Scarica Reloaded di Giugno

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Scarica Reloaded di Giugno
AMBIENTE
MIGRANTI
Le mamme No Muos
Immigrati disoccupati
SATIRA
Querela sì, querela no
generazionezero.org
Migranti, giovani, precari, ambiente
no
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Gi
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INVESTITECI
Cervelli in Fuga
Laureati a Piedi
Eutanasia in Svizzera
anno I n°12
Immagine di copertina di Alaskan Dude| Alcuni diritti riservati
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Reloaded
Migranti, giovani, precari, ambiente
Contenuti del numero
3.
Uccidete la fantasia
- Giuseppe Cugnata
4.
Le mamme di Niscemi
- Attilio Occhipinti
6.
Neolaureati: l’esercito dei
nuovi precari
- Simone Bellitto
8.
Investiteci: cronaca dalla fuga
dei cervelli
- Giulio Pitroso
11.
L'Odissea del migrante tra
banche dati e disoccupazione
- Giuseppe Cugnata
13.
Svizzera: può uno Stato assecondare il desiderio di suicidarsi?
- Arianna Coronese
16.
Querela sì, querela no
- Gianni Scifo
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Generazionezero Reloaded
Direttore Responsabile:
Giacomo Pisani;
Editore, Proprietario: Associazione Generazione Zero;
Direttore Editoriale:
Giulio Pitroso;
ViceDirettore Editoriale: Attilio Occhipinti;
Condirettore Editoriale: Simone Lo Presti;
Redazione: Simone Bellitto, Federica Monello,
Sebastiano Cugnata, Giuseppe Cugnata;
Collaboratori:
Marco Occhipinti, Gianni Scifo, Roberto
Federico Proto, Luca Gulino, Arianna
Coronese;
Impaginazione e Grafica:
Gianni Scifo;
IMMAGINE DI COPERTINA:
Emma Celeo;
Generazione Zero Reloaded:
download mensile dell’allegato dal sito di
Generazionezero.org
T
ESTATA REGISTRATA AL
TRIBUNALE DI RAGUSA N. 05/11
editoriale |
Uccidete la fantasia
Ce ne sarebbero di cose da
scrivere in un editoriale sul
mondo dell'Istruzione. Potremmo parlare del numero chiuso
nelle università o delle difficoltà
per gli studenti a trovare un lavoro dopo gli studi, ma c'è una
frase che più di ogni altra mi
ha dato lo spunto per scrivere
e che sintetizza il mio modo di
intendere il sistema scolastico
italiano: “UCCIDETE LA FANTASIA”. In effetti Carpenter con
questa frase, tratta dal celebre
Essi vivono, voleva stigmatizzare il capitalismo sfrenato
di fine anni '80 e soprattutto il
feroce modello economico statunitense, all'interno del quale
vigeva e vige tuttora la legge
dell'omologazione, ma, riflettendoci, i due modelli, quello
finanziario e quello didattico,
che all'apparenza sembrerebbero distanti, non sono poi così
diversi.
Così come il mondo dell'alta finanza è affidato ad una
classe gerontocratica senza
scrupoli, allo stesso modo il
settore accademico è retto da
una sorta di baronato fatto
di favoritismi, di scambi e di
amici, che ammorba il sistema
e disperde ogni potenzialità offerta dallo studente.
Il sistema educativo si mostra
sempre più nelle sue reali fattezze: un apparato primitivo
simile ad una giungla all'interno del quale vale soltanto
la legge del più forte, e non
parliamo solamente del mondo
universitario, ma del sistema
didattico nel suo insieme: anche tra i banchi di scuola si
percepisce, infatti, una sorta di
spietato agonismo, un conflitto
aperto del singolo contro il nucleo della classe che scavalca
ogni forma di meritocrazia per
assestarsi sugli stessi livelli da
giungla sopracitati.
blemi nell'ambito educativo,
senza considerare il fatto che
il modello didattico in sé risulti
alquanto antiquato, come certificano i dati OCSE. Ma l'attuale
governo come risponde ad
un problema così dilagante?
Semplice, come ha risposto a
tutti gli altri problemi del Paese: restando immobile. Le
uniche mosse del Ministero
dell'Istruzione riguardano infatti
il taglio del numero di insegnati
di sostegno, tra le poche figure
che i problemi li provano a risolvere.
La logica del conflitto non
permette ad un nucleo-classe
di progredire in maniera omogenea, e risulta quindi uno tra
i fattori di discriminazione sociale dello studente all'interno
dell'aula. La discriminazione
sociale è favorita anche dal
fattore economico: il profumatissimo prezzo dei libri, il
costo degli affitti, i mezzi di
trasporto e le elevatissime
tasse, pesando non indifferentemente sulle schiene delle
famiglie, non fanno altro che
esacerbare le differenze sociali, costringendo lo studente
svantaggiato all'isolamento.
Mandate i giovani capaci fuori
dalla Penisola. Mantenete le
scuole dei luoghi grigi e polverosi. UCCIDETE LA FANTASIA.
