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CULTURA E IMPRESA Il direttore della Fondazione Pirelli racconta un binomio vincente OUTLOOK | Settembre-Ottobre 2013 MODENA MONDO Il mondo sconosciuto di Walter Chappell Outlook Il Bimestrale di Confindustria Modena | Settembre-Ottobre 2013 | N.5 Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Bologna - Periodico Bimestrale - Euro 5,00 5 SCATTI AMERICANI Il campionato 2013-14 farà della nostra provincia una delle capitali del pallone A tutto calcio Il Sassuolo ricomincia dalla serie A, il Carpi dalla B. I tifosi canarini contano sulla nuova stagione del Modena. Risultati in buona parte frutto dell’impegno dell’imprenditoria locale Percorriamo ogni giorno migliaia di chilometri e raggiungiamo ogni destinazione. Mondo Corea del Sud, MODENA MONDO CULTURA E IMPRESA SCATTI AMERICANI Il direttore della Fondazione Pirelli racconta un binomio vincente Il mondo sconosciuto di Walter Chappell Outlook Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Bologna - Periodico Bimestrale - Euro 5,00 Il Bimestrale di Confindustria Modena | Settembre-Ottobre 2013 | N.5 studiodiade.com ABBIAMOUN SOLOOBIETTIVO: NONFERMARCIMAI. In questo numero COMITATO EDITORIALE Massimo Bruni, Vincenzo Cremonini, Rita Greco, Mario Mairano, Antonio Panini, Monica Pelliciari ART DIRECTOR Rosita Balestri, Beppe Preti REDAZIONE Raffaella Mazzali, Laura Ansaloni, Generoso Verrusio // spedizioni groupage e full load import ed export SEGRETERIA Simona Carnevali Telefono 059 448308 - Fax 059 448320 da e per tutte le maggiori destinazioni europee // servizio giornaliero groupage import/export da/per: Stoccarda HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: TESTI Ugo Bertone, Arianna De Micheli, Stefano Marchetti, Franco Mosconi, Massimiliano Panarari, Paolo Reggianini, Federica Vandini IMMAGINI Alessandro Fiocchi, Anzenberger, Consorzio per il Festival Filosofia di Modena, Contrasto, Elisabetta Baracchi e Serena Campanini, Fondazione Fotografia di Modena, Getty Images, ImagoEconomica, Pirelli, Rea, Redux, Reuters // distribuzione e ritiri in Italia con un proprio network // deposito doganale allo stato estero // magazzini di temporanea custodia doganale // consulenza e assistenza doganale stoccaggio e gestione del magazzino di capi appesi, dal campionario alla distribuzione Antonio Calabrò, giornalista economico oggi direttore della Fondazione Pirelli, approfondisce il legame tra industria e capacità di sviluppare idee in tutti i campi. PUBBLICITÀ PUBBLÌ Concessionaria editoriale S.r.l. Corso Vittorio Emanuele, 113 41100 Modena Telefono 059 212194 - Fax 059/226627 pubbli@pubbli.it STAMPA Arbe Industrie Grafiche - Modena Autorizzazione del Tribunale n. 1909 del 9 marzo 2009 L’economia reale degli under 35 Gli under 35 rappresentano una quota sensibile del Pil. È soprattutto il terziario a beneficiarne ma non mancano i neo imprenditori che si imbarcano nel manifatturiero. Un contributo evidente alla tenuta dell’economia italiana e una tendenza che fa ben sperare. Ritratti d’impresa Gruppo Cremonini Food e tanto altro Luigi Cremonini ha iniziato 50 anni fa con un piccolo macello a Castelvetro, sulle colline modenesi. In questi decenni produzione, distribuzione, foodservice e ristorazione sono stati i punti cardinali di un impero che oggi è conosciuto in tutto il mondo. Cultura Festival Filosofia, AMARE in tutte le sfumature È una delle passioni fondamentali dell’esperienza umana e anche un concetto chiave della tradizione filosofica. Da conoscere nelle diverse accezioni di eros, amicizia, generosità. Ma le profonde trasformazioni della nostra epoca costringono a ripensarlo sia nella sfera privata sia in quella pubblica. EDITORE Uimservizi S.r.l Via Bellinzona, 27/A - 41124 Modena ® ITALSEMPIONE S.p.A. Spedizioni Internazionali Filiale di Campogalliano Viale Italia, 1 // 41011 Campogalliano (MO) tel: +39.059.852611 // fax: +39.059.852645 e-mail: campogalliano@italsempione.it www.italsempione.it Antonio Calabrò: «Fare impresa è fare cultura» ILLUSTRAZIONI Guido Rosa // fashion service: trasporto, ricondizionamento, L’approfondimento L’intervista IMPAGINAZIONE Studio RBP // trasporti terrestri, marittimi ed aerei Barcellona, Madrid, Parigi, Colonia e Düsseldorf, L’Italia ha bisogno di attrarre capitali stranieri. Tra le opportunità vi sono le istituzioni finanziarie islamiche ma occorre conoscere meglio caratteristiche e limiti del sistema finanziario che sottosta alle regole della Sharia. Bimestrale di Confindustria Modena www.confindustriamodena.it comunicazione@confindustriamodena.it DIRETTORE RESPONSABILE Marzia Barbieri Economia Finanza islamica, questa sconosciuta A tutto calcio Il Sassuolo ricomincia dalla serie A, il Carpi dalla B. I tifosi canarini contano sulla nuova stagione frutto dell’imprenditoria del Modena. Risultati in buona parte fr utto dell’impegno egno dell’impr eenditoria locale DIRETTORE Giovanni Messori Sotto il 38° parallelo sono poco più di 46 milioni, ma in 60 anni sono diventati la quarta potenza economica dell’Asia. E rischiano di raggiungere gli Usa nel 2020. Intanto il reddito pro capite è più alto che in Europa, e anche la quota di investimenti in ricerca e istruzione. Il campionato to 2013-14 farà della lla nostra provincia ia una delle capitali ali del pallone Anno V - Numero 5 Settembre-Ottobre 2013 // servizi di logistica integrata il piccolo Paese dai grandi record Cultura Fotografia, il mondo sconosciuto di Walter Chappell Walter Chappell è il prototipo dell’artista hippie. Ha sempre evitato i circuiti commerciali e ha esposto raramente in Europa. Modena ospita la prima vera retrospettiva internazionale dedicata al fotografo statunitense scomparso tredici anni fa. Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 5 Sommario 9 EDITORIALE Partnership transatlantica di Franco Mosconi 10 14 ZOOM ECONOMIA 24 ECONOMIA Finanza islamica, questa sconosciuta di Ugo Bertone 34 L’INTERVISTA Antonio Calabrò: «Fare impresa è fare cultura» di Massimiliano Panarari 46 EVENTI Assemblea, incontro con l’impresa A cura di Raffaella Mazzali e Laura Ansaloni 64 APPROFONDIMENTO L’economia reale degli under 35 di Federica Vandini MONDO Corea del Sud, il piccolo Paese dai grandi record di Ugo Bertone 74 RITRATTI D’IMPRESA Cremonini, food e tanto altro di Arianna De Micheli 86 CULTURA Festival Filosofia: AMARE in tutte le sfumature di Stefano Marchetti 96 Fotografia, il mondo sconosciuto di Walter Chappell di Stefano Marchetti 106 SPORT La esaltante stagione del calcio modenese di Paolo Reggianini 113 LETTURE di Massimiliano Panarari Per molti sono luoghi comuni, per noi qualità rare. sempre La consulenza personalizzata e l’innovazione hanno sempr e fatto parte del nostro stile. Ecco perché, da oltre vent’anni, i nostri Clienti ci riconoscono una e cultura nel br superiore b okeraggio assicurativo. Un primato dimostrato anche dalla collaborazione con le principali Associazioni Industriali, dalla pubblicazione di studi sulla prevenzione del rischio e dall’adozione di avanzate tecniche di Risk Management. Inoltre, grazie alla nostra prresenza esenza all’estero, riusciamo a tutelarre e nazionali del nostri Clienti. Qualcuno ha detto che il al meglio gli interressi essi inter i brokeraggio un’arte. Di certo, con Assiteca, è diventato un fatto di cultura. 41124 MODENA - Via Giarrdini, dini, 474/M - T Tel. el. 059.2915111 - Fax 059.353414 assitecabsa@assitecabsa.it C’è una nuova luce per le tue idee. Editoriale | Franco Mosconi Partnership transatlantica Stati Uniti e Unione europea lavorano a un accordo per ridurre tutte le barriere. Quelle doganali ma anche quelle tecniche, come le differenze negli standard di produzione o nelle normative sanitarie o ambientali. Una nuova frontiera per competere meglio nell’era della globalizzazione Q uestioni di spionaggio permettendo, le grandi economie occidentali che si affacciano sulle due sponde dell’Atlantico, l’Unione europea e gli Stati Uniti, hanno molte cose interessanti da portare avanti insieme, in quest’ultima parte del 2013 e negli anni a venire. C’è, infatti, da attuare passo dopo passo la solenne dichiarazione congiunta del 13 febbraio scorso, firmata dal presidente Usa Barack Obama insieme al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, sulla creazione di una «Transatlantic Trade and Investment Partnership», partnership transatlantica sul commercio e gli investimenti. È stato Obama stesso a parlare espressamente delle potenzialità della partnership nel corso della sua visita a Berlino nel giugno scorso e, in particolare, durante una conferenza stampa con la cancelliera Angela Merkel. E a partire da luglio ha avuto luogo il primo round delle negoziazioni. Ora, aspetti procedurali a parte, che cosa di positivo c’è in gioco, nel campo dell’economia, con questo (potenziale) accordo? Potenziale, al momento, giacché le negoziazioni internazionali sono piene di insidie, come la storia insegna e come anche la recente cronaca si è incaricata di dimostrare, con la vicenda Datagate e il caso Snowden. Il primo punto del rapporto finale che Ue e Usa hanno predisposto prevede l’eliminazione o la riduzione delle barriere tariffarie (i dazi doganali) al commercio dei beni fra le due sponde dell’Atlantico. Il secondo punto sancisce, poi, l’abolizione delle barriere tecniche (o non tariffarie), come ad esempio i diversi s tandard tecnici di produzione, le diverse normative in materia di tutela sanitaria e ambientale, e così via. Sia le prime sia le seconde sono barriere che frammentano i mercati, anziché unirli, limitando per questa via le possibilità di crescita dimensionale delle imprese. Ancora: sono barriere che impediscono alla concorrenza internazionale di dispiegare positivamente tutti i suoi effetti, prot eggendo rendite di posizione nazionali. Ascolta. Pensa. Risolve. Sosteniamo le Imprese nella creazione di strutture IT in linea con le loro necessità, integrando diversi sistemi e offrendo soluzioni di elevata qualità; il tutto grazie all’efficiente ed efficace utilizzo delle tecnologie più adatte a raggiungere l’obiettivo. Il nuovo trattato tra Usa e Ue replicherà su scala più vasta ciò che l’Europa ha già realizzato: libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali Quando nel 1985 l’allora presidente della Commissione europea Jacques Delors lanciò lo storico programma di «completamento del mercato interno», sancito poi dall’Atto unico europeo del 1986, è proprio su questa seconda tipologia di barriere (quelle non tariffarie) che indirizzò gli sforzi della Cee, tenuto conto del fatto che il processo di integrazione europea aveva già positivamente risolto, dal Trattato di Roma del 1957 in poi, la questione dei dazi doganali. Per amore di semplicità possiamo, dunque, affermare che oggi con la Partnership transatlantica l’intendimento è di replicare, su una scala enormemente più vasta, ciò che nell’Europa unita è stato storicamente edificato, e che siamo soliti riassumere con le «quattro libertà» di circolazione: beni, servizi, persone e capitali. Una scala più vasta, dicevamo. Insieme, la Ue e gli Usa danno ancora oggi conto di circa la metà del Pil mondiale e del 30 per cento del commercio mondiale. Dallo studio preparatorio dei due governi, apprendiamo poi che «il commercio bilaterale in beni e servizi ammonta, ogni giorno, a un valore di 2,7 miliardi di dollari (due miliardi di euro). Sulle due sponde dell’Atlantico, gli Usa e la Ue hanno investito direttamente più di 3,7 trilioni di dollari (2,8 trilioni di euro)». In conclusione, i benefici economici della partnership, una volta andata a regime, sarebbero rilevanti per gli europei: 119 miliardi di euro all’anno. Ma, giova ripeterlo, la strada verso questo trattato internazionale è ancora lunga. È, d’altro canto, importante volgere lo sguardo, soprattutto dal cuore dell’Europa produttiva e manifatturiera, dove l’Emilia-Romagna si trova, verso questa nuova frontiera. Competere con i Bric e tutti gli altri Paesi emergenti non sarà vissuta più come una missione impossibile. L’autore insegna Economia industriale all’Università di Parma e European Industrial Policy al Collegio Europeo di Parma, dove siede nel comitato scientifico. www.adcsrl.it | info@adcsrl.it Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 9 D A L O R A CONFINDUSTRIA MODENA Detassazione indennizzi assicurativi Pietro Ferrari: ascoltate le istanze delle imprese l Parlamento ha confermato la detassazione dei contributi pubblici per gli immobili danneggiati dal sisma del maggio 2012, ricomprendendo gli indennizzi e risarcimenti assicurativi, inizialmente non contemplati. «Si tratta di un risultato indispensabile e molto atteso dalle nostre imprese. E di un ulteriore passo avanti verso il completamento del quadro degli interventi dello Stato per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive», conferma Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Modena, cui si è unito anche il giudizio positivo del presidente di Confindustria Emilia-Romagna Maurizio Marchesini. «Un apprezzamento particolare va al gioco di squadra P I Ù 1 9 5 8 C H E C O S T R U I A M O M A I R I S O L L E VA R E S A P P I A M O I L N O S T R O P E R C O M E V O I FA R L O P E R T E R R I T O R I O ! I NOMINE Camera di Commercio, Maurizio Torreggiani confermato alla guida dell’ente Zoom economia l nuovo consiglio della Camera di Commercio di Modena nella sua prima riunione ha provveduto all’elezione del presidente della Camera per il quinquennio 20132018. I 33 membri, in rappresentanza delle diverse componenti dell’economia provinciale, hanno eletto con voto unanime, Maurizio Torreggiani che viene così riconfermato alla presidenza dopo il suo primo mandato svolto dal I tra le forze economiche e le istituzioni che hanno permesso questo risultato», conclude Ferrari, «così come un sentito ringraziamento è d’obbligo verso il Commissario Errani, i ministri e i parlamentari della nostra regione per avere perseguito con grande determinazione questo obiettivo». 2008 ad oggi. Tra i rappresentanti del mondo industriale, quattro provengono dal sistema Confindustria: il direttore di Confindustria Modena Giovanni Messori, Rossella Po, Franco Vantaggi e Massimo Bruni. «Questo nuovo mandato ci vedrà fortemente impegnati», è il commento di Torreggiani, «a supportare in modo fattivo le imprese modenesi che, tra tante difficoltà, stanno fronteggiando questa congiuntura negativa senza precedenti. La nostra responsabilità, il nostro impegno e i nostri sforzi saranno moltiplicati per venire incontro alle stringenti esigenze del territorio». Sotto, i 33 membri del nuovo consiglio camerale Acimac, eletto il consiglio direttivo • SOPRALLUOGHI e VALUTAZIONE DANNI • MESSA in SICUREZZA ’Assemblea generale di Acimac (l’Associazione costruttori italiani macchine e attrezzature per ceramica) ha eletto i membri del consiglio direttivo che affiancheranno il presidente Fabio Tarozzi e i vicepresidenti, Paolo Lamberti, Fabio Schianchi e Paolo Sassi, nella guida dell’associazione nel prossimo quadriennio. Sono Emilio Benedetti (Lb Officine Meccaniche), Antonella Dolcini (Ingegneria Ceramica), Andrea Giambi (Torrecid), Claudio Marani (Sacmi Imola), Franco Ponsone (Ancora), Pierluigi Ponzoni (Lema), e Franco Stefani (System). L Sopra, Villa Marchetti, sede dell’Acimac • PROGETTAZIONE Ricostruzione POST-SISMA • PRATICHE per RICHIESTA CONTRIBUTI • RISTRUTTURAZIONE e RICOSTRUZIONE • ADEGUAMENTO SISMICO Chiavi in mano Azienda certificata ISO 9001:2008 e attestata SOA DAL 1958 COSTRUIAMO PER VOI Le nostre case... la nostra storia! 10 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 S. Felice sul Panaro (MO) - tel. 0535 84242 - info@stabellini.it - www.stabellinicostruzioni.com ’assemblea di Confindustria Ceramica ha eletto all’unanimità Vittorio Borelli come presidente per il biennio 2013-2015. Borelli, 42 anni, si è laureato nel 1995 in Scienze politiche all’Università di Bologna e, dopo uno stage a Chicago presso l’American International, azienda attiva nella commercializzazione di prodotti ceramici, è entrato nell’aprile del 1996 in Fincibec con il ruolo di area manager per i mercati d’oltremare. Dal 2000 ha ricoperto l’incarico di direttore generale del marchio Century e Vittorio Borelli dal 2008 è amministratore delegato di Fincibec. Sono stati anche designati dal consiglio direttivo i quattro vicepresidenti: Ennio Manuzzi (Ceramica Sant’Agostino), Luca Mussini (Gruppo Concorde), Alessandro Scopetti (Simas), Mauro Vandini (Marazzi Group). L comune deve essere arrivare a definire un sistema di soluzioni virtuose, capaci di assicurare modalità e tempi certi, cioè i 60 giorni previsti dalla normativa comunitaria e nazionale». IMPRESE La tecnologia System convince Spagna e Turchia distanza di pochi mesi dalla presentazione della nuova tecnologia per la produzione di lastre perfettamente planari e dopo la partnership con la ceramica spagnola The Size, System registra un A o sforzo della Regione EmiliaRomagna per destinare fondi al pagamento delle imprese fornitrici di beni e servizi che vantano crediti nei confronti delle Asl è un segnale positivo, ma occorre accelerare ulteriormente i tempi: a sostenerlo è il presidente della Commissione sanità dell’associazione degli industriali emiliani Marco Chiadò Piat. «In particolare, abbiamo apprezzato lo sforzo economico della Regione con uno stanziamento di 268,5 milioni di euro, che si aggiungono ai 424 milioni già riservati dal governo alla Regione per il pagamento dei debiti sanitari maturati al 31 dicembre 2012, che portano a un ammontare complessivo di 692,5 milioni. È un messaggio importante verso le imprese del comparto sanitario, soprattutto in questa fase congiunturale critica. Per Confindustria «l’obiettivo L 12 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 ’attenzione verso la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, ma non solo, in Smurfit Kappa si manifesta concretamente da anni. La sede di Camposanto (uno dei 22 stabilimenti in Italia del colosso multinazionale leader negli imballaggi a base carta con circa 41.000 impiegati in 32 Paesi) ha aderito al progetto «Safety Bridge», ideato da Ceper (Centro per la prevenzione dei rischi), per trasferire la prevenzione dei rischi dagli ambienti di lavoro agli ambienti domestici. Inoltre Smurfit Kappa ha istituito un progetto pilota nell’ambito della prevenzione clinica dando l’opportunità a tutti i propri dipendenti di effettuare esami specialistici completamente gratuiti (ecografia e mammografia per le donne, elettrocardiogramma ed ecocardiogramma per gli uomini). L Sicura Mente Un momento della presentazione del progetto «Safety Bridge» alla Smurfit Kappa di Camposanto SANITÀ Industriali emiliani: bene la Regione sul pagamento delle imprese Sicurezza e salute secondo Smurfit Kappa sts italiana Confindustria Ceramica, Vittorio Borelli nuovo presidente Da sinistra, Franco Stefani, presidente della System, con Erkan Gural, proprietario della Kutahya Seramic altro successo con il gruppo turco Kütahya Seramic, leader del Paese e numero uno al mondo nella produzione di stoviglie, che ha scelto la tecnologia dell’azienda di Fiorano Modenese, specializzato in sistemi automatizzati nel settore ceramico. Il nuovo sistema «100% System» permette di ottenere piastrelle perfettamente piane, eliminando la sgrossatura, una delle fasi di lavorazione. «Questo processo industriale è la prima tecnologia che imprime un’autentica svolta “verde” nel settore ceramico», conferma Franco Stefani presidente della System, «per il risparmio sia di materia prima sia di energia nella fase di pressatura». Kütahya Seramic, che ha confermato ulteriori investimenti dal 2015, nei suoi cinque impianti in Turchia produce ogni anno 20 milioni di metri quadri di ceramica. Lo stabilimento modenese, che occupa 125 persone, ha ottenuto nel 2010 la Certificazione del sistema di sicurezza sul lavoro Ohsas 18001 e nel 2011 il riconoscimento «Plant of the year» quale miglior stabilimento del gruppo in Italia per i risultati economici, produttivi e in materia di salute e sicurezza sul lavoro. BREVETTI MODELLI D’UTILITÀ DESIGN MARCHI DIRITTO D'AUTORE INTERNET NUOVE VARIETÀ VEGETALI CONSULENZA TECNICO-LEGALE RICERCHE SORVEGLIANZE Positivo il bilancio 2012 di Cpl Concordia ell’anno del terremoto, nonostante le gravi difficoltà, la società multiutility modenese è riuscita a ottenere risultati positivi: il valore della produzione ha toccato i 411,4 milioni di euro, in aumento del 6 per cento rispetto al 2011. Il presidente Roberto Casari conferma gli indici positivi e rilancia l’internazionalizzazione del gruppo con acquisizioni in America e Africa. Nei primi mesi 2013 l’azienda ha già assunto 40 addetti e ricerca 20 nuove posizioni nei settori ingegneristico e tecnologico in Italia e all’estero. N Proteggere le idee, valorizzare i progetti, vincere la concorrenza. Luppi&Crugnola Consulenti in Proprietà Industriale Intellectual Property Attorneys MODENA | BOLOGNA | MILANO | www.lcpat.com | info@lcpat.com Da sinistra: una veduta notturna di Busan, la città portuale più grande della Corea; «movida» nelle vie del centro di Seul Mondo | Il Nord Est asiatico Viaggio in Corea del Sud dove il futuro è già cominciato Il piccolo PAESE dai grandi record Sotto il 38° parallelo sono poco più di 46 milioni, ma in 60 anni sono diventati la quarta potenza economica dell’Asia. E provano a raggiungere gli Stati Uniti. Intanto il reddito pro capite è più alto che in Europa, e anche la quota di investimenti in ricerca e istruzione di Ugo Bertone 14 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 L a prima linea del metrò di Seul è stata inaugurata solo nel 1974. Oggi nel sottosuolo della capitale corrono tredici linee con 380 fermate-supermarket. Già, perché in Corea del Sud sempre più spesso la spesa la si fa alla stazione del metrò o, addirittura, in