Scarica il n. 10 febbraio 2012

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RESS
Febbraio
Mensile di approfondimento
Direzione Editoriale: Michele Spena
-
redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta
ISSN: 2039/7070
FREE P
Anno II Num. 10
- Tel/Fax: 0934 594864
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL
- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011
IL ROCK DEGLI ADELS VARCA I CONFINI
CORTE D’APPELLO, PARLA IL PRESIDENTE
Diego Geraci, chitarrista e
voce della band, racconta le
origini di un gruppo cult
Lo stato di salute del distretto
secondo Salvatore Cardinale.
“Orgoglioso di lavorare in questa sede”
V. Pane
a pagina 27
alle pagine da 4 a 5
L’analisi Politica
S. Mingoia
La sfiducia
a Campisi
non fa proseliti
La pattuglia di coloro che in Consiglio
comunale invocano la mozione di sfiducia per il sindaco si assottiglia sempre di
più. Oramai i consiglieri sono presi da altri interessi, come ad esempio la nomina
dei componenti del Collegio dei revisori
dei conti e la scelta dei presidenti di varie
commissioni.
a pagina 2
Comunicazione
istituzionale
Speciale
da pagina 15/I
Fatti & Territorio
L. Ingrassia
Immigrazione:
“La nostra città
è tollerante”
L. Spitali e D. Polizzi
Intervista al capo dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Caltanissetta, Felice
Puzzo. Secondo il funzionario la città è
tollerante, mentre il fenomeno dell’immigrazione non può offrire motivi di preoccupazione: i reati a Caltanissetta, commessi da extracomunitari, rientrano nella
media.
alle paginae 12 e13
alle pagine 8 e 9
LA PROTESTA. Categorie in rivolta unite dalla battaglia: basta sacrifici per i siciliani
Si “scaldano” i Forconi
La testimonianza
Romualdo, naufrago
sulla Costa Concordia
Il ricordo di quei momenti
drammatici da parte del
parrucchiere nisseno.
“Schettino avrebbe potuto fare la parte
dell’eroe. Invece...”
a pagina 21
Fatti in Redazione
Territorio in pericolo
L’allarme di Amico
Questo mese è venuto a trovarci in redazione Armando Amico, capo dell’Ufficio
Protezione civile del Comune. Nell’intervista tutta la sua preoccupazione sulle
minacce ambientali che fanno temere
per la città e per i suoi abitanti.
a pagina 24 e 25
scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it
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L’ANALISI. La pattuglia di coloro che invocano la mozione si è assottigliata e Campisi se la ride
Alla sfiducia al sindaco
oramai non ci crede più nessuno
di Salvatore Mingoia
L’ultimo appello
lanciato da Fiaccabrino
a mandare a casa
il capo della Giunta
non fà proseliti.
I consiglieri oramai
pensano più che altro
alle nomine dei revisori
e dei presidenti
delle commissioni.
I
l tavolo delle trattative tra i
partiti di maggioranza e di
opposizione all’interno del
consiglio comunale di Palazzo
del Carmine si è aperto già da
tempo. La posta in gioco riguarda la nomina dei componenti del
Collegio dei Revisori dei Conti,
un presidente e due componenti, iscritti nell’albo dei commercialisti. Alla nomina dei revisori
dei Conti è subordinata anche la
proposta di mozione di sfiducia
che alcuni gruppi politici di opposizione si ostinano ancora a
portare avanti. Una proposta che
è stata rilanciata proprio qualche
giorni addietro dal consigliere di
Palazzo del Carmine dell’Italia
dei Valori, Alfredo Fiaccabrino.
All’interno dei gruppi di opposizione ci sono già dei distinguo.
La “pasionaria” Adriana Ricotta
in via ufficiosa ha fatto sapere di
non essere più disposta a sottoscrivere la mozione di sfiducia Ci
sono già dei distinguo. Nel gruppo misto il consiglieri Antonio
Favata pur critico neri confronti dell’azione di governo portata
avanti dal sindaco Michele Cam-
pisi e della giunta porta avanti
un ragionamento politico che
è all’opposto di quello portato
avanti dai fautori della mozione
di sfiducia “ho votato questo sindaco perché sono un politico di
centrodestra e adesso non credo
sia coerente votare un mozione
di sfiducia contro il, primo cittadino che consentirebbe tra l’altro
di avvantaggiare un coalizione di
centro sinistra che ha perso le elezioni”. Nel partito del presidente
della Regione Raffaele Lombardo,
l’Mpa le acque si sono intorbidite dopo che il consigliere Calogero Adornetto è stato “sollevato” dall’incarico di capogruppo
consiliare. Con la lancia in resta
della mozione di sfiducia sono
rimasti il segretario
cittadino del
Pd Angelo
Lomaglio ed
i consiglieri
Angela Scalia e Silvano
Licari gli altri
del partito hanno sottoscritto
la proposta di
mozione più per
appartenenza. Detto per inciso la elezione alla presidenza
del consiglio di Calogero Zummo ha praticamente sparigliato
le carte nel Pd che unitamente al consigliere dell’Italia
dei Valori Alfredo Fiaccabrino
sono rimasti a tenere alta e sventolare la bandiera della mozione
di sfiducia. Il recente appello del
consigliere Fiaccabrino è rimasto
lettera morta. Tutto sordi e muti.
“ Italia de i Valori puntualizza che
è sempre più convinta nel perseguire la strada della mozione di
sfiducia nei confronti del sindaco
Campisi, in quanto ritiene la stessa l’unica via razionalmente percorribile per attuare quel rilancio
socio-economico che la città di
Caltanissetta merita e auspica.
A tale scopo Italia dei Valori invita tutte le forze d’opposizione
presenti in Consiglio Comunale
(UDC, MPA, API, Diversi Insieme) nonché tutti consiglieri
comunali che vedono nell’amministrazione Campisi un freno allo sviluppo
della
città,
freno confermato
dalla scelta non sicuramente innovativa della giunta Campisi ter, appena partorita, ad apporre la propria firma in calce al
documento di mozione di sfiducia, senza ulteriori tentennamenti e tatticismi”. Il grido di dolore
di Fiaccabrino non ha commos-
so nessuno, anzi ha fatto sorridere qualche consigliere tra quelli
che sono in gioco, come dicevamo per la partita che si andrà a
giocare prossimamente sul tavolo della elezione del Collegio dei
Revisori dei Conti. Ogni gruppo,
o quasi tutti i gruppi, hanno un
proprio nominativo da sponsorizzare. E qui, in questo contesto,
si costruiscono alleanze provvisorie e trasversali. C’è da scegliere su una rosa di una quarantina
di nominativi tutti in corsa per
fare parte del Collegio dei Revisori dei Conti. E poi
ci sarebbero anche
altri traguardi da
raggiungere: quelli delle elezioni
dei
presidenti
delle sette commissioni consiliari permanenti, tra cui
la seconda e
la quarta, le
più ambite che si
occupano
rispettivamente
di Lavori
Pubbliche e Bilancio
e Programmazione economica. Anche in questa fase che si
consumerà, dopo l’ingresso in
consiglio comunale di Giuseppe
Cigna, in sostituzione di Giuseppe Firrone nominato assessore, come primo dei non eletti
nel Movimento di Intesa Civica
Solidale, si cercheranno intese
ed alleanze. Il fronte dell’opposizione che faceva inizialmente le
barricate contro il sindaco Michele Campisi si è praticamente
indebolito notevolmente e non
lascia più o lascia pochi margini
di resistenza, a quella che si profila come la seconda parte della
legislatura del sindaco Michele
Campisi. I partiti di opposizioni
sono entrati in pratica in quella
che si può definire la fase di desistenza.
Direzione Editoriale
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Direttore responsabile
Salvatore Mingoia
Collaborazioni:
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Alessandro M. Barrafranca
Marco Benanti
Salvatore Falzone
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Impaginazione
Claudia Di Dino
Redazione
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Caltanissetta
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di Salvatore Falzone
SANTE ASPIRAZIONI. Anche i politici ambiscono a divenire “venerabili”
Il miracolo
delle poltrone
C
hiesa Cattedrale di Caltanissetta, venerdì 13 gennaio 2012, ore 18. Guardateli bene in faccia questi angeli
terreni e nisseni così perbene,
così tanto perbene, devoti e pii,
contriti ed estatici, penitenti e
contemplativi. Guardateli bene:
non brucia, non brilla forse una
segreta scintilla nei loro occhi,
una scintilla di santa invidia?
Anche loro, impettiti e oranti in
prima fila, presenti alla cerimonia di consegna del decreto sulle
virtù eroiche della Serva di Dio
Marianna Amico Roxas, anche
loro aspirano a diventare come
lei: venerabili (e la venerabilità, si sa, non è che l’anticamera
della santità). Santi, sì, ma nel
mondo, come santa è stata l’orsolina sancataldese che impiantò in diocesi – erano i primi del
Novecento – la Compagnia fondata dalla bresciana Sant’Angela
Merici e portò il Vangelo nelle
chiese e nelle case di un entroterra siciliano povero, ignorante
e arretrato.
L’organo suona e l’assemblea
prega. Un assillo li rode: arriverà anche per loro, un giorno,
la gloria dell’altare? A rigor di
logica, Santa Romana Chiesa
dovrebbe riconoscere, prima o
poi, che questi prodi giganti della fede hanno esercitato in vita
le loro virtù (politiche) in grado
“eroico”. Sono eroi, appunto, e
non perché abbiano compiuto
gesta clamorose (come del resto
insegnano la teologia e il diritto
canonico) né tanto meno perché
assomigliano ai campioni omerici e “gucciardiani” della Caltanissetta Troia di cui s’è parlato
in città nei giorni scorsi. Sono
a sera, non perseguire il proprio
interesse, santificare se stessi
nel compimento della propria
missione donandosi interamente agli altri ogni giorno, giorno
dopo giorno, fino alla fine, per
sempre e in ogni luogo, a Roma
tentazioni, ma
proprio per questo l’impresa
acquista un sapore ardimentoso e appagante).
Santi in politica? Perché no. Il
fatto è – cribbio – che serve il
incredibile? Non ha del prodigioso la circostanza che questi
beniamini del bene collettivo
stanno ancora lì al loro posto,
comodamente seduti nelle loro
onorevoli poltrone, mentre i
forconi si agitano e le automobili rimangono a secco?
In ogni caso, miracolo o non
miracolo, si potrebbe tagliare
la testa al toro. A pensarci bene,
infatti, il modo per “baipassare”
le rogne burocratiche che ostru-
“
eroi nel silenzio e nel nascondimento, totalmente immersi in
un’azione feriale che li snerva e li
rende pallidi ed emaciati: servire gli altri fino al sacrificio di sé,
fare il bene comune da mattina
come a Palermo, a San Cataldo
come a Caltanissetta. Si può essere santi, si deve essere santi nella
quotidianità. Ognuno nel proprio lavoro (e il loro – va detto –
non è privo di ostacoli e insidie e
miracolo, sembrano mormorare loro stessi sotto le arcate della
cattedrale, storditi dall’incenso
che invade le navate. Eppure…
Eppure il miracolo c’è già, ed
è sotto gli occhi di tutti: non è
Non ha
del prodigioso
che questi
beniamini
stanno
al loro posto
iscono la via ordinaria della canonizzazione c’è: l’acclamazione
popolare (Papa Woijtyla docet).
Sì, forse è proprio questa la soluzione migliore, ed è anche
la meno faticosa. Non occorre
neanche la sfacchinata di procacciarsi i voti. E’ sufficiente che
tutti insieme, con convinzione,
solleviamo in aria i cartelli e
gridiamo in coro “Santi subito”.
Vedrete che da onorevoli diventeranno venerabili.
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Febbraio
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L’INTERVISTA. Lo stato di salute della Corte d’appello di Caltanissetta secondo il suo presidente Salvatore Cardinale
“Orgoglioso di presiedere la sede che fu
di Borsellino, Livatino, Costa e Saetta”
di Vincenzo Pane
Le tante difficoltà
di un distretto
segnato dalla riduzione
dei giudici.
Ma gli elementi positivi
sono molti:
a partire dalla
riduzione dei reati
di associazione
a delinquere.
U
na Corte d’Appello “eccellente”. Così è sempre
stato definito l’ente che
racchiude al suo interno il distretto giudiziario nisseno e che
riesce sempre a ottenere buoni
risultati nonostante le numerose difficoltà, quali ad esempio le
carenze d’organico di magistrati
e personale amministrativo, con
cui devono confrontarsi gli addetti ai lavori. Quello nisseno è
un territorio caratterizzato dalla
presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso che
cercano sempre di esercitare il
loro predominio. Negli ultimi
tempi, inoltre, si è parlato della sopravvivenza della Corte e
dell’eventuale accorpamento di
altri territori e tribunali situati
in zone limitrofe, anche se ricadenti in altre province. Di tutto
questo abbiamo discusso con
il presidente della Corte d’Appello Salvatore Cardinale, che
dall’estate scorsa tiene le redini
dell’ufficio che ha sede al quinto
piano del Palazzo di Giustizia di
via Libertà.
La Corte d’Appello nissena
è sempre stata un esempio di
eccellenza. Questo dato è stato
confermato nell’ultimo anno?
“I risultati, come ha confermato
il rapporto del Ministero della
Giustizia, sono molto soddisfacenti. Nel settore civile si è registrato un aumento dei procedimenti sopravvenuti, sono stati
circa 4.000 fra il luglio 2010 e il
giugno 2011, e quindi abbiamo
incontrato maggiori difficoltà
nello smaltire i carichi pendenti.
Se si dividono ogni anno 4.000
cause tra 6 persone, tanti sono i
consiglieri impegnati nel settore
civile e del lavoro, è ovvio che i
tempi dei processi diventano lunghi. Nel settore penale il discorso
è diverso perché i termini di prescrizione e di custodia cautelare
ci impongono di privilegiare la
conclusione di questi processi,
basti pensare che su circa 1.000
processi soltanto 43 sono andati
in prescrizione”.
Quali difficoltà state incontrando?
“Le difficoltà sono legate innanzitutto alle carenze di organico dei
magistrati. E questo è un problema che colpisce tutti gli uffici,
sia giudicanti che requirenti del
nostro distretto, che comprende
i tribunali di Gela, Enna e Nicosia. La Corte d’Appello ha un organico di appena 10 consiglieri
e non è un numero sufficiente
per venire incontro alle esigenze di velocità e smaltimento dei
processi. Se poi pensiamo a uffici
come la Procura di Enna,a dove
su 4 sostituti in organico si è registrato un vuoto di tutti e quattro i posti con il solo procuratore
capo Calogero Ferrotti a reggere
tutta l’attività, si capisce quale
situazione stiamo attraversando.
Quello del personale amministrativo è un altro problema; da
parecchio tempo non vengono
effettuate assunzioni e non sono
previsti concorsi in tempi brevi. Il risultato è che chi lascia il
posto, o perché va in pensione o
per altre ragioni, non viene sostituito”.
Un caso a parte sono il Tribunale e la Procura per i minorenni…
“
Abbiamo chiesto
un aumento
dei magistrati
ma mancano
i fondi
“Si tratta di uffici importantissimi, ma con un numero di magistrati previsto dalla pianta organica che è molto esiguo. Oltre al
presidente del Tribunale, ci sono
tre posti di giudice, mentre la
Procura deve affidarsi al procuratore e a un solo sostituto in organico. Al momento i posti sono
tutti occupato, ma dobbiamo
considerare che la competenza
di questi uffici ricade, oltre che
sulla provincia nissena anche su
quella di Enna. E nel nostro distretto abbiamo una poco invidiabile esclusiva, ovvero quella di
avere diversi minorenni imputati
per associazione a delinquere” e
il più alto numero, in Italia, per
processi di mafia che vedono imputati soggetti minorenni” .
Sia lei che il Procuratore gene-
rale avete chiesto un ampliamento della pianta organica…
“Esatto. Abbiamo chiesto un aumento dei magistrati in servizio
in tutti gli uffici, ma purtroppo la
risposta è sempre stata la stessa:
mancano le risorse economiche
“
Più percezione
di giustizia
delle vittime
che si sentono
incoraggiate
a denunciare
to, che in passato veniva spesso
derubricata in quella di molestie.
Adesso c’è molta più percezione
di giustizia, da parte delle vittime che si sentono più tutelate e
quindi incoraggiate a denunciare
eventuali comportamenti persecutori di cui vengono fatte oggetto. E non sono soltanto le donne
a subire queste persecuzioni, ma
anche gli uomini”.
Cosa può dirci sui fenomeni
estorsivi?
“Il racket del pizzo è sempre collegato alle attività mafiose ed il
fenomeno è sicuramente attuale
sul territorio di tutto il distretto,
vista la presenza delle famiglie
mafiose non solo nel nisseno,
ma anche nel territorio ennese e
per avviare progetti del genere”.
Parliamo dei reati commessi
nel distretto…
“Fra il luglio 2010 e il giugno
2011 sono stati commessi 10
omicidi nel nostro distretto, il
doppio rispetto all’anno precedente. Di contro sono diminuiti i
reati di associazione a delinquere; si tratta di un dato importante, ma ciò non significa che non
vi siano criticità. E’ una situazione che va monitorata e in questo
senso le Procure del nostro distretto sono molto attive. Posso
dire che sono aumentati i reati
contro il patrimonio e questo, purtroppo, è una conseguenza del disagio economico che sta investendo tutto il
Paese. Sono in aumento i reati di stalking e in questo senso posso dire che ci ha molto
aiutato l’introduzione di questa nuova tipologia di rea-
i collegamenti con le cosche
di Palermo, Messina e Catania. Negli ultimi anni,
però, si sono avuti dei
segnali positivi da parte
degli imprenditori. Sono
nate nuove associazioni
antiracket, Confindustria nissena ha avviato
delle iniziative importanti e si tratta di iniziative che è giusto
incoraggiare. Se un
solo imprenditore
denuncia inevitabilmente viene lasciato
solo, ma se sono in
tanti ad unirsi nel
dire “no” alle estorsioni allora le cose
cambiano. Purtroppo
c’è ancora chi preferisce
far finta di niente e pagare
perché in quel modo è convinto di avere tranquillità
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Giustizia & società
e di essere lasciato in pace ed è
una mentalità che bisogna cercare di cambiare”.
Si è sempre parlato della soppressione della Corte d’Ap-
pello di Caltanissetta. Cosa ci
dice?
“Sento parlare di questo argomento dall’88, quando venni
qui per la prima volta con l’in-
5
IL LIBRO. L’iniziativa dei magistrati di Caltanis-
setta in occasione dell’inaugurazione dell’anno
giudiziario
garantiscano una giustizia efficiente ai cittadini”.
Un’ultima riflessione sul suo
incarico…
“Quando presentai la mia can-
Rileggere Rosario Livatino,
per riflettere sugli esempi
I
carico di sostituto procuratore
generale. Io non credo che la
nostra Corte d’Appello corra
rischi. Si parla della chiusura
del Tribunale di Nicosia, ma
anche in quel caso rimarremmo con tre tribunali, ovvero il
minimo previsto per mantenere in piedi il distretto. Ma noi
stiamo lavorando per far si che
il Tribunale di Nicosia resti in
piedi; stiamo valutando se sia
possibile l’eventuale accorpamento di alcuni comuni delle
Madonie limitrofi al circondario di Nicosia. Riteniamo
importante che il territorio di
Niscemi ricada all’interno del
circondario del Tribunale di
Gela e bisogna vedere se sarà
possibile estendere le competenze del nostro distretto ad
alcuni comuni dell’agrigentino.
Ritengo che le ripartizioni geografiche ormai siano cadute, mi
sembra più importante pensare
a creare realtà omogenee che
didatura a presidente di questa
Corte, insistetti particolarmente sul fatto che conosco questo
territorio e intendevo lavorare
per migliorare tutta l’attività,
cosa che ho fatto fin da quando, a metà del 2010, ho assunto
la carica di presidente facente
funzioni della Corte d’Appello
visto che il mio predecessore, il
dott. Francesco Ingargiola, era
andato in pensione.
Non posso dimenticare che
anche Ingargiola si era speso
moltissimo per migliorare il
lavoro di tutti noi. Sono legato a questa sede, anche perché
questa è la Corte d’Appello di
Paolo Borsellino, che fu pretore a Barrafranca, di Rosario Livatino, che fu uditore giudiziario a Caltanissetta, di Gaetano
Costa, che fu procuratore capo
sempre a Caltanissetta e Antonino Saetta che ricoprì l’incarico di presidente di sezione del
Tribunale”.
magistrati del distretto di Caltanissetta danno un significato nuovo
all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Non solo una solenne cerimonia
nella quale si illustrano i dati dell’amministrazione della giustizia e si analizza
l’evoluzione della criminalità e del contenzioso civile; ma anche un momento
in cui si torna a riflettere su come ciascuno degli operatori della giustizia, a
cominciare dagli stessi magistrati, può
offrire un significativo contributo per
dare senso allo Stato di diritto.
Con il sostegno della Casa editrice Salvatore Sciascia, con la collaborazione
dell’associazione Tecnopolis, dell’associazione “Amici di Livatino” e della Fondazione Progetto legalità in memoria di
Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime
della mafia, la Presidenza della Corte di
Appello e l’ANM di Caltanissetta hanno promosso la riedizione degli scritti
di Rosario Livatino, in un volume intitolato “Non di pochi, ma di tanti”, che
sarà offerto in dono a chi parteciperà alla cerimonia di
inaugurazione
dell’anno giudiziario.
Vi sono riportate la relazione del
giudice Livatino sul
“ruolo del magistrato
nella società che cambia” e quella dal tema
“Fede e diritto”; il giovane magistrato canicattinese, che si era formato
quale uditore giudiziario
negli uffici giudiziari di
Caltanissetta, esprime con
parole semplici e con toni
chiari l’alto suo concetto del compito
che era chiamato a rivestire, spiegando
in modo concreto cosa e come fare per
rendere utile e nobile questo difficile lavoro.
Riflettere su queste parole è indispensabile, perché esse provengono da chi davvero ha dato loro sostanza con una vita
esemplare fino all’estremo sacrificio.
Livatino aveva ben presente che solo il
concorso di tutti avrebbe potuto migliorare e qualificare la nostra democrazia
e con essa l’amministrazione della giustizia. Da questa sua concezione nasce il
titolo del libro: dalle parole da lui stesso
pronunciate a proposito della riforma
della giustizia, che intendeva non come
una mera compilazione di leggi provenienti dall’alto ma come un percorso
culturale collettivo, compito “non di
pochi magistrati ma di tanti: dello Stato,
dei
soggetti collettivi, della stessa
opinione pubblica”.
