Libro 2 - Movimento Celestiniano L`Aquila

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Libro 2 - Movimento Celestiniano L`Aquila
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LA PERDONANZA
Editoriale
RAGIONE e
SENTIMENTO
di Quirino Salomone
La ragione, per quanto la si voglia considerare necessaria,
non basta alla perfetta conoscenza dei grandi temi
dell’esistenza: la vita, il bene, il vero, il bello. Quando
penso che queste realtà sono meravigliosamente
intrecciate da formare un’unica bellezza, una bellezza
che è l’unica verità, una
verità che è l’unico bene,
l’amore che è tutta la
vita e la vita è l’epifania
di tutto il bene, della
verità, della bellezza, mi
si apre un orizzonte da
stupore!
Un momento, fatemi
scendere, la ragione mi
da vertigini, non tocco
terra.
Ora provo ad inserirmi
nel merito di un dramma
crescente
avvertito
da tutti gli autentici
cercatori di Dio: un Dio
Amore e un mondo senza
amore. Noto subito lo
scarto, apparentemente
insuperabile, tra il
mondo come dovrebbe
essere e il mondo così com’è. Ho detto “dramma” inteso
semplicemente non come fermo della ragione, bensì
come suo stimolo. Pensare l’essere non come “statico”
ma come “dinamico” è la positività della ragione,
fondamento della ricerca e della scienza. Infatti, scopro
la meravigliosa tensione interiore della realtà che genera
nuove possibilità e ne disgrega altre. Una realtà che
muove inquieta verso il suo compimento, verso la sua
perfezione. La ragione stessa sente un fremito, avverte
un’emozione, è presa da sconosciuta (perché non da sua
logica) passione per la vita, amore per la verità, gusto
per la giustizia, fascino per la bellezza. Insomma entra
nel sentimento, avvertito ora come perfezionamento
della conoscenza, come esperienza del mistero, come
esperienza del divino. Sarà il sentimento ad introdurci
nella realtà dell’esistenza, che la coscienza comincia
ad avvertire come più grande di sè, ma sicuramente
non estranea. L’avverte come la dimensione originaria
e immensa a cui sente di appartenere da sempre. Il
bambino avverte che i genitori sono più grandi e più forti
di lui, ma sa con felice certezza che non gli sono estranei.
Il sentimento è la primigenia esperienza della vita, il
raziocinio viene dopo. Il sentimento ci introduce nelle
profondità della vita, al cospetto di un qualcosa molto più
grande di noi, che avvolge, non opprime. Esattamente
quel che ci accade di fronte ad un panorama, ad un
cielo infinito, ad un’opera d’arte, ad una musica sublime,
ad una personalità eccezionale. Sorge spontaneo il
sentimento di ammirazione, che significa lo sguardo
estasiato, purissima esperienza estetica. Una realtà che
si impone, più alta di noi ma di cui abbiamo assoluto
bisogno, perché ad essa naturalmente orientati.
Ora posso chiamare la ragione di venire a far festa col
sentimento. E’ questa la
ragione per cui il bene,
la verità, la bellezza non
devono
comandare
niente, perché affascinano,
attraggono e coinvolgono
l’uomo nell’unica gioiosa
armonia dell’essere.
La libertà non vuole
rimanere
eternamente
isolata in questo processo
in divenire dell’uomo,
vuole legarsi a ciò che vale.
Se la libertà è la qualità
fondante della dignità
dell’uomo, essa, tuttavia,
non ne costituisce il senso
ultimo. Anche per essa si
prefigura un compimento.
La libertà si realizza e si
compie nella misura in cui
si unisce alla verità, al bene,
alla bellezza. Quindi l’uomo libero si compirà nell’essere
attratto e nell’abbraccio felice col bene, con la verità,
con la giustizia, con la bellezza, divenute sue proprie
caratteristiche, tracce profonde del suo “divino”.
Goethe direbbe:
“ … io non cerco la salvezza nell’indifferenza,
il fremito è la migliore parte dell’umanità.
Per quanto il mondo faccia pagar caro il sentimento
l’uomo, quand’è commosso, sente nel profondo
l’immensità”
Questa carica di passione per la vita genera entusiasmo,
che letteralmente significa “muoversi in Dio”, con tutta la
ricca e stupenda attrezzatura di ragione e sentimento.
LA PERDONANZA
1
Edizioni Celestiniane
Sommario
LA PERDONANZA
Anno XXIV, n.99 - Spedizione in abbonamento postale Filiale L’Aquila 45% (art.2, comma 20/b, legge 662/96)
Editoriale
1
Castel di Sangro e San Celestino V
3
Mistica e Ragione
5
Il Papa che amo’ la chiesa per davvero:
San Celestino V
7
di Quirino Salomone
7
5
di M.Domenica Santucci
di Giovanni Frassanito
di Sabino Lattanzio
La mia Perdonanza
10
Il Beato Mariano torna a Roccacasale
11
Fuoco del Morrone
12
La chiesa di Centurelli, l’affresco ed i Cavalieri
15
La gente marcia
18
Edmondo Felici
22
Il pianeta dello scarto
23
Festa per i 50 anni di sacerdozio
24
Convegno a Ferentino
27
Recensioni libri
29
Concerto in onore di S. Bernardino
29
Fermare le mafio banche
30
di Rossana Pellegrino
12
24
di Floro Panti
di Floro Panti
di Marcello Nissi
15
di Giuliana del Signore
di Padre Quirino
di Augusto Cinelli
di Floro Panti
Si ringrazia Consorzio Fabrica per la collaborazione a
questo numero
Rivista Culturale del Centro Internazionale
Studi Celestiniani
di D. Di Luciano- S. Basile
Reg. Tribunale di L’Aquila
Autorizzazione n. 257 del 01/10/1998
Spedizione in abbonamento postale filiale di L’Aquila 45%
(art. 2 comma 20/b legge 662/96)
Trimestrale di Storia, Spiritualità, Attualità
CHIOSTRO ABBAZIA DI COLLEMAGGIO 67100 L’Aquila
Tel. 0862.419188
email: fondacele@tiscali.it
Sede operativa post-terremoto: via Raffaele Paolucci, 10, 67100, L’Aquila
Direttore:
P. Quirino Salomone
quirins@virgilio.it
Redazione:
Floro Panti, Paolo Giorgi, Alessandra Giorgi, Fabio Iuliano, Marcello Nissi
Collaboratori:
Aldo Sacchetti, Cesare Matteotti, Giovanni Frassanito,
Giuliana del Signore, Luciano Pizziconi, Francesco De Anna,
Lucilla Del Giudice.
Elaborazione grafica:
Datamoving di A.Tocchio - infodatamoving.it
(Italia ed estero)
4 numeri: Euro 15,00
da versare su C/C Postale n. 10852671
intestato a:
Centro Internazionale Studi Celestiniani
Chiostro di Collemaggio
67100 - L’Aquila
Servizio Abbonati: 0862.414310
Lun - Ven 8,00/13,00
In copertina: Dipinto restaurato nella Chiesa di Centurelli (AQ)
Stampa:
effegi@effegidigital.it
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ABBONAMENTI
LA PERDONANZA
CASTEL DI SANGRO E SAN CELESTINO V
di M. Domenica Santucci
… Quell’avvenimento eccezionale del passaggio del corteo papale aveva elettrizzato tutta la popolazione di Castel di
Sangro, sui tetti e sulle alture, pareva, insomma, che gli edifici vivessero e parlassero.
Durante il pernottamento di Celestino V a Castel di Sangro (il 12 ottobre 1294) muore il suo compagno di vita eremitica
e di preghiera Francesco Ronci, noto come Francesco d’Atri. Il giorno successivo lascia Castel di Sangro e raggiunge
l’importante Monastero di San Vincenzo al Volturno dove si trattiene fino al 14 ottobre. Nei tempi di massimo splendore
il territorio controllato da questi monaci superava i 400 chilometri quadrati e non c’era autorità che potesse ignorarlo.
Nei giorni della visita di Celestino V a Castel di Sangro fu fatta convalidare dal Pontefice una deliberazione con la quale si
concedeva il prelievo di una ingente somma di fiorini d’oro dai depositi di Bonifacio di Calamandrata, Maesto Generale
dell’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni in Gerusalemme. Questi soldi vennero destinati ad armare le galee per una
presunta e non definita “Crociata in Terra Santa”.
Quì il nuovo Papa celebra messa nella Chiesa di San Nicola dove anni prima si rifugiò come eremita e che diventerà
Grancia dei Cavalieri di Malta.
Celestino compie a Castel di Sangro diversi miracoli:
-
diede il vedere a Trotta, figliola di Benedetto di Castel di Sangro;
-
diede la favella a Federico, figliolo di Francesco Cavalieri di Castel di Sangro, muto e sordo. Un tal Romano, di cui
non si scrive il nome.
-
Una donna dello Scontrone, storpiata della mano, raccomandandosi al Gran Servo di Dio, e di subito sgravata
dalla flussione rimase libera del tutto.
Il 13 dicembre 1294 Papa Celestino V dopo aver convocato il Concistoro rinuncia al Papato in forma solenne sentendosi
inesperto e incapace a fronteggiare i giochi di palazzo ed i rischi di quel ruolo così gravoso, per lui abituato a vivere in
solitudine e contemplazione. Dopo la rinuncia di Celestino il pontificato viene rifiutato per “viltade” da Matteo Rosso Orsini
che temeva rappresaglie dalla famiglia Colonna poichè sostenitore di Bonifacio VIII.
