nuovi sCenari di integrazione

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nuovi sCenari di integrazione
osservatorio italiano
OSSERVATORIO
ITALIANO
Rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
anno 2010 | numero 1 | giovedi’ 27 marzo | www.osservatorioitaliano.org | 10 €
Intelligence
Il nuovo hub energetico nel
Mediterraneo > pagina 8
Corridoi paneuropei
e progetti in cantiere > pagina 12
Italia e Balcani
Energia e infrastrutture
> pagine 14, 22 e 26
Investimenti e privatizzazioni :
Nuovi scenari
di integrazione
Le vie del gas dal Baltico all’Adriatico > pagine 03-31
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
indice
4-7 / balcani: regione e
cooperazione
• Regionalizzazione: la nuova mappa dell’UE parte
dai Balcani
• I Balcani diventano una macro-regione di
investimenti
• Il vertice di Sarajevo senza una data per
l’abolizione dei visti
12-13 / corridoi paneuropei
8-11 / Intelligence
• Gazprom in Croazia: progetto per hub energetico
nel Mediterraneo
• La guerra per i Terminal petroliferi di Ploce
• Il petrolio della Bosnia nascosto tra i siti
archeologici
14-15 / Progetti in cantiere
• Corridoio 10: nascono le Autostrade della Serbia
16-17 / Bosnia erzegovina /
rep srpska
• Anno decisivo per il corridoio VC
• Gassificazione, infrastrutture e trasporti: i nuovi
investimenti
18-19 / Croazia
• Le regole di Bruxelles per i cantieri navali croati
20-21 / serbia
• Il credito milionario di Mosca per le aziende
russe?
• Telekom Srbija in vendita
24-25 / kosovo-albania
• Ondata di privatizzazioni in Kosovo
• L’Albania e il Corridoio energetico del Sud
28-29 / romania
• Misure di austerity anche in Romania: tagli a
salari e pensioni
• Controverso il destino dell’oro di Rosia Montana
03-31 / Le vie del gas
• Giacimenti di gas in Polonia? Nuovo ruolo in UE
e gasdotti
• South Stream: confermati i negoziati con la
Bulgaria
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• Il Porto di Bar stenta a decollare
• Bar-Belgrado-Timisoara: un progetto italiano
22-23 / montenegro /
Macedonia
• Gassificazione, infrastrutture e trasporti: i nuovi
investimenti
• FMI: economia macedone rimane in piedi dopo
crisi greca
26-27 / Italia-Albania
• Frattini a Tirana: visti ed energia
osservatorio italiano
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Caporedattore : Fulvia Novellino
Grafica : Cyril Bérard
Redazione
Biljana Vukicevic,
Alketa Alibali,
Srebrenka Despotovic,
Iulia Crisan,
Tamara Mikic,
Lorena D’Ostilio,
Giulio Ricotti,
Vincenzo Andricciola
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Le vie del gas
South Stream:
confermati i negoziati con la Bulgaria
Dopo le tensioni tra Gazprom e l’italiana ENI, le polemiche sul South Stream
non accennano ad arrestarsi, aprendo
così nuovi contrasti sulla costruzione del
progetto speculare del Baltico, il Nord
Stream. Intanto, è stata ventilata anche
la possibilità di rinegoziare gli accordi
con la Bulgaria per cambiare la rotta del
gasdotto. Sin dall’insediamento del Premier Boris Borisov nel luglio 2009, sono
iniziate le pressioni da parte di Mosca
sulla Bulgaria per finalizzare il progetto
South Stream. La Bulgaria, però, ha fatto
un passo indietro dopo le tensioni tra Gazprom e l’italiana ENI. Le polemiche sul
South Stream sono nate in seguito alla
conferma che Gazprom vorrebbe, forse
forzatamente, portare avanti contemporaneamente sia il progetto South
Stream che il Nord Stream, il progetto
Accordo
Azerbaigian–Georgia–Romania
Nuovo tragitto attraverso
la Romania?
Il Governo romeno ha firmato lo scorso
15 aprile un accordo di trasmissione del
gas tra l’Azerbaigian, la Georgia e la Romania Interconnection Project (AGRI),
che offre un’alternativa a Nabucco e
South Stream. Il memorandum firmato
è un supporto per la costituzione di una
società di progetto, con sede a Bucarest,
che si occuperà dello studio di fattibilità,
prevedendo un investimento tra i 4 e i 6
miliardi di euro. Questo progetto ha l’ambizione di diventare il più rapido ed efficiente sul corridoio meridionale, per portare le risorse del Caspio, sia sul mercato
interno rumeno, che nell’Unione europea.
Le riserve di gas dell’Azerbaigian ammontano a 2.200 miliardi di metri cubi di gas,
una quantità abbastanza grande per tutti
i progetti in cui sono coinvolti, secondo
il Governo azerbaigiano. Questo avrebbe
anche proposto di creare una via Baku
(Azerbaigian) - Kulevi (Georgia) - Costanza
(Romania) da tre a otto miliardi di metri
cubi di gas, da innalzare ulteriormente a
12 miliardi di metri cubi. Di tale importo,
la Romania avrebbe dovuto destinare al
suo mercato interno circa due miliardi di
metri cubi. Iulia CRISAN
La Romania potrebbe essere uno dei
paesi da attraversare con il gasdotto South
Stream, data la sua posizione geografica,
ma il tracciato definitivo del gasdotto non
è ancora stato stabilito. “Il percorso finale
del gasdotto sarà determinato da studi di
fattibilità che devono ancora essere compiuti. Noi precisiamo che queste informazioni sono state comunicate ogni volta che
si è parlato di questo progetto”, afferma il
Ministro dell’Economia Adriean Videanu,
confermando che il gasdotto South Stream,
sostenuto dalla Russia e dall’Italia, passerà attraverso la Romania. “Sono riuscito a
aprire il dialogo con la Federazione russa.
La Romania è coinvolta in tutti i progetti nel
Sud dell’Europa. South Stream passerà attraverso la Romania, come AGRI e Nabucco.
Tutti questi grandi progetti fanno della Romania un giocatore molto importante”, ha
detto Videanu. In seguito ai colloqui sullo
sviluppo del South Stream, secondo una
dichiarazione rilasciata dal Ministro Videanu, la società Transgaz Medias (TGN)
avrebbe ricevuto un invito formale da
Mosca ad entrare nel progetto.
Iulia CRISAN
sottomarino del Mar Baltico, per il quale
vorrebbe almeno iniziare i lavori preliminari. Miller ha confermato comunque
le intenzioni originarie: il North Stream
insieme con il “gemello” del Sud, sono
strumentali al medesimo obiettivo, ossia
aggirare l’Ucraina. I principali obiettivi riguardano il completamento del gasdotto
del Nord Stream nel 2013 e South Stream
nel 2015, ma sarà piuttosto difficile rispettare i tempi prestabiliti. La Bulgaria,
però, vorrebbe che le questioni si esaminassero separatamente, temendo che
tali problemi possano tradursi in minori
quantità di gas che passeranno attraverso
la Bulgaria. Secondo alcune speculazioni, sembra che il Governo bulgaro abbia
aumentato le spese di transito a 1,7 dollari per il transito di 1000 metri cubi di gas
per 100 km, equivalenti a circa 100 milioni di leva all’anno pagati da Gazprom;
prezzo tuttavia definito dalla dirigenza
Gazprom come ancora molto più basso
di quello pagato dalla società russa ad altri paesi. Secondo la dirigenza Gazprom,
comunque, la Romania non può prendere
il posto di Bulgaria nel progetto South
Stream, ma potrebbe essere costruita una
sezione verso il territorio romeno sotto il
Mar Nero o come derivazione dal territorio bulgaro. Le autorità russe hanno già
firmato accordi intergovernativi per la
costruzione del gasdotto con la Bulgaria,
Serbia, Grecia, Ungheria, Slovenia e Croazia. Nel progetto sarà inclusa anche l’Austria. Il gasdotto South Stream, con una
lunghezza di 900 chilometri, sarà posato
sul fondale del Mar Nero, tra Novorosisk e
Varna, in Bulgaria, e porterà il gas russo
verso l’Europa, bypassando l’Ucraina.
Biljana Vukicevic
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Balcani: regione e cooperazione
Regionalizzazione:
la nuova mappa dell’UE
parte dai Balcani
Da tempo si discute dei Balcani come una regione in cui dar vita ad una struttura
politica regionale sulla base di un’alleanza tra i Paesi della ex Jugoslavia,
inspirata dai principi dell’UE, come lo sono i Paesi del Benelux e i Paesi
scandinavi. A confronto le due teorie del ‘modello globale americano’ e quello
della ‘regionalizzazione a cerchi concentrici’.
Biljana Vukicevic
N
ei circoli diplomatici europei si fa strada
l’idea di creare nei Balcani una “nuova
regionalizzazione” sulla base di un’alleanza tra i Paesi della ex Jugoslavia, sul
modello del Benelux e della Scandinavia. La base di
questa nuova alleanza sarà il triangolo BelgradoZagabria-Lubiana e l’unione dei Paesi membri sarà
denominata Balcani Occidentali. Ciò che qualcuno
non ha previsto è che questa idea può generare un
problema simile a quello che ha disgregato la Jugoslavia, ossia su chi potrebbe essere il leader di questa
nuova alleanza. É fondamentale tener presente che
nessuno dei Paesi della ex-Iugoslavia ha trovato un
modo per dimenticare e alleggerirsi del peso della
“I Balcani continuano ad
essere un laboratorio in cui
si sperimentano le nuove
strategie europee che dovranno
rimettere in discussione la
sovranità dei Paesi UE”
sua storia, questo lo dimostra anche il fallimento
dell’ultima riunione a Brdo e i dissensi tra la Croazia e la Slovenia sul tema dei confini marittimi. Predrag Simic, docente presso l’Università di Belgrado,
rivela che all’ epoca in cui era ambasciatore a Parigi,
esisteva già l’ idea di costruire un’unione simile al
Benelux o alla Scandinavia con solidi accordi basati
sull’economia. “Il progetto di allora prevedeva che i
tre Paesi con maggiori responsabilità verso il futuro
sviluppo della regione balcanica e con un maggiore
avanzamento nella sua integrazione nell’EU, avrebbero potuto assumere il ruolo di leader. Per la realizzazione di questa alleanza è necessario anche il
parere di Washington, che, come sappiamo, con la
sua politica ha portato all’indipendenza del Kosovo.
Questa è una delle ragioni per le quali non è possibile
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risolvere la questione del Kosovo che pesa su tutta la
regione”, afferma Simic.
Modello globale americano
e la frammentazione
Tanto è vero che oggi anche negli Stati Uniti si parla
della una nuova diplomazia dell’XXI secolo pronta
alle nuove sfide scaturite dai processi di globalizzazione, mentre sulla stessa linea è anche la Gran
Bretagna, con la sua politica di difesa della diplomazia estera. La globalizzazione di cui l’ America è
portavoce per sviluppare la rete di collaborazioni e
unioni, viene percepita dall’ altra parte del mondo
come dei legami tra vari cerchi concentrici. Ma d’altronde in mondo è pieno di organizzazioni internazionali, con il Mercosur, il Nafta, l’ASEAN, l’Organizzazione di Shangai e l’Unione dei Paesi africani. L’UE
ha creato la European Union - EEAS (European External Action Service), che ha già elaborato un piano
di regionalizzazione. Ma il vero problema è quello di
imporre ad un Paese di essere parte di un’unione regionale come hanno fatto, d’altronde, gli Stati Uniti,
ma la regionalizzazione (di stampo europeo) e la
politica globale (americana) rientrano in due categorie molto diverse. L’esperimento di una politica
globale nei Paesi dei Balcani potrebbe provocare
una reazione da parte dell’UE. Come ha dichiarato
Hillary Clinton, per gli USA, la sfida principale è il
progresso delle comunicazioni all’estero in tutti i
livelli della società. Per raggiungere questo obiettivo, il Direttore del dipartimento per la pianificazione della politica estera, docente presso l’Università di Princeton, Mary Sloter, ha promosso gli Stati
Uniti come il centro della rete globale per le risorse
umane, le istituzioni e la collaborazione. In questo
senso gli Stati Uniti lavorano seguendo una coerenza
interna, mentre per il resto del mondo chiedono alleanze per formare delle regioni. L’ idea americana
è vicina al pensiero di Thomas Jefferson, basato sui
“rapporti commerciali, onesti e pacifici tra gli Stati”.
La nuova mappa della regione balcanica è stata si-
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Le teorie del nuovo globalismo dell’Economist vanno a
tracciarne una nuova mappa dell’Europa, in cui vediamo
apparire vecchi interessi strategici, ma anche nuove aree di
influenza, mascherate però da ‘affinità in caratteri o costumi’
o da ‘simpatie ed antipatie’. Tra immagini surreali e anche
ironiche, traspare un senso di macchinosa riprogrammazione degli Stati, derivante dai movimenti migratori e dalle
nuove alleanze politiche. Un concetto veramente molto
simile a quello descritto nel rapporto della CIA pubblicato lo
scorso anno sulla futura conformazione dell`Europa fino al
2020.
Per quanto riguarda i Balcani, Skopje, Tirana e Pristina
dovrebbero scambiare i loro posti, di modo che il Kosovo
abbia uno sbocco sul mare, mentre la Fyrom avrebbe la
possibilità di avvicinarsi a Belgrado e Tirana ma sarà sempre più lontana dal mare Adriatico, eliminando così “il paranoico fanatismo greco”. La Bosnia essendo molto fragile
dovrà rimanere dove si trova. La Svizzera migra, Slovenia
e Croazia avranno più spazio, salendo più a nord arrivando
a fare una nuova alleanza con il Nord Italia, mentre il Sud
definisce un nuovo stato, dei confini del Regno delle due
Sicilie ma soprannominato “Bordello” che secondo The
Ecomist “dovrebbe fare un’unione monetaria con la Grecia
ma nient’altro oltre a questo”.
La mappa tracciata da “The Economist online” nell’editoriale del 29 aprile
curamente disegnata anche dall’Istituto di balcanologia di Washington, dove già è stato pianificato
che il Kosovo sia diviso in due parti, mentre Serbia,
Montenegro e Republika Srpska, nonché una parte
della costa croata (vicino Prevlaka) disegneranno
una zona definita “Paesi serbi”. L’Albania avrà la
parte occidentale della Macedonia, parte della Bulgaria sarà della Turchia e parte della Romania sarà
dell’Ungheria. La parte musulmana di BiH rimane
come una zona a sé stante, ma senza la Erzegovina,
che sarà della zona croata.
Modello europeo:regionalizzazione
a centri concentrici
Non si può nascondere che tutto questo ricorda le
tesi già sperimentate nei Paesi comunisti, che allora
crearono delle alleanze che puntualmente gli Stati
Uniti hanno deciso di distruggere, e poi di ricreare
a propria immagine e somiglianza. Ora si parla di
riconciliazione, di risoluzioni per il riconoscimento
dei crimini di guerra, e tutti i Governi cercano di fare
un passo verso il dialogo, che resta sempre viziato
dall’orgoglio e dal pesante passato. La UE vuole una
regione omogenea al suo interno, tenuta insieme
dagli ideali europei, nonché ampliata verso l’Albania, che pian piano si sta riavvicinando alla Serbia.
Secondo l’Analista Predrag Simic, ”se i rapporti tra
la Serbia e la Croazia avranno una certa influenza
per risolvere i problemi nella BIH, sicuramente i rapporti tra Tirana e Belgrado saranno più importanti
per la questione del Kosovo, sulla quale si gioca la
vera solidità dei rapporti multilaterali”. D’altro canto,
sebbene un’alleanza balcanica ancora non esista, né
sembra essere accettata da parte dei politici, a livello economico qualcosa è già operativo. Infatti, sono
state già create le commissioni a livello regionale,
grazie all’UE, che nell’“agenda 2000” parla già della
regionalizzazione in cerchi concentrici fatti come le
zone di un grande megalopoli. Nel primo cerchio vi
sono i Paesi che si sono i Paesi integrati nell’Unione,
il secondo cerchio dei Paesi di transizione nel Sud
Est Europa, i Paesi Scandinavi e la Gran Bretagna. Il
terzo cerchio sono i Paesi dell’Europa meridionale
e l’Est Europa. Nel quarto cerchio dovrebbero esservi i paesi dei cosiddetti “Balcani Ovest” e del Sud
Est Europeo. Questa mappa è simile a quella delle
grandi città, dove la zona A è rappresentata sempre dal centro amministrativo mentre la D è nella
maggior parte dei casi un ghetto. A livello globale, i
cosiddetti “Balcani Occidentali”si dovrebbero globalizzare in modo che nazioni e Stati vengano trattati
come entità politiche e regionali senza frontiere, con
una sovranità limitata, denazionalizzata per entrare
a far parte di una “periferia dell’Europa”. Nella nuova
mappa c’è la ex Jugoslavia senza la Slovenia ma con
l’Albania. Nella prima fase dell’alleanza balcanica ci
sarà un’unione doganale che cancella le frontiere di
Stati che hanno combattuto per anni per la propria
indipendenza.
I Balcani come periferia europea?
“Il mondo è un grande Paese”, come afferma lo studioso Marshall McLuhan negli anni ‘60 e le più diffuse teorie di pianificazione geostrategica. Da questo
punto di vista i Balcani continuano ad essere un
laboratorio in cui si sperimentano le nuove strategie europee che dovranno rimettere in discussione
la sovranità dei Paesi UE. E pensare che quello di
cui si discute oggi è` stato pianificato già 10 anni
fa a Bruxelles e Washington, per cui non è affatto
strano che per ottenere la liberalizzazione dei visti
bisognerà aspettare ancora tanto, visto che nessuno dice che i piani stabiliti per creare l’alleanza
balcanica, o meglio la “periferia dell’Europa” non
si realizzeranno prima del 2020. Come disse anni
fa Max Weber, ossia che gli Stati dei “mostri freddi”
dovrebbero essere cancellati, nel mondo globale
sembra che esisteranno stati sempre più freddi e
mostruosi, con idee che non rispettano l’umanità
ma il mostruoso senso del materialismo, pensati e
realizzati dai residenti delle zone A delle megalopoli
mondiali.
