Gennaio/Febbraio 2010

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Gennaio/Febbraio 2010
Il Giornale del Pilo Albertelli di Roma
Interviste a Federica Palazzi e
Veronica Liberati (M.Pieri, V.De
Angelis): pag.2
Roma: Finalmente in bianco
(C.Lugi): pag.3
*
Comunicato dei lavoratori di
Rosarno: pag.4
Ndrangheta:il silenzio è d'oro
(F.S.Massimo): pagg.4-5
Porrajmos! (A.Iacarella): pagg.6-7
Vi insegneremo centomila parole:
pag.8
*
Manga (L.Spatocco): pag.8
Black Clouds & Silver Linings
(P.Marzioli): pagg.9-1 0
Patch Adams (M.Pieri): pag.1 0
Roma,
finalmente in
bianco
S
Gen/Feb 2010 ­ Numero 4 ­ Anno III
Mille Splendidi Soli (L.F.Anania):
pag.1 1
Mika e Omero (G.Colletti):
pagg.1 1 -1 2
Sherlock Holmes (F.Tiburzi):
pag.1 2
Avatar (V.Tiburzi): pag.1 2
*
Tucidide e il Barcellona (F.Di
Carolis): pag.1 3
*
Annunci (comitato genitori,
premio poesia)& Sponsor: pag.1 4
Scatti da matti (festa di
carnevale): pagg.1 5-1 6-1 7
La posta: pag.1 7
*
Liberamente: pagg.1 8-1 9-20
Cecilia Lugi
orprendente come il manifestarsi
di un agente atmosferico possa
provocare
tanto
entusiasmo.
Eppure, quando a metà mattinata di
lunedì 1 2 Febbraio scende la prima neve,
gli studenti romani cessano di prestare
attenzione alle lezioni e con gli occhi
incollati alle finestre si lasciano
incantare, come pargoli ipnotizzati da
una favola, dai rimproveri poco
convincenti dei professori, sospirando
rassegnati perché sanno che quei fiocchi
non si tramuteranno nel soffice manto
atteso da decenni.
Ma la speranza rimane. Il desiderio di
vedere Roma imbiancata coinvolge tutti.
Così, quando la neve inizia finalmente a
posarsi il trillo della campana delle
undici riversa decine di alunni festosi per
le strade ricoperte da uno strato
compatto, uniforme e candido.
SNOW IN ROME!
12­02­2010
Mille Splendidi Soli
Porrajmos!
(Articolo a pag.3)
Lavinia Fabia Anania
... a pagina 11!
Stragi naziste di rom
Andreas Iacarella
... a pagina 6!
Black Clouds & Silver Linings
Il nuovo album dei Dream Theater
Paolo Marzioli
... a pagina 9!
a p. 3
ond a nomala
Intervista a
Federica Palazzi
2
A cura di Marcello Pieri
Intervista a Veronica Liberati
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
A cura di Valeria De Angelis
Nome, cognome, data di nascita
Veronica Liberati, 1 9 Giugno 1 993
Da quanto tempo pratichi l’hip hop?
Pratico questo sport da 1 2 anni.
Come'è nata questa tua passione per il
canto?
E’ impossibile spiegarlo. Canto da
quando sono piccola. E’ la mia più
grande passione e continuerà ad esserlo
qualsiasi cosa accada nel mio futuro.
Che premi ti ha portato a vincere
questa tua passione?
Ho vinto gli interregionali, i regionali e Come descrivi la tua esperienza a “Ti
lascio una canzone”?
il campionato italiano. Quest’estate ho
Bella. Unica. Sono andata ai provini
partecipato ai mondiali a Las Vegas, ma è
così,
per gioco e non mi aspettavo
l’unico titolo che mi manca!
proprio di passare! Quando l’ho saputo
Qual’è stata la gara più entusiasmante ho visto un mio sogno realizzarsi. Ero
soddisfatta soprattutto perché c’ ero
alla quale hai partecipato?
Sicuramente i mondiali, un’emozione riuscita con le mie sole forze, col mio
talento, e non con una
che non si presenta tutti i giorni.
raccomandazione.
Quante ore ti alleni a settimana?
Come ti sei sentita la prima volta sul
Dipende, perché non pratico solo hip
palco dell'Ariston?
hop, però la palestra è la mia seconda
Male, perché avevo paura. E’ come il
casa: in media ci passo 1 8 ore a
palco
dell’Ariston. La cosa emozionante
settimana!
è trovarcisi a 1 5 anni. E’ abbastanza
insolito…
Com’è il rapporto con il tuo
insegnante di danza?
Dopo aver partecipato a questo
C’è una grande complicità e
programma hai acquistato una certa
sicuramente la passione ci accomuna!
popolarità: la cosa ti mette in
imbarazzo?
Come descriveresti la sensazione che
No, anzi mi fa piacere. Ma rimango
provi quando balli?
Non trovo una sola definizione. Nei
Allenamento o uscita con gli amici?
momenti difficili mi aiuta a sfogarmi,
Dipende, se non ho gli allenamenti
quando ballo esprimo tutte le emozioni
che provo. Se la posso definire così, è la esco.
mia “droga giornaliera”!
C’è mai stata una grande delusione
durante la tua “carriera artistica”?
Riesci ad organizzare bene il tempo
Quando ho avuto l’incidente. Mi sono
sia per lo sport che per lo studio, oppure
rotta il femore sciando e sono stata
preferisci dedicarti più all’uno che
ferma per otto mesi. Quando ho
all’altro?
ricominciato ho avuto paura di dover
Sì, ed è più facile di quanto sembri…
rinunciare alla danza, ma poi ho deciso
di continuare e ho capito che nulla è
Cosa ne pensa la tua famiglia della
impossibile.
passione che hai per la danza?
E` assolutamente d’accordo. Posso
Un saluto a tutti gli albertelliani!
sempre contare su di loro!
Non lasciate mai le vostre passioni
comunque con i piedi per terra. Non mi
sento affatto superiore agli altri per aver
partecipato un programma; credo che
dovremmo condividere con gli altri ciò
che ci piace fare affinchè anche gli altri
possano a loro volta coltivare le proprie
passioni. Un vero cantante è colui che sa
trasmettere al pubblico le proprie
emozioni e sensazioni, a prescindere
dalla fama o dalla carriera.
Frequenti una scuola di canto? Da
quanto tempo?
Non l’ho più frequentata da quando
si è conclusa la mia esperienza con “Ti
lascio una canzone”. Ho lasciato solo
per questioni di tempo.
Qual è una cosa che ti piace fare,
eccetto cantare?
Pallavolo ed equitazione.
Chi è il tuo cantante preferito?
Mi piacciono tutti, ma Mia Martini
non si batte!
Progetti per il futuro? Programmi in
vista?
Speriamo davvero!
Un saluto ai tuoi compagni di scuola
Ciao belli! xD
per altre cose. Continuate sempre a
combattere per raggiungere il vostro
obiettivo, perché e` proprio quello che
vi rende unici! Un saluto a tutti!
Fenicotteri, coshaa (perle di saggezza)
Roma, finalmente in bianco
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
Cecilia Lugi
S
orprendente come il manifestarsi di "Dal cielo tutti gli Angeli
un agente atmosferico possa videro i campi brulli
provocare
tanto
entusiasmo. senza fronde né fiori
Eppure, quando a metà mattinata di e lessero nel cuore dei fanciulli
lunedì 1 2 Febbraio scende la prima neve, che amano le cose bianche.
gli studenti romani cessano di prestare Scossero le ali stanche di volare
attenzione alle lezioni e con gli occhi e allora discese lieve lieve
incollati alle finestre si lasciano incantare, la fiorita neve."
come pargoli ipnotizzati da una favola, dai Umberto Saba, Fior di neve
rimproveri
poco
convincenti
dei
professori, sospirando rassegnati perché sanno che quei fiocchi non si
tramuteranno nel soffice manto atteso da decenni.
Ma la speranza rimane. Il desiderio di vedere Roma imbiancata coinvolge tutti.
Così, quando la neve inizia finalmente a posarsi il trillo della campana delle undici
riversa decine di alunni festosi per le strade ricoperte da uno strato compatto,
uniforme e candido.
L’euforia riesce a vincere l’iniziale ritrosia di presidi e insegnanti, rassegnati, ma
non meno turbati dei loro allievi, e le lezioni vengono immediatamente sospese:
d’un tratto, come per magia, la città si anima di adolescenti euforici e spensierati,
dimentichi di ogni preoccupazione.
I ragazzi sorridono, si abbracciano ed esultano; mano al cellulare, chiamano
familiari e amici, scrutando con attenzione il cielo, cercano notizie sulle condizioni
climatiche della periferia e dei paesi limitrofi. Temono che l’emozione possa
svanire in pochi attimi…
Ma superato lo stupore iniziale, e violata gran parte della neve a disposizione, si
gettano alla frenetica ricerca di un’altra piazza da devastare. Prendono d’assalto
autobus, tram e metro. Destinazione? Uno slargo o un giardino, una villa o un
parco, un sito archeologico o lo spazio antistante a un monumento. Ogni tetto di
Roma è tinto di nivea coltre, ogni piazza, ogni vicolo è gremito di adolescenti che
non vogliono assolutamente perdersi un’esperienza che potrebbe essere l’unica
della loro vita.
C’è chi tenta di ammonticchiare neve per un pupazzo, e chi, volendo imitare Jack
Skellington in Nightmare before Christmas, affonda i denti in un pugnetto di neve
ghiacciata. I più scatenati si rincorrono armati di palle ghiacciate; i più audaci,
addirittura, decidono d’ingaggiare una fresca battaglia a torso nudo davanti al
Colosseo, al cospetto dei centurioni compiaciuti della bagarre, e lungo il viale dei
Fori Imperiali, sfidando la temperatura e mente le nevicate dell’85 e dell’86. Ma
raccogliendo una buona quantità poche ore dopo è già tutto finito. La
d’improperi e d’insulti da parte dei neve, in un batter d’occhio, è una
passanti infreddoliti.
poltiglia scura, e in breve la pioggia ne
Gli scorci imbiancati offrono ai più cancella ogni traccia. E porta via con sé
previdenti, muniti
di
macchine quello spirito di festa, quell’atmosfera
fotografiche, una grande varietà di straniata, e vagamente natalizia, che
soggetti e panorami da immortalare. Ma aleggiava per le vie della capitale.
i veri “privilegiati” non sono gli amanti
della fotografia, non i cultori della
settimana bianca, né i giovani
folleggianti; sono piuttosto i turisti, ai
quali la sorte ha riservato uno
spettacolo irripetibile, una città eterna
insolita, bianca e spensierata.
E gli adulti, i genitori, i lavoratori, i
disoccupati? Osservano, valutano,
congetturano. Sono gli spettatori che esteriormente - non si lasciano
coinvolgere dall’eccitazione generale:
stanno a guardare. E con un pizzico di
invidia e nostalgia sbirciano gli scampoli
di felicità dei più giovani, riportando alla
ond a nomala
3
ond a nomala
Comunicato dei lavoratori di
Rosarno
'Ndrangheta
4
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
Il silenzio è d'oro
Francesco Sabato Massimo
In assenza di un vero e proprio articolo sui fatti avvenuti a Rosarno, la
redazione di Ondanomala ha deciso di pubblicare il comunicato redatto e
presentato al ministero dai lavoratori africani della città calabrese.
