“Uomo della Parola” “Uomo della Parola”
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“Uomo della Parola” “Uomo della Parola”
ANNO LXXVI - N. 2 GIUGNO 2008 “Uomo della Parola” Domenica 29 giugno monsignor arcivescovo consacrerà sacerdote don Oscar Pinaffo, il diacono che ormai da tre anni presta il suo servizio con entusiasmo e generosità a fianco dell’arciprete nelle attività parrocchiali, soprattutto in quelle rivolte ai bambini e ai giovani. La preziosa occasione – divenuta oramai una rarità nella vita della Chiesa udinese – ci induce a partecipare con affetto alla gioia che don Oscar prova in questo momento eccezionale della sua vita e a sostenerlo con la preghiera affinché il Signore lo aiuti – come egli stesso chiede – ad essere un prete innamorato di Lui, della Sua Chiesa e del Suo popolo. Di seguito pubblichiamo l’augurio cordiale che monsignor arciprete ha voluto rivolgere a don Oscar dalle colonne di Voce Amica. Carissimo don Oscar, La storia di ogni uomo inizia come è iniziata la storia del mondo: in principio non esisteva nulla ma c’era una “parola”, un “VERBO”: FIAT! SIA FATTO! ed è incominciata la storia dell’Universo. E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Così è anche l’inizio di ciascuno di noi: c’è all’inizio una parola d’amore e l’uomo incomincia ad esistere. È sempre la stessa Parola, lo stesso Verbo, quello che ha caratterizzato e scandito la storia dell’avventura dell’uomo nel progetto di Dio. Il FIAT della creazione, il FIAT di Abramo sul monte Mória, il FIAT di Mosè al fuoco del Sinai, il FIAT di Samuele alla tenda di Eli, il FIAT di Isaia davanti ai serafini nel Tempio di Ge- Don Oscar Pinaffo qui insieme con l’arciprete e don Federico durante la recente celebrazione della messa dell’Ascensione a Sant’Agnese. (foto D. Contessi) rusalemme, il FIAT di Maria a Nazareth, il FIAT di ogni battezzato e il FIAT che hai detto il giorno della tua ordinazione presbiterale quando il responsabile della tua formazione sacerdotale ti ha presentato al vescovo: FIAT: ECCOMI. Una parola leggera come un soffio. Una parola enorme come la creazione. Ogni uomo è tale se è uomo di parola, il prete è in maniera particolare l’uomo di Parola e uomo della PAROLA. Il prete è chiamato oggi più che mai a raccontare con le parole la Parola che dà senso e valore alla vita, a trasformare in comportamenti e stili di vita le parole e i verbi che pronunciamo nelle nostre liturgie: assisti, custodisci, illu- mina, ispira, guida, consola, sorreggi, proteggi, perdona o Signore! La gente di oggi chiede al prete quello che non trova negli scaffali del mercato televisivo o nei nuovi santuari delle domeniche: i supermercati. Chiede all’uomo di Dio non tanto formule di preghiere, quanto: “mi dica una buona parola... mi dica che Dio ha ancora un sorriso per l’umanità... mi dica che la voglia di luce e di pace è nostalgia di Dio... mi dica che in Dio c’è la Parola buona, l’unica Parola che conta... Mi dica!”. Don Oscar, racconta ai bambini, ai giovani, alle famiglie, agli anziani di Gemona quella Parola che ti ha portato a fidarti di Dio. Avvicinati in punta di piedi e racconta parole di fedeltà e tenerezza a chi ha la morte nel cuore. Ricerca con umiltà e pazienza la pecorella che ubriacata da false parole si è allontanata dal gregge e fatti carico del suo fallimento non con parole di rimprovero ma con la dolcezza della misericordia. Fermati sulla strada della tua vita che da Gerico (città degli uomini) sale a Gerusalemme (città di Dio) per soccorrere con parole di solidarietà e condivisione, per guarire chi è stato violentato dai briganti di questa nostra cultura e società che ci deruba dei valori più belli e importanti del vivere. Dopo tutto... non esistono le città degli uomini e la città di Dio. C’è una sola città, quella dove Dio ti chiama a proclamare oggi la Sua Parola, dove ti chiama a proclamare il Suo Amore: la città di Gemona. l’arciprete monsignor Gastone Candusso 1 LE RIFLESSIONI DI DON OSCAR IN PROSSIMITÀ DELLA SUA ORDINAZIONE SACERDOTALE Che cosa posso rendere al Signore per quanto mi ha dato? La frase del titolo, presa dal salmo 115, potrebbe bastare per descrivere con quali sentimenti mi sto preparando a divenire prete… È vero, Signore, con cosa posso ricambiare a tutto ciò di cui hai cosparso la mia vita? Sento vero più che mai quello che scriveva il profeta: “Fin dal seno di mia madre mi chiamasti” e ripercorro la storia della mia vita. Quasi una love-story si direbbe adesso… anzi, togliamo quel quasi. È stata, e lo è, una vera storia d’amore. Con amore mi accompagnavi quando, da piccolo ero attratto dal mio ieratico parroco e nel cuore mi ripetevo: “Voglio diventare come lui”; con amore mi seguivi quando, adolescente ti sentivo un peso, un Dio muto che serviva agli adulti solamente per castrarti la vita; con amore mi seguivi quando la mia pratica religiosa di ragazzo non sempre si accompagnava ad una retta condotta di vita, quando più che la tua Parola mi affascinavano le tante opportunità che il mondo mi offriva; e con amore mi aspettavi nel momento della crisi, in cui toccavo terra e lì mi hai ripreso, mi hai sedotto… e ho detto: Eccomi, manda me!. Queste, carissimi amici di Gemona, sono le parole che stanno animando la mia preghiera di questi giorni, le espressioni con cui rivolgo al Signore i miei sentimenti di emozione, di gioia e di trepidazione che colorano questi giorni che mi separano dall’ordinazione. Ordinazione. Preparando i libretti per la celebrazione, in questi giorni meditavo sui testi liturgici e sugli impegni che mi assumerò davanti a Dio per il suo popolo che si possono riassumere nell’invito che il Vescovo mi farà consegnandomi il calice e la patena: “Conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”. E allora ecco che la gioia si unisce alla tensione, alle tante domande che animano il mio cuore e che mi interrogano sul significato di quella croce. Sul mistero di quell’amore totale e senza riserve che la mia povera persona a volte è incapace di dare… E allora chiedo al Signore: Aiutami ad essere prete… Aiutami ad essere un prete innamorato di te, della tua Parola, che cerca solo in te il tuo sostegno… Aiutami ad essere un prete innamorato della Chiesa, della sua voce che è voce di salvezza per tutti… Aiutami ad essere un prete innamorato 2 Don Oscar con l’arcivescovo monsignor Brollo e con monsignor arciprete (foto D. Contessi). del tuo popolo, delle sue gioie e dei suoi dolori, dei suoi successi e delle sue debolezze, del suo parlare e dei suoi silenzi… Aiutami ad essere un prete innamorato della sua vocazione, della sua solitudine e della sua grande paternità spirituale, del suo essere di tutti e di nessuno, del suo poter contare solo su te. Aiutami ad essere un prete innamorato della gioia, innamorato del sorriso, perché la fede cristiana altro non è che felicità, anche nella croce… VOCAZIONE È la Parola che dovresti amare di più, perché è il segno di quanto sei importante agli occhi di Dio. È l’indice di gradimento presso di Lui della tua fragile vita. Sì, perché se ti chiama vuol dire che ti ama. Gli stai a cuore, non c’è dubbio. In una turba sterminata di gente, risuona un nome: il tuo! Stupore generale. A te non ci aveva pensato nessuno. Lui si! Davanti ai microfoni della storia ti affida un compito su misura … per Lui! Sì, per Lui, non per te. Più che una missione sembra una scommessa. Una scommessa sulla tua povertà. Ha scritto “Ti amo” sulla roccia, non sulla sabbia come nelle vecchie canzoni. E accanto ha messo il tuo nome. L’ha scritto di notte. Nella tua notte! Alleluja! Puoi dire a tutti: Non si è vergognato di me. Aiutami ad essere un prete innamorato dell’incontro, che non si stanca mai di entrare in comunione con gli altri per gridare dai tetti la bellezza di essere cristiani. Sì, la bellezza di essere cristiani! Un giorno a S. Josemaria Escrivà chiesero: “Perché ti sei fatto prete?”. E lui rispose: “Perché Gesù Cristo è la persona più bella che io abbia mai incontrato”. Mi piacerebbe che il mio essere prete fosse il riflesso di questa frase. Mi piacerebbe far capire alla gente quanto è bella la libertà e la forza che ti dà il credere in Cristo. Mi piacerebbe lasciare in parte di più me stesso per far trasparire nel mio parlare, nel mio ascoltare, nel mio vivere il fascino di Cristo… Programma impegnativo direte voi… Sì, impegnativo. Ed è qui che entrate in gioco anche voi ed è qui che chiedo il vostro aiuto. Vi chiedo, veramente di cuore, di insegnarmi ad essere prete e ad accompagnarmi con la vostra preghiera… che è l’arma che può vincere anche dove tutto sembra perso. E chiudendo non posso che ringraziarvi per il vostro affetto con cui, in questi tre anni, mi avete aiutato a continuare a dire al Signore: Eccomi, sono felice di seguirti!. Ai giovani che così tanto mi fanno sentire il loro affetto, va la mia riconoscenza e il mio augurio: Innamoratevi di Cristo e vedrete che non ve ne pentirete! Vi aspetto tutti domenica 29 giugno alle 16 in Cattedrale a Udine e il 13 luglio alle 18.30 in Duomo a Gemona per la mia prima messa tra voi. don Oscar L’ORDINAZIONE DI DON OSCAR OFFRE LO SPUNTO PER UN APPROFONDIMENTO SUL TEMA DEL SACERDOZIO Il prete! Chi è costui? Molti di noi, andando a pesca nei ricordi scolastici, rammentano senz’altro la figura di don Abbondio che, con la sua cultura superficiale e raffazzonata, si chiedeva comicamente leggendo un libro: Carneade! Chi era costui?. Sicché questo Carneade (II-I sec. a. C.), noto filosofo greco, direttore dell’Accademia di Atene, è divenuto sinonimo di persona sconosciuta. Potrebbe fare la stessa fine il prete? Nelle nostre comunità cristiane si sente il bisogno di preti; tutti sono concordi nel dire che ce ne sono pochi; qualcuno addirittura azzarda la possibilità (un po’ fantascientifica, a dire il vero) di farne arrivare dai paesi dove ancora abbondano, per esempio dall’Africa, per tappare i buchi sempre più vistosi che si aprono qui da noi. Però, nonostante tanta fame e sete, dalle nostre comunità non escono più preti, se non qualche rara eccezione, e c’è pochissima chiarezza su chi sia e cosa sia chiamato a fare il prete. Forse è opportuno, in occasione anche dell’ordinazione di don Oscar, soffermarsi su questo tema, almeno con qualche breve spunto di riflessione. Chi è il prete? Innanzitutto una prima precisazione che a molti sembrerà scontata ma non lo è: parroco e prete non sono sinonimi. Non di rado si sente dire: Quello è stato ordinato parroco. No, uno viene