Gennaio/Febbraio 2010
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Gennaio/Febbraio 2010
Il Giornale del Pilo Albertelli di Roma Interviste a Federica Palazzi e Veronica Liberati (M.Pieri, V.De Angelis): pag.2 Roma: Finalmente in bianco (C.Lugi): pag.3 * Comunicato dei lavoratori di Rosarno: pag.4 Ndrangheta:il silenzio è d'oro (F.S.Massimo): pagg.4-5 Porrajmos! (A.Iacarella): pagg.6-7 Vi insegneremo centomila parole: pag.8 * Manga (L.Spatocco): pag.8 Black Clouds & Silver Linings (P.Marzioli): pagg.9-1 0 Patch Adams (M.Pieri): pag.1 0 Roma, finalmente in bianco S Gen/Feb 2010 Numero 4 Anno III Mille Splendidi Soli (L.F.Anania): pag.1 1 Mika e Omero (G.Colletti): pagg.1 1 -1 2 Sherlock Holmes (F.Tiburzi): pag.1 2 Avatar (V.Tiburzi): pag.1 2 * Tucidide e il Barcellona (F.Di Carolis): pag.1 3 * Annunci (comitato genitori, premio poesia)& Sponsor: pag.1 4 Scatti da matti (festa di carnevale): pagg.1 5-1 6-1 7 La posta: pag.1 7 * Liberamente: pagg.1 8-1 9-20 Cecilia Lugi orprendente come il manifestarsi di un agente atmosferico possa provocare tanto entusiasmo. Eppure, quando a metà mattinata di lunedì 1 2 Febbraio scende la prima neve, gli studenti romani cessano di prestare attenzione alle lezioni e con gli occhi incollati alle finestre si lasciano incantare, come pargoli ipnotizzati da una favola, dai rimproveri poco convincenti dei professori, sospirando rassegnati perché sanno che quei fiocchi non si tramuteranno nel soffice manto atteso da decenni. Ma la speranza rimane. Il desiderio di vedere Roma imbiancata coinvolge tutti. Così, quando la neve inizia finalmente a posarsi il trillo della campana delle undici riversa decine di alunni festosi per le strade ricoperte da uno strato compatto, uniforme e candido. SNOW IN ROME! 12022010 Mille Splendidi Soli Porrajmos! (Articolo a pag.3) Lavinia Fabia Anania ... a pagina 11! Stragi naziste di rom Andreas Iacarella ... a pagina 6! Black Clouds & Silver Linings Il nuovo album dei Dream Theater Paolo Marzioli ... a pagina 9! a p. 3 ond a nomala Intervista a Federica Palazzi 2 A cura di Marcello Pieri Intervista a Veronica Liberati Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III A cura di Valeria De Angelis Nome, cognome, data di nascita Veronica Liberati, 1 9 Giugno 1 993 Da quanto tempo pratichi l’hip hop? Pratico questo sport da 1 2 anni. Come'è nata questa tua passione per il canto? E’ impossibile spiegarlo. Canto da quando sono piccola. E’ la mia più grande passione e continuerà ad esserlo qualsiasi cosa accada nel mio futuro. Che premi ti ha portato a vincere questa tua passione? Ho vinto gli interregionali, i regionali e Come descrivi la tua esperienza a “Ti lascio una canzone”? il campionato italiano. Quest’estate ho Bella. Unica. Sono andata ai provini partecipato ai mondiali a Las Vegas, ma è così, per gioco e non mi aspettavo l’unico titolo che mi manca! proprio di passare! Quando l’ho saputo Qual’è stata la gara più entusiasmante ho visto un mio sogno realizzarsi. Ero soddisfatta soprattutto perché c’ ero alla quale hai partecipato? Sicuramente i mondiali, un’emozione riuscita con le mie sole forze, col mio talento, e non con una che non si presenta tutti i giorni. raccomandazione. Quante ore ti alleni a settimana? Come ti sei sentita la prima volta sul Dipende, perché non pratico solo hip palco dell'Ariston? hop, però la palestra è la mia seconda Male, perché avevo paura. E’ come il casa: in media ci passo 1 8 ore a palco dell’Ariston. La cosa emozionante settimana! è trovarcisi a 1 5 anni. E’ abbastanza insolito… Com’è il rapporto con il tuo insegnante di danza? Dopo aver partecipato a questo C’è una grande complicità e programma hai acquistato una certa sicuramente la passione ci accomuna! popolarità: la cosa ti mette in imbarazzo? Come descriveresti la sensazione che No, anzi mi fa piacere. Ma rimango provi quando balli? Non trovo una sola definizione. Nei Allenamento o uscita con gli amici? momenti difficili mi aiuta a sfogarmi, Dipende, se non ho gli allenamenti quando ballo esprimo tutte le emozioni che provo. Se la posso definire così, è la esco. mia “droga giornaliera”! C’è mai stata una grande delusione durante la tua “carriera artistica”? Riesci ad organizzare bene il tempo Quando ho avuto l’incidente. Mi sono sia per lo sport che per lo studio, oppure rotta il femore sciando e sono stata preferisci dedicarti più all’uno che ferma per otto mesi. Quando ho all’altro? ricominciato ho avuto paura di dover Sì, ed è più facile di quanto sembri… rinunciare alla danza, ma poi ho deciso di continuare e ho capito che nulla è Cosa ne pensa la tua famiglia della impossibile. passione che hai per la danza? E` assolutamente d’accordo. Posso Un saluto a tutti gli albertelliani! sempre contare su di loro! Non lasciate mai le vostre passioni comunque con i piedi per terra. Non mi sento affatto superiore agli altri per aver partecipato un programma; credo che dovremmo condividere con gli altri ciò che ci piace fare affinchè anche gli altri possano a loro volta coltivare le proprie passioni. Un vero cantante è colui che sa trasmettere al pubblico le proprie emozioni e sensazioni, a prescindere dalla fama o dalla carriera. Frequenti una scuola di canto? Da quanto tempo? Non l’ho più frequentata da quando si è conclusa la mia esperienza con “Ti lascio una canzone”. Ho lasciato solo per questioni di tempo. Qual è una cosa che ti piace fare, eccetto cantare? Pallavolo ed equitazione. Chi è il tuo cantante preferito? Mi piacciono tutti, ma Mia Martini non si batte! Progetti per il futuro? Programmi in vista? Speriamo davvero! Un saluto ai tuoi compagni di scuola Ciao belli! xD per altre cose. Continuate sempre a combattere per raggiungere il vostro obiettivo, perché e` proprio quello che vi rende unici! Un saluto a tutti! Fenicotteri, coshaa (perle di saggezza) Roma, finalmente in bianco Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Cecilia Lugi S orprendente come il manifestarsi di "Dal cielo tutti gli Angeli un agente atmosferico possa videro i campi brulli provocare tanto entusiasmo. senza fronde né fiori Eppure, quando a metà mattinata di e lessero nel cuore dei fanciulli lunedì 1 2 Febbraio scende la prima neve, che amano le cose bianche. gli studenti romani cessano di prestare Scossero le ali stanche di volare attenzione alle lezioni e con gli occhi e allora discese lieve lieve incollati alle finestre si lasciano incantare, la fiorita neve." come pargoli ipnotizzati da una favola, dai Umberto Saba, Fior di neve rimproveri poco convincenti dei professori, sospirando rassegnati perché sanno che quei fiocchi non si tramuteranno nel soffice manto atteso da decenni. Ma la speranza rimane. Il desiderio di vedere Roma imbiancata coinvolge tutti. Così, quando la neve inizia finalmente a posarsi il trillo della campana delle undici riversa decine di alunni festosi per le strade ricoperte da uno strato compatto, uniforme e candido. L’euforia riesce a vincere l’iniziale ritrosia di presidi e insegnanti, rassegnati, ma non meno turbati dei loro allievi, e le lezioni vengono immediatamente sospese: d’un tratto, come per magia, la città si anima di adolescenti euforici e spensierati, dimentichi di ogni preoccupazione. I ragazzi sorridono, si abbracciano ed esultano; mano al cellulare, chiamano familiari e amici, scrutando con attenzione il cielo, cercano notizie sulle condizioni climatiche della periferia e dei paesi limitrofi. Temono che l’emozione possa svanire in pochi attimi… Ma superato lo stupore iniziale, e violata gran parte della neve a disposizione, si gettano alla frenetica ricerca di un’altra piazza da devastare. Prendono d’assalto autobus, tram e metro. Destinazione? Uno slargo o un giardino, una villa o un parco, un sito archeologico o lo spazio antistante a un monumento. Ogni tetto di Roma è tinto di nivea coltre, ogni piazza, ogni vicolo è gremito di adolescenti che non vogliono assolutamente perdersi un’esperienza che potrebbe essere l’unica della loro vita. C’è chi tenta di ammonticchiare neve per un pupazzo, e chi, volendo imitare Jack Skellington in Nightmare before Christmas, affonda i denti in un pugnetto di neve ghiacciata. I più scatenati si rincorrono armati di palle ghiacciate; i più audaci, addirittura, decidono d’ingaggiare una fresca battaglia a torso nudo davanti al Colosseo, al cospetto dei centurioni compiaciuti della bagarre, e lungo il viale dei Fori Imperiali, sfidando la temperatura e mente le nevicate dell’85 e dell’86. Ma raccogliendo una buona quantità poche ore dopo è già tutto finito. La d’improperi e d’insulti da parte dei neve, in un batter d’occhio, è una passanti infreddoliti. poltiglia scura, e in breve la pioggia ne Gli scorci imbiancati offrono ai più cancella ogni traccia. E porta via con sé previdenti, muniti di macchine quello spirito di festa, quell’atmosfera fotografiche, una grande varietà di straniata, e vagamente natalizia, che soggetti e panorami da immortalare. Ma aleggiava per le vie della capitale. i veri “privilegiati” non sono gli amanti della fotografia, non i cultori della settimana bianca, né i giovani folleggianti; sono piuttosto i turisti, ai quali la sorte ha riservato uno spettacolo irripetibile, una città eterna insolita, bianca e spensierata. E gli adulti, i genitori, i lavoratori, i disoccupati? Osservano, valutano, congetturano. Sono gli spettatori che esteriormente - non si lasciano coinvolgere dall’eccitazione generale: stanno a guardare. E con un pizzico di invidia e nostalgia sbirciano gli scampoli di felicità dei più giovani, riportando alla ond a nomala 3 ond a nomala Comunicato dei lavoratori di Rosarno 'Ndrangheta 4 Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Il silenzio è d'oro Francesco Sabato Massimo In assenza di un vero e proprio articolo sui fatti avvenuti a Rosarno, la redazione di Ondanomala ha deciso di pubblicare il comunicato redatto e presentato al ministero dai lavoratori africani della città calabrese. 3 5 miliardi di fatturato annuale, tasso di criminalità mafiosa in Calabria del 27%, insediata e attiva in 5 continenti, dalla Locride a Sidney, la ‘Ndrangheta è oggi la mafia più potente al mondo. La mafia più potente al Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie…prelevati, qualcuno è sparito per sempre. Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l’interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani. Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza. La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all’uomo. Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza I nostri bagagli e con I salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori. Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono. Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all’Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste: - Domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motivi umanitari agli 1 1 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada. - Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità. If you're searching for the message, you're in the wrong place, i'm sorry. “I mandarini e le olive non cadono dal cielo” In data 31 gennaio 201 0 ci siamo riuniti per costituire l’Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo I luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. L’Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma mondo e nessuno le ha dedicato un film come "Il Padrino" o un capolavoro come "Gomorra". Potremmo definirla una mafia underground, sottovalutata o ignorata dai più: è proprio questa la sua forza. La parola ‘Ndrangheta deriva molto probabilmente alla voce greca andragathìa che significa coraggio, valore, virilità, le virtù esemplari e ammirevoli del bravo mafioso calabrese. Tuttavia questo nome inizia a diffondersi solo nel secondo dopoguerra. In precedenza l’appellativo preferito da prefetti e ministri per indicare gli ‘ndranghetisti erano «camorrista» o «picciotto». E, in effetti, la mafia calabrese era considerata una semplice filiazione di Cosa Nostra, un’organizzazione criminale di serie B, importata dalle regioni limitrofe, debole e disorganizzata. In realtà il fenomeno mafioso calabrese aveva una storia e delle radici profonde, persino più del neonato stato unitario. Nel 1 869, un anno prima della breccia di Porta Pia, la ‘Ndrangheta era già abbastanza forte da poter inquinare lo svolgimento e condizionare l’esito delle elezioni amministrative: dinamiche che dopo 1 60 anni si ripetono, rafforzatesi e ampliatesi sotto gli occhi di uno Stato, a seconda delle circostanze, impotente o connivente. Il rapporto con la politica, infatti, è molto antico e parimenti sottovalutato e nascosto. La ‘Ndrangheta seppe inserirsi con notevole abilità nelle lotte per il potere tra famiglie e fazioni, divenendone in breve arbitro e parte in causa. Un’organizzazione che ha saputo occupare gli spazi che lo Stato non poteva o non voleva gestire, non garantendo ma concedendo alla popolazione come favore e privilegio ciò che invece le spettava di diritto: lavoro prima di tutto. La nascita della ’Ndrangheta deve molto al modello delle società segrete rappresentato in primis dalle logge massoniche, introdotte in Calabria da Gioacchino Murat all’inizio dell’800. (Segue a pag.5) Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III (Continua da pag.4) Un’organizzazione segreta era l’ideale sia per difendersi dalla repressione dello Stato, sia per infiltrarsi nella società e nello Stato stesso. Il legame con la massoneria rimarrà costante fino ai giorni nostri, ma i punti di forza più strepitosi sono due e sono peculiari della mafia calabrese. Il primo punto di forza è collegato alla struttura della ‘Ndrangheta, fondata sulla famiglia di sangue da cui traggono forza legami pressoché indissolubili. I vincoli familiari sono la protezione più efficace dal pentitismo. Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita, sono state duramente colpite dal fenomeno del pentitismo. La ‘ndrangheta si è invece rivelata incolume rispetto a questa insidia. I casi di collaborazione alla punta dello stivale sono sporadici e hanno riguardato personaggi secondari, alla base della gerarchia criminale. In più, a differenza di Cosa Nostra, dotata di una “Cupola”, un organo dirigente unitario cui partecipano i rappresentanti di tutte le famiglie ma anche motivo di vulnerabilità, la mafia calabrese non ha un vertice. Non c’è una testa da colpire per paralizzare tutto il corpo. La ‘Ndrangheta si è data una struttura “federativa” e, almeno fino al 1 991 non ha avuto neanche un vertice. I clan sono denominati ‘ndrine. La struttura molecolare di ogni ‘ndrina è formata dalla famiglia naturale del boss, il capobastone. Ogni ‘ndrina ha un territorio di riferimento da gestire e nel quale sviluppare le proprie attività (oggi in gran parte delocalizzate al centro-nord d’Italia e all’estero). Questo territorio di solito coincide con il comune di residenza del capobastone. Nelle grandi città come Reggio Calabria invece, convivono più ‘ndrine a formare un locale allo scopo di coordinare le proprie attività. Dunque un profondo radicamento a livello territoriale affiancato da una clamorosa espansione a livello nazionale e transnazionale. Questi due orientamenti costituiscono un vantaggio proprio in virtù della loro complementarità e oggi la ‘Ndrangheta è una vera e propria holding finanziaria, una multinazionale del crimine impegnata in affari di ogni genere in tutto il mondo e leader mondiale del contrabbando di cocaina. Il secondo fattore di successo è la strategia criminale adottata. La ‘Ndrangheta ha sempre agito nel silenzio, lontana dai riflettori dei media. In questo modo ha potuto condurre indisturbata le proprie attività. Mentre, all’inizio degli anni ’90, Cosa nostra inaugurava la strategia autolesionista delle stragi e della lotta aperta allo stato, distraendosi dai propri affari e provocando una reazione sorprendentemente agguerrita, la ‘Ndrangheta ha colto l’occasione per inabissarsi ancora di più ed estorcere ai siciliani il primato tra le organizzazioni criminali, accreditandosi presso i cartelli dei narcotrafficanti sudamericani come referente europeo più affidabile. Alla metà degli anni ’70 la ‘Ndrangheta aveva subito un’importante evoluzione con la creazione della Santa, una struttura parallela alle ‘ndrine ma che operava con modalità decisamente diverse. L’obiettivo era quello di insinuarsi sempre più all’interno della società e dello Stato. Per fare questo bisognava rompere certi tabù che impedivano alla ‘Ndrangheta di aprirsi del tutto al mondo esterno. Alla Santa dunque vennero ammessi i più giovani e brillanti esponenti dell’organizzazione, decisi a rompere con le vecchie regole della «società di sgarro» e ansiosi di mettersi alla prova. Per incrementare il proprio potere bisognava allacciare nuovi rapporti in cima alla società e anche con figure fino ad allora tacciate di “infamità” - cioè politici, magistrati, funzionari di polizia e della pubblica amministrazione - oltre che imprenditori e professionisti (medici, notai, avvocati etc.). Le vecchie regole erano per la vecchia ’Ndrangheta e per i mafiosi comuni. Le giovani èlite si svincolarono dai vecchi vincoli perché non erano intenzionate a muoversi ai margini della società; l’immagine del mafioso è cambiata, non c’è più il rozzo zappaterra armato di lupara e con la coppola in testa; oggi al vertice delle mafie vi sono giovani imprenditori del crimine, poliglotti e disinvolti personaggi che spostano merce e capitali da un capo all’altro del mondo. Non bisogna assolutamente assimilare la ‘ndrangheta ad una pittoresca espressione del folklore del Mezzogiorno italiano. La mafia al nord, checché alcuni amministratori si ostinino a negarlo o a ignorarlo, è una realtà da trenta-quarant’anni. I primi “picciotti” giunsero al nord già alla metà degli anni ’50 al seguito delle prime ondate migratorie oppure perché inviati al confino di polizia. Nei ghetti di immigrati meridionali che si formarono nelle periferie delle città settentrionali (in effetti un po’ come accade oggi con i nuovi immigrati) la criminalità organizzata ritrovò lo stesso habitat dei luoghi d’origine, terreno fertile per crescere. In più al nord c’era molto denaro e personaggi senza scrupoli pronti ad investirlo in attività illecite. Sta di fatto che a oggi più di un consiglio comunale del nord (come quello di Bardo- ond a nomala 5 necchia) è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Stesso destino che è toccato al comune di Nettuno e che doveva verificarsi per il consiglio comunale di Fondi, il comune del Lazio pontino che ospita uno dei più grandi mercati ortofrutticoli d’Europa e sul quale hanno allungato le mani i Casalesi e la ’Ndrangheta. Fondi e la provincia di Latina formano il feudo del senatore Fazzone (Pdl). L’onorevole è stato eletto consigliere regionale nel 2005 con 37 mila preferenze (il più votato d’Italia). Divenuto Presidente del consiglio regionale del Lazio, all’epoca della giunta Storace, scriveva lettere di raccomandazione (almeno 64) per far assumere suoi clienti alla Asl di Latina. E la cosa più raccapricciante è che le scriveva su carta intestata della Regione. A chi gli chiedeva spiegazioni rispose candidamente - cito il manifesto - che avrebbe continuato a farlo e «finché farò politica segnalerò i problemi della gente». Insomma ne ha fatto un motivo di orgoglio e forse un giorno inserirà questa benemerenza nel suo curriculum. Sarà forse per amor di contraddizione ma Fazzone è anche membro della commissione giustizia… Fonti: Francesco Forgione, ’NDRANGHETA. Boss luoghi e affari della mafia più potente al mondo – La relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, edito da Baldini Castoldi Dalai; Forgione è stato presidente della commissione nella scorsa legislatura e ha appena pubblicato un nuovo libro MAFIA EXPORT. Come ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra hanno colonizzato il mondo, edito anch’esso da Baldini Castoldi Dalai; Il manifesto; www.claudiofazzone.it. ond a nomala 6 U PORRAJMOS! Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Andreas Iacarella n termine intraducibile in italiano, che fonde assieme i concetti di divoramento, distruzione, annientamento. Si sa che spesso, purtroppo, la storia è fatta dalle cifre. Per questo, forse, il massacro inumano di circa un milione di rom e di sinti (il numero varia a seconda della testimonianza) è ingiustamente stato messo da parte in confronto alle ben 6 milioni di vittime ebree immolate dal Terzo Reich. Basti pensare che il governo tedesco gli riconobbe solo nel 1 980 la loro dignità di vittime. È quindi più che mai necessario ricordare che gli ebrei non furono soli a morire in quei campi, nel fumo di quei camini bruciarono anche le grida di queste migliaia di zingari, dimenticati. Fin dall'immediato dopoguerra si cercò di sminuire il genocidio del popolo zigano negando che fosse stato condotto secondo pregiudizi razziali ma che invece si inserisse all'interno del generale processo di repressione della criminalità normale caratteristico di ogni guerra. La realtà, naturalmente, fu molto diversa ma in un certo senso si collega a queste considerazioni. Fin dall'inizio del secolo scorso in numerosi stati europei (Francia, Germania, etc.) erano in vigore leggi che prevedevano la schedatura e il ferreo controllo dello sviluppo della popolazione nomade zingara, ritenuta “asociale” e generatrice di disordini all'interno della società. Questi pregiudizi preesistenti hanno poi trovato, come è naturale, uno sviluppo radicalizzato all'interno delle politiche xenofobe di repressione del governo nazionalsocialista tedesco. La differenza fra la concezione nazista e quella delle epoche precedenti risulta chiara: il Reich diffondeva l'idea che gli zingari fossero ladri, truffatori, assassini e nomadi per cause genetiche, perché tali caratteristiche erano nel loro sangue, irrimediabilmente tarato e perciò irrecuperabile. I teorici di queste idee furono quegli scienziati che, opportunisticamente, si posero al servizio di Hitler ma che, in molti casi, avevano cominciato studi di questo genere fin dai primissimi anni del '900. A Monaco era infatti presente sin dal 1 899 un “Servizio Informazioni sugli Zingari” presso il quale si facevano ricerche e studi sull’argomento. Nel 1 929 tale centro viene ribattezzato “Ufficio Centrale per la lotta alla piaga zigana” e diventa una delle principali fonti di documentazione sulle popolazioni zingare. Date queste premesse è possibile comprendere come il Reich considerasse la presenza di rom e sinti “nociva” per la creazione del nuovo ordine tede- sco e per la purificazione della razza. Si cominciò dunque, a partire dall'inizio degli anni '30, una vasta campagna di “sterilizzazione” coatta di tutti gli appartenenti alla “razza zingara” che venne perpetrata inizialmente negli ospedali e, successivamente, anche nei lager. La finalità era, logicamente, quella di impedire la riproduzione di quella determinata “razza”, condannandola all'estinzione. La situazione, già critica, degenerò quando Heinrich Himmler, dal giugno 1 936 capo delle SS e della polizia, divenne (1 938) anche il responsabile della “questione zingara”. L’ 8 dicembre 1938, Himmler emanò un decreto fondamentale per la storia dello sterminio degli zingari. La prima legge che riguarda esplicitamente ed esclusivamente la “razza zingara”, nella quale, tra l’altro, viene regolata la concessione di documenti ai cittadini zingari in base a perizie razziali e si impone loro una scelta obbligata tra la sterilizzazione e l’internamento. Il testo è molto chiaro: la “questione gitana” è considerata una “questione di razza” e come tale va affrontata. Le istruzioni per l’esecuzione del provvedimento, del 1 marzo 1 939, ne rendono ancora più evidente il carattere: «Scopo delle misure adottate dallo stato vuole essere la separazione definitiva della stirpe gitana dalla stirpe germanica, quindi la regolamentazione delle condizioni di vita degli zingari razzialmente puri e dei semizingari». Da questo momento fu un proliferare continuo di leggi e provvedimenti atti all'annientamento degli zingari: oltre alle leggi che ne limitano o annullano i diritti negli ambiti matrimoniale, lavorativo e scolastico un’ordinanza del 7 agosto 1 941 definisce le distinzioni tra zingari di razza pura (Z), zingari al 50% (ZM), zingari per più o meno del 50% (ZM+ o ZM-), non zingari (ZN). Non possono quindi esservi dubbi sul carattere di queste norme che non solo esplicitano i motivi razziali della persecuzione, ma indicano la presenza di una “questione zingara” - non criminale che minaccia il popolo tedesco. Da questo momento la sorte degli zingari nella Germania nazista e in tutti i territori occupati fu identica a quella degli ebrei: persecuzione, deportazione e morte. Esistono numerosi documenti che testimoniano la presenza degli zingari nei campi di Auschwitz, Dachau, Ravensbrùck, Treblinka, Buchenwald, BergenBelsen, Chelmno, Maidanek, Gusen, Theresienstadt, Belzec, Sobibor... LO “ZIGEUNERLAGER” Il 16 dicembre del 1942 Himmler decretò la “soluzione finale della questione zingara” firmando l’ordine di internare, o trasferire, ad Auschwitz tutti gli zingari. La firma di questo documento rappresentò l'ufficializzazione della condanna a morte per la “razza zigana”. A Birkenau una sezione del lager, denominata campo B2e, venne loro destinata. Era lo Zigeunerlager, il “Campo zingaro”. Un filo spinato attraversato da corrente elettrica divideva gli zingari dal resto dei prigionieri, emarginati nell'emarginazione. All'interno del recinto vivevano, però, maschi e femmine, giovani e vecchi senza alcuna separazione. Le famiglie non furono divise e non solo si permisero ma anzi si documentarono dettagliatamente tutte le nascite avvenute nello Zigeunerlager : il primo bimbo venne alla luce l’1 1 marzo ‘43. Inoltre i prigionieri zigani non erano sottoposti alle terribili selezioni per le camere a gas, normalmente di prassi: appena arrivati erano tatuati e rasati a zero, ma poi nessuno più si preoccupava dei loro capelli che ricrescevano. Purtroppo non si conoscono i motivi di questo trattamento “privilegiato”. L’idea più diffusa è quella che sostiene che ciò fosse dovuto al fatto che gli zingari non erano, almeno all’inizio, destinati alla “soluzione finale” ma si potrebbe anche ipotizzare che l’organizzazione del lager per famiglie zingare (analogamente a quella del lager per le famiglie ebraiche del ghetto Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III ond a nomala 7 di Theresienstadt, sottoposto alla medesima procedura) corrispondesse a un progetto di sperimentazione, per capire cosa si potesse fare di altre razze qualora fosse continuata l’espansione tedesca. Però, nonostante i “privilegi”, la situazione degli zingari era tragica come quella di qualunque altro prigioniero dei lager. Nella primavera del 1 943 il numero di rom e sinti a Birkenau era di 1 6.000: le baracche erano sovraffollate ed in un blocco da trecento persone si viveva in 1 .000. Hermann Langbein, medico ad Auschwitz, ricorda così l’infermeria del campo degli zingari: «Su un pagliericcio giacciono sei bambini che hanno pochi giorni di vita. Che aspetto hanno! Le membra sono secche e il ventre è gonfio. Nelle brande lì accanto ci sono le madri; occhi esausti e ardenti di febbre. Una canta piano una ninna nanna: “ A quella va meglio che a tutte. Ha perso la ragione”… Estenuate, pelle e ossa giacciono lì. Spesso nude. A quanto pare non si rendono neanche conto della loro nudità. “Vieni, devi vedere tutto”. L’infermiere polacco che ho conosciuto a suo tempo nel lager principale mi porta fuori dalla baracca. Al muro sul retro è annessa una baracchetta di legno: è la stanza dei cadaveri. Ho già visto molti cadaveri nel campo di concentramento. Ma qui mi ritraggo spaventato. Una montagna di corpi alta più di due metri. Quasi tutti bambini, neonati, adolescenti. In cima scorrazzano i topi». Una svolta tragica si ebbe con la nomina di Josef Mengele, ufficiale medico delle SS, a responsabile medico del campo zingaro (1 943). Oltre agli inumani esperimenti condotti sulle coppie di gemelli zingari Mengele agì con pugno di ferro anche nel troncare alla radice la diffusione delle epidemie. Il 22 marzo diede ordine di mandare 1 700 zingari a morire nelle camere a gas: era scoppiata un'epidemia di tifo. Per lo stesso motivo il 25 maggio altri 500 vennero massacrati in una sola volta. Ma questi eventi drammatici non furono che la punta dell'iceberg: da questo momento iniziò la pianificazione della liquidazione dello Zigeunerlager. Nella primavera del '44 si diede inizio ai primi trasferimenti nei campi di lavoro: coloro che erano ancora in grado di lavorare furono allontanati da Birkenau. La liquidazione era fissata per il maggio 1 944. Alcuni giorni prima del massacro avvenne però qualcosa di inspiegabile: il lager Führer dello Zigeunerlager rivelò ai detenuti zigani ciò che stava per accadere. Quando il 1 6 maggio le SS circondarono il campo per condurre i prigionieri ai forni scattò un'imprevista resistenza, qualcosa di straordinario. A mani nude, con piccoli coltelli e armi improprie gli zingari si slanciano contro i soldati, letteralmente sommersi da una folla umana urlante. Questo fu un gesto incredibile, immenso: persone nelle quali si era tentato di annientare ogni briciolo di umanità che, ben consapevoli di non avere più scampo, danno vita ad un'ultima, disperata resistenza. Sicuramente uno degli atti maggiormente eroici a cui si potè assistere nei lager, un evento che varrebbe la pena ricordare. Per il momento dunque l'eliminazione venne rimandata, una proroga che costò la vita a diverse decine di zingari. In vista della nuova data, l'inizo di agosto, i tedeschi cominciarono ad organizzarsi a dovere, in modo da evitare nuove rappresaglie. La popolazione zingara del campo venne divisa: fu un avvenimento, questo, di vitale importanza. Fino a quel momento gli zingari avevano subito stermini, lutti e soprusi ma sempre tutti insieme, con la propria famiglia al fianco, dividerli voleva dire annientare definitivamente in loro l'ultimo resto di vitalità, l'ultimo filo di speranza. Più di mille, in maggioranza uomini abili al lavoro, vennero deportati a Buchenwald: il campo era prossimo alla sua fine. La storia dello Zigeunerlager terminò la notte del 1 agosto 1944 quando, dopo il coprifuoco, i 2897 zingari sopravvissuti furono condotti verso il forno crematorio numero 5, una delle istallazioni di morte più vicine allo Zigeunerlager. Ricorda un medico ebreo prigioniero ad Auschwitz: «L’ora dell’annientamento è suonata anche per i detenuti del campo zingaro. La procedu- ra è stata la stessa applicata per il campo ceco. Prima di tutto divieto di uscire dalle baracche. Poi le SS e i cani poliziotto¯ hanno cacciato gli zingari dalle baracche e li hanno fatti allineare. Hanno distribuito a ciascuno le razioni di pane e i salamini. Una razione per tre giorni. Hanno detto loro che li portavano in un altro campo e gli Zingari ci hanno creduto... Il blocco degli zingari sempre così rumoroso, s’è fatto muto e deserto. Si ode solo il fruscio dei fili spinati