedì», ha detto
ieri il premier. Mentre il decreto si attende per la settimana
successiva (15 o 16 aprile).
La caccia alle risorse per l’operazione busta-paga è ancora
aperta: la cifra è di circa 6,7 miliardi e ieri il premier ha con-
que, perché prima di arrivarci
l’Eurotower può tentare altri
passi meno eterodossi. Può per
esempio ridurre i tassi al punto
che le banche dovranno pagare loro stesse un interesse, per
tenere i propri fondi depositati
in Bce invece di impiegarli.
Draghi in ogni caso ha avvertito che la Bce vorrà disporre di altri «punti di osservazione» prima di decidere qualunque cosa: significa che passeranno probabilmente almeno
altri due mesi e, con essi, il giro
di boa delle elezioni europee. E
anche se i dati confermeranno
che l’inflazione è troppo bassa
e può diventare deflazione, per
l’Eurotower gli interventi restano molto più complessi e forse meno efficaci di quanto sia
stato negli Stati Uniti. In primo
luogo perché le imprese in Eu-
Dura risposta all’Fmi:
“Non bacchetti solo noi”
ma anche in Germania le
resistenze restano forti
ropa si finanziano presso le
banche e non sul mercato, come ha deliberatamente ricordato ieri Draghi stesso. Quindi
perché le resistenze restano in
Germania restano potenti.
Non è un caso se ieri gli
spread sono caduti, ma l’euro si
è appena mosso. Per ora la Bce
ha sopperito a un altro mese di
inazione con nuove parole,
sempre più forti. Ma ora il mercato le chiede, sempre più forte, «Show me the money».
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GLI STATUTI
Bce
STABILITÀ PREZZI
La Banca centrale
europea, per statuto,
ha come obiettivo
principale quello di
mantenere la stabilità
dei prezzi
Fed
OCCUPAZIONE
La Federal Reserve ha
invece, per statuto,
come primo
compito quello di
favorire il massimo
impiego
fermato che la «maggioranza
della copertura» verrà dalla
spending review. «Prevediamo una riduzione della spesa
per beni e servizi dell’amministrazione per 800 milioni», ha
detto Renzi.
La manovra Irpef-tagli è ancora da scrivere: con molta probabilità, come ha assicurato
Padoan, non saranno toccate le
pensioni. Ma voci si rincorrono
su tagli al comparto sanità
mentre sembra scontato l’intervento sui capitoli tradizionali di risparmio sui costi dello
Stato (a partire dagli stipendi
dei manager pubblici). Limitati, invece, i margini di utilizzo
Vertice tra il premier e
Padoan: rinviato il taglio
Irap e il rientro dei
capitali va in due ddl
dell’effetto-spread. Esce per
ora di scena il rientro capitali
dalla Svizzera (scorporato dal
decreto e affidato a due disegni
di legge parlamentari). In un
primo momento, inoltre, non
si agirebbe sul taglio dell’Irap
per le imprese rinviando la misura a ridosso degli acconti di fine anno.
Resta aperto il nodo di utilizzo del deficit e il negoziato con
Bruxelles per dilazioni, scomputi e crescita potenziale. Per
ora il governo rivedrebbe al ribasso il Pil portandolo allo
0,8% nel 2014 (oggi è all’1 e la
Ue ci dà lo 0,6%).
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
I RAPPORTI TRA MAFIA E POLITICA
13
PER SAPERNE DI PIÙ
www.camera.it/_bicamerali/an
timafia/home.htm
Il personaggio
Camorra, Cosentino torna in carcere
Arrestati anche i due
fratelli dell’ex
sottosegretario e
quelli del boss Zagaria
NAPOLI. La caduta dei Cosentino Una
disfatta che stavolta si declina al plurale.
Torna in carcere, dopo un anno, Nicola
Cosentino. Ma la terza inchiesta che
colpisce l’ex sottosegretario ed ex
deputato Pdl, travolge anche due fratelli:
il maggiore Giovanni, manager 60enne
ritenuto la "mente" dei business di famiglia innervato su
quasi 300 impianti di distribuzione carburanti, ed Antonio,
ai vertici di “Aversana Petroli” e di altre aziende di famiglia.
Le accuse: estorsione, concussione, illecita concorrenza,
calunnia, con l’aggravante di aver agevolato il clan dei
LA
GIOR
NA
TA
casalesi.
I magistrati puntano il dito anche sull’ininterrotta attività
politica di Nicola: persino dagli arresti domiciliari, Nick ‘o
Mericano, come lo chiamavano i compaesani di Casal di
Principe prima che diventasse “l’onorevole”, aveva
continuato ad intrecciare rapporti con il potere. Contatti
che avevano evidentemente preparato la nascita del nuovo
gruppo regionale Forza Campania, in conflitto con Fi e col
governatore Caldoro. I pm Antonello Ardituro, Fabrizio
Vanorio e Francesco Curcio hanno ottenuto dal giudice
Isabella Iaselli 13 ordinanze, di cui 6 in carcere. Al centro
dell’indagine, le violente pressioni subite dall’imprenditore
Luigi Gallo “reo” di voler aprire un distributore nel feudo
dei Cosentino. In cella anche Pasquale e Antonio Zagaria,
fratelli del boss Michele. Ai domiciliari funzionari del
comune di Casale, un ex dirigente della Regione e due
funzionari di Kuwait Italia (ma l’azienda si dice
«assolutamente estranea»). Tra gli eccellenti sotto
inchiesta c’è l’ex prefetto di Caserta ed ex deputato Pdl,
Elena Stasi: era accanto a Cosentino quando lui convocò in
prefettura un sindaco intimandogli di rimuovere il
geometra “colpevole” di aver favorito l’avversario Gallo.
(d.d.p. e co.sa.)
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“Abbiamo la politica, i soldi e la forza”
la santissima trinità del clan di Nick
I VERBALI
DARIO DEL PORTO
CONCHITA SANNINO
L’ARRESTO
I carabinieri di Caserta
hanno arrestato Nicola
Cosentino per
estorsione
e concorrenza sleale
NAPOLI. «Chi ha più forza quello
spara. Dove ci vuole la politica,
c’è mio fratello Nicola. Dove ci
vogliono i soldi, ci sto io. E dove
ci vuole la forza, c’è pure la forza». Leggi: la camorra dei casalesi.
Eccola, la filosofia dei Cosentino nelle parole di Giovanni, il
senior dei sei fratelli di Casal di
Principe. Così il manager avrebbe intimato all’imprenditore
I pm: la famiglia dell’ex
parlamentare ha
intimidito i concorrenti
nel settore dei carburanti
“
Se ci vuole la politica,
c’è Nicola. Se ci
vogliono i soldi, ci sto
io. E se ci vuole
la forza c’è la forza
Luigi Gallo di starsene buono,
suggerendogli di non combattere contro di loro, di non insistere
nel suo intento di aprire quel distributore di carburante troppo
vicino all’impianto di famiglia
di Nick o’ ‘mericano. Al centro
dell’indagine della Procura
napoletana c’è proprio l’atto
d’accusa di Gallo, che si sofferma, nel suo interrogatorio fiume con i pm, sulle pressioni esercitate dai Cosentino e dai loro “amici” nel cuore delle istituzioni per bloccare l’impianto. È l’uomo
che alla fine dirà: «Si sono
mangiati il sangue di tutti,
non hanno avuto pietà di
nessuno».
APPOGGI CRIMINALI
L’onorevole
chiamava e diceva:
vedi che devi fare
così sennò ti stronco
la carriera
LE FRASI RIFERITE DA UN IMPRENDITORE
L’ORDINANZA DEL GIP
“
Emblematico l’incontro
tra Gallo e Giovanni Cosentino, che il gip Iaselli definisce “la mente” della famiglia. Siamo nel settembre del 2002. «Incontrai due o
tre volte Giovanni Cosentino —
dice Gallo — Ormai i rapporti tra
di noi erano cambiati profondamente. Al primo incontro, credo
in un bar di Aversa, lui mi porse
la mano ma io chiesi il perché di
tanta cattiveria su di me». Fu allora che Giovanni avrebbe risposto, «testualmente», con
l’inquietante riferimento alla
«forza» che, secondo il gip, non
può che rimandare al clan dei casalesi di cui Nicola, il politico,
viene ritenuto dalla Procura «referente politico nazionale». Gallo, proprio su questo punto, aggiunge: «(Giovanni Cosentino,
ndr) non mi specificò esplicitamente a cosa volesse riferirsi
con l’ultima parte della battuta
ma, se consideriamo che Nicola
è esponente politico di Fi, che
FOTO:LAPRESSE
IL CASO
L’EX PREFETTO INDAGATO
Nell’inchiesta è finita
anche l’ex prefetto di
Caserta ed ex deputato
Pdl Maria Elena Stasi
(foto): avrebbe fatto
pressioni su un sindaco
per rimuovere
dall’incarico un tecnico
comunale che aveva
dato una concessione a
un imprenditore
concorrente della
famiglia Cosentino
Giovanni è un capitalista di forza, se pensiamo ai risaputi legami di
parentela di un po’ tutta la famiglia Cosentino
è semplice intravedere, quale riferimento alla forza, la possibilità per
Giovanni di contare su
personaggi forti dal punto
di vista delinquenziale. La
Lo sfogo della vittima: “Si
sono mangiati il sangue
della gente, non hanno
avuto pietà di nessuno”
stessa tipologia di discorso venne fatta anche nelle altre circostanze in cui incontrai il Cosentino».
“COSE ECLATANTI”
Agli atti ci sono anche alcune
intercettazioni. Al telefono con
un amico, Gallo si sfoga per le
vessazioni subite dai Cosentino:
«Si sono mangiati il sangue della gente, non hanno avuto pietà
di nessuno! Di nessuno hanno
avuto pietà… sono passati sopra
a tutto e a tutti! Ma su tutti i settori eh! Così l’edilizia, così la
campagna, così con la distribu-
zione, così, sopra a tutto e tutti!!
Ma la cosa più eclatante l’ha fatta il fratello onorevole (Nicola,
ndr): é un parlamentare e dovrebbe stare al di sopra delle
parti e invece no! Mandava a
chiamare uno, mandava a chiamare un altro: vedi come devi fare, vedi questo e compagnia bella, o ti stronco la carriera».
FACEVA POLITICA DAI DOMICILIARI
Il gip, applicando la misura
della custodia in carcere, sottolinea che Cosentino continuava
ad esercitare l’attività politica
persino dagli arresti. Il dato
emerge dalle migliaia di contatti rivelati dalle intercettazioni e
dai tabulati del periodo compreso fra il giugno 2013 e il gennaio
2014 quando l’ex sottosegretario, uscito dal carcere, era sottoposto agli arresti domiciliari, poi
imputato a piede libero: «ben
6.147 telefonate e 4.656 sms»,
rileva il gip. Tantissimi i nomi di
collaboratori, esponenti politici
regionali e nazionali che figurano tra i contatti di Cosentino. E
colpisce che l’ex deputato abbia
avuto frenetiche conversazioni
anche con amministratori e politici coinvolti in un’altra, articolata indagine dell’anticamorra
che ha condotto all’arresto del
consigliere regionale Angelo
Polverino e dell’ex direttore del-
l’Asl di Caserta, Francesco Bottino, su una serie di appalti nella
sanità casertana, e nei cui atti è
citato anche Cosentino.
LE ACCUSE AL PREFETTO
Nell’inchiesta figura indagata per concussione ed estorsione (ma non è stato chiesto un
provvedimento restrittivo) l’ex
prefetto di Caserta ed ex deputato Pdl, Elena Stasi. I fatti si riferiscono al 2002. Tutto nasce
da una convocazione in prefettura a Caserta, quando la dottoressa Stasi era viceprefetto, ricevuta dall’allora sindaco di Villa di Briano, Raffaele Zippo. Dopo iniziali resistenze, Zippo racconta agli inquirenti di essere
stato ricevuto da un viceprefetto poi divenuta prefetto, («mi
pare si trattasse della Stasi o De
Stasio») la quale era in compagnia dell’onorevole Cosentino.
Lei rimase in silenzio, ma Cosentino avrebbe avuto toni minacciosi: «Tu devi allontanare il
tecnico comunale, Nicola Magliulo, perché è indiziato di rea-
Il gip: “Continuava ad
avere contatti con
amministratori e imputati
anche dai domiciliari”
ti di concussione (in realtà è il
tecnico che aveva concesso l’autorizzazione all’apertura dell’impianto di Gallo, concorrente
dei Cosentino, ndr). Questo Magliulo mi sta dando fastidio. Se
mi fai questo piacere ti sarò riconoscente, posso anche darti una
mano politicamente, se serve
qualcosa, vieni qua». Zippo rispose di essere a conoscenza della vicenda. Poi, dopo vari accertamenti, il sindaco decise però
di non rimuovere Magliulo: non
vi erano i presupposti. Da quel
momento, ricostruisce l’ex sindaco, «Gallo diede inizio ai lavori di realizzazione dell’impianto» e intanto dalle aziende dei
Cosentino scattarono ricorsi
mentre Regione e Agip Petroli
chiedevano chiarimenti sull’azienda di Gallo. Ma il calvario
dell’imprenditore non finisce
più: gli revocano il permesso, intanto arrivano i fratelli del boss
dei casalesi Zagaria e lo sottopongono a una doppia estorsione: imponendogli loro ditte per
gli sbancamenti e chiedendo
tangenti di milioni di vecchie lire. Dirà Gallo al telefono: «A me
mi possono anche uccidere. Ma
muori pure tu». E riferendosi a
Nicola Cosentino: «E speriamo
che la magistratura mo’ lo distrugge a lui!».
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ALLARME SEPARATISMO
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
Mappe
Dietro i secessionisti
quel “male del Veneto”
che diventa italiano
Da trent’anni quest’area è il sismografo di tutti i cambiamenti
e le crisi del Paese: ora segna la frattura tra i cittadini e lo Stato
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
ILVO DIAMANTI
LE TAPPE
IL REFERENDUM
Marzo: il comitato
Plebiscito.eu
promuove un
referendum online
per l’indipendenza
del Veneto: 2,3
milioni i voti
GLI ARRESTI
Mercoledì i Ros
di Brescia hanno
arrestato 24
secessionisti con
l’accusa di aver
costituito una
alleanza eversiva
IL “male del Veneto”.
Una questione che va
presa sul serio. Perché il
Veneto ha costituito, negli ultimi trent’anni, il sismografo dei cambiamenti e
delle crisi, in Italia. A partire dai
primi anni Ottanta, quando, appunto, emerse la Liga. «Madre di
tutte le leghe», la definì il fondatore, Franco Rocchetta. Uno dei
cospiratori, secondo i magistrati. Ora costretto agli arresti domiciliari. (Anche se non mi riesce di immaginarlo nei panni del
para-terrorista.) L’insorgenza
della Liga, anticipò la diffusione
e l’affermazione della Lega in
tutto il Nord. Ma annunciò anche la crisi della Prima Repubblica. Perché erose e, in seguito,
sgretolò le fondamenta del partito che aveva governato, da
sempre. La Democrazia Cristia-
È
na. La geografia della Liga ricalca, infatti, quella della DC. E segna, dunque, il passaggio di questa società dal governo all’opposizione. Anzi: all’antagonismo.
Contro Roma e contro lo Stato
Centrale. Sinonimi, nel linguaggio veneto e, in seguito, nordista
e padano. Al tempo stesso, il Veneto interpreta, in modo aperto,
l’affermarsi dei nuovi ceti medi
“privati”. I piccoli imprenditori e
i lavoratori autonomi. La Lega,
prima e più ancora di Berlusconi,
dà loro voce. Ne amplifica il risentimento e la protesta. Come
hanno mostrato, efficacemente, Giorgio Lago e Francesco Jori, descrivendo e, in parte, amplificando la “voglia di indipendenza” espressa da quest’area.
Riassunta nella formula geopolitica del Nordest. Ma in realtà
sempre, saldamente impianta-
NOTA METODOLOGICA
Sondaggio Demos&PI per Repubblica: rilevazione
condotta nei giorni 20 e 21 marzo 2014 da Demetra
(metodo CAT), campione tratto dall’elenco
degli abbonati alla telefonia fissa, rappresentativo
della popolazione italiana con almeno 18 anni
ta sul Veneto centrale. Sul triangolo Vicenza-Padova-Treviso.
Indipendenza, non secessione.
Una rivendicazione che, qui,
non ha mai attecchito. Neppure
negli anni Novanta, quando la
Lega Nord di Bossi ne aveva fatto una bandiera. Anche perché Il
Nord e ancor più la Padania sono
contesti poco o nulla condivisi, in
Veneto. Territori immaginari: la
Padania. O, comunque, relativi e
“dipendenti”: il Nord. Il cui significato “dipende”, appunto,
geograficamente e geo-politicamente, da Roma. Per questo è rischioso, oltre che superficiale,
svalutare le tensioni indipendentiste espresse dal Veneto.
Perché vengono da lontano e
hanno ragioni condivise. Che,
negli ultimi anni, sono esplose.
Basti vedere quel che è avvenuto alle ultime elezioni, nel febbraio 2013, quando il M5S ha ottenuto, proprio in Veneto, un
grande risultato. Soprattutto
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
15
PER SAPERNE DI PIÙ
www.demos.it
www.repubblica.it
FOTO:LAPRESSE
nelle aree dove era più forte la nativa, errata e pericolosa, fra la
Lega e, prima, la Liga. Il M5S: ha criminalizzazione e il ridicolo. In
sfondato soprattutto le basi so- entrambi i casi, riassume il “maciali di quest’area e dei suoi rap- le del Veneto” in un vizio folclopresentanti politici — vecchi e ristico e “periferico”. Come il Venuovi. Ha, cioè, conquistato il neto, in fondo, appare a molti itavoto dei lavoraliani (ma anche
tori autonomi
a molti veneti,
STEFANO BARTEZZAGHI
e dei piccoli imsoprattutto alla
prenditori. Pri- > L’ANAGRAMMA
Sinistra, che,
mo partito fra
non per caso,
gli artigiani vequi è sempre
Il secessionismo
neti con, circa,
stata minoritaveneto = il movente
ria).
il 30% (sonc’è: ossessioni
daggio di DeMeglio non illudersi. Anzimetra per Confartigianato
tutto perché,
Imprese Venecome ha moto). Per questrato il sondagsto, l’immagigio di Demos
ne pubblica proiettata dalle in- condotto su un campione rapchieste giudiziarie, oltre che dal presentativo, oltre la metà degli
profilo approssimativo e impro- elettori veneti (55%) si dicono
babile dei presunti cospiratori, d’accordo con l’obiettivo (sollebanalizza le tensioni e le riven- vato dal referendum) dell’indidicazioni che covano nella so- pendenza veneta. Anche se è
cietà veneta. Le riduce all’alter- concepita, soprattutto, come
maggiore “autonomia”, maggiore capacità rivendicativa nei
confronti di Roma. In parte, nella maggiore qualità dei parlamentari e della classe politica.
Tuttavia, le ragioni dell’indipendenza vanno oltre. Basta
scorrere i dati dei sondaggi dell’Osservatorio sul Nordest, condotti da Demos e pubblicati ogni
settimana sul Gazzettino, da
quasi vent’anni, per cogliere la
misura della frattura con le istituzioni. Visto che il 71% dei veneti è convinto che «i cittadini di
questa regione lavorano e danno molto più di quel che lo Stato
restituisce loro» (Demos, aprile
2013). Mentre il 75% dei veneti
intervistati (Demos, Novembre
2013) si dice d’accordo con l’idea, sicuramente inquietante,
che oggi sia «necessario proclamare uno sciopero fiscale perché le tasse sono insopportabili».
È, dunque, meglio non liqui-
dare l’indipendenza veneta con
qualche battuta. Lasciando che
la giustizia faccia il suo corso e risolva il problema. Il “male del
Veneto” ha radici profonde e diffuse, nella società e nel territorio. Ma non va neppure confinato, come una questione locale.
Sollevata dai “soliti” veneti. Abituati a lamentarsi. Il “male del
Veneto”, come è avvenuto altre
volte in passato, è il sintomo di
un male più ampio. Riflette il disorientamento geopolitico europeo, sottolineato dalle crescenti tensioni autonomiste —
in Spagna, Belgio, Gran Bretagna… Ma denuncia, soprattutto, il “male nazionale”. La frattura tra gli italiani, la politica e
lo Stato, rivelata, in modo
esplicito, da un sondaggio recente, condotto in ambito nazionale (Demos, gennaio
2013). Il quale mostra come oltre metà degli italiani (52%,
per la precisione) si dica d’accordo con la protesta dei Forconi. Un orientamento che appare particolarmente condiviso — non a caso — nel Nordest
(61%). D’altronde, tra gli arrestati c’è un leader dei Forconi. Ma il sostegno alle ragioni
dei Forconi risulta elevato anche nel Mezzogiorno. Dove, peraltro, è nato il movimento (in
Sicilia, per la precisione).
L’indipendenza del Veneto,
dunque, ha ragioni di lunga
durata. Che non possono essere spiegate, in modo consolatorio, come un “vizio locale”.
Perché evocano una “questione nazionale” dai contorni netti. L’indipendenza dei cittadini rispetto allo Stato e alle istituzioni.
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L’INTERVISTA
“Il nostro tanko
simbolo di lotta”
PIERO COLAPRICO
“IL SERENISSIMO”
Geremia
“Gerry”
Agnoletti, 61
anni, l’uomo
che riscattò
il “tanko” del
1997 e vice dei
forconi veneti
di Chiavegato
MILANO. Signor Geremia Agnoletti, lei è quello
che porta in giro il “tanko” in varie feste secessioniste...
«Sì, l’abbiamo acquistato all’asta nel 2006 per
poco più di 6mila euro e restituito a Flavio Contin.
Pensi che l’ho chiamato poche ore prima del suo
arresto, proprio per chiedergli se potevamo portarlo a Verona: come simbolo lo vogliono tutti».
È vicino quindi al gruppo degli arrestati?
«Sì, conosco Contin da 15 anni, dall’assalto al
campanile di Venezia. E con Lucio Chiavegato dei
forconi ho mangiato domenica».
Che cosa pensa degli arresti?
«Ingiusti. Lo Stato ha paura del voto del referendum sul Veneto, c’è in corso una furiosa accelerazione del nostro popolo e ha deciso di dare un
segnale. Per far risalire la Lega, il partito fantoccio, che ci ha fatto perdere 20 anni. Se no eravamo
vicini all’indipendenza».
Vicini? E quando?
«Pensi a che cosa ha fatto Contin a Venezia con
il tanko. La nostra gente s’è chiesta: perché rischiare tanto per appendere una bandiera su San
Marco? Da allora tutto è cambiato. Una volta a Cittadella, alla fiera delle radici venete, c’erano 20 titoli di libri, ora ce ne sono 250. L’anno scorso vendevamo 50 bandiere al mese, oggi ne ordino 500
a volta».
Come spiega il cannoncino?
«Ma lei ci crede? Quando arrestano i mafiosi,
quante armi mostrano in tv? Contin ha sbagliato
a voler ripetere un’operazione bellissima come
quella del tanko, anche se, devo dire, anch’io avrei
tirato giù volentieri qualche statua di Garibaldi».
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16
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
MONDO
PER SAPERNE DI PIÙ
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www.vatican.va
La polemica
Ambasciatori d’Italia
tra stipendi d’oro
ed “extra” da capogiro
L’annuncio del ministro Mogherini: “Farnesina, ora si taglia”
Fino a 600 mila euro l’anno per alcuni nostri diplomatici
ALESSANDRA BADUEL
I NUMERI
325
LE SEDI DIPLOMATICHE
L’Italia ne ha 325
contro 271 Usa, 309
russe e 230 tedesche
389.000
LO STIPENDIO ANNUO
Il guadagno in euro
del segretario
della Farnesina
13 mln
LE INDENNITÀ
Gli euro spesi nel 2013
per le indennità di chi
va all’estero
22.000
GLI “EXTRA” A TOKYO
Gli euro per le spese
di rappresentanza
dell’ambasciatore
ROMA. Stipendio, indennità di
servizio estero, spese di rappresentanza. Totale, anche più di
500 mila euro l’anno. Con un coniuge, ne arrivano altri 64 mila,
più 16 mila per ogni figlio: si possono sfiorare i 600 mila e più. Vita da ambasciatore, una delle
categorie più invidiate, immaginata regolarmente immersa
nel lusso. Quelle cifre sono rare
fra i 901 diplomatici italiani, e
per di più comprendono tutto,
inclusi i disagi di sedi pericolose, ma l’effetto resta. Così ieri
l’annuncio di Federica Mogherini della revisione di spesa in arrivo alla Farnesina ha avuto subito un solo titolo: saranno rivisti gli stipendi degli ambasciatori. In genere considerati intoccabili e poco noti come per
ogni “casta” che si rispetti, que-
singole voci specifiche per ogni
spesa. Da noi, invece, si include
tutto nell’Indennità servizio
estero: dal trasloco al vitto, dalla domestica alla scuola per i figli. In più, ci sono le spese di rappresentanza. Cene, ricevimenti, party e quanto altro l’ambasciatore ritenga necessario fare
per rappresentare, appunto, l’Italia nel Paese dove è destinato,
favorendo incontri di ogni genere, imprenditoriali come culturali. In una sede come Parigi,
si può arrivare a 125 mila euro.
Circa 20 mila al mese.
Spiega Paola Ottaviani,
coordinatrice della Cgil della
Farnesina: «Escluderei dai responsabili di eccessi i funzionari di livello medio. Ma
facciamo pure l’anatomia
dello stipendio dell’ambasciatore. Trova una residenza
attrezzata in ogni dettaglio. E
qui, io mi permetterei di segnalare che le spese del trasloco non
dovrebbero essere risarcite: se
IL MINISTRO
Il ministro degli Esteri
Federica Mogherini che
ieri ha annunciato nuovi tagli
LA VISITA
FOTO: LAPRESSE E ANSA
uno vuole portarsi i propri bicchieri, può pagarseli. Ma per il
resto, se hai dei figli li dovrai
mandare a una scuola internazionale e costosa: quelle italiane
spesso non ci sono. Se poi torni
un periodo a Roma, in previsione di una seconda missione dovrai continuare a farli studiare
in scuole estere. E ci sono, in certi luoghi, le spese per la sicurezza, propria e della famiglia». Poi
c’è la rappresentanza. «Qui il
cambiamento dovrebbe essere
sul fronte italiano. Ogni deputato o consigliere regionale o figura che si ritiene più o meno importante in patria, pretende regolarmente l’invito dell’ambasciata, in sede o al ristorante,
per sé e per tutta la delegazione».
Marco Carlomagno, segretario generale della Filp Cise (sindacato indipendente dei lavo-
L’Indennità servizio
estero comprende anche
trasloco, vitto, la scuola
dei figli e la domestica
Il caso dei pensionati
di massimo livello
rientrati con consulenze
da 98 mila euro l’anno
gli stipendi non sono l’unica voce che il ministro vuole asciugare per risparmiare 108 milioni
in tre anni. Ci sono infatti anche
la riorganizzazione della rete diplomatica e culturale, i contributi a organismi internazionali
e il patrimonio immobiliare all’estero: tutte voci da rivedere
per ridurre le spese. Ma certo, ci
sono anche i costi di un ambasciatore all’estero.
Lo stipendio vero e proprio è
solo una parte, magari neppure
la più grossa, di quelle spese. Si
tratta di attrezzare una persona e, se c’è, la sua famiglia, a vivere per minimo quattro anni
altrove. E per questo capitolo l’Italia prevede un’indennità forfettaria, calcolata in base a costo della vita e anche eventuale
pericolosità della sede di destinazione. In altri Paesi ci sono
sigliere diplomatico del capo dello Stato Zanardi Landi. Quaranta minuti e poi Elisabetta è partita alla volta del Vaticano. Atmosfera «cordiale», «distesa», con il Papa ed Elisabetta «sorridenti». Fuori dai canoni l’abbigliamento della regina, che non ha indossato né il velo né l’abito nero, come aveva fatto
nei precedenti incontri con i pontefici. Nessun riferimento alle Falkland questione sulla quale l’argentino Bergoglio, da arcivescovo di Buenos Aires, si era speso molto.
ratori pubblici), per quelle spese ha una soluzione: «Che a ogni
invito segua la spiegazione,
scritta, dell’utilità di quella cena. Ma c’è da aggiungere che
noi, su 900 diplomatici, ne usiamo circa 180, a stipendi base di
2-300mila euro l’anno, per mansioni amministrative, che potrebbe eseguire un funzionario
con stipendio base di 24 mila euro». I sindacati oggi hanno incontrato il ministro per discutere dei tagli, uscendo rassicurati
dell’intento di fare un’operazione condivisa. «Noi — segnala
Carlomagno — abbiamo anche
portato una lista di circa 30 nomi: sono pensionati al massimo
livello che sono rientrati come
consulenti per cifre che arrivano ai 98 mila euro l’anno. Ci attendiamo delle verifiche».
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Elisabetta: “Che vista dal Quirinale”
ROMA. Dal Quirinale al Vaticano all’insegna
del “low profile”. Quattro ore a Roma per la
regina Elisabetta, tornata in Italia dopo 14
anni. Una visita lampo per incontrare «l’amico» Giorgio Napolitano e papa Francesco.
«La sala con la più bella vista in cui abbia mai
fatto colazione», ha detto la regina a Napolitano, rapita dalla Sala del Torrino, in cima al
Quirinale, con vista sulla Capitale. Pochissimi gli invitati al pranzo (risotto, agnello, caponata) oltre alla signora Clio e al principe
consorte, solo i due ambasciatori e il con-
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
LE RIVOLTE ARABE
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PER SAPERNE DI PIÙ
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www.foreign.gov.ly
Il reportage
La Cirenaica, crocevia del business dell’oro nero,
è in rivolta contro Tripoli. Dalla caduta di Gheddafi la regione è in mano ai ribelli
di Ibrahim Jadran che chiedono federalismo e la loro fetta di ricavi
Fra le tribù
del petrolio
“Mezza Libia
è nostra”
DAL NOSTRO INVIATO
VINCENZO NIGRO
AGEDABIA
N PEZZO del futuro della nuo-
U
va Libia potrebbe essere nascosto qui, in questo villaggio di sabbia e polvere. Il
vento che arriva dal deserto
è un soffio freddo e sporco. Solleva sabbia bianca, fine e fastidiosa. E spazza
strade che non esistono. A parte pochi
chilometri di asfalto, tutto il resto è polvere bianca del deserto compressa in
dossi e avvallamenti che bloccano auto,
camion e umani. Non c’è Stato, non c’è
polizia, solo un popolo con la sua straordinaria voglia di vivere, di sopravvivere a tutto questo. Questa è Agedabia la
capitale del petrolio di Libia, il crocevia
di tutti i tubi che dai pozzi della Cirenaica portano il liquido milionario verso i terminal del Mediterraneo. Come
ripete Abdallah, l’architetto che ci guida e ha studiato a Perugia e Firenze,
«dove finisce la logica, inizia la Libia». E
infatti questa città, che come tutta la Libia dovrebbe essere milionaria, Gheddafi l’ha mantenuta nella povertà e nella devastazione assoluta. “Gdabja”, la
polverosa, era quello che promette il
nome ed è quello che è rimasto.
Finché Agedabia si è ribellata, prima
a Gheddafi e poi a Tripoli. Una famiglia
con 5 giovani fratelli, torturati nelle
carceri del colonnello, ha prodotto la
forza misteriosa di un movimento politico. Hanno iniziato come i capi del
gruppo di miliziani che il governo, dopo
la rivoluzione, aveva messo a controllare i pozzi di petrolio della regione (l’80
per cento del petrolio libico è in Cirenaica). Dall’agosto del 2013 si sono ribellati di nuovo e hanno chiuso il flusso
di greggio che il governo centrale vendeva senza versare un dinaro alla Cirenaica.