ordinato prete, non parroco. Quello del parroco è un compito svolto dal prete, ma un prete non necessariamente è anche parroco. Don Giuseppe Marchetti e monsignor Giuseppe Vale, per fare due esempi cari ai gemonesi, erano preti ma non sono mai stati parroci. Ciò era possibile in tempi di grande abbondanza di clero: molti preti erano destinati non all’attività parrocchiale ma allo studio e all’insegnamento, mentre oggi, con così tante parrocchie senza parroco, tutti i preti validi sul mercato sono inseriti a pieno titolo nella pastorale. Ciò da una parte è una bella cosa, perché permette ai preti diocesani di andare all’essenziale della loro vocazione – la cura d’anime, appunto –; dall’altra parte però è un impoverimento, infatti oggi il nostro clero friulano difficilmente riuscirebbe ad esprimere studiosi e intellettuali del calibro di Marchetti, Vale e molti altri, che hanno coltivato il loro straordinario talento non per la gloria personale, ma per la crescita della chiesa friulana e la maturazione della cultura e dell’identità del nostro popolo. E l’hanno fatto con autentico cuore di pastori. Detto questo, ci si può chiedere: Allora, chi è il prete? La risposta più bella la troviamo nella lettera di Paolo agli Ebrei, uno degli scritti più complessi e affascinanti del Nuovo Testamento, per buona parte incentrato sulla tematica del sacerdozio. Il testo biblico è chiarissimo: esiste un unico sommo sacerdote, Gesù Cristo. È lui l’unico mediatore tra Dio e gli uomini. Parlando poi, in rapporto a Cristo, di quelli che impropriamente vengono chiamati sacerdoti (cioè coloro che esercitano il ministero nel Tempio di Gerusalemme), la lettera dice: Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: “Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato” (Eb 5,1-5). Il testo continua dicendo che il vero sommo sacerdote è Cristo e non i sacerdoti del Tempio, proprio perché lui, per il fatto che è Figlio di Dio, non ha bisogno di offrire sacrifici per i propri peccati, eppure ha raggiunto la pienezza del suo sacerdozio, cioè della sua mediazione tra Dio e l’uomo, imparando l’obbedienza e assumendo su di sé la debolezza e la morte. Perciò è in grado di compatire e di assumersi in pieno la debolezza dell’uomo e di permettergli di giungere alla comunione con Dio. A questo punto emerge la necessità di una seconda precisazione. Spesso, parlando dei preti e dei loro momenti di debolezza ed eventualmente di peccato scatta inevitabilmente il commento: “Beh, in fondo anche il prete è pur sempre un uomo”. Quasi a dire che l’umanità è uno scomodo intralcio al quale purtroppo non si può proprio rinunciare. Invece è una condizione non solo irrinunciabile, ma provvidenziale che il sacerdote venga scelto tra gli uomini, e la sua possibilità di parlare di Dio all’uomo risiede proprio nella sua umanità e nel suo esservi immerso. Ma se nessun uomo può essere immerso in Dio quanto lo è nella propria debolezza, Gesù, che è “vero Dio e vero Uomo”, è perfettamente unito sia alla divinità di Dio che all’umanità dell’uomo. Per questo è l’unico vero sommo sacerdote. Il deprezzamento dell’umanità del prete, quasi fosse qualcosa da eliminare o censurare il più possibile, sembra essere la conseguenza di una formazione – e conseguentemente di un modo di recepire la sua figura da parte della gente – che tendeva ad annullare l’umanità, in favore di una sorta di angelicità grottesca, innaturale, ma soprattutto inesistente. Questa tendenza era certamente più presente in passato, nei tempi in cui i seminaristi e i preti erano i fiori più belli e delicati del giardino di Dio, ma neanche oggi è del tutto sparita. Per esempio, potremmo chiederci come mai ancor oggi i preti vengano formati in Seminario, cioè in un luogo protetto, tutto sommato separato dai normali circuiti esistenziali. Come mai per imparare la spiritualità del prete occorre condurre una vita diversa da quella dei giovani che si preparano ad altre professioni – i quali per amore o per forza, se lo ritengono importante, devono mettere a punto una loro spiritualità stando nel mondo –, in un contesto che muterà radicalmente quando arriverà il momento di essere ricatapultati nella realtà quotidiana? Un esempio: un parroco con cinque parrocchie potrà mai avere per la preghiera i tempi distesi e i ritmi ben scanditi di cui disponeva da seminarista? Più di qualcuno si sarà accorto che finora ho proceduto in queste riflessioni dando per scontata una cosa che non lo è per nulla. Ho cioè parlato indistintamente di sacerdote e di prete, usando i due termini come sinonimi, senza rendere conto di questo passaggio affatto automatico. Eccoci quindi ad una terza precisazione. Se, come ci dice la lettera agli Ebrei, l’unico vero e sommo sacerdote è Cristo, di sacerdoti non possono essercene altri. Il popolo dei credenti in Cristo è nel suo insieme popolo sacerdotale, perché mediante il Battesimo partecipa del sacerdozio di Cristo, ma per quanto riguarda coloro che ricevono il sacramento dell’Ordine, essi si chiamano presbiteri (= preti), cioè anziani della comunità. Il loro compito non è don Federico (segue a pagina 4) 3 Il prete! Chi è? La processione del Corpus Domini (continua dalla pagina precedente) propriamente quello della mediazione tra Dio e l’uomo – prerogativa esclusiva di Cristo – bensì quello di presiedere la comunità cristiana e di servirla offrendole la possibilità di accedere ai sacramenti, che – essi sì – operano efficacemente la mediazione di Cristo e che i preti in nome della Chiesa semplicemente amministrano. Questo è il servizio del prete, il suo ministero (da minus stare, cioè “stare sotto”). Questa terza precisazione riguarda allora sia l’essere sia il fare del prete e mostra quanto scandalosi siano quei casi in cui, ieri e anche oggi, non è il prete a servire la comunità ma viceversa la comunità che deve assecondare i capricci del prete e adeguarsi in toto alle sue idee. Evidentemente ci sono molti modi di presiedere, unire e far crescere la comunità cristiana: il più vicino alla nostra esperienza quotidiana è quello del parroco, ma esso non è l’unico. Ci sono stati (e ci sono), tra il clero italiano e friulano del XX secolo grandi figure di intellettuali e politici (Sturzo, De Luca, Dossetti, Marchetti, Biasutti, Placereani), di parroci di grande spessore (Monai, Dall’Ava, Alessio, p. Bevilacqua), di preti che fecero l’una e l’altra cosa in feconda continuità (Mazzolari, Milani, Bellina), di vescovi illuminati e di grande carica profetica (Dalla Costa, Lercaro, Battisti, Nogaro, Bello), di illustri studiosi e docenti di discipline ecclesiastiche o laiche (Fabro, Mancini, Fabris, Burgalassi), di raffinati musicisti (Perosi, Pigani, Perosa), di scrittori, giornalisti e poeti (Rebora, Turoldo, Fabbretti, Balducci). Per tutti questi l’essere preti non è stato un distintivo tra gli altri da appuntare al bavero della giacca, ma un modo di essere e di esistere che ha dato un colore e un sapore assolutamente originali al loro vivere e operare nei rispettivi campi d’azione. È un vero peccato che l’attuale scarsità di numeri e il sovraccarico di cose da fare incidano negativamente su questa ricca e multiforme varietà di modi di declinare il ministero del prete. E allora il prete chi è e cosa deve fare oggi? La nostra Diocesi sta scommettendo su una figura di prete che si occupa dell’essenziale del suo ministero – la celebrazione dei sacramenti, la presidenza della comunità, la formazione – e su una figura di laico in grado di prendersi con coraggio e fino in fondo le proprie responsabilità di battezzato, divenendo un soggetto sempre più atti4 La processione del Corpus Domini – alla quale ha partecipato un nutrito numero di fedeli – ha registrato quest’anno una novità e un recupero. Il fatto nuovo è che la processione è divenuta vespertina: è infatti uscita dal duomo al termine della messa serale, verso le 19,30, percorrendo poi le strade del centro storico fino al santuario di Sant’Antonio, dove s’è conclusa con la solenne benedizione. Il recupero riguarda la benedizione impartita anche dalla loggia del palazzo municipale, com’era sempre avvenuto per secoli. Era dal 1975 che non accadeva più. (Foto D. Contessi) vo nella comunità. Portare fino alle ultime conseguenze questa prospettiva sarebbe senz’altro molto bello, ma richiederebbe come presupposto un modo nuovo di intendere e di vivere la Chiesa, a cui né i preti né i laici desiderano ancora abituarsi. Infatti se la sentono veramente i laici di prendersi fino in fondo le proprie responsabilità? E i preti sono disposti ad accettarlo, non come un fatto dettato da uno stato di necessità ma come qualche cosa che ha a che fare con l’identità stessa del cristiano laico? E, in un panorama nuovo e a tratti inquietante di un futuro con pochissimi preti, come la mettiamo con la presidenza e l’animazione delle comunità cristiane che vedranno sempre meno il prete e saranno da lui conosciute sempre più approssimativamente e in fretta? Questi interrogativi devono essere messi urgentemente a tema e i giovani preti non devono eluderli, per non rischiare di affrontare con schemi ormai improponibili una realtà che cambia rapidamente e rischia di sfuggirci di mano. E soprattutto non dovranno – non dovremo! – temere di chiedere allo Spirito il dono della fantasia e della creatività che, anche se ci condurrà a vivere la vita dura e magari perseguitata dei pionieri, ci permetterà almeno di non arrenderci al pessimismo e di battere con decisione vie nuove ed inedite per l’annuncio del Vangelo di Cristo. Queste nuove vie emergeranno se saremo capaci di accettare le sfide che il contesto socio cultu- rale attuale pone al cristianesimo, ma se faremo anche in modo che il Vangelo ponga le sue sfide alla contemporaneità. Guai a noi, preti o laici, se ci dovesse capitare di perdere il treno. E per non perderlo forse è opportuno non distrarsi troppo in una pastorale sempre più affannosa ed esagitata, ma di coltivare la calma, lo studio e il discernimento: “Fino al mio arrivo, dèdicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento – dice Paolo al vescovo Timoteo – (…) Abbi premura di queste cose, dèdicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano” (1 Tm, 4, 13.15-16). don Federico La Comunione a casa Da oltre 25 anni ogni terza domenica del mese Gesù Eucarestia è portato ai nostri fratelli impossibilitati a partecipare alla messa in duomo o nelle borgate. Per gli ammalati e gli anziani è questo un momento importante: ricevere Gesù in casa è un sostegno nella loro sofferenza e un sentirsi in comunione con tutta la comunità cristiana. Probabilmente altri malati o anziani desiderano ricevere il Signore Gesù in casa una volta al mese: è sufficiente contattare l’arciprete o telefonare in canonica al numero 0432 980608. Con Zaccheo al GlemoMedie Anche quest’anno i ragazzi della medie (escluse le classi terze) hanno partecipato al percorso catechistico proposto dalla nostra diocesi: Magic Tree. Il personaggio che ci ha accompagnato tutto l’anno è Zaccheo, quell’omino piccolo e buffo odiato dal suo popolo e usato dai nemici che, grazie a Gesù, ha potuto cambiare la sua vita e diventare suo discepolo. Riassumiamo per chi non si ricorda. Zaccheo abita a Gerico e fa l’esattore delle tasse per conto dei Romani; quando viene a sapere che Gesù arriva nella sua città, mosso da grande curiosità decide di andarlo a vedere, ma come fare? È piccolo, nessuno lo farà passare e poi lui non vuole perdere la faccia e farsi notare dai suoi pochi amici. Sale così su un sicomoro e da lì può vedere Gesù. Egli lo cerca con lo sguardo e va fin sotto l’albero e lo invita a scendere e Zaccheo si affretta ad assecondarlo; Gesù pranza a casa sua sotto gli occhi increduli e scandalizzati di molti. Ciò che si son detti non è noto: certo è che alla fine Zaccheo decide di abbandonare le sue ricchezze e segue Gesù. Con i ragazzi abbiamo affrontato il Vangelo dividendolo in tre parti collegate al nostro albero magico: Tree, la chioma, rappresenta il coraggio di mettere da parte il proprio orgoglio e salire sull’albero per incontrare Gesù. Ognuno di noi è come Zaccheo, ci sentiamo piccoli davanti alla vita, sentiamo di non essere perfetti e ci accorgiamo che chi ha successo in tutti campi è vincente, ma se abbiamo il coraggio di guardare dentro di noi e acchiappare le occasioni in cui Gesù passa nella nostra vita allora avremo il coraggio di salire sull’albero Eyes, il tronco dell’albero: è il momento cruciale in cui Gesù incontra lo sguardo di Zaccheo. Per noi il nostro sguardo s’è dilugato lungo tutta la quaresima per farci poi riflettere sui personaggi che Gesù incontra durante la sua passione. Terza tappa Home, le radici, che sono il simbolo del cambiamento di Zaccheo – come del nostro cambiamento – dopo l’incontro con Gesù. Alla fine abbiamo realizzato un albero che ci rappresentasse e che contiene foto delle attività svolte e la loro spiegazione. Abbiamo portato questi alberi alla festa conclusiva a Udine che si è svolta domenica 18 maggio e assieme a 1000 ragazzi della nostra diocesi abbiamo concluso in allegria l’anno catechistico, vincendo un premio per essere riusciti a spiegare con “precisione e molto amore” tutto il percorso fatto. Questo il nostro lavoro di quest’anno... e così quando qualche adolescente vi dirà che al Glemo solo si gioca sappiate che si gioca alla grande! Jessica & animatori (prima e seconda media) In terza c’è ‘Un sogno in partenza’ Clap, clap, clap… questi gli applausi che sabato 3 maggio i ragazzi di terza media hanno ricevuto al Glemo per il loro musical! Cosa? Non c’eravate? Vi siete persi uno spettacolo stupendo, ma cercheremo di riassumervelo, per far apprezzare anche a chi non c’era e per ricordare invece a chi c’era, l’immensa bravura di questi ragazzi. Abbiamo creato questo spettacolo perché ci è sembrato un ottimo modo per salutarci dopo tre anni trascorsi insieme: si conclude infatti il triennio delle medie, e quindi anche il nostro compito con i ragazzi, almeno al Glemo. Noi animatori continueremo silenziosamente a seguirli e anche se i ragazzi continueranno il loro percorso verso la cresima, l’avventura insieme si chiuderà con il campeggio estivo ad Osais (dall’11 al 17 agosto). Creare un musical è stato un lavoro piuttosto lungo e faticoso: la voglia di fare all’inizio non era molta, nessuno voleva impegnarsi seriamente, temevamo fosse un’impresa impossibile! Invece, piano piano, con impegno e passione, un passo dopo l’altro, abbiamo creato insieme questo spettacolo. Il messaggio che abbiamo voluto trasmettere è che non tutti i ragazzi sono maleducati, viziati e abbandonati a loro stessi; questi ragazzi sono la testimonianza che a Gemona i giovani ci sono, vogliono farsi sentire e sono pronti a vivere in armonia, con impegno ed entusiasmo, inciampando, cadendo e rialzandosi, verso la via di Cristo. Il nostro musical si chiama “un sogno in partenza…”: è la storia di una ragazzina, Chiara, proprio di 14 anni che, oppressa dai problemi di scuola, amicizia, famiglia e amore decide di scappare di casa. In questo viaggio incontra due amici: una ragazza, Francesca, che vive tra discoteche, fumo e ragazzi, che all’inizio suscita l’ammirazione di Chiara per la sua apparente vita felice; e incontra un ometto strano, Cesare, che punzecchiandola la fa riflettere. Chiara si accorgerà solamente alla fine che il viaggio è stato un sogno, nel quale si è potuta rendere conto di ciò che stava facendo e ha capito che scappare, per quanto sembri la via più facile e divertente, non risolve le cose. Cesare rappresenta la figura di Cristo che, senza farsi riconoscere, interviene nella nostra vita, a volte anche attraverso il sogno come ci insegna la Bibbia, per mostrarci qual è la strada giusta. Il titolo, dunque, rimanda alla trama del musical, un sogno, ma allo stesso tempo indica ciò che esso rappresenta per la protagonista e, dunque, anche per i ragazzi: una partenza verso il mondo e il Glemo vuole proprio essere la stazione di partenza. Inutile dirvi con quanto orgoglio noi animatori abbiamo visto i nostri ragazzi sfidare la paura del palco, ridere degli errori, crescere e maturare in questi anni insieme. Chiaramente, il nostro operato non è che una piccola goccia, ma è proprio una goccia dietro l’altra che forma l’immensità dell’oceano. Grazie ragazzi, grazie genitori, grazie a tutti coloro che hanno collaborato in questo percorso! Noi ci auguriamo che i nostri ragazzi ora continuino il viaggio intrapreso verso Dio, noi non li lasceremo soli, aiutateci anche voi! Valentina (e gli animatori di terza) 5 Una domenica davvero speciale Domenica 18 maggio, nella ricorrenza della Santissima Trinità, 65 bambini hanno celebrato la Prima Comunione. La cerimonia si è svolta nel migliore dei modi tra sguardi trepidanti, sorrisi, e immancabili espressioni di commozione. Diverse sono state le parti significative della cerimonia; durante la santa messa della mattina: - la processione iniziale con in mano un lume, simbolo della luce del Battesimo; - l’atto penitenziale, dove in rappresentanza di tutta la comunità, un bambino, un genitore e una catechista hanno chiesto perdono a Dio per tutte le mancanze commesse; - l’offertorio, colmo di doni di ringraziamento e di testimonianze dell’offerta della nostra vita al Signore; - l’Eucaristia, momento di profonda esperienza di comunione con Gesù e vicinanza con la Chiesa. Mentre dell’incontro serale rimarranno impressi nei nostri cuori: - la lettura del bellissimo brano del Vangelo di Giovanni (15, 9-17) e le parole del parroco; - la lettura del telegramma del Papa; - le parole di alcuni genitori ed i saluti finali, con la gioia di tutti i bambini. Né le piccole imprecisioni, né il cattivo tempo hanno potuto rovinare quella che è stata una giornata a dir poco magnifica. Magnifica perché i bambini hanno compreso che la Prima Comunione non è un punto d’arrivo, una meta che segna la fine del loro cammino di Cristiani, bensì un punto di partenza. Magnifica perché in tutti noi si è ravvivata la consapevolezza del valore di vivere nella normalità l’incontro con Dio e con i fratelli. 6 Sembra quasi retorico ripeterlo, ma ciò che conta veramente è la partecipazione costante, attiva e significativa alla messa domenicale e non la buona riuscita di una festa. La nostra parrocchia senza dubbio dà rilevanza a questo aspetto, a partire da don Gastone, don Federico e don Oscar che non fanno mai mancare nella messa degli elementi (parole o segni) adatti ai bambini e ai ragazzi. Grazie, dunque, a loro e a quelli che hanno permesso che questa domenica fosse davvero giorno del Signore. Grazie soprattutto a Carla Serafini, Giancarlo Polato e Fulvio Cecutti che qui prendiamo ad esempio di tutti coloro che hanno collaborato e che hanno dimostrato l’importanza non solo della partecipazione all’Eucaristia, ma anche del dono alla comunità del proprio tempo, tempo in cui fare esperienza vera di servizio. I bambini della prima Comunione hanno avvertito che la parrocchia li considera e li invita a vivere la fede. Cerchiamo di assecondarli e di farli continuare su questa strada, la strada di una comunità che li mette al centro di qualcosa che vale prima di tutto per i grandi. Le catechiste di quarta elementare Lasciate che i fanciulli vengano a me Quest’anno, nella nostra parrocchia, 65 fanciulli ricevono I’Eucaristia. Noi genitori dobbiamo ringraziare le catechiste che, con genuino amore, hanno preparata i nostri figli a questa Messa di Prima Comunione, ma dobbiamo anche riflettere su questo particolare momento. Un momento certamente atteso e vissuto con gioia dai bambini e dalle loro famiglie, dal Parroco e da tutta la comunità parrocchiale. Ma non si può nascondere che cè anche un po’ di timore e di amarezza in quanti - catechisti, animatori, genitori - hanno già vissuto l’esperienza che solitamente, dopo aver raggiunto questa tappa, gran parte dei fanciulli interrompe il proprio cammino di fede all’interno della Comunità parrocchiale e cristiana, E così avviene quasi ovunque, non solo a Gemona ma dappertutto, in una società ormai scristianizzata, dove i fanciulli finiscono con il considerare conclusa, con l’inizio dei l’adolescenza, la loro esperienza religiosa. In un mondo in cui oggi intolleranza e indifferenza corrodono i valori più sacri e più sinceri, rovinando la purezza dei cuori dei nostri figli, è fondamentale che tutti noi adulti consideriamo veramente prioritaria la catechesi affinché si riprenda I’insegnamento lasciate che i fanciulli vengono a me e non li ostacolate, perché di quelli come loro è ilRegno di Dio (Mc, 10,14) in modo che il Signore faccia nascere e crescere in loro il desiderio di pace e di amore e, nello stesso tempo, possa coinvolgere in questo itinerario spirituale anche quegli adulti che hanno interrotto il loro cammino di fede, perché forse troppo impegnati nelle innumerevoli occupazioni quotidiane in mezzo alle quali diventa arduo distinguere quelle fondamentali da quelle superflue, o forse perché i cuori e le menti non sono più disposti all’ascolto. In questo giorno, possiamo noi adulti essere presi dalla gioia di questi bambini in attesa delI’Eucarestia ed udire nuovamente il Signore quando dice: Ecco: io sto alla porta e busso. Se uno, udendo la mia voce, mi aprirà la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me (Ap 3, 20). Sia questa la grande grazia per tutti noi oggi: che i nostri cuori si schiudano e si mantengano sempre aperti e che noi genitori possiamo recuperare tempi e spazi per poter essere - con le nostre parole e le nostre azioni - i principali catechisti dei nostri figli, assieme ai quali sperimentare la vicinanza e l’amore di Dio. un genitore Una stupenda esperienza Nel pomeriggio del 26 aprile, nel piazzale delle corriere di Gemona c’era aria di festa. Siamo partiti, 65 bambini e noi catechiste, diretti verso un paesino dell’Alta Carnia, per meglio prepararci alla Prima Comunione. Pierabech è un luogo invitante, con una casa molto accogliente, situata tra monti nevosi: tutto l’insieme è di grande aiuto per innalzare la mente ed il cuore a Dio Creatore. All’arrivo don Gastone ci ha accolto con paterna affabilità e con lui il carissimo don Oscar e i meravigliosi animatori che si sono subito organizzati per far divertire i bambini. Alla fine dei giochi, stanchi ma ridenti di gioia i bambini ripetevano: “Com’è bello giocare insieme così!”