Giuseppe Cugnata
È facile, dunque, comprendere
come il sistema dell'istruzione
italiano abbia immensi proGenerazionezero Reloaded | 3
Le mamme
di Niscemi
"Certo, tutti siamo
preoccupati dagli effetti sulla salute che
hanno avuto e che
continuano ad avere
le antenne, ma io mi
sono trovata in crisi
quando i miei bambini di dodici anni e
mezzo e dieci anni
mi hanno chiesto
come mai il nostro
governo permetta
queste cose. Mi
sono trovata spiazzata dalla semplicità
con cui i bambini
vanno al sodo. Questa è una bella domanda". Ed è così
che Angela, una delle tante mamme di
Niscemi, rompe il ghiaccio. Sì
perché quando ci siamo sentiti, mi aveva confessato che
non sapeva che cosa scrivere.
"Non ho molta dimestichezza
col computer", mi aveva detto. Dopo pochi minuti, però,
si è lasciata andare, come se
stessimo parlando da buoni
amici seduti a un tavolo, in un
bar, sorseggiando qualcosa di
fresco.
"Ho sempre cercato di dire la
verità ai miei figli, in maniera
comprensibile ma verità e ora?
Nelle nostre famiglie la frustrazione sta anche in questo:
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Generazionezero Reloaded
cercare di restituire una serenità persa. Mio figlio mi dice:
'Ma se fanno male il presidente
non può farle mettere! È cattivo.' Vai a spiegare... 'Sapete
che la mamma e tante altre
persone stanno lottando per
questo? Vedrete che la spunteremo', così rispondo".
Angela scrive di getto, senza
sosta, è inarrestabile. D’altronde già aveva espresso tutta la
sua rabbia e la sua preoccupazione alla manifestazione
del 31 maggio, a Niscemi, parlando alla folla, impugnando il
microfono, con una bandiera
NoMuos attorno alla vita, come
Ru
br
ic
a
am
bi
en
te
una rivoluzionaria d’altri
tempi. Le tante Mamme No
Muos sono delle rivoluzionarie
in fondo. Lottano con tutte le
loro forze contro le antenne,
contro le parabole, anche contro le divise: "Ora i miei bambini vedono la polizia in tenuta
antisommossa pronti a spintonare e, se necessario, anche
arrestare la loro madre che è
solo preoccupata per la loro
salute. Che dire di più…non
c'è pace nelle nostre famiglie,
niente serenità. Hanno ucciso
la speranza".
L’innocenza dei figli mette è
ciò che allarma di più Angela,
la quale ritorna
con convinzione sull’argomento poiché
"mi spaventa
perché non
so che tipo
di messaggio
passa dare il
genitore, in
questo modo
è frustrante
e avvilente. E
cosa rispondi? Come lo spieghi? Allora stai lì, a dire che ci
sono accordi militari, che queste cose servono per la difesa,
i talebani, le torri gemelle, ma
non sono credibile. Perché
non è la verità".
La battaglia per la terra di
Niscemi è cosa dura. Qui si
combatte contro gli Americani
e, tristemente, contro molti Italiani. Mica è cosa semplice.
Concetta, nel riferirmi il bollettino di guerra, ha scritto che la
lotta "procede lenta e con tanta
fatica. Ci sono troppe cose
nascoste e risposte che non
arrivano, quindi capiamo che la
situazione è molto complessa".
Poi, questa mamma, che si è
fatta portavoce del comitato
nella trasmissione di Santoro,
Servizio Pubblico, nella puntata trasmessa il 23 maggio,
ha continuato con fermezza:
"Se montassero il Muos io e la
mia famiglia ci trasferiremmo
altrove. L'ottimismo, in questo
momento epocale della nostra
storia, è un’utopia. Lotterò
con tutte le mie capacità e
forze per non permettere, a chi
ci prova, di distruggere il mio
progetto di felicità con la mia
famiglia".
Le parole di Concetta non lasciano nulla al caso, soprattutto quando rievocano ciò che è
successo nel recente passato:
"Certo che abbiamo avuto
paura! Soprattutto quando la
polizia si è rivoltata contro i
manifestanti per ordini dall'alto
e, a tutti i costi, dovevano passare operai e materiale nonostante la revoca. Ho avuto molta apprensione per le mamme
che caparbiamente bloccavano
militari americani e operai".
Il timore più grande, però, è
indubbiamente un altro. Il timore per una guerra futura, per
una pace che potrebbe essere
brutalmente assassinata e
a Concetta preme precisare
amaramente che "la paura più
grande, oltre a un incremento
di onde elettromagnetico che
produrrà il Muos, sarà un terribile sistema di guerre che il
Muos stesso potrebbe scatenare. Da qui saranno comandati i droni, ed io non voglio
essere complice di nessuna
guerra. Poi, penso molto spesso che possa essere un ottimo
bersaglio per attacchi terroristici".
E la lotta della Mamme No
Muos continua.