e porte e finestre lasciate aperte che sbattono di continuo». L'ultima “presenza viva, sonora” di Birkenau ammutolì improvvisamente, con il massacro dei 300 bimbi zingari la presenza di minori nel campo cessò praticamente del tutto. Furono risparmiate solo le 24 coppie di gemelli di cui si servì Mengele per i suoi esperimenti, un destino forse ancora più orribile. Il 1 7 gennaio del 1 945 - 1 0 giorni prima della liberazione – nello Zigeunerlager all'appello risposero solo quattro uomini. Fonti: A forza di essere vento – lo sterminio na zista degli zingari, Editrice A Guenter Lewy, La persecuzione nazista degli zingari, Editrice Einaudi La strada verso il Porrajmos: racconti e testimonianze sullo sterminio dimenticato del popolo Rom a cura dell'Opera Nomadi Milano Hermann Langbein, Uomini ad Auschwitz. Storia del più famigerato campo di sterminio nazista, Mursia ond a nomala 8 “Vi insegneremo centomila parole” C Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III www.redattoresociale.it ome annunciato, questa mattina è stato sgomberato il campo rom di Segrate, dove, secondo il Naga [associazione di medicina di strada] vivevano oltre 1 30 persone già sgomberate da via Rubattino, dal cavalcavia Bacula, dalla Bovisasca, di nuovo da via Rubattino: «Anche in questo caso, erano in atto processi positivi d’integrazione e i bambini residenti nel campo frequentavano le scuole locali. Le maestre, stamani, erano in prima fila per dare sostegno alle persone sgomberate e per cercare di portare i bambini a scuola», dicono dal Naga. La decina di bambini che frequentano la scuola dormiranno a casa delle loro maestre o di genitori di compagni di scuola che si sono resi disponibili ad accoglierli. Le stesse maestre che ieri hanno inviato una lettera aperta ai loro bambini, pubblicata da Redattore sociale. Eccola: Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate. Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale, perché i vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano. È proprio per questo che vi hanno iscritti a scuola e che hanno continuato a mandarvi nonostante la loro vita sia difficilissima, perché sognano di vedervi integrati in questa società, perché sognano un futuro in cui voi siate rispettati e possiate veder riconosciute le vostre capacità e la vostra dignità. Vi fanno studiare perché sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la fiducia degli altri. Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo, tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti ogni volta a perdere tutto e a dormire all’aperto in attesa che i vostri papà ricostruissero una baracchina, sapendo che le ruspe di lì a poco l’avrebbero di nuovo distrutta insieme a tutto ciò che avete. Le vostre cartelle le abbiamo volute tenere a scuola perché sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perché non volevamo che le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le vostre casette facessero scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica. Saremo a scuola ad aspettarvi, verremo a prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, né voi né i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad apprezzare. Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori che vi hanno sempre messi al primo posto e che si sono fidati di noi. I vostri compagni ci chiederanno di voi, molti sapranno già perché ad accompagnarvi non sarà stata la vostra mamma ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo dare a voi, che condividete con le vostre classi le regole, l’affetto, la giustizia, la solidarietà: come vi spiegheremo gli sgomberi? Non sappiamo cosa vi spiegheremo, ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, più cose che possiamo, perché domani voi siate in grado di difendervi dall’ingiustizia, perché i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom, colpevoli prima ancora di essere nati. Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di annientare chi come voi non ha voce. Ora la vostra voce siamo noi, insieme a tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai volontari che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona. A presto bambini, a scuola. Le vostre maestre: Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi, Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli. Nothing's gonna shake your love, take your love away. No one's going to break M anga vuol dire letteralmente “immagine in movimento”, ma i giapponesi usano questo termine per indicare molto genericamente il fumetto, che sia orientale o meno. In Giappone i manga sono molto diffusi; oltre a essere uno strumento di svago, il fumetto è un utile mezzo espressivo, non meno importante della poesia o della scrittura. Proprio per questo si dà molto spazio ai Mangaka (così vengono chiamati i disegnatori di manga) le cui storie vengono pubblicate su varie riviste. Il sistema di pubblicazione dei manga in Giappone è differente rispetto a quello al quale siamo abituati. Infatti, i manga non vengono raccolti in volumi come in Italia, ma sono inseriti in grandi riviste, che contengono alcuni capitoli di manga diversi. Le storie di maggior successo verranno poi selezionate e Manga Lorenzo Spatocco your heart: it only seems that way... Bend little willow, peace is gonna follow. pubblicate a parte in volumi, mentre quelle meno interessanti o meno amate dai lettori, verranno subito eliminate dalla rivista. Il padre dei manga è senza alcun dubbio Osamu Tezuka. È lui infatti, che creando dei personaggi con occhi sproporzionatamente grandi, e costituiti da tratti semplici ma molto particolari, diede vita agli attuali manga giapponesi. Una distinzione che va evidenziata è quella tra i manga Shonen e gli Shojo; lo Shonen, è un tipo di fumetto destinato a un pubblico maschile, molto curato per quanto riguarda la storia, ma soprattutto per la sua grafica eccezionale e ricercata. Si mescolano nella trama degli Shonen elementi fantastici e mitologici, come ad esempio ne “I Cavalieri dello Zodiaco”, in cui appaiono numerosi personaggi della mitologia greca, con poteri ed abilità classiche del genere fantasy. Lo Shojo invece, è un particolare tipo di manga, che come avrete già capito è destinato alle lettrici del gentil sesso. L’ elemento caratterizzante dello Shojo è “l’amore”. Sono infatti dei manga impregnati di sentimentalismo, con ambientazioni per lo più occidentali. ond a nomala Black Clouds & Silver Linings Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Il nuovo album dei Dream Theater Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi / finem di dederint, oppositis debilitat pumicibus mare / Tyrrhenum: sapias, vina liques, Dream Theater, leader da tempo immemore della scena progressive metal, nonché inventori del genere, hanno pubblicato da qualche mese il loro decimo lavoro in studio, Black Clouds & Silver Linings. Tornando dopo il parziale insuccesso presso la critica del loro precedente album, “Systematic Chaos”, hanno dato vita ad un disco di sole sei tracce, dalla lunghezza complessiva di 75 minuti: media dei 1 2 minuti e mezzo a canzone, sicuramente la più alta di tutti i lavori della band di Long Island. Il titolo significa “Nuvole nere e motivi di speranza”: mai titolo fu più azzeccato per un album, sembrerebbe quasi una breve recensione del lavoro. La track-list si apre con “A Nightmare to Remember”: il pezzo, che dura oltre 1 6 minuti, racconta di un incidente d’auto. E, suoni sintetizzati a parte (sono chiaramente udibili sirene, vetri infranti, elettrocardiogrammi), è facilissimo respirare l’atmosfera dei momenti descritti e le emozioni del protagonista (E’ Petrucci, chitarrista della band americana, a raccontarci un episodio da lui veramente vissuto): prima la descrizione di una notte tempestosa, da incubo appunto, poi un incidente, il coma farmacologico, la guarigione, tutto chiuso da una serie di solos alternati tra Rudess (il tastierista), che utilizza anche il suo continuum, e l’onnipresente Petrucci. Da notare anche una parte in growl (per i non addetti ai lavori, il growl, che in inglese significa ringhio, è uno stile di canto tipicamente metal, nel quale il cantante produce un suono gutturale abbassando il più possibile il tono della sua voce) del batterista Mike Portnoy. Segue “A Rite of Passage”, primo singolo estratto dall’album, sicuramente il pezzo più orecchiabile e “di facile comprensione” di questo disco. Terzo nell’ordine della track-list è “Wither”: dopo tanto tempo una ballata scritta interamente da John Petrucci. La canzone, una classica power-ballad in puro stile Dream Theater (sentite The Spirit Carries On e Hollow Years per avere una vaga idea del genere), parla del blocco dello scrittore (Wither significa “appassisco”): è prodigioso l’assolo di archi del solito Rudess. Interessante anche la versione, resa pubblica nel cd singolo della canzone, cantata da Petrucci. Segue “The Shattered Fortress”: Times”. Il pezzo è ancora una volta finalmente la rinomata Twelve-step lunghissimo, oltre 1 3 minuti, e suite ha una degna conclusione. Questa commuove dall’intro di violino fino a suite, dedicata da Portnoy agli alcolisti quando viene sfumato il lungo, anonimi e in particolare a Bill W, interminabile solo di Petrucci. E’ forse il fondatore dell’associazione americana, tema del pezzo a renderlo così Probabilmente sì. è una sorta di racconto (quasi emozionante? autobiografico, dato che lo stesso Dedicata allo scomparso Howard Portnoy era caduto nei meandri Portnoy, padre di Mike, The Best of dell’alcolismo diversi anni fa) che porta Times è l’estremo saluto del batterista l’ascoltatore dall’abisso della del gruppo all’adorato padre. Viene ora dipendenza sino alla decisione di spontaneo il paragone con “A Change of aiutare gli altri alcolisti (dalle ultime Seasons”, del 1 995, la suite che lo righe di The Shattered Fortress: “Sono stesso Portnoy dedicò alla madre, responsabile, di chiunque, in qualunque morta anni prima in un incidente,; luogo, ha bisogno di aiuto, voglio che la tuttavia nulla può accomunare i due mia mano sia lì per aiutare”), una volta pezzi: A Change of Seasons è incentrata liberatosi dalla bottiglia. Essa, come da su un tema, una riflessione di cui la titolo, si compone di 1 2 parti (le ultime morte della madre di Mike è solo la 3 incise nella suddetta canzone): se ne causa scatenante; The Best of Times è possono trovare 2 