attesa dell’autobus. Nessun orario di apertura e chiusura, nessun carrello, nessuna coda alle casse, ma soprattutto «banchine» al posto d ei banconi: sulle pareti sono stati montati dei pannelli retroilluminati (o una più semplice colonnina alla fermata dell’autobus) dove attraverso delle fotografie vengono riprodotti fedelmente i ripiani di un qualsiasi punto vendita dell’ipermercato. Frutta, verdura, carni, formaggi prendono posto sugli scaffali a due dimensioni dei negozi sotterranei e a ciascuna merce è abbinato un codi- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 15 Mondo | Il Nord Est asiatico ce QR che sta per Quick Response. Acquistare è semplice, basta un click. I clienti infatti devono solo fotografare con il proprio smartphone i codici abbinati ai prodotti e questi verranno automaticamente aggiunti a un carrello della spesa virtuale. Al termine degli acquisti l’utente indicherà l’orario in cui preferisce ricevere la spesa e invierà il tutto, via sms a Homeplus (una società creata dal colosso della grande distribuzione Tesco con Samsung) che provvederà a fargli recapitare la spesa direttamente a casa. Benvenuti nella terra della banda larga, dove l’elettronica è davvero di casa. Con ricadute tanto imprevedibili quanto eccellenti nei risultati. Come ha riconosciuto, di recente, il professor Alexander Zahlten presentando ad Harvard Park Jae-Sang, l’ex studente di econom ia di grande insuccesso («Mi chiamavano», ha confessato il rapper coreano, «Wwf, ovvero withdrawal-withdrawal-failure, che sta per ritirati-ritirati-fallimento»), diventato d’un botto il più grande successo della musica digitale degli ultimi anni. Park Jae-Sang è Psy, l’inventore del gangnam style (dal nome del distretto di Seul in cui Psy è nato nel 1977) cantato e ballato da due miliardi di persone, presidente Obama compreso. «Psy», ha ricordato il professore di Harvard, «è l’esempio più brillante della capacità della Corea di combinare l’abilità dei programmatori di videogiochi, le star dello spettacolo e le opportunità offerte dall’intrattenimento via Internet. La Corea è l’avanguardia della cultura digitale». Le statistiche ci informano che le utenze dotate di Internet ad altissima v elocità sono ormai il 100,6 per cento della popolazione. Sì, ogni coreano ha a disposizione la banda larga casalinga ma anche reti mobili 4G un po’ dappertutto (Lte e Wimax), per non parlare degli hotspot wi-fi a ogni angolo di strada. Non c’è da stupirsi visto che quasi 30 milioni di coreani (poco più della metà della popolazione) possiede uno smartphone dotato nove volte su dieci di Kakao Talk, un’applicazione che consente le chiamate via Voip, cioè tramite Internet, e di mandare messaggi istantanei. Nelle tasche di un coreano non manca mai uno smartphone. O una carta di credito. Solo gli americani battono i cittadini di Seul in questa classifica: 2,8 card a testa contro 2,4. Ma la Corea si avvicina al primato in fretta, forse troppo visto che il Fondo monetario internazionale in - I PRIMATI DELLA COREA DEL SUD 15a economia mondiale, quarta in Asia 1a nella cantieristica navale e nella produzione di schermi Lcd 1a per connessioni Internet in banda larga 2° produttore di telefoni cellulari 3° produttore di semiconduttori 5° produttore nel settore delle autovetture 2a per livello d’istruzione (dopo Israele) 5a per investimenti in ricerca tecnologica Nel 2012 gli investimenti coreani all’estero hanno toccato i 23 miliardi di dollari; le primarie destinazioni sono Usa e Cina. I maggiori investitori in Corea invece sono le imprese europee con oltre 100 miliardi di dollari L’export italiano verso la Corea del Sud nel 2012 è stato di 4,8 miliardi di dollari (+10,4% rispetto al 2011), mentre le importazioni sono di 3,2 miliardi Jay Y. Lee, rampollo della dinastia Samsung, da sei mesi vicepresidente della multinazionale dividua nella crescita dei debiti delle famiglie il possibile tallone d’Achille della Corea del Sud, la quarta economia dell’Asia per dimensioni (dietro Cina, Giappone e India) ma con un reddito pro capite di 31.750 dollari, più della media europea (31.550) e ancor di più dell’Italia (30.404 dollari). Ma lo Stato ha saputo sfruttare questo vizio: la riforma fiscale del 1998 ha infatti i ntrodotto un sistema di deduzioni dalle imposte per gli acquisti effettuati con le carte di credito. Con un incentivo: le ricevute degli acquisti con carte di credito partecipano a una lotteria nazionale. Il risultato? Il sommerso è calato del 5 per cento. La Corea, insomma, fa parte di quella cerchia fortunata di Paesi dove la gente guarda al futuro con fiducia. Cosa che pare incredibile, visto che su Seul e Busan (la seconda città più popolata della Corea del Sud) incombe la minaccia nucleare del vicino più scomodo Secondo il docente di Harvard Alexander Zahlten il rapper Psy, inventore del Gangnam style, «è l’esempio più brillante della capacità del suo Paese di combinare l’abilità dei programmatori di videogiochi, le star dello spettacolo e le opportunità offerte dall’intrattenimento via Internet. La Corea del Sud è l’avanguardia della cultura digitale» 16 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 che ci sia: la Corea del Nord, saldamente nelle mani dell’esercito e del comandante in capo Kim Jong-un, forte di un esercito di 1,2 milioni di uomini e dell’arma nucleare. Ovvero 49 soldati ogni mille abitanti, senza contare i riservisti, che possono sbucare a sud del 38° parallelo grazie ai tunnel segreti in grado di permettere lo spostamento di 30.000 soldati in un’ora: ne sono stati trovati quattr o, ma secondo fonti americane ce ne sarebbero almeno altri 20. I coreani di Seul si sono abituati, nel corso degli anni, alle intemperanze dello scomodo e bizzarro nemico, la cui nomenklatura fa ottimi affari con la borsa nera e il contrabbando, e ancor più appaltando braccia (salario mensile tra i due e i cinque dollari) nella zona smilitarizzata a vantaggio dei capitalisti del Sud. Ma ad aprile, quando la minaccia è diventata più concreta, per la prima volta le famiglie di Seul hanno fatto scorta di acqua minerale e bombole Ted Chung, erede dell’impero Hyundai di gas. Poi Jay Y. Lee, il rampollo della dinastia Samsung da sei mesi vicepresidente della multinazionale, è rientrato a Seul da una lunga missione anti-Apple in Usa. «Vedete che siamo al sicuro?», hanno commentato con entusiasmo i giornali della capitale. «Ci fosse pericolo il nostro industriale più importante non correrebbe un rischio del genere». Benvenuti in Corea, terra di automobili che (vedi Hyundai) hanno superato le performance stellari di Toyota, ma anche dei cantieri che sfornano le navi a tre «e», che stanno per ecologia, efficienza ed energy saving. Per non parlare di smartphone e tablet targati Samsung che hanno ingaggiato, vincendola, la battaglia con Apple. O del derby in famiglia tra Samsung e Lg per i migliori schemi tv del pianeta. Eccoli i buoni frutti di una politica saggia e previdente: da più di vent’anni la Corea del Sud investe più del 3 per cento del pro- I coreani fanno larghissimo uso di carte di credito, battuti in questa classifica solo dagli americani. Lo Stato ha saputo sfruttare la cosa: è previsto un sistema di deduzioni dalle imposte per gli acquisti con le carte di credito. In più, quelle ricevute partecipano a una lotteria nazionale. Il risultato? Il sommerso è calato del 5 per cento Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 17 Da sinistra: una giovane coreana in costume tradizionale scatta una foto durante una cerimonia al Namsangol Hanok Village di Seul; il rapper Psy, inventore del gangnam style dotto interno lordo in ricerca e sviluppo. Nei tre colossi Samsung, Lg e Hyundai la percentuale oscilla tra l’8 e il 10 per cento. Ma non è solo questione di soldi. Tutt’altro. I coreani, tanto per cominciare, lavorano duro: 2.200 ore all’anno a testa, al secondo posto nel mondo dietro Taiwan. E studiano ancor di più: nessun Paese spende tanto per l’educazione secondaria. Solo la Finlandia e Singapore ottengono risultati migliori nei test sulla preparazione scolastica. Ma il regno degli ingegneri e degli sgobboni è anche una terra promessa del fashion, dove s’impone lo stile che si ritroverà più avanti nelle vetrine di Shanghai e di Hong Kong e in tutte le altre capitali del lusso d’Asia. Merito, come nel caso di Psy, del primato coreano nell’economia dell’entertainment. Il «drama» coreano definisce un format tv che assomiglia da vicino alle soap opera che spopolano in tutta l’Asia, ma anche in America Latina. Storie di 30 puntate o anche più in cui si raccontano amare sto rie di triangoli amorosi (in cui di solito l’eroina femminile si innamora di un cattivo ragazzo che la maltratta o trascura) ma anche problemi le- I numeri | Una potenza di Paese Nonostante i suoi 99.269 chilometri quadrati e i poco più di 46 milioni di abitanti, la Corea del Sud rappresenta la quarta potenza economica dell’Asia dopo Giappone, Cina e India, ma con un reddito pro capite (31.750 dollari) più alto della media europea. È un Paese tecnologicamente avanzato, il secondo al mondo per diffusione e utilizzo di tecnologie Ict, primo per utilizzo di telefonia mobile, l’unico al mondo ad avere il 100 per cento delle utenze con una connessione internet in banda larga e uno dei più efficienti in materia di pagamento e trasferimento di valuta per via elettronica. Fautori di questo sviluppo sono le multinazionali coreane, in particolare Samsung, Hyundai, Lg e Sk: nel 2011 il fatturato dei primi dieci gruppi industriali ha costituito il 77 per cento del Pil del Paese. La Corea ha un’economia che si regge tradizionalmente sull’export, ma essendo povera di risorse naturali dipende molto dall’importazione di fonti energetiche. Importa il 97 per cento del suo fabbisogno energetico e l’81 per cento del petrolio importato proviene dai Paesi del Medio Oriente. La domanda in continua crescita ha indotto la Corea a diversificare le proprie fonti e a rafforzare i rapporti con i Paesi in via di sviluppo ricchi di risorse naturali. Secondo il World Factbook della Cia (un database mondiale con i dettagli su ogni singola nazione), su 227 Paesi la Corea è posizionata al tredicesimo posto per maggior potere d’acquisto. Il rapporto 2012 del World Bank «Doing Business» ha inserito la Corea all’ottavo posto su un totale di 185 Paesi: la Corea è stata promossa a pieni voti per quanto attiene il rispetto delle norme legislative in ambito contrattuale e l’efficienza nel trasferimento di energia elettrica e di merci oltre- confine. L’Unione europea nel 2011 è stata la seconda destinazione delle esportazioni coreane e il suo terzo maggiore partner commerciale, dopo Cina e Giappone. Inoltre le imprese europee sono state i maggiori investitori esteri, con scambi commerciali che hanno toccato i 100 miliardi di dollari. Nonostante tutto questo, vi sono tuttavia ancora ostacoli che impediscono una maggiore partecipazione straniera all’economia coreana, a cominciare dall’instabilità politica, derivante dall’incognita della Corea del Nord e i suoi propositi nucleari, fino a fattori più immediati quali le elevate spese fiscali e i costi di produzione, in particolare l’affitto degli immobili e il costo della manodopera, che pur essendo preparata e con un alto livello d’istruzione, richiede un compenso non paragonabile a quello applicato in altri Paesi asiatici. Seul è terra di prodotti (auto, navi, tablet, schermi lcd) che hanno sbaragliato la concorrenza mondiale. Dietro a questo vi sono più di vent’anni di investimenti in ricerca e sviluppo. Ma anche in educazione: solo la Finlandia e Singapore ottengono risultati migliori nei test sulla preparazione scolastica. E si lavora tanto: 2.200 ore all’anno a testa, al secondo posto nel mondo dietro Taiwan 18 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 www.gruppobper.it Gruppo BPER. La nostra forza è la tua forza. Mondo | Il Nord Est asiatico gati all’attualità economica. Il successo è clamoroso, al punto che le dive coreane (molto carine per lo più) sono le star più note in tutta l’Asia, dal Giappone alle Filippine o ad Hong Kong, dove due canali tv sono dedicati al genere e a tutto quanto è made in Seul. «I nostri artisti rappresentano un simbolo per i giovani di tutta l’Asia», spiega soddisfatto Choi Eun-a di SM En tertainment, l’agenzia delle Girls Generation, la band più popolare del continente asiatico, società che il Nikkei, il quotidiano finanziario più importanti del Giappone, ha definito «la nuova Samsung». Samsung sta al miracolo coreano come la General Motors anni Cinquanta sta al boom americano. Un gigante che oggi conta 83 società (19 quotate in Borsa) che si occupano un po’ di tutto, dall’elet tronica alla finanza, dalle costruzioni ai cantieri navali fino al biomedicale. Un colosso che vanta un fatturato di 220,1 miliardi di dollari, con utile di 22,3 miliardi. La storia di Samsung, assieme a quella di Hyundai, accompagna passo dopo passo la storia del riscatto di quella che, a metà del secolo scorso, era ancora una delle terre più povere del mondo, trattata con disprezzo e un non celato spirito razzista dai nipoti dei samurai. Sam- sung è il chaebol ( da «chae» cioè ricchezza e «pol» ovvero clan) più potente del Paese. Chaebol sta a indicare un conglomerato di industrie e servizi che fanno capo a una sola famiglia, godendo di un potere immenso che invano, ai tempi della crisi asiatica, il potere politico su spinta dell’Fmi ha cercato di smobilitare: qualche chaebol è caduto sotto la scure dell’antitrust, altri (vedi Samsung, Hyundai e Lg) sono diventati ancora più forti. Oggi in Corea un lavoratore su quattro lavora per uno dei tre giganti che, da soli, rappresentano più di metà dell’export del Paese settima potenza industriale del pianeta. Un fenomeno che ha dato un impulso straordinario agli investimenti e alla tecnologia made in Corea, a conferma che nell’economia che guarda al futuro solo «grande è bello». Ma è anche un motore di corruzione, pressioni indebite sulla politica e di scelte manageriali all’insegna del nepotismo: le carriere in Samsung o in Hyundai seguono, accanto (o sopra) la logica del merito quella delle clientele familiari e dei clan, con tutti i rischi del caso. Nel 1987 il Paese seguì con il fiato sospeso il passaggio dello scettro del comand o in Samsung dal fondatore al figlio Lee Kun-hee. Ora la storia si ripete con Gli ultimi 60 anni per la Corea del Sud sono la dimostrazione che si può passare dalla miseria più nera al sorpasso nei confronti degli Usa che, a questo ritmo, saranno raggiunti poco dopo il 2020 in quanto a reddito pro capite Banca Popolare dell’Emilia Romagna Banca della Campania Banca di Sassari Banca Popolare del Mezzogiorno Banca Popolare di Ravenna Consulenza Strategica Aziendale Manufacturing e Servizi Banco di Sardegna Cassa di Risparmio di Bra Questo è il marchio del Gruppo BPER. Un gruppo bancario composto da 7 banche con oltre 1300 sportelli e 11000 uomini. Luglio/Agosto 2013 - OUTLOOK 18 Rapid Continuous Improvement World W orld Class Manufacturing Mondo | Il Nord Est asiatico IL VALORE DEL TEMPO Atelier di orologeria - gioielli - Orologi d’epoca e moderni L’atelier Daniela Nardi nasce dalla passione per l’orologeria d’alta gamma. Gioielli ed orologi nuovi e da collezione sono garantiti 24 mesi; il laboratorio interno è qualificato per ogni tipo di riparazione. Concessionaria esclusiva Via Castellaro, 8 - 41121 Modena / Tel: +39 059-4279430 visita il nostro nuovo e-commerce: www.danielanardi.it l’ascesa, nel dicembre scorso, di Jay Y. Lee, il nipote del fondatore, a vicepresidente di Samsung. A 44 anni Jay Y. Lee, una laurea in storia dell’Asia orientale più un Mba alla giapponese Keio University e un dottorato alla Harvard Business School, è già uno degli uomini più potenti del mondo. A lui la missione di trasformare Samsung da produttore focalizzato sui prodotti e sulla componentistica a provider di soluzioni tecnologiche a tutto tondo, così come suo padre seppe traghettare una grande azienda low cost a marchio tecnologico di riferimento nei più importanti segmenti di mercato. Intanto Ted Chung, l’erede dell’impero Hyundai, si sta dimostrando un genio del marketing capace di cavalcare la febbre dei consumi. A Seul circolano milioni di carte di credito emesse dalla Hyundai Financi al Services, un’altra idea geniale di Chung. Come funzionano? A chi compra un’auto Hyundai vengono regalati 2.000 punti da spendere in prodotti Hyundai, prodotti che daranno diritto ad altri punti. E ad altre emozioni: solo i possessori dei punti necessari hanno potuto assistere al concerto di Lady Gaga a Seul, «la più bella emozione della mia vita» assicura Chung, che pur essendo erede di una d elle grandi dinastie dell’auto in azienda si muove solo in bicicletta. Anche questo si vede a Seul, 11 milioni di abitanti, capitale della nazione con le donne più belle d’Asia, e terra di una democrazia che, dopo la parentesi del dittatore Park Ching-hee, dal 1963 al 1979, sembra avere basi solide. Anche perché poggia su un’equa distribuzione del benessere: l’indice internazionale Gini, che misura il divario di reddito tra ricchi e poveri, assegna alla Corea del Sud un coefficiente di 0,31 punti, poco sotto le democrazie scandinave ma davanti al Canada. Insomma, in mezzo secolo o poco più si può passare dalla miseria più nera a vedere il sorpasso nei confronti degli Usa che, a questo ritmo, saranno raggiunti in quanto a reddito pro capite poco dopo il 2020. Il miracolo è possibile. Gr azie agli investimenti in cultura e formazione che magari sfociano nel gangnam style. • Economia A sud del Mediterraneo L’Italia ha bisogno di attrarre capitali stranieri. Tra le opportunità vi sono le istituzioni finanziarie islamiche, che però obbediscono a regole diverse dalle banche convenzionali. È tempo di conoscere meglio caratteristiche e limiti del sistema finanziario regolato dalla Sharia di Ugo Bertone ( ( In tempi di credit crunch, anche il mondo islamico merita più considerazione come interlocutore finanziario Q uali e quante società quotate alla Borsa di Milano potrebbero esser comprate da un fondo di investimento che risponde ai criteri della finanza islamica? Un gruppo di lavoro dell’Aiaf, l’associazione italiana degli analisti finanziari, ha cercato di dare una risposta alle domande selezionando, in un arco temporale che va dal 2002 al 2012, le aziende italiane quotate che rientrano nella Sharia compliance. Il risultato è un paniere di titoli di Borsa Italiana che raggiunge circa il 16 per cento dell’intero listino. Un numero non molto alto, cosa che in effetti non stupisce visto il ricorso storicamente elevato alla leva finanziaria da parte delle società italiane, ma non accettata dalle norme islamiche. Ma, prima di entrare nel merito, è forse utile rispondere a questo: a quali criteri deve sottostare una società per essere considerata politically correct ai sensi della Sharia (in arabo «legge»), e che sacrifici si chiedono a un’azienda per rispettarne i dettami? La finanza islamica, in sintesi, è il risultato di una serie di concetti morali, etici, di governance, limitativi ma non vincolanti ai fini dell’attività di banca, che rimane nelle forme e negli strumenti, perfettamente legale e del tutto uguale a quella tradizionale. La differenza fondamentale è che i principi della Sharia, fon- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 25 Economia | A sud del Mediterraneo Focus | Per saperne di più e istituzioni finanziarie islamiche sono presenti in 65 Paesi con asset oggi stimati per oltre un miliardo di dollari e tassi di crescita intorno al 10-15 per cento negli ultimi anni. Si contano circa 350 istituzioni bancarie, 500 fondi d’investimento e 100 emittenti di sukuk (certificati, l’equivalente delle nostre obbligazioni, comprese quelle pubbliche). Le società assicuratrici (takaful) sono un’ottantina. I principali operatori si distinguono in due tipologie. Di natura bancaria: Islamic Commercial Banks (retail); Islamic Investment Banks (principalmente di natura wholesale); Islamic Subsidiaries (principalmente di grandi gruppi multinazionali come Citibank, Hsbc, Ubs); Islamic Windows (alternativa all’apertura di sussidiarie). Di natura non bancaria: Takaful Companies; Asset Management Companies; Islamic Investment Funds. In genere il dato dimensionale sinora ha fatto riferimento ad operatori di piccole dimensioni e di nicchia con bassa diversificazione geografica. Nei Paesi musulmani si va da sistemi finanziari totalmente islamizzati (Iran, Sudan) a sistemi misti (finanza islamica e convenzionale) sia con regolamentazioni ad hoc (Malesia, Bahrein) sia in assenza di formale regolamentazione (Arabia Saudita). Nei Paesi occidentali sono presenti strutture ad hoc di banche convenzionali: Regno Unito (Hsbc, L data sul Corano, sono del tutto essenziali e indispensabili per una banca islamica. «La finanza islamica», spiega Enrico Giustiniani, coordinatore della ricerca, «è un modo di fare finanza, perfettamente legale e ampiamente diffuso specie nei Paesi dove è prevalente la religione islamica, senza l’uso degli interessi (ribà), proibiti dall’Islam. Il risparmiatore e il creditore partecipano al rischio d’impresa, condividendo con la banca utili e perdite. Gli altri aspetti peculiari sono: il divieto di pratiche economiche che implicano incertezza o ambiguità (gharar), il divieto di speculazione (maisir), il divieto di investire in attività proibite dal Corano (haram), come attività bancarie convenzionali legate a interessi, alcool, tabacco, gioco d’azzardo, scommesse, società di biotecnologia coinvolte nell’ingegneria genetica umana o animale, produzione di armi, assicurazioni sulla vita, produzione, lavorazione e ogni altra attività riguardante i suini». La selezione delle aziende quotate in Borsa compatibili con la finanza islamica, individuata dopo