3
5 miliardi di fatturato annuale,
tasso di criminalità mafiosa in Calabria del 27%, insediata e attiva in
5 continenti, dalla Locride a Sidney, la
‘Ndrangheta è oggi la mafia più potente al mondo. La mafia più potente al
Eravamo bastonati, minacciati, braccati
come le bestie…prelevati, qualcuno è
sparito per sempre.
Ci hanno sparato addosso, per gioco o
per l’interesse di qualcuno. Abbiamo
continuato a lavorare.
Con il tempo eravamo divenuti facili
bersagli. Non ne potevamo più. Coloro
che non erano feriti da proiettili, erano
feriti nella loro dignità umana, nel loro
orgoglio di esseri umani.
Non potevamo più attendere un aiuto
che non sarebbe mai arrivato perché
siamo invisibili, non esistiamo per le
autorità di questo paese.
Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per
strada per gridare la nostra esistenza.
La gente non voleva vederci. Come può
manifestare qualcuno che non esiste?
Le autorità e le forze dell’ordine sono
arrivate e ci hanno deportati dalla città
perché non eravamo più al sicuro. Gli
abitanti di Rosarno si sono messi a darci
la caccia, a linciarci, questa volta
organizzati in vere e proprie squadre di
caccia all’uomo.
Siamo stati rinchiusi nei centri di
detenzione per immigrati. Molti di noi
ci sono ancora, altri sono tornati in
Africa, altri sono sparpagliati nelle città
del Sud.
Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo
senza lavoro, senza un posto dove
dormire, senza I nostri bagagli e con I
salari ancora non pagati nelle mani dei
nostri sfruttatori.
Noi diciamo di essere degli attori della
vita economica di questo paese, le cui
autorità non vogliono né vederci né
ascoltarci. I mandarini, le olive, le
arance non cadono dal cielo. Sono delle
mani che li raccolgono.
Eravamo riusciti a trovare un lavoro
che abbiamo perduto semplicemente
perché abbiamo domandato di essere
trattati come esseri umani. Non siamo
venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro
lavoro e il nostro sudore serve all’Italia
come serve alle nostre famiglie che
hanno riposto in noi molte speranze.
Domandiamo alle autorità di questo
paese di incontrarci e di ascoltare le
nostre richieste:
- Domandiamo che il permesso di
soggiorno concesso per motivi
umanitari agli 1 1 africani feriti a
Rosarno, sia accordato anche a tutti noi,
vittime dello sfruttamento e della
nostra condizione irregolare che ci ha
lasciato senza lavoro, abbandonati e
dimenticati per strada.
- Vogliamo che il governo di questo
paese si assuma le sue responsabilità e
ci garantisca la possibilità di lavorare
con dignità.
If you're searching for the message, you're in the wrong place, i'm sorry.
“I mandarini e le olive non cadono dal
cielo”
In data 31 gennaio 201 0 ci siamo
riuniti per costituire l’Assemblea dei
lavoratori Africani di Rosarno a Roma.
Siamo i lavoratori che sono stati
obbligati a lasciare Rosarno dopo aver
rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo
in condizioni disumane.
Vivevamo in fabbriche abbandonate,
senza acqua né elettricità.
Il nostro lavoro era sottopagato.
Lasciavamo I luoghi dove dormivamo
ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo
la sera alle 20.00 per 25 euro che non
finivano nemmeno tutti nelle nostre
tasche.
A volte non riuscivamo nemmeno,
dopo una giornata di duro lavoro, a farci
pagare.
Ritornavamo con le mani vuote e il
corpo piegato dalla fatica.
Eravamo, da molti anni, oggetto di
discriminazione, sfruttamento e
minacce di tutti i generi.
Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di
notte, dai figli dei nostri
sfruttatori.
L’Assemblea dei Lavoratori
Africani di Rosarno a Roma
mondo e nessuno le ha dedicato un film
come "Il Padrino" o un capolavoro come
"Gomorra". Potremmo definirla una mafia underground, sottovalutata o ignorata dai più: è proprio questa la sua
forza.
La parola ‘Ndrangheta deriva molto
probabilmente alla voce greca andragathìa che significa coraggio, valore, virilità, le virtù esemplari e ammirevoli
del bravo mafioso calabrese. Tuttavia
questo nome inizia a diffondersi solo
nel secondo dopoguerra. In precedenza
l’appellativo preferito da prefetti e ministri per indicare gli ‘ndranghetisti erano «camorrista» o «picciotto». E, in
effetti, la mafia calabrese era considerata una semplice filiazione di Cosa Nostra, un’organizzazione criminale di
serie B, importata dalle regioni limitrofe, debole e disorganizzata.
In realtà il fenomeno mafioso calabrese aveva una storia e delle radici profonde, persino più del neonato stato
unitario. Nel 1 869, un anno prima della
breccia di Porta Pia, la ‘Ndrangheta era
già abbastanza forte da poter inquinare
lo svolgimento e condizionare l’esito
delle elezioni amministrative: dinamiche che dopo 1 60 anni si ripetono,
rafforzatesi e ampliatesi sotto gli occhi
di uno Stato, a seconda delle circostanze, impotente o connivente. Il
rapporto con la politica, infatti, è molto
antico e parimenti sottovalutato e nascosto. La ‘Ndrangheta seppe inserirsi
con notevole abilità nelle lotte per il potere tra famiglie e fazioni, divenendone
in breve arbitro e parte in causa.
Un’organizzazione che ha saputo occupare gli spazi che lo Stato non poteva o
non voleva gestire, non garantendo ma
concedendo alla popolazione come favore e privilegio ciò che invece le
spettava di diritto: lavoro prima di
tutto.
La nascita della ’Ndrangheta deve
molto al modello delle società segrete
rappresentato in primis dalle logge
massoniche, introdotte in Calabria da
Gioacchino Murat all’inizio dell’800.
(Segue a pag.5)
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
(Continua da pag.4)
Un’organizzazione segreta era l’ideale sia per difendersi dalla repressione dello
Stato, sia per infiltrarsi nella società e nello Stato stesso. Il legame con la massoneria rimarrà costante fino ai giorni nostri, ma i punti di forza più strepitosi sono due
e sono peculiari della mafia calabrese.
Il primo punto di forza è collegato alla struttura della ‘Ndrangheta, fondata sulla
famiglia di sangue da cui traggono forza legami pressoché indissolubili. I vincoli familiari sono la protezione più efficace dal pentitismo. Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita, sono state duramente colpite dal fenomeno del pentitismo. La
‘ndrangheta si è invece rivelata incolume rispetto a questa insidia. I casi di collaborazione alla punta dello stivale sono sporadici e hanno riguardato personaggi secondari, alla base della gerarchia criminale. In più, a differenza di Cosa Nostra,
dotata di una “Cupola”, un organo dirigente unitario cui partecipano i rappresentanti di tutte le famiglie ma anche motivo di vulnerabilità, la mafia calabrese
non ha un vertice. Non c’è una testa da colpire per paralizzare tutto il corpo. La
‘Ndrangheta si è data una struttura “federativa” e, almeno fino al 1 991 non ha avuto neanche un vertice. I clan sono denominati ‘ndrine. La struttura molecolare di
ogni ‘ndrina è formata dalla famiglia naturale del boss, il capobastone. Ogni ‘ndrina ha un territorio di riferimento da gestire e nel quale sviluppare le proprie attività (oggi in gran parte delocalizzate al centro-nord d’Italia e all’estero). Questo
territorio di solito coincide con il comune di residenza del capobastone. Nelle
grandi città come Reggio Calabria invece, convivono più ‘ndrine a formare un locale
allo scopo di coordinare le proprie attività. Dunque un profondo radicamento a livello territoriale affiancato da una clamorosa espansione a livello nazionale e transnazionale.
Questi due orientamenti costituiscono un vantaggio proprio in virtù della loro
complementarità e oggi la ‘Ndrangheta è una vera e propria holding finanziaria,
una multinazionale del crimine impegnata in affari di ogni genere in tutto il mondo
e leader mondiale del contrabbando di cocaina.
Il secondo fattore di successo è la strategia criminale adottata. La ‘Ndrangheta
ha sempre agito nel silenzio, lontana dai riflettori dei media. In questo modo ha
potuto condurre indisturbata le proprie attività. Mentre, all’inizio degli anni ’90,
Cosa nostra inaugurava la strategia autolesionista delle stragi e della lotta aperta
allo stato, distraendosi dai propri affari e provocando una reazione sorprendentemente agguerrita, la ‘Ndrangheta ha colto l’occasione per inabissarsi ancora di più
ed estorcere ai siciliani il primato tra le organizzazioni criminali, accreditandosi
presso i cartelli dei narcotrafficanti sudamericani come referente europeo più affidabile.
Alla metà degli anni ’70 la ‘Ndrangheta aveva subito un’importante evoluzione
con la creazione della Santa, una struttura parallela alle ‘ndrine ma che operava
con modalità decisamente diverse. L’obiettivo era quello di insinuarsi sempre più
all’interno della società e dello Stato. Per fare questo bisognava rompere certi tabù
che impedivano alla ‘Ndrangheta di aprirsi del tutto al mondo esterno. Alla Santa
dunque vennero ammessi i più giovani e brillanti esponenti dell’organizzazione,
decisi a rompere con le vecchie regole della «società di sgarro» e ansiosi di mettersi
alla prova. Per incrementare il proprio potere bisognava allacciare nuovi rapporti in
cima alla società e anche con figure fino ad allora tacciate di “infamità” - cioè politici, magistrati, funzionari di polizia e della pubblica amministrazione - oltre che
imprenditori e professionisti (medici, notai, avvocati etc.). Le vecchie regole erano
per la vecchia ’Ndrangheta e per i mafiosi comuni. Le giovani èlite si svincolarono
dai vecchi vincoli perché non erano intenzionate a muoversi ai margini della società; l’immagine del mafioso è cambiata, non c’è più il rozzo zappaterra armato di lupara e con la coppola in testa; oggi al vertice delle mafie vi sono giovani
imprenditori del crimine, poliglotti e disinvolti personaggi che spostano merce e
capitali da un capo all’altro del mondo.
Non bisogna assolutamente assimilare la ‘ndrangheta ad una pittoresca espressione del folklore del Mezzogiorno italiano. La mafia al nord, checché alcuni amministratori si ostinino a negarlo o a ignorarlo, è una realtà da trenta-quarant’anni. I
primi “picciotti” giunsero al nord già alla metà degli anni ’50 al seguito delle prime
ondate migratorie oppure perché inviati al confino di polizia. Nei ghetti di immigrati meridionali che si formarono nelle periferie delle città settentrionali (in effetti
un po’ come accade oggi con i nuovi immigrati) la criminalità organizzata ritrovò lo
stesso habitat dei luoghi d’origine, terreno fertile per crescere. In più al nord c’era
molto denaro e personaggi senza scrupoli pronti ad investirlo in attività illecite. Sta
di fatto che a oggi più di un consiglio comunale del nord (come quello di Bardo-
ond a nomala
5
necchia) è stato sciolto per infiltrazioni
mafiose. Stesso destino che è toccato al
comune di Nettuno e che doveva verificarsi per il consiglio comunale di Fondi,
il comune del Lazio pontino che ospita
uno dei più grandi mercati ortofrutticoli d’Europa e sul quale hanno allungato
le mani i Casalesi e la ’Ndrangheta.
Fondi e la provincia di Latina formano il feudo del senatore Fazzone (Pdl).