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Balcani: regione e cooperazione
I Balcani diventano
una macro-regione di
investimenti
Dopo la strategia per il Baltico, si fa strada nell’UE l’idea di guardare ai Balcani
come una macro-regione europea. Nasce così la regione “Danubiano-balcanica”,
accanto a quella Ionico-Adriatica, come aree individuate da corridoi, reti di
trasporti, risorse energetiche.
Vincenzo
Andricciola
L’Italia punta alla
Adriatico-Ionica
Le macro-regioni
sono nuove forme
rafforzate di governo
dell’Unione Europea,
perché facilitano il
consenso su temi di
interesse comune, tra
realtà territoriali di Stati
membri appartenenti
ad una stessa area e
promuovono sinergie
piuttosto che discriminazioni e sovrapposizioni. Lo ha detto il
Sottosegretario Alfredo
Mantica, spiegando
che l’Italia punta così al
bacino adriatico-ionico,
che “rappresenta quasi
un “mare chiuso” ed
in prospettiva sempre
più un “mare interno”
all’UE. Esso costituisce
inoltre un sistema caratterizzato da forti tratti
comuni , e può configurarsi come macroregione omogenea per
la quale sviluppare un
approccio strategico.
Una macro-regione
in grado di interagire
senza sovrapposizioni
e di creare sinergie
con altre macro-regioni
europee”. Tale strategia
potrebbe scaturire
proprio dall’Iniziativa
Adriatico-Ionica, nata
nel 2000 ed a cui
partecipano Albania,
Bosnia-Erzegovina,
Croazia, Grecia, Italia,
Slovenia, Serbia e
Montenegro.
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I
l Ministro Frattini, chiudendo la sua visita
nei Balcani con una lezione all’Università di
Sarajevo, illustra la visione euro-atlantica
della regione, rilevando d’altro canto, come
l’approccio italiano, e di molti altri paesi ricerchi
una prospettiva regionale piuttosto che di tipo bilaterale. Riferendosi al concetto di Jugosfera, lanciato dall’Economist e diffusosi ampiamente negli
ambienti anglo-americani, il Ministro Frattini ha
ripreso le riflessioni di coloro che guardano ai Balcani come una zona commerciale compatta, nonchè come un interlocutore privilegiato dell’Unione
Europea come enorme bagaglio di risorse: si passa
così da una logica politica, ad una prettamente economica e di investimenti.
“L’adozione della Strategia per la regione del Mar
Baltico durante il Consiglio europeo nell’ottobre 2009
dimostra che una nuova tendenza in seno all’UE si sta
sviluppando in questo senso. Naturalmente, anche i
Balcani sono una interessante macro-regione. Il lavoro è già iniziato su un Strategia per la regione del
Danubio, che dovrebbe essere completata nel 2011.
[…] Ma il Danubio non può soddisfare tutte le potenzialità di un territorio che ha legami con l’Adriatico,
il Mar Nero e le Alpi”, afferma nel suo intervento.
Egli aggiunge che per questo si guarda alla regione
“Danubiano-balcanica” come un’area più adatta a
garantire un rapporto di reciproca proficuità con
tutta la eurozona e con le altre macro-regioni, come
quella del Baltico, che hanno già adottato un’ottica
regionale di lungo termine nei loro rapporti con
qualsiasi interlocutore esterno, per non andare ad
escludere zone strettamente interconnesse tra loro.
L’Italia, come rileva Frattini, dal canto suo tenderà
di soffermarsi , anche sulla base delle sedi regionali
esistenti, sulla Strategia europea per l’Adriatico e lo
Ionio, nel quadro della Iniziativa Adriatico-Ionica.
L’area balcanica, nelle parole di Frattini, diventa
quindi un interlocutore privilegiato dell’Unione
Europea come enorme bagaglio di risorse: si passa
così da una logica politica, ad una prettamente economica e di investimenti. “I Balcani offrono preziose
opportunità da cogliere, non solo in termini di inves-
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timenti commerciali diretti, ma anche di investimenti
in settori strategici come l’energia e i trasporti. Basti
pensare, in quest’ultimo caso, all’importanza dei Corridoi pan-europei V e VIII, e alla futura creazione di
una Comunità dei trasporti tra i paesi della regione
e l’UE. In termini di approvvigionamento energetico,
la regione, che ha istituito una Comunità dell’energia, nel 2005, offre anche vantaggi che meritano una
considerazione speciale, sia per le sue risorse, in particolare fonti rinnovabili come l’idroelettrica sia per
i vantaggi che offre in collegamento con il mercato
centro-europeo. Infine, per la crescente attenzione
dedicata da parte dei paesi della regione a progetti
strategici di diversificazione energetica: come South
Stream, Nabucco o la Turchia-Grecia-Italia Interconnessione (ITGI)”, spiega Frattini.
Il discorso, naturalmente, non ha delle conclusioni
ben definite perché quelle, più che con le parole,
dovranno essere attuate con politiche che prevedano un progetto comune europeo per quell’area.
Un progetto completo che tuttora stenta a delinearsi, perdendosi ancora nei meandri della retorica
e degli interessi particolaristici di singoli Stati in
competizione tra loro, come è stato possibile notare sia in situazioni di crisi, come la dichiarazione
di indipendenza del Kosovo, sia in periodi di relativa calma come al momento di decidere i percorsi
dei gasdotti per l’approvvigionamento energetico
dell’intero continente. In queste occasioni, infatti,
sarebbe stato importante guardare ai Balcani come
una macro-regione complessa, con al suo interno
divisioni da appianare attraverso progetti di sviluppo comuni che avrebbero portato, magari nel lungo
termine, dei vantaggi per tutti. Proprio in queste
occasioni, sopratutto di crisi, l’Europa ha guardato
ai Balcani soltanto come ad un’area di investimento
in base a porti, gasdotti, fiumi o risorse naturali, uccidendo la politica e ignorando le potenzialità reali
dei paesi balcanici sotto tanti aspetti, menzionati
spesso retoricamente ma, in realtà, mai considerati
realmente all’altezza di essere introdotti col suo
giusto peso nell’agenda europea.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Candidatura all’adesione
solo nel 2014
Secondo il Gruppo di esperti che sta
seguendo il processo di integrazione dei
Balcani, il 2014 sarà l’anno per decidere
se i Paesi balcanici sono idonei a fare il
loro ingresso nell’Unione. Come dichiarato da Kalypso Nicolaidis, membro del
gruppo e docente ad Oxford, i membri
dell’UE sono interessati a ricevere i Paesi dei Balcani nell’Unione Europea, come
già reso noto nel 2007 quando sono state
accolte Bulgaria e Romania, ma non sono
state specificate altre date per l’ammissione di nuovi candidati. Secondo fonti
di Bruxelles, solo la Croazia completerà
i negoziati entro la fine dell’anno e potrà
aderire nel 2012, mentre il futuro europeo resterà ancora una ‘speranza’ per
Serbia, Fyrom-Macedonia, Montenegro,
Bosnia-Erzegovina e Albania. L’UE vede
dunque il 2014 una sorta di simbolo,
visto che cade l’anniversario dall’inizio
della Prima guerra mondiale, quando
nel 28 Giugno del 1914 a Sarajevo, uno
studente anarchico Gavrilo Princip ha ucciso l’arciduca Franc Ferdinand, erede al
trono Austroungarico.
Nessuno sconto
per i Paesi dei Balcani
Saranno i Balcani al centro del nuovo
pacchetto di allargamento per il 2010 e
conterrà i progressi dei paesi della regione. In riferimento alla Serbia, Fule ha
spiegato che sarà il rapporto del Tribunale dell’Aja per il Consiglio di sicurezza
dell’ONU ad influire sulla decisione del
Consiglio dei Ministri dell’UE, prevista per
il mese di giugno, per intraprendere una
nuova fase per l’attuazione dell’accordo
di stabilizzazione e associazione con la
Serbia. Lo stesso vale per l’apertura del
capitolo chiave nei negoziati di adesione
con la Croazia, ha rincalzato Fule, per la
quale si staglia una vera e propria sfida.
Altra storia invece per Montenegro e Albania, sul cui giudizio non pesa alcuna relazione dell’Aja, bensì la sola valutazione
dei loro progressi agli della Commissione
Europea. Fule ha ricordato anche che il
Comitato dei Ministri approverà darà a
giugno una dato solo se Skopje risolverà
il problema relativo al nome con Atene.
La CE sta lavorando sulla facilitazione dei
visti e sulla possibile proposta di aprire
i negoziati dell’accordo commerciale con
Pristina, all’indomani del parere della
Corte Internazionale di Giustizia.
Il vertice di Sarajevo
senza una data per
l’abolizione dei visti
Il vertice UE-Balcani Occidentali del 2
Giugno a Sarajevo non annuncerà nessuna data per l’abolizione dei visti per i
cittadini bosniaci. Come scrive il “Nezavisne novine” citando fonti diplomatiche
di Bruxelles, la Bosnia Erzegovina sarà
lodata perchè ha soddisfato le condizioni
tecniche, ma saranno le condizioni politiche a prevalere nel parere per la liberalizzazione dei visti. “Ancora non sappiamo
esattamente la formula del documento, ciò
che è certo è che il parere sarà deciso dal
fallimento della riforma costituzionale,
dalle elezioni imminenti e dalla mancata
attuazione della decisione della Corte di
Strasburgo sul diritto delle candidature
delle minoranze”, ha dichiarato la fonte
del “Nezavisne novine”, sottolineando che
è già certo che i visti non saranno aboliti
prima delle elezioni di ottobre. “Una data
più precisa può essere la fine dell’anno, ma
non sorprendetevi se sarà più tardi”, ha dichiarato la fonte.
Jelko Kacin, Vice Presidente del Comitato
per Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia,
Montenegro e Kosovo nel Parlamento
Europeo, ha dichiarato che è più realistico aspettarsi che i visti potrebbe essere
aboliti un anno dopo Serbia, Macedonia
e Montenegro, cioè alla fine dell’anno.
Kacin ha collegato tale possibilità all’attuale situazione politica in Bosnia-Erzegovina e alla mancata attuazione delle
riforme. Secondo il “Nezavisne novine”,
riprendendo le affermazioni della fonte
del quotidiano, l’UE vorrebbe in qualche
modo punire la mancanza di volontà po-
litica nell’attuare delle riforme, per cui la
liberalizzazione dei regime dei visti non
potrà essere usata come una carta vincente nella campagna pre-elettorale. Halid Genjac, Presidente della Commissione
congiunta per l’integrazione europea del
Parlamento della BIH, ritiene che non
c’è alcuna base oggettiva per collegare
le riforme costituzionali, le elezioni e la
decisione della Corte di Strasburgo con
la liberalizzazione dei visti, perché questi
elementi non sono una condizione per la
liberalizzazione dei visti. “I primi di giugno sarà pubblicata la relazione, in tempo
per il vertice di Sarajevo sui Balcani occidentali, seguita poi dal controllo finale
della sua reale attuazione. Per cui il voto
finale del Parlamento è impossibile che
sarà realizzato prima di settembre”, afferma ancora Filota. L’europarlamentare
Tanja Fajon ha dichiarato che il Parlamento Europeo sta facendo tutto il possibile
per accelerare il processo, e consentire
alla Bosnia di ottenere i visti il più presto
possibile. “Aspetto che la Commissione europea entro i primi di giugno faccia la sua
proposta per la liberalizzazione dei visti,
per poi dare il via libera ai lavori di preparazione. Se tutto andrà secondo i piani, la
Bosnia-Erzegovina potrebbe aderire alla
liberalizzazione del regime dei visti entro
10 o 11 mesi. Spero che avverrà al più
presto, capisco la frustrazione della gente
in Bosnia-Erzegovina. In effetti i politici
hanno fatto molto negli ultimi mesi e ora
ha bisogno di qualche notizia positiva da
Bruxelles”, ha dichiarato Fajon.
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intelligence
Gazprom in Croazia:
progetto per hub
energetico nel
Mediterraneo
I progetti energetici della Russia all’interno dei Balcani avanzano. Dopo l’accordo
strategico con la Serbia e la Republika Srpska e gli investimenti silenziosi nella
Federazione BiH, il gigante del gas russo cerca di prendere posizioni importanti
anche lungo la costa croata. Questa deve infatti divenire un hub del mercato del
petrolio e del gas all’interno del Mediterraneo.
fulvia novellino
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S
ono giunte la scorsa estate le prime avvisaglie del progetto croato-russo, elaborato
dal consorzio croato Janaf e la Gazprom
Neft, per creare nel porto adriatico di Omisalj (Isola di Krk) una sorta di mercato a pronto
termine del petrolio, una vera e propria borsa del
petrolio, in cui gli acquirenti internazionali saranno
in grado di ritirare petrolio non appena che la transazione verà completata, con il trasporto verso la
destinazione scelta. Al centro del funzionamento del
mercato petrolifero, verrà creato un rapporto di approvvigionamento affidabile e costante, ed è quello
che dovrebbe garantire la Gazprom Neft. Come ogni
mercato a pronti, quello di Omisalj è stato concepito come un luogo dove le merci di diversi venditori, provenienti da varie fonti, viene venduto ad
ogni acquirente del Mediterraneo e dell’Europa. In
tale ottica, la Gazprom Neft dovrebbe assumere il
ruolo di leader nella fornitura del mercato petrolifero, mentre Omisalj potrebbe diventare uno dei
principali porti del Mediterraneo per l’esportazione
di petrolio russo, connesso al terminal di GNL di
Trieste e dell’isola di Krk, oltre che al South Stream.
Diversamente dalla maggior parte degli altri porti, il
terminal di Janaf ad Omisalj soddisfa tutte le condizioni per l’attracco delle navi del tipo VLCC (Very
Large Crude Carrier), ossia petroliere che hanno
una capacità che arriva fino a 500 mila tonnellate.
Janaf ha già iniziato a costruire nuovi impianti di
stoccaggio che dovrebbero raddoppiare la sua capacità immagazzinamento, il che significa che la società avrebbe 1,5 milioni di metri cubi di petrolio
depositato solo ad Omisalj in pochi anni. Inoltre,
l’oleodotto Janaf già è collegato alle raffineria della
Serbia e della Republika Srpska con le raffinerie di
Bonsaski Brod e Pancevo, entrambe possedute dal
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
gruppo Gazprom. Ciò a dimostrazione che i progetti
russi sono già da tempo in atto.
Il vecchio progetto DruzbAdria
E’ importante ricordare che il progetto è stato concepito in precedenza con il progetto DruzbAdria, con
un accordo bilaterale in base al quale un oleodotto
dovrebbe collegare la città russa di Samara con
Omisalj. Sulla base di tale accordo, l’oleodotto Janaf
sarebbe stato integrato nei sistemi di trasporto di
Russia, Ucraina, Bielorussia, Ungheria e Slovacchia,
in modo che il petrolio russo doveva arrivare sull’isola di Krk per essere poi caricato sulle petroliere. C’è
da dire che la Russia si era interessata ad Omisalj
come un porto di esportazione, soprattutto a causa
dei problemi incontrati sui porti del Mar Nero al
Mediterraneo, e la causa dei tentativi da parte della
Turchia di limitare il passaggio delle petroliere russe
attraverso il Bosforo e i Dardanelli. Nel frattempo,
tuttavia, la Russia ha aumentato notevolmente la capacità del porto di esportazione di Primorsk sul Mar
Baltico, risolvendo il problema con la Turchia attraverso un accordo per la costruzione di un oleodotto
tra il porto sul Mar Nero bulgaro di Burgas e quello
greco di Alexandroupolis sul Mar Mediterraneo. In
tale contesto, l’interesse dei russi per il rilancio del
progetto DruzbAdria in questi ultimi anni è stato
meno di quanto non lo fosse all’inizio del decennio.
Successivamente, la Croazia ha offerto ai russi una
versione modificata del progetto in base al quale
l’oleodotto non finirebbe a Omisalj, ma continuerà
attraverso la Slovenia sino a Trieste, dove sarà collegato alla Transalpine Pipeline (TAL), progetto di gassificazione per i paesi dell’Europa occidentale. Tale
piano, però, cade perché non si è riusciti a raggiungere un accordo con la Slovenia per le condizioni alle
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Republika Srpska
Vista aerea del Terminal Petrolifero dell’Isola di Krk / Marco Molinari
“I russi si stanno avvicinando
sempre più all’Adriatico
con la loro tela di società
e aziende diramate un po’
dappertutto. Mosca sta quasi
accarezzando l’idea di dare
il via ad una nuova era dello
scambio del petrolio nel
Mediterraneo con l’avvento di
una borsa energetica nel cuore
dell’Europa”
quali un gasdotto sarà costruito sul suo territorio. Ma
con lo sviluppo delle infrastrutture Janaf è emersa
la possibilità che, invece di creare solo un porto di
esportazione, Omisalj potrebbe diventare il punto
principale del commercio di petrolio nell’Adriatico.
Un progetto che dunque è molto più attraente per i
russi rispetto alla versione originale del DruzbAdria,
perché permette loro di rafforzare ulteriormente la
posizione dominante di Mosca nella regione, visto
che i mercati più vicini all’Europa sono sul Mar Nero,
a Odessa e Novorossiysk.
I russi si accordano sullo Janaf
I progetti delle infrastrutture croate vengono così
ripescate, all’indomani della ratifica dell’accordo
con Gazprom, con il quale la Croazia entra ufficialmente a far parte del consorzio per la costruzione
del gasdotto South Stream. Il contratto apre la
strada per la creazione di una joint venture tra Gazprom e Plinacro, ciascuna con il 50 percento della
quota di proprietà. Viene inoltre toccato anche il
tema della Società del progetto Adria, accennando
al fatto che Transnjeft e JANAF continueranno i negoziati con il Primo Ministro croato, che tentativo
di “raggiungere nuovi progressi” nel settore delle
infrastrutture lungo la cosa croata. Non è un caso,
quindi, che la società dell’oleodotto adriatico Janaf
e la russa Optima Group hanno firmato proprio recentemente l’accordo per il trasporto di 1,2 milioni
di tonnellate di petrolio per il 2010. Ricordiamo
che lo stesso gruppo ha acquistato nel maggio dello
scorso anno, per 12,8 milioni di euro, la catena delle
stazioni di servizio Zovko sul territorio della Federazione della BIH e del Distretto Brcko. Acquistando la catena di Zepce, nella Bosnia centrale, i russi
sono infatti entrati sul mercato della Federazione.