Il volume contiene un’introduzione di Salvatore Cardinale, Presidente della Corte
d’Appello di Caltanissetta.
In appendice è riportato
un ricordo di Livatino
reso da Paolo Borsellino
in occasione dell’intitolazione alla sua memoria di un’aula del Palazzo di Giustizia di
Agrigento. A seguire
la testimonianza di
don Giuseppe Livatino, postulatore
della Causa di Canonizzazione e un ricordo della famiglia del
magistrato canicattinese, proposto dal
Presidente dell’ANM di Caltanissetta.
I magistrati nisseni vorranno così avviarsi all’apertura dell’anno giudiziario,
confrontandosi ancora e cercando di
imparare la lezione, scritta con la vita e
poi con la sua morte, da un loro grande
collega, capace di capire e contrastare
le nuove manifestazioni del fenomeno
mafioso, di approfondire con professionalità e profonda cultura umanistica
i problemi del diritto, ma al contempo
di essere indipendente da tutti i poteri, respingendo favori e scoraggiando
blandizie.
6
Febbraio
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AVVOCATURA. Il rapporto tra giustizia e mass media secondo Pastorello
“L’essere sotto i riflettori
rischia di penalizzare
la serenità nei processi”
L’avvocato racconta
delle sue esperienze
professionali,
come nel caso
del procedimento
per l’uccisione
di Francesco Ferreri.
I
l ruolo dell’avvocato nei processi, le vicende giudiziarie che
diventano veri e propri casi
mediatici, i rischi e le soddisfazioni
professionali. Quella dell’avvocato
è una figura particolare che spesso
non suscita le simpatie dei cittadini, ma l’avvocato – non bisogna
dimenticarlo – è colui che tutela i
cittadini. E la difesa del cittadino
è prevista dal testo di riferimento
dell’Ordinamento giudiziario italiano, ovvero la Costituzione.
Di tutto questo abbiamo discusso
con l’avvocato Boris Pastorello, 44
anni, penalista d’esperienza che
vanta nel suo curriculum professionale la partecipazione a processi di un certo spessore come quello
per l’omicidio del piccolo Francesco Ferreri, il ragazzo di Barrafranca ucciso alla fine del 2005;
delitto per il quale, al momento,
non è stato di fatto individuato il
colpevole.
Si parla spesso di processo mediatico, di eccessiva pressione dei
media, cosa succede in certi casi?
“Si tratta di vicende in cui l’attenzione frenetica dei mass media,
l’essere sempre sotto i riflettori, rischiano di penalizzare la serenità
della giuria popolare e l’attività
della parti. E’ un rischio, non è
detto che succede, ma spesso i
testimoni di processi del genere
finiscono per rilasciare dichiarazioni che magari dovrebbero
riferire soltanto agli inquirenti e
poi in aula e si rischia di inficiare le
deposizioni. E questo può, in alcuni casi, compromettere le strategie
dell’accusa e della difesa. Succede
anche che il pubblico si divide fra
innocentisti e colpevolisti e non
sempre tutti conoscono le carte
e la vicenda nei dettagli; io sono
sempre dell’idea che i processi si
fanno in aula e non sui giornali o in televisione. I rischi ci sono
anche per un avvocato; spesso ci
sono colleghi che vengono travolti
da queste vicende. Non posso non
pensare al caso del delitto di Avetrana, dove uno dei colleghi che
hanno assunto la difesa, all’inizio
dell’indagine, è finito imputato nel
processo, forse perché travolto da
qualcosa di più grande di lui”.
Ma allora non sarebbe meglio,
in questi casi,
rifiutare il
mandato?
“E’ inutile
nascondersi, alle volte ti si presentano dei processi che speri di fare
anche gratis, perché speri di avere
visibilità, notorietà, ma anche perché magari sono belli da seguire.
Attenzione, non vuol dire che faccia piacere occuparsi di omicidi,
mi riferisco al fatto che si tratta di
processi in cui devi confrontarti
con molti aspetti: non si tratta solo
di ascoltare testimoni, ma anche di
metterti di fronte a indagini scientifiche, ricostruzioni investigative
e via dicendo. Tornando al caso
di Avetrana ricordo che il vecchio
difensore fu nominato d’ufficio e a
questo proposito mi pare opportuno raccontare cosa accadde in occasione dell’omicidio del sindaco
Michele Abbate. Anche al giovane
accusato di aver commesso il delitto venne nominato un legale d’ufficio, ma la scelta cadde sull’avvo-
“
Spesso
dei colleghi
vengono
travolti
dalle vicende
cato Filippo Siciliano, il decano dei
penalisti nisseni, un esempio per
tutta la nostra categoria e non solo
a livello locale. Fu una scelta dettata dalla gravità e dalla delicatezza
di quel fatto, ed era necessario che
venisse nominato un legale non
solo di esperienza, ma soprattutto
preparato ed equilibrato, visto che
quasi nessuno voleva assumere
quella difesa come legale di fiducia. Ricordo che tutti noi giovani
avvocati riempimmo l’aula per
seguire l’arringa finale dell’avvocato Siciliano, per imparare, per
prendere esempio da un maestro
di tale prestigio”.
In occasione del processo per il
delitto Ferreri quali furono le sue
sensazioni?
“E’ stato un processo durissimo, si
trattava della morte di un ragazzino. L’immagine che mi porterò
sempre dietro è quella delle ginocchia del povero Francesco Ferreri.
Ricordo che dovemmo proiettare
in aula quella foto, perché secondo
una delle ipotesi il ragazzo era stato fatto inginocchiare nella stalla
indentificata come il luogo del delitto, e dovevamo far vedere quella
foto perché il giovane non aveva
abrasioni e quindi tale ipotesi non
poteva essere ritenuta valida a nostro giudizio. Ricordo benissimo
che chiesi scusa ai presenti e soprattutto ai genitori del ragazzo,
perché pur difendendo l’imputato mi rendevo conto che in quel
momento c’erano una madre e un
padre che stavano per rivivere la
tragedia che li aveva colpiti e segnati. Io stesso sono padre e posso
solo immaginare cosa voglia dire
la perdita di un figlio”.
Si parla sempre di più di reati di
violenza sessuale…
“Sono vicende che toccano la sfera
intima di una persona, io ricordo
che quando diventai avvocato decisi di non occuparmi di reati di
questo genere. Ho rifiutato parec-
chie difese per questo tipo di reati,
salvo quando non mi sono convinto, leggendo gli atti, dell’innocenza
del mio cliente. Recentemente ho
difeso un professionista locale e in
quel caso avevo raggiunto il pieno
convincimento dell’innocenza del
mio cliente. Questo non vuol dire
che se assumo una difesa sono sicuro che poi il mio cliente venga
assolto, il processo non funziona
così, ma io devo maturare un mio
convincimento”.
Spesso non venite visti di buon
occhio…
“Purtroppo nella gente si forma
spesso la convinzione che l’avvocato sia quasi connivente con il
cliente. Ma non è così, guai se fosse
così. Io, nella mia esperienza, non
ho mai trovato un cliente che sia
venuto da me a dirmi “si avvocato,
sono stato io”. E’ tramite lo studio
degli atti, tramite i colloqui con il
cliente che si elabora la strategia difensiva e si porta avanti il proprio
lavoro. E poi non si possono tralasciare i valori alla base di questo
mestiere: non solo il rispetto del
cliente, ma soprattutto il rispetto
delle regole e il rispetto per i magistrati e per i colleghi. Questo non
vuol dire che l’avvocato non debba
farsi rispettare, perché il rispetto
delle parti deve essere reciproco”.
V. P.
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Febbraio
pagina di comunicazione istituzionale
Banca del Nisseno. La forza degli istituti cooperativi secondo il presidente Giuseppe Di Forti
“Le Bcc del Nisseno
tra le più solide della Sicilia”
Il 2012 è stato
proclamato
l’anno della
cooperazione
da parte dell’Onu.
L’occasione giusta
per analizzare
l’importanza
di un sistema
che in un momento
di forte crisi
dimostra con i fatti
il valore
di impresa sociale.
L’
ONU ha proclamato il 2012 anno della
cooperazione. Ovviamente ha fatto ciò con
riferimento a tutto il panorama
della cooperazione nel mondo
che, come noto, rappresenta una
formula di impresa vincente e
quanto mai attuale. In Italia la
forma cooperativa di esercizio
dell’attività, sia essa economica
che sociale, è particolarmente
attiva nel nord-est ma diffusa
su tutto il territorio nazionale.
Fra i tanti settori che si connotano per efficienza, storia e
tradizione vi è quello del credito. Un settore particolarmente
importante per il ruolo chiave
di componente non secondaria
del sistema economico e finanziario e della cinghia di trasmissione delle politiche monetarie
delle Autorità centrali. In Sicilia, come in Italia, l’esperienza
cooperativa nell’esercizio del
credito è ultracentenaria. Le 28
banche di credito cooperativo
conseguenza diretta della competizione e della (ri)deregulation che ha visto concentrazioni bancarie e nuove costituzioni
(queste ultime con un tasso
di sopravvivenza al quinto
anno
del
25%;
ciò
vuol dire che
solo una BCC
neo costituita su cinque è
arrivata al sesto
anno di attività). Il Presidente
Di Forti, che ha
maturato una lunga esperienza settoriale, ha una visione lucida del fenomeno e parla con
entusiasmo della realtà Nissena.
MARIANOPOLI
CALTANISSETTA
SERRADIFALCO
“La provincia di Caltanissetta,
nel contesto del siciliano del credito cooperativo, ha sempre
fatto la parte del leone, con un peso non
indifferente e con un
ruolo di primaria importanza. Mi riferisco sia alla leadership
del dott. Gaetano SOMMATINO
Saporito,
sancataldese che per oltre 35
anni ha guidato il Movimento
da Presidente della Federazione Siciliana delle BCC, che alla
qualità dell’azione sviluppata
dalle banche di credito coopeRIESI
rativo della provincia che hanno sempre rappresentato punti
di riferimento certi”. Abbiamo della raccolta e degli impieghi)
che per via esterna (fusioni e acquisizioni di altri sportelli). La
Godiamo
Banca de Nisseno, per esempio,
da sola rappresenta la risultante
di buona
della concentrazione di ben cinsalute
que BCC: la BCC “S. Leonardo”
e abbiamo
di Serradifalco, la BCC della
grandi progetti Valso del Salso di Sommatino,
la BCC di Ravanusa, la BCC di
per il nostro
Marianopoli e la BCC Sofige di
futuro
Gela. Godiamo di buona salute
e abbiamo grandi progetti per
chiesto un’analisi sul capoluo- il territorio, consapevoli come
go. “Oggi – sostiene Di Forti siamo che, pur con le difficoltà
- a Caltanissetta operano tre del momento, non possiamo far
BCC che vantano lunga storia venir meno il nostro apporto”.
e antiche tradizioni. Tutte han- Come festeggerete l’anno delno esercitato un ruolo attivo, da la cooperazione? “Con i nostri
protagoniste, nella vicenda evo- soci – dice il Presidente Di Forti
lutiva delle concentrazioni ban- – che rappresentano il vero pa-
“
attualmente esistenti sono il
prodotto di una dura selezione
che il mercato ha imposto negli
anni. Una selezione naturale,
carie. Esse, quindi, sono fra le
più solide della Sicilia e ad esse
ci si può avvicinare con fiducia”.
“Queste banche
– prosegue Di
Forti – hanno
dimostrato con
i fatti la loro
capacità di sopravvivenza e
il loro valore
di impresa sociale.
Sono arrivate ad oggi
attraversando le difficoltà del mercato e superando
quegli ostacoli dove altri hanno
inciampato. Non solo hanno resistito ma sono anche cresciute
sia per via interna (sviluppo
BUTERA
trimonio su cui si fonda la cooperativa e con i nostri clienti,
migliaia di artigiani, agricoltori,
commercianti, professionisti,
dipendenti, pensionati, studenti, casalinghe che ci rinnovano
la fiducia giornalmente. Ad essi
stringiamo forte la mano e, in
questo momento di crisi, diciamo che siamo impegnati per
mitigare le loro difficoltà con la
lealtà e la trasparenza di sempre”.
GELA
RAVANUSA
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8
Febbraio
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LA PROTESTA. Le giuste richieste di un popolo oramai esasperato
Con i Forconi
la rivolta della Sicilia
parte dal basso
di Laura Spitali
Le ragioni
di un movimento
animato da gente
comune e di ogni età.
L
a Trinacria si è trasformata
in un forcone, risvegliandosi
dal torpore in cui ristagnava
da tempo immemore. Da lunedì 16
gennaio la Sicilia si è resa protagonista di una protesta che, come al
solito, è partita dal basso. Perché è
lì che è preferibile stiano i cittadini
comuni: in basso, per essere meglio
dominati. Ma la base dell’economia
siciliana ha deciso di ribellarsi, e di
far capire a tutti che la demagogia
“gattopardiana” del “tutto cambi
affinché tutto rimanga tale e quale”
ha fatto il suo tempo. E come un
fulmine a ciel sereno è avanzato il
“Movimento dei Forconi”, capitanato da agricoltori ed allevatori che
ha coinvolto anche pescatori ed
autotrasportatori, riunito nel più
ampio gruppo denominato “Forza
d’Urto” con lo scopo di reclamare i
diritti di tutta la collettività. Si perché, per una volta, non si è trattato
dello sciopero di una categoria che
rivendica i propri interessi. La forza di volontà di pochi ha imposto
la propria voce, per gridare che più
in basso di così si può soltanto scavare una fossa comune e celebrare
il funerale dei cittadini siciliani.
Un movimento che ha rivendicato come unico vessillo la bandiera
siciliana, mettendo al bando partiti
politici e sigle sindacali. Ai quali,
semmai, la gente ha soltanto chiesto di svolgere il proprio lavoro e
di trovare finalmente soluzioni ai
tanti problemi che attanagliano
tutti, anziché contendersi le luci
della ribalta mediatica, dalle quali
per una volta erano stati esclusi.
La voce dei “forconi”, all’inizio inascoltata e sottovalutata, con il passare dei giorni e con l’aumento dei
disagi causati dai blocchi dei tir ha
iniziato a destare preoccupazione
in tutti, volenti o nolenti. Anche
in quanti credevano, guidati dalla
cultura dell’individualismo e del
menefreghismo, che questo sciopero non fosse altro che una seccatura, un’alzata d’ingegno dei soliti
insoddisfatti. Si è trattato, invece,
di un movimento animato da gente comune e di ogni età, guidato da
uomini anziani con il volto segnato
dalla fatica, che per giorni e giorni
ha vissuto in strada per manifestare
e cercare di dar fine allo sconforto
che tormenta tutti. Le istanze avanzate dal “Movimento dei Forconi”
puntano all’applicazione dello statuto autonomo siciliano, che permetterebbe una migliore gestione
e distribuzione dell’economia della
nostra regione. Come la defiscalizzazione delle accise sui carburanti,
che incidono non soltanto sui conti
di automobilisti ed autotrasportatori, ma anche in quelli di casalinghe
e pensionati che ne subiscono le
conseguenze quando fanno la spesa, poiché l’onere del trasporto delle merci ricade sempre sul prezzo
pagato dall’utente finale. Ma anche,
tra le altre, il ridimensionamento
delle cartelle esattoriali, la valorizzazione dei prodotti ortofrutticoli
ed ittici siciliani, la sospensione
dei pignoramenti e l’erogazione di
prestiti agevolati per finanziare le
imprese sicule. Richieste che porterebbero la Sicilia a rialzarsi dalla
genuflessione in cui è stata costretta. Una regione dipinta sempre
come zavorra d’Italia, popolata da
furbi, parassiti e mafiosi. Ed il pericolo che la mafia possa sfruttare
a proprio vantaggio il malcontento
popolare manifestato nelle proteste
di “Forza d’Urto” è stato paventato
da molti, in primis dal presidente di
Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello.
Il quale ha giustamente messo in
guardia tutti da possibili infiltrazioni mafiose, ma le cui parole hanno
all’inizio mortificato e derubricato
questo movimento di siciliani in rivolta come l’ennesimo gioco sporco della mafia. Tuttavia, la storia e
la cronaca ci mostrano come “cosa
nostra” sia sempre in agguato, ed
attecchisca ovunque trovi terreno
fertile. Stato, enti locali, imprenditoria purtroppo subiscono di continuo l’ingerenza della mafia, ma
non per questo si può affermare
che chiunque vi operi sia colluso
con essa. La legalità tanto sbandierata su più fronti rimarrà soltanto
una chimera se non si va incontro alle reali esigenze dei cittadini.
E dal tanto atteso incontro del 25
gennaio scorso tra il governatore
della Regione Sicilia Lombardo ed
il presidente del Consiglio Monti
è stato fatto un primo passo avanti, con il riconoscimento da parte
del governo nazionale che quanto
reclamato dai siciliani sia di vitale
importanza per la vita sociale ed
istituzionale dell’Isola. Ci auguriamo che gli enunciati tavoli tecnici
affrontino le necessità siciliane con
efficacia e tempestività. Altrimenti,
quel passo in avanti si trasformerà
in tre passi indietro. E più indietro
di così c’è solo il baratro.
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9
Secondo una stima
approssimativa
effettuata dalla
Coldiretti, in Sicilia
sono stati bruciati
50 milioni di euro.
Oltre al danno economico
va aggiunta la perdita
di credibilità
con la grande
distribuzione europea
pronta a sostituire
il prodotto made in Italy
con quell’ortofrutticolo
straniero.
di Donatello Polizzi
SICILIANI. Le manifestazioni di questi giorni hanno aperto molti interrogativi
La vera rivoluzione
deve avvenire
con le nostre azioni
M
ezzanotte del 15 gennaio, domenica, inizia
con i presidi delle arterie
stradali e degli snodi cruciali per i
trasporti, la protesta dei produttori
agricoli del Movimento dei Forconi, degli autotrasportatori dell’Aias,
dei pescatori e del comitato Forza
D’urto. La mobilitazione, in poco
tempo, cresce con l’intervento degli studenti e della gente comune.
Le città soffrono: iniziano a scarseggiare i viveri e il carburante;
le attività commerciali risentono
della mancanza di approvvigionamenti mentre sembra quasi che il
resto della nazione non si accorga
di questa manifestazione. Il movi-
mento stila una bozza che contiene
delle richieste rivolta al presidente
della regione Raffaele Lombardo:
“Defiscalizzazione del carburante.
Miglioramento e tutela del tenore
di vita e delle condizioni generali delle famiglie insistendo su una
riforma sul controllo dei costi fissi delle utenze ed i bisogni fondamentali (metano, acqua, energia
elettrica). Rilascio del Durc anche
in presenza di pendenze che verranno regolarizzate con un piano
di rientro (Serit, Empaia, Inps)
in anni 10 con interesse legali e
senza spese aggiuntive (sanzioni
accessorie, diritti di notifica, interessi per ritardato pagamento).
Abolizione dell’Imu sui fabbricati
rurali ed insediamenti produttivi
che interessano il prodotto locale.
Dotare la Crias di maggiori risorse
finanziarie da destinare al settore
agricolo. No agli interessi usurai
della Serit, sanzioni accessorie, diritti di notifica, interessi per tardato pagamento, blocco per due anni
delle cartelle esattoriali”. Richieste
plausibili, sacrosante, sulle quali
è d’uopo perlomeno intavolare la
discussione ma un dubbio ci attanaglia: era questo il modo migliore per manifestare il malcontento?
Secondo una stima approssimativa, per difetto, effettuata dalla Coldiretti, in Sicilia sono stati bruciati
50 milioni di euro. Al danno economico immediato va aggiunta la
perdita di credibilità con la grande distribuzione europea pronta
a sostituire il prodotto made in
Italy con quell’ortofrutticolo straniero. I tanti siciliani che hanno
spontaneamente aderito a questo
movimento di ribellione e gli autori dello stesso hanno, in passato, esercitato con la diligenza del
“bonus pater familias” i loro diritti
civili? Crediamo che innanzitutto
la prima forma di tutela degli interessi dei cittadini nasca all’interno
della cabina elettorale. In Sicilia,
da decenni, i voti sono scambiati
“
La prima forma
di tutela
degli interessi
dei cittadini
nasce dentro
la cabina
elettorale
con raccomandazioni, con posti di
lavoro, con contributi “facili”, con
prebende di vario genere. Sarebbe
opportuno votare per coscienza e
non per convenienza. Ricordiamo
l’utilizzo superficiale di contributi
nazionali ed europei, sperperati in
attività industriali o produttive che
non hanno mai avuto avvio da quei
politici che i siciliani hanno votato. Rammentiamo il pagamento
delle tasse con elevate percentuali
di evasione o elusione che hanno
ulteriormente aggravato la già instabile situazione economica. Non
dimentichiamo l’atteggiamento talora consenziente di non richiedere lo scontrino fiscale o la fattura e
dunque di alimentare l’evasione ed
il lavoro nero. La lista di manchevolezze civiche è lunga ed incompleta. Crediamo che prima di attuare
o alimentare la protesta sarebbe
opportuno valutare se nell’esercizio
dei diritti civili e costituzionali che
abbiamo, il nostro comportamento
è sempre stato conforme alle leggi
ed all’etica. Se la risposta dovesse
essere positiva, allora la lamentela
è legittima, motivata e condivisibile. Se, però, la risposta dovesse
essere negativa, allora reputiamo
che si debba fare un passo indietro,
iniziare ad operare come cittadini
probi e sicuramente, quasi sicuramente, la nostra società registrerebbe una crescita immediata.
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Febbraio
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Storia & Cultura
Fatti contro la mafia
per non dimenticare
Ninetta Burgio
Quella donna piccola
che sfidò i mafiosi con
la dignità del suo dolore
di Giovanbattista Tona
Una vita difficile
e coraggiosa
spesa fino all’ultimo
alla ricerca
della verità
sull’uccisione
del suo amato
Pierantonio.
Q
uando arrivò quella terribile domenica del 3
settembre 1995, la vita di
Ninetta Burgio (Sandri da sposata) si era già rivelata difficile e
dolorosa; durante i suoi sessant’anni era stata lasciata dal
marito e si era ritrovata a crescere da sola i suoi due figli a Niscemi, dividendosi tra le cure di costoro e il suo lavoro di insegnante.
Poi uno sciagurato incidente domestico le portò via il figlio più
piccolo, Giovanni; un dolore incolmabile, ma che Ninetta riuscì
a fronteggiare grazie all’affetto e
alla dedizione dell’altro figlio più
grande.
Pierantonio Sandri nel 1995 aveva 18 anni e aveva pure conseguito il diploma di odontotecnico; era pronto ad iscriversi in
odontoiatria all’Università di Catania e alle 23,00 del 3 settembre
di quell’anno aveva telefonato ad
un amico che il giorno dopo
proprio a Catania doveva accompagnarlo.