L’onorevole è stato eletto consigliere
regionale nel 2005 con 37 mila preferenze (il più votato d’Italia). Divenuto
Presidente del consiglio regionale del
Lazio, all’epoca della giunta Storace,
scriveva lettere di raccomandazione
(almeno 64) per far assumere suoi
clienti alla Asl di Latina. E la cosa più
raccapricciante è che le scriveva su
carta intestata della Regione. A chi gli
chiedeva spiegazioni rispose candidamente - cito il manifesto - che avrebbe
continuato a farlo e «finché farò politica
segnalerò i problemi della gente».
Insomma ne ha fatto un motivo di orgoglio e forse un giorno inserirà questa
benemerenza nel suo curriculum. Sarà
forse per amor di contraddizione ma
Fazzone è anche membro della
commissione giustizia…
Fonti:
Francesco Forgione, ’NDRANGHETA. Boss luoghi e
affari della mafia più potente al mondo – La relazione
della Commissione Parlamentare Antimafia, edito da
Baldini Castoldi Dalai;
Forgione è stato presidente della commissione
nella scorsa legislatura e ha appena pubblicato
un nuovo libro MAFIA EXPORT. Come ‘Ndrangheta,
Cosa Nostra e Camorra hanno colonizzato il mondo,
edito anch’esso da Baldini Castoldi Dalai;
Il manifesto;
www.claudiofazzone.it.
ond a nomala
6
U
PORRAJMOS!
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
Andreas Iacarella
n termine intraducibile in italiano, che fonde assieme i concetti di divoramento, distruzione, annientamento. Si sa che spesso, purtroppo, la storia
è fatta dalle cifre. Per questo, forse, il massacro inumano di circa un milione
di rom e di sinti (il numero varia a seconda della testimonianza) è ingiustamente
stato messo da parte in confronto alle ben 6 milioni di vittime ebree immolate dal
Terzo Reich. Basti pensare che il governo tedesco gli riconobbe solo nel 1 980 la loro dignità di vittime. È quindi più che mai necessario ricordare che gli ebrei non furono soli a morire in quei campi, nel fumo di quei camini bruciarono anche le grida
di queste migliaia di zingari, dimenticati.
Fin dall'immediato dopoguerra si
cercò di sminuire il genocidio del popolo zigano negando che fosse stato
condotto secondo pregiudizi razziali
ma che invece si inserisse all'interno del
generale processo di repressione della
criminalità normale caratteristico di
ogni guerra.
La realtà, naturalmente, fu molto diversa ma in un certo senso si collega a
queste considerazioni.
Fin dall'inizio del secolo scorso in numerosi stati europei (Francia, Germania,
etc.) erano in vigore leggi che prevedevano la schedatura e il ferreo controllo
dello sviluppo della popolazione nomade zingara, ritenuta “asociale” e generatrice di disordini all'interno della
società.
Questi pregiudizi preesistenti hanno
poi trovato, come è naturale, uno sviluppo radicalizzato all'interno delle politiche xenofobe di repressione del
governo nazionalsocialista tedesco.
La differenza fra la concezione nazista e quella delle epoche precedenti risulta chiara: il Reich diffondeva l'idea
che gli zingari fossero ladri, truffatori,
assassini e nomadi per cause genetiche,
perché tali caratteristiche erano nel loro
sangue, irrimediabilmente tarato e
perciò irrecuperabile.
I teorici di queste idee furono quegli
scienziati che, opportunisticamente, si
posero al servizio di Hitler ma che, in
molti casi, avevano cominciato studi di
questo genere fin dai primissimi anni
del '900.
A Monaco era infatti presente sin dal
1 899 un “Servizio Informazioni sugli
Zingari” presso il quale si facevano ricerche e studi sull’argomento. Nel 1 929
tale centro viene ribattezzato “Ufficio
Centrale per la lotta alla piaga zigana” e
diventa una delle principali fonti di documentazione sulle popolazioni zingare.
Date queste premesse è possibile
comprendere come il Reich considerasse la presenza di rom e sinti “nociva”
per la creazione del nuovo ordine tede-
sco e per la purificazione della razza.
Si cominciò dunque, a partire
dall'inizio degli anni '30, una vasta
campagna di “sterilizzazione” coatta di
tutti gli appartenenti alla “razza zingara” che venne perpetrata inizialmente
negli ospedali e, successivamente,
anche nei lager.
La finalità era, logicamente, quella di
impedire la riproduzione di quella determinata “razza”, condannandola
all'estinzione.
La situazione, già critica, degenerò
quando Heinrich Himmler, dal giugno
1 936 capo delle SS e della polizia, divenne (1 938) anche il responsabile della
“questione zingara”.
L’ 8 dicembre 1938, Himmler emanò
un decreto fondamentale per la storia
dello sterminio degli zingari. La prima
legge che riguarda esplicitamente ed
esclusivamente la “razza zingara”, nella
quale, tra l’altro, viene regolata la
concessione di documenti ai cittadini
zingari in base a perizie razziali e si
impone loro una scelta obbligata tra la
sterilizzazione e l’internamento.
Il testo è molto chiaro: la “questione
gitana” è considerata una “questione
di razza” e come tale va affrontata.
Le istruzioni per l’esecuzione del
provvedimento, del 1 marzo 1 939, ne
rendono ancora più evidente il carattere: «Scopo delle misure adottate dallo stato
vuole essere la separazione definitiva della
stirpe gitana dalla stirpe germanica, quindi
la regolamentazione delle condizioni di vita
degli zingari razzialmente puri e dei semizingari».
Da questo momento fu un proliferare
continuo di leggi e provvedimenti atti
all'annientamento degli zingari: oltre
alle leggi che ne limitano o annullano i
diritti negli ambiti matrimoniale, lavorativo e scolastico un’ordinanza del 7
agosto 1 941 definisce le distinzioni tra
zingari di razza pura (Z), zingari al 50%
(ZM), zingari per più o meno del 50%
(ZM+ o ZM-), non zingari (ZN).
Non possono quindi esservi dubbi sul
carattere di queste norme che non solo
esplicitano i motivi razziali della persecuzione, ma indicano la presenza di una
“questione zingara” - non criminale che minaccia il popolo tedesco. Da questo momento la sorte degli zingari nella
Germania nazista e in tutti i territori
occupati fu identica a quella degli ebrei:
persecuzione, deportazione e morte.
Esistono numerosi documenti che testimoniano la presenza degli zingari nei
campi di Auschwitz, Dachau, Ravensbrùck, Treblinka, Buchenwald, BergenBelsen, Chelmno, Maidanek, Gusen,
Theresienstadt, Belzec, Sobibor...
LO “ZIGEUNERLAGER”
Il 16 dicembre del 1942 Himmler
decretò la “soluzione finale della questione zingara” firmando l’ordine di
internare, o trasferire, ad Auschwitz
tutti gli zingari. La firma di questo documento rappresentò l'ufficializzazione
della condanna a morte per la “razza zigana”.
A Birkenau una sezione del lager, denominata campo B2e, venne loro destinata.
Era lo Zigeunerlager, il “Campo
zingaro”.
Un filo spinato attraversato da
corrente elettrica divideva gli zingari
dal resto dei prigionieri, emarginati
nell'emarginazione.
All'interno del recinto vivevano, però, maschi e femmine, giovani e vecchi
senza alcuna separazione. Le famiglie
non furono divise e non solo si permisero ma anzi si documentarono dettagliatamente tutte le nascite avvenute
nello Zigeunerlager : il primo bimbo
venne alla luce l’1 1 marzo ‘43.
Inoltre i prigionieri zigani non erano
sottoposti alle terribili selezioni per le
camere a gas, normalmente di prassi:
appena arrivati erano tatuati e rasati a
zero, ma poi nessuno più si preoccupava dei loro capelli che ricrescevano.
Purtroppo non si conoscono i motivi di questo trattamento “privilegiato”.
L’idea più diffusa è quella che sostiene che ciò fosse dovuto al fatto che gli
zingari non erano, almeno all’inizio, destinati alla “soluzione finale” ma si potrebbe
anche
ipotizzare
che
l’organizzazione del lager per famiglie
zingare (analogamente a quella del lager per le famiglie ebraiche del ghetto
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
ond a nomala
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di Theresienstadt, sottoposto alla medesima procedura) corrispondesse a un progetto di sperimentazione, per capire cosa si
potesse fare di altre razze qualora fosse continuata l’espansione tedesca.
Però, nonostante i “privilegi”, la situazione degli zingari era tragica come quella di qualunque altro prigioniero dei lager.
Nella primavera del 1 943 il numero di rom e sinti a Birkenau era di 1 6.000: le baracche erano sovraffollate ed in un blocco da
trecento persone si viveva in 1 .000.
Hermann Langbein, medico ad Auschwitz, ricorda così l’infermeria del campo degli zingari:
«Su un pagliericcio giacciono sei bambini che hanno pochi giorni di vita. Che aspetto hanno! Le membra sono secche e il
ventre è gonfio. Nelle brande lì accanto ci sono le madri; occhi esausti e ardenti di febbre. Una canta piano una ninna nanna: “
A quella va meglio che a tutte. Ha perso la ragione”… Estenuate, pelle e ossa giacciono lì. Spesso nude. A quanto pare non si
rendono neanche conto della loro nudità.
“Vieni, devi vedere tutto”. L’infermiere polacco che ho conosciuto a suo tempo nel lager principale mi porta fuori dalla baracca. Al muro sul retro è annessa una baracchetta di legno: è la stanza dei cadaveri. Ho già visto molti cadaveri nel campo di
concentramento. Ma qui mi ritraggo spaventato. Una montagna di corpi alta più di due metri. Quasi tutti bambini, neonati,
adolescenti. In cima scorrazzano i topi».
Una svolta tragica si ebbe con la nomina di Josef Mengele, ufficiale medico
delle SS, a responsabile medico del campo zingaro (1 943). Oltre agli inumani esperimenti condotti sulle coppie di gemelli zingari Mengele agì con pugno di ferro
anche nel troncare alla radice la diffusione delle epidemie.
Il 22 marzo diede ordine di mandare 1 700 zingari a morire nelle camere a gas:
era scoppiata un'epidemia di tifo. Per lo stesso motivo il 25 maggio altri 500 vennero massacrati in una sola volta.
Ma questi eventi drammatici non furono che la punta dell'iceberg: da questo momento iniziò la pianificazione della liquidazione dello Zigeunerlager. Nella primavera del '44 si diede inizio ai primi trasferimenti nei campi di lavoro: coloro che
erano ancora in grado di lavorare furono allontanati da Birkenau. La liquidazione
era fissata per il maggio 1 944.
Alcuni giorni prima del massacro avvenne però qualcosa di inspiegabile: il lager
Führer dello Zigeunerlager rivelò ai detenuti zigani ciò che stava per accadere.
Quando il 1 6 maggio le SS circondarono il campo per condurre i prigionieri ai forni
scattò un'imprevista resistenza, qualcosa di straordinario. A mani nude, con piccoli
coltelli e armi improprie gli zingari si slanciano contro i soldati, letteralmente
sommersi da una folla umana urlante. Questo fu un gesto incredibile, immenso:
persone nelle quali si era tentato di annientare ogni briciolo di umanità che, ben
consapevoli di non avere più scampo, danno vita ad un'ultima, disperata resistenza.