Il proprietario della società Zovko aveva 10 stazioni
di benzina, otto nella FBiH, e due nel Distretto di
Brcko, ed era anche uno dei maggiori distributori
di prodotti petroliferi nella Federazione. Inoltre,
l’Optima Group investirà 103 milioni di euro nel
miglioramento della produzione nella Raffineria
di Brod, mentre secondo un piano quinquennale,
sono nella Raffineria saranno investiti 675 milioni
di euro fino al 2014.
E’ chiaro che i russi si stanno avvicinando sempre
più all’Adriatico con la loro tela di società e aziende
diramate un po’ dappertutto. Mosca sta quasi accarezzando l’idea di trasportare il suo petrolio a
Omisalj, per caricarlo sulle nave cisterne mediante
terminal di GNL, e dare il via ad una nuova era dello
scambio del petrolio nel Mediterraneo. Potrebbe
anche essere l’avvento di una borsa energetica nel
cuore dell’Europa, mentre la costa italiana e quella
balcanica diventeranno il punto nevralgico del trasporto di merci ed energia, sottraendo la scena alla
Turchia e agli stretti del Mar Nero.
Una moneta di
scambio?
La Croazia potrebbe
ricoprire un nuovo
ruolo all’interno del
South Stream. La sua
partecipazione verrebbe negoziata come
moneta di scambio
per lo JANAF conduttura attraverso
la quale viene già
trasportato petrolio
dalla terraferma
verso il Mar Adriatico
- e il Terminal di Krk.
Gli esperti stimano
che non sarà molto
costoso e complicato
costruire il gasdotto.
Non è da sottovalutare poi che sarebbe
la via più breve per il
gas verso l’Italia.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
intelligence
La guerra per i terminal
petroliferi di Ploce
La società britannica Deltagrip ha deciso di bloccare i conti correnti della società
petrolifera della Federazione BiH perché in ritardo con il rimborso del credito
concesso per la costruzione dei depositi di stoccaggio. La società petrolifera di
Stato o pagherà il suo debito o perderà i terminal...
fulvia novellino
D
opo gli ultimi scontri tra la società britannica Deltagrip e la società che gestisce i Terminal petroliferi di Ploce della
Federazione (NTF) , la dirigenza inglese
ha chiesto il blocco dei conti per il mancato pagamento di un credito di 9,6 milioni di kune (1,248
miliori di euro). La controversia nasce dopo che
l’Amministrazione della NTF ha chiesto un aumento
del prezzo di locazione del deposito fino al 150 per
cento, da 3,5 a 8 euro al metro cubo. Per gli inglesi,
“Se la Federazione non paga il suo
debito gli inglesi potrebbero chiedere
il fallimento della NTF. Intanto è già
partita l’offensiva diplomatica per la
concessione dei visti”
Terminal vs visti?
La guerra dei terminal,
dichiarata dalle lobbies
inglesi in Bosnia per
l’accesso al Mar Adriatico è già cominciata
con l’offensiva diplomatica verso la Bosnia.
E’ quanto dichiara
Michele Altamura,
direttore dell’Osservatorio Italiano, osservando
come “l’intento è quello
di chiedere un terminal
sottobanco per concedere i visti a giugno,
e far passare così in
secondo piano il lavoro
diplomatico dell’Italia”.
L’ordine di Londra è
non far avvicinare i
russi a nessun terminal
che porta verso l’Adriatico.
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tale richiesta è stata definita inaccettabile perchè,
come affermano, l’anno scorso è stato firmato un accordo che stabilisce un prezzo fisso per l’utilizzo nel
deposito di stoccaggio di Ploce di circa 40 mila tonnellate di petrolio per cinque anni. Così, dopo che
i britannici hanno rifiutato di pagare il prezzo più
elevato, la dirigenza della NTF ha rifiutato la consegna dei prodotti del deposito. Deltagrip, di risposta,
ha bloccato il pagamento dei canoni di locazione
della NTF per il ritardo pagamento dell’ultima rata
del rimborso del credito concesso per la costruzione dei serbatoi per prodotti petroliferi. Secondo
informazioni non confermate citate dal quotidiano
Poslovi, l’ungherese OTP Bank ha chiesto alla NTF
di pagare circa 15 milioni di kune, mentre si è detta
pronta a garantire l’intero importo sul conto della
società. Tuttavia, vista la grave crisi economica che
sta attraversando la Federazione della Bosnia Erzegovina, ci si chiede come la Società petrolifera di
Stato, che controlla la proprietà dei terminal, potrà
essere in grado di pagare tale somma. D’altro canto,
se tale importo non sarà liquidato entro 60 giorni,
i britannici potrebbero addirittura chiederne il fallimento. La società britannica da parte sua ha già
notificato alla loro ambasciata in Bosnia Erzegovina
sugli eventi di Ploce, onde avere subito un appoggio della politica britannica e velocizzare, eventual-
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
mente, le procedure di fallimento.
Secondo alcune speculazioni, il debito potrebbe
essere coperto dai russi, che mirano infatti a prendere la proprietà dei terminal. La scorsa settimana,
di fatti, si è recato a Ploce Jurij Nikolajevic Belov,
direttore della società per il commercio di prodotti
petroliferi di Banja Luka, Optima, di proprietà della
russa “Zarubeznjeft”. Jurij Belov a Ploce è stato accompagnato la scorsa settimana il serbo Nemanja
Sutonja, direttore commerciale della società. Di
fatti, per ampliare l’espansione commerciale e
l’esportazione i russi hanno bisogno dei depositi
di stoccaggio di Ploce, potendo con essi chiudere
il cerchio del controllo del mercato petrolifero in
Bosnia. I terminal petroliferi a Ploce, che ottengono ogni anno redditi per circa un milione di euro,
hanno una capacità di 82 mila tonnellate, di cui
circa la metà è sfruttata da Deltagrip (42 mila), accanto poi all’Ina (32 mila), mentre la slovena Petrol
ha un accordo per lo sfruttamento di una capacità
di 10 mila tonnellate. D’altro canto, l’eliminazione
di Deltagrip come importatore andrebbe senz’altro
a favorire Zarubeznjeft come esportatore, che potrebbe ottenere il sostegno dei politici di Sarajevo,
dopo aver già conquistato quello di Banjaluka.
Non bisogna infatti trascurare l’interesse dei russi
per questa zona del territorio della Federazione,
in quanto essa andrebbe a perfezionare non solo
il piano di controllo del mercato energetico della
Bosnia, ma anche della rete infrastrutturale che è
direttamente connessa al gasdotto South Stream
nei Balcani. Altrimenti non si spiegherebbe perchè
Gazprom affianca la partecipazione della Croazia al
gasdotto, allo sfruttamento congiunto dell’oleodotto
Janaf o del terminal GNL dell’isola di Krk. E’ chiaro
che i russi intendono interconnettere le infrastrutture esistenti in questa parte dell’alto Adriatico, essendo anche la via più breve per raggiungere l’Italia
e il mercato europeo. Come sostenuto da molti, non
è un segreto che la Croazia nei nuovi piani per la
costruzione del gasdotto potrebbe avere un posto
molto importante, perché ha lo JANAF, conduttura
attraverso la quale viene già trasportato petrolio
dalle raffinerie di Bosnia (Brod) e Serbia (PancevoNovi Sad) verso il Mar Adriatico, e non sarà molto
costoso e complicato costruire il gasdotto.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Republika Srpska
Il petrolio della Bosnia
tra i siti archeologici
Non vi sono dubbi che esistano
grandi quantità di combustibili
fossili nella pianura del nord
della BiH, che anticamente
apparteneva al Mar Panonio. Da
forse l’interesse a scatenare una
guerra in Jugoslavia?
R
isultati recenti, prodotti da una ricerca condotta dalla British Petroleum e
dall’americana Amco, rivelano che soltanto nella zona della BiH esistono le
più grandi riserve di petrolio in Europa, circa 500
milioni di tonnellate di petrolio e sono dislocate
maggiormente nella zona della Erzegovina e nella
regione di Posavina. Tuttavia, la conferma della
presenza di grandi quantità di petrolio in BiH ce la
fornisce la storia quando, durante l’impero Austro
Ungarico sono state fatte delle ricerche trovando
grandi depositi di bitume, che è petrolio degradato.
Ricordiamo le storiche ricerche dal 1889 al 1915,
svolti alla profondità di 130-140 metri e le prime
tracce di petrolio dal 1929 al 1941, 44 perforazioni
alla profondità di 50 metri fino a 2 chilometri. Inoltre sono stati creati 6 siti e prodotte 1000 tonnellate di petrolio dal 1948 al 1961 e in altri 45 siti con
perforazioni ad una profondità che va da 250 metri
fino a 1750 metri nel zone di Tuzla, Posavina e Semberia hanno registrato altre quantità di petrolio negli anni dal 1963 al 1973. Quattroperforazioni alla
profondità di 1200 a 4200 metri nella zona della
Bosnia del nord e a Dinaridi hanno rilevato altro
petrolio tra il 1973 e il 1992.
Nel 1992, una ricerca dell’AMCO, confermò il ritrovamento a Dreznica, vicino Tuzla, di 2,5 miliardi di
barili di petrolio. Con quel petrolio la ex Jugoslavia poteva “comprare” la sua indipendenza. Dalla
documentazione nell’archivio della Energoinvest
di Sarajevo e della Raffineria Brod scopriamo che
delle ricerche erano state già fatte nel periodo che
va dal 1973 fino al 1991, con due progetti “Bosnia Nord” e “Dinaridi”, per i quali sono stati spesi
150 milioni di dollari. Sul primo tratto sono stati
fatti 15 perforazioni della profondità di 2000, 3000
metri, alla ricerca di 50 milioni di tonnellate di petrolio, nella convinzione che si possa soddisfare il
fabbisogno per i prossimi 30 anni con un guadagno annuale di 1 miliardo di dollari. Con il secondo
si è scavata a 6000 metri con delle riserve di 500
milioni di tonnellate, per la quale la AMCO, realizzatrice del progetto, offre un contratto di divisione
della produzione per 35 anni. Si comprende, quindi,
che nella Bosnia del nord il petrolio si può trovare
già ad una profondità di 3 o 4 chilometri mentre
in Erzegovina si arriva a 6 km, dove l’ estrazione
sarebbe più complicata e costosa. Disponendo di
grosse quantità nei pressi di Tuzla, dove la profondità calcolata è di quattro o cinque chilometri, il
governo della federazione vede di buon occhio la
possibilità di proseguire le ricerche, per trovare giacimenti di 500 milioni di tonnellate di petrolio e di
gas. Subito dopo la pubblicazione dei dati prodotti
dalle ricerche da parte dell’ Istituto di Geologia di
Tuzla - che prevedono le prime forniture di petrolio
in BIH già tra 15 anni - sono arrivati gli esperti della
SHELL dall’Inghilterra e dal Canada per esaminare i
rilievi. Presenti anche i rappresentanti dell’azienda
Tara-Drina di proprietà del miliardario malesiano
Joseph Vilay Kumar, che mira alla zona di Posavina
e di Erzegovina.
Un aiuto per la ricerca e l’ estrazione del petrolio
nella Federazione della BIH è stato offerto anche
dal governo norvegese. Al concorso pubblico pubblicato dalla Energoinvest hanno risposto : “Transglobal Petroleum” (SAD), “Seed Rock”, “Longwiew
Capital Partnersa” (Canada), “Delta Hydrocarbons”
(Olanda), MOL (Ungheria) INA (Croazia) e British
Petroleum (Gran Bretagna).
Considerando la RS come “terra dei russi” per il
fatto che la Raffineria di Brod è stata venduta ad
una parte della azienda russa Zarubeznjeft e alla
Neftgasinkor si è ridotta la possibilità che gli inglesi
o gli americani possano accedere alle analisi del terreno, l`unico approccio rimastogli con quella terra
sono le ricerche archeologiche. Infatti, negli ultimi
2 anni gli studenti dell’Università di Cambridge effettuano perforazioni del terreno nella Bosnia del
nord prendendo i campioni di terra per le ricerche
delle culture preistoriche analizzando vari strati
di terra per studiarne la fossilizzazione. Continua
così in silenzio la guerra per il petrolio tra Russia, Inghilterra e USA. La BIH resta in ostaggio
dei politici locali ma anche delle multinazionali che
da sempre incrociano i loro interessi economici su
questa terra che rappresenta il cuore dei Balcani e
anche la strada trasversale per i possibili oleodotti
e gasdotti nel futuro.
Biljana Vukicevic
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Corridoi paneuropei
Corridoio 10:
nascono le Autostrade
della Serbia
A solo un anno dalla sua fondazione, la
società “Koridor 10-Corridoio 10” creata
per la costruzione di circa 290 chilometri
dell’autostrada paneuropea che attraverso la
Serbia, sarà sostituita da una nuova società, la
“Autoputevi Srbije-Autostrade della Serbia”.
Tamara Mikic
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I
l Governo serbo ha deciso di estinguere la società “Koridor 10-Corridoio 10” per creare una
nuova entità, la “Autoputevi Srbije-Autostrade
della Serbia”, che dovrà realizzare parte dell’infrastruttura paneuropea che attraversa la Serbia. La
nuova società sarà così liberata dai debiti del passato
e dal pessimo lavoro fatto dalla “Putevi Srbije”, società che nel progetto originario aveva un ruolo di
leadership, che adesso rimarrà senza alcuna giurisdizione. Essa è la terza consecutiva creata da Belgrado
solo in un anno, a cui il Governo affida la costruzione
della strada più importante della Serbia. Infatti, fino
al febbraio dello scorso anno, per la costruzione del
Corridoio 10 era stata creata la “Putevi Srbije”, ma
a causa degli scarsi risultati raggiunti, il Governo
ha istituito la società “Corridoio 10” (Koridor 10),
il cui ruolo era quello di accelerare questo processo
e renderlo più efficiente e trasparente. Adesso, un
anno dopo, si chiude il “Corridoio 10” che avrebbe
dovuto portare al completamento della costruzione
della strada, per fare posto alla Autoputevi Srbije,
che risponderà direttamente al Governo e sarà responsabile della pianificazione, dell’espropriazione e
della costruzione delle autostrade in tutto il Paese.
Autoputevi Srbije sarà quindi una società indipendente, non sarà gravata dalla pesante eredità di “Putevi Srbije” e questo dovrebbe portare ad un grande
risultato, come afferma l’interlocutore del governo
serbo al quotidiano Blic. “Se lo Stato da investitore
incapace diventa capace, e se riesce in questo modo a
completare il più importante progetto nazionale, che
dovrebbe portare in Serbia circa un miliardo di euro,
dimostrerà di aver rispettato i primi obiettivi posti dinanzi alla Autoputevi Srbije”, afferma la stessa fonte.
Il processo di trasformazione della società sarà finanziato dalla Banca mondiale. Come riportato dal
“Blic”, la “Putevi Srbije” sarà convertita in direzione, e
c’è la possibilità che continui a svolgere come attività
principale quella della manutenzione delle strade. A
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tale scopo, è stato formato un comitato che creerà un
piano d’azione per la riforma di “Putevi Srbije”.
Uno sguardo al passato
Non è chiaro perché finora nessuno della “Putevi
Srbije” è stato sostituito o non ha risposto in alcun
modo per gli scarsi risultati sul Corridoio 10. Era
comunque già noto che con la Putevi Srbije non
stavano facendo un buon lavoro, visto che è trascorso più di un anno per costituire una società che
è stata successivamente estinta. I risultati sono stati
devastanti: dei 250 chilometri di strade previsti, in
un anno sono stati costruiti 47 chilometri. La costruzione di queste strade, che dovrebbero essere
parte della rete pan-europea che collega l’Europa
occidentale con il Medioriente, è iniziata ufficialmente nel 1997, quindi 13 anni fa. Nel frattempo
ben pochi risultati concreti sono stati portati avanti.
“Autoputevi Srbije sarà una
società indipendente, non sarà
gravata dalla pesante eredità
del fallimento del passato”
La costruzione del Corridoio 10 è stata definita nel
2008 il più importante progetto di interesse nazionale, motivo per cui il governo serbo ha istituito
il Consiglio nazionale per le infrastrutture, guidato
da Boris Tadic. I lavori per le strade più importanti
che attraversano la Serbia sono stati coordinati da
tre ministeri, il Ministeri delle Infrastrutture (SPS),
del Piano Nazionale degli Investimenti (G17 Plus)
e dal Ministero dell’Ambiente e del Territorio (DP),
che appartengono ai tre partiti della coalizione di
governo. Intanto, da settimane la coalizione di Governo sta esaminando le possibili responsabilità dei
dirigenti di Putevi Srbije. Secondo il Consiglio Nazionale delle Infrastrutture, la maggiore responsabilità è di Zoran Drobnjak, direttore generale di tale
società, il Presidente del Consiglio di Amministrazione Zoran Lilic, e della Direttrice del Settore per la
progettazione e lo sviluppo Biljana Vuksanovic.
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Vista aerea del tratto del Corridoio 10 della Serbia (Koridor10.Rs)
Il tratto nord del Corridoio 10
Il primo compito della nuova società sarà proprio
la costruzione del Corridoio 10, ossia quel progetto
che in questi ultimi due anni non è stato portato a
termine dalle due società. Tra le priorità, in cima
alla lista vi è la costruzione del tratto settentrionale (sezione da Horgos a Novi Sad), che dovrebbe
iniziare già nella settimana prossima. La data prevista per l’inizio della costruzione della tangenziale
di Dimitrovgrad è stata fissata per il 14 aprile, ed
entro la fine dell’anno si prevede di avviare la costruzione della strada che da Nis porta al confine
bulgaro. Questo progetto include anche la continuazione della costruzione della tangenziale attorno a
Belgrado, e alcune sezioni per la Fyrom-Macedonia.
La costruzione dei 110 km di semi-autostrada sul
corridoio 10 comprende la sezione di 28 chilometri
dal confine a Horgos, la sezione dal 38simo al 98simo chilometro della strada Horgos-Novi Sad, così
come la sezione fra Kelebija e Subotica. Secondo il
contratto, la costruzione di queste sezioni avrebbe
dovuto cominciare nel marzo di quest’anno, e in
base alle condizioni del bando di gara, durerà un
massimo di 22 mesi.