LA PERDONANZA
3
Quest’ultimo viene eletto Papa ed annulla tutte le bolle ordinandone la restituzione, quella di Celestino compresa per
elargire le indulgenze solo durante i giubilei. La città dell’Aquila si ribellò e da allora celebra la “Perdonanza Celestiniana”.
La vita e l’apostolato di Celestino V sarà rispolverata dopo secoli da Papa Paolo VI, dopo oltre settecento anni.
Il 10 dicembre 1294, tre giorni prima della rinuncia al Papato da parte di Celestino V, si apprende che la Casa di Maria a
Nazaret arriva in Italia, a Loreto, secondo la leggenda portata dagli angeli. In realtà, venne smontata a Giaffa da maestranze
Templari e fatta trasportare per iniziativa della nobile famiglia Angeli, che regnava sull’Epiro. Un documento del
settembre 1294, scoperto di recente, attesta che Niceforo Angeli, despota dell’Epiro, nel dare la propria figlia Ithamar
in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo II d’Angiò, re di Napoli, trasmise a lui una serie di beni dotali,
fra i quali compaiono con spiccata evidenza: “le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine
Madre di Dio”. Murate tra le pietre della Santa Casa sono state trovate cinque croci di stoffa rossa di crociati o, più
probabilmente, di cavalieri di un ordine militare che nel medioevo difendevano i luoghi santi e le reliquie. A Loreto
risulta che la Santa Casa fu donata dai Templari a Celestino V il quale ordinò che fosse posta nella basilica di Collemaggio
da lui fatta costruire, di ritorno da Lione nel 1274, esortato dalla Vergine per il buon esito del viaggio che portò alla
conferma dell’Ordine dei Celestini, con la Bolla di Gregorio X,
Il 24 dicembre 1294 Bonifacio VIII venne eletto Papa ed Il 17 luglio 1295 ordinò l’incarcerazione di Celestino V e lo fece
rinchiudere nella Rocca di Fumone. ”…Tanta era la strettezza di quella torre che dove quel santo teneva i piedi mentre
diceva messa, li teneva la testa quando riposava. E poiché ai frati restava assai difficile restare fermi in questo modo,
sempre li confortava a sopportare con pazienza per amore di Dio, Mai si turbava o si risentiva per la strettezza della
prigione o per l’insolenza delle guardie che lo sorvegliavano. Grande vigilanza si faceva giorno e notte su di lui e con i suoi
compagni. E in questa rigorosa sorveglianza stettero lì 10 mesi. Morì il 19 maggio 1296”.
Il processo di canonizzazione si apre a Napoli il 13 maggio 1306 su istanza di Filippo il Bello a Papa Clemente V, con
l’intento di nuocere per sempre alla figura di Bonifacio VIII di cui era acerrimo nemico. L’incarico di istruire il processo fu
affidato a due personalità di rilievo Giacomo da Viterbo, arcivescovo di Napoli, e Federico De Letto Vescovo di Valva e
Sulmona che morì pochi giorni dopo l’apertura delle prime fasi processuali, per cui le indagini rimasero tutte a carico del
Vescovo di Napoli. Le fasi del processo si svolsero a Napoli dal 13 al 24 maggio 1306, a Capua dal 25 al 26 maggio 1306, a
Castel di Sangro dal 27 al 28 maggio 1306, a Sulmona dal 28 al 29 maggio 1306.
L’anno dopo, il 14 settembre 1307, viene deliberato per ordine di Filippo il Bello l’arresto dei Templari ed un mese dopo
inizia la distruzione sistematica dell’Ordine. In un solo giorno vengono arrestati tutti i membri dell’Ordine e confiscati tutti
i beni.
Celestino V non percorre solo la nostra via degli Abruzzi, lui precorre i tempi, la sua storia rinnovata da Paolo VI e dagli
ultimi tre Papi è per quanti vogliono sentirsi un poco più vicini al cielo, per quanti salgono gli inerpicati monti della Verità,
alla ricerca del sale della verità, nella gloria che cinge le fronti temerarie e resta così vivo per sempre.
4
LA
LA PERDONANZA
PERDONANZA
MISTICA E
RAGIONE
di Giovanni Frassanito
Nel numero scorso ho parlato della psicologia analitica di
Jung. E della teoria che ipotizza una specie di <<inconscio
collettivo>>, per spiegare
sia il sincronismo delle
cosiddette “coincidenze
significative”; sia altri
fenomeni paranormali: ivi
compreso lo spiritismo,
che ispirò Jung a scegliere
– per l’appunto – la sua
tesi di laurea in medicina
sul tema <<Psicologia e
patologia dei cosiddetti
fenomeni occulti.>>
Appena laureato Jung
lavorò, infatti, come
assistente presso l’istituto
Burgholzli di Zurigo
che – all’epoca – era la
clinica per malattie mentali più famosa d’Europa. Ma fu
– proprio – questo suo prevalente interesse per gli studi
esoterici ( antropologia, yoga, alchimia, astrologia, storia
delle religioni) a fargli dilatare – in psicologia –il concetto di
“libido” oltre la sfera sessuale.
Senonché, sarà questa innovazione la causa che segnò
la rottura con le teorie di Freud – come già gli anticipava
con lettera del giugno 1911:”… un giorno scopriremo
nell’astrologia un bel po’ di conoscenza, che è stata
intuitivamente proiettata nei cieli”. E collegava così
l’astrologia (fondata sulle immagini universali dello
Zodiaco) con la fede nella trascendenza: tramite il
<<simbolismo>> della sua psicologia analitica.
La rottura definitiva – fra i due maestri della psicanalisi
– arriverà poi nel 1912, con la pubblicazione dell’opera
junghiana: “Trasformazione e simboli della libido”. Perché
questa formalizza la separazione, mettendo in discussione
l’autorità scientifica delle teorie pansessualiste di Freud.
Di qui si spiega la tendenza a qualificare come << mistico>>il
pensiero di Jung – in quanto “il complesso di Dio… porta
alla convinzione di possedere una chiave accessibile solo
agli eletti, ed un grande interesse per la chiromanzia,
divinazione, e perfino astrologia, come per l’occultismo e
il misticismo in tutte le loro ramificazioni” (Gary Lachman,
Jung il mistico, ed. Mediterranee, 2012). Specialmente
– quando il conflitto fra le due scuole della psicoanalisi
tenderà alla cattiveria di accusarsi reciprocamente di
“eresia”. Rispetto alla scienza medica. Ed alla psichiatria.
Perciò nel 1916 – nella Struttura dell’inconscio – Jung
sviluppa queste sue teorie. Senonchè l’anno dopo – nel
1917 – avviene la vera rivoluzione culturale della nostra
età. Perché la Madonna – a Fatima – appare a Lucia,
Francesco e Giacinta. A tre bambini. E predice i tre grandi
avvenimenti della Storia contemporanea: seconda guerra
mondiale (1939); avvento
e crollo del comunismo
(1917-89-91); attentato a
papa Wojtyla (che avverrà il
giorno dell’anniversario di
Fatima, il 13 maggio 1981).
Al pari di tutta la Tradizione
veterotestamentaria,
fondata anch’essa sulla
profezia della Storia
antica. Vale a dire: sulla
profezia
del
Messia.
Fondata sui grandi profeti
che precedono Cristo:
Isaia, Geremia, Ezechiele
e Daniele. Preceduti da
Elia del monte Carmelo. E
seguiti da Giovanni Battista del fiume Giordano
Ed è qui – nel momento della Profezia - che esplode il
rapporto fra <<Mistica e Ragione>>. È –qui – che la
<<visione>> diventa Vita. È – qui – che l’ <<allucinazione>>
si trasforma in Storia. Legando la verità alla <<psicologia
del profondo>>. Secondo le ricerche di Jung il mistico. Se
è vero – com’ è vero - che questa Apparizione di Fatima
coinvolge il cervello dei singoli veggenti. Se è vero che essa
– cioè – ha una spiegazione anche in chiave psicologica
(oltre che teologica) : si noti – a questo proposito – che
Lucia vede, sente e parla con la Madonna; mentre Giacinta
vede e sente ma non parla; Francesco invece riesce solo a
vedere la scena, ma non sente né parla. Se è vero – perciò
- che è questa <<profezia>> la categoria culturale che
contrappone la Mistica alla Ragione. La fede all’ateismo.
Esplodendo nei fatti della Storia.
Perché – in altre parole –proprio questa Apparizione può
spiegare meglio i fenomeni occulti. La presenza – infatti –
della Madonna a Fatima (che i veggenti vedono, e che noi
LA PERDONANZA
5
tutti invece non vediamo) viene percepita in modo diverso
dai tre bambini. Perché – evidentemente – Dio stesso si
serve delle diverse qualità neurologiche, che ha dato a
ciascuno di noi – per fare miracoli. Per rivelare la profezia.
In alcuni casi, sì. In altri, no. Perciò anche la psicologia ha
diritto di indagare in merito a questi diversi “carismi”.
Questa Apparizione – per la sua importanza –rivoluziona
davvero tutto: in fatto di fenomeni soprannaturali e
paranormali. Perché essa viene – qui – a coinvolgere la
“Storia”, con la lettera maiuscola. Perché non riguarda più
la guarigione di qualche malato ma anticipa fatti futuri,
che coinvolgono il mondo intero: Europa, America, Russia,
fino al Giappone; personaggi come Hitler, Stalin, Churchill,
Eisenhower, Mussolini ecc. E dimostra l’esistenza di un
disegno teologico per l’ umanità. Prestabilito. Un disegno
universale di Storia della Salvezza.