Era uscito per le vie di Niscemi
con la sua macchina, come faceva tutte le domeniche, ma Ninetta quella sera non lo sentì rientrare ed ebbe la funesta
sensazione che l’ultimo pezzo
della sua vita le fosse stato portato via.
Cominciò a cercarlo con paziente determinazione, ma nel suo
paese incontrò silenzi, vide tante
braccia allargarsi, sentì la diffidenza di chi pensava che il ragazzo fosse solo scappato di casa o
che si fosse infilato in un brutto
giro... e quindi peggio per lui!
Dedicò prima giorni, poi mesi,
poi anni a cercare notizie e a
sconfiggere pregiudizi. Non imprecava, non pretendeva, non
pietiva. Semplicemente chiedeva
conto a tutti, con dignità e speranza, di quale fine avesse fatto il
figlio.
Le indagini non portavano a nulla, ma Ninetta né si scoraggiava
né si lamentava dello Stato. Fin
“
Dal cielo
dà lezioni
di speranza
e dignità a chi
da lei
vuole imparare
dall’inizio i suoi interlocutori
quotidiani furono il Commissariato di Niscemi e le Procure della Repubblica. E tutte le numerose volte che fece appelli pubblici
su giornali e televisioni, si preoccupava sempre di concordarli
con loro. Diceva che le forze
dell’ordine e i magistrati facevano un lavoro delicato; per farli
giungere a risultati utili, bisognava fidarsi di loro e non fare di testa propria.
Passarono così 14 lunghissimi
anni finchè in un’altra domenica
di settembre del 2009 il Questore
di Caltanissetta di allora, Guido
Marino, le portò la notizia che
avevano individuato il luogo
dove si trovavano i resti di suo
figlio Pierantonio.
Qualcuno finalmente aveva parlato.
Giuliano Chiavetta era minorenne nel 1995 e conosceva Ninetta
Burgio. Era stata la sua insegnante e non gli aveva fatto mancare
gesti di amorevole attenzione:
“mi cucinava a me!”, ricorderà
durante un interrogatorio.
Chiavetta frequentava all’epoca
un gruppo di ragazzi di Niscemi
che stavano sotto la vigile attenzione dei boss mafiosi locali, i
quali ne volevano tastare le capacità criminali e, dopo averli riempiti di droga, li mandavano ad
eseguire attentati intimidatori a
Pierantonio Sandri
chi non voleva pagare il “pizzo”.
Due di questi ragazzi avevano
dato fuoco ad un’autovettura nel
centro di Niscemi, mentre stava
passando Pierantonio. Si erano
convinti che Pierantonio li avesse visti e, sapendo come si comportava e come ragionava, cominciarono a temere che li
potesse denunciare.
Fu così che Chiavetta e altri tre
ragazzi la sera del 3 settembre
1995 avevano invitato Pierantonio ad andare con loro e lo avevano portato nel bosco vicino. Lì
lo avevano minacciato, lo avevano picchiato e, dominati dalla
loro furia violenta, lo avevano
soffocato con una cintura; avevano poi abbandonato il cadavere e
si erano dati alla fuga.
I boss di Niscemi non si erano
scomposti più di tanto e si limitarono ad invitare gli autori del
delitto ad andare al più presto sul
posto a seppellire il cadavere. E
così fecero: nel luogo dove poi
nel 2009, accompagnati da Chiavetta, gli uomini della Polizia lo
ritrovaranno.
Il 24 settembre di quell’anno,
quando ancora si parlava del ritrovamento di un “corpo”, Ninetta Burgio scriverà una lettera
aperta per ringraziare quelli che,
insieme a lei, non si erano mai
stancati di cercare Pierantonio.
Al suo paese, Niscemi, dirà: “questo è un segnale di grande civiltà
perché “sapere”, “conoscere” anche
verità dure e atroci significa ridare speranza e fiducia ad una comunità che deve sempre aprire gli
occhi perché a nessun altro suo
giovane devono essere spezzati la
vita, i sogni, la speranza”.
L’8 gennaio 2010 si celebreranno
i funerali di Pierantonio e, pur
nel suo grande dolore, Ninetta
trasformerà quel momento in
una festa per il figlio ritrovato, in
un balsamo per la sua ferita che
aveva bisogno di sapere.
Un anno dopo, si svolgerà il processo dinanzi al Tribunale per i
minorenni di Catania per l’omicidio di Pierantonio; nel corso di
una drammatica udienza il collaboratore Chiavetta racconterà le
fasi dell’omicidio e scoppierà più
volte in lacrime, dicendo: “Io ho
deciso di collaborare con la giustizia perché, sentendo i vari appelli
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LETTERA. La commovente missiva scritta dalla mamma a Pierantonio nel 2004
L’ex questore Guido Marino al funerale:
“Un bacione dai poliziotti
che ti vogliono bene”
Cara Ninetta,
l’estremo saluto ad una donna speciale come te dovrebbe essere segnato da profonda tristezza e da un
senso di vuoto incolmabile, ed invece, ancora una
volta – mai come questa volta – dimostri di essere
una donna eccezionale, poiché il pensiero che tu
vada a ritrovare il tuo Pierantonio, ne siamo certi, è
l’unico traguardo che volevi davvero raggiungere.
Per questo traguardo hai lottato con la fierezza di un valoroso combattente ,
con il garbo di una vera signora , con la decisione di una insegnante di razza.
Per questo traguardo i Poliziotti di Caltanissetta e di Niscemi hanno cercato di
esserti utile e di non lasciarti sola, e cercano ancora oggi di rendere giustizia a
te ed al tuo Pierantonio.
Per tutto questo la tristezza per la tua mancanza è attenuata dalla consapevolezza che, dopo tanto, troppo tempo, e dopo tanto, troppo dolore, ritrovi finalmente un pò di pace e, soprattutto, il tuo amato Pierantonio.
Un bacione dai Poliziotti che ti vogliono bene e che non ti dimenticheranno
mai.
che faceva la madre di Pierantonio... Questa cosa mi faceva soffrire
molto ogni volta che vedevo che cercava suo figlio... Le chiedo perdono,
ma come mi deve perdonare !?”
Ninetta era presente in aula e lo
ascoltava; dopo alcuni giorni un
malore la costringerà ad un ricovero ospedaliero. Un altro
mostro avrebbe dovuto segnare la
sua vita: un grave tumore la costringerà a cure severe, che progressivamente diventeranno inutili. Da Niscemi, Ninetta si trasferirà
a San Giovanni Gemini a casa del
fratello e della sua meravigliosa famiglia; una casa fatta da gente affettuosa e operosa, sempre aperta
agli amici di Ninetta che dalla Sicilia e da tutta Italia andavano ad
incontrarla per attingere alla sua
forza prima che quel brutto male
la spegnesse.
Il 12 dicembre del 2011 la piccola donna di Niscemi è diventata
un angelo del Cielo; da lì impartisce ancora lezioni di speranza
e di dignità a tutti coloro che
da lei vogliono imparare.
L’autore del ritratto
Era la primavera del
2010 quando a San Cataldo presso la Parrocchia San Domenico Savio, Ninetta Burgio
parlava “lealmente” di
legalità agli Studenti del
Liceo Artistico “Filippo
Juvara”. Tra loro Vincen-
11
zo Marco Mugavero,
oggi diciassettenne della
4a B “Sperimentale” che
ha disegnato il ritratto di
Ninetta Burgio.
La redazione de “il Fatto
Nisseno”ringrazia Vincenzo per la collaborazione.
“Caro mio figlio del dolore
rinnegato come Cristo in croce”
C
aro figlio del dolore,
eccomi qua, ancora una volta, per il
tuo compleanno. Avrei voluto svegliarti con un bacio, una carezza, abbracciarti forte forte, con tutto l’affetto e l’amore che
ti meriti. Ma sono qui, mio dolce amore, non
per lanciare il mio grido nel deserto, bensì
con una tenue ma penetrante voce che possa
risvegliare nel cuore dei Niscemesi quel piccolo angolo di bontà che Dio gratuitamente
ha donato a ciascuno di noi.
Vorrei che la mia voce toccasse in particolar
modo il cuore dei tuoi amici (alcuni di loro
già diventati papà), e quello di chi ci ha fatto
del male.
E’ Natale, Gesù ci invita alla bontà, all’amore
e ci esorta ad aver cura delle persone che soffrono.
Ti ringrazierò, oh mio Gesù, e grazie a te, figlio mio, per tutto il grande amore che mi hai
donato; grazie per la pazienza che hai avuto
nel sopportare il mio dolore per la morte del
tuo fratellino Giovanni. Anche tu hai custodito in segreto questo dolore nel tuo piccolo
cuore, perché non volevi che io ne soffrissi di
più. Il piccolo Giovanni è stato sempre presente in noi; custodivi gelosamente la sua
foto, la piccola canottiera e le piccole cose
che gli piacevano. Sai benissimo che il mio
amore per te è stato infinito. Ricordo con
nostalgia quelle rare volte in cui mi trovavi a
letto un po’ triste e mi ripetevi: “Mamma, mi
hai sempre detto che non abbiamo niente e
siamo ricchi. Ti prego alzati e sorridi alla
vita che è bella, che è un dono del Signore”.
Grazie, amore mio.
Mi bastavano un tuo sorriso, un bacio, o un
pizzico alla guancia per ridarmi la gioia e la
serenità di cui avevo tanto bisogno. Quel dolore che tu custodivi gelosamente del tuo
cuoricino affinava sempre di più la tua anima, così pronta ad aiutare con slancio gli altri, senza mai chiedere niente. In questo mio
difficile peregrinare porto con me, e a fronte
alta, il tuo nome, la tua immagine e giorno
dopo giorno scopro che alle persone che
hanno avuto modo di starti vicino, di conoscerti e soprattutto alle mamme dei tuoi amici (se così posso chiamarli), hai lasciato un
segno indelebile della tua bontà, del tuo amore sconfinato e trasparente e molto prezioso
agli occhi di Dio.
So che loro conservano come reliquia o una
tua foto od oggetti che tu avevi regalato loro.
Allora, non so spiegarmi perché al tuo grido
di aiuto nessuno ha mai alzato un dito; è
mancata anche la solidarietà. La maggior
parte di loro ti ha voltato le spalle, rinnegandoti come Cristo in Croce.
Tutti sanno che non sei mai stato un cattivo
ragazzo; le mamme, anzi, ti ponevano a modello per i loro figli.
Hai sempre dato a tutti e soffrivi per le ingiustizie del mondo. Il tuo cuore non conosceva
l’odio; donavi a tutti un sorriso spontaneo e
con la tua gioia riuscivi a far sorridere chi era
triste.
Perché questo profondo silenzio? Niscemi ha
dimenticato Pierantonio?
Ripeto: è mancata la solidarietà. Nessuno ha
saputo gridare NO alla VIOLENZA.
In nome di quell’amicizia, che per noi è sacra, e che è uno dei tanti doni che il Signore
ci ha dato, penso che un po’ di solidarietà te
la meritavi. Ricordiamoci che questo profondo silenzio non fa altro che allargare a macchia d’olio la violenza, la criminalità e una
piccola ferita può diventare un cancro incu-
rabile. Niscemi ne sa qualcosa e soffre!
Perché dare questa immagine della nostra
città?
Noi sappiamo che la maggior parte delle persone è ligia al dovere, lavora con impegno e
serietà, ha rispetto per gli altri.
Io ho perdonato chi ci ha fatto del male, chi si
è chiuso nel silenzio e chi non ha fatto (forse
involontariamente) il proprio dovere con impegno e serietà.
Il mio perdono però ha un suo limite; sono
una fragile creatura umana coi suoi difetti e
manchevolezze.
Ebbene, io posso dirvi che l’amore del Signore è grande. Egli vi sta aspettando ai piedi del
tabernacolo, dove ogni giorno sull’altare si
immola e si fa carico dei nostri peccati. Se
vogliamo salvarci dobbiamo correre ai piedi
della sua Croce e chiedere perdono. Solo così
potremo avere quella serenità, quella gioia
interiore che ci è venuta a mancare.
Comunque, devo ringraziare quelle persone
(senz’anima) che mi hanno donato una croce
pesante ed un calvario da scalare, perché attraverso il dolore, il mio cuore e quello di
Pierantonio, trafitti e pieni di mille ferite,
“
Ho perdonato
chi ci ha fatto
del male,
e chi non ha fatto
il proprio dovere
con impegno
sono diventati un unico cuore, più vivo e palpitante d’amore per Dio ed in particolar
modo per le creature sofferenti.
In queste terribili circostanze anche il Signore piange lacrime di sangue, però ci è sempre
vicino e non ci abbandona mai, neanche per
un attimo; sentiamo la sua costante presenza,
la sua dolce carezza che ci culla e ci accompagna con infinito amore.
Vi invito a guardare con occhi vivi, e non con
occhi di un finto cieco che non vuol vedere,
le mute e segrete lacrime di una mamma, che
attimo dopo attimo, attende ancora, invano,
l’arrivo del proprio figlio. Guardatevi dentro
quindi, perché il dito di Dio è puntato su di
voi ed Egli griderà “Giustizia sarà fatta”. E un
giorno, alla presenza dell’Altissimo, nessuno
potrà dire “Non so”.
In questi giorni di festa ognuno di voi potrà
assaporare l’amore dei propri figli. Ed è giusto che sia così.
Io cosa potrò assaporare se non il dolore, il
dolce ricordo di Pierantonio, della sua musica che sento ancora nella mia mente e nel
mio cuore.
Il suo bacio, un pizzico alla guancia ed una
rosa per la mia festa sono piccoli e profondi
gesti d’amore che non riesco più ad assaporare da 9 anni e 10 giorni.
Perché io possa ancora sentire le vibranti e
profonde emozioni che solo Pierantonio può
darmi è necessario che ognuno di voi apra
uno spiraglio, una piccola luce che illumini il
mio martoriato cammino.
Grazie
Ninetta Burgio
(Mamma di Pierantonio Sandri scomparso
da Niscemi il 3 Settembre 1995)
Niscemi, lì 29/12/2004
12
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Fatti & territorio
Immigrazione
“Caltanissetta è una città tollerante”
di Leda Ingrassia
Il vice questore
Felice Puzzo,
a capo dell’Ufficio
immigrazione
della Questura,
parla del rapporto
tra la città
e gli extracomunitari
B
arconi carichi di vite umane
che affrontano il mare aperto
fino alle coste siciliane. E da
lì, folle di stranieri dal viso sofferente immortalato da qualche telecamera mentre vengono caricati su
autobus o navi e portati nelle strutture loro destinate. In una parola:
immigrazione. C’è chi spera di trovare un lavoro e chi scappa da persecuzioni e dittature. La Sicilia poi
negli ultimi mesi ha dovuto fronteggiare una delle ondate migratorie più consistenti. Cruciale, nel
panorama regionale, è stato il ruolo
della struttura di accoglienza nissena di contrada Pian del Lago. Se
chiedessimo alla gente comune di
parlare dell’immigrazione a Caltanissetta e di ricondurre a questa
un’immagine, con grande probabilità penserebbe ai numerosi gruppi
di stranieri che ogni giorno popolano le vie che collegano la zona sud
al centro storico, o alle ragazze che
nelle ore serali vendono il proprio
corpo in via Rochester. Perché in
città ormai si convive con lo straniero. Tra di loro, come in ogni paese, stanno i bravi e i meno bravi,
quelli che magari infastidiscono i
Nisseni chiedendo qualche soldo o
che si rendono responsabili di qual-
che reato, e quelli che riescono ad
inserirsi e a trovare anche un lavoro
in città. Quelli che i cittadini vedono in giro comunque non sono altro che la punta di un grande iceberg che si chiama centro
accoglienza. Un’ enorme macchina
che esiste a Caltanissetta ormai da
circa un decennio. Da tre, a gestire
con grande attenzione e dedizione
l’ufficio immigrazione della Questura, con le sue quattro sezioni, c’è
il vice questore aggiunto Felice Puzzo. Con lui circa 20 uomini tra poliziotti e civili lavorano quotidianamente con grande impegno insieme
ad un piccolo gruppo di militari
dell’Esercito che svolge servizi di
vigilanza. Un apparato umano e
burocratico dal quale passano e
vengono risolte le pratiche riguardanti i circa quattro mila stranieri
presenti regolarmente sul territorio
della provincia e quelli che arrivano
periodicamente. Nella gestione
dell’immigrazione l’ufficio della
Questura collabora attivamente anche con l’Area IV della Prefettura.
Al dottore Puzzo abbiamo chiesto
qual è l’attuale situazione all’interno
del centro, passata la fase di grande
clamore mediatico dei mesi scorsi.
“Attualmente a Pian del Lago vengono ospitati circa 500 immigrati
divisi in due strutture diverse. Una
di queste è il Cda, centro di accoglienza, che serve a sopperire alle
esigenze di soccorso e di prima accoglienza degli stranieri. La struttura più affollata è comunque il Cara,
centro di accoglienza per richiedenti asilo politico, che ormai è stato assimilato al Cda dato il gran
numero di immigrati richiedenti
protezione: si tratta di un luogo in
cui gli stranieri permangono di
norma per massimo sei mesi in attesa del responso della Commissione territoriale per il riconoscimento
della protezione internazionale”. Un
organo quest’ultimo che svolge un
complesso e delicato lavoro e di cui
il dirigente dell’ufficio immigrazione di Caltanissetta è componente
nella sede di Siracusa, una delle due
siciliane dato che l’altra si trova a
Trapani. “Nel caso in cui di uno
stesso straniero esistono diverse foto-segnalazioni effettuate in varie
“
Presto riaprirà
il Centro di
identificazione
chiuso nel 2009
dopo che fu
incendiato
nazioni - aggiunge Puzzo - l’Unità
di Dublino decide qual è lo stato
competente a giudicare la richiesta
dell’immigrato: dopodiché la palla
passa alla Commissione territoriale, di norma composta da un prefetto o un vice, da un funzionario di
polizia con ruolo direttivo, da un
funzionario dell’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i
Rifugiati (Acnur) e da un esperto di servizi sociali. Grazie ai
reports dell’Acnur che forniscono la mappatura della
situazione socio-politica
dello stato di origine dello
straniero e dopo l’audizione che raccoglie le richieste del diretto
interessato, l’or-
gano valuta se riconoscere o no la
protezione. Se l’esito della decisione
è positivo, a seconda del caso, potrà
essere concesso l’asilo politico per
cinque anni, la protezione sussidiaria per tre anni o quella umanitaria
per uno. In caso di diniego della sua
richiesta l’immigrato può fare ricorso ai tre gradi di giudizio e in
caso di esito negativo diventa destinatario di un decreto di espulsione”.
A completare il quadro organizzativo, per legge, c’è poi il Cie, centro di
identificazione ed espulsione: struttura che a Caltanissetta è chiusa dal
2009 quando venne incendiata. “La
riapertura avverrà
a
breve - assicura
il dirigente
dell’Immigrazione Si tratta
sostanzialm e n t e
dell’ex centro di
permanenza temporanea o Cpt:
un’area in cui si trovano in regime
di detenzione amministrativa gli
scarcerati e i soggetti ritenuti più
pericolosi per la sicurezza pubblica,
in attesa dell’espulsione, e che al
momento invece vengono trasferiti
in altre città”. Tante e diverse sono
poi le nazionalità che il vice questore aggiunto ci comunica essere presenti all’interno del centro di Pian
del Lago: lì tra casette e containers
ben attrezzati i numerosi gruppi di
Afghani e Pakistani convivono abbastanza pacificamente con altre
etnie, tra le quali domina numericamente la componente africana.
Sono soprattutto uomini, con una
percentuale di donne e di minori
non accompagnati. E la tendopoli allestita quasi un anno fa
anche a Caltanissetta? “E’ servita per accogliere circa 500
persone in più - continua Felice Puzzo - Tanti Tunisini giunti in Sicilia in seguito all’avvio
della cosiddetta primavera ara-
Il dirigente dell’ufficio immigrazione Felice Puzzo
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Febbraio
I Fatti di
13
Etico
Comportamenti legali,
eticamente deprecabili
ba, a molti dei quali, tramite un
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, fu rilasciato un
permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi, rinnovato poi automaticamente. All’interno della
tendopoli sono stati poi ospitati
tanti Egiziani, numerosi Libici in
fuga dalla guerra che ha colpito il
loro paese e un buon numero di
Africani di altre nazionalità vittime del dopo-Gheddafi. La struttura mobile è stata usata dunque
fino alla fine di settembre e a breve sarà smontata per consentire
anche un miglior controllo e movimento all’interno dell’area di
Pian del Lago”. Ma a Caltanissetta
si può parlare ancora di emergenza immigrazione? “La situazione
- commenta Puzzo - è sotto controllo: certo, c’è un gran numero
di immigrati all’interno del centro
che va attenzionato giornalmente.
Sicuramente nelle strutture di
Caltanisetta c’è un buon livello di
accoglienza, così come peraltro
viene valutato anche dalle orga-
nizzazioni umanitarie che ci collaborano. La città e i suoi abitanti
sono stati e sono molto tolleranti e
al di là dell’impatto visivo non esistono comunque tassi di devianza
particolarmente più alti della norma legati alla presenza degli stranieri. Quelli che i nisseni vedono
in giro sono sostanzialmente persone inoffensive e non esiste un
allarme sociale. Da parte nostra
“
Non esistono
alti livelli
di devianza
legati
alla presenza
degli stranieri
comunque, anche grazie al rinforzo garantito dagli uomini del Reparto Prevenzione Crimine, l’attenzione e il controllo sono
massimi per garantire la sicurezza
di tutti i cittadini”.
Ci sono comportamenti che sebbene siano legali eticamente sono
deprecabili.
Si invoca a ogni piè sospinto la legalità quasi fosse un mantra ma la legalità non è un espressione sacra o
una formula mistica; legalità significa “conformità alle leggi, rispetto
della legge”. E a furia di riempirci la
bocca di questo termine ne dimentichiamo il reale significato che dovrebbe essere semplicemente insito
nella vita di ognuno di noi e non
certo un assordante richiamo a volte di dubbia provenienza.
Nessuno invece, chissà
per quale misteriosa ragione,
invoca il termine “etica”.
L’etica, che non
necessariamente
implica una violazione della legalità,
è consona invece al
nostro giusto e consono comportamento, ci permette, rispettando i suoi principi,
di assumere usi e adottare costumi
degni di una società civile. Del resto da sempre i filosofi si arrovellano attorno a questo termine che
rappresenta un ramo della filosofia
controverso e dibattuto studiato e
analizzato.
Allora ci si chiede, e non certo da
oggi, quali fondamenti oggettivi
e razionali siano stati studiati per
permettere di assegnare ai comportamenti uno status deontologico.