Consorzio serbo
il nuovo concessionario
Saranno le aziende serbe del consorzio serbo Preduzece za puteve Beograd (Società delle strade di
Belgrado) a costruire la corsia sinistra dell’autostrada del Corridoio 10 da Horgos a Novi Sad, della
lunghezza di 110 chilometri. Il consorzio serbo,
costituito da Preduzece za puteve Beograd, Putevi
Uzice, Planum, e Borovica ha fornito la migliore offerta nella procedura di appalto. L’offerta è stata di
circa 10 miliardi di dinari, con l’impegno a portare
a termine i lavori di costruzione in 270 giorni ed
un termine di pagamento di 30 mesi. La società Hidroelektra di Zagabria e la Vojput di Subotica hanno
consegnato la seconda migliore offerta che prevedeva una spesa di circa 11,5 miliardi di dinari per
426 giorni di lavori e un termine di pagamento di
24 mesi. Il terzo partecipante alla gara, la società
slovena Primorje, ha offerto di svolgere il lavoro in
590 giorni per circa 11,6 miliardi di dinari ed un
termine di pagamento di 12 mesi. Presi in considerazione tutti i criteri, Preduzece za puteve Beograd
si è aggiudicata la gara totalizzando 100 punti, il
Consorzio Hidroelektra 79,85 punti, e Primorje
64,18. La costruzione dei 110 chilometri della semiautostrada del Corridoio 10 è stata divisa in più
parti: la prima da Horgos a 28 chilometri dal confine, la seconda dal 38esimo al 98esimo chilometro,
e la sezione da Kelebija a Subotice. La costruzione
dei tre tratti avrebbe dovuto, da contratto, iniziare a
marzo di quest’anno, e secondo i termini del bando
di gara dovrà durare al massimo di 22 mesi.
Mistero delle gare d’appalto
Da notare che la prima tornata della gara d’appalto
per la sezione dell’autostrada Horgos-Novi Sad è
stata annullata perché l’offerta dell’impresa croata
è stata trattenuta presso l’Ufficio del Governo fino
alla scadenza del termine per la presentazione dei
plichi. Secondo quanto scrive Blic, l’offerta dell’impresa croata di ingegneria civile “Hidroelektra” è
stata inviata nei termini, ma non è arrivata nell’Ufficio del Ministro Milutin Mrkonjic, in quanto trattenuta presso la sede del governo serbo fino alla fine
della chiusura del processo di gara. “L’offerta della
società croata è arrivata al governo mercoledì mattina, ma nessuno l’ha portata al Ministro Mrkonjic”.
Per questo la Hidroelektra ha protestato insieme
con la ‘Vojvodina put’, tale che il Ministro delle Infrastrutture ha immediatamente annullato la gara.
La fonte del Blic conclude quindi che “alla fine è
stato detto la Hidroelektra ha desistito, ma qualcuno
non ha fatto il suo dovere”.
Cos’è il
corridoio 10
Direttrice dei trasporti
del SEE di notevole
importanza in quanto
permette di collegare
l’Europa centrale con
la regione balcanica,
il Corridoio X segue
il seguente percorco:
Salisburgo - Lubiana
- Zagabria - Belgrado-Nis-Skopje-Tessalonicco, per una
lunghezza totale di
circa 1.500 km, cui
bisogna aggiungere
quattro deviazioni di
lunghezza variabile
tra i 160 e i 730 km.
Fruendo di questa favorevole collocazione
geografica, il Corridoio n. 10 si pone in
concorrenza sia con
le vie di comunicazione marittime sul
Mar Adriatico e fluviali
interne, sia con il Corridoio n. 4 per quanto
riguarda l’estensione
del TransEuropean
Network (TEN) in
direzione dell’Asia e
del Medio Oriente.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Progetti in cantiere
Il Porto di Bar
stenta a decollare
Nessuna nuova offerta per la vendita di una parte del Porto di Bar, il Terminal
container e carico generale, che aspettava la tanto richiesta offerta del consorzio
serbo. Offerte che avrebbe dovuto fare il grande colpo, e garantire così alla Serbia
uno sbocco sul mare, e la deposizione della ‘prima pietra’ del progetto italiano del
Corridoio 11.
Srebrenka
Despotovic
Croazia tra potenziali candidati
Società ed investitori
della Croazia che sono
sempre più interessati
alla privatizzazione
del Porto di Bar, per
giocare così d’anticipo
sulla Serbia, che non
ha ancora formulato
un’offerta per il tender
di gara. E’ stata infatti
realizzata una ricerca
finalizzata a capire in
quale misura la privatizzazione del Porto
di Bar e il suo miglior
collegamento con
l’interno della Serbia e
dei Balcani potranno
influire sui porti croati
e altri porti regionali
della costa orientale
dell’Adriatico. La Croazia sarebbe infatti molto
interessata a mantenere alto il livello dei
trasporti attraverso tutti
i suoi tre grandi porti
e sarebbe disposta a
chiedere la valutazione
della cooperazione
tra il Montenegro, la
Serbia e l’Itala nel
progetto del corridoio
verso la Serbia. “Né le
imprese serbe e né il
Governo ha le capacità
finanziarie per costruire
contemporaneamente
il Corridoio 10 (che
porta a Salonicco)
e il corridoio verso il
Montenegro”, afferma
la ricerca.
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L
a Commissione di gara per la privatizzazione del Porto di Bar (Luka Bar) apre le
nuove offerte ricevute dopo l’annuncio
del nuovo bando di gara, dopo che parte
di esse sono andate deserte. Anche questa volta
la gara per il 54,4 per cento della proprietà della
società “Terminal container e carico generale”
all’interno del Porto di Bar non ha ricevuto offerte,
nonostante che i documenti di gara, che costavano
circa 20 mila euro, sono stati acquistati da società
famose provenienti da Filippine, Libano ed Emirati
Arabi Uniti, così come dalla società di Belgrado BB
Cargo, consorzio fondato nello scorso febbraio con
il governo serbo al fine di partecipare alla gara per il
Terminal container e Montekargo Podgorica. Mentre per la privatizzazione dell’85,4 per cento delle
azioni “Montekargo” l’offerta è stata presentata dal
consorzio rumeno “Grampet”, ad un costo di 1,65
milioni di euro. Per la società “Sicurezza e protezione antincendio” sono state presentate le offerte
della società greca ICTS e del consorzio costituito
da “Guardian” e “Guardian System” di Niksic. Per il
100 per cento della società “Pomorski poslovi-Affari
marittimi” sono giunte le offerte della “Nimont” da
Bar e il consorzio delle società “Ocean SRL” e “Interlog” di Trieste, rispettivamente di 640.000 euro e
2,15 milioni di euro. Inoltre, è stato annunciato che
le offerte presentate saranno analizzate entro sette
giorni, dopo di che si deciderà sul proseguimento
della procedura di gara per la privatizzazione del
Porto di Bar. La gara pubblica per la vendita del Porto di Bar, frammentato in diverse aziende, è stato
pubblicato nel mese di ottobre del 2009, e prevede
la vendita di tutto o parte del pacchetto azionario
statale (con nel caso del Terminal) con una concessione a 30 anni e con l’obbligo ad investire negli
impianti portuali.
Il Terminal container del Porto di Bar, parte del
percorso che da Bar porta a Belgrado e Budapest,
è un corridoio strategico, relativamente inattivo
e il suo valore diventerà evidente dopo. In questo
contesto, sembrava essere la Serbia il candidato
per eccellenza, vista la possibilità di ottenere uno
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
sbocco sull’Adriatico e una accesso ai traffici del
mare aperto. Il Ministro delle Infrastrutture della
Serbia, Milutin Mrkonjic, che assicura l’impegno
delle imprese serbe. “I trasporti non tollerano
alcun confine politico o rivalità regionale, i nostri
imprenditori sono pronti a partecipare alla vendita
del Porto di Bar, così come sono interessati italiani
e portoghesi”, ha detto allora Mrkonjic. “Lo sbocco
sul mare della Serbia è il Montenegro, e per questo
ci hanno accusato di avere delle mire politiche, e
ora si complimentano perchè non ci sono tanti interessati”, ha concluso. Ricordiamo che il governo
serbo ha deciso, lo scorso dicembre, di accantonare
circa 50 milioni di euro per partecipare alla gara
d’appalto come partner di minoranza di un consorzio a partecipazione mista, guidato dal proprietario
del gruppo MK, Miodrag Kostic, e partecipato anche
dal magnate serbo della “Delta” Miroslav Miskovic.
Intanto, secondo i media serbi, il consorzio fino al
giorno della gara del 31 Marzo non era stato ancora definitivamente creato, e per tale motivo non
è stato in grado di presentare un’offerta. Ufficiosamente però si apprende che il Governo del Montenegro, da parte sua, non considera questo epilogo
particolarmente drammatico, e qualora non vi
fossero degli investitori interessati, allora saranno
aperti dei negoziati diretti per la ricerca di un partner strategico. Secondo gli analisti, le condizioni
poste possono aver in qualche modo sfiduciato gli
investitori, considerando che l’infrastruttura portuale ha un prezzo troppo elevato e ha un esubero
di dipendenti. Per portarla al livello necessario
per il suo sfruttamento e per la ricostruzione della
ferroviaria, secondo gli esperti, non basteranno
solo 350 milioni di euro, come invece sostiene il
Ministro Mrkonjic. La ricostruzione della linea ferroviaria Belgrado-Bar, in linea con gli standard europei per garantire la velocità dei treni da 90 km
all’ora, avrebbe un costo di almeno due miliardi di
euro . Tratto che, accanto alla stessa Bar-Boljare unico buon collegamento del Porto con l’entroterra
- potrebbe divenire la porta di accesso ai mercati
dell’Europa sud-orientale dall’Adriatico.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Italferr: 300 milioni di euro
per la ferrovia Belgrado-Bar
La ricostruzione della linea ferrovia
Belgrado-Bar richiede un investimento
tra i 200 e i 300 milioni di euro, e non
due miliardi di euro, secondo precedenti
speculazioni. Lo ha reso noto il rappresentante della società italiana Italferr
Laurent Franciosi, spiegando che non
deve essere ripristinata l’intera linea
ferroviaria, visto che è stata mostrata
troppo costosa e un inutile rischio, ma si
devono riparare alcune delle sue parti, in
modo che la velocità media sarà di 100
chilometri all’ora, invece degli attuali 40
km. Secondo lui, l’obiettivo è quello di
garantire dei tempi di percorrenza tra
Belgrado a Bar di un massimo di cinque
ore, per una lunghezza di 450 chilometri,
trasportando sette milioni di tonnellate
di merci all’anno, oltre i passeggeri, sino
al 2030. Le parti più critiche della linea
ferroviaria sono le zone montuose tra la
Serbia e il Montenegro. I fondi per la ricostruzione della ferrovia saranno forniti
dalle istituzioni finanziarie internazionali, e probabilmente anche dal Governo
italiano.
Progetto Italbank: trasporti e
logistica per la cooperazione
Nasce in questi giorni a Trieste il progetto di “Italbalk”, progetto di cooperazione interregionale su logistica e trasporti
nell’ambito dei rapporti Italia - Balcani.
Del valore di circa 1,8 milioni di euro, Italbalk è parte del programma di sostegno
alla Cooperazione regionale, coinvolge
Albania, Serbia e Montenegro ed è stato
finanziato dal ministero dello Sviluppo
economico e promosso da quello degli
Affari esteri. Le Regioni italiane coinvolte
nel progetto sono Campania, in qualità di
capofila, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia. Italbank si inserisce nel quadro dell’Accordo firmato dal
Governo italiano e quello serbo, volto al
rinnovamento della linea ferroviaria BarBelgrado, a cui l’Italia ha partecipato con
1,5 milioni di euro. Soggetti attuatori di
“Italbalk” sono LOGICA-Agenzia campana
di promozione della logistica e del trasporto merci, INFORMEST, ITL-Fondazione
Istituto dei Trasporti e della Logistica e
l’Autorità portuale del Levante e dipartimento dei Trasporti della Sicilia.
BarBelgradoTimisoara:
un progetto
italiano
Il porto di Bar, terminal carico merci
Esiste una potenziale linea di collegamento diretto tra l’Italia ed il Sud Est
Europeo attraverso l’Adriatico, ed è il progetto del Corridoio 11, tratto ferroviario
e autostradale che unisce Timisoara, attraverso Vrsac, Belgrado, Cacak, Pozega,
Podgorica, al porto di Bar e poi via mare
attraverso l’Adriatico sino al porto di Bari.
Si stima che ben uattro paesi dell’Unione
Europea lo useranno. Molte imprese del
Sud d’Italia operano in Romania e questo
sarà il loro collegamento più breve con
Timisoara, nonché con Bulgaria e Ungheria. Capofila di tale iniziativa resta il
Governo italiano che, in collaborazione
con le aziende serbe, avrebbe intenzione
di acquistare il Porto di Bar o comunque
di partecipare in qualche modo alla sua
realizzazione. Molte sono le entità interessate, soprattutto italiane, a creare una
cooperazione con la direzione portuale di
Timisoara per costruire il Corridoio 11, in
conformità con gli standards tecnici del
settore dei trasporti e delle altre organizzazioni della rete di trasporto, e collegare
così il Porto di Bar.Il progetto di fondo è
creare un consorzio dedicato alla promozione delle imprese di logistica italiane,
come “spina dorsale” del sistema italiano
all’interno del mercato internazionale. Un
progetto questo che è stato esaminato già
tre anni fa, nel quadro dei piani di Roma
volti a stabilire una cooperazione stabile
con la regione dei Balcani, con Russia e
Cina. L’obiettivo del progetto era la realizzazione di collegamenti di diverse soluzioni per la Bar-Belgrado-Timisoara, visto
l’obbligo di attraversamento del Danubio
e dell’esistenza di un altro progetto, ossia
il Corridoio 10, al fine di creare nuove relazioni tra il porto e la zona meridionale
dei Balcani. Inoltre, l’iniziativa italiana
prevede un coordinamento tra i partner
imprenditoriali dei paesi interessati, i
suoi omologhi dei Balcani e il Governo
del Montenegro. Il Corridoio 11 prevede la costruzione dell’autostrada, la
ricostruzione della ferrovia Boljare-Belgrado e l’acquisto del Porto di Bar. Le
analisi hanno mostrato che la parte più
costosa è la strada da Belgrado a Cacak.
Attualmente stiamo portando avanti dei
progetti per questa tratta. Quest’anno saranno investiti inoltre 200 milioni di euro
per la strada Beograd-Ljig, mentre gli italiani sono interessati ad una parte della
strada verso il confine con la Romania. I
funzionari serbi stimano che occorrono
circa 200 milioni di euro per la ricostruzione e l’elettrificazione della linea ferroviaria attraverso la Serbia, e circa 100
milioni di euro attraverso il Montenegro.
Tali stime sono state confermate anche
dallo studio di fattibilità della società italiana “Italferr”, che ha ricevuto mandato
dal Governo italiano, che ha stanziato un
milione di euro per la valutazione del
progetto. FN
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Bosnia Erzegovina
Anno decisivo
per il
Corridoio Vc
Autostrada del Corridoio Vc che attraversa Podlugovi
Srebrenka
Despotovic
16
I
l Ministro dei Trasporti della Bosnia ed Erzegovina ha annunciato l’impegno del Governo
nella costruzione di diverse strade nella Bosnia ed Erzegovina nel corso di quest’anno. I
progetti rientrano nell’ambito del Corridoio VC,
che si estende attraverso la Bosnia-Erzegovina, da
sud a nord, collegando Ploce con Sarajevo e Osijek
(percorrenza di circa 340 km). Il progetto sarà realizzato dal Ministero federale dei Trasporti e delle
Comunicazioni attraverso la Direzione federale per
la Costruzione, la Gestione e la Manutenzione delle
autostrade e strade a rapido scorrimento.
Come reso noto, il Governo bosniaco sta preparando
la documentazione e sta lavorando per garantire il
finanziamento di un totale di 130 chilometri di strade principali nella Bosnia ed Erzegovina. La Banca
europea per la ricostruzione e lo sviluppo, assieme
alla Banca europea per gli investimenti, hanno approvato per la Bosnia-Erzegovina un finanziamento
di circa mezzo miliardo di euro per la realizzazione
dei quattro tratti del Corridoio Vc. Ricordiamo inoltre che lo scorso novembre la Bosnia-Erzegovina e
il Kuwait hanno firmato un accordo per un prestito
per il Progetto della costruzione dell’autostrada
Kakanj-Donja Gracanica, del valore di 30 milioni di
euro con un periodo di rimborso di 25 anni, un
periodo di “grazia” di cinque anni e l’interesse del
due per cento. Il Ministero ha ricordato che sono
stati già prelevati prestiti da BERS, BEI e Fondo del
Kuwait per lo Sviluppo economico per 180 milioni
di euro, 75 milioni di euro e 30 milioni di euro , che
si aggiungono poi ad un altro prestito chiesto alla
BEI di 240 milioni di euro, per un totale pari a 525
milioni di euro, ha sottolineato il Ministro. Egli ritiene che 120 chilometri della strada attraverso la BH
potrebbe essere costruita nei prossimi tre anni, che
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
rappresentano un terzo della sua lunghezza totale.
“Quest’anno è un anno di crocevia, in cui possiamo
fare un passo in avanti per la costruzione dell’autostrada, per la ricostruzione delle ferrovie e di altri investimenti di capitale pubblico”, ha spiegato il Ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni della FBIH,
Nail Seeckanovic. I lavori prevedono la costruzione
di quattro tratti autostradali (Svilaj - Odzak, Zenica
- Kakanj, Vlakovo - TarcSin e Bijaca - Pocitelj) per
una lunghezza di 66 chilometri. “Non possiamo finire tutto in quest’anno - ha detto Seckanovic - ma
inizieremo i lavori che contiamo di terminare entro
due o tre anni”.