. Prima della cena abbiamo visto un film sulla passione, morte e resurrezione di Gesù, con un particolare risalto all’ultima cena. I bambini erano così coinvolti che anche i più vivaci non battevano ciglio. È poi arrivata la cena, momento di amicizia, dialogo e aiuto scambievole… e tutto era buono grazie alle cuoche Magda, Ida e Caterina! Subito dopo don Gastone, con la capacità umana e spirituale che gli è caratteristica, attraverso una paraliturgia ed una sacra rappresentazione, ha reso più comprensibile e più significativo il mistero dell’Eucaristia e tra preghiere, canti e domande il tempo è corso veloce. La stanchezza del gioco e delle emozioni ha favorito il sonno, dopo aver detto le preghiere della sera. Noi catechiste e animatori ci siamo premurati che i bimbi si sentissero a loro agio, favorendo così un’atmosfera tranquilla e cordiale. Al mattino don Gastone ci ha invitati a riunirci nella cappella per le preghiere e un breve pensiero, per trascorrere meglio la giornata. I genitori – molti sono arrivati presto – si sono rallegrati nel constatare la gioia dei Damiano Aste loro bambini. Poi si Matteo Barbina sono intrattenuti con Matteo Bellina monsignor Gastone, Alice Benedetti mentre i bambini, di- Andrea Berto visi in gruppi, hanno Veronica Boezio risposto ai quiz con Francesca Bressan citazioni dal Vangelo, Silvia Brollo indovinelli e prove di Martina Calderini destrezza proposti Vanessa Canola loro dagli animatori. Luciano Cargnelutti È arrivato così il tem- Laura Cargnelutti po della messa: la ce- Sara Cargnelutti lebrazione, guidata da don Oscar e dagli animatori, ha coinvolto bambini e genitori in modo straordinario. La giornata piena di sole, vissuta a contatto con la natura, ha favorito un clima molto disteso. La buona compagnia è sempre un toccasana, è un’occasione di benessere, e credo valga la pena vivere un’esperienza come quella di Pierabech! Diversi bambini si sono aperti al dialogo; uno, ad esempio, mi ha detto: “Senti, suor Camilla, rimaniamo ancora tanto, qui si sta bene. Non andiamo a casa troppo presto!” E una bambina: “Non credevo fosse così bello! Ho conosciuto tante persone e sento Gesù più vicino a me”. Da queste espressioni si può intuire il grande bisogno di tutti di stare insieme, ma anche di vivere un tempo di riflessione e di interiorità. Un grazie di cuore va a don Gastone che ha favorito questo incontro, provvedendo a tutto, dalle cose più semplici a quelle più spirituali. Tanta riconoscenza dobbiamo anche a don Oscar che, con la carica di entusiasmo e di intuizione educativa, ha saputo donare tanta gioia ai nostri bambini. Un evviva caloroso a tutti i collaboratori, cuoche e custodi della casa. E che dire dei giovani animatori che, con slancio gioioso e gratuito, hanno seguito pas- so dopo passo i bambini, donando tempo, pazienza e serenità. Grazie! e che la vostra giovinezza sia sempre colma di doni di fede, di speranza e di amore. Portate ovunque, alle nuove generazioni, segni di pace. Ed infine un grazie sincero a voi genitori per la disponibilità che avete manifestato! Sentitevi fiduciosi che la vostra testimonianza di fede non andrà mai perduta. Il seme da voi affondato sulla roccia, non sarà mai scosso da nessuna tempesta perché la sfida più urgente e forte, oggi, è di comunicare la gioia della fede che nasce dall’esperienza e dalla fiducia in Dio. Anche noi catechiste abbiamo motivo di lodare e ringraziare il Signore, che ci dà nuova carica per credere alle parole del Papa: “ Educare al bene… anche oggi è possibile!”. Un mandi affettuoso a tutti. suor Camilla In 65 all’incontro con Gesù Foto Soravito) Thomas Cargnelutti Federico Casani Nausica Casani Marco Cesca Leonardo Cignini Francesco Contessi Giulia Conz Federica Criscuolo Elisa Cucchiaro Matteo Cucchiaro Chiara De Colle Valentina Di Bert Alessandra Di Vora Annamaria Diaconu Michela Forgiarini Michele Goi Matteo Goi Sabrina Gubiani Sara Gubiani Arianna Gurisatti Giuseppe Iob Gabriele Londero Gessica Macor Luca Mardero Cristian Mecchia Nicholas Minisini Nicole Miranda Elvis Montagnese Luciana Morales Mauro Musina Federica Pasini Davide Patat Michela Patat Nicole Peressotti Chiara Pesamosca Massimo Pischiutti Sara Pittini Michele Polonia Gabriele Pontelli Raffaele Pugnetti Nicol Puppini Demetra Ragagnin Antonio Rasolo Costantino Rizzi Giovanni Rosso Federico Sabidussi Lorenzo Sartori Nicola Sbaizero Mattia Scinto Matteo Serafini Niccolò Teot Luca Vuerich 7 LE OPERE DELLA PARROCCHIA RICHIEDONO UN FORTE IMPEGNO DI TUTTI I PARROCCHIANI Tutti insieme appassionatamente È con un po’ di imbarazzo che presentiamo alla comunità cristiana di Gemona il rendiconto finanziario del 2007. Infatti la cifra finale è in rosso con un passivo di quasi 200.000 euro. Dobbiamo dire però che tutto questo non è frutto di una cattiva gestione della Fabbriceria che, anzi, ringraziamo per la competenza, la disponibilità e generosità, ma è colpa – se così si può dire – delle tante opere che in questi anni la parrocchia ha intrapreso. Il Museo della Pieve e del Tesoro del Duomo, vanto e orgoglio di tutti i gemonesi, il “lapidario” di recente apertura – una pagina inedita della storia del Duomo, e della chiesa precedente di cui non sappiamo assolutamente nulla, ma che in futuro ci potrebbe dare piacevoli sorprese – e poi le spese di manutenzione e gestione ordinaria delle strutture parrocchiali (oltre 30.000 euro per riscaldamento, telefono, ecc... e dire che cerchiamo tutte le economie). Ma la voce che più incide e che per parecchi anni inciderà è la nuova Casa di Forni Avoltri. Una scelta difficile ma ora avvalorata dai numeri delle adesioni ai campeggi estivi e invernali. La casa di Osais (di proprietà della parrocchia di Pesariis) per 30 anni ha ospitato migliaia di giovani gemonesi, per 30 anni ha formato generazioni di uomini e donne impegnati ora nel sociale, nella cultura, nella politica, nella comunità cristiana. E non possiamo dimenticare le centinaia di persone che ad Osais han dato energia, fantasia, tempo e fatica... e soldi. Il grazie più bello che possiamo dire e dare a questi benefattori è la soddisfazione di vedere oggi i bambini di allora diventati uomini e donne che con la loro vita scrivono una pagina nuova della storia di Gemona. Ma Osais si è rivelato piccolo, incapace di ospitare i tanti bambini e ragazzi che per fortuna scoprono quanto è bello e importante passare una settimana assieme. E vorremmo che anche i giovani delle superiori, nel programmare le vacanze, ritagliassero una settimana per stare assieme ai coetanei per divertirsi, camminare per sentieri di montagna e specialmente per imparare il mestiere del vivere. È giusto ed è bello che i ragazzi durante le vacanze trovino un’occupazione e si guadagnino quattro soldi per le loro spesette e per un contributo alla famiglia... ma è anche importante che dedichino a se stessi un tempo per crescere, un tempo per imparare e un tempo per scoprire. La casa di Forni ci darà tutto questo; anzi, darà la possibilità 8 di fare esperienza di vita comunitaria anche alle famiglie e agli anziani. Non è forse fantastico vivere le emozioni dell’adolescenza di allora con la tua famiglia di oggi, con tua moglie o con tuo marito, con i tuoi figli, con altre famiglie... Non è forse fantastico ripercorrere assieme i sentieri del Volaia, del Bordaglia e i magici giochi notturni e il miracolo del falò e il mistero dell’Eucarestia vissuta e condivisa? Non è forse bellissimo trovar(segue a pagina 9) l’arciprete monsignor Gastone Candusso RENDICONTO ANNO 2007 (in euro) ENTRATE Offerte in chiesa (Duomo + Centri) Candele votive (Duomo + Centri) Offerte per servizi (battesimi, funerali, matrimoni, benedizioni, ecc.) Offerte per attività parrocchiali (Voce Amica, stampa, caritativa) Offerte in denaro diverse (Duomo + Centri) Interessi attivi Varie Contributi e offerte straordinarie per Museo e Casa Alpina Forni TOTALE ENTRATE 48.111,98 24.302,69 61.650,16 20.007,67 42.493,93 1.084,76 11.216,01 499.140,00 708.007,20 ENTRATE NEI CENTRI (già comprese nelle voci sopra riportate) Piovega Godo Maniaglia Gleseute Taboga Campagnola San Rocco Totali offerte in chiesa offerte candele altre offerte totale 2.657,39 2.027,78 1.870,35 1.293,47 2.077,13 2.564,31 2.073,70 14.564,13 559,84 922,16 264,5 185,29 185,29 2.614,77 1.040,93 5.832,00 3.990,87 2.134,85 1.584,34 2.442,42 3.515,14 4.311,19 23.810,81 2.137,49 4.360,15 180,00 180,00 950,83 100,00 4.886,53 USCITE Residuo passivo anno 2006 Imposte, tasse e assicurazioni Spese culto (servizi vari, candele, ostie ecc...) Spese gestionali parrocchia (luce, riscaldamento, telefono ecc...) Spese per attività parrocchiali (Voce Amica, stampa, caritativa) Remunerazioni, stipendi, contributi, I.D.S.C. Contributo attività diocesane Manutenzione fabbricati e acquisto attrezzature Varie Spese straordinarie per Museo (fine) e casa Forni Spese impegnate: tratt. fine rapporto TOTALE USCITE DISAVANZO DI GESTIONE LA NOSTRA SOLIDARIETÀ CON: Mons. Tito Solari – Bolivia Padre Pushpanadam – India Adozioni a distanza (India) Borgata di Campagnola San