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TRIBUNA MEDICA TICINESE
TMT
Mensile organo ufficiale
Ordine dei medici del Cantone Ticino
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SOMMARIO
TACCUINO
SEZIONE SCIENTIFICA
Le mielodisplasie nel 2010: cosa sono? Quando trattare?
P. Servida
Displasia della mucosa ghiandolare del tratto gastrointestinale
J. Barizzi, L. Mazzucchelli
Ambrosia: un pericolo pneumoallergene, S. Bach, A .J. Bircher,
K. Scherer, B. Wüthrich
Diverticolo cardiaco: fait divers?, M. G. de Baets
Patologia in pillole, L. Mazzucchelli, S. Pianca, F. Reichlin
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ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
Date da ricordare
Offerte e domande d’impiego
Conferenze formative IOSI
Presentazione casi clinici medicina e chirurgia, Ospedale La Carità
Corsi di formazione interna, Reparto Medicina,
Ospedale Regionale di Locarno
Formazione del Reparto di Medicina Interna dell’OBV
Colloqui di formazione del Dipartimento di Chirurgia dell’EOC
Formazione post-graduata del Servizio di Medicina Interna
Circolo di qualità Semine Bellinzona medici/farmacisti
Corso di perfezionamento in medicina psicosomatica e
psicosociale 2010-2012
RASSEGNA DELLA STAMPA
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TACCUINO
Assemblea Ordinaria OMCT, 21 aprile 2010
Relazione presidenziale
Care Colleghe, Cari Colleghi,
Il tempo è passato veloce ed eccoci di nuovo qui dopo la
nostra prima Assemblea del 2010.
Con voi desidero, in primo luogo, fare la retrospettiva degli obiettivi raggiunti nel corso del 2009.
In previsione delle importanti e difficili sfide che ci attendono a breve-medio termine, di primaria importanza era
per l’UP/CdG, una piccola ristrutturazione amministrativa
dell’OMCT.
Questo obiettivo è stato raggiunto con la creazione di una
squadra che, sotto la guida dell’ufficio presidenziale sta,
già in questi primi mesi di rodaggio, dimostrando la sua
efficacia.
Il team si compone di volti “vecchi e nuovi”, di personale
fisso – 2.5 unità – e di 2 consulenti esterni che insieme coniugano una serie di preziose competenze: giuridica, tecnica specifica al settore socio-sanitario, analitica, comunicazionale, linguistica, ordinistica.
Proprio all’inizio di aprile, la nostra squadra è stata completata da un “nuovo membro del team”: il signor Bruno
Cereghetti che sicuramente tanti di noi già conoscono come creatore dell’Ufficio dell’Assicurazione Malattia del
cantone Ticino.
Sarà lui che, grazie alla sua esperienza, potrà allestire ricerche e analisi atte a consigliarci al meglio nell’elaborazione della nostra linea politica per i prossimi anni.
La nuova veste del nostro sito è l’evidente dimostrazione
dell’orientamento snello e aderente all’evoluzione della
realtà sanitaria che intendiamo dare al nostro operato.
Anche la nuova sede a Mezzovico rispecchia, nella sua elegante semplicità, l’immagine di trasparenza del “nostro
agire” che intendiamo proiettare verso l’esterno: quella di
un corpo medico non certo arroccato su una vecchia posizione corporativa, ma parte integrante della realtà socioeconomica del paese in cui viviamo e operiamo e di cui intendiamo essere attori di primo piano, apportando il nostro contributo, sia in veste di cittadini sia in qualità di
operatori principali della sanità, ai quali la società civile affida un ruolo di primaria importanza come la salvaguardia
della salute del cittadino-paziente.
Nell’ottica di una comunicazione più ampia e coinvolgente,
negli ultimi mesi siamo stati presenti sulla stampa scritta e
non e abbiamo preso posizione su diverse tematiche che, da
sempre, stanno a cuore all’OMCT e a tutta la classe medica.
In particolare, abbiamo deciso di rispondere in modo chiaro, gentile e fermo – attraverso le colonne del maggior
quotidiano ticinese – alla polemica (ormai vecchia come il
mondo e che, di tanto in tanto riaffiora) avviata da un domenicale ticinese e relativa agli errori medici.
Sempre in questo campo, siamo stati ospiti particolari dell’Organo ufficiale dell’Associazione dei Consumatori/Consumatrici della Svizzera Italiana ed abbiamo potuto illustrare nel dettaglio le vie che si aprono al paziente che si
ritenesse vittima di un tale errore ed abbiamo pure preso
parte alla conferenza stampa di presentazione della nuova attività dell’ACSI a favore dei pazienti – cogliendo così
l’occasione di far passare la nostra risposta anche attraverso i giornali radio e televisivi.
In questi mesi poi, abbiamo aperto un dialogo con due associazioni professionali che svolgono un ruolo di primo
piano nel tessuto socio-economico ticinese: gli Impresari
Costruttori e gli Industriali Ticinesi (SSIC e AITI).
Fondamentalmente, queste due associazioni hanno ancora una visione della classe medica che oserei definire “un
po’ datata”.
Grazie a un aperto confronto delle nostre differenti razionalità, abbiamo raggiunto l’obiettivo non solo di sfatare
questo mito, ma anche di individuare dove sta il vero problema di una categoria padronale che impiega il 60% circa di frontalieri: il medico d’oltre confine, che non fa la
differenza tra infortunio professionale e malattia e che valuta in modo completamente diverso dal nostro l’esigibilità lavorativa del paziente (es. 40 giorni di inabilità lavorativa per una meniscetomia artroscopia).
Con gli Impresari Costruttori abbiamo divulgato un comunicato stampa congiunto e abbiamo pubblicato un lungo
articolo nella loro pagina web e sul loro giornale sociale “Il
Metrocubo”.
Con gli Industriali il discorso è agli inizi ma, con tutte e
due le associazioni stiamo parlando di una revisione o,
meglio detto, di un completamento del certificato medico
che abbia anche una componente di “job description”
che permetta un più facile reinserimento professionale del
lavoratore colpito da incapacità lavorativa.
Alcuni obiettivi raggiunti nel corso dell’ultimo semestre
confermano il nuovo corso della politica ordinistica.
In questo ambito penso in particolare alla collaborazione
con gli enti del Dipartimento della Sanità per la pandemia,
alla conclusione di una convenzione con la Polizia Cantonale per regolare gli interventi dei medici in casi particolari, alla nostra partecipazione alla redazione del decreto
esecutivo relativo alla Moratoria e della nostra proposta di
“job sharing” (splitting), nonché alle convenzioni per l’eventuale impiego del medico libero professionista in strutture pubbliche.
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TACCUINO
Quando, il 5 febbraio l’Ufficio federale della Sanità ha decretato la fine della pandemia in Svizzera, i dati relativi all’influenza Suina potevano essere riassunti così: 1 milione
di malati di cui 270'000 hanno fatto ricorso a cure mediche e 556 hanno dovuto essere ricoverati, 18 i decessi.
In Ticino, i ricoveri sono stati 33.
Ora, a livello svizzero, rimangono 11 milioni di dosi di vaccino per un investimento totale di 70 milioni di CHF.
In Ticino, secondo le indicazioni del farmacista cantonale,
i medicamenti verranno ripresi dal farmacista di fiducia del
singolo medico e, a fine raccolta, il Cantone procederà al
pagamento delle nostre prestazioni: a questo proposito,
abbiamo sollecitato il farmacista cantonale ad accelerare il
più possibile i tempi di realizzazione.
Analizzando l’evento Pandemia, possiamo chiederci: “Ma
a noi, in Ticino, aldilà delle facili polemiche del senno di
poi, cosa concretamente rimane”?
Sicuramente un’immagine profilata, chiara e affidabile del
corpo medico ticinese nei confronti dei vari attori dell’esercizio Pandemia, in particolare degli enti come il Dipartimento della Sanità, l’Ufficio del Medico Cantonale, della
protezione civile della Federazione Cantonale Ticinese Servizio autoambulanze e, non da ultimo, dei cittadini-pazienti.
La disponibilità incondizionata, dimostrata da tutte le specialità del corpo medico nel far fronte all’evoluzione della
pandemia, ha posto l’Ordine – in qualità di suo rappresentante – in una posizione di “auctoritas”, permettendogli di intervenire attivamente nello sviluppo dei vari scenari legati alla prevenzione, al contenimento e alla cura di
questa nuova influenza.
Come sapete dalle nostre “info”, abbiamo lanciato la “Saniticard”. Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione fra il nostro Ordine e l’Ordine dei Farmacisti che permette di verificare online i medicamenti prescritti al paziente da tutti i medici.
La Saniticard è, non solo una prima a livello svizzero, ma
anche un buon esempio di come si possano sfruttare i
mezzi informatici per supportare quella visione integrata
delle cure di cui tutti parlano e che tutti gli attori del sistema sanitario riconoscono come uno degli elementi base per la revisione di tutto il “progetto sanità”.
Sempre in un’ottica di collaborazione con i vari enti statali, rammento la convenzione con la Polizia Cantonale che
ha il merito di mettere in sinergia il dicastero della Sanità,
quello di Giustizia e Polizia e la classe medica per mano del
suo rappresentante l’OMCT.
Sono chiaramente cosciente che non si tratta di un punto
di arrivo, ma di una soluzione in divenire che sulla base
delle esperienze che faremo nei prossimi mesi, in particolare per quanto riguarda le problematiche relative all’ope-
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rato dei colleghi psichiatri, dovrà poi essere adeguata.
Per il momento però, abbiamo una base di lavoro che come detto, ha il merito di coinvolgere non solo il dipartimento di Giustizia e Polizia ma anche quello della Sanità,
cosa che dà la garanzia al medico, che interviene su mandato della Polizia cantonale per pazienti senza assicurazione di una giusta copertura della prestazione anche nei casi in cui non riesca a incassare il suo onorario.
Una base di lavoro che, mi piace rammentarlo, giunge dopo ben 3 anni di lunghe e trattative e disquisizioni squisitamente legali che spesso hanno messo a dura prova la
nostra razionalità di medici abituati a intervenire in tempi
molto brevi.
Ancora collaborazione, con l’apporto che siamo stati chiamati a dare nella stesura del Decreto Esecutivo sull’applicazione della Moratoria. Ben 10 delle 12 proposte fatte da
OMCT sono state accolte, permettendo così alla classe
medica ticinese di partecipare alla determinazione dei criteri di valutazione che serviranno al rilascio del nulla osta
per l’apertura di nuovi studi medici specialistici e ambulatoriali ospedalieri.
In sintesi, si tratta di criteri di qualità fondati sulla formazione, il perfezionamento, la pratica recente dell’attività professionale e la conoscenza del nostro sistema sanitario.
Un lato certamente interessante del nuovo regolamento,
è la possibilità di “ job-sharing” (splitting). Una formula di
lavoro a tempo parziale proposta dall’OMCT che viene incontro alle esigenze di parecchi medici, siano esse colleghe che desiderano privilegiare il ruolo di mamma oltre a
quello di dottoresse, siano essi colleghi che, giunti alla soglia dell’età canonica della pensione, desiderano diminuire gradualmente il carico di lavoro offrendo in contemporanea la possibilità a un giovane collega di inserirsi, altrettanto gradualmente, nella realtà quotidiana della professione.
FMH e KKA
Desidero ora darvi alcune informazioni relative alle attività
attuali con la FMH e con la KKA.
I temi principali che occupano entrambi i consessi sono riconducibili a due linee principali: quella economica, legata in particolare alle problematiche tariffali (vedasi interpretazioni della normativa che regola il laboratorio nello
studio medico e del forfait per l’incomodo per le visite che
continuerà almeno fino a marzo 2011) e quella politica.
Rammento la discussione, ora in corso, tra la FMH e l’Ufficio Federale della Sanità per l’applicazione della “tassa di
presenza”.
Nell’interpretazione del UFSP la tassa può essere applicata
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solo se il medico “vede” il paziente il giorno stesso in cui
sono state fatte le analisi.
A questo proposito, FMH ha inviato una lettera nella quale si spiega la posizione del corpo medico e, soprattutto,
si evidenziano i maggiori costi causati dalla nuova interpretazione, domandando di intavolare una discussione nel
merito.
Le tematiche eminentemente politiche si riconducono a 5
argomenti fondamentali: i modelli di Managed Care, la
Cassa Malati - unica, proposta nuovamente dal partito socialista e non più legata al reddito imponibile, il progetto
di cassa malati unica regionale (allo studio nei cantoni della Svizzera Occidentale), l’iniziativa popolare dell’Ordine
dei Medici di Ginevra (intesa a separare in modo chiaro
l’Assicurazione Malattia di Base dalle complementari affinché non si possano più effettuare compensazioni a scapito dell’assicurazione di base) e, da ultimo, le trattative
per il valore del punto cantonale.
Le trattative per la determinazione del valore del punto, si
svolgono – come consuetudine, sulla base del contratto
quadro LeiKov e sono condizionate, tra l’altro, dal fatto
che l’assicurazione malattia ASSURA non fornisce più i
suoi dati a Santésuisse. Ora, la scomparsa dei dati ASSURA dalla base dati di Santésuisse ci presenterà costi più
elevati poiché scompaiono i buoni rischi e, in Ticino, ASSURA ha circa il 7% di assicurati.
Per cui vi esorto affinché facciate pervenire all’OMCT le
vostre statistiche attraverso il nostro delegato, affinché
possiamo ricostruire in modo preciso il nostro volume di
fatturazione. Soltanto così avremo gli strumenti assolutamente indispensabili, compresi i dati ROKO, per la discussione del futuro valore del punto che potrà essere necessaria a seconda di come andranno le trattative tra la KKA
e Santésuisse svizzera.
Da tempo però FMH si batte per una revisione totale del
modello di valutazione dei costi, che prenda in considerazione 20 gruppi di costo (uno per specialità medica) ognuno comprendente 10 posizioni principali. Inoltre, questa
revisione deve essere fondata su diversi indici fra cui uno
per noi medici irrinunciabile: una giusta compensazione
dei rischi.
Santésuisse non desidera entrare in discussione su quest’ultimo e fondamentale tema poiché, dal suo punto di
vista, considera superflua la revisione del modello dei costi e propone un congelamento degli stessi fino al 2012.
Per quanto attiene il Managed Care, i progetti, attualmente in discussione alle Camere dovrebbero concretizzarsi e, nell’ottica del nuovo Consigliere Federale Didier
Burkhalter, vedere la luce, possibilmente nel 2011 – ne
parleremo dunque in modo approfondito nel corso dell’Assemblea autunnale, quando forse sapremo con quali
modelli saremo confrontati.
Anche sulla seconda tematica politica, quella della cassa
malati unica, non mi dilungo poiché l’iniziativa verrà presentata ufficialmente solo nell’ottobre prossimo.
Segnalo invece che nella Svizzera Occidentale si sta studiando l’eventualità di proporre un modello di Cassa Malati Unica Regionale (lanciato dal Canton Glarona), il cui
studio di fattibilità dovrebbe terminare nel 2011.
Questo progetto, verosimilmente, non trova insensibile il
nostro DSS dopo l’accantonamento del progetto ticinese
di Cassa Malati Unica Cantonale. Anche se, secondo il nostro immaginario, potremmo vederci più vicini alla Svizzera francofona (per fattori culturali, “consumo di medicina”, valore del punto simile) che non – come invece vediamo in altri progetti – ai Grigioni o ai Cantoni Primitivi
che hanno un punto tariffale più basso (0.82) ma con la
Selbstdispensation.
Da parte nostra riteniamo che il Ticino debba essere considerato regione a sé stante (vista la barriera geografica
delle Alpi, quella culturale e quella linguistica) ma per poter essere considerati una regione autonoma, ci manca
l’ospedale di livello universitario.
In questo senso speriamo di venire coinvolti al più presto
nel progetto Facoltà di Medicina in Ticino, a supporto del
quale potremmo portare la nostra razionalità di medici in
prima linea che fanno della qualità della medicina ambulatoriale una perla del sistema sanitario ticinese.
Come potete notare, le prospettive di lavoro per l’anno in
corso sono praticamente già delineate.
Da un canto dobbiamo continuare a profilarci come partner autorevole e affidabile in materia di sanità, poiché vogliamo divenire il primo interlocutore istituzionale per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si trovano a parlare
non solo di salvaguardia della salute – e ci mancherebbe
che i medici non fossero coinvolti – ma anche per tutte
quelle forze politico-economico-sociali che nei prossimi
anni si occuperanno di tracciare le strategie future del nostro sistema sanitario.
All’interno dell’Ordine, vi sono tutte le diverse esperienze
pratiche e competenze specifiche possibili che possono
dare il loro apporto alla ricerca di soluzioni sostenibili, sia
per la società che per i pazienti che per noi medici.
Tematiche politiche
Veniamo ora ai temi eminentemente politici che sono, in
parte eredità del “decennio Couchepin” e in parte frutto
del nuovo corso al Dipartimento federale della Sanità.
Vi è poi la problematica dell’armonizzazione del punto a
livello federale e della parificazione tra ambulatoriale e
stazionario.
Per fare un esempio, il Ticino è l’unico cantone, con Gine-
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vra, ad avere il punto ambulatoriale più alto di quello stazionario (0.76 per l’ospedale, 0.95 per l’ambulatoriale).
In questo ambito sarà determinante sensibilizzare la classe politica (evidentemente parlo qui a livello cantonale e
federale) in modo da far comprendere che l’armonizzazione del punto al livello più basso, penalizzerebbe soprattutto quei cantoni che come il Ticino, non solo non prevedono la possibilità di dispensare medicamenti, ma anche che attualmente provvedono, grazie alle enormi riserve accumulate dalle casse malati, a compensare i deficit
degli altri cantoni.
Ecco quindi la necessità di costituire una base dati solida
sulla quale fondare le nostre analisi per dimostrare in modo chiaro e inattaccabile come le nostre proposte nei diversi ambiti – penso qui in particolare alla battaglia che da
anni conduciamo con Santésuisse sull’economicità delle
cure – nascano non solo dalla “creatività e dall’intuito”
ma da dati seri e certi.
In conclusione, ritengo di poter riassumere quanto sopraesposto condensandolo nel motto dell’Ordine dei Medici: “un’unica voce - un'unica casa”.
Su questa via ci siamo incamminati in questi 4 anni e ringrazio ancora una volta i colleghi dell’ufficio presidenziale, del consiglio direttivo e il segretariato OMCT per avermi accompagnato e sorretto lungo questo cammino – e
grazie anche a tutti voi per la fiducia che ci avete accordato.
Proprio perché il cammino è iniziato, ma non siamo ancora giunti alla meta, come già preannunciato al Consiglio
Direttivo, dichiaro già fin d’ora la mia disponibilità a proseguire il mandato ricandidandomi per un ulteriore quadriennio alla presidenza dell’OMCT e invitandovi a partecipare numerosi alla prossima assemblea ordinaria che si
terrà il 27 ottobre 2010 e nel corso della quale si svolgeranno le votazioni per il rinnovo della struttura dirigenziale dell’OMCT.
Franco Denti, Presidente OMCT
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SEZIONE SCIENTIFICA
LE MIELODISPLASIE
NEL 2010:
COSA SONO?
QUANDO TRATTARE?
P. Servida
Le sindromi mielodisplastiche o mielodisplasie (MDS) sono un gruppo
eterogeneo di alterazioni non reversibili delle cellule staminali del midollo
osseo, caratterizzate da citopenie
croniche dovute a produzione displastica e inefficace delle cellule del sangue e da un rischio variabile di trasformazione in leucemia acuta. Possono presentarsi “de novo” oppure
insorgere anni dopo l’esposizione ad
agenti mutageni (radiazioni, chemioterapia).
La prima classificazione è degli anni
’70, ma il primo riconoscimento di
queste condizioni risale al 1938,
quando vennero descritti 100 pazienti affetti da anemia definita “refrattaria”, il 60% dei quali non avevano altre patologie che giustificassero la loro condizione (Rhoades, 1938).
Successivamente, venne usato il termine “anemia preleucemica” per descrivere casi di anemia refrattaria presentatisi prima dello sviluppo di una
leucemia acuta mieloide (AML), mentre il termine “preleucemia” venne
coniato nel 1953 per descrivere un
gruppo di pazienti con citopenie refrattarie che successivamente mostrarono un’evoluzione in AML
(Block, 1953).
Nel 1976, il gruppo Cooperativo
Franco-Americano-Britannico (FAB)
definì per la prima volta l’anemia refrattaria con eccesso di blasti (AREB) e
la leucemia mielomonocitica cronica
(CMML) come condizioni preleucemiche. Sei anni dopo, lo stesso gruppo
FAB aggiunse altre tre categorie alla
classificazione e adottò il termine attuale di sindromi mielodisplastiche
(Tabella 1).
Negli ultimi dieci anni queste condizioni sono state riclassificate dalla
WHO (World Health Organization), e
questa classificazione WHO (Tabella
2) è quella attualmente in uso.
cito attendersi tra dieci e quindici nuovi casi ogni anno. Il rischio inoltre aumenta con l’età, e l’incidenza annuale
arriva ad essere fino a 90/100.000 nei
pazienti con più di 80 anni.