alcune ponderazioni curate da Daniele Cappellini (uno degli autori della ricerca, coordinata da Enrico Giustiniani, assieme a Giancarlo Brugnani, Diego Riccardi, Tatiana Eifrig, Alessandra Tami e Giuseppe Rocca) ha un aspetto assai diverso dal paniere Ftse Mib, da sempre dominato dalle banche, energia e le 26 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Standard Chartered) Francia (Bnp Paribas) Svizzera (Ubs) Olanda (Anb Amro) Usa (Citigroup). La finanza islamica sta esprimendo le massime potenzialità in termini di crescita e redditività nei sistemi bancari misti dove l’operatività trae stimolo dalla presenza di banche convenzionali e da consolidamenti dimensionali. È il caso della Malesia, degli Emirati Arabi Uniti ma anche dell’Inghilterra. La Malesia è per esempio. la sede della Islamic Financial Service Board, istituzione che definisce i criteri prudenziali e di stabilità finanziaria e dove è stato sviluppato il primo mercato interbancario islamico. Le potenzialità di sviluppo di un mercato retail sono particolarmente interessanti in Europa, dove alcuni Paesi (tra cui l’Italia) sono oggetto di flussi migratori crescenti di popolazioni musulmane che tendono a stabilizzarsi (in alcune realtà come Regno Unito e Francia siamo già alla terza generazione). Questa prospettiva è all’attenzione degli organismi di regolamentazione in Germania, Olanda, Francia. Ma sinora è stata soprattutto l’Inghilterra a cogliere il carattere innovativo del fenomeno e a predisporre le necessarie variazioni alla normativa per far rientrare la finanza islamica nell’alveo della normativa finanziaria generale (in Malesia invece è stata predisposta una normativa ad hoc). n po’ in tutta Europa le banche si sono mosse verso la finanza islamica. A cominciare dal Regno Unito, dove il volume delle attività era di 509 miliardi di dollari nel 2006 e ha raggiunto i 1.290 miliardi a fine 2011. L’obiettivo per l’Italia potrebbe essere non tanto «fare» finanza islamica ma far emergere le realtà italiane che soddisfino i requisiti per diventare buone possibilità di investimento per le istituzioni islamiche alla ricerca di buone opportunità U utility. In particolare, a fine 2012 la squadra risultava composta da: Acotel Group, B&C Speakers, Bonifiche Ferraresi, Cembre, Diasorin, Eni (fino al 2008), Geox, L’Espresso, Luxottica, Marcolin, Mediaset, Nice, Parmalat, Recordati, Retelit, Sabaf, Saes Getters, Saipem. Save, Società Aeroporto Toscano, Sorin, Tenaris, Tod’s eYoox. Insomma, oltre a includere aziende con un bassissimo indebitamento, l’indice ha favorito titoli a bassa capitalizzazione rispetto alle midcap e blue chip, con un particolare accento sui settori dell’eccellenza italiana: un’alta percentuale è costituita da aziende operanti nei settori della moda e del lusso, il così detto made in Italy (Geox, Tod’s, Luxottica, Marcolin, Recordati, e fino al 2011 anche Bulgari). Sono presenti inoltre le società che gestiscono gli aeroporti di due delle principali città turistiche ita- 13 In Europa la popolazione musulmana tocca i milioni. nel 2008, si calcola saranno milioni nel 2015 In Italia i musulmani erano oltre di cui in Europa, nessuna in Italia Banche islamiche nel mondo: per cento annuo Tasso di crescita delle attività della finanza islamica: per cento annuo Tasso di crescita dei ricavi dell’Islamic Retail Banking negli ultimi cinque anni: miliardi di euro, ricavi per milioni di euro Stime dell’Islamic Banking in Italia nel 2015: raccolta per 800.000 350 26 4,5 Una delle sale della Karachi Stock Exchange. Karachi è la capitale economica e finanziaria del Pakistan, dove hanno sede molte delle maggiori banche e istituzioni finanziarie del Paese liane: Venezia (Save) e Firenze (Adf). In poche parole, il portafoglio è rappresentato in larga parte da aziende marcatamente rappresentative dei prodotti italiani ad eccezione forse del settore food & drinks, escluso soprattutto per effetto della proibizione islamica degli alcolici. È la conferma che il mondo islamico, oltre a rappresentare da sempre un potenziale mercato di espansione per le nostre imprese, è anche un interlocutore finanziario che dovrebbe meritare, ai tempi del credit crunch, più considerazione. Per questo il paper dell’Aiaf dedicato alla creazione di «Un rating islamico per le società italiane», non nasce da un obiettivo accademico bensì vuole essere un contributo pratico per aumentare l’appeal del nostro listino azionario (o più in generale delle imprese di casa nostra) che stenta a 10-15 1,3 44 170 trovare interlocutori solidi, ma con un orizzonte di più lungo termine rispetto ai private equity anglosassoni. Sono almeno tre, del resto, i motivi per cui l’azienda Italia dovrebbe prestare maggiore attenzione al mondo della Sharia. Il primo è l’intensità degli scambi: l’Italia è da sempre proiettata verso il Nord Africa e il Medio Oriente, i cui Paesi rappresentano nell’interscambio commerciale una quota significativa della nostra bilancia dei pagamenti. Quella di supportare il nostro export, e in particolare quello delle piccole-medie imprese ancora poco internazionalizzate, è un’esigenza cui hanno cercato di fare fronte Sace, Simest e la Cassa depositi e prestiti che proprio alla fine del 2012 ha firmato con la Qatar Holding Llc, tramite il Fondo strategico italiano Spa, una joint venture (IQ Made in Italy Ven- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 27 Economia | A sud del Mediterraneo Prospettive | Questioni irrisolte o sviluppo della finanza islamica, specie nei sistemi misti, sconta una serie di questioni ancora irrisolte che ne limitano la diffusione. Innanzitutto è necessario operare un cambiamento culturale nella logica dei Paesi recipienti che veda tale mercato come un’opportunità di innovazione (sostanzialmente l’approccio inglese) e non come un rischio alla stabilità. D’altro canto la finanza islamica presenta alcune peculiarità che richiedono un’attenta considerazione sul piano normativo (rischi operativi-legali) e di corporate governance. Questo perché si tratta di un tipo di finanza caratterizzata da una maggiore incidenza dei rischi di impresa rispetto a quelli classici di credito: all’interno dei rischi di mercato il rischio di interesse diventa irrilevante (quantomeno direttamente) mentre assume maggiore peso quello legato al L PRODUCIAMO IMBALLAGGI CON LEGNO PROVENIENTE DA FORESTE GESTITE IN MODO RESPONSABILE. ’Associazione italiana degli analisti finanziari ha selezionato, tra il 2002 e il 2012, le aziende italiane quotate che rientrano nella Sharia compliance. Il paniere di titoli raggiunge circa il 16 per cento del listino. Il portafoglio è rappresentato in larga parte da aziende importanti del made in Italy, tranne che per il settore alimentare, che sconta la proibizione islamica per gli alcolici e alcuni cibi ture) per investire in aziende italiane leader. Ma a questa attività non ha finora corrisposto un analogo sviluppo dell’attenzione della finanza islamica, che pure ha trovato terreno fertile nel Regno Unito. Il secondo motivo è la scoperta di un nuovo bacino di utenti. Attualmente la maggior parte dei musulmani europei gestisce le proprie attività finanziarie attraverso le banche convenzionali, anche perché i principali fornitori di servizi finanziari islamici non sono presenti nel mercato al dettaglio. La maggioranza si serve di grandi istituzioni anziché utilizzare www.apvd.it L prezzo delle commodity o di attività immobiliari, per il fatto che le banche islamiche tendono ad avere nel proprio attivo un ammontare relativamente superiore di attività reali; i potenziali vantaggi in termini di profittabilità vanno a scapito di maggiori rischi di liquidità per motivi endogeni (caratteristiche degli impieghi) ed esogeni (struttura del mercato). Di riflesso, gli organismi multilaterali islamici, Accounting and Auditing Association for Islamic Financial Institutions (Aaoifi) stanno svolgendo una consistente attività di «institution building» volta a fornire maggiori certezze al mercato attraverso la standardizzazione dei contratti, lo sviluppo di mercati interbancari, il contenimento dei problemi di «legal enforceability» e anche di disomogenea interpretazione da parte degli Sharia board. Pan European Forest Certification UTILIZZANDO GLI IMBALLAGGI CHIMAR, PROTEGGETE I VOSTRI PRODOTTI E L’AMBIENTE. CHIMAR SpA Via Archimede, 175 - 41010 Limidi di Soliera (Mo) tel. (+39) 059 8579611 - fax (+39) 059 858095 info@chimarimballaggi.it www.chimarimballaggi.it INDUSTRIE IMBALLAGGI MODENA PACKAGING SOLUTIONS BOLOGNA MODENA MILANO VICENZA Membri della Camera di Commercio di Riyad, capitale e principale centro economico dell'Arabia Saudita, votano per il rinnovo della presidenza dell’ente Economia | A sud del Mediterraneo I l sistema finanziario islamico è l’insieme di istituti giuridici, strumenti finanziari e imprese conformi ai dettami e alle tradizioni della Sharia. La finanza islamica si fonda sui precetti giuridici influenzati dalla religione, tra i quali il divieto di pagamento degli interessi e il divieto di speculazioni e incertezze nei contratti piccole banche e solo pochi utilizzano le filiali europee delle banche islamiche. Ma un po’ in tutta Europa le banche si sono mosse nei confronti di un segmento di mercato nuovo e potenzialmente assai interessante. In Italia, a dire il vero, per ora si è mosso ben poco. Anche se ci sono stati numerosi convegni per lo più incentrati sulle possibilità normative e di vigilanza bancaria di aprire uno sportello islamico nel nostro Paese. Un dibattito che ha comunque avuto tiepidi riscontri dal mondo bancario italiano, a differenza che in Francia, Inghilterra e Germania, cosa comprensibile perché il Belpaese, a differenza delle realtà citate, vanta una comunità di immigrati musulmani di prima generazione, per lo più con bassi livelli di reddito che esprimono una domanda rivolta essenzialmente a servizi di base non finanziari come le rimesse e gli strumenti di pagamento. Infine, da non dimenticare l’importanza dell’opportunità di attrarre investimenti. Come suggeriscono gli autori, è legittimo pensare che «la finanza islamica possa essere invece un efficace mezzo per poter attirare gli investimenti islamici in Italia». Non è una partita di poco conto, se si pensa che, secondo le stime dello United Kingdom Islamic Finance Secretariat, il volume delle attività in Gran Bretagna era di 509 miliardi di dollari nel 2006 e ha raggiunto i 1.290 miliardi a fine 2011. In questa cornice, dunque, l’obiettivo non è «fare» finanza islamica in Italia, ma piuttosto far emergere le realtà italiane che soddisfino i Operatori controllano l’indice della Borsa Saudita di Riyad GRUPPO CMS opera dal 1975 nel comparto meccanico fornendo ai propri Clienti lavorazioni, componenti e prodotti finiti. Dal 2012 alle sei aziende del Gruppo si aggiunge CMS CHINA con sede a Wujiang. La collaborazione con aziende leader nel proprio settore ha fatto del GRUPPO CMS il partner per progettare, costruire e montare gruppi meccanici su specifica del Cliente. Dalla fase di ideazione alla progettazione, dalla ingegnerizzazione alle lavorazioni meccaniche, dall’assemblaggio al collaudo: questa è l’attività del Gruppo, orientato alla soddisfazione del cliente, organizzato per processi e dotato di certificazioni di qualità sia dal punto di vista del processo produttivo che da quello ambientale e sociale. Fare meccanica... dall’idea al prodotto finito www.gruppocms.com restrittivi requisiti tali da rappresentare delle possibilità di investimento per le istituzioni islamiche (fondi sovrani, banche, Sgr e altri) alla ricerca di buone opportunità. Tornando all’elenco delle imprese italiane quotate in Borsa ricavato applicando al listino i fondamenti della finanza islamica, ne risulta un portafoglio che ha registrato nel medio termine un risultato lusinghiero: il 40 per cento in più rispetto al benchmark di riferimento, cosa che non stupisce vista la propensione dei fondi islamici a investire in società poco indebitate, cosa che rende la selezione interessante anche per quegli investitori di medio-lungo termine che cercano un investimento azionario non particolarmente rischioso, come la clientela istituzionale o quasi-istituzionale (fondi pensione, fondazioni). Ma l’aspetto più interessante, dal punto di vista delle imprese, riguarda le caratteristiche che deve presentare un’offerta adeguata a sollevare l’attenzione dei possibili investitori. Da un punto di vista qualitativo, infatti, dai risultati della ricerca emerge che, anche se l’industria Italiana è stata duramente colpita dalla crisi, ha ancora un grande potenziale di crescita e che le eccellenze italiane possano rappresentare un’importante opportunità per i fondi islamici attualmente totalmente trascurata, rappresentando anche un importante elemento di stimolo e di crescita per la ripresa del nostro sistema produttivo. Per una società italiana essere inserita in un indice islamico e superare il difficile esame di «compati- www.notiziedue.it Economia bilità Sharatica», oltre a dare la potenziale possibilità di accedere a un mercato enorme come quello islamico, potrebbe essere l’occasione per un’apertura e una capacità di dialogo verso una diversa cultura, e un ulteriore «biglietto da visita» per gli investitori osservanti che vorrebbero investire in Italia. D’altro canto, avvicinarsi alle modalità di investimento islamiche, può rappresentare anche un’ottima oppor tunità per quelle società, attualmente più indebitate e di fatto escluse dal paniere, che siano presenti sui mercati mediorientali e che cerchino investitori esteri per ridurre poi il proprio indebitamento o formare joint venture con essi. O per sviluppare la ricerca. È il caso, per esempio, dell’industria farmaceutica, a proposito della quale, nota Alessandra Tami, professore associato di Bilancio e analisi economico-finanziaria all’Università Milano Bicocca, «non si può non rilevare la necessità di poter contare su risorse adeguate che non possono non derivare dal capitale di rischio nelle diverse forme che possono arrivare alle aziende. Compresi i fondi etici e quelli islamici, possibile alternativa coerente con la mission dell’impresa e le aspettative degli investitori». Per finire, un accenno alla madre di tutte le questioni: il debito pubblico italiano. Con alcuni accorgimenti legislativi, suggerisce il paper, il Tesoro potrebbe diversificare i propri strumenti di debito con l’emissione di obbligazioni islamiche (sukuk), un mercato fortemente liquido (nell’ordine dei 200 miliardi di euro) alimentato soprattutto dai Paesi del Golfo, ma afflitto dalla scarsità di emittenti e dall’assenza di Paesi Ue. Può essere una buona idea quella di muoversi, una volta tanto, per primi, anche perché i precetti della Sharia sono più che compatibili e coerenti con la necessità di rilanciare la crescita e ridurre in maniera significativa la massa del debito pubblico. La finanza islamica può essere un alleato prezioso per raggiungere due obiettivi: il finanziamento di opere pubbliche e le cartolarizzazioni del patrimonio immobiliare pubblico. Una volta tanto, insomma, un po’ di reattività finanziaria non guasterebbe. • I principali obiettivi di apprendimento professionali Migliorare la competenza linguistica richiesta dal proprio ruolo aziendale: “Role-building” Where language works for YOU and YOUR company IO RUOLO Consulenza e formazione linguistica di Migliorare la capacità di comunicare per creare e mantenere rapporti sociali: “Relationship-building” IO PERSONA Migliorare l’immagine di sè nel presentare e parlare in pubblico: “Image-building” IO LEADER I prossimi appuntamenti: English@aperitif: un invito per un aperitivo speciale, un’opportunità per conoscersi e socializzare in inglese! The English Movie: per chi ama il cinema in lingua originale e per commentare il film, in inglese! LanguageWorks consulenza e formazione linguistica per utilizzo professionale Nuova Didactica - LanguageWorks c.so Cavour 56, 41121 Modena Orianna RAGGIOLI Cell. +39 348 7219164 formazione.linguistica@nuovadidactica.it L’intervista | Il giornalista e uomo d’impresa Antonio Calabrò, giornalista economico oggi direttore della Fondazione Pirelli, approfondisce il legame tra industria e capacità di sviluppare idee in tutti i campi Fare impresa è fare CULTURA Lo schema dell’impresa che destina una parte dei suoi profitti a finanziare le arti non funziona più. Milano è una buona fucina per mostrare quanto la cultura d’impresa sia cultura a pieno titolo. È nel mondo del lavoro, tra impegno intellettuale e attività industriale, che si sperimentano sintesi originali e si tracciano ipotesi di un migliore sviluppo economico e sociale di Massimiliano Panarari C ultura d’impresa, e impresa che fa cultura. Due binomi molto stretti, di cui, nel corso della sua storia gloriosa, è testimonianza l’azienda fondata nel 1872 da Giovanni Battista Pirelli, e resa grande da Alberto e Leopoldo, e da oltre vent’anni guidata da Marco Tronchetti Provera, che ne ha rafforzato le radici milanesi e contemporaneamente ampliato gli orizzonti internazionali. Industria, dunque. E, strettamente connesso, intenso lavoro intellettuale. La prima impresa italiana della gomma, dagli anni Cinquanta del Novecento, è quella del poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli, uomo di punta della cultura Pirelli, prima di andare a dirigere la rivista «Civiltà delle macchine», originale luogo d’incontro tra scienza, tecnologia e arte; e di Giuseppe Luraghi e di Vittorio Sereni. L’azienda milanese «produce» la famosa «Rivista Pirelli», nata le 1948 e nelle cui pagine vengono ospitati, tra i tanti, Giulio Carlo Argan, Dino Buzzati, Italo Calvino, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Eugenio Montale, Quadri, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini. E realizza collaborazioni artistiche, dalla grafica alla fotografia e alla pittura, con Renato Guttuso, Bruno Munari, Bob Noorda, Ugo Mulas, Alessandro Mendini. È la società che commissiona e dà il nome al primo grattacielo italiano degno di questo nome, chia- 34 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Pirelli è ormai un’icona delle arti visive a tutto campo: dall’archivio fotografico aziendale che racconta i suoi 140 anni di vita, ai famosi calendari, alle sponsorizzazioni di eventi artistici e culturali Area di collaudo dei cavi nella sede della Pirelli General Cable di Eastleigh, vicino a Southampton, 1965 L’intervista | Il giornalista e uomo d’impresa Il profilo | Dai mass media all’impresa A ntonio Calabrò è nato a Patti, in provincia di Messina, nel 1950. È direttore della Fondazione Pirelli e senior vicepresident Cultura di Pirelli. Membro del comitato di presidenza di Assolombarda (come consigliere con delega alla legalità e alla responsabilità sociale d’impresa), è vicepresidente del Centro per la cultura d’impresa, consigliere d’amministrazione della Fondazione HangarBicocca, dell’Università di Genova, di Nomisma, dell’Orchestra Verdi di Milano e membro dei board di una serie di società e fondazioni. Nasce come giornalista economico e la sua carriera si è svolta nei più importanti mass media italiani. È stato direttore dell’Agenzia di Stampa «Apcom», editorialista economico de «La 7», direttore editoriale del gruppo «Il Sole 24 Ore» e vicedirettore del quotidiano. Ha Macchinari per la fabbricazione degli pneumatici, stabilimento Pirelli di Milano, anni Settanta mando due star di prima grandezza come Giò Ponti e Pier Luigi Nervi. E tanto altro ha fatto in questi lunghi decenni, fino ai giorni nostri dell’HangarBicocca. Per parlare di questa sua vocazione speciale, e del lavoro della Fondazione Pirelli, abbiamo incontrato, nella sede del quartier generale milanese, alla Bicocca, interessata da vari anni da un grande lavoro di riqualificazione postindustriale, il suo direttore Antonio Calabrò, che è anche senior vicepresident Cultura di Pirelli e membro della presidenza di Assolombarda (l’associazione degli industriali milanesi presieduta da Gianfelice Rocca) dove ricopre il ruolo di consigliere incaricato con la delega alla legalità e alla responsabilità sociale d’impresa. «Le imprese», dice a proposito Calabrò, «hanno bisogno di legalità per svilupparsi, mentre l’illegalità penalizza durissimamente le persone perbene e avvantaggia i tipi più spregiudicati e pronti a violare le regole. La legalità, per come la intendo io, deve essere tanto cornice di riferimento che scelta di comportamento. Perché senza legalità non si ha mercato, non si ha concorrenza, non si ha riconoscimento del merito, e non arrivano investimenti internazionali. Una delega, la mia, che trova nell’idea di sostenibilità, variamente declinata, una delle fonti fondamentali di ispirazione del nostro mandato in Assolombarda». Direttore Calabrò, qual è la sua idea e quale la visione della Fondazione Pirelli a proposito dell’intreccio tra impresa e cultura? «Noi pensiamo che lo schema tradizionale del “mecenatismo” (l’impresa ha i soldi e finanzia le arti, che le sono sostanzialmente estranee) non vada più bene. A funzionare, invece, è la strategia dei progetti comu- lavorato a «La Repubblica», «Il Mondo» e «L’Ora»; ha diretto il settimanale «Lettera Finanziaria» e il mensile «Ventiquattro». Insegna all’Università Bocconi e all’Università Cattolica di Milano. Tra i suoi saggi: «Da via Stalingrado a Piazza Affari. Storia dell’Unipol» (Marsilio, 1988), «Agnelli. Una storia italiana» (Rizzoli, 2004), «Intervista ai capitalisti» (Rizzoli, 2005), «Orgoglio industriale» (Mondadori, 2009), «Cuore di cactus» (Sellerio, 2010) e «Bandeirantes. Il Brasile alla conquista dell’economia mondiale» (con Carlo Calabrò, Laterza, 2011). «Nel rapporto tra impresa e cultura è radicata la robusta valenza culturale della ricerca scientifica e della tecnologia», osserva Antonio Calabrò, «dove l’“innovazione” ha connotazioni