nuovi sCenari di integrazione
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nuovi sCenari di integrazione
osservatorio italiano OSSERVATORIO ITALIANO Rivista di intelligence economica del baltico-adriatico anno 2010 | numero 1 | giovedi’ 27 marzo | www.osservatorioitaliano.org | 10 € Intelligence Il nuovo hub energetico nel Mediterraneo > pagina 8 Corridoi paneuropei e progetti in cantiere > pagina 12 Italia e Balcani Energia e infrastrutture > pagine 14, 22 e 26 Investimenti e privatizzazioni : Nuovi scenari di integrazione Le vie del gas dal Baltico all’Adriatico > pagine 03-31 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 indice 4-7 / balcani: regione e cooperazione • Regionalizzazione: la nuova mappa dell’UE parte dai Balcani • I Balcani diventano una macro-regione di investimenti • Il vertice di Sarajevo senza una data per l’abolizione dei visti 12-13 / corridoi paneuropei 8-11 / Intelligence • Gazprom in Croazia: progetto per hub energetico nel Mediterraneo • La guerra per i Terminal petroliferi di Ploce • Il petrolio della Bosnia nascosto tra i siti archeologici 14-15 / Progetti in cantiere • Corridoio 10: nascono le Autostrade della Serbia 16-17 / Bosnia erzegovina / rep srpska • Anno decisivo per il corridoio VC • Gassificazione, infrastrutture e trasporti: i nuovi investimenti 18-19 / Croazia • Le regole di Bruxelles per i cantieri navali croati 20-21 / serbia • Il credito milionario di Mosca per le aziende russe? • Telekom Srbija in vendita 24-25 / kosovo-albania • Ondata di privatizzazioni in Kosovo • L’Albania e il Corridoio energetico del Sud 28-29 / romania • Misure di austerity anche in Romania: tagli a salari e pensioni • Controverso il destino dell’oro di Rosia Montana 03-31 / Le vie del gas • Giacimenti di gas in Polonia? Nuovo ruolo in UE e gasdotti • South Stream: confermati i negoziati con la Bulgaria 2 osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico • Il Porto di Bar stenta a decollare • Bar-Belgrado-Timisoara: un progetto italiano 22-23 / montenegro / Macedonia • Gassificazione, infrastrutture e trasporti: i nuovi investimenti • FMI: economia macedone rimane in piedi dopo crisi greca 26-27 / Italia-Albania • Frattini a Tirana: visti ed energia osservatorio italiano Editore - Etleboro ONG via Cassia, 1670 00123 Roma tel: (+39) 06 83398386 Aleja Svetog Save, 49 Banjaluka - 78 000 Republika Srpska (BiH) tel. 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La Bulgaria, però, ha fatto un passo indietro dopo le tensioni tra Gazprom e l’italiana ENI. Le polemiche sul South Stream sono nate in seguito alla conferma che Gazprom vorrebbe, forse forzatamente, portare avanti contemporaneamente sia il progetto South Stream che il Nord Stream, il progetto Accordo Azerbaigian–Georgia–Romania Nuovo tragitto attraverso la Romania? Il Governo romeno ha firmato lo scorso 15 aprile un accordo di trasmissione del gas tra l’Azerbaigian, la Georgia e la Romania Interconnection Project (AGRI), che offre un’alternativa a Nabucco e South Stream. Il memorandum firmato è un supporto per la costituzione di una società di progetto, con sede a Bucarest, che si occuperà dello studio di fattibilità, prevedendo un investimento tra i 4 e i 6 miliardi di euro. Questo progetto ha l’ambizione di diventare il più rapido ed efficiente sul corridoio meridionale, per portare le risorse del Caspio, sia sul mercato interno rumeno, che nell’Unione europea. Le riserve di gas dell’Azerbaigian ammontano a 2.200 miliardi di metri cubi di gas, una quantità abbastanza grande per tutti i progetti in cui sono coinvolti, secondo il Governo azerbaigiano. Questo avrebbe anche proposto di creare una via Baku (Azerbaigian) - Kulevi (Georgia) - Costanza (Romania) da tre a otto miliardi di metri cubi di gas, da innalzare ulteriormente a 12 miliardi di metri cubi. Di tale importo, la Romania avrebbe dovuto destinare al suo mercato interno circa due miliardi di metri cubi. Iulia CRISAN La Romania potrebbe essere uno dei paesi da attraversare con il gasdotto South Stream, data la sua posizione geografica, ma il tracciato definitivo del gasdotto non è ancora stato stabilito. “Il percorso finale del gasdotto sarà determinato da studi di fattibilità che devono ancora essere compiuti. Noi precisiamo che queste informazioni sono state comunicate ogni volta che si è parlato di questo progetto”, afferma il Ministro dell’Economia Adriean Videanu, confermando che il gasdotto South Stream, sostenuto dalla Russia e dall’Italia, passerà attraverso la Romania. “Sono riuscito a aprire il dialogo con la Federazione russa. La Romania è coinvolta in tutti i progetti nel Sud dell’Europa. South Stream passerà attraverso la Romania, come AGRI e Nabucco. Tutti questi grandi progetti fanno della Romania un giocatore molto importante”, ha detto Videanu. In seguito ai colloqui sullo sviluppo del South Stream, secondo una dichiarazione rilasciata dal Ministro Videanu, la società Transgaz Medias (TGN) avrebbe ricevuto un invito formale da Mosca ad entrare nel progetto. Iulia CRISAN sottomarino del Mar Baltico, per il quale vorrebbe almeno iniziare i lavori preliminari. Miller ha confermato comunque le intenzioni originarie: il North Stream insieme con il “gemello” del Sud, sono strumentali al medesimo obiettivo, ossia aggirare l’Ucraina. I principali obiettivi riguardano il completamento del gasdotto del Nord Stream nel 2013 e South Stream nel 2015, ma sarà piuttosto difficile rispettare i tempi prestabiliti. La Bulgaria, però, vorrebbe che le questioni si esaminassero separatamente, temendo che tali problemi possano tradursi in minori quantità di gas che passeranno attraverso la Bulgaria. Secondo alcune speculazioni, sembra che il Governo bulgaro abbia aumentato le spese di transito a 1,7 dollari per il transito di 1000 metri cubi di gas per 100 km, equivalenti a circa 100 milioni di leva all’anno pagati da Gazprom; prezzo tuttavia definito dalla dirigenza Gazprom come ancora molto più basso di quello pagato dalla società russa ad altri paesi. Secondo la dirigenza Gazprom, comunque, la Romania non può prendere il posto di Bulgaria nel progetto South Stream, ma potrebbe essere costruita una sezione verso il territorio romeno sotto il Mar Nero o come derivazione dal territorio bulgaro. Le autorità russe hanno già firmato accordi intergovernativi per la costruzione del gasdotto con la Bulgaria, Serbia, Grecia, Ungheria, Slovenia e Croazia. Nel progetto sarà inclusa anche l’Austria. Il gasdotto South Stream, con una lunghezza di 900 chilometri, sarà posato sul fondale del Mar Nero, tra Novorosisk e Varna, in Bulgaria, e porterà il gas russo verso l’Europa, bypassando l’Ucraina. Biljana Vukicevic osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 3 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Balcani: regione e cooperazione Regionalizzazione: la nuova mappa dell’UE parte dai Balcani Da tempo si discute dei Balcani come una regione in cui dar vita ad una struttura politica regionale sulla base di un’alleanza tra i Paesi della ex Jugoslavia, inspirata dai principi dell’UE, come lo sono i Paesi del Benelux e i Paesi scandinavi. A confronto le due teorie del ‘modello globale americano’ e quello della ‘regionalizzazione a cerchi concentrici’. Biljana Vukicevic N ei circoli diplomatici europei si fa strada l’idea di creare nei Balcani una “nuova regionalizzazione” sulla base di un’alleanza tra i Paesi della ex Jugoslavia, sul modello del Benelux e della Scandinavia. La base di questa nuova alleanza sarà il triangolo BelgradoZagabria-Lubiana e l’unione dei Paesi membri sarà denominata Balcani Occidentali. Ciò che qualcuno non ha previsto è che questa idea può generare un problema simile a quello che ha disgregato la Jugoslavia, ossia su chi potrebbe essere il leader di questa nuova alleanza. É fondamentale tener presente che nessuno dei Paesi della ex-Iugoslavia ha trovato un modo per dimenticare e alleggerirsi del peso della “I Balcani continuano ad essere un laboratorio in cui si sperimentano le nuove strategie europee che dovranno rimettere in discussione la sovranità dei Paesi UE” sua storia, questo lo dimostra anche il fallimento dell’ultima riunione a Brdo e i dissensi tra la Croazia e la Slovenia sul tema dei confini marittimi. Predrag Simic, docente presso l’Università di Belgrado, rivela che all’ epoca in cui era ambasciatore a Parigi, esisteva già l’ idea di costruire un’unione simile al Benelux o alla Scandinavia con solidi accordi basati sull’economia. “Il progetto di allora prevedeva che i tre Paesi con maggiori responsabilità verso il futuro sviluppo della regione balcanica e con un maggiore avanzamento nella sua integrazione nell’EU, avrebbero potuto assumere il ruolo di leader. Per la realizzazione di questa alleanza è necessario anche il parere di Washington, che, come sappiamo, con la sua politica ha portato all’indipendenza del Kosovo. Questa è una delle ragioni per le quali non è possibile 4 osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico risolvere la questione del Kosovo che pesa su tutta la regione”, afferma Simic. Modello globale americano e la frammentazione Tanto è vero che oggi anche negli Stati Uniti si parla della una nuova diplomazia dell’XXI secolo pronta alle nuove sfide scaturite dai processi di globalizzazione, mentre sulla stessa linea è anche la Gran Bretagna, con la sua politica di difesa della diplomazia estera. La globalizzazione di cui l’ America è portavoce per sviluppare la rete di collaborazioni e unioni, viene percepita dall’ altra parte del mondo come dei legami tra vari cerchi concentrici. Ma d’altronde in mondo è pieno di organizzazioni internazionali, con il Mercosur, il Nafta, l’ASEAN, l’Organizzazione di Shangai e l’Unione dei Paesi africani. L’UE ha creato la European Union - EEAS (European External Action Service), che ha già elaborato un piano di regionalizzazione. Ma il vero problema è quello di imporre ad un Paese di essere parte di un’unione regionale come hanno fatto, d’altronde, gli Stati Uniti, ma la regionalizzazione (di stampo europeo) e la politica globale (americana) rientrano in due categorie molto diverse. L’esperimento di una politica globale nei Paesi dei Balcani potrebbe provocare una reazione da parte dell’UE. Come ha dichiarato Hillary Clinton, per gli USA, la sfida principale è il progresso delle comunicazioni all’estero in tutti i livelli della società. Per raggiungere questo obiettivo, il Direttore del dipartimento per la pianificazione della politica estera, docente presso l’Università di Princeton, Mary Sloter, ha promosso gli Stati Uniti come il centro della rete globale per le risorse umane, le istituzioni e la collaborazione. In questo senso gli Stati Uniti lavorano seguendo una coerenza interna, mentre per il resto del mondo chiedono alleanze per formare delle regioni. L’ idea americana è vicina al pensiero di Thomas Jefferson, basato sui “rapporti commerciali, onesti e pacifici tra gli Stati”. La nuova mappa della regione balcanica è stata si- osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Le teorie del nuovo globalismo dell’Economist vanno a tracciarne una nuova mappa dell’Europa, in cui vediamo apparire vecchi interessi strategici, ma anche nuove aree di influenza, mascherate però da ‘affinità in caratteri o costumi’ o da ‘simpatie ed antipatie’. Tra immagini surreali e anche ironiche, traspare un senso di macchinosa riprogrammazione degli Stati, derivante dai movimenti migratori e dalle nuove alleanze politiche. Un concetto veramente molto simile a quello descritto nel rapporto della CIA pubblicato lo scorso anno sulla futura conformazione dell`Europa fino al 2020. Per quanto riguarda i Balcani, Skopje, Tirana e Pristina dovrebbero scambiare i loro posti, di modo che il Kosovo abbia uno sbocco sul mare, mentre la Fyrom avrebbe la possibilità di avvicinarsi a Belgrado e Tirana ma sarà sempre più lontana dal mare Adriatico, eliminando così “il paranoico fanatismo greco”. La Bosnia essendo molto fragile dovrà rimanere dove si trova. La Svizzera migra, Slovenia e Croazia avranno più spazio, salendo più a nord arrivando a fare una nuova alleanza con il Nord Italia, mentre il Sud definisce un nuovo stato, dei confini del Regno delle due Sicilie ma soprannominato “Bordello” che secondo The Ecomist “dovrebbe fare un’unione monetaria con la Grecia ma nient’altro oltre a questo”. La mappa tracciata da “The Economist online” nell’editoriale del 29 aprile curamente disegnata anche dall’Istituto di balcanologia di Washington, dove già è stato pianificato che il Kosovo sia diviso in due parti, mentre Serbia, Montenegro e Republika Srpska, nonché una parte della costa croata (vicino Prevlaka) disegneranno una zona definita “Paesi serbi”. L’Albania avrà la parte occidentale della Macedonia, parte della Bulgaria sarà della Turchia e parte della Romania sarà dell’Ungheria. La parte musulmana di BiH rimane come una zona a sé stante, ma senza la Erzegovina, che sarà della zona croata. Modello europeo:regionalizzazione a centri concentrici Non si può nascondere che tutto questo ricorda le tesi già sperimentate nei Paesi comunisti, che allora crearono delle alleanze che puntualmente gli Stati Uniti hanno deciso di distruggere, e poi di ricreare a propria immagine e somiglianza. Ora si parla di riconciliazione, di risoluzioni per il riconoscimento dei crimini di guerra, e tutti i Governi cercano di fare un passo verso il dialogo, che resta sempre viziato dall’orgoglio e dal pesante passato. La UE vuole una regione omogenea al suo interno, tenuta insieme dagli ideali europei, nonché ampliata verso l’Albania, che pian piano si sta riavvicinando alla Serbia. Secondo l’Analista Predrag Simic, ”se i rapporti tra la Serbia e la Croazia avranno una certa influenza per risolvere i problemi nella BIH, sicuramente i rapporti tra Tirana e Belgrado saranno più importanti per la questione del Kosovo, sulla quale si gioca la vera solidità dei rapporti multilaterali”. D’altro canto, sebbene un’alleanza balcanica ancora non esista, né sembra essere accettata da parte dei politici, a livello economico qualcosa è già operativo. Infatti, sono state già create le commissioni a livello regionale, grazie all’UE, che nell’“agenda 2000” parla già della regionalizzazione in cerchi concentrici fatti come le zone di un grande megalopoli. Nel primo cerchio vi sono i Paesi che si sono i Paesi integrati nell’Unione, il secondo cerchio dei Paesi di transizione nel Sud Est Europa, i Paesi Scandinavi e la Gran Bretagna. Il terzo cerchio sono i Paesi dell’Europa meridionale e l’Est Europa. Nel quarto cerchio dovrebbero esservi i paesi dei cosiddetti “Balcani Ovest” e del Sud Est Europeo. Questa mappa è simile a quella delle grandi città, dove la zona A è rappresentata sempre dal centro amministrativo mentre la D è nella maggior parte dei casi un ghetto. A livello globale, i cosiddetti “Balcani Occidentali”si dovrebbero globalizzare in modo che nazioni e Stati vengano trattati come entità politiche e regionali senza frontiere, con una sovranità limitata, denazionalizzata per entrare a far parte di una “periferia dell’Europa”. Nella nuova mappa c’è la ex Jugoslavia senza la Slovenia ma con l’Albania. Nella prima fase dell’alleanza balcanica ci sarà un’unione doganale che cancella le frontiere di Stati che hanno combattuto per anni per la propria indipendenza. I Balcani come periferia europea? “Il mondo è un grande Paese”, come afferma lo studioso Marshall McLuhan negli anni ‘60 e le più diffuse teorie di pianificazione geostrategica. Da questo punto di vista i Balcani continuano ad essere un laboratorio in cui si sperimentano le nuove strategie europee che dovranno rimettere in discussione la sovranità dei Paesi UE. E pensare che quello di cui si discute oggi è` stato pianificato già 10 anni fa a Bruxelles e Washington, per cui non è affatto strano che per ottenere la liberalizzazione dei visti bisognerà aspettare ancora tanto, visto che nessuno dice che i piani stabiliti per creare l’alleanza balcanica, o meglio la “periferia dell’Europa” non si realizzeranno prima del 2020. Come disse anni fa Max Weber, ossia che gli Stati dei “mostri freddi” dovrebbero essere cancellati, nel mondo globale sembra che esisteranno stati sempre più freddi e mostruosi, con idee che non rispettano l’umanità ma il mostruoso senso del materialismo, pensati e realizzati dai residenti delle zone A delle megalopoli mondiali. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 5 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Balcani: regione e cooperazione I Balcani diventano una macro-regione di investimenti Dopo la strategia per il Baltico, si fa strada nell’UE l’idea di guardare ai Balcani come una macro-regione europea. Nasce così la regione “Danubiano-balcanica”, accanto a quella Ionico-Adriatica, come aree individuate da corridoi, reti di trasporti, risorse energetiche. Vincenzo Andricciola L’Italia punta alla Adriatico-Ionica Le macro-regioni sono nuove forme rafforzate di governo dell’Unione Europea, perché facilitano il consenso su temi di interesse comune, tra realtà territoriali di Stati membri appartenenti ad una stessa area e promuovono sinergie piuttosto che discriminazioni e sovrapposizioni. Lo ha detto il Sottosegretario Alfredo Mantica, spiegando che l’Italia punta così al bacino adriatico-ionico, che “rappresenta quasi un “mare chiuso” ed in prospettiva sempre più un “mare interno” all’UE. Esso costituisce inoltre un sistema caratterizzato da forti tratti comuni , e può configurarsi come macroregione omogenea per la quale sviluppare un approccio strategico. Una macro-regione in grado di interagire senza sovrapposizioni e di creare sinergie con altre macro-regioni europee”. Tale strategia potrebbe scaturire proprio dall’Iniziativa Adriatico-Ionica, nata nel 2000 ed a cui partecipano Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Slovenia, Serbia e Montenegro. 