Dimostra, insomma, che il “complesso di Dio” non è illusione
psichica. Né allucinazione di veggenti. Che la mistica non
è menzogna. E che gli sviluppi moderni della Scienza
non hanno cancellato la <<dimensione simbolica>>
dell’Inconscio ( come sostiene – erroneamente – l’articolo
di Umberto Galimberti su “La Repubblica” di qualche anno
addietro). Perché la Storia tutta – antica e moderna - ha
bisogno di <<salvarsi>>. Cosicché questa verità è anche
psicologica. Non solo filosofica. Non solo teologica. Si
sente col pulsare del cuore, prima ancora di capirsi con gli
occhi della mente.
La profezia di Fatima dimostra ancora di più. Dimostra che
questi veggenti – anticipando fatti futuri – contraddicono
la nozione che noi abbiamo del “tempo”, intesa come
successione dinamica di eventi. E si sconvolge, quindi,
l’intima struttura della legge di ‘causalità’, compromettendo
persino l’ idea del libero arbitrio ‘ dell’ uomo, secondo la
comune esperienza percepita dai nostri sensi.
Il che - per l’appunto - suole chiamarsi, tuttora, ‘magia’:
quell’arte, cioè, di produrre effetti ‘senza una causa’. Di
contraddire il metodo scientifico, la legge di ‘causalità’
(come s’è detto). Si tratta, in sostanza, di fenomeni mistici
che si colorano di sorpresa e di stupore, di favola e d’incanto.
E che sfuggono, di per sé, al metodo sperimentale della
Scienza, perché non si possono riprodurre - a volontà - nelle
‘prove’ di laboratorio. Irripetibili, unici. Senza possibilità di
copiarli, come avviene sempre, per la vita creativa dello
Spirito.
L’Apparizione di Fatima dimostra infine che –
probabilmente – è proprio questa << dimensione
simbolica>> (che coinvolge l’emisfero destro del nostro
cervello) a fare gli uomini “ad immagine e somiglianza” di
Dio (Gen. 1-27). Tanto quanto è la <<dimensione logicomatematica>> dell’emisfero sinistro. Vale a dire: che la
creazione dell’artista non è di meno della scoperta dello
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scienziato. Che la rivelazione del veggente non è di meno
del calcolo matematico. Che – insomma – Simbolo e
Logica si equivalgono. Seppure per strade diverse. Usando
linguaggi diversi. Perché la complessità del reale è tale che
gli strumenti per coglierla devono essere necessariamente
molteplici.
Molteplici: infatti il nostro cervello è diviso in due diversi
emisferi. Uno mistico; e l’altro razionale. Il destro e il
sinistro. Quello - fatto di immagini simboliche. Questo fatto di logica raziocinante.
Molteplici: l’intuizione e la dimostrazione. L’arte e la
scienza. Conscio ed inconscio. Ipnosi e veglia. Mistica e
ragione. Che si confermano, senza contraddirsi: al pari del
ritmo della <<musica>>, che si traduce nei numeri della
<<matematica>> .
Molteplici: perché le stesse leggi matematiche della Natura
dimostrano anche una straordinaria fantasia di colori.
Come avviene nel processo di fecondazione di una pianta,
che si serva all’uopo dello spettacolo della fioritura per
richiamare le api. Per generare l’impollinazione. Si serve
dei fiori. Legando così il Bello ed il Vero. Fisica ed Estetica.
Mistica e Ragione: legandole insieme. (continua)
LA PERDONANZA
MONASTERO DELLE BENEDETTINE CELESTINE DI SAN RUGGERO DI BARLETTA: CELEBRAZIONI DEL VII
CENTENARIO DELLA CANONIZZAZIONE DEL FONDATORE SAN PIETRO CELESTINO
Dal 18 al 21 maggio 2013, le Claustrali Benedettine Celestine del Monastero San Ruggero in Barletta hanno coinvolto la
comunità ecclesiale dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie e la cittadinanza tutta di Barletta, facendosi promotrici
di significative iniziative liturgiche e culturali per la ricorrenza del settimo centenario della canonizzazione del loro
santo fondatore, san Pietro Celestino, eremita e papa, avvenuta in Avignone il 5 maggio 1313. Le celebrazioni si sono
aperte nella serata di sabato 18 maggio, vigilia di Pentecoste, partendo dalla Parrocchia di San Giacomo Maggiore
(già abbazia benedettina), con un breve momento di preghiera presieduto dal rev.mo abate emerito dom Ildebrando
Scicolone, osb e seguito dalla processione con la nuova statua di san Pietro Celestino che ha raggiunto la Chiesa di
San Ruggero, dove si è celebrata la Veglia di Pentecoste, animata dal prevosto mons. Sabino Lattanzio e dai giovani
della parrocchia di San Giacomo Maggiore.
Nella mattinata di domenica 19 maggio, Solennità di Pentecoste e giorno della Solennità di san Pietro Celestino
(che quest’anno si è festeggiato il giorno seguente), l’abate dom Ildebrando Scicolone ha presieduto nella chiesa
monastica la solenne Concelebrazione Eucaristica e ha accolto l’oblazione di un novizio.
Nella serata di lunedì 20 maggio, Solennità liturgica di san Pietro Celestino, mons. Filippo Salvo, vicario episcopale,
ha celebrato l’Eucaristia, preceduta dai Vespri solenni presieduti da mons. Sabino Lattanzio, confessore ordinario del
Monastero, il quale ha anche tenuto una conferenza, di cui si riporta di seguito il testo.
Le Celebrazioni si sono concluse alle ore 20,00 del martedì 21 maggio con un Concerto di musica sacra della
Compagnia “Voci di Terra d’Otranto”. All’organo il maestro Antonio Papa, autore della già menzionata nuova statua
di san Pietro Celestino. Barletta vanta la presenza dei monaci benedettini celestini nell’Abbazia della SS. Trinità
dagli inizi del XV secolo fino alla prima metà del XIX sec. e, ancora tutt’oggi, la presenza delle monache celestine,
trasferitesi nel sec. XIX dal monastero della SS. Annunziata a quello di San Ruggero.
Il Papa che amo’ la Chiesa per davvero: San Celestino V
di Sabino Lattanzio
Carissime sorelle in Cristo, per me è una grande gioia condividere questo evento di grazia nella ricorrenza del settimo
centenario della canonizzazione del santo eremita e papa Pietro Celestino, avvenuta nella Cattedrale di Santa Maria
in Avignone il 5 maggio 1313 da parte del pontefice Clemente V. Si tratta del vostro Padre, perché vi siete messe alla
sequela di Gesù seguendo le orme di questo “umile e grande Santo”, e del mio Protettore, perché fin da piccolo ho
sentito parlare di lui in questa chiesa monastica di San Ruggero delle monache Benedettine Celestine di Barletta,
dove ho servito all’altare come chierichetto.
LA PERDONANZA
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Questa straordinaria figura di discepolo del Signore,
ancora tanto discussa per la inaspettata decisione da
lui presa nel dare le dimissioni dal soglio di Pietro, è
tornata alla ribalta ai nostri giorni allorchè, l’11 febbraio
scorso, Benedetto XVI “Avendo sempre davanti il bene
della Chiesa e non se stessi”, dopo aver tanto pregato in
merito per discernere la volontà di Dio, lo ha imitato. In
tal modo, questi due grandi Pontefici ci hanno insegnato
che la Chiesa si ama e si serve anche a costo di mettersi
da parte.
Cerchiamo di inquadrare san Pietro Celestino nel
contesto storico in cui visse. Siamo nel XIII secolo. La
Chiesa stava vivendo “in capite” un momento difficile,
mentre dalla base, in modo particolare, si andava
sempre più diffondendo un forte movimento di esigenza
di riforma, quello degli “Spirituali”. E’ significativo il
nome con cui essi vennero identificati, proprio perchè
anelavano a un ritorno alle origini della Chiesa. Pietro
Angeleri, pur facente parte dell’Ordine Benedettino,
sotto certi aspetti, per lo stile di vita lo vediamo più vicino
alla corrente Francescana. Tuttavia, anche all’interno
dei benedettini egli non fu l’unico a desiderare più
essenzialità evangelica. Si pensi, prima di lui, alla riforma
Pulsanese promossa da Giovanni da Matera sul Gargano,
a quella Cistercense o alla riforma Florense del monaco
calabrese Gioacchino da Fiore.
E’ significativo che Pietro del Morrone ebbe una
particolare devozione verso lo Spirito Santo, tanto da
chiamare la sua famiglia monastica “Fratelli dello Spirito
Santo”. Qui c’è un richiamo immediato alla Pentecoste
e, quindi, alla Chiesa Apostolica! Altro suo vanto fu la
“croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale
il mondo è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14).
Nel 1275, riunendo in Capitolo i suoi seguaci, condensò
nel simbolo del nuovo Ordine questi due aspetti che
contraddistinguevano la sua spiritualità: una Croce e
una S (che indicava lo Spirito Santo). Sentendo la forte
esigenza di seguire Cristo povero e crocifisso, Pietro
fu attratto dalla contemplazione nella vita eremitica,
desiderio che lo accomunava ai poveri montanari delle
sue salubri terre molisane e abruzzesi i quali, a contatto
con la natura, si sentivano istintivamente più vicini
al Creatore. In solitudine, preghiera e ascesi si lasciò
prendere totalmente dalla Parola di Dio che meditava
giorno e notte, cercando di imprimere il vero senso
evangelico nella sua vita.
Conducendo una esistenza essenzialmente semplice,
lontana dalle ipocrisie del vivere mondano, unica
aspirazione sua e dei primi “Fratelli dello Spirito Santo”
fu, quindi, di vivere “nascosti con Cristo in Dio” e,
seguendo gli insegnamenti del santo padre Benedetto,
di cui abbracciò la regola, salì tutti i gradini dell’umiltà,
convinto di quanto alcuni secoli più tardi, affermerà il
grande san Filippo Neri (i santi son tutti uguali!): la nostra
vita è come i due piatti della stadera, più ci abbassiamo
nella nostra umanità, più ci eleviamo verso l’Alto.