che investono i nuovi prodotti e i nuovi sistemi di produzione, ma anche i linguaggi, le relazioni industriali e di lavoro, le regole con cui si governa un’azienda, i rapporti tra l’impresa e i territori in cui si sviluppa l’attività economica» Grattacielo Pirelli in costruzione (1959) Stabilimento Pirelli Bicocca, sala mescolatori, 1922 ni. Milano come grande capitale culturale, infatti, è un sistema fatto dalle sue imprese (innovative nei prodotti, nei sistemi di produzione e nei linguaggi di comunicazione), dai suoi giornali, dalle sue case editrici, dalle sue università, dai centri di ricerca, dalle fondazioni e dalle istituzioni vive nel mondo dell’economia, della musica, del teatro, dell’arte. L’idea forte che anima il lavoro della Fondazione Pirelli è che “impresa è cultura”, sottolineando cioè un passaggio ulteriore e in più rispetto al tradizionale accostamento di “impresa e cultura”. Meglio ancora, segnando un cambiamento radicale. Perché insistere sul concetto che fare impresa significhi, contestualmente, fare cultura, vuole dire sottolineare la robusta valenza culturale, appunto, della ricerca scientifica e della tecnologia, dando al termine “innovazione” una lunga serie di connotazioni che investono i nuovi prodotti e i nuovi sistemi di produzione, la sperimentazione dei materiali, le nuove combinazioni chimiche e fisiche, ma anche i linguaggi (dalla comunicazione al marketing), le relazioni industriali e di lavoro, le regole attraverso cui si governa un’azienda, i rapporti tra l’impresa e i territori in cui si sviluppa l’attività economica. Cul- «Cultura è scienza, ricerca, tecniche di produzione, relazioni creative tra le persone», continua Calabrò. «Cultura è il loro racconto, con tutti gli strumenti artistici a disposizione. Lo testimonia tutta la declinazione dei rapporti tra imprenditori e intellettuali sino ai giorni d’oggi. Milano rappresenta l’area del nostro Paese che può mettere insieme le varie espressioni della cultura manifatturiera italiana: la più contemporanea, innervata di marketing, comunicazione e servizi. Le due principali capitali nazionali del settore manifatturiero sono proprio Milano e Bologna, intese come metropoli, esempi di “città regione”» tura d’impresa, in altri termini, come cultura a pieno titolo, con tutto il carico dei simboli, dei valori e delle responsabilità che questa definizione comporta. Perché proprio nel mondo del lavoro, tra impegno intellettuale e attività industriale, si cercano e si sperimentano originali sintesi, che attraverso il recupero della memoria, consentono di tracciare ipotesi futuribili di migliore sviluppo economico e sociale». Quali sono i campi e gli ambiti in cui opera la fondazione da lei diretta? «La Fondazione Pirelli nasce nel 2009 dalla consa- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 39 L’intervista pevolezza che il ricco patrimonio dell’impresa rappresenta un valore importante non solo per sé, ma per tutta la società. Tra i suoi obiettivi annovera la salvaguardia del patrimonio storico dell’azienda e la promozione della sua cultura d’impresa attraverso attività espositive, pubblicazioni, convegni e iniziative di collaborazione con altre istituzioni culturali. L’edificio della fondazione custodisce l’Archivio storico, costituito dall’equivalente di oltre tre chilometri lineari di documenti, progressivamente restaurati e resi fruibili al pubblico e ai ricercatori. Comprende l’archivio d’impresa (ovvero tutta la documentazione prodotta dalle diverse funzioni aziendali nel corso dei 140 anni di storia aziendale), una biblioteca tecnico-scientifica che conta oltre ventimila volumi, circa 700.000 immagini fotografiche, migliaia di disegni, manifesti, bozzetti originali e oltre 500 audiovisivi, nonché l’archivio personale di Alberto e Leopoldo Pirelli. Tra i progetti più significativi realizzati dalla nostra fondazione, posso citare un ciclo di iniziative collegate: la mostra e la pubblicazione “Workers” (2010), consacrate ai lavoratori di Settimo Torinese raccontati attraver- HangarBicocca è un centro di arte contemporanea realizzato da Pirelli attraverso la Fondazione omonima. Nel primo anno di attività, dopo la ristrutturazione e il rilancio avvenuti nel 2012, ha ospitato numerose mostre internazionali, con oltre 200.000 visitatori. «L’arte contemporanea», spiega Calabrò, «meglio di altri linguaggi riesce a trasferire quei valori di sperimentazione, apertura alla diversità, capacità di interpretare il futuro, ricerca dell’eccellenza che si collocano tra i principi fondanti della cultura d’impresa Pirelli» so gli scatti del fotografo Carlo Furgeri Gilbert; la raccolta delle testimonianze di decine di operai e tecnici nella fase di transizione dal vecchio al nuovo stabilimento, pubblicate nel volume “Voci del lavoro” curato dalla storica Roberta Garruccio; infine, proprio sulla base di quelle testimonianze, lo spettacolo “Settimo”, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano con la regia di Serena Sinigaglia (2012). E ancora, l’esposizione “L’anima di gomma” (Triennale di Milano, 2011) sulla storia della moda di Pirelli e costruita con tecnologie multimediali d’avanguardia in grado di fare dialogare i materiali storici con la creatività dei nostri giorni. L’impegno di Pirelli a supporto dell’arte e della cultura in Italia è caratterizzato anche dalle collaborazioni con istituzioni culturali quali la Triennale di Milano, la Pinacoteca di Brera, il Fai, la Milanesiana, la collezione Peggy Guggenheim. Nel mondo musicale e teatrale, Pirelli è partner del Teatro Franco Parenti, del Piccolo Teatro di Milano, del Festival internazionale della musica MiTo e dell’Orchestra da camera italiana diretta dal maestro Salvatore Accardo. In un’ottica di rete e valorizzazione delle sinergie sul Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 41 L’intervista territorio, da noi ritenuto fondamentale, a differenza di quanto andava per la maggiore ancora non molto tempo fa, Pirelli è partner istituzionale della Fondazione Istituto per la storia dell’età contemporanea (Isec) e della Cineteca italiana-Museo interattivo del cinema». Perché Milano, a suo giudizio, ritorna centrale in questa fase della storia e dell’economia? «Parlare di impresa e parlare di cultura non è fare discorsi su entità separate, ma ragionare della stessa cosa. E proprio nella storia di Milano, la “cultura politecnica”, che è preziosissima, si è affermata nel corso del tempo. Ed è ancora adesso d’attualità: “Milano Politecnica” si chiama, non a caso, uno dei progetti presentati da Assolombarda per l’Expo. Cultura è scienza, ricerca, tecniche di produzione, relazioni creative tra le persone. Cultura è il loro racconto, con tutti gli strumenti artistici a disposizione. Ne sono stati esempi, in altri tempi, figure come Carlo Cattaneo e, più vicino a noi, Vittorini e Sinisgalli. E lo testimonia tutta la declinazione dei rapporti tra imprenditori e intellettuali, sino ai giorni d’oggi. Milano, delle tante aree che compongono il nostro Paese, rappresenta quella che può mettere insieme le varie espressioni della cultura manifatturiera italiana, e di una manifattura molto contemporanea, innervata di marketing, comunicazione e servizi. Le due principali capitali nazionali del settore manifatturiero, nella sua accezione larga, sono infatti proprio Milano e Bologna, intese come metropoli, esempi di “città regione”. Nella metropoli lombarda, infatti, il concetto di innovazione viene declinato in tanti modi differenti, e tutti di portata significativa e originale: dalle novità nelle strategie di marketing a una quota crescente di donne nel management e ai vertici aziendali, dal lavoro di sperimentazione sui materiali alla costituzione di consigli d’amministrazione con un’elevata presenza di membri indipendenti (Pirelli ne è un esempio), dalla collaborazione tra arti- sti e ingegneri a modalità diverse nelle relazioni con i sindacati, da uno spettacolo al Piccolo Teatro costruito a partire dalle storie dei lavoratori, fino a una sottolineatura dell’importanza di un calcolo del tempo diverso da quello delle trimestrali di Borsa: il tempo lungo dell’industria e non quello speculativo e frenetico della finanza d’assalto. E la forza di Milano, non va assolutamente dimenticato, è anche quella di possedere molte imprese esposte sui mercati internazionali, che devono reagire il più prontamente possibile a ogni cambio di scenario. E, quindi, devono poter contare su di una struttura seria di programmazione degli investimenti e di controllo dei costi e riuscire ad aumentare la produttività e l’efficienza. Il che significa imparare a fare di più, e meglio, con meno. In altre parole, molte delle imprese milanesi e, più in generale, italiane sono flessibili ai cambiamenti e cioè “resilienti” (tanto per usare un termine adesso di moda, adottato da tanti pure all’ultimo vertice del World Economic Forum di Davos) anche senza sapere di esserlo». Nel quadro dell’impegno decisamente a largo raggio di Pirelli nel mondo della cultura, il vostro fiore all’occhiello coincide con l’esperienza, di livello autenticamente internazionale, di HangarBicocca? Qual è la sua specificità nel panorama italiano e mondiale delle istituzioni artistiche private? «Pirelli è socio fondatore promotore della Fondazione HangarBicocca, un progetto di ampio respiro Calabrò è membro della presidenza di Assolombarda con delega alla legalità e alla Rsi. «La legalità deve essere tanto cornice di riferimento quanto scelta di comportamento», spiega il manager. «Senza legalità non si ha mercato, concorrenza, riconoscimento del merito e non arrivano investimenti internazionali» che vede l’azienda impegnata a lungo termine per la creazione di un centro di arte contemporanea, aperto gratuitamente e in dialogo con la città e il territorio. L’arte contemporanea, meglio di altri linguaggi, riesce a trasferire quei valori di sperimentazione, apertura alla diversità, capacità di interpretare il futuro, ricerca dell’eccellenza che si collocano tra i principi fondanti della cultura d’impresa Pirelli. HangarBicocca, nel corso dei suoi primi dodici mesi di attività dopo la ristrutturazione e il rilancio, avvenuti nell’aprile del 2012, ha ospitato numerose mostre internazionali e più di duecentomila visitatori. È gestito da un team guidato dalla general manager Alessia Magistroni, dirigente della Cultura di Pirelli e della Fondazione Pirelli, riprova di un radicamento dell’Hangar nel solco della cultura d’impresa “pirelliana”. Per il periodo 2013-2016 ha come artistic advisor Vicente Todolí (già direttore della Tate Modern di Londra), accanto a un curatore attivo e ben legato ai nuovi fenomeni contemporanei come Andrea Lissoni. Ed è insomma la dimostrazione concreta del fatto che lo scambio vitale tra l’universo dell’impresa e la ricerca culturale rappresenta, ancora oggi, un’opportunità importante per il raggiungimento di risultati d’eccellenza culturali e d’attività industriale di grande respiro». L’ultimo dei «prodotti» ai quali si è dedicato (scrivendone anche l’introduzione) è «Fabbrica di carta. I libri che rac- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 43 L’intervista L’innovativo ’innovativ smontagomme con inclinazione dell’autocentrante “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose ” A. Einstein www.sistemaincline.it S.C. srl _ sede legale: Via Nonatolana 692, Modena amm.va sede amm.v a ed operativa: Viale delle Nazioni 96, Modena tel 059-454041 fax 059-3160232 www.sc-srl.com info@sc-srl.com contano l’Italia industriale», edito da Laterza e curato da Giorgio Bigatti, direttore dell’Isec e docente alla Bocconi, e Giuseppe Lupo, professore alla Cattolica. È un’antologia della letteratura italiana che racconta il lavoro nell’industria. Stando a una certa vulgata, che ha (sfortunatamente) ancora molto credito, qualcuno potrebbe dire che si tratta di una scelta rétro e vecchia. In buona sostanza, si può ancora parlare di fabbrica in un Paese e in un pianeta fattisi postmoderni? «“Fabbrica” è stata una parola desueta per un periodo anche troppo lungo. Tuttavia, a dire il vero, questo accadeva fino a poco tempo fa. Fabbrica era sinonimo di luogo sporco, “cattivo” e faticoso, con molti giovani che tuttora le preferiscono perfino il call center, mentre nel discorso pubblico imperavano le teorie (o, forse, meglio, le ideologie) del tramonto irreversibile e definitivo della old economy dei settori industriali “maturi”, destinati a essere scalzati da finanza, terziario avanzato e anche soft economy. Siamo, a ben guardare, un Paese che ha una bassissima cultura economica e, al contempo, una presenza produttiva estremamente diffusa: il che significa che stiamo attravers ando una gran de confusione dal punto di vista dell’identità. La realtà, però, è molto più complessa delle semplificazioni un po’ schematiche di taluni. E, così, la grande crisi esplosa nel 2007, radicata in una serie di eccessi di debito (con i conseguenti squilibri finanziari e sociali), ha riportato alla ribalta la centralità dell’economia reale. E, dunque, dell’industria, della manifattura e della fabbrica. Tra “local” e “global” si definiscono così nuove strade: come il “glocal”, un impasto, noto da qualche tempo, di globale e locale, per parlare di attività imprenditoriali con salde radici nel territorio d’origine e occhi attenti ai mercati internazionali. E, di recente, ecco un nuovo fenomeno: la “rilocalizzazione”, vale a dire il ritorno di attività industriali nelle aree d’origine , dopo la stagione della “delocalizzazione”. Si fa di nuovo industria in Europa; e specialmente negli Stati Uniti. Proprio lì, nel corso degli ultimi tre anni, il manifatturiero ha creato circa 500.000 nuovi posti di lavoro. E le politiche economiche del presidente Obama hanno sostenuto la rinascita o il rafforzamento dell’industria dell’auto (e di tutto il comparto “automotive”) e di parecchi altri settori. Contrordine, insomma. Fare vivere le fabbriche, nelle nazioni di antica tradizione industriale e a elevato costo del lavoro, si può. E si deve. Viene dalla manifattura, infatti, un contributo solido e di lunga durata sia al Pil sia agli equilibri sociali ed economici diffusi (una struttura industriale che innerva ampi territori è come un reticolo di radici che tengono compatto e solido il terreno, evitando frane, fratture, smottamenti). E attorno alla manifattura maturano nuove competenze, saperi, culture che sono motore di ricchezza diffusa, continuamente rinnovabile (a patto, naturalmente, di investire su formazione e ricerca, capitale umano e diffusione tecnologica). La fabbrica è cultura e tesse la trama dei tessuti sociali. Fonte di ricchezza (appunto il Pil), ma anche di relazioni dense di solidarietà e futuro (quel buon “capitale sociale” che contribuisce al nuovo indice Bes, “Benessere equo e sostenibile”). Ecco, scrivere di industria significa scrivere di complessità. Precisamente da queste considerazioni è scaturita la scelta di Assolombarda di fare raccogliere a due competentissimi storici e studiosi della cultura d’impresa le pagine più significative degli scrittori italiani che hanno raccontato i percorsi di produzione e di lavoro, oltre a quei conflitti di cui, come ci ha insegnato il grande intellettuale liberale Ralf Dahrendorf, risulta intessuta la società industriale. Non soltanto per rammentare e difendere un “come eravamo” di grande qualità e spessore e un “orgoglio industriale” assai ben riposto e fondato, ma anche e soprattutto per ritrovare, nella parola letteraria, le ragioni di una crescita del nostro sistema Paese che, pur nel difficilissimo contesto globale attuale, ha ancora parecchie carte da giocarsi». CLA SERVIZI DI RECUPERO E TRASPORTO RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI/CARTA E CARTONE/PLASTICA/ROTTAMI FERROSI/LEGNO ECC... RICICLA 3000 srl è un’azienda leader nel settore, che può trarre diverse tipologie di rifiuti riciclabili, con un’ organizzazione industriale ed una rete commerciale diffusa sul territorio regionale. Pur conservando l’anima del business nel riciclo della carta da macero, nel corso degli anni RICICLA 3000 srl ha saputo diversificare la propria offerta attivando la possibilità di trattare altri materiali come: PLASTICA, I ROTTAMI FERROSI, LEGNO E RIFIUTI VARI NON PERICOLOSI. 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Le fasi princi pali di produzione per tutti i materiali trattati da RICICLA 3000 srl sono: RITIRO E COMMERCIO DI MATERIALE SFUSO O IMBALLATO CON O SENZA CONTAINER NOLEGGIO CONTAINER SCARRABILI NOLEGGIO COMPATTORI COMPATTATORI NOLEGGIO PRESSE STAZIONARIE TRITURAZIONE CON MACCHINE SPECIALI IMBALLAGGIO DISPONIBILITÀ DI PERSONALE PRESSO LA SEDE DEL CLIENTE VALUTAZIONE DI SISTEMI E METODI PER IL CORRETTO RECUPERO EMISSIONE DOCUMENTI FISCALI PER CONTO DEL CLIENTE DICHIARAZIONE PER LA DETASSAZIONE DELLA TARIFFA/TASSA RIFIUTI La RICICLA 3000 srl ritira i materiali dagli Enti Pubblici, dalle aziende e dai singoli privati e li trasporta al proprio impianto dove con le operazioni di: CERNITA, SMISTAMENTO PER TIPOLOGIA, TRITURAZIONE, RIDUZIONE VOLUMETRICA, IMBALLAGGIO, li prepara per essere conferiti alle cartiere, nel caso della carta e del cartone, o negli appositi siti di lavorazione, come materie prime secondarie per la rigenerazione nei processi produttivi. un settore specifico è dedicato al trattamento di documenti cartacei che richiedono una particolare attenzione come quelli provenienti da banche ed uffici pubblici, per i quali la RICICLA 3000 srl garantisce la completa riservatezza. • RICICLA3000 srl: via Vittorio Bachelet n. 21- 41011 Campogalliano Modena Tel. 059.521088 / 059.527405 Fax 059.5220077 E-MAIL: barbara.ricicla@alice.it Eventi | Assemblea o r t n o c n I mpresa i ’ l n o c a di ble ’assem L Qui sopra, i protagonisti del dibattito: Simone Spetia, capo servizio news di Radio 24, Giuseppe Recchi, presidente di Eni. Paolo Mieli, presidente di Rcs Libri, Patrizio Bianchi, assessore alla Scuola e lavoro della Regione Emilia-Romagna In alto: Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Modena stria ndu Confi anno vile h i c à t socie ipare della artec p e a a i c i r uadro lit ra to il q o Fer lla po a r i e t c d e c i , i a P r n i ha t dena ituzio crisi. errar ia Mo lle ist r F t e ato s e d della l u i a t e d u r n n q i a a rtecip f t r a a n n u l p o e d e r C s o t e i e n nte d i han Duran ltà per il p rappr gna, eside itori, nesi. a», cu r o d e n c p i n d a f l Roma i f e o l i e r a d a d m t i i l i i n o l i t a Imp i a i , v ustri ne Em te di Eni. ocale onom to l’in Regio gli ind onomica l ell’ec accol e d a l d i l iden r e a u d e bl ro e ec i fut , pres o m i r n v e h a o a s i c l n z s c 24 e e e c all’a situa Radio ppe R cuola gli «S i e S u d s s a della ini u l s i o l t a G i ew mpan dibatt ssore ibri, e izio n e na Ca n v L e r s u r s s e e c o s a t S ui ie capo nchi, te di R racch È seg io Bia petia, siden z ta Ba e i t S r r e t e b p a a n , P Elis Mieli Simo oto di Paolo ratore ni - F e o d l a o s M n a A cur 46 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 l Fo na a Mode ani onz M m u r ffae di Ra ura A i e La zzal lla Ma Eventi | Assemblea La relazione del presidente La centralità dell’impresa S iamo a un anno esatto dall’immane tragedia che ha colpito il nostro territorio: il sisma del 20 e 29 maggio 2012. E il mio primo doveroso pensiero è rivolto a tutte le vittime di questa terribile calamità. Ma in special modo va al nostro collega Mauro Mantovani. Il suo coraggio e il suo esempio non sono stati spesi invano. Anzi, hanno rappresentato un punto di riferimento costante per i suoi famigliari e i suoi collaboratori, che non hanno gettato la spugna. Tanto che oggi posso affermare con orgoglio che la Aries, la sua azienda, è fra le tante imprese che hanno ripreso il cammino della produttività. Ma riandando col pensiero a quei terribili giorni non riesco a cancellare dalla mente i volti tesi e cupi di tanti colleghi così duramente colpiti. Ricordo la forte preoccupazione, nel raccontare il dramma che stavano vivendo, ma ricordo altrettanto bene la loro caparbia lucidità nell’elencare le priorità per superare l’emergenza e soprattutto la loro straordinaria determinazione nel volere immediatamente ricominciare. Perché i nostri imprenditori sono fatti così: sono uomini e donne che guardano dritto all’obiettivo, senza piangersi addosso; che dopo il terremoto hanno avuto in mente una cosa sola, rimettere in piedi le loro aziende. E nonostante la situazione sia ancora piena di ostacoli da superare, una gran parte di loro ce la sta facendo, come dimostra il video che abbiamo voluto rea- 48 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Il bilancio a un anno dal sisma. I dati sull’andamento dell’economia locale. Le richieste alla classe politica per il futuro di Modena e del Paese. Ecco i temi toccati da Pietro Ferrari, presidente degli industriali modenesi lizzare come testimonianza. Il contesto economico Sono giunto ormai al quinto anno di presidenza di Confindustria Modena. Il prossimo anno passerò il testimone. Per i susseguirsi degli accadimenti, sia a livello internazionale sia locale, non posso certo dire che si è trattato di un quinquennio semplice. Ma soprattutto gli ultimi 12 mesi sono stati particolarmente difficili, se non addirittura angoscianti. L’economia del Paese versa in difficoltà molto gravi. Bastano pochi dati per tratteggiare una fotografia a tinte fosche. Dal 2007 a oggi il Pil è diminuito dell’8 per cento. In cinque anni abbiamo perso 230 miliardi di euro. Sempre dal 2007 l’occupazione è diminuita di 1,5 milioni di unità e il tasso di disoccupazione è raddoppiato. E se leggiamo il Rapporto annuale Istat 2013, non possiamo rimanere indiffe- renti: 15 milioni di persone versano in difficoltà economica, uno su quattro è in condizione di deprivazione, e il 40 per cento di questi italiani si trova nel Mezzogiorno. Oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni non lavorano né studiano e l’Italia ha la quota più alta d’Europa, pari al 23,9 per cento. Inoltre, crolla il potere d’acquisto: meno 4,8 per cento, cioè il dato più grave dall’inizio degli anni Novanta. La tenuta sociale viene messa a dura prova. Il pessimismo e la mancanza di certezze per il futuro colpiscono particolarmente i ceti più deboli e in special modo i giovani, che si vedono preclusa qualsiasi possibilità di ascesa sociale. L’impresa e il lavoro Ecco le ragioni per le quali dobbiamo ribadire con forza la centralità dell’impresa e il valore che porta con sé. Valore economico, come ovvio ed evidente, ma anche valore sociale e comunitario, come non ci stanchiamo di sottolineare. Anzi, un valore che diventa determinante in una lunga congiuntura come quella in cui ci troviamo immersi. Questi anni di finanziarizzazione e smaterializzazione selvaggia dell’economia hanno dimostrato che solo l’impresa sa garantire la creazione di valore sostenibile e duraturo nel tempo, perché solo le imprese oggi in Italia possono creare lavoro. Nelle nostre terre il lavoro è un filamento autentico del codice genetico collettivo, Vogliamo ribadire con forza il valore dell'impresa: valore economico, ma anche sociale e comunitario. Questi anni di smaterializzazione selvaggia dell’economia hanno dimostrato che solo l’impresa sa garantire la creazione di valore sostenibile e duraturo nel tempo, perché solo le imprese oggi in Italia possono creare lavoro quello che ci accomuna tutti, al di là del ruolo specifico svolto all’interno di imprese grandi e piccole. Costituisce il fattore determinante per la produzione della ricchezza e la promozione del benessere e, al tempo stesso, quello da cui dipende la coesione sociale. La mancata occupazione mette contemporaneamente a rischio i consumi e la tenuta del corpo sociale. Per questo non dobbiamo stancarci di ripetere con tutte le nostre forze che in questo momento la priorità consiste nel creare lavoro e nel fare ripartire la crescita, così tanto trascurata in questi anni. I provvedimenti per la crescita Perché, a dispetto di quanto sostengono i teorici della decrescita e i profeti di sventura, riteniamo che crescere sia ancora possibile. Anche se dovremo farlo con stili e modalità certamente non prevedibili solo qualche anno fa. Gli snodi su cui intervenire sono noti a tutti. Confindustria, consapevole del fatto che serve una forte scossa al Paese, ha proposto al governo una serie di misure concrete per l’aumento rapido del tasso di crescita e dell’occupazione. Innanzitutto l’alleggerimento del carico fiscale sul doppio fronte delle imprese e dei salari dei lavoratori, che al momento rappresenta effettivamente una urgenza assoluta. Nel 2012 il cuneo fiscale ha raggiunto oltre il 53 per cento del costo del lavoro. Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 49 Eventi | Assemblea 1 • 1 Giorgio Bellucci, Gian Marco Messori ed Elena Salda • 2 Il senatore Carlo Giovanardi • 3 Franco Cocchi e l’arcivescovo di Modena Antonio Lanfranchi • 4 Daniele Banderia, Giuliana Gavioli e Nicoletta Razzaboni • 5 Vincenzo Cremonini, Giuseppe Molinari e Sergio Sassi • 6 Il comandante dei carabinieri Stefano Savo, il comandante della Guardia di Finanza Michele Pallini e i parlamentari Stefano Vaccari e Manuela Ghizzoni • 7 Ivano Passini • 8 Il presidente di Confindustria Modena Pietro Ferrari e il direttore Giovanni Messori Questo significa che più della metà di quello che le imprese pagano ai lavoratori va nelle casse dello Stato. Allora mi chiedo: sarebbe un’idea così folle pensare a un piano che in cinque anni porti ad abbattere questo cuneo? Basterebbe decidere di eliminare il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliare di almeno 11 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere. Solo in questo modo, infatti, risulterebbe possibile introdurre stimoli nel circuito domanda-offerta, rianimando i settori della nostra economia e della nostra produzio- 9 10 4 3 2 ne. Sarebbe un modo efficace per ridare fiato al mercato interno, oggi totalmente abbandonato alle sue difficoltà da chi, invece, dovrebbe preoccuparsi di sostenerlo e allargarlo. Non dimentichiamo che se vogliamo fare ripartire i consumi dobbiamo fare in modo che le buste paga dei nostri dipendenti diventino più pesanti. E poi, un quesito ulteriore: sarebbe così insensato, nei prossimi tre anni, provare a rendere più elastici i meccanismi di entrata e uscita dal mondo del lavoro? Mi rendo conto che la materia è delicata ma, nella situazione di emergenza in cui ci troviamo, ritengo che una condizione di lavoro a tempo sia pur sempre migliore della mancata occupazione. A fine giugno il governo presenterà un «menù di proposte» (la definizione è del ministro del lavoro Enrico Giovannini) in tema di occupazione giovanile, apprendistato, contratti a termine e assunzioni. Mi auguro vivamente che vadano nella direzione giusta, quella che il Paese si aspetta. Le relazioni industriali Sul fronte delle relazioni industriali abbiamo da poco raggiunto un traguardo importantissimo. Il 31 maggio scorso Confindustria e i sindacati confederali hanno firmato un accordo che non è esagerato definire storico. Un accordo che metterà definitivamente la parola fine all’esistenza di con- 11 tratti separati o, peggio, alla mancata firma da parte di sigle importanti. Il nuovo protocollo costituisce un punto di non ritorno che introduce trasparenza e democrazia. Sono finalmente stati fissati i principi per misurare la rappresentatività sindacale e le condizioni per avere contratti collettivi nazionali di lavoro pienamente esigibili. Poi c’è un altro aspetto che mi preme sottolineare: nel nostro territorio, in questi anni di crisi, l’atteggiamento di tutti i sindacati è stato sostanzialmente responsabile e collaborativo. Pertanto, abbiamo fatto bene a non interrompere mai il dialogo con tutte le sigle. Anche in presenza di eccessi e contraddizioni. Anche quando è stata scelta la via giudiziale per risolvere controversie che avrebbero dovuto attenere alle normali relazioni industriali. Auspico che questa stagione sia definitivamente alle spalle e che da oggi, ognuno con le proprie competenze e responsabilità, ci si confronti sul ruolo della manifattura per far sì che possa riposizionarsi al meglio nello scacchiere europeo e mondiale. Il rigore Con la tanto attesa chiusura della procedura di infrazione europea, pare che per il nostro Paese si apra qualche spiraglio in termini di risorse. Anche se non prima del 2014. Tuttavia l’occhio vigile della Ue rimarrà puntato su di noi. Infatti l’uscita dal- 12 13 7 6 5 la procedura è associata a una serie di raccomandazioni che riguardano tra l’altro l’efficienza della spesa pubblica, la semplificazione burocratica, il fisco, il mercato del lavoro. Finora abbiamo vissuto di solo rigore. Ovviamente era necessario. Ma di troppo rigore si può anche morire, come ben sanno tutti i colleghi imprenditori e le colleghe imprenditrici. Perché un’austerità troppo arcigna, che non comprende le ragioni delle persone e delle aziende, non fa altro che allargare le differenze e aumentare la sofferenza della classe media. E il prezzo della disuguaglianza, come sostiene il premio Nobel Joseph Stiglitz, è quello di «una società divisa che minaccia il futuro comune di tutti noi». Mentre ci sono, e tutt’altro che impraticabili, alcune ricette alternative di successo, come dimostrano il Giappone e gli Stati Uniti, dove la ripresa comincia a fare sentire i suoi effetti. Dopo decenni di stagnazione infatti l’economia giapponese cresce del 3,5 per cento, mentre i laboratori di ricerca americani hanno ripreso a lavorare incessantemente per produrre nuove idee, grazie al venture capital e al sistema pubblico. Si finanziano a tassi nulli e investono nel futuro. Ecco perché anche da noi una delle priorità è quella di riattivare il credito. L’ultimo rapporto della Bce sull’attività bancaria mostra che l’accesso delle piccole 14 15 e medie imprese alla finanza resta precluso nei Paesi in difficoltà, mentre i prestiti da un Paese all’altro stanno addirittura diminuendo. Dobbiamo a tutti i costi contrastare la terza ondata di credit crunch. Per questo attendiamo le misure annunciate dalla Bce per sbloccare il mercato del credito. Nel contempo, continuiamo a lavorare con il sistema bancario locale per accordi sempre più efficaci per sostenere le imprese. Una politica che decida Ebbene, tutte le misure vitali per la ripresa elencate fin qui hanno bisogno di essere supportate da un’azione politica coraggiosa. Per il rilancio del Paese occorre riaccendere e favorire le dinamiche di crescita e sviluppo. Questo è un compito essenziale dell’esecutivo di larghe intese, che su questi punti dovrebbe agire in maniera davvero concorde e unanime. A partire da un’accelerazione autentica dei pagamenti dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni con i fornitori privati. Stiamo parlando di 40 miliardi da recuperare al più presto. D’altronde, provate a pensarci, in quale nazione economicamente avanzata dell’Occidente esistono situazioni come quella che subiamo noi? In quale Paese gli apparati dello Stato, ovvero quel potere al quale versiamo con serietà e nei tempi previsti le nostre tasse, si comportano come un debitore insolvente tiran- 8 neggiandoci con pagamenti che non arrivano mai, mentre le nostre prestazioni e forniture sono già state effettuate? Le riforme Il Paese ha disperatamente bisogno di riforme. Di una nuova e intensa stagione costituente. L’Italia è in ginocchio perché veniamo da quarant’anni di mancate scelte. E la responsabilità politica è di tutti. Lo ha spiegato bene il professor Michele Salvati. «In tutti questi anni, per piaggeria elettorale è stato distribuito più di quanto si incamerava, insensibili al debito pubblico che saliva. Di più, sempre per non urtare l’elettorato, non sono state fatte le riforme, prima fra tutte quella indispensabile della pubblica amministrazione, includen- • 9 Rossella Po e Marco Arletti • 10 Paolo Golinelli • 11 Annamaria Panini e Claudio Rangoni Macchiavelli • 12 Maurizio Marchesini e Mario Agnoli • 13 Giuseppe Iadarola e Francesca Federzoni • 14 Massimo Galassini e Vainer Marchesini • 15 Danilo Montecchi e Fausto Tarozzi • 16 Giovanni Arletti, Valter Caiumi e Roberta Caprari • 17 Silvana Luppi e Valerio Scianti 16 17 Eventi | Assemblea 18 19 • 18 Pierluigi Grana e Marcello Masi • 19 Il presidente della Camera di Commercio Maurizio Torreggiani e il comandante dell’Accademia Giuseppe Nicola Tota • 20 Omero ed Enrico Cornia • 21 Sante Levoni, Paolo Toselli e Roberto Raimondi • 22 Enrico Vento • 23 Stefano Betti, l’assessore all’Urbanistica di Modena Gabriele Giacobazzi e il presidente di Legacoop Modena Lauro Lugli • 24 Franco Stefani • 25 Il presidente dell’Assemblea regionale Palma Costi • 26 Gianmaurizio Cazzarolli e Ivano Selmi • 27 Il rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia Aldo Tomasi, Pietro Ferrari, il rettore designato Angelo Andrisano e Alberto Mantovani • 28 Gianmarco Ucci e Luca Panini • 29 Il procuratore di Modena Vito Zincani e il presidente della Provincia Emilio Sabattini • 30 Stefano Bonaccini, segretario regionale Pd (al centro), e i parlamentari Matteo Richetti e Stefano Vaccari 27 21 20 do la scuola, la sanità, la giustizia e così via. Tutto il sistema partitico ha goduto di questi comportamenti. Ma era evidente che prima o poi si sarebbe arrivati al redde rationem». Ecco perché è più che mai importante che le tanto invocate riforme debbano essere durature e ispirate a una visione di fondo. E, quindi, richiedano il superamento dell’instabilità che continua a caratterizzare il nostro sistema politico-parlamentare e i governi. La situazione locale Come stanno reagendo a questa recessione perdurante la nostra regione e la nostra provincia? Ovviamente cinque anni di congiuntura caratterizzati dal segno meno hanno avuto impatti significativi. Abbiamo perso fatturato, sono diminuiti gli ordini e la capacità produttiva; abbiamo perso posti di lavoro e abbiamo dovuto ricorrere agli ammortizzatori sociali. Ma tutto questo in misura minore rispetto al trend nazionale. Perché abbiamo potuto contare su una base solida, il cosiddetto «modello emiliano», fondato su una realtà industriale diffusa e ancora fortunatamente sana. Non è un paradosso sostenere che l’economia della nostra regione è molto simile a quella di un Land tedesco. Non a caso l’Emilia-Romagna, insieme ad altre quattro regioni italiane, fa parte del ristretto novero delle 18 principali regioni 28 29 manifatturiere d’Europa. Ovviamente, come dicevo, anche noi abbiamo accusato i contraccolpi della crisi. Ma, a differenza di altri, abbiamo potuto contare su un plus competitivo che ha compensato la flessione generale della performance economica. Stiamo parlando della nostra consolidata capacità di esportare il made in Emilia nel mondo e della nostra capacità di posizionarci in maniera ancora più forte sui mercati stranieri. Anche quelli più lontani e più difficili. L’Emilia-Romagna da sola realizza quasi il 13 per cento dell’export nazionale e negli ultimi due anni ha incrementato la propria presenza sui mercati dei nuovi Paesi emergenti di oltre il 200 per cento. Anche Modena non è da meno. L’anno scorso abbiamo esportato merci per ben 10 miliardi e mezzo. Nel triennio 2010-2012 la nostra quota di export ha registrato un incremento del 12 per cento, di gran lunga superiore alla crescita Ue, che si è attestata al 3 per cento. Dunque, nonostante un sistema Paese che ostacola più che favorire la competitività, le nostre imprese hanno realizzato l’impossibile sui mercati mondiali. Questa è la dimostrazione eclatante che il nostro comparto manifatturiero non è affatto in declino. Anzi, è la nostra forza autentica, che da sempre siamo impegnati a promuovere e a valorizzare al meglio. 30 22 23 Noi non abbiamo chiesto e non chiediamo sostegni pubblici. Ma allo Stato chiediamo di essere un player capace di affiancarci e di essere nostro ambasciatore nel mondo, come accade nelle altre nazioni che sono potenze industriali. Pensate all’attività intensissima che viene svolta al riguardo dalle agenzie pubbliche della Germania e degli Stati Uniti. Ecco, noi chiediamo al governo Letta, al quale guardiamo con fiducia per il compito gravoso che si è assunto, di impegnarsi significativamente in questa direzione. Modena, come dicevo, è incontestabilmente un luogo di eccellenza manifatturiera e di specializzazione delle sue produzioni, particolarmente richieste all’estero. Devo dire che è davvero singolare, se non paradossale, che una realtà industriale così fortemente proiettata sui mercati stranieri non possa ancora contare, come meriterebbe, su una infrastruttura intermodale all’avanguardia per fare partire le proprie merci. Lo scalo merci di Marzaglia Sto parlando dello scalo merci di Marzaglia, purtroppo ancora fermo al palo. E qui devo esprimere tutta la mia delusione e il mio sconforto. Perché cinque anni fa, all’inizio del mio mandato, avevo posto questa infrastruttura come uno degli obiettivi principali da raggiungere. Ho seguito in prima persona lo sviluppo del progetto, la costituzione di Tie, la società che se ne occupa e di cui sono tuttora presidente. Abbiamo intrecciato i rapporti con tutte le istituzioni interessate, dalle Ferrovie alla Regione, dalle società autostradali coinvolte al Comune per accelerare la realizzazione. 24 26 25 Ebbene, qual è la situazione a oggi? Siamo ancora in una fase di stallo. Siamo alle prese con un intreccio perverso di interessi contrapposti davvero difficile da sormontare. Certo la cosa non mi spaventa né mi fa desistere dal raggiungimento dell’obiettivo. Tuttavia non posso fare a meno dal continuare a domandarmi come sia possibile che una struttura indispensabile per la competitività del territorio, a cinque anni dalla progettazione e con gli investitori pronti a mettere risorse, sia ancora sulla carta. Credo che ci sia qualcosa di profondamente distorto in tutto questo. Dobbiamo purtroppo fare i conti, a tutti i livelli, con una tale vischiosità dei sistemi decisionali che alla fine produce solo paralisi. Abbiamo perso la capacità di risolvere i problemi e di conseguenza ci scappano di mano gli obiettivi. Tutto questo a scapito del territorio. Per perseguire gli obiettivi ci vogliono determinazione e coraggio. Uniti a una visione generale dello sviluppo del nostro territorio. La politica locale Modena l’anno prossimo dovrà affrontare le elezioni amministrative. Noi imprenditori ci permettiamo di avanzare una modesta proposta alla classe politica locale: il nostro territorio ha bisogno urgente di nuovo slancio e di progettualità adeguata ai cambiamenti in corso. Abbiamo bisogno di politici che oltre all’appartenenza possano vantare le competenze necessarie per affrontare la complessità odierna e abbiano una chiara visione del mondo che ci circonda. Modena ha bisogno di una classe dirigente in grado di reg- Complimenti al Sassuolo in serie A U n risultato per molti versi inimmaginabile: il Sassuolo Calcio, società associata a Confindustria Modena, è riuscito a ottenere l’accesso alla massima divisione. Il presidente Pietro Ferrari ha voluto testimoniare l’apprezzamento di tutti gli imprenditori modenesi per questa storica conquista: ha consegnato una targa commemorativa al presidente del Sassuolo Carlo Rossi e al vicepresidente Sergio Sassi. Sopra: Pietro Ferrari insieme a Sergio Sassi e Carlo Rossi Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 53 Eventi | Assemblea 31 • 31 Enzo Madrigali ed Elena Lancellotti • 32 Vincenzo Cremonini, Claudio Lucchese e Massimo Galassini • 33 Alcuni rappresentanti del Gruppo Giovani di Confindustria Modena • 34 Davide Malagoli, Matteo e Marco Tironi, Paolo Stabellini • 35 Beppe Neri • 36 Valentina Agnani e il padre Roberto • 37 Renato Crotti, Giovanni Arletti e il sindaco di Modena Giorgio Pighi gere le nuove sfide, di progettare il futuro e decidere. Chi avrà il compito di amministrare questa città colga l’opportunità di fare tesoro delle conoscenze e delle relazioni internazionali di tanti nostri imprenditori che abituati a confrontarsi con realtà di Paesi lontani in forte crescita potranno dare nuova linfa alla Modena del futuro. Ricerca e innovazione Un altro terreno su cui si giocano le sorti e il futuro del nostro sistema industriale è quello della ricerca e dell’innovazione. Le nostre eccellenze produttive testimoniano che anche su questo fronte sappiamo destreggiarci bene. Ma quello che abbiamo realizzato fino a oggi non basta più. Dobbiamo andare oltre. Per questo ritengo determinante un ulteriore salto di 54 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 32 qualità nel rapporto università-impresa. Solo se sapremo imprimere un’accelerazione significativa al dialogo e alla collaborazione tra le imprese e il sistema della ricerca potremo pensare di competere con le economie più evolute. E quanto più avremo aziende tecnologicamente avanzate tanto più queste saranno in grado di aumentare la loro presenza in mercati lontani ma sempre più agguerriti. L’ultimo anno del mio mandato sarà dedicato prevalentemente a questi aspetti. Pochi giorni fa è stato designato il nuovo rettore, il professor Angelo Oreste Andrisano, che ringrazio vivamente di essere qui con noi. Gli pongo subito una questione urgente. I dottorati di ricerca sono uno strumento importante per connettere in maniera efficace le imprese con il sistema dell’università. Devo dire che l’attuale rettore, il professor Aldo Tommasi, si è impegnato moltissimo per diffonderli e farli funzionare. E per questo lo ringrazio sentitamente. Purtroppo, però le rigidità e i vincoli normativi che li contraddistinguono non hanno permesso il successo pieno di questi strumenti così importanti. Vogliamo rimetterci mano insieme? Vogliamo, insieme, elaborare una proposta che superi gli attuali difetti di attuazione? Credo che le soluzioni si possano trovare. Anche questo sarà un ulteriore passo importante verso la competitività delle nostre imprese. Conclusioni Il quadro che emerge da queste mie riflessioni è sicuramente punteggiato più da tinte opache che brillanti, ma è un qua- 33 34 dro realistico. Sembra passata un’intera era geologica da quando Aldo Bonomi, che ne fu fortunato inventore, coniava lo slogan del «capitalismo molecolare» per fotografare la straordinaria e meravigliosa capacità della piccola e media impresa di moltiplicarsi e di produrre sviluppo e crescita non solamente economica per i nostri territori. Da allora, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, nonostante la crisi, il nostro tessuto produttivo si è messo in trincea. E anche se le bruttissime notizie delle tante chiusure di attività imprenditoriali e commerciali si susseguono incessanti, da emiliani abituati a rimboccarci le maniche non possiamo farci travolgere dallo sconforto. Dobbiamo assuefarci all’idea di guardare la nostra vita di imprenditori con lenti diverse e più adeguate a leggere una realtà sempre più complessa. Mantenendo intatta quella dose di inguaribile ottimismo che ci contraddistingue e che ci ha sorretto fin qui. Winston Churchill sosteneva che l’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità. Ebbene, anche noi dobbiamo imparare, laddove possibile, a trasformare questa crisi in un’opportunità di ripresa. Le nostre imprese, gli uomini e le donne di questa terra emiliana hanno ancora grandi potenzialità da esprimere e risorse significative da mettere in campo. Al servizio di una comunità che non ha perso la speranza e crede ancora che sia possibile costruire un futuro migliore per i propri figli. • 35 36 37 Il dibattito con Patrizio Bianchi (Regione Emilia-Romagna), Paolo Mieli (Rcs Libri) e