Attilio Occhipinti
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ub
R
Neo-laureati:
l’esercito dei nuovi
precari
HISTORY | Sights and Land-
ri
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r
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Generazionezero Reloaded
"Tutto quel che la società ha compiuto per se stessa è posto, mediante
l'istruzione, a disposizione dei suoi membri futuri." (John Dewey)
Un sogno (o son desto)
Sacrifici. Tempo, denaro. Una
laurea, in Italia, costa molto.
Intere famiglie, alle volte, si
svenano e si privano di risparmi accumulati per un'intera
vita, al solo fine di permettere
al proprio figlio di garantirsi
quel tanto agognato diritto all'istruzione e alla formazione.
Anni e anni a rincorrere un
sogno. O forse è più appropriato dire,
una
67%
ofchimera.
youth Le
lauree si stanno trasformando
in mera carta
straccia. La forworldwide
mazione si sta trasformando
in una macchina
macina-spelove AND EAT
ranze. Il mercato del lavoro è
in una crisi nera che sembra
tomatoes and
senza via
d'uscita. Il cosiddetto
turn-over rimane una mera paapples
SCHOOL
rola su carta
morta:
la percentuale che un laureato riesca a
STUDY
subentrare
a un SHOWS
lavoratore che
va in pensione, favorendo così
6|
Magazine First Edition
il ricambio generazionale, è
ridotta ai minimi termini. Nemmeno la metà dei neolaureati
riesce a inserirsi appieno nei
nuovi gangli vitali lavorativi.
Essi potrebbero, oltretutto,
sbloccare l'impasse catastrofica che sta spingendo il paese
in piena recessione. Per non
parlare delle retribuzioni dei
nuovi laureati. Chi ha la fortuna
di trovare un impiego, probabilmente precario, il più delle
volte incorre in uno spiacevole
schiavismo di ritorno. Neolaureati che diventano stagisti
sfruttati, molte volte a costo
zero. Oppure sottopagati, costretti a fare uno o più lavori
per riuscire a mantenersi autonomamente. In barba a sedicenti burocrati del settore che
apostrofano con spiacevoli appellativi i nuovi giovani: fannulloni, choosy. Idiozia a buon
mercato, non c'è dubbio. Si sta
aprendo una voragine sotto i
piedi di questi poveri neo-laureati. Neo-schiavizzati. Neoprecari. Neo-disoccupati.
Senza via di scampo
Quando il lavoro non c'è, le
soluzioni, talvolta sono drastiche. L'unica via d'uscita sembra essere dare l'addio a questo barbaro e stupido mondo.
La disperazione e la mancanza di una prospettiva per il futuro, spingono un neolaureato,
un precario, alla morte. I suicidi aumentano costantemente
e a ritmi raccapriccianti e inaccettabili. Norman Zarcone, ad
esempio, dottorando di ricerca
in filosofia, che decise di farla
finita lanciandosi nel vuoto,
all'Università di Palermo. Il
gruppo rock Management del
dolore Post-Operatorio ha
deciso di raccontare la sua vicenda in una canzone. Parole
e note, che sembrano rimanere l'unica
testimonianza di
questo assurdo
dramma contemporaneo. A maggio,
in provincia di Frosinone, un giovane
neolaureato in economia si è lanciato
dal balcone di casa
sua, scampando
miracolosamente
alla morte: sembra
che soffrisse di depressione per un
mancato impiego.
Fa un’immane tristezza scorrere le
vicende di questi sfortunati
ragazzi. Nati in un momento di congiuntura storica, fra
crisi economica e morale, fra
i più negativi che si possano
annoverare. Il nostro non è
mero catastrofismo. La politica rimane sempre più sorda,
fredda e insensibile all'urlo di
dolore di milioni di laureati,
che rivendicano il loro diritto
a un lavoro. Alla possibilità
di poter costruire un accogliente nido domestico. O,
quantomeno, alla possibilità
di poter vivere un'esistenza
sopra il limite della decenza. Senza dover avere una
continua paura per il futuro,
cercare cibo nell'immondizia e
desiderare ardentemente che
un'altra alba non sorga l'indomani. Le condizioni di questa
crisi sistemica sono gravissime. Un malato che rischia
costantemente di morire, e per
giunta, di una morte violenta
e dolorosa. Esiste una soluzione a quest'assurdo gioco
al massacro? La risposta,
allo stato attuale, sembra
inesorabilmente negativa.
Siamo tutti bloccati all'interno
di un indecoroso e inspiegabile stallo. Oramai disoccupati
e precari vessano tutti quanti
nello stesso disagio inaudito.
Svegliarsi la mattina e scoprire
che la propria esistenza è fondamentalmente inutile. Questo
è il pensiero che arrovella continuamente il cervello di questi
poveri uomini. La precarietà
uccide. Uccide il corpo ma,
ancor di più, uccide l'anima.
Incancreniscono il cuore e le
membra. Ministri, deputati, presidenti del consiglio e uomini di
potere d'ogni sorta non hanno,
assolutamente, afferrato la
rabbia di cittadini che esigono
una risposta chiara e definitiva.
Siete avvertiti tutti. C'è un limite a tutto questo.