In pratica quali comportamenti
siano giusti o sbagliati, buoni o cattivi, adeguati o inappropriati. Un
concetto quindi articolato e ostico
soprattutto per le nostre coscienze.
Molto più semplice e immediato
invece invocare alla legalità, anche
col rischio di essere superficiali se
non addirittura banali.
Quante volte abbiamo sentito: “insegniamo la legalità ai nostri studenti”, “decidiamo secondi principi
di legalità”, “viviamo nella legalità”.
Non più di qualche settimana addietro dei sindacalisti (ma riprendendo solonici e parabolici discorsi
ormai peraltro usurati) parlavano
del “valore della legalità”. Si è scritto:
“La legalità è un valore irrinunciabile. Per vincere le mafie non bastano
gli eroi. Servono cittadini consapevoli, che non deleghino la battaglia
per la legalità ad altri. Per questo la
sensibilizzazione è il primo passo
da compiere. Occorre far prendere
coscienza della pericolosità della
criminalità organizzata. Per- ché
solo da questa consapevolezza
al termine legalità dimenticando o
neanche comprendendo, allo stesso tempo, il senso della parola etica travalicando con atteggiamenti
ostili, comportamenti scorretti,
sfruttando posizioni di forza e di
potere, le più normali regole deontologiche, negando il rispetto degli
altri mortificando uomini, società
e comunità. Stracciando perfino le
più normali basi dell’educazione e
del decoro. Costoro hanno sempre
agito nella legalità e hanno stracciato l’etica. Ha volte hanno superato il
limite ma il confine fra i due termini è sempre stato terra di nessuno.
può nascere un vero cambiamento
culturale capace di sconfiggere le
mafie.”
Ci si chiede se qualche pazzo furioso possa aver mai detto il contrario.
Da tempo immemorabile si parla
di sensibilizzazione dei cittadini.
Ma legalità significa: “Conformità
alle leggi; situazione conforme alle
leggi” Niente di più! Ma tutti hanno parlato fino ad oggi di battaglie,
cambiamenti culturali, consapevolezze diffuse. In pratica uno slogan.
Purtroppo siamo consapevoli che
molti, perdendo di vista la sua nobile definizione, il vero senso della
parola legalità, l’abbiano usata, anzi
abusata, a loro uso e consumo. Ci
chiediamo quanti di costoro abbiano dato la giusta interpretazione
Molti aspetti della nostra vita non
sono illegali ma sono immorali o
non sono comunque eticamente
accettabili. A volte addirittura non
ci si rende conto di violare una legge cercando una raccomandazione, parcheggiando in seconda fila,
forzando una decisione, favorendo
l’amico rispetto allo sconosciuto,
cercando il biglietto omaggio o non
rispettando la privacy del vicino di
casa. Attuiamo e insegniamo questi
semplici comportamenti, partiamo
dai basilari elementi della buona educazione e del vivere civile e
avremo rispettato il nostro personale codice deontologico, senza la
necessità di ricorrere al tronfio e
inflazionato “rispetto della legalità”.
Etico
14
Febbraio
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Sono trascorsi 25 anni
e Marco Tomaselli resta
un’icona biancoscudata
di Donatello Polizzi
Amato da tutti
e mai dimenticato
tanto da avere
intitolato
lo stadio di
Pian del lago
I
l mitico “Palmintelli” è una
polveriera, la Nissa una fede
che non si discute, l’emblema
positivo e performante di una
città in crescita. Fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli
ottanta, il campo in terra battuta di Viale Della Regione è una
“bombonera” che trabocca di
passione e calore; un ragazzo talentuoso dal sorriso contagioso,
nisseno verace, catalizza l’amore
dei tifosi, infiamma il pubblico:
è Marco Tomaselli. Una luce benigna avvolge la sua carriera, la
sua vita ma in un tragico schianto, il ventisette gennaio del 1987
a soli ventiquattro anni, Marco è
avvolto dal buio, lascia un vuoto
incolmabile ed un ricordo indelebile. Il dotato atleta nisseno, nato
il 26 novembre del 1962, era un
predestinato del pallone. Estro
puro ed incrollabile perseveranza, indossa la gloriosa casacca
biancoscudata nella stagione
1975-76: la trafila nelle squadre
giovanili è breve, l’inclinazione
di Marco è evidente e ben presto
viene notato. Negli allievi, condivide la gioia dell’esordio con
Mario Privitera (altro protagonista, con diverso ruolo, di una
fetta della storia biancoscudata)
con il quale instaurerà un
solido legame
di amicizia.
Nel 1978 la
guida della
prima squadra è affidata
a Natale Casisa
e Marco, a soli
sedici anni, è inserito fra i titolari. La sua ascesa è
costante e progressiva. Passano gli
uomini, i tecnici ma
lui assurge al ruolo
d’icona nonostante la
giovane età. Nel 1983
precipita nell’inferno
della Promozione, dopo
quattro campionati consecutivi
in serie D ma in estate arriva la
notizia del ripescaggio. Il torneo
successivo 1983-84 certifica la
storica promozione della Nissa
in serie C2. Marco è una colonna della squadra: locomotiva in
campo e pilastro dello spogliatoio. Elegante ma deciso, perseverante ma disponibile: è il nisseno
in campo dei nisseni sugli spalti.
Ha già collezionato settan-
tacinque
presenze in cinque
campionati di serie D; la sua prima stagione fra i professionisti è
consacrata da venticinque maglie
da titolare. Anni mitici incisi nella memoria e nel cuore degli oltre tremila appassionati che ogni
domenica affollano il Palmintelli. Squadre avversarie dal blasone prestigioso,
sfide epiche e memorabili.
In ogni pagina in bianco
e nero che celebra quelle
gare, il nome di Marco
Tomaselli è ricorrente.
Oltre alla contesa domenicale, il Palmintelli
ospita gli allenamenti
della prima squadra
sotto gli sguardi di
centinaia di tifosi. Dopo
ogni seduta quel ragazzo costantemente sorridente si sofferma
con i supporter, sempre pronto
al dialogo, alla battuta, alla conversazione, a rimarcare quanto
sia fiero di indossare la maglia
dell’undici della sua città. Ha i
crismi del predestinato, di colui
il quale è destinato a diventare la
“Bandiera”. Invece quel maledetto 27 gennaio 1987, la sua luce si
spegne sull’asfalto, in mezzo alle
lamiere contorte, Marco lascia
la sua maglia per sempre. Il dolore attraversa e trafigge la città:
al suo funerale partecipano oltre
quattromila persone. Coincidenza o fato avverso, in quell’anno la
Nissa chiude il campionato con
una mesta retrocessione. L’esempio fulgido di quanto Marco ha
dato alla squadra ed allo sport,
gli è valso l’intitolazione dello
stadio comunale, grazie all’opera incessante svolta dalla cugina,
Maria Catena Savoia. Marco Tomaselli è una persona affabile, un
nisseno autentico, appassionato e
positivo a cui vogliamo dedicare
una frase di Sant’Agostino: “Non
rattristiamoci di averla persa, ma
ringraziamo di averla avuta”.
Febbraio
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pagina di comunicazione istituzionale
15
Speciale
Area sviluppo industriale della provincia di Caltanissetta via Peralta, zona industriale - 93100 Caltanissetta | Tel. 0934 532311 | Fax 0934 25703
SHFLQIR#SHFDVLFDOWDQLVVHWWDLW_HPDLOLQIR#DVLFDOWDQLVVHWWDLWDFXUDGHOO¶XI¿FLRVWDPSD$6,$6DUGRXI¿FLRVWDPSD#DVLFDOWDQLVVHWWDLW
Un protocollo perchè “la legalità conviene”
L’editoriale dell’Asi
La forza
del gioco
di squadra
“Alfonso Cicero è il nuovo
presidente del Consorzio Asi
di Caltanissetta. E’ stato eletto
all’unanimità con 29 voti a scruWLQLRVHJUHWR´(UDLOƒGLDJRsto dell’anno scorso e all’Asi
di Caltanissetta veniva eletto il
nuovo presidente dopo un periodo di commissariamento resosi necessario per i buchi di bilancio lasciati dalla precedente
gestione. Un patrimonio, quello dell’elezione all’unanimità,
che è stato valorizzato in questi
mesi e che va salvaguardato
anche nel futuro. L’unanimità
nell’elezione, da parte di tutti i
componenti del Consiglio Generale, che rappresentano aree
di provenienza molto eterogenea, è concisa con l’unanimità
con cui ha operato il Comitato
Direttivo dell’Asi. Tutte le decisioni prese dal comitato, infatti,
sono state frutto di condivisione
e partecipazione tra il presidente ed i componenti e le relative
organizzazioni, imprese, associazioni di categoria, soggetti
promotori di cultura e sviluppo
nel territorio. L’unanimità nelle
decisioni, così come nell’elezione del presidente dell’Asi, è
Il 29 novembre 2011 l’Asi di Caltanissetta ha siglato il
protocollo di Legalità con il vicepresidente nazionale di
FRQ¿QGXVWULD$QWRQHOOR0RQWDQWHGHOHJDWRSHULUDSporti con le Istituzioni preposte al Controllo del TerriWRULRHOD0DJLVWUDWXUDDOODSUHVHQ]DGHO3UHIHWWRGL&DOtanissetta, Umberto Guidato. Collaborazione preventiva
tra imprese e forze dell’Ordine, monitoraggio continuo
GHOOD TXDOLWj H GHL ÀXVVL GL LQYHVWLPHQWR VWUXPHQWL GL
Nasce l’Irsap, addio consorzi
e posti di sottogoverno
L’Asi di Caltanissetta risanata dal presidente Alfonso Cicero,
consegna un buon lavoro all’Istituto Regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive.
L’unanimità è il frutto
di un percorso condiviso
all’insegna della legalità
e dello sviluppo
a pagina 16/II
a pagina 17/III
LEGGE N.8/2012. Al via la liquidazione dei consorzi
“
quindi un ulteriore tassello nel
percorso di legalità e sviluppo
avviato in provincia di Caltanissetta dalla nova classe imprenditoriale e sindacale. L’Asi,
infatti, si inserisce nel percorso
DYYLDWRGD&RQ¿QGXVWULDD&DOtanissetta con il codice etico che
impone l’obbligo di denuncia
e l’espulsione per chi paga il
pizzo. Una norma di “diritto viYHQWH´HQWUDWDQHLSURWRFROOLGL
legalità e sostenuta dall’azione
GL$QWRQHOOR0RQWDQWHGHOHJDto nazionale per i rapporti con
magistratura e forze dell’ordine.
L’Asi stessa ha siglato il protoFROORGLOHJDOLWjGL&RQ¿QGXVWULD
H0LQLVWHURGHOO¶,QWHUQR/¶$VL
è stata sostenuta, e a sua volta
sostiene, la battaglia di legalità
e trasparenza, contro le rendite
della burocrazia regionale, condotta dall’assessore regionale
0DUFR9HQWXULHSDUWHFLSDDWWLvamente al Tavolo di Sviluppo
del centro Sicilia, TSCS e al
Tavolo unico di regia per la legalità e lo Sviluppo, presieduto
da Salvatore Pasqualetto che il
ƒ DJRVWR JLRUQR GHOO¶HOH]LRQH
a presidente di Alfonso Cicero,
presiedeva i lavori.
WUDVSDUHQ]DQHJOLDSSDOWLHQHOODIRUQLWXUDGLVHUYL]LDO¿QH
GLFRQWUDVWDUHOHLQ¿OWUD]LRQLGHOODFULPLQDOLWjRUJDQL]]DWD
e delle imprese colluse. Sono questi alcuni dei punti essenziali e vincolanti del protocollo. Grazie a questo strumento, le imprese che vorranno operare in seno all’Asi,
dovranno sperimentare che la legalità conviene, oltre che
sul piano etico, anche su quello strettamente economico.
La riforma
Venturi è legge
/D³ULIRUPD9HQWXUL´/HJJH
n.8 del 2012 che abolisce
i Consorzi Asi e istituisce
l’Irsap, Istituto Regionale
Sviluppo Attività Produttive, è sicuramente una riforma epocale per il mondo
produttivo siciliano e non
solo. I risparmi che produrrà, almeno 4 milioni l’anno
nel budget delle casse della
Regione, e quindi per le ta-
“
Aboliti 800 posti
di sottogoverno
per un risparmio
di 4 milioni di euro
sulle tasche
dei cittadini
sche dei cittadini, e lo stop
alle clientele, con i posti di
sottogoverno, rappresentano
certamente un toccasana anche per la Pubblica Amministrazione nell’Isola. Con la
nascita dell’Irsap, vengono
aboliti i Consorzi Asi, carrozzoni clientelari che hanno prodotto un aggravio di
spese senza apportare nessun vantaggio competitivo
alle imprese e al mercato. In
un sol colpo vengono aboliti
i Consigli Generali e i Comitati Direttivi dei Consorzi
Asi che rappresentavano ben
800 posti di sottogoverno,
spesso utili ad accontentare
la bramosia delle clientele
politiche a discapito della
loro funzione iniziale di indirizzo strategico delle scelte di politica industriale.
Lotta
alla mafia.
Contro
il malaffare
atti concreti e
tante denunce
a pagina 17/III
L’Asi prepara
la rivoluzione
tecnologica
ed ecocompatibile con
i progetti del
fondo europeo
per 11 milioni
di euro
Il presidente dell’Asi, AlIRQVR &LFHUR OR GH¿QLVFH
“un buon lavoro che consegniamo all’IRSAP e che farà
GHFROODUHO¶DUHDLQGXVWULDOH´
Parliamo delle istanze di
¿QDQ]LDPHQWR SUHVHQWDWH
dall’Asi di Caltanissetta
all’Assessorato
regionale delle Attività Produttive
a valere sui fondi del P.O.
FESR 2007/2013, obiettivo
operativo 5.1.2. , ovvero il
Fondo Europeo di Sviluppo
Regionale. Tre progetti per
un ammontare complessivo
di quasi 11 milioni di euro,
HODERUDWLGDJOLXI¿FLGHOO¶$VL
ed esitati dal Comitato Direttivo che vengono consegnati
all’Irsap. Due istanze progetWXDOLULJXDUGDQRODULTXDOL¿cazione delle infrastrutture
e degli impianti della Zona
Industriale di contrada Calderaro (zone nord e sud) a
Caltanissetta e uno la riquaOL¿FD]LRQHIXQ]LRQDOHYHUVR
O¶DXWRVXI¿FLHQ]DHQHUJHWLFD
del Centro Direzionale Asi.
a pagina 18/IV
Dall’illuminazione ai progetti europei di ampio respiro
Una nuova stagione di servizi alle imprese
L’
Asi di Caltanissetta, unica in Sicilia
ha approvato il bilancio di previsione
2012 nei termini di legge, per il secondo
anno consecutivo. “L’approvazione di uno
strumento fondamentale di programmazione, quale il bilancio di previsione, è un atto
concreto di rispetto delle norme nel segno
GHOODOHJDOLWjDJDUDQ]LDGLXQDHI¿FDFHSLDQL¿FD]LRQHIDWWDDOODOXFHGHOVROH´VSLHJD
il presidente Alfonso Cicero. La parola
d’ordine è “servizi alle imprese delle Zone
,QGXVWULDOL´
a pagina 17/III
I
16
,,
Speciale ASI
www.ilfattonisseno.it
Febbraio
SDJLQDGLFRPXQLFD]LRQHLVWLWX]LRQDOH
Legge 8 alla fine nasce l’irsap
VHJXHGDSDJLQD,
6LSRQH¿QHTXLQGLDGHLSDUDGRVVL
GLYHQXWLRUPDLLQVRVWHQLELOL³/¶$VL
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Il presidente Cicero:
“l’ASI di Caltanissetta
consegna un buon lavoro
all’Irsap ed è pronta
alla sfida di una Sicilia
che verrà”
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/HJJHSUHYHGHLQROWUHODSUHVHQ]D
GL UDSSUHVHQWDQWL QRPLQDWL GDOO¶DVVRFLD]LRQHGHLFRPXQL$QFLQHOOD
&RQVXOWD GHOO¶,UVDS FRPSRVWD GD
HOHPHQWL /D ULIRUPD DSSHQD
HQWUDWD LQ YLJRUH q XQ HVHPSLR GL
JRYHUQDQFH PXOWLOLYHOOR GRYH L
GLYHUVL DWWRUL HFRQRPLFL LVWLWX]LR-
Tempi celeri
e risposte certe
per le imprese.
Autorizzazione unica
e silenzio assenso
con le zone industriali
a burocrazia zero
GDOO¶LPSUHVDqGDULWHQHUVLDXWRUL]]DWDFRQLOVLOHQ]LRDVVHQVR6DUHEEHVXI¿FLHQWHTXHVWDSDUWLFRODUHLQQRYD]LRQHSHUIDUHGHOODOHJJHQ
XQDULIRUPDHSRFDOHPDF¶qGHOO¶DOWUR 9HQJRQR LQIDWWL FDQFHOODWH OH
UHQGLWHGLSRVL]LRQHGHOODEXURFUD]LDFKHLQSDVVDWRKDQQRGHWHUPLQDQGR OD FHOHULWj R OD OHQWH]]D H
TXLQGLO¶HVLWRGHOOHLVWDQ]HSUHVHQWDWHGDOOHD]LHQGHFRQGL]LRQDQGRD
L’editoriale dell’ Asi
/¶XQDQLPLWj H TXLQGL OD FRQGLYLVLRQHQHOOHVFHOWHVWUDWHJLFKHH
QHOOHSROLFLHVqXQYDORUHDJJLXQWRQHOSHUFRUVRGLULQQRYDPHQWR
GHOO¶HFRQRPLDHGHOODVRFLHWjLQ
FRUVR G¶RSHUD JUD]LH DOOD FROODERUD]LRQHFRQOHDVVRFLD]LRQLGL
FDWHJRULD FRPH &RQIHVHUFHQWL
/HJDFRRS &RQIDUWLJLDQDWR LO
&RQ¿GLGL0DVVLPR5RPDQRHL
VLQGDFDWL1RQVLWUDWWDGLLPSRUUHXQSHQVLHURXQLFRDOTXDOHGHYRQRDGHJXDUVLVRJJHWWLSHUSURSULDQDWXUDPROWRGLYHUVLWUDORUR
0D G VWDELOLUH XQ GHQRPLQDWRUH
FRPXQH GD VRWWHQGHUH RJQXQR
DOOHSURSULHFRPSHWHQ]HHDOVXR
VHWWRUHGLD]LRQHFKHGHYHUHFLWDUHGXHVHPSOLFLSDUROH6YLOXSSR
H /HJDOLWj 1RQ YD GLPHQWLFDWR
O¶DSSRUWRGHO&RQVLJOLR*HQHUDOH
GHOO¶$VLROWUHDTXHOORJLjPHQ]LRQDWR GHO FRPLWDWR HVHFXWLYR
“
QDOL H VRFLDOL SDUWHFLSDQR DOOD GH¿QL]LRQH GL UHJROH H VWUDWHJLH LQ
PRGRLQWHJUDWRWUDOLYHOORUHJLRQDOH
H ORFDOH ³$OO¶LQL]LR QHVVXQR YROHYD TXHVWD ULIRUPD VSLHJD9HQWXUL
RJJLODOHJJHQqXQULVXOWDWRLPSRUWDQWH´ /¶DVVHVVRUH 9HQWXUL q FDWHJRULFR VXL WHPSL
GL DWWXD]LRQH FKH VDUDQQR
FHOHUL(QWURXQDRGXHVHWWLPDQH VDUDQQR QRPLQDWL
L FRPPLVVDUL OLTXLGDWRUL
GHL &RQVRU]L$VL FKH DYUDQQR JLRUQLGLWHPSRSHUGDUHFRUVRDOOD
OLTXLGD]LRQH $ PDU]RDSULOH VDUj
FRVWLWXLWD OD JRYHUQDQFH GHOO¶,UVDS
HGHQWURO¶HVWDWHO¶,VWLWXWRVDUjSLHQDPHQWHRSHUDWLYR,OGHOODOL-
VHJXHGDSDJLQD,
$G HVHPSLR QHOOD YLFHQGD GHO
IULJRPDFHOORLQFXLLO&RQVLJOLR
*HQHUDOH DOO¶XQDQLPLWj GHL SUHVHQWL KD YRWDWR XQ GRFXPHQWR
GL IRUWH VROLGDULHWj DO SUHVLGHQWH
$OIRQVR&LFHURFKHHVSRQHQGRVL
LQ SULPD SHUVRQD SHU LO ULVSHWWR
GHOOH UHJROH H FRQWUR TXHL VRJJHWWLFKHDYHYDQRIDWWRDIIDULDOOH
VSDOOH GHOOD FROOHWWLYLWj q VWDWR
LQJLXVWDPHQWHDGGLWDWRFRPHQHPLFRGHLODYRUDWRUL/¶XQDQLPLWj
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RJQXQR SHU LO SURSULR GRYHUH H
QHOOHVXHFRPSHWHQ]HDWWLYDSHU
FKLXGHUH OH SRUWH DO PDODIIDUH H
DOOD PD¿D FRPH O¶$VL LQ TXHVWL
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DQFKH QHO IXWXUR FROODERUDQGR QHO QXRYR TXDGUR GHOO¶,UVDS
O¶,VWLWXWR SHU OR VYLOXSSR GHOOH
$WWLYLWj3URGXWWLYH
,&RPSRQHQWLGHO&RQVLJOLR*HQHUDOH
$OIRQVR0DULD6DOYDWRUH&LFHUR
± 3UHVLGHQWH $VVHVVRUDWR$WWLYLWD¶3URGXWWLYH5HJLRQH6LFLOLD
&DUOR 0LFKHOH $UJHQWR 9LFH
3UHVLGHQWH &,6/ 6DOYDWRUH
$Q]DORQH &DPHUD GL &RPPHUFLR
*LXVHSSH %RVFR &1$ 0LFKHOH %XWHUD &RPXQH GL 6HUUDGLIDOFR $QWRQLR &DOu &RPXQH GL
6HUUDGLIDOFR )LOLSSR &DPPDUDWD
&RPXQH GL 6DQ &DWDOGR 0DULR
&XVLPDQR 8*/ /RUHGDQD
'HOO¶$LUD &RPXQH GL &DOWDQLVVHWWD 0DULD 'L )RUWL 3URYLQFLD
GL&DOWDQLVVHWWD6HUJLR)DULQHOOD
&DVDUWLJLDQL $QJHOR )RQWL &RPXQH GL &DOWDQLVVHWWD &DORJHUR
*HQFR 3URYLQFLD GL &DOWDQLVVHWWD 0LFKHODQJHOR *HUDFL $QFH
&DOWDQLVVHWWD$QWRQLQR *LDQQRQH&*,/6DOYDWULFH%HUQDUGD
*LDQQRQH3URYLQFLDGL&DOWDQLVVHWWD 0DUFR *UDQDWD &RQ¿QGXVWULD)UDQFR*XWWLOOD&RPXQHGL
6DQ&DWDOGR6DOYDWRUH,DQGROLQR
&RPXQH GL 6HUUDGLIDOFR 6DOYDWRUH /LPXWL &RQ¿QGXVWULD /LULR
2UODQGR &RPXQH GL 6DQ &DWDOGR6DOYDWRUH3DVTXDOHWWR8,/
0DVVLPR0LFKHOH5RPDQR&RQ¿GL&DOWDQLVVHWWD/XFLDQR6DUGR
&RPXQHGL&DOWDQLVVHWWD%HQLDPLQR 7DUFLVLR 6EHUQD &RQIDUWLJLDQDWR $SD 0DULDQQD 7HUPLQL
$VVHVVRUDWR $WWLYLWD¶ 3URGXWWLYH
5HJLRQH6LFLOLD
TXLGD]LRQHVHUYLUjDSDJDUHLGHELWL
FRQWUDWWLGDL&RQVRU]LFRQOHLPSUHVH ³GDQGR FRVu XQ DLXWR FRQFUHWR
DOOH SLFFROH H PLFUR LPSUHVH FKH
KDQQR LO GLULWWR GL HVVHUH SDJDWH´
DIIHUPD9HQWXUL
Speciale ASI
Febbraio
www.ilfattonisseno.it
17
SDJLQDGLFRPXQLFD]LRQHLVWLWX]LRQDOH
Lotta alla mafia e al malaffare.