Il giovane capo della Cirenaica “federale” è un ragazzone di 32 anni, si
chiama Ibrahim Jadran. «I gheddafiani
mi hanno arrestato nel 2005, quando
avevo 23 anni, poi hanno fermato anche i miei fratelli». Quei sei anni in carcere a Tripoli, dentro Abu Salim, il tempio della tortura gheddafiana, furono
una scuola di leadership incredibile per
Ibrahim e i suoi fratelli. Una fonte di legittimazione inesauribile. Alla vigilia
della rivoluzione del 2011, i gheddafiani provarono a svuotare le carceri sperando di allentare la tensione. Ma Jadran in libertà immediatamente organizza la resistenza, si arma con i kalashnikov della prima caserma gheddafiana assaltata, quella di Beida, la vecchia capitale della Cirenaica di re Idriss,
cuore di una regione fiera, ribelle e speciale, la “Montagna Verde”.
Per scendere nelle polveri di Agedabia e incontrare Jadran si passa proprio
da Beida dove si arriva in aereo da Tripoli o Tunisi. Poi si attraversa per chilometri la “Montagna Verde”, un altopiano di 600 metri alle spalle della linea
costiera che da Bengasi va fino verso
Derna e Tobruk. Con le piogge della primavera la regione è un’esplosione di
natura, di vita, di agricoltura: trebbiatrici, campi di grano, boschi di abeti e
conifere. Tutta la Cirenaica è infestata
da traffici e contrabbando di ogni genere, armi, droga e migranti in entrata
dal Sud e dall’Egitto. Eppure la maggioranza della Montagna Verde è tranquilla, relativamente controllata e sicura perché le sue tribù sono unite e
consapevoli dei pericoli che corrono soprattutto con i terroristi integralisti di
Ansar Al Sharia che hanno conquistato
Derna, sul mare, e che si infiltrano a
Bengasi per mettere a segno i loro attentati.
Il ruolo di Jadran e dei suoi fratelli è
stato determinante. Prima in settembre a Ras Lanuf hanno battezzato un
“Consiglio politico della Cirenaica”,
che ha prodotto poi un simulacro di governo autonomo, con un primo ministro e i responsabili di tutti gli altri ministeri, salvo Esteri e Difesa, «perché
vogliamo autonomia e vogliamo far rinascere la Cirenaica, ma non vogliamo
separarci dalla Libia», dice il giovane federalista.
Il 16 marzo, ad Agedabia, in un gran
salone Jadran ha poi riunito gli sceicchi
e i capi tribù di quasi tutta la regione. È
stato un inno al federalismo, ovvero all’idea che loro, le tribù della Cirenaica,
possano amministrarsi da sole. Jadran
riuscì a far schierare lo sceicco Nue
Fathalla, uno dei capi della tribù Awad
Alì, che vive a cavallo del confine fra Libia ed Egitto ed ha milioni di membri:
«Combatteremo per la Cirenaica». Poi
il capo dei “tabu”, i “negri” originari del
Sud del paese che ovunque in Libia sono discriminati (ad Agedabia vivono in
un ghetto miserabile, in cui è inimmaginabile pensare quali siano le condizioni di vita visto quello che c’è fuori).
Ahmed Dalenghi, il capo dei tabu, disse «noi parliamo poco, ma siamo pronti a combattere e lo facciamo bene!». Poi
abbracciò in segno di pacificazione Salam Buhavuva, il capo degli Zwia, con
cui per mesi i tabu si erano scontrati a
morte.
La pace fra le tribù, il consenso di molti capi non significa certo l’unità di tutta la Cirenaica, ma il sostegno della popolazione per Jadran e il suo auto-governo gli hanno dato forza per trattare
con Tripoli. Dopo mesi di tentativi inutili, due settimane fa la Cirenaica ha
provato a vendere una petroliera carica di greggio aggirando Tripoli. Il governo centrale non è riuscito a bloccarla, ci hanno pensato i Navy Seals ame-
ricani al largo di Cipro, che poi hanno restituito la nave alla capitale. Ma la provocazione di Jadran ha avuto l’effetto
di accelerare la caduta del debole primo ministro Ali Zeidan. Per mesi i federalisti avevano cercato di negoziare
con lui, ma quello al massimo aveva
provato a comprarseli con 6 milioni di
dinari e la promessa di alcuni posti di
ministri e ambasciatori. Jadran aveva
rifiutato sdegnato, mostrando in televisione gli assegni milionari spediti da
Zeidan.
Dopo il colpo della petroliera, le cose
per Zeidan sono precipitate, è stato costretto alle dimissioni ed è fuggito dalla Libia. Jadran invece è ripartito con le
trattative con il nuovo premier Al Thinni: e questa volta la trattativa è andata
avanti. Entro pochi giorni potrebbe riaprire il primo terminal petrolifero, poi
gli altri. In cambio la Cirenaica dovrebbe ricevere la sede della Banca centrale libica, il comando della forza militare
che controlla i pozzi, un terzo dei ricavi
del petrolio, insomma i primi assaggi di
un possibile federalismo.
Jadran ha dietro buona parte della
Cirenaica e un’idea, quella del federalismo, che prima o poi si potrebbe rivelare l’unica soluzione possibile per mettere d’accordo le tribù, le città e le milizie che oggi sono il potere vero di una Libia che non ha più Stato centrale. Tra la
sabbia bianca di Agedabia forse c’è una
possibilità per aiutare la Libia a reggersi in piedi: partire dal basso, dalle
tribù e dalle comunità locali, invece che
provare a imporre un governo centrale
che, scomparso Gheddafi, avrà poche
speranze di governare i popoli di Libia.
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I RIVOLTOSI
Le brigate
del leader ribelle
libico
Ibrahim Jadran
che
imperversano
in Cirenaica
IL LEADER
Ibrahim Jadran è
il giovane capo
della Cirenaica
“federale”. È
stato sei anni in
carcere sotto
il regime di
Gheddafi
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
MONDO
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PER SAPERNE DI PIÙ
eng.kremlin.ru
www.nasa.gov
Il racconto
A bordo dell’Iss che vola a 400 chilometri dalla Terra
americani e russi
insieme malgrado
la Guerra fredda
IN ORBITA
Tre astronauti russi
due americani e un
giapponese a bordo
della Stazione spaziale
internazionale (Iss)
Quei sei astronauti
che vagano nel cielo
l’ultimo filo che unisce
Mosca e Washington
FOTO:NASA
VITTORIO ZUCCONI
WASHINGTON
come neonati in un’incubatrice sospesa a 400 chilometri di altezza sopra la Madre Terra, i sei
astronauti chiusi nella Stazione
Spaziale Internazionale sono gli
ostaggi della mini Guerra Fredda. Ma sono
anche l’ultimo filo che impedisce a Stati
Uniti e Russia di perdersi nel vuoto di un conflitto, condannandoli a essere i primi naufraghi nella
tempesta cominciata dall’Ucraina.
Per sopravvivere, per respirare, per mangiare, i sei viaggiatori della Stazione Spaziale Internazionale dipendono da quell’ultimo cordone ombelicale che li lega al cosmodromo di Baikonour,
in Kazakhstan, e che Putin soltanto stringe fra le dita. Da quando la Nasa ha dovuto rottamare
le sue navette nel 2011 e rinunciare, per mancanza di finanziamenti, a lanci di missioni umane,
soltanto la “Soyuz” russa continua a fare la spola fra le steppe
dell’Asia Centrale e l’ISS, il labo-
F
RAGILI
LA SCHEDA
IL PROGETTO
La Iss (Stazione
Spaziale
Internazionale) è
gestita da Europa,
Canada, Giappone,
Usa e Russia
LA PRIMA VOLTA
Risale al 1994 la
prima missione
congiunta tra russi
e americani. La
guidò l’astronauta
Charles Bolden
OSPITI DELLA SOYUZ
Senza Shuttle, gli
Usa si affidano alla
astronave Soyuz
per raggiungere
la base spaziale
internazionale
Quel progetto che dal 1998 dovrebbe essere il monumento futuristico alla cooperazione e all’amicizia fra tutte le nazioni con
programma spaziali civili, come la Nasa, l’Esa europea, la Roskosmos.
Washington non aveva scelta. Gli Stati
Uniti, la nazione che aveva stravinto la prima fase della corsa spaziale, la prima po-
tenza capace di portare sulla Luna e riportare a casa esseri umani si trova, 45 anni dopo le impronte di Neil Armstrong sulla polvere del Mare della Tranquillità, completamente in balia dei russi per lanciare, e riprendere, gli uomini e le donne dispersi nella Stazione Orbitante.
Non soltanto l’unica navetta in attività è
la Soyuz, la “Unione”, una navicella che ancora porta puntigliosamente il nome derivato da Unione Sovietica e risale nella prima versione al 1967. Ma la Nasa dipende pesantemente dai russi per motori, navigazione satellitare, rifornimenti di viveri e
pezzi di ricambio. In attesa che il Congresso
riapra il borsellino o che, più probabilmente, siano imprenditori privati a
costruire i successori dello Shuttle con personale.
Costretta a inghiottire la propria ormai umiliata alterigia, la
Nasa, la adorata signora dello
spazio oggi cliente dei rivali di
ieri, ha dovuto guardare impotente la Soyuz raggiungere la
Stazione Spaziale giovedì 27
marzo con i nuovi tre uomini di
equipaggio, Steven Swanson
l’americano, e i due russi
Alexander Skvortsov e Oleg Artemyev. Poi affidarsi alla società
privata Space X per il lancio del
Dragon, un cargo spaziale con
viveri e materiali, il 30 marzo.
Il costo del biglietto per raggiungere la Stazione Spaziale è
Gli Stati Uniti devono
usare la “Soyuz”
per i collegamenti
con la navetta
L’agenzia spaziale
dipende dal Cremlino
anche per navigazione
satellitare e rifornimenti
ratorio nel cielo.
E quando Putin ha deciso di annettersi la Crimea e Obama ha risposto cominciando a chiudere
uno dopo l’altro i circuiti di collegamento fra le due nazioni in cagnesco, qualcuno si è ricordato
che attorno al pianeta girano alla velocità di 27 mila chilometri
all’ora tre russi, due americani e
il comandante dell’equipaggio,
un giapponese.
La più grande incubatrice del
mondo, con le sue 500 tonnellate
costruite dalla Boeing per 180
miliardi di dollari, è stata esentata dalle sanzioni e della ripicche russo americane che avevano investito anche la Nasa. All’agenzia spaziale americana era
stato proibito qualsiasi contatto
con i colleghi di Roskosmos incluse telefonate, teleconferenze
via Skype e addirittura scambi di
email.
Il vice amministratore della
Nasa, Michael O’Brian era stato
drastico e soltanto l’intervento
del suo superiore diretto, Charles Bolden, ha chiarito che dal
boicottaggio era esclusa la ISS, la
International Space Station.
ormai di 70 milioni di dollari, andata e ritorno, che Washington
versa a Mosca. Ma questi sei uomini che si dividono gli abitacoli a 400 chilometri, mantenuti
artificialmente in uno stato di
microgravità alla pressione atmosferica del livello dei mari
terrestri, a temperatura costante nella loro incubatrice, sono insieme ostaggi e garanzia che almeno l’ultimo fusibile nella rete
di collegamenti fra Usa e Russia
non sarà fatto saltare.
Qualcuno, per alleviare l’umiliazione di questa Nasa non più
signora ma cliente, ha notato come l’ultima Soyuz lanciata la
scorsa settimana ha avuto un
guasto serio. Uno dei motori non
ha funzionato e questo ha rallentato la rincorsa all’ISS. Sarebbe dovuto durare per quattro orbite, ma la navetta ha dovuto girare per 32 volte attorno
alla Terra, acquistando velocità
come il peso alla fine della catena di un martellista. Ecco, le cose fabbricate in Russia funzionano sempre un po’ a spanna.
Ma almeno ci sono.
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
CRONACA
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L’intervista
Appalti di Polizia
archiviato Izzo
“E ora ridatemi
l’onore perduto”
I PERSONAGGI
Nicola Izzo, ex numero due
del Viminale, e, sotto,
il prefetto Giovanna Iurato:
il gip di Roma ha archiviato
le loro posizioni
Chiusa l’inchiesta iniziata nel 2010
l’ex vicecapo del Viminale si sfoga
“
IL DOLORE
Nessuno mi
ripagherà per quello
che ho sofferto:
danni morali, fisici,
professionali. La
giustizia non trionfa
LO STATO
Non ho mai difeso
una poltrona, ma
solo il mio lavoro. E
ora chiedo a questo
Stato di non essere
da operetta
”
Ieri
CORRADO ZUNINO
ROMA. Quattro anni di indagini sul prefetto Nicola Izzo,
direttore centrale per i servizi tecnico logistici del Viminale. Nel novembre 2012 le dimissioni da vicecapo della Polizia. Ieri mattina per Izzo, difeso dall’avvocato Bruno Larosa, è arrivata da parte del
Tribunale di Roma l’archiviazione. E così per il prefetto
Giovanna Iurato, difesa dall’avvocato Claudio Botti, per
l’ex direttore della Dia Antonio Girone e altri dodici indagati nell’inchiesta sugli appalti per la costruzione del
Centro elaborazione dati di
Napoli, costato 37 milioni e
considerato viziato dagli inquirenti e dalla commissione
aggiudicataria.
Le contestavano la turbativa
d’asta, prefetto. E la rivelazione del segreto della gara d’appalto.
«C’è un giudice a Roma:
non ho fatto reati, i sospetti
sono stati diradati. Adesso
spero che, come io ho rispettato le indagini e il processo,
chiedendo di essere interrogato, tutti rispettino la sen-
tenza di archiviazione. Piaccia o non piaccia».
Diciassette mesi fa si dimise
da vicecapo della polizia.
«Nessuno mi ripagherà per
tutto quello che ho sofferto, i
danni morali, fisici, umani e
professionali patiti. I processi
finiscono, ma la giustizia non
trionfa. Nessuno restituirà
nulla, a me come a tanti altri,
e questo è un problema serio e
sottovalutato. Chiunque al
mio posto, dopo quattro anni
di rivelazioni, indagini, convocazioni, titoli, direbbe lo
stesso».
Vuole essere risarcito per quei
danni?
«Non chiedo risarcimenti
economici, chiedo mi siano restituiti l’onore e le chance professionali».
Si dimise su pressione di qualcuno?
«Su pressione della mia coscienza. Volevo lasciare spazio alle indagini e togliere motivi di polemica sul mio ruolo».
L’allora capo della polizia, Antonio Manganelli, le suggerì il
passo indietro?
«Manganelli era contrario
alle mie dimissioni, io le preFOTO:IMAGOECOMNOMICA
LA TRAGEDIA
LA SANZIONE
Cesare Calvelli
Sindacalista Socialista
ha finito di soffrire.
Lo annunciano con dolore Paola, Cristina, Daria, Francesca, Elena e Marco.
I funerali si svolgeranno nella chiesa di
San Saturnino sabato 5 aprile alle 10.15.
Roma, 4 aprile 2014
Gli amici della Convergent Technologies Partners Spa sono vicini a Cristina
ed alla sua famiglia in questo momento
di dolore per la dipartita del caro padre
Cesare Romano Calvelli
Roma, 4 aprile 2014
Il giorno 3 aprile 2014, si è spento l’amatissimo pittore
Franco Manarini
Roma, 4 aprile 2014
Ag. Fun. Universal tel. 06/4383222
Buon viaggio
Francesco Macedonio
40 47 59 64 79 89 Uccide il socio
66
Superstar
Ai 2 vincitori con punti 4
44.414,00 €
Ai 117 vincitori con punti 3
2.333,00 €
Ai 1.631 vincitori con punti 2
100,00 €
Ai 12.595 vincitori con punti 1
10,00 €
Ai 32.447 vincitori con punti 0
5,00 €
IL PROSSIMO JACKPOT CON PUNTI 6
11.700.000€
Germana Erba
Germana Erba
Germana
Partecipano al lutto Gian Mario Bandera, Tiziana Borgo e Claudia Reggiani.
Milano, 4 aprile 2014
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Concorso n. 40 del 3-04-2014
Gian Mesturino con Miriam, Eva, Irene,
Enrico, Eleonora, Emanuele, Davide e
Anna.
Rosario 4 aprile ore 19.
Funerale 5 aprile ore 9.30, Chiesa Madonna Addolorata (Pilonetto), Corso
Moncalieri 227, Torino.
Torino, 4 aprile 2014
Sarà sempre con noi
Gli artisti, i tecnici, i docenti, gli allievi e
lo staff organizzativo di Torino Spettacoli e della Fondazione Teatro Nuovo.
Torino, 4 aprile 2014
La U.T.I.M. Uffici Teatrali Italiani di Milano è vicina con affetto a Gian e a tutta la
famiglia nel grande dolore per la scomparsa della dolce e coraggiosa
e la moglie
poi si suicida
Superenalotto
Nessun vincitore con punti 6
Nessun vincitore con punti 5+
Ai 6 vincitori con punti 5
37.544,75 €
Ai 519 vincitori con punti 4
444,14 €
Ai 19.530 vincitori con punti 3
23,33 €
vecchio amico, grande regista, grande
poeta
Ludovica
Roma, 4 aprile 2014
Sarà sempre con noi
NAZIONALE
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COMBINAZIONE VINCENTE
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“Privacy violata”
da Google un milione
per Street View
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MILANO. Tre vite spezzate
nell’arco di poche ore, a pochi
chilometri. L’imprenditore
Domenico Magrì, 82 anni, ha
ucciso con un colpo di pistola il
socio in affari, Carmelo Orifici, con
il quale litigava da tempo per
questioni legate alla liquidazione
delle sue quote nell’impresa. Poi è
tornato a casa, a Cerro di
Bottanuco, in provincia di
Bergamo, e, allontanata la
badante, con la stessa pistola ha
messo fine alla vita della moglie,
Maria Artale, paralizzata su una
sedia a rotelle. Infine si è suicidato.
A trovare il primo cadavere, a
Segrate, è stato il figlio di Orifici,
in ritardo all’appuntamento al
quale avrebbe dovuto essere
presente. Un disguido che forse gli
ha salvato la vita. Domenico
Magrì, partito da Catania da
ragazzo in cerca di lavoro, era un
uomo stanco, stanco di seguire gli
affari della sua società edile e di
lottare contro la malattia della
moglie, costretta da circa 15 anni
su una sedia a rotelle a causa di un
ictus. Aveva deciso di mollare
tutto e ritirarsi. Ne aveva parlato
con Orifici, che però pare non fosse
d’accordo e con il quale è stato in
trattativa nel tentativo di trovare
una liquidazione adeguata. Il tira
e molla lo ha esasperato al punto
da spingerlo a usare la pistola.
Robledo e Bruti Liberati
LA POLEMICA
Scontro in Procura
il Csm convoca
Bruti Liberati e Robledo
MILANO. Via all’istruttoria del
Csm sullo scontro in atto alla
procura di Milano tra l’aggiunto
Alfredo Robledo e il procuratore
capo Edmondo Bruti Liberati,
responsabile, secondo il suo
«vice», di irregolarità
nell’assegnazione dei fascicoli
(per esempio nei casi Ruby, Sea
e San Raffaele, secondo quanto
sostiene Robledo nell’esposto
inviato al Csm). L’indagine di
Palazzo dei marescialli comincia
con un fitto calendario di
audizioni: si parte lunedì 14 con
la convocazione del Procuratore
generale di Milano Manlio
Minale, cui è stato chiesto anche
di inviare una relazione scritta
sull’accaduto. Il giorno dopo
toccherà invece ai protagonisti:
prima sarà ascoltato Robledo,
poi Bruti Liberati, ex presidente
dell’Anm.
ROMA. Una multa da un milione
di euro. Tanto ha dovuto pagare
Google per una sanzione decisa
dal Garante per la privacy a causa
degli scatti “rubati” nelle strade
italiane quattro anni fa, nel 2010,
quando è sbarcato anche nel
nostro Paese il servizio Street
View. E quando le Google car
hanno cominciato a percorrere, e
soprattutto a fotografare in
lungo e in largo, anche l’Italia,
per poi elaborarne una mappa
tridimensionale da pubblicare
online. Ragazze in bikini, un
uomo che scavalca un cancello,
un altro “pizzicato” dalla moglie
in luoghi proibiti: furono tante le
segnalazioni inviate al Garante
da persone che comparivano,
loro malgrado, nelle foto
archiviate sul web. L’autorità
aveva così prescritto alla società,
che subito si è messa in regola, di
rendere le auto cattura-immagini
ben riconoscibili con cartelli e
immagini, e di pubblicare con
qualche giorno di anticipo, sul
proprio sito, le località visitate
per consentire alle persone di
decidere se sottrarsi o meno alle
riprese. L’arrivo della Google car
deve inoltre essere annunciato
sulle pagine di cronaca locale di
almeno due quotidiani e essere
diffuso attraverso un’emittente
radiofonica locale.
sentai in maniera irrevocabile. Non sono un funzionario di
Stato da operetta, di quelli
che dà le dimissioni per farsele respingere. Non ho mai difesa una poltrona, solo il mio
lavoro. E ora chiedo a questo
Stato di non essere uno Stato
da operetta».
Cosa intende?
«Un Paese che richiede ad
alta voce a un suo funzionario,
ma anche a un ministro, le dimissioni al primo avviso di garanzia, un Paese che di fronte
a un dubbio chiede spazio per
gli accertamenti, poi deve
prendere atto con altrettanta
solerzia della sentenza del
processo. Altrimenti diventa
un Paese dall’etica traballante. E manda ai suoi funzionari,
ai cittadini, questo messaggio: sempre meglio non dimettersi».
Dice questo perché, in queste
ore, avrebbe voluto ricevere
messaggi tranquillizzanti rispetto alla sua carriera?
«Dico questo perché è giusto. Le telefonate tranquillizzanti le ho comunque ricevute, tutte».
Vuole tornare a fare il vicecapo della polizia?
«Non chiedo nulla. Vorrei
solo indietro le mie chance
professionali e la mia dignità
individuale».
Cosa farà adesso?
«Ho 65 anni e, fino a quando
non avrò diritto alla pensione,
continuerò a lavorare dignitosamente nell’ufficio che mi è
stato dato quando mi sono dimesso da vicecapo della polizia».
Sarebbe?
«Ho un incarico di studio e
ricerca per la rete delle prefetture italiane».
Com’è nata l’inchiesta, prefetto.
«Dal parere negativo della
commissione aggiudicatrice:
quell’appalto fu assegnato a
un raggruppamento di imprese, invitate dal ministero
dell’Interno a partecipare alla
gara. Lo guidava Elsag-Datamat. La commissione era contraria, anche sui profili economici».
Il Gip, archiviando, ha scritto:
«La procedura di assegnazione ed esecuzione dell'appalto è
stata portata a termine sicuramente in modo convulso,
contingentato e con un certo
grado di approssimazione».
«E ha scritto anche: “Tale
conclusione non consente di
inferire automaticamente
che siano state tenute condotte costituenti reato”. E ancora che abbiamo fatto in fretta per “non far decadere il finanziamento per mancata
aggiudicazione dell'appalto
nel termine fissato”. La richiesta di archiviazione, vorrei ricordare, è arrivata dallo
stesso pubblico ministero».
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
CRONACA
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PER SAPERNE DI PIÙ
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L’immigrazione
Alfano: in arrivo 600mila profughi
Allarme del ministro
dell’Interno: l’Europa
deve difendere
le sue frontiere
LA
GIOR
NA
TA
ALBERTO CUSTODERO
ROMA. «In Nordafrica ci sono tra
300 e 600 mila persone in attesa di
transitare nel Mediterraneo». È,
questo, l’allarme di Angelino
Alfano, ministro dell’Interno,
lanciato durante un convegno sull’immigrazione a
Palermo. «Non è una questione solo italiana — ha
aggiunto il titolare del Viminale — ci batteremo
perché questa frontiera venga difesa. C’è lo
strumento, si chiama Frontex, e va potenziato. Se
non si difende la frontiera non si risolve il problema
degli sbarchi». «E noi ci batteremo — ha promesso
— perché l’Europa difenda le frontiere». Dopo la
politica dei “respingimenti in mare” dell’ultimo
governo Berlusconi (allora Angelino Alfano era
Guardasigilli, ministro dell’Interno Roberto
Maroni), l’Italia è passata alla politica
dell’accoglienza. È lo stesso ministro Alfano a
confermarlo. «L’Italia — ha detto il ministro — è
campione del mondo di accoglienza, da ottobre, con
l’operazione mare nostrum, sono state recuperate
10 mila persone, non rispondendo ad alcun obbligo
di intervento ma alla nostra coscienza affinché non
si ripetano i fatti del 3 ottobre scorso». Alfano ha poi
auspicato «la modifica del trattato di Dublino» in
base al quale i migranti sono obbligati a chiedere
asilo nel Paese di approdo. Per il titolare del
Viminale «l’Italia non può essere la prigione di chi
arriva nel nostro Paese, ma con l’intenzione di
andare in un altro Stato europeo».
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L’ALLARME
I Servizi lanciano
un sos sugli arrivi
degli extracomunitari
in Italia
FOTO:ANSA
“Traffico controllato da 500 bande”
ecco il dossier segreto dei Servizi
IL RETROSCENA
I NUMERI
FRANCESCO VIVIANO
ROMA.
ultima radiografia dei nostri servizi segreti su
quello che accadrà nelle
prossime settimane, nei prossimi mesi nel Canale di Sicilia, dà
risultati impressionanti. Oltre
mezzo milione di persone — siriani, eritrei, etiopi, nigeriani,
sudanesi e cittadini di altri paesi
centroafricani — ammassati
nelle “prigioni” dei trafficanti libici in attesa di essere trasferiti
su “navi madre” e barconi diretti verso le coste siciliane. Anzi,
verso le nostre navi della Marina
L’
10mila
GLI ARRIVI
Nel primo trimestre
2014 oltre diecimila
extracomunitari
600mila
LA PREVISIONE
Secondo gli 007 tanti
ne arriveranno
nei prossimi mesi
11mila
I SIRIANI
Al primo posto fra
i migranti in Italia:
11mila nel 2013
stina verso l’Italia. Le aree maggiormente interessate all’organizzazione delle “partenze” sono quelle intorno a Tripoli, Misurata e Bengasi dove arrivano le
centinaia di migliaia di disperati
provenienti da Sudan, dalla Nigeria e da altri paesi del Centro
Africa e che fanno capo a due
grandi punti di “raccolta” e “snodo”, l’oasi di Kufra (nel Sud-Est
della Libia) e l’area di Sebah (nel
Sud-Ovest). Dopo il conflitto nel
Mali il Niger è diventato il principale collettore pre-libico degli
africani che si muovono dai Paesi del Centro Africa e che “sbarcano” a Sebha. Sul versante
orientale del continente il punto
di raccolta per coloro che provengono dal Corno d’Africa, pri-
ma dell’ingresso in Libia, è la
città sudanese di Khartoum.
«Il primo trimestre 2014 (finora sono arrivati oltre 10mila
extracomunitari ndr) vede confermata la centralità del territorio libico. Qui — annotano i nostri 007 — il territorio è tutt’ora
controllato dalle “Katibe” coinvolte nella tratta finale del viaggio migratorio. Tali organizzazioni para-militari, ascrivibili alla struttura tribale libica prima,
proliferate dopo la rivolta antiGheddafi poi, approfittano della
propria capacità, anche militare, del controllo del territorio». I
trafficanti sono in prevalenza somali, eritrei, sudanesi, nigeriani, maliani che una volta portato
il “carico” di essere umani in Li-
bia devono fare ricorso alla intermediazione delle “Katibe”
per avere il “via libera” all’accesso alle imbarcazioni e il “nulla
osta” delle forze dell’ordine corrotte. L’operazione “Mare Nostrum” che finora ha salvato dalla morte migliaia di disperati ha
paradossalmente “sconvolto” il
mercato dei trafficanti di esseri
umani, i prezzi per pagare il viaggio — che costava fino a duemila
dollari — si sono abbassati. Ciò
per i minori costi sostenuti dai
gestori delle reti dei trafficanti, e
per le ridotte porzioni di viaggio
perché “intercettati” dalle navi
della Marina Militare italiana.
Ma lo scenario egiziano non è
meno preoccupante. I trafficanti forniscono più “servizi” rispet-
to a quelli libici: imbarcazioni in
partenza, scafisti (soprattutto
egiziani ndr) e consentono che il
pagamento della traversata sia
saldato dopo l’arrivo in Italia, anche attraverso “prestazioni lavorative”. Ed è dalle coste egiziane
che arriva la maggioranza dei siriani. «Quelli giunti in Italia via
mare, nel 2013, sono stati oltre
11 mila, al primo posto fra i migranti in Italia».
Ma l’emigrazione dalle coste
nord africane verso il nostro Paese è quella più evidente. Ci sono
altre centinaia e centinaia di migliaia di disperati che arrivano
dall’area anatolico-balcanica da
sempre collettore dei flussi migratori di Palestina, Iran, Iraq,
Turchia, Siria, Afghanistan,
I gruppi para-militari
libici, le “Katibe”, danno
il via libera ai mercanti
di uomini
L’operazione “Mare
Nostrum” ha fatto
abbassare i costi
dei viaggi
Militare dell’operazione Mare
Nostrum, che da mesi battono in
lungo e in largo il mare tra le coste nord africane e quelle italiane. Un sos che gli 007 italiani
hanno girato alla Presidenza del
Consiglio, con un’analisi drammatica di quello che in queste
ore sta accadendo nei paesi centroafricani e, soprattutto, in Libia l’ultimo terminale delle migliaia di disperati che fuggono
dai loro paesi d’origine per guerre e fame. Attualmente, secondo
le informazioni raccolte sul posto dall’Aisi e dall’Aise (i nostri
servizi interni ed esteri) oltre
cinquecento “Katibe”, bande paramilitari armate fino ai denti,
con la complicità di poliziotti e
della guardia costiera libica corrotti, gestiscono il grande business dell’immigrazione clande-
Pakistan, Bangladesh, India, Sri
Lanka. E poi quella più “silenziosa”, la migrazione asiatica, che si
avvale di canali diversificati, in
tratte aeree, terresti e via mare.
Le organizzazioni che le gestiscono sono abilissime nel procacciamento di documenti falsi,
di viaggio e di lavoro. Secondo il
dossier dei nostri 007 l’organizzazione delle reti afghano-pakistane «ha mostrato di sapere
adulterare anche i più moderni
tipi di passaporti di Paesi europei». Flussi migratori che presentano rischi sanitari: i migranti africani hanno un alto tasso di
malattie, polmonari ed epatiti,
che sfuggono a ogni forma di prevenzione e cura mantenendo
elevato il rischio della diffusione
delle patologie.
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CRONACA
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PER SAPERNE DI PIÙ
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L’università nel caos
Il Tar del Lazio piccona le graduatorie dei test nazionali di abilitazione
Così i giudici sventano un’altra parentopoli
E adesso il mondo della ricerca
chiede al ministero: difendiamo il merito
Aspiranti prof
pioggia di sentenze
contro i baroni
FOTO: SIANO
GIOVANNI VALENTINI
LE TAPPE
LE PROVE
Nei mesi scorsi
si sono svolte
in tutta Italia
le prove
per l’abilitazione
nazionale
all’insegnamento
nelle università:
24.115 gli abilitati
I CRITERI CAMBIATI
A prove effettuate,
le commissioni
cambiano i criteri
di valutazione,
introducendo
parametri che
vanno a svantaggio
dei candidati con
i curricula migliori
I PROVVEDIMENTI
Il Tar del Lazio
sta ribaltando
le graduatorie
decidendo
a favore
dei candidati
penalizzati
dalle valutazioni
ROMA. Fioccano le sospensioni e
gli annullamenti del Tribunale
amministrativo del Lazio, competente per gli atti dell’amministrazione statale su tutto il territorio nazionale, dopo la pioggia
di ricorsi contro l’esito dell’Abilitazione scientifica (non didattica) per i professori universitari.