Sicuramente uno degli atti maggiormente eroici a cui si potè assistere nei lager, un
evento che varrebbe la pena ricordare. Per il momento dunque l'eliminazione venne
rimandata, una proroga che costò la vita a diverse decine di zingari. In vista della
nuova data, l'inizo di agosto, i tedeschi cominciarono ad organizzarsi a dovere, in
modo da evitare nuove rappresaglie. La popolazione zingara del campo venne divisa: fu un avvenimento, questo, di vitale importanza. Fino a quel momento gli zingari avevano subito stermini, lutti e soprusi ma sempre tutti insieme, con la propria
famiglia al fianco, dividerli voleva dire annientare definitivamente in loro l'ultimo
resto di vitalità, l'ultimo filo di speranza. Più di mille, in maggioranza uomini abili al
lavoro, vennero deportati a Buchenwald: il campo era prossimo alla sua fine.
La storia dello Zigeunerlager terminò la notte del 1 agosto 1944 quando, dopo
il coprifuoco, i 2897 zingari sopravvissuti furono condotti verso il forno crematorio
numero 5, una delle istallazioni di morte più vicine allo Zigeunerlager.
Ricorda un medico ebreo prigioniero ad Auschwitz:
«L’ora dell’annientamento è suonata anche per i detenuti del campo zingaro. La procedu-
ra è stata la stessa applicata per il campo ceco. Prima di tutto divieto di uscire dalle baracche. Poi le SS e i cani poliziotto¯ hanno cacciato gli zingari dalle baracche e li hanno fatti
allineare. Hanno distribuito a ciascuno le razioni di pane e i salamini. Una razione per tre
giorni. Hanno detto loro che li portavano in un altro campo e gli Zingari ci hanno creduto...
Il blocco degli zingari sempre così rumoroso, s’è fatto muto e deserto. Si ode solo il fruscio dei
fili spinati e porte e finestre lasciate aperte che sbattono di continuo».
L'ultima “presenza viva, sonora” di Birkenau ammutolì improvvisamente, con il
massacro dei 300 bimbi zingari la presenza di minori nel campo cessò praticamente
del tutto. Furono risparmiate solo le 24 coppie di gemelli di cui si servì Mengele per
i suoi esperimenti, un destino forse ancora più orribile.
Il 1 7 gennaio del 1 945 - 1 0 giorni prima della liberazione – nello Zigeunerlager
all'appello risposero solo quattro uomini.
Fonti:
A forza di essere vento – lo sterminio na­
zista degli zingari, Editrice A
Guenter Lewy, La persecuzione nazista degli zingari, Editrice Einaudi
La strada verso il Porrajmos: racconti e
testimonianze sullo sterminio dimenticato
del popolo Rom a cura dell'Opera Nomadi
Milano
Hermann Langbein, Uomini ad Auschwitz.
Storia del più famigerato campo di sterminio nazista, Mursia
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“Vi insegneremo centomila parole”
C
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www.redattoresociale.it
ome annunciato, questa mattina è stato sgomberato il campo rom di Segrate, dove, secondo il Naga [associazione di medicina di strada] vivevano oltre 1 30 persone già sgomberate da via Rubattino, dal cavalcavia Bacula, dalla Bovisasca, di
nuovo da via Rubattino: «Anche in questo caso, erano in atto processi positivi d’integrazione e i bambini residenti nel
campo frequentavano le scuole locali. Le maestre, stamani, erano in prima fila per dare sostegno alle persone sgomberate e
per cercare di portare i bambini a scuola», dicono dal Naga. La decina di bambini che frequentano la scuola dormiranno a casa
delle loro maestre o di genitori di compagni di scuola che si sono resi disponibili ad accoglierli. Le stesse maestre che ieri
hanno inviato una lettera aperta ai loro bambini, pubblicata da Redattore sociale.
Eccola:
Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate. Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale,
perché i vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano. È proprio per questo che vi hanno iscritti a scuola e
che hanno continuato a mandarvi nonostante la loro vita sia difficilissima, perché sognano di vedervi integrati in questa società, perché sognano un futuro in cui voi siate rispettati e possiate veder riconosciute le vostre capacità e la vostra dignità. Vi
fanno studiare perché sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la fiducia degli altri.
Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo, tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti
ogni volta a perdere tutto e a dormire all’aperto in attesa che i vostri papà ricostruissero una baracchina, sapendo che le ruspe
di lì a poco l’avrebbero di nuovo distrutta insieme a tutto ciò che avete. Le vostre cartelle le abbiamo volute tenere a scuola
perché sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perché non volevamo che le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le
vostre casette facessero scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica. Saremo a scuola ad aspettarvi, verremo a
prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, né voi né i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad
apprezzare.
Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori
che vi hanno sempre messi al primo posto e che si sono fidati di noi. I vostri compagni ci chiederanno di voi, molti sapranno già
perché ad accompagnarvi non sarà stata la vostra mamma ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo
dare a voi, che condividete con le vostre classi le regole, l’affetto, la giustizia, la solidarietà: come vi spiegheremo gli sgomberi?
Non sappiamo cosa vi spiegheremo, ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, più cose che possiamo, perché
domani voi siate in grado di difendervi dall’ingiustizia, perché i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom,
colpevoli prima ancora di essere nati.
Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di annientare chi come voi non ha voce.
Ora la vostra voce siamo noi, insieme a tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai volontari
che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona. A presto bambini, a scuola.
Le vostre maestre: Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi, Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli.
Nothing's gonna shake your love, take your love away. No one's going to break
M
anga vuol dire letteralmente
“immagine in movimento”, ma
i giapponesi usano questo
termine
per
indicare
molto
genericamente il fumetto, che sia
orientale o meno. In Giappone i manga
sono molto diffusi; oltre a essere uno
strumento di svago, il fumetto è un utile
mezzo
espressivo,
non
meno
importante della poesia o della scrittura.
Proprio per questo si dà molto spazio ai
Mangaka (così vengono chiamati i
disegnatori di manga) le cui storie
vengono pubblicate su varie riviste.
Il sistema di pubblicazione dei manga
in Giappone è differente rispetto a
quello al quale siamo abituati. Infatti, i
manga non vengono raccolti in volumi
come in Italia, ma sono inseriti in grandi
riviste, che contengono alcuni capitoli di
manga diversi. Le storie di maggior
successo verranno poi selezionate e
Manga
Lorenzo Spatocco
your heart: it only seems that way... Bend little willow, peace is gonna follow.
pubblicate a parte in volumi, mentre
quelle meno interessanti o meno amate
dai lettori, verranno subito eliminate
dalla rivista.
Il padre dei manga è senza alcun
dubbio Osamu Tezuka. È lui infatti, che
creando dei personaggi con occhi
sproporzionatamente
grandi,
e
costituiti da tratti semplici ma molto
particolari, diede vita agli attuali manga
giapponesi. Una distinzione che va
evidenziata è quella tra i manga Shonen
e gli Shojo; lo Shonen, è un tipo di
fumetto destinato a un pubblico
maschile, molto curato per quanto
riguarda la storia, ma soprattutto per la
sua grafica eccezionale e ricercata. Si
mescolano nella trama degli Shonen
elementi fantastici e mitologici, come
ad esempio ne “I Cavalieri dello
Zodiaco”, in cui appaiono numerosi
personaggi della mitologia greca, con
poteri ed abilità classiche del genere
fantasy. Lo Shojo invece, è un
particolare tipo di manga, che come
avrete già capito è destinato alle lettrici
del gentil sesso. L’ elemento
caratterizzante dello Shojo è “l’amore”.
Sono infatti dei manga impregnati di
sentimentalismo, con ambientazioni
per lo più occidentali.
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Black Clouds & Silver Linings
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
Il nuovo album dei Dream Theater
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi / finem di dederint,
oppositis debilitat pumicibus mare / Tyrrhenum: sapias, vina liques,
Dream Theater, leader da tempo immemore della scena progressive metal,
nonché inventori del genere, hanno pubblicato da qualche mese il loro decimo
lavoro in studio, Black Clouds & Silver Linings. Tornando dopo il parziale
insuccesso presso la critica del loro precedente album, “Systematic Chaos”, hanno
dato vita ad un disco di sole sei tracce, dalla lunghezza complessiva di 75 minuti:
media dei 1 2 minuti e mezzo a canzone, sicuramente la più alta di tutti i lavori della
band di Long Island.
Il titolo significa “Nuvole nere e motivi di speranza”: mai titolo fu più azzeccato
per un album, sembrerebbe quasi una breve recensione del lavoro. La track-list si
apre con “A Nightmare to Remember”: il pezzo, che dura oltre 1 6 minuti, racconta
di un incidente d’auto. E, suoni sintetizzati a parte (sono chiaramente udibili
sirene, vetri infranti, elettrocardiogrammi), è facilissimo respirare l’atmosfera dei
momenti descritti e le emozioni del protagonista (E’ Petrucci, chitarrista della band
americana, a raccontarci un episodio da lui veramente vissuto): prima la
descrizione di una notte tempestosa, da incubo appunto, poi un incidente, il coma
farmacologico, la guarigione, tutto chiuso da una serie di solos alternati tra Rudess
(il tastierista), che utilizza anche il suo continuum, e l’onnipresente Petrucci. Da
notare anche una parte in growl (per i non addetti ai lavori, il growl, che in inglese
significa ringhio, è uno stile di canto tipicamente metal, nel quale il cantante
produce un suono gutturale abbassando il più possibile il tono della sua voce) del
batterista Mike Portnoy.
Segue “A Rite of Passage”, primo singolo estratto dall’album, sicuramente il
pezzo più orecchiabile e “di facile comprensione” di questo disco. Terzo
nell’ordine della track-list è “Wither”: dopo tanto tempo una ballata scritta
interamente da John Petrucci. La canzone, una classica power-ballad in puro stile
Dream Theater (sentite The Spirit Carries On e Hollow Years per avere una vaga
idea del genere), parla del blocco dello scrittore (Wither significa “appassisco”): è
prodigioso l’assolo di archi del solito Rudess. Interessante anche la versione, resa
pubblica nel cd singolo della canzone, cantata da Petrucci.
Segue “The Shattered Fortress”: Times”. Il pezzo è ancora una volta
finalmente la rinomata Twelve-step lunghissimo, oltre 1 3 minuti, e
suite ha una degna conclusione. Questa commuove dall’intro di violino fino a
suite, dedicata da Portnoy agli alcolisti quando viene sfumato il lungo,
anonimi e in particolare a Bill W, interminabile solo di Petrucci. E’ forse il
fondatore dell’associazione americana, tema del pezzo a renderlo così
Probabilmente
sì.
è una sorta di racconto (quasi emozionante?
autobiografico, dato che lo stesso Dedicata allo scomparso Howard
Portnoy era caduto nei meandri Portnoy, padre di Mike, The Best of
dell’alcolismo diversi anni fa) che porta Times è l’estremo saluto del batterista
l’ascoltatore
dall’abisso
della del gruppo all’adorato padre. Viene ora
dipendenza sino alla decisione di spontaneo il paragone con “A Change of
aiutare gli altri alcolisti (dalle ultime Seasons”, del 1 995, la suite che lo
righe di The Shattered Fortress: “Sono stesso Portnoy dedicò alla madre,
responsabile, di chiunque, in qualunque morta anni prima in un incidente,;
luogo, ha bisogno di aiuto, voglio che la tuttavia nulla può accomunare i due
mia mano sia lì per aiutare”), una volta pezzi: A Change of Seasons è incentrata
liberatosi dalla bottiglia. Essa, come da su un tema, una riflessione di cui la
titolo, si compone di 1 2 parti (le ultime morte della madre di Mike è solo la
3 incise nella suddetta canzone): se ne causa scatenante; The Best of Times è
possono trovare 2 o 3 in tutti gli album molto più semplice, è un saluto, per
dei Dream Theater dal 2002 a oggi. “The quanto triste e malinconico, ai migliori
Shattered Fortress” ha solo una piccola momenti vissuti tra padre e figlio. E il
parte inedita: è infatti un collage dei fatto che, mentre A Change of Seasons
precedenti pezzi della twelve-step, con costituisca un EP indipendente dalla
un nuovo testo, che però ricalca le linee discografia (e che ben valga i 20 euro,
molto più delle cover che la
di quello originale.