Una forte azione di denuncia
Una stagione
di servizi alle imprese
VHJXHGDSDJLQD,
$OODOXFHGLWDOHLPSHUDWLYRFKHYDOHWWRO¶LQFUHPHQWRGHOOHYRFLGLVSHVDSHUODPDQXWHQ]LRQHGHJOLLPSLDQWLHGHOODUHWHVWUDGDOHSHUXQDPPRQWDUHGLFLUFDPLODHXURGRSRDQQLGLLQFXULD
FKH DYHYD SURGRWWR XQR VWDWR G¶DEEDQGRQR /D
PDQXWHQ]LRQHGHOVLVWHPDYLDULRDUULYDGRSRXQ
ODYRURFHUWRVLQRFKHKDSRUWDWRDOODULDWWLYD]LRQH
HDOSRWHQ]LDPHQWRGLWXWWDO¶LOOXPLQD]LRQHQHOOH
=RQH ,QGXVWULDOL GHOO¶$VL GL &DOWDQLVVHWWD 2JJL
WXWWHOHDUHHGD&DOGHUDURD6DQ&DWDOGR6FDOR
GD5LHVLD*URWWDGDFTXDVRQRLOOXPLQDWHLQPRGR
DGHJXDWR³,QXQPRPHQWRGLFULVL±VSLHJDLQIDWWLLOSUHVLGHQWH&LFHURDVVXPHIRQGDPHQWDOH
LPSRUWDQ]DODFDSDFLWjGLSURJUDPPD]LRQHSHUOH
ULFDGXWHSRVLWLYHVXLVHUYL]LDOOHLPSUHVHLQVHGLDWH
/¶DWWHQ]LRQHDOO¶LPPDJLQHHDOODFRPXQLFD]LRQH
GHOO¶$VLO¶DSHUWXUDGHOORVSRUWHOOR,UFDFODFXUD
GHJOLVSD]LHGHOOHLQIUDVWUXWWXUHUHQGRQROHQRVWUH
=RQH,QGXVWULDOLDSDUWLUHGDOO¶DUHDGL*URWWDGDFTXDDWWUDHQWLSHULQYHVWLPHQWLDQFKHGDSDUWHGL
QXRYHD]LHQGH/HLPSUHVHVRQRLOSXQWRGLSDUWHQ]DHDQFKHGLDSSURGRGHOODQRVWUDD]LRQHLQXQ
ELQRPLRVYLOXSSRHOHJDOLWjFKHQRQqVROWDQWR
XQRVORJDQPDLOIUXWWRGLSROLWLFKHFKHWDJOLDQR
JOLVSUHFKLLQIDYRUHGHLVHUYL]LHSURJUDPPDQR
LQDQWLFLSRSHUJDUDQWLUHVHUHQLWjDLODYRUDWRUL´
7UDLVHUYL]LDYYLDWLF¶qLOQXRYRDXGLWRULXPGHO
FRQVRU]LR UHVR IUXLELOH H ULFRQVHJQDWR DOO¶$VL H
DOODFLWWjO¶LOOXPLQD]LRQHWRWDOHHODPDQXWHQ]LRQH
GHOOHVWUDGHFRQVRUWLOLLODYRULGLDPPRGHUQDPHQWRGHO&HQWURGLUH]LRQDOH¿QDOPHQWHDFFHVVLELOH
HRSHUDWLYRVXOSLDQRORJLVWLFRORVSRUWHOOR,UFDF
SHUOHLPSUHVHORVSRUWHOOR3RVWH,WDOLDQHODQXRYD JHVWLRQH VHUYL]LR LGULFR H GL GHSXUD]LRQH OD
FXUDHPDQXWHQ]LRQHGHOYHUGHSXEEOLFRODQXRYDFDUWHOORQLVWLFDVWUDGDOHLOQXRYRVLWRLQWHUQHW
LOSDUFRDXWRPH]]LULQQRYDWRVWUXPHQWLHDWWUH]]DWXUH LQIRUPDWLFKH H SHU OH ,&7 7UD L SURJHWWL
LQ FDQWLHUH FL VRQR OH RSHUH GL XUEDQL]]D]LRQH
GHOO¶DUHD GL *URWWDGDFTXD OR VSRUWHOOR ,QYLWDOLD
LOSURJHWWR³OXRJKLGHOODPHPRULD´FRQODQXRYD
WRSRQRPDVWLFDGHGLFDWDDOOHYLWWLPHGHOODPD¿DH
DJOLLPSUHQGLWRULLOEDQGRGLJDUDSHUODQXRYDJHVWLRQHGHOIULJRPDFHOORHLSURJHWWLHXURSHLSHU
PLOLRQLGLHXUR³6LWUDWWD±FRQFOXGHLOSUHVLGHQWH
GHOO¶$VL$OIRQVR&LFHURGLLQWHUYHQWLUHDOL]]DWLH
LQFRUVRG¶RSHUDJUD]LHDOVRVWHJQRGHWHUPLQDQWH
GHOO¶DVVHVVRUH UHJLRQDOH DOOH$WWLYLWj 3URGXWWLYH
0DUFR9HQWXULHDOODYRURGLVTXDGUDFRQLO7DYROR
GL5HJLDSHUODOHJDOLWjHORVYLOXSSRSUHVLHGXWRGD
6DOYDWRUH3DVTXDOHWWRLO76&6WDYRORGLVYLOXSSRGHOFHQWUR6LFLOLDOHDVVRFLD]LRQLGLFDWHJRULD
HLVLQGDFDWLROWUHFKHFRQLGLSHQGHQWLLO'LUHWWRUH*HQHUDOHHJOLRUJDQLFRQVRUWLOL&RQVLJOLR*HQHUDOHH'LUHWWLYR(XQDQRWDGLPHULWRDSDUWHYD
DO'LUHWWRUH*HQHUDOH*LXVHSSH6XWHUD6DUGR´
1RQ DSSHQD LQVHGLDWRVL GDSSULPD LQ TXDOLWj GL &RPPLVVDULR 6WUDRUGLQDULR O¶DWWXDOH
3UHVLGHQWH GHOO¶$VL $OIRQVR
&LFHUR KD VFRSHUFKLDWR H GHQXQFLDWRDOO¶DXWRULWjJLXGL]LDULD
XQDVHULHGLDWWLDPPLQLVWUDWLYL
PHULWHYROLGLDSSURIRQGLPHQWR
JLXGL]LDULR ULFRQGXFLELOL DOOD
JHVWLRQH ³RSDFD´ GHOOH SUHFHGHQWLJHVWLRQLSHUGHFHQQLVRWWRODJXLGDGL8PEHUWR&RUWHVH
8QDJHVWLRQHTXHOODGL&RUWHVH
QHOODTXDOHO¶LPSUHQGLWRUH3LHWUR'L9LQFHQ]RFRQGDQQDWRD
DQQL SHU HVWRUVLRQH DL VXRL
GLSHQGHQWL H LO FXL SDWULPRQLR
GL PLOLRQL GL HXUR q VRWWR
VHTXHVWURSUHYHQWLYRSHULQGDJLQL DQWLPD¿D KD EHQH¿FLDWR
GLDSSDOWLDVVHJQDWLQHOOHDUHH
LQGXVWULDOHGHO&RQVRU]LRTXDVL HVFOXVLYDPHQWH D WUDWWDWLYD
R OLFLWD]LRQH SULYDWD QHOO¶DUFR
GLXQGHFHQQLR±
SHU XQ LPSRUWR FRPSOHVVLYR
GL EHQ 6(',&, 0,/,21, GL
HXUR4XHVWRLOFRQWHVWRLQFXL
KDLQL]LDWRDGRSHUDUHLO3UHVLGHQWH $OIRQVR &LFHUR VLQ GDO
SULPRLQFDULFRGL&RPPLVVDULR
GHOO¶$VL'LVHJXLWRDOFXQHWUD
OHSLVLJQL¿FDWLYHGHQXQFH
,O IULJRPDFHOOR ³UHJDODWR´ DOOD
SRWHQWH H FKLDFFKLHUDWD IDPLJOLD*LDFRQLD
,OIULJRPDFHOORGHOFRVWRGL
PLOLDUGLGLOLUHqVWDWRFRVWUXLWR GDOO¶LPSUHQGLWRUH 'L 9LQFHQ]R FRQGDQQDWR D DQQL
GL UHFOXVLRQH SHU HVWRUVLRQH DL
GLSHQGHQWL/DFRRS³/H9HUGL
0DGRQLH´ q DPPLQLVWUDWD GDO
VLJ &DUPHOR $PDWR FRJQDWR
GHL IUDWHOOL *LDFRQLD FRQGDQQDWLSHU³DVVRFLD]LRQHDGHOLQTXHUH ¿QDOL]]DWD DOOD WUXIID HG
DOO¶HYDVLRQH ¿VFDOH FRQ GLUDPD]LRQLDQFKHDOO¶HVWHUR´³LQGLFLRJJHWWLYLGLXQDRUJDQL]]D]LRQH FULPLQRVD´ GHVWLQDWDUL
GLXQVHTXHVWURDQWLPD¿DGHOOD
''$ GL 3DOHUPR GL XQ VXSHUPHUFDWRDORURLQWHVWDWRPDGL
SURSULHWjRFFXOWDGHOSHULFRORVRERVVPD¿RVR6DQGUR&DSL]]L$PDWRDPPLQLVWUDWRUHGHOODFRRSHUDWLYDHLWLWRODULGHOOD
750 6UO FKH RSHUDYD GHQWUR
LO ¿UJRPDFHOOR VRQR VWDWL ULQ-
$OIRQVR&LFHUR3UHVLGHQWHGHOO¶$6,
YLDWL D JLXGL]LR SHU JUDYL UHDWL
LJLHQLFR VDQLWDUL DWWLQHQWL DOOD
PDFHOOD]LRQH FRPH SUHVHQ]D
GLHVFUHPHQWLQHOOHFHOOHIULJRULIHUHHFDUQHLQDYDQ]DWRVWDWR
GL SXWUHID]LRQH $O SURFHVVR
O¶$VL VL q FRVWLWXLWD SDUWH FLYLOH/DFRRSTXLQGLSDJDYDXQ
FDQRQHLUULVRULRGLPLODHXUR
DQQXL H LO SUHVLGHQWH GHOO¶$VL
$OIRQVR&LFHURKDDJLWRFRPH
QRUPDOPHQWH XQ DPPLQLVWUDWRUH FRUUHWWR GRYUHEEH IDUH H
FKH PDL SHUz HUD VWDWR IDWWR
SULPD 8QD VWLPD GHOO¶$JHQ]LDGHO7HUULWRULRSHUYDOXWDUHLO
FDQRQHFRQJUXRGHOODVWUXWWXUD
TXDQWL¿FDWR LQ PLOD HXUR
O¶DQQR 'RSR O¶DEEDQGRQR
XQLODWHUDOH GHO VHUYL]LR SXEEOLFRGLPDFHOOD]LRQHGDSDUWH
GH ³/H 9HUGL 0DGRQLH´ O¶$VL
GL &DOWDQLVVHWWD KD EUXFLDWR OH
WDSSH DSSURYDQGR LO EDQGR GL
JDUD DG HYLGHQ]D SXEEOLFD HXURSHDSHUODQXRYDJHVWLRQHGHO
IULJRPDFHOOR &RPH ULWRUVLRQH
DOOHGHQXQFHIDWWHLOSUHVLGHQWH
GHOO¶$VL$OIRQVR&LFHURqIDWWR
RJJHWWRGLXQDSUHFLVDVWUDWHJLD
GL DJJUHVVLRQH ,QROWUH LO SUHVLGHQWH &LFHUR KD GHQXQFLDWR OH SUHFHGHQWL JHVWLRQL DOOD
3URFXUD5HJLRQDOHGHOOD&RUWH
GHL&RQWLSHULSRWHVLGLGDQQR
HUDULDOHGLFLUFD0OQGLHXUR
SDULDOODGLIIHUHQ]DWUDLOFDQRQH
³DJHYRODWR´FRQFHVVRHTXHOOR
FRQJUXR VWDELOLWR GDOO¶$JHQ]LD
GHO7HUULWRULR
(VSRVWRHUHYRFDGHOORWWRDOOD
GLWWD³5LFRWWD0DULD3LD´SUHVWDQRPHGHOQRWRSUHJLXGLFDWR
GLPD¿D6DOYDWRUH5L]]D
/D *HVWLRQH &RPPLVVDULDOH YHQXWD D FRQRVFHQ]D FKH
LO SUHVLGHQWH SUR ± WHPSRUH
&RUWHVH DYHYD FRQFHVVR FRQ
SURSULRDWWRGLVFUH]LRQDOHHGD
WLWRORJUDWXLWRXQWHUUHQRFRQVRUWLOHDGXQDVRFLHWjFRLQYROWDLQLQGDJLQLVXOODFULPLQDOLWj
PD¿RVD RSHUD]LRQH ³GRSSLR
FROSR´H5HGGH5DWLRQHPKD
SURYYHGXWRLPPHGLDWDPHQWHD
UHYRFDUHODFRQFHVVLRQHGHOWHUUHQRDOODVRFLHWj³5LFRWWD0DULD 3LD´ ULFRQGXFLELOH DO QRWR
SUHJLXGLFDWRGLPD¿D6DOYDWRUH
5L]]D
%LODQFL IDOVL 'HQXQFLD QHL
FRQIURQWLGHJOLH[YHUWLFL
'HQXQFLDDOO¶DXWRULWjJLXGL]LDULDQHLFRQIURQWLGHJOLH[YHUWLFLGHOO¶$VLFRQXQHVSRVWRDOOD
3URFXUD5HJLRQDOHGHOOD&RUWH
GHL&RQWLGHOPDU]RSHU
IDOVLWj GHL ELODQFL FRQVRUWLOL H
GHOFRQWRFRQVXQWLYRFRQ
XQ GLVDYDQ]R GL PLOLRQH H
PH]]R GL HXUR FDPXIIDWR FRQ
HQWUDWH ¿WWL]LH ,QROWUH JOL H[
YHUWLFLDYHYDQRWUDWWHQXWRQHOOH
EXVWHSDJDGHLGLSHQGHQWLTXRWH PHQVLOL GHVWLQDWH DO IRQGR
SHUOHEXRQHXVFLWHVHQ]DFKH
WDOHIRQGRYHQQHPDLLVWLWXLWR
(VSRVWRSHUPDJJLRULLQGHQQLWjQRQVSHWWDQWLDJOLH[DPPLQLVWUDWRUL
7UD L SULPL SURYYHGLPHQWL
DGRWWDWL LQROWUH YDQQR VHJQDODWL JOL DWWL GL UHFXSHUR GHOOH
LQGHQQLWjQRQVSHWWDQWLDJOLH[
DPPLQLVWUDWRULWUDLTXDOL&RUWHVHVHFRQGRO¶LQGLUL]]RIRUQLWR GDOO¶$VVHVVRUDWR 5HJLRQDOH
DOOH $WWLYLWj 3URGXWWLYH JLj
QHOO¶$SULOHHFRQIHUPDWR
FRQ OD GLUHWWLYD DVVHVVRULDOH Q
EGHOHSURQWDPHQWH WUDVPHVVL DOOD 3URFXUD
GHOOD 5HSXEEOLFD GL &DOWDQLVVHWWDHGDOOD3URFXUD5HJLRQDOH
GHOOD&RUWHGHL&RQWL
(VSRVWR DOO¶DXWRULWj JLXGL]LDULDHUHYRFDGHOORWWRDOOD6DFFL
6SDSHUXQPHJDFHPHQWL¿FLR
QHOOD=,GL*URWWDGDFTXD
(¶ VWDWD VHJQDODWD DOO¶DXWRULWj
JLXGL]LDULDO¶LVWDQ]DGHOODGLWWD
6DFFL6SDFRQVHGHD5RPDGL
XQHQRUPHORWWRGLWHUUHQRFKH
RFFXSDYDEXRQDSDUWHGHOO¶DJJORPHUDWR GL *URWWDGDFTXD
DVVHJQDWR
LOOHJLWWLPDPHQWH
H UHYRFDWR FRQ GHOLEHUD GHO
&RPPLVVDULR $OIRQVR &LFHUR
SHUO¶LPSUREDELOHUHDOL]]D]LRQH
GLXQFHPHQWL¿FLRFKHKDDYXWR
O¶XQLFR HIIHWWR GL EORFFDUH SHU
DQQLORVYLOXSSRLQGXVWULDOHGHO
QRVWURWHUULWRULR
(VSRVWRDOODVRFLHWj$GPLUDO
/¶$GPLUDO LQVHGLDWD DOO¶$6,
GRYHYD SURGXUUH FDUDPHOOH
/¶LPSLDQWRQRQqPDLHQWUDWRLQ
IXQ]LRQHHGqVWDWRVHTXHVWUDWR
SHUWUXIIDDOOR6WDWR/¶$VLVLq
FRVWLWXLWDLQJLXGL]LR
L’Asi sigla il Protocollo di Legalità
di Confindustria. “La legalità conviene.
Porte chiuse al malaffare”.
VHJXHGDSDJLQD,
³/DVLJODGHOO¶DFFRUGR±VSLHJDLOSUHVLGHQWH
$OIRQVR&LFHURVDQFLVFHVYLOXSSRHOHJDOLWj DOO¶$VL VRQR XQ ELQRPLR LQVFLQGLELOH
VHQ]DVHHVHQ]DPD$EELDPRDGHULWRDOSURWRFROORQD]LRQDOHFKH&RQ¿QGXVWULDKDGLIIXVRFRPHPHVVDJJLRLPSRUWDQWHHVHJQDOH
GLURPSHQWHQHLFRQIURQWLGLFKLYROHYDIDUH
DIIDULQHOO¶LOOHJDOLWjFUHDQGRXQYHURPRGHOOR QD]LRQDOH´ ,O 3URWRFROOR q VWDWR VLJODWR
XI¿FLDOPHQWHLQ3UHIHWWXUDDOODSUHVHQ]DGHO
3UHIHWWR*XLGDWRGHOYLFH3UHIHWWRYLFDULR
*LXVHSSLQD'L5DLPRQGRLOFRORQQHOORGHL
FDUDELQLHUL 5REHUWR =XOLDQL LO FRPDQGDQWH
GHOOD *XDUGLD GL )LQDQ]D 3LHUOXLJL 6R]]R
LO 4XHVWRUH )LOLSSR 1LFDVWUR LO SUHVLGHQWH
GL &RQ¿QGXVWULD &DOWDQLVVHWWD $QWRQHOOR
0RQWDQWHYLFHSUHVLGHQWHQD]LRQDOHFRQGHOHJDDOODOHJDOLWjO¶DVVHVVRUHUHJLRQDOH0DUFR9HQWXULHLOSUHVLGHQWHGHOO¶$VL$OIRQVR
&LFHUR ³)LQ GD TXDQGR HUR FRPPLVVDULR
KR ODYRUDWR SHU FUHDUH OH FRQGL]LRQL SHUFKqO¶$VLFKLXGHVVHOHSRUWHDJOLDIIDULVWLH
LOSURWRFROORqXQRVWUXPHQWRVWUDRUGLQDULR
FKH $QWRQHOOR 0RQWDQWH 0DUFR 9HQWXUL H
,YDQ/R%HOORKDQQRPHVVRDGLVSRVL]LRQH
GHOO¶,WDOLD H GHOOD 6LFLOLD´ /¶$VL q XQ HQWH
FKH KD FKLXVR HUPHWLFDPHQWH OH SRUWH DOOH
LQ¿OWUD]LRQLPD¿RVHHDJOL³DIIDUL´1RQVL
WUDWWD TXLQGL VROR GL XQ SHUFRUVR GL QDWXUDFXOWXUDOHFKHULPDQHFRPXQTXHLOSLOD-
VWURGHOODOHJDOLWjPDGLUHJROHVFULWWHFKH
SRUWHUDQQR EHQH¿FL DOOH LPSUHVH FKH GHFLGRQRGLDGHULUHWRJOLHQGRDSSDOWLHIRUQLWXUH
DOOHLPSUHVHFROOXVHRFKHQRQFROODERUDQR
FRQOH)RU]HGHOO¶2UGLQHHOD0DJLVWUDWXUD´
,O SURWRFROOR GL OHJDOLWjIRUPXODWR GD &RQ¿QGXVWULD H DGRWWDWR GDO 0LQLVWHUR GHOO¶,QWHUQRUDSSUHVHQWDTXHOO¶HVHPSLRGL³GLULWWR
YLYHQWH´ GL FXL KDQQR SDUODWR DXWRUHYROL
JLXULVWLFRPHLO3URFXUDWRUH*HQHUDOHGHOOD
&RUWH G¶$SSHOOR GL &DOWDQLVVHWWD 5REHUWR
6FDUSLQDWR³8QDVRUWDGLGLULWWRVRFLDOHDQWLPD¿DGDOEDVVRFKHDQWLFLSDHVXJJHULVFH
ODVWUDGDGDVHJXLUHDO'LULWWRSURGRWWRGDOOH
/HJJLGHOOR6WDWR´
,,,
18
IV
www.ilfattonisseno.it
Speciale ASI
Febbraio
pagina di comunicazione istituzionale
Banda larga per le imprese
e fotovoltaico. I progetti
PO/FESR per 11 milioni
segue da pagina 15/I
Obiettivi ambiziosi per l’assetto urbanistico della Zona
Industriale e per i servizi
innovativi fortemente voluti dal presidente dell’Asi,
Alfonso Cicero. “Si tratta
– spiega Cicero - di un ulteriore contributo alla transizione verso l’IRSAP. I
primi due progetti, del complessivo ammontare di 8
milioni di euro, prevedono
un sistema integrato di interventi per il recupero e la
ri-funzionalizzazione delle
strade e dell’impiantistica,
proporzionandoli al più ampio assetto dell’agglomerato
installato un impianto fotovoltaico di ultima generazione con pannelli integrati
QHOO¶DUFKLWHWWXUD GHOO¶HGL¿cio, per la produzione di
energia da fonti rinnovabili
e saranno sperimentate le
più moderne soluzioni per
il risparmio energetico. I
progetti presentati andranno a migliorare e rendere
più rispondente alle esigenze delle imprese, la sede
dell’Asi che già in questi
PHVL q VWDWD ULTXDOL¿FDWD H
ristrutturata con lavori tempestivi su tutta la struttura.