In diversi i casi, i giudici del Tar
hanno stabilito anche che le commissioni esaminatrici devono essere interamente ricostituite
per emettere un nuovo verdetto
entro 60 giorni. Un terremoto insomma - per l’Università italiana, già minata dalle sue croniche carenze e disfunzioni.
All’origine della vertenza c’è
la controversa introduzione ex
post dei parametri di “sottosettorialità” che hanno ribaltato le
graduatorie originarie, compilate secondo i criteri oggettivi e
meritocratici previsti dalla riforma ministeriale. Con questo sistema, molti aspiranti che in ba-
zi individuali di non idoneità
«non sembrano raggiungere un
adeguato grado di sintesi nel giudizio finale complessivo». Analogamente è stato accolto il ricorso
di Tessa Canella, per Scienze del
libro e del documento e Scienze
storico-religiose. Il Tar ha riconosciuto un «sufficiente fumus boni iuris in ordine alla incongruità
del giudizio della Commissione
rispetto a quello positivo reso
dall’esperto nominato dalla medesima commissione». Nello
stesso settore, è stato annullato
il giudizio negativo su Francesco
Mores: qui il fumus attiene «allo
specifico profilo di conoscenza
dell’esperto chiamato a esprimere il parere pro veritate nei
confronti del candidato e della
congruenza delle sue pubblicazioni».
Ancora più paradossale il caso
di Stefano Benussi che aveva
presentato domanda per diventare professore di seconda fascia
per la Chirurgia cardio-toracovascolare. Il verdetto della Commissione è stato ritenuto incongruo «rispetto al numero delle
pubblicazioni del candidato»,
considerando anche il fatto che il
giudizio individuale dei singoli
commissari era risultato positivo a maggioranza dei 3/5.
Particolarmente significativo
il documento di protesta inviato
al ministro dagli archeologi dell’Accademia dei Lincei, tra cui
Ermanno Arslan, Salvatore Settis e Fausto Zevi. Oltre a contestare «la scelta della Commissione di abilitare un numero spropositato di candidati» (69 su 160
nella prima fascia e 241 su 553
nella seconda), si critica nel merito anche la qualità accademica
dei nuovi professori: «Sono stati
resi idonei candidati, la mediocrità o addirittura l’irrilevanza
della cui produzione – si legge
nel testo - è visibile ictu oculi a
chiunque».
In polemica poi con Andrea
Ferretti, primario di Ortopedia
all’ospedale Sant’Andrea di Roma, e con Repubblica che ne aveva raccolto le dichiarazioni, il
professor Paolo Cherubino ha inviato una lettera al presidente
del Collegio dei professori di prima fascia di Ortopedia e Traumatologia, Sandro Giannini, e a
tutti i membri, contestando le
Spesso le commissioni
hanno liquidato
esperti di vaglia
con giudizi sommari
Gli archeologi
dei Lincei denunciano:
promossi candidati
la cui mediocrità è palese
se alle loro pubblicazioni vantavano titoli scientifici specialistici, studiosi già noti e apprezzati
nelle rispettive discipline, sono
stati scavalcati da concorrenti
con un curriculum più generico e
meno qualificato. E spesso, a favore di figli o allievi dei potenti
“baroni” universitari.
Ma ora le ordinanze del Tar,
come in una reazione a catena,
stanno praticamente azzerando
la situazione in vari campi accademici. Il Tribunale amministrativo del Lazio ha accolto, per
esempio, il ricorso di Greta Tellarini che aveva presentato domanda per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario
di prima fascia nel settore del Diritto commerciale della navigazione: la sua preparazione era
stata sommariamente liquidata
da uno dei componenti come «accettabile», in senso spregiativo e
in modo difforme dalle direttive
ministeriali. E perciò è stata disposta la costituzione di una nuova commissione esaminatrice.
Lo stesso Tar ha dato ragione
a Marco Gentile che aspirava a
diventare professore di seconda
fascia per Storia medievale: in
questo caso, secondo la magistratura amministrativa, i giudi-
critiche alla procedura di abilitazione. Ma Ferretti ha subito replicato, ribadendo le sue valutazioni e le sue riserve sui «criteri
settoriali aggiuntivi» che hanno
trovato riscontro ora nelle pronunce del Tar.
Sulla stessa linea, in una lunga
lettera inviata a Repubblica e intitolata L’Università svilita, interviene un altro autorevole cattedratico come Davide Messinetti, già professore ordinario di
Diritto civile all’Università di Firenze. A suo giudizio, i risultati di
questa prima tornata della procedura per l’abilitazione nazionale «appaiono in quasi tutti i
settori scientifici e disciplinari a
dir poco sconcertanti». E per
quanto riguarda il Diritto privato, lui stesso li definisce anche
«vergognosi», riferendo un’opinione pressoché unanime dei
suo colleghi. «Auspico – conclude Messinetti - che il nuovo ministro della Università voglia prendere iniziative concrete e urgenti contro questa orrenda visione,
annullando in autotutela gli atti
del concorso e rimuovere l’operatività di questa commissione
che si è resa responsabile di tanto scempio».
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la Repubblica VENERDI 4 APRILE 2014
CRONACA
23
PER SAPERNE DI PIU’
www.giustizia-amministrativa.it
www.anafe.it
Il caso
Il Tar salva la sigaretta elettronica
ROMA. Niente “maxi tassa” sulle sigarette
elettroniche. Con un’ordinanza depositata
ieri il Tar del Lazio ha sospeso i due decreti del
ministero dell’Economia e la circolare dei
Monopoli che introducevano dal 1 gennaio le
procedure di autorizzazione per la
commercializzazione e,
soprattutto, l’imposta di
LA consumo del 58,5 per cento
SEN sulla vendita di e-cig e dei
accessori quali
TEN prodotti
carica-batterie o custodie.
ZA Non solo. Il tribunale
amministrativo ha anche
sollevato la questione di legittimità
costituzionale del Decreto Legge “Iva e
lavoro” approvato dal governo Letta la scorsa
estate. «Detta normativa — si legge
nell’ordinanza — presenta profili di
irragionevolezza. Non si può escludere che le
società che hanno fatto ricorso possano
subire un tracollo economico».
È stata accolta, dunque, l’istanza di quattro
aziende produttrici che aderiscono ad AnafeConfindustria: già avevano ottenuto una
prima sospensiva il 27 gennaio, che aveva
costretto il governo a licenziare un nuovo
decreto il 12 febbraio. Anche quello però
bocciato con la decisione di ieri del Tar laziale.
«Vittoria totale — dice Fabio Francario,
avvocato della difesa — il Tar consente alle
imprese che hanno investito in Italia in un
periodo di crisi di continuare a lavorare,
conservando i posti di lavoro dell’intera
filiera produttiva». Ora la palla torna al
governo, che potrebbe rimettere mano alla
materia con la delega fiscale. «La e-cig resta
prodotto controverso — sostiene Risso,
presidente della Federazione italiana
tabaccai — il governo non potrà non tenere
conto del fatto che le sigarette tradizionali
subiscono una tassazione del 74 per cento, le
elettroniche solo del 22 per cento».
(fa.to.)
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Ma i negozi chiudono
il boom della svapata
è diventato un flop
I NUMERI
1,6 mln
“SVAPATORI”
Tanti sono in Italia i
fumatori di sigarette
elettroniche
4.500
NEGOZI
Tanti erano i punti
vendita nel 2012 (ma
2.000 hanno chiuso)
117 mln
EURO
Era l’incasso previsto
dallo Stato per la
tassazione sulle e-cig
ROMA. Mettiamola così, il Tar del Lazio ha
soffiato un po’ di ossigeno nella bolla della sigaretta elettronica. Che però continua a
sgonfiarsi, e nemmeno tanto lentamente.
Sono i numeri a dirlo, prima ancora dei decreti del ministero dell’Economia, delle circolari dei Monopoli di Stato, della comunità
scientifica che non ha espresso un giudizio
univoco sulla svapata. Tra dicembre e gennaio, a cavallo dell’introduzione della “maxi-
L’INCHIESTA
FABIO TONACCI
tassa”, un negozio su tre ha chiuso i battenti, dei 4.500 punti vendita spuntati come
funghi sull’onda dell’entusiasmo di due anni fa, ne sono rimasti appena 2.500.
«Con quella assurda imposta al consumo
fissata dal governo Letta al 58,5 per cento —
dice nel giorno della “vittoria” al Tar del Lazio l’Anafe-Confindustria, l’associazione
che rappresenta il 95 per cento degli operatori — entro giugno sarebbero spariti tutti i
negozi, perché tenerli aperti diventava impossibile». Risultato che si porterebbe dietro
un paio di conseguenze di non poco conto. I
6mila addetti del settore finirebbero per
strada e gli appassionati sarebbero costretti
a frugare sul web per trovare ricariche e liquidi aromatici.
58,5%
LA TASSA
Per il Tar del Lazio
l’imposta di consumo
del 58,5% sulla
vendita di e-cigarette
“è incostituzionale”
Una qualche ragione, le 1700 imprese italiane che hanno creduto al business, ce l’hanno. A dimostrarlo c’è l’ordinanza del Tar, che
definisce «irragionevole» il decreto Iva e Lavoro nella parte in cui tassa con la medesima
aliquota sia la e-cig sia gli accessori. Il caricabatterie e gli astucci, per intendersi. Un recente studio della Luiss-Cesme ha calcolato
che, per sopportare quel 58,5 per cento di imposta e mantenere i margini di guadagno attuali, i prezzi dovranno aumentare del 250
per cento. Rialzo che mortificherebbe qualsiasi domanda, riducendola al lumicino. E finora i prezzi delle ricariche, intorno ai 15 euro per 20 millilitri, non sono aumentati solo
perché i commercianti hanno venduto le
scorte di magazzino incamerate prima del 1
gennaio.
Resta però la sensazione che il grande entusiasmo dei primi tempi sia scemato. Nel
2012 un milione e seicentomila italiani scelsero di tradire le bionde per le svapate. «Non
fanno male come il tabacco», si diceva, «si
possono utilizzare dovunque, anche al cinema», si sperava. Mantra ripetuti sotto lo
sguardo degli scettici, in ufficio e nei locali
pubblici. Poi però le certezze dei “nuovi” fumatori hanno lasciato il passo ai dubbi. Mentre il pm Raffaele Guariniello di Torino apriva un’inchiesta per «la presenza di piombo,
cadmio, cromo e arsenico» rilevata nei liquidi, era il giugno 2013, il governo pasticciava
con le norme, prima vietando le e-cig nelle
scuole, poi liberalizzandole, non si è mai capito fino a che punto. Tutto ciò non ha aiutato la moda della svapata, se di moda si tratta.
Ancora a fine anno lo Stato, con slancio di
ottimismo, prevedeva nel 2014 di recuperare alle casse dell’Erario 117 milioni di euro
con la “maxi tassa”. Al momento, tra sospensive del Tar, resistenza degli operatori
e contrazione del mercato, sono entrati zero
euro.
«La colpa del calo è della lobby del tabac-
co», sostiene Franco Spicciariello di Open
Gate Italia, società di comunicazione a cui la
Anafe ha affidato la battaglia davanti al Tar.
«Invece di inglobare il nuovo prodotto, la Federtabacco ha cercato fin da subito di distruggerlo». E di nuovo si torna a parlare della manifestazione anti-svapata organizzata
a Roma dalla Fit un anno fa, degli interventi
sul palco di Ugo Sposetti, tesoriere del Pd che
denunciò di aver ricevuto 37mila euro dai tabaccai, del lavoro dell’allora sottosegretario
Alberto Giorgetti, padre della normativa.
«Sono stato vittima di un attacco personale
con minacce su Facebook — ricorda — tutto
per aver previsto un’imposta che loro si rifiutano di pagare». E che non pagheranno,
almeno fino a quando non si pronuncerà la
Consulta, o il governo cambierà qualcosa,
magari già con la delega fiscale. Sempre che,
per quel giorno, la bolla non sia scoppiata del
tutto.
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ABRUZZO
Discarica dei veleni: “Inquinata anche la filiera alimentare”
GIUSEPPE CAPORALE
PESCARA. «Si ravvisa un pericolo concreto per la salute umana
rispetto al rischio di ingestione
di mercurio, veicolato tramite
suolo, sedimenti ed acque superficiali nella filiera alimentare». Contiene una frase shock la
relazione dell’Istituto superiore di sanità (Iss) che è gli atti
dell’inchiesta sull’ex polo chimico di Bussi divenuta la discarica più grande d’Europa.
Secondo il rapporto richiesto
dall’Avvocatura dello Stato e
depositato lo scorso gennaio in
Corte d’Assise a Chieti al processo contro 19 dirigenti della
Ex Montedison Ausiliare (Ausi-
mont) accusati di avvelenamento delle acque e disastro
colposo, a essere contaminata
non è stata solo l’acqua destinata a 700 mila persone, ma anche la filiera alimentare. «I valori medi riscontrati sui vegetali raccolti nell’intorno del sito di
Bussi, nel caso dei germogli di
grano, sono circa 292-561 volte
superiori ai livelli di concentrazione di piombo rinvenibili nell’alimento e nei semi 158-225
volte superiori», è scritto nel
rapporto che si riferisce ad analisi su pozzi inquinati poi chiusi
nel 2007 pochi mesi dopo il sequestro della discarica da parte
della Forestale di Pescara. «Valori medio alti di mercurio furo-
no rintracciati nei
prodotti alimentari
vegetali già nel 1981
e nel 1972 fu trovato
mercurio nei pesci e
nei capelli dei pescatori».
«È tutto il medio
Adriatico ad aver
problemi col mercurio — spiega il proPERICOLO MERCURIO
La discarica di Bussi fessor Michele Amorena, farmacologo e
(Pescara): il rischio
tossicologo alla faora è il mercurio
coltà di Veterinaria
dell’Università di Teramo che
con un suo studio nel 2006 ha
confermato l’elevata concentrazione di mercurio nei capelli
dei pescatori — quindi l’ipotesi
è che da anni sia il fiume Pescara a immetterlo, visto che riceve le acque contaminate di Bussi. E nei fanghi del dragaggio
del porto sono stati rinvenuti ingenti quantitativi di mercurio.
Ma bisogna chiarire che non c’è
un pericolo per la salute immediato, solo un aumento dei rischi specie per i feti. A essere
contaminati sono quelle specie
di pesci che hanno vita più lunga cioè i pesci grossi che entrano nella catena alimentare».
Intanto il governatore dell’Abruzzo Gianni Chiodi ha inviato una lettera al ministro
della Salute Lorenzin per chiedere una valutazione dei danni
alla salute sugli abitanti di Bus-
si. Ieri i “movimenti per l’acqua
del Forum Abruzzo” hanno tenuto un sit-in davanti all’assessorato alla Sanità della Regione
Abruzzo per chiedere lo “StopBiocidio” e l’avvio immediato
dell’indagine epidemiologica,
l’avvio di screening sanitari su
lavoratori e popolazione, oltre
che realizzazione di un monitoraggio ambientale e degli alimenti su vasta scala. «Serve la
trasparenza dei dati», tuona
Augusto De Sanctis in prima linea con il consigliere regionale
Maurizio Acerbo nella battaglia “contro la discarica di Bussi
e il partito dell’acqua”.
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
ATTUALITÀ
25
PER SAPERNE DI PIÙ
www.bbc.co.uk
www.theguardian.com
La fotografia
Ponti e grattacieli spariti in una nube, come non accadeva da decenni
È l’effetto della polvere arrivata dal Sahara e dell’inquinamento della città
MI SEMBRA
DI TORNARE
AGLI ANNI
CINQUANTA
JOHN LLOYD
O SMOG nel XX secolo caratterizzò Londra: il carbone usato per riscaldarsi, le fabbriche alimentate a carbone, le centrali elettriche a carbone eruttavano giorno e notte fumo (smoke) ricco
di biossido di carbonio non trattato che, combinandosi con
l’onnipresente nebbia londinese (fog), formava appunto un
tutt’uno (SMoke e fOG =
smog). Evocava l’immagine
della miseria, e di qualcosa di
peggio. Lo smog aveva un suo
aspetto comico: andando e tornando dal lavoro ci si scontrava
con altre persone. Ma, più che
altro, quella fuliggine aveva un
suo lato tragico, dato che i londinesi morivano prima del dovuto di malattie respiratorie
che essa aveva determinato nei
loro polmoni o quanto meno
molto aggravato.
Si può dire che lo smog è stato quasi un simbolo della Gran
Bretagna negli anni Cinquanta.
Ho trascorso l’infanzia in un villaggio di pescatori sulla costa
orientale della Scozia, dove l’aria era pura e soffiava il vento, e
a stento avrei potuto immaginare come fosse Londra. Ma
mio zio, che lavorava in banca
in centro, spesso veniva a far visita a mia madre e ci raccontava gli orrori visti e vissuti a Londra all’inizio degli anni Cinquanta. Ci diceva che doveva
indossare una mascherina attraversando la strada, che lo
smog riusciva a passare sotto le
porte e dalle finestre e rivestiva
tutto e tutti di una sporca patina grigia.
Mi sono trasferito a vivere e
lavorare a Londra negli anni
Settanta. La città si stava ancora ripulendo, e molti edifici,
compreso il Palazzo reale e il
Parlamento, apparivano molto
scoloriti. Oggi lo smog non c’è
più. Lo smog è comparso a Los
Angeles, dove i fumi di scappamento di centinaia di migliaia
di automobili formano una nebbiolina che è sicuramente meno densa di quella londinese degli anni Cinquanta, ma non per
questo meno letale. Questi ultimi giorni hanno rievocato il ricordo di quei tempi, ma per le
persone più anziane che ricordano quei tempi lo smog di oggi
è solo un pallido ricordo di quello di allora.
Traduzione di Anna Bissanti
L
FOTO:LAPRESSE
L’ALLERTA
Il Tower Bridge
e i grattacieli di Londra
avvolti in una nube:
è allarme smog
Sabbia e smog
Londra ripiomba
nel “suo” fumo
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA.
scomparsa la città. Non si vede più
lo Shard, e dire che il grattacielo disegnato da Renzo Piano sul Tamigi
è il più alto d’Europa. Diventano
spettri i ponti sul fiume. Resta visibile solo
il cupolone della cattedrale di St.Paul. La
colpa, a dar retta al primo ministro, è soprattutto della polverina giallastra che ricopre il tetto delle auto parcheggiate sotto
casa: sabbia del Sahara, trasportata fino a
Londra dal vento. «È piuttosto fastidioso»,
ammette David Cameron davanti alle telecamere della Bbc. «Io stesso ho rinunciato alla mia corsetta mattutina. Ma è un fenomeno naturale, non c’è niente da fare».
Qualcosa da fare in realtà ci sarebbe, se-
È
condo gli esperti e l’armata di londinesi
inesperti di questioni atmosferiche ma
ugualmente preoccupati che hanno subissato l’emittente pubblica di tweet e mail di
protesta contro le parole del leader conservatore. «Mi sembra di avere qualcuno
seduto sul petto», scrive Michael. «Faccio
fatica a respirare», si lamenta Joanna.
«Mio figlio ha tossito tutta la notte», dichiara perfino Nick Clegg, vice-premier liberaldemocratico e partner di governo di
Cameron. George Monbiot, autore di saggi sull’ambiente e columnist del Guardian, confessa: «Mi sono svegliato con la
gola in fiamme, mi occupo di inquinamento da una vita, ma è la prima volta che ne
sento le conseguenze dirette». Le chiamate alle ambulanze per problemi respiratori sono aumentate del 15 per cento. Il sindaco Boris Johnson ha ordinato di chiude-
re le scuole e di restare in casa, specie se si
è anziani e malati. Il livello di contaminazione atmosferica ha raggiunto quota 10,
«very high»: il massimo.
Opinioni qualificate spiegano che la
nebbia calata da due giorni su Londra è la
combinazione di vari fattori: la sabbia volata fin qui dal Sahara, certo; una massa di
alta pressione che blocca i venti dell’Atlantico, solitamente in grado di fare pulizia dell’aria; e lo smog. Da dove viene quest’ultimo? In parte dalle fabbriche del continente, sostengono gli inglesi, propensi a
dare la responsabilità di tutti i loro guai all’Europa: pure quelli meteorologici. Ma anche, sono costretti ad ammettere, lo smog
viene dai gas di scarico di stabilimenti e
veicoli da questa parte della Manica: basti
pensare che il 50 per cento delle auto immatricolate nel Regno Unito nell’ultimo
anno sono diesel. Sono i tre elementi di una
“tempesta perfetta”, riassume la Bbc, che
ha ripristinato sulla capitale il vecchio “fumo di Londra” dei romanzi di Sherlock Holmes e di Jack lo Squartatore.
È niente rispetto al Grande Smog del
1952, quando sulla città calò una coltre di
nebbia così fitta che la gente doveva camminare lungo i muri per non perdersi: la
caligine entrò perfino nei teatri, al punto
da fare interrompere gli spettacoli perché non si vedeva dalla platea al palcoscenico. Quel che è peggio, ci furono 4 mila morti in una settimana, spingendo il
governo a introdurre il Clean Air Act: via
le ciminiere dal centro, basta riscaldamento a carbone nelle case. Adesso, affinché riappaia Londra, basterà aspettare che la brezza atlantica riprenda a spazzare il cielo. In direzione opposta alla sabbia del deserto, si spera.
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Economia
LUCA PAGNI
Mediaset vende
parte delle torri
Arrivano i soldi
per trasmettere
la Champions
Nuovo modello per finanziarsi
A dicembre messo sul mercato
il 5,61 percento di Mediolanum
MILANO. Vendono per scendere di
quota e attirare nuovi investitori.
Perché passare dal 65 al 40%
potrebbe rendere la società più
contendibile e quindi più
appetibile per i fondi
internazionali. Ma la ragione
principale per cui Mediaset,
attraverso la controllata
Elettronica Industriale, ha deciso
di mettere sul mercato il 25% di
EiTowers, la società che gestisce i
ripetitori tv e di telefonia mobile,
è un’altra. E nulla ha a che fare
con una governance migliore. La
cessione di un quarto del capitale
porterà in cassa 300 milioni: i
quali, in parte serviranno per
nuove acquisizioni, ma
soprattutto sono manna per
Mediaset che si è appena esposta
con una offerta onerosa per
conquistare i diritti dei prossimi
anni della Champions League.
Per vendere ai suoi abbonati le
partite di quella che sta
diventando sempre più la Serie A
del calcio d’Europa, Cologno
Monzese dovrà sborsare poco più
di 700 milioni per le edizioni del
▲
FTSE MIB +1.38% ▲ DOW JONES -0,00%
IL PUNTO
CONTATTI
SEGRETERIA_ECONOMIA@REPUBBLICA.IT
WWW.REPUBBLICA.IT
FINANZA&MERCATI
EURO DOLLARO 1,3771
▲
26
PETROLIO BRENT 106,15 $ AL BARILE ▲ TASSI ITALIANI A 10 ANNI 3,25%
▲
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
Casa, crollo dei prezzi
nel 2013 giù del 5,6%
e la caduta non si ferma
L’Istat: in un anno calo più che raddoppiato
Nomisma e Scenari Immobiliari: ripresa nei contratti
ROMA. Al peggio non c’è fine, e per il mercato immobiliare
il 2013 si è rivelato più negativo del 2012. Le stime
preliminari dell’Istat sul quarto trimestre mostrano un
calo congiunturale dell’1,3% dell’indice dei prezzi delle
abitazioni acquistate dalle famiglie, mentre su base
annua la diminuzione è del 4,8%. In media nel 2013 i
prezzi sono scesi del 5,6%, un calo doppio rispetto al meno
2,8% registrato nel 2012. Si riducono soprattutto i prezzi
delle abitazioni esistenti (-7,1%) mentre per le abitazioni
nuove il calo è più contenuto (-2,4%). Se i prezzi calano, il
numero delle compravendite crolla: secondo
l’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle
Entrate nel 2013 la flessione è stata del 9,2% rispetto al
2012. C’è da dire che però nel 2012 era stata del 25,8%,
quindi l’emorragia delle compravendite sta decisamente
rallentando, e anzi, secondo gli analisti, finalmente, per la
prima volta dal 2007, il 2014 potrebbe chiudersi con un
segno più. Solo però sui contratti stipulati, non sui prezzi,
che continueranno a calare. Secondo la Fiaip (la
Federazione degli agenti immobiliari) le compravendite
registreranno una crescita moderata, che potrebbe
arrivare all’1% alla fine di quest’anno. Analoghe le
previsioni di Nomisma. Per Scenari Immobiliari oltre a
LA
STA
TISTI
CA
una lieve ripresa delle compravendite ce ne sarà una
altrettanto modesta del fatturato del settore
immobiliare, che dovrebbe aumentare dello 0,7%
quest’anno, raggiungendo quota 106,85 miliardi di euro
(il 2013 si è chiuso invece con un fatturato di 106,15
miliardi, in calo del 5,9% rispetto all’anno precedente). Di
segnali moderatamente positivi ha parlato qualche
settimana fa anche la Banca d’Italia, che rileva come
«aumentano i nuovi incarichi a vendere e sale lievemente
la quota di operatori che dichiara di aver venduto almeno
un immobile». Tutti gli analisti concordano invece sulla
prosecuzione del calo dei prezzi anche per quest’anno.
Anzi, secondo Nomisma, la riduzione proseguirà con
molta probabilità anche per il 2015. E si tratterà ancora di
cali piuttosto consistenti, che secondo le stime di
Tecnocasa potrebbero arrivare al meno 5% per alcune
città, come Bari e Bologna, mentre alcuni capoluoghi
come Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Torino
potrebbero fermarsi al meno 1% (ma la “forchetta” ha
oscillazioni di due punti percentuali per ogni città, quindi
quel meno 1 potrebbe diventare meno 3).
(r.am.)
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L’ANALISI
ROSARIA AMATO
triennio 2015-2018. Che è poi la
stessa cifra, più o meno, che
Mediaset paga per i diritti del
campionato italiano; segno che a
sostenere i conti di Premium è
sostanzialmente il calcio, mentre
le altre offerte di film e serie tv,
nonostante tutti gli sforzi del
gruppo, non sta dando i risultati
sperati.
Con la cessione del 25% della
società delle torri, il gruppo della
famiglia Berlusconi ha già
coperto una buona metà della
somma. Un modo per finanziarsi
che, del resto, sta prendendo
piede nella galassia Fininvest.
Nel dicembre scorso, la holding
aveva messo sul mercato il 5,61%
di Mediolanum, un pacchetto che
alle quotazioni in Borsa del
periodo aveva portato al
Cavaliere circa 265 milioni.
Prima di allora, per trovare
un’altra operazione di cessione di
quote in partecipate di primo
piano, bisogna risalire all’aprile
2005, quando il collocamento del
16% di Mediaset frutto oltre due
miliardi. Ma erano altri tempi e
Berlusconi era al centro della
scena politica. Ora ci sta ancora,
ma per pagare le imminenti
campagne elettorali e, forse, il
rilancio del Milan, in tempo di
crisi, c’è bisogno di fare cassa.
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ROMA.C’è chi non la compra perché non ha abbastanza soldi: se
anche la banca gli concedesse
un mutuo, non saprebbe come
pagare le rate con uno stipendio
intermittente da precario. C’è
chi non la compra perché aspettava la liquidazione del padre,
che sarebbe dovuto andare in
pensione due anni fa: poi è arrivata la riforma, e la pensione si è
allontanata. C’è chi non la compra perché ha deciso che se ne
andrà: in America, in Germania,
in Danimarca, non importa dove, dove si vive bene. Nel 2006
sono state stipulate 870.000
compravendite. Il 2013 si è chiuso con 403.000. I prezzi sono calati meno, dal 15 al 30%, ma solo
Compravendite
dimezzate dal 2007: oltre
alla crisi, pesano gli stili
di vita “precari” di oggi
perché molti proprietari hanno
preferito non vendere piuttosto
che abbassare il prezzo. A determinare un calo così apocalittico
non è stata solo la crisi, assicura
Giuseppe Roma, direttore generale del Censis: per il mercato immobiliare si è chiuso un ciclo cominciato nel dopoguerra, che
non si riaprirà più. «Dagli anni
‘60 il mercato immobiliare è stato orientato da una famiglia italiana fortemente motivata a investire nella casa. — dice Roma
— Il crollo è arrivato nel 2007, un
anno prima della crisi finanzia-
ria. E quindi a innestarlo non è
stata la crisi: il punto vero è che
sono cambiate le famiglie.
Quando il capofamiglia ha meno
di 40 anni, anche se ci sono due
stipendi, non si può accendere
un mutuo, perché non si saprebbe come pagarlo. Il problema
non è neanche la banca: è la precarietà del lavoro. Inoltre i giovani non vanno più a vivere vicino alla mamma così poi le lasciano i bambini: ci sono 1.200.000
giovani italiani che vivono all’estero. La casa è un fatto di stabilità, e non si può essere stabili se
non si è in grado di programmare la propria vita lavorativa».
Questo, certo, non significa
che il mercato non si riprenderà.
Non torneranno più i volumi di
otto anni fa, ma sicuramente
tornerà il segno più. Sulle previsioni gli analisti sono cautamente ottimisti: «L’unico vero motore del mercato immobiliare è un
buon andamento dell’economia: se non c’è un’attesa positiva, le persone non investono. —
spiega Mario Breglia, presidente dell’istituto di ricerca Scenari
Immobiliari — Se ancora la ripresa non c’è, c’è però una sensazione diffusa che il mercato
abbia svoltato: sono tornati gli
investitori internazionali, che di
solito anticipano di qualche mese il trend. C’è poi un segnale positivo proprio dal settore immobiliare: l’offerta è calata del 20%
a Milano e Roma rispetto al marzo 2013. Ecco perché noi ipotizziamo per quest’anno un au-
mento delle compravendite».
