testi di studenti DIVERSI - Bookblog
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ISTITUTO STATALE SOLERI BERTONI SALUZZO In collaborazione con il Salone Internazionale del Libro di Torino Progetto ADOTTA UNO SCRITTORE 2014 nella Casa di Reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo Con la partecipazione dello scrittore Cristiano Cavina E delle classi : ID/C sezione scolastica carceraria del Liceo Artistico Soleri-Bertoni I D/C sezione scolastica carceraria del Liceo Artistico Soleri-Bertoni I L/A sezione scolastica ordinaria Del Liceo Linguistico Soleri Bertoni 1 In collaborazione con il Salone Internazionale del Libro di Torino Progetto ADOTTA UNO SCRITTORE 2014 nella Casa di Reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo Referenti ⋅ prof.sse Rossella Scotta e Antonella Giordano PARTECIPANO ⋅ Lo scrittore Cristiano Cavina LE CLASSI ⋅ ID/C sezione scolastica carceraria del Liceo Artistico SoleriBertoni ⋅ II D/C sezione scolastica carceraria del Liceo Artistico SoleriBertoni ⋅ I L/A sezione scolastica ordinaria del Liceo Linguistico Soleri -Bertoni ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ I DOCENTI Alessandra Tugnoli, Dirigente dell’ Istituto di Istruzione Superiore Soleri-Bertoni (1° incontro) Giuseppina Bonardi, Presidente dell’ Associazione LiberiDentro (1° incontro) Rossella Scotta, insegnante di Italiano nelle classi I D/C e II D /C Antonella Giordano, insegnante di Italiano nella classe I L/A Katia Grimaldi, insegnante di Latino nella classe IL/A 2 ⋅ Paolo Burzio, M.Gabriella Carena, Anna Lia Fia, Marisa Russotti, insegnanti volontari che offrono la loro opera in supporto alle attività didattiche della sezione carceraria nel corso dell’ anno scolastico e nella scuola estiva PIANO DELLE ATTIVITA’ Attività didattiche di Italiano svolte in preparazione o a conclusione degli incontri con lo scrittore ⋅ lettura del libro I frutti dimenticati di Cristiano Cavina e scrittura autobiografica sul tema della paternità; ⋅ lettura del libro di Edmond Rostand, Cyrano de Bergerac e scrittura di testi emotivo- espressivi sul tema della bellezza esteriore ed interiore; ⋅ visione del film Cyrano de Bergerac di J.P.Rappeneau ( Francia, 1990 ); ⋅ lettura del testo e ascolto delle canzoni Cirano (autori: DatiBigazzi ; interprete: Francesco Guccini) e Rossana Rossana (autore e interprete: Roberto Vecchioni); ⋅ scrittura creativa sul libro Le città invisibili di Italo Calvino: La MIA città invisibile. Incontri con lo scrittore ⋅ date: 17 – 24 – 31 marzo 2014 ⋅ luogo: aule delle due classi della sezione carceraria del Liceo Artistico ⋅ orario: ore 9.30 – 11.20 Classe ID/C liceo artistico sezione carceraria 3 ore 13.30 – 15.30 Classe II D/C liceo artistico sezione carceraria Classe I L/A liceo linguistico dei corsi ordinari Lunedì 17 marzo 2014 ⋅ Cristiano Cavina presenta il suo libro I frutti dimenticati ( Marcos y Marcos, 2008). ⋅ Tema dell’ incontro: il sentimento della paternità nelle esperienze di vita individuali. Lunedì 24 marzo 2014 ⋅ Conversazione sul libro scelto dallo scrittore: Edmond Rostand, Cyrano de Bergerac. ⋅ Tema dell’ incontro: il sentimento della lealtà con se stessi. Lunedì 31 marzo 2014 ⋅ Conversazione sul libro scelto dagli studenti: Italo Calvino, Le città invisibili. ⋅ Tema dell’ incontro: i luoghi dell’ anima. In appendice al Progetto ADOTTA UNO SCRITTORE: incontro dello scrittore con altri studenti del territorio Lunedì 7 aprile 2014 4 Conversazione con Cristiano Cavina sui romanzi I frutti dimenticati ( Marcos y Marcos, 2008) e Inutile Tentare Imprigionare Sogni ( Marcos y Marcos, 2013) ⋅ luogo: teatro della Casa di Reclusione Morandi ⋅ orario: 9.30 – 12 classi quinte dei corsi ordinari Denina - Pellico ( ITC-IPCITIS) classe III D/C (sezione carceraria Liceo Artistico) e altri detenuti Media Sicurezza docenti: Giuseppina Bonardi – Rossella Scotta – docenti delle classi 13.30 – 15.30 classi terze dei corsi ordinari Soleri-Bertoni (Scienze Umane – Linguistico –Artistico ) classe II D/C (sezione carceraria Liceo Artistico) e classe Terza Media CTP Alta sicurezza docenti: Antonella Giordano – Rossella Scotta – Mariella Carena - docenti delle classi Lunedì 12 maggio 2014 Salone Internazionale del Libro di Torino ADOTTA UNO SCRITTORE 2014 – dodicesima edizione RAPPRESENTANO GLI STUDENTI RISTRETTI del Liceo Artistico nella Casa di Reclusione Rodolfo Morandi 5 ⋅ gli studenti della classe I A Liceo Linguistico Soleri Bertoni ⋅ Nadeem Hussain Muhammad, ex studente ristretto e dal mese di ottobre studente della classe III B Liceo Artistico Soleri Bertoni dei corsi ordinari 6 ADOTTA UNO SCRITTORE 2014 al carcere MORANDI di Saluzzo Le classi I e II della sezione del Liceo Artistico Soleri- Bertoni di Saluzzo attiva presso la Casa di Reclusione Morandi hanno partecipato alla dodicesima edizione del progetto Adotta uno scrittore 2014 , proposto dal Salone Internazionale del Libro di Torino. Da lunedì 17 a lunedì 31 marzo 2014 gli studenti ristretti di due diverse sezioni carcerarie hanno incontrato per tre volte, a cadenza settimanale, lo scrittore Cristiano Cavina . All’iniziativa ha partecipato, in orario extrascolastico, anche la classe I A Liceo Linguistico dei corsi ordinari del Soleri- Bertoni. Gli studenti esterni della scuola-madre - coinvolti nel lavoro integrato con gli studenti della sezione carceraria - rappresenteranno infine questi ultimi lunedì 12 maggio 2014 nell’incontro conclusivo con gli Autori al Salone Internazionale del Libro di Torino. In tale occasione sarà presente anche Nadeem Hussain Muhammad, ex studente ristretto che - dal mese di ottobre – è iscritto alla classe III B Liceo Artistico Soleri Bertoni dei corsi ordinari . “Reincludere” attraverso l’Educazione vuol dire anche incontrarsi con uno scrittore contemporaneo – che non ha nessuna delle caratteristiche dell’ intellettuale di professione - per parlare di sentimenti nelle esperienze di vita individuali: il sentimento