“Dopo aver riaperto e reso
funzionale
l’auditorium,
Il presidente Alfonso Cicero insieme a tutti i dipendenti dell’ASI
“La Voce degli imprenditori”,
l’indagine conoscitiva presso le imprese
Un segnale di vicinanza e amicizia
per raccogliere segnalazioni, lamentele e per conoscere lo stato dell’arte. La visita
alle aziende della Z.I.
di Calderaro e l’indagine conoscitiva proposta
dal presidente Alfonso
Cicero rientrano quindi nel
più ampio programma di
dialogo per dar voce alle imprese. Un’iniziativa partita da
Caltanissetta che ha ricevuto il
plauso dell’assessore regionale
per le Attività Produttive, Marco
Venturi, che l’ha poi estesa a tutte
le Asi della Sicilia. “La Voce degli
,PSUHQGLWRUL´qVWDWDSUHVHQWDWDXI¿cialmente il 28 marzo 2011. Si tratta
di uno screening per monitorare le realtà produttive che operano all’Asi di
Caltanissetta e conoscere il giudizio e
le proposte degli imprenditori sui servizi offerti dal Consorzio. Quasi tutte
Gas Metano
a San Cataldo Scalo
Riformulati i criteri economici, a
breve l’assegnazione del servizio
E’ in dirittura d’arrivo il bando di gara per la concessione
del servizio di distribuzione
del gas metano per la Zona
Industriale di San Cataldo
Scalo. Le imprese insediate
nella Zona Industriale di San
Cataldo, da circa 20 anni sono
prive di tale servizio, nonostante sia presente una rete di
distribuzione che non è mai
entrata in funzione. I criteri
del bando sono stati resi ancor
più appetibili per il soggetto
gestore che si aggiudicherà la
gara. Il servizio di distribuzione del gas sarà regolamentato
da un apposito contratto, stipulato sul modello dell’Autorità per l’energia elettrica e il
gas, per 12 anni al soggetto
aggiudicatario. Il gestore corrisponderà al Consorzio un
canone annuo simbolico e la
società aggiudicataria si farà
carico anche di piccole opere
di completamento della rete di
distribuzione esistente.
le aziende di Calderaro (84%) sono
state intervistate e la maggioranza
(66%) di quelle di San Cataldo Scalo.
E’ emerso che il 54% delle aziende
è formato da società di capitali, il 24
% da imprese individuali e il 22% da
società di persone. Un tessuto imprenditoriale fatto soprattutto di piccole imprese. Soltanto il 19% supera
i 2 milioni di fatturato mentre il 48%
ha un fatturato tra i 50 e i 500 mila
euro. “La Voce degli imprenditori”
ha fatto emergere l’opinione largamente positiva per il ripristino dei
servizi essenziali di distribuzione
idrica e illuminazione delle Zone
Industriali. Tra le istanze quella
di incentivi per la formazione
per aggiornare le professionalità del personale, l’accompagnamento a percorsi di internazionalizzazione di impresa e
il potenziamento delle infrastrutture.
Servizio idrico. Celerità
con il nuovo regolamento.
Servizio idrico nelle Zone
Industriali dell’Asi. ApporWDWH PRGL¿FKH VRVWDQ]LDOL
al regolamento del servizio:
pratiche più veloci e adempimenti snelli. Garanzia di celerità per nuove utenze e stop
all’obbligo del consumo minimo. Sono stati aggiornati
i criteri per l’erogazione del
servizio idrico nelle Zone Industriali dell’Asi di Caltanissetta. Il nuovo regolamento
del servizio idrico è più snello e rispondente alle esigenze
delle imprese, depurandolo
di tutti i cavilli burocratico
amministrativi. Il servizio
di distribuzione idrica viene
garantito dall’Asi. Eliminato
l’obbligo dei quantitativi minimi di consumo, soppresso
il balzello del pagamento
anticipato. Possibilità di ottenere più utenze nello stesso immobile. Eliminati tutti
gli adempimenti burocratici
per le imprese che dovevano
attestare una serie di qualità
e di diritti del richiedente
sull’immobile, che risultaYDQRVXSHUÀXLSHULOVHUYL]LR
in questione. L’Asi di Caltanissetta consentirà anche alle
nuove imprese di ottenere in
poco tempo la fornitura idrica senza balzelli o adempimenti burocratici non più al
passo con i tempi.
Giuseppe Sutera Sardo Direttore Generale ASI
industriale, che oggi ha una
VXSHU¿FLHYROWHVXSHULRUH
a quella risalente agli anni
’60. E’ prevista la realizzazione della banda larga con
¿EUDRWWLFDFKHULVROYH¿QDOmente il grave problema del
collegamento web. “Ci lasciamo alle spalle i problemi del passato – prosegue
il presidente Asi - quando
HUD GLI¿FLOH RWWHQHUH DQFKH
una linea Adsl. Nell’immediato futuro, le imprese
insediate potranno usufruire di connessioni ad alta
velocità e ad alta capacità
per la trasmissione di dati
e comunicazioni, elemento
imprescindibile per la competitività nei mercati del
terzo millennio, che rende
attraente la Zona Industriale per nuovi investimenti”.
Il terzo progetto riguarda
il Centro Direzionale, sede
GHJOL XI¿FL GHO &RQVRU]LR
risalente agli anni ’90, ed
q ¿QDOL]]DWR GLVWULEXLUH JOL
spazi in funzione dei nuovi
servizi offerti. L’Asi, dovrà
sempre di più dialogare con
le imprese ed accogliere le
istanze di quelle insediate e
di quelle che intendono investire. Si procederà quindi
DOOD ULTXDOL¿FD]LRQH HQHUgetica di tutto il complesso
ai sensi della legge 192 del
2005, nella direzione della
FRVLGGHWWD DXWRVXI¿FLHQ]D
HQHUJHWLFDGHJOLHGL¿FL6DUj
la nuova sala assemblee e
rinnovato la sede – spiega
il presidente Asi, Alfonso
Cicero - ci accingiamo a
una rivoluzione tecnologica
ed ecocompatibile per l’Asi
di Caltanissetta, oltreché
alla ristrutturazione del sistema viario. Si tratta di un
percorso già avviato con la
manutenzione delle strade e
delle infrastrutture di servizio, su cui siamo intervenuti
con il bilancio ordinario per
200 mila euro nel solo 2011
e che adesso ci candidiamo
a rivoluzionare in modo
organico e integrato con i
fondi europei del FESR”.
E’ prevista anche la nuova
toponomastica per l’area
Asi di Caltanissetta, che
diventerà operativa quando
il Comune delibererà in tal
senso. Le strade sono intitolate a imprenditori della
storia nissena e siciliana e
soprattutto alle vittime delOD PD¿D 8QR GHL SURJHWWL
come detto, prevede la mesVDLQRSHUDGHOOD¿EUDRWWLFD
per tutta l’area industriale.
³&RQ¿GLDPR QHOOD JUDQGH
capacità di programmazione dell’assessore regionale
alle attività produttive Marco Venturi, che con l’IRSAP
potrà far decollare la zona
Industriale di Caltanissetta
anche grazie a questo parco
progetti che oggi presentiamo”.
Febbraio
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19
20
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Febbraio
ECONOMIA. Calogero Branciforti racconta le origini di una società leader
OM Group,
miracolo imprenditoriale
con le radici nel Nisseno
La storia
di un’impresa
in attivo,
che vanta uffici
anche a Napoli,
Milano e Prato.
di Marco Benanti
I
n un periodo in cui la crisi economica occupa gran parte delle
pagine dei quotidiani oltre che
il pensiero di sempre più italiani, fa
specie sapere che ci sono aziende
che proprio di questi tempi sono in
palese controtendenza al catastrofico andazzo del default e della conseguente emorragia occupazionale. Una di queste aziende che
non soffre la crisi ma che anzi sta
allargando il proprio raggio
d’azione in tutto lo stivale, impiegando circa 400 persone in tutta
Italia è nissena. Forse non tutti sanno infatti che il primo partner nazionale della telefonia mobile H3G
è OM Group, società avviata proprio da due nisseni doc, Calogero
Branciforti e Geri Cacciato. L’azienda che vanta oggi uffici anche a Napoli, Milano, e Prato è anche leader
nella distribuzione dell’American
Express. Tra i vari primati di questa
azienda con dna completamente
nisseno c’è anche quello di aver partecipato alla organizzazione del
Mondiali di Nuoto svoltisi a Roma
nel 2009, in cui tutto il personale
era stato formato proprio dalla OM
Group. Uno di quei primati che gli
stessi nisseni proprio non si aspettano, e che in pochissimi sanno.
Alla base dei grandi numeri c’è
sempre l’idea del singolo, e l’ambizione dello stesso a voler rischiare
del denaro tuffandosi spesso nell’avventura senza sbocco immediato
del business. Abbiamo incontrato
Calogero Branciforti, fondatore
della OM Group, al quale abbiamo
chiesto ovviamente in prima istanza:
Come è possibile tutto questo, da
dove siete partiti? “Ovviamente
non immaginavo che un giorno saremmo arrivati a tanto. Ho iniziato
con un piccolo ristorante in via Lazio, il “Kalos”, che ci dava
tante soddisfazioni,
ma ad un
certo
tutt’ora vivo. Da lì io ed il mio amico
e socio Geri, iniziammo ad allargare i nostri orizzonti”.
Qual è il suo rapporto con
Caltanissetta? “Paradossalmente la nostra città, non
ci ha dato nulla in termini di business, ma il le-
15% sono nisseni,
sono gli amici di sempre, le persone valide
e capaci di lavorare
fianco a fianco ai top
manager che gestiscono i nostri interessi. Tra i nostri colla-
punto
capii
che non mi
divertivo più, che le feste
non esistevano e che lavoravo solo
per far felici i clienti e non me stesso. Decisi di vendere e leggendo un
annuncio presi a distribuire American Express, in pochi mesi fui il 3°
“
La città non
ci ha dato nulla
nel business
ma il legame
resta forte
Agente in Italia per mole di vendite.
Quando feci convertire le carte di
credito dei deputati regionali da Diners in American Express mi guadagnai l’attenzione degli alti vertici
della multinazionale che mi proposero di spostarmi a Prato dove mi
trasferii con mia moglie e dove
game resta sempre forte, mi piace
informarmi quando sono fuori, sapere cosa avviene. Di certo è una
città che offre poco, ma che ospita
grandi individualità, su 400 dipendenti che operano in tutta Italia, il
boratori ricordo con piacere Peppe
Donzella la cui perdita ci ha segnato molto”.
Crede in un risveglio della nostra
economia? “Occorrerà del tempo.
Di certo secondo me molti nisseni
A sinistra Calogero Branciforti.
Sopra Geri Cacciato
vivono al di sopra delle proprie possibilità, ed al numero di grosse berline in circolazione corrisponde
anche il dato che siamo tra i primi
in Italia per ritiri per insolvenze, ma
spero che la situazione possa migliorare”.
Segue la politica locale? “Non ho
mai conosciuto personalmente il
Sindaco Campisi o l’ormai ex presidente della provincia Federico, ho
visto però che in consiglio comunale siedono parecchi giovani, e spero
che questi siano lì non per logiche
politiche dettate dai più grandi, ma
per vera passione”.
La Nissa rappresenta per voi una
grande passione: “Si, qualche tempo fa avevamo pure tentato di avvicinare la società, ma non vi sono
state le condizioni, OM Group
sponsorizza i giovanissimi proprio
come segno di aiuto al territorio,
certo non escludiamo che in un futuro si possa pensare ad appoggiare
la società Nissa FC”.
Pensa che suo figlio possa vivere a
Caltanissetta da grande? “Al momento il mio Lorenzo ha 6 anni ed
è nato a Prato, è ancora troppo piccolo, è più probabile che torni io a
Caltanissetta prima o poi. Al momento ho la piccola soddisfazione
che pur essendo nato in toscana
non mi chiama “babbo”, ma “papà”.
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Febbraio
21
IL TESTIMONE. Romualdo Acquaviva racconta l’esperienza sulla Concordia
“Schettino sarebbe potuto
diventare un eroe,
invece è stato un codardo”
di Leda Ingrassia
Il parrucchiere
nisseno
si trovava
sulla nave
della Costa
al momento
del naufragio
La vicenda della Costa Concordia ha toccato anche Caltanissetta.
Romualdo Acquaviva, noto parrucchiere nisseno, è infatti uno dei
superstiti del naufragio di quel venerdì nero. Anche lui era tra i 4200
ospiti della grande e splendida città
galleggiante che il 13 gennaio, intorno alle 21.30, ha urtato contro uno
scoglio davanti l’Isola del Giglio.
Era la sua prima crociera: un viaggio di lavoro in compagnia di altri
colleghi provenienti da tutta Italia.
Erano stati selezionati nell’ambito
del concorso “Professione Look
Maker” e sulla Concordia dovevano partecipare ad una sorta di
reality. Una bella esperienza che presto, però,
si è trasformata in un incubo. Al
ricordo di quei momenti, gli occhi
di Romualdo tornano a diventare
rossi. Come dei flash si presentano
puntuali nella sua mente le scene
del blackout, del forte boato e della
nave che si inclina su di un fianco. I
pianti, le grida, la confusione mista
al panico e poi la folle corsa verso i
ponti esterni in attesa di capire cosa
stesse succedendo. Unico obiettivo:
mettersi in salvo. Scene già viste in
passato ma su di una pellicola in
bianco e nero. Scene che un secolo
fa raccontavano il dramma del Titanic: assurde però nel 2012.
Qual è stato il suo primo pensiero in quei drammatici momenti?
“Ovviamente mia moglie e i miei
figli che erano a casa: ho cercato
di avvisarli e tranquillizzarli subito
con il primo cellulare che ho avuto
a disposizione, dato che il mio era
sotto carica in cabina”.
Come pensa che questo incidente
segnerà la sua vita?
Chi come me ha vissuto quella
nottata ha capito cosa significa volersi bene, sostenersi, aiutare chi
ha più bisogno ed essere solidali. I
ricordi però non ci fanno ancora
dormire serenamente.
Il comandante vi diceva di stare
tranquilli ma forse ha abbandonato la nave troppo presto…
“Quella sera lo abbiamo visto passare tra la folla e salire su di una
scialuppa. All’inizio non lo avevamo riconosciuto, ma quando ce
ne siamo resi conto non potevamo
crederci. Aveva sbagliato ma sareb-
“
Da quella notte
ho capito
cosa significa
volersi bene,
essere solidali
be potuto diventare un eroe se solo
ci fossimo uniti: fuggendo invece è
stato un codardo”.
Che dire invece del personale di
bordo che si è adoperato per mettervi in salvo?
“Per loro provo solo tenerezza: per
molti di loro la nave era la vita. Giovani orientali che
non parlavano l’italiano e che, senza
alcuna competenza, coordinamento e sostegno morale, hanno fatto
di tutto per gestire le migliaia di
persone a bordo. C’era chi si è fatto
male nel far scendere le scialuppe e
chi non le sapeva neanche pilotare.
Sono stati momenti incredibili”.
Che giustificazione ha dato all’inverosimile dinamica del naufragio più volte esaminata?
“Parlano di usanza del saluto
o dell’inchino: penso che la
gente pur di farsi pubblicità,
di farsi strada in un momento
di crisi come questo, è disposta anche a mettere a rischio
oltre quattro mila vite”.
Cosa si sente di dire agli abitanti dell’Isola del Giglio?
“Non possiamo che
ringraziarli. Sono
stati disponibili e ci
hanno aiutato pur
non essendo preparati”.
Come si sta
muovendo dal
punto di vista
legale?
A tutelare il
gruppo di cui
facevo parte ci
pensa un avvocato del-
la società che ha organizzato il concorso e dunque il viaggio. In più, ho
anche nominato un mio avvocato
personale.
Pensa di aver avuto un ritorno
pubblicitario, professionale da
questo evento negativo?
“Forse sì. In queste settimane ho visto qualche cliente nuova
nel mio salone, spinta
magari dalla curiosità: non mi dispiace,
ma avrei preferito
comunque un motivo migliore per
farmi pubblicità”.
cettina bivona
Caltanissetta
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Febbraio
Ornamenti
di Ivana Baiunco
IL BLOCCO. Il racconto di un pomeriggio in colonna dal benzinaio
Cronaca di una donna in fila
M
ai dire mai e mai dire
sempre. Mai detto fu
più opportuno. A volte
ci si trova a fare cose che non si sarebbe mai immaginato, anzi dirò
di più, che con un po’ di spocchia
aristocratica si è giudicato gli altri
che le facevano. Questo preambolo per raccontare la cronaca di
una giornata in fila per attendere
ciò che comunemente è il liquido
che permette alle autovetture di
muoversi, invece come per magia
un freddo pomeriggio d’inverno
è diventato il nettare degli dei, un
elemento vitale per la sussistenza
e sarà questo che probabilmente
mi ha spinto ad aspettare ben 8
ore che arrivasse, come la manna
dal cielo, come un parente lontano che non vedi da anni. Una telefonata ti avverte che la benzina
è arrivata, i giornalisti si sentono
spesso in una posizione privilegiata, le notizie si sanno in tempo
reale, spesso non sono quelle giuste, l’approfondimento è sempre
necessario, ed anche questa volta
c’è stato, ma qualche cosa nell’ingranaggio non è andato. Le successive 8 ore di attesa, avrebbero
spiegato cosa non è andato. Allora tu sicura del fatto tuo, metti in
moto e parti, senza sapere che vai
verso l’ignoto, verso un’avventura
non voluta, non cercata nella quale
ti ritrovi come si è soliti dire adesso: “A tua insaputa”. Fila già lunga,
sei l’ultima e la cosa ti perplime,
ma comunque pensi positivo
mezz’ora e tutto si risolve. Intanto
la prima ora la passi a marcare il
territorio, ti dai un’occhiata attorno scruti il tuo vicino di macchina davanti, dietro, abbassi il finestrino ascolti le conversazioni di
chi è già sceso e sorridendo, quel
le storie, le più disparate. Allora
forte del tuo ruolo ti attacchi al telefono e ciascuno ti dice il contrario della telefonata precedente, il
sindaco, i vigili urbani, la polizia,
non sai più a chi credere entri in
uno stato confusionale che non ti
permette di pensare. Intanto sono
diventata una missione, ottenere
il prezioso liquido in barba a chi
è arrivato dopo, che però rispetto
a te ha pranzato. La macchina a
quel punto è diventata la tua casa,
penne fogli sparsi da
per
tutto, provi a lavorare a scrivere
sorriso svanirà presto, ti cominci
ad informare sullo stato dei fatti,
arriva, non arriva, quando arriva. Ascolti le congetture dei tuoi
compagni d’avventura sul percorso dell’autobotte e si sentono
passate due ore, non sei più l’ultima della fila, che è già aumentata
esponenzialmente e pensi, con un
ghigno sadico che, sicuramente
riuscirai nella tua missione prima degli altri, si perché oramai è
a programmare mai tanto tempo a disposizione per te o per la
benzina, cerchi le caramelle perché la fame ti assale e pensi: “Le
compro sempre quando servono
non ci sono”. Il telefono di solito
squilla in continuazione, è domenica, niente, ma niente di niente,
muto, morto abbandonata da Dio
e dagli uomini e tra le macchine
che passano nella corsia accanto
cerchi qualche volto amico qualcuno che si fermi e ti riconosca
per scambiare due parole,
allora ti metti al telefono
chiami quell’amica che
non senti da mesi così
di punto in bianco e le
racconti che sei
da ore in fila per
fare rifornimento,
“Che assurdità” -ti senti
rispondere- “Tu che non
ami aspettare” . E osservando
le vite degli altri che ti passano
accanto, la tua ha attraversato un
lungo pomeriggio di tra insofferenza, curiosità, stupore cercando
di comprendere quali sono i meccanismi che si innescano nella
mente di una donna mediamente
equilibrata per farla restare per
otto ore in macchina. Conclusione di un assurdo pomeriggio di
attesa: Un sorriso al benzinaio del
quale hai immaginato il volto per
lungo tempo ed un buon lavoro
sussurrato bisbigliato che non
suoni troppo ironico e la tua voce
interiore quella con la quale in solitudine hai parlato tutto il pomeriggio ti intima perentoria: “Non
lo fare mai più, diventa piuttosto
ecologista ed al prossimo sciopero bici”.
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Febbraio
PROGETTI. L’opera, prevista dal raddoppio della “SS”, resta ancora in alto mare
Sulla nuova 640 la galleria
che forse non vedrà la luce
E’ una querelle infinita la realizzazione del raddoppio della strada statale
640, cioè la Caltanissetta-Agrigento.
Dopo l’infinita diaspora su chi doveva fare il progetto del tratto CanicattìCaltanissetta, che rischiò perfino di
far perdere il finanziamento e in ogni
caso fece perdere tantissimo tempo,
adesso i problemi sono tutti legati alla
realizzazione della galleria sotto Poggio Sant’Elia (4.050m).
Qual è il problema? Evitando un
chilometrico riassunto delle puntate precedenti, in estrema sintesi,
ora il problema è legato al fatto che
la ditta che si è aggiudicata i lavori
(la cooperativa rossa CMC) con un
ribasso da paura (568.000.000 euro
su 788.000.000 a base d’asta, quasi
il 30 %, escludendo le altre somme
a disposizione che portano il costo
dell’opera alla cifra di 990 milioni di
euro!) e sta adducendo mille problemi sulla fattibilità dell’opera poiché gli
studi geologici del progetto erano insufficienti o superficiali. Da qui tutta
una serie di riserve che hanno di fatto
bloccato l’opera, al punto tale che rischia di bloccarsi, e che fanno intravedere lo spauracchio dell’ennesima
opera pubblica incompiuta.