«Un ritorno graduale al clima di
fiducia può sembrare poco, ma è
già tantissimo, dopo anni di
campagne terroristiche sulle
tassazioni sulla casa. Ancora oggi credo che nessun professionista sia in grado di dire al proprietario qual è l’esatto carico fi-
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
I PEGGIORI
IERI
FTSE MIB..........................21992,08
FTSE IT ALL .....................23453,67
FTSE IT STAR..................19852,34
FTSE IT MID ....................30813,77
COMIT .................................1190,61
FUTURE ............................21697
(+1,38%)
(+1,30%)
(+0,14%)
(+0,68%)
(+0,16%)
(+1,37%)
FTSE MIB
Var.%
YOOX .................................................................-2,34
MONCLER.........................................................-1,18
BANCA GENERALI ..........................................-0,93
RCS MEDIAGR R B...........................................-0,85
FERRAGAMO ...................................................-0,55
RENDIMENTO
BTP (10 ANNI) ........................................3,25
SPREAD SUL BUND ...............................165
TITOLI DI STATO
I MIGLIORI
FTSE MIB
Var.%
BCA POP.MILANO ...........................................4,23
INTESA SANPAOLO.........................................3,24
UNICREDIT.........................................................2,81
GENERALI...........................................................2,74
UNIPOLSAI.........................................................2,54
PRINCIPALI TITOLI DEL MERCATO AZIONARIO
TITOLO
A2A.....................................................................0,931
ATLANTIA......................................................19,050
AUTOGRILL......................................................7,640
AZIMUT ..........................................................25,960
BANCA GENERALI.......................................23,520
BANCO POPOLARE.....................................15,600
BCA POP.MILANO..........................................0,740
BUZZI UNICEM.............................................13,440
CAMPARI ..........................................................5,990
CNH INDUSTRIAL...........................................8,320
ENEL...................................................................4,110
ENEL GREEN PW .............................................1,999
ENI....................................................................18,200
EXOR ...............................................................32,490
FERRAGAMO ................................................21,740
FIAT ....................................................................8,615
FINMECCANICA .............................................7,190
GENERALI ......................................................16,880
GTECH ............................................................22,460
INTESA SANPAOLO.......................................2,552
LUXOTTICA ...................................................41,600
MEDIASET ........................................................4,288
PR. RIF €
0,05
0,26
1,73
0,08
-0,93
2,30
4,23
0,75
2,39
0,18
1,93
-0,55
0,17
0,40
-0,55
0,76
0,63
2,74
0,40
3,24
-0,50
0,89
TITOLO
MEDIOBANCA ................................................8,280
MEDIOLANUM................................................7,015
MONCLER......................................................12,530
MONTE PASCHI SI..........................................0,285
PIRELLI & C.....................................................11,320
POP.EMILIA ROMAGNA...............................9,645
PRYSMIAN.....................................................19,140
RCS MEDIAGR R B...........................................0,929
RCS MEDIAGROUP ........................................1,681
SAIPEM...........................................................17,860
SNAM.................................................................4,180
STMICROELECTR............................................6,765
TELECOM IT .....................................................0,852
TENARIS .........................................................16,200
TERNA ...............................................................3,886
TOD'S..............................................................96,300
UBI BANCA.......................................................7,185
UNICREDIT.......................................................6,770
UNIPOLSAI.......................................................2,830
WORLD DUTY FREE ....................................10,390
YOOX ..............................................................24,250
BORSE EUROPEE
PR. RIF €
1,91
0,29
-1,18
2,26
2,12
1,86
-0,85
0,06
1,42
-0,43
-0,22
0,35
1,12
0,10
1,32
2,06
2,81
2,54
0,39
-2,34
PAESE/INDICE
03-04
VAR.%
AMSTERDAM (AEX)....................................405,69
BRUXELLES-BEL 20 ..................................3147,13
FRANCOFORTE (XET DAX) ....................9628,82
FTSE EUROTRACK 100 ............................2711,19
LONDRA (FTSE 100).................................6649,14
MADRID IBEX35 .....................................10584,10
OSLO TOP 25 ................................................510,58
PARIGI (CAC 40) ........................................4449,33
VIENNA (ATX) ............................................2570,71
ZURIGO (SMI).............................................8521,63
-0,11
-0,10
+0,06
+0,17
-0,15
+1,42
-0,19
+0,42
+0,56
+0,16
BORSE INTERNAZIONALI
PAESE/INDICE
03-04
VAR.%
DJ STOXX EURO...........................................327,54
HONG KONG HS.....................................22565,08
JOHANNESBURG...................................43751,80
NEW YORK (S&P 500) ..............................1888,77
NEW YORK (DJ IND.) .............................16572,55
NASDAQ COMP. .......................................4237,74
SINGAPORE ST ..........................................3220,06
SYDNEY (ALL ORDS)................................5415,68
TOKIO (NIKKEI) .......................................15071,88
+0,42
+0,18
-0,15
-0,11
-0,00
-0,91
+0,85
+0,13
+0,84
TELECOMUNICAZIONI
Cellulare senza più confini
la Ue cancella il roaming
Skype e Spotify sempre gratis
ROMA.Dal prossimo anno addio
al roaming in Europa. Il Parlamento dell’Ue ha dato semaforo verde all’abolizione delle tariffe su cui pesano costi aggiuntivi per l’utilizzo del telefono cellulare in un altro paese dell’Unione. La misura entrerà in vigore entro Natale del 2015 e fa
parte del nuovo pacchetto sulle
telecomunicazioni che ha ricevuto il via libera da parte degli
PRIMI SEGNALI
I prezzi delle case
continuano a scendere
anche quest’anno,
ma stanno ripartendo
le compravendite
FOTO: FOTOGRAMMA
scale che c’è su un immobile. —
assicura Mario Condò de Satriano, presidente del centro studi
Fiaip — La forbice tra domanda
e offerta, che nel periodo peggiore della crisi era arrivata al
20%, adesso è tra il 10 e il 15: un
dato che prelude sicuramente a
un lieve aumento delle compra-
vendite, forse nell’ordine
dell’1%». «In questi anni hanno
pesato molto il peggioramento
delle prospettive delle famiglie
e le erogazioni basse da parte
delle banche. — dice Luca Dondi, analista di Nomisma — Adesso da parte degli istituti di credito c’è un atteggiamento meno ri-
Segnali di speranza: il
ritorno dei fondi stranieri
e banche più disponibili
nel concedere i mutui
IL CENSIS
UN CICLO CONCLUSO
L’immobiliare non sconta solo la
crisi, spiega il direttore del Censis
Giuseppe Roma: “Un tempo le
famiglie investivano tutto nel
mattone, ora i precari non
possono pagare un mutuo, e
molti giovani vanno a vivere
all’estero. Manca la stabilità”
gido, le banche stanno anche dismettendo una parte degli attivi a garanzia dei crediti in sofferenza. È in atto una lenta ripresa
delle erogazioni di mutui: attualmente siamo a 22 miliardi
l’anno, ma in due anni dovremmo ritornare a 30. Certo, rimaniamo lontani dai 63 miliardi di
erogato del 2006, ma erano anni
drogati dal boom. Quella che sta
per iniziare è una ripresa molto
lenta, graduale e fragile, perché
bisogna capire in che contesto
economico si svilupperà».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
eurodeputati. La relazione è
stata approvata con 534 voti a
favore, 25 contrari e 58 astensioni.
Nel testo è prevista però la
possibilità che nel caso di “uso
abusivo” dei servizi di roaming,
possano essere imposti, ma solo in questi particolari casi, dei
costi ridotti. Il Parlamento Ue
ha anche chiesto ulteriori norme per evitare che i fornitori di
Via libera del Parlamento
europeo: entro dicembre
2015 in vigore le nuove
tariffe più leggere
VALUTE
CORONA DK ...................................................7,4648
CORONA N......................................................8,2300
CORONA S.......................................................8,9554
DOLLARO AUS...............................................1,4912
DOLLARO CDN ..............................................1,5172
DOLLARO USA...............................................1,3771
FRANCO CH ....................................................1,2209
STERLINA UK ..................................................0,8297
YEN J ............................................................143,1200
ORO E MONETE AUREE
03 APRILE
ORO MILANO (EURO/GR.)
ORO LONDRA (USD/ONCIA)
ARGENTO MILANO (EURO/KG.)
PLATINO MILANO (EURO/GR.)
PALLADIO MILANO (EURO/GR.)
03 APRILE
STERLINA (V.C)
STERLINA (N.C)
STERLINA (POST.74)
KRUGERRAND
MARENGO ITALIANO
-0,004
+0,183
+0,567
+0,047
-0,125
-0,174
+0,156
+0,205
+0,063
MATTINO
SERA
30,38
30,40
1.287,25
1.284,00
485,24
35,14
19,28
DENARO LETTERA
209,05
247,33
216,05
254,28
216,05
254,28
926,85
1.022,22
172,04
196,31
accesso a internet promuovano
alcuni servizi a scapito di altri,
come ad esempio, i programmi
per telefonare gratuitamente
attraverso la rete. Questi fornitori, secondo il testo approvato,
sarebbero ancora in grado di offrire servizi specializzati di qualità superiore, come i video on
demand e le applicazioni per
l’archiviazione dati, a condizione che questi non siano forniti a
«discapito della disponibilità o
della qualità dei servizi di accesso ad internet offerti a altre
società o servizi». In questa ottica si intende procedere verso un
«accesso a internet che si sposi
col principio di neutralità della
rete» e che garantisce anche l’utilizzo di Skype e di Spotify, ad
esempio, sempre in maniera
trasparente e, soprattutto, gratuita. Ora la parola passa agli
Stati membri che proseguiranno l’esame del regolamento.
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
32
Lettere
Commenti
&Idee
Schiaffoni poco misericordiosi
entile dottor Augias, torno a scriverle dopo i fatti sgradevoli
accaduti a seguito della mia lettera pubblicata il 27 marzo scorso
con il titolo “Il paradiso della Chiesa e l'inferno di chi soffre” . Le
avevo chiesto, e lei ha accondisceso, di non pubblicare il mio nome data
la delicatezza dell’argomento. La lettera è così uscita con la dicitura
“Lettera firmata”. Innanzitutto, la ringrazio per avere dato spazio al mio
sfogo. Le sarò sempre grata per avermi dato la possibilità di denunciare
l'accaduto. Purtroppo sono venuta a sapere che, sul quotidiano Avvenire
e su qualche sito cattolico, lei è stato accusato di essersi inventato la
lettera e di aver pubblicato un falso. Ho inviato una smentita
all'Avvenire di cui le accludo copia. Per qualsiasi testimonianza, sono a
sua disposizione, e l’autorizzo questa volta a pubblicare la mia firma. La
ringrazio di tutto e le rinnovo la mia stima. Mi dispiace per i disagi che le
ho causato.
ingrazio la signora Pappalardo. Con nobile gesto spontaneo mi scioglie da un vincolo di riservatezza che mi ha attirato le insolenze di alcuni siti oltranzisti cattolici. Si è insinuato o che io
avessi inventato la lettera o che la signora stessa
avesse inventato la storia. Nella sua lettera la signora denunciava il comportamento di un sacerdote
che l’aveva invitata a rinunciare a qualunque rapporto d’amore considerata una sopraggiunta sterilità post-operatoria. Nella risposta ricordavo l’ostilità della Chiesa nei confronti dei rapporti sessuali
non finalizzati alla procreazione, la campagna contro la contraccezione compreso l’uso dei preservativi nei paesi africani devastati dall’Aids. Il quotidiano Avvenire ha ospitato lettere di accusa commenLinda Pappalardo
tandole severamente. In un leale colloquio con il direttore Marco Tarquinio ho chiarito alcune circostanze. Dopo l’arrivo della “liberatoria” posso precisare meglio. Certo che la sterilità di un coniuge non impedisce le nozze ma negare la diffidenza tradizionale della Chiesa quando nel matrimonio manca il “bonum prolis” (sentenze della Sacra Rota) non si può, lo dimostrano anche la campagna contro i ritrovati anticoncezionali, la fatica per diffonderne l’uso, la raccomandazione di affidarsi, al più, alla lotteria del ciclo mestruale. Dal piccolo incidente constato
che il dialogo con alcuni ambienti cattolici resta difficile. Ogni volta che tocco argomenti legati alla Chiesa ricevo lettere di contestazione violenta o di improperi. C’è stato un passato recente in cui questo atteggiamento aggressivo era giustificato dalla linea dettata dall’alto ai vescovi italiani. Oggi che papa Francesco mette la “misericordia” al primo posto nella vita di un cristiano,
forse bisognerebbe cercare di essere un po’ più tolleranti. Non dico offrire l’altra guancia ma almeno non assestare schiaffoni a
vanvera.
G
CORRADO AUGIAS
c.augias@repubblica.it
Lettere:
Via Cristoforo
Colombo, 90
00147 Roma
Fax:
06/49822923
Internet:
rubrica.lettere
@repubblica.it
Mio figlio con il rom
una vera mosca bianca
Romana Cirillo
romanacirillo@libero.it
IN un mondo di intolleranza nei confronti
dei rom, questa volta prevale la “speranza”
della possibile educazione e conseguente
utopica integrazione. In macchina con mio
figlio di 38 anni, ci fermiamo al semaforo e
il lavavetri di turno, rom, insistente e tracotante, si “avventa” sul vetro della nostra
macchina senza sentire ragioni del nostro
rifiuto e della nostra insofferenza. Pulisce,
neppure tanto bene lasciando aloni e schiuma, con aria quasi di sfida. Mi aspettavo, come si vede in molte occasioni, che mio figlio
azionasse il tergicristallo o, al segnale ver-
R
de, partisse senza dare nulla al prepotente.
Con mia grande sorpresa, invece, mio figlio, non solo allunga una moneta al lavavetri, ma gli suggerisce con gran garbo e bel
modo: «Mi raccomando, però, la prossima
volta chiedimi se puoi lavarmi il vetro». Il
giovane rom resta sorpreso, annuisce e sorride. Sono rimasta annichilita, felice di aver
generato una tale mosca bianca.
Ma cosa c’entra la geografia
con la scienza e l’italiano?
Riccardo Canesi
r.canesi@tin.it
EVIDENTEMENTE per il ministero dell’Istruzione, i docenti specialisti di geografia
economica, cioè quelli abilitati o vincitori
La riforma e le garanzie
ANDREA MANZELLA
“
La nuova
legge
elettorale
crea una
immediata
maggioranza
assoluta alla
Camera
Senza argini la
Costituzione
diventa
zoppa
nella classe di concorso 39/A, sono degli appestati e quindi devono essere, insieme alla materia già ampiamente mutilata nelle
superiori, cancellati. Non sia mai che i giovani italiani abbiano cognizione dei problemi di un mondo sempre più globalizzato.
Non si spiegherebbe altrimenti per quale
ragione, secondo la nota ministeriale 3119
dello scorso 1° aprile (purtroppo non è uno
scherzo!), le ore eccedenti di geografia economica nelle superiori vengano assegnate,
anziché agli abilitati della materia, ai docenti di scienze e di italiano che con la materia non c’entrano nulla. Così si danneggiano dei lavoratori specialisti nella loro
materia ma soprattutto gli studenti, vanificando il loro sacrosanto diritto a un’offerta
formativa di qualità. Non è una buona partenza per un ministro dell’Istruzione che
peraltro è anche una insegnante come me.
è se questo vitalismo possa essere intercettato politicamente attraverso la duplicazione di una rappresentanza regionale che ha
mostrato tutti i suoi limiti. È una scommessa in controtendenza rispetto al divieto di cumulo dei mandati.
La scelta del governo all’interno della organizzazione regionale, si può spiegare con
l’ansia di prevenire i sempre più frequenti
conflitti di competenza Stato-regione. Sotto
il profilo della garanzia, poi, anche con un Senato così “derivato” è discutibile che, secondo la proposta governativa, non ci sia tutela
di immunità personali contro detenzioni e
intercettazioni. Ma è ancora più preoccupante che i senatori regionali — pur appro-
ATA la fragilità delle cose italiane, le opposte tensioni sono sempre vive. Avviene anche per la riforma del Senato. C’è la posizione di chi dice che non se ne deve fare nulla perché l’attuale Parlamento sarebbe ormai delegittimato a fare e a durare. E c’è
la posizione di chi dice che la riforma partorita dalla testa del governo si deve accettare a scatola chiusa: perché ogni obiezione significa sabotaggio o conservazione contro
il “nuovo che avanza (di corsa)”. Sono due posizioni insostenibili.
Che questo Parlamento, benché eletto con legge viziata, possa continuare a lavorare sino
a nuove elezioni è stato definitivamente affermato dalla Corte costituzionale. Ma anche la
contraria posizione del “tutto e subito” è infondata.
La riforma del Senato è necessaria e popolarmente sentita per un punto fisso che convince tutti. È oramai insopportabile per il Paese il rischio di una paralisi politica a causa di maggioranze diverse nelle due Camere.
Ma bisogna tener conto che nell’architettura della Costituzione il Senato non è solo
una istituzione politica, è anche — e soprattutto — un istituto di garanzia. Ancora più
MICHELE SERRA
indispensabile oggi che la nuova legge elettorale crea una immediata maggioranza assoluta alla Camera. E con un assolutismo parlamentare senza argini, la Costituzione diENZI dice “o si fanno le riforme o me ne vado a casa”. Grillo dice “o vinciamo
venta zoppa.
le europee o me ne vado a casa”. È apprezzabile la tensione agonistica, ma
Sotto il profilo politico, l’essenziale ragiopreoccupa e un pochino disturba l’ossessione di primato. Si sente la manne di una seconda Camera è l’integrazione
canza
di
qualcuno che accetti di arrivare secondo, o terzo, o anche sedicesimo, e
della funzione di rappresentanza generale,
svolta dalla prima assemblea. Nel disegno stia sereno lo stesso, e continui a fare per benino le sue cose anche perché così è
del governo, questa integrazione dovrebbe fatta la politica e così la democrazia (così anche la vita, tra l’altro): un concerto di
essere svolta da un doppione di rappresen- persone che qualche volta vincono, qualche volta perdono, ma non per questo se
tanze territoriali, in un circuito chiuso in se
ne vanno sbattendo la porta. Se tutti vogliono essere il Maschio Alfa, chi farà il Bestesso. Ma già nella lontana (non solo nel
tempo) Assemblea Costituente si guardava ta, il Gamma, il Delta? E se tutti Alfa, tutti il meglio fico del bigoncio, tutti sottoalla “base regionale” non come organizza- mettitori degli altri e nessuno sottomesso, come evitare il bagno di sangue?
zione istituzionale ma come luogo di riferi- Signor Matteo, signor Beppe, non ve ne andate. Anche doveste — per disgrazia —
mento del profondo pluralismo sociale ita- abortire qualche riforma, o perdere le elezioni europee e subito dopo quelle monliano. Oggi la situazione è ancora più complicata. Non a caso le nuove forme-partito diali, restate a giocare con gli altri bambini. Vi facciamo fare il Capo, promesso. A
che sono verticistiche e personalistiche a li- turno. Mentre uno comanda, l’altro si riposa.
vello centrale, cercano poi, per sopravvive© RIPRODUZIONE RISERVATA
re, di incrociare i movimenti locali. Il dubbio
D
> L’amaca
R
“
Direzione
Ezio Mauro DIRETTORE RESPONSABILE
FONDATORE EUGENIO SCALFARI
VICEDIRETTORI Angelo Aquaro, Gregorio Botta
Dario Cresto-Dina, Massimo Giannini
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VIA CRISTOFORO COLOMBO, 98 - 00147 ROMA
DIRETTORE GENERALE: Corrado Corradi
VICEDIRETTORE: Giorgio Martelli
Nel Lazio solo cinque scuole
hanno voluto i nostri corsi
Bruno Dominici
Salvamento Academy
SONO un medico istruttore di corsi di Basic
life support defibrillation (Blsd) nei quali
insegno, a sanitari e non come intervenire
in caso di arresto cardiaco e soffocamento
da corpo estraneo. A ottobre, con alcuni colleghi, abbiamo deciso di offrire a tutte le
scuole del Lazio, pubbliche e private, di ogni
ordine e grado (sono quasi 6 mila), degli incontri totalmente gratuiti, destinati al personale e genitori, per illustrare le manovre
di disostruzione in caso di soffocamento. Ad
oggi abbiamo inviato più di duemila fax. Solo 5 scuole hanno risposto. Quando ho ascoltato la mamma del bambino soffocato da un
boccone all’Ikea, sono stato assalito da rabbia e sconforto. Non si parli di tragica fatalità: è l’indifferenza che uccide.
Quella casa a Ravello
non è una villa
Renato Brunetta
capogruppo Fi alla Camera
ALBERTO Statera, nell’articolo pubblicato
mercoledì su Repubblica, in poche righe
scrive due inesattezze. Non è la Fondazione
Ravello di Brunetta ad aver percepito finanziamenti dalla Fondazione Monte dei
Paschi di Siena, ma la Fondazione Ravello
presieduta dal professor Domenico De Masi. Quando Brunetta è diventato presidente (a titolo gratuito) della Fondazione Ravello, la Fondazione Mps aveva già da due
anni smesso di erogare finanziamenti. La
seconda inesattezza: io a Ravello possiedo
una semplice casa, nessuna villa. Se Statera vorrà preferire Ravello a Capri, è gentilmente invitato.
vando leggi costituzionali, pur partecipando a procedure europee e alla elezione del
presidente della Repubblica, pur essendo i
naturali titolari della clausola di salvaguardia dell’unità repubblicana — non rappresentino più la Nazione. Si deve ancora osservare che ogni deficit di garanzia nel funzionamento della Camera dei deputati comporta, di per sé, un deterioramento della capacità garantista del Senato. Ammettere
perciò che la stessa maggioranza assoluta,
già elettoralmente assicurata, possa approvare da sola il regolamento della Camera significa aggravarvi il rischio di assolutismo
penalizzando ancor di più il ruolo del Senato.
Un Senato a cui, per altro si nega il potere di
inchiesta.
Ma l’innovazione che più mette sotto
stress il profilo di garanzia dell’intero sistema parlamentare è certamente la introduzione del “voto bloccato”. La possibilità cioè
del governo di ottenere che un suo disegno
di legge sia posto in votazione, senza modifiche, trascorso il tempo (massimo) di 60
giorni dalla iscrizione all’ordine del giorno.
Chi vince le elezioni ha il diritto di governare senza ostruzionismi aperti o nascosti. Ma
perché vi sia equilibrio costituzionale è necessario allora che una minoranza parlamentare abbia il diritto, prima della promulgazione, di chiedere un rapido giudizio
alla Corte costituzionale sulla legittimità di
quello che la Camera ha approvato. Così avviene dappertutto in Europa e su questo punto non ci possiamo permettere diversità.
Insomma, per quanto radicale possa essere questa riforma, valenza politica e valenza garantista devono andare di pari passo. Non servono opposti estremismi. Occorre discutere di queste cose concrete per rendere accettabile a tutti una riforma necessaria per tutti.
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196): EZIO MAURO REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N. 16064
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La tiratura de “la Repubblica” di giovedì
3 aprile 2014 è stata di 399.937 copie
REDAZIONE CENTRALE ROMA 00147 - VIA CRISTOFORO COLOMBO, 90 - TEL. 06/49821 ■ REDAZIONE MILANO 20139 - VIA NERVESA, 21 - TEL. 02/480981 ■ REDAZIONE TORINO 10123 - VIA BRUNO BUOZZI, 10 - TEL. 011/5169611 ■ REDAZIONE BOLOGNA 40122 - VIALE SILVANI, 2 - TEL. 051/6580111 ■ REDAZIONE FIRENZE 50121 - VIA ALFONSO LAMARMORA, 45 - TEL. 055/506871 ■ REDAZIONE NAPOLI 80121 - RIVIERA DI CHIAIA,
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INTERNA, 40 ■ ROMA ROTOCOLOR SPA - VIA DEL CASAL CAVALLARI, 186/192 ■ SALERNO ARTI GRAFICHE BOCCIA SPA - VIA TIBERIO CLAUDIO FELICE, 7 ■ SASSARI “LA NUOVA SARDEGNA” SPA - ZONA INDUSTRIALE PREDDA NIEDDA NORD STRADA N. 30 S.N.C. ■ GOSSELIES (BELGIO) EUROPRINTER S.A. - AVENUE JEAN MERMOZ ■ NORWOOD (NEW JERSEY) 07648-1318 USA - “GRUPPO EDITORIALE OGGI INC.”, 475 WALNUT
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PUBBLICI O CELLULARI). E-MAIL: ABBONAMENTI@REPUBBLICA.IT ARRETRATI E SERVIZIO CLIENTI: WWW.SERVIZIOCLIENTI.REPUBBLICA.IT, E-MAIL: SERVIZIOCLIENTI@REPUBBLICA.IT, TEL. 199 787 278 (0864.256266 DA TELEFONI PUBBLICI O CELLULARI) GLI ORARI SONO 9-18 DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ, IL COSTO MASSIMO DELLA TELEFONATA DA RETE FISSA È DI 14,26 CENT. AL MINUTO + 6,19 CENT. DI EURO ALLA RISPOSTA, IVA INCLUSA.
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
33
Lettere
Commenti
&Idee
COSENTINO IN CARCERE ORA DICA CIÒ CHE SA
L ruolo della Q8, una delle più importanti compagnie petrolifere al
mondo che emerge dall’inchiesta è
davvero determinante. Giovanni
Cosentino (fratello di Nicola e anche lui
arrestato) dice — secondo quanto
emerge dall’inchiesta — a Gallo, imprenditore concorrente che vuole provare ad aprire un distributore: «La Q8
sono io». Nicola Cosentino non è un criminale qualsiasi. Ha genio economico e
— se le accuse saranno confermate —
ha compreso che non esiste profitto senza mediazione criminale e che il profitto va investito in politica e sul territorio.
Chi è contro questa regola è contro l’economia stessa. Se osservi le leggi sei un
perdente, se forzi le leggi sei un vincente. Il motto economico della criminalità
casalese. Cosentino subisce il carcere
con l’orgoglio di chi lo considera un rischio del mestiere, cosciente che la via
della politica e del potere prevede anche prigione e nemici. Ricordate l’incidente ferroviario di Viareggio? Era il 29
giugno 2009 e morirono 32 persone per
il deragliamento di un convoglio composto da quattordici carri cisterna,
quattordici vagoni pieni di Gpl. Partivano dallo stabilimento di Trecate per
raggiungere Gricignano d’Aversa, a
pochi chilometri da Casal di Principe. Il
carico apparteneva alla Aversana Petroli, azienda della famiglia Cosentino.
Una fatalità che poco ha a che vedere
con la famiglia Cosentino, se non fosse
che quel treno viaggiava gratis. Fs Logistica, la società del gruppo Ferrovie
dello Stato che aveva stipulato il contratto con Aversana Petroli, per il trasposto del Gpl dei Cosentino non riusciva a guadagnare un euro, anzi, più chiudeva appalti più finiva in perdita. In
quegli anni Nicola Cosentino
era sottosegretario all’Economia. Il suo potere era immenso. L’inchiesta
della Dda di Napoli portata
avanti da Antonello Ardituro,
Francesco Curcio, Fabrizio Vanorio e del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli è un
lavoro epocale
perché descrive sin nel dettaglio come funziona uno degli affari più
redditizi e misconosciuti delle organizzazioni criminali: la distribuzione e la
gestione di carburanti, l’apertura di distributori di benzina. Nella letteratura
delle inchieste antimafia questa segna
uno spartiacque. Illumina i rapporti tra
la distribuzione della benzina e la camorra. L’accusa alla famiglia Cosentino
(Nicola, Antonio e Giovanni) è di aver
ottenuto rapidamente il rilascio di permessi e licenze per costruire impianti,
anche quando c’erano oggettive cause
ostative. Quando altri imprenditori si
proponevano nel territorio, i Cosentino
costringevano amministratori e funzionari pubblici locali a impedire o rallentare la costruzione degli impianti
concorrenti con atti amministrativi illegittimi. In questo caso specifico, l’alleanza Aversana Petroli con il ramo del
clan di casalesi che faceva capo a Michele Zagaria, avrebbe permesso alla
famiglia Cosentino di battere la concorrenza utilizzando non solo le capacità
militari del clan e il loro dominio sul territorio, ma anche la loro capacità di
muoversi nella burocrazia.
Il clan Zagaria continua ad essere
una delle aziende di servizi più efficiente d’Italia. Esemplare quanto accaduto
a Luigi Gallo, imprenditore mandato
sul lastrico dalle angherie dei Cosentino solo perché avrebbe voluto gestire
un distributore di benzina troppo vicino a quello che i Cosentino avevano in
progetto di aprire. La famiglia Cosentino — secondo le accuse dell’Antimafia
— avrebbe costretto Gallo ad appaltare
tutti i lavori necessari per l’apertura del
distributore agli Zagaria. L’alleanza Za-
I
“
Il clan Zagaria
continua
a essere una
delle aziende
di servizi
più efficiente
d’Italia
garia-Cosentino che emerge dall’in- stanza obbediva ai Cosentino. C’è un in- assunto in Equitalia. La famiglia Cosenchiesta è un alleanza militare e petroli- contro fondamentale così raccontato tino assieme a Sorrentino e Adamiano
fera.
dalla procura: «Di particolare rilievo è la impone le sue regole a chiunque voglia
In Italia, le grandi compagnie petro- riunione dell’agosto 2009, alla quale essere imprenditore nel settore della
lifere non possono non avere rapporti partecipa anche Cosentino Nicola di- distribuzione carburanti. Il caso Gallo è
con le organizzazioni criminali che pre- mostrando il suo potere quale politico un paradigma criminale. L’imprendisidiano il territorio. Le società che non in grado di fornire raccomandazioni e di tore deve accettare diverse assurde imhanno legami con le organizzazioni cri- presentare al ministro del Kuwait il Pre- posizioni che la Procura elenca chiaraminali iniziano con l’avere problemi bu- sidente della Q8». Cosentino promette mente:
rocratici per l’inizio delle attività. Sarà un passaggio fondamentale per la car1. Consentire l’apertura di un distridifficilissimo se non impossibile otte- riera di un alto dirigente della Q8: in- butore di GPL dei Cosentino nell’area di
nere le autorizzazioni, i distributori sul- contrare il ministro del Kuwait. “Q ei- servizio del Gallo;
le autostrade saranno messi sotto ght”, in inglese, rimanda immediata2. Accettare i Cosentino quali soci e/o
estorsione e saranno vittima di inci- mente al Kuwait, il Paese degli azionisti compartecipanti all’attività di distribudenti di ogni genere, le ispezioni saran- della compagnia petrolifera. Tra Gio- zione degli altri carburanti sull’area di
no continue, i camion con i rifornimen- vanni Cosentino e Alessandro Giolitti, servizio che doveva aprirsi;
ti saranno sempre in ritardo. Le compa- presidente del consiglio d’amministra3. Estinguere una posizione debitognie che invece avranno accettato di es- zione della Kuwait Petroleum Italia, i ria del tutto estranea al rapporto fra
sere non solo protette dalle organizza- rapporti sono costanti.
Gallo e la Q8 a mezzo di finanziamenti
zioni criminali ma loro partner econoI Cosentino sono fedeli sodali dei diri- che la Q8 avrebbe erogato al Gallo per il
mici, godranno di una serie infinita di genti Q8 e aiutano il figlio di uno dei di- tramite dei Cosentino. In questo modo
servizi: tra cui uno speciale alert nel ca- rigenti, Giovanni Adamiano, ad essere avrebbero iscritto ipoteca sull’area di
so di controlli sulla qualità
servizio, ciò anche nella
del prodotto in vendita.
prospettiva di un prevediLA FINESTRA SUL CORTILE
L’alleanza tra compabile inadempimento del
MASSIMO BUCCHI
gnie petrolifere e camorra
Gallo, che avrebbe deterè storica. Questa vicenda
minato il definitivo passagspecifica però è del tutto pargio dell’area di servizio in caticolare. Ci sono due dirigenpo ai Cosentino;
ti della Q8 per i quali la pro4. Sottoporre al Gallo, nel
cura ha chiesto e ottenuto gli
corso di una delle riunioni
arresti domiciliari: Giovanper definire l’affare conni Adamiano e Bruno Sorgiunto, un preventivo relatirentino. La Q8, in questa invo al completamento dei lachiesta, se dovessero essere
vori nell’area di servizio delconfermate le accuse dello stesso, dolosamente sol’Antimafia di Napoli avrebvrastimato (256.000 euro
be un ruolo centrale e di
circa, in luogo dell’importo
grande colpevolezza. L’Anequo di circa 100.000 euro)
timafia di Napoli dimostra
e redatto da un’impresa fiche avvenivano ripetuti induciaria dell’Aversana Pecontri tra i dirigenti Q8 e Giotroli, all’evidente scopo di
vanni Cosentino su come orestorcere al Gallo indebitaganizzare sul territorio il bumente ulteriori somme.
siness e decidere chi erano i
La Q8 ora cosa dirà? Si considererà parte lesa? Farà
concessionari. La Q8 in so-
come la Unicredit su cui Cosentino fece
da mediatore — secondo le accuse —
per far ottenere al camorrista Di Caterino i crediti per aprire un centro commerciale adibito al riciclaggio? Unicredit scaricò tutto sui responsabili infedeli e si ritenne parte lesa. Ma sul piano politico e culturale basta questo? Il governo dovrebbe pretendere che Q8 rimedi
a quest’alleanza non descrivendola solo come errore di suoi funzionari corrotti ma portando investimenti sul territorio e in cultura. A meno di non dare ragione all’adagio dei narcos messicani,
ossia che petrolio e cocaina sono imperi
governabili solo con sangue, armi e corruzione. Non ci sarà imprenditore onesto che potrà sopravvivere finché continueremo a considerare queste vicende
marginali, finché non si smetterà di credere che queste siano solo storie meridionali, finché su questo non ci sarà un
dibattito vero, un dibattito centrale,
finché non sarà chiaro che la battaglia
democratica diventa una battaglia all’economia criminale.