La Federazione annuncia
nuovi bandi di gara
La Federazione BiH annuncerà presto le nuove gare
d’appalto nell’ambito del corridoio Vc, per il progetto della strada principale a scorrimento veloce
lungo il fiume Lasva e il fiume Bosna fino a Travnik,
per una lunghezza di 25 km. Si aspetta anche l’annuncio del tender per la costruzione del progetto
preliminare della sezione dell’autostrada AdriaticoIonica attraverso la Erzegovina dalla lunghezza di
un centinaio di chilometri, nonché del bando di
gara per la costruzione del progetto principale per
l’autostrada del Corridoio Vc da Trcin, attraverso
Jablanica, sino a Konjic, della lunghezza totale di 35
chilometri, e della sezione da Orasje a Brcko, della
lunghezza di 20 chilometri. Il Governo ha stanziato
122 milioni di KM, di cui una parte, circa 70 milioni,
dovrebbe essere impiegata per l’espropriazione dei
terreni sulle sezioni dell’autostrada del Corridoio
5C, e il resto dei soldi sarà utilizzato per il pagamento dell’IVA, per i margini del fiume Bosna, per
l’introduzione del sistema di pedaggio e la progettazione di altri edifici connessi all’autostrada.
Il Vc passerà per Mostar
L’autostrada del Corridoio Vc da Svilaj a Bijaca dovrà passare per Mostar, Blagaj e Pocitelj. Lo ha il
Ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni della
BIH, Rudo Vidovic, aggiungendo che la strada sicuramente sarà costruita in modo da rendere raggiungibili da Nord Mostar e Pocitelj. Spiega che per
le sezioni lunghe circa 65 chilometri, cioè SvilajOdzak, Drivusa-Donja Gracanica, Vlakovo-Tarcin e
Zvirovici-Bijaca sono già assicurati i fondi necessari,
è stata completata la documentazione dei progetti
e la revisione. “In questi giorni ci occuperemo di
esaminare la documentazione dei costruttori e i
parametri per l’avvio della gara internazionale”, ha
dichiarato Vidovic. La costruzione dell’autostrada
deve passare attraverso Bijaca e Zvirovic e verso
Pocitelj perché Bijaza sarà praticamente sulla frontiera con la Repubblica di Croazia. Zagabria potrebbe terminare i lavori sul suo versante a Giugno dello
prossimo anno. L’accordo interministeriale obbliga
la BIH ad accelerare i lavori sopratutto nella zona
più vicina alla frontiera.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Republika Srpska
Gassificazione,
infrastrutture e trasporti:
i nuovi investimenti
Tra le priorità del Governo della Republika Srpka restano le infrastrutture dei
trasporti, la realizzazione di centrali idroelettriche per sfruttare il potenziale
energetico ed idrologico della Bosnia, e la gassificazione del territorio.
C
on l’adozione della legge sulla pianificazione del territorio, con il Piano Regionale
e il Progetto del sistema unico d’informazione, la RS andrà ad occupare una posizione leader nel campo della pianificazione del
territorio in Bosnia Erzegovina. Lo ha affermato il
Primo Ministro della RS Milorad Dodik, spiega che
il Governo della Republika Srpka ha investito solo
nel 2006 nel restauro, costruzione e ammodernamento delle infrastrutture dei trasporti circa 670
milioni di KM, quasi tre volte di più dell’importo
investito nel periodo dal 2002 al 2006. Annuncia
inoltre che il Governo della RS presto prenderà in
considerazione i progetti per la costruzione di
piccole centrali idroelettriche, accanto alla costruzione di tre delle sette centrali idroelettriche
sul fiume Bosna, e di tre centrali idroelettriche sul
fiume Bistrica, così come i lavori preparatori per la
centrale idroelettrica Ulog, per cui è già stata rilasciata una concessione. Altro obiettivo strategico del
Governo della Srpska è la gassificazione, da cui deriva lo sviluppo di altri settori industriali, nonchè
di una nuova forma di energia per la costruzione
di sempre più grandi centri urbani nella RS. “Con
i partner russi abbiamo concordato che nell’ambito
del progetto South Stream, il ramo del gasdotto che
collega la RS deve passare ad una fase operativa
superiore, con la redazione di uno studio di fattibilità che sarà parte di un business plan integrato. Il
progetto di gassificazione è di importanza nazionale
per la RS, ma anche un’occasione unica che la RS e
la Bosnia-Erzegovina diventano un paese di transito, come la Serbia e la Croazia”, ha sottolineato il
Primo Ministro di RS. Per quanto riguarda i trasporti, prioritaria la costruzione dell’aeroporto di
Trebinje, per il quale è stata preparata parte della
documentazione di pianificazione, lo studio di fattibilità, nonchè ha stanziato 1,6 milioni KM per la
progettazione . Interessati a Trebinje imprenditori
dalla Russia, ma anche altri investitori dell’Europa
Occidentale.
Le autostrade della RS
Tra gli obiettivi vi è il completamento della costru-
zione dell’autostrada Gradiska-Banja Luka, che è
prevista nel mese di agosto di quest’anno, accanto
poi al secondo grande progetto infrastrutturale
dell’autostrada Banjaluka-Doboj, della lunghezza
prevista di 72 chilometri. L’accordo di concessione
è stato già firmato con la società austriaca Strabag,
mentre ricadrà sul Governo la risoluzione delle
questioni dei diritti di proprietà e l’elaborazione
della documentazione del progetto. Dodik ha ricordato che le pratiche delle proprietà su questo punto sono praticamente alla fine, del valore stimato di
489 milioni di euro. Secondo le sue parole, lo svincolo di Mahovljani è un altro progetto importante
e rappresenta la congiunzione dell’autostrada Gradiska-Banjaluka e Banja Luka - Doboj. L’opera sarà
finanziata dai fondi di prestito della Banca europea
per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) per 21
milioni di euro, e della concessione della Commissione europea di cinque milioni di euro.
Dodik ha affermato quindi con certezza che
quest’estate saranno avviati i lavori sull’autostrada, tenendo presente che in autunno vi saranno le
elezioni. Di parere contrario la Strabag la quale afferma che non esiste alcuna possibilità che le opere
inizino in estate, proprio a causa della problematica documentazione del progetto. Secondo le affermazioni di Strabag, la documentazione presentata
dalla IGH in dicembre (a quanto pare con diversi
mesi di ritardo) “solo in parte risponde alle esigenze
del progetto”, per cui “occorre apportare modifiche
e integrazioni fino a quando la documentazione non
sarà conforme alle norme della Rs”. Per questo è
irrealistico aspettarsi che la costruzione dell’autostrada possa iniziare in estate. Secondo alcune speculazioni non ufficiali, Strabag sta chiedendo alla
IGH di abbassare il prezzo della costruzione della
autostrada, che ammonta a circa 500 milioni di
euro. Il Ministro Cubrilovic ha recentemente dichiarato che la strada Banja Luka-Doboj dovrebbe
costare tra i “340 e 500 milioni di euro”. Il progetto
dovrà essere approvato dalla Società pubblica
“Putevi Republike Srpske”, diretta controparte del
contratto di progettazione, che dunque non è la
Strabag.
Srebrenka
Despotovic
RWE guarda alle
centrali sulla
Drina
Il gigante energetico
tedesco RWE ha
confermato interesse
per la costruzione di
una centrale idroelettrica sulla Drina. “I
funzionari della Republika Srpska, già da
più di un anno, sono
impegnati in negoziati
con la tedesca RWE,
una delle più grandi
aziende europee per
la produzione e distribuzione di prodotti
energetici e di elettricità”, precisa una nota
del Governo della RS.
Secondo gli annunci
precedenti, RWE è
pronta a investire oltre
un miliardo di euro
nella costruzione e
nella rivitalizzazione
delle centrali idroelettriche e termiche e
sulla costruzione di
reti di trasmissione
e vendita di energia
elettrica nella Repubblica Srpska.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Croazia
Le regole di Bruxelles
per i cantieri navali croati
La ristrutturazione dei cantieri navali croati si è scontrata, con la grande delusione
del Governo della Croazia, contro le norme della Comunità Europea che vietano
gli aiuti alle aziende e a quei settori dell’economia che sono in difficoltà, se ciò
comporta un notevole vantaggio rispetto agli altri concorrenti. Tale ostacolo, ha
indotto la Croazia a prendere un’unica decisione, quella della privatizzazione.
Mirna Popovic
18
L
a legge 87 dell’Accordo di Bruxelles, vieta
espressamente i Governi dei Paesi membri
di fornire aiuti alle aziende e a quei settori
dell’economia che sono in difficoltà, se ciò
comporta un notevole vantaggio rispetto agli altri
concorrenti. Ciò sta a significare che o si rimane in
vita perché si è capaci di sostenersi da soli oppure
si crolla. Questa problematica tocca in particolar
modo il settore dei porti navali croati che non riescono ad adeguarsi ai parametri previsti dall’Unione
Europea. Bisognerebbe soddisfare due requisiti
importanti: il primo riguarda la ricostruzione dei
porti, che darebbe alla Croazia un grande slancio
nel progresso economico, mentre il secondo le procedure, visto che il Governo croato non soddisfa i
parametri dell’Unione Europea. Tutto sembra essere però nelle mani del Governo, infatti, il blocco di
alcuni capitoli dell’Accordo sulla ricostruzione delle
aziende, si protrae da diversi anni. “É stato già fatto
con le ferrovie e adesso è arrivata l’ora dei porti
navali, che sono molto importanti non solo per il
Paese, ma anche per orizzonti più lontani. La stessa
sorte sta toccando all’industria delle automobili”,
affermano. Alcuni paesi probabilmente non sosteranno il Governo croato, visto che il PIL cala del
0,5%, mentre in altri è sopra la media, e spesso di
dimentica che con minor ostruzionismo, si registrerebbero dei risultati migliori, dando la possibilità
ai Governi di aiutare le imprese a modernizzare
il settore, come quello dell’elettricità. Ovviamente
sono molte le implicazioni di tale problematica su
cui si potrebbe disquisire all’infinito, come i rischi
legati alla dipendenza del privato rispetto allo Stato,
i fenomeni di clientelismo e improduttività delle
imprese, l’inefficienza esasperata.
L’equilibrio che si è cercato di creare nel corso degli
anni, è stato cancellato dalla crisi economica che ha
colpito tutti i Paesi del mondo. L’aiuto del Governo
viene autorizzato solo se si soddisfano determinati
criteri, che aiutano l’economia a rimettersi in moto,
modificandola se necessario, ma solo una volta e
per progetti credibili che presentano solide basi.
Sono elementi che mancano alla Croazia per poter
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
realizzare i progetti prefissati. Per cui, la collaborazione tra i porti navali e il Governo dovrà finire e
ogni altro investimento dovrà assicurare una duratura stabilità dei porti, cosa che, in una situazione
così difficile, è impossibile realizzare senza ricorrere ai tagli, cioè chiusure e licenziamenti. I piani del
passato si sono rivelati inadeguati e non basati su
quello che realmente il Paese offriva, in particolar
modo, perché nell’ultimo periodo la crisi economica
si è fatta sentire notevolmente. In tal senso, la legge
“Nessuno dirà la verità
sul perchè è stata chiesta
la privatizzazione della
Croazia, scelta fatta per
la ricostruzione e per
obbedire alla Commissione di
Bruxelles”
dell’Accordo 87 non considera gli shock esterni o la
destabilizzazione politica: questa è una dura realtà,
che il Governo della Croazia dovrà affrontare. I criteri posti dall’Unione Europea sono stati espressi
dall’economista Neelie Kroes, che ha affermato,
nonostante la situazione in cui versa la Croazia:
”Dovete avere meno aiuti statali, che si concentrano
di più sulla qualità”. La prassi vuole che il 93% dei
supporti nell’Unione Europea vengano posticipati,
nel caso di aziende in stato problematico. Una prima situazione di emergenza si è venuta a creare con
il collasso bancario, quando il Governo ha deciso
di elargire un enorme aiuto alle banche. Successivamente, tale criterio, è risultato un fallimento, e
molti si sono ripromessi che sarebbe stata “la prima
e l’ultima volta”. Non si può nascondere che ci sono
notevoli pressioni e compromessi da parte dei politici che hanno generato un atteggiamento freddo
da parte della Commissione Europea che, di conseguenza, ha trovato i punti deboli di questi progetti
ben confezionati.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Il cantiere navale ‘3 Maggio’ di Fiume
La nuova gara d’appalto
Dopo il fallimento della prima gara d’appalto per
sei cantieri, viene ripubblicato il tender per i soli
quattro cantieri navali più grandi della Croazia,
con un prezzo di partenza di 1 kuna, a fronte della
sottoscrizione di obblighi di investimento e di mantenimento della produzione e della manodopera.
Il termine per la presentazione delle offerte della
privatizzazione dei cantieri navali è stato fissato
al 19 maggio al fine di garantire più tempo ai potenziali investitori. Il Governo sarebbe disposto,
in circostanze speciali, a vendere per una kuna la
quota maggiore (95,24%) “Brodotrogir” , ma anche
il 99,54% di “Kraljevica”, il 83,32% di “3 Maggio” di
Fiume e il 99,78% dell’industria navale di Spalato.
Per ora però, il capitale di base del cantiere navale
“Brodosplit-Brodogradiliste specijalnih objekata”
(Brodosplit è il cantiere navale degli oggetti speciali) si venderà al prezzo iniziale di 18,16 milioni di
kune (2,5 milioni di euro), mentre il prezzo iniziale
della quota di maggioranza (59,25%) del “Uljanik”
di Pola è di 397,49 milioni di kune (54,7 milioni
di euro). Il costo per la ristrutturazione di questi
importanti cantieri navali ammonta a 2,5 miliardi
di euro, somma che al momento la Croazia non può
sopportare, ragion per cui è alla ricerca di un partner strategico.
Piano B per il ‘3 Maggio’ di Fiume
Il Ministero dell’Economia sta prendendo in considerazione la proposta dei lavoratori sulla possibilità di salvare il cantiere con un piano alternativo, qualora non avrà successo la seconda tornata
di privatizzazione. Gli autori del piano B detto “3
Maggio ai lavoratori” prospettato dai lavoratori al
Ministro prevede la possibilità della creazione di un
Brodotrogir
Kraljevica
3 Maggio
Brodosplit
Brodogradiliste
specijalnih
objekata
Uljanik Pola
95,24%
99,54%
83,32%
99,78%
100%
1 kuna
1 kuna
1 kuna
1 kuna
2,5 milioni
di euro
59,25%
54,7
milioni di
euro
business plan sostenibile. Il piano prevede che lo
Stato, in quanto proprietario, si faccia carico della
ristrutturazione e riabilitazione dei cantieri navali,
lasciando ai lavoratori la gestione del cantiere i
quali istituirebbero un’amministrazione professionale. Dunque, i lavoratori rileverebbero il cantiere
a fronte dell’obbligo di mantenere il livello di produzione per un periodo di cinque anni pari a quello
di successo dei cantieri navali europei della stessa
tipologia, con gli stessi aiuti di Stato che l’Europa
concede. Il cantiere non è stato mai ristrutturato
completamente, ma porta con sé delle perdite che
creano sempre nuove perdite. Considerando che
lo Stato ha riconosciuto che il debito del cantiere
che incombe sulla proprietà sequestrata e sui beni
marittimi sequestrati, pari a 3,2 miliardi di kune, è
maggiore del debito del cantiere navale, che è 2,4
miliardi kune, dopo la parificazione dei due importi,
il cantiere potrebbe essere in grado di operare positivamente. La ristrutturazione, secondo i sindacati,
potrebbe essere svolta attraverso la razionalizzazione e il risparmio dei costi, con la regolamentazione del personale in esubero.
Proposta coreana
Le società coreane
Aker , Hyundai,
Daewoo e Samsung
hanno di nuovo mostrato un grande interesse per l’acquisto
di tutti i cantieri croati,
ma a due condizioni.
La prima condizione
è che nel cantiere
navale si lavora in
tre turni, tutti e sette
giorni alla settimana
e tutti i 365 giorni
nell’anno. La seconda
è che i salari nel
cantiere navale croato
non possono essere
superiore a quelli che
ricevono i lavoratori nei cantieri navali
coreani. La società è
tuttavia disposta ad
assumere la ricostruzione tecnologica dei
cantieri navali croati.
Per quanto riguarda
BSO e “Brodosplit”
in generale, i coreani
sono interessati ad
un programma di
costruzione di piccole
navi per passeggeri,
alla costruzione del
bulk carrier, di sottomarini turistici e delle
piattaforme off-shore,
in considerazione del
fatto che il cantiere
navale di Spalato conosce la tecnologia
di saldatura che è
necessaria per la
costruzione delle
piattaforme.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
serbia
Il credito milionario di
Mosca per le aziende russe ?
Dopo tante speculazioni e annunci patriottici sull’intervento dei russi come ancora
di salvezza, cominciano a venire i nodi al pettine. La parte russa è sempre più
interessata ad essere parte attiva nei lavori di intervento per la ristrutturazione
della ferrovia Boljare-Belgrado e al progetto della metropolitana della capitale.
fulvia novellino
I francesi e la
metro di Belgrado
La Egis Group ha presentato una richiesta di
interesse alla supervisione e la costruzione
delle autostrade della
Serbia, mentre la “Alstom” potrebbe essere
coinvolta nella progettazione e nella ricostruzione delle Ferrovie.
Le società francesi
sono pronte a costruire
una metropolitana a
Belgrado secondo il sistema “chiavi in mano”,
ma anche a partecipare
alla ricostruzione delle
ferrovie e il completamento del Corridoio 10.
La Francia si è detta
inoltre disponibile a
fornire un contributo
finanziario di 460.000
euro per il controllo del
progetto dei ponti in
Serbia. L’assistenza e
la tecnologia francese,
secondo le parole il
Ministro delle Infrastrutture Milutin Mrkonjic,
saranno un prezioso
contributo per il progetto di ricostruzione
delle ferrovie. “Per il
corridoio ferroviario 10
abbiamo bisogno di
un totale di 4,6 miliardi
di euro, ma anche di
una nuova tecnologia
per poter viaggiare ad
una velocità di 160-220
chilometri orari, nonchè
di linee ferroviarie elettrificate per tutta la sua
percorrenza”, ha detto
Mrkonjic.