Simone Bellitto
Generazionezero Reloaded | 7
Rub
ric
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ova
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Investiteci:
cronache dalla
fuga dei cervelli
Un flusso di massa
“Alla fine, resto qui”. Lo dicono
in molti, studenti che si sono
riempiti per mesi la bocca di
parole esotiche e lontane, dei
fumi delle città industriali del
nord, del gelo e della nebbia
di lidi sconosciuti. Parliamo
degli studenti universitari e
dei laureati del Sud, protagonisti di un esodo verso il nord
o l’estero, in un quadro dei
flussi migratori alquanto preoccupante, che registra 2,5
milioni di meridionali trasferiti
nel Settentrione negli ultimi
vent’anni, il 23% dei quali è
laureata.
Dati che prendono corpo in
una mitologia insistente, che
si diffonde tra i cortili delle sedi
universitarie. L’immaginazione
di un’emigrazione serena, di
una partenza spesso rimandata è stata ed è, per gli studenti, la garanzia di una valvola
di sfogo, una sorta di speranza che fa capolino, che assicura a tutti una sorta di vittoria
finale, una rivalsa, un’opportunità agognata. Praticamente,
un surrogato moderno di paradiso terrestre, mitigato dalle
brutture tipiche dell’esistenza,
ma lontano dal labirinto as8|
Generazionezero Reloaded
surdo che è divenuto l’Italia
e, peggio, il Mezzogiorno.
Andare via significa accedere
alla salvezza, quasi biblica,
di chi può vivere la normalità.
Eppure, se è spesso sentita
come un’urgenza o come una
certezza, non tutti se la possono permettere, vuoi i legami
familiari, vuoi la mancanza di
una prima somma di denaro
per cominciare.
Perché emigrano?: Le ragioni del flusso
dei cervelli
La situazione italiana non è di per
sé idilliaca: basti
annoverare i moniti
e le segnalazioni
di alcuni autorevoli
organismi sul peso
della corruzione,
tanto per parlare
di un’anomalia più
vergognosa delle
altre. Ma, se la disoccupazione giovanile nazionale è al
41,9% a maggio, a
nord è al 26,6% e al
sud al 46,9%- anche
per effetto del lavoro
in nero-. Una ten-
denza atavica a cercare il posto fisso è stata solo in minima
parte mitigata dagli esperimenti emergenti nel campo delle
startup, come a Catania, non
a caso definita “capitale delle
startup”, forse con troppa enfasi. In tal caso si pensi al fatto
che i giovani catanesi e napoletani hanno contribuito più degli altri a fare impresa a Milano
e provincia negli ultimi tre anni:
10mila delle 27mila nuove imprese è di un under35, di que-
sti il 20% non è lombardo e in
prevalenza siciliano.
Gli emigranti qualificati o
studenti scelgono, quindi, di
spostarsi in una zona dove
il settore privato promette
non solo un maggiore margine d’impiego, ma anche di
investimento in proprio. Del
resto, lo studente meridionale
non è, nella maggior parte delle ipotesi, proiettato concretamente nel lavoro dal sistema
universitario: o almeno questo
certificano la mentalità comune, le testimonianze, i dati
finora espressi. Lo studente e,
in generale, il cervello si sposta verso il nord, perché intravede prospettive post-laurea e
valuta, quindi, il ruolo dell’università nella mediazione con il
sistema produttivo. A volte si
tratta di un vero e proprio caso
di mancanza di impiego
nel settore di studio scelto,
come è quello industriale, che
non offrirebbe spazio nel sud
agricolo; ma non va ignorata
la dimensione di scandalosa
gestione delle risorse pubbliche nel Mezzogiorno, la cui
colpa gli amministratori locali
addossano sempre a scarse
elargizioni statali. Anzi, bisogna considerare la profonda
mancanza di competenze di
chi ha amministrato territori
che sarebbero stati una frontiera della green economy e
del turismo responsabile.
Insomma, se lo scandalo ha
colpito spesso e ignominiosamente il nord, a sud è un
sistema senza limiti, che ci ha
dato Totò Cuffaro presidente
della Sicilia e Vito Ciancimino sindaco di Palermo.
Ora, questo modo di pensare
e di agire ha prodotto effetti
disastrosi anche nella gestione dell’università pubblica, re-
centemente portate alla luce
della ribalta dal programma
televisivo “Le Iene”. Rispetto
a un sistema che ha prodotto
delle vere e proprie dinastie,
la parentopoli universitaria
meridionale tocca il fondo
della fogna. Si pensi solo a
pochi atenei. Si può fare un
rapido elenco per Catania: il
livello di omonimia all’interno dell’ateneo, dieci volte lo
standard medio della popolazione italiana; la questione dei morti di farmacia; la
richiesta di sesso in cambio
di voti del prof. Elio Rossitto
a Scienze Politiche, raccontata da “Le Iene”, non ancora
comprovata da una sentenza
definitiva; il tentativo di epurazione dall’università di Matteo Iannitti, leader del Msc; il
mail-gate dell’Udc. Palermo,
investita da una inchiesta per
compravendita di esami nel
2012, è stata al centro delle
inchieste giornalistiche, la più
nota delle quali, quella de “Le
Iene”, ha mostrato la distanza
colossale tra la nostra cloaca
e Oxford. A Bari le inchieste
giudiziarie per parentopoli si
attestavano sulla ventina fino
a pochi anni fa: riguardano anche il sesso tra studentesse e
docenti. Nell’ambiente che si
è creato a Bari, opporsi all’assunzione di un parente di un
docente diviene una grande e
coraggiosa eccezione, come
quella del “ribelle” prof. La Padula; da qui è partito lo studio
del prof. Roberto Perotti, che
ha stabilito matematicamente
i parametri del sistema parentale e ha scritto “L’Università
truccata”. Un sistema talmente
Generazionezero Reloaded | 9
assorbito in questa difesa del
legame di sangue, da rendersi
debole e inefficiente, pronto al
collasso su se stesso: già decimata dai tagli ai fondi, l’università conservatrice e tendenzialmente retrograda del sud potrà
mai sopravvivere?