Giuseppe Recchi (Eni), moderati da Simone Spetia, di Radio 24 Abbiamo bisogno di un Paese capace di ripartire Un giornalista esperto, un economista prestato al governo dell’ente locale, un manager di una società internazionale concordano sui danni prodotti da troppi decenni di immobilismo. La classe politica non trova il coraggio di risolvere i problemi, mentre gli imprenditori cercano di salvare il Paese SIMONE SPETIA L’impressione, ascoltando le parole del presidente Ferrari, è che l’Italia sia il Paese dei «nonostante»: nonostante ci sia un sistema fiscale così pressante le aziende investono ancora, nonostante il mercato del lavoro sia così rigido si crede ancora nella crescita e si vuole assumere. E Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 55 Eventi | Assemblea anche le aziende emiliane, nonostante il terremoto e le mille difficoltà, sono riuscite non solo a ripartire ma anche a crescere. L’Italia oggi si trova in una situazione di forte staticità derivante da venti anni di mancate scelte, di riforme annunciate ma mai realizzate. Osservando tutto questo, le chiedo: non le pare che il governo, formato senza una concreta maggioranza, stia lavorando con forte difficoltà proponendo provvedimenti tampone per arginare le urgenze, piuttosto che avere una prospettiva di lungo periodo, un progetto concreto da realizzare, con risultati concreti da ottenere? Sistemi informativi aziendali Noi la pensiamo così! COMPETENZA Oltre 30 anni di successi e di clienti soddisfatti. Un turn-over delle risorse estremamente contenuto, per conservare tutto il know-how acquisito; progetti e formazione continua, per valorizzarlo. PAOLO MIELI Posso dire, senza ombra di dubbio, che questo governo non è fatto di modenesi coraggiosi e previdenti come voi. Purtroppo è un governo che tende a sopravvivere e ad affrontare i problemi più urgenti, ma che non agisce in base a una visione di lungo periodo. Mi sembra simile a una nave che, scampata alla tempesta, invece di cambiare rotta per arrivare a un porto sicuro tende a galleggiare confidando solo nella corrente per raggiungere la meta, ma che rischia costante- L’unico modo per rispondere alla crisi è riuscire a darsi una “visione” di lungo periodo, che ci diriga nel futuro Perché COMPETENZA è CONOSCENZA ed ESPERIENZA, assieme. AFFIDABILITÀ Uno stretto legame con la nostra clientela perché pensiamo che il successo, perché sia tale, debba durare nel tempo. Perché l’AFFIDABILITÀ nasce dalla COLLABORAZIONE e dalla FIDUCIA nel FUTURO. FLESSIBILITÀ Quando si coniugano AFFIDABILITÀ e COMPETENZA in un’ottica di FATTIBILITÀ. Quando la misura della COMPETENZA è la capacità di interpretare le esigenze, e non viceversa. IL BRAND SIAMO NOI Via Bottego 243/B - 41126 Cognento (MO) - Tel. +39 059 2919811 - Fax +39 059 2919825 - www.gruppofourbytes.it - info@gruppofourbytes.it TERREMOTO Un video per raccontare la ripresa dell’Area Nord È stato prodotto da Confindustria Modena e dura poco meno di 15 minuti, ma riesce a dare conto, senza retorica, di cosa siano stati questi ultimi 12 mesi per una parte importante della provincia modenese, l’Area Nord. E a raccontarlo sono le voci dirette degli imprenditori che raccontano il cambiamento avvenuto dopo il 20 e 29 maggio 2012, con il bagaglio di fatiche e aiuti ricevuti, delusioni e qualche successo. È stato voluto perché niente più della simbiosi, anche sintetica, di immagini e parole riesce a rendere giustizia dell’immane lavoro fatto da tutta la popolazione di quelle zone. E la visione, avvenuta prima del discorso del presidente Ferrari, ha prodotto grande emozione. Anche negli ospiti del dibattito. A cominciare da Paolo Mi eli, giornalista di lungo corso e ora presidente di Rcs Libri, che spiega: «Sono rimasto profondamente impressionato dalla forza che gli emiliani hanno saputo dimostrare nell’affrontare il terremoto. Questa è una terra dove le cose si fanno diversamente dal resto del Paese; qui, e lo dico senza nessun tipo di retorica, le cose si fanno “alla tedesca”. La gente di questa terra ha saputo gestire un dop pio terremoto, oltre a quello reale anche quello economico che ha colpito tutta l’Italia. Voi emiliani non solo vi siate rialzati in tempi rapidissimi ma, anche in una situazione così grave, avete continuato a sperare, senza arrendervi mai, rimboccandovi le maniche e avendo in mente un traguardo preciso di crescita da raggiungere». E Patrizio Bianchi, economista e assessore al Lavoro e alla formazio ne della Regione Emilia-Romagna, ha voluto ribadire che «in questa terra gli industriali hanno saputo trovare un asse portante, un obiettivo comune verso il quale far riconvergere una visione di lungo periodo per poter andare avanti». Anche Giuseppe Recchi, presidente dell’Eni, una delle società italiane più grandi e conosciute, si è detto «orgoglioso di far parte di una classe imprenditoriale capace di non soccombere a prove simili». E ha aggiunto: «Senza retorica, ritengo che la politica dovrebbe prendere esempio da voi imprenditori che con forza, spirito di squadra e forte decisionismo siete riusciti ad affrontare e superare un’esperienza così drammatica». Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 57 UN GRUPPO INTEGRATO FINMASI GROUP Eventi | Assemblea mente di soccombere al prossimo vento forte. Per il nostro Paese, invece, non sarebbe più il momento di limitarsi a sopravvivere, affrontando le emergenze più impellenti senza prospettive di lungo termine, ma dovrebbe essere il momento di agire e attuare con decisione le riforme indispensabili. La prova che questo non sta succedendo è che quei problemi urgenti di cui tanto si parlava prima della caduta del governo Monti ora sembrano spariti, accantonati, in realtà senza essere stati mai affrontati. Un esempio, tra i tanti? La gestione degli sprechi in Italia. Ho paura, purtroppo, che il Paese non sia guarito per nulla dai mali che da troppo tempo lo attanagliano. In questo periodo si tende a criticare eccessivamente il clima di austerity che stiamo vivendo, cogliendone solo l’aspetto più negativo: io penso invece che, se affrontata in un certo modo, questa austerity possa essere l’unica medicina possibile, l’unica terapia efficace per affrontare il male che affligge l’Italia. SPETIA Viviamo dunque in un pericoloso immobilismo, in cui la classe politica sembra incapace di reagire. Al contempo però c’è il mondo delle imprese che, sebbene si trovi ogni giorno a dovere affrontare problemi ormai insormontabili, uno su tutti quello del credito, sa reagire e ha voglia di andare avanti e di crescere, come bene ci hanno insegnato gli imprenditori modenesi durante l’emergenza del terremoto. Oltre a ciò che già stanno facendo, che cosa possono fare, dunque, le aziende? Su cosa devono puntare per affrontare e superare la crisi? Divisione Acciaio Divisione Sensori Divisione PCB Circuiti Stampati Centro di Servizio Prodotti Siderurgici (Ravenna) www.metalsider.it (Modena e Genova) Italian Sensors Technology Sensori Industriali M.D. Micro Detectors S.p.A. (Modena) Micro Detectors Ibérica S.A.U. (Barcellona - Spagna) Centro di Servizio Prodotti Siderurgici M.D. Micro Detectors Co, LTD. (Tianjin - Cina) www.sidermed.it www.microdetectors.com (Mordano di Imola) Tel.: Fax: E-mail: Web: www.cistelaier.com +39 0536 832010 +39 0536 830229 info@hotel-executive.eu www.hotel-executive.eu Fiorano Modenese Divisione Logistica e Servizi Traporti e Spedizioni (Ravenna) www.sanvitale.it Circuiti Stampati (Saint-Genix-sur-Guiers - Francia) www.techci.fr Hotel (Fiorano Modenese) www.hotel-executive.eu Circuiti Stampati (Pechino - Cina) PATRIZIO BIANCHI Credo che un Paese per riuscire ad andare avanti e superare una crisi così profonda, come quella che viviamo da ormai troppi anni, deve riuscire a individuare un asse portante lungo il quale muoversi: se guardiamo alla storia industriale dell’Italia, vediamo che ciò che ha fatto andare avanti la nostra gente è stata l’idea che la ricchezza di una nazione si ottiene con il lavoro, e che quindi la manifattura sia determinate. In effetti lo è stata, ed è ora che torni a riappropriarsi del suo ruolo nel nostro sistema economico. È un concetto che il mondo industriale ha capito; gli imprenditori hanno compreso che la manifattura è importante perché obbliga a ragionare in un’ottica di prospettiva e ad avere un assestamento di lungo periodo. La finanza ha tempi brevi, a volte brevissimi. L’economia che produce cose concrete richiede programmazione, investimenti, cura nel lungo periodo. Guardiamo gli esempio di altri Paesi: due anni fa in Gran Bretagna, a Cambridge, è nato il primo Institute of manifactury proprio per rilanciare questa visione, e così hanno fatto altre nazioni come la Germania, la Francia, e gli stessi Stati Uniti che hanno promosso un forte piano di sviluppo per il sistema industriale manifatturiero. La crisi economica, iniziata nel 2007, può essere vista a posteriori come un importante momento di verifica per le nostre imprese che ha portato alla caduta di grandi illusioni. La prima, tra tutte, è stata credere che la finanza produca ricchezza: è stato un inganno enorme dalle terribili conseguenze, perché ci ha condotto proprio alla crisi in cui ci troviamo ora. La seconda illusione è stata Il nostro Paese ha bisogno di smettere di “sopravvivere”. Occorre attuare celermente le riforme indispensabili quella che, con l’avvento della globalizzazione, si potesse scindere senza problemi il processo produttivo, la manifattura, il fare concreto, dalle competenze reali, dal sapere fare, dai servizi. È bene ricordare che un conto è la produzione «fatta», che può essere esternalizzata e delocalizzata in giro per il mondo, e un conto è la produzione «da farsi», ovvero le competenze, la visione di lungo periodo, il controllo del sistema che deve rimanere ben saldo nelle mani dell’imprenditore e delle persone che lavorano con lui. E un altro elemento di grande rilevanza, che purtroppo in Italia negli ultimi vent’anni abbiamo lasciato andare alla deriva, è la centralità che la formazione tecnica professionale ha per lo sviluppo industriale di un Paese. Lo sanno bene i tedeschi, che da sempre ne hanno fatto il perno centrale del loro sviluppo economico. Ed è proprio questa visione, che recupera la centralità dell’industria, a fare la differenza tra gli imprenditori che sono riusciti ad affrontare la crisi e quelli che non ce l’hanno fatta. E gli imprenditori emiliani, durante il terremoto, ne sono stati un esempio lampante. Infatti, il terremoto, paradossalmente, ha messo in evidenzia che questa terra è un luogo dove la produzione fatta e quella da farsi, cioè la capacità di costruire e la visione di come si fanno le cose è rimasta intatta, resa ancora più lucida dall’emergenza. Qui non si è pensato solo alla ricostruzione, ma anche al dopo. Non ci si è accontentati di finalizzare le risposte alle emer- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 59 Eventi | Assemblea genze del momento, si è «pensato» a come si sarebbero voluti «dopo» le imprese, le case, le scuole, i servizi, in un’ottica di lungo periodo, e su quelle basi si è partiti per investire e per crescere. È l’unico modo per rispondere non solo a un’emergenza, eccezionale nella sua tragicità, come il sisma, ma sempre, perché più aumenta l’incertezza e più la crisi è acuta, più diventa indispensabile avere una visione di lungo periodo. Purtroppo, è una lezione che nel resto del Paese non sembra assimilata. SPETIA Riforme urgenti dello Stato da attuare, immobilismo di un governo che non prende decisioni, centralità della manifattura come chiave di volta per superare la crisi. Qual è la visione del mondo industriale su queste importanti tematiche? GIUSEPPE RECCHI Il primo pesante problema che sta vivendo il nostro Paese è non volere prendere decisioni di nessun tipo, e rimanere sempre in un immobilismo deleterio. Per capire quanto sia grave, facciamo un semplice esempio: immaginiamo di paragonare una nazione a un’impresa che, se vuole stare su un mercato fortemente globalizzato come quello in cui ci troviamo, deve saper vendere i suoi prodotti, essere competitiva, efficiente e attrattiva per gli investitori. Se proviamo a fare questo paragone, a me sembra che stiamo assistendo a una crisi generale del business model di tutte le democrazie occidentali e se poi, con un ulteriore sforzo, proviamo a considerare la politica del nostro Paese come la corporate governance di un’azienda vediamo, senza ombra di dubbio, che questa non può che essere destinata a fallire, perché una corporate governance che non ha una visione di lungo termine, che non è in grado di costruire strategie lungimiranti, che non sa prendere decisioni non potrà mai attuare quelle riforme necessarie per superare una crisi così forte come quella che stiamo vivendo. Il secondo problema riguarda il fatto che i tempi della politica italiana sono troppo lunghi. Viviamo in un mondo dove tutto cambia velocemente e bisogna sapersi adeguare e rispondere allo stesso modo. Invece, il varo delle leggi troppo spesso è frutto di dibattiti parlamentari lunghi e non sempre costruttivi. Purtroppo, in Italia si è perso il senso di responsabilità di fare le cose, di risolvere i problemi; si ha l’idea sbagliata che la politica debba creare soluzioni, invece di pensare che la politica debba impegnarsi a creare le condizioni per cui le imprese, sia nazionali sia straniere, possano lavorare efficacemente, trovando più conveniente investire nel nostro Paese piuttosto che in altri. Il fatto che la classifica mondiale dei Paesi in cui è facile investire e fare business ci collochi solo al 75° posto la dice lunga su quanto siamo lontani dalla realtà. Con una metafora, potrei dire che l’Italia è una fortissima squadra di calcio, fatta di fuoriclasse, ma purtroppo senza un allenatore capace di guidarla, di farla arrivare tra i primi della classifica. Quello che ci serve ora è un nuovo modello organizzativo dello Stato che agisca veramente, guidato da una leadership efficiente, una classe dirigente competente, capace di visioni di prospettiva, responsabile verso l’elettorato, in grado di fare le scelte giuste per fare crescere la nazione e rendere sicuri i cittadi- I tempi della politica sono troppo lunghi e si è perso il senso di responsabilità per risolvere i problemi ni. L’Italia in cui ora ci troviamo, pur essendo un Paese che tutti ammirano, dalle grandissime potenzialità, si trova ancora ad affrontare gravi problemi, mai risolti, frutto di quell’immobilismo che da più di 40 anni ci attanaglia. SPETIA Quindi, la politica deve cominciare a ragionare su un progetto concreto e di lungo periodo di Paese. Pensiamo al caso della Germania durante il periodo del governo di Gerhard Schröder, al progetto «Agenda 2012», con cui si sono programmate riforme concrete, e pensiamo, invece, all’Italia che sembra non riuscire a uscire da una sempre più difficile fase di transizione? Se ne fossimo capaci quali sarebbero gli obiettivi da raggiungere? MIELI L’esempio della Germania è interessante. I socialdemocratici tedeschi hanno lavorato in un contesto politico e storico molto complesso, quello della riunificazione e hanno agito in modo coraggioso, attuando riforme nella lucida consapevolezza che alla fine del percorso si sarebbero autoesclusi dalla scena politica, preparando un terreno fertile per i conservatori e il governo della Merkel. In Italia, questo coraggio non l’abbiamo ancora visto. Anche noi avremmo bisogno di politici coraggiosi, che vogliano fare la loro parte e che si assumano il rischio del loro operato, una classe poli- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 61 BIANCHI Credo che nel dibattito sia necessario aggiungere un aspetto che non è ancora stato affrontato, ma ritengo essenziale. Finora abbiamo parlato della struttura organizzativa dello Stato, della classe dirigente e della politica come se questi fossero un qualcosa di diverso, di «altro» da tutti noi, un qualcosa che ci viene imposto dall’alto. Ci siamo fossilizzati sull’idea che il problema dell’Italia sia tutto nella politica, dimenticandoci l’essenza stessa della democrazia e cioè che il potere viene dal basso, da chi è governato e non da chi governa. Bisogna tornare all’idea che la democrazia è tale solo (e se) tutta la comunità si sente partecipe. La società civile viene prima di qualsiasi forma di governo, bisogna arrivare ad avere una società civile forte, con delle base sociali talmente solide da avere sempre meno bisogno dell’aiuto dello Stato. Ed è proprio questo che abbiamo imparato dagli emiliani durante il sisma: infatti la partecipazione collettiva è stata fondamentale, pensiamo al contributo determinante di tutte le diverse forme di volontariato e associazionismo, se non ci fosse stato un fortissimo senso di coesione sociale, non si sarebbe mai superata l’emergenza né si sarebbero raggiunti gli straordinari risulti che invece sono evidenti a tutti. SPETIA Osservando quello che è successo in Emilia durante il terremoto si ha l’impressione che le imprese alla fine hanno saputo reagire all’emergenza e andare avanti da sole senza chiedere nulla, e che la società civile molto coesa e forte sia riuscita in modo straordinario ad affrontare il tutto. Viene spontaneo allora chiedersi: 62 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 ma dalla classe politica non possiamo proprio aspettarci nulla? BIANCHI Più che essere noi ad aspettarci qualcosa, dobbiamo imparare a chiedere e a ottenere risposte. Oggi abbiamo visto, guardano l’esperienza dell’Emilia, che qui esistono imprese forti e solide che riescono ad andare avanti con le proprie forze. Il primo obiettivo della politica deve essere proprio quello di allargare il numero di queste aziende, garantendo una struttura di welfare che permetta al maggior numero di persone di entrare in modo responsabile nel mercato del lavoro. Fatto questo, si passa al secondo livello di azione, allargare cioè il numero degli imprenditori che sanno competere a livello internazionale mettendo in essere politiche concrete di aiuto, ma sempre finalizzate a un progetto di lungo respiro. Basti pensare al problema dell’istruzione e della formazione, che non deve essere intesa (come spesso avviene) come ammortizzatore sociale di un Paese durante un periodo di crisi, ma come il punto di forza per la crescita. In questo campo, dobbiamo imparare dai tedeschi: prima si investe sulla formazione, perché poi sarà meno difficile fare impresa. RECCHI Concludo su due spunti che mi sembrano importanti. Il primo riguarda la classe politica: abbiamo bisogno di poter contare su una classe dirigente che sappia esprimere idee, proposte, capacità di cambiare rotta e, soprattutto, di assumersi la responsabilità di operare con competenza. Mentre, invece, in questo momento non mi pare che si avverta molto questa caratteristica nei nostri politici. L’altro aspetto è legato alla realizzazione di una comunità che abbia valori condivisi. Ma questa non è la soluzione a questo momento di crisi, è la mission del nostro Paese, sempre. Dobbiamo avere uno Stato responsabile, composto da una classe dirigente competente, che abbia come missione quella di aiutare la comunità a migliorare, a crescere, con un sistema valoriale che ci tiene uniti. Purtroppo credo la stima di un’Italia ferma da 40 anni sia eufemistica: gli anni Sessanta e Settanta sono stati anni di produzione di ricchezza, ma anche anni difficili, pieni di scandali, di difficoltà, di contrapposizioni, tanto che a un certo punto abbiamo visto l’implosione della prima Repubblica come un’occasione per costruire un modello migliore, cosa che non sembra essere stata. E ora si sta pensando a un terzo modello, che auspichiamo sia migliore. L’Italia uscita da questi molti decenni è un Paese capace di costruire una grande economia ma anche quello con un debito pubblico esploso. Credo sia venuto il momento di fare meglio. Perché se il tuo modello è vincente, sono gli altri che devono copiare. Ma siamo solo al 75esimo posto, forse è il caso di essere noi a dover cambiare qualcosa. • Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Per tutte le condizioni contrattuali si rinvia ai fogli informativi disponibili presso ogni filiale della Banca e sul sito www.bpercard.it tica con progetti chiari da seguire e che su temi importanti non cambi idea continuamente. Abbiamo bisogno di un governo che sappia prendere decisioni di lungo periodo per attuare tutte le riforme di cui il Paese necessita, e per farlo accetti la responsabilità di lavorare per durare un’intera legislatura e non semplicemente sopravvivere, come sta facendo ora, in attesa delle prossime elezioni. Al momento, non credo stiamo vivendo una fase di transizione nel nostro Paese, per un motivo molto semplice: il concetto di transizione contiene in se stesso l’idea di approdo, di punto di arrivo, ma in Italia, purtroppo, non si sa proprio a quale approdo si voglia arrivare. Credo che ormai a mancare sia l’idea stessa di Paese. E a chi mi chiede se a risolvere i nostri problemi possa essere una leadership nuova, fatta di persone che non hanno un ingombrante passato politico alle spalle, io rispondo sempre con cautela: il «nuovo», per essere tale, deve realmente dare un taglio netto al passato e non ripresentare, in modo più o meno evidente, situazioni già viste, proposte solo in modo diverso. redfishadv.it Eventi | Assemblea BperCard. L’amica impagabile. BperCard Business è come un’amica fidata che sa custodire e curare con discrezione i tuoi affari. Affidabile e sicura, consente un’efficace gestione delle spese aziendali con vantaggi e servizi personalizzati. In versione Individuale, Aziendale o Corporate è la carta ideale per il tuo business. BperCard Business Individuale BperCard Business Aziendale BperCard Corporate B GRUPPO BPER L’approfondimento Report di Unioncamere sull’apporto dei giovani alla ricchezza del