20
E
’ stato firmato il 7 aprile a Mosca il
contratto di prestito russo di 200 milioni
di dollari, approvato in favore della Serbia
volto a sostenere il bilancio e finanziare il
disavanzo pubblico. Firmatari del documento, il Ministro delle Finanze della Serbia Diana Dragutinovic
e il Vice Ministro delle Finanze della Federazione
Russa Dmitri Pankin, parte del prestito russo di
circa un miliardo di dollari, disciplinato dall’accordo di principio del 20 ottobre dello scorso anno, in
occasione della visita ufficiale del presidente russo
a Belgrado e il suo incontro con il Presidente serbo
Boris Tadic. Il prestito, destinato al sostegno del
bilancio della Serbia e al finanziamento del deficit,
avrà un tasso di interesse annuo determinato su
base libor per i depositi in dollari a sei mesi, più il
2,95 per cento, come annunciato dal Ministero delle
Finanze della Serbia. Diana Dragutinovic ha precisato che il termine per la restituzione del prestito è
stato fissato per la fine del 2021, mentre il periodo
di grazia durerà fino al marzo del 2012. Tutte le
condizioni e le spese poste porterebbero a raggiungere un tasso d’interesse del 3,40, ritenuto da
Belgrado molto favorevole rispetto ad altri ottenuti
per il finanziamento del disavanzo di bilancio nel
mercato finanziario nazionale. La seconda parte del
credito sarà stanziato per il finanziamento delle infrastrutture, ha spiegato Dragutinovic, aggiungendo
che la disponibilità dei fondi dipende da Belgrado
stessa, ma che in generale sono rivolti a soddisfare
un interesse comune. Essi infatti ricadono nell’area
dell’infrastruttura ferroviaria, e sono ripartiti in
quattro macroprogetti, sui quali le trattative inizieranno nel mese di maggio. In particolare, una parte
del prestito sarà destinata alla costruzione della
stazione ferroviaria di Prokop a Belgrado, l’elettrificazione della ferrovia Nis-Dimitrovgrad, così
come la costruzione della ferrovia Valjevo-Loznica,
la tangenziale attorno a Belgrado da parte Orlovaca
- Bubanj Potok e la strada Belgrado - Cacak.
Secondo fonti di Belgrado, le imprese russe sicuramente parteciperanno a tali progetti, però si sta
discutendo anche della possibilità di partecipazione
degli operatori locali. Così, dopo tante speculazioni
e annunci patriottici sull’intervento dei russi come
ancora di salvezza, cominciano a venire i nodi al
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
pettine. Infatti la parte russa pare abbia chiesto
che le aziende di Mosca lavorino alla ristrutturazione della ferrovia e al progetto della metro, la cui
lunghezza prevista è di 14 chilometri e di cui solo
7 rientrano nella prima fase dei lavori. Per il budget d’investimento 30 milioni di dollari derivano
dal credito russo, cifra che corrisponde al 2-4 per
cento massimo, del valore complessivo della metro.
“Le aziende russe parteciperanno alla gara d’appalto
di acquisto da parte del comune di Belgrado dei filobus russi - ha detto il Ministro del Commercio russo
“Firmato il contratto per il
prestito di 200 milioni di
dollari. Presto inizieranno i
negoziati per i restanti 800
milioni. La partecipazione
delle imprese russe resta una
condizione”
Mihailo Visegordec - esse sono pronte a consegnare
dei veicoli a basso costo, in versione modernizzata
e già operanti sulle strade di Belgrado”. L’interesse
della Russia non si estende ad un solo progetto, ma
ad una lunga serie di piani infrastrutturali, come
la costruzione di due ponti, la realizzazione della
ferrovia e la ricostruzione dell’ infrastruttura stradale. Ciò anche in considerazione della debolezza
economico-finanziaria di Belgrado, che non è in
grado di agire da sola perché non dispone di mezzi
propri e adeguati per far fronte ad una situazione
così particolare, e per tale motivo ha aperto le sue
porte alle più disparate cooperazioni. Altri analisti
credono che la Russia stia facendo un gioco ben calcolato, considerando che quel colossale prestito di
1 miliardo di dollari per la Serbia, all’improvviso si
è trasformato in investimenti russi: accanto al ritorno di immagine nel popolo serbo, come partner
principale di Belgrado, Mosca avrà anche un reale
ritorno economico. Un obiettivo che nelle prime fasi
dei negoziati era stato camuffato da parole e promesse, per poi venire alla luce con clausole e nuove
condizioni, sempre più sottili.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Telekom Srbija in vendita
Il Governo serbo annuncia la vendita del 40 per cento delle azioni
della Telekom Srbija mediante una gara d’appalto. In cima alla
lista dei possibili partner la Deutsche Telekom, che già detiene il
20 per cento della società mediante la greca OTE.
I
l Governo serbo ha annunciato la vendita del
40 per cento delle azioni della Telekom Srbija mediante una gara d’appalto. Il progetto
di legge prevede che venga istituito un fondo
speciale di bilancio in cui confluiranno i fondi provenienti dalla vendita delle azioni di Telekom che
saranno investiti in progetti di infrastruttura. “La
Telekom sarà venduta in gara. Sono dell’opinione
che una parte della società dovrò essere venduta
adesso e che la seconda parte resterà di proprietà
dello Stato”, ha detto il Premier Mirko Cvetkovic .
Lo Stato serbo, attraverso la PTT Srbija è il proprietario dell’80 per cento di Telekom Serbia, mentre il
20 per cento resta di proprietà della società greca
OTE, il cui il proprietario di maggioranza è Deutsche Telekom . A tal proposito, le autorità di Belgrado hanno tenuto a precisare che il gigante tedesco
non avrà il diritto di prelazione, in quanto le azioni
saranno comunque vendute durante la gara.
Gli analisti ritengono che non ci sarebbe da stupirsi
che alla gara appaiano anche offerte di società come
France Telecom , Orascom e Telefonika, perché si
tratta di una società serba che ha significative attività commerciali nella regione (Serbia e Montenegro). Ci si chiede anche cosa accadrà se per l’acquisto della Telekom Srbija entrasse la norvegese
“Telenor” che ha ricevuto la licenza come secondo
operatore di telefonia fissa, e se questo dovesse significare di nuovo monopolio sulla telefonia fissa.
Per quanto riguarda il valore della transazione, il
costo preventivo della “Telekom Srbija” dovrebbe
aggirarsi intorno a 3,5 miliardi di euro. Lo rende
noto il quotidiano “Politika”, spiegando che il prezzo
finale per l’intero acquisto di Telekom viene stimato
intorno a 3,2 miliardi di euro, ma il Governo serbo
aprirebbe il tender con un prezzo di offerta superiore, per esempio 3,5 miliardi di euro, il che significa che sul 40 per cento delle azioni di Telekom,
il Governo guadagnerebbe 1,4 miliardi di euro.
Se fosse avviato il processo d’asta con un numero
significativo di aziende interessate alla Telekom,
in questo caso, il prezzo iniziale di 3,5 miliardi di
euro potrebbe arrivare fino a 4,5 miliardi di euro.
In questo caso i cittadini della Serbia deterranno il
5% delle azioni della Telekom.
L’idea di vendere il 40 per cento della società di
telecomunicazioni serba giunge dal Governo, dopo
che la dirigenza della società ha stimato che nel
medio termine non sarà in grado di far fronte agli
impegni finanziari né alle sfide tecnologiche per
lo sviluppo della concorrenza, cercando così una
partnership da alcune imprese più forti che si occupano di telecomunicazioni. Il Ministro delle Telecomunicazioni e società dell’informazione Jasna
Matic ha sottolineato che la decisione della vendita
della Telekom Srbija non è stata dettata da esigenze
di “bilancio pubblico”, ma dalla volontà di creare un
quadro istituzionale e normativo, che consenta il funzionamento del mercato delle telecomunicazioni.
“E’ stata così formata l’agenzia di regolamento delle
telecomunicazioni, e abbiamo anche leggi e statuti
che ci permettono questo”, ha ricordato. La liberalizzazione dei mercati consentirà di dare la licenza
ad un altro operatore per la telefonia fissa, consentendo di accedere ad un passaggio successivo, che
è la privatizzazione di “Telekom”, ha spiegato Maric.
A suo parere, è giunto il momento di investire intensamente nel settore delle telecomunicazioni e
per questo è necessario un investitore strategico,
perché la Serbia da sola non sarebbe in grado di
investire quanto necessario per tenere il passo con i
paesi europei. Inoltre, per evitare di ripetere gli errori sul reinvestimento del denaro recuperato dalla
vendita di Telekom del 1996 e di Mobtel del 2006,
è stato raggiunto un accordo tra il Presidente Boris
Tadic, il Primo Ministro Mirko Cvetkovic e il leader
di G17 Plus e dell’SPS, Mladjan Dinkic e Ivica Dacic,
affinchè i soldi della vendita del 40 per cento delle
azioni di Telekom saranno messi in un fondo separato e in gran parte saranno spesi per completare la
costruzione dell’autostrada in Vojvodina e avviare
nuovi cantieri stradali in Serbia.
Tamara Mikic
Deutsche
Telekom avanza
La probabile privatizzazione di Telekom
Srbija da parte di
Deutsche Telekom
potrebbe scuotere e
persino causare cambiamenti strutturali
nel mercato delle telecomunicazioni della
Bosnia-Erzegovina.
Gli analisti sottolineano che “Deutsche Telekom”, già azionista
indiretto di minoranza
della HT Mostar, con
l’acquisto dell’operatore serbo statale è
divenuto proprietario
di maggioranza di
“Telecom Srpska” di
Banja Luka, e così
ha reso giuridicamente insostenibile la
posizione dominante
sul mercato. Gli stessi
analisti si aspettavano una reazione
del Consiglio contro
la concorrenza della
BiH con la richiesta di
uscire dalla struttura
degli azionisti dei due
operatori . Il Consiglio
di Amministrazione
della HT Mostar, indica anche che, nel
caso di ingresso
indiretto dei tedeschi
in Telekom Srpska,
verrebbe creato un
Consiglio di concorrenza della Bosnia
Erzegovina. Questa
poi dovrebbe impedire
che una sola società,
che praticamente
possiede due licenze
di telecomunicazioni
in Bosnia, assuma il
controllo del mercato.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
21
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Montenegro
Investitori italiani
promuovono la Borsa
dell’Energia in Montenegro
Dopo il massiccio investimento di A2A nella Elektropriveda Crne Gore, la
cooperazione energetica tra Italia e Montenegro sembra consolidarsi sempre
di più, abbracciando anche il ramo finanziario e bancario, con il progetto della
creazione di una Borsa dell’Energia del Montenegro.
fulvia novellino
Cui prodest?
Colpire gli investimenti
energetici italiani nel
Montenegro, coinvolgendoli in campagne
mediatiche di attacco al
Governo Berlusconi, va
a colpire una questione
è molto più complicata,
e non va confusa la
questioni delle privatizzazioni azzardate.
Si va infatti a sabotare
l’avanzata dell’Italia nei
Balcani, facendo così
gli interessi non dello
Stato italiano, bensì
delle lobbies angloamericane che stanno
lentamente sabotando il
piano energetico dell’intera regione adriatica.
Queste manovre vanno
a colpire le aziende
italiane in modo trasversale, anche quando
non si hanno elementi
per giudicare negativamente il loro operato.
Ma chi trae vero beneficio dalla diffamazione
delle imprese italiane
all’estero, ma soprattutto perchè i quotidiano
italiani continuano ad
agire al soldo del Club
di Londra?
22
I
l gruppo di imprenditori italiani, che di recente si è recato in Montenegro per valutare gli
investimenti nel settore delle fonti di energia
rinnovabile sul mercato valutario, sta prendendo in esame la documentazione della gara per
la costruzione di una serie di centrali idroelettriche
sul Moraca. Gli investitori italiani hanno incontrato
anche i dirigenti della Prva Banka del Montenegro
e l’Holder broker-dealer, accolti da Predrag Jovanovic e Dejan Vasovic. “Si tratta di imprenditori
provenienti dalla Sardegna con sedi legali a Roma
e Milano. Hanno intenzione di investire sull’installazione di 180 turbine eoliche con una potenza di
2Mw. Oltre alle fonti di energia rinnovabile hanno
già effettuato degli investimenti nel trasporto marittimo e nel traffico aereo”, ha spiegato Jovanovic.
Al momento gli imprenditori stanno lavorando alla
preparazione finale per la costituzione della società
“che avrà obiettivi chiari sulla mappa delle fonti
energetiche rinnovabili in Montenegro”. “Incentivati
dall’esperienza positiva delle altre aziende italiane
coinvolte nel settore energetico, come Terna e A2A,
sono prossimi alla decisione e basteranno un paio di
visite, necessarie per definire le caratteristiche tecniche, la presentazione alla gara per la produzione
e la vendita di energia elettrica”, ha affermato Jovanovic, ritenendo che gli italiani si sono detti “molto
soddisfatti dei nuovi regolamenti legislativi apportati alla normativa di questo settore, che permettono
loro di avere una visione chiara del futuro mercato
energetico”. Il problema in futuro, ha aggiunto Jovanovic, può essere rappresentato solo da fattori
tecnici della nostra rete elettroenergetica, cioè dalle
sue capacità e opportunità di collegamento e integrazione con i mercati regionali. Inoltre, la prospettiva degli italiani è quella di liberalizzare il mercato
dell’energia elettrica aprendolo alla vendita diretta
di persone giuridiche e fisiche. “Come ora funziona
il mercato valutario, così sarà quello dell’energia.
Questo è un elemento importante per la futura collaborazione con questo gruppo di investitori, perché
sono player già attivi presso la Borsa dell’Energia
Europea”, ha concluso Jovanovic.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
La delegazione italiana è stato guidato Flavio Carboni, come coordinatore per i progetti futuri tra
l’Italia e il Montenegro, Giovanni Perla, ingegnere
per le fonti dell’energia rinnovabile, Marcelo Garan, irettore di Arpas (Agenzia per la Protezione
dell’Ambiente della Sardegna), Ignazio Faris e il
professore Alessio Tola. “Ricordiamo inoltre che
nel corso del mese di febbraio, la A2A e Prva Banka
hanno raggiunto un accordo per il finanziamento di
progetti energetici, volto a creare le condizioni finanziarie necessarie per garantire un controllo efficace
degli investimenti importanti che A2A e altre società
italiane hanno intenzione di attuare in Montenegro”,
“Dietro gli investimenti
energetici italiani, il grande
progetto dell’interconnessione
elettrica con l’Italia e della
borsa dell’elettricità”
comunicano i rappresentanti delle della Prva banka
per i media montenegrini. Ricordiamo che le due
entità sono in qualche modo collegate tra di loro, in
relazione alle partecipazioni incrociate, oltre al fatto
che la transazione completa delle azioni della Elektroprivreda è stata realizzata proprio attraverso la
Prva Banca. Ad ogni modo, la cooperazione energetica tra Montenegro e Italia sembra così ampliarsi
raggiungendo un livello di maggiore complessità,
abbracciando di fatto anche il ramo finanziario e
bancario, per sfociare nel progetto più avanzato della borsa dell’energia montenegrina. Cooperazione
che è stata recentemente confermata e suggellata
con la visita di Djukanovic in Italia, nel corso della
quale ha firmato con il Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi un contratto per la costruzione di
un cavo di interconnessione elettrico, per un valore
di circa 780 milioni di euro, annunciando inoltre
la partecipazione degli investitori italiani alla gara
d’appalto per la costruzione di centrali idroelettriche sul fiume di Moraca e di altre strutture nella
centrale termica di Pljevlja.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
fYROM-Macedonia
FMI: economia
macedone rimane in
piedi dopo crisi greca
Il Fondo Monetario Internazionale
(FMI) nella sua relazione sulle prospettive economiche regionali del Paese
sottolinea come l’economia macedone
si sta riprendendo dalla crisi economica, ma la principale sfida per il futuro
sarà trasformare il settore privato nel
motore della crescita economica. “Vi è
un modesto recupero. Dopo il calo della
crescita dello scorso anno a 0,7% del PIL,
si prevede di raggiungere il 2% di crescita nel 2010” - ha affermato Alexander
Tieman, rappresentante del FMI a Skopje. Stando ai dati del FMI, il saldo della
bilancia commerciale macedone è notevolmente migliorata nel frattempo, con
il conseguente aumento delle esportazione e la riduzione delle importazioni.
Il disavanzo delle partite correnti è in
tendenza al ribasso e si prevede che si
riduca per il sei per cento del PIL, ma
vi dovrebbe essere una ripresa più intensa nel corso dell’anno prossimo. “Il
momento peggiore della crisi è alle nostre spalle, ora sarà necessario guardare
avanti e costruire le basi per una buona
crescita economica, il che è una sfida per
la politica”. Il FMI si è dimostrato d’accordo con le scelte di politica fiscale e
monetaria macedoni. “Il deficit di bilancio previsto del 2,5% per il 2010 è ade-
guato, dato che la crescita ha rallentato.
D’altra parte, anche la politica monetaria
è appropriata. C’è stato un calo graduale
dei tassi di interesse, perché le riserve in
valuta estera erano stabili e il disavanzo
delle partite correnti è stato molto ridotto
rispetto a qualche tempo fa”, ha detto
Tieman rispondendo alle domande dei
giornalisti. Questi ha aggiunto che il deficit fiscale complessivo in Macedonia
è adeguato ai tempi di crisi, mentre gli
effetti della crisi economica greca sono
stati molto limitati. “Non si nota, almeno
per il momento, nessuna ricaduta della
crisi finanziaria greca sull’economia macedone. Le banche macedoni sono finanziate dai depositi macedoni, anche se due
grandi banche sono di proprietà greca,
e pensiamo che la crisi non avrà grosse
conseguenze qui”, ha concluso Tieman.
Secondo il team degli esperti del Fondo
monetario internazionale (FMI), guidato
da Wes McGrew, “c’è la possibilità che vi
siano alcuni effetti sull’interscambio commerciale con la Grecia, sebbene peggioramento della situazione negli altri paesi
europei ha poca influenza in Macedonia.