o 3 in tutti gli album molto più semplice, è un saluto, per dei Dream Theater dal 2002 a oggi. “The quanto triste e malinconico, ai migliori Shattered Fortress” ha solo una piccola momenti vissuti tra padre e figlio. E il parte inedita: è infatti un collage dei fatto che, mentre A Change of Seasons precedenti pezzi della twelve-step, con costituisca un EP indipendente dalla un nuovo testo, che però ricalca le linee discografia (e che ben valga i 20 euro, molto più delle cover che la di quello originale. Con la quinta canzone si mette accompagnano), quando The Best of totalmente da parte l’atmosfera del Times non si distingue tra i migliori disco: è il momento di “The Best of pezzi di questo album, dimostra la mia erit, pati, / seu plures hiemes, seu tribuit Iup piter ultimam, / quae nunc Paolo Marzioli Leuconoe, nec Babylonios / temptaris numeros. Ut melius, quidquid I 9 affermazione. La tracklist si conclude con il pezzo sicuramente più importante dell’album: The Count ofTuscany. Per la prima volta i Dream Theater non accompagnano una musica veramente sublime con un degno testo. Se, parti simil-thrash metal a parte, strumentali e assoli sembrano riportarci ai tempi d’oro dei DT, il testo non fa davvero la sua parte: Petrucci racconta di un “Conte” incontrato in un viaggio in Toscana e della paura di rimanere intrappolato in un castello. Un vero nulla rispetto alle riflessioni sulla ciclicità della vita contenute in Octavarium, per citare qualcosa di recente. Nonostante ciò, la canzone si distingue soprattutto per tre momenti. Prima di tutto l’intro, acustica e melodica, in vero stile Petrucci, già utilizzata nel recentissimo Progressive Nation come bis, per far rientrare i membri del gruppo sul palco senza troppi effetti. Dopo, con un salto di quasi un quarto d’ora, abbiamo il solo “Pink-floyddiano” di Petrucci, con un incredibile accompagnamento su continuum di Jordan Rudess. Nella tappa romana del PN, svoltasi a ottobre, a quest’assolo è stata integrata una versione per chitarra elettrica della ninna nanna di Brahms. Terzo e ultimo momento, un po’ più prolungato degli altri, il finale con relativo outro (che riprende il tema dell’intro): finalmente il testo si adegua all’intensità del momento. In 1 9 minuti i Dream Theater sono riusciti a rendere bene l’idea di 25 anni di onorata carriera: in The Count of Tuscany sentiamo il prog sfrenato dei primi anni, la metodicità del periodo trascorso con Sherinian alla tastiera, i suoni gracchianti di Rudess, il virtuosismo in puro stile Dance of (Continua a pag.10) ond a nomala 10 Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III et spatio brevi / spem longam reseces. Dum SeizeTh eDay (Continua da pag.9) Eternity, il thrash e l’hard rock degli anni di Train of Thought, per poi passare al già citato outro, che sembra un po’ la “morale” del disco. E gli ultimi 6-7 minuti valgono davvero il prezzo dell’intero disco. Da far venire i brividi. Complessivamente, l’album non raggiunge gli apici già toccati con “Images and Words” del ’92 e da “Scenes from a Memory” del ’99. Tuttavia, sembra esserci un’inversione totale di marcia rispetto al penultimo “Systematic Chaos”: non si sente più quella vena “dura” che aveva caratterizzato il periodo buio della band. “Could this be the end?” si chiedono i cinque di Long Island nel finale di “The Count of Tuscany”: potrebbe davvero essere il giro di boa per la venticinquenne band, che dopo dieci album di prodezze potrebbe cambiare genere, stile? Dopo un album del genere c’è da chiederselo. Come ho già detto “Nuvole nere e motivi di speranza” sembra un titolo giustissimo per questo disco: le nuvole nere sono tutte le spie del periodo terribile, a livello di qualità della composizione, che sembra essersi concluso appena prima della stesura dell’album; i motivi di speranza ci sono eccome: i DT sono tornati a commuoverci, molto più che con “In the presence of enemies”, contenuta nel citatissimo Systematic Chaos. Stavolta un solo di Petrucci vale oro: finalmente il favoloso quintetto americano sembra essere tornato in sé. loquimur, fugerit invida / aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. Patch Adams Marcello Pieri I l film è stato girato nel 1 998 negli USA dal regista Tom Shadyac. È liberamente tratto dall’ autobiografia di Hunter “Patch” Adams (“Gesundheit: good health is a laughing matter” ovvero la buona salute è una questione di risate), medico americano considerato l'inventore di una terapia olistica: la terapia del sorriso o clownterapia. Il film si apre con una riflessione del protagonista su cosa era stata la sua vita fino a quel punto; si capisce che non ha avuto un passato felice, questo lo porta a tentare il suicidio e di conseguenza a internarsi spontaneamente in un manicomio per placare la tempesta che si era verificata nella sua testa. Il tempo passato nel manicomio e il contatto con i pazienti rinchiusi lo aiuta a comprendere quale deve essere il suo percorso, e cioè quello di diventare medico per poter aiutare il prossimo. Due anni dopo si iscrive alla facoltà di medicina; rimane però colpito dal modo in cui i docenti definiscono il ruolo del medico, ma soprattutto il rapporto tra medico e paziente. Decide così di iniziare un esperimento con il suo amico Truman Schiff, per poter cambiare la medicina: cerca di stabilire un rapporto di amicizia e di fiducia con i pazienti, ma anche con il resto delle persone, dimostrando così, che con la considerazione ma anche con una buona dose di umorismo ci si può avvicinare di più agli altri e ottenere grandi risultati dal punto di vista medico. Naturalmente nella realizzazione di questo esperimento infrange le ferree regole della scuola, come quella che vieta agli studenti di avere contatti con i pazienti fino al terzo anno di studi. La sua poca attenzione per le regole lo porterà ad avere seri problemi con il decano dell’università, che farà di tutto per poterlo espellere dalla facoltà. Queste sue trasgressioni lo aiutano però anche a stringere solide amicizie con tutti i pazienti, che grazie a lui smettono di dare problemi: come il paziente Bill, con un tumore al pancreas, che, alla vista di un qualsiasi medico inizia a lanciare piatti, mentre con lui ride e scherza. Hunter, nonostante i divieti, inizia a frequentare assiduamente l’ospedale e ad applicare le sue idee; organizza giochi con i ricoverati, segue i pazienti più difficili ascoltandoli e cercando di soddisfare i loro desideri. Contemporaneamente inizia la realizzazione di un suo sogno, quello di costruire un ospedale libero (l’ospedale della gioia) dove poter curare le persone bisognose, dai poveri a quelli senza assicurazione, ma soprattutto un luogo dove applicare la sua idea di medicina. A questo progetto aderiscono molti studenti del corso di medicina tra cui Carin, di cui Hunter si innamorerà. Un giorno al centro arriva Larry, che si fa conoscere e ottiene la fiducia del personale, poi va via e inizia a chiedere aiuto tramite segreteria telefonica. Carin va a casa sua rispondendo alla sua richiesta di aiuto. Il giorno dopo il preside convoca Patch: Carin è stata uccisa da Larry. Sopraffatto dal dolore, Patch sta per lasciare tutto, ma poi capisce che abbandonare sarebbe equivalente a un tradimento dei suoi ideali ai quali anche Carin credeva e allora ritrova fiducia. Torna in facoltà, e di nuovo viene espulso per i suoi comportamenti. Questa volta deve affrontare il giu- dizio della commissione medica: pronuncia un’appassionata difesa del proprio modo di intendere la professione medica e la commissione lo assolve. Finalmente arriva il giorno della consegna dei diplomi di laurea: Patch riceve il proprio nella tradizionale divisa dei laureandi. Ma sotto è completamente nudo. Nell’arco della sua carriera Adams curerà migliaia di persone povere e bisognose che altrimenti non avrebbero ricevuto alcuna cura, credendo fermamente che la medicina debba essere al servizio di tutti senza distinzione di razza o di ceto sociale. Questo film ci parla di una medicina diversa che si occupa di persone che soffrono, che hanno paura, che si annoiano, che gioiscono; persone che vanno trattate con umanità, che spesso la medicina ufficiale dimentica, riducendola a semplici casi clinici. I medici devono curare le persone, non le malattie. E questa non è solo una frase ma una filosofia di vita! Mille splendidi soli Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III “ ond a nomala 11 Da un libro alla realtà Lavinia Fabia Anania A ricordo di come soffrono le donne come noi”, aveva detto. “Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso”. Questa è una frase del romanzo “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini che racconta delle donne afgane. La narrazione, infatti, parla di due donne, nascoste dietro al burqa, della vita travolta dalla paura di padri e mariti padroni “dal cuore spregevole”, dell’isolamento, della rassegnazione, ma anche dell’amore, del coraggio, persino del riscatto. Ma c’è molto di più tra queste pagine: ancora una volta Hosseini, come nel libro “Il cacciatore di aquiloni”, ci fa precipitare tra le pieghe della Storia di un paese tormentato. La storia inizia ai tempi del re, quando, nonostante famiglie più tradizionaliste facessero indossare il burqa alle donne e la mentalità maschilista pashtun, tutta “onore e orgoglio”, fosse quella prevalente, c’erano la musica, i film occidentali, i colori accesi dei mercati e per le città si potevano anche trovare donne da volto scoperto e le unghie laccate di rosso. È in questo periodo, nel 1 959, che viene al mondo Mariam, una harami, una bastarda, nata dalla relazione tra uno degli uomini più ricchi di Herat, Jalil Khan, e la sua serva. Le prime pagine scorrono la vita di Mariam e di sua madre, confinate in una kolba, il rifiuto sociale, l’impossibilità di un’educazione e di una vita “normale”. La narrazione prende una piega diversa dopo il suicidio di Nana, la madre di Mariam: la ragazza, appena quindicenne, viene data in sposa a Rashid, un calzolaio di Kabul. Inizia così una nuova vita, in un paese sconosciuto, scandito dalle preghiere, i mullah, il tandur, i locali che vendono kebab. E il burqa. Anche se Rashid all’inizio non sembra male, una serie di aborti spontanei di Mariam dà inizio alla fine: il disprezzo, la violenza, la sofferenza. Nella casa accanto, vivono Fariba e Hakim, i genitori della piccola Laila. Ella è una