Vincenzo (Offerte ulivo) Amici Lebbrosi Missioni Burundi – Africa Infanzia missionaria Opere missionarie Borgata di Godo Giornata Missionaria Caritas Parrocchiale Seminario Un pane per amor di Dio Carità del Papa Bangladesh Totale 25.007,59 16.398,59 13.309,92 31.591,27 14.710,48 34.480,19 2.596,00 10.976,37 9.091,00 549.049,58 17.412,00 699.615,40 184.927,47 3.500,00 10.720,00 1.170,00 1.434,00 550,00 500,00 860,00 2.320,00 3.000,00 4.200,00 900,00 800,00 650,00 1.300,00 31.904,00 Tutti insieme Intanto a Forni i lavori proseguono (dalla pagina precedente) si assieme non in una pensione, bensì a godersi la “pensione”, scoprendo quanto bene abbiamo fatto nel passato e quanto bene potremmo fare nel futuro? Forni sarà tutto questo e molto di più. Basta un po’ di fantasia e buona volontà! Ma per il momento Forni è una grande preoccupazione. A fine anno probabilmente ci sarà l’inaugurazione, ci sarà festa e legittima curiosità di iniziare un capitolo nuovo della pastorale giovanile e comunitaria di Gemona e della Forania. Accanto a tutto questo ci sarà però anche un aumento del passivo del bilancio che non lascia indifferenti gli amministratori parrocchiali. A Gemona, nella nostra parrocchia ci sono circa 3500 famiglie... Se ogni famiglia offrisse per due anni un caffè alla settimana forse nel 2010 avremo …la Fabbriceria un po’ nervosa, ma più riposata e rilassata. Oltre al caffè ci sono però altri modi per sostenere questa grande opera di evangelizzazione: i prestiti graziosi e/o la sponsorizzazione di alcuni arredi (cucina, sala da pranzo, cappella, camere, sala giochi ecc.). Il mare è fatto di piccole gocce d’acqua: anche le piccole offerte stanno in linea con la generosa sensibilità che i gemonesi nei tempi passati sono stati capaci di esprimere. A tutti indistintamente il grazie più sentito e a tutti... arrivederci prossimamente a Forni: a casa nostra. L’arciprete Come afferma l’arciprete nell’appello – pubblicato qui a fianco – rivolto ai parrocchiani in occasione della presentazione del bilancio economico 2007, s’avvicina sempre di più la data della conclusione dei lavori di quella che sarà una preziosa struttura per la nostra Parrocchia: la grande Casa di Forni Avoltri (foto D. Contessi). Se tutto procede secondo i programmi la Casa potrebbe essere già utilizzabile per le attività parrocchiali nella stagione estiva 2009. Come si può rilevare dal bilancio le spese sono veramente consistenti e – come di solito succede – non sono certo destinate a diminuire rispetto a quanto preventivato. Osais: una Casa per crescere Per farvi fronte la Parrocchia non può che chiedere a tutti di sostenere con generosità l’iniziativa, nella certezza che anche a Forni, com’è successo ad Osais e sta succedendo al Glemo, i giovani gemonesi possano trovare gli strumenti più idonei per divenire donne e uomini ricchi di valori e testimoni di una fede matura. Tutti siamo chiamati a condividere questo impegno che, come sottolinea l’arciprete, aprirà le porte della Casa a giovani, adulti e anziani, e tutti possiamo fare qualcosa anche se non disponiamo di molto! Ai tanti che hanno già risposto con generosità agli appelli o si apprestano a farlo un grazie di cuore che il Signôr us al merti! È questo lo slogan che venerdì 30 maggio ha caratterizzato il primo incontro per ricordare i 30 anni di campeggi ad Osais. È stata una serata densa di emozioni: attraverso i filmati d’epoca, le fotografie e le testimonianze dei tanti sacerdoti e laici che vi si sono impegnati, abbiamo ripercorso le tappe di questo lungo cammino. Ma non è stato solo un viaggio nostalgico, anzi: abbiamo avuto modo di trovare spunti e forze per poter proseguire nella fantastica avventura che riteniamo fondamentale per il percorso di crescita dei ragazzi e di noi educatori: preti, animatori, cuochi e tutte le persone che in qualche maniera ne sono coinvolte. Il prossimo appuntamento sarà ad Osais nel primo fine settimana di settembre per una grande festa con il paese. In tale occasione intendiamo lasciare un segno di riconoscenza alla comunità di Osais e chiunque può contribuirvi con una sua donazione (da consegnare in canonica). Stiamo anche raccogliendo materiale (foto, diari, libretti, ricordi) inerente ai campeggi di questi 30 anni per creare una pubblicazione in cd-rom: contattare Daniele al n° 347 2406913. Grazie. 9 SUOR ALESSANDRA SARTOR, MISSIONARIA NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA Dai bambini di Gemona alla gioventù centroafricana Non è gemonese di nascita, ma suor Alessandra Sartor delle Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore, dette anche “le suore francescane di Gemona”, ha fatto per alcuni anni la maestra presso la Scuola per l’Infanzia dell’Oasi, tant’è che diverse famiglie gemonesi e i “suoi” bambini di allora, ormai diventati adulti, la ricordano ancora con affetto e sono rimasti in contatto con lei, nonostante oggi svolga la sua missione nella lontana terra africana. Suor Alessandra è nata il 24 febbraio 1967 a Treviso. È diplomata maestra d’asilo e, come tante giovani, negli anni dell’adolescenza ha lavorato anche come cameriera in una trattoria. Vissuta in un clima per così dire favorevole – ben tre zie sono suore e uno zio è frate cappuccino – ha avuto i primi segni vocazionali a 19 anni in occasione di un campo scuola itinerante ad Assisi: “Presi questa esperienza come una normale gita, ma poi mi resi conto che il Signore mi stava indicando il cammino da seguire”. Fu liberata da ogni dubbio e incertezza davanti al Crocefisso di San Damiano e dalla profondità di questa frase: Il Signore passa e bussa alla tua porta, se apri egli entra, ma lui non tornerà a bussare una seconda volta, parole queste che le risuonavano martellanti nella mente. È entrata in convento nel 1989, scegliendo la congregazione gemonese perché era quella che conosceva di più e che meglio rispondeva allo spirito francescano, mentre la vita missionaria, almeno inizialmente, non era tra i suoi obiettivi, che erano invece il desiderio di rispondere alla chiamata – dare la vita a Lui – di Colui che per primo l’ha amata. S’è formata alla vita religiosa a Viole di Assisi e nel 1991 ha fatto la prima professione. Dal 1991 al 1997 è stata appunto maestra presso la scuola per l’infanzia dell’Oasi, facendo nel contempo catechismo in Gleseute (le funzioni si svolgevano ancora nel prefabbricato ora sede dell’ANA). Ricorda di aver lavorato molto bene con i genitori dei bambini soprattutto nell’organizzare feste, recite e meravigliosi mercatini a sostegno della scuola. Ricorda anche il conforto che certe mamme le diedero in momenti di difficoltà, visto che era alla sua prima missione da suora: “La vita religiosa vissuta in comunità richiede, come la vita di famiglia, attenzione, amore, accoglienza, dono di sé, perdono, desiderio d’incontro, di dialogo, di com10 prensione…; lo scambio di esperienze e soprattutto la testimonianza vicendevole aiuta le due vocazioni a migliorarsi, a crescere e vivere sempre meglio, ciascuna secondo il dono ricevuto”. Nel 1996 ha emesso i voti perpetui nel duomo di Gemona durante una celebrazione presieduta dall’arcivescovo monsignor Alfredo Battisti, circondata dai “suoi” bambini e dalle loro famiglie. Ma ecco che di lì a poco si è profilata l’intenzione dei Superiori di mandare suor A quelli del Quarantacinque* Maïgaro, gennaio 2008 Carissimi Ragazze e Ragazzi del 1945, Spero proprio che fisicamente e soprattutto spiritualmente voi manteniate quella freschezza che è gioia di vivere, di stare insieme per testimoniare la bellezza del dono di una vita vissuta. Grazie per la vostra generosità, grazie che nel trovarvi insieme sapete guardare e donare a chi è meno fortunato. A tutti voi auguriamo Buon Anno 2008. Tanti saluti da suor Alessandra e Sorelle della Comunità. * Alla Missione di suor Alessandra “quelli del 1945” avevano fatto pervenire una piccola offerta raccolta in occasione della festa di classe dell’anno scorso. Alessandra in missione nella Repubblica Centrafricana, dove le Suore Francescane hanno due missioni, portate avanti da una decina di suore con una forza e un entusiasmo che solo Dio può dare: a Niem (scuola materna, centro di formazione femminile, dispensario e animazione nei villaggi) e a Maïgaro (scuola elementare, il Collegio Tecnico Femminile Notre Dame de Maïgaro e un grande dispensario, alla cui recentissima costruzione hanno partecipato anche alcuni volontari gemonesi). Dopo un periodo trascorso in Francia per imparare il francese, nel 1999 è partita per l’Africa. La sua prima esperienza è stata nella missione di Niem per imparare il locale idioma, il sango, e per seguire la formazione dei maestri della scuola materna (foto g.c. dalla famiglia Patat). Andava anche nella savana, a svolgere opera di formazione umana e cristiana nei piccoli villaggi, e si chiedeva: “Ma è possibile che nel 2000 ci sia ancora gente che vive in queste condizioni?”