Non si creda, poi, che il carcere arresti il potere del crimine. Cosentino dal
carcere e dagli arresti domiciliari, come
risulta dalle intercettazioni, continuava a fare politica, continuava a dettare
la sua linea. Il carcere distrugge soltanto i disperati, può diventare una accademia per i mafiosi. Il potere di Cosentino è un potere che si nutriva anche di
uomini dello Stato, nell’inchiesta risulta che c’è stato anche un incontro con
l’ex prefetto di Caserta Elena Stasi (la
stessa che aveva concesso all’Aversana
Petroli il certificato antimafia negatogli nel 1997 dalla Prefettura di Caserta,
dal Tar e dal Consiglio di Stato. La stessa che fu poi eletta alla Camera tra le file del Pdl) che convoca dei concorrenti
intimidendoli a dimostrazione di quali
siano oggi i metodi che lo Stato e la politica utilizzano
per favorire le
organizzazioni
criminali: vessazioni, minacce, sottrazione
o promesse di
favori.
Il sistema Cosentino è molto
più complesso
di pistole e macchine che prendono fuoco. Nel
mondo-Cosentino ci sono prefetti e giornalisti — l’espressione “macchina del fango” fu
coniata proprio per descrivere il metodo che Cosentino utilizzava per disfarsi
dei concorrenti politici. Il mondo-Cosentino si nutre di giornalisti che si accaniscono sui segmenti militari delle organizzazioni per legittimarsi come antimafia, si nutre di blog che devono insultare i nemici di questi poteri, si nutre
di retroscena e retroscenisti che hanno
svilito la loro professionalità. Questo
mondo, per garantirsi l’esistenza, ha bisogno di utilizzare metodi in tutti simili a quelli mafiosi.
Ora Nicola Cosentino vede crollare
tutto. E a Cosentino ribadiamo il nostro
consiglio: collabori con la giustizia. Collabori subito. Berlusconi lo ha emarginato, lo ha lasciato solo. Il sistema di
informazione che gli era vicino, con le
sue firme, sta scappando da lui in silenzio, facendo finta di nulla e trovando
nuovi padroni da servire, fingendosi indipendente, come sempre, attraverso
il vaccino della cattiveria e della superficialità che dispensa a tutti e su tutti.
Collabori con la giustizia, Cosentino,
racconti tutto quello che conosce. So come ragiona un uomo casalese: non distruggerà, parlando, la sua famiglia,
ma può trovare un percorso di riscatto.
Potrebbe raccontare non solo le responsabilità del centrodestra, ma anche le connivenze del bassolinismo e di
tutto quel potere politico che ha permesso la sua crescita. Cosentino sa sopportare il carcere, ma adesso più che
mai provi ad avere un comportamento
che non risponda all’onore del silenzio.
Dia una chance alla sua dignità, scelga
di parlare.
“
Le compagnie
petrolifere
non possono
non avere
rapporti con
organizzazioni
criminali
“
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
ROBERTO SAVIANO
© RIPRODUZIONE RISERVATA
“
34
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Dai cento giorni di sangue
dell’immensacarneficina
degli Hutu e dei Tutsi
sono passati vent’anni
Il paese, che si appresta
a ricordare con dolore,
è cambiato: Kigali è oggi
una delle capitali più linde
e ben organizzate d’Africa,
l’economia è un piccolo
miracolo. Il merito?
Soprattutto delle donne
LA FORMAZIONE
Diversi i centri di
assistenza per poveri e
sopravvissuti. Sopra la
scuola di formazione
di Gacuriro, a Kigali
PIETRO VERONESE
KIGALI
«L
A prossima set-
timana sarà di
nuovo un periodo difficile», dice
Valérie
Mukabayire. Sarà la penombra, la luce soffusa, la quiete della stanza dove stiamo parlando
da un’ora, ma ho l’impressione
che la compostezza di Valérie
per un momento si incrini, le parole rallentino e i suoi occhi scuri si facciano lucidi. È solo un momento però. «Dobbiamo lavorare, andare avanti», aggiunge
subito dopo una pausa.
La prossima settimana, a partire da lunedì 7 e per tutti i giorni
successivi, sarà lutto nazionale in
Ruanda. Il paese rivivrà i giorni
del genocidio del 1994, quando
800mila, fors’anche un milione
di Tutsi ruandesi e di Hutu che si
opponevano alla carneficina vennero giustiziati all’arma bianca,
a colpi di mazze e di machete, trasformando il paese in un gigantesco carnaio. Nella sostanziale indifferenza del mondo, durò cento
giorni, fino ai primi di luglio,
quando il Fronte patriottico
ruandese entrò a Kigali e pose fine alle stragi. È stato il più grande
massacro dalla fine della Seconda guerra mondiale, una delle pagine più atroci della storia dell’umanità: per l’efferatezza degli assassini, e per il mancato soccorso
internazionale.
«Il genocidio è un lutto che non
si elabora», scrive qui accanto
Scholastique Mukasonga, ed è
quello che credo di intravedere
L’alba
del
Ruanda
negli occhi di Valérie. Dei fatti del
‘94 siamo venuti a parlare esplicitamente solo alla fine, ma in
Ruanda sono il riferimento implicito in tutto quello che si dice, così come a Murambi, Nyamata, Bisesero, Nyarabuye e altrove il
verde smeraldo di uno dei Paesi
più belli dell’Africa nasconde sotto un sottile velo di terra (e talvolta neppure quello) le pile di
morti.
Valérie Mukabayire dirige la
Casa della Pace, un centro che assiste le donne più povere di Kigali dando loro una formazione, un
mestiere per aiutarle a farcela da
sole. È un progetto molto bello,
un piccolo successo che dura da
dieci anni, interamente sostenuto da una piccola ong italiana che
si chiama Progetto Ruanda. All’inizio, ricorda Valérie, tutte le
Valérie Mukabayire
perse marito, genitori
e tutti i fratelli. Oggi
dirige la Casa della Pace
donne assistite avevano le vite segnate dalla grande strage del ‘94:
perché erano rimaste vedove,
perché i mariti erano in prigione
accusati di genocidio, perché erano giovani orfane che dovevano
badare ai fratelli minori, perché
erano ragazze-madri vittime di
violenze sessuali. Le mogli delle
vittime e dei sospetti aguzzini, insieme. «C’erano molti problemi,
poi abbiamo scoperto che lavorando le une accanto alle altre la
riconciliazione si faceva da sé».
Con gli anni le tensioni si sono
stemperate e le donne hanno
continuato a venire alla Casa della Pace spinte dalla perdurante
povertà, più che dalle ferite aper-
te del genocidio. La vita è andata
avanti. Il passato si è allontanato.
È stato a questo punto del racconto che ho commesso l’errore
di chiedere a Valérie dove era lei
nell’aprile del 1994. È stato allora
che la sua voce si è quasi spezzata. Senza spiegare né il dove né il
come, mi ha detto che nel genocidio ha perso il marito, entrambi i
genitori, tutti i fratelli. Si sono salvati insieme a lei i tre figli, all’epoca piccolissimi, nascosti a rischio della vita da alcuni amici.
Sono passati vent’anni e il
Ruanda si è piano piano ricostruito, psicologicamente, e talora letteralmente, sopra un grande cimitero. Kigali è diventata
una delle capitali più linde, accoglienti, ordinate dell’Africa, rimessa progressivamente a nuovo, modernizzata. L’economia
nazionale, pur restando sostanzialmente agricola, ha continuato a crescere, facendo di questo
Paese una delle storie positive
più volentieri raccontate dagli
economisti dello sviluppo. È piccolo, lontano dal mare, ma ben
amministrato, onesto, laborioso, un ambiente attraente per gli
investitori tentati dall’Africa ma
spaventati da un contesto troppo
spesso inaffidabile. Certo, basta
spingersi pochi chilometri fuori
dalla capitale e ai parcheggi pieni di Suv dei centri commerciali si
sostituiscono le schiene curve sul
lavoro dei campi, le capanne, le
donne chine a maneggiare la zappa. Con le sue mille colline, i terrazzamenti agricoli che evocano
in questi tropici africani un paesaggio cinese, il Ruanda rimane
un Paese di undici milioni di montanari contadini. Ma si è rimesso
meravigliosamente in piedi e va
avanti spedito.
A Immaculée Ingabire sono
venuto a chiedere le ragioni di
35
VENERDÌ 4 APRILE 2014
ALL’INTERNO
LA CULTURA
Irène Némirovsky
capitolo finale
il sequel (non suo)
di “Suite francese”
ELENA STANCANELLI
GLI SPETTACOLI
Aronofsky: “A 13 anni
pensavo già a Noè
poi sono arrivati
gli effetti speciali”
SILVIA BIZIO
{
IL GENOCIDIO
Dal 6 aprile a metà luglio del 1994,
per circa 100 giorni, furono
massacrati tra 800mila e un milione
di Tutsi e Hutu moderati
IL RUOLO DELL’ONU
L’Onu fu accusata di disinteresse nei
confronti della tragedia ruandese:
il Consiglio di sicurezza a lungo
ignorò le molte richieste di intervento
un’altra peculiarità del nuovo
Ruanda: il potere delle sue donne. A differenza dal resto dell’Africa e di quasi tutto il mondo, il
Parlamento, rieletto in settembre, è donna: 50 seggi su 80; molti portafogli ministeriali importanti sono affidati a donne e l’avanzata continua nelle amministrazioni locali, nel business, nelle professioni. Immaculée è una
donna formidabile, alta, elegante, piena di autorità, una specie di
zar anticorruzione nel ruolo di
presidente della sezione ruandese di Transparency International. «Se è una conseguenza del
genocidio? Sì e no. Sì, perché all’indomani dei massacri c’era un
bisogno estremo di tutte le energie rimaste e gli uomini erano o
morti, o in fuga all’estero, o in prigione. Le donne sono state chiamate a riempire quel vuoto e hanno dimostrato di essere all’altezza. Ma anche no, perché l’uguaglianza di genere è sempre stata
una bandiera del Fronte patriottico. Dunque, quando il Fronte
ha preso il potere, si è aperta una
possibilità e le donne ne hanno
subito approfittato. All’inizio
non è stato facile: c’erano sì e no
cento laureate in tutto il Ruanda,
anche se molte sono tornate dall’esilio».
Kigali si prepara lentamente
alla commemorazione di lunedì.
Ai maggiori incroci della capitale
compaiono grandi cartelli che annunciano il ventesimo anniversario e proclamano lo slogan delle celebrazioni: «Ricordare, unire, rinnovare». Forse il secondo
punto è quello meno realizzato,
anche se il parere di Valérie (e il
credo ufficiale) è che la riconciliazione nazionale è avvenuta e i
ruandesi non sono più né Hutu né
Tutsi, ma tutti cittadini allo stesso titolo e senza distinzioni. Davanti a una birra, più di uno straniero residente è pronto a giurare che se solo il potere abbassasse
FOTO CAROL ALLEN-STOREY / EYEVINE
LO SPORT
un poco la guardia l’odio tornerebbe a prendere il sopravvento.
Un buon motivo per non abbassarla, dunque, e anche se i commentatori internazionali sottolineano in questi giorni l’isolamento internazionale del Ruanda, accusato di destabilizzare la
vicina Repubblica democratica
del Congo e soprattutto di compiere assassinii politici mirati di
esuli all’estero, la politica estera
ruandese sembra ispirata a questo semplice principio: meglio soli che morti.
Sarà un caso, ma il mio taccuino ruandese continua a riempirsi
di nomi di donne. Ritrovo Yolande Mukagasana, la prima e la più
nota testimone del genocidio. Il
suo primo libro, La morte non mi
ha voluta, del 1997, fu tradotto in
tutto il mondo. In quelle pagine
© RIPRODUZIONE RISERVATA
FRANCESCO S. INTORCIA E MATTEO PINCI
IL RICORDO / LA SCRITTRICE
I MIEI MAUSOLEI DI CARTA
PER CHI NON C’È PIÙ
SCHOLASTIQUE MUKASONGA
L GENOCIDIO è un lutto che non si
elabora. Io dico che la memoria
della tragedia debba essere conservata e protetta, contro ogni
forma di negazionismo. Noi abbiamo
il dovere, la necessità, di non dimenticare nulla: le commemorazioni del
ventesimo anniversario del genocidio ruandese si svolgono proprio per
questo motivo, e nessun altro.
Allo stesso tempo, il Ruanda non deve rimanere ostaggio del suo spaventoso passato. Chi oggi arriva a Kigali
non può che rimanere felicemente
stordito dallo straordinario dinamismo della città. Io stessa, ogni volta
che torno, stento a riconoscere la capitale che avevo lasciato qualche mese prima. I mattoni della vecchia chiesa dei missionari della Santa Famiglia
sembrano essere i soli testimoni, muti ed incongrui, della tragedia che fu.
Ogni volta che ritorno nel mio Paese
mi reco in pellegrinaggio a Gitagata,
il villaggio dove la mia famiglia fu massacrata nel 1994. Laggiù la foresta ha
ricoperto ogni cosa. E nessuno osa abitarci. Ogni volta che arrivo là, mi è
sempre più difficile ritrovare il luogo
dov’era costruita la nostra casa. Una
volta in Ruanda c’erano dei boschi, sacri e intoccabili. Oggi ci sono altri luoghi che consideriamo tabù, resi sacri
dalla morte.
Il Ruanda deve riconquistare la sua
storia: è stata violentata fino agli anni
Cinquanta da antropologi e storici che
l’hanno raccontata in termini di guerre tra razze e di invasioni successive.
I
Il parlamento è in gran
parte femminile: 50 seggi
su 80. “Ricordare, unire,
rinnovare” è lo slogan
Yolande ha raccontato come nei
primi giorni dell’aprile 1994 le
uccisero i tre figli, il marito, fratelli, sorelle, cognati. Lei si salvò
nascosta sotto l’acquaio nella cucina di una vicina. Per il decimo
anniversario Yolande commemorò il genocidio con un articolo
pubblicato sulla prima pagina di
Repubblica. Dal 2011, dopo molti anni passati in Belgio, è tornata
a vivere a Kigali. Nella sua vecchia casa, quella, mi dice, «dove
accadde tutto». Il passato non
passa, il lutto del genocidio non si
elabora. Eppure Yolande si è fatta con gli anni più luminosa, più
serena. Un po’ come il Ruanda.
Il calcio s’interroga
sui giocatori minorenni
nel mirino della Fifa
non solo il Barcellona
L’AUTRICE
Scholastique
Mukasonga
è l’autrice
di “Nostra
Signora del Nilo”
(edito
da 66thand2nd)
Le tradizioni sono state demonizzate
dai missionari e occultate dagli Hutu
che le attribuivano solo alla cultura
Tutsi. Per fortuna è apparsa una nuova generazione di storici che ha fornito un’altra lettura della nostra storia
antica. Che certo non è idilliaca, ma
non si basa su pregiudizi razzisti. La
verità è che i ruandesi possono riconoscersi in un passato comune, animato dalla stessa cultura.
Sì, è stato il genocidio a rendermi
una scrittrice. I miei primi due libri autobiografici li ho scritti al fine di erigere un mausoleo di carta per coloro i cui
corpi non saranno mai ritrovati. Oggi,
anche se il genocidio fa sempre da sottofondo nei miei libri, sono riuscita ad
ampliare l’orizzonte di ciò che scrivo,
grazie alla finzione. La donna ha sempre rivestito un ruolo importante nella società tradizionale ruandese. E
non c’è dubbio che l’attuale governo
favorisca al massimo la sua promozione. In politica siamo infatti andati ben
oltre la semplice parità, poiché in parlamento si conta una larga maggioranza di donne. Il loro dinamismo è
un’occasione enorme per il Paese.
Quello che vogliamo più di qualsiasi altra cosa è la giustizia. Anzitutto in
Francia, che ha accolto numerosi presunti carnefici del genocidio. Un primo processo si è appena concluso. Il
verdetto di colpevolezza dà speranza,
ma vi sono ancora una trentina di persone accusate di crimini contro l’umanità. Quando verranno giudicate?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
36
R2
Il reportage
La soppressione
di giraffe e leoni
ha suscitato
polemiche
Ma il direttore
si difende:
“La selezione
esiste in natura”
IN DIRETTA
La giraffa Marius,
soppressa a febbraio
Sotto l’autopsia in
pubblico e la carcassa
data in pasto ai leoni
“Noi dello zoo di Copenhagen
applichiamo le leggi della savana”
DAL NOSTRO INVIATO
MAURIZIO CROSETTI
LE TAPPE
MARIUS
Il 9 febbraio 2014
allo zoo viene
soppressa la
giraffa Marius,
di 18 mesi, nata
da un incesto.
E vengono
rifiutate le offerte
di trasferimento
L’AUTOPSIA
Scoppia la
polemica
ma la morte
di Marius diventa
un’occasione
didattica: la
carcassa viene
sezionata davanti
alle scolaresche
I LEONI
A marzo, per far
posto all’arrivo
di un maschio
dominante,
vengono soppressi
anche 4 leoni:
una coppia
anziana e i suoi
due cuccioli
SU RTV-LAEFFE
In RNews (alle
13,45, canale 50
del digitale)
videoracconto
sullo zoo
di Copenhagen
COPENHAGEN
giraffe sembrano danzare attorno a un cerchio,
voltandosi insieme
al più piccolo rumore. Però ne manca una. Si chiamava Marius, aveva occhi enormi e languidi, il 9 febbraio l’hanno uccisa sparandole un chiodo
in testa, poi l’hanno squartata
per mostrare ai bambini com’era fatta dentro, tipo quando si
smonta un giocattolo, infine
l’hanno data in pasto ai leoni. E
proprio quattro di quei felini li
hanno uccisi col veleno, un mese dopo. La giraffa perché “impura”, nata da un rapporto incestuoso. I leoni perché di troppo. Qui, nello zoo di Copenhagen. Un impeccabile mattatoio.
Forse è un bioparco, o magari
una prigione, non un millimetro
fuori posto. Sui vialetti pettinati
dai giardinieri, mamme e papà
spingono i figli dentro carrettini
di legno, dài che si va a vedere
com’è fatto il cuore di un giraffa.
L
E SETTE
“Siamo noti per la cura
degli animali. Seguiamo
un progetto europeo per
creare esemplari sani ”
«Un organo interessantissimo,
enorme, non capita tutti i giorni
di guardarlo da vicino». Steffen
Straede è il direttore dello zoo.
«Il nostro parco è riconosciuto a
livello mondiale per l’attenzione e la cura verso gli animali, che
noi amiamo e rispettiamo. Però
li vogliamo sani e chi non è adatto non può sopravvivere».
Si chiama eugenetica, è la selezione della razza: niente concepimenti tra consanguinei, indeboliscono la discendenza. Il
povero Marius era un nodo di
cromosomi vaganti. Sterilizzarlo, no? «Ci sarebbero stati effetti collaterali troppo gravi».
Bengt Holst, capelli a spazzola,
sguardo ghiacciato, dirige il dipartimento scientifico di questo
giardino zoologico tra i più antichi d’Europa, aperto nel settembre 1859 grazie alla passione
dell’ornitologo Niels Kjaerboelling. I busti in marmo degli antichi direttori sbucano tra cespugli e siepi, un po’ sinistri. «Seguiamo un progetto europeo per
creare una popolazione di giraffe sane, non imparentate, animali che si ammaleranno meno
degli altri: la selezione esiste anche in natura, dove i leoni sbranano le gazzelle per mangiarle».
Le scritte fuori dal recinto, accanto ai cartelli con i nomi degli
sponsor, si comprendono anche
senza conoscere il danese. Dicono: “veterinaer-medicin” e “genetik”. La targa più beffarda,
questa però in inglese, spiega
che le giraffe hanno “life expectancy: 25-30 years”, come no,
peccato che Marius sia stato abbattuto dopo appena diciotto
mesi, e stava benissimo. Nel
1946 qui morì un orbettino, insomma una biscia, nome scientifico Anguis Fragilis , che era
un’autentica attrazione e viveva dal 1892, da 54 anni. Chissà
che invidia, povera giraffa.
Ogni giorno vengono organizzati incontri didattici per le scuole, e quando un animale muore,
possibilmente di morte naturale, è sezionato in pubblico. Bambini e genitori scattano fotografie, fanno domande. È successo
anche con Marius, nella spianata dove le sette giraffe superstiti
si muovono nel silenzio di un pomeriggio freddo di sole, creature solenni e remote. Chi sarà il
prossimo a cadere? Erano lunghissimi i coltelli usati per la dissezione. «Non sarebbe stato giusto usare l’iniezione letale, perché così avremmo avvelenato
centinaia di chili di carne senza
poterli usare come cibo per le altre bestie», spiega Holst. Infatti,
quel che restava di Marius è stato trascinato nel grande fossato
dove una leonessa dorme languida, addosso al suo leone. Due
esemplari giovani e stupendi,
arrivati il 23 marzo. Per fare posto, sono stati abbattuti il vecchio leone (16 anni) e la vecchia
leonessa (14). «Purtroppo, nessun altro zoo ce li ha richiesti e il
regolamento proibisce di vendere gli animali». Con loro, eliminati anche i cuccioli, due gattoni
di dieci mesi: «Alla prima occasione i leoni giovani li avrebbero
sbranati».
Una torre vagamente carceraria, a forma di Tour Eiffel, permette ai visitatori di ammirare
tutto dall’alto. E nell’aria c’è la
tristezza da reclusione tipica di
ogni zoo. Persino gli sguardi di
certe bestie sembrano difficili
da sostenere: l’elefante spinge
la proboscide tra le sbarre e che
gliene importerà se la sua casa,
una doppia cupola di vetro e cristallo, l’ha progettata addirittura Norman Foster per celebrare
i 140 anni del parco. Arte e ferocia, questo è anche il paese di
Lars Von Trier. Nei punti strategici ci sono materassi dove il pubblico può sostare, osservando.
Tra tunnel, passerelle, casette
di legno e ponti sospesi si sfiorano esemplari rari come il caracal, un micione con enormi orecchie a punta, oppure il diavolo
della Tasmania: il suo recinto è
vuoto, non avranno mica fatto
fuori anche lui?
Fenicotteri rosa e autopsie a
cielo aperto, dentro una chiarissima luce nordica. Vita, morte,
bellezza, sangue. Tutto insieme.
Nella vasca degli orsi polari rosseggia un’enorme carcassa. «A
queste bellissime bestie non
possiamo certo dare crocchette», scherza il dottor Straede.
Animali sani e duraturi significano anche conti in regola, minore manutenzione e maggiore
efficienza, però adesso qualcosa
scricchiola: dopo le uccisioni del-
“Non usiamo iniezioni
letali per non avvelenare
tutta quella carne, ottima
per le altre bestie”
le ultime settimane, i visitatori
sono in calo. Pare siano addirittura arrivate minacce di morte.
Associazioni animaliste chiedono di boicottare e chiudere lo
zoo, istituzione crudele e forse
anacronistica, eppure i bambini
sembrano gradire, vogliono in
dono i peluche dei distributori
automatici messi in ogni angolo
del parco, infili la moneta ed esce
la bestiola: lei, almeno, non corre nessun rischio. Invece, un lupo vero per non sbagliarsi si nasconde, è un’ombra nel bosco come quello delle favole. Mica per
niente siamo nella patria di
Hans Christian Andersen, ma
qui il brutto anatroccolo non fa
in tempo a diventare cigno.
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
R2
L’ambiente
Nei parchi della California
il patrimonio naturale
è sempre più minacciato
Non dall’inquinamento
ma dai vandali che vanno
a caccia di tronchi e radici
Foreste a rischio
e ora l’America
lancia la sfida
ai ladri di sequoie
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
FEDERICO RAMPINI
LA SCHEDA
NEW YORK
L’
AMERICA non ha le
cattedrali gotiche europee,
però ha le foreste
di sequoie. Alcune più antiche del Medioevo. Custodite in parchi nazionali famosi, come Muir Woods a nord
di San Francisco, dove Franklin
Delano Roosevelt volle celebrare l’atto di nascita delle Nazioni
Unite. Oggi però questo inestimabile patrimonio naturale è
minacciato. Non dall’inquinamento o dal cambiamento climatico: dai bracconieri. Proprio
così, le guardie forestali del National Park Service definiscono
“poachers”, bracconieri, i vandali che a scopo di lucro attaccano e mutilano i giganteschi
alberi ultrasecolari. E ora le
guardie forestali devono ricorrere a una misura d’emergenza: chiudere nottetempo l’accesso ai parchi, comprese la
strade che li attraversano. Il divieto di transito è già scattato
per la Newton Drury Parkway,
nella California settentrionale,
37
lossi della natura. «Questi crimini — denuncia un comunicato
del National Park Service —
consistono nel recidere le
escrescenze naturali, sia da alberi vivi che da tronchi caduti.
Il legno viene rivenduto come
materiale di costruzione, oggetto decorativo, souvenir.
Questo tipo di legno sta diventando sempre più raro».
L’allarme e le misure di pro-
L’ALLARME
Il Parco di Redwood in
California: per evitare
gli assalti notturni
alle sequoie, chiuse
le strade di accesso
tezione si spiegano con l’importanza delle sequoie: storica, turistica, ambientale. Albero
maestoso, il più grande del mondo, già venerato dalla popolazione autoctona degli indiani
d’America, la sequoia attira visitatori dal mondo intero. Nel
parco nazionale di Muir Woods,
o nel Sequoia Kings Canyon
(Sierra Nevada), nel Zion National Park o nel Sequoia Natio-
nal Park, milioni di turisti ogni
anno vengono ad ammirare
questi alberi ultramillenari. La
loro funzione è anche didattica.
Alcuni dei tronchi che sono stati
abbattuti da tempeste di vento
o da terremoti, giacciono tagliati perché si possano verificare le
età dell’albero, in coincidenza
con eventi storici: ci sono sequoie che erano già adulte molto prima che Cristoforo Colom-
AZIENDA OSPEDALIERA
UNIVERSITARIA FEDERICO II
AVVISO ESITI DI GARA
A PROCEDURA APERTA CIG VARI
LA PRATICA
L’usanza di tagliare
le sequoie è detta
“burl poaching”, cioè
bracconaggio
della radica
GLI EFFETTI
La radica è proprio
la parte da dove
germoglia il clone
della sequoia prima
che gli alberi muoiano
Il legno ha qualità
eccezionali, sia come
materiale di costruzione
che per la bellezza
Questa Azienda, con deliberazione n.75 del
14.02.2014 ha provveduto ad aggiudicare la fornitura biennale, articolata in lotti, di prodotti per chirurgia vertebrale per le esigenze assistenziali del DAS
di Chirurgia, Ortopedia, Traumatologia, Microchirurgia e Riabilitazione dell’A.O.U. come di seguito indicato: Lotti 1 e 5: MEDTRONIC ITALIA S.p.A., Sesto
San Giovanni (MI), Via Indro Montanelli, 30, per l’importo complessivo di Euro 194.703,52 + I.V.A.; Lotto
2: BIOMET ITALIA S.r.l., San Giuliano Milanese (MI),
Via della Liberazione, 62, per l’importo complessivo
di Euro 72.167,68 + I.V.A.; Lotto 3: SINTEA PLUSTEK S.r.l., Assago (MI), Via Enrico Fermi, 44, per
l’importo complessivo di Euro 110.424,00 + I.V.A.;
Lotto 4: ZIMMER S.r.l., San Donato Milanese (MI),
Via Milano, 6, per l’importo complessivo di Euro
93.100,00 + I.V.A.; Lotto 6: DEVICE & TECH S.r.l.,
Napoli, Centro Direzionale Isola F10, per l’importo
complessivo di Euro 73.600,00 + I.V.A.; Lotto 7:
SCIENT’X ITALIA S.r.l., Milano, Viale Gran Sasso,
31, per l’importo complessivo di Euro 25.800,00 +
I.V.A.; Lotto 8: GADA ITALIA S.r.l., Roma, Via Vincenzo Bona, 133, per l’importo complessivo di Euro
21.000,00 + I.V.A. Lotto 9: JOHNSON & JOHNSON
MEDICAL S.p.A., Pratica di Mare (Roma), Via del
Mare, 56, per l’importo complessivo di Euro
25.300,00 + I.V.A.. Il presente testo è disponibile
anche sul sito dell’A.O.U. all’indirizzo www.policlinico.unina.it ed è stato inviato alla U.P.U.C.E. in
data 25.03.2014 al n.2014-039863.
F.to IL DIRETTORE GENERALE
Giovanni PERSICO
bo scoprisse l’America. Gli
esemplari nati prima di Cristo
non sono rari, le sequoie possono raggiungere facilmente i
duemila anni di vita. Il ruolo
ambientale è ancora più prezioso. La sequoia è una vera
macchina da guerra contro l’inquinamento: gli scienziati botanici sono arrivati alla conclusione che è l’albero più efficiente nel catturare CO2 dall’atmosfera. Un’altra sua dote è particolarmente apprezzata di questi tempi, con l’intera
California colpita da una siccità
record e quindi un rischio ancora maggiore di incendi: il legno
delle sequoie è praticamente
ignifugo, non brucia o prende
fuoco molto difficilmente.
I bracconieri infliggono danni gravi, spiegano le guardie forestali, perché spesso pur di raggiungere le escrescenze più decorative, non esitano ad arrampicarsi in alto, a danneggiare i
tronchi, o addirittura ad abbattere l’albero per procedere più
in fretta. E anche se la sequoia
sopravvive, tagliare un’escrescenza significa renderla vulnerabile, come un corpo con una fe-
I botanici ritengono
che sia l’albero più
efficiente nel catturare
CO2 dall’atmosfera
LA CHIUSURA
la via panoramica di 16 km che
raggiunge una delle più immense distese di sequoie.