Macelleria sociale
Se la situazione diventa tanto
poco invitante per uno studente, come può esserlo per chi
dovrebbe investire nell’istruzione pubblica? Chi dovrebbe
garantire la costruzione di professionalità efficienti ed aggiornate, se lo stesso Stato taglia
i fondi per le borse di studio,
diminuiti dell’89,5% nel 2010?
Dai 246 milioni del 2009, passando per i 90 del governo
Monti, arriverebbero a 15 milioni nel 2015, 12 milioni secondo
la Link. L’anno scorso 57mila
idonei sono rimasti senza un
soldo.
Al che viene da pensare che
questo sistema sostenga ancora una volta chi può per
diritto di sangue, chi nasce abbastanza abbiente per potersi
permettere un’istruzione, cosa
che non è solo contraria alla
Costituzione, ma alla Rivoluzione Francese. E’ un passo
indietro di portata feudale.
La linfa di rinnovamento e la
mobilità sociale su cui si fonda il sistema di libero mercato
subiscono un contraccolpo micidiale, togliendo alla democrazia i tanto risolutivi e decantati
valori dell’opportunità e del
merito. Si vanno accentuando
10 |
Generazionezero Reloaded
disuguaglianze e ingiustizie già
naturalmente prodotte da questo sistema.
A questo punto, se non ci si
voglia affidare a dei trucchi per
emanciparsi formalmente dal
nucleo familiare ed abbassare
il reddito di riferimento per la
borsa, le probabilità dello studente medio diminuiscono drasticamente. O si appartiene ad
una fascia fortemente debole e
si compete tenacemente per i
migliori risultati, pur rischiando
comunque, o ci si deve adeguare ad altre soluzioni. Di
questi tempi, ne girano parecchie per i corridoi degli atenei:
un ragazzo ha in progetto di
arruolarsi e di farsi dislocare al
nord per poter studiare da fuorisede, un altro deve lavorare
part-time, qualcuno risparmia
sul posto letto facendosi ospitare di nascosto.
Gli unici posti di merito non ancorati al reddito sono quelli
delle cosiddette Scuole di
Eccellenza, il cui nome non
rimanda allo stantio e bistrattato senso di solidarietà sociale.
La Normale di Pisa, lo IUSS
di Pavia, la Sant’Anna di Pisa
sono le tre Scuole Superiori
autonome. Per il resto,
internet offre una facile panoramica: la
Normale offre
68 posti in
totale
all’anno, ma le altre non sono
altrettanto generose.
Apparirà chiaro che questo sistema di per sé non basti a garantire il regime di meritocrazia
preteso dal libero mercato. Anche volendo sommare a questi
istituti di eccellenza e di eccezione la rete dei 14 Collegi
Universitari di Merito, le opportunità di borse di studio rimangono pochissime, come per i
90 posti annuali dell’Einaudi di
Torino o quelli di Pavia, anche
perché in questo caso parliamo più di un ammortizzamento
dei costi di studio, vitto e alloggio, più che di una copertura
totale. E qui il discorso si fa più
complicato, tanto complicato
da non trovare spazio qui.
Giulio Pitroso
Rub
ric
am
igr
ant
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L'Odissea del migrante:
tra banche dati e
disoccupazione
L'estate è alle porte: il sole ritorna a picchiare duro lungo tutta la
Penisola, le zanzare ricominciano
a tormentare le torride notti, il
mare si placa e diventa una tavola, i turisti affollano le spiagge e
Lampedusa, come di consueto,
scoppia. La stagione calda è appena iniziata, ma al centro d'accoglienza dell'isola agrigentina è
già stata superata di tre volte la
capienza massima di 300 unità.