Comunque, non vedo alcuna possibilità di
un significativo trasferimento della crisi
del settore bancario del Paese”, ha sottolineato McGrew. Alketa Alibali
Skopje rimanda
l’emissione di eurobond
La Repubblica macedone (FYROM) rimanderà l`emissione di Eurobond volta
ad acquisire un debito compreso tra i 175
a 250 milioni di euro. Questo è quanto comunicato dal Ministro delle Finanze, Zoran Stavrevski, aggiungendo che, nonostante il grande interesse da parte degli
investitori stranieri, è sembrato opportuno aspettare la stabilizzazione del mercato finanziario. Il Ministro ha annunciato
ancor prima che non affretterà l’emissione di eurobond, con la quale lo Stato
mira ad ottenere crediti da parte degli
investitori privati, anzichè dagli investitori finanziari mondiali. Aggiunge inoltre
che il Governo di Skopje è contraria alla
sottoscrizione di un nuovo accordo con
il Fondo Monetario Internazionale, non
volendo subire il conseguente controllo
da parte di questa istituzione. a.A.
Le Zone franche della
Macedonia (FYROM)
Le “zone di sviluppo tecnologico e industriale-TIDZ” offrono vari benefici
come l’esenzione del reddito delle persone fisiche e dell’imposta sulle società
per i primi 10 anni. Investitori sono esenti anche dal pagamento dell’imposta sul
valore aggiunto e dei dazi doganali per
le merci, materie prime, attrezzature e
macchinari. La TIDZ metta a disposizione
anche la locazione di terrei a lungo termine per un periodo fino a 99 anni. Altri vantaggi comprendono l’esistenza di
infrastrutture, come il collegamento alla
rete di gas naturale, acqua, elettricità e
l’accesso alla rete stradale principale internazionali. Gli investitori sono inoltre
esentati dal pagamento della tassa per
la preparazione del cantiere, e posso
beneficiare di procedure accelerate per
l’iscrizione alle attività commerciali, riducendo ulteriormente i costi di insediamento. Il governo presta particolare attenzione alle attività di produzione, del
settore IT (sviluppo software, l’hardware
di montaggio, registrazione digitali, chip
di computer e simili), attività di ricerca
scientifica e nuove tecnologie con elevati
standard ambientali. Gli investitori che
operano in questi settori e si insediano
nella TIDZ sono esenti da responsabilità
in caso di presentazione di un certificato
di garanzia per eventuali arretrati doganali. a.A.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
23
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
kosovo
Ondata di
privatizzazioni in Kosovo
A due anni dall’indipendenza, il Kosovo comincia il
suo processo di ‘europeizzazione’ a cominciare dalla
vendita del patrimonio dello Stato per arginare il
debito pubblico e liberare nuove fonti finanziarie.
Alketa Alibali
24
L
’agenzia kosovara di Privatizzazioni ha
ufficialmente indetto una nuova ondata
di gare d’appalto che coinvolgerà le imprese Sociali. La lista delle privatizzazioni
contiene 15 imprese sociali da cui si creeranno 17
nuove imprese. Tutte le nuove imprese verranno
create con regolare spin-off. Il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche o l’attribuzione
delle concessioni per lo sfruttamento delle risorse
nazionali è ormai già in atto in Kosovo, nella convinzione che esso offrirebbe una maggior qualità dei
servizi al pubblico, incentivi per gli investimenti e
il miglioramento delle performance delle imprese
statalizzate. Sulla base di queste argomentazioni,
i tre giganti kosovari, tra cui le Poste e Telecomunicazioni del Kosovo (PTK), la società di energia
elettrica del Kosovo (KEK) e l`Aeroporto Internazionale di Pristina (recentemente concluso), sono
stati sottoposti ad un processo di privatizzazione
che si concluderà nel corso del prossimo anno. La
vendita delle tre società sarà dunque un obiettivo
essenziale, in quanto il Paese si trova ad affrontare
in calo gli investimenti diretti esteri (IDE), come affermato dal Ministro del Commercio Lutfi Zharku.
Egli afferma che gli investimenti diretti esteri in
Kosovo sono ridotti del 10% l’anno nei primi nove
mesi del 2009, raggiungendo lo scorso anno circa
360 milioni di euro (538,6 milioni dollari) in IDE.
Inoltre la spesa in conto capitale per le infrastrutture dovrebbe aiutare le prospettive di crescita del
Kosovo, considerando che nel Paese si spendono
470 milioni di euro per le spese in conto capitale
durante quest’anno, e 400 milioni di euro l’anno
prossimo. Il paese è stato colpito da un calo dei
prezzi e quest’anno avrà una deflazione del 3,0%,
e nei prossimi anni potrà raggiungere un’inflazione
forse di circa l’1 per cento. “Abbiamo una crescita
reale nel 2009 al di sopra del 4 per cento, le nostre
aspettative per i prossimi quattro anni è che si riesca
a avere una crescita di minimo 4,5 per cento. Il Kosovo rischia di finire l’anno con un deficit di bilancio
pari allo 2,0%”, spiega ancora Zarku. Il Paese più povero nei Balcani con una disoccupazione che supera
il 40%, ora aspiraa diventare un membro a pieno
titolo della Banca europea per la ricostruzione e
lo sviluppo per dare un po’ di ossigeno alla spesa
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
sociale. Intanto si profila la possibilità di emettere
titoli di debito denominati in euro entro il prossimo
anno, dopo l’approvazione della finanziaria. Infine
che il Kosovo sta negoziando con il Fondo monetario internazionale un prestito di 200-300 milioni
dollari e spera di concludere un accordo presto,
mentre aspetta di ricevere un altro miliardo di euro
da parte dei donatori internazionali entro il 2011.
L’Aeroporto di Pristina al consorzio
Limak-Aeroport de Lyon
Il consorzio turco-francese Limak-Aeroport de Lyon
è stato dichiarato vincitore del tender per l’attribuzione della concessione dell’Aeroporto internazionale di Pristina, con un contratto del valore di 126
milioni di dollari per i prossimi 20 anni. In base al
contratto, la società “Limak-Aeroporto di Lione” dovrà costruire un nuovo terminal passeggeri presso
l’Aeroporto internazionale di Pristina, gestire la
struttura aeroportuale e aumentare il traffico aereo, che ora ha un mercato di quasi 1,2 milioni di
passeggeri all’anno. Secondo il contratto di privatizzazione, il consorzio trasferirà nei 20 anni della
concessione il 39,42% delle entrate dell’Aeroporto
Internazionale di Pristina (AIP) alle casse dello
Stato del Kosovo. In particolare, a partire dal secondo anno “Limak - Aeroport de Lyon” trasferirà il
18% delle entrate, per arrivare negli ultimi anni al
55%. Il direttore per affari e sviluppo del consorzio
“Limak - Aeroport de Lyon”, Mertol Genc, ha affermato che nessuno verrà licenziato dall’aeroporto,
mentre il Kosovo conserverà il 100% della proprietà
sui beni dell’Aeroporto. Oltre al consorzio LimakAeroport de Lyon, l’offerta è stata presentata dalla
compagnia “Fraport IC ICTAS Havalimani Isletme
A.S” e “Bouyges Batiment-Egis-Segap–Eurokoha”,
quest’ultimo ritiratosi dalla gara dopo l`apertura
delle offerte.
Il Primo Ministro Hashim Thaci, intervenendo alla
cerimonia formale di attribuzione del contratto,
afferma che, “dopo l’autostrada Merdare-Morine,
abbiamo lanciato nuovi progetti per estendere le
strade che collegano il Paese alla regione, mentre la
concessione ventennale dell’aeroporto contribuirà ad
attirare nuove compagnie aeree”.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
albania
L’Albania e il Corridoio
energetico del Sud
Il Governo albanese con l’accordo con il TAP depone un’altra pietra
miliare al suo cammino nel settore degli investimenti energetici
del ‘Corridoio del Sud’. Attesi la presentazione del terminal GNL a
Seman e il completamento del Parco energetico di Porto Romano.
I
l progetto per il Trans-Adriatic Pipeline (TAP)
ha raggiunto un’altra tappa attraverso la sottoscrizione di un memorandum d`intesa. Il
Ministro d`Economia, Commercio ed Energia, Dritan Prifti, insieme ai rappresentanti della
“Trans Adriatic Pipeline AG”, Thomas J Dimitroff e
Lars Kronstadt, ha definito così i compiti che porteranno a una completa finalizzazione del progetto
da 2 miliardi di euro. Il gasdotto ha una grande importanza strategica nel rifornimento dell’Albania,
ma naturalmente anche per l’Unione Europea che
considera il Paese un alleato sicuro e un futuro
Crans Montana”
Un grande progetto per Porto Romano. Il Piano per
il parco energetico di Porto Romano include due
centrali termoelettriche, un rigassificatore, una raffineria di petrolio, una zona economica franca, oltre
alla già esistente infrastruttura composta dal porto
per idrocarburi e depositi del petrolio. “Ci aspettiamo 5 miliardi di euro d`investimenti per le componenti del parco industriale”, ha dichiarato il Ministro Prifti nella sua presentazione, annunciando che
vi sono stati degli investitori interessati al progetto.
Una delle centrali termine previste dal progetto è
membro. Il memorandum, nei dettagli, garantisce
una collaborazione responsabile, in coerenza con la
sicurezza sanitaria internazionale, la sicurezza sul
lavoro, il rispetto dell’ambiente e altri standard tecnici. Il memorandum prevede anche la costruzione
dell’infrastruttura necessaria al progetto, inclusi gli
accordi, la creazione dei comitati intergovernativi
e una chiara definizione delle priorità. Il progetto
fa riferimento all’accordo inter-governativo tra Albania e Italia, sottoscritto un anno fa, il 10 marzo
2009, per l`integrazione dei sistemi per la distribuzione del gas naturale, in cui per ora sono inclusi tre
paesi. A tale proposito, il Ministero dell’Economia
insieme alle istituzione greche e italiane, intraprenderanno un percorso per creare una Commissione
trilaterale intergovernativa col compito di agevolare la realizzazione del progetto TAP. Dead-line
per la realizzazione dell’investimento è previsto per
il 2011, che dovrebbe andare di pari passo al progetto di un gasdotto con annessa termocentrale a
Seman, volto ad importare gas liquido dal Qatar per
produrre energia elettrica in Albania da esportare
in Italia. Da non dimenticare il Parco industriale di
Porto Romano, presentato in occasione del “Forum
quella che dovrebbe realizzare la compagnia italiana “ENEL”,la centrale a carbone con una potenza
istallata da 800 MW. La seconda sarà collegata alla
costruzione contestuale di un rigassificatore. Un
altro componente del parco è la costruzione di una
immensa raffineria di petrolio, con la capacità da
5 milioni di tonnellate all’anno, ma considerando
che il consumo interno di petrolio dell’Albania non
supera le 600 mila tonnellate all’anno, essa sarà
destinata soprattutto all’esportazione, come anche
le due centrali. Per questo motivo, varie compagnie estere sono interessate a costruire una linea
d`interconnessione energetica da Porto Romano
verso l`Italia. “Accanto al parco energetico, vi sarà
una zona industriale franca grande 800 ettari. Facciamo appello agli investitori nazionali ed esteri ad
instradare merci e servizi destinati all’Europa attraverso l`Albania”, ha affermato Prifti. Attualmente a
Porto Romano si trova solo un porto che viene utilizzato per l`importazione degli idrocarburi e che è
stato costruito dietro concessione negli ultimi anni.
Il porto attualmente condivide un duopolio legale
con Valona per quanto riguarda l’importazione e lo
stoccaggio del petrolio.
Alketa Alibali
Un gasdotto per il
Corridoio del Sud
Destinato a migliorare
la sicurezza dell’approvvigionamento e la
diversificazione delle
forniture di gas per
i mercati europei e
aprire un “nuovo corridoio meridionale del
gas per l’Europa”, il
Trans Adriatic Pipeline
è stato definito come
“nesso logico nella
catena che collega
le reti esistenti e previste di gas naturale
del sud-est Europa,
a quelle dell’Europa
occidentale attraverso
l’Italia, il mare Adriatico, l’Albania e la
Grecia”. Per questo
è sostenuto dall’UE
come un progetto
del TEN-E (Trans
European Networks
- Energy) e, in conformità con la politica
energetica comunitaria, è stato classificato
da parte della Commissione Europea,
una interconnessione
strategica. L’oleodotto, lungo 520 chilometri, attraversa la
Grecia e l’Albania per
inabissarsi dell’Adriatico e sbucare nella
regione Puglia, e poi
risalire la penisola per
raggiungere l’Europa
occidentale. Sarà
realizzato un consorzio tripartito tra Statoil
e EGL, con una quota
del 42,5% ciascuno,
e E. ON Ruhrgas,
che recentemente ha
ottenuto la cessione
di una quota del 15%.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Italia-Albania
Frattini a Tirana
Nel quadro della sua visita a Tirana, il Ministro Franco Frattini ha ribadito
il sostegno dell’Italia e il suo ruolo di promotrice dell’integrazione
dell’Albania in Europa. Rafforzata anche la cooperazione bilaterale tra i
due Paesi, con la firma di un accordo del valore 51 milioni di euro, mentre
i progetti energetici restano il fulcro degli investimenti italiani in Albania,
dall’energia rinnovabile a quella nucleare.
fulvia novellino
Visti: il sostegno dell’Italia
“L’Albania non ha una maggiore prospettiva di integrazione europea all’interno della regione. I Balcani non possono essere trattati in maniera diversa,
in quanto ogni paese va giudicato secondo il lavoro
svolto”, ha detto Frattini nel corso del colloqui con
il Ministro Ilir Meta. Il Ministro ha comunque salutato i progressi dell’Albania, definendoli così passi
da gigante, e comunque sufficienti a sostenere la
decisione dei visti. In riferimento così alla difficile
strada che si staglia dinanzi all’Albania, il capo della
diplomazia italiana rivolge un messaggio alla politica albanese e alla stessa assenza di una parte di
essa. “Per integrare il paese, tutto dipende dal duro
lavoro che deve fare l’Albania. Sono convinto che
“L’Italia è il principale partner
economico e commerciale
del nostro paese e Frattini è
l’architetto del progetto della
liberalizzazione dei visti per
gli albanesi”
tutte le forze politiche dovrebbero stare insieme in
Parlamento per sostenere l’integrazione del paese
- ha osservato Frattini, aggiungendo - ma comunque il processo più vicino agli albanesi è quello della
liberalizzazione dei visti. Questa fase sarà esaminata
insieme con la situazione della Bosnia il 2 giugno, in
occasione del Vertice EU-Balcani Occidentali che si
terrà a Sarajevo”. Il Ministro Frattini dunque precisa che la prospettiva più vicina è sicuramente
quella dei visti, e non la candidatura dell’adesione,
precisando che l’esame della Commissione Europea
riguarderà esattamente il rispetto delle condizioni
prescritte dalla road map.
26
Firmato accordo di 51 milioni di euro
Per quanto riguarda la cooperazione bilaterale, Frattini ha sottolineato che l’Italia e l’Albania continueranno a rafforzare la cooperazione sulle prospettive
di sviluppo della produzione di energie rinnovabili
e nucleare, mentre verranno implementati nuovi
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
progetti per concretizzare i lavori sul Corridoio 8.
A tal proposito è stato firmato il “Protocollo per la
cooperazione allo sviluppo bilaterale tra il Governo
della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri
della Repubblica d’Albania, valido per un periodo di
tre anni 2010-2011-2012”. Il documento è stato ratificato per il governo albanese dal vice Primo Ministro e Ministro degli affari esteri Ilir Meta e per il
governo italiano dal Ministro Frattini. L’accordo ha
un valore di 51 milioni di euro, di cui 28 milioni in
crediti di aiuto, tre milioni in forma di donazione, e
20 milioni sotto forma di conversione del debito. Il
protocollo si focalizzerà sull’aumento dei prestiti in
favore delle piccole imprese, per 15 milioni di euro,
un programma per la modernizzazione del settore
agricolo da dieci milioni di euro e un programma
a sostegno delle politiche sociali da 20 milioni di
euro. La firma di un tale accordo porta l’impegno
del Governo italiano in Albania ad oltre 78 progetti,
con fondi per circa 335 milioni di euro, divenendo
così il primo donatore bilaterale, secondo donatore
in assoluto dietro solo l’Unione Europea.
Investimenti energetici
A questo si affiancano i contratti tra il Governo di
Tirana e le imprese italiane, che hanno raggiunto
quasi 7 miliardi di euro di investimenti potenziali,
che vanno dalla centrale termoelettrica di Porto Romano che verrà realizzata dall’Enel, al parco eolico
della Moncada di 250 aerogeneratore il cavo sottomarino di interconnessione elettrica che collegherà
Brindisi alla costa albanese, sino alla TEC di Valona,
che sarà costruita dalla compagnia italiana “Maire
Engineering”, società figlia della Maire Tecnimont
S.p.A. I progetti energetici, quindi, sono il fulcro
degli investimenti italiani in Albania, spaziando
dall’energia rinnovabile a quella fossile, con il ‘carbone pulito’, sino a quella nucleare, nuovo settore
della cooperazione bilaterale. Il Premier Berisha e
lo stesso Ilir Meta hanno ribadito che l’Albania è un
Paese con grandi possibilità in campo energetico,
dall’idroelettrico all’eolico, alle biomasse, tutte caratterizzate da tecnologie innovative. “Il piano europeo - afferma Frattini - prevede un innalzamento fino
al 20% delle energie rinnovabili e incoraggia gli Stati
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Il Ministro Franco Frattini e l’omologo albanese nonchè Vice Premier Ilir Meta / © MAE
membri ad investimenti in Paesi vicini del bacino del
Mediterraneo, come appunto l’Albania”.