L’impresa, il colosso rosso delle cooperative, la CMC di Ravenna, sostiene di essere stata tratta in inganno da
una relazione geologica lacunosa e
da indagini geognostiche approssimative se non inesistenti, i progettisti
sostengono che le riserve presentate
dell’impresa sono pretestuose così
come inammissibili e inconcepibili i
rilievi di opposizione, il CIPE ha minacciato di ritirare il finanziamento
di sua competenza ed il Comune di
Caltanissetta, dopo il solito gioco a
rimpiattino fra Amministrazione e
Consiglio, fino ad ora è stato a guardare come se l’opera si stesse realizzando in Alaska piuttosto che nella
zona più importante e nevralgica del
suo territorio.
L’Anas, ente appaltante, pare abbia
rotto gli indugi e abbia deciso di procedere alla consegna dei lavori; ma
quali lavori? Quelli relativi al completamento di tutto il lotto oppure
saranno stralciati quelli della galleria
di Sant’Elia?
In questa confusione generale si innestano “voci di corridoio”, tanti “si
dice”, “si vocifera”, “si pensa” che ci siano interessi di qualcuno nel tratto interessato; appare chiaro e non c’è per
nulla da scandalizzarsi che chi ha attività commerciali o aree con destinazione d’uso non residenziali è molto
attento a non essere tagliato fuori dal
tragitto e anzi interessato ad avere soluzioni logistiche di chiaro vantaggio.
Ma il nocciolo del problema sta tutto
nella galleria. I costi di realizzazione,
a sentire l’impresa, sforano esageratamente le somme stanziate; che cosa si
decide allora? Nessuno lo sa, nessuno
fa notare con forza che nell’ambito
dell’opera appaiono legittime e irrinunciabili opere a complementari e
opere di compensazione per non tagliare fuori Caltanissetta.
Si consideri che il Consiglio Comunale con delibera del 9 febbraio del
2006, n. 3, approvando all’unanimità
la presa d’atto dei lavori per il raddoppio della S.S. 640, in seguito a quanto
proposto dalla commissione consiliare permanente competente, aveva
della città privilegiando così il centro
storico in attesa di un progetto di
rilancio. Di questo e di altro non c’è
traccia in termini concreti se non in
un allegato del CIPE in cui si definiscono quest’opera e un’altra ventina di
interventi sostanziali (gran parte nate
dalla mente dell’Amministrazione
Messana) come semplici “raccomandazioni”.
In pratica: cari cittadini nisseni scordatevi queste opere, vi va bene se a
mala pena vi sarà permesso di raggiungere Agrigento!
Appare improbabile che la CMC e
le imprese ad essa collegate facciano
dei lavori in perdita e sembra impossibile che dopo il contenzioso avviato di colpo accettino
la consegna dei lavori
senza dire nulla, senza
confermare le riserve,
senza avere garanzie,
senza un paracadute
di carattere tecnico
o amministrativo
che consenta di
mettere mano
città è sotto gli occhi di tutti.
C’era una volta un uomo politico
dell’Agrigentino, socialista, che negli
anni settanta attorno al suo paese fece
costruire una rete di scorrimenti veloci e svincoli da far paura senza che
servissero ad alcuno. Ce n’era un altro
in Calabria che pretese che l’Autostrada del Sole, passasse a cento metri da
casa sua; fu cambiato il tracciato che
comodamente poteva essere ricavato
lungo la costa tirrenica con l’attuale percorso, molto più lungo, che ha
portato l’autostrada per decine e decine di chilometri sopra i mille metri
con costi esorbitanti. Non vogliamo
che si possano ripetere azioni mostruose come quelle citate ma sembra
sacrosanto che il rispetto del territorio e per i cittadini che vi abitano debba essere
sempre garantito e che gli
uomini da
23
I numeri della
74,300
chilometri complessivi
dell’opera dalla A 19 a
Porto Empedocle
20
sono 20 i viadotti
per un totale di 6,4 km
3 le gallerie e 8 gli svincoli
44
sono 44 i chilometri del
tratto dalla A 19 a Grottarossa (lavori da iniziare)
1.382.000.000
euro
Costo complessivo
dell’opera
copertura finanziaria:
373 milioni di euro con fondi FAS regionali, 215 milioni
di Euro con fondi ANAS
990.000.000
euro
Costo massimo lotto
A 19 - Grottarossa
787.636.150
euro
Importo a base d’asta
lotto A 19 – Grottarossa
568.000.000
anche individuato le opere di compensazione da realizzare con fondi
del Ministero dell’Ambiente e anche
dall’economia ricavata dal ribasso a
base d’asta. Obiettivo principale era
la creazione dello svincolo nella zona
di Anghillà che avrebbe ridisegnato
l’urbanistica di Caltanissetta riequilibrando il traffico in entrata e in uscita
ad un tunnel così problematico sotto il profilo geologico. Ma se ci sono
speranze che l’opera comunque parta, è invece assolutamente certo che la
possibilità di avere uno svincolo a sud
di Caltanissetta sia nulla. Nessuno ha
fatto niente, nessuno ha alzato la voce;
il disinteresse generale dei gli uomini
politici e degli amministratori della
noi scelti facciano il nostro interesse
e che non dormano e si genuflettano
pure di fronte a oscuri e non identificati personaggi che si permettono di
giocare col nostro destino.
Si sono evidentemente ispirati, considerato i luoghi attraversati, al grande
Luigi Pirandello, autore del celebre
“Così è se vi pare”.
euro
Importo offerto dalla
ditta aggiudicatrice
(C.M.C. S.p.A)
Committente: ANAS
Progettisti: Technital, Progin, Delta, SIS, Infratec.
24
6
Febbraio
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Viale della
Regione
Fatti in Redazione
di Marco Benanti
Pericoli ambientali
Il responsabile
della Protezione
civile del Comune
Armando Amico
offre la sua analisi
sui pericoli
che minacciano
la città.
“Caltanissetta non può dormire
sonni tranquilli”
I
l disastro delle Cinque Terre,
l’alluvione di Genova, la ferita mai sanata di Giampilieri
e della provincia di
Messina. Milioni di
euro di danni a
case, strutture
ed insediamenti. Incalcolabile
il bilancio della perdita di vite
umane. Tragedie
queste im-
putabili a due fattori principali:
i cambiamenti climatici, con fenomeni oggi sempre più di tipo
monsonico, con vere e proprie
scariche di pioggia concentrate in poche ore, acqua che il
suolo non riesce ad assorbire;
e le modifiche che gli uomini
hanno apportato al territorio.
Ma queste tragedie potevano
essere evitate? Qual è il reale
rischio per il nostro territorio? Tutte domande alle quali
pongono alto il livello di attenzione su fenomeni che accomunano
l’intero paese, che si trova una
volta tanto coeso, grazie ad un
aspetto tutt’altro che rassicurante,
ovvero il rischio
idrogeologico
ed il concreto
pericolo di frane ed alluvioni. Un pericolo
dal quale non è
esente il terri-
ha spezzato la vita di due operai,
Felice Baldi e Santo Notarrigo,
che stavano eseguendo dei lavori
edili nei pressi della Via Redentore, un pomeriggio di non molti
A sinistra l’architetto Armando
Amico, Sopra una veduta aerea
della zona dei “vulcanelli”
(Villaggio Santa Barbara)
è difficile dare
delle risposte
ma che di certo
torio nisseno, anzi. Caltanissetta
piange ancora due vittime per via
del maltempo e di una frana che
anni addietro. Era il 27 Gennaio
del 2009, quando in Via Mario
Gori, degli operai erano a lavoro
per sistemare un canale di scolo
sottostante un alto muro di contenimento in blocchi in tufo sovrastato dalla collina Sant’Anna.
A causa delle vibrazioni dei mezzi
edili, “e delle abbondanti piogge”
(come riferito anche sulla perizia
del Tribunale di Caltanissetta), il
muro cedette travolgendo i due
operai che non ebbero il tempo
di mettersi in salvo. Fu una trage-
dia per la città e per le famiglie, e
pensare che il 29 Ottobre del 2008
(quindi appena 3 mesi prima) il
Comune di Caltanissetta aveva
emanato una ordinanza che segnalava il pericolo frane in atto
nel luogo del cedimento. Nella
stessa zona, alcuni giorni prima,
si era verificata un’altra frana e
venti famiglie erano state costrette
ad abbandonare le loro abitazioni
sempre sulla collina di Sant’Anna.
Oggi Il Fatto Nisseno vuol fare
il punto sulla situazione, capire
se e cosa Caltanissetta rischia in
caso di eventi climatici tutt’altro
che straordinari come una pioggia più duratura. Per fare questo
abbiamo invitato in redazione, il
Dirigente Responsabile della Protezione Civile del comune nisseno, l’Architetto Armando Amico.
“E’ necessaria una premessa più
generale, prima di calarci nella realtà locale - dice l’Archietto
“
La politica
urbanistica
non è stata
programmata
nel rispetto
dell’ambiente
Amico- l’uomo ha stravolto completamente l’ambiente naturale,
andando a costruire dove prima
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“
Via San Giovanni Bosco,
via Redentore, via Gori
e via Vespri Siciliani,
tutte le aree limitrofe
alla collina Sant’Anna,
dove si è costruito.
Sono queste le zone che
oggi sono sotto controllo
in caso di grandi piogge.
Ma anche il centro storico
merita grande attenzione.
era impensabile, intasando i letti
dei canali, disboscando le colline,
ostruendo le foci dei fiumi, canalizzando le acque secondo le proprie esigenze. Tutte modifiche che
la natura non contempla, morale
ci siamo letteralmente mangiati il
nostro territorio”.
In caso di piogge abbondanti, c’è
pericolo? “Caltanissetta ed i suoi
cittadini, non possono dormire
sonni tranquilli, la situazione è
molto delicata, anche per questo
abbiamo allestito un moderno
piano di protezione civile che si
attiva in caso di eventi simili, teso
anche ad informare la cittadinanza in maniera efficace. La parte
bassa Via S.Giovanni Bosco, la via
Redentore, ed ancora la via Gori e
la via Vespri Siciliani, tutte le aree
limitrofe alla collina Sant’Anna
dove si è costruito, sono queste
le zone che oggi teniamo particolarmente sotto controllo in caso
di grandi piogge. Attenzione merita anche il centro storico, con i
quartieri Saccara e Provvidenza,
dove sono i crolli per vetustà degli immobili a preoccuparci maggiormente”.
Qual’è la situazione urbanistica? Come si è costruito a Caltanissetta? “Da un punto di vista
legislativo si è costruito secondo
norma, nel senso che si è rispettato il Piano Regolatore, peccato
che questa politica urbanistica
non sia stata programmata nel
rispetto dell’ambiente. La stessa
voragine di via Luigi Monaco è la
testimonianza che magari si è costruita una strada che ostruisce un
passaggio dove scorreva l’acqua
che scende dal Poggio Sant’Elia,
area dove negli anni, una selva
di villette private ha modificato
o ostruito i passaggi dell’acqua
verso valle. La collina sant’Anna
non è fragile di per sé ma lo diventa al momento in cui ci si è
costruito sotto. Mentre prima era
proprio l’uomo a salvaguardare
l’equilibrio naturale, oggi non c’è
più il rispetto per il territorio. Ad
esempio gli agricoltori che ara-
vano le terre in collina, lo facevano solcando orizzontalmente,
in modo da consentire al terreno
di trattenere l’acqua piovana, oggi
invece si ara verticalmente, così
basta uno scroscio d’acqua per far
cadere tonnellate di terra e fango
per le strade”.
Cosa possono fare i cittadini? “Il
cittadino può far molto ed invece non fa, perché spesso manca
di senso civico non facendo la
dovuta manutenzione agli spazi
privati, ai piazzali dei condomini,
“
Il cittadino
può fare molto
ed invece no,
perché spesso
manca
il senso civico
ai giardini interni, alla cura delle caditoie. Noi emettiamo circa
400 ordinanze all’anno per opere
di piccola manutenzione, come
il controllo degli intonaci etc, di
queste solo il 30% vengono rispettate”.
La collina sant’Anna fa ancora paura, cosa si sta facendo di
concreto? “Il progetto Generale
prevedeva che a Caltanissetta per
opere di consolidamento, bonifica
e canalizzazione del versante sud
della collina di S.Anna, del centro
storico e del quartiere Saccara,
dovessero arrivare circa 8 milioni di euro per opere di ingegneria
naturalistica, rimodellamento ed
inerbimento dei versanti dell’abitato. Una cifra che sarebbe dovuta
giungere dall’Assessorato Regionale al Territorio ed Ambiente e
dalla Protezione Civile. Oggi, ci è
dato sapere che la cifra è dimezzata, pari cioè a Euro 4.160.000,00 a
stralcio da parte del solo Assessorato Regionale (Accordo di Programma del Maggio 2010). Al
momento però abbiamo le mani
legate, sulla operatività. I progetti
li abbiamo redatti noi, ma aspettiamo ancora i soldi, l’alluvione di
Messina ed altre calamità hanno
fatto dirottare quei fondi di Protezione Civile verso altre emergenze, lasciando Caltanissetta ancora
una volta senza la dovuta copertura finanziaria. Esempio ne sono
i Vulcanelli di Santa Barbara, i cui
fenomeni andrebbero approfonditi da un tavolo tecnico appositamente costituito all’indomani
dell’eruzione di 10.000 m cubi di
argilla l’11 Agosto 2008, con conseguenti dissesti in via Xiboli, Pitrè, Gori ed Eber. Ebbene, quel tavolo che avrebbe coinvolto anche
le Università, ancora oggi non ha
la copertura finanziaria per proseguire gli approfondimenti. Serve necessariamente una presa di
responsabilità da parte della politica per gli interventi concreti,
e non aspettare che ci scappino
altri morti”.
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VALLELUNGA. La storia di un imprenditore, beffato dai partiti e dalle istituzioni
Vara, vittima della mafia
e tradito dalla politica
di Osvaldo Barba
Totuccio, cugino
del più ben noto
pentito Ciro,
accusa il sindaco
del suo paese
di connivenze
e se la prende pure
con la Tasca D’Almerita
L’
inizio del 2012 coincide
di fatto oltre che con l’approssimarsi della profezia
dei Maya circa la presunta fine del
mondo anche con una “voce fuori dal coro” proveniente da Vallelunga Pratameno dove, l’amor per
la verità ed il concetto di legalità,
sono state e rappresentano ancora
una delle ragioni di vita….nonostante tutto. La storia che sto per
raccontarvi ha come comune denominatore un cognome, ma non
uno qualunque ma Vara. Già, il
protagonista di questa vicenda è
Salvatore per gli amici Totuccio,
cugino del collaboratore di giu-
to in Procura da Totuccio Vara,
quando la mafia boicotta la sua
azienda estromettendola difatti
dal sistema economico-sociale
di Vallelunga, non sono solo gli
amministratori che gli voltano le
spalle ma anche i nipoti nonché
soci della “Vara Costruzioni” che
smentiscono attraverso gli organi
di stampa tutte le dichiarazioni
dello zio attribuendone allo stesso le responsabilità del fallimento dell’azienda per una gestione
pressoché incauta e scellerata.
Diversa l’opinione di Totuccio in
merito che definisce i parenti
come appartenenti alla “cricca”
dei collusi e li de-
la sua azienda non ha nulla a che
vedere con l’attività allora criminale del cugino e dimostra come
la calamità naturale sia stata determinante per la solidità della
sua azienda. Le piogge intense
del 2000 provocarono lo straripamento di un fiume che scorreva
adiacente la “Vara Costruzioni”
provocando danni allora stimati
attorno a 3 miliardi di vecchie lire.
L’imprenditore, nonostante che
la sua azienda è chiusa da alcuni
anni, ancora sta aspettando i soldi
per la ricostruzione. Naturalmente Totuccio parla di boicottaggio
politico nonché mafioso giacché
il binomio, agli occhi dello stesso
appare inscindibile in relazione
ai fatti. Lui per alcuni
anni è
Sopra la pagina web di “Repubblicica” con l’articolo
dal titolo “la contessa di Vallelunga dove l’opposizione la fa un pentito”
Rosamarie Tasca D’Almerita
stizia Ciro nonché padre e zio di
Carmelo I° e II°. Lui è stato un
imprenditore di successo titolare
fino a qualche anno fa di un’impresa di edilizia, la “Vara Costruzioni” che contava agli inizi degli
anni ‘90 ben 30 dipendenti. Poi
nel 2002 iniziano le prime avvisaglie della mafia locale e con esse
i problemi che poi si riveleranno
insormontabili al punto da determinare la chiusura di un’azienda
fino a quel momento in auge da
ben 40 anni. La storia di Totuccio è costellata da un’infinità di
episodi più volte riportati da tutti gli organi di stampa. Un uomo
che, nonostante come dallo stesso
autodefinitosi “perseguitato dalla
mafia”, ha sempre lottato in prima persona e con tutto se stesso
affinché si affermasse la verità
contro quello che l’imprenditore
etichetta come “sistema corrotto
e mafioso”. Sulla base di quanto
più volte dichiarato e denuncia-
nuncia per appropriazione
indebita e furto di materiale
dell’azienda
estromettendoli
difatti
dall’impresa.
Secondo molti pareri la vitalità
della “Vara Costruzioni” va di pari
passo ed è legata a doppia mandata agli anni di libertà e di potere
assoluto dell’allora boss Ciro. Salvatore Vara non rinnega la parentela ed il rispetto ma dimostra che
stato vice-coordinatore cittadino
di Forza Italia e proprio mentre gridava forte lo scandalo per
l’omertà e l’atteggiamento mafioso della classe socio-politica vallelunghese, il partito del Cavaliere
lo lasciava da solo con i suoi problemi. Salvatore Vara non rinnega però l’appartenenza all’allora
partito di Berlusconi ma anzi ne
trae spunto per quello che è stato
un incontro decisivo che ha dato
una svolta alla sua battaglia. Nel
corso di una convention di Forza
Italia, Totuccio siede inconsape-
volmente
accanto a
quello che
in quel momento rappresenta un
monumento
nella lotta alla
mafia e alle
estorsioni.Lui è
Andrea Vecchio,
imprenditore che
in quel
periodo aveva subito un attentato
incendiario alla sua azienda nonché all’epoca il nuovo presidente
dell’ associazione dei costruttori
etnei di Assindustria eletto dall’
assemblea dell’ Ance di Catania.
Un costruttore di prima generazione Vecchio, alla guida del
gruppo Cosedil (oltre 250 occupati), con sede a Santa Venerina,
operante in Sicilia e nel nord Italia nel settore delle infrastrutture
edili e del restauro monumentale.
Sentire l’intervento di Vecchio nel
corso della convention sul tema
legalità e lotta alla mafia, scatena in Salvatore Vara la voglia di
rivalsa nei confronti del sistema
“omertoso e malavitoso” di Vallelunga. Nel dicembre del 2006 Totuccio, con la collaborazione della locale Pro-Loco organizza un
importantissimo convegno sulla
legalità a cui partecipano tutte le
forze dell’ordine, alcuni esponenti
della magistratura e rappresentanti della politica. In quell’occasione di fronte ad un pubblico attonito e sbalordito l’imprenditore
racconta la sua storia e denuncia
pubblicamente i malavitosi locali.
Da quel momento Totuccio, che
si aspettava la solidarietà dei suoi
concittadini, viene altresì isolato ed emarginato. Negli ultimi
anni ha condotto una battaglia
personale contro il sindaco
delle ultime due legislature il
dott. Montesano, reo, secondo
l’opinione dell’imprenditore,
di essere un colluso della mafia. Diversi sono stati i volantinaggi portati avanti da Salvatore
Vara contro tutta l’attuale am-
ministrazione.
Ultimo in ordine di tempo
quello effettuato in occasione delle
scorse comunali quando ha manifestato,
con cartelloni e dépliant, il suo
dissenso sulla ricandidatura del
sindaco Montesano, in virtù della
sentenza del C.G.A. dello scorso
novembre che dichiarava lo scioglimento del Consiglio comunale
di Vallelunga Pratameno per infiltrazioni mafiose. Insomma Salvatore Vara fino a oggi non ha lasciato nulla di non detto tant’è che
a Rosemarie Tasca D’Almerita,
“
Cara contessa
lei mette le mani
sul fuoco
sull’onestà
di Montesano?
Le sue estremità
stanno bruciando
definita da Repubblica “la contessa antimafia che gira con la coppola” che sostiene la legalità del
sindaco Montesano e che attribuisce al cugino Ciro la regia del suo
operato, manda a dire: “Cara contessa, visto che Lei mette le mani
sul fuoco circa l’onestà di Montesano non perda mai di vista le sue
estremità: stanno bruciando e lei
neanche se ne accorge”!
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Febbraio
Fatti & musica
La storia del gruppo nisseno che ha varcato i confini italiani
di Laura Spitali
Diego “rochin” Geraci,
chitarrista e voce,
racconta le origini,
il presente e il futuro
di un trio nato
18 anni fa.
La musica come stile di vita. Una passione innata che nel tempo si trasforma in un mestiere. La voglia di suonare non come hobby, ma per vivere.
Si può riassumere così lo stile degli
‘Adels’, gruppo nisseno neo-rockabilly
nato nel 1994 dall’unione di Diego
‘Rockin’ Geraci, cantante e chitarrista,
con Peppe Falzone, batterista, e Fabio
Cinque, contrabbasso. Una band che
in diciotto anni ha compiuto un’escalation costante, una carriera ricca di
esperienze in crescendo, composta da
oltre 1800 concerti, 10 cd e 1 dvd. Abbiamo incontrato il leader del gruppo
Diego Geraci, che ci ha narrato come
sia nata e si sia sviluppata la sua passione per la musica, e come gli ‘Adels’
siano più una famiglia che un semplice gruppo musicale. “Nel 1994, subito
dopo il diploma – racconta Diego Geraci - assieme a Peppe Falzone e Fabio
“
Il 2011 è stato
per noi
l’anno di grazia,
iniziato bene
e finito
ancora meglio
Cinque abbiamo fondato il gruppo
degli ‘Adelscott Doppio Malto’, nome
che nel tempo abbiamo abbreviato
fino ad arrivare al definitivo ‘Adels’.
Siamo come una famiglia, uniti dalla
passione per la musica rock, dalla professionalità e dalla determinazione.
Pur di suonare e farci conoscere all’inizio accettavamo ogni tipo d’ingaggio.