ragazza normale che va a scuola e ha un amico, Tariq, che ha perso una gamba su una mina antiuomo, ma che la tratta come una sorella difendendola dai dispetti dei coetanei. Quest’ultimo il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtun e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. In mezzo alla vita di queste due donne che il destino farà incontrare in un momento drammatico, ci sono la guerra e l’occupazione sovietica, il terrore instaurato dai signori della guerra, la legge islamica, le bombe, i talebani e le esecuzioni pubbliche negli stadi. Mille splendidi soli è un romanzo denso, semplice e autentico: tra le sue pagine si svolge la Storia – quella con la S Esse vivono nel terrore e nell’angoscia maiuscola – e s’intrecciano storie e, una volta che provano a scappare di intense e toccanti. Come quelle di Laila casa, vengono malmenate, ridotto al e Mariam che, nate a distanza di una digiuno e alla disidratazione. Ma tutto generazione e con idee molto diverse, ciò non solo loro! Anche la figlia di Laila, sono due donne che la guerra e la morte di neanche un anno, viene picchiata, costringono a condividere un destino Rashid non le dà né da mangiare né da comune. Mentre affrontano i pericoli bere. che le circondano, sia nella loro casa che Vi pare questa una condizione per le strade di Kabul, Mariam e Laila giusta? Donne che devono vivere nel Giorgio Colletti danno vita a un rapporto che le rende terrore di essere malmenate addirittura sorelle e che alla fine cambierà il corso per aver cucinato una pietanza troppo This is the way that we love, like it’s foredelle loro vite e di quelle dei loro salata o troppo insipida, bambine discendenti. Con grandissima appena nate che non hanno da ver. Then live the rest of our lives, but not sensibilità, Hosseini mostra come mangiare o da bere senza alcuna colpa. together. l’amore di una donna per la sua famiglia Pensate se queste donne fossimo noi! possa spingerla a gesti inauditi e a Ci dobbiamo ritenere felici perché nella Questo è il modo in cui noi amiamo, coeroici sacrifici, e come alla fine sia società in cui viviamo possiamo far me se fosse per sempre. Allora viviamo il rel’amore, o persino il ricordo di esso, valere i nostri diritti, o meglio, li sto delle nostre vite, ma non insieme. l’unica via per sopravvivere. Ma la abbiamo! Nei paesi del Medio Oriente tematica che a noi interessa le donne non possono scegliere con chi Non sto citando un qualche aforisma fimaggiormente è il maltrattamento sposarsi, devono sottostare all’autorità losofico o il pensiero lapidario di un verso le donne. Queste, inizialmente maschile, vengono trattate come delle poeta pessimista ma, bensì, un passo sotto la monarchia, poi sotto i bestie. Lascio a voi giudicare i fatti. di una canzone e, pensate un po’, di comunisti, ed infine sotto il regime dei Questo libro, che invito tutti a leggere, una canzone POP. talebani, vivono in una situazione è solo una testimonianza della Non stiamo quindi parlando di grandi disperata: non possono uscire di casa se condizione femminile in molti paesi e compositori oppure di generi musicali non con il proprio marito, devono noi, che siamo molto più fortunate, élitari dai complessi andamenti melosempre indossare il burqa, non hanno dobbiamo lottare anche per queste dici e dai lyrics che necessitano di diritto sulla parola (devono rispondere donne che non hanno né possibilità, né un’accurata parafrasi per essere solo quando interpellate), vengono molto spesso coraggio di ribellarsi. compresi, ma di una musica destinata trattate come cani e l’unica cosa con cui Siamo donne e anche noi abbiamo una alle masse, diretta , di facile possono essere un minimo rispettate è dignità e un onore. Facciamoli la sicurezza di una progenie maschile. rispettare! (Segue a pag.12) Lo vediamo con Mariam e poi con Laila. Mika e Omero ond a nomala 12 (Continua da pag.11) Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III comprensione, “spesso ridotta a semplice intrattenimento e destinata al consumo di massa” come ci suggerisce Wikipedia. Quello che però questa musica dice è un qualcosa di profondo che agli occhi dei grandi critici può suonare banale e frutto di luoghi comuni, ma che non lo è. We are not what you think we are, we are golden! Non serve nemmeno tradurre questa frase perché venga compresa. Non serve parafrasare perchè la musica POP è paratattica, omeostatica, enfatica e partecipativa e tuttavia tende all’astrazione e al progressivo allontanarsi da un soggetto fisico e, in quanto musica, permette un ritorno al primato dell’orecchio. Bel pastrocchio vero ?! Spero che Ong mi perdoni se mi sono servito delle sue teorie in questo modo, ma quello che voglio evidenziare è che la musica, e cito quella POP in particolare, può diventare uno dei più grandi strumenti di diffusione della cultura perchè racchiude in sè il mondo dell’oralità che ha dato i natali alle opere più maestose come i poemi omerici e quello della cultura elettronica che è il mondo in cui noi viviamo, tanto scabro come molti dicono. E allora anche MIKA, il giovane e sbarbato cantante POP che abbiamo usato per la citazione, immerso nel tessuto sociale del nostro mondo, ha qualcosa in comune con i grandi e leggendari poemi omerici perchè anche questi erano composti da aedi immersi nella cultura di quel tempo, che si rivolgevano alle masse e che per farlo non creavano di certo proposizioni complicate e dal significato oscuro ma epiteti, formule, tòpoi di facile comprensione perché i poemi omerici sono stati composti da uomini che non si schifavano del proprio mondo ma anzi ne prendevano parte, estraendone ciò che allora era considerato il meglio. Avatar Sarà forse il caso di ascoltare anche un pò di moderna auralità ? D Valeria Tiburzi al 1 5 gennaio è arrivato nelle sale italiane il film di fantascienza più costoso della storia del cinema, con un budget di circa 400 milioni di dollari, che ha già sbancato tutti i botteghini mondiali registrando il maggiore incasso di tutti i tempi. Si tratta di Avatar, ultimo film del regista James Cameron, già di notevole fama grazie all’enorme successo ottenuto con “Titanic”. La trama sicuramente non è delle più originali: la storia è ambientata nel 21 54, quando i terrestri che hanno sfruttato al massimo il loro pianeta, hanno bisogno delle ricchezze minerarie del sottosuolo di Pandora, fantastico pianeta abitato dai Na’Vi, primitivi ominidi blu. Gli umani vogliono colonizzare il pianeta adottando due strategie diverse: da un lato il malvagio colonnello Quaritch e i suoi militari sono pronti a sganciare le loro bombe per conquistare il territorio, dall’altro un gruppo di scienziati, capeggiati dalla dottoressa Grace vorrebbero raggiungere un accordo pacifico con i nativi del pianeta. Per fare ciò danno quindi vita al Programma Avatar, in cui gli umani possono neurologicamente connettersi ad un raffinatissimo e robusto corpo organico, dalle sembianze di un Na’Vi, controllato a distanza. Per sostituire il fratello defunto, un marine, di nome Jake, che ha perso l’uso delle gambe nel corso di una guerra, si ritrova coinvolto nel progetto. Affascinato dalla possibilità di rinascere nel corpo del suo avatar, Jake accetta l’incarico di infiltrato per scoprire più informazioni possibili sul pianeta e sugli abitanti. Ma durante la sua prima missione incontra l’affascinante nativa Neytiri e dopo poco tempo i due si innamorano. Prevedibile quindi il continuo svolgimento e la conclusione della storia, con lo scontro tra il bene e il male, di cui si possono gia’ immaginare gli esiti. Sherlock Holmes S Flavia Tiburzi iamo nel Regno Unito, a Londra per la precisione. E proprio questo lo scenario scelto dal regista Guy Ritchie come ambientazione del film "Sherlock Holmes", in Italia proiettato nelle sale a partire dal 1 5 Dicembre 2009. In questa Londra cupa, grigia e fumosa, il protagonista, il leggendario e brillante investigatore Sherlock Holmes, dovrà districarsi in un complicato e oscuro mistero: incastrare e catturare il pluriomicida Lord Blackwood, che sembra usi stregoneria per uccidere le sue vittime. Holmes, tuttavia, aiutato e supportato dal suo caro amico, il Dottor Watson. rifiuta il legame con qualsiasi spiegazione magica e mette in relazione la simbologia della magia nera agli eventi accorsi per individuarne un filo logico. Grazie al suo strabiliante spirito di osservazione, al suo intuito e alla sua intelligenza, il più grande investigatore d’Inghilterra riuscirà a sventare il piano malefico di Blackwood, salvando l'ignara popolazione di Londra. Pieno di episodi d'azione, di suspense e colpi di scena nonché di scene divertenti e piacevoli, questo film, giudicato abbastanza positivamente dalla critica, è consigliato a chiunque voglia spendere un pomeriggio in tranquillità senza però correre il rischio di annoiarsi. Tucidide e il Barcellona Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III C ond a nomala 13 Francesco Di Carolis ’è una differenza fondamentale fra la gioia di un attimo e il godimento prolungato, a vantaggio di quest’ultimo. Proviamo ad interpretare calcisticamente un passo della “Guerra del Peloponneso” di Tucidide, nel quale egli afferma a proposito dell’opera storica la supremazia di un “apprendimento per sempre” rispetto appunto al piacere momentaneo che poteva strappare forse una lettura delle “Storie” di Erodoto. Pare che dalle parti della Catalogna questo concetto l’hanno capito bene: Barcellona, un nome, una garanzia. Il Barcellona, come dice il suo motto “mes que un club” (più che una squadra, ndr), è insieme al Real Madrid da sempre una delle due squadre di calcio più forti di Spagna, e fin qui ci siamo, non è una novità. Il punto è che il presidente del Barça Joan Laporta nell’estate del 2008 ha fatto sedere sulla panchina del proprio team di campioni un tizio pelato di nome Josep Guardiola, ex giocatore catalano conosciuto anche in Italia per aver vestito la maglia del Brescia e della Roma: questo avvenimento potrebbe aver cambiato per sempre la storia del calcio. Come è possibile? Già, sembra impossibile che un semplice cambio di allenatore possa stravolgere la storia di un intero sport, considerando tra l’altro le critiche piovute addosso a Laporta all’epoca della sua scelta a causa della giovane (per alcuni troppo) età del nuovo mister. Ma cosa ha fatto allora di tanto eclatante Guardiola? Beh, ha forgiato