A proposito del nucleare in Albania
Ad aprire il dialogo sul nucleare in Albania è stato
proprio il Forum di Verona, nelle parole del Ministro Claudio Scajola, in piena campagna elettorale
delle elezioni regionali. Allora, il Primo Ministro
Berisha rilevò che “la cooperazione tra Italia e Albania deve continuare ad alti livelli, anche nel campo
“Fare una centrale in Albania
è assolutamente impossibile,
questo Tirana lo sa bene
eppure alimenta questa
propaganda, forse anche per
sostenere le quotazioni di
alcune società e delle borse”
dell’energia nucleare”. Di fatti, la recente creazione
delle agenzie per l’energia nucleare sembra abbia
creato i presupposti per rafforzare la cooperazione
al fine di trasformare in regionale il progetto di costruzione di una centrale nucleare, che consentirà
di aumentare le risorse energetiche rinnovabili e
garantirà al mercato regionale e a quello italiano
energia a lungo termine. Nel frattempo, le parole
non sono mai state accompagnate da un progetto
concreto o da un’iniziativa ufficiale per la costruzione di una centrale nucleare in Albania. Lo stesso
Premier Berisha ha ripetuto più volte che l’Albania
si sta preparando al nucleare, mentre il Premier italiano Berlusconi ha ventilato senza molti veli questa
possibilità (anch’egli preso dalla tornata elettorale
in Puglia, in cui occorreva conquistare più che mai
voti). La dirigenza ENEL, da parte sua, rispondendo
alle domande dell’Agenzia Reuters ha dichiarato che
“la costruzione di una centrale nucleare in Albania
è una prospettiva di lunghissimo termine”. D’altro
canto, il partito di opposizione albanese si sta già
preparando sul sentiero di guerra chiedendo per
la costruzione di una centrale nucleare in Albania,
secondo il contratto di cooperazione raggiunto dal
governo con l’Italia, una consultazione popolare,
mentre referendum.
Fare una centrale in Albania è assolutamente impossibile, questo il Governo lo sa bene eppure alimenta
questa propaganda. E’ quanto osservato da Michele
Altamura, dell’Osservatorio Italiano, commentando
l`idea della costruzione di una centrale nucleare in
Albania avanzata tempo fa anche dal Premier Berisha. “Costruire una centrale nucleare in un territorio come l’Albania è impossibile. Questo è solo fumo
negli occhi, e serve per sostenere le quotazioni di alcune società, delle borse, e per fare qualche favore”,
aggiunge Altamura . A suo parere, questo è un gioco
che Berisha non deve illudersi di fare, “perchè già
una volta le finanziarie e le piramidi lo hanno messo
in ginocchio. Dunque queste dichiarazioni lasciano il
tempo che trovano. Ma poi, saremmo proprio curiosi
di sapere dove Berisha prenderà i soldi per portare
avanti un progetto decennale”, conclude.
Cooperazione
Italia e Albania hanno
discusso la possibilità di approfondire la
cooperazione tra i due
Ministeri degli Esteri,
offrendo attraverso le
ambasciate albanesi
servizi ed attività diplomatiche con Paesi con
l’Italia non ha rapporti
a livello di ambasciate.
Inaugurata, per l’occasione, la manifestazione ‘Due popoli, un
mare, un’amicizia’, anticipando la discussione
per la promozione del
progetto del Corridoio
VIII.
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
27
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
ROMANIA
Misure di austerity
anche in Romania:
tagli a salari e pensioni
A seguito dei negoziati con la delegazione del
Fondo Monetario Internazionale, il Governo
romeno si è impegnato ad attuare misure
drastiche per tagliare le spese e ridurre
significativamente gli stipendi del settore
pubblico e le pensioni, nonchè a limitare
i programmi di aiuto sociale con un taglio
massiccio delle sovvenzioni statali.
Iulia Crisan
verso l’euro?
La Romania si è
prefissata l’obiettivo
di adottare l’euro dal
1 Gennaio 2015, il
che significa che sarà
necessario inserire il
meccanismo di cambio
(ERM II) nel 2012 e
riunire cinque criteri di
convergenza, anche
regolando il disavanzo
di bilancio sotto il 3%
del PIL e una inflazione non superiore a
1,5 punti percentuali
rispetto all’inflazione
media degli paesi membri del’UE. Il Governatore della BNR, Mugur
Isarescu, ha affermato
che l’adesione alla
zona euro sarà più difficile, sopratutto tenendo
conto dei problemi
affrontati recentemente
da gli altri Stati.
Secondo il Direttore
Generale del FMI, Dominique Strauss-Kahn,
la Romania potrebbe
adottare l’euro più tardi
del previsto perché ha
bisogno di rafforzare le
sue politiche monetarie,
per cui non prima del
2015. A suo parere,
creare il debito pubblico
è stato necessario
durante la crisi, ma
in futuro le autorità
dovranno affrontare i
parametri di Maastricht
28
L
a missione del FMI, recatasi a Bucarest
tra il 27 aprile e 9 maggio, ha chiuso con
delle riserve la quarta valutazione del
programma economico concordato per la
sottoscrizione di un prestito con il FMI e il trasferimento della quinta rata del valore di 850 milioni di
euro. La politica di austerity della spesa pubblica
prevede un taglio dei salari di oltre il 25% e delle
pensioni del 15%, destinato a colmare il divario di
bilancio, mentre i fondi FMI - che saranno trasferiti
dopo la loro approvazione da parte del Comitato
esecutivo dell’istituzione internazionale - saranno
destinati a rinforzare le riserve in valuta estera
della Banca Nazionale di Romania . Nei colloqui tenutisi a Bucarest, il Fondo Monetario ha proposto
una serie di opzioni che includono l’aumento delle
tasse, ossia una diminuzione dei salari di almeno
il 20% e l’aumento dell’IVA al 24% e della quota
unica per il 20% , misure che potevano interessare
l’intera popolazione, e non solo le classi più abbienti. I sindacati, da parte loro, propongono come
misure alternative per salvare il bilancio dello Stato,
la fiscalità differenziata, l’ampliamento della base
imponibile per liberi professionisti (PFA), e per
quelli che ottengono redditi esclusivamente dalle
royalties, il congelamento e la riduzione delle pensioni. Questo nell’ottica in cui sia possibile cambiare
la lettera di intenti firmata con il Fondo monetario
internazionale, in modo che i salari dei lavoratori
vengano ridotti di solo il 10 per cento e solo nel
2010, senza toccare poi le pensioni, ricavando la
differenza da incentivi, appalti e servizi.
Bucarest costretta a tagli drastici
Il governo si è impegnato con il FMI a limitare,
durante l’anno prossimo, i costi del personale nel
bilancio consolidato a 39 miliardi di lei, con il li-
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
cenziamento di 140.000 personale nel settore pubblico, più del 5% del totale. Inoltre, stipendi e pensioni saranno ridotti, ma non ad un livello più basso
dell’attuale salario minimo di 600 lei e della pensione sociale di 350 lei, mentre il reddito minimo
garantito sarà limitato a quelle classi che si trovano
in seria difficoltà finanziaria. Anche gli stipendi delle aziende statali in difficoltà finanziaria saranno
ridotti, anche se la lettera di intenti del FMI non
prevede una tale condizione. Il Governo esaminerà
la situazione di ogni bilancio, di ogni impresa per
ogni aggiustamento dei salari, tale che per le aziende che sono in attivo, i salari rimarranno gli stessi.
Per quelle in perdita, che comunque hanno fatto dei
tagli salariali, ovviamente, passeremo in rassegna
Basescu: “la crisi economica
è il ‘debito sovrano degli Stati
membri’ dell’UE”
diversamente dei loro bilanci. La riduzione degli stipendi e delle pensioni deve essere applicata
entro la fine di questo anno, ma dal 1 gennaio 2011
il Governo attuerà politiche sociali e del personale
per assicurare la sostenibilità delle spese sostenute
quest’anno. Bucarest sta valutando la possibilità di
creare un fondo di solidarietà sociale in cui ogni società a capitale pubblico, ma finanziato con proprie
entrate, potrà contribuire con l’1% del fatturato annuo. Il fondo sarà poi utilizzato per garantire un
reddito medio alle classi disagiate.
Romania come la Grecia?
Secondo il capo della missione del FMI per la Romania, Jeffrey Franks, la Romania deve essere vigile,
dopo i problemi in Grecia, e deve assicurarsi che
vengano rispettati tutti gli impegni, per non correre
il rischio di aggravare il contesto attuale. Il presidente Traian Basescu da parte sua ribadisce che la
crisi romena non è un problema di incompetenza.
“La crisi è una realtà in Europa, non solo in Romania,
e ha colpito ormai tutti gli Stati membri dell’UE. Così
posso dare a questa crisi il nome di ‘debito sovrano
degli Stati membri’”, ha detto Basescu. “La Romania
è in una situazione difficile, ma non più difficile di
altri Stati. Deve dunque agire sulla ristrutturazione
della spesa, per ridurre la dipendenza dal finanziamento estero”, conclude.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Controverso il destino
dell’oro di Rosia Montana
C
ontinua l’acceso dibattito sulla miniera
d’oro di Rosia Montana, e sull’attuazione
del progetto di estrazione di una riserva
aurifera compresa tra i 9,76 e gli 11,70
miliardi di dollari. Di questo denaro lo Stato può
ricevere, quando inizierà l‘attività estrattiva, solo
una somma di circa 200 milioni di dollari. Di fatto,
nei 16 anni di estrazione previsti dal contratto, la
società Gold Corporation (RMGC), fondata nel 1997
nella città di Alba-Iulia e che ha in gestione il deposito di Rosia Montana, verserà annualmente al Governo l’importo di 12,5 milioni di dollari. Azionista
di maggioranza della concessionaria della miniera,
ossia della RMGC, è la società canadese Gabriel Resources, che possiede l’80%, seguita dal governo
romeno con solo il 19,3% delle azioni, mentre la società Minvest Deva e altri azionisti che posseggono
lo 0,7 per cento dei titoli. La Gabriel Resources sostiene di aver investito in Romania oltre 400 milioni
di dollari per sviluppare questo progetto d’estrazione mineraria. Inoltre, la società che possiede la
licenza, la Rosia Montana Gold Corporation (RMGC),
spende annualmente centinaia di migliaia di euro a
favore della comunità locale, investendo in infrastrutture e programmi sociali. Il denaro investito
arriva, tra gli altri, a società controllate da attuali o
ex politici locali della contea, nonchè nelle casse di
ONG, che hanno quindi tutto l’interesse a sostenere
l’estrazione dell’oro. Inoltre, tra i dipendenti della
RMGC, ci sono consiglieri locali o loro parenti. I
funzionari si difendono dicendo che nella zona è
molto difficile trovare un lavoro, in compenso per
la compagnia mineraria il modo di ottenere diverse
licenze non sembra essere troppo difficile.
Polemiche su rischi ambientali
Il progetto minerario di Rosia Montana, di cui si
parla dai primi anni ‘90, continua a generare molte
polemiche in Romania, soprattutto per l’impatto
ambientale dello sfruttamento e la conservazione
dei siti archeologici nelle montagne occidentali.
Lo sfruttamento di questa miniera significa anche la distruzione di tre montagne nella regione,
molto importanti sotto un profilo storico cultu-
rale ma anche simbolico per i rumeni perché i
romani si insediarono proprio qui. Gli argomenti
dei contestatori si basano in particolar modo sulle
conseguenze ambientali che sarebbero provocate
da questo investimento. La Commissione europea
potrebbe chiedere alle autorità rumene di fermare
l’estrazione, con l’ausilio di cianuro, dalla miniera di
Rosia Montana, se una dichiarazione scritta, inviata
dai deputati Daciana Sarbu e Catalin Ivan, sarà firmata entro tre mesi da almeno la metà dei membri
del Parlamento europeo. Un mese fa, il Ministero
della Cultura e del Patrimonio Nazionale (MCPN)
ha avviato la procedura per l’inclusione di Rosia
Montana nella lista di luoghi considerati patrimonio
mondiale dell’UNESCO. Il Ministro Kelemen Hunor,
ritiene che Rosia Montana possa trovare soluzioni
di medio e lungo termine, più redditizie e nettamente migliori dell’estrazione mineraria. Di fatti,
Rosia Montana si trova a nord-ovest del paese, a
70 km da Alba Iulia, nella contea di Alba, e ospita
il più grande deposito d’oro in Europa altre ad un
grande ed importante centro storico. Egli ha inoltre annunciato che il vecchio certificato per scavi
archeologici ricevuto dalla società Rosia Montana
Gold Corporation è stato annullato da una sentenza
giuridica passata.
Intanto, l’Ungheria è ancora contraria al progetto
minerario di Rosia Montana, in quanto non ha fiducia nella tecnologia utilizzata. D’altra parte, i
rappresentanti della società di Rosia Montana Gold
Corporation, hanno già iniziato la campagna di promozione del progetto, anche attraverso la stampa,
mostrandone i benefici finanziari. “Non ci fidiamo
della tecnologia, la decisione è ovviamente di responsabilità del governo rumeno, ma noi abbiamo una sola
opinione in proposito: abbiamo paura per i possibili
pericoli, che, a nostro avviso, il progetto comporta sia
per la Romania che per l’Ungheria” ha detto l’ambasciatore ungherese a Bucarest. Adesso si parla spesso
dell’importanza economica di questo progetto per
far uscire la Romania dalla crisi economica, ma non
dimentichiamo che lo Stato rumeno possiede soltanto il 20% della miniera mentre il restante 80%
va direttamente nelle casse dei canadesi.
Iulia Crisan
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
Le vie del gas
Giacimenti di gas in Polonia?
Nuovo ruolo in UE e gasdotti
La Polonia potrebbe diventare
uno dei fornitori di gas più
importanti d’Europa, dopo la
scoperta di grandi riserve di gas
non convenzionale, che saranno
estratte dalla società americana
ConocoPhillips.
Iulia Crisan
30
S
e i dati preliminari saranno confermati, grazie alla Polonia il totale delle riserve di gas
dell’Unione europea aumenterà del 47%.
Così Gazprom perderà il suo monopolio sul
mercato europeo e gli stessi progetti del Nabucco
e South Stream saranno compromessi. A rivelarlo
sono i media polacchi, che lanciano così una vera e
propria “notizia bomba” destinata a colpire investitori e società energetiche, e perchè no speculatori
e mercati azionari. C’è da dire che la prospettiva in
cui la Polonia, che non partecipa a nessun progetto
energetico in corso promosso da UE o Russia, diventi una potenza energetica europea è quasi inverosimile e comunque da verificare nel tempo. Dopo
anni passati a cercare di bloccare i piani dei russi e
di spingere la stessa UE ad adottare una posizione
più forte contro Gazprom, la Polonia ha ora la possibilità di liberare l’Europa dalla dipendenza del gas
russo e fare un salto di qualità nella sua posizione
politica all’interno dell’Europa. Questo sarà possibile grazie alle nuove tecnologie americane per
l’estrazione del gas imprigionato nelle rocce. La
società ConocoPhillips inizierà il primo progetto a
maggio, e sarà seguita dai gruppi americani ExxonMobil e Marathon, e l’impresa canadese Talisman
Energy. Gli esperti stimano che le opere di ricerca
richiederanno circa due anni prima di passare allo
sfruttamento effettivo di nuovi giacimenti, stimato
pari a 1,36 miliardi di metri cubi di gas estratto da
rocce cristalline. Così, la Polonia sarà in grado di garantire i consumi domestici (13,7 miliardi di metri
cubi all’anno, di cui vengono acquistati 9 miliardi
da Gazprom), per vedere sul mercato europeo la
parte restante. Non viene specificato quale sarà il
futuro della produzione di gas alternativo della Polonia. Una cosa è certa: il nuovo status “energetico”
della Polonia comporterebbe una rivalutazione del
Nabucco e South Stream.
D’altro canto, le aziende turche cercano di darsi da
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
fare per le fasi di preparazione del progetto europeo
Nabucco, mentre l’UE si attende un ampliamento
delle relazioni con il Turkmenistan, sperando che
le autorità di Ashabad firmeranno questo mese un
accordo per fornire 10 miliardi di metri cubi di gas
“Tecnologie americane per il
gas polacco: ConocoPhillips
inizierà le ricerche a maggio,
seguita da ExxonMobil e
Marathon”
all’anno per il gasdotto nei prossimi 30 anni. Nella
capitale del Turkmenistan sono attesi nei prossimi
giorni, i delegati di Portogallo, Bulgaria, Romania,
Gran Bretagna, Italia e Austria, che proporranno
alla leadership del paese progetti di investimento.
Bruxelles spera che entro la fine di quest’anno potrà chiarire il futuro di questo progetto, ma resta da
chiarire che fornirà il combustibile del Mar Caspio.
Così, tutte le speranze sono rivolte verso il Turkmenistan, che per le riserve di gas naturale di cui
dispone, è il 4 Paese in tutto il mondo. Fino ad ora,
Ashabad si è limitato alle promesse, evitando un
impegno definitivo, ma indirettamente il mercato
turkmeno è controllato dalla Turchia con circa 500
imprese e società, che gestiscono contratti di miliardi di dollari. Anche se non partecipa al Nabucco, la
Gran Bretagna è interessata al potenziale dell’economia turkmena. In altre parole, i paesi dell’UE sono
disposti a rispettare i turkmeni, offrendo in cambio
investimenti per aver accettato che i paesi del Mar
Caspio cominciano a fornire il volume richiesto per
il gasdotto Nabucco. Sarebbe interessante vedere
cosa accadrà se verrà confermata l’esistenza delle
riserve della Polonia, che certamente cercherà di
imporre le proprie regole e magari avrà un nuovo
ruolo politico in UE.
osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010
osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico
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La Tela Italiana del Baltico Adriatico
L’unione delle intelligenze e delle
imprese italiane ha fatto sì che si venisse
a creare in tempi molto stretti la Tela
Italiana nel Baltico-Adriatico. E’ qui
che un gruppo di uomini e di aziende si
uniscono per dare vita ad un nuovo ed
innovativo sistema di interconnesione,
informazione e comunicazione tra le
imprese italiane che intendono operare
nei mercati del Sud Est Europeo, o che già
vi operano, con successo o con difficoltà.
Si tratta di un’area divenuta di rilevanza
strategica e di interesse nazionale, tale
che è ora necessario creare un centro di
Intelligence Economica che sia davvero al
fianco delle imprese e le difenda. Tutto
ciò che vedete è stato creato sino ad oggi
con autentico lavoro e sacrificio, e con i
soli contributi delle imprese che hanno
visto in noi un punto di riferimento ed
una porta sui Balcani a cui accedere
con molta facilità. La nostra è una realtà
giovane, l’Osservatorio Italiano unisce
tutti: deboli, fortissimi e irriducibili, legati
ora da una serie di alleanze che possono
dar vita alla prima organizzazione
transnazionale dell’Est, da un progetto
tutto italiano.