della paternità, il sentimento della lealtà con noi stessi, i luoghi dell’ anima… 7 8 Testi PATERNITA’ Studenti ILA SOLERI BERTONI Francesca Alexia Carolina Marianna Isidora 9 Nel romanzo “I frutti dimenticati” di Cristiano Cavina l'autore racconta di aver ritrovato a 33 anni il padre che non aveva mai conosciuto. È sempre difficile accettare di incontrare una persona di cui si aveva bisogno, ma non c'era. Quando si è ancora troppo giovani, la notizia di un figlio in arrivo può sconvolgere, può sembrare un ostacolo insormontabile, un macigno insostenibile, perché un figlio a quell'età può portare via la gioventù, la spensieratezza, il divertimento; quindi si scappa da tutto e da tutti senza lasciare tracce di sé per anni interi, fuggendo dalle proprie responsabilità, rifugiandosi altrove. Sembra la soluzione più giusta in quel momento, come se scappare possa cancellare tutto ciò che è successo; invece tutto resta come prima. Solo che poi i sensi di colpa, prima o dopo, arrivano e, a volte, ci si pente e si cerca di tornare indietro, per tentare di recuperare ciò che è andato perduto. FRANCESCA I LA 10 Perché un padre abbandona un figlio? Forse perché non ha abbastanza denaro per mantenerlo o forse perché non si sente in grado di crescerlo. Alle volte le cose sono inaspettate e quindi una persona non si sente pronta a un cambiamento radicale e a un sacrificio di se stesso per qualcun altro, anche se si tratta di una parte di lui. Queste però non sono giustificazioni. Io, ad esempio, ho un padre, sì, ma non è stato molto presente quando ero piccola. Lavorava sempre, e quel poco tempo che era a casa o litigava con mia madre e mia sorella o guardava la televisione; e ogni volta che si poteva fare qualcosa tutti insieme, lui aveva altro da fare, forse qualcosa di più importante... ALEXIA I LA 11 Leggendo il romanzo “I frutti dimenticati” di Cavina mi sono immedesimata molto nell'autore riguardo all'essere abbandonati dal padre. E' successo anche a me, mio padre ha lasciato mia mamma, che aveva solo quindici anni, quando era ancora incinta. Capisco il fatto che l'autore abbia concesso pochissimo spazio ai pensieri del padre. Guardando una situazione del genere con occhi estranei una persona può pensare a molteplici motivi che spingono un padre ad abbandonare il proprio figlio: la mancanza di coraggio, l'immaturità, il pensare di non essere pronti a ricoprire un ruolo così importante. Ma quando sei coinvolto in una situazione del genere e la “vittima”sei tu, i motivi che hanno spinto tuo padre ad abbandonarti passano in secondo piano. Da piccolo ti senti colpevole, pensi di essere tu ad aver causato la rottura fra i tuoi genitori. Poi, crescendo, capisci com'è in realtà la situazione. Ti senti arrabbiato, ferito, perché essere abbandonati equivale ad essere indesiderati. Ed è brutto sentirsi così. Più passa il tempo più la rabbia cresce, e pochissime sono le persone che riescono a perdonare. Io, per esempio, non ci sono mai riuscita. CAROLINA I LA 12 Nella nostra cultura essere padre significa non solo essere l'uomo che ha generato il proprio figlio, ma anche colui che dà amore incondizionato e che è punto di riferimento e di forza per la prole. Durante l'infanzia i figli considerano il papà come "IL MIGLIORE", la figura che li protegge da tutti i pericoli e da cui ricevono sicurezza. Il rapporto con il padre permette al bambino di sperimentare una vasta gamma di sentimenti e di arricchire la propria affettività. Il piccolo percepisce la completa dedizione, ma anche la gioia che il genitore è in grado di trasmettere; questi sentimenti fanno sì che si instauri una complicità e una forte dipendenza tra padre e figlio. In alcuni casi, come quello raccontato nel romanzo di Cavina, il figlio non viene accettato dal padre e quindi è costretto a vedersi come un ragazzo "speciale", perché cresciuto solo dalla madre e dai nonni. Molti uomini, quando nasce un figlio, non avvertono la responsabilità e il sentimento di paternità, perché non vogliono lasciare la vita che stanno facendo per occuparsi di un'altra creatura; a volte può essere la giovane età o il non essere innamorato della persona con cui si è concepito il bambino a far sì che non si prendano delle responsabilità così importanti. Si sente spesso di padri che, giunti ad una certa maturità, vogliono recuperare il rapporto con i propri figli dopo anni di lontananza. E' difficile per un figlio superare la rabbia per l'abbandono e per il disinteresse di anni. In ogni caso un figlio vorrà sempre bene al padre, soprattutto di fronte alla vecchiaia e alla malattia, o almeno proverà quella pietà che, a volte, arriva anche al perdono. MARIANNA 13 I LA Il romanzo “I frutti dimenticati” mi ha fatto pensare a quale valore abbia il ruolo di un padre nella vita di un ragazzo. Io lo posso testimoniare con la mia esperienza: sono cresciuta senza di lui per tredici anni; non è stato per scelta sua, ma la povertà della mia terra d'origine e il bisogno di trovare un lavoro lo hanno portato lontano da me. La vita ogni tanto è dura e ci mette alla prova, ci pone davanti degli ostacoli, per vedere forse quanto forti siamo e se riusciamo a superarli. Ci sono stati momenti della mia esistenza in cui avrei voluto abbracciare mio padre, sentirlo vicino, parlargli di ogni piccola cosa che mi succedeva, ma questa possibilità mi è stata negata per tanti anni. Mia mamma non mi ha mai fatto mancare niente e mi spiegava che lui era lontano per il mio bene, per offrirmi delle opportunità, per rendermi felice, ma spesso la mia unica felicità sarebbe stata averlo accanto. Io ero piccola, non capivo, avevo solo bisogno di una sua carezza, sognavo il giorno in cui l'avrei visto varcare il portone di casa mia e gli sarei saltata addosso, contemplavo quell'immagine che disegnavo su tutti i fogli, crescevo con quella voglia di essere una bambina come tutte le altre. Ricordo l'emozione di sentire la sua voce ogni volta che ci parlavamo