una squadra imbattibile, impossibile da contrastare, qualcosa di più di una corazzata: una squadra che diverte, che sa soffrire, che gioca un calcio sopraffino palla a terra, che vince praticamente sempre, che ha un’età media bassissima, una squadra che fa crescere i suoi giocatori migliori nella propria primavera (“cantera” in spagnolo) senza pagarli oro per comprarli altrove. Non mi pare poco. Per farla breve, Pep Guardiola con questa squadra nella scorsa stagione (la prima, come già detto, sulla panchina del Barça) ha vinto tutto quello che si poteva vincere: Liga Spagnola, Coppa del Re, Champions League, Supercoppa Europea, Supercoppa Spagnola e Mondiale per Club. Certo, di squadre forti nella storia ce ne sono state parecchie (anche se il suddetto “en plein” non ha precedenti, questo va ricordato), ma il Barça di Guardiola ha una peculiarità particolare: una straordinaria ripetitività nella sua immensa bellezza calcistica. Mi spiego meglio. I trionfi della banda Guardiola non sono determinati da singole giocate di campioni come Messi o Iniesta (solo per citarne due), bensì da un’organizzazione di squadra e da un gioco sistematico che viene attuato senza soluzione di continuità partita dopo partita, imperniato su tre fondamentali dogmi: palla sempre giocata a terra, possesso interminabile (attenzione, non è la famosa “melina” spagnola, assolutamente improduttiva, ma una fitta rete di passaggi tesa a liberare sempre un giocatore dalla marcatura) e modulo fisso 4-3-3. Ma la cosa che impressiona del Barcellona è forse un’altra: oltre alla prima squadra, quella di Guardiola, c’è un’impressionante struttura di selezioni giovanili sulle quali la società riversa ingenti investimenti. I piccoli talenti della città catalana vengono presi per mano nel loro percorso educativo, che è coniugato strettamente all’attività sportiva: nelle immense strutture a metà fra scuola e stadio predisposte dal club di Laporta, la mattina si studia normalmente, e il pomeriggio si imparano schemi e tattiche, che, attenzione qui sta il punto decisivo, sono esattamente le stesse che provano Messi e compagni! Sì, avete capito bene, ogni squadra giovanile del Barcellona gioca esattamente nello stesso modo dei compagni più grandi, in modo che il salto di categoria non risulti traumatico a livello tattico. I risultati si vedono: gli ultimi grandi talenti del club catalano, cioè Messi e Bojan, hanno esordito nella Liga a soli 1 7 anni, senza sfigurare minimamente per la giovane età, e divenendo anzi in breve tempo giocatori fenomenali. La progettualità. Questa è la differenza del Barcellona rispetto al resto del mondo, in particolare rispetto all’Italia, dove si insiste molto sulla necessità di fare risultato a tutti i costi, e di conseguenza si caricano di eccessive responsabilità i giovani talenti inseriti nelle formazioni titolari. Nel Barcellona (ma questo discorso si potrebbe estendere benissimo anche all’Inghilterra, patria del football) l’importante è fare quello che si è imparato a fare, anche a costo di deludere sul momento il tifoso che vorrebbe la giocata decisiva. Per quella c’è tempo, arriverà di conseguenza, e il Barça ne è un esempio concreto, vedi il 6/6 nei trofei del 2008/2009. E qui mi ricollego al principio tucidideo: all'estero il risultato è un naturale prodotto della progettualità, e non un "quid" al quale essa va sacrificata per dare il contentino sul momento ai tifosi, come accade in Italia. Dobbiamo ancora crescere molto a tal proposito: siamo capaci di osannare giocatori per un goal in mischia al 94° minuto, e magari coprirli di insulti la domenica successiva per aver offerto una prestazione da 5 in pagella. La verità sta nel mezzo, dobbiamo avere il coraggio della moderazione, il coraggio della coerenza con quello che diciamo, i risultati arriveranno. Intanto il Barcellona sta lì, sul tetto del mondo, pronto a vincere le prossime 20, 30 Champions League con il suo gioco straordinario. E ci guarda tutti dall’alto, con l’aria di chi, a ragione, la sa lunga. Tucidide docet. ond a nomala Comitato Genitori Il Comitato Genitori Pilo Albertelli, 14 invita Genitori, Studenti e il Personale tutto della scuola a partecipare al secondo Seminario dell’anno in corso: 1 6 MARZO 201 0 dalle ore 1 4.30 alle 1 7.30 presso l'Aula Magna dell'Istituto “Violenza di genere: dai maltrattamenti alla violenza sessuale. Per una sessualità libera e consapevole” Imparare a riconoscere le modalità delle relazioni violente. I sintomi e i danni dell’abuso. Imparare a costruire relazione, anche affettive, libere e paritarie. Breve analisi delle norme e giurisprudenze. La violenza indagata anche dal punto di vista sociale, culturale e psicologico nonché analisi sociologica Relatrici: Dr.ssa Loredana Rotondo, Avv. Rossella Santi, Dr.ssa Teresa Dattilo In tale sede verrà inoltre proiettato il video dal titolo “Violenza per stupro” di Loredana Rotondo, che fu trasmesso per la prima volta dalla RAI nel 1 979. Questo Seminario proposto dal Comitato Genitori è stato approvato dal corpo docente ed inserito nel Piano Offerta Formativa della Scuola. Con l’occasione il Comitato Genitori Pilo Albertelli invita tutti quei genitori che vogliano partecipare alle attività del Comitato a contattarci via e-mail ai seguenti indirizzi: clair.santini@libero.it, patrizia.necci@live.it Ondanomala cerca sponsor ed è interessata a offrire spazi pubblicitari! Sosteneteci anche voi! Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Premio per la Poesia Annunci & Sponsor Keats – Shelley House La Keats-Sheiley House ha il piacere di presentare il XIX Premio per la Poesia per scolaresche, eccovi il regolamento per il concorso. Per la categoria 1 4-1 8 anni, alla quale si può partecipare sia con poesie in inglese che in italiano, sono previsti i temi “Eco” e “Emancipazione”. Regolamento - La partecipazione è gratuita. Il testo della poesia, unito alta scheda d'iscrizione, deve essere fatto pervenire alla Keats-Shelley House entro il 7 maggio 201 0 - Le poesie non devono eccedere 50 righe di lunghezza. - I testi devono essere presentati in modo leggibile preferibilmente in forma dattiloscritta su una facciata di un foglio. - Le poesie non possono essere accettate senza l'autenticazione dell'insegnante con una firma alla fine di ogni poesia. - Se si desidera la restituzione del testo, si prega di accludere una busta affrancata con indirizzo. Anche le illustrazioni alle poesie verranno certamente apprezzate, ma le poesie saranno giudicate solo per il proprio contenuto. I vincitori saranno contattati a fine maggio quando verranno informati anche sui dettagli della cerimonia per l'assegnazione dei premi. So I wither And render myself helpless I give in and everything is clear I breakdown And let the story guide me Turn it on Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Carnevale al Pilo! 15 ond a nomala ond a nomala 16 Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III ond a nomala Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III LA POSTA No, ma carcola tipo, cé, si, carcola te sto a dì troppo devasto carcola! Eva datte ‘na regolata! Ma ‘sto nuovo amore in redazione? Couf..couf..siete troppo carini!! *___* by le fan del 5C Ma non sentite un po’ tutti la mancanza di quell’amabile professore? FOGLIETTA RITORNA GIORDANO ASTROLOGO FALLIMENTARE B.S. Al Gianluca del IIB, Oi! Ti ricordi di me? Io ti vedo tutti i giorni alla macchinetta ma tu non mi saluti mai...cmq mi piaci lo stesso cuore di pietra! = ) by Anonima Eugenio il + Bono del Pilo Albertelli!! Erika, Martina, Beatrice, Francesca e Claudia del VD sono le mejooo = P Ha Ha! Big Man Pig Man Charade you are! Paolo Marzioli (II C) Armando Pitocco (III F) Lorenzo Raffio (II C) Il Pilo si è riempito di quartine che se la sentono troppo matta! Non pare anche a voi? Povera Bestio e povero Kinder sprecato x i capelli!!! AVVERTENZA: Da questo mese, ad entrambi gli ingressi del nostro istituto verra` impiegato uno specializzatissimo personale atto ad annusare gli studenti. Se il vostro puzzo supererà i limiti consentiti non sarete ammessi nell’istituto finquando non verrà Verrà ridotto drasticamente il GRAFICA & SITO WEB Inchinatevi alla supremazia delle Gimsi. Muahaha Ma quale Pistilli, il prof+ “affascinante” é il Casantiniiii!!! Insomma gira voce che in Svezia se ne fanno pochi de impicci, eh… Tra Valerio e Ludovica, Laura e De Ghantuz, Serena e Borellino… Me sa che quest’anno ce vado pure iooo… xD REDAZIONE A qualcuno piace l’uovo alla Bismark? Se è si ci vediamo vicino alle macchinette del terzo piano... JOHN CALBOTH RULES! UN NOME UNA LEGGENDA? Oroscopo del giorno: PESCI! Tempesta ormonale in arrivo. In mattinata potreste avere un incontro speciale con la persona alla quale avete rubato l’attenzione. Amore: guardati intorno. Lavoro: sconsigliate stravaganze. Benessere: voglia di cibi saporiti. Cecilia Lugi (I B) maleodore emanato. UN CONSIGLIO PER TUTTI: lavatevi! (P.S.In omaggio per voi metteremo degli Arbre Magique in cestinelli all’entrata; siete pregati di ritirarli!) Grazie .