“Redwood”, il nome più familiare della sequoia, si riferisce al
colore rosso dei loro tronchi altissimi, spesso ben oltre i cento
metri di statura. Quel legno ha
qualità eccezionali, sia come
materiale di costruzione edile,
falegnameria, sia per la sua bellezza e robustezza. Per questo è
merce pregiata, eccita gli appetiti di collezionisti, alimenta un
mercato nero quasi alla pari dell’avorio degli elefanti. Il “pezzo”
più ricercato sono le escrescenze naturali, bitorzoli e protuberanze dalle forme stravaganti,
che sporgono dai tronchi. Nottetempo i bracconieri fanno incursioni nei parchi naturali, armati di ascia, per mutilare i co-
I parchi nazionali
hanno chiuso la
notte per impedire
l’ingresso a chi
distrugge le sequoie
I RANGER
Sono pochi e non
riescono a fermare i
bracconieri. E i reati
ambientali prevedono
pene molto blande
rita aperta. E’ nata anche un’associazione contro il bracconaggio, la Save The Redwood League, che fa opera d’informazione, spiega al pubblico i pericoli
di questo vandalismo mercenario. Fino a qualche tempo fa il
saccheggio di foreste pregiate
era considerato un flagello tipico di paesi in via di sviluppo, dal
Brasile all’Indonesia. Con l’allarme lanciato dal National
Park Service, gli americani scoprono che questa eco-delinquenza alligna anche in mezzo a
loro. E le pattuglie dei rangers si
vedono costrette a raddoppiare
i turni di notte, per vigilare che
dal tramonto all’alba tutti rispettino il nuovo coprifuoco, e
nessuno penetri nei maestosi
santuari verdi.
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la Repubblica
VENERDÌ 4 APRILE 2014
39
R2Cultura
CONTATTI
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Élisabeth Gille, figlia della scrittrice, da bambina portò in salvo il testo
di “Suite Francese”. Nel 1996 scrisse il sequel, che ora esce in Italia
Irène Némirovsky
il capitolo finale
POMPEI
ARRANCA
IL GRANDE
PROGETTO
FRANCESCO ERBANI
ELENA STANCANELLI
D
evi scegliere: la tua bambola preferita, Bleuette, o quel quaderno pieno di
parole scritte con una grafia minuscola, quasi illegibile. Non puoi portarli entrambi. Élisabeth, detta Babet, era una bambina speciale. Aveva solo cinque
anni, il giorno in cui iniziò a scappare insieme alla
sorella Denise. La prima notte le nascosero in un
pensionato cattolico, nella provincia di Bordeaux.
Cachez votre nez! gridò la tata a Denise come ultimo avvertimento.
Era l’autunno del 1942, e le due
bambine si trascinavano dietro
una valigia, contassegnata dalle
iniziali I. N. Dentro c’era tutto quello che i genitori avrebbero voluto
salvare. La tua bambola preferita o
il quaderno? Babet prese la sua decisione: si congedò da Bleuette. Con
questo enorme sacrificio salvò il
manoscritto di Suite Francese. Ma
fu Denise, la sorella più grande, a
scoprire nel 2004 tra le carte pigiate nella valigia il manoscritto. Fu lei
a curarne l’edizione. Risvegliando
l’amore dei lettori di tutto il mondo
per questa scrittrice. Irène Némirovsky aveva trentanove anni,
quando, il 17 agosto 1942, morì ad
Auschwitz. Era figlia di un ricco
banchiere ucraino, una russa bianca. Quando si cominciò a capire cosa sarebbe accaduto, quando a lei e
al marito Michel Epstein, nonostante si fossero convertiti, imposero di portare la croce gialla cucita
sui vestiti, decise che non sarebbe
scappata di nuovo. La Francia aveva fatto di lei una scrittrice famosa,
e lei si fidava dei francesi, pensava
che avrebbero fermato i tedeschi,
che avrebbero protetto gli ebrei. La
arrestarono. Il marito, incredulo,
fece quanto era possibile: scrisse
agli editori perché intercedessero.
Cercò tra i romanzi di lei le pagine
che potessero dimostrare l’odio per
il regime bolscevico, la totale indifferenza per il giudaismo. Infine
andò lui stesso a chiedere clemenza. Lo arrestarono. Deportato anche lui ad Auschwitz, morì pochi
mesi dopo Irène.
Le bambine furono affidate a
una tata, e negli anni che seguirono, poterono sempre contare su
una rendita di tremila franchi al
mese che l’editore della madre, Albin Michel, mise loro a disposizione. Con questo soldi, riuscirono a
studiare. Finirono per occuparsi
entrambe di libri. Babet prese il nome di Élisabeth Gille, e si appassionò di fantascienza, diresse una
collana per la casa editrice Denoël,
*
ROMANZO
Un paesaggio
di ceneri
di Élisabeth
Gille
(Marsilio,
pagg. 176,
euro 16,50)
FAMIGLIA
Némirovsky
con le figlie
Denise (a
sinistra) ed
Élisabeth
(al centro)
si occupò di letteratura straniera
per Flammarion e dal 1989 fu direttore editoriale di Julliard. Tra gli
scrittori, protesse e curò Françoise
Sagan. Tradusse Ballard, Kate Millet e Patricia Highsmith; pubblicò,
nel 1992, una biografia della madre: Mirador (Fazi editore). Fu Denise a ricopiare il manoscritto di
Suite francese e consegnarlo agli
editori, ma fu Babet a sacrificare la
sua bambola. E quando nel 1996
scrisse il suo secondo romanzo che
Marsilio traduce (lo fa Cinzia Bigliosi) in questi giorni, Un paesaggio di ceneri, Babet se ne ricordò. È
così che nascono i libri, sbattendo
l’uno contro l’altro ricordi, paure,
desideri, sogni. Trasformati e
deformati dalla memoria, piegati
perché sorreggano scene, spingano avanti la trama.
Un paesaggio di ceneri inizia così, con la piccola
Léa impegnata in
una lotta a calci e
strilli contro le
suore che la vogliono spogliare,
e mettere a letto.
Tanto disperata
che sembra quasi
una scena di violenza. Chi sono i
buoni e chi sono i
cattivi? Fin quando Bénédicte,
che diventerà ovviamente la sua
amica più cara, non riesce a distrarla facendo le ombre cinesi sul
muro. Léa si calma. E anche noi: le
suore sono buone, l’hanno accolta
nonostante il pericolo. Ma per tenerla, dovranno cancellare il suo
nome, il passato e ogni traccia,
compresa la bambola che le sfila-
no dalle braccia appena si addormenta. «Quando ebbe alimentato
a sufficienza il fuoco, vi gettò i vestiti e, senza esitazioni, la bambola, i cui capelli sfrigolarono e la testa, deformata dal calore, finì per
fondere facendo delle smorfie. Gli
occhi di vetro schizzarono uno dopo l’altro dalle orbite con un rumore di tappi che saltano e rimbalzarono contro le pareti. Li afferrò con le punte delle pinze e li
seppellì in fondo alla spazzatura».
Di quanto dolore ha bisogno uno
scrittore per scrivere una scena
così? Il romanzo di Élisabeth Gille
è discontinuo nello stile e un po’
impacciato nello svolgersi della
trama. È un libro rabbioso, nascosto sotto uno strato sottile di buona educazione. Si muove, come l’esistenza di Léa, tra evidenza e segreti. L’evidenza del racconto —
l’infanzia, l’adolescenza, la fine
della guerra — e certe potentissimi immagini che vengono da una
zona infera dell’essere. Rivelazioni, produzioni di un rimosso nerissimo. All’Hotel Lutetia, dove, finita la guerra, i revenants venivano
accolti e i parenti li cercavano, Léa
bambina apre una porta. Su un letto matrimoniale, di una stanza
lussuosa, sono sdraiati un uomo e
una donna. Sono morti. Léa apre
altre porte: sono tutti morti. Che
cosa sia successo davvero, cosa
siano stati i campi e la shoah, Léa
lo capisce piano piano. Nel disperato tentativo di sopravvivere in
un mondo che, per sopravvivere a
sua volta, ha dovuto forzare il confine tra colpevoli e innocenti. Chi
sono i buoni e chi sono i cattivi?
ROMA. «Su Pompei i conti li
facciamo alla fine», ripete il
ministro Dario Franceschini. Ma
ieri al ministero per i Beni
culturali, mentre si presentava
un accordo con Finmeccanica
che donerà al sito archeologico
tecnologie e servizi per 1
milione e 700 mila euro, in molti
insistevano per sapere a che
punto si è con i cantieri, i
restauri e gli interventi del
Grande Progetto Pompei
finanziato dai 105 milioni
dell’Ue. E l’impressione non è
rosea. Attualmente, spiega il
generale dei carabinieri
Giovanni Nistri, direttore del
Progetto, sono 7 i cantieri aperti
(su 55 previsti), 6 quelli per i
quali sono state aggiudicate le
gare mentre una gara è ancora
in corso. Al momento, aggiunge
Nistri, sono impegnati (che non
vuol dire spesi) 40 milioni.
Però la struttura che Nistri
avrebbe dovuto guidare ancora
non c’è. Era previsto che fosse
composta da una trentina di
unità: sono state presentate
oltre sessanta domande, le
persone sarebbero già state
selezionate, ma per vederle
all’opera c’è da aspettare
ancora. Quanto? Nistri allarga le
braccia come a dire: «Non
dipende da me». Inoltre Nistri
perde il suo vice, Fabrizio
Magani, il che accentua la sua
solitudine. Direttore regionale
dei Beni culturali in Abruzzo,
Magani resterà a curare il
centro storico dell’Aquila e degli
altri paesi colpiti dal terremoto
di cinque anni fa. Lo ha
annunciato Franceschini,
smentendo una decisione presa
dal suo predecessore, Massimo
Bray, e assecondando i desideri
dello stesso Magani.
Gli scossoni alla struttura che
dovrebbe governare Pompei
continuano. Oggi, intanto,
Franceschini sarà a Parigi dove
incontrerà i colleghi europei:
«Dimostreremo che ce la stiamo
mettendo tutta». Ma il tempo
corre e l’Ue attende risultati.
L’accordo con Finmeccanica
prevede un monitoraggio
capillare del sito archeologico.
Due società del gruppo, Selex Es
e Telespazio, forniranno
tecnologie per fronteggiare il
dissesto idrogeologico, in gran
parte causa dei crolli, e per
garantire una diagnosi delle
strutture murarie. Il progetto
sarà operativo a dicembre per
tre anni.
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40
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
R2 CULTURA
Il personaggio
Il fondatore di “Repubblica”
compie novant’anni. Esce
in volume un suo lungo
“Racconto autobiografico”
Scalfari
la scrittura
e il desiderio
MASSIMO RECALCATI
Q
uando uno psicoanalista si interessa di una biografia non è per raccogliere i dettagli della cronaca di
una esistenza ma per provare a individuare quei
tratti che, nel variare infinito delle esperienze e degli eventi, hanno conferito una forma singolare ad
una vita. Nel caso di Eugenio Scalfari, per come egli si descrive
nel suo Racconto Autobiografico, uno di questi tratti, se non il
tratto principale, è la vocazione della scrittura («la mia vera passione era quella di scrivere»). “Vocazione” non è un termine
qualunque. Per la psicoanalisi esso traduce la parola tedesca
Wunsch con la quale Freud descriveva il desiderio.
Dunque per Scalfari, che domenica compie
novant’anni, la scrittura è stata la manifestazione più forte, più costante e più imprescindibile, del suo desiderio. Qualcosa
di cui sarebbe per lui, come afferma a conclusione del suo racconto, «impossibile fare
altrimenti». Questa vocazione è ciò che lo
rende un testimone. Il lettore troverà in
questo racconto non solo la storia di una vita, di una formazione, dei suoi inciampi e
delle sue realizzazioni, ma anche quella della nostra storia più recente, dall’affermazione del fascismo sino alla “seconda repubblica”. La testimonianza della scrittura
non è mai solo un esercizio privato, ma si carica di una responsabilità pubblica. La vo-
gno dei morti, a rivelare al figlio la sua eredità più autentica: la trasmissione della memoria. Non è di questo che, come ci ricorda
Philip Roth, si nutre la pratica della scrittura? Accogliere il padre malato nella propria
casa mostra tutto il senso positivo del debito simbolico. Diversamente dalla “razza padrona” che ha gestito le sorti spesso spregiudicate e criminogene del capitalismo
italiano nel segno di una avidità pulsionale sconfinata, il gesto umanissimo di accompagnare alla morte il padre malato ci
rivela l’essenza dell’ereditare: portare
dentro di sé l’altro da cui proveniamo, custodirlo in noi, non per riprodurlo passivamente, ma per oltrepassarlo.
La testimonianza non è mai solo un esercizio privato
ma si carica sempre di una responsabilità pubblica
cazione personale che vive la scrittura come una necessità paragonabile a quella di
respirare o di mangiare non si disgiunge dal
suo impegno militante alla ricerca della verità sia essa quella più intima, legata alle
sorti del proprio Io, sia quando coinvolge le
sorti di un intero paese.
Un secondo tratto della personalità di
Scalfari è quello del coraggio e del senso dell’avventura «per l’alto mare aperto», come
titola uno dei suoi ultimi libri. Questo coraggio non è solo una dote soggettiva, ma è
un suo modo di essere erede. Il coraggio gli
viene innanzitutto dal padre. È lì, attraverso il padre calabrese, ardito dannunziano,
lettore avido di storia e di poesia e sciupafemmine, che il figlio potrà respirare il desiderio dell’avventura. Quel figlio che ha
sempre avuto una predilezione speciale
per la fragilità addolorata e malinconica di
sua madre, con la quale si è sempre sentito
“una cosa sola”, è nel padre che può riconoscersi erede della capacità di non indietreggiare di fronte al rischio della propria
vocazione. In pagine struggenti, tra le più
toccanti del libro, Scalfari indugia sull’ultimo anno di vita trascorso insieme al padre
afflitto da un tumore alla prostata. Era il
1972, Scalfari aveva già fatto molto nella
sua vita. Ma è proprio quel «giorno piovoso
di marzo», quando il padre se ne andò nel re-
Un terzo tratto che emerge in questo racconto autobiografico è l’illuminismo di
Scalfari. Non si tratta solo di una adesione
libresca ad una cultura, ma di una attitudine esistenziale. Il richiamo alla ragione critica è costante in tutta la sua vita ed è ciò che
lo porta a guardare con diffidenza ogni rappresentazione metafisica della verità. Qui
il giornalista e l’intellettuale si intrecciano.
Il giornalista: non accontentarsi mai della
pura cronaca (politica o economica), ma
svelare sempre il suo retroscena, allargare
lo sguardo, estendere l’argomentazione,
rendere la ragione critica operativa mostrando quello che una descrizione empirica dei fatti non può cogliere. È l’ispirazione
fondamentale da cui è nata l’impresa
straordinaria di Repubblica. Un altro modo
di intendere il giornalismo: una ricerca permanente della verità che la superficie degli
eventi tende talvolta a occultare. L’intellettuale: diffidare dalla Verità con la V
maiuscola, includere l’incertezza come
condizione insuperabile della vita e del
pensiero, affermare il primato dell’etica –
della ragion pratica – rispetto a qualunque
speculazione ontologica. È questo il modo
con il quale Scalfari rilegge Nietzsche attraverso Diderot e Voltaire e gli altri philosophes della grande stagione dei lumi.
L’uomo è una tensione mai risolta tra la
IL RITRATTO
Eugenio
Scalfari
in un disegno
di Tullio
Pericoli
spinta della libertà (volontà di potenza) e
l’esigenza di costruire argini civili che permettano la vita insieme.
L’ultimo tratto è il più intimo e, almeno
per lo psicoanalista, fatalmente, il più decisivo. Veniamo a sapere che un’angoscia
profonda attraversa la vita del piccolo Eugenio. È un’angoscia che non l’abbandonerà mai. È l’angoscia suscitata dalla possibilità che i propri genitori possano separarsi. Troppo diversi. Il figlio unico si prodi-
ricomporre differenze che apparivano irriducibili, eterogenee per storia e cultura?
Per lui riformismo è una forza ricompositiva che non cede al compromesso, ma che avvicina elementi apparentemente opposti,
sordi, finanche ostili. È quello che assume
le forme di una vera e propria strategia politica nello sforzo di avvicinare il liberalismo repubblicano di La Malfa con il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer
negli anni tra i più bui della nostra vita col-
Decisiva nella sua personalità è la tendenza ad assumere
una funzione paterna, a ricomporre differenze irriducibili
gherà per eccellere, per non deludere, per
soddisfare tutte le loro attese e per fugare il
terrore per la loro separazione. Sarà lui a
tenerli insieme, lui il padre dei suoi genitori. Ecco emergere il tratto decisivo della personalità di Scalfari: la sua attenzione ai legami e il suo sogno di ricomporli, la sua tendenza ad assumere una funzione paterna
(«la componente paternale è stata la dominante d’ogni mio tipo di affetto e di amore
per gli altri», scriveva in L’amore, la sfida e
il destino). Non è forse questa la cifra segreta, l’anima più profonda, arcaica, inconscia, del suo riformismo? Non è forse
sempre stata una sua aspirazione quella di
lettiva che culminarono con l’assassinio di
Moro. Se il terrorismo si configurò come
una rottura atroce e traumatica del legame sociale, come una separazione violenta dalla cultura democratica, egli vide nell’avvicinamento tra le forze laiche liberali
e quelle comuniste, la possibilità di liberare le energie più sane del capitalismo italiano dall’avventurismo e i comunisti italiani dall’egemonia sovietica. Riformismo
per Scalfari ha sempre voluto dire possibilità di ricomporre produttivamente le differenze, di evitare che la separazione risulti solo sterile e traumatica.
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
41
PER SAPERNE DI PIÙ
www.marsilio.it
www.einaudi.it
I miei incontri
col divo Giulio
tra misteri
e scandali
Il ritratto di Andreotti, il “cardinale mancato”
Ecco un brano anticipato dal libro
EUGENIO SCALFARI
LVERO – e mai risolto – mistero della prima Repubblica si chiama Giulio Andreotti. Con quel mistero io ho avuto molto a che
fare, tant’è che, nel film Il divo
del regista Sorrentino, a un bravissimo attore che mi fa da controfigura è affidato il compito di
intervistare il protagonista.
L’intervista si trasforma in una
requisitoria d’accusa cui il «divo» risponde da par suo.
In realtà quell’intervista non
è mai avvenuta; le interviste che
feci con lui nel corso degli anni furono quattro o cinque, ma non
ebbero mai il tono della requisitoria. Le inchieste su di lui e alcuni nostri articoli, invece, quel
tono lo ebbero, ma ci furono anche momenti di rappacificazione tra noi e Andreotti, e perfino
di vicinanza politica.
Una cosa è certa: Andreotti
era un personaggio inquietante
e indecifrabile, l’incrocio accuratamente dosato d’un mandarino cinese e d’un cardinale settecentesco. Ha tessuto per quarant’anni, infaticabilmente,
una complicatissima ragnatela
servendosi di tutti i materiali disponibili, dai più nobili ai più scadenti e sordidi. È stato lambito
da una quantità di scandali senza che mai si venisse a capo di alcuno. L’elenco è lungo: lo scandalo del Sifar (era ministro della
Difesa all’epoca dei dossier di De
Lorenzo e di Allavena), lo scandalo Montedison-Rovelli (allora
era presidente del Consiglio), lo
scandalo Eni-Petromin (di nuo-
I
La festa
lunedì a Roma
all’Argentina
SARÀ un incontro aperto al pubblico quello che si svolgerà il prossimo 7 aprile, lunedì, al Teatro Argentina di Roma (le prenotazioni su www.repubblica.it).
90, racconto di una vita, è il titolo dell’evento, in occasione del novantesimo compleanno di Eugenio
Scalfari e dell’uscita del suo nuovo libro: Racconto autobiografico (edito da Einaudi). InL’AP terverranno il presidente del Gruppo editoPUN riale L’Espresso Carlo De Benedetti, il diretTAME tore di Repubblica Ezio Mauro e il direttore
NTO dell’Espresso Bruno Manfellotto, insieme a
Franco Marcoaldi, Simonetta Fiori e Alberto
Asor Rosa. Cinque parole scelte per sintetizzare una lunga avventura umana e intellettuale:
“Viaggio”, “Conoscenza”, “Passione”, “Amicizia”,
“Sfida”. A ciascuno degli ospiti ne sarà affidata una.
Durante l’evento, che si svolgerà dalle 17 alle 19.30,
Silvio Orlando leggerà alcuni brani tratti dalle opere del fondatore di Repubblica. La serata, condotta
da Antonio Gnoli, si concluderà con una testimonianza di Scalfari.
vo presidente del Consiglio),
quello Caltagirone, l’arresto del
direttore generale della Banca
d’Italia, Mario Sarcinelli, e l’incriminazione del governatore
Paolo Baffi (che furono ricondotti a una sua vendetta), lo scandalo Sindona al quale era legato
da una dubbia amicizia, quello
del Banco Ambrosiano, quello
del comandante della Guardia di
Finanza in combutta con i contrabbandieri del petrolio e infine
lo scandalo della P2 che in un certo senso tutti li riassume.
Ciascuno di questi casi può assumere l’aspetto geometrico di
una piramide tronca di cui non si
riesce a vedere il culmine. Ci sono indizi, amicizie, legami, luogotenenti che mantengono contatti e in caso di necessità si assumono in prima persona le responsabilità (vedi il caso Evangelisti che diede le dimissioni da
ministro quando si scoprì che
aveva ricevuto denari da Caltagirone). Tutti questi elementi
ruotano attorno ad Andreotti e
lasciano intuire che potrebbe essere stato lui il Grande Protettore, il Padrino, comunque il punto
di riferimento, ma niente di più.
Quest’uomo così discusso
esercitò una grandissima influenza ma non dette mai ordini.
Suggeriva, consigliava, incoraggiava, proteggeva. Aveva una
memoria tenace, una zona segreta della mente nella quale annotava gli sgarbi ricevuti e i favori resi, i nemici e gli amici. Quegli occhi leggermente obliqui
sembravano due fessure attra-
verso le quali entrava tutto ciò
che doveva entrare senza che ne
uscisse nulla, non un moto d’ira
o di gioia, non un sentimento
percepibile né di odio né di riconoscenza. Quelle labbra sottili,
quella testa incassata tra le spalle ingobbite, quel colorito giallognolo, quell’immagine fisica di
fragilità non disgiunta da una
certa eleganza, una vita privata
senza ostentazione alcuna, quel
tratto al tempo stesso alla mano
ma distante da tutti ne fanno un
enigma vivente. Se indossasse
un kimono di seta e babbucce ai
piedi e aggiungesse ai radi ca-
IL LIBRO
RACCONTO
AUTOBIOGRAFICO
di Eugenio Scalfari
(Einaudi, L’Espresso,
La Repubblica)è in vendita
da oggi in edicola a 8,90
euro con Repubblica
e l’Espresso, oltre
il prezzo del giornale,
e nelle librerie
pelli un posticcio codino, Andreotti sarebbe l’immagine
d’un alto consigliere della Città
Proibita dell’impero celeste. Ma
con una sottana violetta e la berretta cardinalizia in capo potrebbe essere un personaggio ritratto dal Tiziano. Oppure, in talare nera e fascia di seta alla vita,
un potente generale dei gesuiti
del diciottesimo secolo.
Nel partito ebbe sempre scarso seguito, la sua corrente numericamente non era forte, i
grandi del capitale, sia pubblico
che privato, non sono mai stati
suoi alleati: Mattei, Petrilli, Cefis, Schimberni, Cuccia, nessuno
di questi uomini ha mai avuto
con lui rapporti organici, mentre alcuni di loro ne hanno avuti
con altri leader politici magari
anche meno dotati.
Non so se sia stata un’inclinazione o una necessità, ma Andreotti si è sempre posto come il
leader di forze eterogenee e minoritarie con l’obiettivo di riunirle intorno a sé trasformandole in una maggioranza sia pure
provvisoria. Qualche esempio. È
stato il protettore di Rovelli contro Cefis, di Sindona contro Cuccia, del Banco di Roma contro la
Commerciale e il Credito Italiano. Di Roberto Calvi contro tutti.
Ha avuto in mano per molti anni
l’importantissima Procura della
Repubblica di Roma, attraverso
Claudio Vitalone. Gelli ha lasciato più volte intendere di considerarlo il suo referente principale. Il generale Maletti, capo dei
servizi del controspionaggio, gli
fu devotissimo. Orazio Bagnasco
non mosse passo nella finanza
senza consultarlo.
In Vaticano, questo cardinale
mancato non è mai stato nelle
grazie dei Segretari di Stato in
carica, a conferma di quell’inclinazione del carattere che lo spingeva a lavorare non di fronte ma
di sponda; ma sempre mantenne contatti solidi e profondi con i
capi di alcune potenti congregazioni, con lo Ior, col Vicariato di
Roma e con alcuni dei Sostituti
della Segreteria.
Il suo vero avversario a pari livello di intelligenza politica è
stato Moro, non Fanfani. Moro
privilegiava la strategia, Andreotti la tattica. [...] In un’ideale partita a quel classico gioco
che è lo scopone, Moro può raffigurarsi come il giocatore che dà
le carte e gioca per «apparigliare», mentre Andreotti è il giocatore «sotto mano» che gioca per
«sparigliare».
Nella corsa al Quirinale sono
caduti tutti e due. A eliminare il
primo hanno provveduto le raffiche di mitra dei brigatisti, il secondo è malamente scivolato sul
caso Gelli-P2.
Poi, nel 1992, cadde la prima
Repubblica e ogni possibilità
che il «divo» avesse ancora una
prospettiva politica. Negli anni
del berlusconismo è stato il testimone di un’epoca tramontata per sempre.
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
42
R2Spettacoli
& TELEVISIONE
CONTATTI
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Il regista presenta il suo kolossal “Noah” con Russell Crowe che sarà nelle sale italiane
dal 10 aprile: “Ho cominciato a pensarci a 13 anni, poi sono arrivati gli effetti speciali”
LOS ANGELES. Non approfondisce il discorso sulla
polemica nata intorno al film fin dai primi giorni delle
riprese e soprattutto sull’incontro con Papa Francesco
durante l’udienza pubblica la settimana scorsa a
Roma. Il regista Darren Aronowsky incontra la stampa
a Los Angeles alla vigilia dell’uscita di Noah (in Italia il
10 aprile). Con lui ci sono Russell Crowe nei panni di
Noè, Jennifer Connelly in quelli della sua fedele moglie
Naameh, Anthony Hopkins in quelli di Matusalemme,
Emma Watson nel ruolo della giovane Ila, fidanzata
del primogenito di Noè, Shem. Aronofsky difende la
sua interpretazione — fantasiosa — dei pochi versi del
libro della Genesi dedicati al diluvio e alla costruzione
dell’arca: ad aiutare Noè intervengono i Guardiani,
giganteschi mostri animati, angeli decaduti che
passano dal campo di Caino a quello di Noè nella cui
gigantesca arca non solo trova rifugio ogni coppia di
animali esistenti sulla Terra ma anche il gran nemico
di Noè, discendente di Caino, deciso a restituire al
mondo l’umanità con tutti i suoi difetti.
IL CAST
Russell Crowe,
Jennifer Connelly,
Emma Watson e
Logan Lerman. Sotto,
Darren Aronofsky
SILVIA BIZIO
A gente ha criticato questo
film prima ancora di vederlo
ma ora che lo
hanno visto tutto è cambiato —
dice Aronofsky — del resto è il
primo film sulla Bibbia da 50 anni a questa parte, da quello diretto da John Huston: ci sono solo quattro capitoletti nella Genesi che parlano di Noè, poche
parole, ci sentivamo come
esploratori, abbiamo letto il testo e cercato indizi su cui basarci. Quando hai a che fare con storie bibliche non puoi prenderle
troppo alla lettera, non ci sono
spiegazioni. L’idea espressa nel
film è che noi siamo i discendenti del peccato originale e
«L
Bibbia
in 3D
Aronofsky: “Con il mio film voglio salvare l’umanità”
SUL SITO
Su Repubblica.it
le videointerviste a
Russell Crowe e
Darren Aronofsky,
il trailer del film e la
fotogalleria dei
protagonisti
possiamo scegliere fra il bene e
il male. Nell’antichità gli uomini scelsero il male e Dio distrusse il pianeta. Questo film è un
monito: le acque si stanno alzando di nuovo, l’inquinamento sta distruggendo il pianeta e
noi, come dice Papa Francesco,
abbiamo la responsabilità di fare le scelte giuste».
Ha detto di essere ossessionato da questa storia da quando
aveva 13 anni.
«È vero, da quando a scuola
scrissi una poesia su Noè. Ho
passato anni a immaginare come avrei potuto portare questa
storia colossale sullo schermo
ma solo grazie allo sviluppo delle tecnologie ho cominciato a
pensare che fosse possibile farlo. Mi affascinava la storia epica ma anche quella della famiglia di Noè: le paure e le speranze, i conflitti e la ricerca di
un significato in questi eventi
straordinari. Ero rapito dall’idea della bellezza della creazione, il peccato originale, Caino che uccide Abele, e poi Noè,
così fedele a Dio da essere disposto a uccidere la sua stessa
famiglia pur di obbedirgli. E
poi, dopo Noè, la cattiveria continua, si arriva a Babilonia: per-
ché distruggere il Creato se tutto poi si ripete? L’umanità è piena di contraddizioni, siamo tutti discendenti della colpa originale. Questa storia ha il potere
di spiegare la condizione umana. Mio figlio, 6 anni, mi ha detto: “L’uomo è l’unica specie animale che uccide i propri simili”.
È vero».
“
IL PAPA
Il diluvio di oggi è la
distruzione
dell’ambiente. Lo
dice anche il Papa
Perché ha inventato i personaggi della moglie di Noè e della compagna del figlio?
«Per inserire un elemento a
sorpresa. Sono personaggi che
non contraddicono le parole
della Genesi. Che sono l’unica
cosa che conta. Sul pianeta ci
sono cose sopravvissute per
migliaia di anni, poi è arrivato
l’uomo e la situazione è diventata tragica. Nel suo primo sermone Papa Francesco ha parlato della nostra responsabilità
nei confronti dell’ambiente,
spero che il potere della storia
di Noè ci metta in guardia: l’umanità non ha seguito i precetti di Dio e il pianeta è stato distrutto, tranne gli animali e
una singola famiglia. Abbiamo
raccontato quella storia per
cinquemila anni, e oggi nulla
sembra essere cambiato».
Lei è religioso?
«Tutto quello in cui credo
l’ho espresso in The Fountain.
Faccio film sulle cose in cui credo, e lì metto le mie risposte. Se
siete curiosi su di me, andatevi
a rivedere quel film».
Com’è andata con il Papa, con
l’incontro privato che avevate
richiesto e non vi è stato accordato?
«Avevo parlato con il capo
della Paramount, gli avevo detto che sarebbe stato fantastico
incontrarlo, sa dire cose magnifiche. Il giorno in cui siamo
stati a San Pietro ha parlato dell’importanza di essere buoni
genitori, dell’amore che bisogna sempre avere nei confronti dei propri figli. Il suo discorso
rientrava perfettamente nell’idea di giustizia e compassione
che c’è nel nostro film. Non ho
mai avuto un’esperienza così».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
HOLLYWOOD WALK OF FAME
RAP
UNA STELLA PER ORLANDO BLOOM
EMIS KILLA RINVIA IL TOUR PER TONSILLITE
Anche Orlando Bloom ha la sua stella sulla Hollywood Walk of Fame.
«Ringrazio tutti e soprattutto i miei fan perché onestamente senza di
voi non sarei mai arrivato fin qui», ha detto l’attore accompagnato alla
cerimonia dal figlio di tre anni Flynn, avuto dalla ex Miranda Kerr.
Il rapper Emis Killa è stato costretto a rinviare le date del suo “Mercurio
tour” oggi a Napoli e domani a Bari. È stato ricoverato in ospedale per
una tonsillite. Lo ha annunciato lui stesso su Twitter: “Tonsillite, febbre
alta, vaff...”. Riprenderà il 24 maggio a Pavia.
PERSONAGGI
Fassbender
diventa un
pupazzo rock
SOTTO il testone di cartapesta
c’è Michael Fassbender.