Molto più raramente, le mielodisplasie
possono presentarsi anche in età pediatrica, dove si osservano principalmente la leucemia mielomonocitica
giovanile e la sindrome da monosomia
del cromosoma 7, con caratteristiche
cliniche simili alla leucemia mielomonocitica cronica dell’adulto.
Presentazione clinica
Le manifestazioni di esordio sono
aspecifiche. Molti pazienti sono asintomatici, e la diagnosi viene posta
per caso, successivamente ad esami
ematochimici. Altre volte la sintomatologia è legata all’anemizzazione
(stanchezza, intolleranza all’attività
fisica, vertigini, malessere, disturbi
cardiologici).
Altre volte ancora la prima manifestazione è rappresentata dalle infezioni,
dovute alla neutropenia in quanto tale o alla disfunzione dei neutrofili (per
disturbi nella chemiotassi o nel killing
dei batteri). Predominano le infezioni
batteriche, e le infezioni rimangono la
principale causa di morte. In una discreta percentuale di pazienti (fino al
30%) possono essere presenti anche
manifestazioni autoimmuni.
Le mielodisplasie stanno diventando
entità osservate sempre più frequentemente, sia per il miglioramento delle
tecniche diagnostiche, sia per il generale allungamento di vita della popolazione. Sono infatti patologie caratteristiche dell’anziano. L’età media dei pazienti è generalmente superiore a 65
anni, e l’esordio prima dei 50 anni è raro, con l’eccezione delle mielodisplasie
secondarie a precedenti trattamenti.
La loro incidenza precisa non è conosciuta, ma verosimilmente nell’anziano
supera quella delle AML. Negli USA sono state riportate incidenze annuali rispettivamente di 4/100.000 nelle MDS
e 2/100.000 nelle AML. Se rapportiamo queste stime al Canton Ticino, è leTipo
RA
RARS
RAEB
CMML
RAEB-T
percentuale percentuale di
di blasti
blasti nel
midollari
sangue
periferico
<5
<5
5-20
≤ 20
21-30
Corpi di
Auer
Monociti
> 1000/µl
Sideroblasti ad anello,
> 15% delle cellule
eritroidi nucleate
NO
NO
NO
NO
±
NO
NO
NO
SI
±
NO
SI
±
±
±
≤1
≤1
<5
<5
≥5
RA = anemia refrattaria
RARS = anemia refrattaria con sideroblasti ad anello
RAEB = anemia refrattaria con eccesso di blasti
CMML = leucemia mielomonocitica cronica
RAEB-T = anemia refrattaria con eccesso di blasti in trasformazione
Tab. 1: Mielodisplasie: classificazione FAB
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SEZIONE SCIENTIFICA
Patologia
Sangue periferico
Midollo
Anemia Refrattaria
(RA)
Anemia
Blasti assenti o rari
Solo displasia eritroide
blasti <5 %
sideroblasti ad anello < 15%
Anemia Refrattaria con
sideroblasti ad anello
(RARS)
Anemia
Blasti assenti
Solo displasia eritroide
blasti <5 %
sideroblasti ad anello 15%
Citopenia Refrattaria con
displasia multilineare
(RCMD)
Bi- o pancitopenia
Blasti assenti o rari
Assenza di corpi di Auer
Monociti <1,000/µL
Displasia in 10% delle cellule in 2
o piu’ linee mieloidi
blasti <5 %
Assenza di corpi di Auer
sideroblasti ad anello < 15%
Citopenia Refrattaria con
sideroblasti ad anello
(RCMD-RS)
Bi- o pancitopenia
10% delle cellule
Blasti assenti o rari
Assenza di corpi di Auer
Monociti <1,000/µL
Displasia in displasia multilineare e
in 2 o più linee mieloidi
blasti <5%
Assenza di corpi di Auer
sideroblasti ad anello ≥15%
Anemia refrattaria con
eccesso di Blasti – 1
(RAEB-1)
Citopenie
blasti <5%
Assenza di corpi di Auer
Monociti <1,000/µL
Displasia unilineare o multilineare
blasti = 5-9%
Assenza di corpi di Auer
Anemia refrattaria con
eccesso di Blasti – 2
(RAEB-2)
Citopenie
blasti 5 - 19 %
Corpi di Auer ±
Monociti <1,000/µL
Displasia unilineare o multilineare
blasti = 10-19%
Corpi di Auer ±
MDS non classificate
(MDS-U)
Citopenie
Displasia unilineare in granulociti o
megacariociti
Blasti < 5%
Corpi di Auer assenti
Blasti assenti o rari
Corpi di Auer assenti
Mielodisplasia con del(5q)
“sindrome 5q-“
Anemia
Blasti < 5%
Piastrine solitamente
normali o aumentate
Megacariociti normali o aumentati
con nuclei ipolobati
Blasti < 5%
Corpi di Auer assenti
Anomalia citogenetica isolata:
del (5q)
NB: la classificazione WHO considera il sottogruppo FAB AREB-T (blasti midollari ≥ 20%)
come Leucemie Mieloidi Acute con Mielodisplasia
Tab. 2: Mielodisplasie: classificazione WHO
Alterazioni nell’esame obiettivo
Generalmente non ci sono rilievi particolari, se non i segni legati all’anemia (pallore) o eventualmente alla
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
piastrinopenia (petecchie). Le organomegalie sono molto rare, con l’eccezione della leucemia mielomonocitica cronica, in cui si osserva un’im-
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portante splenomegalia nel 25% dei
pazienti, spesso accompagnata da
epatomegalia, adenopatie e infiltrati
sottocutanei.
Alterazioni di laboratorio
Le analisi di laboratorio documentano principalmente alterazioni quantitative di uno o più degli elementi cellulati del sangue, e questo serve per
l’inquadramento nell’originale classificazione FAB.
Inoltre alcune anomalie cromosomiche possono essere associate a specifici sottotipi o caratteristiche clinico
patologiche.
L’anemia è quasi sempre presente,
generalmente associata ad un numero di reticolociti inappropriatamente
basso. Il 50% dei pazienti mostra una
pancitopenia già alla diagnosi, ma
l’anemia è la più frequente citopenia
isolata. La morfologia eritrocitaria è
normalmente normocitica o macrocitica, anche se i pazienti con anemia
sideroblastica con sideroblasti ad
anello possono presentare una microcitosi.
La leucopenia, generalmente dovuta
ad una neutropenia assoluta, si trova
alla diagnosi nel 50% circa di pazienti. Nel sangue periferico si può osservare una piccola quota di forme immature. I granulociti sono frequentemente iposegmentati; questa alterazione viene definita anomalia pseudoPelger, e spesso è accompagnata da ridotta o assente granulazione. I granulociti mostrano generalmente difetti
nella loro funzione, come alterata fagocitosi o attività battericida, e alterate proprietà di adesione e movimento.
Queste disfunzioni motivano l’aumentata suscettibilità ad infezioni, soprattutto batteriche.
È possibile documentare una piccola
percentuale di blasti circolanti. Questo
non significa necessariamente che ci si
trova già di fronte ad una leucemia,
ma questo sospetto deve essere invece posto se al loro interno viene osservata la presenza di corpi di Auer.
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SEZIONE SCIENTIFICA
In categorie FAB diverse dalla CMML
sono frequenti modeste alterazioni
nel numero dei monociti. La CMML è
invece caratterizzata da una monocitosi assoluta (cioè > 1000/µl), spesso
associata ad un’agranulocitosi, e con
molti monociti che mostrano caratteristiche citologiche atipiche. In questi
pazienti il midollo è uniformemente
ipercellulare, con cellule mononucleate che mostrano caratteristiche
intermedie tra mielociti e monociti,
chiamate cellule paramieloidi. In questa situazione, nel sangue e nelle urine si può documentare un aumento
del lisozima, che riflette un’incrementata monocitopoiesi e turnover cellulare.
Nel 25% dei pazienti con mielodisplasie si osservano vari gradi di piastrinopenia, che però non è una frequente manifestazione iniziale, diversamente dall’anemia.
Paradossalmente, anche la trombocitosi può essere una caratteristica delle mielodisplasie, se pur meno frequente della trombocitopenia, ed è
stata descritta in particolare nella cosiddetta “sindrome del 5q-“: in questa situazione la trombocitosi si presenta in associazione ad un’anomalia
specifica, la delezione interstiziale del
braccio lungo del cromosoma 5.
Alterazioni morfologiche midollari
Il midollo osseo nelle mielodisplasie è
generalmente ipercellulare e accompagnato da displasia di una o più linee.
La presenza di una pancitopenia periferica a fronte di un midollo ipercellulare riflette la perdita prematura di cellule dovuta a morte intramidollare
(apoptosi). L’ipocellularità è invece meno comune, e si trova più frequentemente nelle mielodisplasie successive a
precedenti terapie. Le cellule midollari
in questa situazione sono morfologicamente e spesso anche citogeneticamente anormali, facilitando così la distinzione dall’anemia aplastica.
Per alterazioni “displastiche” midollari
si intendono cambiamenti morfologici
di singole popolazioni cellulari. Nella
serie mieloide si possono osservare
asincronie di maturazione e alterazioni
nella granulazione, generalmente con
cellule ipogranulate. La serie eritroide è
caratterizzata da cellule solitamente di
dimensioni superiori al normale e con
alterazioni nucleari (eritroblasti con
due nuclei, ponti internucleari, nuclei
allungati e non rotondi). I megacariociti possono essere di piccole dimensioni
(micromegacariociti), talvolta mononucleati o con nuclei multipli e dispersi. I
megacariociti non lobulati o mononucleati si possono osservare soprattutto
nella sindrome del 5q-.
Nella biopsia midollare si può osservare con metodi di impregnazione argentica un incremento anormale nel
numero e nello spessore delle fibre reticoliniche, indicativo di una fibrosi.
Una fibrosi da lieve a moderata si trova fino al 50% dei pazienti con mielodisplasie, e una fibrosi grave nel 1015%. La fibrosi midollare si può avere
in tutti i sottotipi di mielodisplasie, ma
è più frequente in quelle secondarie a
precedenti terapie. I pazienti con fibrosi molto aumentata sono spesso pancitopenici, con displasia trilineare, proliferazione atipica dei megacariociti e
cattiva prognosi. Si pensa che l’intensa
proliferazione fibroblastica sia il risultato della liberazione di citochine (tGFbeta e PDGF) dai megacariociti displastici.
La diagnosi morfologica può essere
migliorata dall’uso di colorazioni citochimiche e studi di citometria a flusso,
che permettono di valutare l’entità dei
sideroblasti ad anello, di colorare gli
eritroblasti per documentare la diseritropoiesi, e di confermare la natura
mieloide dei blasti e distinguere forme
granulocitarie e monocitarie anormali.
Alterazioni citogenetiche
L’esecuzione dell’aspirato midollare
deve essere sempre accompagnata
dall’invio di un campione per la citogenetica. Infatti proprio la presenza
di eventuali alterazioni citogenetiche
75 MAGGIO 2010
può confermare la diagnosi e permettere di inquadrare la condizione
sotto l’aspetto prognostico. Le alterazioni citogenetiche più comuni sono
a carico dei cromosomi 5, 7, 8, 20. Le
delezioni del braccio lungo del cromosoma 5 o 20 si accompagnano
generalmente ad una prognosi relativamente favorevole. Invece sono accompagnate ad una prognosi sfavorevole le alterazioni a carico del cromosoma 7 o 8, o la presenza di cariotipi complessi.
Classificazione
Basandosi sulle caratteristiche del
sangue periferico e midollare, il gruppo FAB originariamente ha distinto 5
sottotipi morfologici di MDS (Tabella
1). Questa lista si è poi evoluta con
l’adozione della classificazione WHO,
che include le seguenti condizioni (si
rimanda alla Tabella 2 per i dettagli):
Anemia refrattaria: blasti midollari
< 5%, e blasti nel sangue periferico
≤ 1%. Assenza di monocitosi, assenza di sideroblasti ad anello e di corpi
di Auer.
Anemia refrattaria con sideroblasti ad anello: criteri analoghi all’anemia refrattaria, ma percentuale di sideroblasti ad anello > 15%.
Citopenia refrattaria con displasia
multilineare: blasti midollari inferiori al 5% ma grave displasia in due o
più linee cellulari.
Citopenia refrattaria con
displasia multilineare
e sideroblasti ad anello
Anemia refrattaria con eccesso di
blasti: percentuale di blasti midollare
variabile dal 5 al 19%. Distinta in 2
ulteriori categorie (AREB-1 e AREB-2)
a seconda che il numero dei blasti sia
inferiore o superiore a 10%, o che
siano presenti corpi di Auer.
MDS non classificabili
MDS con delezione del braccio
lungo del cromosoma 5 (“Sindrome 5q-“): La presenza di una delezione interstiziale del braccio lungo del
cromosoma 5 in alcuni pazienti con
TRIBUNA MEDICA TICINESE
173
mielodisplasie:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:15 Pagina 174
SEZIONE SCIENTIFICA
MDS ha condotto alla definizione di
questo sottotipo particolare, caratterizzato generalmente da anemia dipendente da trasfusioni, bassa incidenza di neutropenia, piastrinopenia,
infezioni e sanguinamenti. Le piastrine sono normali o aumentate, contemporaneamente a iperplasia midollare di micromegacariociti ipolobulati.
L’incidenza di trasformazione in leucemia acuta è relativamente bassa
(16%). Caratteristica di questa variante è la possibilità di rispondere bene al
trattamento con lenalidomide.
La classificazione WHO invece non
considera più mielodisplasie le seguenti due condizioni:
Leucemia mielomonocitica cronica: È considerata attualmente una
malattia “mielodisplastica/mieloproliferativa”, poiché ha caratteristiche di
entrambe le condizioni. Si può associare ad una percentuale di blasti nel
midollo fino al 20% e nel sangue inferiori al 5% e da un numero di monociti nel sangue > 1000/µl. I corpi di
Auer sono assenti e i sideroblasti ad
anello possono o no essere presenti.
Anemia refrattaria con eccesso di
blasti in trasformazione: quando
la percentuale di blasti è superiore al
20%, la condizione viene attualmente considerata una leucemia acuta.
Diagnosi differenziale
La diagnosi di mielodisplasia dovrebbe essere considerata in ogni paziente (soprattutto se anziano), con citopenia inspiegata o monocitosi. È necessario esaminare con attenzione lo
striscio di sangue periferico e l’aspirato midollare per documentare le caratteristiche displastiche a cui si è accennato precedentemente. È contemporaneamente importante valutare lo stato nutrizionale e possibili
deficit di vitamine (in particolare folati e vitamine del gruppo B), l’esposizione precedente ad agenti tossici o
radiazioni, e come già sottolineato
l’esame del midollo deve prevedere
174
TRIBUNA MEDICA TICINESE
sempre l’analisi citogenetica e la
biopsia ossea. Le analisi immunofenotipiche in citometria a flusso e immunoistochimiche possono essere
utili nell’identificare con precisione la
percentuale di cellule più immature.
Un certo numero di condizioni può
infatti essere confuso con le sindromi
mielodisplastiche, e alcune delle caratteristiche delle mielodisplasie possono mescolarsi con quelle di altre
condizioni ben descritte. Vengono
qui accennate di seguito.
Leucemia mielomonocitica cronica (CMML): questa condizione, che
la classificazione FAB considerava
una mielodisplasia, attualmente viene considerata una forma “di transizione” con le sindromi mieloproliferative.
Anemia megaloblastica: in questa
condizione gli eritrociti sono di grosse dimensioni, ma i neutrofili sono
generalmente ipersegmentati e non
iposegmentati. Fondamentale in
questo caso il dosaggio della vitamina B12 e dei folati.
Anemia aplastica verso MDS ipocellulare: sebbene la maggior parte
dei pazienti con mielodisplasia abbia
una cellularità normale o aumentata,
una percentuale variabile dall’8 al 28
ha una cellularità midollare inferiore
al 25% o comunque inferiore a
quanto ci si aspetterebbe basandosi
sull’età del paziente. La distinzione
tra anemia aplastica e mielodisplasia
ipocellulare è importante poiché il
decorso clinico e il trattamento di
queste due condizioni sono differenti. La presenza di un’anomalia clonale (per esempio 5q- o monosomia del
7) conferma la diagnosi di mielodisplasia. Al contrario, la valutazione
dell’espressione del recettore per il
TNF sulle cellule staminali midollari
può aiutare a discriminare le aplasie
midollari, che mostrano un’espressione nettamente maggiore rispetto alle
mielodisplasie.
75 MAGGIO 2010
Mielofibrosi: l’assenza di splenomegalia e il decorso generalmente rapidamente progressivo distinguono le
mielodisplasie dalla mielofibrosi primaria. In alcuni pazienti, tuttavia, è
difficile distinguere una variante mielodisplastica con fibrosi midollare da
altre condizioni come la mielofibrosi
primaria, la fase accelerata della leucemia mieloide cronica o la leucemia
acuta megacariocitica (FAB M7). A
questo riguardo, può essere di aiuto
la presenza della mutazione JAK2V617F, presente nel 50% delle mielofibrosi. Questa mutazione è invece
rara nelle mieloproliferative atipiche e
presente solo nel 5% delle mielodisplasie.
Infezione da HIV: un’ematopoiesi
displastica e vari gradi di citopenia
sono comuni in associazione all’infezione da HIV. Tra le più comuni alterazioni midollari si osservano l’ipercellularità, le alterazioni displastiche,
un’ematopoiesi megaloblastica, la fibrosi, la presenza di aggregati linfocitici e di granulomi. La displasia ematopoietica in questi pazienti può derivare dai farmaci, da infezioni opportunistiche o dall’effetto diretto dell’HIV sui progenitori ematopoietici. Per
questo motivo, è utile effettuare uno
screening sierologico per HIV nei pazienti con citopenia inspiegata o mielodisplasia.
Farmaci: numerosi farmaci possono
essere causa di alterazioni displastiche midollari: tra tutti, quelli più frequentemente in causa sono l’acido
valproico, il micofenolato, il ganciclovir, l’alemtuzumab. Inoltre note displastiche possono essere dovute a carenza di sali minerali, come rame o
zinco.
Prognosi e linee guida per il
trattamento
Le problematiche legate al trattamento delle sindromi mielodisplastiche sono molteplici, in primo luogo
legate alla loro eterogeneità e alla
tuttora scarsa comprensione dei loro
mielodisplasie:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:15 Pagina 175
SEZIONE SCIENTIFICA
meccanismi eziopatogenetici. Inoltre
le opportunità di trattamento sono limitate dall’età dei pazienti, spesso
affetti da comorbidità che riducono o
impediscono la possibilità di un approccio chemioterapico, peraltro di
per sé poco efficace in queste condizioni.
Il trattamento può porsi l’obiettivo di
guarire la condizione, oppure di limitare la probabilità di trasformazione
in leucemia acuta, oppure di migliorare i sintomi e la qualità di vita.
Fino a pochi anni fa, le opportunità di
trattamento erano sostanzialmente
rappresentate dal solo supporto tra-
sfusionale. Negli ultimi anni negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l’uso di azacitidina, decitabina (non disponibile
in Svizzera) e lenalidomide. Questi
farmaci sono in grado di ridurre l’entità del supporto trasfusionale e ridurre la probabilità di trasformazione
in una leucemia acuta. La trasformazione in AML è generalmente una
causa di morte meno frequente rispetto all’insufficienza midollare, ma
quando si presenta è scarsamente responsiva ai trattamenti chemioterapici standard per le leucemie mieloidi
acute.
Variabile
blasti midollari (%)
Cariotipo*
Citopenie •
0/1
Score
0
0.5
1.0
1.5
2.0
<5
Good
5-10
Intermediate
Poor
11-20
-
21-30
-
2/3
-
-
-
Gruppo di rischio
Low
Intermediate-1
Intermediate-2
High
Cariotipo non valutabile
IPSS score
0
0.5-1.0
1.5-2.0
2.5-3.5
(non assegnabile)
Sistema di calcolo:
1) Determinare uno “score” da 0 a 2 per ciascuna delle tre variabili.
2) Sommare i tre valori per ottenere lo “score” IPSS.
Esempio: un paziente con blasti midollari = 12% (score 1.5), alterazioni complesse del cariotipo (cariotipo “poor” = score 1.0), neutrofili assoluti = 1000/µL, e piastrine = 50,000/µL (2 citopenie = score 0.5) avrà un IPSS globale di 3.0 (= alto rischio).
*Definizioni di cariotipo:
Good: Normale; -Y; del(5q); del(20q)
Poor: Alterazioni complesse ( 3 anormalità); alterazioni del cromosoma 7
Intermediate: tutte le altre
Non valutabile: ≤ 6 metafasi valutabili
• Definizioni di citopenia:
Linea eritroide: Emoglobina <10 g/dL (100 g/L)
Linea mieloide: Neutrofili assoluti <1800/µL
Piastrine: Platelet count <100,000/µL
Adattata da Greenberg P, et al. Blood 1997; 89:2079. Erratum in Blood 1998; 91:1100.
Tab. 3: Classificazione IPSS (International prognosis scoring system) nelle sindromi mielodisplastiche
75 MAGGIO 2010
L’unico trattamento potenzialmente
curativo è il trapianto allogenico di
cellule staminali ematopoietiche, che
però reca con sé una mortalità significativa e la cui applicazione in pazienti con età superiore ai 60-65 anni
è difficoltosa.