Tuttavia, c’è da sottolineare che egli non era un ingenuo,
proprio perché i santi non si lasciano intrappolare dal
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fascino del vizio che attenta anche gli uomini di Chiesa,
ne prendono le distanze, individuando, smascherando
e, combattendone l’autore: il diavolo, colui che ci
separa da Dio e ci divide tra di noi. Il segreto della loro
purezza sta nel costante spirito di orazione con cui
tengono impegnata la loro mente. Così Pietro visse nella
solitudine della Maiella.
Nonostante la solitudine eremitica di cui si circondò,
non mancarono di giungergli echi del disordine morale
che coinvolgeva gli uomini di Chiesa, disorientando i
semplici fedeli. Ma ciò che più lo contristava era il fatto
che la Chiesa da oltre un anno non aveva il suo supremo
pastore, il Vicario di Gesù Cristo sulla terra, a causa dei
cardinali che, in seguito alla morte di Nicolò IV, avvenuta
il 4 aprile 1292, per interessi per niente evangelici, non si
accordavano sulla scelta del candidato. Essendo in gioco
gli interessi di Dio, l’austero Pietro non restò silente. Per
questo, quale novello Giovanni Battista, dalla solitudine
del deserto fece sentire la sua voce ai cardinali riuniti in
Conclave a Perugia, predicendo “gravi castighi” se non
si fosse provveduto subito alla scelta del successore del
Pescatore di Galilea. La profezia fu inviata al cardinale
decano, Latino Malabranca, il quale la presentò
all’attenzione degli altri porporati, proponendo il monaco
eremita come Pontefice. Finalmente, dopo ventisette
lunghi mesi, emerse dal Conclave, all’unanimità, il nome
di Pietro Angeleri del Morrone; era il 5 luglio 1294.
La notizia dell’elezione fu recata al monaco eremita da
tre vescovi, nella grotta sui monti della Maiella, dove
risiedeva.
A questo punto sorge spontaneo un dubbio. E’
indiscutibile che la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo,
ma è pur vero che gli uomini che la compongono
portano il peso delle conseguenze del peccato di
origine, infatti solo nella Vita Eterna saranno “senza ruga
e senza macchia”. Ora, come mai i cardinali, che per tanto
tempo non erano riusciti a mettere da parte gli intrighi
umani, ad un tratto si ritrovarono concordi? La risposta
è duplice: o questi si erano lasciati toccare dalla luce
divina che passava attraverso quest’umile uomo, per
niente esaltato - e questo vogliamo credere sia stato il
movente della scelta fatta - , o la scelta era stata dettata
da sentimenti più bassi. E cioè: “Finalmente abbiamo
LA PERDONANZA
trovato la persona adatta che potremo manovrare come
vogliamo!”. Ma un altro dubbio ci tormenta. E’ possibile
che il Nostro, proprio perché guidato dallo Spirito Santo,
non mise dinanzi alla sua scelta queste perplessità,
oltre che i suoi limiti, di cui era pienamente cosciente?
La risposta è difficile da dare. Ai nostri giorni, anche
Albino Luciani fu preso alla sprovvista; ma fu spinto ad
accettare, incoraggiato da un confratello cardinale che
gli sussurrò: “Se il Signore da una croce, da anche la forza
per portarla”. Fu sicuramente così anche per il nostro
Santo che da quel momento si chiamerà Celestino V
e scelse per il giorno dell’incoronazione il 29 agosto,
giorno della memoria liturgica del martirio del Battista,
suo particolare protettore. C’è chi ha visto nella scelta di
questa data una certa allusione: come Giovanni offrì la
testa al carnefice pur di rimanere fedele alla Verità, che
è Cristo Gesù, così Pietro del Morrone piegò la testa al
giogo del Pontificato pur di salvare la Chiesa.
Inizia così il suo servizio di “Servo dei servi di Dio”,
titolo coniato secoli addietro dal suo predecessore
Gregorio Magno. Ma subito si accorse che, con tutte le
buone intenzioni e, nonostante l’assistenza dall’Alto,
un agnello non poteva resistere a tanti lupi. Nella sua
purezza evangelica era ignaro di dove potesse arrivare
la scaltrezza di quanti lo circondavano; perfino i suoi
monaci cominciavano a reclamare privilegi! Forse non
aveva mai letto il De Consideratione che in precedenza
san Bernardo aveva scritto per mettere in guardia il suo
discepolo divenuto Pontefice, con il nome di Eugenio
III. L’anziano papa Celestino V riconosce che guidare la
Chiesa Universale con tutte le responsabilità che essa
comporta è tutt’altra cosa che guidare il piccolo gregge di
una famiglia monastica. Per questo, assalito dal tormento
spirituale che, restando ancora in carica, avrebbe potuto
fare del male alla Chiesa stessa, rischiando anche, di
dannarsi personalmente, decise di ritornare sui suoi
passi. Anche un altro santo Pontefice, Paolo VI, in un certo
periodo burrascoso del suo pontificato stava maturando
la stessa decisione, tanto che volle recarsi pellegrino a
Monte Fumone per chiedere luce al Santo Predecessore
presso il castello dove san Pietro Celestino aveva chiuso
santamente i suoi giorni terreni il 19 maggio 1296.
Celestino V, per discernere meglio la volontà di Dio,
volle consultarsi anche in materia giuridica col massimo
canonista del tempo, il cardinal Benedetto Caetani, il
quale lo rappacificò interiormente, dicendo che quanto
aveva intenzione di fare era lecito. Il 13 dicembre dello
stesso anno 1294, dopo solo tre mesi dall’assunzione
dell’incarico: “mosso da ragioni legittime, per bisogno
di umiltà, di perfezionamento morale e per obbligo di
coscienza, per debolezza del corpo, per difetto di dottrina
e per cattiveria del mondo, per l’infermità della persona”,
depose dal capo la tiara col desiderio di continuare
a seguire le sorti della Madre Chiesa nella preghiera
assidua del tanto agognato ritiro eremitico, così come
aveva fatto in passato.
Anche Benedetto XVI, nell’atto di rinuncia, ha precisato
di voler continuare a servire la Chiesa: “Non abbandono la
croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore crocifisso…
nel servizio della preghiera nel recinto di San Pietro”. Alla
luce degli ultimi eventi, sembra un segno premonitore
il gesto compiuto da Benedetto in quel 28 aprile 2009,
nel giorno della sua andata a L’Aquila, quando depose
sull’urna di san Celestino il Pallio da lui accolto sulle
spalle nel giorno dell’inizio del Pontificato.
Così Pietro del Morrone, già Celestino V, si ritirò “come
nei giorni della giovinezza” a cantare incessantemente le
lodi al suo Dio, ma non nei luoghi a lui tanto cari, come
avrebbe desiderato, ma, di fatto, prigioniero, per volontà
del card. Caetani, divenuto suo successore col nome di
Bonifacio VIII, il quale lo tenne sotto scorta, temendo
che si facesse strumentalizzare, creando ulteriori scismi
all’interno della Chiesa.
Ho menzionato poc’anzi Paolo VI, pellegrino a Monte
Fumone e Benedetto XVI a L’Aquila nel 2009, in seguito
al terribile sisma che devastò la terra di Abruzzo. Anche
Giovanni Paolo II si recò pellegrino a Santa Maria di
Collemaggio, per dire ancora una volta grazie a san Pietro
Celestino, a nome di tutta la Chiesa, per la sua coraggiosa
testimonianza di vita evangelica. Non dimentichiamo,
inoltre, che perfino un laico, lo scrittore Ignazio Silone,
affascinato dalla sua personalità, gli ha dedicato l’ultima
sua opera letteraria: “L’avventura di un povero cristiano” .
Chi è, allora, Pietro Celestino? Un “poveruomo” o un
“grande” che ha fatto onore a Cristo e alla sua Chiesa?
Come vero discepolo del Signore egli rientra nella
profezia che il vegliardo Simeone rivolse a Maria
Santissima, predicendo il futuro del figlio Gesù: “Egli
è segno di contraddizione!” (cfr Lc 2, 34). Chi segue il
Vangelo fino in fondo non potrà mai essere capito - tanto
meno accettato! - da coloro che si lasciano guidare dalle
categorie del mondo.
Concludo con una forte provocazione che ho trovato
di recente, leggendo un libro scritto da un frate
domenicano che opera in terra di fede in prevalenza
islamica. Racconta questo frate che un giorno fu fermato
da un musulmano il quale gli disse: “Io sono discepolo
di Cristo”. Al che rispose il frate: “Forse vuoi dire che sei
Cristiano?”. “No”, rispose il musulmano, continuando il
discorso: “Quando un uomo si fa battezzare voi lo chiamate
cristiano. Quando un battezzato frequenta la Messa festiva
voi lo chiamate praticante. Quando un cristiano praticante
osserva alla lettera le beatitudini proclamate da Gesù voi
lo chiamate scemo!”. San Pietro Celestino è uno di quei
discepoli di Gesù che ha vissuto fino in fondo l’avventura
con il suo Maestro Divino, fino a passare per stolto agli
occhi di coloro che credono di essere sapienti, perché,
al dire dell’apostolo Paolo, ha sposato la sapienza della
Croce. Per questo, mentre - come alcuni ipoteticamente
affermano - Dante lo colloca nell’Inferno tra i vili per
scontare la pena causata dal “Gran rifiuto” (Inferno, III,
vv.59-61), voi, carissime figlie che seguite le sue sante
orme, sentitevi, invece, fiere di tanto Padre.