Dell’attore resta solo la voce,
bassa e roca, che fa da
contrasto
all’espressione
ingenua del
pupazzo con i
in pillole capelli dipinti. Il
protagonista di
Shame e 12 anni
schiavo non fa mistero che la
sua prima vocazione era quella
di rocker. E così eccolo nel suo
ruolo più audace: Frank,
musicista pazzoide nel film
ispirato a Frank Sidebottom.
News
LA POLEMICA
Scarlett
“Parigini
maleducati”
QUEI maleducati dei cittadini
di Parigi. «Scarlett
Johansson vuole lasciare la
Francia», scrive il
settimanale francese Voici.
L’attrice abita da mesi a due
passi da Saint-Germain-desPrès, ma si era già lamentata
della maleducazione dei
parigini al Letterman Show.
Ora starebbe per trasferirsi
in Svizzera.
IL CASO
Wu-tang Clan
nuovo disco
in una copia
SINGOLARE e provocatoria
iniziativa del Wu-Tang
Clan, gruppo principe
dell’hip hop. Il nuovo
album The Wu–Once upon
a time in Shaolin, con 31
brani inediti, verrà
stampato in un’unica copia
e messo all’asta. RZA,
membro del Clan, ha
spiegato a Billboard che la
trovata vuole sottolineare
l’unicità e il valore dell’arte
del gruppo: la crew ha già
ricevuto varie offerte fino a
5 milioni di dollari.
43
Robin Wright
“Io sono Claire
una manipolatrice
con tanto cervello”
Con Kevin Spacey in “House of cards”
Il 9 aprile inaugura Atlantic su Sky
MARIA PIA FUSCO
ROMA
hanno definiti i Macbeth dell’era moderna.
Sono Frank e Claire Underwood, che dedicano
la vita a losche trame e malefiche macchinazioni all’interno
della Casa Bianca, animati da
un’ambizione implacabile, dall’ansia di potere e di vendetta
nei confronti del 45° presidente
Usa. Frank aveva contribuito alla sua elezione con la promessa
di diventare segretario di Stato,
promessa non mantenuta. Gli
Underwood sono i protagonisti
delle 13 puntate di House of
cards, ispirate a una miniserie
della Bbc del 1990 tratta dai romanzi di Michael Dobbs, conservatore, capo di Gabinetto di
Margaret Thatcher. La prima
serie di House of cards è stata
diffusa in America in streaming
Netflix, in Italia inaugurerà il 9
aprile in prima serata Sky
Atlantic (canale 110).
Con Kevin Spacey (Frank)
c’è Robin Wright. Texana di
Dallas, classe 1966, due figli,
due divorzi, il secondo da Sean
Penn dopo 20 anni di unione,
ora legata al 33enne Ben Foster, l’attrice vive un momento
felice della carriera, due film in
uscita, A most wanted man e
The Congress, e soprattutto il
successo del personaggio di
Claire. «Lady Macbeth? Il paragone non mi dispiace, ma non la
vedo come il Male. È manipolatrice e ambiziosa, ma è intelligente, scrupolosa, zelante, capace di realizzare ogni progetto. Con Frank agisce in perfetta
simbiosi», dice al telefono dall’America.
Che cosa lega Frank e Claire?
«Il comune desiderio di potere. House of cards racconta la
lotta per il potere, ma è anche la
storia di un matrimonio perfetto, in cui l’amore, il sesso, i tradimenti non sono importanti,
quello che conta è la crescita nella scala sociale ad ogni costo, con
ogni mezzo. In questo senso il riferimento a Machiavelli è d’obbligo, il fine giustifica i mezzi. Ed
è naturale che la lotta per il potere lasci qualche vittima, per
uno che vince c’è qualcuno che
perde, ma Frank e Claire non
possono permettersi rimorsi».
Si è ispirata a qualche donna di
potere di oggi?
«Ho letto qualche biografia di
mogli di politici, ma il riferimento essenziale è la sceneggiatura di Beau Willimon. Finalmente per me un ruolo diverso:
per troppo tempo mi hanno offerto personaggi di donne gentili, piene di umanità, mogli
comprensive e madri amorose.
Con il tempo ho imparato a es-
L
I
COPPIA
Robin Wright e Kevin
Spacey in “House
of cards”, prima
produzione originale
per Netflix, in onda
sul nuovo canale Sky
Atlantic
sere meno dura e rigorosa con
me stessa, anche nelle scelte di
lavoro. Poi mi piace partecipare
ad un progetto rivoluzionario, la
prima serie in streaming, la gente ha libertà di scelta, vedere
tutto insieme oppure saltare un
episodio o rivederne un altro».
La prima serie si conclude con
lei e Spacey che fate jogging,
felici perché Frank sta per diventare vicepresidente. Come si evolvono i personaggi?
«Siccome in Italia non è stata
ancora vista la prima stagione
per contratto non posso parlare
di quello che succede nella seconda. Tutto quello che posso dire è che Frank e Claire sono sempre più calcolatori e aggressivi.
E i loro obiettivi si spostano sem-
pre più in alto».
Pensa che gli eventi raccontati siano vicini alla realtà o pura
finzione?
«Non ho una risposta, Kevin
ed io abbiamo avuto reazioni
contrastanti da parte di personaggi politici. Alcuni riconoscono perfettamente gli intrighi e i
lati oscuri dell’ambiente di House of cards, altri s’indignano, dicono che non è verosimile».
Ma secondo lei perché ha tanto successo?
«A parte la simpatia che suscita Kevin, a chi non piace vedere, almeno sullo schermo,
persone che realizzano le proprie ambizioni? Persone che
non si fermano mai, che una volta superato un ostacolo, si pre-
La lotta per il potere
di due personaggi che
puntano con ogni mezzo
alla scalata sociale
parano a fronteggiarne un altro. E vincono sempre».
C’è differenza tra un film e una
serie tv?
«Non più per gli attori americani. Un tempo c’era snobismo
nei confronti della tv, ma oggi
serie e telefilm si girano come
fosse cinema. House of cards è
stato girato come un solo film di
13 ore, per me non c’è più differenza».
Guarda molta tv?
«Non sono mai stata una telespettatrice, non ho neanche un
televisore. Guardo solo House of
cards».
Della seconda stagione ha fatto la regia di due episodi. È l’inizio di una carriera?
«Curare la regia di un episodio è stato come un esame di ammissione al college. Mi piacerebbe un futuro come regista,
assolutamente sì».
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la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
46
R2Sport
CONTATTI
SEGRETERIA_SPORT@REPUBBLICA.IT
WWW.REPUBBLICA.IT
Calcio
LE
PA
GEL
LE
Ancora Buffon
protagonista
Caceres
e Chiellini
attenti in difesa
LIONE
☛ 6.5
LOPEZ
Ha i riflessi pronti su Tevez e Pirlo. Molto
reattivo nelle uscite basse.
☛ 6.5
TOLISSO
Diciannove anni, mezzi fisici e personalità
notevoli, non esita a distribuire randellate a
destra e a manca.
☛ 5
KONÉ
Sempre sul limite dell’errore, alla lunga va in
difficoltà anche se cerca di sempre di giocare
con eleganza. Ha la colpa di bucare il corner
che decide la partita.
☛ 6
UMTITI
Giovane di grandi prospettive, tradisce però
le imperfette condizioni fisiche.
☛ 5.5
BEDIMO
Ingaggia con Isla il duello tecnicamente più
modesto del match.
☛ 5.5
FERRI
Lottatore di centrocampo, buon rubapalloni
ma di scarsissima qualità.
☛ 5.5
GONALONS
Ha tecnica e autorevolezza, ma si prende
troppe confidenze perdendo palloni in zone
nevralgiche.
☛ 5.5
MVUEMBA
Batte tutti i calci di da fermo, con la palla in
movimento si nota meno: è un po’ troppo
statico.
☛ 6
MALBRANQUE
Assolve al compito che gli viene chiesto:
cancellare dalla partita Pirlo. Non si stacca
mai dal regista di Conte per 90 minuti. Il
sostegno alle punte, però, è praticamente
nullo. Dal 41’ st Fekir sv.
☛ 5
BRIAND
Si spolmona nel pressing, ma non riesce mai
a dare un fastidio né a Chiellini né poi,
quando cambia zona di campo, a Caceres.
Dal 44’ st Njié sv.
☛ 5
LACAZETTE
Il più atteso, ma anche il più evanescente. Si
limita a qualche mossetta ai margini del
gioco senza incidere. Dal 30’ st Gomis sv.
Europa League
Bianconeri ancora poco brillanti
ma basta la voglia di vincere
per avere la meglio sui francesi
Giovedì prossimo il ritorno allo
Stadium. L’Apache non incide,
poi esce per precauzione
Il dolce in fondo
per la Juve di coppa
semifinale vicina
A Lione decide un gol di Bonucci all’85’
fuori Tevez, da Giovinco la marcia in più
LIONE
0
JUVENTUS
1
40’ ST BONUCCI
DAL NOSTRO INVIATO
EMANUELE GAMBA
CONTE
LIONE
AJUVE ha mosso un altro pas-
JUVENTUS
☛ 6.5
BUFFON
Due parate impegnative per due tiri che forse
sarebbero finiti fuori.
☛ 6.5
CACERES
Il più attento e concentrato dei difensori, il più
svelto a mordere e a ripartire.
☛ 6
BONUCCI
Si assume spesso l'onere della regia con risultati
incerti. Perde due volte il pallone insistendo nel
dribbling, trova la zampata nel finale.
☛ 6.5
CHIELLINI
Non gli scappa nessuno, nella ripresa tenta di
farsi vedere nella metà campo altrui.
☛ 5.5
ISLA
Sul piano della corsa è tra i migliori, ma il
numero di errori in controllo o in appoggio è
veramente inaccettabile. Dal 33' st Lichtsteiner
sv.
☛ 5
POGBA
Tenta qualche veronica, numero che oramai gli
avversari conoscono e si aspettano. Il suo gioco
manca totalmente di concretezza.
☛ 5.5
PIRLO
Migliora nella ripresa, ma non ha l'energia per
evadere dalla guardia di Malbranque.
☛ 6
MARCHISIO
Se non altro è molto grintoso, e quindi efficace,
nel recupero del pallone. Si nota poco negli
inserimenti.
☛ 6
ASAMOAH
Comincia bene, cala presto, riemerge nel finale.
☛ 5
OSVALDO
Sembra un corpo estraneo, tecnicamente,
tatticamente e anche mentalmente. È il caso di
insistere su di lui. Dal 17' st Giovinco 7 ispiratore
delle azioni migliori.
☛ 5
TEVEZ
In Europa è come se avesse un blocco. O forse a
casa nostra è tutto più facile. Esce per un
problema all'adduttore. Dal 10' st Vucinic 5.5
alza il livello del gioco, ma si mangia un gol
fatto.
☛ 6.5
ARBITRO COLLUM
Tiene tutti a bada con pochi calmi gesti.
L
“
LA POLEMICA
so, piccolo ma significativo,
verso un traguardo grosso,
ancor più significativo. Il Lione
non è all'altezza della situazione, i bianconeri non sono all'altezza dei loro giorni migliori (e
l'Europa League, almeno quella
vista a Gerland, non è all'altezza
della Champions), ma in fondo
tutto questo importa davvero
poco: il risultato è l'unica unità di
misura che conti, di questi tempi, e il gol brutto, sporco e cattivo
di Bonucci, d'altro canto uno dei
peggiori in campo, può avere un
peso determinante negli ultimi
due mesi della stagione.
Il Lione, che in Italia galleggerebbe a metà classifica, ha mirato chiaramente allo zero a zero e
per un bel pezzo la Juve ha dato
l'idea di starci. È stata una partita stanca e di conseguenza stancante da vedere, perché noiosa e
moscia, molto preoccupata, per
niente energetica e senza un pizzico d'inventiva, almeno fino a
quando non sono apparsi Vucinic e soprattutto Giovinco, l'uomo della svolta. Prima, il tecnico
lionese Garde aveva disseccato
una possibile fonte d'ispirazione
piazzando Malbranque a uomo
su Pirlo. È stata una marcatura
efficace, cui l'azzurro non ha saputo sottrarsi spostando l'asse
del gioco della Juve sui piedi di
Bonucci, che ha sventagliato
una serie impressionante di lanci nel vuoto. L'unica volta che invece Pirlo ha potuto fare per conto suo, ha liberato con un assist
chilometrico, e millimetricamente preciso, Tevez nell'area
altrui (29'), ma l'argentino è riuscito solamente a deviare il pal-
Abbiamo
meritato
Tevez?
Problema
all’adduttore
niente di
grave. Il ko
di Napoli
ci servirà
MAROTTA AL NAPOLI: “EUFORIA DA PROVINCIALI”
«La sconfitta di Napoli? Digerita
velocemente». L’ad della Juve Beppe
Marotta aggiunge: «Cosa ci ha dato
fastidio? L’eccessiva euforia, quella tipica
di una squadra di provincia che quando
vince contro una grande festeggia
tantissimo. Era solo una gara da tre punti».
lone verso il portiere Lopes, prolungando di un altro po' il suo digiuno europeo. Di europeo, per
la verità, ieri sera c'è stato molto
poco: non i ritmi, non l'intensità
ASAMOAH
Una vittoria
importante,
con un gol
fuori casa.
Stanchi? Io
sempre
pronto per
giocare se
sto bene
Brutta partita, Pirlo
marcato a uomo, male
Osvaldo. La svolta
arriva dai cambi
e nemmeno la caratura tecnica.
Lione e Juventus hanno giocato
per tre quarti d'ora come se volessero rimandare il verdetto a
giorni migliori, anche se i francesi hanno avuto un paio di occasioni interessanti: prima Buffon
ha salvato su Malbranque, poi
Briand ha sbagliato la misura di
un pallonetto nel cuore dell'area.
”
Il programma Europa League
AZ Alkmaar (Ola)Lione (Fra)Basilea (Svi)Porto (Por)-
Benfica (Por)
Juventus (Ita)
Valencia (Spa)
Siviglia (Spa)
Andata
Qualcosa di meglio è successo
dopo l'intervallo, perché se non
altro coraggio e sveltezza hanno
ravvivato il gioco, sciogliendo la
matassa tattica nella quale fin lì
era stato imbrigliato. Il livello è
salito soprattutto quando Conte
ha sostituito Tevez (dolorante a
una coscia) e Osvaldo, che avevano spesso parlato tra loro ma
mai dialogato con la palla tra i
piedi, inserendo Vucinic e Giovinco, la coppia dell'anno scorso:
il loro palleggio stretto e la loro
creatività hanno messo alle corde il Lione, le loro variazioni sul
tema hanno smascherato le ingenuità dei francesi, che avevano messo in campo una formazione di gioventù (bravi soprattutto Umtiti e Tolisso, non il celebratissimo Lacazette) che alla
lunga è diventata un limite, non
una risorsa.
0
Ritorno
1 10/04 3
3
0
1
10/04 3
3
3
0
10/04 3
3
1
0
10/04 3
3
BASILEA, TRE GOL
La sorpresa sono i
tre gol con i quali il
Basilea ha battuto il
Valencia. Vittorie
del Benfica (in
trasferta) e del
Porto
La Juve deve avere intuito che
l'avversario stava progressivamente cedendo e lì è venuto fuori l'istinto del killer, o più banalmente l'impatto tecnico e fisico
della squadra più forte. I bianconeri hanno rischiato qualcosa in
contropiede ma hanno avuto
momenti – soprattutto a metà ripresa e attorno al gol decisivo –
in cui hanno compresso il Lione
negli ultimi venti metri, fino a
trovare lo spiraglio dell'uno a zero quando Bonucci ha risolto da
due metri la mischia scatenata
da un calcio d'angolo di Pirlo e diventata rete dopo lisci da comica
e rimpalli da flipper, in linea con
lo scarso livello estetico della serata.
LIONE (4-3-2-1)
Lopes — Tolisso, Koné, Umtiti, Bedimo —
Ferri, Gonalons, Mvuemba — Malbranque
(41’ st Fekir) — Briand (44’ st Njié), Lacazette (30’ st Gomis).
JUVENTUS (3-5-2)
Buffon — Caceres, Bonucci, Chiellini — Isla
(33’ st Lichtsteiner), Pogba, Pirlo, Marchisio,
Asamoah — Osvaldo (17’ st Giovinco), Tevez (10’ st Vucinic).
Arbitro: Collum (Sco).
Note: ammoniti Tolisso, Lopes, Giovinco,
Vucinic. Spettatori 37.084.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SCHUMACHER
MILAN
LA MANAGER: “SEGNALI INCORAGGIANTI”
BARBARA BERLUSCONI, DA LUNEDÌ A DUBAI
Un po’ di ottimismo per Michael Schumacher. Sabine Kehm, parla di
«segnali incoraggianti» riguardo le condizioni dell’ex pilota di F1,
ricoverato a Grenoble dal 29 dicembre. Smentita intanto la voce del
possibile trasferimento di Schumi nella sua abitazione, in Svizzera.
Missione di Barbara Berlusconi a Dubai da lunedì: appuntamento con
Emirates per il rinnovo della sponsorizzazione in scadenza 2015 e per la
ricerca di partner per lo stadio. Ieri incontro con Galliani («Mai stati così
buoni i rapporti con Barbara»). Essien infortunato: tre settimane di stop.
47
GLI STADI A RISCHIO
Non ancora consegnati quelli di
San Paolo e Porto Alegre
Lo stadio Itaquerão di San Paolo
IL CASO/MONDIALI
Il pasticcio degli stadi
la Fifa spaventa il Brasile
“Non siamo pronti”
COSIMO CITO
ULTIMA (per ora) è accaduta a Cuiabà: un allagamento ha reso un pantano i dintorni dell’Arena Pantanatal prima dell’evento-test
dello stadio, la partita tra Mixto
e Santos di Copa do Brasil. Test
fallito per una falla nel sistema
di drenaggio delle acque piovane, con conseguente inondazione degli ingressi. Va così,
cioè malissimo. Tanto che, ieri,
parlando in Sudafrica, il numero due della Fifa Jerome Valcke
ha detto: «Per il Mondiale non
siamo pronti». Il riferimento,
oltre a Cuiabà, è agli altri due
stadi non ancora consegnati,
l’Itaquerão di San Paolo e il Beira-Rio di Porto Alegre. All’Itaquerão, dove Brasile e Croazia
apriranno il Mondiale il 12 giugno, tra appena 70 giorni, la situazione dei lavori è drammatica. Sono 26 le irregolarità registrate dal corpo dei vigili del
fuoco. Sabato un altro operaio è
morto, e l’autorità giudiziaria
minaccia di sospendere i lavori
se la situazione non cambierà
in tempi brevi. Inoltre, come rivela un’inchiesta dell’Estado
de San Paulo, in edicola oggi,
alcune aree dello stadio, come
la centrale elettrica e dell’ac-
L’
COLPO VINCENTE
Bonucci risolve una
mischia in area del
Lione trovando
lo spazio per il gol
vincente
“Batto Mourinho, non so se basta a Prandelli”
L’INTERVISTA
DAL NOSTRO INVIATO
ANDREA SORRENTINO
PARIGI
Sarkozy, Gerard
Depardieu e la neo-sindaco Anne Hidalgo l’hanno
applaudito a lungo, come tutto
il Parc des Princes che adora
questo scricciolo d’uomo, poco
più di un metro e sessanta e
un’energia spaventosa. È stato
tra i migliori, e mica in amichevole o in serie A, ma nei quarti di
Champions, contro il Chelsea.
Ha ricevuto i complimenti di
Mourinho, ha recuperato più
palloni (8) e ha subito più
falli di tutti (7), ha sbagliato 6 passaggi su 85. Insieme a Sirigu, è l’unico italiano in Champions. Che
uno come lui non sappia ancora se
parteciperà ai
Mondiali, è
francamente
un mistero.
Eppure lei, Marco
Verratti, 21 anni,
N
ICOLAS
qua, sarebbero facilmente
esposte a eventuali tentativi di
sabotaggio. Problematica la situazione dei sistemi di telecomunicazione all’interno degli
stadi. «Dobbiamo essere certi
che tutto vada per il meglio —
prosegue Valcke — e che tutto
funzioni almeno al 99,9%». Lo
scorso anno la trasmissione Rai
di Italia-Haiti nello stadio del
Vasco da Gama, a Rio, rischiò di
saltare per enormi problemi
tecnologici. Un anno dopo le cose non sono troppo diverse, tanto che Valcke ha ammesso che
«forse avremo cose non pronte
per l’inizio della Coppa, ma non
possiamo spostare la partita
d’esordio». Ma c’è anche un altro fronte aperto. Uno studio
dell’Agenzia nazionale dell’Energia elettrica ha rivelato che
almeno tre stadi, quelli di Porto
Alegre, Curitiba e Manaus, sarebbero a rischio blackout. Tirando le somme, almeno cinque città su dodici rischiano di
non comparire sulla mappa del
Mondiale. E la Fifa starebbe
pensando seriamente di spostare le partite previste negli
impianti a rischio in altri stadi,
e non del Brasile, ma di Argentina o Stati Uniti. Un pasticcio
immane, e di tempo ce n’è ormai pochissimo.
sembra sereno più che mai.
«Perché faccio il lavoro più
bello del mondo. Vivo in una
città magnifica e non credevo di
trovarmi così bene. In squadra
c’è un ambiente perfetto, mi
sento a casa, siamo un bel gruppo di “italiani” e si passa del tempo insieme, facciamo grigliate e
serate con Lavezzi e con gli altri… Abito a Neuilly-sur-la Seine, sono papà di Tommaso da
tre settimane, il Psg è una grande d’Europa, io gioco quasi sempre. Cosa chiedere di più?».
Ibrahimovic ha detto che lei è
un “world class player”, i brasiliani che è una via di
mezzo tra Pirlo e
Gattuso.
«Pirlo e Gattuso
sono due fenomeni, il paragone mi
lusinga e spero di
esserne degno.
Ma so che nel calcio sei un mostro dopo una bella partita, e un
brocco dopo una sbagliata».
Contro il Chelsea l’abbiamo vista rischiare qualche giocata:
è ancora il suo difetto principale?
«Eh ma il mio modo di giocare
è questo. Se mi togliete il piacere del rischio è meglio che torno
a casa… Anche Blanc a volte mi
richiama all’ordine e io, per carità, lo ascolto. Col Chelsea ho
perso un paio di palloni evitabili, e contro un avversario tosto,
con un grande allenatore come
Mourinho. Tutte lezioni utili. È
stata una vittoria meravigliosa».
Brutalmente: ma perché uno
come lei non è titolare in Nazionale?
«Il vero problema che mi pongo è se sarò convocato o no, e al
momento non è chiaro. Ma ci
spero come qualsiasi calciatore
al mondo. L’unica cosa che posso fare è continuare a far bene
nel Psg, perché prima delle con-
vocazioni non ci sono amichevoli e mi rimane solo il club per
convincere il ct».
Prandelli ha detto che o lei è
una risorsa, o è un problema:
commento?
«Guardate, io ringrazierò a
vita Prandelli: mi ha dato fiducia che avevo 19 anni e giocavo
in B... E ogni volta che mi convoca è un orgoglio. Prandelli fa le
sue scelte e io le accetto. In azzurro è pieno di giocatori bravissimi e lui ha ragione quando
dice che devo migliorare, ci
mancherebbe».
La vulgata è che Prandelli la
considera un vice-Pirlo, quindi
ci sarà spazio per lei solo dopo i
Mondiali. Giusto?
«Non chiedetelo a me. Pirlo è
un giocatore fantastico e un uomo molto simpatico, non è vero
che non parla mai, anzi. Con me
è sempre stato amichevole. E in
campo, da lui, ho solo da imparare».
“
VERRATTI
Spero di essere
chiamato per i
Mondiali, ma non è
chiaro. Accetterò le
scelte del ct. Pirlo?
Con me è sempre
stato amichevole
”
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
R2 SPORT
IL PRECEDENTE
Nel settembre 2009 sanzionato
il Chelsea: il Tas accolse il ricorso
L’inchiesta
FRANCESCO SAVERIO INTORCIA
MATTEO PINCI
L PIÙ bravo di tutti fu com-
I
prato bambino per pochi
spiccioli, e siccome non c’erano fogli di carta e un minuto da perdere, il direttore
sportivo del Barcellona Carles Rexach gli fece firmare il contratto su un tovagliolo. La leggenda
di Leo Messi, approdato in Europa coi genitori al seguito, spiega la grande illusione che alimenta la tratta dei
piccoli calciatori. Una guerra globale, in cui società, procuratori,
mediatori corrono per anticipare
la concorrenza e danzano sul confine delle regole. La sanzione al
Barcellona (un anno senza
mercato per irregolarità nel
tesseramento dei minori)
riporta alla luce
una piaga a lungo tollerata. La
Fifa - che secondo
la stampa spagnola
starebbe indagando su altri club vieta il trasferimento internazionale di minori, a meno che non ricorrano circostanze eccezionali
(la migrazione al seguito dei genitori; lo spostamento nei 50 km
dal confine; il trasferimento all’interno dell’UE di chi abbia già
16 anni). Fa prevalere la tutela
del sano sviluppo del fanciullo sugli interessi sportivi. Ma le vie per
aggirare i divieti sono infinite. «I
club, anche di un certo livello —
racconta un agente internazionale, chiedendo di restare anonimo — non si fanno poi tanti problemi. Spesso hanno un dirigente
che prende in affidamento più di
un minore, vale soprattutto per
gli africani. Oppure trovano un lavoro ai genitori: per la Fifa, la famiglia deve spostarsi per motivi
indipendenti dallo sport, ma basta un’azienda partner o compiacente della società per sistemare
i papà: è solo questione di soldi. E
alle famiglie va una percentuale,
come nel caso Neymar». Legale,
ma eticamente discutibile, la
pratica dell’affidamento: i minori poi finiscono in collegi o foresterie. Prima dei club, però, arrivano sedicenti osservatori. «In
Africa — aggiunge l’agente — falsi procuratori adescano minorenni che giocano in squadre non registrate alla Fifa: con la scusa di
portarli a giocare in Europa li
strappano alle famiglie e li vendono a criminali e trafficanti».
PROTESTA BARÇA
Alla Masia, il vivaio
del Barça. A sinistra
Lee. Bartomeu, il
presidente: “Siamo
vittime di una
ingiustizia, il nostro
modello funziona”
49
Tratta di baby calciatori
affidamento e lavori fittizi
così si aggirano le regole
Stretta della Fifa sul mercato dei minori: dopo il Barça altre indagini
In tutto il mondo club spregiudicati. “Finalmente sanzioni dure”
I NUMERI
Secondo l’Organizzazione internazionale per
le migrazioni, il calcio è uno dei
mercati emergenti per i paesi in
via di sviluppo: i calciatori sono le
nuove materie prime. I barrios sudamericani, i villaggi africani,
13mila
TRASFERIMENTI INTERNAZIONALI
Per la Fifa sono i movimenti di
minori in un anno. Sfuggono i
club non registrati
34.868
I GIOVANI STRANIERI IN ITALIA
Il dato riguarda i tesserati nel
settore giovanile e scolastico, su
50mila stranieri in totale
9.434
I NEOTESSERATI IN ITALIA
È il dato dei minori al primo
tesseramento per la Figc, in
aumento del 23,2%
REPUBBLICA.IT
I PRIGIONIERI DEL VINCOLO
Migliaia di ragazzi in
Italia sono prigionieri
del vincolo, norma che li
lega alla propria società
impedendogli di andare
a giocare dove vogliono.
L’inchiesta di Linda
Borgioni e Alessandro
Cecioni su Repubblica.it
adesso l’Est: Lee Seung Woo, il
nuovo Messi del Barça, è sudcoreano. La Fifa nel 2011 ha contato 13mila trasferimenti di minori, dati del Transfer Matching System: un cervellone che registra
club e tesserati e vigila su tutte le
operazioni di calciomercato.
Sfuggono, però, i bambini “rubati” a squadre amatoriali o prelevati direttamente a casa.
Jean-Claude Mbvoumin, ex
calciatore camerunese, ha fondato nel 2001 l’associazione Foot
Solidaire, che lavora per tutelare
i baby calciatori dell’Africa. «È la
prima volta che la Fifa prende
una decisione così netta e decisa
— commenta soddisfatto —. Sorprende che colpisca il Barcellona,
ma tutti devono rispettare le regole e ogni intervento a tutela dei
diritti dei bambini è da salutare
con entusiasmo». La tratta, spiega Mbvoumin, «è una piaga che
colpisce non solo l’Africa, ma
adesso anche il Sud-Est asiatico.
Per pochi soldi, le famiglie vengono convinte a lasciare i propri
bambini nelle mani di mediatori
senza scrupoli. E quelli che non
sfondano, magari per un infortunio, vengono spesso abbandonati al proprio destino. Li cercano
sempre più piccoli, ma cos’è meglio? Allontanarsi di casa a undici
anni, andare lontano, rischiare di
finire in strada? La soluzione è incentivare la formazione nei paesi
d’origine». In Italia, giocano
35mila ragazzi stranieri. I minori
al primo tesseramento, 9.434, sono aumentati del 23,2% in un anno.
La tratta dei piccoli campioni
ha ispirato il film del 2012 “Il sole
dentro”. E Juan Pablo Meneses,
giornalista cileno, ha pubblicato
“Niños futbolistas”, in cui si è finto agente e ha comprato un piccolo calciatore del suo paese per
200 euro. Racconta di un sottobosco dannato, in cui i giornalisti
vengono assoldati per stilare liste
di giovani prospetti, dove si pagano anche 500 dollari per il numero di telefono dei genitori di un
talento, dove un ragazzo di 14 anni ha per forza già un procuratore. Ha usato lo stesso metodo del
suo libro precedente. Lì, indagava sul mercato dei vitelli.
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
R2 SPORT
51
LA PROSSIMA AVVERSARIA
La vincente affronterà in
semifinale Svizzera o Kazakistan
Gli altri sport
L’incognita Murray
tra l’Italia di Davis
e il sogno semifinale
SPORT
IN BREVE
SERIE B
OGGI PALERMO
CON L’AVELLINO
Stamattina alle 11.30 via alla sfida con Fognini-Ward
Vigilia con giallo per un presunto virus dello scozzese
GIANNI CLERICI
L’anticipo della 33ª
giornata di Serie B
stasera (20.30 Sky
Sport1) PalermoAvellino. Domani alle
15: Brescia-Pescara;
Lanciano-Modena;
Juve Stabia-Varese;
Ternana-Cesena;
Spezia-Padova;
Novara-Crotone;
Cittadella-Siena;
Reggina-Latina;
Carpi-Trapani.
Domenica il posticipo
(12.30) Bari-Empoli.
IL PROGRAMMA
NAPOLI
EL corso della mia lunga e
inefficiente vita professionale, non sono mai diventato un giornalista da scoop
che, forse per derisione, giungo
a chiamare sgub, come un famoso collega digiuno di inglese.
N
Assente al sorteggio, si
sono diffuse voci, poi
smentite, del forfait di
Andy. Rischio pioggia
Non dev’essere il caso di un mio
giovane, e ancora poco conosciuto, collega napoletano, che
di scoop sicuramente vivrà. Infatti, dopo aver notato l’assenza, durante la conferenza stampa del sorteggio, di Andy Murray, alle domande sul suo conto,
alla risposta «un po’ di raffreddore», e insieme alla sua conferma come singolarista opposto nel secondo match ad An-
DIRETTA DA NAPOLI SU SUPERTENNIS
Oggi via alle 11.30 con Fognini-Ward.
A seguire Seppi-Murray. Domani alle 14:
Bolelli/Fognini-Fleming/Murray.