L’impostazione di un adeguato trattamento attualmente non può prescindere da una diagnosi precisa e
dalla valutazione della prognosi. A
quest’ultimo scopo è estremamente
utile considerare lo score IPSS.
IPSS (International Prognostic
Scoring System)
Le classificazioni FAB e WHO sono
utili per un inquadramento diagnostico, ma non danno informazioni sulla
prognosi. Sono quindi state prese in
considerazione altre variabili (età,
sesso, condizioni cliniche, numero
delle citopenie, anormalità citogenetiche), arrivando nel 1997 a sviluppare l’IPSS, in cui vengono distinti quattro gruppi di rischio (relativamente a
sopravvivenza generale e probabilità
di sviluppare una AML), definiti in base a percentuale di blasti midollari,
presenza di alterazioni citogenetiche
e numero di citopenie. Queste tre variabili vengono combinate così da ottenere dei punteggi di “score”, a cui
corrispondono i quattro gruppi di rischio (Low-risk, Intermediate-1, Intermediate-2, High-risk). Nelle Tabelle
3 e 4 è rispettivamente indicato come calcolare lo score IPSS e la sopravvivenza media relativamente allo
score. La Tabella 5 mostra le curve di
sopravvivenza relative alle diverse categorie di score IPSS.
Trattamento
Come già accennato, il trattamento
delle mielodisplasie ha diversi obiettivi: controllare i sintomi legati alle citopenie, migliorare la qualità di vita,
minimizzando la tossicità della terapia, e migliorare la sopravvivenza globale, riducendo la progressione in
AML.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
175
mielodisplasie:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:15 Pagina 176
SEZIONE SCIENTIFICA
IPSS
SCORE
Sopravvivenza media
low-risk
0
5.7 anni
INT-1
0.5 - 1.0
3.5 anni
INT-2
1.5 - 2.0
1.2 anni
High risk
2.5 - 3.5
0.4 anni
Tab. 4: IPSS - Prognosi
A motivo dell’età avanzata della maggior parte dei pazienti, della cronicità
della condizione, e delle contemporanee morbidità, le cure di supporto sono una componente centrale del trattamento. La più frequente misura di
supporto è rappresentata dalla trasfusione di globuli rossi. Inoltre i pazienti
devono ricevere tempestivamente terapie antibiotiche per le infezioni, ed
eventualmente supporto trasfusionale
con concentrati di piastrine per sanguinamenti dovuti a piastrinopenia.
Tab. 5: IPSS e curve di sopravvivenza/evoluzione
in AML
Il NCCN (National Cancer Comprehensive Network) suggerisce di impostare
la terapia in base ad età, performance
status (PS), e rischio IPSS.
1) Nei pazienti di età inferiore a 60 anni, con PS buono e IPSS Intermediate2 o alto (sopravvivenza mediana attesa
inferiore a 2 anni) è suggerito di impostare terapie definite “ad alta intensità” (chemioterapie antileucemiche,
trapianto allogenico).
2) Nei pazienti di età inferiore a 60
anni, con PS buono e IPSS basso o Int1, è suggerito di utilizzare terapie “a
bassa intensità” o solo terapie di supporto.
3) Nei pazienti di età superiore a 60
anni con PS buono e IPSS Int-2 o alto,
in cui la sopravvivenza è attorno a 6
mesi-1 anno, viene suggerito di utilizzare terapie “a bassa intensità”, tranne che in pazienti selezionati.
176
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Trasfusioni di eritrociti e
chelazione del ferro
Nelle mielodisplasie è generalmente
necessaria una terapia trasfusionale
di lunga durata, che sembra avere un
impatto negativo sulla sopravvivenza.
Non è completamente chiaro perché
il supporto trasfusionale si associ negativamente alla sopravvivenza, ma
l’accumulo di ferro può giocare un
ruolo. Quando si ritiene che i pazienti avranno necessità di un supporto
trasfusionale prolungato (più di 2030 trasfusioni) o quando si osserva o
si attende una ferritina > 2500 µg/L,
è opportuno prendere in considerazione un trattamento chelante profilattico o terapeutico, soprattutto nei
pazienti con IPSS basso o intermedio1. L’obiettivo dovrebbe essere quello
di ottenere e mantenere una ferritina
inferiore almeno a 1000 µg/L. Il beneficio a lungo termine della terapia
chelante nei pazienti ad alto rischio è
invece verosimilmente basso, poiché
la sopravvivenza è già di per sé ridot-
75 MAGGIO 2010
ta, e l’accumulo di ferro non ha il
tempo di causare danni ulteriori.
Diverse linee guida suggeriscono l’uso di agenti ferro-chelanti nei pazienti con MDS e sovraccarico di ferro. Diversamente da quanto documentato
nella talassemia, non esiste però evidenza da studi randomizzati che la
chelazione del ferro nelle MDS possa
migliorare un danno d’organo, ridurre la mortalità e prolungare la sopravvivenza. Al momento attuale sono disponibili solo informazioni
aneddotiche da studi non randomizzati. Gli agenti chelanti attualmente a
disposizione sono la Deferoxamina
(Desferal®) e il Deferasirox (Exjade®).
La Deferoxamina, chelante del ferro
“storico”, è purtroppo somministrabile solo per via endovenosa o sottocutanea. La sua somministrazione è
scomoda, richiede pompe per l’infusione continua e spesso è mal tollerata dai pazienti. In alternativa, da pochissimi anni è a disposizione il Deferasirox, un chelante del ferro somministrabile per via orale, la cui formulazione semplifica di molto la terapia.
Il costo, di per sé molto elevato, viene in parte bilanciato dalla minore
necessità di impegno infermieristico
e dalla non necessità di usare le costose pompe per l’infusione della Deferoxamina.
Fattori di crescita emopoietici
Nelle mielodisplasie è possibile utilizzare fattori di crescita ricombinanti
quali G-CSF, GM-CSF o eritropoietina
(EPO), per tentare di migliorare i valori numerici dei leucociti o l’anemia.
Purtroppo si osserva una ridotta risposta alla loro somministrazione,
dovuta alla ridotta proliferazione dei
precursori ematopoietici nel midollo
displastico.
La risposta dei pazienti con mielodisplasie alla somministrazione di GMCSF o al G-CSF da soli è stata sconfortante, e le linee guida del NCCN non
ne raccomandano l’uso, se non in situazioni del tutto limitate, per miglio-
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SEZIONE SCIENTIFICA
rare nell’immediato le condizioni di pazienti neutropenici e febbrili.
Per quanto riguarda l’eritropoietina,
studi iniziali hanno documentato che
dal 20 al 55% dei pazienti con mielodisplasie possono rispondere al trattamento con EPO, generalmente ad alte
dosi. Con qualsiasi prodotto, le risposte erano più probabili se i livelli endogeni di eritropoietina erano < 100 o
200 mU/ml, e anche più probabili nei
pazienti con bassa necessità trasfusionale. La somministrazione di eritropoietina può essere tentata fino a valori di EPO endogena < 500 mU/ml. Al
di sopra di questi valori è del tutto inutile. La sua somministrazione dovrebbe
inoltre essere sospesa se nei 2-3 mesi
successivi all’inizio della terapia non si
osserva un miglioramento spontaneo
della emoglobina, o una riduzione del
supporto trasfusionale.
Per quanto riguarda la terapia di associazione tra EPO e G-CSF, un paio di
studi retrospettivi sembravano avere
suggerito un miglioramento nella sopravvivenza. In realtà, nessuno studio
prospettico ha successivamente documentato che il loro uso combinato
possa migliorare la sopravvivenza o ridurre il rischio di trasformazione in leucemia acuta.
Farmaci immunosoppressori
Una sottopopolazione di pazienti con
mielodisplasia può presentarsi con un
midollo ipocellulare, con caratteristiche
simili a quelle di un’anemia aplastica, e
forse il meccanismo eziologico è simile. Tra i pazienti con IPSS basso o Int-1,
quelli con mielodisplasie ipocellulari
hanno una prognosi complessiva migliore di quelli con midollo normocellulare o ipercellulare, e hanno la minore probabilità di trasformarsi in leucemia acuta.
Una certa proporzione di questi pazienti può rispondere alla somministrazione di siero antilinfocitario, con o
senza l’aggiunta di ciclosporina. Un altro studio ha utilizzato la ciclosporina
da sola.
Talidomide e lenalidomide
Si è osservato che agenti immunomodulatori e antivascolari come la talidomide e la lenalidomide hanno
una certa attività nei pazienti con
mielodisplasie. La talidomide ha di
per sé un’efficacia relativamente bassa e limitata a pazienti con mielodisplasie a basso rischio. Inoltre la sua
attività è limitata dagli effetti collaterali. La lenalidomide invece, un derivato della talidomide con minore tossicità, ha mostrato buona attività nel
ridurre il supporto trasfusionale in
pazienti con mielodisplasie a basso rischio, particolarmente in quelli affetti da “sindrome del 5q-“.
Nei pazienti con “sindrome del 5q-“
a rischio basso o intermedio, la lenalidomide a basse dosi è in grado di ridurre significativamente il supporto
trasfusionale, nonché di ottenere una
risposta citogenetica completa e una
normalizzazione delle note displastiche midollari in più del 30% dei pazienti, dopo 2 anni di trattamento
(List, 2006).
La lenalidomide si è invece rivelata
meno efficace in pazienti con sindrome del 5q- a rischio Int-2 o alto, in
cui la remissione ematologica si è osservata solo nel 15% dei casi (Ades,
2009).
Una certa efficacia della lenalidomide, sempre in termini di riduzione
delle necessità trasfusionali, è stata
osservata anche in cariotipi differenti
dal 5q-, e può giustificare il suo uso
anche in queste situazioni.
Chemioterapia ad intensità bassa
o intermedia
L’utilizzazione di chemioterapie a
“bassa intensità” è suggerito in pazienti con IPSS intermedio o alto, non
candidati a terapie più impegnative.
Le tre opzioni a disposizione sono
rappresentate dall’Ara-C, dall’Azacitidina, e dalla Decitabina (quest’ultima non disponibile in Svizzera).
L’Ara-C a basse dosi è il farmaco storicamente più studiato, ma con rispo-
75 MAGGIO 2010
ste inferiori al 20%, nessun beneficio
clinico significativo, ed effetti collaterali in una discreta percentuale di pazienti. Non c’è ormai più motivo di
utilizzarlo.
L’Azacitidina (Vidaza®) è l’unica “novità” farmacologica di questi ultimi
anni nel trattamento delle mielodisplasie. Si ritiene che eserciti il suo effetto antineoplastico sia mediante
una ipometilazione del DNA che mediante un effetto citotossico diretto
sulle cellule midollari. Ha il vantaggio
di poter essere somministrata per via
sottocutanea, in ambito ambulatoriale, e viene considerata una terapia a
“bassa” intensità, cioè poco tossica e
con scarsissimi effetti collaterali. Nell’ultimo anno sono stati pubblicati
dati da uno studio randomizzato di
fase III, in cui i pazienti trattati con
azacitidina hanno migliori risposte
ematologiche, più lenta progressione
in leucemia acuta, migliore sopravvivenza e migliore qualità di vita rispetto a quelli trattati con Ara-C a basse
dosi (Fenaux 2009, 2010).
È quindi la migliore opzione da tenere a disposizione per pazienti non
candidati a terapie più impegnative.
L’azacitidina viene somministrata
giornalmente per 5 o 7 giorni di seguito, ogni mese. È necessario comunque tenere presente che almeno
dopo i primi cicli è possibile osservare
un peggioramento della pancitopenia, e che le necessità trasfusionali e i
rischi infettivi possono inizialmente
incrementare. I pazienti devono quindi essere comunque strettamente
monitorati. La terapia nell’arco di
qualche mese può essere in grado di
migliorare i valori periferici delle cellule ematiche, e se si osserva una risposta, la terapia andrebbe proseguita fino a mantenimento della risposta
stessa.
Chemioterapia antileucemica
ad alta intensità
Una chemioterapia aggressiva antileucemica nei pazienti con MDS non
TRIBUNA MEDICA TICINESE
177
mielodisplasie:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:15 Pagina 178
SEZIONE SCIENTIFICA
è generalmente efficace come nei
pazienti con leucemia acuta mieloide. Questo riflette l’età avanzata e la
citogenetica ad alto rischio, e forse
anche un effetto sfavorevole dovuto
di per sé alla presenza della mielodisplasia. I pazienti con blasti midollari
> 10 % dovrebbero comunque essere considerati per terapia antileucemica se sono relativamente giovani (<
60 anni), e con un buon PS.
Uno studio multicentrico ormai di quasi 10 anni fa ha esplorato l’effetto di
chemioterapia anti-AML seguita da
trapianto allogenico o autologo in
quasi 200 pazienti di età < 60 anni e
buon PS, con MDS a rischio intermedio-2 o alto. L’entità di remissione
completa è arrivata al 54%, con una
mortalità del 15% durante l’induzione. La sopravvivenza mediana è stata
di poco superiore ad 1 anno, e la probabilità di sopravvivenza a 4 anni di
poco inferiore al 25%. (De Witte et al,)
Trapianto di cellule staminali
ematopoietiche
Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche è l’unica terapia potenzialmente curativa nelle
mielodisplasie. Purtroppo, la sua applicabilità è limitata dalla disponibilità
di un donatore e dall’età avanzata
della maggior parte dei pazienti. Il
miglioramento delle tecniche e delle
cure di supporto, e l’introduzione di
regimi di condizionamento ad intensità ridotta ha permesso però negli
ultimi anni di elevare l’età limite fino
a 70 anni. Inoltre, il miglioramento
della tipizzazione HLA e delle tecniche di trapianto sta facendo divenire
i risultati ottenuti con i donatori non
consanguinei simili a quanto osservato con i consanguinei, permettendo
di estendere ulteriormente l’applicabilità di questa procedura.
Il trapianto allogenico dovrebbe essere preso in considerazione in pazienti
di età inferiore a 70 anni, con un’attesa di vita così corta da giustificare i
rischi associati al trapianto. La deci-
178
TRIBUNA MEDICA TICINESE
sione di proseguire su una strada trapiantologica dipende poi da molti
fattori, oltre allo score di rischio IPSS
e al rischio di progressione della malattia, considerando principalmente
la presenza di infezioni sottostanti e
le comorbidità.
Sebbene vi sia una significativa possibilità di cura dopo il trapianto allogenico nei pazienti a rischio basso o intermedio (rispettivamente il 60 e il
40%), la mortalità da trapianto e la
probabilità di recidivare possono arrivare al 40%. Un recentissimo articolo pubblicato su più di 1300 pazienti
di età compresa tra 50 e 74 anni trattati in Europa, dimostra una sopravvivenza globale del 31%, una mortalità dovuta al trapianto del 36% e una
probabilità di recidivare attorno al
40%. Il fattore prognostico più negativo si è dimostrato essere lo stadio di
malattia al momento del trapianto,
più importante dell’età o del tipo di
regime di preparazione al trapianto
(Lim et al, JCO 2010). Peraltro, non
esiste ancora accordo se sia più vantaggioso effettuare un trapianto allogenico “upfront”, cioè come prima
linea di approccio terapeutico nei pazienti che ne hanno indicazione, oppure farlo precedere da un ciclo di
chemioterapia di induzione, come è
invece lo standard nelle leucemie
acute “de novo”
Per quanto riguarda quando effettuare il trapianto nei pazienti che ne
possono avere indicazione, in assenza di dati da studi randomizzati si
possono fare le seguenti raccomandazioni:
1) nei pazienti con IPSS basso o int-1,
la scelta migliore è verosimilmente
quella di effettuare un trapianto “ritardato”, in occasione dello sviluppo
di una nuova anomalia citogenetica,
o la comparsa di una nuova citopenia, o la progressione ad un gruppo
IPSS più alto. In questi casi è verosimilmente opportuno individuare un
possibile donatore già alla diagnosi, e
sono forse questi i casi in cui il tra-
75 MAGGIO 2010
pianto potrebbe essere fatto come
prima linea di trattamento.
2) nei pazienti con IPSS Int-2 o alto,
con sopravvivenza scarsa indipendentemente dall’età: la scelta migliore è invece verosimilmente il trapianto fatto al momento della diagnosi, e
in questi casi si può valutare l’opportunità di farlo precedere da una chemioterapia di induzione.
Per concludere, le mielodisplasie sono un’entità di osservazione sempre
più frequente soprattutto in pazienti
anziani. È importante pensarci in situazioni di citopenia delle cellule
ematiche, ed è fondamentale effettuare una valutazione midollare completa, che comprenda anche la citogenetica, senza la quale la diagnosi e
la prognosi sono “monche” e non è
possibile impostare un’adeguata proposta terapeutica. Le opportunità terapeutiche, purtroppo ancora scarse,
non sono però nulle, e rispetto alla
realtà di una decina di anni fa permettono di offrire a pazienti selezionati opzioni di trattamento non solo
palliative. La recente introduzione di
nuovi farmaci quali lenalidomide e
azacitidina offre opportunità di trattamento scarsamente tossiche, che
permettono di prolungare la sopravvivenza e ridurre le necessità trasfusionali, ed è importante considerare
che l’opzione del trapianto allogenico, l’unica curativa in queste patologie, non è preclusa anche a pazienti
anziani.
Paolo Servida, Oncologia IOSI
mielodisplasie:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:15 Pagina 179
SEZIONE SCIENTIFICA
Bibliografia
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4 Ades et al: Efficacy and safety of lenalidomide in intermediate-2 or high risk myelodysplastic syndromes with 5q deletion: results of a phase 2 study. Blood 2009; 113:
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5 Fenaux et al: Efficacy of azacytidine compared with that of conventional care regimens
in the treatment of higher-risk myelodysplastic syndromes: a randomised, open label,
phase III study. Lancet Oncol 2009; 10:223.
6 Fenaux et al: Prolonged survival with improved tolerability in higher-risk myelodysplastic syndromes: azacitidine compared with
low dose ara-C. Br.J.Haematol 2010, February 5 (e-pub ahead of print)
7 De Witte et al: Intensive chemotherapy followed by allogeneic or autologous stem cell
transplantation for patients with myelodysplastic syndromes (MDSs) and acute myeloid leukemia following MDS. Blood 2001;
98:2326)
8 Lim et al: Allogeneic hematopoietic stemcell transplantation for patients 50 years or
older with myelodysplastic syndromes or secondary acute myeloid leukemia. J Clin Oncol 2010, 28: 405
Inoltre, per approfondire l’argomento, si rimanda al sito Uptodate (http://www.uptodateonline.com/online/index.do), e a quello per
le linee guida del NCCN (National Cancer
Comprehensive Network),
(http://www.nccn.org/professionals/physician_gls/f_guidelines.asp) da cui molte informazioni di questo articolo sono state tratte.
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
179
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SEZIONE SCIENTIFICA
DISPLASIA DELLA
MUCOSA
GHIANDOLARE
DEL TRATTO
GASTROINTESTINALE
J. Barizzi, L. Mazzucchelli
Definizioni ed introduzione
Il termine displasia epiteliale comprende delle alterazioni morfologiche identificabili all’esame istologico che testimoniano un processo neoplastico in
atto ma ancora ad uno stadio precoce,
non invasivo. Tali lesioni costituiscono
un fattore di rischio per lo sviluppo di
un carcinoma invasivo. La displasia è
sia un precursore, lesione suscettibile di
evolvere verso un carcinoma, sia un indicatore in quanto in presenza di displasia è ben conosciuto il rischio di lesioni neoplastiche invasive sincrone in
un altro segmento del tratto digestivo.
Ad esempio, la displasia di alto grado
del colon è associata nel 40% dei casi
a adenocarcinoma sincrono in un altro
segmento colico.
A fronte di una displasia ghiandolare
del tratto gastrointestinale si pongono
essenzialmente due problemi che consistono nell’identificazione e valutazione riproducibile della severità di tale lesione nonché nell’utilizzo di una terminologia comprensibile mondialmente
che permetta di standardizzare il follow-up ed il trattamento dei pazienti.
Identificazione e valutazione di
una lesione displastica
La diagnosi di una lesione displastica
dell’epitelio ghiandolare del tratto ga-
strointestinale si basa sull’analisi istomorfologica. Anche se progressi dell’esame endoscopico permettono oggi
campionamenti mirati di zone sospette, è probabile che la valutazione istologica rimarrà per lungo tempo ancora
il “gold standard” della diagnosi. Le alterazioni morfologiche riflettono anomalie della proliferazione e della differenziazione cellulare. A livello strutturale si riscontra disordine ghiandolare
con aumento del numero di ghiandole
che appaiono di taglia variabile e formano strutture complesse con epitelio
pseudo- o pluristratificato. A livello cellulare si osservano anomalie citonucleari caratterizzate da rapporto nucleo-citoplasma aumentato, nuclei ingranditi e irregolari e presenza di nucleolo prominente. Aspetti molto tipici
per una lesione displastica sono inoltre
la perdita della polarità cellulare con
presenza di nuclei in sede apicale anziché basale, perdita di differenziazione
cellulare con diminuzione della mucosecrezione e aumento della proliferazione cellulare indicato dall’incremento
di figure mitotiche e dall’espansione
della zona di proliferazione epiteliale
agli aspetti superficiali della mucosa.
In sintesi, nelle lesioni displastiche esiste una rottura dell’equilibrio tra proliferazione e differenziazione cellulare.