. Era ed è possibile. Nel 2001 è stata trasferita a Maïgaro, dove le Suore ospitano in collegio circa 120 ragazze, provenienti da ogni angolo del Paese: “Hai nelle tue mani queste ragazze, queste vite nell’età più critica, ma anche più bella, quella del passaggio dall’adolescenza all’età adulta. È una grossa responsabilità, un grande impegno, perché formiamo giovani ragazze che, un po’ alla volta, potranno aiutare il proprio Paese a cambiare! Cerchiamo d’offrire (segue alla pagina accanto) LA CATECHESI DEL PAPA SUL GRANDE PADRE DELLA CHIESA San Cromazio di Aquileia Con una messa celebrata nella basilica di Aquileia il 2 dicembre 2007, si è inaugurato il calendario di avvenimenti per il sedicesimo centenario della morte del grande vescovo e santo aquileiese, Cromazio (nell’immagine in una miniatura del XIII secolo che lo raffigura). A questa apertura solenne è seguito un importante momento, rappresentato dalla catechesi che Papa Benedetto XVI ha dedicato al santo nell’udienza generale di mercoledì 5 dicembre. Nell’occasione dei tre giorni dedicati da studiosi internazionali all’approfondimento storico e teologico della figura e dell’opera del grande vescovo (Aquileia, 22–24 maggio scorso), riportiamo di seguito alcuni stralci significativi dell’intervento del Santo Padre. […] Cromazio era nato ad Aquileia verso il 345. Venne ordinato diacono e poi presbitero; infine fu eletto pastore di quella Chiesa (anno 388). Ricevuta la consacrazione episcopale dal Vescovo Ambrogio, si dedicò con coraggio ed energia a un compito immane per la vastità del territorio affidato alle sue cure pastorali: la giurisdizione ecclesiastica di Aquileia, infatti, si estendeva dai territori attuali della Svizzera, Baviera, Austria e Slovenia, giungendo fino all’Ungheria. Quanto Cromazio fosse conosciuto e stimato nella Chiesa del suo tempo si Gioventù centrafricana (dalla pagina precedente) loro il massimo. Il loro futuro è comunque difficile, perché una volta concluso il ciclo di studi, la loro preparazione sarebbe tale da poter continuare a studiare, ma non ci sono le strutture e le condizioni sociopolitiche sono tali che le scuole non funzionano e le prospettive di lavoro sono a dir poco precarie. Certamente le giovani, che studiano nella nostra scuola, ricevono una formazione umana e cristiana: le stimoliamo ad assumere le responsabilità che un giorno le aiuteranno ad essere donne consapevoli dei propri diritti e capacità e in grado di gestire la propria famiglia in modo dignitoso e secondo sani principi.” Le difficoltà non sono poche: la situazione politica ed economica del Paese è sem- può arguire da un episidio della vita di san Giovanni Crisostomo. Quando il vescovo di Costantinopoli fu esiliato dalla sua sede, scrisse tre lettere a quelli che riteneva i più importanti Vescovi d’Occidente, per ottenerne l’appoggio presso gli imperatori: una lettera la scrisse al Vescovo di Roma, la seconda al Vescovo di Milano, la terza al Vescovo di Aquileia, Cromazio appunto. Anche per lui, quelli erano tempi difficili a motivo della precaria situazione politica. Molto probabilmente Cromazio morì in esilio, a Grado, mentre cercava di scampare alle scorrerie dei barbari, nello stesso anno 407 nel quale moriva anche Crisostomo. Cromazio fu sapiente maestro e zelante pastore. Il suo primo e principale impegno fu quello di porsi in ascolto della Parola, per essere capace di farsene poi annunciatore: nel suo insegnamento egli parte sempre dalla Parola di Dio, e ad essa sempre ritorna. Alcune tematiche gli sono particolarmente care: anzitutto il mistero trinitario, che egli contempla nella sua rivelazione lungo tutta la storia della salvezza. Poi il tema dello Spirito Santo: Cromazio richiama costantemente i fedeli alla presenza e all’azione della terza Persona della Santissima Trinità nella vita della Chiesa. Ma con particolare insistenza il santo Vescovo ritorna sul mistero di Cristo. Il pre incerta, tant’è che spesso ci sono gruppi di ribelli o briganti che seminano paura e violenza: “Tutto questo ci fa vivere in un continuo stato di insicurezza, ma ci spinge ad affidarci maggiormente a quel Dio che ci ha scelte, Padre Provvidente”. C’è poi il rischio delle malattie, che crea ansia perché non c’è la possibilità di diagnosi certe e cure efficaci e tempestive e un altro ostacolo è la stregoneria, le superstizioni, capaci di distruggere rapporti solidi, famiglie e interi villaggi. Ora suor Alessandra è superiora della comunità di Maïgaro e insegna taglio e cucito nella scuola tecnica, accompagnando le giovani nelle loro crescita umana e spirituale, con la speranza di un futuro migliore per loro e per l’Africa. Maria Copetti / Gruppo Missionario Per scrivere a Suor Alessandra Sartor Mission Catholique de Maïgaro B.P. 23 Bouar - République Centrafricaine Verbo incarnato è vero Dio e vero uomo: ha assunto integralmente l’umanità, per farle dono della propria divinità. Da zelante pastore qual è, Cromazio sa parlare alla sua gente con linguaggio fresco, colorito e incisivo. Pur non ignorando il perfetto cursus latino, preferisce ricorrere al linguaggio popolare, ricco di immagini facilmente comprensibili. […] Nell’ottica del buon pastore, in un periodo burrascoso come il suo, funestato dalle scorrerie dei barbari, egli sa mettersi al fianco dei fedeli per confortarli e per aprirne l’animo alla fiducia in Dio, che non abbandona mai i suoi figli. Raccogliamo infine, a conclusione di queste riflessioni, un’esortazione di Cromazio, ancor oggi perfettamente valida: “Preghiamo il Signore con tutto il cuore e tutta la fede – raccomanda il Vescovo di Aquileia in un suo sermone – preghiamolo di liberarci da ogni incursione dei nemici, da ogni timore degli avversari. Non guardi ai nostri meriti, ma alla sua misericordia […]. Benedetto XVI Aiutiamo la Parrocchia Tante sono le persone che hanno dato e stanno dando una mano in Parrocchia. A tutti i generosi che hanno messo a disposizione il loro tempo, accogliendo gli appelli alla collaborazione e al servizio, il grazie più sentito. Ai parrocchiani di buona volontà l’invito a farsi avanti: c’è lavoro e soddisfazione per tutti. C’è lavoro in duomo (dove da tempo manca il sacrista Pierluigi, a cui rivolgiamo cordiali auguri di guarigione) come in Salcons e al Glemonensis, nelle chiese e in museo, in canonica e perfino in Frate. Chi intende collaborare segnali la propria disponibilità in canonica. 11 UNA RIFLESSIONE DEL PRESIDENTE DIOCESANO A 140 ANNI DALLA FONDAZIONE Ha ancora senso l’Azione Cattolica? Quella dell’Azione Cattolica è una storia di 140 anni caratterizzata da un’intensa partecipazione alla vita ecclesiale, sociale e culturale del nostro Paese. In questo senso l’associazione è stata, e continua ad essere, un luogo di impegno, ma anche di fraternità e di condivisione della fede: dentro l’AC sono cresciute molte persone appassionate al bene comune, all’educazione, al confronto ed al dialogo, che hanno riconosciuto nell’associazione una strada concreta per alimentare la loro fede. Alcune di queste persone hanno poi messo a disposizione le loro energie, la loro sensibilità, le loro competenze in ruoli di responsabilità pubblica; tanti, tantissimi altri amici hanno continuato ad impegnarsi con fedeltà nelle proprie comunità, nelle parrocchie, nei gruppi, nei luoghi di studio e di lavoro, offrendo una testimonianza preziosa e generosa. Oggi ci si chiede se l’Azione Cattolica abbia ancora senso. All’interno dei percorsi della fede, dentro le profonde trasformazioni sociali e culturali ed in mezzo alla primavera dello Spirito, che si esprime nella ricchezza di movimenti e realtà ecclesiali, ha ancora significato la presenza dell’AC in Italia, in Friuli, a Gemona? Non è possibile darci una risposta se non si riparte da ciò che l’Azione Cattolica, oggi è, dentro i percorsi concreti delle nostre parrocchie e foranie. Spesso non è facile vedere nella Chiesa, nella comunità dei battezzati, un luogo accogliente e sereno per crescere nella fede. Ma la questione di quanto la Chiesa abbia bisogno di “convertirsi” non ha senso di essere affrontata se non partendo dal modo con il quale ciascuno di noi si colloca dentro di essa. È come riconoscere che non esiste una Chiesa “ideale” e una Chiesa “reale”, ma una sola Chiesa, fatta di persone concrete. E allora: come si colloca ciascuno di noi dentro questa Chiesa? Come un “ospite”? Come uno “spettatore”? Oppure come una persona che contribuisce a fare di essa un luogo in cui vivere la fede in una dimensione gioiosamente comunitaria e seriamente responsabile? L’Azione Cattolica è, prima di tutto, uno stile, una modalità di stare dentro la Chiesa. Non potrebbe essere altrimenti visto che, per statuto e per modo di essere, l’AC intende essere, prima di tutto, segno di comunione e corresponsabilità al servizio della comunità cristiana, nelle sue diverse espressioni. Ma l’associazione è 12 anche uno strumento a servizio di chi, da credente, si impegna per vivere la fede con lo stile dei dialogo con tutti, credenti e non credenti, dell’attenzione educativa e della premura caritativa, della partecipazione responsabile alle vicende della storia sociale, culturale e politica del Paese. Per vivere la fede con questo stile le donne, gli uomini, i giovani i ragazzi hanno bisogno - oggi più che mai - di “buona compagnia”: di altre persone che, pur nella diversità delle sensibilità, si riconoscono in questo percorso comune che si realizza “Tra le piazze ed i campanili”. Abbiamo bisogno di compagnia perché il dialogo e la parola sono strumenti fragili che poco possono fare. Se si resta soli, è facile lasciarsi prendere dallo sconforto e ricercare soluzioni di piccolo cabotaggio, e quindi prive di quel respiro progettuale che l’impegno richiede. Abbiamo bisogno di compagnia perché ci Anagrafe parrocchiale BATTESIMI 2 Madile Simone di Gerardo e Gregorio Assunta, n. il 2.8.07 batt. il 24.2.08 3 Not Selene di Damian e Sartori Fabiola, n. il 3.12.07 batt. il 22.3.08 4 Guerra Daniele di Stefano e Di Bernardo Romina, n. il 3.2.08 batt. il 20.4.08 5 Contessi Elisa di Andrea e Recrucolo Annalisa, n. il 22.9.07 batt. il 20.4.08 6 Turato Matteo di Rolando e Jannach Marisa, n. il 20.10.07 batt. il 20.4.08 MATRIMONI 1 Cignini Dino – Bellomo Alessandra sposati in Duomo il 25.4.08 2 Iob Claudio – Ermacora Nicoletta sposati in Duomo il 26.4.08 3 Vit Edi – Patat Marisa sposati in Duomo il 27.4.08 4 Spizzo Ellis – Venturini Sonia sposati in Duomo il 10.5.08 DEFUNTI 9 Rossi Alfredo di anni 80 il 30.1.08 10 Pagnutti Azelio di anni 73 il 3.2.08 11 Morandini Maria ved. D’Aronco di anni 96 il 4.2.08 12 Forgiarini Aldo di anni 66 il 13.2.08 13 Copetti Giacomina ved. Lepore di anni 90 il 25.2.08 accorgiamo che l’educazione - strada preziosa e irrinunciabile per la crescita della persona - è quanto di più delicato vi sia oggi al mondo e siamo consapevoli che la tentazione di “lasciar stare” è sempre dietro l’angolo. Abbiamo bisogno di compagnia perché sperimentiamo che le relazioni - anche quelle più profonde - sono sempre più fragili ed hanno bisogno di essere alimentate con l’amicizia, il dialogo ed il confronto. Abbiamo bisogno di stare insieme dentro un percorso di fede condiviso perché è bello sapere che la passione per la Parola e per l’incontro con il Signore sono un tesoro prezioso da condividere con più persone possibili. Per questi motivi, oggi, l’Azione Cattolica ha ancor più senso che in passato. Mario Marcuzzi Presidente diocesano 14 Copetti Angela Goi di anni 55 il 25.2.08 15 Dapit Mario di anni 84 il 25.2.08 16 Nenis Michele di anni 86 l’1.3.08 17 Seravalli Antonio di anni 87 il 4.3.08 18 Pecoraro Tarcisio di anni 84 il 5.3.08 19 Londero Pietro di anni 83 il 5.3.08 20 Ferrarese Lucio di anni 63 il 7.3.08 21 Cappelletti Maria ved. Cuttini di anni 85 l’ 11.3.08 22 Londero Virginia ved. Destri di anni 80 l’11.3.08 23 Cargnelutti Anna Maria di anni 67 il 15.3.08 24 Rumiz Vittorio di anni 43 il 18.3.08 25 Bierti Vittorio di anni 88 il 23.3.08 26 Marchetti Giuseppe di anni 82 il 27.3.08 27 De Cecco Margherita ved. Mardero di anni 97 il 28. 