Paese L’economia reale degli 35 under Rappresentano una quota sensibile del Pil. È soprattutto il terziario a beneficiarne ma non mancano i neo imprenditori che si imbarcano in progetti manifatturieri. Un contributo evidente alla tenuta dell’economia italiana e una tendenza che fa ben sperare di Federica Vandini B amboccioni, choosy, cervelli in fuga, generazione mille euro. Negli ultimi anni si sono sprecate le definizioni sui giovani italiani, il loro talento non sfruttato e le loro occasioni mancate. Un male non solo domestico: nel 2011 Oliver Stone, in «Wall street, il denaro non dorme mai», filmava un impietoso Michael Douglas-Gordon Gekko apostrofare gli under 40 come la «generazione dei tre niente»: niente lavoro, niente reddito, niente risorse. Oggi, con due anni di crisi in più sulle spalle, quella generazione prova a suonare la riscossa nonostante i dati allarmanti sulla disoccupazione giovanile. Lo dimostrano le storie e le idee vincenti di Matteo Achilli, a 21 anni inventore di E- gomnia, motore di ricerca di domanda e offerta di lavoro che in sei mesi ha fatturato mezzo milione di euro. Accanto al Mark Zuckerberg italiano, ci sono Fabio Lalli e Lorenzo Sfienti di Followgram, sei milioni di utenti unici e undici milioni di pagine viste al mese, app che ha convinto marchi come Fiat, Dolce e Gabbana, Audi, Ikea e Nbc ad aprire lì il proprio profilo, e la cui eco è risonata oltreconfine su Bbc, Cnn, El Pais e Huffington Post. Insomma, anche grazie al ventaglio di possibilità offerto dalle nuove tecnologie a chi ha creatività e audacia, come dimostra il ritorno dei maker raccontato su queste pagine pochi mesi fa, le startup sono tornate 3,8 milioni i giovani occupati in Italia. Il loro valore aggiunto tocca i 242 miliardi di euro, il 17,2 del totale. Sono Un dato che equivale all’apporto dell’intero comparto manifatturiero nazionale Matteo Achilli, inventore di Egomnia, motore di ricerca di domanda e offerta di lavoro Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 65 L’approfondimento di moda. E soprattutto sono tornate a incidere sulla crescita del Paese. A metterlo nero su bianco è per la prima volta Unioncamere, che ha monetizzato il contributo degli under 35 al Pil nazionale: nel 2011 i 3,8 milioni di giovani italiani occupati, siano essi imprenditori (con meno di 35 anni) o dipendenti (con meno di 30 anni), valevano il 17,2 per cento del Prodotto interno lordo, quanto l’intero comparto manifatturiero, per un totale di 242 miliardi di euro di valore aggiunto. Ma il dato forse più sorprendente deriva dal fatto che una parte significativa di questa cifra è generata da 675.000 imprese di under 35. Realtà che solo nel 2012 è aumentata di oltre il A fine 2012 risultano iscritte al Registro delle imprese delle Camere di commercio 675.000 imprese giovanili, l’11,1 per cento del totale delle aziende in Italia. È una tendenza che lascia intravedere una enorme riserva di potenziali neo-imprenditori, che potrebbero essere avviati all’autoimpiego con strumenti di finanza dedicata, come venture capital, microcredito, crowd funding Il parere | Guido Caselli: «Il caso Emilia-Romagna» G iovani, artigiani e immigrati. È la fotografia dell’imprenditoria under 35 che emerge dal rapporto Unioncamere per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, che nel boom dell’autoimprenditorialità si scopre fanalino di coda per il contributo delle aziende giovanili al valore aggiunto regionale. Ma c’è un importante risvolto della medaglia, sottolineato dalla sede bolognese dell’ente, e sta nell’alto tasso di improvvisazione che, spesso, porta a operazioni avventate e poco pianificate, con un’alta percentuale di insuccesso. «Molta dell’occupazione giovanile che sta nascendo in questi ultimi mesi», spiega il responsabile del Centro studi di Unioncamere regionale Guido Caselli, «è una risposta al fatto di non trovare altri sbocchi lavorativi: ci si butta su attività dove si hanno competenze o dove si ritiene più facile riuscire, come l’apertura di un bar o di un agriturismo. A volte va bene, ma il più delle volte invece va male». Un esempio concreto arriva dalle tipologie di nuove attività che vanno per la maggiore in questo periodo: «Ultimamente hanno aperto molti esercizi di tatuaggi e piercing, o attività nel settore della cura della persona, come negozi di parrucchieri, quasi tutti di titolari cinesi, e ancora nell’assistenza domiciliare». E nei periodi di crisi si cerca ispirazione anche dalla televisione: «Vanno forte anche le attività di organizzazione eventi e di ristorazione mobile», racconta Caselli, «come catering e forniture per cerimonie. In forte crescita i wedding planner». Ma spesso si tratta di iniziative che raramente superano i due anni di vita, periodo solitamente considerato in statistica per calcolare i tassi di natimortalità delle aziende. «È quello che spesso capita alle agenzie matrimoniali o turistiche. Per andare sul sicuro bisogna puntare sullo studio dentistico». 66 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Dunque, se a fine marzo si contavano 33.646 imprese giovanili, l’8 per cento di quelle presenti in regione, per una perdita di 1.961 unità (-5,5 per cento a fronte del -4,4 per cento nazionale), rispetto allo stesso periodo del 2012, non è del tutto un risultato negativo. «Se molte di queste realtà nascono come risposta alla crisi, significa che qui l’emergenza è più sotto controllo che altrove». Il dato positivo comunque c’è: «In regione stanno nascendo imprese giovanili in filiere che sono in crescita, in primis quelle del wellness e dell’Ict, grazie alla comunicazione e al web, in misura superiore a quanto avviene altrove. Confermo il forte apporto dell’immigrazione: non a caso l’unico settore manifatturiero che cresce è la produzione di borse, attività fortemente spinta dai lavoratori cinesi, mentre l’aumento di partite Iva nell’edilizia deriva dagli operai dell’est Europa che si mettono in proprio, come accade già da qualche anno». Ma al di là delle tipologie, come si possono sostenere iniziative che riescano a radicare e a superare i fatidici 24 mesi? «Il modello a cui guardare è quello americano, dove stanno nascendo nuove modalità di percorso per start up cosiddette “leggere”», conclude Caselli. «A loro si rende meno complicato il finanziamento e l’approdo sul mercato finale, attraverso fonti di finanziamento diverse dalle banche, e non necessariamente derivanti da donazioni». È il caso dell’equity crowd funding, che permette il ritorno dell’investimento. «Un format che si potrebbe replicare anche qui, sfruttando le potenzialità web in una logica di territorio». Guido Caselli, responsabile del Centro studi di Unioncamere Emilia-Romagna Il valore aggiunto dell’occupazione giovanile: i settori Settori Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria - industria in senso stretto - costruzioni Servizi di cui: commercio Totale economia Valore assoluto 4.027,3 54.403,8 34.736,0 19.667,8 184.064,4 32.131,2 242.495,4 % sul totale Italia 1,7 22,4 14,3 8,1 75,9 13,3 100,0 % sul totale del settore 14,6 15,7 13,3 22,8 17,8 21,2 17,2 Anno 2011, valori assoluti in milioni di euro e percentuali. Fonte: Rapporto Unioncamere «Giovani, Imprese e Lavoro», 2013 Caratteristiche dell’imprenditoria giovanile in Italia Imprese registrate Totale imprese Imprese giovanili - di cui - femminili - straniere - di cui - artigiane - cooperative 6.093.158 675.053 % su totale % imprese giovanili % evoluzione Saldo imprese giovanili su totale imprese 2011-2012 valori assoluti --0,3 18.911 -11,1 10,1 70.473 187.843 122.927 27,8 18,2 12,8 25,7 10,7 14,8 20.032 17.788 195.842 13.474 29,0 2,0 13,6 9,1 -12,2 -1.706 10 per cento, per oltre 70.000 unità in più, come se il perdurare della crisi acuisse ingegno e intraprendenza dei giovani. Il fermento è in continuo aumento: secondo le rilevazioni del Centro studi Unioncamere, ci sarebbero almeno altre 100.000 imprese che potrebbero nascere per iniziativa giovanile. I dati, presentati alla 137° assemblea dei presidenti delle Camere di Commercio, dipingono un quadro a tinte rosee, dove forse si può tratteggiare e intravedere, più realisticamente di quanto mai fatto finora, un possibile aggancio di ripresa. Dove osano i giovani Il valore aggiunto prodotto dall’occupazione giovanile si concentra per oltre tre quarti nel terziario, per il 22,4 per cento nel settore industriale e per l’1,7 per cento nell’agricoltura. Nel dettaglio, il settore delle costruzioni (22,8 per cento) il terzia- Anno 2012, valori assoluti e percentuali. Fonte: Rapporto Unioncamere «Giovani, Imprese e Lavoro», 2013 Nel 2012 gli under 35 hanno lavorato o erano titolari di 675.00 imprese, 70.000 aziende in più dell’anno precedente (+10%) E ci sono altre 100.000 imprese che potrebbero nascere da giovani che attendono solo l’occasione per mettersi sul mercato Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 67 L’approfondimento Il valore aggiunto dell’occupazione giovanile: distribuzione geografica Regioni Valore assoluto % sul totale Italia % sul totale regionale Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno ITALIA 79.141,9 55.833,7 48.702,9 58.816,9 242.495,4 32,6 23,0 20,1 24,3 100,0 17,3 17,2 16,0 18,0 17,2 Anno 2011, valori assoluti in milioni di euro e percentuali. Fonte: Rapporto Unioncamere «Giovani, Imprese e Lavoro», 2013 www.veca.it rio nel suo complesso (17,8 per cento) e, al suo interno, il commercio (21,2 per cento) sono gli ambiti nei quali il lavoro degli under 35 incide maggiormente sul totale dei singoli settori. Un po’ minore, ma comunque di rilievo, l’apporto fornito al comparto manifatturiero (13,3 per cento) e all’agricoltura. A riservare maggiori sorprese è la distribuzione lungo lo Stivale di queste nuove energie, che si concentrano al Sud, dove c’è il primato della maggiore incidenza della ricchezza prodotta dalle giovani generazioni (18 per cento). In linea con la media nazionale è tutto il Nord, (17,3 per cento il Nord Ovest e 17,2 per cento il Nord Est) mentre inferiore di oltre un punto percentuale rispetto alla media è il dato al Centro (16 per cento). La graduatoria delle regioni rispecchia questa ripartizione: capolista è la Puglia, dove i giovani contribuiscono al 21,3 per cento nella creazione di valore aggiunto sul totale regionale. Medaglia d’argento al Trentino Alto Adige (20,4 per cento), seguito da Umbria (17,9 per cento), Calabria (17,8 per cento), Veneto (17,7 per cento) e Lombardia (17,5 per cento), anche se va precisato che quest’ultima, in termini assoluti, concentra oltre un quinto (21,8 per cento) del totale del prodotto nazionale derivante dall’occupazione giovanile. Nella parte bassa della graduatoria ci sono regioni abituate a stare in cima: nell’industriosa Emilia-Romagna l’apporto dei giovani concorre molto meno al valore aggiunto regionale (16,4 per cento) dato che scende ulteriormente in Toscana (16,1 per cento), Liguria (16,0 per cento), Lazio (15,4 per cento) e Friuli Venezia Giulia (15,2 per cento). Molto diversa, in base alle zone d’Italia, è anche la tipologia di giovane lavora- Il valore aggiunto prodotto dall’occupazione giovanile si concentra per oltre tre quarti nel terziario. Un po’ inferiore, ma comunque rilevante, l’apporto fornito al settore manifatturiero e all’agricoltura. Queste nuove energie si concentrano al Sud, dove c’è il primato della maggiore incidenza della ricchezza prodotta dalle giovani generazioni. Mentre in fondo alla graduatoria vi sono regioni non abituate a quella posizione, come l’Emilia-Romagna Artigianato e cooperazione sono i canali preferenziali scelti dagli under 35 per realizzare un’idea imprenditoriale: il 29 per cento delle imprese giovanili è a carattere artigiano, per un totale di quasi 196.000 unità, il 13,6 per cento dell’intero comparto. Ma questo dinamismo è soprattutto al Nord, che presenta il 40 per cento delle imprese giovanili artigiane, mentre il Sud non arriva al 20 per cento tore che contribuisce alla formazione della ricchezza nel proprio territorio. In generale, la leva principale sono i lavoratori dipendenti, cui si deve il 71 per cento del valore aggiunto contro il 29 per cento derivante da quella indipendente. I giovani imprenditori sono molto presenti nel Mezzogiorno, dove il loro lavoro incide per il 33,6 per cento sul valore aggiunto, con picchi in Calabria (40 per cento) Molise (38,1 per cento) Campania (34,4 per cento) e Sicilia (34,3 per cento). Le regioni in cui è invece più elevato il contributo della componente dipendente sono la Lombardia (26,9 per cento), l’Emilia-Romagna (26,0 per cento), il Friuli Venezia Giulia (23,2 per cento), il Veneto (23,0 per cento) e il Trentino Alto Adige (18,9 per cento). Vince il fai da te Insieme alle definizioni citate all’inizio, uno dei consigli più ricorrenti da par- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 69 Sitma Machinery S.p.A. Via Vignolese 1927 - 1910 41057 Spilamberto (MO) Italy Tel. +39 059 780 311 - Fax +39 059 780 300 sitma@sitma.it - www.sitma.com L’approfondimento Sitma, fondata nel 1965, è conosciuta come leader mondiale nella progettazione e costruzione di macchinari per le industrie grafiche e del packaging, leader ora nei sistemi di imbustamento. Nuova Sitma WM30 Confezionatrice con carta Fino a 30,000 buste/ora Sitma France S.A.S. 603 Rue du Maréchal Juin Z.I. Melun-Vaux le Pénil - B.P. 28 77013 Melun Cedex - France Tel. +33 01 64835353 - Fax +33 01 64378945 sitma@sitma.fr - www.sitma.com Sitma Japan K.K. 7-5-47, Akasaka, Minato-Ku Tokyo 107-0052 - Japan Sitma U.S.A., Inc. 45 Empire Drive St. Paul, Minnesota 55103 - U.S.A. Tel. +81 3 55753113 - Fax +81 3 55753124 sitma@sitma.jp - www.sitma.jp Tel. +1 651 2222324 - Fax +1 6512224652 sitma@sitma.com - www.sitma.com te di professori, insegnanti e familiari è il classico «oggi il lavoro bisogna inventarselo». Un suggerimento diventato un leitmotiv all’aumentare della disoccupazione giovanile: a fine 2012 1,4 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni erano disoccupati e un altro milione e duecentomila rientrava nella categoria di coloro che sono disponibili a lavorare, sebbene cerchino non attivamente un lavoro oppure non lo cerchino affatto. Molti però hanno preso alla lettera il mantra, decidendo di inventarsi il lavoro che non trovavano e aprendo una impresa. Al Registro delle imprese delle Camere di commercio, a fine 2012, risultano iscritte 675.000 imprese giovanili, pari all’11,1 per cento del totale delle imprese registrate a livello nazionale: Unioncamere raggruppa sotto questa categoria le ditte individuali il cui titolare abbia meno di 35 anni, e le società di persone in cui oltre la metà dei soci abbia meno di questa età, o ancora le società di capitali in cui la media dell’età dei soci e degli amministratori sia inferiore a tale limite. La loro crescita a doppia cifra rispetto a dodici mesi prima fotografa davvero un Paese a due velocità: se la loro numerosità è cresciuta del 10,1 per cento, grazie a un saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni di 70.000 unità in più, l’imprenditoria in totale è aumentata appena dello 0,3 per cento. Una tendenza che fa ben sperare, e che lascia intravedere una enorme riserva di potenziali neo-imprenditori, che potrebbero secondo Unioncamere essere avviati all’autoimpiego con strumenti di finanza dedicata, come venture capital, microcredito, crowd funding. Peraltro, le cifre che emergono dalle elaborazioni di Unioncamere sull’indagine Istat sulle forze lavoro, mostrano che oltre 13.000 giovani tra 18 e i 34 anni alla ricerca di lavoro vorrebbero avviare un’attività in proprio. A questi si aggiungono le 368.000 unità che non hanno preferenze tra lavorare alle dipendenze e in proprio. Se almeno un quarto di queste persone, calcola Unioncamere, venisse avviato al «fare impresa» «Dobbiamo rendere i giovani protagonisti di un nuovo modello di sviluppo, compatibile e sostenibile», commenta il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello. «Per accrescere l’occupazione occorre semplificare la riforma dell’apprendistato e ridare slancio ai servizi per l’impiego. Occorre poi istituire un sistema di assistenza per la nascita di nuove imprese, fatto di servizi omogenei su tutto il territorio, che incoraggino l’innovazione, prevedano un accesso facilitato al microcredito e favoriscano l’utilizzo di fonti alternative di finanziamento» si arriverebbe a un bacino potenziale di nuova imprenditorialità giovanile di poco oltre 105.000 unità. «Dobbiamo far diventare i giovani i veri protagonisti di un nuovo modello di sviluppo, compatibile e sostenibile», ha evidenziato alla presentazione della ricerca il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello. «Raggiungere i livelli di occupazione medi europei è un obiettivo che possiamo e dobbiamo porci. Molte le strade da percorrere: semplificare la riforma dell’apprendistato; ridare slancio ai servizi per l’impiego attraverso una regìa unitaria a livello nazionale che veda coinvolti sui territori diversi attori, tra cui le Camere di commercio. Sull’imprenditorialità, proponiamo l’istituzione di un sistema ordinario di assistenza alla nascita di nuove imprese, fatto di servizi omogenei su tutto il territorio, che incoraggino l’innovazione, prevedano un accesso facilitato al microcredito e favoriscano l’utilizzo di fonti alternative di finanziamento». Giovani donne e stranieri Per cercare di studiare meglio questa reattività, la ricerca scompone l’universo delle imprese degli under 35 anche in conduzione femminile e straniera, due categorie Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 71 L’approfondimento ANDREA ZIRONI AMMINISTRATORE UNICO S18K STUDIO 18 KARATI spesso penalizzate dal mercato del lavoro. Le imprese di giovani donne rappresentano il 27,8 per cento del totale delle imprese guidate da under 35, mentre le imprese «rosa» nel loro complesso incidono sul totale delle attività registrate alle Camere di commercio per il 23,5 per cento. Pari a circa 188.000 unità, le imprese di giovani donne incidono per il 12,8 per cento sul totale delle imprese al femminile e risultano particolarmente diffuse nel Mezzogiorno (dove sono quasi 81.000). Anche in questo caso la «voglia» di fare impresa delle giovani donne stride con l’andamento della crisi: tra il 2011 e il 2012, a fronte di una crescita pressoché nulla del totale delle imprese femminili (+0,2 per cento) quelle a conduzione giovanile sono aumentate del 10,7 per cento, grazie a un saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni di 20.000 unità. Interessante anche l’incidenza e l’espansione dell’imprenditoria giovanile straniera che, con 123.000 imprese registrate, rappre- senta il 18,2 per cento del totale dell’imprenditoria giovanile, arrivando a superare il 30 per cento in Toscana e a sfiorarlo in Emilia-Romagna, mentre ha incidenze a una cifra in molte regioni del Mezzogiorno. Anche in questo caso, ritmo serratissimo di crescita negli ultimi due anni: +14,8 per cento tra il 2011 e il 2012, con le imprese iscritte nel 2012 che hanno superato di 18.000 unità quelle cancellate. Autoimprenditorialità Artigianato e cooperazione sono i canali preferenziali scelti dagli under 35 che vogliono realizzare un’idea imprenditoriale: nel primo caso, il 29 per cento delle imprese giovanili è a carattere artigiano, per un totale complessivo di quasi 196.000 unità, il 13,6 per cento dell’intero comparto. Ancora, si conferma una grande vitalità in un segmento che per molti aspetti sta soffrendo più di altri la crisi. Anche in questo caso appare evidente una divisione in due del Paese, con il Nord che presenta una incidenza intorno al 40 per cento delle imprese giovanili artigiane sul totale dell’imprenditoria giovanile (con Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna a svettare con punte del 43 per cento) e un Mezzogiorno che non arriva neanche al 20 per cento, con punte particolarmente modeste in Campania (13,4 per cento) e Sicilia (17,7 per cento). Infine, il volto giovanile della cooperazione mostra tassi di evoluzione piuttosto rapidi, con un +1.700 di saldo 2012 fra iscritte e cessate (+12,2 per cento il tasso di evoluzione). Le cooperative di giovani erano più di 13.000 a fine 2012 e rappresentavano il 9,1 per cento del totale delle imprese cooperative. «Le finalità mutualistiche e di relazionalità particolare con il territorio e con le comunità locali tipiche del cooperativismo», spiegano i ricercatori di Unioncamere, «sono in grado di fornire crescenti soluzioni occupazionali alla crisi del mercato del lavoro». • Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 73 Ritratti d’impresa | Gruppo Cremonini La famiglia Cremonini detiene la proprietà di una holding dalle origini modenesi che vale 3,4 miliardi di euro Cremonini FOOD E TANTO ALTRO Luigi Cremonini ha iniziato 50 anni fa con un piccolo macello sulle colline di Castelvetro. In questi decenni produzione, distribuzione, foodservice e ristorazione sono diventati i punti cardinali di un impero che oggi è conosciuto in tutto il mondo di Arianna De Micheli - foto Elisabetta Baracchi Se sono qui è perché ho sempre dato valore alle esigenze del cliente». Anche negli anni Sessanta quando una simile affermazione suonava tutto fuorché scontata. Ma se Luigi Cremonini è qui, presidente di un gruppo da oltre tremila milioni di euro all’anno oggi ai vertici del settore agroalimentare europeo, lo deve soprattutto alla propria tempra. A quel suo modo di vivere l’hic et nunc con curiosità e determinazione. Europeista della prima ora, l’imprenditore nostrano fu lungimirante nel comprendere i vantaggi dell’integrazione. «Il settore agricolo è stato il primo a spe- « Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 75 Ritratti d’impresa | Gruppo Cremonini LA HOLDING CREMONINI SPA ha sede a Castelvetro ed è totalmente controllata dalla famiglia Cremonini