Mentre in tessuto normale la cellula
epiteliale arresta la fase proliferativa a
favore del processo di differenziazione
necessario per acquisire struttura e
funzione definitiva, nel tessuto displastico la proliferazione prevale a discapito della maturazione e differenziazione
cellulare.
I problemi diagnostici
L’esame anatomo-patologico di una
lesione displastica deve in primo luogo
evitare di confondere una lesione rigenerativa atipica o distrofica con una lesione displastica di basso grado e secondariamente, in caso di displasia, valutarne la severità e distinguerla da
una neoplasia invasiva.
Come per le lesioni displastiche, an-
75 MAGGIO 2010
che le lesioni rigenerative di tipo infiammatorio o metaplastico sono caratterizzate da aumento della proliferazione cellulare e di conseguenza da
aumento del numero di cellule in stadio precoce di differenziazione. In
queste situazioni esiste un allargamento del compartimento epiteliale
proliferativo alla base delle cripte della mucosa che tuttavia non coinvolge
mai l’epitelio di superficie che per
contro è caratterizzato da maturazione completa. A volte non è possibile
distinguere con sicurezza una lesione
reattiva dalla displasia ghiandolare. In
queste situazioni è importante una
buona correlazione clinico-patologica
e quindi seguire l’evoluzione della lesione nel tempo effettuando nuovi
prelievi dopo trattamento antiflogistico per ridurre eventuali artefatti dovuti ad un processo di riparazione. L’anatomo-patologo può anche ricorrere
ad esami immunoistochimici per sostenere la diagnosi di displasia: ad
esempio l’indice di proliferazione Ki67 è utile per confermare la presenza
di cellule proliferative nella parte superiore delle ghiandole e nell’epitelio
di superficie e l’accumulo nucleare di
proteina p53 è un segno supplementare a favore della natura neoplastica
della lesione. Tuttavia, benché in certe
circostanze molto utili, queste analisi
ancillari devono sempre essere interpretate con cautela e correlate agli
aspetti istomorfologici della lesione.
Più la displasia è importante più il rischio di evoluzione verso una forma
invasiva è elevato e più corto è il lasso
di tempo per lo sviluppo di un carcinoma invasivo. La severità della displasia
condiziona la sorveglianza ed il trattamento del paziente. Il compito del patologo è quindi di valutarne correttamente il grado di severità sulla base di
criteri morfologici. In questo contesto
è importante ricordare che le frontiere
tra i diversi gradi di displasia sono sovente arbitrari e non riflettono la progressione continua di una lesione displastica.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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displasia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:16 Pagina 182
SEZIONE SCIENTIFICA
Distinguere una lesione displastica da
un carcinoma invasivo è estremamente
importante, perché, contrariamente alle lesioni invasive, la displasia rimane
confinata al compartimento intraepiteliale e quindi non presenta alcun rischio di disseminazione metastatica.
Una lesione per essere considerata invasiva deve mostrare cellule neoplastiche che oltrepassino la membrana basale. La ricerca di queste cellule neoplastiche risulta spesso difficile in
quanto tale fenomeno può essere focale e coinvolgere solo poche cellule.
L’anatomo-patologo è quindi tenuto
ad effettuare sezioni seriate alla ricerca
di una possibile invasione, soprattutto
a fronte di displasie di alto grado.
Classificazione delle lesioni
displastiche delle mucose
ghiandolari
La classificazione delle lesioni displastiche delle mucose ghiandolari deve
proporre criteri diagnostici riproducibili, limitare errori di sotto- o sopravalutazione, tenere conto di localizzazione,
presentazione clinica e contesto d’insorgenza e quindi avere delle implicazioni terapeutiche. Le prime classificazioni dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) del 1970-1980, separavano le lesioni displastiche in base
alla severità delle atipie citologiche e
strutturali in displasie lievi, moderate
ed importanti. Questo sistema benché
ancora utilizzato presenta importanti
svantaggi dovuti alla scarsa riproducibilità e alle limitate conseguenze terapeutiche, soprattutto per la categoria
di lesioni con displasia moderata. Per
questi motivi venne successivamente
proposto un sistema costituito da due
sole categorie comprendenti la displasia di basso grado, inglobante lesioni
con displasia lieve e moderata e la displasia di alto grado riservata per lesioni con displasia importante. Negli anni ’80 fino all’inizio degli anni ’90 si sviluppano a questo proposito scuole di
pensiero differenti. La classificazione di
Vienna, concepita nel 1998 e pubbli-
182
TRIBUNA MEDICA TICINESE
cata nel 2000, rappresenta una pietra
miliare nell’evoluzione del concetto di
displasia e rappresenta oggi la base
sulla quale sono state elaborate raccomandazioni e linee guida nazionali ed
internazionali per il trattamento di lesioni displastiche ghiandolari di tutto il
tratto gastrointestinale.
La classificazione di Vienna
delle lesioni neoplastiche epiteliali
gastrointestinali
La classificazione di Vienna è un com-
Categoria 1
Categoria 2
Categoria 3
Categoria 4
Categoria 5
promesso di diverse scuole di pensiero
e propone una terminologia unificata
a livello mondiale per la classificazione
istologica delle lesioni displastiche/neoplastiche del tratto gastrointestinale
(Tabella1). I principi di base, oltre alla
standardizzazione della terminologia,
consistono nel proporre un unico modello per tutte le lesioni del tratto gastrointestinale e la definizione di criteri
diagnostici affidabili e riproducibili.
La categoria 1 è riservata a tutte le lesioni epiteliali per le quali è possibile
Assenza di neoplasia/displasia
Lesione indeterminata per neoplasia/displasia
Neoplasia intramucosa di basso grado (adenoma/displasia di basso grado)
Neoplasia intramucosa di alto grado:
4.1: adenoma /displasia di alto grado
4.2: carcinoma non-invasivo (carcinoma in situ)
4.3: sospetto di carcinoma invasivo
4.4: carcinoma intramucoso (*)
Carcinoma con invasione della sottomucosa
(*): invasione della mucosa senza oltrepassare la muscolaris mucosae.
Tab. 1: La classificazione di Vienna rivista nel 2000
Criteri
Basso grado
Alto grado
Ghiandole e cripte di forma irregolare
Aumento della densità delle ghiandole
Aspetto di fusione delle ghiandole
Ponti intraepiteliali
Aspetto cribriforme delle ghiandole
Aspetto villoso o papillare
+/+
+/-
++
++
++
+/+/+/-
Aumento del rapporto nucleocitoplasma
Basofilia del citoplasma
Pseudo-stratificazione nucleare
Pluristratificazione epiteliale
Nuclei vescicolosi e nucleoli prominenti
Perdita della polarità cellulare
Anomalie della differenziazione
Mitosi
Mitosi atipiche
+
+/+/+
+
-
++
++
+
+/+/+/++
++
+
Anomalie architetturali
Anomalie citologiche
Tab. 2: Criteri di distinzione tra displasia di basso e alto grado
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displasia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:17 Pagina 183
SEZIONE SCIENTIFICA
A
B
C
D
Fig. 1: Paziente di 16 anni con colite ulcerosa idiopatica da 4 anni. A: Importante infiammazione cronica attiva con atipie importanti, a sinistra di incerto significato in presenza di flogosi attiva
(categoria 2) a destra compatibili con displasia di alto grado (categoria 4). B: Zona di displasia di alto grado. C: Analisi immunoistochimica che evidenzia espressione nucleare di TP53 a
sostegno della natura displastica della lesione. D: Proliferazione cellulare evidenziata dall’espressione di ki67 presente fino alla superficie della mucosa.
A
B
Fig. 2: Paziente di 52 anni con adenoma colico con displasia di basso grado: A: Nuclei lievemente
ingranditi, basali, ad orientamento parallelo, evidenziabili anche negli aspetti superficiali della lesione. B: Atipie più marcate nelle cripte, senza tuttavia perdita della polarità cellulare.
stabilire con certezza la natura non
neoplastica; essa comprende tra l’altro
tutte le lesioni con atipie di tipo rigenerativo ed infiammatorio. La categoria 2 include tutte le lesioni con atipie
di incerto significato, ossia dove non è
possibile dirimere con certezza tra atipie di tipo reattivo e lesioni francamente neoplastiche (Figura 1). La categoria 3 comprende tutte lesioni neoplastiche non invasive con displasia di
basso grado (Figura 2). Quest’ultima
75 MAGGIO 2010
comprende le displasie epiteliali lievi e
moderate; viene definita in numerose
pubblicazioni da anomalie strutturali e
citologiche tra le quali vanno citate la
forma e la densità delle cripte, aspetti
villosi oppure cribriformi nonché la
grandezza dei nuclei in rapporto al citoplasma, il numero di figure mitotiche
oppure la perdita della polarità dell’epitelio e la mancanza di maturazione
epiteliale in superficie (Tabella 2). La
categoria 4 comprende tutte le lesioni
neoplastiche non invasive di alto grado
(Figura 3) e permette di includere nello stesso gruppo lesioni “borderline”
per le quali non è possibile stabilire con
certezza la natura invasiva. I vantaggi
di accorpare nella stessa categoria lesioni non invasive e lesioni sospette di
invasione consistono nell’aumentare la
riproducibilità diagnostica dei patologi
e di proporre un unico approccio terapeutico. Infine la categoria 5 raggruppa tutte le lesioni neoplastiche invasive. Chiaramente, come specificato sopra, la suddivisione in categorie è arbitraria e non rispecchia la progressione
biologica di una lesione displastica che
è continua e graduale. L’anatomo-patologo nella valutazione quotidiana di
biopsie gastrointestinali si trova pertanto inevitabilmente confrontato con
lesioni di difficile interpretazione ragione per cui la riproducibilità diagnostica,
soprattutto in casi di displasia di basso
grado, risulta spesso scarsa.
Peculiarità delle lesioni
displastiche in funzione della
localizzazione
Displasia in esofago di Barrett
Si tratta di lesioni piatte difficili da diagnosticare in quanto insorgono in mucosa ghiandolare metaplastica spesso
in presenza di fenomeni flogistici che
complicano ulteriormente la valutazione endoscopica ed istomorfologica. È
particolarmente importante che le atipie epiteliali siano evidenziabili su tutto
lo spessore della mucosa coinvolgendo
anche l’epitelio di superficie. Un campionamento esteso e rappresentativo
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183
displasia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:17 Pagina 184
SEZIONE SCIENTIFICA
dal momento che le alterazioni osservate possono risultare meno gravi di
quelle effettivamente presenti negli
aspetti profondi della lesione. La presenza di alterazioni polipose o villose
sono da considerare sospette per un
carcinoma invasivo ed implicano un
esteso campionamento e stretti controlli endoscopici in caso di resezione
endoscopica non completa. Alla luce
delle obiettive difficoltà nel dirimere tra
alterazioni reattive e displastiche e delle conseguenze cliniche che a seconda
della situazione possono comprendere
follow-up ad intervalli variabili oppure
interventi chirurgici complicati (resezione dell’esofago distale), viene richiesto
che la diagnosi di displasia sia confermata indipendentemente da almeno
due patologi.
A
B
C
Fig. 3: A e B: Paziente di 77 anni con esiti di resezione colica per adenocarcinoma. La
coloscopia di controllo, 5 anni dopo l’intervento, evidenzia lesione piatta, lievemente rilevata. Si nota transizione netta
da epitelio colico normale a zona di displasia di alto grado con marcate atipie
citonucleari. C: Paziente di 60 anni con
adenoma colico con displasia di alto grado. Rispetto alla figura 2B si notano nuclei ingranditi, perdita della polarità delle cellule epiteliali e numerose figure mitotiche
di tutto un segmento esofageo con
mucosa di Barrett è essenziale in quanto zone di displasia possono essere focali. Inoltre, biopsie di mucosa troppo
superficiali possono essere fuorvianti
184
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Displasia della mucosa gastrica
La displasia piatta della mucosa gastrica insorge nel contesto di cosiddette
“precancerosi” tra le quali citiamo la
gastrite cronica associata ad Helicobacter pylori, la gastrite cronica autoimmune, la gastrite del moncone gastrico in esiti di gastrectomia parziale e
la gastrite perifocale nel contesto di ulcera gastrica cronica. La diagnosi istopatologica di displasia gastrica è spesso problematica. Alterazioni epiteliali
di tipo reattivo/rigenerativo possono
presentarsi con atipie epiteliali e strutturali importanti (categoria 2 secondo
la classificazione di Vienna) difficilmente distinguibili da lesioni neoplastiche
di basso o alto grado (categorie 4 e 5).
Inoltre una lesione displastica può insorgere in mucosa di tipo metaplastico
(metaplasia intestinale), in mucosa
atrofica, in mucosa con importante infiammazione cronica o in mucosa “rigenerativa” ai margini di perdita di sostanza. Le conseguenze per il paziente
di una diagnosi di displasia gastrica sono importanti in quanto implicano sorveglianza con follow-up endoscopico
oppure resezione in toto della lesione.
Nel primo caso l’identificazione della
lesione da parte dell’endoscopista può
75 MAGGIO 2010
essere molto difficile se non addirittura
impossibile ragione per la quale è spesso necessario un campionamento esteso. Nel secondo caso, trattandosi di lesioni piatte, la resezione può comportare gastrectomie parziali oppure interventi endoscopici praticati solo in pochi centri di riferimento (mucosectomia). Rispetto alla displasia piatta la
displasia in lesioni gastriche polipose è
più rara. Generalmente si tratta di adenomi sporadici oppure nel contesto di
adenomatosi su predisposizione genetica. Raramente una displasia può insorgere in polipi iperplastici, amartomi
oppure in polipi di ghiandole fundiche
di pazienti con adenomatosi famigliare
del colon.
Displasia della mucosa duodenale
La displasia della mucosa duodenale
insorge quasi esclusivamente nel contesto di adenomi peduncolati o sessili
che spesso si situano nella regione della papilla di Vater. Le lesioni sono in genere facilmente identificabili all’esame
endoscopico. È tuttavia importante ricordare che una biopsia superficiale
può sottostimare la gravità di una lesione: in particolare una displasia di alto grado nella regione della papilla
duodenale è associata ad adenocarcinoma dell’ampolla oppure della testa
pancreatica fino nel 40% dei casi.
Displasia della mucosa colica
Lesioni displastiche del colon sono parte integrante degli adenomi che di fatto corrispondono ad una proliferazione
clonale displastica dell’epitelio colico;
molto più raramente una displasia insorge nel contesto di malattie infiammatorie croniche quali la colite ulcerosa
idiopatica e la malattia di Crohn. Gli
adenomi, di regola facilmente visibili all’esame endoscopico, possono avere
base d’impianto peduncolata oppure
sessile. Gli adenomi piatti sono invece
lesioni di piccola taglia e di spessore solo lievemente aumentato rispetto alla
mucosa normale e pertanto non vengono facilmente identificati all’esame
displasia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:17 Pagina 185
SEZIONE SCIENTIFICA
endoscopico oppure all’ispezione macroscopica di un pezzo operatorio. La
classificazione degli adenomi esula dagli scopi di questo articolo. Ricordiamo
tuttavia che nelle linee guida per la gestione di pazienti con adenomi del colon, la severità della displasia epiteliale
rappresenta un importante criterio per
stabilire il rischio di recidiva o progressione della lesione neoplastica e che in
questo contesto viene raccomandata
l’applicazione della classificazione di
Vienna che separa la displasia di basso
grado con atipie epiteliali lievi e moderate dalla displasia di alto grado caratterizzata da atipie epiteliali importanti
(Tabella 3).
La displasia epiteliale associata ad infiammazione cronica dell’intestino rappresenta un’importante sfida diagnostica per l’endoscopista che non riconosce lesioni sospette e deve quindi
procedere ad esteso campionamento
della mucosa colica e per l’anatomopatologo che in un contesto di flogosi
cronica importante deve dirimere tra
lesioni reattive e neoplastiche. Raramente una lesione displastica in pa-
ziente con colite ulcerosa idiopatica si
presenta con masserella lievemente rilevata rispetto alla superficie colica
(DALM, dysplasia-associated lesion or
mass). I meccanismi molecolari alla base di queste lesioni si differenziano da
quelli descritti negli adenomi colici
sporadici con i quali non devono essere confusi: infatti mentre un adenoma
sporadico in pazienti con colite ulcerosa può essere trattato e sorvegliato come in pazienti senza colite, a fronte di
una lesione tipo “DALM” si deve considerare l’eventualità di una colectomia
in quanto il rischio di adenocarcinoma
sincrono oppure metacrono in questi
pazienti è molto elevato.
Conclusioni
La displasia di epiteli ghiandolari del
tratto gastrointestinale è per definizione un processo neoplastico confinato
allo strato epiteliale senza superamento della membrana basale. Si tratta di
lesioni di origine e aspetto diverso che
vanno interpretate e trattate nel contesto clinico appropriato. La suddivisione in displasia di basso e alto grado è
preferibile ad una suddivisione in tre
gradi (lieve, moderato e importante) in
quanto più riproducibile in termini di
diagnostica istomorfologica e quindi
più utile clinicamente per la presa a carico del paziente.
Displasia della mucosa alla
giunzione anorettale
Essa insorge raramente e quasi esclusivamente nel contesto di adenomi. In
questa regione sono per contro molto
più frequenti alterazioni di tipo reattivo/infiammatorio (categoria 1 nella
classificazione di Vienna) nel contesto
di nodi emorroidali o di prolasso mucosale (cosiddetto polipo cloacogeno).
J. Barizzi, L. Mazzucchelli
Istituto cantonale di Patologia, Locarno
Caratteristiche del polipo
Intervallo di sorveglianza per
coloscopia dopo polipectomia
Intervallo di controllo dopo
coloscopia senza polipi
Adenoma tubulare:
-1-2 polipi
- ≤ 1 cm di diametro
- senza displasia di alto
grado
- anamnesi familiare negativa
(familiarità di 1° grado)
5 anni
Nessuna sorveglianza
Adenoma tubulare:
- > 2 polipi o
- > 1 cm di diametro o
- componente villosa o
- displasia di alto grado o
- anamnesi familiare positiva
(familiarità di 1° grado)
3 anni
Adenoma (tubulo-)villoso:
- qualsiasi sia il numero dei
polipi ed il diametro,
- tutti i gradi di displasia
3 anni
Bibliografia
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Series editor: GoldblumJohn R.
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Fletcher Christofer D. M. Diagnostic Histopathology of Tumors. Third Edition, 2007. Churchill Livingstone Edition.
Tab. 3: Raccomandazioni per la sorveglianza post polipectomia
(coloscopia completa con ablazione completa e recupero completo dei polipi resecati per esame istologico). Modificata da www.sggssg.ch
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Pancreas. Second Edition, 2009. Sauders Elsevier
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
185
Ambrosia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:18 Pagina 187
SEZIONE SCIENTIFICA
AMBROSIA:
UN PERICOLO
PNEUMOALLERGENE
S. Bach, A. J. Bircher, K. Scherer, B. Wüthrich
Introduzione
L’ambrosia artemisifolia (Figura 1) è
una pianta della famiglia delle Asteraceae, originaria del Nord America.
È stata involontariamente importata
in Europa a metà del XX secolo, dopo
la seconda guerra mondiale. I semi di
Ambrosia infatti contaminavano le
derrate di grano e di semi di girasole
che giungevano ai grandi porti navali. Per questo motivo inizialmente
l’Ambrosia arriva in Francia entrando
da Marsiglia, mentre si trova in Ungheria con il piano Marshall di ricostruzione del paese dopo la guerra.
Nei decenni seguenti si assiste all’infestazione del Nord Italia, della Croazia, della Bulgaria e della Polonia. In
Svizzera è presente soprattutto a Ginevra nella regione del Lago Lemano
ed in Ticino nella regione del Sottoceneri come si vede dalla Figura 2.
Nel nostro Cantone l’Ambrosia si trova
in una fase di espansione, con un numero di focolai in crescita, la cui densità tuttavia è prevalentemente in diminuzione dal 2003 al 2008 (dati del Servizio di Fitosorveglianza del Dipartimento del Territorio). Nella vicina Italia
del Nord, invece, l’Ambrosia infesta i
campi incolti, i cantieri edili, i terreni
lungo le vie autostradali e le zone aeroportuali. A fine estate, in agosto e
Fig. 1: Ambrosia artemisifolia
Famiglia: Compositae (=Asteraceae), Genere: Ambrosia, Spesie: 40 conosciute
Pianta annuale, ciclo vegetativo tardo estivo, Altezza: 20-90 cm
Stelo peloso e ramificato superiormente
Foglie vellutate, frastagliate, colore uniforme
Fonte: aha!news 2/2004, S. 22 [1]
settembre, in corrispondenza con il periodo di pollinazione, si assiste ad una
vera e propria „epidemia“ di allergie
respiratorie (rinite allergica ed asma
bronchiale allergica). Nell’America del
Nord, dove l’Ambrosia è ormai diffusa,
fino al 50% dei casi di pollinosi sono
causati da questa pianta con enormi
costi di salute pubblica.
75 MAGGIO 2010
La difficoltà della lotta all’Ambrosia è
legata sia alla tenacia dei suoi semi che
possono sopravvivere fino a 40 anni e
poi attecchire in suoli aridi, sia al grande numero di semi che una singola
pianta produce (3000-10000 semi).