LA PERDONANZA
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LA MIA PERDONANZA
di Rossana Pellegrino
Anche quest’anno si è ripetuto l’atteso rito della Perdonanza.
In tanti anni di vita a L’Aquila ho visto rinnovarsi e modificarsi un rito tra il sacro ed il profano con forti accenti
religiosi dal significato profondamente intenso e manifestazioni a volte discutibili.
Eppure ho sempre cercato di esserci. Ho sfrondato dagli orpelli e cercato il senso di un avvenimento dal
valore puro e difficile da cogliere e da accettare.
Perdono. Da questa parola dal significato semplice ma dall’applicazione estremamente difficoltosa, scaturisce
un evento cittadino di rilevanza sociale e religiosa.
Perdono, perdono, ha senso ora questa parola? Ora che questa città così fortemente offesa non riesce
ancora a risollevarsi ed a ritrovare la coesione sociale che faciliti uno sforzo unico nella ripresa?
Povero Celestino! L’ho sentito tanto vicino, sfollato anche lui insieme a noi nel primo anno del nostro “dopo”,
quando percorse il viale di Collemaggio portato a spalla dai Vigili del Fuoco, amici cari che ci hanno aiutato
a sopportare i disagi; ho pregato, insieme ai miei concittadini, vicino alla sua teca posta ai piedi di un altare
improvvisato nel prato dietro la Basilica, poi per un anno pellegrino in altre terre.
Terremotato come noi, con la casa inagibile, avrei voluto che fosse rimasto qui, con noi, nella nostra città,
a lavorare al nostro fianco, a stringere i denti per far andare avanti il lavoro; a vedere cosa fare per la nostra
città, per la ricostruzione, per il futuro, per noi.
Ho temuto che si allontanasse come tanti tesori preziosi che non rivedremo più, come tante attività, uffici,
spazi, persone.
Poi è tornato e con lui il suo messaggio: Perdono.
Quest’anno nel giorno della Perdonanza abbiamo visto sfilare dietro San Pietro Celestino, ancora una volta
sfollato, tanti personaggi che ci rappresentano, queste persone saranno capaci di chiedere perdono? E tutti
noi potremo perdonare le incapacità, i ritardi, i traffici, l’uso politicizzato delle nostre disgrazie, la bramosia
10
LA PERDONANZA
di profitto a discapito di altri, le negligenze?
Il perdono ha un senso antico o un senso nuovo,
sconosciuto, arcano, ostico?
Questa parola tanto facile da pronunciare è un
concetto difficile, duro a volte incomprensibile. Il
perdono impone una scelta, perché ciascuno di noi
lo deve fare proprio e accettarlo e concederlo con
un animo puro, libero e senza recriminazioni.
Si chiede perdono a Dio ed al prossimo, si invoca
per ciò che si è o non si è fatto e, soprattutto, si
perdona. Ci si spoglia dell’acredine e ci si presenta
con animo puro al cospetto del Padre per invocare
il perdono. E si perdona. Se è difficile chiederlo, il
perdono è ben più difficile concederlo. E quando
si dice di aver perdonato, resta a volte, nel fondo
dell’animo un’amarezza invincibile.
Potrà Celestino insegnarci a perdonare e sublimare
il nostro dolore rendendoci lievi e facendoci
sollevare verso l’alto ed allontanare dalle miserie
che ci circondano?
Ci vorrebbe un miracolo, un miracolo di bene.
Intanto aspettiamo che San Pietro Celestino torni a
casa sua che è anche la nostra e dove desideriamo
ritornare viandanti fiaccati da un viaggio lungo e
faticoso.
Dalla passeggiata del 2009 a quella di quest’anno
forse Celestino avrà notato tanti cambiamenti non
solo nella città ma anche nei nostri visi; avrà letto
nei volti le tante fatiche che quotidianamente come
aquilani affrontiamo per superare le difficoltà per
ricreare una realtà cittadina ed una vita nuova,
diversa da quella che non potrà più tornare. E ci
ha ricordato l’invito nella sua casa, quella che non
crolla, quella dello spirito, per farci accomodare
ed offrirci qualcosa di buono. Sta a noi riuscire ad
accettarlo e cercare di gustare il dono prezioso e
sublime della nostra porzione di perdono.
Il Beato Mariano torna a
Roccacasale
Dal 15 al 29 Settembre 2013 a Roccacasale sono
state esposti i resti mortali del Beato Mariano.
I resti, provenienti dall’Eremo di Bellegra,
hanno voluto lanciare a tutti i visitatori un
messaggio di accoglienza e di
ospitalità.
L’evento è stato patrocinato dal Sindaco di
Roccacasale Domenico Spagnuolo e dal Presidente
dell’Associazione “Fra Mariano” Giovanni Commito
con i suoi collaboratori Francesco Di Filippo, Angelo
D’Ascanio, Antonio Santangelo, Domenico Tirone,
Antonio Anzellotti, Ettore Tollis ed Eva Santilli.
Padre Nicola Macale e Padre Quirino nell’Eremo di
Bellegra.
Partecipanti alla Cerimonia
LA PERDONANZA
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FUOCO DEL MORRONE
di Floro Panti
Si è svolto anche quest’anno, dal 16 al 23 agosto il tradizionale appuntamento del FUOCO DEL MORRONE.
La manifestazione, fin dal suo inizio curata dal Movimento Celestiniano , giunta alla 34^ Edizione , oltre ad
essere stata alla base della rinascita della Perdonanza , ne ha segnato da sempre l’inizio delle celebrazioni.
Alcuni particolari momenti hanno contraddistinto l’evento, nell’anno settecentenario della Canonizzazione
di S. Pietro Celestino V, sia all’inizio del percorso, che all’arrivo all’Aquila.
Dopo tre anni di divieto, grazie ai fondi stanziati dalla Provincia dell’Aquila che hanno consentito gli interventi
di messa in sicurezza di un costone pericolante a causa del terremoto del 2009, è stato possibile ritornare
all’Eremo di Sant’Onofrio ,dove al termine di una nutrita e sentita cerimonia religiosa officiata da S.E. Mons.
Spina – Vescovo di Sulmona, il Fuoco ha potuto riprendere da questa località il rituale consolidato percorso.
All’Aquila, all’arrivo il 23 agosto, non ci è stato possibile invece rendere omaggio al Santo, in quanto la
Basilica di Collemaggio era stata chiusa per gravi rischi di stabilità, tanto che tutte le celebrazioni successive
legate alla Perdonanza , si sono svolte all’aperto sul piazzale antistante.
La tappa successiva che ha visto il Fuoco raggiungere la sede Municipale in un centro storico ancora
gravemente ferito, è stata particolarmente significativa. Stante le notizie tragiche provenienti dal Medio
Oriente , con numerose vittime civili in Egitto, l’ultimo tedoforo che ha consegnato la fiaccola nelle mani del
Sindaco dell’Aquila Dott. Massimo Cialente è stato proprio un ragazzo Egiziano ospite del nostro centro di
accoglienza celestiniano.
S.E Mons. Spina vescovo di Sulmona officia la
Santa Messa all’Eremo di S. Onofrio
Alcuni tedofori durante la celebrazione della
Santa Messa all’Eremo di S. Onofrio
S.E. Mons. Spina - Vescovo di Sulmona accende
il Fuoco del Morrone
S. E. Mons Spina e Padre Quirino Salomone alla
testa del Fuoco del Morrone
S.E. Mons. Spina guida la processione verso
Bagnaturo
Le Autorità alla Chiesetta di S. Pietro Celestino
di Bagnaturo
Il saluto di Padre Quirino Salomone alla popolazione
davanti alla Chiesa di S. Pietro Celestino
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I tedofori attraversano Bagnaturo per
dirigersi a Sulmona
LA PERDONANZA
Foto di gruppo dei partecipanti davanti alla
Cattedrale di S. Panfilo a Sulmona
Il corteo storico accompagna il Fuoco in Sulmona
Foto di gruppo dei tedofori al monumento a S.
Pietro Celestino a Sulmona
Il Fuoco viene ricevuto dalla Autorità a S.
Francesco della Scarpa di Sulmona
L’indirizzo di saluto del Sindaco di Pratola Peligna
de Crescentis
L’indirizzo di saluto del Sindaco di Sulmona
Ranalli
Il Fuoco alla chiesa di S. Pietro Celestino di Pratola
Peligna con l’accensione della lampada del
Cammino del Perdono
L’accensione del tripode a Pratola Peligna
La lettura della Pergamena delle Perdonanze da
parte di F. Panti
Foto di gruppo alla Chiesa di S. Francesco a
Castelvecchio Subequo
Il Fuoco viene consegnato nelle mani del Sindaco Il Parroco di Molina Aterno Accende la Lampada
di Molina Aterno
del Cammino del Perdono in Chiesa
Il Fuoco alla Chiesetta della Madonna della
Sanità di Acciano
La cerimonia religiosa e civile svoltasi all’interno
della Chiesetta della Madonna della Sanità
di Acciano
LA PERDONANZA
La benedizione del Fuoco alla Partenza da
Castelvecchio Subequo
I partecipanti alla cerimonia all’interno della
Chiesetta della Madonna della Sanità di
Acciano
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Il Fuoco sull’erta della salita verso Acciano
Il Parroco di Beffi di Acciano Benedice il Fuoco
Il Fuoco scortato dal Gruppo Storico della
Perdonanza Celestiniana arriva alla Chiesa di
Santa Maria di Centurelli
I ragazzi di Onna alla ripresa del cammino del
Fuoco
I Giovani di Roccapreturo di Acciano trasportano
il Fuoco
L’arrivo del Fuoco a Santa Maria del Ponte di
Tione degli Abruzzi
L’Accensione del tripode a Santa Maria del Ponte
di Tione degli Abruzzi
il Fuoco a Santa Maria di Centurelli a Caporciano
L’Arrivo del Fuoco nella Chiesa di Onna
Il Fuoco lascia Onna per l’ultimo tratto del
Cammino fino a L’Aquila
Il ragazzo Egiziano Yones Mahmoud Ahmed saluta
la folla all’arrivo del Fuoco a P.za Palazzo a
L’Aquila
La consegna del Fuoco
nelle mani del Sindaco
dell’Aquila Massimo
Cialente
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Il Fuoco a Beffi di Acciano
Il Fuoco del Morrone
16-23 Agosto 2013
LA PERDONANZA
di Floro Panti
Nell’ambito dei festeggiamenti programmati per il Settimo Centenario della Canonizzazione di S. Pietro Celestino
V, nella Chiesa di Santa Maria di Centurelli - Madonna del Buon Cammino, ubicata a Caporciano a pochi chilometri
dall’Aquila, importante e antico sito Celestiniano posto sul Ttratturo Magno L’Aquila - Foggia, si sono svolte
domenica 12 maggio alcune importanti celebrazioni.