3.08 28 Egidi Gaetano di anni 78 il 28.3.08 29 Copetti Elisabetta ved. Goi di anni 106 il 29.3.08 30 Londero Anna ved. Lepore di anni 93 il 30.3.08 31 Di Santolo Remo di anni 96 il 31.3.08 32 Serafini Armando di anni 56 il 2.4.08 33 Forgiarini Pierina ved. Venturini di anni 90 il 5.4.08 34 Forgiarini Quinto di anni 77 il 6.4.08 35 Linossi Angelina ved. Pascottini di anni 81 il 7.4.08 36 Gregorutti Iole ved. Marcon di anni 83 il 17.4.08 37 Forgiarini Anna di anni 81 il 7.4.08 (segue qui a fianco) INSIEME CON OPERE DI GIOVANNI BATTISTA TIANI Il Cristo duecentesco in Fossale Dopo la conclusione dei restauri finanziati dalle Amministrazioni statale e comunale, venerdì 16 maggio è stata inaugurata l’esposizione, in Santa Maria di Fossale, di alcune opere di proprietà comunale già nella chiesa distrutta di San Giovanni: il bellissimo Crocifisso duecentesco, con il fondale del Deliquio della Vergine di Giovanni Battista Tiani (1671-1737), e le quattro tele con Apostoli, dello stesso pittore gemonese. Prima della benedizione, impartita da monsignor Candusso, il sindaco Marini ha affermato che la nostra comunità deve sentirsi orgogliosa della ricomposizione del ricco mosaico – di cui le opere sono tessere rilevanti – della propria storia e della propria cultura e l’arciprete ha sottolineato l’importanza del recupero, alla devozione e all’ammirazione dei gemonesi, di opere d’arte e di fede tanto significative, ringraziando l’Amministrazione Comunale per la sensibilità dimostrata nel riservarle nuovamente all’ambito ecclesiastico. Entrambi, poi, hanno ringraziato quanti hanno reso possibile la nuova sistemazione: la dottoressa Fabiani della Soprintendenza, curatrice del restauro, e il progettista dell’allestimento architetto Della Marina; i restauratori; Lucio Copetti e dipendenti della Tecnoelettrica Copetti esecutrice dell’illuminazione; il laboratorio marmi Mainardis; gli artigiani che hanno prestato gratuitamente la loro opera (Attilio Marchetti, Mario Collini, Marcello Copetti, Alan Brollo/Verdemania), le signore delle pulizie e Daniela Sabidussi, i volontari del Gruppo ANA e del Gruppo “Compagnia parrocchiale delle Opere fatte”, i fabbricieri e quanti hanno contribuito alla conclusione dell’iniziativa che è stata anche festeggiata con un vin d’honneur generosamente offerto dalla famiglia Goi dell’Hotel Willy. Il Crocifisso Fino al maggio 1976 il Crocifisso si trovava nell’oratorio del Cristo, annesso alla chiesa di San Giovanni. Salvato con altre opere d’arte del complesso – tra cui lo splendido soffitto dell’Amalteo – il Crocifisso è ora al centro di una elegante sistemazione su un altare di nuda pietra, in un allestimento rispettoso dei vincoli del ricordo e della totale leggibilità dell’opera, progettato con gusto dall’architetto Gianpaolo Della Marina che nel 1993 aveva curato la ricostruzione della chiesa voluta da monsignor Giuseppe Della Marina. Il bel restauro, affidato al laboratorio Lizzi di Artegna, ha riportato il Crocifisso al suo splendido modellato e alle cromie primitive, evidenziandone la forza rappresentativa dal solenne assetto frontale, leggermente alterato però dall’accavallamento dei piedi originariamente affiancati. Ciò che maggiormente colpisce della composizione è il nobile volto sul quale i segni del dolore – le occhiaie profonde e le labbra contratte – si stemperano nella espressione quasi serena degli occhi socchiusi. Gli studiosi ne parlano come di un’opera che risente di influenze dell’arte tedesca e delle espressioni veneto-bizantine o centroitaliane. Più specifi- Amelia Melchior Giacomina Copetti Michele Nenis n. 13.10.1924 m. 12.02.2008 n. 09.11.1917 m. 25.02.2008 n. 02.04.1921 m. 01.03.2008 Antonio Seravalli Lucio Ferrarese Giuseppe Marchetti n. 04.03.1921 m. 04.03.2008 n. 09.11.1944 m. 07.03.2008 n. 18.03.1926 m. 27.03.2008 (dalla pagina precedente) 39 Dapit Dario di anni 60 il 20.4.08 38 Stecca Suor Ugolina di anni 79 il 18.4.08 40 Casani Cristina ved. Pecoraro di anni 83 l’1.5.08 camente Rossella Fabiani, che ha diretto il restauro ed approfondito le ricerche storico-artistiche, ha evidenziato le assonanze con opere coeve dell’area istriana, slovena e del romanico sudtirolese. Deliquio della Vergine e le Pie Donne Probabilmente agli inizi del ’700 il Crocifisso fu affiancato da due tavole che narrano in forma unitaria la scena del Deliquio della Vergine: un episodio di intenso pathos in cui la Madre è ritratta, in un freddo pallore e priva di conoscenza, tra le braccia di Maria Maddalena sotto gli occhi disperati dell’apostolo Giovanni. L’azione, rappresentata in modo estremamente sobrio ed equilibrato sia nei gesti che nei colori, stabilisce con il Crocifisso un’accorata sintonia. È questa una delle opere più riuscite del pittore gemonese Giovanni Battista Tiani (1671-1737), autore prolifico ma spesso invischiato in esercitazioni manieristiche che in seguito completò la scena con le immagini delle Pie Donne accompagnate da angioletti che reggono gli strumenti della passione ma l’aggiunta appare veramente superflua, se non negativa. Il restauro, eseguito da Nicoletta Buttazzoni e Cristina Gioacchin presso i laboratori della Soprintendenza, ha permesso il recupero delle cromie originali appannate da pesanti offuscamenti. Gli Apostoli Dalla stessa chiesa provengono anche quattro tele che ritraggono alcuni Apostoli e che prima del terremoto del 1976 erano disposte lungo la parete di sinistra dell’aula con il soffitto dell’Amalteo. Risalgono al primo o secondo decennio del ’700 e, benché non documentate, risultano inequivocabilmente del Tiani essendo il palese rimaneggiamento figurativo degli Apostoli da lui dipinti per il duomo di Gemona. Nonostante non si stratti di grandi opere, il restauro curato da Michela Contessi ha permesso di valorizzare le variazioni cromatiche – utilizzate sapientemente dal pittore – che risultano gradevoli ed accattivanti. Per ora, per visitare la chiesa è necessario prendere accordi in canonica (tel. 0432 9806058) o, nei giorni festivi, in Museo. Tuttavia è possibile ammirare le opere, sempre nei giorni festivi, dalla bussola vetrata d’ingresso. Fer 13 14 I SETTANTACINQUE ANNI DEL BOLLETTINO DELLA PIEVE GEMONESE – TERZA PUNTATA Dai ‘fasti dell’Impero’ al centenario del Duomo Un anno fa ci eravamo ripromessi di celebrare il settantacinquesimo anniversario di pubblicazione di Voce Amica con alcuni articoli che ne ricordassero il cammino – insieme con il cammino della comunità gemonese – fino al giugno di quest’anno ma la quantità di notizie e di situazioni che il bollettino parrocchiale voluto dall’arciprete Monai riporta e registra nella sua lunga esistenza sono tali e così importanti che sarebbe un peccato non darne conto ai parrocchiani di oggi. Tuttavia non possiamo pensare di riscrivere tutto quanto è stato pubblicato in questo lungo periodo, per cui la redazione ha deciso di porre come limite temporale del nostro viaggio il numero di Voce Amica uscito prima del 6 maggio 1976, rimandando ad altri anniversari il compito di continuare sulla strada intrapresa. Riprendiamo dunque il discorso là dov’era stato interrotto e cioè alla data della proclamazione dell’Impero fascista, ricordando come anche Voce Amica fosse divenuta, nel suo piccolo, un incauto strumento di sostegno alle imprese a alle iniziative del regime. Oggi infatti risulta difficile capire come uomini della statura di Monai e Marchetti si siano lasciati irretire nell’infatuazione generale ed abbiano accettato di divenire, nell’ambiente locale, dei punti di riferimento della nuova religione nazionalistica. Forse una parte di spiegazione – ma occorrerebbe affrontare il problema in modo più approfondito – si trova nella generosa ed incondizionata cura che entrambi riservavano alla gente verso la quale il regime stava dimostrando un’attenzione precedentemente mai praticata. Fatto sta che già nel novembre del 1935 le autorità avevano apprezzato l’azione patriottica e fascista che sta svolgendo l’arciprete, ricordato con il titolo di cavaliere – ma non conosciamo la data di conferimento e le motivazioni dell’onorificenza – in una corrispondenza tra il prefetto di Udine Testa e il gemonese Alberto Liuzzi, console generale della Milizia nazionale fascista e poi medaglia d’oro alla memoria († 12.3.1937) nella guerra anticomunista di Spagna. Come apprezzeranno l’opera di don Giuseppe Marchetti quale cappellano militare e magistrato per i sudditi [d’Etiopia] di lingua amarica – che egli praticava discretamente – decorandolo al rientro in Italia (giugno 1937) con il titolo di cavaliere coloniale. Sarebbe però ingeneroso insistere su questi tasti tralasciando gli altri argomenti che Voce Amica andava affrontando mensilmente – oltre la spicciola cronaca parrocchiale e cittadina – con un meticoloso impegno di sensibilizzazione dei parrocchiani: gli approfondimenti catechistici e liturgici, le opere di carità, la sollecitudine per la gioventù femminile, l’attenzione per i ragazzi, la campagna antiblasfema, la ribadita censura del ballo, la preghiera costante per i gemonesi sotto le armi, l’arte e la storia come coscienza delle proprie radici. Argomenti, questi, che non si esauriscono tra le righe degli articoli ma che sono proposti e vissuti con iniziative specifiche alle quali Voce Amica invita tutta la popolazione. Così, oltre a quanto già ricordato, il bollettino ospita il lancio e il resoconto di vere e proprie campagne: per l’adesione all’Azione cattolica e alla Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù; per l’Anno eucaristico a Gemona (un migliaio di uomini e donne della parrocchia, le lampade viventi, garantirono l’adorazione continua in duomo, davanti al tabernacolo del Santissimo Sacramento, dal novembre ’36 all’ottobre dell’anno successivo!); per l’organizzazione di eventi come il grandioso e spettacolare Congresso eucaristico foraniale (con la partecipata conclusione sugli spalti del castello nell’aprile ’37) e come, l’anno dopo, il VI centenario (traslato) della consacrazione del duomo; per l’apostolato di preghiera (luglio ’37); per il Congresso catechistico diocesano del ’39 al quale la pieve doveva prepararsi anche dotandosi di strutture idonee. Proprio questo sarà un progetto particolarmente sentito dalla popolazione: la campagna per la raccolta di fondi per nuove aule di dottrina, partita con 1248,60 lire agli inizi del 1939, raggiungerà in un anno e mezzo la somma di 15183,30 lire – alla data d’entrata in guerra dell’Italia – e, nonostante gli anni durissimi, la sorprendente cifra di 83671 lire nel giugno del 1943! I principali accadimenti parrocchiali riportati da Voce Amica – ma le cronache mensili li registrano tutti – riguardano le nuove opere d’arte che vanno ad abbellire le chiese di Santa Lucia in Piovega (affreschi e vetrata istoriata di G. Moro e sculture di L. Pischiutti nella cappella della Purità, offerti dai coniugi Morganti, 1935) e di San Marco in Campo Lessi (gli affreschi dell’abside e dell’aula di G. Fantoni, 1934, e la tela San Marco riceve da una bimba i frutti della terra del pittore U. Martina, dono dei coniugi Del Bianco, 1937); le ordinazioni sacerdotali di don Angelo Calderini e di don Pietro Londero (1936), dei cugini don Attilio e don Giuseppe Della Marina (1938) e di don Domenico Londero (1939); l’articolata Settimana religiosa per le giovani, con incontri e conferenze giornalieri anche sui posti di lavoro: in cotonificio, in filanda e in cartiera (marzo ’37); la dolorosa scomparsa (11.1.1938) di monsignor Giuseppe Fantoni – grande sacerdote, fabbriciere e sacrista del duomo – che, durante l’invasione dopo Caporetto, aveva diretto con competenza, amore e carità l’ospedale civile di cui fu cappellano fino alla morte; le esequie per la morte di papa Pio XI (11.2.1939) e il giubilo per l’elezione del cardinale Eugenio Pacelli al soglio pontificio con il nome di Pio XII, il 2 marzo successivo. Non mancano poi – come abbiamo visto fin dai primissimi anni – riferimenti ad avvenimenti cittadini quali l’inaugurazione, alla presenza di Amedeo di Savoia duca d’Aosta, dell’avveniristico complesso con palestra e piscina offerto alla sezione gemonese della Gioventù Italiana del Littorio (GIL) da Antonio Morganti, nel 1935; le frequenti e preoccupanti scosse di terremoto dal 19 dicembre 1936 alla metà del gennaio successivo; la costruzione della nuova facciata del santuario di Sant’Antonio su progetto dell’architetto D. Rupolo nel febbraio 1936; l’avviso che le Ferrovie dello Stato, su istanza del podestà Antonelli, applicano tariffe dimezzate per i viaggiatori che si recano a Gemona e vi si fermano per almeno 6 giorni o che vi vengono nei giorni di mercato (maggio ’37); la costituzione di un museo annesso alla Civica Biblioteca ad opera del bibliotecario Tessitori (luglio dello stesso anno). Non mancano, infine, le notizie foreste, date talvolta con enfasi ingiustificata, più spesso proposte con trepidazione. È così che in tutte le famiglie di Gemona si è informati del già ricordato inizio della guerra d’Etiopia e della proclamazione dell’Impero (1935-36) e a luglio – con un sospiro di sollievo – della fine delle sanzioni contro l’Italia; o della partecipazione di volontari italiani – anche gemonesi – a fianco dell’esercito del generale Franco nella guerra civile di Spagna (1936-39); che si viene a conoscenza della presa di Madrid e della vittoria delle forze falangiste sui repubblicani spagnoli; dell’annessione dell’Albania il 7 aprile 1939 e, cinque mesi dopo, della dichiarazione di guerra di Francia e Gran Bretagna alla Germania che ha invaso la Polonia. Il momento è gravissimo ma l’arciprete Monai non si rende conto che anche l’Italia, sempre più legata alla Germania nazista – il Patto d’acciaio tra i due governi è del maggio ’39 –, ha già imboccato la china che la farà precipitare nel conflitto mondiale, e fa sue le parole della Federazione del Clero italiano invitando tutti i parrocchiani a nutrire la speranza che l’Italia non solo resti immune dalla terribile catastrofe ma che sia la Nazione che ai coinvolti nella catastrofe porti finalmente […] il ramo d’olivo. Né s’era reso conto, l’anno precedente, della (segue a pagina 16) 15 I SETTANTACINQUE ANNI (dalla pagina precedente) gravità di un tristissimo articolo che alzava la voce contro gli esponenti dell’ebraismo. È il settembre 1938 e l’articolo contiene – è vero – anche l’esplicito invito a non lasciarsi trascinare dall’odio e a pregare per la conversione di quel popolo; ma poco più di un mese prima sono entrate in vigore le leggi antisemite italiane. Fortunatamente Voce Amica ospita anche qualche articolo che risolleva gli animi o esce, ricca di notizie e immagini, con il numero speciale dedicato al centenario della consacrazione del duomo. Il VI centenario cadeva naturalmente nel 1937 ma la concomitanza di iniziative, già programmate in parrocchia e diocesi, aveva suggerito di accorpare le celebrazioni con quelle del 75° anniversario di costituzione della Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, da anticiparsi di un anno a causa del Congresso catechistico diocesano organizzato per il 1939. Il programma originario, disposto d’intesa con l’Amministrazione comunale, patrona del duomo, prevedeva conferenze, sacre rappresentazioni, la pubblicazione del numero speciale di Voce Amica e, soprattutto, sul versante religioso, la preghiera preparatoria perché nulla di buono riusciremmo a compiere senza l’aiuto del Signore. L’intendimento, poi, non era quello di spenderci per manifestazioni esteriori ma per qualche cosa di più nobile e più solenne, e Thomasina Il primo registro battesimale della nostra Pieve, che risale al 1379 ed è il più antico che oggi si conosca, apre l’elenco dei bimbi battezzati in duomo con Tommasina, figlia di Ludovico di Altaneto, battezzata il 3 marzo da prete Nicoluto alla presenza dei padrini Nicolò Franceschinis, Iacuzio Schode e della madrina Caterina moglie di Marco. A questa bambina i coniugi Eleonora e Valentino Fabiani, che insieme con il figlio curano uno splendido roseto ad Artegna, hanno voluto dedicare una rosa rifiorente nata spontaneamente nel loro giardino che conta ben 1500 rosai. In segno di riconoscenza per la bella iniziativa dei coniugi Fabiani una foto della rosa, denominata Thomasina de Altaneto, sarà ora esposta accanto al registro battesimale nel Museo della Pieve. 16 cioè per il ritorno, anche da parte di qualche elemento che ancora non seppe scuotersi di dosso la polvere del liberaleggiante indifferentismo, alla Fede vissuta, alla Fede […] professata da quei nostri antenati che, seicento anni fa ci diedero il Duomo a monumento immortale e ben significativo del loro modo di sentire e di agire. Per questo l’adesione della popolazione sia entusiastica e garantisca la necessaria collaborazione e il sostegno economico (dalla Presentazione dell’evento, marzo 1938). La data era quella dell’ultimo fine settimana di settembre ma poi tutto venne rimandato a fine ottobre. Dal 25 al 28 di quel mese si susseguirono speciali funzioni aperte dalle predicazioni del vicario generale dell’Arcidiocesi monsignor Quargnassi specializzate ai singoli ceti di persone, in modo che tutta Gemona fosse coinvolta nello spirito delle celebrazioni centenarie per il duomo e giubilari per la Congregazione. Sabato 29 giunse in treno l’arcivescovo monsignor Giuseppe Nogara per aprire, con la benedizione eucaristica serale, i solenni festeggiamenti. Dal numero di dicembre di Voce Amica, che ospita una dettagliata cronaca degli avvenimenti, si può ancora cogliere il fervore e la commozione che animava tanto i protagonisti – l’arciprete ed il clero, come il podestà e le gerarchie locali – quanto l’intera popolazione, coinvolta emotivamente in quella che fu vissuta con unanime entusiasmo come una delle sue gloriose pagine di storia. Certo, non mancarono gli effetti speciali: all’arrivo dell’arcivescovo il duomo si presentò completamente illuminato tanto che tutte le linee architettoniche, i rosoni ricamo di fate, la grande statua di San Cristoforo e le altre […] risaltavano in maniera fantastica; come il castello, che era illuminato da rosseggianti fiammate a testimoniare l’amore che unisce in una sola fede verso Dio e la Patria, piccola e grande, tutti i cittadini di Gemona. L’indomani dopo un susseguirsi incessante di messe si tenne alle 10 la messa pontificale celebrata dall’arcive- scovo. Durante la liturgia, trasmessa anche all’esterno da un eccellente impianto di amplificazione, il presule lanciò a tutta Gemona l’appello a ravvivare quella fede che suscitò opere insigni d’arte e di concordia come il duomo, un poema del sentire religioso degli antenati da cui è scaturito il coraggio cristiano dei gemonesi, delle loro opere, delle loro associazioni fra cui primeggia la Congregazione delle Figlie del S. Cuore di Gesù. Nel pomeriggio la sala consiliare del palazzo municipale ospitò la commemorazione ufficiale del senatore Pier Silverio Leicht, illustre storico, sul tema Il periodo storico dell’erezione del duomo. Un altro spettacolo di luci guizzanti nella notte fu la degna conclusione di una giornata indimenticabile al termine della quale anche Iddio parve sensibilmente contento della nostra concordia. Anche se un po’ trascurate dal programma delle giornate, le Figlie del Sacro Cuore ebbero egualmente modo di ricordare l’anniversario della loro Congregazione: nel pomeriggio della domenica assistettero, insieme con tutta la gioventù femminile della forania, ai vesperi solenni celebrati dall’arcivescovo mentre la sera prima avevano avuto modo di consegnare al presule una cospicua somma con cui costituire in perpetuo una borsa di studio per un seminarista povero del corso di teologia. Per molti gemonesi, che hanno la fortuna di ricordare la partecipazione personale a quelle giornate, si è trattato davvero di un momento indimenticabile; per noi, che non c’eravamo, rimane come consolazione il poter partecipare di quel fervore sfogliando il resoconto delle celebrazioni pubblicate nel numero di ottobre di Voce Amica e nell’eccellente numero speciale di 28 pagine (nella foto la copertina) dedicato al duomo cui tra gli altri concorsero, con poesie, articoli e saggi ricchi di un bell’apparato iconografico, Giuseppe Marchetti, Federico Pilutti, Antonio Rossitti, Antonio Tessitori Giuseppe Vale e lo stesso monsignor Monai. La stampa – su carta patinata! – era stata curata dallo Stabilimento Tipografico G. Toso in Gemona del Friuli. (continua) Fer Periodico parrocchi ale fondato nel 1933 Proprietà: Pieve di Santa Maria Assunta Parrocchia di Gemona – Periodicità trimestrale – Direttore resp. Mauro Vale – Aut. Tribunale Tolmezzo n. 163 del 04-04-2006 – Stampa: Arti Grafiche Friulane / Imoco spa, Tavagnacco (Ud) Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filiale di Udine In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a corrispondere la tassa prevista TAXE PERÇUE 33013 GEMONA (UD) TASSA RISCOSSA ITALY