Neanche stavolta il Mediterraneo,
il più grande cimitero del mondo,
si è risparmiato e come spesso
accade s'è portato nel ventre anche diversi cadaveri. Triste è la
condizione di coloro che affidano
ad un barcone le proprie speranze e le proprie
vite, ancora più triste sarà la situazione una volta passati quei maledetti giorni di viaggio: dopo
essersi lasciato alle spalle le insidie del mare,
il migrante dovrà superare quelle della terra,
che in Italia prendono il nome di CIE. I CIE
(l'acronimo definisce i Centri di Identificazione ed Espulsione, ndr) sono i nuovi lager sorti
dopo l'entrata in vigore, nel 1998, della legge
Turco-Napolitano, all'interno dei quali vengono
detenute centinaia di migranti senza distinzione
giuridica alcuna e contro cui lotta duramente da
anni la moltitudine di associazioni del settore. I
CIE non rappresentano però gli unici mezzi per
il controllo di coloro che oltrepassano i confini
italiani ed europei. Nel mese di giugno l'UE ha
infatti approvato l'estensione del sistema Eurodac alle forze di polizia nazionali e continentali.
L'Eurodac è il sistema di controllo e registrazione degli immigrati che oltrepassano le frontiere
europee e si basa su dei numeri identificativi e
sulla registrazione delle impronte digitali, al fine
di monitorare gli iter giuridici percorsi dai migranti e di poter così evitare la presentazione di
richieste d'asilo politico in più Paesi. L'Eurodac,
le cui funzioni sembrerebbero plausibili all'interno del contesto dell'immigrazione, non è però il
solo mezzo di controllo funzionale alle forze europee. Il sistema di contenimento delle frontiere,
di monitoraggio ed espulsione è molto più complesso di una sola banca dati e l'Agenzia Frontex ne rappresenta sicuramente una delle sfacGenerazionezero Reloaded | 11
cettature più oscure ed inquietanti. Del Frontex
abbiamo parlato diverse volte in questa sede: in
parole povere si tratta di quella forza militare responsabile del controllo delle frontiere dell'Unione. All'apparenza sembrerebbe un organismo
come tanti altri, ma le forti misure repressive
adottate dal Frontex nei confronti dei migranti,
specie al confine ellenico, hanno suscitato non
pochi dubbi e portato, addirittura, alla nascita di
un'iniziativa, atta a favorire dei metodi di trasparenza circa le azioni, spesso accompagnate da
oscuri risvolti, compiute dall'agenzia.
Un dato da non sottovalutare è l'enorme cifra
che l'Europa spende ciclicamente per l'agenzia,
cifra paradossalmente ripagata anche dal sudato lavoro degli immigrati. A questo proposito
vengono in aiuto i dati OCSE 2013, che testimoniano in primo luogo come gli immigrati non
rappresentino quel macigno fiscale gravante
sul sistema economico europeo, come si è soliti
pensare, e in secondo luogo che la disoccupazione ha colpito di più i lavoratori immigrati
rispetto agli autoctoni.
Dice bene il Commissario europeo Andor quando afferma che: “l'UE ha bisogno di soluzioni,
non di stereotipi e l'impatto fiscale dei lavoratori migranti è una delle novità di rilievo
di questo rapporto OCSE sulle migrazioni”. Certo è che, a questo punto, il diffuso
luogo comune dell'immigrato visto come “colui che ruba il lavoro al cittadino onesto” è destinato a scomparire.
Giuseppe Cugnata
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Generazionezero Reloaded
la disoccupazione
ha colpito di
più i lavoratori
immigrati
Svizzera: può uno stato
assecondare il desiderio
di suicidarsi?
La Corte di Strasburgo
chiede alla Svizzera
delle regole precise
sull’Eutanasia
SVIZZERA - Una donna ultraottantenne in piena salute
e non affetta da alcuna patologia, se non dai normali
sintomi della vecchiaia, chiede
insistentemente di porre fine
alla propria esistenza. Dinanzi
a una tale scelta, sorge spontaneo interrogarsi su quale
ragione possa spingere una
persona a prendere una così
estrema decisione e se qualunque ragione vada bene. Ad
ogni modo, secondo la Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo,
è compito dello Stato - che
ammette l’eutanasia - prevedere anche i presupposti e le
ragioni necessari per riconoscere il diritto al suicidio medico-assistito; ma quando non lo
fa in maniera chiara, come nel
caso dell’anziana signora, è lo
Stato a dover rispondere nei
confronti del proprio cittadino.
E' questo il caso della signora
Alda Gross, l'anziana signora
sopracitata. Il suo desiderio
muove dal fatto che la signora,
poco più che ottantenne, sta
invecchiando e non riesce più
ad accettare il suo calo fisico,
e in certa misura, mentale,
congruente alla sua età: sostanzialmente sono diminuite
la memoria, le capacità di concentrazione e attenzione, la
capacità di continuare a fare le
sue lunghe passeggiate, ecc.
e non sopporta di continuare a
condurre una vita monotona,
così come ormai sta facendo.
Dopo un primo tentativo di suicidio, fallito, e per evitare che
un successivo fallimento possa
causarle delle conseguenze fisiche più gravi, decide di porre
fine alla propria vita tramite le
vie legali, con una dose letale
di pentobarbital di sodio, sostanza che le permetterebbe
di avere una morte certa ed indolore. Nel tentativo di concretizzare il suo desiderio, contatta l'associazione EXIT, che in
Svizzera si occupa di promuovere il diritto all'eutanasia.