Con la quinta canzone si mette accompagnano), quando The Best of
totalmente da parte l’atmosfera del Times non si distingue tra i migliori
disco: è il momento di “The Best of pezzi di questo album, dimostra la mia
erit, pati, / seu plures hiemes, seu tribuit Iup­ ­piter ultimam, / quae nunc
Paolo Marzioli
Leuconoe, nec Babylonios / temptaris numeros. Ut melius, quidquid
I
9
affermazione.
La tracklist si conclude con il pezzo
sicuramente più importante dell’album:
The Count ofTuscany. Per la prima volta
i Dream Theater non accompagnano
una musica veramente sublime con un
degno testo. Se, parti simil-thrash metal
a parte, strumentali e assoli sembrano
riportarci ai tempi d’oro dei DT, il testo
non fa davvero la sua parte: Petrucci
racconta di un “Conte” incontrato in un
viaggio in Toscana e della paura di
rimanere intrappolato in un castello. Un
vero nulla rispetto alle riflessioni sulla
ciclicità della vita contenute in
Octavarium, per citare qualcosa di
recente. Nonostante ciò, la canzone si
distingue soprattutto per tre momenti.
Prima di tutto l’intro, acustica e
melodica, in vero stile Petrucci, già
utilizzata nel recentissimo Progressive
Nation come bis, per far rientrare i
membri del gruppo sul palco senza
troppi effetti. Dopo, con un salto di
quasi un quarto d’ora, abbiamo il solo
“Pink-floyddiano” di Petrucci, con un
incredibile
accompagnamento
su
continuum di Jordan Rudess. Nella
tappa romana del PN, svoltasi a ottobre,
a quest’assolo è stata integrata una
versione per chitarra elettrica della
ninna nanna di Brahms. Terzo e ultimo
momento, un po’ più prolungato degli
altri, il finale con relativo outro (che
riprende il tema dell’intro): finalmente il
testo si adegua all’intensità del
momento. In 1 9 minuti i Dream Theater
sono riusciti a rendere bene l’idea di 25
anni di onorata carriera: in The Count of
Tuscany sentiamo il prog sfrenato dei
primi anni, la metodicità del periodo
trascorso con Sherinian alla tastiera, i
suoni gracchianti di Rudess, il
virtuosismo in puro stile Dance of
(Continua a pag.10)
ond a nomala
10
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
et spatio brevi / spem longam reseces. Dum
SeizeTh
eDay
(Continua da pag.9)
Eternity, il thrash e l’hard rock degli anni di Train of Thought, per poi passare al già
citato outro, che sembra un po’ la “morale” del disco. E gli ultimi 6-7 minuti valgono
davvero il prezzo dell’intero disco. Da far venire i brividi.
Complessivamente, l’album non raggiunge gli apici già toccati con “Images and
Words” del ’92 e da “Scenes from a Memory” del ’99. Tuttavia, sembra esserci
un’inversione totale di marcia rispetto al penultimo “Systematic Chaos”: non si
sente più quella vena “dura” che aveva caratterizzato il periodo buio della band.
“Could this be the end?” si chiedono i cinque di Long Island nel finale di “The Count
of Tuscany”: potrebbe davvero essere il giro di boa per la venticinquenne band, che dopo dieci album di prodezze potrebbe
cambiare genere, stile? Dopo un album del genere c’è da chiederselo. Come ho già detto “Nuvole nere e motivi di speranza”
sembra un titolo giustissimo per questo disco: le nuvole nere sono tutte le spie del periodo terribile, a livello di qualità della
composizione, che sembra essersi concluso appena prima della stesura dell’album; i motivi di speranza ci sono eccome: i DT
sono tornati a commuoverci, molto più che con “In the presence of enemies”, contenuta nel citatissimo Systematic Chaos.
Stavolta un solo di Petrucci vale oro: finalmente il favoloso quintetto americano sembra essere tornato in sé.
loquimur, fugerit invida / aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Patch Adams
Marcello Pieri
I
l film è stato girato nel 1 998 negli USA dal regista Tom Shadyac. È liberamente
tratto dall’ autobiografia di Hunter “Patch” Adams (“Gesundheit: good health is
a laughing matter” ovvero la buona salute è una questione di risate), medico
americano considerato l'inventore di una terapia olistica: la terapia del sorriso o
clownterapia.
Il film si apre con una riflessione del protagonista su cosa era stata la sua vita fino a quel punto; si capisce che non ha avuto un passato felice, questo lo porta a
tentare il suicidio e di conseguenza a internarsi spontaneamente in un manicomio
per placare la tempesta che si era verificata nella sua testa. Il tempo passato nel manicomio e il contatto con i pazienti rinchiusi lo aiuta a comprendere quale deve essere il suo percorso, e cioè quello di diventare medico per poter aiutare il
prossimo.
Due anni dopo si iscrive alla facoltà di medicina; rimane però colpito dal modo in
cui i docenti definiscono il ruolo del medico, ma soprattutto il rapporto tra medico
e paziente.
Decide così di iniziare un esperimento con il suo amico Truman Schiff, per poter
cambiare la medicina: cerca di stabilire un rapporto di amicizia e di fiducia con i pazienti, ma anche con il resto delle persone, dimostrando così, che con la considerazione ma anche con una buona dose di umorismo ci si può avvicinare di più agli
altri e ottenere grandi risultati dal punto di vista medico.
Naturalmente nella realizzazione di questo esperimento infrange le ferree regole della scuola, come quella che vieta agli studenti di avere contatti con i pazienti fino al terzo anno di studi. La sua poca attenzione per le regole lo porterà ad avere
seri problemi con il decano dell’università, che farà di tutto per poterlo espellere
dalla facoltà. Queste sue trasgressioni lo aiutano però anche a stringere solide amicizie con tutti i pazienti, che grazie a lui smettono di dare problemi: come il paziente Bill, con un tumore al pancreas, che, alla vista di un qualsiasi medico inizia a
lanciare piatti, mentre con lui ride e scherza.
Hunter, nonostante i divieti, inizia a frequentare assiduamente l’ospedale e ad
applicare le sue idee; organizza giochi con i ricoverati, segue i pazienti più difficili
ascoltandoli e cercando di soddisfare i loro desideri. Contemporaneamente inizia
la realizzazione di un suo sogno, quello di costruire un ospedale libero (l’ospedale
della gioia) dove poter curare le persone bisognose, dai poveri a quelli senza assicurazione, ma soprattutto un luogo dove applicare la sua idea di medicina. A questo progetto aderiscono molti studenti del corso di medicina tra cui Carin, di cui
Hunter si innamorerà.
Un giorno al centro arriva Larry, che si fa conoscere e ottiene la fiducia del personale, poi va via e inizia a chiedere aiuto tramite segreteria telefonica. Carin va a casa sua rispondendo alla sua richiesta di aiuto. Il giorno dopo il preside convoca
Patch: Carin è stata uccisa da Larry. Sopraffatto dal dolore, Patch sta per lasciare
tutto, ma poi capisce che abbandonare sarebbe equivalente a un tradimento dei
suoi ideali ai quali anche Carin credeva e allora ritrova fiducia. Torna in facoltà, e di
nuovo viene espulso per i suoi comportamenti. Questa volta deve affrontare il giu-
dizio della commissione medica: pronuncia un’appassionata difesa del proprio modo di intendere la professione
medica e la commissione lo assolve. Finalmente arriva il giorno della consegna dei diplomi di laurea: Patch riceve il
proprio nella tradizionale divisa dei laureandi. Ma sotto è completamente nudo.
Nell’arco della sua carriera Adams curerà migliaia di persone povere e bisognose che altrimenti non avrebbero
ricevuto alcuna cura, credendo fermamente che la medicina debba essere al
servizio di tutti senza distinzione di
razza o di ceto sociale. Questo film ci
parla di una medicina diversa che si
occupa di persone che soffrono, che
hanno paura, che si annoiano, che gioiscono; persone che vanno trattate con
umanità, che spesso la medicina ufficiale dimentica, riducendola a semplici casi clinici.
I medici devono curare le persone,
non le malattie.
E questa non è solo una frase ma
una filosofia di vita!
Mille splendidi soli
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“
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Da un libro alla realtà
Lavinia Fabia Anania
A ricordo di come soffrono le donne come noi”, aveva detto. “Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci
cade addosso”. Questa è una frase del romanzo “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini che racconta delle donne
afgane. La narrazione, infatti, parla di due donne, nascoste dietro al burqa, della vita travolta dalla paura di padri e
mariti padroni “dal cuore spregevole”, dell’isolamento, della rassegnazione, ma anche dell’amore, del coraggio, persino del
riscatto. Ma c’è molto di più tra queste pagine: ancora una volta Hosseini, come nel libro “Il cacciatore di aquiloni”, ci fa
precipitare tra le pieghe della Storia di un paese tormentato. La storia inizia ai tempi del re, quando, nonostante famiglie più
tradizionaliste facessero indossare il burqa alle donne e la mentalità maschilista pashtun, tutta “onore e orgoglio”, fosse quella
prevalente, c’erano la musica, i film occidentali, i colori accesi dei mercati e per le città si potevano anche trovare donne da
volto scoperto e le unghie laccate di rosso. È in questo periodo, nel 1 959, che viene al mondo Mariam, una harami, una
bastarda, nata dalla relazione tra uno degli uomini più ricchi di Herat, Jalil Khan, e la sua serva. Le prime pagine scorrono la vita
di Mariam e di sua madre, confinate in una kolba, il rifiuto sociale, l’impossibilità di un’educazione e di una vita “normale”. La
narrazione prende una piega diversa dopo il suicidio di Nana, la madre di Mariam: la ragazza, appena quindicenne, viene data
in sposa a Rashid, un calzolaio di Kabul. Inizia così una nuova vita, in un paese sconosciuto, scandito dalle preghiere, i mullah,
il tandur, i locali che vendono kebab. E il burqa. Anche se Rashid all’inizio non sembra male, una serie di aborti spontanei di
Mariam dà inizio alla fine: il disprezzo, la violenza, la sofferenza. Nella casa accanto,
vivono Fariba e Hakim, i genitori della piccola Laila. Ella è una ragazza normale che
va a scuola e ha un amico, Tariq, che ha perso una gamba su una mina antiuomo, ma
che la tratta come una sorella difendendola dai dispetti dei coetanei. Quest’ultimo
il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtun e ogni sera le dà la
buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. In mezzo alla vita di queste due
donne che il destino farà incontrare in un momento drammatico, ci sono la guerra e
l’occupazione sovietica, il terrore instaurato dai signori della guerra, la legge
islamica, le bombe, i talebani e le esecuzioni pubbliche negli stadi.