L’Ambrosia è quindi una minaccia per
la biodiversità ed i suoi pollini rappresentano un nuovo potente pneumoal-
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA
Fig. 2: Dipartimento del Territorio, Monitoraggio Ambrosia, Canton Ticin: in rosso focolai di Ambrosia nel Sottoceneri dal 2003 al 2008 .
Fonte: Rapporto del 2008 Ringraziamento a Maria Cristina Mola, Coordinatrice Ambrosia
Ticino
lergene, che potrebbe protrarre la stagione di pollinosi fino alla fine dell’estate per i pazienti allergici. Infatti, a
differenza del polline di graminacee
che in genere provoca sintomi respiratori allergici a partire da una concentrazione di 20-50/m3, all’Ambrosia ne
bastano 5-10/m3.
Epidemiologia
La crescente diffusione dell’Ambrosia
in Europa correla con la crescita della
prevalenza di sensibilizzazione a questo pneumoallergene nei pazienti con
allergie respiratorie. La prevalenza della sensibilizzazione all’Ambrosia negli
atopici in Europa varia dal 30 al 90%.
Nel Nord Italia l’incidenza della sensibilizzazione all’Ambrosia nei pazienti allergici varia dal 25 al 90% con un netto aumento dalla fine degli anni 80 come riferito dalla dr.ssa A.Tosi nella sua
presentazione „Allergia all’Ambrosia:
la situazione nella vicina Italia“ al Sim-
188
TRIBUNA MEDICA TICINESE
posio del GAILL 2009 a Lugano. Simili
risultati sono riportati anche da altri
studi italiani: Mandrioli pubblica nel
1998 nella rivista „Aerobiologia“ e
Corsico nel 2000 sul „Journal of Investigational Allergology and Clinical Immunology“. Si nota inoltre che tra i pazienti allergici all’Ambrosia vi è un costante aumento di persone che soffrono di asma bronchiale.
Fin dal 1993 si osserva un aumento
della concentrazione di pollini di Ambrosia anche in Svizzera. Maggiormente interessate sono le regioni del Lago
Lemano ed il Sottoceneri a causa dell’espansione della pianta in queste zone, ma anche della loro vicinanza geografica con aree infestate. Il polline di
Ambrosia infatti è anemofilo e grazie al vento può coprire distanze superiori a 200 km: in condizioni di
vento proveniente dalla Pianura Padana o da Lione la concentrazione di
polline di Ambrosia nel Sottoceneri,
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rispettivamente a Ginevra aumenta.
Negli ultimi anni in Ticino sono state
raggiunte concentrazioni polliniche
sufficienti a provocare reazioni allergiche in soggetti predisposti (11 pollini/
m3) (Figura 3).
Tuttavia nel nostro paese sono rari i casi di sensibilizzazione clinicamente rilevante all’Ambrosia. Lo studio SAPALDIA ha registrato nel 1991 e nel 2002
la prevalenza della predisposizione atopica nella popolazione svizzera, misurando la presenza di anticorpi di tipo
IgE nel siero per gli allergeni respiratori più frequenti (Phadiatop). Il test era
positivo nel 29.3% dei casi nel 1991,
rispettivamente 30.3% nel 2002. Nel
2002 7.9% dei pazienti dello studio
aveva IgE specifiche per l’Ambrosia.
Nel gruppo di pazienti di Lugano e Ginevra gli anticorpi specifici per l’Ambrosia sono stati misurati in entrambi
gli anni ed erano 9.4% nel 1991 e
6.6% nel 2002. Nell’arco degli 11 anni trascorsi, 14 persone (1.4%) si sono
sensibilizzate al polline di Ambrosia,
tuttavia 44 (4%) hanno „perso“ la
sensibilizzazione. Di conseguenza la
prevalenza di sensibilizzazione all’Ambrosia non è significativamente mutata
dal primo studio SAPALDIA del 1991 al
secondo del 2002: né in Svizzera, né a
Lugano né a Ginevra.
Reazione allergica incrociata:
polline di ambrosia e artemisia
A causa della parentela botanica si osservano spesso delle reazioni immunologiche incrociate tra i pollini di piante
appartenenti alla stessa famiglia. Diversi studi nel corso degli ultimi anni
hanno dimostrato che Ambrosia e Artemisia hanno epitopi comuni che sono responsabili di reazioni immunologiche incrociate nei test sierologici e
cutanei. La rilevanza clinica di questa
sensibilizzazione incrociata non è ancora stata studiata in Europa, ma potrebbe assumere un significato importante per i pazienti allergici alle Compositae qualora esposti al polline di
Ambrosia.
Ambrosia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:18 Pagina 189
SEZIONE SCIENTIFICA
di Artemisia, nessuno al polline di Ambrosia.
Questi risultati (sensibilizzazione 83%
al test di prick) dimostrano una reazione allergica incrociata tra i pollini di
queste due Asteraceae, senza rilevanza
clinica per la sensibilizzazione all’Ambrosia in questo gruppo di pazienti.
Indagini diagnostiche in vitro
(IgE specifiche)
Wopfner e altri hanno indagato la
struttura molecolare dell’allergene
maggiore dell’Ambrosia chiamato
Amb a1 e dell’Artemisia Art v1, senza
riscontrare una reattività incrociata tra
i due.
Miscela di proteine
O (allergeni maggiori e minori)
Fig. 3: Carico pollinico (Ambrosia) in Ticino nel 2008
Fonte: Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera
All’Ospedale Universitario di Basilea
uno studio epidemiologico prospettivo ha raccolto i dati sulla prevalenza
della sensibilizzazione all’Ambrosia in
tutti i pazienti che avevano consultato
il Policlinico di Allergologia dall’aprile
2005 al marzo 2006. Successivamente sono state indagate le reazioni allergiche incrociate e le co-sensibilizzazioni a pollini di piante appartenenti
alla stessa famiglia botanica tramite
indagini sierologiche ed ulteriori test
cutanei. Infine la rilevanza clinica di
queste reazioni incrociate è stata approfondita tramite test di provocazione congiuntivale con estratti di polline
di Ambrosia e Artemisia.
787 pazienti non selezionati hanno
consultato il Policlinico nel periodo
menzionato (451 donne, 336 uomini,
età media 38 anni, estremi 3-86 anni).
501 pazienti (63.3%) sono risultati
atopici, definiti come tali in quanto
sensibilizzati ad almeno un pneumoallergene al test di prick. Di questi 501
pazienti 35 (6.9%) sono risultati sensibilizzati al polline di Ambrosia, ma non
al polline di Artemisia, 29 (5.8%) ad
entrambi i pollini e 30 (5.9%) solo al
polline di Artemisia. In questo collettivo di pazienti, 12.8% risultavano quindi sensibilizzati all’Ambrosia, 11.8% all’Artemisia. Come paragone 43.5%
erano sensibilizzati alla betulla
(217/501). Dei 64 pazienti sensibilizzati all’Ambrosia solo 24 hanno accettato di approfondire le indagini: 20
(83.3%) erano positivi ad entrambi i
pollini di Ambrosia e Artemisia, 4
(16.6%) solo all’Ambrosia. Tutti i 24
pazienti, eccetto uno, avevano reazioni positive ad altre Asteraceae al test di
prick. Solo 2 dei 24 pazienti riferivano
di soffrire di allergie respiratorie in tarda estate, 21 avevano malattie di tipo
allergico in altri periodi dell’anno e 3
erano asintomatici. 14 pazienti avevano IgE specifiche (sIgE) per Ambrosia e
Artemisia, 2 solo per Ambrosia. Tuttavia solo 7 pazienti avevavo un tasso di
sIgE elevato (>0.7 kU/l,CAP-classe2 o
maggiore) per entrambi i pollini (29%),
2 solo per Artemisia (8%), e 3 solo per
Ambrosia (12%). Al test di provocazione congiuntivale, 9 pazienti hanno sviluppato una reazione positiva al polline
75 MAGGIO 2010
• Amb a 1 = antigene E:
allergene maggiore
(95%pazienti) Pectate Lyase
• Amb a 2 = antigene K
• Amb a 3 = antigene E:
allergene minore
(30-50%pazienti)
• Amb a 5 = antigene minore
• Amb a 8 = profilina
(omologa Art v 4)
• Amb a 9 = polcalcina
(omologa Bet v 4 e Art v 6)
Tab. 1: Allergeni nel polline di Ambrosia
Tuttavia entrambi i pollini di Ambrosia e Artemisia contengono il panallergene Profilina e la Polcalcina, probabilmente responsabili delle reazioni
incrociate nei test di prick e nella misurazione di IgE specifiche.
Ambrosia e reazioni allergiche
incrociate con alimenti
I pazienti allergici all’Ambrosia possono manifestare allergie alimentari incrociate alla banana, melone, anguria,
zucca e zucchine. Si tratta della prima
allergia alimentare incrociata osservata
nei pazienti allergici all’Ambrosia negli
anni 70 negli USA e più tardi in Ungheria.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
189
Ambrosia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:18 Pagina 190
SEZIONE SCIENTIFICA
Dr. Silvy Bach-Bizzozero
Unità di Allergologia e Immunologia clinica
Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli
CH-6500 Bellinzona
Tel: +41-91-811-89-46
Mail: Silvy.Bach-Bizzozero@eoc.ch
Bibliografia
1 Asero R et al. Artemisia and Ambrosia hypersensitivity: co-sensitization or corecognition?
Clin Exp Allergy 2006; 36(5):658-65
2 Zanon P, Choidini E, Berra D.: Allergy to ragweed in northern Italy and prevention strategies. Monaldi Arch Chest Dis 2002;
2:144–146.
Fig. 4: Grano di polline di Ambrosia
Fonte: Ufficio federale di meteorologia
e climatologia MeteoSvizzera
Cambiamenti climatici ed
espansione
dell’Ambrosia in Svizzera
Secondo Barbara Köhler e Bernard
Clot di MeteoSvizzera il riscaldamento
climatico potrebbe favorire l’espansione dell’Ambrosia nel nostro paese. La
fioritura tardiva dell’Ambrosia in agosto e settembre significherebbe un
prolungamento della stagione di pollinosi per gli allergici. Degli studi americani hanno mostrato che l’aumento
della temperatura del pianeta anticiperebbe e prolungherebbe il periodo
di fioritura dell’Ambrosia, accelererebbe il tempo di maturazione dei semi,
mentre l’elevata concentrazione di
CO2 stimolerebbe la produzione di
polline. Osservazioni a lungo termine
in Austria ed Italia del Nord hanno
mostrato che la prevalenza della sensibilizzazione all’Ambrosia è correlata
alla concentrazione di polline nell’aria
e quindi alla quantità di allergene inalato e che l’allergia respiratoria si manifesta solo diversi anni dopo la sensibilizzazione.
Ambrosia: „nettare degli dei“
Perché mai una pianta infestante e dal
polline fortemente allergenizzante è
associata al nettare degli dei? La storia
mitologica racconta del dio Bacco
(Dioniso) (Figura 5), figlio di Zeus, allevato dalla Ninfa Ambrosia con il miele.
190
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Fig. 5: Bacco
Quando la Ninfa Ambrosia viene uccisa da re Licurgo che voleva catturare
Bacco, questa si trasforma in vite. Forse da qui il legame tra Bacco, il vino, il
miele, il nettare degli dei ed Ambrosia?
Ma proseguendo le ricerche si scopre
che gli indiani d’America conoscevano
l’Ambrosia e le sue proprietà medicinali: il decotto veniva utilizzato per
combattere i parassiti intestinali. Probabilmente il decotto poco aveva in
comune con il nettare degli dei. Infine
Linneo botanico del XVIII secolo avrebbe bevuto il liquido residuo dalla pulitura degli arni che si trovavano in un
campo di Ambrosia. Il miele fermentato aveva prodotto un liquore dal sapore dolciastro: l’antico e dimenticato
idromele, la bevanda alcolica più antica... e avrebbe esclamato „ quest’Ambrosia è nettare degli dei“...
S. Bach⌠, A. J. Bircher *, K. Scherer * ,
Brunello Wüthrich⌡
⌠Unità di Allergologia e Immunologia clinica,
ORBV, Bellinzona
*Abteilung Allergologie, Klinik für Dermatologie, Universitätsspital Basel
⌡FMH Allergologia e Immunologia clinica, FMH
Dermatologia, Zollikerberg
75 MAGGIO 2010
3 Oberhuber C et al. Prevalence of IgE- Binding
to Art v 1, Art v4 and Amb a 1 in mugwortallergic patients. Int Arch Allergy Immunol
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4 Ackermann-Liebrich U et al. Sensitization to
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threat on the wait. SMWSwiss Med Wkly.
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in ragweed and mugwort pollen; Int Arch Allergy Immunol 2005; 138(5):337-46
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2007 Sep;62(9):1097-9
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Swiss Study on Air Pollution and Lung Diseases in Adults. Soz Präventivmedizin 1997: 42,
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10 Corsico R et al. An epidemiological survey on
the importance of some emerging pollens in
Italy. J Invest Allergol Clin Immunol
2000;10:155-61.
11 Mandrioli P et al. Ragweed pollen: the aeroallergen is spreading in Italy. Aerobiologia
1998; 14:13-20
12 Tosi A. Allergia all’ Ambrosia: la situazione
nella vicina Italia (Legnano). Update in Allergologia e Pneumologia. Simposio GAILL
2009, Lugano, 9 mai 2009.
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SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di radiologia
DIVERTICOLO
CARDIACO:
FAIT DIVERS?
M. G. de Baets
Morfologia
I diverticoli vengono definiti come appendici o estroflessioni della parete di
un organo cavo.
Si localizzano anche a livello cardiaco,
soprattutto in corrispondenza dell’atrio
sinistro e del ventricolo sinistro ed in
particolare in sede perivalvolare, primariamente sotto la valvola mitralica. Possono essere sia congeniti che acquisiti;
in quest’ultimo caso vengono definititi
aneurismi o pseudo-aneurismi. Per definizione un diverticolo congenito possiede una parete muscolare normale
disposta in modo circonferenziale ed è
connesso alla cavità cardiaca attraverso
un collo.
Nella fase diastolica (Figura 1B) l’impacco muscolare di un diverticolo
comprende metà dello spessore muscolare del miocardio adiacente. Durante la sistole (Figura 2) si registra
una contrazione sincrona con il resto
del miocardio. In alcuni casi il diverticolo scompare nella fase terminale
della contrazione.
Non si osservano al suo interno delle
trabecolazioni e il suo contorno esterno risulta liscio (Figura 3A/B).
I diverticoli congeniti del ventricolo sinistro sono ubicati soprattutto in sede
apicale e antero-settale.
Quando un diverticolo è localizzato a
A
B
Fig. 1A: fase diastolica (80%) – outlet view del ventricolo sinistro – diverticolo disteso
della parete inferiore del ventricolo sinistro in regione sub-mitralica
Fig. 1B: fase diastolica – vista di due camere – diverticolo con massima distensione
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di radiologia
Fig. 2: fase sistolica (asse lungo ventricolare 2 chamber view): contrazione del diverticolo
livello medio-settale interventricolare,
questi viene considerato l’esito di una
chiusura spontanea di un mini-difetto
settale ventricolare (VSD).
Nel 60% dei casi i diverticoli sono singoli. Quelli multipli sono presenti nella
stessa regione, talvolta composti di un
gruppo di due o tre unità.
Nel 60% dei casi possiedono un collo
stretto con apertura inferiore a un cm
e sono caratterizzati da un aspetto digitiforme.
Prevalenza
I diverticoli cardiaci non sono rari e
vengono segnalati con frequenza differente nell’ambito delle diverse metodiche radiologiche impiegate:
con l’eco-cardiografia viene riportata
una frequenza di 0,04%, con l’angiografia di 0,21%.
192
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Dal riscontro autoptico in studi di coorte selezionati per pazienti cardiopatici si
è constatata una frequenza di 0,4%.
Con l’introduzione della TAC 64 detettori e dual-source CT la visualizzazione
è drasticamente aumentata e sale in
media a 2,2% per i diverticoli del ventricolo sinistro e addirittura a più del
20% per i diverticoli e le auricole accessorie dall’atrio sinistro.
Significato clinico
Negli adulti la maggior parte dei diverticoli costituisce un riscontro occasionale durante indagini radiologiche
effettuate per altri motivi. Spesso
questi soggetti sono asintomatici.
Nei neonati i diverticoli in sede apicale
rientrano nell’ambito di gravi malformazioni e possono presentarsi come
masse pulsanti a livello ombelicale.
75 MAGGIO 2010
Ben conosciuta è la sindrome (pentalogia) di Cantrell che consiste in difetti della parete toraco-addominale
anteriore (diastasi, omfalocele, ernia
ombelicale, sterno, diaframma) combinati con anomala posizione del
cuore (destro o mesocardia) e anomalie cardiache come tetralogia di
Fallot, VSD, atresia della valvola tricuspide, anomalie cono-troncali.
Diverticoli congeniti non apicali invece sono malformazioni isolate, ma
possono assumere dimensioni considerevoli rassomigliando ad una doppia camera cardiaca.
Diverticoli in sede sub-mitralica causano quasi sempre incompetenza valvolare con rigurgito e spesso ridotta
funzionalità del cuore sinistro.
I diverticoli congeniti vengono comunque sospettati di essere la causa
di aritmie sopraventricolari (interferenza con il sistema di conduzione
cardiaco), embolie (da stasi o discinesia) o pericarditi (in seguito a frizioni)
quando non esistono ulteriori spiegazioni a tali patologie.
È descritto anche un caso di fibrillazioni focali provenienti di un diverticolo
atriale unico con un ritmo basale delle
altre camere e un altro caso di fallimento di ablazione delle vene polmonari per fibrillazione atriale in mancanza di estensione della procedura di
ablazione nel diverticolo stesso.
Nel gruppo pediatrico sono illustrati
dei casi di morte in seguito a rottura
improvvisa o nel contesto di tachiaritmie.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale tra aneurismi veri o pseudo-aneurismi è relativamente facile ma importante. Argomenti a favore di un aneurisma sono
assottigliamento della parete del miocardio che può essere l’esito di un infarto (classicamente “late enhancement” sull’MRI), calcificazioni semilunari parietali con associate contrazioni
paradossali o schiette discinesie visibili
sulla cine-MRI oppure durante l’eco-
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SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di radiologia
A
B
Fig. 3A/B: viste 3D con volume rendering
75 MAGGIO 2010
cardiografia e una distribuzione nel
territorio del LAD in sede anteriore o
apicale.
Il rischio di rottura di un aneurisma cardiaco è limitato una volta superato
l’immediato periodo post-infarto.
Aneurismi congeniti sono anche documentati nel gruppo pediatrico senza
concomitante difetto intra- o extracardiaco, tuttavia sono caratterizzati
da una prognosi riservata e spesso sintomatici (palpitazioni, angina, tromboembolie, congestione polmonare).
La variante intra-pericardica si sviluppa
in seguito ad una displasia parietale
preferenzialmente a livello dell’auricola
dell’atrio sinistro. La variante extra-pericardica sporge attraverso un difetto
nella copertura pericardica e predispone ad una compressione eccentrica
sulle strutture cardio-polmonari.
Gli pseudo-aneurismi con assenza dei
tre strati muscolari sono sempre delle
complicanze serie che necessitano di
un intervento chirurgico rapido. Essi si
formano dopo una rottura transmurale, trattenuta da aderenze pericardiche
e rapida coagulazione. Questi falsi
aneurismi sono localizzati in corrispondenza della parete inferiore o infero-laterale del ventricolo sinistro e contengono virtualmente sempre dei coaguli.
Inoltre mostrano un collo più ristretto
rispetto ai veri aneurismi, i quali mantengono almeno una parte della parete muscolare danneggiata.
La captazione tardiva del gadolinio sulla MRI è tipicamente estesa e interessa
anche il pericardio remoto nei casi di
pseudo-aneurisma.
In diagnosi differenziale entrano in
considerazione diverse entità patologiche come ad es.: aneurismi del setto interatriale, Takotsubo cardiomiopatia (ballooning apicale o midventricolare), ARVD (displasia aritmogena
del ventricolo destro), aneurismi del
ventricolo sinistro sotto la valvola mitralica, assenza congenita dell’apice
del ventricolo sinistro ed infine cardiomiopatia restrittiva con bulging
focale degli atri (sarcoidosi, amiloido-
TRIBUNA MEDICA TICINESE
193
flash radiologia:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 17.05.10 10:21 Pagina 194
SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di radiologia
si, emosiderosi, ipereosinofilia etc…).
Ad ulteriore complicazione sono state
segnalati in letteratura anche casi di diverticoli con parete puramente fibrosa
non appartenenti alla classificazione
sopraccitata e non inseribili in nessuna
della entità note… affaire à suivre.
Dr. Med. Marc de Baets
Istituto Radiologico Collegiata
Viale Stazione 8A
6500 Bellinzona
Ringraziamenti
L’autore ringrazia Sig. G. Giacomini e
Sig. G. Mantillan per assistenza editoriale
Bibliografia
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aneurysm: Differentiation with MR imaging
– Initial Experience. Radiology 2005;236:
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194
TRIBUNA MEDICA TICINESE
75 MAGGIO 2010
7 Edouard Gerbaud, Michel Montaudon, Lional Leroux. MRI for the diagnosis of left ventricular apical ballooning syndrome (LVABS).