In seguito, la ricorrente viene
sottoposta a varie visite, anche
psichiatriche, che certificano
che l’anziana signora è in grado di formare un proprio giudizio - requisito richiesto dal governo svizzero per esercitare
il diritto all’eutanasia – e che,
quindi, la sua scelta di morire
è stata a lungo pensata, ben
ponderata e non è, piuttosto,
frutto di una malattia psichiatrica.
Tuttavia, nonostante l’esito
positivo di questi esami, ad
ogni richiesta, ciascun medico si rifiutava di prescriverle il
farmaco letale: il timore era
quello di incorrere in lunghi
procedimenti giudiziari, col
rischio che al loro termine venisse accertata una qualche
responsabilità del medico.
Dinanzi a questo ripetuti dinieghi, la sig.ra Gross presentò
un ricorso, prima, al Consiglio
della Sanità per il rilascio di
15 grammi di pentobarbital di
sodio, e, poi, al Tribunale amministrativo. Ma entrambe le
richieste vennero respinte. Le
motivazioni addotte dalle Autorità competenti fanno riferiGenerazionezero Reloaded | 13
HISTORY | Sights and Landscapes
mento al fatto che, stando alla
propria giurisprudenza, l'ordinamento svizzero riconosce il
diritto di porre fine alla propria
vita (dal 1942) a quei cittadini
affetti da malattie terminali e
solo in questi casi, i medici che
praticano l'eutanasia non sono
soggetti a responsabilità penale. Al contrario, fuori da queste
ipotesi, chi assiste qualcuno al
suicidio per "motivi egoistici"
è sottoposto alla responsabilità
penale, così come disposto
dall'art. 115 c.p. svizzero. Lo
scopo del legislatore elvetico
è quello di salvaguardare i
cittadini dal prendere decisioni affrettate ed evitare inoltre
possibili abusi della pratica del
suicidio assistito.
I requisiti per accedere a questa pratica, però, non sono
stabiliti dalla legge ma dalle
linee guida formulate dall'Accademia di Scienze mediche
(SAMS). I presupposti sono la
presenza di malattie terminali,
l'impossibilità di fornire un'assistenza alternativa o la cosciente e ponderata volontà del
gesto espressa dal paziente,
senza condizionamenti esterni.
Ma la cittadina svizzera, non
rientrando in nessuno di questi
requisiti e, dunque, non riuscendo a concretizzare la sua
decisione, si rivolge alla Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo, lamentando la violazione
dell'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Diritto al rispetto della
vita privata e familiare); in
quanto le autorità svizzere,
negandole la dose di pentobarbital di sodio, avevano violato il
suo diritto di decidere con quali
mezzi e in quale momento la
sua vita sarebbe dovuta finire.
14 |
Generazionezero Reloaded
Infatti, secondo l' Articolo 8 Cedu "Ogni individuo ha diritto al rispetto
della propria vita privata
e familiare. Non ci può
esservi ingerenza di una
autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a
meno che tale ingerenza
sia prevista dalla legge e
necessaria in una società
democratica (...) per la
protezione della salute o
della morale, o alla protezione dei diritti e delle
libertà altrui."
La Corte non entra nel
merito della decisione del
Governo svizzero di praticare l'eutanasia (delicato argomento che rimane
nel c.d. margine di apprezzamento di ogni Stato),
ma rileva l'incertezza causata
proprio dalla mancanza di una
previsione di legge chiara e
precisa sull'argomento. Infatti
le linee guida emanate dalla
SAMS (Organizzazione non
governativa) non hanno valore
di legge. Pertanto la violazione
dell' Articolo 8 sussiste nella
misura in cui non è prevista
una disposizione legislativa
che determini nello specifico
quali presupposti debbano
esistere per la prescrizione del
farmaco letale.
Tale mancanza
provocato
67% ofha
youth
nella ricorrente un notevole
grado di angoscia
e di incerworldwide
tezza per la propria autodeterminazione,
cheAND
non EAT
ci sarebbe
love
stata se il legislatore fosse stato puntuale
nel disciplinare
un
tomatoes
and
argomento delicatissimo come
apples
SCHOOL
il suicidio
assistito.
La nozione di vita privata, tuSHOWS
telata dal STUDY
suddetto
articolo, è
un concetto ampio che indica il
diritto al rispetto dell'autonomia
personale nel quale è insito
il diritto di decidere coscientemente anche sulla fine della
propria vita, se la legge del
proprio Stato lo consenta. Da
ciò deriva la condanna della
Svizzera per violazione dell’articolo 8 CEDU.
Arianna Coronese
Querela sì
querela no
Ru
br
ic
a
sa
ti
r
a
I l se g u e n t e pe z z o di s at i r a NON è ispi r ato a pe r s on e e fat t i r e a li .
Fat t i , n om i e ci ta z ion i s on o f ru t to dell a m e n t e distorta dell’au tor e .
C h i u n q u e a ffe r m i il c on t r a r io è u n a ffa m ator e del p op ol o
a ppa rt e n e n t e a ll a C a sta o, a scelta , u n ele t tor e delu s o del P D.