Dopo un anno di lavoro di restauro, curato dalla Soprintendenza, è stato riportato all’antico splendore il grande
affresco ( 5 x3m ) della SS. Trinità risalente al 1581. Il bel lavoro effettuato dalla restauratrice Berta Di Giacomantonio,
ha fatto emergere anche importanti particolari che con l’incuria del tempo e i danni del terremoto stavano per
essere definitivamente perduti. E’ stato fra l’altro possibile risalire almeno in parte all’autore dell’affresco che,
secondo quanto risulta dall’iscrizione posta in calce, è proveniente da Beffi, quasi a confermare l’esistenza in quella
località dell’Abruzzo Aquilano, in considerazione della celeberrima pala del Trittico di Beffi, di una perdurante nei
secoli tradizione pittorica.
Non meno importanti e significative sono state le altre cerimonie.
Santa Maria di Centurelli è da anni la sede del Movimento Celestiniano nella quale si procede all’investitura dei
Cavalieri di Celestino e, proprio in questa circostanza, sono stati nominati altri sei nuovi Cavalieri: Valentina
Picchioni, Anna Paola Vespa, Andrea Di Giallonardo, Antonella Di Gregorio, Valerio Dell’Olio, Luigi Di Massa,
ai quali dopo il solenne giuramento, sono state conferite le insegne.
Infine, Padre Quirino Salomone ha benedetto i pellegrini: Floro Panti, Agostino Mattei, Domenico Foligno,
Manuela Di Cuollo e Genny Caccia in partenza per il tragitto inaugurale a piedi del Cammino del Perdono, che
sarebbe poi iniziato da Sant’Angelo Limosano per proseguire per oltre 200 chilometri sulle orme di Pietro del
Morrone, fino a raggiungere la Basilica di Collemaggio dell’Aquila dopo sette giorni.
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LA PERDONANZA
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di Marcello Nissi
Tranquilli!! Se oggi ci riesco, non vi parlerò dei parassiti che stanno distruggendo il mondo ma di coloro che
fanno di tutto per salvarlo.
Lo scorso 31 agosto si è svolta, da Celano a Castelvecchio Subequo, la prima MARCIA PER IL CREATO.
Un altro tassello è stato aggiunto al progetto “SAN FRANCESCO CUSTODE DEL PARCO”.
Ricordate? Nel 2008, rappresentanti del Parco Sirente-Velino, della Regione Abruzzo e dell’Ordine dei Frati
Minori, nominarono San Francesco D’Assisi custode del Parco Sirente-Velino. Da allora, con l’aiuto dei comuni
e di tutte le direzioni didattiche interessate, sono state portate a termine molte iniziative finalizzate alla
conoscenza e alla difesa dell’ambiente.
La prima MARCIA PER IL CREATO, organizzata dalla Regione Abruzzo, dal Parco Sirente-Velino, dal C.A.I., dai
comuni di Celano, Aielli, Collarmele, Gagliano Aterno e Castelvecchio Subequo, ha visto la partecipazione
entusiasta di centinaia di persone di ogni età che hanno potuto scegliere di percorrere tratti di 27, 21, 18 o solo
4 Km.
I sentieri montani valicati con l’aiuto degli specialisti della Forestale e del C.A.I., sono gli stessi che percorse
molte volte lo stesso Francesco D’Assisi per raggiungere, da Celano, il Convento di Castelvecchio Subequo.
Mentre mi gustavo la marcia tra il verde della Marsica e della Valle Subequana, pensavo a quali impegni
dovremmo sostenere tutti noi, nessuno escluso, per rendere il mondo migliore; l’attenzione é grande ma è
evidente che siamo una minoranza a desiderarlo e i Parchi naturali mi sembrano sempre di più delle piccole
isole felici che fanno molta fatica a difendersi dall’onta delle scelte globali che hanno ridotto per i soli fini
economici il mondo intero ad una discarica.
Percorrevo la via di Francesco e pensavo in pace con me stesso che alla bellezza della natura non ci si abitua
mai. La tranquillità che trasmette è assoluta. Sarebbe bello se la tranquillità e la pace diventassero dei virus
contagiosi. La consapevolezza di quello che sta accadendo nel mondo è diventata una minaccia che si rinnova
quotidianamente.
Il pensiero è scivolato ad alcuni giorni prima, quando a Damasco per ordine del criminale di turno erano state
sterminate 1300 persone, in prevalenza donne e bambini, utilizzando bombe chimiche, gas letale come si fa
per le demuscazioni.
L’imposizione del potere. L’annessione di un territorio. E’ la storia si ripete: Curdi sterminati in Iraq con i gas
nervini da Alì il chimico su ordine di Saddam oppure stragi compiute durante l’ultima guerra con lo stesso
metodo e ferocia da noi Italiani in Etiopia su ordine di Badoglio.
Adesso: chi ha messo gli occhi sulla Siria? Chi è il vero mandante della strage? C’e chi vuole dare una lezione
ad Assad; i sovrani della guerra già si sfregano le mani pensando ai costi degli interventi armati, alle future
ricostruzioni, agli aiuti umanitari, ai prestiti finanziari, al cospicuo ritorno economico.
Siamo come dei bambini; dobbiamo stare alla larga perché gli adulti stanno lavorando.
Le guerre, anche quelle alle quali partecipiamo oggi come missionari di pace, vengono magistralmente
programmate e accese facendole gravare nel piano economico. Parte dei nostri debiti sono riconducibili a
queste manovre. Mi viene da sorridere quando penso che tra le accise sui carburanti, dal 1935, ancora stiamo
pagando quella per il finanziamento della guerra di conquista dell’Abissinia.
Globalizzati, mano nella mano, in un girotondo dove ci ritroviamo “tutti giù per guerra”.
Lo spread sale!! lo spread scende!! La gente del nostro territorio, già provata dal terremoto del 2009, sta
fronteggiando una grande recessione economica mondiale; le conseguenze che subisce l’Italia sono
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LA PERDONANZA
paragonabili a quelle della crisi americana del 1929.
Quando nacqui, in ragione del debito pubblico, mi ritrovai già insolvente di una ingente somma di denaro che
ancora adesso, dopo decenni, non sono riuscito a restituire.
Il debito pubblico nel frattempo è aumentato e lo Stato per risolverlo impiega soluzioni che hanno ridotto sul
lastrico la maggior parte delle famiglie, oramai costrette a mettere insieme il “pranzo con la pena”.
Ogni mattina, alla televisione mi viene spiegato l’andamento delle borse nel mondo; quanto costa un barile di
petrolio; il trend valutario rispetto all’euro, dello yen, del dollaro, del franco, della sterlina… …e mai nessuno
che mi spieghi chiaramente come funziona il sistema bancario e monetario, verso chi siamo debitori, chi sono i
Signori del Signoraggio e quanti altri poteri possiedono nel caricatore per compiere queste estorsioni.
La globalizzazione terminerà con successo quando i 7 miliardi di abitanti sulla terra saranno tenuti buoni e
controllati con la stessa strategia economica.
Negli ultimi decenni gli scienziati e gli industriali hanno avuto un bel da fare. Il nostro mondo lo hanno rovinato
con delle oscenità realizzate con il solo scopo di approdare a favolosi guadagni facili.
No problem! Per loro è tutto risolvibile! Deforestazioni, disastri nucleari; smaltimento di scorie chimiche o
radioattive; aviaria; mucca pazza, inquinamento terrestre e spaziale.
Ci cureranno la depressione con i prodotti alimentari geneticamente modificati.
Mi piacerebbe tanto non avere intorno la gente marcia, ma solo marciatori per il Creato, conscio che c’è molto
da marciare su percorsi che sono stati rovinati e contaminati da chi è passato prima.
E’ nota a tutti la vicenda della rinuncia di Francesco D’Assisi ai beni paterni, alle vesti, alla ricchezza. Però è bene
chiarire che nel medioevo veniva considerato ricco non chi possedeva i denari ma più di tutto chi aveva il potere
sugli altri. Francesco quel giorno si spogliò specialmente del potere e decise di mettersi al servizio degli ultimi.
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LA PERDONANZA
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EDMONDO FELICI
9 novembre 1929 | 29 Luglio 2012
Camminavo solo,
per sentieri mai percorsi,
fra tanta gente diversa.
Il tramonto
celava il suo ultimo colore,
come un avaro prodigo
che scopre di esser ancora fecondo.