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8 Pairoj Rerkpattanapipat, Wojciech Mazur,
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Patologia 49:Patologia 4.qxd 17.05.10 10:23 Pagina 195
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
PATOLOGIA IN PILLOLE
Nr. 49
L. Mazzucchelli, S. Pianca, F. Reichlin
Storia clinica
Presentiamo il caso di uomo di 64 anni
che giunge al servizio di nefrologia
dopo essere stato sottoposto ad allotrapianto renale dieci settimane prima
a Zurigo.
Il decorso presso il centro universitario
è stato complicato da rigetto acuto e
da insufficienza dell’anastomosi tra
l’arteria iliaca esterna sinistra e l’arteria
del rene trapiantato con conseguente
emorragia retroperitoneale e shock
ipovolemico. Tali complicanze hanno
richiesto espianto del rene trapiantato
alla settima settimana di ricovero.
Durante la seconda fase post-operatoria il paziente ha sviluppato polmonite
con versamento pleurico a destra, per
la quale si è iniziato trattamento antibiotico.
Al momento del trasferimento nel servizio di nefrologia del nostro ospedale
persiste sindrome infiammatoria (PCR
222 mg/l) e stato subfebbrile. Le emoculture, la toracentesi e il lavaggio
bronchiale non evidenziano agenti
patogeni (batteriologia generale, Legionella, Tbc, miceti, Pneumocystis).
L’esame citologico del versamento
pleurico non evidenzia cellule maligne. L’indagine TAC toracica e PET
mostrano rispettivamente un addensamento a destra ed un aumento dell’attività gluco-ossidativa in sede interlobare a destra (Figura 1). Per il forte
sospetto di empiema, si pone l’indicazione a toracoscopia diagnostico/terapeutica che tuttavia non porta a un
drenaggio soddisfacente a causa della
sepimentazione già organizzatasi nel
contesto della saccatura. Il paziente
viene quindi sottoposto a toracotomia
con evacuazione dell’empiema,
decorticazione pleurica ed exeresi di
lesione polmonare riscontrata intrao-
peratoriamente. La valutazione istologica della lesione polmonare evidenzia
una broncopolmonite cronica granulomatosa necrotizzante (Figura 2a)
nonché ife fungine suggestive di
aspergillosi nel contesto di microscessi
(Figure 2b, 2c) e di granulomi epitelioidi (Figura 2d).
Fig. 1
Fig. 2 A
Fig. 2 B
Fig. 2 C
Fig. 2 D
Indica la diagnosi corretta:
75 MAGGIO 2010
a Aspergilloma (micetoma)
b Polmonite da Aspergillo
c Aspergillosi allergica broncopolmonare
d Aspergillosi polmonare con infiammazione granulomatosa e necrotizzante (aspergillosi semi-invasiva)
e Aspergillosi con tracheobronchite
necrotizzante (tracheobronchite
pseudomembranosa)
TRIBUNA MEDICA TICINESE
195
Patologia 49:Patologia 4.qxd 17.05.10 10:23 Pagina 196
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
Diagnosi
Aspergillosi polmonare con
infiammazione granulomatosa
e necrotizzante
(aspergillosi semi-invasiva)
Commento
L’aspergillosi polmonare è un’infezione generalmente causata da A. fumigatus, A. flavus oppure A. niger.
L’aspergillo è un miceto comune distribuito mondialmente. Le spore di
Aspergillo vengono inalate da tutti gli
individui con conseguente colonizzazione delle vie respiratorie, soprattutto se l’esposizione è massiccia.
L’aspergillosi polmonare può presentarsi in diverse forme delle quali la
più comune è la colonizzazione di
cavità preesistenti con formazione di
micetomi. Altre manifestazioni di
aspergillosi includono forme caratterizzate da crescita invasiva di ife fungine oppure reazioni di tipo allergico
(Tabella 1).
L’aspergilloma insorge in cavità
secondarie a tubercolosi, bronchiectasie, sarcoidosi, ascessi polmonari
cronici, carcinomi oppure infarti polmonari cavitati; a volte si associa ad
aspergillosi angioinvasiva che occlude rami periferici dell’arteria polmonare. La manifestazione clinica di un
micetoma spazia da scoperte casuali
in pazienti asintomatici fino a emottisi grave e potenzialmente pericolosa
per la vita, verosimilmente dovuta ad
erosione di grossi vasi nella parete
della cavità. In genere la diagnosi si
fonda su immagini radiologiche integrate dal quadro clinico, dalla storia
del paziente e dagli esami sierologici.
La polmonite da Aspergillo è la forma
più comune di aspergillosi invasiva al
punto tale che le due definizioni vengono utilizzate come sinonimi.
Trattasi di un’infezione grave che
viene diagnosticata quasi esclusivamente in pazienti in scadenti condizioni generali o immunocompromessi. Particolarmente suscettibili sono
pazienti con leucemia acuta durante
196
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Infezione saprofitica (colonizzazione, aspergillosi non invasiva)
Micetoma (Aspergilloma)
Aspergillosi invasiva
Polmonite da Aspergillo
Tracheobronchite necrotizzante
Infiammazione granulomatosa e necrotizzante (aspergillosi semi-invasiva)
Aspergillosi cronica e necrotizzante
Reazione allergica
Aspergillosi allergica broncopolmonare
Tab.1: forme di aspergillosi polmonare
fasi di granulocitopenia. A rischio
sono anche pazienti con broncopatia
cronica ostruttiva, cirrosi o in trattamento steroideo. L’incidenza di
aspergillosi invasiva in pazienti con
AIDS sembrerebbe in aumento. La
mortalità di una polmonite da aspergillo è molto alta. Clinicamente i
pazienti lamentano sintomi simili a
quelli di una polmonite acuta batterica: tosse non produttiva, febbre alta,
dolori toracici e pleurici, raramente
emottisi. La diagnosi può essere difficoltosa in quanto le colture di materiale espettorato sono usualmente
negative o possono solo essere l’espressione di colonizzazione saprofitica delle vie respiratorie. Test sierologici oppure di biologia molecolare
(PCR) eseguiti su liquido ottenuto da
lavaggio bronchioloalveolare possono essere utili per stabilire la diagnosi. È tuttavia importante sottolineare
la non rara potenzialità di coinfezione con altri organismi batterici o fungini. Il quadro istologico della polmonite da Aspergillo è caratterizzato da
infarto emorragico con infiltrati leucocitari sparsi. Le ife fungine invadono pareti vascolari e gli alveoli; il
lume di grossi vasi può essere completamente obliterato da aggregati
fungini. Le ife di Aspergillo possono
essere evidenziate istologicamente
75 MAGGIO 2010
con colorazione standard (eosinaematossilinia) oppure con impregnazioni all’argento. Si tratta di miceti
settati orientati in parallelo oppure a
raggiera dal centro della lesione con
ramificazione dicotoma ad angolo
acuto di circa 45°. Benché l’aspetto
istologico sia abbastanza caratteristico è prudente rimandare la tipizzazione definitiva dei funghi al risultato
di esami microbiologici tramite cultura oppure tecniche si biologia molecolare (PCR). Artefatti degenerativi
possono infatti causare importante
rigonfiamento delle ife fungine, le
quali possono pertanto essere confuse con altre specie quali ad esempio
gli zygomiceti.
Le altre tre forme di aspergillosi invasiva sono meno comuni.
L’infiammazione granulomatosa e
necrotizzante, come osservata nel
paziente di questo caso, è rara e rappresenta una forma con crescita invasiva limitata (semi-invasiva). Lesioni di
questo tipo vengono osservate non
solo in pazienti immunocompromessi
ma anche in individui senza disturbi
del sistema immunologico. Tra i primi
vanno citati pazienti in trattamento
con corticosteroidi oppure pazienti
che hanno beneficiato di un allotrapianto. Morfologicamente le ife fungine sono contenute in microascessi
Patologia 49:Patologia 4.qxd 17.05.10 10:23 Pagina 197
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
necrotizzanti e associati a reazione
granulomatosa; altre volte vengono
identificate in granulomi ben formati
simili a quelli osservabili in casi di
tubercolosi. La distribuzione delle
lesioni è tipicamente broncocentrica.
La prognosi è buona ma il trattamento prevede il ricorso ad antimicotici
sistemici. La tracheobronchite necrotizzante e l’aspergillosi cronica necrotizzante sono le forme più rare di
aspergillosi invasiva; anche queste
forme vengono osservate quasi
esclusivamente in pazienti immunocompromessi. In particolare la prima
è caratterizzata da estese ulcere tracheo-bronchiali colonizzate da ife
fungine (pseudomembrane) che
invadono parzialmente la parete delle
vie respiratorie coinvolte; la seconda
presenta decorso indolente, sintomi
che possono mimare una tubercolosi
ed un quadro istologico poco caratterizzato.
Contrariamente alle infezioni invasive
e non invasive, l’aspergillosi broncopolmonare allergica consiste in una
reazione di tipo allergico su forme
fungine saprofite presenti nelle vie
respiratorie. Si tratta di pazienti atopici o asmatici che possono peraltro
beneficiare di trattamento con corticosteroidi piuttosto che con antimicotici. In questi pazienti si osserva
produzione di muco denso e brunastro (mucina allergica) che può
ostruire le vie respiratorie. A volte la
manifestazione clinica si limita al
coinvolgimento delle cavità paranasali (sinusite fungina allergica).
cole nodularità a carico del polmone
destro sospette per aspergillosi. Si
instaura pertanto terapia con antimicotici orali. Il miglioramento è lento e
complicato da numerose altre coinfezioni di origine batterica e virale.
L. Mazzucchelli,
Istituto cantonale di patologia, Locarno
S. Pianca, F. Reichlin,
Servizio di nefrologia, Ospedale Civico, Lugano
Bibliografia
Katzenstein and Askin’s Surgical Pathology of
Non-Neoplastic Lung Disease. 4th Edition
Saunders Elsevier, 2006 (ISBN-13: 978-0-721660041-3)
Nagata G Sueishi K et al. Pulmonary aspergillosis with broncocentric granulomas. Am J Surg
Pathol 1990, 14:485
Non-Neoplastic Disorders of the Lower
Respiratory Tract, Atlas of Nontumor Pathology,
First series, Fascicle 2, American Registry of
Pathology and the Armed Forces Institute of
Pathology, Washington DC, 2002 (ISBN: 1881041-79-4)
Decorso
A conferma del risultato dell’esame
istologico si richiedono esami di biologia molecolare sul materiale d’exeresi
polmonare fissato in formalina ed
incluso in paraffina che confermano
la presenza di infezione con A. fumigatus. Al contrario ulteriori esami
condotti su materiale espettorato o su
versamento pleurico risultano negativi. Una TAC toracica evidenzia 3 pic-
75 MAGGIO 2010
TRIBUNA MEDICA TICINESE
197
attività :attività 17.05.10 10:24 Pagina 199
ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
DATE DA RICORDARE OFFERTE E DOMANDE D’IMPIEGO
Consultare anche www.aggiornati.ch
2.06.2010
3° aggiornamento muscolo-scheletrico
Bellinzona – Ospedale San Giovanni – Stabile F
Sala conferenze – Info: Dr. Petri, tel. 091 811 89 21
gianfrancojohn.petri@eoc.ch
6-9.10.2010
8° Corso di aggiornamento per il medico di base
Giubiasco – Mercato Coperto
Info: Signora Marchetti Renata, tel. 091 811 80 23
14.10.2010
Traumatologia: evidenza ed esperienza –
Il trauma del bacino
Lugano – Ospedale Civico – Aula Magna – 14.30-18.00
Info: Servizio Chirurgia: tel. 091 811 61 17
20.10.2010
Corso di aggiornamento OMCT
Manno – Sala Aragonite – 14.00- 17.15
Info: Segretariato OMCT, tel. 091 930 63 00
info@omct.ch
27.10.2010
Assemblea ordinaria generale autunnale
Manno – sala Aragonite – 20.00
Info: Segretariato OMCT, tel. 091 930 63 00
info@omct.ch
11.11.2010
Corso di aggiornamento OMCT
Manno – Sala Aragonite – 14.00- 17.15
Info: Segretariato OMCT, tel. 091 930 63 00
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15.12.2010
Corso di aggiornamento OMCT
Manno – Sala Aragonite – 14.00- 17.15
Info: Segretariato OMCT, tel 091 930 63 00
info@omct.ch
20.01.2011
Corso di aggiornamento OMCT
Manno – Sala Aragonite – 14.00- 17.15
Info: Segretariato OMCT, tel 091 930 63 00
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16.02.2011
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Manno – Sala Aragonite – 14.00- 17.15
Info: Segretariato OMCT, tel 091 930 63 00
info@omct.ch
17.03.2011
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Manno – Sala Aragonite – 14.00- 17.15
Info: Segretariato OMCT, tel 091 930 63 00
info@omct.ch
20.04.2011
Corso di aggiornamento OMCT
Manno – Sala Aragonite – 14.00- 17.15
Info: Segretariato OMCT, tel 091 930 63 00
info@omct.ch
MUTAZIONI OMCT
Nuovi membri
–
–
–
–
–
–
Saccomanno Giacinto, Lugano
Polari Andrea, Australia
Borella Paola, Mendrisio
Lago Paolo, Cassina d’Agno
Cauzza Elena, Bellinzona
Momcilovic Nikolina, Bellinzona
Effettivo membri OMCT al 15.05.2010: 1082
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radioprotezione, certificato di tirocinio, ECG, labor, RX, Tarmed-WinMed,
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posto di lavoro zona Luganese all’80% per data da convenire. Interessati scrivere a cifra 31a, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
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socievole, con esperienza in medicina interna (laboratorio, ECG, radiologia, segretariato, fatturazione e piccoli interventi). Interessati telefonare
allo 076 393 16 46 oppure allo 091 649 61 62
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INFERMIERA diplomata CRS con esperienza a domicilio e in studio
medico cerca lavoro al 50%, preferibilmente al mattino. Interessati telefonare allo 079 518 55 30
STUDIO MEDICO di oftalmologia a Lugano cerca, con data da convenire, assistente di studio medico a tempo pieno o parziale. Si richiede
conoscenza della lingua tedesca. Interessate inviare CV a cifra 56, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
STUDIO MEDICO specialistico a Lugano cerca assistente di studio medico diplomata, 80-100% a partire dall’estate 2010. Interessate telefonare allo 091 923 63 84 o inviare CV a studio dr. F. Pelloni, Via Frasca 10,
6900 Lugano
STUDIO MEDICO di medicina generale FMH nel Mendrisiotto cerca assistente di studio medico (anche da poco diplomata) per data da convenire. La candidata deve possedere una buona conoscenza per l’espletazione in modo autonomo delle normali funzioni legate a questo carico in
uno studio medico generico. Le interessate sono pregate di inviare
domanda accompagnata da curriculum vitae ed eventuali certificati di
lavoro a cifra 50, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
STUDIO MEDICO specialistico a Lugano, cerca per data da convenire
assistente di studio medico al 80-100%. Indispensabile capacità al lavoro indipendente. Le interessate possono inviare la propria candidatura
alla cifra 51, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
75 MAGGIO 2010
TRIBUNA MEDICA TICINESE
199
attività :attività 17.05.10 10:24 Pagina 200
ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
STUDIO MEDICO medicina interna a Lugano cerca per data da convenire assistente di studio medico all’80-100%. Le interessate sono pregate di
inviare il curriculum alla cifra 52, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
STUDIO MEDICO di medicina estetica in centro Lugano cerca assistente di studio medico estetista. Possibilità anche di lavoro indipendente.
Profilo: diploma, esperienza, personalità solare e intraprendente, bella
presenza. Interessate chiamare lo 079 407 59 48
STUDIO MEDICO nel Luganese cerca assistente di studio medico al
50% a partire da luglio. Si richiede flessibilità e esperienza. Interessate
scrivere a cifra 57, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
STUDIO MEDICO specialistico nel Luganese cerca, per data da convenire, assistente di studio medico diplomata, a tempio parziale da inserire
nel proprio organico. Richiesta buona conoscenza del tedesco, esperienza di laboratorio, fatturazione Tarmed. Interessate inviare candidatura
corredata da CV a cifra 54, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
VARIE
MEDICO FMH medicina generale con studio ben avviato ed attrezzato
(Labor, RX, ecc.) con numerosi posteggi a Bellinzona cerca collega specialista (ortopedia, neurologia, psichiatria, agopuntura, ecc.) o medico di
base per condivisione locali e spese generali. Ev. job sarin. Interessati scrivere a cifra 55, Segretariato OMCT, 6805 Mezzovico
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Locarno 47, al 1° piano, 4½ locali, 130 mq. Interessati contattare il Sig.
Cioffi Giuseppe, tel. 078 707 15 00
CONFERENZE FORMATIVE IOSI
Inizio: ore 12.30
Luogo: IOSI, Ospedale Regionale Bellinzona e Valli
stabile E, sala riunioni, 3° piano
16 giugno
How to cope with work-related stress
in oncology?
Dr. Friedrich Stiefel, Service de Psychiatrie
de Liason, CHUV, Lausanne
Informazioni: IOSI, tel. 091 811 86 66
iosidirezione@eoc.ch – www.iosi.ch
Presentazione casi clinici medicina e chirurgia
Ospedale La Carità
Giovedì 27 maggio 2010
Giovedì 24 giugno 2010
Giovedì 30 settembre 2010
Corsi di formazione interna metà aprile - luglio 2010
Reparto di medicina, Ospedale Regionale di Locarno
Luogo: Ala Est, Aula 2A, 2° piano
Mercoledì
12.00-13.00
26.05.2010
Quadri dermatologici di rilevanza internistica
Dr S. Gilardi
Mercoledì
12.00-13.00
02.06.2010
Le neoplasie mieloproliferative,
cosa c’è di nuovo? Dr.ssa L. Leoncini-Franscini
Giovedì
18.00-19.00
10.06.2010
La nutrizione in ospedale
(con i chirurghi) Dr A. Ogna/dietiste
Mercoledì
12.00-13.00
23.06.2010
Basi dell’emodialisi / emofiltrazione /
plasmaferesi, PD Dr L. Gabutti
Mercoledì
17.00-19.00
30.06.2010
Corso di etica (per tutti gli assistenti)
Dr R. Malacrida, Dr.ssa R. Monotti
Giovedì
18.00-19.00
08.07.2010
Il dolore (con i chirurghi), Dr P. Sanna
Giovedì
18.00-19.00
15.07.2010
Anticoagulazione orale (con i chirurghi)
PD Dr G. Mombelli
I corsi sono riconosciuti (1 h) per la formazione postgraduata e continua dalle SSMI e SSMG.
Informazioni: Signora Pia Gafner, pia.gafner@eoc.ch
FORMAZIONE DEL REPARTO DI MEDICINA INTERNA
DELL’OBV - 2010
Sede e orario:
Ospedale Beata Vergine, Auditorio -1 – dalle 12.30 alle 13.30
Informazioni:
Dr. med. B. Balestra, Primario medicina OBV, tel. 091 811 32 27
Martedì 1. giugno:
12.30 - 13.30
Discussione di casi clinici
Dr med. B. Balestra e Colleghi
Giovedì 17 giugno:
12.30 - 13.30
Ictus cerebri e fibrillazione atriale:
nuove prospettive?
Dr med. C. Cereda
Dalle 18.30 alle 19.30, Ospedale Ala Est, aula 2, 2° piano
Per informazioni telefonare allo 091 811 47 16
200
TRIBUNA MEDICA TICINESE
75 MAGGIO 2010
Formazioni accreditate dalla Società FMH di Medicina
Interna (SSMI) e di Medicina Generale (STIMEG)
attività :attività 17.05.10 10:24 Pagina 201
ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
COLLOQUI DI FORMAZIONE DEL DIPARTIMENTO DI CHIRURGIA DELL’EOC
Collegamento in videoconferenza con gli Ospedali Regionali di: Bellinzona: biblioteca medici
Locarno: aula videoconferenza (3° piano) – Lugano sede Civico: aula 2 o aula magna (-1) – Mendrisio: biblioteca medici
Ore 8.15-09.00
PROGRAMMA
14.06.2010 Chirurgia delle paratiroidi – Dr. F. Fasolini, primario chirurgia, OBV
28.06.2010 Indicazioni attuali della colostomia di protezione – Dr. D. Brasola, capo clinica chirurgia, ODL
5.07.2010
Trasferimento fuori cantone in urgenza o in elettivo: indicazione e regole da rispettare – Dr. G. Merlani, medico cantonale
(in collegamento da Bellinzona)
12.07.2010 Summerlecture – Dr. S. Schlunke, vice primario chirurgia, ODL
Informazioni: Prof. Dr. med. Raffaele Rosso, tel. 091 811 61 22 – raffaele.rosso@eoc.ch
CIRCOLO DI QUALITÀ SEMINE BELLINZONA MEDICI/FARMACISTI
16.06.2010 Antiaggreganti, eparine / 15.09.2010 Sistema respiratorio / 24.11.2010 Antidemenza
Le serate si terranno alla Casa Anziani Greina di Bellinzona dalle 18.30 alle 20.00.