Il caso
Ebbene, è ufficiale, Tony
Soprano, noto boss mafioso
ci ha querelato. L’articolo
incriminato risale al maggio
dell’anno scorso, quando
uno dei nostri redattori (che
per motivi di riservatezza e
tutela legale chiameremo
Frank Gambadilegno), ha
riportato delle frasi considerate ingiuriose e lesive
della reputazione di Soprano. A quanto pare, il
signor Soprano si è offeso
per essere stato definito
“italo-americano”, in quanto
il termine “italiano” costituisce evidentemente grave
lesione della reputazione
personale, soprattutto per
un uomo popolare e di successo che ha fatto tutto il
possibile per scrollarsi la
brutta reputazione e i dubbi
di italianità.
Il contenuto della lettera
Tuttavia, dopo attente riletture
della missiva e una riunione
in notturna, rimangono ancora
coni d’ombra sulle motivazioni
del signor Soprano; fedeli alla
deontologia professionale,
a cui Soprano stesso ci ha
richiamato (grazie ancora!),
riportiamo dunque i brani più
importanti della lettera che il
Soprano ci ha inviato, corre-
Già nel 2001
l’avvocato di
Osama Bin Laden
ci contattò in
una telefonata
kamikaze,
durante la
quale si fece
esplodere
in segno di
protesta.
Generazionezero Reloaded | 15
come Aron Hector Schmitz.
dandola con bossoli già esplosi, di cui, sentitamente, lo
ringraziamo:
C’avete a ddi a Frank l’Infame
che non mi chiamasse
italiano, a me e ai miei
compari, capisc? Che poi non
è che so’ italiano, mannaggia
a sorreta. Nonna Mariella era
siciliana e ‘ndo s’è ditto che a
Sicilia è continente?
– Antony Soprano
In questo momento stiamo attendendo le verifiche dei nostri
avvocati, poiché a posteriori
siamo preoccupati circa possibili denunce da Italo Svevo
e Italo Calvino, di cui più volte
abbiamo riportato il nome
incriminato nelle rubriche
culturali. C'è poi il caso di Italo
Balbo, che precisiamo nulla
ha a che fare con la cultura.
Sua Eccellenza Balbo ci ha
già avvertito che non sporgerà
in ogni caso querela, inviandoci una bottiglia di olio di
ricino da bere in compagnia.
Anche i nostri avvocati ci
rassicurano che, semmai, ad
essere querelati dovrebbero
essere i genitori che hanno
avuto il pessimo gusto di affibbiare certi epiteti ai figli, o nel
caso di Italo Svevo, il destinatario della querela dovrebbe
essere sé stesso, poiché ha
avuto il buon gusto di nascere
I precedenti
Non è la prima volta che
sulla redazione grava il pericolo di una querela. In passato già l’avvocato di Osama
Bin Laden ci contattò in una
telefonata kamikaze, durante
la quale si fece esplodere in
segno di protesta. O il caso di
Riina, che pretese una smentita, dichiarando che mai e poi
mai avrebbe potuto baciare
un uomo dalla dubbia moralità come Andreotti, o ancora
quello di Goebbels che, in un
articolo sulla Germania nazista, lamentava toni accusatori e
l’utilizzo spregiativo del termine “nazista”, quasi come ci
fosse stato qualcosa di male
nell’appartenere all’ideologia
nazionalsocialista. A tutti abbiamo dato ragione, perché
il buon senso, prima ancora
della professionalità, ci obbliga a riconoscere i nostri
sbagli.
La sorte
di Frank “Infame” Gambadilegno.
Ci preme però ricordare che
Frank Gambadilegno, oltre ad
essere un noto brigatista, è un
collaboratore, peraltro occasionale, della nostra piccola
webzine e che saremmo felici
di consegnare a Soprano il
suo cadavere, come richiesto,
o personalmente o facendolo
ritrovare in un luogo indicato e
già incaprettato. Ci sentiamo
invece fin da ora di escludere
la possibilità di poterlo immergere in una colata di cemento, dato che la crisi in cui
versa il settore delle costruzioni renderebbe difficile reperire
i materiali e, di questo, con il
Signor Soprano e con i lettori,
ci scusiamo. La redazione confida che tutto si possa risolvere
nella maniera più pacifica e
senza ricorrere alle vie legali, atto che sarebbe, sì, visto
come un’intimidazione bella e
buona.
La conclusione
Ricordiamo infine al lettore
che la stampa più è libera e
più può commettere errori. Nel
caso in cui qualcuno si sentisse chiamato in causa da uno
dei nostri articoli e non avesse
a disposizione la potenza di
fuoco di un clan mafioso medio
piccolo, servizi segreti deviati o
anche solo qualche quintale di
tritolo, per avere una smentita
è sufficiente scrivere una mail
(meglio se anonima e in un
italiano incerto) dai toni forti e
con minacce velate a familiari
di questo o quel giornalista
coinvolto. In questo modo,
la libertà di parola e il diritto
all’informazione saranno finalmente tutelate.
Gianni Scifo
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Generazionezero Reloaded
Generazione Zero Reloaded:
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TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI RAGUSA N. 05/11
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