al telefono; mi chiedeva come andava a scuola ed io entusiasta gli raccontavo tutto, per farlo sentire presente, perché crescendo ho anche capito il dolore che poteva provare lui, non avendo nessuno della famiglia vicino. Il ricordo più bello della mia vita è quando una sera lui arrivò a casa senza che io lo sapessi; entrò in camera mia e mi baciò. Io mi svegliai, non riuscivo a capire se fosse un sogno o la realtà; mi misi a piangere dalla gioia e lo abbracciai forte, stringendolo a me. Poi mi a 14 addormentai finalmente abbracciata a lui. La mia storia però mi ha anche fatto crescere più determinata: mi ha insegnato che nella vita dobbiamo essere preparati a tutto; non si può sapere quale sarà il prossimo ostacolo da superare, ma dobbiamo stare in guardia, essere forti, se cadiamo dobbiamo alzare la testa e ripartire. “Io mi batto” di Cyrano è stato anche il mio motto quando ho dovuto lasciare il mio Paese, affrontare una realtà del tutto nuova, confrontarmi con diversi modi di vivere, conoscere altre persone e fare nuove amicizie; è stato difficile, ma ora sento di aver vinto la mia battaglia. ISIDORA I LA. 15 Testi PATERNITA’ Studenti ristretti II D/C GIUSEPPE FRANCESCO AHMAD 16 17 18 19 STUDENTE RISTRETTO GIUSEPPE PELAIA 20 Francesco Sorrentino STUDENTE RISTRETTO FRANCESCO SORRENTINO 21 STUDENTE RISTRETTO FRANCESCO SORRENTINO 22 23 24 25 STUDENTE RISTRETTO AHMAD MASALMEH 26 DOVE SEI ORA PAPA’? Ti guardo chino sul tuo sonno sotto un cielo di bruma. Ti guardo mentre riscaldi al sole le tue mani brunite Sotto il fuoco che incenerisce il giorno. La polvere di mille strade è passata sul tuo volto Ma i tuoi occhi pieni di tenerezza sconvolgente e furtiva Sono gli stessi, bellezza e incanto della mia infanzia. Dove sei, ora Papà? Ti cerco nelle radici secche degli alberi Nella vibrazione del vento Nel fruscio degli assenzi Sotto l’ombra del tuo panama bianco. Ogni giorno , contro ogni speranza, ti cerco. Trovo solo un soffio,un dolce brivido, sparisce appena scoperto come un profumo, un alito di vento. MR. Marisa Russotti (Insegnante volontaria ) 27 28 Testi sulla BELLEZZA Cecilia Martina Cristina Alice Federica 29 Leggendo il testo teatrale di Rostand, ho riflettuto molto sulla figura di Cyrano: brutto, coltiva un amore segreto per Rossana che si porterà dentro fino quasi alla morte. Cyrano, tuttavia, non si è mai arreso, non hai mi pensato di rinunciare al suo amore, sebbene la situazione fosse così dolorosa. Al posto suo chiunque avrebbe lasciato perdere, ma non Cyrano: con la sua indipendenza, il suo andare controcorrente, il suo non dover rendere conto a nessuno alla fine riuscirà a trionfare. Non bisogna arrendersi mai. Noi, spesso, ci limitiamo ad accettare la situazione, ma senza nemmeno combattere per migliorarla, senza faticare, senza dar anima e corpo, senza provarci; e tutto questo perché? Per paura? Per pigrizia? Per conformismo? Io penso che noi temiamo soprattutto di essere delusi se i nostri sforzi non portano da nessuna parte. Se non si prova e si riprova a fare qualcosa, se non si combatte, se non si fatica è certo che non ci saranno dei risultati; quindi tra la certezza della sconfitta e la speranza della riuscita la scelta più logica sarebbe la seconda, eppure molti di noi si arrendono e scelgono la strada più facile. Cyrano affrontava cento uomini in una volta senza manifestare esitazione o paura. Cyrano rifiutava un protettore della sua arte senza rimpiangere la fama e la ricchezza. Cyrano amava follemente Rossana senza tentare neppure di farla sua. Il tutto, comunque, senza arrendersi mai. CECILIA I LA 30 Bello dentro o bello fuori? La risposta sembra scontata, ma non per una ragazza di quattordici anni. Mi sento di parlare un po’ per tutti dicendo che, quando si deve giudicare una persona nella sua complessità, d’istinto l'aspetto fisico ricopre un ruolo importante o comunque viene sempre preso molto in considerazione; ma è anche vero che quando si approfondisce un rapporto, la bellezza esteriore viene dimenticata per dar spazio ai valori positivi che ognuno di noi possiede: all'intelligenza, alla sensibilità, all'intraprendenza, all'onestà. La bellezza interiore ha una grande forza, perché oltre a conquistare il cuore, libera il fascino che ti cattura e di cui non riesci più a fare a meno; se al primo impatto la bellezza esteriore è quella che ci fa voltare gli occhi, in un secondo momento più sentita è la voglia di scoprire cosa c'è dentro la persona. Nei ragazzi della mia età purtroppo l’aspetto fisico diventa, talvolta, la discriminante per la scelta di un’amicizia; in questi casi il livello di superficialità è così marcato che basta pochissimo per ritrovarsi esclusi dal gruppo, e questo, se non si possiede una forte personalità, rischia di es31 Il dilemma della bellezza interiore ed esteriore è un tormento che dai tempi lontani ha occupato i pensieri di moltissime persone e, tra queste, poeti e scrittori, che hanno trattato il tema in opere straordinarie. E’ il caso di “Cyrano de Bergerac”, celebre commedia francese del 1897. In essa la giovane Rossana, conquistata dalla bellezza fisica di Cristiano, non si accorge dell’amore che il valoroso ma brutto Cyrano nutre nei suoi confronti. Il povero spadaccino riversa il suo tormentato sentimento in lettere che il bel Cristiano non avrebbe mai potuto scrivere, sia per mancanza di capacità sia per carenza di passione, e solamente alla fine Rossana capirà che la bellezza d’animo di Cyrano poteva competere e forse superare l’attrazione che esercitava su di lei la vuota seduzione di Cristiano. Queste sono le riflessioni di una quattordicenne che si affaccia timidamente a un mondo dei sentimenti ancora poco noto, e che, a onor del vero, considera la conquista di un ragazzo carino non tanto un bel traguardo ma piuttosto un’ottima partenza. MARTINA I LA 32 Penso che la nostra società dia una grande importanza alla bellezza esteriore: lo si può notare semplicemente