I giorni,
gradualmente scivolano nell’oblio,
ed il giardino deserto,
senza più colori e profumi di fiori già raccolti,
produce l’effimero e l’inutile.
All’improvviso,
si levò nell’aria una voce tenue;
l’acuto messaggio del silenzio,
andava invisibile nell’oscurità,
lasciando traccia profonda del suo canto
nel cuore che a stento tornava all’ascolto.
vidi la terra,
circondare con le sue braccia
uomini e case, castelli e capanne,
letti e giacigli, braccia stanche e culle;
sentii il canto di cuori materni
e di vite felici;
liete, serene, appagate d’una felicità,
di cui il mondo non conosce il valore.
Su quei sentieri,
mentre guardavo lontano,
camminando verso la luce, fra la gente,
tra fiori scarlatti,
t’incontrai!
Quei sentieri fioriti e vissuti,
al limitare di terre incolte,
oltre i rovi della solitudine;
quei sentieri portano al villaggio della pace,
alla città della luce.
Mi fermai per un istante
Nel mio incerto andare,
silenzioso, nel silenzio,
ad ammirar le stelle.
Buia, muta, distesa avanti a me,
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LA PERDONANZA
IL PIANETA DELLO “SCARTO”
di Giuliana Del Signore
La “cultura dello scarto” è un’altra delle meravigliose espressioni di Papa Francesco;
è una riflessione che legge e restituisce l’immagine di una società sufficientemente
arrogante, arroccata su sicurezze individualistiche proprie delle attuali postdemocrazie
occidentali. Non si scarta soltanto il diverso e/o il debole, si scarta anche tutto ciò che
ci permette di vivere e lo si scarta nella casa che ci ospita: il pianeta Terra.
Un monito sufficientemente minaccioso su tali atteggiamenti mentali, ormai diffusi e
radicati, ci viene dalla filosofia indiana, attenta, certamente con significati e paradigmi
diversi da quelli della nostra cultura, al concetto di custodia, e lungimirante circa le
rovinose ricadute di comportamenti insensati volti al potere e al dominio dell’uomo
sulla natura: “Continuate a contaminare la casa dove vivete e una notte, quando i
bisonti saranno stati tutti massacrati, i cavalli selvaggi tutti domati e i panorami delle
fertili colline sfigurati dalle linee dei fili che portano parole, soffocherete tra i vostri
rifiuti.”(Tradizione orale, Indiani Sealth, 1895). Ed è proprio di rifiuti cha parliamo
quando ci troviamo di fronte ai cambiamenti climatici, a nuove forme di malattie,
a inquinamenti del suolo, dell’acqua e dell’aria sempre più incisivi e difficoltosi da
riequilibrare; non dovrebbe essere una novità l’estinzione delle materie prime e/o
la situazione ambientale che ci troviamo a vivere; è, infatti, dagli anni Sessanta del
Novecento che i Rapporti del M.I.T. allertano popolazioni e governi circa le proiezioni
poco ottimistiche di un Pianeta destinato alla desertificazione, alla siccità o a eventi
alluvionali, e orientato a contare sempre più persone malate e affamate contro altre che
muoiono di obesità. Dal convegno organizzato all’Assemblée Nationale il 10 dicembre
2010, dal titolo “Dove va il mondo?”, l’economista Latouche e altri ci ricordano il richiamo
costante all’etica della responsabilità di Hans Jonas e le preoccupazioni dello stesso
filosofo per la superficialità delle generazioni successive alle guerre mondiali; il primo
impatto con la terminologia usata ci fa pensare ad un esagerato catastrofismo. Si tratta,
invece, di inviti ripetuti alla prudenza delle scelte che coinvolgono tutta l’umanità e
la storia della stessa. Le catastrofi e le morti gratuite disseminate dalle petroliere e
dall’incidente nucleare di Fukushima, ad esempio, sembrano avvalorare le tesi di Jonas
e di quanti si sono spesi per sensibilizzare al rispetto, alla salvaguardia dei beni di tutti
e alla sostenibilità tra azione e tutela degli ambienti di vita. Ed è sempre di Latouche
la speranza di una resilienza, cioè “della capacità di un ecosistema di ricostituirsi dopo
uno choc…” come avviene nelle società in crisi. Se la crisi attuale fosse di insegnamento
per una gestione maggiormente oculata delle risorse, delle azioni, delle ricchezze della
Terra, potremmo leggerne aspetti positivi per la maturità dei popoli; se, al contrario,
servisse per aumentare aggressività, egoismi e gestione dissennata del patrimonio di
tutti, non avremmo imparato nulla neanche da questo “pezzo” di storia.
In questo delicato momento culturale e valoriale è stato rivisto e aggiornato il
Progetto mondiale lanciato da “La Carta della Terra”, più che mai attuale, soprattutto
in quell’ultimo Principio che invita a “creare una cultura di tolleranza, di non violenza
e di pace”; e mi piace pensare che possa concretizzarsi presto uno degli assiomi del
Documento citato: “…siamo un’unica famiglia umana e un’unica comunità terrestre
con un destino comune…”.
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Al convento S. Antonio di Lanciano dove fu ordinato sacerdote. Con i famigliari e la comunità dei frati.
Nel complesso sportivo “Verdeacqua” con le associazioni dei diversamente abili, amici veramente speciali.
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LA PERDONANZA
Con gli accolti della Fraterna Tau, gli operatori volontari e artisti, in omaggio a San Bernardino.
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A Celano con Alpini e compagni
di collegio.
A Scurcola Marsicana con la
confraternita di San Bernardino.
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LA PERDONANZA
CONVEGNO A FERENTINO
di Augusto Cinelli
•
Cinque maggio 1313: ad Avignone il Papa Clemente
V eleva agli onori degli altari san Pietro Celestino V,
morto 17 anni prima, il 19 maggio 1296 nella Rocca
di Fumone. Le esequie del Papa erano state celebrate
nella chiesa del monastero celestiniano di sant’Antonio
Abate in Ferentino, poco distante da Fumone. Qui il
Pontefice della Perdonanza di Collemaggio trovò il suo
primo luogo di sepoltura per una trentina di anni, fino
al 1327, quando
le sue spoglie
mortali vennero
traslate a L’Aquila.
Pietro del Morrone
aveva insediato
nel
monastero
ferentinate
una
sua comunità dei
Fratelli dello Spirito
Santo tra 1250 e
1260, riedificando
un antico luogo di
culto già dedicato
all’Abate Antonio.
Dopo la sua
morte, proprio a
Ferentino si ebbe
l’attestazione
della fama di santità di cui godeva il Santo eremita
molisano che aveva rinunciato al Pontificato: la sua
tomba era infatti visitata da tantissimi fedeli che
ricorrevano all’intercessione di Celestino anche per
la sua fama di taumaturgo. La città del Frusinate ha
conservato dunque un particolare legame con il
Santo, oggi venerato come secondo patrono della
città (il principale è Ambrogio martire, un centurione
romano decapitato nell’anno 304 a Ferentino dopo la
sua conversione al cristianesimo), tanto che dal 2001,
per privilegio perpetuo concesso dal beato Giovanni
Paolo II, anche nella chiesa di sant’Antonio Abate si
può lucrare l’indulgenza plenaria della Perdonanza
nei giorni dal 19 al 21 maggio (morte e sepoltura
di san Pietro Celestino). Nel settimo centenario
della canonizzazione, la comunità di sant’Antonio
Abate, la cui chiesa dall’inizio del Novecento è stata
elevata a parrocchia, in collaborazione con il Centro
Internazionale Studi Celestiniani de L’Aquila ha
promosso il 29
settembre
un
convegno e una
rappresentazione
t e a t r a l e ,
organizzati non
a caso lo stesso
giorno in cui, nel
1294, Celestino V
emanava la bolla
della Perdonanza
della
Basilica
aquilana
di
Collemaggio. Alla
giornata ospitata
dal
suggestivo
complesso
architettonico
del monastero di
Ferentino, tornato a nuovo splendore dopo i restauri
di alcuni anni fa, ha preso parte un gruppo di amici di
Celestino provenienti da L’Aquila, che ha potuto anche
visitare il castello di Fumone, dove il Santo eremita
visse gli ultimi giorni della sua vita.
Introdotto dal parroco Don Angelo Conti, l’incontro
celestiniano si è aperto con l’intervento della storica
dell’arte Maria Teresa Valeri che ha illustrato a grandi
linee la storia del luogo sotto il profilo architettonico
ed artistico. Il presidente del Centro Studi Celestiniani
Floro Panti ha quindi ricostruito il contesto storico,
LA PERDONANZA
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politico ed ecclesiale della morte e canonizzazione
di Celestino, sgombrando il campo da certe
semplificazioni storiografiche e facendo emergere
la scelta di Papa Clemente V che canonizzando San
Pietro come Confessore approvava la sua rinuncia
al papato e riconosceva in pari tempo la legittimità
del successore Bonifacio VIII. A seguire Padre Quirino
Salomone, presidente del Centro Studi Celestiniani per
la Pace, ha invece liberato l’immagine di San Celestino
V da letture fuorvianti, documentando l’infondatezza
dell’interpretazione che vorrebbe riferiti al Pontefice
i versi danteschi del “gran rifiuto”, un accostamento
che ha messo tali radici in ambito accademico e
scolastico da essere ormai quasi inestirpabile, con
grossi danni nei confronti della verità storica ed
ecclesiale. Una ricostruzione infondata e calunniosa
che, secondo Padre Salomone, ha segnato per
sempre la figura del predecessore di Bonifacio VIII,
che invece alla veneranda età di 84 anni “consegnò”
il suo incarico di Pontefice, non solo lontano da ogni
“viltà”, ma anzi come suprema testimonianza della
sua limpida coscienza e del suo amore per la Chiesa.