6 I l Ministro Frattini, chiudendo la sua visita nei Balcani con una lezione all’Università di Sarajevo, illustra la visione euro-atlantica della regione, rilevando d’altro canto, come l’approccio italiano, e di molti altri paesi ricerchi una prospettiva regionale piuttosto che di tipo bilaterale. Riferendosi al concetto di Jugosfera, lanciato dall’Economist e diffusosi ampiamente negli ambienti anglo-americani, il Ministro Frattini ha ripreso le riflessioni di coloro che guardano ai Balcani come una zona commerciale compatta, nonchè come un interlocutore privilegiato dell’Unione Europea come enorme bagaglio di risorse: si passa così da una logica politica, ad una prettamente economica e di investimenti. “L’adozione della Strategia per la regione del Mar Baltico durante il Consiglio europeo nell’ottobre 2009 dimostra che una nuova tendenza in seno all’UE si sta sviluppando in questo senso. Naturalmente, anche i Balcani sono una interessante macro-regione. Il lavoro è già iniziato su un Strategia per la regione del Danubio, che dovrebbe essere completata nel 2011. […] Ma il Danubio non può soddisfare tutte le potenzialità di un territorio che ha legami con l’Adriatico, il Mar Nero e le Alpi”, afferma nel suo intervento. Egli aggiunge che per questo si guarda alla regione “Danubiano-balcanica” come un’area più adatta a garantire un rapporto di reciproca proficuità con tutta la eurozona e con le altre macro-regioni, come quella del Baltico, che hanno già adottato un’ottica regionale di lungo termine nei loro rapporti con qualsiasi interlocutore esterno, per non andare ad escludere zone strettamente interconnesse tra loro. L’Italia, come rileva Frattini, dal canto suo tenderà di soffermarsi , anche sulla base delle sedi regionali esistenti, sulla Strategia europea per l’Adriatico e lo Ionio, nel quadro della Iniziativa Adriatico-Ionica. L’area balcanica, nelle parole di Frattini, diventa quindi un interlocutore privilegiato dell’Unione Europea come enorme bagaglio di risorse: si passa così da una logica politica, ad una prettamente economica e di investimenti. “I Balcani offrono preziose opportunità da cogliere, non solo in termini di inves- osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico timenti commerciali diretti, ma anche di investimenti in settori strategici come l’energia e i trasporti. Basti pensare, in quest’ultimo caso, all’importanza dei Corridoi pan-europei V e VIII, e alla futura creazione di una Comunità dei trasporti tra i paesi della regione e l’UE. In termini di approvvigionamento energetico, la regione, che ha istituito una Comunità dell’energia, nel 2005, offre anche vantaggi che meritano una considerazione speciale, sia per le sue risorse, in particolare fonti rinnovabili come l’idroelettrica sia per i vantaggi che offre in collegamento con il mercato centro-europeo. Infine, per la crescente attenzione dedicata da parte dei paesi della regione a progetti strategici di diversificazione energetica: come South Stream, Nabucco o la Turchia-Grecia-Italia Interconnessione (ITGI)”, spiega Frattini. Il discorso, naturalmente, non ha delle conclusioni ben definite perché quelle, più che con le parole, dovranno essere attuate con politiche che prevedano un progetto comune europeo per quell’area. Un progetto completo che tuttora stenta a delinearsi, perdendosi ancora nei meandri della retorica e degli interessi particolaristici di singoli Stati in competizione tra loro, come è stato possibile notare sia in situazioni di crisi, come la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, sia in periodi di relativa calma come al momento di decidere i percorsi dei gasdotti per l’approvvigionamento energetico dell’intero continente. In queste occasioni, infatti, sarebbe stato importante guardare ai Balcani come una macro-regione complessa, con al suo interno divisioni da appianare attraverso progetti di sviluppo comuni che avrebbero portato, magari nel lungo termine, dei vantaggi per tutti. Proprio in queste occasioni, sopratutto di crisi, l’Europa ha guardato ai Balcani soltanto come ad un’area di investimento in base a porti, gasdotti, fiumi o risorse naturali, uccidendo la politica e ignorando le potenzialità reali dei paesi balcanici sotto tanti aspetti, menzionati spesso retoricamente ma, in realtà, mai considerati realmente all’altezza di essere introdotti col suo giusto peso nell’agenda europea. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Candidatura all’adesione solo nel 2014 Secondo il Gruppo di esperti che sta seguendo il processo di integrazione dei Balcani, il 2014 sarà l’anno per decidere se i Paesi balcanici sono idonei a fare il loro ingresso nell’Unione. Come dichiarato da Kalypso Nicolaidis, membro del gruppo e docente ad Oxford, i membri dell’UE sono interessati a ricevere i Paesi dei Balcani nell’Unione Europea, come già reso noto nel 2007 quando sono state accolte Bulgaria e Romania, ma non sono state specificate altre date per l’ammissione di nuovi candidati. Secondo fonti di Bruxelles, solo la Croazia completerà i negoziati entro la fine dell’anno e potrà aderire nel 2012, mentre il futuro europeo resterà ancora una ‘speranza’ per Serbia, Fyrom-Macedonia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina e Albania. L’UE vede dunque il 2014 una sorta di simbolo, visto che cade l’anniversario dall’inizio della Prima guerra mondiale, quando nel 28 Giugno del 1914 a Sarajevo, uno studente anarchico Gavrilo Princip ha ucciso l’arciduca Franc Ferdinand, erede al trono Austroungarico. Nessuno sconto per i Paesi dei Balcani Saranno i Balcani al centro del nuovo pacchetto di allargamento per il 2010 e conterrà i progressi dei paesi della regione. In riferimento alla Serbia, Fule ha spiegato che sarà il rapporto del Tribunale dell’Aja per il Consiglio di sicurezza dell’ONU ad influire sulla decisione del Consiglio dei Ministri dell’UE, prevista per il mese di giugno, per intraprendere una nuova fase per l’attuazione dell’accordo di stabilizzazione e associazione con la Serbia. Lo stesso vale per l’apertura del capitolo chiave nei negoziati di adesione con la Croazia, ha rincalzato Fule, per la quale si staglia una vera e propria sfida. Altra storia invece per Montenegro e Albania, sul cui giudizio non pesa alcuna relazione dell’Aja, bensì la sola valutazione dei loro progressi agli della Commissione Europea. Fule ha ricordato anche che il Comitato dei Ministri approverà darà a giugno una dato solo se Skopje risolverà il problema relativo al nome con Atene. La CE sta lavorando sulla facilitazione dei visti e sulla possibile proposta di aprire i negoziati dell’accordo commerciale con Pristina, all’indomani del parere della Corte Internazionale di Giustizia. Il vertice di Sarajevo senza una data per l’abolizione dei visti Il vertice UE-Balcani Occidentali del 2 Giugno a Sarajevo non annuncerà nessuna data per l’abolizione dei visti per i cittadini bosniaci. Come scrive il “Nezavisne novine” citando fonti diplomatiche di Bruxelles, la Bosnia Erzegovina sarà lodata perchè ha soddisfato le condizioni tecniche, ma saranno le condizioni politiche a prevalere nel parere per la liberalizzazione dei visti. “Ancora non sappiamo esattamente la formula del documento, ciò che è certo è che il parere sarà deciso dal fallimento della riforma costituzionale, dalle elezioni imminenti e dalla mancata attuazione della decisione della Corte di Strasburgo sul diritto delle candidature delle minoranze”, ha dichiarato la fonte del “Nezavisne novine”, sottolineando che è già certo che i visti non saranno aboliti prima delle elezioni di ottobre. “Una data più precisa può essere la fine dell’anno, ma non sorprendetevi se sarà più tardi”, ha dichiarato la fonte. Jelko Kacin, Vice Presidente del Comitato per Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro e Kosovo nel Parlamento Europeo, ha dichiarato che è più realistico aspettarsi che i visti potrebbe essere aboliti un anno dopo Serbia, Macedonia e Montenegro, cioè alla fine dell’anno. Kacin ha collegato tale possibilità all’attuale situazione politica in Bosnia-Erzegovina e alla mancata attuazione delle riforme. Secondo il “Nezavisne novine”, riprendendo le affermazioni della fonte del quotidiano, l’UE vorrebbe in qualche modo punire la mancanza di volontà po- litica nell’attuare delle riforme, per cui la liberalizzazione dei regime dei visti non potrà essere usata come una carta vincente nella campagna pre-elettorale. Halid Genjac, Presidente della Commissione congiunta per l’integrazione europea del Parlamento della BIH, ritiene che non c’è alcuna base oggettiva per collegare le riforme costituzionali, le elezioni e la decisione della Corte di Strasburgo con la liberalizzazione dei visti, perché questi elementi non sono una condizione per la liberalizzazione dei visti. “I primi di giugno sarà pubblicata la relazione, in tempo per il vertice di Sarajevo sui Balcani occidentali, seguita poi dal controllo finale della sua reale attuazione. Per cui il voto finale del Parlamento è impossibile che sarà realizzato prima di settembre”, afferma ancora Filota. L’europarlamentare Tanja Fajon ha dichiarato che il Parlamento Europeo sta facendo tutto il possibile per accelerare il processo, e consentire alla Bosnia di ottenere i visti il più presto possibile. “Aspetto che la Commissione europea entro i primi di giugno faccia la sua proposta per la liberalizzazione dei visti, per poi dare il via libera ai lavori di preparazione. Se tutto andrà secondo i piani, la Bosnia-Erzegovina potrebbe aderire alla liberalizzazione del regime dei visti entro 10 o 11 mesi. Spero che avverrà al più presto, capisco la frustrazione della gente in Bosnia-Erzegovina. In effetti i politici hanno fatto molto negli ultimi mesi e ora ha bisogno di qualche notizia positiva da Bruxelles”, ha dichiarato Fajon. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 7 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 intelligence Gazprom in Croazia: progetto per hub energetico nel Mediterraneo I progetti energetici della Russia all’interno dei Balcani avanzano. Dopo l’accordo strategico con la Serbia e la Republika Srpska e gli investimenti silenziosi nella Federazione BiH, il gigante del gas russo cerca di prendere posizioni importanti anche lungo la costa croata. Questa deve infatti divenire un hub del mercato del petrolio e del gas all’interno del Mediterraneo. fulvia novellino 8 S ono giunte la scorsa estate le prime avvisaglie del progetto croato-russo, elaborato dal consorzio croato Janaf e la Gazprom Neft, per creare nel porto adriatico di Omisalj (Isola di Krk) una sorta di mercato a pronto termine del petrolio, una vera e propria borsa del petrolio, in cui gli acquirenti internazionali saranno in grado di ritirare petrolio non appena che la transazione verà completata, con il trasporto verso la destinazione scelta. Al centro del funzionamento del mercato petrolifero, verrà creato un rapporto di approvvigionamento affidabile e costante, ed è quello che dovrebbe garantire la Gazprom Neft. Come ogni mercato a pronti, quello di Omisalj è stato concepito come un luogo dove le merci di diversi venditori, provenienti da varie fonti, viene venduto ad ogni acquirente del Mediterraneo e dell’Europa. In tale ottica, la Gazprom Neft dovrebbe assumere il ruolo di leader nella fornitura del mercato petrolifero, mentre Omisalj potrebbe diventare uno dei principali porti del Mediterraneo per l’esportazione di petrolio russo, connesso al terminal di GNL di Trieste e dell’isola di Krk, oltre che al South Stream. Diversamente dalla maggior parte degli altri porti, il terminal di Janaf ad Omisalj soddisfa tutte le condizioni per l’attracco delle navi del tipo VLCC (Very Large Crude Carrier), ossia petroliere che hanno una capacità che arriva fino a 500 mila tonnellate. Janaf ha già iniziato a costruire nuovi impianti di stoccaggio che dovrebbero raddoppiare la sua capacità immagazzinamento, il che significa che la società avrebbe 1,5 milioni di metri cubi di petrolio depositato solo ad Omisalj in pochi anni. Inoltre, l’oleodotto Janaf già è collegato alle raffineria della Serbia e della Republika Srpska con le raffinerie di Bonsaski Brod e Pancevo, entrambe possedute dal osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico gruppo Gazprom. Ciò a dimostrazione che i progetti russi sono già da tempo in atto. Il vecchio progetto DruzbAdria E’ importante ricordare che il progetto è stato concepito in precedenza con il progetto DruzbAdria, con un accordo bilaterale in base al quale un oleodotto dovrebbe collegare la città russa di Samara con Omisalj. Sulla base di tale accordo, l’oleodotto Janaf sarebbe stato integrato nei sistemi di trasporto di Russia, Ucraina, Bielorussia, Ungheria e Slovacchia, in modo che il petrolio russo doveva arrivare sull’isola di Krk per essere poi caricato sulle petroliere. C’è da dire che la Russia si era interessata ad Omisalj come un porto di esportazione, soprattutto a causa dei problemi incontrati sui porti del Mar Nero al Mediterraneo, e la causa dei tentativi da parte della Turchia di limitare il passaggio delle petroliere russe attraverso il Bosforo e i Dardanelli. Nel frattempo, tuttavia, la Russia ha aumentato notevolmente la capacità del porto di esportazione di Primorsk sul Mar Baltico, risolvendo il problema con la Turchia attraverso un accordo per la costruzione di un oleodotto tra il porto sul Mar Nero bulgaro di Burgas e quello greco di Alexandroupolis sul Mar Mediterraneo. In tale contesto, l’interesse dei russi per il rilancio del progetto DruzbAdria in questi ultimi anni è stato meno di quanto non lo fosse all’inizio del decennio. Successivamente, la Croazia ha offerto ai russi una versione modificata del progetto in base al quale l’oleodotto non finirebbe a Omisalj, ma continuerà attraverso la Slovenia sino a Trieste, dove sarà collegato alla Transalpine Pipeline (TAL), progetto di gassificazione per i paesi dell’Europa occidentale. Tale piano, però, cade perché non si è riusciti a raggiungere un accordo con la Slovenia per le condizioni alle osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Republika Srpska Vista aerea del Terminal Petrolifero dell’Isola di Krk / Marco Molinari “I russi si stanno avvicinando sempre più all’Adriatico con la loro tela di società e aziende diramate un po’ dappertutto. Mosca sta quasi accarezzando l’idea di dare il via ad una nuova era dello scambio del petrolio nel Mediterraneo con l’avvento di una borsa energetica nel cuore dell’Europa” quali un gasdotto sarà costruito sul suo territorio. Ma con lo sviluppo delle infrastrutture Janaf è emersa la possibilità che, invece di creare solo un porto di esportazione, Omisalj potrebbe diventare il punto principale del commercio di petrolio nell’Adriatico. Un progetto che dunque è molto più attraente per i russi rispetto alla versione originale del DruzbAdria, perché permette loro di rafforzare ulteriormente la posizione dominante di Mosca nella regione, visto che i mercati più vicini all’Europa sono sul Mar Nero, a Odessa e Novorossiysk. I russi si accordano sullo Janaf I progetti delle infrastrutture croate vengono così ripescate, all’indomani della ratifica dell’accordo con Gazprom, con il quale la Croazia entra ufficialmente a far parte del consorzio per la costruzione del gasdotto South Stream. Il contratto apre la strada per la creazione di una joint venture tra Gazprom e Plinacro, ciascuna con il 50 percento della quota di proprietà. Viene inoltre toccato anche il tema della Società del progetto Adria, accennando al fatto che Transnjeft e JANAF continueranno i negoziati con il Primo Ministro croato, che tentativo di “raggiungere nuovi progressi” nel settore delle infrastrutture lungo la cosa croata. Non è un caso, quindi, che la società dell’oleodotto adriatico Janaf e la russa Optima Group hanno firmato proprio recentemente l’accordo per il trasporto di 1,2 milioni di tonnellate di petrolio per il 2010. Ricordiamo che lo stesso gruppo ha acquistato nel maggio dello scorso anno, per 12,8 milioni di euro, la catena delle stazioni di servizio Zovko sul territorio della Federazione della BIH e del Distretto Brcko. Acquistando la catena di Zepce, nella Bosnia centrale, i russi sono infatti entrati sul mercato della Federazione. Il proprietario della società Zovko aveva 10 stazioni di benzina, otto nella FBiH, e due nel Distretto di Brcko, ed era anche uno dei maggiori distributori di prodotti petroliferi nella Federazione. Inoltre, l’Optima Group investirà 103 milioni di euro nel miglioramento della produzione nella Raffineria di Brod, mentre secondo un piano quinquennale, sono nella Raffineria saranno investiti 675 milioni di euro fino al 2014. E’ chiaro che i russi si stanno avvicinando sempre più all’Adriatico con la loro tela di società e aziende diramate un po’ dappertutto. Mosca sta quasi accarezzando l’idea di trasportare il suo petrolio a Omisalj, per caricarlo sulle nave cisterne mediante terminal di GNL, e dare il via ad una nuova era dello scambio del petrolio nel Mediterraneo. Potrebbe anche essere l’avvento di una borsa energetica nel cuore dell’Europa, mentre la costa italiana e quella balcanica diventeranno il punto nevralgico del trasporto di merci ed energia, sottraendo la scena alla Turchia e agli stretti del Mar Nero. Una moneta di scambio? La Croazia potrebbe ricoprire un nuovo ruolo all’interno del South Stream. La sua partecipazione verrebbe negoziata come moneta di scambio per lo JANAF conduttura attraverso la quale viene già trasportato petrolio dalla terraferma verso il Mar Adriatico - e il Terminal di Krk. Gli esperti stimano che non sarà molto costoso e complicato costruire il gasdotto. Non è da sottovalutare poi che sarebbe la via più breve per il gas verso l’Italia. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 9 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 intelligence La guerra per i terminal petroliferi di Ploce La società britannica Deltagrip ha deciso di bloccare i conti correnti della società petrolifera della Federazione BiH perché in ritardo con il rimborso del credito concesso per la costruzione dei depositi di stoccaggio. La società petrolifera di Stato o pagherà il suo debito o perderà i terminal... fulvia novellino D opo gli ultimi scontri tra la società britannica Deltagrip e la società che gestisce i Terminal petroliferi di Ploce della Federazione (NTF) , la dirigenza inglese ha chiesto il blocco dei conti per il mancato pagamento di un credito di 9,6 milioni di kune (1,248 miliori di euro). La controversia nasce dopo che l’Amministrazione della NTF ha chiesto un aumento del prezzo di locazione del deposito fino al 150 per cento, da 3,5 a 8 euro al metro cubo. Per gli inglesi, “Se la Federazione non paga il suo debito gli inglesi potrebbero chiedere il fallimento della NTF. Intanto è già partita l’offensiva diplomatica per la concessione dei visti” Terminal vs visti? La guerra dei terminal, dichiarata dalle lobbies inglesi in Bosnia per l’accesso al Mar Adriatico è già cominciata con l’offensiva diplomatica verso la Bosnia. E’ quanto dichiara Michele Altamura, direttore dell’Osservatorio Italiano, osservando come “l’intento è quello di chiedere un terminal sottobanco per concedere i visti a giugno, e far passare così in secondo piano il lavoro diplomatico dell’Italia”. L’ordine di Londra è non far avvicinare i russi a nessun terminal che porta verso l’Adriatico. 10 tale richiesta è stata definita inaccettabile perchè, come affermano, l’anno scorso è stato firmato un accordo che stabilisce un prezzo fisso per l’utilizzo nel deposito di stoccaggio di Ploce di circa 40 mila tonnellate di petrolio per cinque anni. Così, dopo che i britannici hanno rifiutato di pagare il prezzo più elevato, la dirigenza della NTF ha rifiutato la consegna dei prodotti del deposito. Deltagrip, di risposta, ha bloccato il pagamento dei canoni di locazione della NTF per il ritardo pagamento dell’ultima rata del rimborso del credito concesso per la costruzione dei serbatoi per prodotti petroliferi. Secondo informazioni non confermate citate dal quotidiano Poslovi, l’ungherese OTP Bank ha chiesto alla NTF di pagare circa 15 milioni di kune, mentre si è detta pronta a garantire l’intero importo sul conto della società. Tuttavia, vista la grave crisi economica che sta attraversando la Federazione della Bosnia Erzegovina, ci si chiede come la Società petrolifera di Stato, che controlla la proprietà dei terminal, potrà essere in grado di pagare tale somma. D’altro canto, se tale importo non sarà liquidato entro 60 giorni, i britannici potrebbero addirittura chiederne il fallimento. La società britannica da parte sua ha già notificato alla loro ambasciata in Bosnia Erzegovina sugli eventi di Ploce, onde avere subito un appoggio della politica britannica e velocizzare, eventual- osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico mente, le procedure di fallimento. Secondo alcune speculazioni, il debito potrebbe essere coperto dai russi, che mirano infatti a prendere la proprietà dei terminal. La scorsa settimana, di fatti, si è recato a Ploce Jurij Nikolajevic Belov, direttore della società per il commercio di prodotti petroliferi di Banja Luka, Optima, di proprietà della russa “Zarubeznjeft”. Jurij Belov a Ploce è stato accompagnato la scorsa settimana il serbo Nemanja Sutonja, direttore commerciale della società. Di fatti, per ampliare l’espansione commerciale e l’esportazione i russi hanno bisogno dei depositi di stoccaggio di Ploce, potendo con essi chiudere il cerchio del controllo del mercato petrolifero in Bosnia. I terminal petroliferi a Ploce, che ottengono ogni anno redditi per circa un milione di euro, hanno una capacità di 82 mila tonnellate, di cui circa la metà è sfruttata da Deltagrip (42 mila), accanto poi all’Ina (32 mila), mentre la slovena Petrol ha un accordo per lo sfruttamento di una capacità di 10 mila tonnellate. D’altro canto, l’eliminazione di Deltagrip come importatore andrebbe senz’altro a favorire Zarubeznjeft come esportatore, che potrebbe ottenere il sostegno dei politici di Sarajevo, dopo aver già conquistato quello di Banjaluka. Non bisogna infatti trascurare l’interesse dei russi per questa zona del territorio della Federazione, in quanto essa andrebbe a perfezionare non solo il piano di controllo del mercato energetico della Bosnia, ma anche della rete infrastrutturale che è direttamente connessa al gasdotto South Stream nei Balcani. Altrimenti non si spiegherebbe perchè Gazprom affianca la partecipazione della Croazia al gasdotto, allo sfruttamento congiunto dell’oleodotto Janaf o del terminal GNL dell’isola di Krk. E’ chiaro che i russi intendono interconnettere le infrastrutture esistenti in questa parte dell’alto Adriatico, essendo anche la via più breve per raggiungere l’Italia e il mercato europeo. Come sostenuto da molti, non è un segreto che la Croazia nei nuovi piani per la costruzione del gasdotto potrebbe avere un posto molto importante, perché ha lo JANAF, conduttura attraverso la quale viene già trasportato petrolio dalle raffinerie di Bosnia (Brod) e Serbia (PancevoNovi Sad) verso il Mar Adriatico, e non sarà molto costoso e complicato costruire il gasdotto. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Republika Srpska Il petrolio della Bosnia tra i siti archeologici Non vi sono dubbi che esistano grandi quantità di combustibili fossili nella pianura del nord della BiH, che anticamente apparteneva al Mar Panonio. Da forse l’interesse a scatenare una guerra in Jugoslavia? R isultati recenti, prodotti da una ricerca condotta dalla British Petroleum e dall’americana Amco, rivelano che soltanto nella zona della BiH esistono le più grandi riserve di petrolio in Europa, circa 500 milioni di tonnellate di petrolio e sono dislocate maggiormente nella zona della Erzegovina e nella regione di Posavina. Tuttavia, la conferma della presenza di grandi quantità di petrolio in BiH ce la fornisce la storia quando, durante l’impero Austro Ungarico sono state fatte delle ricerche trovando grandi depositi di bitume, che è petrolio degradato. Ricordiamo le storiche ricerche dal 1889 al 1915, svolti alla profondità di 130-140 metri e le prime tracce di petrolio dal 1929 al 1941, 44 perforazioni alla profondità di 50 metri fino a 2 chilometri. Inoltre sono stati creati 6 siti e prodotte 1000 tonnellate di petrolio dal 1948 al 1961 e in altri 45 siti con perforazioni ad una profondità che va da 250 metri fino a 1750 metri nel zone di Tuzla, Posavina e Semberia hanno registrato altre quantità di petrolio negli anni dal 1963 al 1973. Quattroperforazioni alla profondità di 1200 a 4200 metri nella zona della Bosnia del nord e a Dinaridi hanno rilevato altro petrolio tra il 1973 e il 1992. Nel 1992, una ricerca dell’AMCO, confermò il ritrovamento a Dreznica, vicino Tuzla, di 2,5 miliardi di barili di petrolio. Con quel petrolio la ex Jugoslavia poteva “comprare” la sua indipendenza. Dalla documentazione nell’archivio della Energoinvest di Sarajevo e della Raffineria Brod scopriamo che delle ricerche erano state già fatte nel periodo che va dal 1973 fino al 1991, con due progetti “Bosnia Nord” e “Dinaridi”, per i quali sono stati spesi 150 milioni di dollari. Sul primo tratto sono stati fatti 15 perforazioni della profondità di 2000, 3000 metri, alla ricerca di 50 milioni di tonnellate di petrolio, nella convinzione che si possa soddisfare il fabbisogno per i prossimi 30 anni con un guadagno annuale di 1 miliardo di dollari. Con il secondo si è scavata a 6000 metri con delle riserve di 500 milioni di tonnellate, per la quale la AMCO, realizzatrice del progetto, offre un contratto di divisione della produzione per 35 anni. Si comprende, quindi, che nella Bosnia del nord il petrolio si può trovare già ad una profondità di 3 o 4 chilometri mentre in Erzegovina si arriva a 6 km, dove l’ estrazione sarebbe più complicata e costosa. Disponendo di grosse quantità nei pressi di Tuzla, dove la profondità calcolata è di quattro o cinque chilometri, il governo della federazione vede di buon occhio la possibilità di proseguire le ricerche, per trovare giacimenti di 500 milioni di tonnellate di petrolio e di gas. Subito dopo la pubblicazione dei dati prodotti dalle ricerche da parte dell’ Istituto di Geologia di Tuzla - che prevedono le prime forniture di petrolio in BIH già tra 15 anni - sono arrivati gli esperti della SHELL dall’Inghilterra e dal Canada per esaminare i rilievi. Presenti anche i rappresentanti dell’azienda Tara-Drina di proprietà del miliardario malesiano Joseph Vilay Kumar, che mira alla zona di Posavina e di Erzegovina. Un aiuto per la ricerca e l’ estrazione del petrolio nella Federazione della BIH è stato offerto anche dal governo norvegese. Al concorso pubblico pubblicato dalla Energoinvest hanno risposto : “Transglobal Petroleum” (SAD), “Seed Rock”, “Longwiew Capital Partnersa” (Canada), “Delta Hydrocarbons” (Olanda), MOL (Ungheria) INA (Croazia) e British Petroleum (Gran Bretagna). Considerando la RS come “terra dei russi” per il fatto che la Raffineria di Brod è stata venduta ad una parte della azienda russa Zarubeznjeft e alla Neftgasinkor si è ridotta la possibilità che gli inglesi o gli americani possano accedere alle analisi del terreno, l`unico approccio rimastogli con quella terra sono le ricerche archeologiche. Infatti, negli ultimi 2 anni gli studenti dell’Università di Cambridge effettuano perforazioni del terreno nella Bosnia del nord prendendo i campioni di terra per le ricerche delle culture preistoriche analizzando vari strati di terra per studiarne la fossilizzazione. Continua così in silenzio la guerra per il petrolio tra Russia, Inghilterra e USA. La BIH resta in ostaggio dei politici locali ma anche delle multinazionali che da sempre incrociano i loro interessi economici su questa terra che rappresenta il cuore dei Balcani e anche la strada trasversale per i possibili oleodotti e gasdotti nel futuro. Biljana Vukicevic osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 11 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Corridoi paneuropei Corridoio 10: nascono le Autostrade della Serbia A solo un anno dalla sua fondazione, la società “Koridor 10-Corridoio 10” creata per la costruzione di circa 290 chilometri dell’autostrada paneuropea che attraverso la Serbia, sarà sostituita da una nuova società, la “Autoputevi Srbije-Autostrade della Serbia”. Tamara Mikic 12 I l Governo serbo ha deciso di estinguere la società “Koridor 10-Corridoio 10” per creare una nuova entità, la “Autoputevi Srbije-Autostrade della Serbia”, che dovrà realizzare parte dell’infrastruttura paneuropea che attraversa la Serbia. La nuova società sarà così liberata dai debiti del passato e dal pessimo lavoro fatto dalla “Putevi Srbije”, società che nel progetto originario aveva un ruolo di leadership, che adesso rimarrà senza alcuna giurisdizione. Essa è la terza consecutiva creata da Belgrado solo in un anno, a cui il Governo affida la costruzione della strada più importante della Serbia. Infatti, fino al febbraio dello scorso anno, per la costruzione del Corridoio 10 era stata creata la “Putevi Srbije”, ma a causa degli scarsi risultati raggiunti, il Governo ha istituito la società “Corridoio 10” (Koridor 10), il cui ruolo era quello di accelerare questo processo e renderlo più efficiente e trasparente. Adesso, un anno dopo, si chiude il “Corridoio 10” che avrebbe dovuto portare al completamento della costruzione della strada, per fare posto alla Autoputevi Srbije, che risponderà direttamente al Governo e sarà responsabile della pianificazione, dell’espropriazione e della costruzione delle autostrade in tutto il Paese. Autoputevi Srbije sarà quindi una società indipendente, non sarà gravata dalla pesante eredità di “Putevi Srbije” e questo dovrebbe portare ad un grande risultato, come afferma l’interlocutore del governo serbo al quotidiano Blic. “Se lo Stato da investitore incapace diventa capace, e se riesce in questo modo a completare il più importante progetto nazionale, che dovrebbe portare in Serbia circa un miliardo di euro, dimostrerà di aver rispettato i primi obiettivi posti dinanzi alla Autoputevi Srbije”, afferma la stessa fonte. Il processo di trasformazione della società sarà finanziato dalla Banca mondiale. Come riportato dal “Blic”, la “Putevi Srbije” sarà convertita in direzione, e c’è la possibilità che continui a svolgere come attività principale quella della manutenzione delle strade. A osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico tale scopo, è stato formato un comitato che creerà un piano d’azione per la riforma di “Putevi Srbije”. Uno sguardo al passato Non è chiaro perché finora nessuno della “Putevi Srbije” è stato sostituito o non ha risposto in alcun modo per gli scarsi risultati sul Corridoio 10. Era comunque già noto che con la Putevi Srbije non stavano facendo un buon lavoro, visto che è trascorso più di un anno per costituire una società che è stata successivamente estinta. I risultati sono stati devastanti: dei 250 chilometri di strade previsti, in un anno sono stati costruiti 47 chilometri. La costruzione di queste strade, che dovrebbero essere parte della rete pan-europea che collega l’Europa occidentale con il Medioriente, è iniziata ufficialmente nel 1997, quindi 13 anni fa. Nel frattempo ben pochi risultati concreti sono stati portati avanti. “Autoputevi Srbije sarà una società indipendente, non sarà gravata dalla pesante eredità del fallimento del passato” La costruzione del Corridoio 10 è stata definita nel 2008 il più importante progetto di interesse nazionale, motivo per cui il governo serbo ha istituito il Consiglio nazionale per le infrastrutture, guidato da Boris Tadic. I lavori per le strade più importanti che attraversano la Serbia sono stati coordinati da tre ministeri, il Ministeri delle Infrastrutture (SPS), del Piano Nazionale degli Investimenti (G17 Plus) e dal Ministero dell’Ambiente e del Territorio (DP), che appartengono ai tre partiti della coalizione di governo. Intanto, da settimane la coalizione di Governo sta esaminando le possibili responsabilità dei dirigenti di Putevi Srbije. Secondo il Consiglio Nazionale delle Infrastrutture, la maggiore responsabilità è di Zoran Drobnjak, direttore generale di tale società, il Presidente del Consiglio di Amministrazione Zoran Lilic, e della Direttrice del Settore per la progettazione e lo sviluppo Biljana Vuksanovic. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Vista aerea del tratto del Corridoio 10 della Serbia (Koridor10.Rs) Il tratto nord del Corridoio 10 Il primo compito della nuova società sarà proprio la costruzione del Corridoio 10, ossia quel progetto che in questi ultimi due anni non è stato portato a termine dalle due società. Tra le priorità, in cima alla lista vi è la costruzione del tratto settentrionale (sezione da Horgos a Novi Sad), che dovrebbe iniziare già nella settimana prossima. La data prevista per l’inizio della costruzione della tangenziale di Dimitrovgrad è stata fissata per il 14 aprile, ed entro la fine dell’anno si prevede di avviare la costruzione della strada che da Nis porta al confine bulgaro. Questo progetto include anche la continuazione della costruzione della tangenziale attorno a Belgrado, e alcune sezioni per la Fyrom-Macedonia. La costruzione dei 110 km di semi-autostrada sul corridoio 10 comprende la sezione di 28 chilometri dal confine a Horgos, la sezione dal 38simo al 98simo chilometro della strada Horgos-Novi Sad, così come la sezione fra Kelebija e Subotica. Secondo il contratto, la costruzione di queste sezioni avrebbe dovuto cominciare nel marzo di quest’anno, e in base alle condizioni del bando di gara, durerà un massimo di 22 mesi. Consorzio serbo il nuovo concessionario Saranno le aziende serbe del consorzio serbo Preduzece za puteve Beograd (Società delle strade di Belgrado) a costruire la corsia sinistra dell’autostrada del Corridoio 10 da Horgos a Novi Sad, della lunghezza di 110 chilometri. Il consorzio serbo, costituito da Preduzece za puteve Beograd, Putevi Uzice, Planum, e Borovica ha fornito la migliore offerta nella procedura di appalto. L’offerta è stata di circa 10 miliardi di dinari, con l’impegno a portare a termine i lavori di costruzione in 270 giorni ed un termine di pagamento di 30 mesi. La società Hidroelektra di Zagabria e la Vojput di Subotica hanno consegnato la seconda migliore offerta che prevedeva una spesa di circa 11,5 miliardi di dinari per 426 giorni di lavori e un termine di pagamento di 24 mesi. Il terzo partecipante alla gara, la società slovena Primorje, ha offerto di svolgere il lavoro in 590 giorni per circa 11,6 miliardi di dinari ed un termine di pagamento di 12 mesi. Presi in considerazione tutti i criteri, Preduzece za puteve Beograd si è aggiudicata la gara totalizzando 100 punti, il Consorzio Hidroelektra 79,85 punti, e Primorje 64,18. La costruzione dei 110 chilometri della semiautostrada del Corridoio 10 è stata divisa in più parti: la prima da Horgos a 28 chilometri dal confine, la seconda dal 38esimo al 98esimo chilometro, e la sezione da Kelebija a Subotice. La costruzione dei tre tratti avrebbe dovuto, da contratto, iniziare a marzo di quest’anno, e secondo i termini del bando di gara dovrà durare al massimo di 22 mesi. Mistero delle gare d’appalto Da notare che la prima tornata della gara d’appalto per la sezione dell’autostrada Horgos-Novi Sad è stata annullata perché l’offerta dell’impresa croata è stata trattenuta presso l’Ufficio del Governo fino alla scadenza del termine per la presentazione dei plichi. Secondo quanto scrive Blic, l’offerta dell’impresa croata di ingegneria civile “Hidroelektra” è stata inviata nei termini, ma non è arrivata nell’Ufficio del Ministro Milutin Mrkonjic, in quanto trattenuta presso la sede del governo serbo fino alla fine della chiusura del processo di gara. “L’offerta della società croata è arrivata al governo mercoledì mattina, ma nessuno l’ha portata al Ministro Mrkonjic”. Per questo la Hidroelektra ha protestato insieme con la ‘Vojvodina put’, tale che il Ministro delle Infrastrutture ha immediatamente annullato la gara. La fonte del Blic conclude quindi che “alla fine è stato detto la Hidroelektra ha desistito, ma qualcuno non ha fatto il suo dovere”. Cos’è il corridoio 10 Direttrice dei trasporti del SEE di notevole importanza in quanto permette di collegare l’Europa centrale con la regione balcanica, il Corridoio X segue il seguente percorco: Salisburgo - Lubiana - Zagabria - Belgrado-Nis-Skopje-Tessalonicco, per una lunghezza totale di circa 1.500 km, cui bisogna aggiungere quattro deviazioni di lunghezza variabile tra i 160 e i 730 km. Fruendo di questa favorevole collocazione geografica, il Corridoio n. 10 si pone in concorrenza sia con le vie di comunicazione marittime sul Mar Adriatico e fluviali interne, sia con il Corridoio n. 4 per quanto riguarda l’estensione del TransEuropean Network (TEN) in direzione dell’Asia e del Medio Oriente. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 13 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Progetti in cantiere Il Porto di Bar stenta a decollare Nessuna nuova offerta per la vendita di una parte del Porto di Bar, il Terminal container e carico generale, che aspettava la tanto richiesta offerta del consorzio serbo. Offerte che avrebbe dovuto fare il grande colpo, e garantire così alla Serbia uno sbocco sul mare, e la deposizione della ‘prima pietra’ del progetto italiano del Corridoio 11. Srebrenka Despotovic Croazia tra potenziali candidati Società ed investitori della Croazia che sono sempre più interessati alla privatizzazione del Porto di Bar, per giocare così d’anticipo sulla Serbia, che non ha ancora formulato un’offerta per il tender di gara. E’ stata infatti realizzata una ricerca finalizzata a capire in quale misura la privatizzazione del Porto di Bar e il suo miglior collegamento con l’interno della Serbia e dei Balcani potranno influire sui porti croati e altri porti regionali della costa orientale dell’Adriatico. La Croazia sarebbe infatti molto interessata a mantenere alto il livello dei trasporti attraverso tutti i suoi tre grandi porti e sarebbe disposta a chiedere la valutazione della cooperazione tra il Montenegro, la Serbia e l’Itala nel progetto del corridoio verso la Serbia. “Né le imprese serbe e né il Governo ha le capacità finanziarie per costruire contemporaneamente il Corridoio 10 (che porta a Salonicco) e il corridoio verso il Montenegro”, afferma la ricerca. 14 L a Commissione di gara per la privatizzazione del Porto di Bar (Luka Bar) apre le nuove offerte ricevute dopo l’annuncio del nuovo bando di gara, dopo che parte di esse sono andate deserte. Anche questa volta la gara per il 54,4 per cento della proprietà della società “Terminal container e carico generale” all’interno del Porto di Bar non ha ricevuto offerte, nonostante che i documenti di gara, che costavano circa 20 mila euro, sono stati acquistati da società famose provenienti da Filippine, Libano ed Emirati Arabi Uniti, così come dalla società di Belgrado BB Cargo, consorzio fondato nello scorso febbraio con il governo serbo al fine di partecipare alla gara per il Terminal container e Montekargo Podgorica. Mentre per la privatizzazione dell’85,4 per cento delle azioni “Montekargo” l’offerta è stata presentata dal consorzio rumeno “Grampet”, ad un costo di 1,65 milioni di euro. Per la società “Sicurezza e protezione antincendio” sono state presentate le offerte della società greca ICTS e del consorzio costituito da “Guardian” e “Guardian System” di Niksic. Per il 100 per cento della società “Pomorski poslovi-Affari marittimi” sono giunte le offerte della “Nimont” da Bar e il consorzio delle società “Ocean SRL” e “Interlog” di Trieste, rispettivamente di 640.000 euro e 2,15 milioni di euro. Inoltre, è stato annunciato che le offerte presentate saranno analizzate entro sette giorni, dopo di che si deciderà sul proseguimento della procedura di gara per la privatizzazione del Porto di Bar. La gara pubblica per la vendita del Porto di Bar, frammentato in diverse aziende, è stato pubblicato nel mese di ottobre del 2009, e prevede la vendita di tutto o parte del pacchetto azionario statale (con nel caso del Terminal) con una concessione a 30 anni e con l’obbligo ad investire negli impianti portuali. Il Terminal container del Porto di Bar, parte del percorso che da Bar porta a Belgrado e Budapest, è un corridoio strategico, relativamente inattivo e il suo valore diventerà evidente dopo. In questo contesto, sembrava essere la Serbia il candidato per eccellenza, vista la possibilità di ottenere uno osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico sbocco sull’Adriatico e una accesso ai traffici del mare aperto. Il Ministro delle Infrastrutture della Serbia, Milutin Mrkonjic, che assicura l’impegno delle imprese serbe. “I trasporti non tollerano alcun confine politico o rivalità regionale, i nostri imprenditori sono pronti a partecipare alla vendita del Porto di Bar, così come sono interessati italiani e portoghesi”, ha detto allora Mrkonjic. “Lo sbocco sul mare della Serbia è il Montenegro, e per questo ci hanno accusato di avere delle mire politiche, e ora si complimentano perchè non ci sono tanti interessati”, ha concluso. Ricordiamo che il governo serbo ha deciso, lo scorso dicembre, di accantonare circa 50 milioni di euro per partecipare alla gara d’appalto come partner di minoranza di un consorzio a partecipazione mista, guidato dal proprietario del gruppo MK, Miodrag Kostic, e partecipato anche dal magnate serbo della “Delta” Miroslav Miskovic. Intanto, secondo i media serbi, il consorzio fino al giorno della gara del 31 Marzo non era stato ancora definitivamente creato, e per tale motivo non è stato in grado di presentare un’offerta. Ufficiosamente però si apprende che il Governo del Montenegro, da parte sua, non considera questo epilogo particolarmente drammatico, e qualora non vi fossero degli investitori interessati, allora saranno aperti dei negoziati diretti per la ricerca di un partner strategico. Secondo gli analisti, le condizioni poste possono aver in qualche modo sfiduciato gli investitori, considerando che l’infrastruttura portuale ha un prezzo troppo elevato e ha un esubero di dipendenti. Per portarla al livello necessario per il suo sfruttamento e per la ricostruzione della ferroviaria, secondo gli esperti, non basteranno solo 350 milioni di euro, come invece sostiene il Ministro Mrkonjic. La ricostruzione della linea ferroviaria Belgrado-Bar, in linea con gli standard europei per garantire la velocità dei treni da 90 km all’ora, avrebbe un costo di almeno due miliardi di euro . Tratto che, accanto alla stessa Bar-Boljare unico buon collegamento del Porto con l’entroterra - potrebbe divenire la porta di accesso ai mercati dell’Europa sud-orientale dall’Adriatico. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Italferr: 300 milioni di euro per la ferrovia Belgrado-Bar La ricostruzione della linea ferrovia Belgrado-Bar richiede un investimento tra i 200 e i 300 milioni di euro, e non due miliardi di euro, secondo precedenti speculazioni. Lo ha reso noto il rappresentante della società italiana Italferr Laurent Franciosi, spiegando che non deve essere ripristinata l’intera linea ferroviaria, visto che è stata mostrata troppo costosa e un inutile rischio, ma si devono riparare alcune delle sue parti, in modo che la velocità media sarà di 100 chilometri all’ora, invece degli attuali 40 km. Secondo lui, l’obiettivo è quello di garantire dei tempi di percorrenza tra Belgrado a Bar di un massimo di cinque ore, per una lunghezza di 450 chilometri, trasportando sette milioni di tonnellate di merci all’anno, oltre i passeggeri, sino al 2030. Le parti più critiche della linea ferroviaria sono le zone montuose tra la Serbia e il Montenegro. I fondi per la ricostruzione della ferrovia saranno forniti dalle istituzioni finanziarie internazionali, e probabilmente anche dal Governo italiano. Progetto Italbank: trasporti e logistica per la cooperazione Nasce in questi giorni a Trieste il progetto di “Italbalk”, progetto di cooperazione interregionale su logistica e trasporti nell’ambito dei rapporti Italia - Balcani. Del valore di circa 1,8 milioni di euro, Italbalk è parte del programma di sostegno alla Cooperazione regionale, coinvolge Albania, Serbia e Montenegro ed è stato finanziato dal ministero dello Sviluppo economico e promosso da quello degli Affari esteri. Le Regioni italiane coinvolte nel progetto sono Campania, in qualità di capofila, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia. Italbank si inserisce nel quadro dell’Accordo firmato dal Governo italiano e quello serbo, volto al rinnovamento della linea ferroviaria BarBelgrado, a cui l’Italia ha partecipato con 1,5 milioni di euro. Soggetti attuatori di “Italbalk” sono LOGICA-Agenzia campana di promozione della logistica e del trasporto merci, INFORMEST, ITL-Fondazione Istituto dei Trasporti e della Logistica e l’Autorità portuale del Levante e dipartimento dei Trasporti della Sicilia. BarBelgradoTimisoara: un progetto italiano Il porto di Bar, terminal carico merci Esiste una potenziale linea di collegamento diretto tra l’Italia ed il Sud Est Europeo attraverso l’Adriatico, ed è il progetto del Corridoio 11, tratto ferroviario e autostradale che unisce Timisoara, attraverso Vrsac, Belgrado, Cacak, Pozega, Podgorica, al porto di Bar e poi via mare attraverso l’Adriatico sino al porto di Bari. Si stima che ben uattro paesi dell’Unione Europea lo useranno. Molte imprese del Sud d’Italia operano in Romania e questo sarà il loro collegamento più breve con Timisoara, nonché con Bulgaria e Ungheria. Capofila di tale iniziativa resta il Governo italiano che, in collaborazione con le aziende serbe, avrebbe intenzione di acquistare il Porto di Bar o comunque di partecipare in qualche modo alla sua realizzazione. Molte sono le entità interessate, soprattutto italiane, a creare una cooperazione con la direzione portuale di Timisoara per costruire il Corridoio 11, in conformità con gli standards tecnici del settore dei trasporti e delle altre organizzazioni della rete di trasporto, e collegare così il Porto di Bar.Il progetto di fondo è creare un consorzio dedicato alla promozione delle imprese di logistica italiane, come “spina dorsale” del sistema italiano all’interno del mercato internazionale. Un progetto questo che è stato esaminato già tre anni fa, nel quadro dei piani di Roma volti a stabilire una cooperazione stabile con la regione dei Balcani, con Russia e Cina. L’obiettivo del progetto era la realizzazione di collegamenti di diverse soluzioni per la Bar-Belgrado-Timisoara, visto l’obbligo di attraversamento del Danubio e dell’esistenza di un altro progetto, ossia il Corridoio 10, al fine di creare nuove relazioni tra il porto e la zona meridionale dei Balcani. Inoltre, l’iniziativa italiana prevede un coordinamento tra i partner imprenditoriali dei paesi interessati, i suoi omologhi dei Balcani e il Governo del Montenegro. Il Corridoio 11 prevede la costruzione dell’autostrada, la ricostruzione della ferrovia Boljare-Belgrado e l’acquisto del Porto di Bar. Le analisi hanno mostrato che la parte più costosa è la strada da Belgrado a Cacak. Attualmente stiamo portando avanti dei progetti per questa tratta. Quest’anno saranno investiti inoltre 200 milioni di euro per la strada Beograd-Ljig, mentre gli italiani sono interessati ad una parte della strada verso il confine con la Romania. I funzionari serbi stimano che occorrono circa 200 milioni di euro per la ricostruzione e l’elettrificazione della linea ferroviaria attraverso la Serbia, e circa 100 milioni di euro attraverso il Montenegro. Tali stime sono state confermate anche dallo studio di fattibilità della società italiana “Italferr”, che ha ricevuto mandato dal Governo italiano, che ha stanziato un milione di euro per la valutazione del progetto. FN osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 15 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Bosnia Erzegovina Anno decisivo per il Corridoio Vc Autostrada del Corridoio Vc che attraversa Podlugovi Srebrenka Despotovic 16 I l Ministro dei Trasporti della Bosnia ed Erzegovina ha annunciato l’impegno del Governo nella costruzione di diverse strade nella Bosnia ed Erzegovina nel corso di quest’anno. I progetti rientrano nell’ambito del Corridoio VC, che si estende attraverso la Bosnia-Erzegovina, da sud a nord, collegando Ploce con Sarajevo e Osijek (percorrenza di circa 340 km). Il progetto sarà realizzato dal Ministero federale dei Trasporti e delle Comunicazioni attraverso la Direzione federale per la Costruzione, la Gestione e la Manutenzione delle autostrade e strade a rapido scorrimento. Come reso noto, il Governo bosniaco sta preparando la documentazione e sta lavorando per garantire il finanziamento di un totale di 130 chilometri di strade principali nella Bosnia ed Erzegovina. La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, assieme alla Banca europea per gli investimenti, hanno approvato per la Bosnia-Erzegovina un finanziamento di circa mezzo miliardo di euro per la realizzazione dei quattro tratti del Corridoio Vc. Ricordiamo inoltre che lo scorso novembre la Bosnia-Erzegovina e il Kuwait hanno firmato un accordo per un prestito per il Progetto della costruzione dell’autostrada Kakanj-Donja Gracanica, del valore di 30 milioni di euro con un periodo di rimborso di 25 anni, un periodo di “grazia” di cinque anni e l’interesse del due per cento. Il Ministero ha ricordato che sono stati già prelevati prestiti da BERS, BEI e Fondo del Kuwait per lo Sviluppo economico per 180 milioni di euro, 75 milioni di euro e 30 milioni di euro , che si aggiungono poi ad un altro prestito chiesto alla BEI di 240 milioni di euro, per un totale pari a 525 milioni di euro, ha sottolineato il Ministro. Egli ritiene che 120 chilometri della strada attraverso la BH potrebbe essere costruita nei prossimi tre anni, che osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico rappresentano un terzo della sua lunghezza totale. “Quest’anno è un anno di crocevia, in cui possiamo fare un passo in avanti per la costruzione dell’autostrada, per la ricostruzione delle ferrovie e di altri investimenti di capitale pubblico”, ha spiegato il Ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni della FBIH, Nail Seeckanovic. I lavori prevedono la costruzione di quattro tratti autostradali (Svilaj - Odzak, Zenica - Kakanj, Vlakovo - TarcSin e Bijaca - Pocitelj) per una lunghezza di 66 chilometri. “Non possiamo finire tutto in quest’anno - ha detto Seckanovic - ma inizieremo i lavori che contiamo di terminare entro due o tre anni”. La Federazione annuncia nuovi bandi di gara La Federazione BiH annuncerà presto le nuove gare d’appalto nell’ambito del corridoio Vc, per il progetto della strada principale a scorrimento veloce lungo il fiume Lasva e il fiume Bosna fino a Travnik, per una lunghezza di 25 km. Si aspetta anche l’annuncio del tender per la costruzione del progetto preliminare della sezione dell’autostrada AdriaticoIonica attraverso la Erzegovina dalla lunghezza di un centinaio di chilometri, nonché del bando di gara per la costruzione del progetto principale per l’autostrada del Corridoio Vc da Trcin, attraverso Jablanica, sino a Konjic, della lunghezza totale di 35 chilometri, e della sezione da Orasje a Brcko, della lunghezza di 20 chilometri. Il Governo ha stanziato 122 milioni di KM, di cui una parte, circa 70 milioni, dovrebbe essere impiegata per l’espropriazione dei terreni sulle sezioni dell’autostrada del Corridoio 5C, e il resto dei soldi sarà utilizzato per il pagamento dell’IVA, per i margini del fiume Bosna, per l’introduzione del sistema di pedaggio e la progettazione di altri edifici connessi all’autostrada. Il Vc passerà per Mostar L’autostrada del Corridoio Vc da Svilaj a Bijaca dovrà passare per Mostar, Blagaj e Pocitelj. Lo ha il Ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni della BIH, Rudo Vidovic, aggiungendo che la strada sicuramente sarà costruita in modo da rendere raggiungibili da Nord Mostar e Pocitelj. Spiega che per le sezioni lunghe circa 65 chilometri, cioè SvilajOdzak, Drivusa-Donja Gracanica, Vlakovo-Tarcin e Zvirovici-Bijaca sono già assicurati i fondi necessari, è stata completata la documentazione dei progetti e la revisione. “In questi giorni ci occuperemo di esaminare la documentazione dei costruttori e i parametri per l’avvio della gara internazionale”, ha dichiarato Vidovic. La costruzione dell’autostrada deve passare attraverso Bijaca e Zvirovic e verso Pocitelj perché Bijaza sarà praticamente sulla frontiera con la Repubblica di Croazia. Zagabria potrebbe terminare i lavori sul suo versante a Giugno dello prossimo anno. L’accordo interministeriale obbliga la BIH ad accelerare i lavori sopratutto nella zona più vicina alla frontiera. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Republika Srpska Gassificazione, infrastrutture e trasporti: i nuovi investimenti Tra le priorità del Governo della Republika Srpka restano le infrastrutture dei trasporti, la realizzazione di centrali idroelettriche per sfruttare il potenziale energetico ed idrologico della Bosnia, e la gassificazione del territorio. C on l’adozione della legge sulla pianificazione del territorio, con il Piano Regionale e il Progetto del sistema unico d’informazione, la RS andrà ad occupare una posizione leader nel campo della pianificazione del territorio in Bosnia Erzegovina. Lo ha affermato il Primo Ministro della RS Milorad Dodik, spiega che il Governo della Republika Srpka ha investito solo nel 2006 nel restauro, costruzione e ammodernamento delle infrastrutture dei trasporti circa 670 milioni di KM, quasi tre volte di più dell’importo investito nel periodo dal 2002 al 2006. Annuncia inoltre che il Governo della RS presto prenderà in considerazione i progetti per la costruzione di piccole centrali idroelettriche, accanto alla costruzione di tre delle sette centrali idroelettriche sul fiume Bosna, e di tre centrali idroelettriche sul fiume Bistrica, così come i lavori preparatori per la centrale idroelettrica Ulog, per cui è già stata rilasciata una concessione. Altro obiettivo strategico del Governo della Srpska è la gassificazione, da cui deriva lo sviluppo di altri settori industriali, nonchè di una nuova forma di energia per la costruzione di sempre più grandi centri urbani nella RS. “Con i partner russi abbiamo concordato che nell’ambito del progetto South Stream, il ramo del gasdotto che collega la RS deve passare ad una fase operativa superiore, con la redazione di uno studio di fattibilità che sarà parte di un business plan integrato. Il progetto di gassificazione è di importanza nazionale per la RS, ma anche un’occasione unica che la RS e la Bosnia-Erzegovina diventano un paese di transito, come la Serbia e la Croazia”, ha sottolineato il Primo Ministro di RS. Per quanto riguarda i trasporti, prioritaria la costruzione dell’aeroporto di Trebinje, per il quale è stata preparata parte della documentazione di pianificazione, lo studio di fattibilità, nonchè ha stanziato 1,6 milioni KM per la progettazione . Interessati a Trebinje imprenditori dalla Russia, ma anche altri investitori dell’Europa Occidentale. Le autostrade della RS Tra gli obiettivi vi è il completamento della costru- zione dell’autostrada Gradiska-Banja Luka, che è prevista nel mese di agosto di quest’anno, accanto poi al secondo grande progetto infrastrutturale dell’autostrada Banjaluka-Doboj, della lunghezza prevista di 72 chilometri. L’accordo di concessione è stato già firmato con la società austriaca Strabag, mentre ricadrà sul Governo la risoluzione delle questioni dei diritti di proprietà e l’elaborazione della documentazione del progetto. Dodik ha ricordato che le pratiche delle proprietà su questo punto sono praticamente alla fine, del valore stimato di 489 milioni di euro. Secondo le sue parole, lo svincolo di Mahovljani è un altro progetto importante e rappresenta la congiunzione dell’autostrada Gradiska-Banjaluka e Banja Luka - Doboj. L’opera sarà finanziata dai fondi di prestito della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) per 21 milioni di euro, e della concessione della Commissione europea di cinque milioni di euro. Dodik ha affermato quindi con certezza che quest’estate saranno avviati i lavori sull’autostrada, tenendo presente che in autunno vi saranno le elezioni. Di parere contrario la Strabag la quale afferma che non esiste alcuna possibilità che le opere inizino in estate, proprio a causa della problematica documentazione del progetto. Secondo le affermazioni di Strabag, la documentazione presentata dalla IGH in dicembre (a quanto pare con diversi mesi di ritardo) “solo in parte risponde alle esigenze del progetto”, per cui “occorre apportare modifiche e integrazioni fino a quando la documentazione non sarà conforme alle norme della Rs”. Per questo è irrealistico aspettarsi che la costruzione dell’autostrada possa iniziare in estate. Secondo alcune speculazioni non ufficiali, Strabag sta chiedendo alla IGH di abbassare il prezzo della costruzione della autostrada, che ammonta a circa 500 milioni di euro. Il Ministro Cubrilovic ha recentemente dichiarato che la strada Banja Luka-Doboj dovrebbe costare tra i “340 e 500 milioni di euro”. Il progetto dovrà essere approvato dalla Società pubblica “Putevi Republike Srpske”, diretta controparte del contratto di progettazione, che dunque non è la Strabag. Srebrenka Despotovic RWE guarda alle centrali sulla Drina Il gigante energetico tedesco RWE ha confermato interesse per la costruzione di una centrale idroelettrica sulla Drina. “I funzionari della Republika Srpska, già da più di un anno, sono impegnati in negoziati con la tedesca RWE, una delle più grandi aziende europee per la produzione e distribuzione di prodotti energetici e di elettricità”, precisa una nota del Governo della RS. Secondo gli annunci precedenti, RWE è pronta a investire oltre un miliardo di euro nella costruzione e nella rivitalizzazione delle centrali idroelettriche e termiche e sulla costruzione di reti di trasmissione e vendita di energia elettrica nella Repubblica Srpska. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 17 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Croazia Le regole di Bruxelles per i cantieri navali croati La ristrutturazione dei cantieri navali croati si è scontrata, con la grande delusione del Governo della Croazia, contro le norme della Comunità Europea che vietano gli aiuti alle aziende e a quei settori dell’economia che sono in difficoltà, se ciò comporta un notevole vantaggio rispetto agli altri concorrenti. Tale ostacolo, ha indotto la Croazia a prendere un’unica decisione, quella della privatizzazione. Mirna Popovic 18 L a legge 87 dell’Accordo di Bruxelles, vieta espressamente i Governi dei Paesi membri di fornire aiuti alle aziende e a quei settori dell’economia che sono in difficoltà, se ciò comporta un notevole vantaggio rispetto agli altri concorrenti. Ciò sta a significare che o si rimane in vita perché si è capaci di sostenersi da soli oppure si crolla. Questa problematica tocca in particolar modo il settore dei porti navali croati che non riescono ad adeguarsi ai parametri previsti dall’Unione Europea. Bisognerebbe soddisfare due requisiti importanti: il primo riguarda la ricostruzione dei porti, che darebbe alla Croazia un grande slancio nel progresso economico, mentre il secondo le procedure, visto che il Governo croato non soddisfa i parametri dell’Unione Europea. Tutto sembra essere però nelle mani del Governo, infatti, il blocco di alcuni capitoli dell’Accordo sulla ricostruzione delle aziende, si protrae da diversi anni. “É stato già fatto con le ferrovie e adesso è arrivata l’ora dei porti navali, che sono molto importanti non solo per il Paese, ma anche per orizzonti più lontani. La stessa sorte sta toccando all’industria delle automobili”, affermano. Alcuni paesi probabilmente non sosteranno il Governo croato, visto che il PIL cala del 0,5%, mentre in altri è sopra la media, e spesso di dimentica che con minor ostruzionismo, si registrerebbero dei risultati migliori, dando la possibilità ai Governi di aiutare le imprese a modernizzare il settore, come quello dell’elettricità. Ovviamente sono molte le implicazioni di tale problematica su cui si potrebbe disquisire all’infinito, come i rischi legati alla dipendenza del privato rispetto allo Stato, i fenomeni di clientelismo e improduttività delle imprese, l’inefficienza esasperata. L’equilibrio che si è cercato di creare nel corso degli anni, è stato cancellato dalla crisi economica che ha colpito tutti i Paesi del mondo. L’aiuto del Governo viene autorizzato solo se si soddisfano determinati criteri, che aiutano l’economia a rimettersi in moto, modificandola se necessario, ma solo una volta e per progetti credibili che presentano solide basi. Sono elementi che mancano alla Croazia per poter osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico realizzare i progetti prefissati. Per cui, la collaborazione tra i porti navali e il Governo dovrà finire e ogni altro investimento dovrà assicurare una duratura stabilità dei porti, cosa che, in una situazione così difficile, è impossibile realizzare senza ricorrere ai tagli, cioè chiusure e licenziamenti. I piani del passato si sono rivelati inadeguati e non basati su quello che realmente il Paese offriva, in particolar modo, perché nell’ultimo periodo la crisi economica si è fatta sentire notevolmente. In tal senso, la legge “Nessuno dirà la verità sul perchè è stata chiesta la privatizzazione della Croazia, scelta fatta per la ricostruzione e per obbedire alla Commissione di Bruxelles” dell’Accordo 87 non considera gli shock esterni o la destabilizzazione politica: questa è una dura realtà, che il Governo della Croazia dovrà affrontare. I criteri posti dall’Unione Europea sono stati espressi dall’economista Neelie Kroes, che ha affermato, nonostante la situazione in cui versa la Croazia: ”Dovete avere meno aiuti statali, che si concentrano di più sulla qualità”. La prassi vuole che il 93% dei supporti nell’Unione Europea vengano posticipati, nel caso di aziende in stato problematico. Una prima situazione di emergenza si è venuta a creare con il collasso bancario, quando il Governo ha deciso di elargire un enorme aiuto alle banche. Successivamente, tale criterio, è risultato un fallimento, e molti si sono ripromessi che sarebbe stata “la prima e l’ultima volta”. Non si può nascondere che ci sono notevoli pressioni e compromessi da parte dei politici che hanno generato un atteggiamento freddo da parte della Commissione Europea che, di conseguenza, ha trovato i punti deboli di questi progetti ben confezionati. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Il cantiere navale ‘3 Maggio’ di Fiume La nuova gara d’appalto Dopo il fallimento della prima gara d’appalto per sei cantieri, viene ripubblicato il tender per i soli quattro cantieri navali più grandi della Croazia, con un prezzo di partenza di 1 kuna, a fronte della sottoscrizione di obblighi di investimento e di mantenimento della produzione e della manodopera. Il termine per la presentazione delle offerte della privatizzazione dei cantieri navali è stato fissato al 19 maggio al fine di garantire più tempo ai potenziali investitori. Il Governo sarebbe disposto, in circostanze speciali, a vendere per una kuna la quota maggiore (95,24%) “Brodotrogir” , ma anche il 99,54% di “Kraljevica”, il 83,32% di “3 Maggio” di Fiume e il 99,78% dell’industria navale di Spalato. Per ora però, il capitale di base del cantiere navale “Brodosplit-Brodogradiliste specijalnih objekata” (Brodosplit è il cantiere navale degli oggetti speciali) si venderà al prezzo iniziale di 18,16 milioni di kune (2,5 milioni di euro), mentre il prezzo iniziale della quota di maggioranza (59,25%) del “Uljanik” di Pola è di 397,49 milioni di kune (54,7 milioni di euro). Il costo per la ristrutturazione di questi importanti cantieri navali ammonta a 2,5 miliardi di euro, somma che al momento la Croazia non può sopportare, ragion per cui è alla ricerca di un partner strategico. Piano B per il ‘3 Maggio’ di Fiume Il Ministero dell’Economia sta prendendo in considerazione la proposta dei lavoratori sulla possibilità di salvare il cantiere con un piano alternativo, qualora non avrà successo la seconda tornata di privatizzazione. Gli autori del piano B detto “3 Maggio ai lavoratori” prospettato dai lavoratori al Ministro prevede la possibilità della creazione di un Brodotrogir Kraljevica 3 Maggio Brodosplit Brodogradiliste specijalnih objekata Uljanik Pola 95,24% 99,54% 83,32% 99,78% 100% 1 kuna 1 kuna 1 kuna 1 kuna 2,5 milioni di euro 59,25% 54,7 milioni di euro business plan sostenibile. Il piano prevede che lo Stato, in quanto proprietario, si faccia carico della ristrutturazione e riabilitazione dei cantieri navali, lasciando ai lavoratori la gestione del cantiere i quali istituirebbero un’amministrazione professionale. Dunque, i lavoratori rileverebbero il cantiere a fronte dell’obbligo di mantenere il livello di produzione per un periodo di cinque anni pari a quello di successo dei cantieri navali europei della stessa tipologia, con gli stessi aiuti di Stato che l’Europa concede. Il cantiere non è stato mai ristrutturato completamente, ma porta con sé delle perdite che creano sempre nuove perdite. Considerando che lo Stato ha riconosciuto che il debito del cantiere che incombe sulla proprietà sequestrata e sui beni marittimi sequestrati, pari a 3,2 miliardi di kune, è maggiore del debito del cantiere navale, che è 2,4 miliardi kune, dopo la parificazione dei due importi, il cantiere potrebbe essere in grado di operare positivamente. La ristrutturazione, secondo i sindacati, potrebbe essere svolta attraverso la razionalizzazione e il risparmio dei costi, con la regolamentazione del personale in esubero. Proposta coreana Le società coreane Aker , Hyundai, Daewoo e Samsung hanno di nuovo mostrato un grande interesse per l’acquisto di tutti i cantieri croati, ma a due condizioni. La prima condizione è che nel cantiere navale si lavora in tre turni, tutti e sette giorni alla settimana e tutti i 365 giorni nell’anno. La seconda è che i salari nel cantiere navale croato non possono essere superiore a quelli che ricevono i lavoratori nei cantieri navali coreani. La società è tuttavia disposta ad assumere la ricostruzione tecnologica dei cantieri navali croati. Per quanto riguarda BSO e “Brodosplit” in generale, i coreani sono interessati ad un programma di costruzione di piccole navi per passeggeri, alla costruzione del bulk carrier, di sottomarini turistici e delle piattaforme off-shore, in considerazione del fatto che il cantiere navale di Spalato conosce la tecnologia di saldatura che è necessaria per la costruzione delle piattaforme. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 19 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 serbia Il credito milionario di Mosca per le aziende russe ? Dopo tante speculazioni e annunci patriottici sull’intervento dei russi come ancora di salvezza, cominciano a venire i nodi al pettine. La parte russa è sempre più interessata ad essere parte attiva nei lavori di intervento per la ristrutturazione della ferrovia Boljare-Belgrado e al progetto della metropolitana della capitale. fulvia novellino I francesi e la metro di Belgrado La Egis Group ha presentato una richiesta di interesse alla supervisione e la costruzione delle autostrade della Serbia, mentre la “Alstom” potrebbe essere coinvolta nella progettazione e nella ricostruzione delle Ferrovie. Le società francesi sono pronte a costruire una metropolitana a Belgrado secondo il sistema “chiavi in mano”, ma anche a partecipare alla ricostruzione delle ferrovie e il completamento del Corridoio 10. La Francia si è detta inoltre disponibile a fornire un contributo finanziario di 460.000 euro per il controllo del progetto dei ponti in Serbia. L’assistenza e la tecnologia francese, secondo le parole il Ministro delle Infrastrutture Milutin Mrkonjic, saranno un prezioso contributo per il progetto di ricostruzione delle ferrovie. “Per il corridoio ferroviario 10 abbiamo bisogno di un totale di 4,6 miliardi di euro, ma anche di una nuova tecnologia per poter viaggiare ad una velocità di 160-220 chilometri orari, nonchè di linee ferroviarie elettrificate per tutta la sua percorrenza”, ha detto Mrkonjic. 