Mille splendidi soli è un romanzo denso, semplice e autentico: tra le sue pagine
si svolge la Storia – quella con la S Esse vivono nel terrore e nell’angoscia
maiuscola – e s’intrecciano storie e, una volta che provano a scappare di
intense e toccanti. Come quelle di Laila casa, vengono malmenate, ridotto al
e Mariam che, nate a distanza di una digiuno e alla disidratazione. Ma tutto
generazione e con idee molto diverse, ciò non solo loro! Anche la figlia di Laila,
sono due donne che la guerra e la morte di neanche un anno, viene picchiata,
costringono a condividere un destino Rashid non le dà né da mangiare né da
comune. Mentre affrontano i pericoli bere.
che le circondano, sia nella loro casa che
Vi pare questa una condizione
per le strade di Kabul, Mariam e Laila giusta? Donne che devono vivere nel
Giorgio Colletti
danno vita a un rapporto che le rende terrore di essere malmenate addirittura
sorelle e che alla fine cambierà il corso per aver cucinato una pietanza troppo
This is the way that we love, like it’s foredelle loro vite e di quelle dei loro salata o troppo insipida, bambine
discendenti.
Con
grandissima appena nate che non hanno da ver. Then live the rest of our lives, but not
sensibilità, Hosseini mostra come mangiare o da bere senza alcuna colpa. together.
l’amore di una donna per la sua famiglia Pensate se queste donne fossimo noi!
possa spingerla a gesti inauditi e a Ci dobbiamo ritenere felici perché nella
Questo è il modo in cui noi amiamo, coeroici sacrifici, e come alla fine sia società in cui viviamo possiamo far me se fosse per sempre. Allora viviamo il rel’amore, o persino il ricordo di esso, valere i nostri diritti, o meglio, li
sto delle nostre vite, ma non insieme.
l’unica via per sopravvivere. Ma la abbiamo! Nei paesi del Medio Oriente
tematica che a noi interessa le donne non possono scegliere con chi
Non sto citando un qualche aforisma fimaggiormente è il maltrattamento sposarsi, devono sottostare all’autorità losofico o il pensiero lapidario di un
verso le donne. Queste, inizialmente maschile, vengono trattate come delle poeta pessimista ma, bensì, un passo
sotto la monarchia, poi sotto i bestie. Lascio a voi giudicare i fatti. di una canzone e, pensate un po’, di
comunisti, ed infine sotto il regime dei Questo libro, che invito tutti a leggere, una
canzone
POP.
talebani, vivono in una situazione è solo una testimonianza della Non stiamo quindi parlando di grandi
disperata: non possono uscire di casa se condizione femminile in molti paesi e compositori oppure di generi musicali
non con il proprio marito, devono noi, che siamo molto più fortunate, élitari dai complessi andamenti melosempre indossare il burqa, non hanno dobbiamo lottare anche per queste dici e dai lyrics che necessitano di
diritto sulla parola (devono rispondere donne che non hanno né possibilità, né un’accurata parafrasi per essere
solo quando interpellate), vengono molto spesso coraggio di ribellarsi. compresi, ma di una musica destinata
trattate come cani e l’unica cosa con cui Siamo donne e anche noi abbiamo una alle masse, diretta , di facile
possono essere un minimo rispettate è dignità e un onore. Facciamoli
la sicurezza di una progenie maschile. rispettare!
(Segue a pag.12)
Lo vediamo con Mariam e poi con Laila.
Mika e Omero
ond a nomala
12
(Continua da pag.11)
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
comprensione, “spesso ridotta a semplice intrattenimento e destinata al consumo
di massa” come ci suggerisce Wikipedia.
Quello che però questa musica dice è un qualcosa di profondo che agli occhi dei
grandi critici può suonare banale e frutto di luoghi comuni, ma che non lo è.
We are not what you think we are, we are golden!
Non serve nemmeno tradurre questa frase perché venga compresa.
Non serve parafrasare perchè la musica POP è paratattica, omeostatica, enfatica e
partecipativa e tuttavia tende all’astrazione e al progressivo allontanarsi da un
soggetto fisico
e, in quanto musica, permette un ritorno al primato dell’orecchio.
Bel pastrocchio vero ?!
Spero che Ong mi perdoni se mi sono servito delle sue teorie in questo modo, ma
quello che voglio evidenziare è che la musica, e cito quella POP in particolare, può
diventare uno dei più grandi strumenti di diffusione della cultura perchè racchiude
in sè il mondo dell’oralità che ha dato i natali alle opere più maestose come i poemi
omerici e quello della cultura elettronica che è il mondo in cui noi viviamo, tanto
scabro come molti dicono.
E allora anche MIKA, il giovane e sbarbato cantante POP che abbiamo usato per la
citazione, immerso nel tessuto sociale del nostro mondo, ha qualcosa in comune
con i grandi e leggendari poemi omerici perchè anche questi erano composti da aedi immersi nella cultura di quel tempo, che si rivolgevano alle masse e che per farlo
non creavano di certo proposizioni complicate e dal significato oscuro ma epiteti,
formule, tòpoi di facile comprensione perché i poemi omerici sono stati composti
da uomini che non si schifavano del proprio mondo ma anzi ne prendevano parte,
estraendone ciò che allora era considerato il meglio.
Avatar
Sarà forse il caso di ascoltare anche un pò di moderna auralità ?
D
Valeria Tiburzi
al 1 5 gennaio è arrivato nelle
sale italiane il film di
fantascienza più costoso della
storia del cinema, con un budget di
circa 400 milioni di dollari, che ha già
sbancato tutti i botteghini mondiali
registrando il maggiore incasso di tutti i
tempi. Si tratta di Avatar, ultimo film del regista James Cameron, già di notevole
fama grazie all’enorme successo ottenuto con “Titanic”.
La trama sicuramente non è delle più originali: la storia è ambientata nel 21 54,
quando i terrestri che hanno sfruttato al massimo il loro pianeta, hanno bisogno
delle ricchezze minerarie del sottosuolo di Pandora, fantastico pianeta abitato dai
Na’Vi, primitivi ominidi blu. Gli umani vogliono colonizzare il pianeta adottando
due strategie diverse: da un lato il malvagio colonnello Quaritch e i suoi militari
sono pronti a sganciare le loro bombe per conquistare il territorio, dall’altro un
gruppo di scienziati, capeggiati dalla dottoressa Grace vorrebbero raggiungere un
accordo pacifico con i nativi del pianeta. Per fare ciò danno quindi vita al
Programma Avatar, in cui gli umani possono neurologicamente connettersi ad un
raffinatissimo e robusto corpo organico, dalle sembianze di un Na’Vi, controllato a
distanza. Per sostituire il fratello defunto, un marine, di nome Jake, che ha perso
l’uso delle gambe nel corso di una guerra, si ritrova coinvolto nel progetto.
Affascinato dalla possibilità di rinascere nel corpo del suo avatar, Jake accetta
l’incarico di infiltrato per scoprire più informazioni possibili sul pianeta e sugli
abitanti. Ma durante la sua prima missione incontra l’affascinante nativa Neytiri e
dopo poco tempo i due si innamorano. Prevedibile quindi il continuo svolgimento
e la conclusione della storia, con lo scontro tra il bene e il male, di cui si possono
gia’ immaginare gli esiti.
Sherlock
Holmes
S
Flavia Tiburzi
iamo nel Regno Unito, a Londra
per la precisione. E proprio
questo lo scenario scelto dal
regista
Guy
Ritchie
come
ambientazione del film "Sherlock
Holmes", in Italia proiettato nelle sale a
partire dal 1 5 Dicembre 2009. In
questa Londra cupa, grigia e fumosa, il
protagonista, il leggendario e brillante
investigatore Sherlock Holmes, dovrà
districarsi in un complicato e oscuro
mistero: incastrare e catturare il
pluriomicida Lord Blackwood, che
sembra usi stregoneria per uccidere le
sue vittime. Holmes, tuttavia, aiutato e
supportato dal suo caro amico, il
Dottor Watson. rifiuta il legame con
qualsiasi spiegazione magica e mette
in relazione la simbologia della magia
nera agli eventi accorsi per
individuarne un filo logico. Grazie al
suo
strabiliante
spirito
di
osservazione, al suo intuito e alla sua
intelligenza,
il
più
grande
investigatore d’Inghilterra riuscirà a
sventare il piano malefico di
Blackwood,
salvando
l'ignara
popolazione di Londra.
Pieno di episodi d'azione, di
suspense e colpi di scena nonché di
scene divertenti e piacevoli, questo
film,
giudicato
abbastanza
positivamente
dalla
critica,
è
consigliato a chiunque voglia spendere
un pomeriggio in tranquillità senza
però correre il rischio di annoiarsi.
Tucidide e il Barcellona
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
C
ond a nomala
13
Francesco Di Carolis
’è una differenza fondamentale fra la gioia di un attimo e il godimento prolungato, a vantaggio di quest’ultimo.
Proviamo ad interpretare calcisticamente un passo della “Guerra del Peloponneso” di Tucidide, nel quale egli afferma a
proposito dell’opera storica la supremazia di un “apprendimento per sempre” rispetto appunto al piacere momentaneo
che poteva strappare forse una lettura delle “Storie” di Erodoto. Pare che dalle parti della Catalogna questo concetto l’hanno
capito bene: Barcellona, un nome, una garanzia. Il Barcellona, come dice il suo motto “mes que un club” (più che una squadra,
ndr), è insieme al Real Madrid da sempre una delle due squadre di calcio più forti di Spagna, e fin qui ci siamo, non è una
novità.
Il punto è che il presidente del Barça Joan Laporta nell’estate del 2008 ha fatto sedere sulla panchina del proprio team di
campioni un tizio pelato di nome Josep Guardiola, ex giocatore catalano conosciuto anche in Italia per aver vestito la maglia
del Brescia e della Roma: questo avvenimento potrebbe aver cambiato per sempre la storia del calcio. Come è possibile? Già,
sembra impossibile che un semplice cambio di allenatore possa stravolgere la storia di un intero sport, considerando tra l’altro
le critiche piovute addosso a Laporta all’epoca della sua scelta a causa della giovane (per alcuni troppo) età del nuovo mister.
Ma cosa ha fatto allora di tanto eclatante Guardiola? Beh, ha forgiato una squadra imbattibile, impossibile da contrastare,
qualcosa di più di una corazzata: una squadra che diverte, che sa soffrire, che gioca un calcio sopraffino palla a terra, che vince
praticamente sempre, che ha un’età media bassissima, una squadra che fa crescere i suoi giocatori migliori nella propria
primavera (“cantera” in spagnolo) senza pagarli oro per comprarli altrove. Non mi pare poco. Per farla breve, Pep Guardiola
con questa squadra nella scorsa stagione (la prima, come già detto, sulla panchina del Barça) ha vinto tutto quello che si poteva
vincere: Liga Spagnola, Coppa del Re, Champions League, Supercoppa Europea, Supercoppa Spagnola e Mondiale per Club.