guardando gli spot pubblicitari, dove ormai si vedono solo più individui con fisici mozzafiato o visi stupendi. I messaggi che arrivano dai media condizionano noi e cambiano il nostro modo di pensare. Soprattutto di noi adolescenti. Tra ragazzi è normale che al primo impatto si guardi l’esteriorità e che da questa si traggano delle conclusioni che, certe volte, possono essere sbagliate. Sarebbe da ipocriti dire che si guarda solo la bellezza interiore, anche se vorremmo fosse così; perché non possiamo negare che una persona di bell’aspetto ci attiri di più di una che non ha avuto la sua fortuna. Ciò che penso è che, però, bisogna guardare oltre la facciata, oltre la bellezza esteriore, perché alla fine la cosa più importante, per me, in un qualsiasi rapporto è ciò che il cuore e l'intelligenza possono offrire all’altro. Il più bel principe azzurro, se non ha nulla da dirti, ti annoierà. Un ragazzo non così “ben messo” , che però ha qualcosa in più dentro, che si preoccupa per te, ti sta accanto, ti capisce come nessuno, sa farti ridere nei momenti di sconforto e ti consola quando soffri, non ti stuferà mai Come dice Saint-Exupéry “Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi”. 33 All’interno del Cyrano il tema della bellezza si fa spazio fin da subito. Cyrano, cavaliere abilissimo e poeta passionale, si innamora di una donna, la quale però, a sua volta, ama un altro uomo, Cristiano, soprattutto per il suo aspetto esteriore, nell'illusione che ad esso corrisponda una ricchezza interiore; quest'ultimo, pur di conquistarla, si fa aiutare da Cyrano a comporre delle poesie d’amore. Queste confermano in Rossana la convinzione che l’uomo giusto per lei sia Cristiano. In realtà il cuore della fanciulla, seppur inconsciamente, batte per il carattere, l’anima, la sensibilità, l'intelligenza di Cyrano. Naturalmente il fattore della bellezza rovina la loro possibile storia: Rossana desidera un uomo che abbia comunque un bell'aspetto e Cyrano non entra nei suoi canoni. Io posso capire lo sconforto del protagonista; io stessa non mi ritengo una bella ragazza e questo mi ha condizionato molto: quando non ci si piace, si è insicuri e infelici; inoltre si ha paura di provare a relazionarci con gli altri per non rimanere delusi. Se hai la cosiddetta “autostima bassa”, rischi di perdere importanti occasioni della vita, anche se gli altri cercano di farti cambiare idea, perché l’unica opinione di cui veramente ti importa è la tua. Se quindi in principio noi non ci piaciamo, è difficile piacere a qualcuno. Con l’età credo che i nostri pensieri maturino e che quindi col tempo impareremo ad accettarci per come siamo. Non vedo l’ora che arrivi quel momento perché è brutto non star bene con se stessi. CRISTINA I LA 34 Cyrano non è nient'altro che un amico e un confidente per Rossana, perché ella, nella sua superficialità, vede in lui solo il grottesco naso; la donna s'innamora invece di Cristiano, o meglio, dell'immagine ideale che si è fatta di lui. Dietro al brutto Cristiano, però, si nasconde una persona intrepida, romantica, capace di esprimersi con parole profonde e gesti generosi. E' proprio così che funziona la società: ci si ferma all'aspetto esteriore, senza neppure domandarsi cosa ci sia oltre. Oggi un chilo di troppo, un difetto fisico, un vestito superato ti fanno rientrare immediatamente nella categoria dei brutti e degli sfigati, pena l'emarginazione e la solitudine. Ognuno di noi dovrebbe imparare a non fermarsi all'aspetto fisico, ma a spingersi oltre, senza pregiudizi, perché, come dice una celebre canzone, “siamo tutti belli a modo nostro poiché Dio non commette errori”. ALICE I LA 35 Luisa è una ragazza di 15 anni, piccolina, grassottella, gli occhi sono piccoli e ravvicinati, il naso un po' schiacciato; cerca di nascondere con i capelli lunghi le sue orecchie a sventola, ma quelle, a volte, riescono a fare capolino. Come se tutto questo non bastasse, ha anche l'apparecchio ortodontico. Da tutti i compagni di scuola è definita brutta; ha pochi amici, raramente viene invitata alle feste e nessun ragazzo le ha mai sorriso. Il non rispondere ai comuni canoni estetici di bellezza è, quasi sempre, sinonimo di solitudine, di isolamento, di profonda tristezza e timidezza. Le pagine delle riviste, la televisione, la pubblicità decidono per noi quello che è bello e, di conseguenza, se non ci si uniforma a quei modelli si è “out”. Non sempre si ha la voglia di "grattare" sotto l'apparenza: magari, se lo si facesse, si scoprirebbe una bellezza interiore da lasciare senza fiato. Credo che chi si sente brutto, e si vede brutto, debba nella vita dare prova di grande forza e determinazione per fare emergere quello che di bello ognuno di noi ha dentro. Non sempre il brutto anatroccolo si trasforma in cigno, ma qualcuno si può innamorare di lui, della sua goffaggine, della sua semplicità, del suo bisogno di affetto, della sua lealtà. L'amore, allora, rende forti, coraggiosi e BELLI. FEDERICA ILA 36 di Italo Calvino 37 38 STUDENTE RISTRETTO NUNZIATO MANDALARI 39 EUFEMIA 40 Letture da ITALO CALVINO, Le città invisibili LE CITTA' E GLI SCAMBI EUFEMIA di Italo Calvino A ottanta miglia incontro al vento di maestro l'uomo raggiunge la città di Eufemia, dove i mercanti di sette nazioni convengono a ogni solstizio ed equinozio. La barca che vi approda con un carico di zenzero e bambagia tornerà a salpare con la stiva colma di pistacchi e semi di papavero, e la carovana che ha appena scaricato sacchi di noce moscata e di zibibbo già affastella i suoi basti per il ritorno con rotoli di mussola dorata. Ma ciò che spinge a risalire fiumi e attraversare deserti per venire fin qui non è solo lo scambio di mercanzie che ritrovi sempre le stesse in tutti i bazar dentro e fuori l'impero del Gran Khan, sparpagliate ai tuoi piedi sulle stesse stuoie gialle, all'ombra delle stesse tende scacciamosche, offerte con gli stessi ribassi di prezzo menzogneri. Non solo a vendere e a comprare si viene a Eufemia, ma anche perché la notte accanto ai fuochi tutt'intorno al mercato, seduti sui sacchi o sui barili, o sdraiati su mucchi di tappeti, a ogni parola che uno dice - come "lupo", "sorella", "tesoro nascosto", "battaglia", "scabbia", "amanti", “tartaruga” - gli altri raccontano ognuno la sua storia di lupi, di sorelle, di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie, di tartarughe. E tu sai che nel lungo viaggio che ti attende, quando per restare sveglio al dondolio del cammello o della giunca ci si mette a ripensare tutti i propri ricordi a uno a uno, il tuo lupo sarà diventato un altro lupo, tua sorella una sorella diversa, la tua battaglia altre battaglie, quella tartaruga un' altra tartaruga...al ritorno da Eufemia, la città in cui ci si scambia la memoria a ogni solstizio e a ogni equinozio. 