La professoressa Biancamaria Valeri, infine, ha riletto la
storia del singolare legame tra Ferentino e il Santo della
Perdonanza, mettendo in luce il messaggio di pace e
di rinnovamento interiore consegnato alla Chiesa
e al mondo da Pietro Celestino che anche nel suo
monastero di Ferentino, che comprendeva un ospedale,
lasciò una profonda testimonianza di accoglienza e
solidarietà verso tutti, soprattutto per i più indigenti. A
chiudere la manifestazione il dramma teatrale “Il cuore
di Celestino”, messo in scena da alcuni amici del Santo
di Ferentino, con l’evidente rimando fin dal titolo al
culto per la reliquia del cuore del Santo, custodita nel
monastero delle Clarisse della cittadina laziale.
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LA PERDONANZA
RECENSIONI LIBRI
di Floro Panti
Grazie all’iniziativa degli amici di Saltara (PU) è
stato dato alle stampe il libro “LA PROVINCIA
CELESTINA DI ROMAGNA – Indagini storiche locali
e nuove prospettive di studio” a cura di Andrea
Cicerchia – Samuele Giombi e Ugo Paoli. Si tratta
di un volume che oltre a riprodurre e arricchire gli
Atti del Convegno tenutosi a Saltara nel maggio del
2011- fornisce ulteriori e importanti indicazioni su
una specifica realtà territoriale, quella riguardante
i monasteri della Congregazione Celestina
della provincia di Romagna che estendeva la
giurisdizione anche a quelli delle Marche e
dell’Umbria. E’ un ulteriore strumento offerto
agli studiosi, in modo da aiutare la storiografia a
colmare la lacuna riguardante questo importante
ramo religioso che per ben sette secoli dal XIII al
XIX sec. è stato presente in Italia ed Europa.
Il volume è arricchito dalle riproduzioni fotografiche
di alcuni documenti e stampe, concessi dagli
Archivi di Stato di Bologna, Forlì, Pesaro e Ravenna
nonché dalle Biblioteche Civiche di Faenza e
Rimini , dalle Pinacoteche Civiche di Faenza e Fano
e dal Museo Diocesano Albani di Urbino.
CONCERTO IN ONORE DI S. BERNARDINO per la città di L’AQUILA
ORCHESTRA DA CAMERA AQUILANA
CORO DEL CONSERVATORIO “A. CASELLA” di L’Aquila
Il giorno 26 maggio 2013 si è tenuto un Concerto in onore di S.Bernardino in Piazza D’Armi. Ad eseguirlo
il Coro del Conservatorio di Musica “Alfredo Casella”. Il Coro nasce dal lavoro della classe di Esercitazioni
corali della Prof.ssa Rosalinda Di Marco ed è costituito dai migliori allievi delle classi di canto e di strumento
che intendono conoscere e perfezionarsi nel repertorio corale lirico sinfonico
LUCIA VACCARI
soprano
Allievi di canto del
Conservatorio Casella
ERICA REALINO
soprano
STEFANO GUADAGNINI
controtenore
DANIELA NINEVA
contralto
ROSALINDA DI MARCO
maestro del coro
CARMINE GAUDIERI
DIRETTORE
LA PERDONANZA
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Il sistema bancario sta togliendo lavoro a milioni di cittadini,
massacrando milioni di famiglie. (Papa Francesco)
1°
Fermare
le Mafio-Banche
Manifestazione Nazionale
di D. Di Luciano- S. Basile
Lo scorso 24 Settembre 2013, in Piazza Cavour, a Roma, ha avuto luogo la Prima Manifestazione Nazionale per
fermare le banche e la Criminalità Economico-Finanziaria e Giudiziaria.
La manifestazione ha inteso richiamare l’attenzione sull’impunità di cui godono le caste dominanti che non pagano
mai per i loro errori in forza di vincoli occulti di stampo lobbystico-massonico-finanziario e lanciare un’iniziativa
referendaria popolare per azzerare il debito pubblico come in Islanda, sollecitando misure di sospensione dei
procedimenti esecutivi per case e aziende in difficoltà e fare rete con tutte le Associazioni italiane impegnate nella
tutela della legalità contro tutte le mafie.
Tra gli obiettivi, inoltre, quello di affermare il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e il diritto
ad una giustizia dal volto umano, a fianco della parte sana della magistratura, non disposta a svendere il ruolo di
garante della legalità, alle lobby massonico-bancarie che hanno occupato le istituzioni, ed alle quali larghi settori
della magistratura e dei partiti di regime garantiscono preventiva impunità e leggi “ad castam”. Altra priorità è stata
quella di promuovere un referendum popolare per cancellare il debito pubblico e introdurre la responsabilità
civile e penale dei magistrati, per manifesta violazione del diritto interno ed europeo nella attività interpretativa e di
valutazione del fatto e delle prove.
Oggi la più grave minaccia proviene dall’attuale sistema finanziario che permette ad una ristrettissima élite di agire
senza alcun freno morale, politico, legislativo e giudiziario, schiavizzando il Popolo e portandolo alla miseria.
Una rivoluzione pacifica è possibile anche in Italia, dichiarando che il cosiddetto “debito pubblico” non è esigibile,
poiché non contratto dallo Stato Sovrano, ma dalle banche contro gli interessi della popolazione.
Nel nostro Paese banchieri e magistrati hanno ancora privilegi immensi, tanto da essere ritenuti “intoccabili”
e al disopra della Legge, potendo decidere, garantiti dall’impunità del sistema, il destino di una Azienda ovvero
letteralmente della vita dei cittadini stessi.
Gli Enti promotori della manifestazione e gli “Avvocati senza Frontiere”, hanno lanciato il grido di un vero e proprio
allarme sociale, per il quale non viene offerto il giusto rilievo dagli organi d’informazione, tranne quando se ne
manifestano le più funeste estreme conseguenze, rappresentate dai numerosi suicidi di imprenditori e lavoratori
onesti, traditi dallo Stato e dalla Magistratura, corrotti, collusi con banche, finanziarie, usurai, speculatori. Il tutto
avvolto in un pauroso silenzio stampa.
Papa Francesco ha recentemente ammonito: «La mancanza di etica fa male all’umanità», «la politica si occupa di
finanza e banche, non di chi muore di fame», «Se cadono gli investimenti, le banche, tutti a dire che è una tragedia. Se le
famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente… Questa è la nostra crisi».
Quella che viene chiamata crisi finanziaria è un esproprio dei risparmi a danno di miliardi di cittadini. «Permettetemi di
emettere e gestire la moneta di una nazione, e me ne infischio di chi fa le leggi», affermava Mayer Rothschild fondatore
della Rothschild Bank. Molti credono ingenuamente che le banche siano istituzioni socialmente utili che investono
i risparmi dei Clienti per produrre profitti. Pochi associano le crisi economiche, la disoccupazione e le guerre, al
sistema finanziario, potere globale oscuro che soffoca l’intera umanità.
Una vera e propria truffa concepita ed attuata dai sistemi finanziari con la complicità dei Governi attraverso misure
legislative funzionali al sistema criminoso, con la tacita connivenza della magistratura che da decenni ha ignorato
qualsiasi allarme, omettendo di mettere sotto inchiesta la Banca d’Italia e il Comitato di controllo del credito, al
fine di garantire assoluta impunità a banchieri e imprenditori mafiosi anche nei casi più eclatanti (Sindona, Banco
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LA PERDONANZA
Ambrosiano, IOR, Parmalat, Antonveneta, BNL-Unipol, Monte dei Paschi, Banco Desio, Banca Marche ecc.). I politici sono
subordinati a queste logiche perverse facendoci credere di essere al servizio dei cittadini. Milioni di cittadini sono
vittime di usura ed estorsioni contro i Principi Costituzionali di Uguaglianza e Pari Dignità Sociale.
Annidati nei palazzi del potere della politica e della finanza, con l’inganno della moneta-debito decidono le sorti
di vita o di morte, di libertà o di schiavitù di interi popoli e di milioni di famiglie.
PROPOSTE sancite dagli enti promotori della manifestazione del 24 settembre.
1- affermare il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e il diritto ad una giustizia dal volto umano,
a fianco della parte sana della magistratura non disposta a svendere il ruolo di garante della legalità, alle lobby
massonico-bancarie che hanno occupato le istituzioni;
2- sollecitare misure di sospensione dei procedimenti esecutivi per le prime case e le aziende in crisi e fare rete con
tutte le associazioni italiane che si battono per il rispetto dei diritti umani;
3- promuovere un referendum popolare per cancellare il debito pubblico, coinvolgendo la parte coscienziosa
della societa’ civile e della classe politica;
4- introdurre la responsabilita’ civile e penale dei magistrati, per manifesta violazione del diritto interno ed europeo
5- avviare la costituzione di un coordinamento nazionale delle associazioni ed enti a sostegno delle vittime dell’usura
bancaria e della malagiustizia;
6- presentare un rapporto annuale alle autorita’ nazionali e sovranazionali sullo stato della giustizia, un «osservatorio
sulla legalità», indipendente dai partiti.
7-lotta al signoraggio monetario e difesa della sovranita’ nazionale;
8- soppressione di equitalia,
9- Proprietà popolare della moneta
Per informazioni: www.quieuropa.it / www.losai.eu
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AXA ASSICURAZIONI E INVESTIMENTI
NONSOLOPOLIZZE snc
AGENZIA GENERALE
di
Maria Lucia ZOCCANO
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Movimento Celestiniano