20 E ’ stato firmato il 7 aprile a Mosca il contratto di prestito russo di 200 milioni di dollari, approvato in favore della Serbia volto a sostenere il bilancio e finanziare il disavanzo pubblico. Firmatari del documento, il Ministro delle Finanze della Serbia Diana Dragutinovic e il Vice Ministro delle Finanze della Federazione Russa Dmitri Pankin, parte del prestito russo di circa un miliardo di dollari, disciplinato dall’accordo di principio del 20 ottobre dello scorso anno, in occasione della visita ufficiale del presidente russo a Belgrado e il suo incontro con il Presidente serbo Boris Tadic. Il prestito, destinato al sostegno del bilancio della Serbia e al finanziamento del deficit, avrà un tasso di interesse annuo determinato su base libor per i depositi in dollari a sei mesi, più il 2,95 per cento, come annunciato dal Ministero delle Finanze della Serbia. Diana Dragutinovic ha precisato che il termine per la restituzione del prestito è stato fissato per la fine del 2021, mentre il periodo di grazia durerà fino al marzo del 2012. Tutte le condizioni e le spese poste porterebbero a raggiungere un tasso d’interesse del 3,40, ritenuto da Belgrado molto favorevole rispetto ad altri ottenuti per il finanziamento del disavanzo di bilancio nel mercato finanziario nazionale. La seconda parte del credito sarà stanziato per il finanziamento delle infrastrutture, ha spiegato Dragutinovic, aggiungendo che la disponibilità dei fondi dipende da Belgrado stessa, ma che in generale sono rivolti a soddisfare un interesse comune. Essi infatti ricadono nell’area dell’infrastruttura ferroviaria, e sono ripartiti in quattro macroprogetti, sui quali le trattative inizieranno nel mese di maggio. In particolare, una parte del prestito sarà destinata alla costruzione della stazione ferroviaria di Prokop a Belgrado, l’elettrificazione della ferrovia Nis-Dimitrovgrad, così come la costruzione della ferrovia Valjevo-Loznica, la tangenziale attorno a Belgrado da parte Orlovaca - Bubanj Potok e la strada Belgrado - Cacak. Secondo fonti di Belgrado, le imprese russe sicuramente parteciperanno a tali progetti, però si sta discutendo anche della possibilità di partecipazione degli operatori locali. Così, dopo tante speculazioni e annunci patriottici sull’intervento dei russi come ancora di salvezza, cominciano a venire i nodi al osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico pettine. Infatti la parte russa pare abbia chiesto che le aziende di Mosca lavorino alla ristrutturazione della ferrovia e al progetto della metro, la cui lunghezza prevista è di 14 chilometri e di cui solo 7 rientrano nella prima fase dei lavori. Per il budget d’investimento 30 milioni di dollari derivano dal credito russo, cifra che corrisponde al 2-4 per cento massimo, del valore complessivo della metro. “Le aziende russe parteciperanno alla gara d’appalto di acquisto da parte del comune di Belgrado dei filobus russi - ha detto il Ministro del Commercio russo “Firmato il contratto per il prestito di 200 milioni di dollari. Presto inizieranno i negoziati per i restanti 800 milioni. La partecipazione delle imprese russe resta una condizione” Mihailo Visegordec - esse sono pronte a consegnare dei veicoli a basso costo, in versione modernizzata e già operanti sulle strade di Belgrado”. L’interesse della Russia non si estende ad un solo progetto, ma ad una lunga serie di piani infrastrutturali, come la costruzione di due ponti, la realizzazione della ferrovia e la ricostruzione dell’ infrastruttura stradale. Ciò anche in considerazione della debolezza economico-finanziaria di Belgrado, che non è in grado di agire da sola perché non dispone di mezzi propri e adeguati per far fronte ad una situazione così particolare, e per tale motivo ha aperto le sue porte alle più disparate cooperazioni. Altri analisti credono che la Russia stia facendo un gioco ben calcolato, considerando che quel colossale prestito di 1 miliardo di dollari per la Serbia, all’improvviso si è trasformato in investimenti russi: accanto al ritorno di immagine nel popolo serbo, come partner principale di Belgrado, Mosca avrà anche un reale ritorno economico. Un obiettivo che nelle prime fasi dei negoziati era stato camuffato da parole e promesse, per poi venire alla luce con clausole e nuove condizioni, sempre più sottili. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Telekom Srbija in vendita Il Governo serbo annuncia la vendita del 40 per cento delle azioni della Telekom Srbija mediante una gara d’appalto. In cima alla lista dei possibili partner la Deutsche Telekom, che già detiene il 20 per cento della società mediante la greca OTE. I l Governo serbo ha annunciato la vendita del 40 per cento delle azioni della Telekom Srbija mediante una gara d’appalto. Il progetto di legge prevede che venga istituito un fondo speciale di bilancio in cui confluiranno i fondi provenienti dalla vendita delle azioni di Telekom che saranno investiti in progetti di infrastruttura. “La Telekom sarà venduta in gara. Sono dell’opinione che una parte della società dovrò essere venduta adesso e che la seconda parte resterà di proprietà dello Stato”, ha detto il Premier Mirko Cvetkovic . Lo Stato serbo, attraverso la PTT Srbija è il proprietario dell’80 per cento di Telekom Serbia, mentre il 20 per cento resta di proprietà della società greca OTE, il cui il proprietario di maggioranza è Deutsche Telekom . A tal proposito, le autorità di Belgrado hanno tenuto a precisare che il gigante tedesco non avrà il diritto di prelazione, in quanto le azioni saranno comunque vendute durante la gara. Gli analisti ritengono che non ci sarebbe da stupirsi che alla gara appaiano anche offerte di società come France Telecom , Orascom e Telefonika, perché si tratta di una società serba che ha significative attività commerciali nella regione (Serbia e Montenegro). Ci si chiede anche cosa accadrà se per l’acquisto della Telekom Srbija entrasse la norvegese “Telenor” che ha ricevuto la licenza come secondo operatore di telefonia fissa, e se questo dovesse significare di nuovo monopolio sulla telefonia fissa. Per quanto riguarda il valore della transazione, il costo preventivo della “Telekom Srbija” dovrebbe aggirarsi intorno a 3,5 miliardi di euro. Lo rende noto il quotidiano “Politika”, spiegando che il prezzo finale per l’intero acquisto di Telekom viene stimato intorno a 3,2 miliardi di euro, ma il Governo serbo aprirebbe il tender con un prezzo di offerta superiore, per esempio 3,5 miliardi di euro, il che significa che sul 40 per cento delle azioni di Telekom, il Governo guadagnerebbe 1,4 miliardi di euro. Se fosse avviato il processo d’asta con un numero significativo di aziende interessate alla Telekom, in questo caso, il prezzo iniziale di 3,5 miliardi di euro potrebbe arrivare fino a 4,5 miliardi di euro. In questo caso i cittadini della Serbia deterranno il 5% delle azioni della Telekom. L’idea di vendere il 40 per cento della società di telecomunicazioni serba giunge dal Governo, dopo che la dirigenza della società ha stimato che nel medio termine non sarà in grado di far fronte agli impegni finanziari né alle sfide tecnologiche per lo sviluppo della concorrenza, cercando così una partnership da alcune imprese più forti che si occupano di telecomunicazioni. Il Ministro delle Telecomunicazioni e società dell’informazione Jasna Matic ha sottolineato che la decisione della vendita della Telekom Srbija non è stata dettata da esigenze di “bilancio pubblico”, ma dalla volontà di creare un quadro istituzionale e normativo, che consenta il funzionamento del mercato delle telecomunicazioni. “E’ stata così formata l’agenzia di regolamento delle telecomunicazioni, e abbiamo anche leggi e statuti che ci permettono questo”, ha ricordato. La liberalizzazione dei mercati consentirà di dare la licenza ad un altro operatore per la telefonia fissa, consentendo di accedere ad un passaggio successivo, che è la privatizzazione di “Telekom”, ha spiegato Maric. A suo parere, è giunto il momento di investire intensamente nel settore delle telecomunicazioni e per questo è necessario un investitore strategico, perché la Serbia da sola non sarebbe in grado di investire quanto necessario per tenere il passo con i paesi europei. Inoltre, per evitare di ripetere gli errori sul reinvestimento del denaro recuperato dalla vendita di Telekom del 1996 e di Mobtel del 2006, è stato raggiunto un accordo tra il Presidente Boris Tadic, il Primo Ministro Mirko Cvetkovic e il leader di G17 Plus e dell’SPS, Mladjan Dinkic e Ivica Dacic, affinchè i soldi della vendita del 40 per cento delle azioni di Telekom saranno messi in un fondo separato e in gran parte saranno spesi per completare la costruzione dell’autostrada in Vojvodina e avviare nuovi cantieri stradali in Serbia. Tamara Mikic Deutsche Telekom avanza La probabile privatizzazione di Telekom Srbija da parte di Deutsche Telekom potrebbe scuotere e persino causare cambiamenti strutturali nel mercato delle telecomunicazioni della Bosnia-Erzegovina. Gli analisti sottolineano che “Deutsche Telekom”, già azionista indiretto di minoranza della HT Mostar, con l’acquisto dell’operatore serbo statale è divenuto proprietario di maggioranza di “Telecom Srpska” di Banja Luka, e così ha reso giuridicamente insostenibile la posizione dominante sul mercato. Gli stessi analisti si aspettavano una reazione del Consiglio contro la concorrenza della BiH con la richiesta di uscire dalla struttura degli azionisti dei due operatori . Il Consiglio di Amministrazione della HT Mostar, indica anche che, nel caso di ingresso indiretto dei tedeschi in Telekom Srpska, verrebbe creato un Consiglio di concorrenza della Bosnia Erzegovina. Questa poi dovrebbe impedire che una sola società, che praticamente possiede due licenze di telecomunicazioni in Bosnia, assuma il controllo del mercato. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 21 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Montenegro Investitori italiani promuovono la Borsa dell’Energia in Montenegro Dopo il massiccio investimento di A2A nella Elektropriveda Crne Gore, la cooperazione energetica tra Italia e Montenegro sembra consolidarsi sempre di più, abbracciando anche il ramo finanziario e bancario, con il progetto della creazione di una Borsa dell’Energia del Montenegro. fulvia novellino Cui prodest? Colpire gli investimenti energetici italiani nel Montenegro, coinvolgendoli in campagne mediatiche di attacco al Governo Berlusconi, va a colpire una questione è molto più complicata, e non va confusa la questioni delle privatizzazioni azzardate. Si va infatti a sabotare l’avanzata dell’Italia nei Balcani, facendo così gli interessi non dello Stato italiano, bensì delle lobbies angloamericane che stanno lentamente sabotando il piano energetico dell’intera regione adriatica. Queste manovre vanno a colpire le aziende italiane in modo trasversale, anche quando non si hanno elementi per giudicare negativamente il loro operato. Ma chi trae vero beneficio dalla diffamazione delle imprese italiane all’estero, ma soprattutto perchè i quotidiano italiani continuano ad agire al soldo del Club di Londra? 22 I l gruppo di imprenditori italiani, che di recente si è recato in Montenegro per valutare gli investimenti nel settore delle fonti di energia rinnovabile sul mercato valutario, sta prendendo in esame la documentazione della gara per la costruzione di una serie di centrali idroelettriche sul Moraca. Gli investitori italiani hanno incontrato anche i dirigenti della Prva Banka del Montenegro e l’Holder broker-dealer, accolti da Predrag Jovanovic e Dejan Vasovic. “Si tratta di imprenditori provenienti dalla Sardegna con sedi legali a Roma e Milano. Hanno intenzione di investire sull’installazione di 180 turbine eoliche con una potenza di 2Mw. Oltre alle fonti di energia rinnovabile hanno già effettuato degli investimenti nel trasporto marittimo e nel traffico aereo”, ha spiegato Jovanovic. Al momento gli imprenditori stanno lavorando alla preparazione finale per la costituzione della società “che avrà obiettivi chiari sulla mappa delle fonti energetiche rinnovabili in Montenegro”. “Incentivati dall’esperienza positiva delle altre aziende italiane coinvolte nel settore energetico, come Terna e A2A, sono prossimi alla decisione e basteranno un paio di visite, necessarie per definire le caratteristiche tecniche, la presentazione alla gara per la produzione e la vendita di energia elettrica”, ha affermato Jovanovic, ritenendo che gli italiani si sono detti “molto soddisfatti dei nuovi regolamenti legislativi apportati alla normativa di questo settore, che permettono loro di avere una visione chiara del futuro mercato energetico”. Il problema in futuro, ha aggiunto Jovanovic, può essere rappresentato solo da fattori tecnici della nostra rete elettroenergetica, cioè dalle sue capacità e opportunità di collegamento e integrazione con i mercati regionali. Inoltre, la prospettiva degli italiani è quella di liberalizzare il mercato dell’energia elettrica aprendolo alla vendita diretta di persone giuridiche e fisiche. “Come ora funziona il mercato valutario, così sarà quello dell’energia. Questo è un elemento importante per la futura collaborazione con questo gruppo di investitori, perché sono player già attivi presso la Borsa dell’Energia Europea”, ha concluso Jovanovic. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico La delegazione italiana è stato guidato Flavio Carboni, come coordinatore per i progetti futuri tra l’Italia e il Montenegro, Giovanni Perla, ingegnere per le fonti dell’energia rinnovabile, Marcelo Garan, irettore di Arpas (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente della Sardegna), Ignazio Faris e il professore Alessio Tola. “Ricordiamo inoltre che nel corso del mese di febbraio, la A2A e Prva Banka hanno raggiunto un accordo per il finanziamento di progetti energetici, volto a creare le condizioni finanziarie necessarie per garantire un controllo efficace degli investimenti importanti che A2A e altre società italiane hanno intenzione di attuare in Montenegro”, “Dietro gli investimenti energetici italiani, il grande progetto dell’interconnessione elettrica con l’Italia e della borsa dell’elettricità” comunicano i rappresentanti delle della Prva banka per i media montenegrini. Ricordiamo che le due entità sono in qualche modo collegate tra di loro, in relazione alle partecipazioni incrociate, oltre al fatto che la transazione completa delle azioni della Elektroprivreda è stata realizzata proprio attraverso la Prva Banca. Ad ogni modo, la cooperazione energetica tra Montenegro e Italia sembra così ampliarsi raggiungendo un livello di maggiore complessità, abbracciando di fatto anche il ramo finanziario e bancario, per sfociare nel progetto più avanzato della borsa dell’energia montenegrina. Cooperazione che è stata recentemente confermata e suggellata con la visita di Djukanovic in Italia, nel corso della quale ha firmato con il Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi un contratto per la costruzione di un cavo di interconnessione elettrico, per un valore di circa 780 milioni di euro, annunciando inoltre la partecipazione degli investitori italiani alla gara d’appalto per la costruzione di centrali idroelettriche sul fiume di Moraca e di altre strutture nella centrale termica di Pljevlja. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 fYROM-Macedonia FMI: economia macedone rimane in piedi dopo crisi greca Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nella sua relazione sulle prospettive economiche regionali del Paese sottolinea come l’economia macedone si sta riprendendo dalla crisi economica, ma la principale sfida per il futuro sarà trasformare il settore privato nel motore della crescita economica. “Vi è un modesto recupero. Dopo il calo della crescita dello scorso anno a 0,7% del PIL, si prevede di raggiungere il 2% di crescita nel 2010” - ha affermato Alexander Tieman, rappresentante del FMI a Skopje. Stando ai dati del FMI, il saldo della bilancia commerciale macedone è notevolmente migliorata nel frattempo, con il conseguente aumento delle esportazione e la riduzione delle importazioni. Il disavanzo delle partite correnti è in tendenza al ribasso e si prevede che si riduca per il sei per cento del PIL, ma vi dovrebbe essere una ripresa più intensa nel corso dell’anno prossimo. “Il momento peggiore della crisi è alle nostre spalle, ora sarà necessario guardare avanti e costruire le basi per una buona crescita economica, il che è una sfida per la politica”. Il FMI si è dimostrato d’accordo con le scelte di politica fiscale e monetaria macedoni. “Il deficit di bilancio previsto del 2,5% per il 2010 è ade- guato, dato che la crescita ha rallentato. D’altra parte, anche la politica monetaria è appropriata. C’è stato un calo graduale dei tassi di interesse, perché le riserve in valuta estera erano stabili e il disavanzo delle partite correnti è stato molto ridotto rispetto a qualche tempo fa”, ha detto Tieman rispondendo alle domande dei giornalisti. Questi ha aggiunto che il deficit fiscale complessivo in Macedonia è adeguato ai tempi di crisi, mentre gli effetti della crisi economica greca sono stati molto limitati. “Non si nota, almeno per il momento, nessuna ricaduta della crisi finanziaria greca sull’economia macedone. Le banche macedoni sono finanziate dai depositi macedoni, anche se due grandi banche sono di proprietà greca, e pensiamo che la crisi non avrà grosse conseguenze qui”, ha concluso Tieman. Secondo il team degli esperti del Fondo monetario internazionale (FMI), guidato da Wes McGrew, “c’è la possibilità che vi siano alcuni effetti sull’interscambio commerciale con la Grecia, sebbene peggioramento della situazione negli altri paesi europei ha poca influenza in Macedonia. Comunque, non vedo alcuna possibilità di un significativo trasferimento della crisi del settore bancario del Paese”, ha sottolineato McGrew. Alketa Alibali Skopje rimanda l’emissione di eurobond La Repubblica macedone (FYROM) rimanderà l`emissione di Eurobond volta ad acquisire un debito compreso tra i 175 a 250 milioni di euro. Questo è quanto comunicato dal Ministro delle Finanze, Zoran Stavrevski, aggiungendo che, nonostante il grande interesse da parte degli investitori stranieri, è sembrato opportuno aspettare la stabilizzazione del mercato finanziario. Il Ministro ha annunciato ancor prima che non affretterà l’emissione di eurobond, con la quale lo Stato mira ad ottenere crediti da parte degli investitori privati, anzichè dagli investitori finanziari mondiali. Aggiunge inoltre che il Governo di Skopje è contraria alla sottoscrizione di un nuovo accordo con il Fondo Monetario Internazionale, non volendo subire il conseguente controllo da parte di questa istituzione. a.A. Le Zone franche della Macedonia (FYROM) Le “zone di sviluppo tecnologico e industriale-TIDZ” offrono vari benefici come l’esenzione del reddito delle persone fisiche e dell’imposta sulle società per i primi 10 anni. Investitori sono esenti anche dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto e dei dazi doganali per le merci, materie prime, attrezzature e macchinari. La TIDZ metta a disposizione anche la locazione di terrei a lungo termine per un periodo fino a 99 anni. Altri vantaggi comprendono l’esistenza di infrastrutture, come il collegamento alla rete di gas naturale, acqua, elettricità e l’accesso alla rete stradale principale internazionali. Gli investitori sono inoltre esentati dal pagamento della tassa per la preparazione del cantiere, e posso beneficiare di procedure accelerate per l’iscrizione alle attività commerciali, riducendo ulteriormente i costi di insediamento. Il governo presta particolare attenzione alle attività di produzione, del settore IT (sviluppo software, l’hardware di montaggio, registrazione digitali, chip di computer e simili), attività di ricerca scientifica e nuove tecnologie con elevati standard ambientali. Gli investitori che operano in questi settori e si insediano nella TIDZ sono esenti da responsabilità in caso di presentazione di un certificato di garanzia per eventuali arretrati doganali. a.A. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 23 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 kosovo Ondata di privatizzazioni in Kosovo A due anni dall’indipendenza, il Kosovo comincia il suo processo di ‘europeizzazione’ a cominciare dalla vendita del patrimonio dello Stato per arginare il debito pubblico e liberare nuove fonti finanziarie. Alketa Alibali 24 L ’agenzia kosovara di Privatizzazioni ha ufficialmente indetto una nuova ondata di gare d’appalto che coinvolgerà le imprese Sociali. La lista delle privatizzazioni contiene 15 imprese sociali da cui si creeranno 17 nuove imprese. Tutte le nuove imprese verranno create con regolare spin-off. Il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche o l’attribuzione delle concessioni per lo sfruttamento delle risorse nazionali è ormai già in atto in Kosovo, nella convinzione che esso offrirebbe una maggior qualità dei servizi al pubblico, incentivi per gli investimenti e il miglioramento delle performance delle imprese statalizzate. Sulla base di queste argomentazioni, i tre giganti kosovari, tra cui le Poste e Telecomunicazioni del Kosovo (PTK), la società di energia elettrica del Kosovo (KEK) e l`Aeroporto Internazionale di Pristina (recentemente concluso), sono stati sottoposti ad un processo di privatizzazione che si concluderà nel corso del prossimo anno. La vendita delle tre società sarà dunque un obiettivo essenziale, in quanto il Paese si trova ad affrontare in calo gli investimenti diretti esteri (IDE), come affermato dal Ministro del Commercio Lutfi Zharku. Egli afferma che gli investimenti diretti esteri in Kosovo sono ridotti del 10% l’anno nei primi nove mesi del 2009, raggiungendo lo scorso anno circa 360 milioni di euro (538,6 milioni dollari) in IDE. Inoltre la spesa in conto capitale per le infrastrutture dovrebbe aiutare le prospettive di crescita del Kosovo, considerando che nel Paese si spendono 470 milioni di euro per le spese in conto capitale durante quest’anno, e 400 milioni di euro l’anno prossimo. Il paese è stato colpito da un calo dei prezzi e quest’anno avrà una deflazione del 3,0%, e nei prossimi anni potrà raggiungere un’inflazione forse di circa l’1 per cento. “Abbiamo una crescita reale nel 2009 al di sopra del 4 per cento, le nostre aspettative per i prossimi quattro anni è che si riesca a avere una crescita di minimo 4,5 per cento. Il Kosovo rischia di finire l’anno con un deficit di bilancio pari allo 2,0%”, spiega ancora Zarku. Il Paese più povero nei Balcani con una disoccupazione che supera il 40%, ora aspiraa diventare un membro a pieno titolo della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo per dare un po’ di ossigeno alla spesa osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico sociale. Intanto si profila la possibilità di emettere titoli di debito denominati in euro entro il prossimo anno, dopo l’approvazione della finanziaria. Infine che il Kosovo sta negoziando con il Fondo monetario internazionale un prestito di 200-300 milioni dollari e spera di concludere un accordo presto, mentre aspetta di ricevere un altro miliardo di euro da parte dei donatori internazionali entro il 2011. L’Aeroporto di Pristina al consorzio Limak-Aeroport de Lyon Il consorzio turco-francese Limak-Aeroport de Lyon è stato dichiarato vincitore del tender per l’attribuzione della concessione dell’Aeroporto internazionale di Pristina, con un contratto del valore di 126 milioni di dollari per i prossimi 20 anni. In base al contratto, la società “Limak-Aeroporto di Lione” dovrà costruire un nuovo terminal passeggeri presso l’Aeroporto internazionale di Pristina, gestire la struttura aeroportuale e aumentare il traffico aereo, che ora ha un mercato di quasi 1,2 milioni di passeggeri all’anno. Secondo il contratto di privatizzazione, il consorzio trasferirà nei 20 anni della concessione il 39,42% delle entrate dell’Aeroporto Internazionale di Pristina (AIP) alle casse dello Stato del Kosovo. In particolare, a partire dal secondo anno “Limak - Aeroport de Lyon” trasferirà il 18% delle entrate, per arrivare negli ultimi anni al 55%. Il direttore per affari e sviluppo del consorzio “Limak - Aeroport de Lyon”, Mertol Genc, ha affermato che nessuno verrà licenziato dall’aeroporto, mentre il Kosovo conserverà il 100% della proprietà sui beni dell’Aeroporto. Oltre al consorzio LimakAeroport de Lyon, l’offerta è stata presentata dalla compagnia “Fraport IC ICTAS Havalimani Isletme A.S” e “Bouyges Batiment-Egis-Segap–Eurokoha”, quest’ultimo ritiratosi dalla gara dopo l`apertura delle offerte. Il Primo Ministro Hashim Thaci, intervenendo alla cerimonia formale di attribuzione del contratto, afferma che, “dopo l’autostrada Merdare-Morine, abbiamo lanciato nuovi progetti per estendere le strade che collegano il Paese alla regione, mentre la concessione ventennale dell’aeroporto contribuirà ad attirare nuove compagnie aeree”. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 albania L’Albania e il Corridoio energetico del Sud Il Governo albanese con l’accordo con il TAP depone un’altra pietra miliare al suo cammino nel settore degli investimenti energetici del ‘Corridoio del Sud’. Attesi la presentazione del terminal GNL a Seman e il completamento del Parco energetico di Porto Romano. I l progetto per il Trans-Adriatic Pipeline (TAP) ha raggiunto un’altra tappa attraverso la sottoscrizione di un memorandum d`intesa. Il Ministro d`Economia, Commercio ed Energia, Dritan Prifti, insieme ai rappresentanti della “Trans Adriatic Pipeline AG”, Thomas J Dimitroff e Lars Kronstadt, ha definito così i compiti che porteranno a una completa finalizzazione del progetto da 2 miliardi di euro. Il gasdotto ha una grande importanza strategica nel rifornimento dell’Albania, ma naturalmente anche per l’Unione Europea che considera il Paese un alleato sicuro e un futuro Crans Montana” Un grande progetto per Porto Romano. Il Piano per il parco energetico di Porto Romano include due centrali termoelettriche, un rigassificatore, una raffineria di petrolio, una zona economica franca, oltre alla già esistente infrastruttura composta dal porto per idrocarburi e depositi del petrolio. “Ci aspettiamo 5 miliardi di euro d`investimenti per le componenti del parco industriale”, ha dichiarato il Ministro Prifti nella sua presentazione, annunciando che vi sono stati degli investitori interessati al progetto. Una delle centrali termine previste dal progetto è membro. Il memorandum, nei dettagli, garantisce una collaborazione responsabile, in coerenza con la sicurezza sanitaria internazionale, la sicurezza sul lavoro, il rispetto dell’ambiente e altri standard tecnici. Il memorandum prevede anche la costruzione dell’infrastruttura necessaria al progetto, inclusi gli accordi, la creazione dei comitati intergovernativi e una chiara definizione delle priorità. Il progetto fa riferimento all’accordo inter-governativo tra Albania e Italia, sottoscritto un anno fa, il 10 marzo 2009, per l`integrazione dei sistemi per la distribuzione del gas naturale, in cui per ora sono inclusi tre paesi. A tale proposito, il Ministero dell’Economia insieme alle istituzione greche e italiane, intraprenderanno un percorso per creare una Commissione trilaterale intergovernativa col compito di agevolare la realizzazione del progetto TAP. Dead-line per la realizzazione dell’investimento è previsto per il 2011, che dovrebbe andare di pari passo al progetto di un gasdotto con annessa termocentrale a Seman, volto ad importare gas liquido dal Qatar per produrre energia elettrica in Albania da esportare in Italia. Da non dimenticare il Parco industriale di Porto Romano, presentato in occasione del “Forum quella che dovrebbe realizzare la compagnia italiana “ENEL”,la centrale a carbone con una potenza istallata da 800 MW. La seconda sarà collegata alla costruzione contestuale di un rigassificatore. Un altro componente del parco è la costruzione di una immensa raffineria di petrolio, con la capacità da 5 milioni di tonnellate all’anno, ma considerando che il consumo interno di petrolio dell’Albania non supera le 600 mila tonnellate all’anno, essa sarà destinata soprattutto all’esportazione, come anche le due centrali. Per questo motivo, varie compagnie estere sono interessate a costruire una linea d`interconnessione energetica da Porto Romano verso l`Italia. “Accanto al parco energetico, vi sarà una zona industriale franca grande 800 ettari. Facciamo appello agli investitori nazionali ed esteri ad instradare merci e servizi destinati all’Europa attraverso l`Albania”, ha affermato Prifti. Attualmente a Porto Romano si trova solo un porto che viene utilizzato per l`importazione degli idrocarburi e che è stato costruito dietro concessione negli ultimi anni. Il porto attualmente condivide un duopolio legale con Valona per quanto riguarda l’importazione e lo stoccaggio del petrolio. Alketa Alibali Un gasdotto per il Corridoio del Sud Destinato a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento e la diversificazione delle forniture di gas per i mercati europei e aprire un “nuovo corridoio meridionale del gas per l’Europa”, il Trans Adriatic Pipeline è stato definito come “nesso logico nella catena che collega le reti esistenti e previste di gas naturale del sud-est Europa, a quelle dell’Europa occidentale attraverso l’Italia, il mare Adriatico, l’Albania e la Grecia”. Per questo è sostenuto dall’UE come un progetto del TEN-E (Trans European Networks - Energy) e, in conformità con la politica energetica comunitaria, è stato classificato da parte della Commissione Europea, una interconnessione strategica. L’oleodotto, lungo 520 chilometri, attraversa la Grecia e l’Albania per inabissarsi dell’Adriatico e sbucare nella regione Puglia, e poi risalire la penisola per raggiungere l’Europa occidentale. Sarà realizzato un consorzio tripartito tra Statoil e EGL, con una quota del 42,5% ciascuno, e E. ON Ruhrgas, che recentemente ha ottenuto la cessione di una quota del 15%. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 25 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Italia-Albania Frattini a Tirana Nel quadro della sua visita a Tirana, il Ministro Franco Frattini ha ribadito il sostegno dell’Italia e il suo ruolo di promotrice dell’integrazione dell’Albania in Europa. Rafforzata anche la cooperazione bilaterale tra i due Paesi, con la firma di un accordo del valore 51 milioni di euro, mentre i progetti energetici restano il fulcro degli investimenti italiani in Albania, dall’energia rinnovabile a quella nucleare. fulvia novellino Visti: il sostegno dell’Italia “L’Albania non ha una maggiore prospettiva di integrazione europea all’interno della regione. I Balcani non possono essere trattati in maniera diversa, in quanto ogni paese va giudicato secondo il lavoro svolto”, ha detto Frattini nel corso del colloqui con il Ministro Ilir Meta. Il Ministro ha comunque salutato i progressi dell’Albania, definendoli così passi da gigante, e comunque sufficienti a sostenere la decisione dei visti. In riferimento così alla difficile strada che si staglia dinanzi all’Albania, il capo della diplomazia italiana rivolge un messaggio alla politica albanese e alla stessa assenza di una parte di essa. “Per integrare il paese, tutto dipende dal duro lavoro che deve fare l’Albania. Sono convinto che “L’Italia è il principale partner economico e commerciale del nostro paese e Frattini è l’architetto del progetto della liberalizzazione dei visti per gli albanesi” tutte le forze politiche dovrebbero stare insieme in Parlamento per sostenere l’integrazione del paese - ha osservato Frattini, aggiungendo - ma comunque il processo più vicino agli albanesi è quello della liberalizzazione dei visti. Questa fase sarà esaminata insieme con la situazione della Bosnia il 2 giugno, in occasione del Vertice EU-Balcani Occidentali che si terrà a Sarajevo”. Il Ministro Frattini dunque precisa che la prospettiva più vicina è sicuramente quella dei visti, e non la candidatura dell’adesione, precisando che l’esame della Commissione Europea riguarderà esattamente il rispetto delle condizioni prescritte dalla road map. 26 Firmato accordo di 51 milioni di euro Per quanto riguarda la cooperazione bilaterale, Frattini ha sottolineato che l’Italia e l’Albania continueranno a rafforzare la cooperazione sulle prospettive di sviluppo della produzione di energie rinnovabili e nucleare, mentre verranno implementati nuovi osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico progetti per concretizzare i lavori sul Corridoio 8. A tal proposito è stato firmato il “Protocollo per la cooperazione allo sviluppo bilaterale tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica d’Albania, valido per un periodo di tre anni 2010-2011-2012”. Il documento è stato ratificato per il governo albanese dal vice Primo Ministro e Ministro degli affari esteri Ilir Meta e per il governo italiano dal Ministro Frattini. L’accordo ha un valore di 51 milioni di euro, di cui 28 milioni in crediti di aiuto, tre milioni in forma di donazione, e 20 milioni sotto forma di conversione del debito. Il protocollo si focalizzerà sull’aumento dei prestiti in favore delle piccole imprese, per 15 milioni di euro, un programma per la modernizzazione del settore agricolo da dieci milioni di euro e un programma a sostegno delle politiche sociali da 20 milioni di euro. La firma di un tale accordo porta l’impegno del Governo italiano in Albania ad oltre 78 progetti, con fondi per circa 335 milioni di euro, divenendo così il primo donatore bilaterale, secondo donatore in assoluto dietro solo l’Unione Europea. Investimenti energetici A questo si affiancano i contratti tra il Governo di Tirana e le imprese italiane, che hanno raggiunto quasi 7 miliardi di euro di investimenti potenziali, che vanno dalla centrale termoelettrica di Porto Romano che verrà realizzata dall’Enel, al parco eolico della Moncada di 250 aerogeneratore il cavo sottomarino di interconnessione elettrica che collegherà Brindisi alla costa albanese, sino alla TEC di Valona, che sarà costruita dalla compagnia italiana “Maire Engineering”, società figlia della Maire Tecnimont S.p.A. I progetti energetici, quindi, sono il fulcro degli investimenti italiani in Albania, spaziando dall’energia rinnovabile a quella fossile, con il ‘carbone pulito’, sino a quella nucleare, nuovo settore della cooperazione bilaterale. Il Premier Berisha e lo stesso Ilir Meta hanno ribadito che l’Albania è un Paese con grandi possibilità in campo energetico, dall’idroelettrico all’eolico, alle biomasse, tutte caratterizzate da tecnologie innovative. “Il piano europeo - afferma Frattini - prevede un innalzamento fino al 20% delle energie rinnovabili e incoraggia gli Stati osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Il Ministro Franco Frattini e l’omologo albanese nonchè Vice Premier Ilir Meta / © MAE membri ad investimenti in Paesi vicini del bacino del Mediterraneo, come appunto l’Albania”. A proposito del nucleare in Albania Ad aprire il dialogo sul nucleare in Albania è stato proprio il Forum di Verona, nelle parole del Ministro Claudio Scajola, in piena campagna elettorale delle elezioni regionali. Allora, il Primo Ministro Berisha rilevò che “la cooperazione tra Italia e Albania deve continuare ad alti livelli, anche nel campo “Fare una centrale in Albania è assolutamente impossibile, questo Tirana lo sa bene eppure alimenta questa propaganda, forse anche per sostenere le quotazioni di alcune società e delle borse” dell’energia nucleare”. Di fatti, la recente creazione delle agenzie per l’energia nucleare sembra abbia creato i presupposti per rafforzare la cooperazione al fine di trasformare in regionale il progetto di costruzione di una centrale nucleare, che consentirà di aumentare le risorse energetiche rinnovabili e garantirà al mercato regionale e a quello italiano energia a lungo termine. Nel frattempo, le parole non sono mai