41 42 43 STUDENTE RISTRETTO FRANCESCO SORRENTINO 44 ISIDORA 45 LE CITTA' E LA MEMORIA Di Italo Calvino ISIDORA All'uomo che cavalca lungamente per terreni selvatici viene desiderio d'una città. Finalmente giunge a Isidora, città dove i palazzi hanno scale a chiocciola incrostate di chiocciole marine, dove si fabbricano a regola d'arte cannocchiali e violini, dove quando il forestiero è incerto tra due donne ne incontra sempre una terza, dove le lotte dei galli degenerano in risse sanguinose tra gli scommettitori. A tutte queste cose egli pensava quando desiderava una città. Isidora è dunque la città dei suoi sogni: con una differenza. La città sognata conteneva lui giovane; a Isidora arriva in tarda età. Nella piazza c'è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù; lui è seduto in fila con loro. I desideri sono già ricordi. 46 OTTAVIA 47 LE CITTA’ SOTTILI Di Italo Calvino OTTAVIA Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città - ragnatela. C'è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone. Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno.Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d'acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo. Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge. 48 Alle tre città del nostro viaggio immaginario EUFEMIA-ISIDORA– OTTAVIA, abbiamo voluto aggiungere in appendice due ultime città, perché simboliche, la prima, della nostra condizione esistenziale, la seconda, della speranza che non deve spegnersi mai. Studente ristretto Giuseppe Sgrò 49 ADELMA 50 LE CITTA' E I MORTI di Italo Calvino ADELMA Mai nei miei viaggi m'ero spinto fino a Adelma. Era l'imbrunire quando vi sbarcai. Sulla banchina il marinaio che prese al volo la cima e la legò alla bitta somigliava a uno che era stato soldato con me, ed era morto. Era l'ora del mercato del pesce all'ingrosso. Un vecchio caricava una cesta di ricci su un carretto; credetti di riconoscerlo; quando mi voltai era sparito in un vicolo, ma avevo capito che somigliava a un pescatore che, già vecchio quando io ero bambino, non poteva più essere tra i vivi. Mi turbò la vista di un malato di febbri rannicchiato per terra con una coperta sulla testa: mio padre pochi giorni prima di morire aveva gli occhi gialli e la barba ispida come lui tal quale. Girai lo sguardo; non osavo fissare più nessuno in viso. Pensai: "Se Adelma è una città che vedo in sogno, dove non s'incontrano che morti, il sogno mi fa paura. Se Adelma è una città vera, abitata da vivi, basterà continuare a fissarli perché le somiglianze si dissolvano e appaiano facce estranee, apportatrici d'angoscia. In un caso o nell'altro è meglio che non insista a guardarli. Un'erbivendola pesava una verza sulla stadera e la metteva in un paniere appeso a una cordicella che una ragazza calava da un balcone. La ragazza era uguale a una del mio paese che era impazzita d'amore e s'era uccisa. L'erbivendola alzò il viso: era mia nonna. Pensai:"Si arriva a un momento nella vita in cui tra la gente che si è conosciuta i morti sono più dei vivi. E la mente si rifiuta d'accettare altre fisionomie, altre espressioni: su tutte le facce nuove che incontra, imprime i vecchi calchi, per ognuna trova la maschera che s'adatta di più". Gli scaricatori salivano le scale in fila, curvi sotto damigiane e barili; le facce erano nascoste da cappucci di sacco; "Ora si tirano su e li riconosco", pensavo, con impazienza e con paura. Ma non staccavo gli 51 occhi da loro; per poco che girassi lo sguardo sulla folla che gremiva quelle straducole, mi vedevo assalito da facce inaspettate, riapparse da lontano, che mi fissavano come per farsi riconoscere, come per riconoscermi, come se mi avessero riconosciuto. Forse anch'io assomigliavo per ognuno di loro a qualcuno che era morto. Ero appena arrivato ad Adelma e già ero uno di loro, ero passato dalla loro parte, confuso in quel fluttuare d'occhi, di rughe, di smorfie. Pensai:"Forse Adelma è la città cui si arriva morendo e in cui ognuno ritrova persone che ha conosciuto. E' segno che sono morto anch'io". Pensai anche:"E' segno che l'aldilà non è felice". 52 53 54 55 STUDENTE RISTRETTO AHMAD MASALMEH 56 DESPINA 57 LE CITTA' E IL DESIDERIO Di Italo Calvino DESPINA In due modi si raggiunge Despina: per nave o per cammello. La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi dal mare. Il cammelliere che vede spuntare all'orizzonte dell'altipiano i pinnacoli dei grattacieli, le antenne radar, sbattere le maniche a vento bianche e rosse, buttare fumo i fumaioli, pensa a una nave, sa che è una città ma la pensa come un bastimento che lo porti via dal deserto, un veliero che stia per salpare, col vento che già gonfia le vele non ancora slegate, o un vapore con la caldaia che vibra nella carena di ferro, e pensa a tutti i porti, alle merci d'oltremare che le gru scaricano sui moli, alle osterie dove equipaggi di diversa bandiera si rompono bottiglie sulla testa, alle finestre illuminate a pianterreno, ognuna con una donna che si pettina. Nella foschia della costa il marinaio distingue la forma d'una gobba di cammello, d'una sella ricamata di frange luccicanti tra due gobbe chiazzate che avanzano dondolando, sa che è una città ma la pensa come un cammello dal cui basto pendono otri e bisacce di frutta candita, vino di datteri, foglie di tabacco, e già si vede in testa ad una lunga carovana che lo porta via dal deserto del mare, verso oasi d'acqua dolce all'ombra seghettata delle palme, verso palazzi dalle spesse mura di calce, dai cortili di piastrelle su cui ballano scalze le danzatrici, e muovono le braccia un po' nel velo e un po' fuori dal velo. Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone; e cosí il cammelliere e il marinaio vedono Despina, città di confine tra due deserti. 58 CRISTIANIA TESTO STUDENTE RISTRETTO 59 60 STUDENTE RISTRETTO ANDREA GIOVO 61 62 STUDENTE RISTRETTO FIORENZO SANTORO 63 Anche le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una nè l’altro bastano a tenere su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settanta meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. MARCO POLO 64 Irene è la città che si vede a sporgersi dal ciglio dell'altipiano nell'ora che le luci s'accendono e per l'aria limpida si distingue laggiù, in fondo, la rosa dell'abitato...il vento porta lo sgranare della mitraglia, l'eplosione d'una polveriera nel cielo giallo degli incendi appiccati dalla guerra civile…( Italo Calvino) MARCO (studente classe I linguistico Soleri-Bertoni) Dopo diversi giorni di viaggio verso l'entroterra del paese, l'uomo giunge nella città di Irene, in cui la vita è dominata dalla guerra e dai conflitti; questa metropoli non é grandissima , ma a causa delle sue violente e aggressive vicine ha sviluppato un carattere bellicoso fin dall'antichità e ora non riesce più a smettere di combattere. Si presenta agli occhi dello straniero come un grande accampamento, dove gli abitanti si spostano a bordo di blindati e carri armati, gli abiti sono le uniformi e chiunque, anche donne e bambini, possiede un'arma. Durante il giorno il cielo è oscurato dal fumo, mentre la notte è illuminata dalle deflagrazioni. Non si ode la musica, solo colpi di mitra e boati di bombe; non si sentono profumi, solo il tremendo odore di polvere da sparo e sangue. A Irene si combatte sempre e quando i nemici finiscono, la città stessa si divide e la popolazione inizia a lottare , anche se i motivi dello scontro non sono ben chiari. La pace è un miraggio e, in fondo, sembra quasi che le persone non la vogliano. È strano, ma la piccola Irene non é un caso unico; infatti, nel mondo, ci sono migliaia di città come questa, dove le persone combattono e muoiono. In questi luoghi gli abitanti non pensano, non amano, non parlano; semplicemente, imbracciato un fucile, si illudono, con la violenza, di risolvere tutti i loro problemi. 65 A Dorotea arrivai nella prima giovinezza, una mattina...prima d'allora non avevo conosciuto che il deserto e le piste delle carovane. Quella mattina, a Dorotea, sentii che non c'era bene della vita che non potessi aspettarmi…(Italo Calvino) CECILIA (studente classe I linguistico Soleri-Bertoni) Camminando per tre giorni verso nord-est, lungo stretti sentieri di ciottoli, si giunge alla città di Dorotea. E’ la città alla quale ognuno si affeziona, perché porta allo spirito il dono più bramato: la felicità. Solo l'avvicinarsi a quel magnifico luogo riempie il cuore di forza e di gioia; qui le preoccupazioni e le paure si attenuano, perché si capisce che a tutto c’è una soluzione. Dorotea risolleva gli animi, riempie i sensi e fa vivere veramente, liberi e fieri delle proprie azioni. Gli edifici principali del luogo sono quelli in cui le persone si riuniscono per condividere qualcosa: un pasto nell’ampio refettorio rallegrato dagli schiamazzi dei bambini; un sorriso nell’antica polveriera a causa degli scherzi esilaranti; un ricordo tra le mura sicure dell'antico maniero nel quale si compiono infiniti rituali. Dorotea sorge solitaria e incontrastata tra le montagne. Qualcuno, una, volta disse che i monti donano forza a chi li osserva. A Dorotea le montagne donano tutto ciò che la vita può offrire di positivo: determinazione, fiducia, ottimismo, ma soprattutto voglia voglia di vivere. Un manifesto appeso sulla porta della città recita:-Il settimo giorno Dio creò Dorotea.Quest’affermazione è più che mai vera: questa straordinaria, gioiosa città potrebbe essere stata creata solamente in un giorno tanto speciale. Qui, ogni persona vive le esperienze più significative della sua vita. Quest’affermazione è più che mai vera: questa straordinaria, gioiosa città potrebbe essere stata creata solamente in un giorno tanto speciale. Qui, ogni persona vive le esperienze più significative della sua vita. 66 A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze... Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano…(Italo Calvino) CRISTINA (studente classe I linguistico Soleri-Bertoni) Arrivai a Cloe un mattino d'autunno; era una grande città sulle sponde di un grande lago che occupava un grande continente. Scoprii che era divisa in tanti quartieri, ognuno dei quali era separato dall’altro da un altissimo muro di pietra nera. Questo, si narra, fosse stato costruito in tempi remoti da un antico Re e che poi non fosse mai stato abbattuto.Per le immense strade si vedevano file di uomini uguali, impassibili e muti, che camminavano con passo costante; si incrociavano tra loro senza vedersi, senza sorridersi, senza parlarsi; come una macchina perfetta in un silenzio angosciante. Lungo le vie non si affacciavano negozi: scoprii che gli acquisti si facevano da casa, dove poi direttamente sarebbe arrivati i prodotti. Ogni abitazione era a sé, tutte ugualmente grigie e tristi. Neanche all’interno delle case si dialogava: ogni membro della famiglia aveva una propria stanza da cui raramente usciva. Nonostante esistesse un edificio scolastico, questo era deserto, perché i genitori preferivano che i propri figli studiassero a casa con un insegnante virtuale.L’unico modo per comunicare era entrare in una chat e passare le giornate a scrivere su una tastiera, ormai consumata. Alla sera, coricandosi , al termine di una giornata che era stata come tutte le altre, spesso i vecchi provavano nostalgia ripensando a ciò che una volta era stata la loro città: viva, solidale, una vera comunità , dove si rideva , si parlava, ci si guardava negli occhi, si amava, si dava valore anche alle piccole cose; una Cloe a misura d'uomo . 