Domenica 11.30: Fognini-Murray, a
seguire Seppi-Ward. In alto lo stadio di
Napoli sul lungomare
FORMULA UNO
Alonso e Vettel uniti
“Ridateci la velocità”
DAL NOSTRO INVIATO
STEFANO ZAINO
dreas Seppi, io mi sarei limitato
ad una banale trascrizione.
Il futuro segugio ha invece
inforcato la motoretta, si è precipitato alla volta dell’Hotel Vesuvio, dove alloggia la squadra
britannica, e ha foraggiato un
dipendente, per apprendere
che a Murray era stata servita la
colazione in camera, e che non
era ancora uscito. Poiché quasi
tutti pensano che lo scozzese
potrebbe portare due punti, e
nel caso per noi peggiore tre, alla squadra britannica, anch’io
non faticavo a capire quanto importante, addirittura decisivo,
sarebbe stato un suo malessere.
Ho quindi occhieggiato il com-
puter del mio promettentissimo collega, che dava per possibile assente Murray. E mi sono
spinto a chiederne conferma ai
miei colleghi Mike Dickson, del
Mail, e Neil Harman, del Times.
Ne è seguita un’immediata semi-smentita che ha retrocesso
lo scoop ad un volgarissimo
sgub, all’ipotesi di raffreddore,
e al fastidio che un famoso tennista finisce a provare per la banalità di domande che gli vengono rivolte da noi cronisti.
Stavo per cancellare un simile attacco del pezzo, quando mi
son sentito dire, sempre dai
miei colleghi che, anche in casa
british, era nato qualche dub-
bio. Un Murray disturbato solo
dal raffreddore, si sarebbe dovuto comunque allenare alle
17. Di fronte alla porta dello spogliatoio avrei quindi iniziato, insieme ad altri segugi, un’attesa
che si risolveva alle 18, quando
il malato immaginario scendeva finalmente in campo a colpire palle vigorose insieme all’allenatore Colin Beecher. Un’Italia-Gran Bretagna che, priva di
Murray, sarebbe stata una sorta di allenamento, ritorna ad essere un incontro probabilmente deciso dal doppio, specialità
quasi scomparsa nei tornei, ma
determinante in Davis.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
CALCIO
UNDER 17 DONNE
FINALE 3° POSTO
Stasera (alle 22
Raisport1) la
nazionale under 17
femminile affronta il
Venezuela nella finale
per il terzo posto della
Coppa del mondo in
Costa Rica. Le
azzurrine di Enrico
Sbardella hanno già
incontrato le
sudamericane nel
girone eliminatorio,
venendo sconfitte per
1-0.
CICLISMO
SAKHIR
rumorosa. Peggio: noiosa,
rari sorpassi, emozioni sconosciute, vetture più lente di 9 secondi, racconta Alonso, fra il giro veloce di Hamilton in Malesia e quello
realizzato sulla stessa pista anni fa
da Vettel con la sua Red Bull, piloti ragionieri per risparmiare benzina e
arrivare al traguardo. La nuova F1
piace a pochi, come dimostra la bocciatura dei tifosi Ferrari, 83% di voti
contrari sui 50mila partecipanti al
sondaggio. Così non si può andare
avanti, a Maranello ne sono convinti
a cominciare dal presidente Montezemolo che da giorni si affanna per
una controrivoluzione e, dopo aver
incontrato Ecclestone a Londra, è
pronto a piombare domenica in Bahrein per perorare la causa con altro
vertice con Bernie e Todt, presidente Fia. La Ferrari vorrebbe gp più corti (per ovviare alla ridotta quantità
di benzina) e l’eliminazione del flussometro. Un passo indietro che ieri
ha infiammato la discussione nel
paddock, anche perché per un cambio così radicale in corsa è necessario
un placet unanime da parte dei
team. I ferraristi vedrebbero di buon
grado l’inversione di rotta. Alonso si
affida ad una constatazione molto
semplice: «Se ci date più benzina, noi
andiamo più veloce. Altrimenti non
c’è nulla da fare. I tempi sul giro dimostrano quanto le macchine siano
state rallentate. E per noi piloti, che
amiamo la velocità, non è certo un
bene». Sarebbe meglio tornare all’antico. La pensa cosi anche Raikkonen, anche se riconosce che «piacciano o no, le regole sono queste e bisogna accettarle. Ai piloti non è dato
diritto di cambiarle». Ci si potrebbe
riuscire se fossero tutti d’accordo e la
Red Bull lo è, con Vettel che esterna
P
OCO
LA PANNE A
VAN KEIRSBULCK
Fernando Alonso
perenne mal di pancia per la nuova
F1, «dove ai box puoi parlare liberamente con la macchina accesa». Difficile però far breccia sulla Mercedes
che invece dalla trasformazione ha
ricevuto nuova linfa. Hamilton è categorico. «Regolamento modificato? Neanche a parlarne. Siamo partiti così e così dobbiamo andare avanti». Ragionamento che appartiene
anche a Rosberg. «Bisogna essere
aperti alle novità. Prima o poi ci si abitua a tutto». Soprattutto quando in
classifica sei lepre e non cacciatore.
Lo show più povero però è un fatto
e su questo, Ecclestone d’accordo,
punta molto Montezemolo. Non
Todt: «Il vero problema della F1 sono
i costi troppo elevati, non la mancanza di rumore o di sorpassi. Bisogna
mettere un tetto alle spese, 150 milioni di euro annui per team». Mentre
Ecclestone, gioia o noia, si frega le
mani all’idea di una F1 più larga, con
una scuderia in più, quella dello statunitense Haas, pronto ad entrare
nel 2015 con la Haas Automation,
ora in pista nella Nascar americana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Al belga Guillaume
Van Keirsbulck
(Omega Pharma) la
Tre Giorni di La Panne,
chiusa con una
cronometro vinta dal
polacco Maciej
Bodnar (Cannondale).
Van Keirsbulck, con il
quinto posto nella
semitappa finale, è
riuscito a strappare in
extremis la maglia di
leader a Gert
Steegmans, suo
connazionale e
compagno di
squadra.
L’italiano Sacha
Modolo aveva vinto la
penultima tappa.
TENNIS
CHARLESTON
ERRANI OK
Sara Errani approda
nei quarti di finale del
torneo Wta di
Charleston, in Sud
Carolina. La tennista
romagnola ha battuto
la cinese Shuai Peng
per 7-6 (8-6), 7-6 (7-5).
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
R2 PROGRAMMI
52
ANTONIO DIPOLLINA
CANAL GRANDE
DA NON
PERDERE
Ballando in Pista con Flavio Insinna
Q
UESTO non è un talent, si affretta
a dire il buon Flavio Insinna in
apertura di puntata. Somiglia assai alla pipa che non è una pipa, perché
La Pista (stasera su RaiUno la seconda
puntata) è quella cosa lì, insomma.
Show light del venerdì sera per la rete
ammiraglia, con le squadre in ballo, un
po’ per mandare in Pista aria di Ballando con le stelle un po’ per riprovarci alla
Tale e Quale. Musiche e festa, di quelle
che nessuno ha il potere di far fallire:
WERNER HERZOG
Il grande regista tedesco
firma il documentario,
Cave of forgotten dreams,
la grotta dei sogni
dimenticati, ambientato in
Francia, nella grotta di
Chauvet, famosa per i suoi
dipinti preistorici.
Rai 5 — 21.15
6.00
6.45
8.15
8.35
10.00
10.30
11.00
13.00
13.30
13.50
14.00
16.15
17.45
17.50
17.55
18.15
18.45
20.30
21.00
21.10
23.20
23.35
0.20
0.30
1.15
1.20
1.25
2.20
4.10
5.40
CANALE 5
La strada per la felicità - Tf
Cartoon Flakes
Due uomini e mezzo - Tf
Desperate Housewives - Tf
Tg2 Insieme
Meteo2
I Fatti vostri
Tg2 Giorno
Tg2 Eat Parade
Tg2 Sì, viaggiare
Detto fatto
Cold Case - Tf
Tg2 Flash L.I.S.
Meteo 2
Rai Player
Tg Sport
Tg2
Squadra Speciale Cobra 11
- Tf
Tg2 20.30
LOL :-)
Virus - Il contagio delle
idee
Tg2
Tg2 Punto di vista
Under the Dome - Tf
Rai Parlamento Telegiornale
Law & Order - Tf
Meteo
Appuntamento al cinema
L’Ottavo Nano
Videocomic
Università Telematica Internazionale UniNettuno
Videocomic
7.00
7.30
8.00
10.00
11.10
11.15
12.00
12.25
12.45
13.00
14.00
14.20
14.50
15.00
15.05
15.10
15.15
16.05
16.40
19.00
19.30
20.00
20.10
20.35
21.05
23.10
0.00
0.10
1.05
1.20
1.25
1.55
2.05
Tgr Buongiorno Italia
Tgr Buongiorno Regione
Agorà
Mi manda RaiTre
Tg3 Minuti
Elisir
Meteo 3
Tg3
Tg3 Fuori Tg
Pane quotidiano
Senato - Cerimonia finale
“Testimoni dei diritti”
Tg Regione / Tg Reg. Meteo
Tg3 / Meteo 3
Tgr Leonardo
Tg3 L.I.S.
Tgr Piazza Affari
Rai Player
Terra nostra - Tf
Aspettando Geo
Geo. All’interno: 18.10
Meteo
Tg3
Tg Regione / Tg Reg.Meteo
Blob
Sconosciuti la nostra personale ricerca della felicità
Un posto al sole
Amore criminale
I dieci comandamenti
Tg3 Linea Notte
Tg Regione / Meteo3
Tg3 Chi è di scena
Appuntamento al cinema
Magazzini Einstein
Fuori Orario
Film: Cockfighter - di
Monte Hellman, con Warren Oates
CONDUTTORE
Flavio
Insinna, 48
anni,
conduce
“Lapista”
ITALIA 1
6.00 Prima pagina
7.55 Traffico / Meteo5 /Borse e
Monete
8.00 Tg5 Mattina
8.45 Mattino cinque
10.00 Tg5 ore 10.00
10.05 Mattino cinque
11.00 Forum
13.00 Tg5 / Meteo5
13.40 Beautiful - Soap
14.05 Grande Fratello
14.10 Centovetrine - Soap
14.45 Uomini e Donne
16.05 Grande Fratello
16.15 Il segreto - Telenovela
17.10 Pomeriggio Cinque
18.05 Tg5 Minuti
18.10 Pomeriggio Cinque
18.50 Avanti un altro!
20.00 Tg5
Meteo5
20.40 Striscia la notizia - La voce
dell’irruenza
21.10 Le mani dentro la città con Giuseppe Zeno, Simona Cavallari
23.30 Supercinema
0.00 Tg5 Notte
Rassegna stampa
Meteo5
0.30 Striscia la notizia (r)
1.00 Uomini e Donne (r)
2.30 Off the Map - Tf
5.00 Media Shopping
5.15 Tg5
Rassegna stampa
Meteo5
RETE 4
6.55 Friends - Sitcom
7.50 Le regole dell’amore - Sitcom
8.40 Una mamma per amica - Tf
10.30 Dr. House - Medical Divisione - Tf
12.25 Studio aperto
Meteo.it
13.00 Sport Mediaset
13.40 Grande Fratello
14.10 I Simpson - Tf
14.35 Cartoni
15.00 Big Bang Theory - Sitcom
15.50 Due uomini e 1/2 - Sitcom
16.35 How I Met Your Mother Sitcom
17.25 Nikita - Tf
18.30 Studio Aperto
Meteo.it
19.20 C.S.I. Scena del crimine - Tf
21.10 Colorado - con D. Abatantuono e C. Francini
0.00 Film: True Justice - La
vendetta - di Wayne Rose, con Steven Seagal
1.50 Grande Fratello
2.10 Sport Mediaset
2.35 Studio Aperto - La giornata
2.50 Media Shopping
3.05 Hercules - Tf
3.50 Media Shopping
4.05 Film: La vergine, il toro
e il capricorno- di Luciano Martino, con Edwige
Fenech, Aldo Maccione
5.35 Media Shopping
5.50 Quelli dell’intervallo - Tf
5.55
6.25
7.20
8.15
9.40
10.45
11.30
12.00
12.55
14.00
15.35
18.55
19.35
20.30
21.15
0.00
1.15
2.25
4.15
4.30
4.55
LA SETTE
Media Shopping
Chips - Tf
Miami Vice - Tf
Hunter- Tf
Carabinieri - Tf
Ricette all’italiana
Tg4. All’interno: Meteo 4
Detective in corsia - Tf
La signora in giallo - Tf
Lo sportello di Forum
Film: Intrigo internazionale - di Alfred Hitchock, con Cary Grant, Eva
Marie Saint, James Mason
Tg4. All’interno: Meteo
Il segreto - Telenovela
Tempesta d’amore - Telenovela
Quarto grado
I Bellissimi di R4
Film: Basic Instinct - di
Paul Verhoeven, con Michael Douglas, Sharon Stone, George Dzundza
Tg4 Night News
Film: Il sole buio - di Damiano Damiani, con Michael Parè, Jo Champa
Media Shopping
Attenti a noi due 2
Rosa Shocking 1984
6.00 Tg La7
Meteo
Oroscopo
Traffico
6.55 Movie Flash
7.00 Omnibus - Rassegna stampa
7.30 Tg La7
7.50 Omnibus meteo
7.55 Omnibus
9.45 Coffee Break
11.00 L'aria che tira
13.30 Tg La7
14.00 Tg La7 Cronache
14.40 Le strade di San Francisco Tf
16.40 Il commissario Cordier - Tf
18.10 L’ispettore Barnaby - Tf
20.00 Tg La7
20.30 Otto e mezzo - conduce Lilli Gruber
21.10 Crozza nel Paese delle meraviglie - conduce Maurizio Crozza
22.40 Bersaglio mobile - conduce Enrico Mentana
0.30 Tg La7 - Night Desk
1.35 Movie Flash
1.40 Otto e mezzo (r)
1.55 La7 doc
2.45 L'aria che tira (r)
4.24 Omnibus (r)
DEEJAY TV
14.00
15.00
16.00
16.30
16.55
17.00
18.00
18.55
19.00
20.00
20.20
20.45
21.00
22.00
23.30
Melissa & Joey - Tf
Occupy Deejay
Via Massena 2
Fuori Frigo
Deejay Tg
Deejay Hits
Felicity - Tf
Deejay Tg
Giù in 60 secondi
Lorem Ipsum
Fuori Frigo
Microonde
Fino alla fine del mondo
Deejay chiama Italia
American Horror Story 2
LA EFFE
15.45 Un medico On The Road
16.15 RED - Racconti dalle
megalopoli
17.15 Al cinema con laeffe
17.20 Un medico On The Road
17.50 RED - Il guru delle
prelibatezze - 1^TV
18.20 RED - Racconti dalle
megalopoli
19.20 Per dieci minuti - Ogni
giorno
19.45 RNews
19.55 Al cinema con laeffe
20.00 RED - Lo sportivo
vagabondo
21.00 Fan Festival
21.10 Film: Last Days
23.00 L'Ispettore Wallander
RAI
■ PREMIUM
■ RAI 4
6.30
6.50
7.20
8.05
9.35
10.25
11.10
11.50
13.20
14.05
14.15
15.00
15.40
16.20
17.05
17.10
18.00
19.30
19.40
20.25
21.10
22.40
0.20
0.35
0.40
2.20
2.25
Musiclife
Sabrina vita da strega - Serie Tv
Heartland - Serie Tv
Streghe - Serie Tv
Robin Hood - Serie Tv
Private Pratice - Serie Tv
Brothers & Sisters - Serie Tv
Streghe - Serie Tv
Flashpoint - Serie Tv
Rai Player
Private Pratice - Serie Tv
Brothers & Sisters - Serie Tv
90210 - Serie Tv
Veronica Mars - Serie Tv
Rai News - Giorno
Robin Hood - Serie Tv
Streghe - Serie Tv
Rai Player
Xena - Serie Tv
Heroes - Serie Tv
Film: The Moth Diaries- di Mary Harron,
con Sarah Bolger
Wonderland - Magazine
Film: The Descent- di N. Marshall, con M.
Buring
Appuntamento al cinema
Dexter - Tf
Rai News Notte
Brothers and Sisters - Serie Tv
10.40
11.30
12.30
12.40
14.25
14.30
16.15
18.05
18.10
18.55
19.35
19.45
20.15
21.15
23.05
0.00
Law & Order - I due volti della giustizia
Un posto al sole - Serie Tv
Rai Player
Film: Ovunque tu sia- di A. Lo Giudice,
con L. Lante della Rovere
Appuntamento al cinema
Fuoriclasse - Serie Tv
L’isola - Tf
Rai News Giorno
Topazio - Telenovela
Pagine di vita - Telenovela
Rai Player
Incantesimo - Soap
Il maresciallo Rocca- Tf
Una sera d’ottobre - Miniserie
Fiction Magazine
Film: Il mistero dei capelli scomparsi
■ MOVIE
7.00 Film: Il grande cielo - di Howard
Hawks, con Kirk Douglas
9.00 Film: A Venezia come Roma Milano - Torino, la spirale del
crimine - di Jeremy Summers, Michael
Lindsay-Hogg, con Robert Vaughn
10.45 Film: Noi tre - di Pupi Avati, con Lino
Capolicchio
12.15 Film: Il giorno della civetta- di
Damiano Damiani, con Claudia Cardinale,
Franco Nero
14.05 Rai Player
14.15 Film: La donna perfetta- di Frank Oz,
con Nicole Kidman
15.50 Film: Pioggia di fuoco - di K. Tabori, con
S. J. Wilson
17.30 Rai News Giorno
17.35 Rai Player
17.45 Film: Pirati- di R. Polanski, con W. Matthau
19.40 Film: Tutti a squola - di P. F. Pingitore,
con Pippo Franco, Isabella Biagini
21.15 Film: Sex List - Omicidio a tre- di M.
Langenegger, con H. Jackman
23.00 Film: Precious- di Lee Daniels, con G.
Sidibe, M. Carey
■ RAI 5
13.35
14.05
14.15
16.10
16.40
17.35
17.40
18.25
19.30
20.25
20.35
21.15
22.50
In scena
Rai Player
Il popolo degli oceani
Progetti di danza
Cool Tour Arte
Rai News Giorno
David Letterman Show
Mendelssohn - Bartholdy, Schumann,
Schubert
Wagner: concerto sinfonico Maazel
Rai Player
Passepartout
Film doc: The cave of forgotten
dreams - di Werner Herzog
Scaramouche Scaramouche
GIALLO
MEDIASET PREMIUM
■ CINEMA
9.35 Arn - L’ultimo cavaliere - di P. Flinth
Premium Cinema Energy
10.25 Kundun - di M. Scorsese
Premium Cinema Emotion
10.40 Due agenti molto speciali - di D. Charhon
Premium Cinema
14.00 Duplicity - di T. Gilroy
Premium Cinema
14.20 Iago - di V. De Biasi
Premium Cinema Emotion
15.15 Training Day - di A. Fuqua
Premium Cinema Energy
16.10 Il riccio - di M. Achache
Premium Cinema
16.20 Se mi lasci ti cancello
di M. Gondry
Studio Universal
17.20 Dust - di M. Manchevski
Premium Cinema Energy
17.35 Io e te - di B. Bertolucci
Premium Cinema Emotion
17.50 Un mostro a Parigi - di B. Bergeron
Premium Cinema
FOCUS
13.05 Guida galattica ai mondi
alieni
13.30 Come è fatto
14.20 Grandi predatori
15.10 Austin Stevens: animali
pericolosi
16.00 Invenzioni impossibili
16.50 Una notte al museo
17.45 America sepolta
18.40 Prehistoric
19.30 Come è fatto il cibo
20.25 Come è fatto
21.15 Come è fatto il cibo
22.05 Marchio di fabbrica
23.00 La storia dell'Universo
18.15 Una moglie - di J. Cassavetes
Studio Universal
19.25 Nel paese delle creature selvagge
di S. Jonze
Premium Cinema
19.25 Pitch Black - di D. Twohy
Premium Cinema Energy
21.15 Anna Karenina - di J. Wright
Premium Cinema
21.15 Le regole del gioco - di C. Hanson
Premium Cinema Emotion
21.15 The breed - la razza del male
di N. Mastandrea
Premium Cinema Energy
21.15 Sahara - di B. Eisner
Studio Universal
22.45 La cosa - di J. Carpenter
Premium Cinema Energy
23.20 Espiazione - di J. Wright
Premium Cinema Emotion
23.25 Houdini - L’ultimo mago
di G. Armostrong
Premium Cinema
CIELO
11.00
12.00
12.45
13.45
14.30
15.00
15.15
16.15
17.15
18.15
19.15
20.15
21.10
00.15
MasterChef Australia
Hell's Kitchen
Affari al buio
Fratelli in affari
MasterChef Australia
Sky TG Giorno
MasterChef Australia
Fratelli in affari
Vendite impossibili
Fratelli in affari
Affari al buio
Affari di famiglia
X Factor 2013
Abduction - Riprenditi la tua
vita
06.45
07.25
08.15
09.10
10.00
10.45
11.40
12.30
13.20
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18.30
19.25
20.15
21.05
22.00
22.50
23.35
00.25
01.05
The Division
Quincy
Matlock
Matlock
Law & Order
Law & Order
Law & Order
New Tricks
New Tricks
Quincy
Quincy
Matlock
Squadra Emergenza
Squadra Emergenza
E.R. - Medici in prima linea
E.R. - Medici in prima linea
E.R. - Medici in prima linea
King
King
Homicide: Life on the Street
Homicide: Life on the Street
E.R. - Medici in prima linea
E.R. - Medici in prima linea
TV2000
08.30 S.Messa dal Santuario di Santa
Maria di Galloro
10.55 Quel che passa il convento
12.10 Il punto del giorno
14.50 La coroncina della Divina
Misericordia
16.30 Nel cuore dei giorni - Azzurro
18.00 Rosario da Lourdes
18.30 TG 2000
20.30 Nel cuore dei giorni - Indaco
21.20 La canzone di noi - La gara
23.20 Effetto notte
REAL TIME
13.50 Amici di Maria De Filippi 1^TV
14.45 Shopping Night
15.45 Due case per una coppia 1^TV
16.45 Quattro matrimoni
17.40 Amici di Maria De Filippi
18.40 Molto bene
19.10 Molto bene - 1^TV
19.40 Il boss delle torte
20.10 Best Bakery
21.10 Bake Off UK - 1^TV
22.10 Bakery Boss: SOS Buddy 1^TV
23.05 Il re del cioccolato - 1^TV
SATELLITE
DIGITALE TERRESTRE
6.30 Tg1
Previsioni sulla viabilità /
CCISS Viaggiare informati
6.45 Unomattina. All’interno:
7.00 / 8.00 / 9.00 Tg1; all’interno Che tempo fa; /
7.30 Tg1 L.I.S. / 7.35 Rai
Parlamento Telegiornale
/ 9.30 Tg1 - Flash
10.00 Unomattina Storie Vere
10.30 Unomattina Verde
10.50 Che tempo fa
10.55 Rai Player
11.00 Tg1
11.25 Unomattina Magazine
12.00 La prova del cuoco
13.30 Telegiornale
14.00 Tg1 Economia
14.10 Verdetto finale
15.20 La vita in diretta. All’interno: 16.50 Rai Parlamento
Telegiornale / Previsioni
sulla viabilità; 17.00 Tg1;
17.10 Che tempo fa
18.50 L’eredità
20.00 Telegiornale
20.30 Affari tuoi
21.10 Carosello Reloaded
La Pista - con Flavio Insinna
Tg1 60 secondi
23.25 Tv7
0.30 Tg1 Notte
1.00 Che tempo fa
1.05 Cinematografo
1.55 Sottovoce
2.10 Rewind - Visioni private
2.40 Mille e una notte - Teatro
Enrico IV - di Claudio Fino
4.40 Da Da Da
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RAI 2
RAI 2
RAI 1
giuria di alto lignaggio, una Rita Pavone seriosa che richiama sempre ai codici sacri dello show di una volta (molta
tenerezza) e soprattutto Gigi Proietti
nella parte del sornione. Proietti è stato
il maestro di Insinna. Nei panni dei dirigenti alla fine manderemmo una puntata speciale con loro due, Proietti e Insinna, in uno spazio vuoto a improvvisare per due ore. Poi vediamo gli ascolti, e la composizione del pubblico.
SKY
[servizio a pagamento]
■ CINEMA MATTINA
09.40 Piccole bugie tra amici - di G. Canet
Sky Cinema Hits HD
10.05 La califfa - di A. Bevilacqua
Sky Cinema Classics
10.20 The Dancer - di F. Garson
Sky Cinema Passion
10.50 Dracula's Legacy - Il fascino del male
di P. Lussier
Sky Cinema Max HD
11.45 I giustizieri del West - di K. Douglas
Sky Cinema Classics
12.00 Proof - La prova - di J. Madden
Sky Cinema Passion
12.30 Priest - di S. Stewart
Sky Cinema Max HD
13.20 47 morto che parla - di C.L. Bragaglia
Sky Cinema Classics
■ CINEMA POMERIGGIO
■ CINEMA SERA
■ CINEMA NOTTE
14.00 Ring of Fire - di P. Shapiro
Sky Cinema Max HD
14.50 La tenda rossa - di M. Kalatozov
Sky Cinema Classics
15.55 Il regno del fuoco - di R. Bowman
Sky Cinema Hits HD
17.10 I tartassati - di Steno
Sky Cinema Classics
17.25 Noi siamo infinito - di S. Chbosky
Sky Cinema 1 HD
17.40 Madagascar 3. ricercati in Europa
di C. Vernon
Sky Cinema Hits HD
17.45 Ricky e Barabba - di C. De Sica
Sky Cinema Comedy
18.00 Minouche la gatta - di V. Bal
Sky Cinema Family HD
19.20 Senti chi parla - di A. Heckerling
Sky Cinema Comedy
21.00 Sirene - di R. Benjamin
Sky Cinema Classics
21.00 Hook - Capitan Uncino - di S. Spielberg
Sky Cinema Family HD
21.00 Venerdì 13 - di M. Nispel
Sky Cinema Max HD
21.00 Giustizia imperfetta - di P. Werner
Sky Cinema Passion
21.00 Mia moglie è una bestia di
Castellano e Pipolo
Sky Cinema Comedy
21.10 Kill Bill - Volume 1 - di Q. Tarantino
Sky Cinema 1 HD
21.10 Una bugia di troppo - di B. Robbins
Sky Cinema Hits HD
22.40 Cooper. un angelo inaspettato
di R. Nations
Sky Cinema Passion
22.45 La fredda luce del giorno
di M. El Mechri
Sky Cinema Hits HD
22.45 Red Lights - di R. Cortés
Sky Cinema Max HD
22.45 Head of State - di C. Rock
Sky Cinema Comedy
22.55 Stregata dalla Luna - di N. Jewison
Sky Cinema Classics
23.05 Facciamola finita - di E. Goldberg
Sky Cinema 1 HD
23.25 Zampa 2 - I cuccioli di Natale
di R. Vince
Sky Cinema Family HD
19.15 Ep. 10 Goal Deejay Europa
Sky Sport 1 HD
20.00 Speciale Aprile Watts
Eurosport 2
20.00 Serie B prepartita
Sky Sport 1 HD
20.00 Wrestling. Ep. 41 WWE Superstars
Sky Sport 2 HD
20.00 Ep. 28 Preview Show Bundesliga
Sky Supercalcio HD
20.15 Calcio. Una partita Coppa del Mondo
Femminile U17 EuroSport HD
20.30 Calcio. Palermo - Avellino Serie B
Sky Sport 1 HD
20.30 Ep. 1 Momenti di Golf
Sky Sport 3 HD
20.30 Calcio. Amburgo - Bayer Leverkusen
Bundesliga Sky Supercalcio HD
21.00 Fight Club Fight Sport
Eurosport 2
21.00 Wrestling. Ep. 41 WWE Domestic
Smackdown! Sky Sport 2 HD
21.00 Golf. Shell Houston Open US PGA Tour
Sky Sport 3 HD
21.45 Calcio. Coppa del Mondo Femminile
U17 EuroSport HD
22.30 Serie B postpartita
Sky Sport 1 HD
22.30 Ep. 26 Goal Deejay
Sky Supercalcio HD
22.45 Basket. Oklahoma City - San Antonio
NBA Sky Sport 2 HD
23.00 Wrestling. This Week on WWE
Eurosport 2
23.00 Di Biagio I Signori del Calcio
Sky Sport 1 HD
23.00 Ep. 14 Futbol Mundial
Sky Supercalcio HD
23.30 Wrestling. Vintage Collection
Eurosport 2
23.30 History Remix - Speciale Mihajlovic
Sky Sport 1 HD
14.25 L'apparenza inganna National
Geographic Channel
Tre cuori in affitto Fox Retro
Cuore e batticuore Fox Retro
How I Met Your Mother Fox HD
Project Runway USA 8 Fox Life
Paranormal National Geographic
Channel
16.10 Futurama Fox HD
16.10 Medium Fox Life
16.25 Cold Case Fox Crime HD
16.40 The Big Bang Theory Fox HD
17.05 I Simpson Fox HD
17.30 Hazzard Fox Retro
17.35 I Simpson Fox HD
18.00 Una mamma per amica Fox Life
18.15 Law & Order. Unità Speciale Fox Crime
HD
18.30 How I Met Your Mother Fox HD
18.50 Sex & the City Fox Life
18.55 Paranormal National Geographic
Channel
19.20 Project Runway Italia Daily Fox Life
19.30 La Tata Fox Retro
19.45 I Simpson Fox HD
19.50 In Cucina con GialloZafferano Fox Life
19.55 Il re delle moto National
Geographic Channel
20.05 Castle Fox Life
20.10 The Big Bang Theory Fox HD
20.30 I Jefferson Fox Retro
20.55 Esperimenti esplosivi National
■ SPORT
18.15 Biliardo. China Open
EuroSport HD
18.30 Franco Baresi I Signori del Calcio
Sky Sport 1 HD
18.30 Ep. 11 The Boat Show
Sky Sport 2 HD
18.30 Ep. 13 Nissan The Quest
Sky Sport 3 HD
18.45 Rugby. Brumbies - Blues Super 15
Sky Sport 3 HD
19.00 Super History. Van Basten vs Baggio
Sky Sport 1 HD
19.00 Wrestling. Ep. 41 WWE NXT
Sky Sport 2 HD
FOX
11.00
11.30
12.00
12.10
12.15
12.25
12.45
13.25
13.25
13.30
14.00
14.00
14.20
14.25
Cold Case Fox Crime HD
Mary Tyler Moore Fox Retro
Strega per amore Fox Retro
Tutto in famiglia Fox HD
Una mamma per amica Fox Life
Terrore nei cieli National
Geographic Channel
N.C.I.S. Fox Crime HD
Castle Fox Life
Megafabbriche National
Geographic Channel
I Simpson Fox HD
I Griffin Fox HD
Tre cuori in affitto Fox Retro
Sex & the City Fox Life
American Dad Fox HD
14.30
15.00
15.15
15.15
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21.00
21.00
21.00
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21.55
21.55
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22.45
22.45
22.50
23.00
Geographic Channel
C'era una volta Fox HD
Criminal Minds Fox Crime HD
Quattro matrimoni in Italia Fox Life
Esperimenti esplosivi National
Geographic Channel
New Girl Fox HD
C.S.I. Fox Crime HD
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L'impero della droga National
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The Walking Dead Fox HD
Man Up - Uomini alla riscossa Fox Life
The Following Fox Crime HD
La famiglia Addams Fox Retro
METEO
la Repubblica VENERDÌ 4 APRILE 2014
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