state accompagnate da un progetto concreto o da un’iniziativa ufficiale per la costruzione di una centrale nucleare in Albania. Lo stesso Premier Berisha ha ripetuto più volte che l’Albania si sta preparando al nucleare, mentre il Premier italiano Berlusconi ha ventilato senza molti veli questa possibilità (anch’egli preso dalla tornata elettorale in Puglia, in cui occorreva conquistare più che mai voti). La dirigenza ENEL, da parte sua, rispondendo alle domande dell’Agenzia Reuters ha dichiarato che “la costruzione di una centrale nucleare in Albania è una prospettiva di lunghissimo termine”. D’altro canto, il partito di opposizione albanese si sta già preparando sul sentiero di guerra chiedendo per la costruzione di una centrale nucleare in Albania, secondo il contratto di cooperazione raggiunto dal governo con l’Italia, una consultazione popolare, mentre referendum. Fare una centrale in Albania è assolutamente impossibile, questo il Governo lo sa bene eppure alimenta questa propaganda. E’ quanto osservato da Michele Altamura, dell’Osservatorio Italiano, commentando l`idea della costruzione di una centrale nucleare in Albania avanzata tempo fa anche dal Premier Berisha. “Costruire una centrale nucleare in un territorio come l’Albania è impossibile. Questo è solo fumo negli occhi, e serve per sostenere le quotazioni di alcune società, delle borse, e per fare qualche favore”, aggiunge Altamura . A suo parere, questo è un gioco che Berisha non deve illudersi di fare, “perchè già una volta le finanziarie e le piramidi lo hanno messo in ginocchio. Dunque queste dichiarazioni lasciano il tempo che trovano. Ma poi, saremmo proprio curiosi di sapere dove Berisha prenderà i soldi per portare avanti un progetto decennale”, conclude. Cooperazione Italia e Albania hanno discusso la possibilità di approfondire la cooperazione tra i due Ministeri degli Esteri, offrendo attraverso le ambasciate albanesi servizi ed attività diplomatiche con Paesi con l’Italia non ha rapporti a livello di ambasciate. Inaugurata, per l’occasione, la manifestazione ‘Due popoli, un mare, un’amicizia’, anticipando la discussione per la promozione del progetto del Corridoio VIII. osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 27 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 ROMANIA Misure di austerity anche in Romania: tagli a salari e pensioni A seguito dei negoziati con la delegazione del Fondo Monetario Internazionale, il Governo romeno si è impegnato ad attuare misure drastiche per tagliare le spese e ridurre significativamente gli stipendi del settore pubblico e le pensioni, nonchè a limitare i programmi di aiuto sociale con un taglio massiccio delle sovvenzioni statali. Iulia Crisan verso l’euro? La Romania si è prefissata l’obiettivo di adottare l’euro dal 1 Gennaio 2015, il che significa che sarà necessario inserire il meccanismo di cambio (ERM II) nel 2012 e riunire cinque criteri di convergenza, anche regolando il disavanzo di bilancio sotto il 3% del PIL e una inflazione non superiore a 1,5 punti percentuali rispetto all’inflazione media degli paesi membri del’UE. Il Governatore della BNR, Mugur Isarescu, ha affermato che l’adesione alla zona euro sarà più difficile, sopratutto tenendo conto dei problemi affrontati recentemente da gli altri Stati. Secondo il Direttore Generale del FMI, Dominique Strauss-Kahn, la Romania potrebbe adottare l’euro più tardi del previsto perché ha bisogno di rafforzare le sue politiche monetarie, per cui non prima del 2015. A suo parere, creare il debito pubblico è stato necessario durante la crisi, ma in futuro le autorità dovranno affrontare i parametri di Maastricht 28 L a missione del FMI, recatasi a Bucarest tra il 27 aprile e 9 maggio, ha chiuso con delle riserve la quarta valutazione del programma economico concordato per la sottoscrizione di un prestito con il FMI e il trasferimento della quinta rata del valore di 850 milioni di euro. La politica di austerity della spesa pubblica prevede un taglio dei salari di oltre il 25% e delle pensioni del 15%, destinato a colmare il divario di bilancio, mentre i fondi FMI - che saranno trasferiti dopo la loro approvazione da parte del Comitato esecutivo dell’istituzione internazionale - saranno destinati a rinforzare le riserve in valuta estera della Banca Nazionale di Romania . Nei colloqui tenutisi a Bucarest, il Fondo Monetario ha proposto una serie di opzioni che includono l’aumento delle tasse, ossia una diminuzione dei salari di almeno il 20% e l’aumento dell’IVA al 24% e della quota unica per il 20% , misure che potevano interessare l’intera popolazione, e non solo le classi più abbienti. I sindacati, da parte loro, propongono come misure alternative per salvare il bilancio dello Stato, la fiscalità differenziata, l’ampliamento della base imponibile per liberi professionisti (PFA), e per quelli che ottengono redditi esclusivamente dalle royalties, il congelamento e la riduzione delle pensioni. Questo nell’ottica in cui sia possibile cambiare la lettera di intenti firmata con il Fondo monetario internazionale, in modo che i salari dei lavoratori vengano ridotti di solo il 10 per cento e solo nel 2010, senza toccare poi le pensioni, ricavando la differenza da incentivi, appalti e servizi. Bucarest costretta a tagli drastici Il governo si è impegnato con il FMI a limitare, durante l’anno prossimo, i costi del personale nel bilancio consolidato a 39 miliardi di lei, con il li- osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico cenziamento di 140.000 personale nel settore pubblico, più del 5% del totale. Inoltre, stipendi e pensioni saranno ridotti, ma non ad un livello più basso dell’attuale salario minimo di 600 lei e della pensione sociale di 350 lei, mentre il reddito minimo garantito sarà limitato a quelle classi che si trovano in seria difficoltà finanziaria. Anche gli stipendi delle aziende statali in difficoltà finanziaria saranno ridotti, anche se la lettera di intenti del FMI non prevede una tale condizione. Il Governo esaminerà la situazione di ogni bilancio, di ogni impresa per ogni aggiustamento dei salari, tale che per le aziende che sono in attivo, i salari rimarranno gli stessi. Per quelle in perdita, che comunque hanno fatto dei tagli salariali, ovviamente, passeremo in rassegna Basescu: “la crisi economica è il ‘debito sovrano degli Stati membri’ dell’UE” diversamente dei loro bilanci. La riduzione degli stipendi e delle pensioni deve essere applicata entro la fine di questo anno, ma dal 1 gennaio 2011 il Governo attuerà politiche sociali e del personale per assicurare la sostenibilità delle spese sostenute quest’anno. Bucarest sta valutando la possibilità di creare un fondo di solidarietà sociale in cui ogni società a capitale pubblico, ma finanziato con proprie entrate, potrà contribuire con l’1% del fatturato annuo. Il fondo sarà poi utilizzato per garantire un reddito medio alle classi disagiate. Romania come la Grecia? Secondo il capo della missione del FMI per la Romania, Jeffrey Franks, la Romania deve essere vigile, dopo i problemi in Grecia, e deve assicurarsi che vengano rispettati tutti gli impegni, per non correre il rischio di aggravare il contesto attuale. Il presidente Traian Basescu da parte sua ribadisce che la crisi romena non è un problema di incompetenza. “La crisi è una realtà in Europa, non solo in Romania, e ha colpito ormai tutti gli Stati membri dell’UE. Così posso dare a questa crisi il nome di ‘debito sovrano degli Stati membri’”, ha detto Basescu. “La Romania è in una situazione difficile, ma non più difficile di altri Stati. Deve dunque agire sulla ristrutturazione della spesa, per ridurre la dipendenza dal finanziamento estero”, conclude. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Controverso il destino dell’oro di Rosia Montana C ontinua l’acceso dibattito sulla miniera d’oro di Rosia Montana, e sull’attuazione del progetto di estrazione di una riserva aurifera compresa tra i 9,76 e gli 11,70 miliardi di dollari. Di questo denaro lo Stato può ricevere, quando inizierà l‘attività estrattiva, solo una somma di circa 200 milioni di dollari. Di fatto, nei 16 anni di estrazione previsti dal contratto, la società Gold Corporation (RMGC), fondata nel 1997 nella città di Alba-Iulia e che ha in gestione il deposito di Rosia Montana, verserà annualmente al Governo l’importo di 12,5 milioni di dollari. Azionista di maggioranza della concessionaria della miniera, ossia della RMGC, è la società canadese Gabriel Resources, che possiede l’80%, seguita dal governo romeno con solo il 19,3% delle azioni, mentre la società Minvest Deva e altri azionisti che posseggono lo 0,7 per cento dei titoli. La Gabriel Resources sostiene di aver investito in Romania oltre 400 milioni di dollari per sviluppare questo progetto d’estrazione mineraria. Inoltre, la società che possiede la licenza, la Rosia Montana Gold Corporation (RMGC), spende annualmente centinaia di migliaia di euro a favore della comunità locale, investendo in infrastrutture e programmi sociali. Il denaro investito arriva, tra gli altri, a società controllate da attuali o ex politici locali della contea, nonchè nelle casse di ONG, che hanno quindi tutto l’interesse a sostenere l’estrazione dell’oro. Inoltre, tra i dipendenti della RMGC, ci sono consiglieri locali o loro parenti. I funzionari si difendono dicendo che nella zona è molto difficile trovare un lavoro, in compenso per la compagnia mineraria il modo di ottenere diverse licenze non sembra essere troppo difficile. Polemiche su rischi ambientali Il progetto minerario di Rosia Montana, di cui si parla dai primi anni ‘90, continua a generare molte polemiche in Romania, soprattutto per l’impatto ambientale dello sfruttamento e la conservazione dei siti archeologici nelle montagne occidentali. Lo sfruttamento di questa miniera significa anche la distruzione di tre montagne nella regione, molto importanti sotto un profilo storico cultu- rale ma anche simbolico per i rumeni perché i romani si insediarono proprio qui. Gli argomenti dei contestatori si basano in particolar modo sulle conseguenze ambientali che sarebbero provocate da questo investimento. La Commissione europea potrebbe chiedere alle autorità rumene di fermare l’estrazione, con l’ausilio di cianuro, dalla miniera di Rosia Montana, se una dichiarazione scritta, inviata dai deputati Daciana Sarbu e Catalin Ivan, sarà firmata entro tre mesi da almeno la metà dei membri del Parlamento europeo. Un mese fa, il Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale (MCPN) ha avviato la procedura per l’inclusione di Rosia Montana nella lista di luoghi considerati patrimonio mondiale dell’UNESCO. Il Ministro Kelemen Hunor, ritiene che Rosia Montana possa trovare soluzioni di medio e lungo termine, più redditizie e nettamente migliori dell’estrazione mineraria. Di fatti, Rosia Montana si trova a nord-ovest del paese, a 70 km da Alba Iulia, nella contea di Alba, e ospita il più grande deposito d’oro in Europa altre ad un grande ed importante centro storico. Egli ha inoltre annunciato che il vecchio certificato per scavi archeologici ricevuto dalla società Rosia Montana Gold Corporation è stato annullato da una sentenza giuridica passata. Intanto, l’Ungheria è ancora contraria al progetto minerario di Rosia Montana, in quanto non ha fiducia nella tecnologia utilizzata. D’altra parte, i rappresentanti della società di Rosia Montana Gold Corporation, hanno già iniziato la campagna di promozione del progetto, anche attraverso la stampa, mostrandone i benefici finanziari. “Non ci fidiamo della tecnologia, la decisione è ovviamente di responsabilità del governo rumeno, ma noi abbiamo una sola opinione in proposito: abbiamo paura per i possibili pericoli, che, a nostro avviso, il progetto comporta sia per la Romania che per l’Ungheria” ha detto l’ambasciatore ungherese a Bucarest. Adesso si parla spesso dell’importanza economica di questo progetto per far uscire la Romania dalla crisi economica, ma non dimentichiamo che lo Stato rumeno possiede soltanto il 20% della miniera mentre il restante 80% va direttamente nelle casse dei canadesi. Iulia Crisan osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 29 osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 Le vie del gas Giacimenti di gas in Polonia? Nuovo ruolo in UE e gasdotti La Polonia potrebbe diventare uno dei fornitori di gas più importanti d’Europa, dopo la scoperta di grandi riserve di gas non convenzionale, che saranno estratte dalla società americana ConocoPhillips. Iulia Crisan 30 S e i dati preliminari saranno confermati, grazie alla Polonia il totale delle riserve di gas dell’Unione europea aumenterà del 47%. Così Gazprom perderà il suo monopolio sul mercato europeo e gli stessi progetti del Nabucco e South Stream saranno compromessi. A rivelarlo sono i media polacchi, che lanciano così una vera e propria “notizia bomba” destinata a colpire investitori e società energetiche, e perchè no speculatori e mercati azionari. C’è da dire che la prospettiva in cui la Polonia, che non partecipa a nessun progetto energetico in corso promosso da UE o Russia, diventi una potenza energetica europea è quasi inverosimile e comunque da verificare nel tempo. Dopo anni passati a cercare di bloccare i piani dei russi e di spingere la stessa UE ad adottare una posizione più forte contro Gazprom, la Polonia ha ora la possibilità di liberare l’Europa dalla dipendenza del gas russo e fare un salto di qualità nella sua posizione politica all’interno dell’Europa. Questo sarà possibile grazie alle nuove tecnologie americane per l’estrazione del gas imprigionato nelle rocce. La società ConocoPhillips inizierà il primo progetto a maggio, e sarà seguita dai gruppi americani ExxonMobil e Marathon, e l’impresa canadese Talisman Energy. Gli esperti stimano che le opere di ricerca richiederanno circa due anni prima di passare allo sfruttamento effettivo di nuovi giacimenti, stimato pari a 1,36 miliardi di metri cubi di gas estratto da rocce cristalline. Così, la Polonia sarà in grado di garantire i consumi domestici (13,7 miliardi di metri cubi all’anno, di cui vengono acquistati 9 miliardi da Gazprom), per vedere sul mercato europeo la parte restante. Non viene specificato quale sarà il futuro della produzione di gas alternativo della Polonia. Una cosa è certa: il nuovo status “energetico” della Polonia comporterebbe una rivalutazione del Nabucco e South Stream. D’altro canto, le aziende turche cercano di darsi da osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico fare per le fasi di preparazione del progetto europeo Nabucco, mentre l’UE si attende un ampliamento delle relazioni con il Turkmenistan, sperando che le autorità di Ashabad firmeranno questo mese un accordo per fornire 10 miliardi di metri cubi di gas “Tecnologie americane per il gas polacco: ConocoPhillips inizierà le ricerche a maggio, seguita da ExxonMobil e Marathon” all’anno per il gasdotto nei prossimi 30 anni. Nella capitale del Turkmenistan sono attesi nei prossimi giorni, i delegati di Portogallo, Bulgaria, Romania, Gran Bretagna, Italia e Austria, che proporranno alla leadership del paese progetti di investimento. Bruxelles spera che entro la fine di quest’anno potrà chiarire il futuro di questo progetto, ma resta da chiarire che fornirà il combustibile del Mar Caspio. Così, tutte le speranze sono rivolte verso il Turkmenistan, che per le riserve di gas naturale di cui dispone, è il 4 Paese in tutto il mondo. Fino ad ora, Ashabad si è limitato alle promesse, evitando un impegno definitivo, ma indirettamente il mercato turkmeno è controllato dalla Turchia con circa 500 imprese e società, che gestiscono contratti di miliardi di dollari. Anche se non partecipa al Nabucco, la Gran Bretagna è interessata al potenziale dell’economia turkmena. In altre parole, i paesi dell’UE sono disposti a rispettare i turkmeni, offrendo in cambio investimenti per aver accettato che i paesi del Mar Caspio cominciano a fornire il volume richiesto per il gasdotto Nabucco. Sarebbe interessante vedere cosa accadrà se verrà confermata l’esistenza delle riserve della Polonia, che certamente cercherà di imporre le proprie regole e magari avrà un nuovo ruolo politico in UE. osservatorio italiano n°0 | lunedi’ 07 giugno 2010 osservatorio italiano | rivista di intelligence economica del baltico-adriatico 31 La Tela Italiana del Baltico Adriatico L’unione delle intelligenze e delle imprese italiane ha fatto sì che si venisse a creare in tempi molto stretti la Tela Italiana nel Baltico-Adriatico. E’ qui che un gruppo di uomini e di aziende si uniscono per dare vita ad un nuovo ed innovativo sistema di interconnesione, informazione e comunicazione tra le imprese italiane che intendono operare nei mercati del Sud Est Europeo, o che già vi operano, con successo o con difficoltà. Si tratta di un’area divenuta di rilevanza strategica e di interesse nazionale, tale che è ora necessario creare un centro di Intelligence Economica che sia davvero al fianco delle imprese e le difenda. Tutto ciò che vedete è stato creato sino ad oggi con autentico lavoro e sacrificio, e con i soli contributi delle imprese che hanno visto in noi un punto di riferimento ed una porta sui Balcani a cui accedere con molta facilità. La nostra è una realtà giovane, l’Osservatorio Italiano unisce tutti: deboli, fortissimi e irriducibili, legati ora da una serie di alleanze che possono dar vita alla prima organizzazione transnazionale dell’Est, da un progetto tutto italiano.