67 Anche a Raissa, città triste, corre un filo invisibile che allaccia un essere vivente a un altro per un attimo e si disfa, poi torna a tendersi tra punti in movimento disegnando nuove rapide figure cosicchè a ogni secondo la città infelice contiene una città felice che nemmeno sa d'esistere… (Italo Calvino) KAROLINA (studente Bertoni) classe I linguistico Soleri- Raissa è un piccolo paese del Brasile, fatto di povere case e abitato da umili persone; la gente possiede poche cose e talvolta è priva del necessario, eppure, quando arrivi a Raissa, sembra che il tempo si fermi e la vita trascorra senza tener conto del resto del mondo. E' un luogo dove tutti si conoscono e in cui ognuno è sempre pronto ad aiutare chi ne ha bisogno. Lo straniero che vi arriva rimane colpito dall'allegria degli abitanti e dalla loro spensieratezza. La musica non manca mai per le vie del paese: ognuno possiede vecchie radio e le tiene ad alto volume per sentire e risentire le canzone preferite. L'effetto che ne deriva è un insieme di suoni diversi fra loro che si mescolano nell'aria fino a formare un'unica melodia, che preannuncia a distanza l'esistenza di Raissa. La gente va al lavoro cantando, le ragazze ballano per le strade e i bambini trascorrono i pomeriggi a giocare a calcio nella piazza principale, spensierati. Chiunque entri a Raissa rischia di non poterne più uscire. A poco a poco ci si dimentica del proprio luogo d'origine, di quelle città tristi e cupe, dove si trascorreva l'esistenza correndo, imprecando, pensando solo al proprio tornaconto. Si rimane folgorati dalla leggerezza del posto e col passare del tempo si comincia a vivere come gli altri, godendosi ogni giorno senza pensare al domani. 68 CASOLA LA CITTA’ DEI FRUTTI DIMENTICATI 69 CHIARA (studente classe I linguistico Soleri-Bertoni) Quando arrivi a Casola, ti sembra di ritrovare tutto quello che le altre città hanno dimenticato. Tutto quello che anche tu, forse, hai dimenticato. Puoi ritrovare i frutti dimenticati, i frutti più piccoli e meno nobili, forse, ma di sicuro i più importanti. Lo sapeva bene suor Luca Maria, la reverendissima madre superiora, che, oltre a dirigere il convento delle suore orsoline e l’asilo pieno di bambini scalmanati, custodiva gelosamente un piccolo orto, con i cui frutti curava i mali dei suoi adorati pargoletti, o almeno ci provava. Anche don Elvis, quell'omone grosso che tutti adoravano, sapeva trasformare i frutti dimenticati in un prezioso liquore made in Casola, di cui tutti andavano ghiotti. E che dire poi dei Cavina? Sembravano davvero dei frutti dimenticati, in quel piccolo appartamento delle case popolari, perennemente impelagati ad arrivare a fine mese; eppure tutti volevano loro bene! C’era nonno Gianì, un vero pericolo pubblico, che se ne andava in giro con la vespa rosso fuoco, che però non sapeva guidare e con cui si schiantava continuamente. C’era sua moglie, per tutti nonna Cristina, che non si perdeva mai una funzione religiosa insieme alla Giovannona, la sua inseparabile compagna. Si diceva che in casa parlasse con il crocifisso e si lamentasse sempre di suo marito, lanzichenecco della peggior specie. E poi c’era il piccolo Cristiano: lui ERA il frutto dimenticato, senza un padre e con una madre ancora bambina, eppure felice con quei nonni un po' rudi ma pieni di affetto; forse un po' troppo vivace per le suore dell'asilo, ma curioso e sognatore. E ancora il piccolo Francesco, volato in cielo prima ancora di essersi affacciato alla vita. E infine c'ero io, Minghì, cui i casolani attribuivano la colpa di ogni disgrazia; perfino la morte di Don Elvis era stata colpa mia, per aver scampanato un po’ troppo! E ogni volta che mi toccava suonare le campane ecco che arrivavano tutti supplicandomi “Per l’amor di Dio, fate piano!”. Eppure non avrei potuto fare a meno di questa piccola cittadina, bizzarra e folcloristica, ma 70 di cuore; Casola, la città dei frutti dimenticati. FOTOGRAFIE CARCERE MORANDI 71 72 LUNEDI’ 7 APRILE 2014 Ultimo di quattro incontri con CRISTIANO CAVINA 73 74 75 STUDENTE RISTRETTO FRANCESCO SORRENTINO 76 In risposta agli auguri di Pasqua degli studenti ristretti. Ai “gioiosi” ragazzi della II D/C” La vostra lettera, inaspettata, mi è giunta graditissima. Ho alle spalle 40 anni di insegnamento, prima nella Scuola Primaria, poi nella Secondaria di I° grado, e voi avete colto nel segno quando fate riferimento alla mia gioia di insegnare. E' stata la mia passione la scuola, un modo per me di contribuire a cambiare il mondo verso una società più giusta e egualitaria. E cioè: la scuola come una piccola società in cui creare relazioni di solidarietà e attenzione reciproca; suscitare curiosità e amore per il sapere e la conoscenza, premesse indispensabili per abbandonare pregiudizi e luoghi comuni; adottare comportamenti ispirati all'etica del bene di tutti e superare l'indifferenza e il perseguimento esclusivo dei propri interessi personali. In questa direzione ho lavorato e mi sono impegnata. Mio maestro ideale è stato 77 don Lorenzo Milani, un prete che ha scritto un libro fondamentale per la mia formazione, “Lettera a una professoressa”: negli anni sessanta aveva raccolto a Barbiana, una minuscola frazione di montagna in Toscana, un gruppo di ragazzi, alcuni dei quali erano stati respinti nella Scuola Media, e aveva fatto loro scuola, una scuola severa e impegnativa, per aiutarli a conseguire la licenza media e andare oltre, una scuola dove la regola era che chi sapeva di più si impegnava ad aiutare gli altri. Se quest'estate riusciremo ad organizzare delle lezioni, ve ne parlerò. Mi ha accompagnata l'attenzione ai più deboli dei miei scolari, quelli che dalla famiglia non ricevono supporti culturali, che partono deprivati e perciò necessitano di un aiuto particolare. Raggiunta la pensione, è stato uno sbocco naturale continuare ad impegnarmi in ciò che mi sembra di saper fare meglio, cioè insegnare. Per questo volentieri mi sono fatta coinvolgere dalla vostra insegnante, la professoressa Scotta, nell'esperienza che ci ha permesso di conoscerci. Secondari sono il grigio delle pareti e le porte chiuse delle aule, le finestre a grate: quello che conta è l'umanità che lì ho incontrato, un'umanità che vive una situazione di sofferenza ma non si atteggia a vittima, dandomi una lezione di forza e di dignità. 