Certo, di squadre forti nella storia ce ne sono state parecchie (anche se il suddetto “en plein” non ha precedenti, questo va
ricordato), ma il Barça di Guardiola ha una peculiarità particolare: una straordinaria ripetitività nella sua immensa bellezza
calcistica. Mi spiego meglio. I trionfi della banda Guardiola non sono determinati da singole giocate di campioni come Messi o
Iniesta (solo per citarne due), bensì da un’organizzazione di squadra e da un gioco
sistematico che viene attuato senza soluzione di continuità partita dopo partita,
imperniato su tre fondamentali dogmi: palla sempre giocata a terra, possesso
interminabile (attenzione, non è la famosa “melina” spagnola, assolutamente
improduttiva, ma una fitta rete di passaggi tesa a liberare sempre un giocatore
dalla marcatura) e modulo fisso 4-3-3. Ma la cosa che impressiona del Barcellona è
forse un’altra: oltre alla prima squadra, quella di Guardiola, c’è un’impressionante
struttura di selezioni giovanili sulle quali la società riversa ingenti investimenti. I
piccoli talenti della città catalana vengono presi per mano nel loro percorso
educativo, che è coniugato strettamente all’attività sportiva: nelle immense
strutture a metà fra scuola e stadio predisposte dal club di Laporta, la mattina si
studia normalmente, e il pomeriggio si imparano schemi e tattiche, che,
attenzione qui sta il punto decisivo, sono esattamente le stesse che provano Messi
e compagni! Sì, avete capito bene, ogni squadra giovanile del Barcellona gioca
esattamente nello stesso modo dei compagni più grandi, in modo che il salto di
categoria non risulti traumatico a livello tattico. I risultati si vedono: gli ultimi
grandi talenti del club catalano, cioè Messi e Bojan, hanno esordito nella Liga a soli
1 7 anni, senza sfigurare minimamente per la giovane età, e divenendo anzi in
breve tempo giocatori fenomenali.
La progettualità. Questa è la differenza del Barcellona rispetto al resto del
mondo, in particolare rispetto all’Italia, dove si insiste molto sulla necessità di fare
risultato a tutti i costi, e di conseguenza si caricano di eccessive responsabilità i
giovani talenti inseriti nelle formazioni titolari. Nel Barcellona (ma questo discorso
si potrebbe estendere benissimo anche all’Inghilterra, patria del football)
l’importante è fare quello che si è imparato a fare, anche a costo di deludere sul
momento il tifoso che vorrebbe la giocata decisiva. Per quella c’è tempo, arriverà di
conseguenza, e il Barça ne è un esempio concreto, vedi il 6/6 nei trofei del
2008/2009. E qui mi ricollego al principio tucidideo: all'estero il risultato è un
naturale prodotto della progettualità, e non un "quid" al quale essa va sacrificata
per dare il contentino sul momento ai tifosi, come accade in Italia. Dobbiamo
ancora crescere molto a tal proposito: siamo capaci di osannare giocatori per un
goal in mischia al 94° minuto, e magari coprirli di insulti la domenica successiva
per aver offerto una prestazione da 5 in pagella. La verità sta nel mezzo, dobbiamo
avere il coraggio della moderazione, il coraggio della coerenza con quello che
diciamo, i risultati arriveranno. Intanto il Barcellona sta lì, sul tetto del mondo,
pronto a vincere le prossime 20, 30 Champions League con il suo gioco
straordinario. E ci guarda tutti dall’alto, con l’aria di chi, a ragione, la sa lunga.
Tucidide docet.
ond a nomala
Comitato
Genitori
Il Comitato Genitori Pilo Albertelli,
14
invita Genitori, Studenti e il Personale
tutto della scuola a partecipare al
secondo Seminario dell’anno in corso:
1 6 MARZO 201 0 dalle ore 1 4.30 alle
1 7.30 presso l'Aula Magna dell'Istituto
“Violenza
di
genere:
dai
maltrattamenti alla violenza sessuale.
Per una sessualità libera e consapevole”
Imparare a riconoscere le modalità
delle relazioni violente.
I sintomi e i danni dell’abuso.
Imparare a costruire relazione, anche
affettive, libere e paritarie.
Breve analisi delle norme e
giurisprudenze.
La violenza indagata anche dal punto di
vista sociale, culturale e psicologico
nonché analisi sociologica
Relatrici: Dr.ssa Loredana Rotondo,
Avv. Rossella Santi, Dr.ssa Teresa
Dattilo
In tale sede verrà inoltre proiettato il
video dal titolo “Violenza per stupro” di
Loredana Rotondo, che fu trasmesso
per la prima volta dalla RAI nel 1 979.
Questo Seminario proposto dal
Comitato Genitori è stato approvato dal
corpo docente ed inserito nel Piano
Offerta Formativa della Scuola. Con
l’occasione il Comitato Genitori Pilo
Albertelli invita tutti quei genitori che
vogliano partecipare alle attività del
Comitato a contattarci via e-mail ai
seguenti indirizzi:
clair.santini@libero.it,
patrizia.necci@live.it
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voi!
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Premio per la Poesia
Annunci & Sponsor
Keats – Shelley House
La Keats-Sheiley House ha il piacere di presentare il XIX Premio per la Poesia per
scolaresche, eccovi il regolamento per il concorso. Per la categoria 1 4-1 8 anni, alla
quale si può partecipare sia con poesie in inglese che in italiano, sono previsti i
temi “Eco” e “Emancipazione”.
Regolamento
- La partecipazione è gratuita. Il testo della poesia, unito alta scheda
d'iscrizione, deve essere fatto pervenire alla Keats-Shelley House entro il 7 maggio
201 0
- Le poesie non devono eccedere 50 righe di lunghezza.
- I testi devono essere presentati in modo leggibile preferibilmente in forma
dattiloscritta su una
facciata di un foglio.
- Le poesie non possono essere accettate senza l'autenticazione dell'insegnante
con una firma
alla fine di ogni poesia.
- Se si desidera la restituzione del testo, si prega di accludere una busta
affrancata con indirizzo.
Anche le illustrazioni alle poesie verranno certamente apprezzate, ma le poesie
saranno giudicate
solo per il proprio contenuto.
I vincitori saranno contattati a fine maggio quando verranno informati anche sui
dettagli della cerimonia per l'assegnazione dei premi.
So I wither And render myself helpless I give in and everything is clear I breakdown And let the story guide me Turn it on
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Carnevale al Pilo!
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ond a nomala
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
LA POSTA
No, ma carcola tipo, cé, si, carcola te sto
a dì troppo devasto carcola! Eva datte
‘na regolata!
Ma ‘sto nuovo amore in redazione?
Couf..couf..siete troppo carini!! *___* by
le fan del 5C
Ma non sentite un po’ tutti la mancanza
di quell’amabile professore? FOGLIETTA
RITORNA
GIORDANO ASTROLOGO
FALLIMENTARE B.S.
Al Gianluca del IIB, Oi! Ti ricordi di me?
Io ti vedo tutti i giorni alla macchinetta
ma tu non mi saluti mai...cmq mi piaci lo
stesso cuore di pietra! = ) by Anonima
Eugenio il + Bono del Pilo Albertelli!!
Erika, Martina, Beatrice, Francesca e
Claudia del VD sono le mejooo = P
Ha Ha! Big Man Pig Man Charade you are!
Paolo Marzioli (II C)
Armando Pitocco (III F)
Lorenzo Raffio (II C)
Il Pilo si è riempito di quartine che se la
sentono troppo matta! Non pare anche
a voi?
Povera Bestio e povero Kinder sprecato
x i capelli!!!
AVVERTENZA: Da questo mese, ad
entrambi gli ingressi del nostro istituto
verra` impiegato uno specializzatissimo
personale atto ad annusare gli studenti.
Se il vostro puzzo supererà i limiti
consentiti non sarete ammessi
nell’istituto finquando non verrà
Verrà ridotto drasticamente il
GRAFICA & SITO WEB
Inchinatevi alla supremazia delle Gimsi.
Muahaha
Ma quale Pistilli, il prof+ “affascinante”
é il Casantiniiii!!!
Insomma gira voce che in Svezia se ne
fanno pochi de impicci, eh… Tra Valerio
e Ludovica, Laura e De Ghantuz, Serena
e Borellino… Me sa che quest’anno ce
vado pure iooo… xD
REDAZIONE
A qualcuno piace l’uovo alla Bismark? Se
è si ci vediamo vicino alle macchinette
del terzo piano...
JOHN CALBOTH RULES! UN NOME UNA
LEGGENDA?
Oroscopo del giorno: PESCI! Tempesta
ormonale in arrivo. In mattinata
potreste avere un incontro speciale con
la persona alla quale avete rubato
l’attenzione. Amore: guardati intorno.
Lavoro: sconsigliate stravaganze.
Benessere: voglia di cibi saporiti.
Cecilia Lugi (I B)
maleodore emanato.
UN CONSIGLIO PER TUTTI: lavatevi!
(P.S.In omaggio per voi metteremo
degli Arbre Magique in cestinelli
all’entrata; siete pregati di ritirarli!)
Grazie .-.
“Le Fabuleux destin de Cecia”...
semplicemente meraviglioso! xD Grazie
Pito & Cla!
Cex
Claudia e Cate siete delle grandissime
teste di ca...cca al diavolo, fiori a
Gesù!...xD Vi amo, Serena = )
DIRETTRICE
17
Sirna Bonucci (I F)
Davide Galeotti (IV A)
Andreas Iacarella (I D)
Paolo Marzioli (II C)
Marcello Pieri (I B)
Armando Pitocco (III F)
Lorenzo Raffio (II C)
Claudia Severa (V E)
Lorenzo Spatocco (V C)
Flavia Tiburzi (I B)
Valeria Tiburzi (V C)
Stupri e violenze in VC, colpevole il
laziale.
Dai Fataaa, nn ti arrendere mai, vedrai
ke passerà… Claudia
Matteo del IV C sei bellissimoo
Morelli, chi era costui?
Life in plastic, IZZ fantastic (a buon
intenditor...) XD [e ora ho proprio
bisogno di un bel TAZZI]
METAL GEAR DOMIO colpisce ancora !
Ago, lo sai che non smetterò mai di
chiamarti Mamma?!?
La tua figlia rimbambita ti vuole bene. :)
Ancora con la testa fra le nuvole…
Eppure non voglio scendere! xD
Sadie
COLLABORATORI
Giuseppe Di Vetta (III B)
Lavinia Fabia Anania (I D) Claudia Lupino (I B)
Ilaria Catanzaro (V E)
Francesco Sabato
Giorgio Colletti (I F)
Massimo (III A)
Valeria De Angelis (V E)
Francesco Carolis (III F)
Perduta
innocenza
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
Parte 2
Giuseppe Di Vetta
In poche ore, quella sera, il Rettorato tornò
al suo silenzio: io rimasi seduto, mentre la
Minerva gettava le sue due ombre ai lati del
grande edificio; mi voltavo a fissare quelle due
lenzuola nere proiettate sul pallore del marmo:
avevano qualcosa di affascinante, erano un
panorama che meritava un pensiero, un’idea,
un attimo di pace. Lasciai le mani sulle scale
umide, perché avevo bisogno di un contatto
con la realtà: sui polpastrelli sentivo le gocce
d’acqua fredde, che al contatto con la pelle si
intiepidivano. Erano sensazioni infinitesimali,
ma intense, e per sempre uniche: baciai quelle
ombre con il pensiero per circa un’ora, mentre
gli universitari abbandonavano le facoltà per
tornare a casa, dopo l’ultimo corso serale. Io
non ero un universitario: non conoscevo il “loro
tempo”, e per me la sera era ancora il momento
del “ritiro mentale”, in cui, abbandonati i libri
dopo un pomeriggio di studio, si poteva vivere
liber a mente
'Sti Froci
18
Giorgio Colletti
Gay, Omosessuale, Frocio ...