-. “Le Fabuleux destin de Cecia”... semplicemente meraviglioso! xD Grazie Pito & Cla! Cex Claudia e Cate siete delle grandissime teste di ca...cca al diavolo, fiori a Gesù!...xD Vi amo, Serena = ) DIRETTRICE 17 Sirna Bonucci (I F) Davide Galeotti (IV A) Andreas Iacarella (I D) Paolo Marzioli (II C) Marcello Pieri (I B) Armando Pitocco (III F) Lorenzo Raffio (II C) Claudia Severa (V E) Lorenzo Spatocco (V C) Flavia Tiburzi (I B) Valeria Tiburzi (V C) Stupri e violenze in VC, colpevole il laziale. Dai Fataaa, nn ti arrendere mai, vedrai ke passerà… Claudia Matteo del IV C sei bellissimoo Morelli, chi era costui? Life in plastic, IZZ fantastic (a buon intenditor...) XD [e ora ho proprio bisogno di un bel TAZZI] METAL GEAR DOMIO colpisce ancora ! Ago, lo sai che non smetterò mai di chiamarti Mamma?!? La tua figlia rimbambita ti vuole bene. :) Ancora con la testa fra le nuvole… Eppure non voglio scendere! xD Sadie COLLABORATORI Giuseppe Di Vetta (III B) Lavinia Fabia Anania (I D) Claudia Lupino (I B) Ilaria Catanzaro (V E) Francesco Sabato Giorgio Colletti (I F) Massimo (III A) Valeria De Angelis (V E) Francesco Carolis (III F) Perduta innocenza Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Parte 2 Giuseppe Di Vetta In poche ore, quella sera, il Rettorato tornò al suo silenzio: io rimasi seduto, mentre la Minerva gettava le sue due ombre ai lati del grande edificio; mi voltavo a fissare quelle due lenzuola nere proiettate sul pallore del marmo: avevano qualcosa di affascinante, erano un panorama che meritava un pensiero, un’idea, un attimo di pace. Lasciai le mani sulle scale umide, perché avevo bisogno di un contatto con la realtà: sui polpastrelli sentivo le gocce d’acqua fredde, che al contatto con la pelle si intiepidivano. Erano sensazioni infinitesimali, ma intense, e per sempre uniche: baciai quelle ombre con il pensiero per circa un’ora, mentre gli universitari abbandonavano le facoltà per tornare a casa, dopo l’ultimo corso serale. Io non ero un universitario: non conoscevo il “loro tempo”, e per me la sera era ancora il momento del “ritiro mentale”, in cui, abbandonati i libri dopo un pomeriggio di studio, si poteva vivere liber a mente 'Sti Froci 18 Giorgio Colletti Gay, Omosessuale, Frocio ... Parole vuote, termini vuoti, coniati da una cultura che ci è stata silenziosamente imposta. Ci sono alcuni cani che hanno una paura tremenda del guinzaglio e per questo i loro padroni glielo mettono di nascosto e in men che non si dica le povere bestie si trovano con il collare al collo che le strattona e nemmeno se ne rendono conto. Noi , da bravi Italiani, ci facciamo fare lo stesso. E allora eccoci qui, ad un punto di non ritorno in cui ci viene imposto dall’esterno l’obbligo di bollarci con una definizione e guai se non lo facciamo! Io mi chiedo se pensate davvero che la nostra sessualità debba essere catalogata come accade per un oggetto ? Questo è dolce, questo è salato, questa è una banana e quest’altra un patata. Bhe, fantastico! “Sei gay?” “No, ma ti pare. Non me lo faccio mica mettere!” “Sei etero?” “Certo che no, sono DELL’ALTRA SPONDA” E se io sono una donna e trovo attraente un’altra donna che succede? Sono lesbica? Se io sono un uomo e guardo con occhi diversi il mio amico sono gay? Se io, invece, inizio a nutrire qualcosa per la mia migliore amica sono etero? Non prendiamoci in giro perché molte volte l’io di queste situazioni è intercambiabile, ma noi non lo ammettiamo, perché siamo troppo impegnati a pensare alle nostre etichette e al giudizio che gli altri ne danno. Compro lo yogurt magro o quello intero? Non ci si innamora del sesso delle persone, ma delle persone stesse: bisogna solo scegliere se essere felici oppure no. l’altra vita dello studente. La penombra divenne in breve buio, e c’era già l’odore della notte e il sapore dell’umido che saliva dal terreno: mi lasciai conquistare da quell’istante, promettendomi di riviverlo, pur sapendo che, come canta Fossati, “C’è un tempo” in ogni istante, ma non si ripeterà. Il tempo è come Paganini: non replica. Decisi infine di allontanarmi, e di tornare a casa: abitavo in una mezza periferia di Roma, una di quelle su cui aveva scritto Pasolini, insomma. Dovevo prendere il Tram, e lì avrei ascoltato nuove voci e il sussurro di quella lenta ferraglia che corre sulle rotaie. Da Piazzale del Verano arrivai fino a Porta Maggiore e poi verso il “Prenestino”, oltre Largo Preneste, verso le lussureggianti Ville dei Gordiani, ora ridotte in ruderi. Il mito degli androgini - Vignetta di Claudia Lupino Anche per i Gordiani c’era stato un tempo, ed ora solo “memoria”. Gran brutti scherzi, miei fedeli Gordiani. Quella sera si concluse così: la chiave nella toppa del portone a vetri del mio stabile, e poi, il rumore della vetrata che tremava nel richiudersi. Ecco come avevo allora conosciuto il mio ritrovo. Da allora sempre lì, in compagnia di Dante, Pascoli, delle ossido riduzioni, della spigolosa trigonometria, o di un caro Picasso da decifrare. “Robba da liceali”, dicevo con molta presunzione ai miei cugini piccoli. Davvero, “robba da liceali”: e oggi lo dico con un po’ di malinconia. Continua sul sito di OndanomalA! Le stranezze del dizionario di greco >secaps ytpme< you've discovered the secret message. now please click on http://www.youtube.com/watch?v=mueorVv5UWI Parole che mai vi aspettereste di trovare! A cura di Valeria Tiburzi Προστιλαω (pag.1 836 GI) = lordare, schizzare escrementi Τραγομασχαλος (pag.2002) = dalle ascelle che puzzano di Κρομμυοξυρεγμια (pag.1 201 ) = rutto d'un mangiatore di abitudini miserabili di correre fin dalla mattina ai processi e alle delazioni. verso Αποκολοκυντωσις (pag.294) = trasformazione in zucca cipolle. Ορτροφοιτοςυκοφαωτοδικοταλαιπωρος (pag.1 497) = Οπιστουρητικος (pag.1 484) = che orina indietro caprone liber a mente Non consentir che'l cor venga frustrato 19 Marcello Pieri Forti rimpianti per anni morenti grigi desiri del tempo passato queste parole strinsi tra i denti: “Non consentir che’l cor venga frustrato” Dolc’infinito, passò quell’attimo, mentre che’l vento baciava le foglie, cadde miseria con lento fruscio. To a child Cecilia Lugi Don’t you remember the foaming Waves in winter? And the milky light ofa morning Born too late? A child on the run Along the deserted shore. No trace ofsun, Wind in the hair: more and more. Following his kite With soft and silent pace Like a frail fiber ofuniverse: A teardrop ofjoy along his shining face. Illusioni Ottiche A cura di Valeria Tiburzi Sapevate che i vostri occhi hanno dei punti ciechi ? Ognuno degli occhi contiene un'area che non ha fotorecettori perchè c'è il nervo ottico. Non ci si accorge della mancanza di questo spazio perchè queste aree sono situate in punti opposti del campo visivo. Adesso vi mostriamo come individuarlo Chiudi l'occhio sinistro, e col destro fissa la croce. A circa 30 cm dallo schermo, il puntino nero dovrebbe "svanire", lasciando al suo posto un'area bianca. Il cervello infatti cerca di riempire lo spazio vuoto con lo sfondo più probabile. Osservate infatti l'immagine seguente per rendervi conto di questo fenomeno. La X Scompare e il cervello la sostitusce con la barra nera... sorpresi? A Te Gennaio/Febbraio '10 N°4 Anno III Lavinia Fabia Anania Ti vidi per la prima volta tra le braccia di tua madre: eri così piccola, simile a una Barbie. Ti ho portato in braccio quando ancora non sapevi camminare, ti ho cullata e accarezzata come se fossi un gioiello prezioso mentre stavi per addormentarti, ho sentito la tua prima parola, ho visto i tuoi primi passi e ora ti osservo mentre scrivi le prime parole e tenti di leggerle come se fossi una bimba grande. Ti ho asciugato le lacrime quando paingevi, ti ho soccorso quando ne avevi bisogno, ti ho assecondato nelle tue pazzie e nei tuoi desideri. Ero lì accanto a te mentre ridevi, mentre cercavi di fare i discorsi con tono impostato come se fossi un uomo politico, ero lì mentre piangevi, mentre raccontavi del tuo primo fidanzatino. Mentre avevi le tue paure ero lì a rassicurarti, mentre mi raccontavi le tue giornate a scuola ti ascoltavo attentamente. Quando avevi un problema e mi chiedevi di aiutarti non ti prendevo in braccio e te lo risolvevo, ma tenendoti per mano ti infondevo coraggio. E poi tu, a cinque anni, piccola com’eri, avevi la pazienza di ascoltami mentre ti parlavo dei miei problemi: non capivi molto di quella che dicevo, problemi strani per te, ma ti bastava il tono della mia voce per capire i miei sentimenti e subito mi abbracciavi. Non te ne sei mai resa conto ma mi sei stata vicina in molti momenti e i tuoi piccoli gesti valevano più di mille parole. Non ti ho mai detto grazie, ne tu a me: ci basta uno sguardo per comprenderci. Tu sei parte della mia vita e io della tua e per questo non potrò mai smettere di dirti grazie. Liber Il dark side del giornale del Pilo Albertelli di Roma mente Frizzi, lazzi, poesie da ridere, comicità da piangere. Apparenti scemenze, LA VERITA' STA NELLE STELLE!!! latenti genialità: liberate la mente! Lezione di greco - Kατωμὸχανε Continuiamo le lezioni di poesia cominciate a novembre con il celebre epòdo di Archiloco. Qui vi proponiamo un elegante giambo di Ipponatte. Questo brano (frammento 28 West) fa parte di una particolare raccolta di poesia didattica. Qui il giambografo, dopo una serie di insegnamenti morali, si concentra sulla corretta tecnica di decorazione delle navi, sintesi delle due sfere umane, quella artistica, e quella religiosa, in quanto è sia libera espressione creativa quanto devoto dono agli dèi. Μιμνῆ κατωμὸχανε1, μηκέτι γράψῃς ὂπφιν τριήρεος ἐν πολυζύγῳ τοίχῳ ἀπ`ἐμβόλου φεύγοντα πρὸς κυβερνήτην· αὓτη γὰρ ἒσται συμφορή τε καὶ κληδών, νικύρτα καί σάβαννι, τῷ κυβερνήτῃ, ἢν αὐτὸν ὂπφις τὠντικνήμιον δάκῃ. Minne, culorotto 1 , un'altra volta non dipingere sulle mura dai molti banchi di una trireme un serpente che da prua schizza verso il timoniere; è proprio sventura e malaugurio, brutto pezzente, per il timoniere, se il serpente lo morde allo stinco. (Trad. di Antonio Aloni ) Nota 1 : κατωμὸχανε è un hapax probabilmente modellato su epiteti epici come κακoμήχανος (“consigliere di frondi”); uno scolio antico lo spiega come “spalancato fino alle spalle”. (nota di Giuseppe Rosati, in “Scrittori di Grecia”ed. Sansoni) IPSE DIXIT E.T.: Ma che fate? Non partecipate? Andate a guardare il cielo, somaroni! Nelle stelle sta la verità! Alzate gli occhi! Non restate esseri spregevoli, infimi e terrigni, che schifo! Andate alla serata astronomica, ignorantoni! [grasse risate] Tizio: Ma prof, poi così si cade nel pozzo! E.T.: Che vole mo' questo? Che sta a dì sto scemo? Altri Tizi: Niente prof, robba de Talete... E.T.: Chi? AH! Lui sarà pure caduto dentro un pozzo, ma almeno è diventato famoso! [rivolta a Tizio] Invece tu passerai alla storia dell'umanità come una puzzetta! Scienza& Religione Prof.ssa:”Ragazzi cosa mi sapete dire degli enzimi?” Olegna Illerom: “Beh, innanzi tutto gli enzimi si trovano nel pancreas…eh…” Prof.ssa:”Ma come giustifichi la loro presenza? Chi ce li ha messi nel pancreas?” Olegna Illerom: “Beh… Gesù Cristo!” *** L'immortalità dell'anima. "Devi sapere, carissimo, che secondo gli stoici solo l'anima del saggio si conserva, ascendendo in cielo, fino alla successiva conflagrazione universale. Invece l'anima degli stolti, come la tua, puf, subito scompare, come un soffio, per sempre." (Prof. Pedullà) sé è un uomo (in senso corrente). L'uomo con l'uomo, l'unità dell'Io e del Tu, è Dio». Quindi, ragazzi, "TU + IO = TIO", possiamo sintetizzare così no? No Armando questa non la scrivere... (Prof. De Luca) *** Ragazzi, i Puritani fanno le trombate a *** «La solitudine è finitezza e limite, la carciofo! (E.T.) comunità è libertà e infinito. L'uomo per