78 Ci tengo a dirvi che, se qualcosa sonoriuscita a darvi,anch'io da voi ho ricevuto molto; mi hanno colpito la vostra serietà e il vostro impegno, il desiderio di imparare, la capacità di analisi dei testi che avete letto e di confronto delle opinioni; da voi mi sono sentita rispettata e benvoluta e sempre suscita in me un piacevole stupore l'accoglienza che mi riservate quando ci incontriamo. Ho cominciato la lettera facendo riferimento alla gioia di insegnare che giustamente mi attribuite; mi piace insegnare come altrettanto mi piace imparare; continuo ad essere curiosa di conoscere e di apprendere, e si apprende non solo dai libri, ma anche dagli incontri che si fanno. Voi siete stati e siete per me occasione di arricchimento personale. Per tutto questo vi ringrazio. MARIELLA Carena ( insegnante volontaria). 79 “ADOTTA UNO SCRITTORE” AL MORANDI Il primo impatto con l'ambiente carcerario è stato molto forte e, in alcuni ragazzi, questo ha provocato un certo turbamento; ci hanno intimidito soprattutto i lunghi e meticolosi controlli cui siamo stati sottoposti all'ingresso della struttura e la vicinanza coi reclusi. Superati i primi momenti, in realtà tutti si sono poi trovati a loro agio e hanno saputo cogliere la grande opportunità culturale e umana che era loro offerta. Il merito di tutto questo va attribuito soprattutto allo scrittore, che ha saputo utilizzare, durante i vari incontri, un linguaggio giovanile e semplice, con il quale ha interessato e divertito gli studenti di entrambe le classi. Le attività svolte hanno preso avvio da tre importanti opere letterarie:"I frutti dimenticati", uno dei più noti romanzi dello scrittore ospite, "Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand e "Le città invisibili" di Italo Calvino. Dalla lettura di questi testi sono emerse molte tematiche su cui i partecipanti al progetto hanno potuto confrontarsi, tra cui la paternità, la famiglia, la bellezza esteriore e interiore e la città come luogo del desiderio e della memoria; su questi argomenti gli studenti hanno scritto riflessioni personali, tutte molto sincere e toccanti, ma si sono anche impegnati in attività più “leggere” come la recitazione, il canto e, nel caso degli “artisti” del “Morandi”, la scultura e il disegno (particolarmente apprezzato dallo scrittore è stato il naso in creta di Cyrano che gli studenti ristretti gli hanno voluto donare). Alla fine degli incontri, tra noi giovani ragazzi, gli studenti reclusi e lo scrittore si è instaurato un rapporto di amicizia, che ha dato vita ad un legame particolare tra tre diversi mondi. A conclusione di questa esperienza emergono da parte nostra la speranza di partecipare ad altri progetti così interessanti e il desiderio di poter ancora incontrare i “colleghi” della sezione carceraria che, attraverso la testimonianza degli errori del passato e delle difficili condizioni presenti, ci hanno aiutato a riflettere e a superare molti pregiudizi. LA CLASSE ILA 80 A conclusione del progetto”Adotta uno scrittore “ GLI STUDENTI RISTRETTI della classe II liceo Artistico del la Casa di Reclusione Morandi ringraziano: Lo scrittore Cristiano Cavina tutti gli studenti che hanno partecipato all'iniziativa le prof.Antonella Giordano e Rossella Scotta gli attori Tiziana Rimondotto e Valerio Dell'Anna i professori volontari Paolo Burzio, Mariella Carena, Anna Lia Fia e Marisa Russotti gli insegnanti e la Preside dell'Istituto “Soleri-Bertoni” gli insegnanti dell'Istituto “Denina-Pellico” il Salone del Libro di Torino la Fondazione della Cassa di Risparmio di Saluzzo La vostra straordinaria e graditissima visita ci ha davvero entusiasmato. Quell'interagire con voi nel corso di questa esperienza è stata una preziosa occasione di crescita. Quando le emozioni si fondono, l'originaria bontà dell'uomo risplende in tutta la sua bellezza, spazzando via ogni barriera, cosicché il pregiudizio si trasforma in comunicazione e comprensione reciproca, le riserve mentali in educazione condivisa e la diffidenza, come per incanto, si tramuta in consolante coesione umana. Il vostro sincero apprezzamento della nostra attività culturale ha suscitato in noi questa emozionante sensazione: che la “città dei murati vivi”, che non abbiamo trovato tra le “città invisibili” di Calvino, può ancora essere parte integrante dell'identità urbana e umana. La vostra eccezionale iniziativa di “venirci incontro” testimonia una grande capacità di empatia verso chi saprà farne tesoro. Sappiate che la vostra manifestazione di umana solidarietà rimarrà tatuata nella nostra mente e nei nostri cuori perché in quel breve lasso di tempo destinato ad ogni incontro siete riusciti a trasformare questa sterile deserta landa in una lussureggiante oasi... Certamente continueremo a custodire a lungo nella nostra memoria quei momenti emozionanti, momenti di beatitudine strappati alla desolazione ambientale. Grazie, grazie, grazie di cuore! Saremmo davvero lieti e felici di vedervi di nuovo. Un calorosissimo abbraccio da tutti noi Gli studenti della classe II Liceo Artistico del Carcere Morandi 81 82