Parole vuote, termini vuoti, coniati da una cultura che ci è stata silenziosamente
imposta.
Ci sono alcuni cani che hanno una paura tremenda del guinzaglio e per questo i loro padroni glielo mettono di nascosto e in men che non si dica le povere bestie si
trovano con il collare al collo che le strattona e nemmeno se ne rendono conto.
Noi , da bravi Italiani, ci facciamo fare lo stesso.
E allora eccoci qui, ad un punto di non ritorno in cui ci viene imposto dall’esterno
l’obbligo di bollarci con una definizione e guai se non lo facciamo!
Io mi chiedo se pensate davvero che la nostra sessualità debba essere catalogata
come accade per un oggetto ? Questo è dolce, questo è salato, questa è una banana
e quest’altra un patata.
Bhe, fantastico!
“Sei gay?” “No, ma ti pare. Non me lo faccio mica mettere!”
“Sei etero?” “Certo che no, sono DELL’ALTRA SPONDA”
E se io sono una donna e trovo attraente un’altra donna che succede? Sono lesbica?
Se io sono un uomo e guardo con occhi diversi il mio amico sono gay?
Se io, invece, inizio a nutrire qualcosa per la mia migliore amica sono etero?
Non prendiamoci in giro perché molte volte l’io di queste situazioni è intercambiabile, ma noi non lo ammettiamo, perché siamo troppo impegnati a pensare alle nostre etichette e al giudizio che gli altri ne danno.
Compro lo yogurt magro o quello intero?
Non ci si innamora del sesso delle persone, ma delle persone stesse: bisogna solo
scegliere se essere felici oppure no.
l’altra vita dello studente. La penombra divenne in breve buio, e c’era già l’odore della notte e il sapore dell’umido che saliva dal terreno: mi
lasciai conquistare da quell’istante, promettendomi di riviverlo, pur sapendo che, come canta Fossati, “C’è un tempo” in ogni istante, ma non si
ripeterà. Il tempo è come Paganini: non replica. Decisi infine di allontanarmi, e di tornare a casa: abitavo in una mezza periferia di Roma, una di
quelle su cui aveva scritto Pasolini, insomma. Dovevo prendere il Tram, e lì avrei ascoltato nuove voci e il sussurro di quella lenta ferraglia che
corre sulle rotaie. Da Piazzale del Verano arrivai fino a Porta Maggiore e poi verso il “Prenestino”, oltre Largo Preneste, verso le lussureggianti
Ville dei Gordiani, ora ridotte in ruderi.
Il mito degli androgini - Vignetta di Claudia Lupino
Anche per i Gordiani c’era stato un tempo, ed
ora solo “memoria”. Gran brutti scherzi, miei
fedeli Gordiani. Quella sera si concluse così:
la chiave nella toppa del portone a vetri del
mio stabile, e poi, il rumore della vetrata che
tremava nel richiudersi. Ecco come avevo
allora conosciuto il mio ritrovo. Da allora
sempre lì, in compagnia di Dante, Pascoli,
delle ossido riduzioni, della spigolosa
trigonometria, o di un caro Picasso da
decifrare. “Robba da liceali”, dicevo con
molta presunzione ai miei cugini piccoli.
Davvero, “robba da liceali”: e oggi lo dico con
un po’ di malinconia.
Continua sul sito di
OndanomalA!
Le stranezze del dizionario di greco
>secaps ytpme< ­ you've discovered the secret message. now please click on http://www.youtube.com/watch?v=mueorVv5UWI
Parole che mai vi aspettereste di trovare!
A cura di Valeria Tiburzi
Προστιλαω (pag.1 836 GI) = lordare, schizzare escrementi
Τραγομασχαλος (pag.2002) = dalle ascelle che puzzano di
Κρομμυοξυρεγμια (pag.1 201 ) = rutto d'un mangiatore di
abitudini miserabili di correre fin dalla mattina ai processi e
alle delazioni.
verso
Αποκολοκυντωσις (pag.294) = trasformazione in zucca
cipolle.
Ορτροφοιτοςυκοφαωτοδικοταλαιπωρος (pag.1 497) =
Οπιστουρητικος (pag.1 484) = che orina indietro
caprone
liber a mente
Non consentir
che'l cor venga
frustrato
19
Marcello Pieri
Forti rimpianti per anni morenti
grigi desiri del tempo passato
queste parole strinsi tra i denti:
“Non consentir che’l cor venga
frustrato”
Dolc’infinito, passò quell’attimo,
mentre che’l vento baciava le foglie,
cadde miseria con lento fruscio.
To a child
Cecilia Lugi
Don’t you remember the foaming
Waves in winter?
And the milky light ofa morning
Born too late?
A child on the run
Along the deserted shore.
No trace ofsun,
Wind in the hair: more and more.
Following his kite
With soft and silent pace
Like a frail fiber ofuniverse:
A teardrop ofjoy along his shining
face.
Illusioni Ottiche
A cura di Valeria Tiburzi
Sapevate che i vostri occhi hanno dei punti ciechi ?
Ognuno degli occhi contiene un'area che non ha fotorecettori perchè c'è il
nervo ottico. Non ci si accorge della mancanza di questo spazio perchè
queste aree sono situate in punti opposti del campo visivo.
Adesso vi mostriamo come individuarlo
Chiudi l'occhio sinistro, e col destro fissa la croce.
A circa 30 cm dallo schermo, il puntino nero dovrebbe "svanire", lasciando al
suo posto un'area bianca.
Il cervello infatti cerca di riempire lo spazio vuoto con lo sfondo più
probabile.
Osservate infatti l'immagine seguente per rendervi conto di questo
fenomeno.
La X Scompare e il cervello la sostitusce con la barra nera...
sorpresi?
A Te
Gennaio/Febbraio '10 ­ N°4 ­ Anno III
Lavinia Fabia Anania
Ti vidi per la prima volta tra le braccia
di tua madre:
eri così piccola,
simile a una Barbie.
Ti ho portato in braccio
quando ancora non sapevi
camminare,
ti ho cullata e accarezzata come se
fossi un gioiello prezioso
mentre stavi per addormentarti,
ho sentito la tua prima parola,
ho visto i tuoi primi passi
e ora ti osservo
mentre scrivi le prime parole
e tenti di leggerle come se fossi una
bimba grande.
Ti ho asciugato le lacrime quando
paingevi,
ti ho soccorso quando ne avevi
bisogno,
ti ho assecondato nelle tue pazzie e
nei tuoi desideri.
Ero lì accanto a te mentre ridevi,
mentre cercavi di fare i discorsi con
tono impostato come se fossi un
uomo politico,
ero lì mentre piangevi,
mentre raccontavi del tuo primo
fidanzatino.
Mentre avevi le tue paure ero lì a
rassicurarti,
mentre mi raccontavi le tue giornate a
scuola ti ascoltavo attentamente.
Quando avevi un problema e mi
chiedevi di aiutarti
non ti prendevo in braccio e te lo
risolvevo,
ma tenendoti per mano ti infondevo
coraggio.
E poi tu,
a cinque anni,
piccola com’eri,
avevi la pazienza di ascoltami mentre
ti parlavo dei miei problemi:
non capivi molto di quella che dicevo,
problemi strani per te,
ma ti bastava il tono della mia voce
per capire i miei sentimenti
e subito mi abbracciavi.
Non te ne sei mai resa conto
ma mi sei stata vicina in molti
momenti
e i tuoi piccoli gesti valevano più di
mille parole.
Non ti ho mai detto grazie,
ne tu a me:
ci basta uno sguardo per
comprenderci.
Tu sei parte della mia vita
e io della tua
e per questo non potrò mai smettere
di dirti grazie.
Liber
Il dark side
del giornale del Pilo
Albertelli di Roma
mente
Frizzi, lazzi, poesie da ridere, comicità
da piangere. Apparenti scemenze,
LA VERITA' STA NELLE STELLE!!!
latenti genialità: liberate la mente!
Lezione di greco - Kατωμὸχανε
Continuiamo le lezioni di poesia cominciate a novembre con il celebre epòdo di Archiloco.
Qui vi proponiamo un elegante giambo di Ipponatte. Questo brano (frammento 28 West) fa
parte di una particolare raccolta di poesia didattica. Qui il giambografo, dopo una serie di
insegnamenti morali, si concentra sulla corretta tecnica di decorazione delle navi, sintesi delle
due sfere umane, quella artistica, e quella religiosa, in quanto è sia libera espressione creativa
quanto devoto dono agli dèi.
Μιμνῆ κατωμὸχανε1, μηκέτι γράψῃς
ὂπφιν τριήρεος ἐν πολυζύγῳ τοίχῳ
ἀπ`ἐμβόλου φεύγοντα πρὸς κυβερνήτην·
αὓτη γὰρ ἒσται συμφορή τε καὶ κληδών,
νικύρτα καί σάβαννι, τῷ κυβερνήτῃ,
ἢν αὐτὸν ὂπφις τὠντικνήμιον δάκῃ.
Minne, culorotto 1 , un'altra volta non
dipingere
sulle mura dai molti banchi di una trireme
un serpente
che da prua schizza verso il timoniere;
è proprio sventura e malaugurio,
brutto pezzente, per il timoniere, se il
serpente lo morde allo stinco.
(Trad. di Antonio Aloni )
Nota 1 : κατωμὸχανε è un hapax probabilmente modellato su epiteti epici come κακoμήχανος
(“consigliere di frondi”); uno scolio antico lo spiega come “spalancato fino alle spalle”. (nota di
Giuseppe Rosati, in “Scrittori di Grecia”ed. Sansoni)
IPSE DIXIT
E.T.: Ma che fate? Non
partecipate? Andate a
guardare il cielo, somaroni!
Nelle stelle sta la verità!
Alzate gli occhi! Non restate
esseri spregevoli, infimi e
terrigni, che schifo! Andate
alla serata astronomica,
ignorantoni! [grasse risate]
Tizio: Ma prof, poi così si
cade nel pozzo!
E.T.: Che vole mo' questo?
Che sta a dì sto scemo?
Altri Tizi: Niente prof, robba
de Talete...
E.T.: Chi? AH! Lui sarà pure
caduto dentro un pozzo, ma
almeno è diventato famoso!
[rivolta a Tizio] Invece tu
passerai alla storia
dell'umanità come una
puzzetta!
Scienza& Religione
Prof.ssa:”Ragazzi cosa mi sapete dire
degli enzimi?”
Olegna Illerom: “Beh, innanzi tutto gli
enzimi si trovano nel pancreas…eh…”
Prof.ssa:”Ma come giustifichi la loro
presenza? Chi ce li ha messi nel
pancreas?”
Olegna Illerom: “Beh… Gesù Cristo!”
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L'immortalità dell'anima. "Devi sapere,
carissimo, che secondo gli stoici solo
l'anima del saggio si conserva,
ascendendo in cielo, fino alla successiva
conflagrazione universale. Invece l'anima
degli stolti, come la tua, puf, subito
scompare, come un soffio, per sempre."
(Prof. Pedullà)
sé è un uomo (in senso corrente). L'uomo
con l'uomo, l'unità dell'Io e del Tu, è Dio».
Quindi, ragazzi, "TU + IO = TIO",
possiamo sintetizzare così no? No
Armando questa non la scrivere... (Prof.
De Luca)
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Ragazzi, i Puritani fanno le trombate a
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«La solitudine è finitezza e limite, la carciofo! (E.T.)
comunità è libertà e infinito. L'uomo per