Per informazioni: Signora Francesca Celio, tel. 091 825 25 35
FORMAZIONE POST-GRADUATA DEL SERVIZIO DI MEDICINA INTERNA - 2° parte
Clinical problem solving, colloquio di pneumologia, medicina di laboratorio, etica nella medicina
giovedì, 12h30-13h45 c/o aula magna (OCL), aula 2 (OCL), sala ovest (OIL)
10.6.10
aula magna
Colloquio di pneumologia
12.30-13.30
Dr M. Pons
17.6.10
aula 2
Formazione medicina di laboratorio
12.15-13.45
M. Niosi
9.9.10
aula magna
Colloquio di pneumologia
12.30-13.30
Dr M. Pons
16.9.10
aula magna
Medicina d’urgenza | Rianimazione cardiopolmonare
Dr. R. Sieber
23.9.10
aula 2
Formazione medicina di laboratorio
M. Niosi
30.9.10
aula magna
Gastroenterologia - M. Crohn / colite ulcerosa
PD Dr. F. Delcò
7.10.10
aula magna
Colloquio di pneumologia
Dr M. Pons
14.10.10
aula magna
Infettivologia / HIV/AIDS
21.10.10
aula 2
Formazione medicina di laboratorio
28.10.10
aula magna
Ematologia / Anemie
11.11.10
aula magna
Colloquio di pneumologia
12.30-13.30
Dr M. Pons
18.11.10
aula 2
Formazione medicina di laboratorio
12.15-13.45
M. Niosi
25.11.10
aula magna
Neurologia / Malattie cerebrovascolari
2 o 9.12.10 aula magna
Colloquio di pneumologia
16.12.10
Epatologia / Epatiti
aula magna
12.15-13.45
12.30-13.30
PD Dr. E. Bernasconi
12.15-13.45
M. Niosi
Dr. S. Regazzoni
Dr. C. Staedler
12.30-13.30
Dr M. Pons
Dr. F. Bihl
Per informazioni: malattie.infettive@eoc.ch
75 MAGGIO 2010
TRIBUNA MEDICA TICINESE
201
attività :attività 17.05.10 10:24 Pagina 203
ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
Corso di perfezionamento in medicina psicosomatica e
psicosociale 2010 - 2012
Organizzato da: Istituto Ticinese di Formazione in Medicina Psicosomatica e Psicosociale IsTIPsiso
In collaborazione con: TI-PSISO, Gruppo Regionale dell’Accademia Svizzera di Medicina Psicosomatica e Psicosociale
Reparto di Medicina Psicosomatica del Dipartimento di Medicina
Interna dell’Università di Basilea
L’Istituto Ticinese di formazione in Medicina Psico-somatica e Psicosociale IsTIPsiso ha organizzato dal 2001 tre corsi biennali,
completi e impegnativi, che hanno formato 52 medici e 5 professionisti paramedici della Svizzera italiana in medicina psicosomatica e psicosociale.
Nel periodo 2010-2012 offre ora il quarto corso biennale che
potrà portare all’ottenimento dell’attestato di capacità in Medicina Psicosomatica e Psicosociale.
L’IsTIPsiso è un istituto di formazione riconosciuto dall’Accademia Svizzera di Medicina Psiocosomatica e Psicosociale (ASMPP),
con sede a Basilea.
L’ASMPP organizza e sorveglia la formazione in medicina psicosomatica per medici su incarico dell’FMH.
Concetto del corso
La medicina psicosomatica e psicosociale ha come obiettivo l’integrazione di aspetti biologici e psico-sociali nella comprensione
della persona malata. La premessa di fondo su cui si basa lo sviluppo di una medicina psicosomatica e psicosociale è che mente
e corpo non sono due entità separate operanti indipendentemente, bensì due aspetti distinti, ma integrati di una persona.
Questa integrazione è particolarmente indicata nelle situazioni in
cui gli aspetti psicosociali sono riconoscibili nell’insorgenza e nel
decorso della malattia, oppure quando malattie somatiche hanno un influsso sulla situazione psicosociale del malato.
La comunicazione medico-paziente assume quindi un ruolo
determinante per permettere di conoscere e comprendere i vissuti, le aspettative dell’altro e soprattutto gli schemi interpretativi che danno un significato ai segni scambiati nella relazione e ai
sintomi del corpo.
Condizioni di ammissione
Sono richiesti almeno due anni di attività clinica in ospedale o in
studio medico. Si richiede la disponibilità alla videoregistrazione
di colloqui con pazienti e la raggiungibilità tramite e-mail.
Struttura e durata del corso
Il corso, che durerà da novembre 2010 a dicembre 2012, è costituito da:
– Giornate di formazione con teoria, esercizi di gruppo, giochi
di ruolo
–
–
–
–
Gruppi di supervisione
Protocolli di colloqui con pazienti
Videoregistrazioni di colloqui con pazienti
Valutazione della qualità del corso stesso
Informazioni
Dr.med. Martin Zogg, coordinatore dell’Istituto,
Via Reali 5, 6965 Cadro, 091 943 46 36
zoggcadro@ticino.com
Obiettivi
I partecipanti conseguiranno competenze specifiche nel riconoscere e trattare disturbi e malattie psicosomatiche e psicosociali
che richiedono conoscenze e capacità che vanno al di là delle
abituali conoscenze del medico di base.
In particolare il partecipante al termine del corso:
– conoscerà differenti teorie di medicina psicosomatica e psicosociale
– saprà differenziare vari tipi di approccio terapeutico
– saprà eseguire una terapia stabilizzante, regolare e a lungo
termine
– saprà coinvolgere il paziente come co-esperto per la sua
malattia e la sua salute
– saprà riconoscere e valutare le proprie emozioni di interazione col paziente
– saprà rispettare i propri limiti e trovare le modalità adeguate
nella collaborazione con vari specialisti
– saprà utilizzare le risorse e le competenze della rete psicosociale ticinese
– saprà riconoscere disturbi somatoformi
Corso e attestato
Il corso è organizzato in modo da essere compatibile con l’Attestato di perfezionamento in Medicina Psicosomatica e Psicosociale, come proposto dall’Accademia Svizzera di Medicina Psicosomatica e Psicosociale (ASMPP).
I contenuti del curriculum formativo sono composti da:
– teoria e conoscenze
– acquisizione ed esercizio di competenze
– supervisione ed esperienza personale.
Il partecipante avrà totalizzato, dopo il corso biennale, 250 ore
sulle 360 ore richieste dall’ASMPP per l’ottenimento dell’Attestato di perfezionamento.
Le ore rimanenti potranno essere completate frequentando altre
formazioni riconosciute dall’ASMPP, in particolare gli aggiornamenti di TI-PSISO, il Congresso della stessa ASMPP, come pure i
gruppi di supervisione che continueranno anche dopo la fine del
corso.
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
203
stampa:stampa 17.05.10 10:26 Pagina 205
RASSEGNA DELLA STAMPA
Al voto sulla medicina di famiglia
Depositate 200 mila firme per l’iniziativa popolare a favore
dei medici generici
Gli iniziativisti chiedono di ancorare nella Costituzione l’obbligo per Confederazione e Cantoni di promuovere la medicina di base e la figura del medico di famiglia, migliorandone
le condizioni di lavoro e di formazione
BERNA Il popolo sarà chiamato a votare sull'iniziativa popolare
“SÌ alla medicina di famiglia”. Poco più di 200 mila firme sono
state infatti depositate ieri presso la Cancelleria federale, di queste oltre 5000 raccolte in Ticino. Un vero e proprio exploit se si
pensa che l'iniziativa è stata lanciata solo lo scorso ottobre e le
firme raccolte in meno di 24 settimane. “Ciò dimostra un forte
ancoramento della medicina di famiglia nella popolazione, che
non intende rinunciare a un'assistenza medica di base di qualità”, ha commentato ieri Peter Tschudi, presidente del comitato
d'iniziativa. Il testo chiede di rendere nuovamente attrattiva la
professione del medico generico, anche per garantirne il ricambio generazionale. L'età media dei medici di famiglia oggi è infatti di 57 anni, e considerando che solo il 10% degli studenti
di medicina s'indirizza verso questa strada, è presto fatto calcolare che già nei prossimi anni vi sarà un'importante penuria di
medici generici. Secondo una ricerca dell'università di Basilea
già nel 2016 la metà dei medici di famiglia attualmente attivi
andrà in pensione e nel 2020 questa percentuale raggiungerà il
75%, ha ricordato François Héritier, vicepresidente dell'Associazione dei medici di famiglia e dell'infanzia svizzera, fondata nel
settembre dello scorso anno. La professione, che una volta era
considerata il pilastro del nostro sistema sanitario ha perso la
sua attrattiva a causa delle politiche scellerate degli ultimi 10 anni, ha aggiunto Franco Denti, presidente dell'Ordine dei medici
del Canton Ticino e vicepresidente del comitato d'iniziativa. Già
oggi il rapporto fra medici di famiglia e specialisti è di 4 a 6,
quando invece in una struttura sanitaria “sana” dovrebbe essere esattamente l'opposto, ovvero 60% di medici generici e
40% di specialisti.
È dal 2006 che i medici di famiglia portano avanti un'azione
politica per rivendicare migliori condizioni di lavoro e di formazione, organizzando poi ogni 1. aprile dell'anno una manifestazione di piazza di fronte a Palazzo federale. “Ma non
siamo stati ascoltati, l'iniziativa popolare era l'unica via rimastaci per far pressione sulla politica federale”, ha commentato Tschudi. Da parte sua Héritier ha poi però riconosciuto che
i cambiamenti alla testa del Dipartimento dell'interno e dell'Ufficio federale della sanità “hanno portato segnali di apertura”. “Didier Burkhalter si è dimostrato decisamente più
sensibile alle nostre rivendicazioni”, ha aggiunto.
Concretamente l'iniziativa chiede di ancorare nella Costituzione l'obbligo per Confederazione e Cantoni di promuovere
la medicina di base e la figura del medico di famiglia. In particolare gli iniziativisti chiedono che siano create le condizioni per garantire un'equilibrata distribuzione regionale dei medici di famiglia, un'adeguata remunerazione delle prestazioni
della medicina di base, il riconoscimento delle attività di consulenza dei pazienti, e un perfezionamento professionale e
una ricerca clinica nell'ambito della medicina di famiglia.
Davide Vignati
(“Corriere del Ticino” 02.04.2010)
Franco Denti, vicepresidente del Comitato d’iniziativa
“La Costituzione deve definire il
ruolo del medico di famiglia”
Perché è necessario un nuovo articolo costituzionale per rilanciare la figura del medico di famiglia?
“Perché contrariamente ad altri Paesi, noi non abbiamo un
articolo che specifica gli obiettivi in ambito sanitario. Il medico di famiglia è la porta d'entrata per il paziente nel sistema
sanitario, ne è sempre stato il pilastro, ma da diversi anni non
è stato fatto più nulla per incentivare la professione e assicurarne l'attrattività, e di conseguenza ci troviamo alle prese
con una penuria senza precedenti. L'articolo costituzionale
deve dunque definire meglio qual è il ruolo del medico di famiglia. È l'unico mezzo per cercare di invertire la rotta”.
In che modo Confederazione e Cantoni dovrebbero promuovere Ia medicina di base?
“Come prima cosa favorendo la formazione dei medici generici a livello universitario. Poi bisogna dare ai nuovi medici
la possibilità di fare esperienza sul territorio, Confederazione
e Cantoni devono cooperare meglio per creare posti di stage
negli ambulatori. E una volta che i medici generici sono formati, bisogna rendere più attrattiva la professione e promuovere la sua diffusione su tutto il territorio”.
Con la fine della moratoria per gli studi dei generalisti, i medici deIl'UE potrebbero sopperire alIa penuria in Svizzera?
“Noi ci opponiamo a questo scenario, per il semplice fatto
che i medici dell'UE hanno una formazione post universitaria
di soli 2 o 3 anni, contro i 5 degli svizzeri. Ciò abbasserebbe
la qualità della medicina di base. Ma il rischio che a breve termine i medici UE imbocchino la strada della Svizzera è reale,
ragion per cui chiediamo una formazione minima di 5 anni,
con eventualmente l'obbligo per chi viene dall'UE di seguire
d.v.
del corsi specifici”.
(“Corriere del Ticino” 02.04.2010)
Camici bianchi a un anno
dallo sciopero
Franco Denti: niente tagli nei laboratori medici, ma minori
chance per i giovani
Il 1. aprile dell'anno scorso i medici ticinesi, per la prima volta, scendevano in piazza per protestare contro la riduzione
delle tariffe di Iaboratorio decisa daII'allora ministro della Salute Pascal Couchepin. Una riforma che suscitò azioni di pro-
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RASSEGNA DELLA STAMPA
testa in tutta la Svizzera. Esattamente un anno dopo, oggi
l'Ordine del medici ticinese (OMCT) è a Berna con una delegazione per consegnare le firme dell’iniziativa federale “Sì alla medicina di famiglia”. Nel frattempo Couchepin è uscito di
scena. Abbiamo tracciato un bilancio con Franco Denti, presidente dell'OMCT, che parla dei disagi dei medici di famiglia
e della necessità di difendere Ia categoria e fa il punto della
riforma dei laboratori.
Dottor Denti, quale bilancio si può tracciare ad un anno daIl'azione di protesta?
“Si può parlare di un bilancio in chiaroscuro. Di positivo vi è
la maggiore sensibilità della popolazione per le problematiche che riguardano la medicina di famiglia. La gente è cosciente dell'importanza del ruolo che il medico di famiglia detiene all'interno del sistema sanitario e sa che il tentativo di
ridurne le capacità diagnostiche e di cura – per esempio togliendo agli studi medici la possibilità di avere un proprio laboratorio di analisi – altro non è se non una strategia degli
assicuratori per imporre iI loro controllo sulla medicina di base. Peccato, perché, con misure spesso per noi impopolari
(come la continua richiesta di giustificazioni sull'operato del
medico da parte delle casse malati), si finisce per mettere in
pericolo il segreto professionale e indebolire quella fiducia
che sta alla base del rapporto medico paziente. È importante
che la classe medica – e in particolare i medici di famiglia –
con il sostegno dei cittadini pazienti, continui a esercitare
pressione sulle istanze politiche federali, per impedire lo
smantellamento del sistema sanitario svizzero, il migliore, il
più efficiente, il più efficace e il più equo al mondo”.
In qualità di presidente delI'OMCT, sollecitò a più riprese le dimissioni di Couchepin, che, in effetti, furono annunciate
qualche mese più tardi. Con il senno di poi, avrebbe detto
che sarebbe andata così?
“Come diceva un mio maestro: chiedere è lecito, rispondere
è cortesia, ma non oso pensare che il ministro Cou-chepin
abbia deciso di esaudire i miei desideri... Scherzi a parte, a
mio avviso, il bilancio di 10 anni di gestione Cou-chepin della politica sanitaria è da considerare fallimentare: si pensi alla perversa spirale dell'aumento dei premi di cassa malati in
rapporto alla crescita contenuta (3-4% annuo) dei costi della
salute. Suppongo che chi oggi traccia un quadro positivo del
“decennio sanitario Couchepin” non abbia esperienza diretta delle difficoltà in cui versano tante famiglie ticinesi che vedono il loro bilancio messo in crisi dalla voce cassa malati obbligatoria”.
Di tariffe di Iaboratorio, dope lo sciopero, si è parlato poco.
Prima, tuttavia, si paventavano Iicenziamenti di personale e
disagi per i pazienti. Un comprovato grido d'allarme o un
pretesto per esprimere un malcontento più profondo?
“Grazie al senso di responsabilità dei medici ticinesi, almeno
negli studi questo scenario non si è verificato. Tuttavia, partenze e pensionamenti non hanno portato a sostituzioni, per
cui, comunque, sono venute meno possibilità d'impiego, in
particolare per i giovani che desiderano seguire la formazione di assistente di studio medico. Una figura, quella della “si-
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gnorina del dottore” che solo il sistema sanitario svizzero conosce. L'appello che rivolgo a chi detiene le competenze decisionali è di non dimenticare questo aspetto, che tocca sia la
qualità delle cure che il futuro dei giovani”.
Intanto, il 1. Iuglio scorso la riforma è entrata in vigore. Cos'è cambiato concretamente per i medici e per i pazienti?
“Gli esami di laboratorio effettuati in studio devono essere
seguiti, nella stessa giornata, dalla visita medica. Altrimenti vi
è il rischio che le assicurazioni non rimborsino i costi al paziente. In questo modo, il medico sarà sempre più costretto a
rivolgersi a un laboratorio esterno. Le conseguenze per i cittadini pazienti sono l'allungamento dei tempi per le diagnosi
e per l'inizio di una terapia adeguata. Questa riforma, unitamente al nuovo tariffario federale TARMed, mette in discussione la sopravvivenza stessa della nostra categoria professionale e della medicina di prossimità tanto cara ai cittadini svizzeri”.
Oggi sarete a Berna per consegnare le firme per I’niziativa federale “Sì alla medicina di famiglia”. Una data che non può
essere stata scelta a caso.
“Il 1. aprile 2006, 10-12.000 camici bianchi hanno manifestato per la prima volta a Berna sulla Piazza federale: da allora questo giorno non è solo quello “del pesce” ma anche
quello del medico di famiglia. Oggi a Palazzo federale consegnamo 201.300 firme, raccolte in soli 5 mesi dei 15 a disposizione. L'iniziativa federale è frutto della situazione in cui
versa la medicina di famiglia: la popolazione l'avverte, i medici ne soffrono. Occorre un correttivo urgente. Nella Costituzione svizzera, diversamente da altri Paesi, non esiste un articolo di base sulla sanità, né si pongono priorità o obiettivi
da raggiungere in campo sanitario. Oggi il legislatore è abbastanza libero nell'organizzare la sanità: lo può fare in modo liberale, interventistico o protezionistico. Le esperienze
dell'ultimo decennio ci hanno insegnato come I'ampio potere politico sia stato vanificato dalla forte lobby degli assicuratori malattia e dalle multinazionali dei farmaci. Con l'iniziativa vogliamo fissare obiettivi, assegnare compiti e determinare condizioni quadro per una medicina liberale, di qualità ed
efficace per tutti”.
Resta però il nodo del ricambio generazionale. Perché fare il
medico di famiglia oggi non è piü attrattivo come una volta?
“Oggi l'età media del medici di famiglia è di 57 anni e le giovani leve mancano. I motivi di questo disinteresse sono da ricercare sia nella perdita degli strumenti diagnostici, che nella
svalutazione della prestazione intellettuale. Dopo 6 anni di
formazione e almeno 5 di post-formazione si è posti in una
situazione di svantaggio rispetto a parecchi altri percorsi acRomina Lara
cademici”.
(“Corriere del Ticino” 01.04.2010)
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RASSEGNA DELLA STAMPA
Sanità, il PPD dà la sua ricetta
INFLUENZA A H1N1 - Calcolati i primi costi a carico del Cantone
Cinque grandi regioni per la pianificazione razionale delle cure
Passata la pandemia,
resta una fattura da 1 milione
Per il finanziamento, il PPD propone che in futuro i Cantoni si
facciano carico del 30% di tutte le prestazioni dispensate, sia
dagli ospedali che dagli studi privati
BERNA Cinque grandi regioni per la pianificazione delle cure
sanitarie, ripartizione identica dei costi sia per le cure ambulatoriali che per quelle ospedaliere, maggiore controllo sui
rimborsi delle prestazioni e maggior ricorso alle cure palliative invece dell'accanimento terapeutico. È questa in sintesi la
ricetta presentata ieri dal Partito popolare democratico svizzero per contenere l'esplosione dei costi della salute. La nuova risoluzione del partito per correggere il sistema sanitario
elvetico sarà sottoposta all'assemblea dei delegati che si terrà a Coira il prossimo 24 aprile. Anche il PPD, dunque, torna
a profilarsi su questo spinoso dossier dopo che solo tre settimane fa i socialisti avevano rilanciato la battaglia per la cassa
malattia unica presentando una nuova iniziativa.
Per il presidente Darbellay è necessario agire adesso, tenuto
conto dell'incremento continuo dei costi sanitari, il cui peso
incomincia a diventare insostenibile soprattutto per il ceto
medio. L'ideale sarebbe che l'incremento annuale dei costi risultasse inferiore a quello del PIL, “ma purtroppo negli ultimi
anni si è verificato il contrario”.
Nelle intenzioni del PPD, c'è la costituzione di 5 regioni – i cui
contorni sono ancora tutti da definire – che obbligherà i Cantoni a coordinare maggiormente l'offerta sanitaria. In ogni regione ci sarà un centro ospedaliero che offrirà la medicina di
punta, collegato a nosocomi che offriranno prestazioni di base come la medicina interna, le cure di pronto soccorso, anestesia o radiologia. Gli studi medici privati dovrebbero cedere
il passo a centri della salute per le cure di base. Questo standard, che permetterebbe anche di offrire prestazioni nelle periferie, dovrebbe essere ancorato nella legge e dare diritto a
riduzioni dei premi. Sul finanziamento delle cure, in futuro i
Cantoni dovrebbero coprire a livello del 30% tutte le prestazioni: quelle dispensate dai nosocomi – stazionarie e ambuiatoriali – e quelle fatturate dagli studi privati. Con l'attuale sistema – i Cantoni pagano il 50% dei costi stazionari degli
ospedali; il resto incombe agli assicuratori – vi è il rischio che
i pazienti non ricevano cure appropriate.