Solo dopo aver conquistato una certa
credibilità e notorietà abbiamo iniziato a selezionare dove esibirci». Ma
come e quando nasce in Diego Geraci
la voglia di fare musica? “Ho iniziato
a suonare all’età di undici anni, dopo
che mio padre mi regalò per Natale la
tanto desiderata chitarra. E grazie a lui
ho sviluppato fin da piccolo l’amore
per la musica, essendo egli stesso un
grande appassionato. Dopo aver seguito alcune lezioni da un insegnante
mio vicino di casa che mi ha fornito
le basi, ho sempre studiato da autodidatta prima la chitarra classica e poi
quella elettrica”. Ma oltre ad essere il
chitarrista degli ‘Adels’ Diego Geraci è
anche il cantante. “La voce è stata uno
‘strumento’ che ho sviluppato anch’essa da autodidatta quasi per necessità,
affinando le mie doti vocali ed avendone sempre molta cura”. Per Diego e
gli ‘Adels’ la musica non è soltanto una passione
ma soprattutto
un lavoro. “Fin
da quando mi
sono diplomato
ho sempre vissuto grazie all’attività
da musicista. Ho
voluto concentrarmi sulla musica e
renderla la mia unica
professione”. Una carriera artistica molto intensa ma graduale quella
degli ‘Adels’, senza colpi di
testa. “Quando una band
pretende il salto di qualità
finisce per cadere ed infangarsi. Noi abbiamo sempre
messo un tassello in più anno
dopo anno. Ed il 2011 è stato
per noi l’anno di grazia, iniziato
bene e finito ancora meglio. Abbiamo fatto ottimi tour, e pubblicato il
nostro ultimo album ‘Red Hot Sicily’,
che in soli tre mesi dalla pubblicazione ha registrato il tutto esaurito e
tantissimi acquisti su iTunes. Inoltre,
siamo stati l’unica band italiana ad
esibirci in Germania al festival neorockabilly ‘Shut up and Bop!’, assieme
ad altri gruppi provenienti dal tutto
il mondo. Ma soprattutto abbiamo
avuto l’onore di suonare in apertura al
Adels, rock band
al “doppio malto”
concerto di Brian Setzer, nostro mito
e star assoluta del rockabilly mondiale, durante la rassegna ‘Dieci Giorni
Suonati’ svoltasi a Vigevano il 2 luglio
scorso. Un’emozione grandissima, anche perché alla mezzanotte del 3 luglio, giorno del mio compleanno, mi
trovavo nel camerino con lui che mi
abbracciava facendomi gli auguri. E
pensare che dodici anni fa pur di vedere un suo concerto viaggiai cinque
giorni in treno per andare e tornare dalla Svizzera! Se
faccio questa
musica, e di
conseguenza questo lavoro e vado in giro ‘combinato’
così, lo devo a lui”. Un’attività intensa,
che impegna gli ‘Adels’ in tour invernali ed estivi. “Non è facile conciliare
la carriera con la famiglia. Ma devo
dire grazie a mia moglie Stefania che
mi sostiene e mi ama per quello che
sono. E fra un tour e l’altro mi dedico
solo alla mia famiglia, ed in particolare ai miei due bambini, Beatrice che
ha quasi cinque anni e Giuseppe che
a breve compirà un anno”.
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ALTRI TEMPI. Ecco come la città festeggiava l’arrivo della Quaresima
Il Carnevale a teatro
con il dottore Fallatutti
di Alessandro Maria Barrafranca
Concluse le festività natalizie, ci ritroviamo immersi nel periodo caratterizzato da colori e schiamazzi,
che esalta la celebrazione del travestimento e di quella “ribellione” che
sovverte vivacemente l’ordine della
quotidianità: il Carnevale.
L’etimologia del termine deriva dal
latino carnem levare (togliere la
carne) che anticamente indicava
il penitenziale banchetto che si teneva il martedì grasso, giorno che
sanciva il passaggio al periodo di
astinenza e digiuno della Quaresima aperto dalla celebrazione delle
Ceneri.
Anche Caltanissetta un tempo viveva con grande intensità questa ricorrenza considerata la festa dell’allegria e degli scherzi. In città, difatti,
dopo la festa di li Tri Re, ovvero
l’Epifania, presso le botteghe dei
cusiduciàra (dolcieri) e di qualche
chincaglieriere (oggettistica) apparivano, come per incanto, le prime
maschere di tulle, di cera, di cartapesta, nonché le più raffinate in tela
o seta. Per le strade l’arrivo della festa era annunciato dal grido dei ragazzi: Gualé! …giù gualé!, oppure:
Va spoja!, alternato dal suono di un
corno di bue forato alle due estremità e dall’incessante sparo di mortaretti detti tricchi e tracchi (petardi),
che si acquistavano, tre per due lire,
presso i Maschara (pirotecnici). Lo
storiografo locale Michele Alesso che al Carnevale dedica un’interessante pubblicazione – riferisce che
in diverse occasioni si abusava degli stessi che i monelli attaccavano,
mediante spilli, alle mantelline delle donne, ai cappucci delle mantelle dei vecchi e alla coda di qualche
cane. La reazione dello sfortunato
provocava le risa dei giovani, che
urlavano a gran voce: “Gualè!. Tale
impiego inappropriato provocò la
reazione della pubblica sicurezza
che ne proibì quindi l’uso.
Il Carnevale nisseno – solennizzato
con più chiasso l’ultima domenica e
il martedì grasso – era, inoltre, preceduto da quattro giovedì che il popolo consacrava a lauti pranzi, (jovi
di l’amici, d’ì cummari, d’ì cumpari,
di lì parenti, di cui si conserva il detto “ lu jovi d’ì li parinti cù ‘un havi
dinari si munna li dinti” e l’ultimo
giovedì detto anche lardarusu, in
cui si mangiava, così come la stessa
parola dice, di grasso. Il venerdì che
seguiva era detto lu venniri zuppiddu, al quale facevano seguito i tri
jorna di lu picuraru. Pare che tale
nome tragga origine da una novella tramandataci dalla tradizione
popolare. L’ultimo giorno di Carnevale, un pecoraio avendo avuto
in dono dal padrone un capretto,
scese dai monti per festeggiare con
la famiglia. Lungo la via incontra il
Maestro (Gesù), che non riconosce,
il quale gli chiede dove andava. Alla
sua risposta, Gesù gli fa notare che
quel giorno era l’ultimo di Carnevale e quindi giorno di digiuno. Questi
allora disse: «Non fa nulla, mi prenderò altri due o tre giorni». A quella
risposta il Maestro pronunciò: «Ti
siano concessi tutti e tre». Così sin
d’allora il popolo onora tali giorni
mangiando maccarruna di zitu e
gli immancabili ravioli, cassateddi,
sfingi, sfugliateddi e cuddureddi di
ricotta.
Un tempo il Carnevale era atteso,
con trepidazione, dalle famiglie
aristocratiche o comunque più ab-
bienti, le quali, spendendo molti
quattrini, gareggiavano fra loro
nell’acquistare pregiati abiti in seta e
costruire i Carruzzati, ovvero carri
trainati da buoi a forma di barca,
padiglione o di torre, che erano
condotte lungo le vie del centro. Su
queste strutture prendevano posto
numerosi giovani camuffati da marinai, arlecchini, soldati e dame, i
quali lanciavano coriandoli e Cunfetti, Cammillini, Ciciri cunfittati,
al popolo esultante, che si accalcava
per raccattarli anche da terra.
La città, quindi, si animava come
per incanto da maschere bizzarre e
di ragazzi con il viso tinto di nero e
occhiali ricavati da bucce d’arancia
che percuotevano, ritmicamente,
vecchie pentole e barattoli. La gente,
tuttavia, attendeva con ansia l’improvviso arrivo della carrozza che
trasportava le maschere d’ù nannu
e d’à nanna – raffigurati mediante
due fantocci di cenci - che erano
accolte con assordanti urli, fischi
schiamazzi, suoni di corni e sparo
di tricchi tracchi.
Lungo le vie ci si imbatteva,
inoltre, in rappresentazioni figurate e nella maschera tipica nata
dalla fantasia dei nisseni; il Dott.
Fallatutti. Questo, vestito con un
cilindro alto più di un metro su cui
figurava una scritta riportante il suo
nome, e un paio di occhiali ricavati
da bucce di arancia, portava dietro
un assistente con una cassettina
piena di barattoli con strane miscele e un facchino con un piccolo
tavolo. Giunti in qualche crocevia il
dottore, dopo esser salito sul tavolo
e aver mostrato una attestato che lo
qualifica come un luminare della
medicina, si appresta ad estrarre un
dente da un’altra maschera che gli si
avvicinava con una guancia gonfia.
Quindi, dopo aver armeggiato con
qualche strano strumento, estraeva
dalla bocca del “paziente” un grosso
dente (un confetto) che era gettato,
fra le urla, alla folla.
Mentre nelle case e negli angoli delle strade si ballava ù ballo virticchi
– sotto la visione di un Pulcinella
che faceva largo alla comitiva danzante - nella grande sala del teatro
Margherita – e prima della realizzazione di quest’ultimo presso il politeama Umberto costruito in legno
sul luogo dove oggi è il Seminario
Vescovile - i
nobili, facendo sfoggio
delle migliori
maschere –
le più belle
premiate
con una
cassata
- danzavano e al suono del Valzer
di Strauss, delle Polche e delle Mazurche. Tali eventi, organizzati dalla nobiltà, prevedevano un costoso
biglietto d’ingresso il cui ricavato
era destinato a scopi benefici.
Erano giorni dunque in cui vigeva
la più assoluta libertà (trasformati,
a volte, in occasioni per sommosse popolari come quella registrata
contro il Municipio nel 1881) che
culminavano, con il processo, la
condanna, e la morte - con tanto
di lamentatori che procedevano al
grido: Ah, scialaratu…cumu mi
lassasti! - di un fantoccio simboleggiante ù Carnilivari (Carnevale)
il quale, una volta bruciato, poneva
termine al periodo degli sfrenati festeggiamenti. Giunta la mezzanotte
del martedì grasso, difatti, la baldoria cessava e tutti, togliendosi le
maschere, accorrevano alla chiesa
Madre dove si assisteva alla scinnuta di la tiledda (discesa della tela),
una lunga stoffa che cadendo dal
soffitto celava il cappellone e l’altare
maggiore, sancendo così l’inizio di
un lungo periodo di digiuno e penitenza: la Quaresima.
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L’EVENTO. Successo a dicembre per una vera e propria fiera del genere
Nissa Comics & Games
Il meeting siciliano
per i maniaci dei giochi
di Lello Lombardo
L’iniziativa
affonda
le radici
nel 2008
quando in città
venne inaugurata
una fiera
del fumetto
e dei videogiochi.
Esistono eventi che sono molto
originali per la particolare tematica che trattano: uno di questi
è NISSA COMICS & GAMES.
Ma cos’è questa manifestazione
non conosciuta, sicuramente, dal
grande pubblico? Verso la fine
del 2008 viene inaugurata a Caltanissetta una fiera del fumetto
e dei videogiochi che è stata una
novità assoluta nel suo genere in
Sicilia. Lo scopo dello staff organizzativo (tutti giovanissimi)
era quello di creare un punto
di riferimento per gli amanti del
settore. Le difficoltà iniziali da
affrontare, soprattutto logistiche,
per “mettere in piedi” un simile
evento, sono state appianate grazie alla caparbietà di chi crede in
quello che sta’ facendo. La fiera
superò “l’esame” e le principali
attrattive furono i tornei di carte
YU-GI-OH (gioco di carte collezionabili nato in Giappone a cui
si è ispirata una fortunata serie di
cartoni animati) e Magic (altro
gioco di carte collezionabili nato
negli Stati Uniti che si ispira a
creature del genere fantasy) che
hanno coinvolto giocatori provenienti da tutta la Sicilia.
L’edizione del 2009, grazie
all’esperienza maturata, cresce e
mette in cantiere un programma
più ricco in linea con le iniziative che stanno registrando tanto successo in Italia: il Cosplay
(vestire e interpretare un personaggio) e il Videogaming. A presentare la manifestazione è stata
la cosplayer Giorgia “Cosplay”
Vecchini che ha intrattenuto il
pubblico mostrando alcuni costumi che l’hanno resa famosa in
Italia e nel mondo.
Lo scorso dicembre la fiera si tiene al Centro Fieristico Policulturale “Michele Abbate”. L’edizione
del 2011 “consacra” l’evento e gra-
zie a Facebook, aumentano spettatori ed espositori. Al concorso
dedicato alla sezione Cosplay
hanno partecipato cosplayers
provenienti da tutta la Sicilia (soprattutto da Catania e Palermo)
che hanno interpretato i personaggi dei videogiochi, anime e
manga (Il termine manga significa letteralmente “immagini stravaganti”: Il manga giapponese si
legge al contrario rispetto al fumetto occidentale, cioè dall’ultima alla prima pagina) tra i quali
Final Fantasy, Kingdom Hearts,
Naruto, Ranma ½, Marvel, Tekken, Pirati dei Caraibi, Peter Pan,
One Piece. Dice Antonio Torregrossa, uno degli organizzatori:
“con grandi sacrifici che solo la
passione riesce a giustificare e
partendo dal nulla, abbiamo creato un evento per far conoscere
fumetti e videogiochi ispirati al
Fantasy e, contestualmente, permettere ai molti fans di questo
mondo, di incontrarsi per uno
scambio di informazioni”.
La Nissa Comics & Games, di
quest’ultima edizione, ha potuto
contare sull’inedita presenza di
uno stand interamente dedicato
al mondo video ludico, realizzato
dallo staff di Gamesource.it, alla
sua prima uscita in un evento del
genere, che è riuscito a regalare
al pubblico presente tre intere
giornate di gioco, gadget esclusivi, discussioni, prove e tornei;
chiunque poteva assistere ai trailers degli ultimi giochi in uscita,
provare nuovi titoli, discutere di
videogame e soprattutto giocare
alle decine di giochi disponibili
sulle console concesse a disposi-
zione: dal richiestissimo Guitar Hero, ai
vari Tekken 6, Soul
Calibur IV, PES 2010,
FIFA 10, Gears of War,
Halo, Assassin’s Creed
II, GTAIV e il giovane
GTA Episodes From Liberty City.
Non sono mancati poi i tornei, vero leitmotiv dell’evento, che hanno impegnato
una console Playstation 3
per dodici ore al giorno
dove veniva concessa solo la modalità difficile
(molte
delle
sfide raggiungevano livelli vicini alla perfezione e percentuali
mai sotto il 90%)
vinte solo per poche note di differenza.
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DRINK. La storia del vino più famoso al mondo, che nonostante tutto è stato superato dal nostrano spumante
“Et voilà le Champagne”
Re delle bollicine d’oltralpe
di Cecilia Miraglia
Inventato dal monaco
dom Pierre Perignon
ha trovato la sua
sublimazione
nell’ideale terreno
della regione
dello “Champagne”.
Ma quest’anno
lo spumante italiano
lo ha sorpassato.
Non è una finale dei mondiali di
calcio ma molto meglio. Il bilancio 2011 delle aziende vitivinicole si chiude con la sorprendente
notizia che lo Spumante italiano
con le sue 200 milioni di bottiglie
è il più presente sulle tavole di
tutto il mondo,più dello Champagne. La Coldiretti annuncia un
aumento del 24% dell’export di
spumante nostrano (rispetto ai
primi otto mesi dell’anno passato) soprattutto per il notevole aumento della domanda del mercato russo. I nostri amici d’oltralpe
hanno storto il naso e accusato il
colpo: la patria del primo Cristal
servito nel 1876 alla tavola dello
zar di Russia deve accettare la
dura realtà. Patriottismi a parte
dobbiamo dare a Cesare
quel che è di Cesare e
dobbiamo comunque
riconoscere che il
prodotto da loro creato non ha eguali in
nessun’altra parte del
globo terrestre: non è
un vino, è una leggenda.
Il mito comincia circa 300 anni
fa,quando Dom Pierre Perignon,
monaco benedettino e cantiniere presso l’abbazia di Hautvillers,
intuì che il vino che si produceva
nella zona aveva la innata tendenza a spumeggiare, e quindi
doveva essere conservato in un
certo modo affinché le bollicine
non si perdessero per strada e
arrivassero “vive e vegete” fino
alla tavola. Così, sostituì il tradizionale cavicchio di legno che
si usava per chiudere le bottiglie
con il turacciolo di sughero che
manteneva una maggiore ermeticità e permeabilità. Ecco che la
geniale trovata dell’abate ha aperto una strada ad un prodotto che
poi negli anni si è perfezionato
grazie ad un eccezionale mix di
elementi che hanno la loro unicità nella regione francese della
Champagne: sottosuolo gessoso
che riverbera il calore del sole,
rigido clima continentale oltre il
49° parallelo, e ultimi ma non ultimi i tre vitigni che i vignerons
hanno selezionato nel corso dei
secoli, Chardonnay, Pinot Noir
e
Pinot
Meunier.
Lo champagne è
tradizionalmente
un vino d’as-
semblaggio : lo
chef
de cave o cantiniere
ha a disposizione una infinita
gamma di tonalità per compor-
re la sua cuvèe, cioè la miscela
dei vini base provenienti da varie annate, ed è una operazione
complessa ma essenziale per
mantenere lo stesso sapore tipico di ogni marca. Dopo l’iniziale
assemblaggio il prodotto viene
pittoresca,infatti le bottiglie
vengono adagiate a testa in
giù nelle apposite rastrelliere bucate (pupitre) e giornalmente vengono roteate
e scosse con delicatezza
(romuage) fino a quando
provvisoriamente imbottigliato
con aggiunta di liqueur de tirage
(miscela di zucchero e lieviti) per
innescare la famosa rifermentazione in bottiglia , momento topico della produzione perché il
vino può restare a contatto con
le cellule morte dei lieviti anche per 4 anni ;terminata questa
fase bisogna espellere i residui e
lo si fa con una modalità un po’
il deposito scivola nel collo a ridosso del tappo;a questo punto si
ghiaccia il collo della bottiglia e
nel momento dell’apertura, grazie alla pressione interna il deposito oramai congelato viene
automaticamente espulso (degorgement). Infine si aggiunge
una dose di liqueur d’expedition
per reintegrare il livello di vino
perduto nell’ultima operazione.
S e mbr a
facile ma
le scelte dello
chef de
cave influiscono enormemente
nell’evoluzione finale
dello champagne. Tutto
ciò richiede
un lavoro paziente e certos i
no e bisogna saper
controllare poi ogni bottiglia una
per una e seguirle fino al rivenditore come fossero figli unici. I
francesi hanno certo dalla loro
parte una ottima capacità imprenditoriale che li vede sempre
compatti nel pubblicizzare i loro
prodotti e hanno anche uno stomaco di ferro come testimonia il
famoso “French Paradox” su cui
tanti studiosi si sono soffermati ultimamente per capire come
mai loro mangino molto più cibo
grasso del resto degli europei,
eppure in proporzione,muoiono
meno per malattie dovute ad
eccesso di grassi! Pare che la
soluzione stia semplicemente
nelle proprietà antiossidanti del
vino che loro consumano giornalmente (ma moderatamente).
Bene,da domani la mela al giorno consigliata dal mio medico
la sostituirò con un bicchiere di
vino ,e mi permetto di credere
che se Eva avesse offerto ad Adamo una buona spremuta di uva
al posto della mitologica mela,
loro sarebbero rimasti gioiosamente nel loro Eden e noi oggi
saremmo immortali.
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Febbraio
Il Fatto “Fotocurioso”
Alla pagina 31 del numero di novembre 2011, avevamo raccontato
la “curiosa” presenza di una multa
sul parabrezza di una delle autovetture in carico all’Amministrazione
comunale. Il tutto avveniva lungo
la “Salita Matteotti”. Chi non avesse
letto quella storia può visionarla su
www.ilfattonisseno.it nella sezione
archivio. Sempre della serie “Salita
Matteotti”, vi raccontiamo un nuovo fatto “Fotocurioso”
Il Da Vinci del posteggio
Inventore del post-it della sosta
di Donatello Polizzi
Altro che
disco orario,
un dipendente
comunale
ha concepito
un nuovo strumento
per giustificare
un parheggio.
Vinci” del posteggio, con il
suo scritto voglia avvisare
tutti che momentaneamente
è impegnato ma che tornerà a prendere l’auto all’orario
prestabilito. Crede peraltro
che un “pizzino” possa derogare alle norme che regolano il
C
altanissetta si rivela terra fertile di automobilisti con fervida fantasia e grande inventiva in tema di parcheggio. Doti che
sembrerebbero albergare con maggiore spessore ed incisività negli utilizzatori delle macchine di servizio
appartenenti agli enti pubblici. Prima
regola, l’auto deve essere posteggiata
nelle vicinanze del luogo che è utile
per il guidatore. L’autista dell’auto del
municipio nisseno ha collocato l’autovettura nella salita Matteotti: poiché in quel punto la sosta è vietata
ed il sito riservato alla sosta dei taxi,
il misterioso guidatore, pensa bene,
di lasciare un biglietto sul cruscotto
con un’enigmatica dicitura “arrivo
ore 16:00” che si presta ad una duplice chiave di lettura. La prima possibilità è che il novello “Leonardo Da
codice della strada; eventualmente
fosse passato un vigile urbano, non
avrebbe dovuto o potuto emettere un
verbale perché l’avviso di ritorno del
guidatore è cortese, gentile, amabile.
Basta lasciare un bigliettino e si evita
la multa. La seconda interpretazio-
ne del criptico messaggio potrebbe
essere che l’utilizzo del post-it giallo
sia avvenuto come un “rudimentale”
disco orario. L’artista della sosta comunica che lui è arrivato alle 16:00,
che adesso sbriga le sue incombenze
personali o professionali e che poi
tornerà a riprendere l’auto. A cosa
serve l’improvvisato disco orario in
una zona in cui è vietata la sosta?
Indipendentemente da quale delle
due teorie ritenere aderente al vero,
rimane un piccolo, minimo, impercettibile problema: caro amico ma
ti sei reso conto che hai posteggiato
l’auto in una zona in cui non è possibile farlo? I cartelli posizionati nelle
pubbliche vie non sono semplicemente degli arredi di architettura e
decoro urbano. Ti sei reso conto che
lasciare un foglietto con alcune parole non risolve la questione ed in particolar modo non deroga al codice
della strada? E’ opportuno, forse, attendersi da chi appartiene ad un’istituzione o che utilizza un mezzo di un
ente pubblico, un maggiore rispetto
della legge? Ai posteri l’ardua sentenza. Anzi vista la situazione al…postit l’ardua sentenza!
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Febbraio