Nel documento figura il rafforzamento dell'esame periodico
del catalogo delle prestazioni in base ai criteri previsti per legge, come l'economicità e l'efficacia.
(“Corriere del Ticino” 10.04.2010)
Per assicurare al Ticino mascherine, medicamenti, materiale di
pulizia e quant’altro sono stati spesi almeno 944.357 franchi.
Merlani, medico cantonale: “Non si è trattato di sperpero”.
II Cantone Ticino ha speso almeno 1 milione di franchi per far
fronte alla pandemia di influenza A H1N1. Febbre che, lo ricordiamo, secondo i dati ufficiali forniti dal Dipartimento sanità e
socialità (DSS) ha ospedalizzato in tutto 33 persone. Questi costi a carico delle finanze cantonali sono visibili nel conto consuntivo 2009, alle pagine 69 e 70, là dove sono citati i “sorpassi di spesa” dei vari dipartimenti rispetto al conto preventivo.
La radiografia del milione
È sfogliando queste tabelle che si apprende – per esempio – che
per rendere operativi 12 Centri di pandemia/vaccinazione, il 21
agosto 2009 il Governo ha autorizzato un “esborso” di 80mila
franchi. O che per acquistare – citiamo – “mascherine protezione per il dispositivo pandemia” e “materiale protettivo”, il 22 settembre 2009 il Consiglio di Stato ha stanziato nell'ordine 238mila e 327mila franchi. Ed è sempre guardando queste tabelle che
si nota come l'Esecutivo ha poi “aperto il portafogli” in altre 5
occasioni: 107mila e 53mila franchi se ne sono “andati” il 20
maggio 2009 e il 18 agosto 2009 per un non precisato “acquisto di materiale”; 45mila franchi solo stati versati per comprare il
13 ottobre 2009 “materiale per pulizia e protettivo per i ristoranti
scolastici”, 62.357 franchi sono stati utilizzati il 22 settembre
2009 per la “gestione hotline telefonica pandemia” e altri 32 mila franchi sono andati a colmare il 13 ottobre 2009 i “supplenti
orari del personale attribuito presso i ristoranti scolastici”.
Merlani: “Non è sperpero”
Totale della fattura: 944.357 franchi. Tanto? Poco? Difficile rispondere. Anche perché, ci dice il Medico cantonale Giorgio
Merlani, buona parte del materiale acquistato è materiale utile
per la protezione della popolazione e senza una scadenza. Tradotto: anche se mascherine, cerotti e quant'altro non sono stati utillzzati per la pandemia di “suina”, sono andati comunque
a “rimpolpare” le scorte per gli anni a venire. Ecco perché, secondo Merlani, in tutti i casi non si può parlare di “sperpero”.
Presto un report completo
Le cifre riguardanti la pandemia riportate nelle tabelle dei
“sorpassi di spesa” del conto consuntivo 2009, annota poi il
Medico cantonale, saranno in ogni caso approfondite “in un
rapporto dettagliato che, mi auguro, entro la fine di maggio,
sarà consegnato al Gran Consiglio”. Realizzato dallo speciale
“gruppo di lavoro pandemia”, il documento – segnala Merlani – saprà fornire ai deputati tutte le informazioni importanti
relative al dispositivo pandemico messo in atto in Ticino.
Andrea Bertagni
(“Giornale del Popolo” 14.04.2010)
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RASSEGNA DELLA STAMPA
Medici, no al suicidio assistito
L’OMCT: “Più accompagnamento del malato e cure palliative”
Il Consiglio direttivo dell’Ordine ha preso posizione sulla modifica del codice penale messa in consultazione da Berna, sostenendo la variante che punisce l’atto. “Non spetta a noi
proporre questo genere di assistenza”
I medici ticinesi si schierano contro il suicidio assistito. Mo
tivo: non lo considerano un loro compito e non vogliono che
questo venga assimilato ad un'attività medica. “Il medico è
piuttosto tenuto ad alleviare le sofferenze che potrebbero generare intenti suicidari. Per questo, come medici dobbiamo ribadire e insistere sulla necessità di un maggior sviluppo delle
cure palliative e dell'assistenza ai malati terminali”, scrive il
Consiglio direttivo dell'OMCT, prendendo posizione sulle proposte di revisione del codice penale e del codice militare messe in consultazione a fine ottobre dal Consiglio federale. La
revisione contempla due varianti. La prima àncora al Codice
penale chiari obblighi di diligenza per i collaboratori delle organizzazioni d'aiuto al suicidio, quali Exit e Dignitas. Solo gli
ammalati incurabili potrebbero usufruire delle loro prestazioni, mentre quelli cronici (affetti da patologie che non portano alla morte) e quelli psichici ne sarebbero esclusi. Queste
condizioni tuttavia, secondo l'OMCT, legittimano le organizzazioni di aiuto al suicidio e ne fanno un'attività medica “giuridicamente complessa e problematica nell'interpretazione e
nell'applicazione”. Il fatto di coinvolgere le organizzazioni tipo Dignitas o Exit, inoltre, finirebbe per dare una connotazione amministrativa ad un rapporto tra medico e paziente
che per contro deve essere basato sulla conoscenza approfondita e sulla fiducia personale.
L'Ordine cantonale è favorevole per contro alla seconda variante, che di fatto proibisce le organizzazioni di assistenza e
recita: “Chiunque, per motivi egoistici o nell'ambito di un'organizzazione di aiuto al suicidio istiga qualcuno al suicidio o
gli presta aiuto è punito, se il suicidio è consumato o tentato, con un una pena detentiva sino a cinque anni o con una
pena pecuniaria”.
Questa formulazione è considerata dai medici “semplice,
chiara e facilmente applicabile”.
L'OMCT ritiene che non sia compito del medico proporre
un'assistenza organizzata a chi intende togliersi la vita. Il principio di autonomia invocato per decidere della propria morte
non è considerato assoluto. Il suicidio assistito, secondo i medici ticinesi, implica per definizione la partecipazione di altre
persone con inevitabili ripercussioni sociali, quali l'esempio e
l'emulazione. “La tutela delle persone che compongono la
comunità, specialmente quelle più deboli e bisognose di protezione, deve prevalere su una presunta autodeterminazione
dell'individuo. Una protezione in questo senso da parte dello
Stato, attraverso la proibizione delle organizzazioni di assistenza, è ritenuta opportuna e necessaria. Alle associazioni
viene inoltre rimproverato di fungere da fattore stimolante al
passo estremo, nei confronti di persone in situazioni di fragi-
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lità psicologica e fisica. In base alla loro esperienza, i medici
sostengono che la richiesta di assistenza al suicidio non emerge quale bisogno dei malati terminali e che bisogna insistere
sull'accompagnamento di queste persone e sull'applicazione
sempre più capillare delle cure palliative. Qualunque soluzione venga applicata in futuro, conclude l'OMCT, il Governo
dovrà vigilare affinché il dramma di una persona sofferente
che decide di togliersi la vita non venga “medicalizzato” e
che non venga facilitata l'esecuzione di questa assistenza in
istituti di cura, reparti di oncologia, servizi di Hospice e cure
Giovanni Galli
palliative.
(“Corriere del Ticino” 23.04.2010)
Suicidio assistito:
l’OMCT fa finta di non capire
Com'è noto, in Svizzera da quasi 100 anni l’assistenza al suicidio non è punibile, purché non venga prestata per motivi
egoistici o disonorevoli. Recentemente alcuni casi di stranieri
venuti da noi per quello che viene chiamato il turismo della
morte, hanno scatenato una serie di polemiche sul ruolo delle organizzazioni d'assistenza al suicidio, quali Exit e Dignitas.
II Consiglio Federale ha quindi messo in consultazione due
proposte: la prima prevede diversi obblighi di diligenza per i
collaboratori di queste organizzazioni, la seconda in pratica le
proibisce. Molto probabilmente non se ne farà però niente,
in quanto sin qui la maggior parte delle risposte alla consultazione hanno rimandato al mittente le due proposte, asserendo che con entrambe si limiterebbe in modo inaccettabile
l'autonomia individuale. Ben diversa invece è la posizione ora
espressa dal Consiglio Direttivo dell'Ordine dei Medici Ticinesi (OMCT), che prende risolutamente posizione per la seconda variante, che di fatto proibisce le organizzazioni d'assistenza al suicidio (CdT 23.4.2010).
Ciò che più sorprende però è che nell'argomentazione
l'OMCT dimostra di avere o una totale incomprensione del
problema o allora dei paraocchi ideologici inaccettabili. In
questa argomentazione si parla p.es. di “presunta autodeterminazione dell'individuo”, del pericolo di “emulazione”, si
afferma che “l'assistenza al suicidio non emerge quale bisogno dei malati terminali”, si riscopre la ormai trita e ritrita alternativa tra il suicidio assistito e le cure palliative, asserendo
che lo sviluppo di quest'ultime semplicemente risolverebbe il
problema.
La soluzione è un'altra
In realtà, non solo l'esperienza, ma anche una serie di studi
dimostrano che, anche con le migliori cure palliative, rimane
pur sempre un certo numero di pazienti cronici e/o terminali,
che giudicano la loro situazione soggettiva ed oggettiva come ormai non più tollerabile e che richiedono che qualcuno
li aiuti a por fine alle loro sofferenze. Oltre che probabilmente su retroscena di tipo confessionale, la posizione dell'OMCT
parte dal dogma che l'assistenza al suicidio non può mai es-
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sere un atto medico. E perché mai? Forse perché l'ha detto
Ippocrate 4.000 anni fa? Ma allora l'aspettativa di vita era di
poco superiore ai 30 anni, quasi tutti morivano di infezioni o
di altre malattie acute e le affezioni croniche praticamente
non esistevano. Oggi sono le malattie croniche a dominare
ed il paziente ha quindi tutto il tempo per decidere a quali
condizioni vuole ancora continuare a vivere e quando invece
considererà le sofferenze o la mancanza di un minimo di qualità di vita come inaccettabili. In passato, i medici hanno quasi sempre delegato ai religiosi il compito d'occuparsi del malati terminali: oggi, e giustamente, siamo anche noi ad occuparcene e spesso intensamente. Ma se io ho seguito, magari
per anni, un ammalato cronico, se lo sto seguendo anche
quando ormai la fine s'avvicina: perché mai dovrei penò, se
me lo chiede insistentemente, rifiutarmi di scrivergli la ricetta, con la quale potrà comperare la pozione letale, che egli
poi berrà, quando lo riterrà più opportuno e quando sarà veramente deciso a morire? Questa è in pratica l'assistenza al
suicidio: o preferiamo che i pazienti disperati debbano buttarsi sotto il treno o gettarsi dal 4. piano? Se, oltre che ad essere legale, quest'assistenza al suicidio verrà ufficialmente riconosciuta come un possibile atto medico (al quale naturalmente nessun medico potrà mai essere obbligato) allora saremmo vicini ad una soluzione, che sarà molto migliore della
situazione attuale. A quel punto sarà più facile convincere gli
ospedali (per intanto è stato solo il CHUV di Losanna a fare
questo passo) a permettere, a condizioni da definire chiaramente, il suicidio assistito. Oggi gli ospedali non lo permettono, non perché si tratti di qualcosa di illegale, ma bensi per
ragioni politiche e di immagine: non si vuole diventare un posto “dove la gente va a morire”. Il giorno in cui ciò sarà possibile, il giorno in cui noi medici potremo veramente seguire
sino alla fine il paziente che vuole morire, quel giorno non
avremo più bisogno né di Exit, né di Dignitas: saranno semplicemente diventate inutili. Questa è la soluzione a cui dobbiamo lavorare: e non a tornare indietro di 100 anni.
Franco Cavalli
Professore di oncologia, direttore lOSI, già presidente dell'Unione
internazionale contro il cancro
L’OMCT non rinnega Ippocrate
Prendo lo spunto da una recente presa di posizione dell'Ordine
dei medici del Canton Ticino, che (rispondendo alla procedura
di consultazione promossa dal Dipartimento federale giustizia e
polizia) appoggia la “variante 2”di modifica del codice penale
federale. Questa variante proibirebbe le attività di associazioni
di assistenza al suicidio quali Exit e Dignitas. Il Professor Franco
Cavalli ha già manifestato su questo giornale il suo disappunto
per tale presa di posizione.
Un malato che sta talmente male da voler morire e chiede al
suo medico di aiutarlo a suicidarsi, di che cosa ha bisogno?
Che cosa sta veramente chiedendo? Se non proviamo a rispondere a questa domanda, tutto il dibattito sul suicidio assi-
stito (e sulle varianti legislative attualmente discusse) rischia di
finire in un battibecco, oltretutto anche noioso.
In una indagine dello psichiatra Chochinov su 200 pazienti malati terminali, i pochi che esprimevano ripetutamente un desiderio di morte erano in una situazione di depressione, scarso
supporto familiare e dolori fisici. Quindi la domanda di suicidio
è spesso domanda di vicinanza umana e migliori cure (del dolore fisico, della depressione). Offrire un accesso ben regolamentato al suicidio assistito risponde forse a questa domanda?
Ma oltre ai dati scientifici, ripensando ai pazienti che ho seguito negli ultimi tempi della loro malattia (e ai miei genitori, morti entrambi di cancro) quello che più mi ha colpito è la domanda di un significato di ciò che stava succedendo e nello
stesso tempo la testimonianza di una maggiore intensità nel vivere tutte le cose. Un collega mi ha poi raccontato di Angelo,
un paziente di 45 anni che era ricoverato in ospedale per forti
dolori dovuti alle metastasi di un carcinoma polmonare. Aveva
il terrore che i medici “lo imbottissero di morfina” e aveva chiesto un appuntamento con Exit. I medici del reparto avevano interpellato un anestesista, specialista nelle terapie del dolore.
Anche a lui Angelo chiedeva di essere “suicidato” ma l'anestesista era stato molto chiaro: non l'avrebbe aiutato a morire,
ma si sarebbe preso cura di lui di persona. Angelo aveva accettato, i dolori erano migliorati e aveva potuto rientrare a casa. Il medico aveva mantenuto la sua promessa: andava a trovarlo ogni sera, si occupava dei farmaci antidolore con l'aiuto
di un'infermiera a domicilio coinvolgendo nelle cure l'amica e
la sorella. A un certo punto Angelo aveva sorpreso tutti: “Mangiare per me è una pena, ho anche altri problemi. Ma tutto
questo è sopportabile. Non ho paura di morire. Quello che è
difficile è lasciare i miei e le persone che amo... non poter più
vivere, perché la vita è bella. Non l'ho mai capito bene come
adesso. Ogni risveglio è un dono inestimabile. Tutto questo l'avrei perso se avessi seguito l'idea del suicidio. Ma non giudico
le persone che fanno quella scelta, può essere che siano soli,
senza una famiglia che Ii aiuti oppure male informati. lo invece ho avuto molte possibilità. lo sono piuttosto ateo, sono portato a credere che non ci sia più niente dopo. Ma sarei molto
felice d scoprire il mistero dell'aldilà. Se potessi ritrovare mia
madre morta circa 16 anni fa sarebbe favoloso, no?”
Ogni storia personale è differente, ma quella di Angelo è emblematica: la decisione che un malato in fase terminale prende
è determinata dal tipo di risposta umana che incontra. Il curante può decidere di “rispettare la sua autonomia” limitarsi a
organizzare il necessario per il suicidio: questo stronca ogni altra possibilità. Oppure posso condividere con la persona ammalata la mia umanità, che è fatta di desiderio di bene dentro
ogni circostanza: allora proporrò altro che non un bicchiere
con i dieci grammi di barbiturici e forse diventerà possibile
un'esperienza come quella che ha fatto Angelo. Tanto di cappello all'OMCT, che si è schierato da questa parte. Non è una
posizione confessionale, ma uno sguardo più vero sulla realtà:
cerca di salvare una possibilità di positivo anche dentro le situazioni più difficili.
PS: Ippocrate è vissuto 2.400 anni fa. Mi aiuta di più nel mio lavoro la chiarezza del suo famoso giuramento, che chiedeva ai
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suoi colleghi e discepoli di schierarsi sempre per la vita, che non
la mentalità relativista che invade silenziosamente il nostro tempo: nessuno si azzardi a giudicare più cosa è bene e cosa è male, ognuno scelga per sé quello che vuole, e così le persone sono sempre più sole e disorientate.
Fabiano Cattaneo, Medico Associazione Medicina e Persona
(“Corriere del Ticino” 05.04.2010)
Un milione di risarcimento
per Sandro Pelloni
Un milione di franchi: questo il risarcimento concesso dalla Camera ricorsi penali al gastroenterologo luganese Sandro Pelloni, assolto dopo un lungo percorso giudiziario dalle accuse di
“atti sessuali con persona incapace di discernimento o inetta a
resistere”, e di “tentata coazione sessuale”.
Fatti, si ricorderà, che gli erano stati contestati nell'ambito
della sua attività medica.
Come riferito ieri dal “Quotidiano” della Rsi, il risarcimento
ammonta a 820.155 franchi più un interesse del 5% a partire dal gennaio del 2005, che porta il totale a più di un milione. Si tratta del risarcimento più alto mai concesso in Ticino.
La sentenza della Camera dei ricorsi penali risale allo scorso 9
aprile, è stata intimata ieri alle parti. Nel commisurare il risarcimento la Crp ha ridotto del 40% l'importo inizialmente
considerato, a causa della concolpa di Pelloni che violò i suoi
obblighi deontologici. Il medico luganese da parte sua aveva
richiesto un risarcimento di oltre 7 milioni di franchi.
Dopo due processi (il primo nell'aprile del 2001, il secondo
nell'ottobre del 2002) Sandro Pelloni venne prosciolto dall'accusa dal Tribunale federale nel 2004.
(“La Regione” 16.04.2010)
IL FENOMENO
Scoppia la violenza in corsia
i pazienti sono meno pazienti
Malati aggressivi ed esigenti, un trend che preoccupa i medici
Intollerante, insofferente, pretenzioso, nervoso, aggressivo e
violento. Di ogni eta, sesso ed estrazione sociale. È l'identikit
del paziente che in questa fine decade del terzo millennio circola negli studi medici e nei pronto soccorso ticinesi. Un fenomeno che preoccupa medici e infermieri – presi non solo a
male parole ma spesso anche strattonati violentemente – e
che ha fatto scattare numerose misure preventive all'interno
degli ospedali: formazione del personale, corsi per la gestione dei conflitti, protocolli vari, video sorveglianza, pulsanti
d'allarme, fino alla presenza di un agente e all'allestimento di
veri e propri piani d'evacuazione. E se negli avamposti dei nosocomi cantonali si assiste ad un incremento di violenza,
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spesso con danni anche a materiale e strumentazioni sanitarie, non va meglio negli studi medici. “Siamo una società
sempre più agggressiva”, conferma Franco Denti, presidente
dell'Ordine dei medici del canton Ticino. E aggiunge: “Poco
rispetto e tante pretese. Pago la cassa malati e voglio essere
visitato immediatamente è il leit motiv”.
E proprio l'esosità dei premi mensili di cassa malati, che di anno in anno si fanno sempre più “pesanti” per il borsellino del
cittadino paziente, si conferma la principale molla che fa scattare prepotenza e irruenza. “Con quello che pago di cassa
malati!”, s'è infatti sentita più volte gridare in faccia la dottoressa Valeria Maurer, capoclinica del pronto soccorso di pediatria di Bellinzona, confrontata più che altro con l'impazienza di tante mamme che pretendono visita, esami e diagnosi ipso facto per il loro pargoletto. Non solo. Il rifiuto del
medico di fare un esame giudicato inutile innesca delle frustrazioni che conducono certuni a perdere la ragione. Lo conferma uno studio pubblicato sulla rivista della Società vodese
di medicina che ha messo in luce le difficoltà alle quali il personale sanitario è confrontato quotidianamente. Comportamenti violenti che s'allargano macchia di leopardo e che non
risparmiano nemmeno i dottori che si recano a domicilio. Come racconta un medico generalista vodese, la cui testimonianza è stata riportata sulle colonne de Le Matin. Chiamato
da una coppia si è ritrovato faccia a faccia con una donna che
gli ha puntato un grosso coltello alla gola. Se quest'ultima è
sicuramente una situazione limite sta di fatto che non pochi
infermieri e medici del pronto soccorso vengono malmenati.
Alla base, secondo la dottoressa Maurer, una malinterpretazione di quello che è il pronto soccorso, “dove si va solo per
le urgenze e non per un semplice mal d'orecchi perché il proprio medico è assente”. Mentre il responsabile del pronto
soccorso degli ospedali Civico e Italiano di Lugano, dottor Robert Sieber, individua in una pseudo conoscenza dell'arte medica l'insistenza di certi pazienti nel voler a tutti i costi determinati esami. “Telefilm e serie tv fanno più danno che altro –
spiega –. Permettono sì qualche conoscenza in più, a volte
anche utile, ma se nella finzione per un mal di testa si finisce
sotto la tac, il paziente lo pretende anche nella realtà lo stesso trattamento”.
Il trend è sotto la lente degli addetti ai lavori dal 2007. “Un
monitoraggio costante. L'obiettivo è riuscire a gestire sempre
meglio i conflitti tra medico e paziente”, conclude ottimista
Patrizia Guenzi
Sieber.
(“Il Caffè” 04.04.2010)