Europeista convinto, Luigi Cremonini è stato lungimirante nel comprenderne i vantaggi. «Il settore agricolo è stato il primo a sperimentare l’integrazione a livello europeo. Negli anni Settanta le merci hanno iniziato a circolare liberamente facilitando gli scambi. La competizione non era più appannaggio di una élite». Presente da oltre vent’anni nel continente africano e in Russia, Cremonini intrattiene rapporti commerciali con oltre 50 Paesi rimentare l’integrazione a livello europeo. Negli anni Settanta le merci hanno iniziato a circolare liberamente facilitando gli scambi. La competizione non era più appannaggio di una élite, anche le nuove imprese avevano un’occasione. Molti però hanno trascurato questo aspetto continuando a lavorare soltanto con i Paesi dell’Est». Non così Cremonini. «Già a metà degli anni Sessanta prendevo la mia auto e da solo raggiungevo l’Olanda o la Danimarca. Sono stato tra i pochi a entrare in Corea del Nord. Ho visto ogni sorta di rivoluzione. D’altra parte, per restare al passo con i tempi è indispensabile viaggiare. Indicate un punto qualsiasi sul mappa- mondo e io vi dirò quale tipo di bovino alleva». Da vent’anni presente nel continente africano, dove vanta 13 piattaforme logistico-distributive, Cremonini intrattiene rapporti commerciali con oltre 50 Paesi. Non sorprende dunque che il 50 per cento del giro d’affari complessivo del gruppo derivi da un’attività oltre confine forte di 6.000 dipendenti (su un totale di 12.200 unità). Una scelta strategica in prospettiva, quella di investire in Africa e Russia, cui il tempo sembra aver dato ragione. Prima realtà privata in Europa nel settore della carni bovine, numero uno nel servizio a bordo treno, leader indiscusso lungo lo Stivale in termini di distribuzione al food service e di ristoro in concessione, il Gruppo Cremonini è oggi costituito da una holding, Cremonini Spa, che controlla tre subholding operative. In primis e al 100 per cento Inalca, nucleo originario dell’impero che, con 1,5 miliardi di euro di ricavi messi a segno lo scorso anno (il 91 per cento con il business dei bovini, il 9 per cento grazie ai salumi), celebra il suo primo mezzo secolo. Quindi, sempre al 100 per cento, Chef Express («la ristorazione che viaggia») e infine, al 50,6 per cento, Marr, 3 le subholding operative: Inalca, Marr e Chef Express Inalca (con Montana) è la prima società privata in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti a base di carne Marr è la numero uno in Italia nella commercializzazione e distribuzione al foodservice di prodotti alimentari. Chef Express è leader in Europa nella gestione delle attività di ristorazione a bordo treno e nelle stazioni ferroviarie e ha una presenza rilevante nei principali scali aeroportuali italiani e nella ristorazione autostradale Con la catena di steakhouse Roadhouse Grill, Cremonini è presente anche nella ristorazione commerciale Conta oltre 12.200 dipendenti in tutto il mondo, la metà in Italia Il fatturato proviene per il 44% dalle attività di produzione (carni bovine, salumi e snack), per il 36% dal settore della distribuzione e per il rimanente 20% dalle attività di ristorazione. La quota export del gruppo è del 35% Ricavi 2012: 3.425 milioni di euro, in crescita del 3,8% rispetto al 2011 Inalca, la prima società del gruppo, è stata fondata nel 1963. Nel 2012 ha fatturato 1.546 milioni di euro, per il 91% attraverso la produzione, trasformazione e commercializzazione delle carni bovine. La quota export è del 50% in pole position in Italia nella distribuzione dei prodotti alimentari. Se, complice il terremoto, il 2012 per buona parte delle aziende nostrane si è rivelato un annus horribilis, lo stesso non si può dire per la solida realtà industriale di Castelvetro che con un fatturato di 3.425 milioni di euro sembra crescere senza intoppi (+3,8 per cento rispetto al 2011). Ne è passata di acqua sotto i ponti dall’estate di cinquant’anni fa. Luglio 1963. Luigi Cremonini ha 23 anni, in tasca un diploma di perito agrario e una smisurata «voglia di fare», peraltro conservata intatta nel tempo. Figlio di un piccolo commerciante «da una vacca alla settimana», il giovane Cremonini apre un macello. Un modesto capanno con due frigoriferi di legno e il sogno di passare da quattro a quaranta vacche al mese. Al suo fianco un amico e il fratello Giuseppe, di cui ha rilevato entrambe le quote nel 1996. «Al pari del mio socio degli esordi, Giuseppe possedeva il 33 per cento della società. Una volta riacquisito il 100 per cento della società», ricorda Cremonini con un mezzo sorriso, «mi sono ritrovato più povero». Emiliano doc con a cuore i suoi conterranei, «brava gente con il senso del dovere ma anche pronta a far valere i propri diritti», Cremonini mostra una determinazione da magnate americano. Non è infatti un segreto che gli Stati Uniti, da cui l’Europa ha spesso segue a pagina 81 Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 77 Ritratti d’impresa | Gruppo Cremonini Dietro i numeri impressionanti della holding di Castelvetro c’è la forza di un’intera famiglia. Claudia è responsabile delle relazioni esterne del gruppo. Vincenzo ne è l’amministratore delegato. Serafino è direttore commerciale di Inalca, mentre Augusto si occupa di acquisti della carne in tutto il mondo. «Sono molto fiero dei miei figli», afferma Cremonini. «Ognuno di loro ricopre il ruolo per cui ha studiato. La nostra azienda è una macchina gestita da professionisti» Luigi Cremonini (al centro) con i figli: da sinistra, Serafino, Augusto, Claudia e Vincenzo LA STORIA | Le scelte vincenti di un gruppo uglio 1963 è la data d'inizio dell'avventura imprenditoriale di Luigi Cremonini. Dopo essersi fatto le ossa in una cooperativa, inizia l'attività nel settore delle carni bovine e fonda l'Inalca (Industria Alimentare Carne). Lo affiancano un amico, Luciano Brandoli, e il fratello Giuseppe. 1976: l'ingresso nel business dei salumi rappresenta la prima opportunità di diversificazione in un mercato contiguo. 1979: con l'acquisizione di Marr e l'ingresso nel settore della distribuzione di prodotti alimentari al foodservice, continua la strategia di espansione in settori sinergici. 1980: con l'acquisizione di Agape, Cremonini approda alla ristorazione. 1985: nasce Burghy e Cremonini diventa protagonista nel settore dei fast food in Italia. Comprati da Sme sei punti vendita, nel giro di pochi anni diventeranno 96. 1990: Cremonini vince l'appalto per la ristorazione a bordo dei treni delle Ferrovie dello Stato e con il marchio Chef Express diventa leader nel mercato ferroviario. 1991: Cremonini acquista la società proprietaria del marchio Montana, famosa azienda nel settore della produzione di carne in scatola. 1996: la catena Burghy viene ceduta a Mc Donald's, nell'ambito di un accordo che prevede la fornitura quinquennale di hamburger Inalca al colosso americano. 1996-98: Cremonini assume il controllo del 100 per cento del gruppo, rilevando le quote del fra- L I NUMERI | L’impero di Castelvetro l Gruppo Cremonini, holding che controlla Inalca, Marr e Chef Express (12.200 i dipendenti assunti in tutto il mondo) celebra quest’anno il cinquantesimo anniversario della fondazione, iniziata con la creazione di Inalca. Brindare è d’obbligo anche perché i numeri confermano mezzo secolo di successi. Nel 2012 il gruppo ha realizzato ricavi totali per 3.425,1 milioni di euro con un incremento pari al 3,8 per cento sull’anno precedente. Il fatturato del settore produzione, 1.546,8 milioni, cresce di 9,4 punti percentuali. In crescita (+ 0,9 per cento) anche il giro d’affari di Marr (distribuzione) che tocca quota 1.260 milioni, mentre calano di quasi 2 punti percentuali i ricavi di Chef Express (ristorazione) con 677, 4 milioni di euro. Oltre il I 78 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 50 per cento del fatturato del gruppo è riconducibile all’export. Gli investimenti nel 2012 ammontano a 65 milioni di euro, di cui 27 nella produzione e 34 nella distribuzione. 500.000 le tonnellate di carne trasformate e commercializzate ogni anno da Inalca, di cui 100.000 tonnellate di hamburger e 200 milioni di scatolette di carne a marchio Montana. Attraverso la controllata Italia Alimentari, Cremonini si conferma tra i primi operatori nel mercato dei salumi nostrani. Le 16 camere bianche sfornano ogni anno 100 milioni di vaschette di affettato e 12 milioni di snack. Grazie a una rete costituita da 33 centri di distribuzione e 700 automezzi, Marr ogni anno assicura sul territorio nazionale un servizio tempestivo a 38.000 clienti. Inoltre Cre- monini, con il marchio Chef Express, è numero uno in Europa nel settore della ristorazione a bordo treno e vanta una presenza quotidiana su oltre mille convogli in sei Paesi. Sono invece 150 i punti vendita del gruppo distribuiti in 44 stazioni ferroviarie lungo lo Stivale e 98 quelli presenti in 36 aree di servizio autostradali. Otto gli aeroporti italiani che ospitano 58 luoghi di ristoro Chef Express. La catena Roadhouse Grill, nata nel 2001, conta 40 locali (previste otto nuove aperture nel corso di quest’anno). Nell’ambito della sostenibilità ambientale, l’azienda realizza il 55 per cento del proprio fabbisogno energetico grazie all’uso di fonti rinnovabili (biomasse derivanti dagli scarti dei processi produttivi). tello Giuseppe e quelle degli eredi del cofondatore Brandoli. Nel mese di dicembre Cremonini viene quotata alla Borsa di Milano. 1999: inaugurazione del nuovo stabilimento Inalca di Ospedaletto Lodigiano. Con una superficie totale di 377.000 metri quadrati di cui 60.000 coperti, è la più grande struttura industriale europea di produzione di carni bovine e prodotti trasformati. 2000: Cremonini vince la gara per i servizi di ristoro sui treni inglesi Eurostar. 2001: con l'apertura del Roadhouse Grill a Legnano, Cremonini lancia la prima catena di steakhouse in Italia; oggi i locali sono 38. 2003: Cremonini entra nel segmento della ristorazione autostradale attraverso una partnership al 50 per cento con l'inglese Compass Group, costituendo la società Moto. 2005: anche la controllata Marr viene quotata nel segmento Star di Borsa Italiana. 2006: Cremonini rileva il 100 per cento del business della ristorazione autostradale: riscatta infatti dal partner inglese Ssp Group (ex Compass Group) il 50 per cento della partecipazione di Moto, diventando l'unico azionista della società, e trasforma tutte le aree autostradali sotto l'insegna Chef Express. 2007: inaugurazione del nuovo stabilimento di Castelvetro dedicato alla produzione di hamburger per McDonald's, che ha una superficie coperta di 2.500 metri quadrati e impiega 50 dipendenti. Per costruirlo il gruppo ha investito 8,6 milioni di euro. 2008: Cremonini e il gruppo brasiliano Jbs, il più grande produttore al mondo di carni bovine, siglano un'alleanza strategica nel settore delle carni. L'accordo prevede l'ingresso di Jbs al 50 per cento nell'intero settore della produzione del Gruppo Cremonini (Inalca e Montana Alimentari). Sempre nel 2008, Cremonini esce dal Mercato Telematico di Borsa Italiana. L'operazione di delisting avviene per la trasformazione del gruppo, che dopo la quotazione di Marr e la joint venture con Jbs, da capogruppo industriale è diventata una holding di partecipazioni. La proprietà della società è ora interamente della famiglia Cremonini. 2009: Cremonini, attraverso la controllata francese Cremonini Réstauration, si è aggiudicato i servizi di ristorazione a bordo dell'80 per cento dei treni francesi ad alta velocità, diventando il primo operatore del settore in Europa. 2011: si chiude la joint venture con Jbs. 2012: attraverso la società controllata Chef Express Uk, il gruppo di Castelvetro entra nel mercato delle stazioni ferroviarie inglesi con l'acquisizione della nota catena Bagel Factory, presente nelle principali stazioni ferroviarie di Londra. Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 79 Se l’ECCELLENZA è la vostra forza, scegliete il futuro, la sicurezza, l’ambiente... Ritratti d’impresa Anche se l’azienda è al sicuro nelle mani capaci dei suoi quattro figli, Luigi Cremonini non sembra interessato a godersi una vita tranquilla. Appassionato di statistica e di nature morte dipinte tra il Settecento e l’Ottocento, curioso di tutto poiché a suo dire «un uomo senza emozioni è destinato a una vita buia», il tycoon di Castelvetro è un lavoratore da trincea e ama rimanere in azienda VINCITORE 2013 EcoByte Web: http://www.ecobyteitalia.com – Email: ecobyte@ecobyteitalia.it Tel. +39 053520450 Fax +39 053521429 - Via Perossaro Vecchia n.411 – 41038 San Felice sul Panaro (Modena) CONSULENZA INDUSTRIALE QUALIFICATA E FORMAZIONE assorbito abitudini e stile di vita, siano per lui fonte di ispirazione. Tanto che nel 1985, mentre si diffondevano le grandi catene americane di ristorazione fast food del mondo, si inventa Burghy. Con l’acquisizione di una rete di sei punti vendita (che in breve tempo diventano 96) Cremonini diventa protagonista della ristorazione veloce nel Belpaese. Merito anche e soprattutto del figlio Vincenzo che in veste di amministratore unico della Foodservice System Italia porterà la catena al successo. Nel 1996 il marchio Burghy viene ceduto alla McDonald’s di cui Inalca sarà poi (e lo è tuttora) fornitore ufficiale per l’Europa. Postilla: risale al 2007 l’esordio, accanto alla storica sede di Castelvetro, dello stabilimento dedicato SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO - ECOLOGIA E PROTEZIONE AMBIENTALE PREVENZIONE INCENDI E GESTIONE DELLE EMERGENZE - RISCHI DI INCIDENTI RILEVANTI SISTEMI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE ISO 9001 - ISO 14001 - OHSAS 18001 - D.LGS.231/2001 ACADEMY CORSI DI FORMAZIONE - ACUSTICA - TERMOGRAFIA - RADIAZIONI OTTICHE CAMPI ELETTROMAGNETICI - VIBRAZIONI - MICROCLIMA – INDAGINI DI LABORATORIO DUE DILIGENCE E COMPLIANCE AZIENDALE - INTERNAL AUDIT - RISK MANAGEMENT Sopra e nelle pagine precedenti, immagini dello stabilimento Inalca di Castelvetro, la prima azienda fondata da Luigi Cremonini 50 anni fa. Sotto, l’ingresso dello «Spazio Cremonini al Trevi» di Roma alla produzione di hamburger, 40.000 tonnellate annue, destinate al colosso made in Usa. Ma sebbene sembri trasformare ogni grammo di carne in oro, i panni di Re Mida poco si addicono al tycoon dell’Inalca, nominato nel 1985 cavaliere del lavoro. Non c’è dubbio che, con l’azienda al sicuro nelle mani capaci dei suoi quattro figli, Luigi Cremonini potrebbe godersi una vita tranquilla. Ma nonostante sia appassionato di statistica e di nature morte dipinte tra il Settecento e l’Ottocento, curioso di tutto poiché a suo dire «un uomo senza emozioni è destinato a una vita buia», il nostro ospite, ancora prima che imprenditore, è un lavoratore da trincea. E non intende mollare. «Sino alla fine degli anni Sessanta abbiamo dormito in cinque in una singola camera. Mia moglie, donna eccezionale, ha cresciuto da sola i nostri figli. Io ero sempre in viaggio. Ricordo ancora Vincenzo in lacrime che urlava “mamma, manda via quell’uomo”: ero tornato a casa a tarda sera e non mi aveva riconosciuto perché mancavo troppo spesso». Potrebbe sembrare aneddotica da libro «Cuore» ma dietro i numeri impressionanti della holding di Castelvetro, 500.000 tonnellate di carne lavorate ogni anno, c’è la forza di un’intera famiglia. Claudia, la figlia maggiore, è responsabile delle relazioni esterne del gruppo. Vincenzo ne è l’amministratore delegato. Serafino riveste il ruolo di direttore commerciale Inalca mentre il fratello minore, LA NOVITÀ | La cultura alla maniera Cremonini aro esempio di collaborazione tra pubblico e privato, lo «Spazio Cremonini al Trevi» di Roma, con una superficie di duemila metri quadrati, oltre al museo accoglie la libreria Mondadori Trevi, una sala cinema dedicata ad Alberto Sordi e il famoso Harry’s Bar Trevi. È un vero e proprio centro culturale multifunzionale, frutto di un imprevisto che Luigi Cremonini riconverte in R nuova opportunità. Il prodromo è l’acquisto dell’ex cinema Trevi nel 1985. Ma bisogna aspettare la fine degli anni Novanta perché parta l’idea di trasformare l’intero immobile in un grande polo di ristorazione. Però i lavori di ristrutturazione portano alla luce tracce di antiche mura romane e la Sovrintendenza impone lo stop al cantiere. Cremonini non si perde d’animo e decide di finanziare tanto gli scavi quanto il ripristino dell’area archeologica. Ma il numero e il valore dei reperti recuperati si rivela superiore alle aspettative. Ecco dunque l’idea vincente: allestire un sito museale in loco. Dal 2004, al pari del museo, l’area archeologica «Città dell’Acqua» che ospita un’insula romana (vasto complesso edilizio di età imperiale) è aperta al pubblico. Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 81 Ritratti d’impresa Augusto, si occupa della compravendita di carne in tutto il mondo e dello sviluppo delle attività di distribuzione alimentare all’estero. «Sono molto fiero dei miei figli. Ognuno di loro ricopre il ruolo per cui ha studiato. La nostra azienda è una macchina gestita da professionisti. In tal senso abbiamo fatto scuola. Non esiste un corso universitario che insegni questo mestiere. Un mestiere che una volta era considerato prestigioso, ma purtroppo svilito dall’élite culturale del dopoguerra. Credo di poter affermare che buona parte dei manager assunti oggi dalle imprese italiane delle carni sia stata formata all’interno del nostro gruppo». Si sono alternate molte stagioni dall’epoca in cui il giovane Cremonini ha iniziato a trasformare la macellazione delle carni in attività industriale su larga scala. Nel frattempo gli eventi fuori programma non sono mancati. Ricordata dalla memoria collettiva sotto la voce «mucca pazza», l’imprevisto che tiene banco all’inizio del terzo millennio ha un nome ingombrante: encefalopatia spongiforme bovina (Bse). Sono questi gli anni di svolta per l’ex macello da poche vacche alla settimana. Quotato in borsa dal 1998 come Cremonini Spa (un decennio più tardi, non più capogruppo industriale ma holding di partecipazioni, Cremonini abbandonerà il mercato telematico di Borsa italiana), nel 2000 il gruppo di Castelvetro vince la gara per i servizi di ristoro sui treni inglesi Eurostar. E nel giro di un decennio, grazie soprattutto alla conquista dell’80 per cento dei Tgv francesi, si aggiudica l’oro europeo nella ristorazione a bordo dei convogli ferroviari. Tre anni dopo, in concomitanza con la liberalizzazione del mercato in concessione delle autostrade e in tandem al 50 per cento con la britannica Compass Group, Cremonini conquisterà una buona posizione nel segmento della ristorazione autostradale. Per poi rilevarne il 100 per cento del business nel 2006. È invece l’autunno del 2001 quando, con l’inaugurazione del Roadhouse Grill di Legnano, il colosso modenese della carne lancia la prima catena di steakhouse in Italia. Oggi i locali Roadhouse, matrimonio riuscito tra elevata competenza nel settore delle carni e know how maturato nell’ambito del- FFI ISSI IOOCCHHI INNE ES SI IT TE ER RA AP PI AI A Via ViaCanaletto CanalettoSud, Sud,266 266- -Modena Modena Tel. Tel.059 059 454419 454419--info@riacef.it inf o@riacef.it www.riacef.it www.riaceff.it Cremonini vanta cinquant’anni di successi, acquisizioni, accordi straordinari (uno per tutti quello con Mc Donald’s). Con la costante capacità di intravedere nuove attività. Tra i momenti difficili del gruppo il naufragio della partnership con il colosso brasiliano Jbs, che si chiude nel 2011. «Oggi con Jbs abbiamo rapporti commerciali eccellenti», commenta Luigi Cremonini la ristorazione commerciale, sono una quarantina. Capita però che la mucca pazza, nel senso di Bse, ci metta lo zampino. «Sono stati momenti diff ffi ff ficili», ammette l’imprenditore. «Ma le diff ffi ff ficoltà aiutano a migliorare. A biamo ribaltato l’azienda da cima a fo Ab f ndo e ne siamo usciti più fo f rti di prima». Anche dal punto di vista sanitario. I prodotti sfo f rfo nati dagli stabilimenti Inalca, dieci in Italia ( Castelvetro e Ospedaletto Lodigiano in testa) di cui quattro destinati al mercato dei salumi, risultano infa f tti consoni ai criteri fa previsti dalle normative sanitarie europee. E questo grazie a uno staff f di trenta persoff ne, veterinari e biologi, che ogni giorno ne verifi f ca la qualità. Primo in Italia ad avere otfi tenuto la certifi f cazione ministeriale di confi f rmità al regolamento comunitario 820/97 fo relativo alla sicurezza alimentare, il gruppo Cremonini vanta un sistema di rintracciabilità all’avanguardia che, in qualsiasi mo- Partner ufficiale Partner ufficiale Poliambulatorio Poliambulatorio privato dedicato alle patologie privato dedicato alle patologie dell’apparato locomotore (ossa, locomotore (ossa, dell’apparato muscoli, tendini, articolazioni), dotato di articolazioni), dotato indi un muscoli, qualificatotendini, staff medico di specialisti un qualifica f medico di specialisti to staf ortopedia, fisiatria, medicina sportiva, chirurgiain ortopedia, fisia tria, medicina sportiva, chirurgia vascolare e radiologi ecografisti e di terapisti vascolare ine tecniche radiologi manuali ecografisti e di terapisti specializzati e rieducative. Si specializza ti in tecniche manuali e rieducative. avvale di moderne tecnologie fisioterapiche tipo Si i a vvale di moderne tecnolog ie fisiotera piche tipo laser di ultima generazione, la tecarterapia, le onde i laser edidiultima generazione, la tecartera pia,la piscina le onde d’urto, ampi spazi per riabilitazione come d’urto, e di ampi spazi per ria bilitazione come la piscina riscaldata con annesso bagno turco e due palestre. riscaldata con annesso bagno turco e due palestre. Ritratti d’impresa mento del processo, consente di risalire fino al capo d’origine. Voltata pagina e dimenticata l’encefalopatia spongiforme, ecco che nel 2011 giunge imprevisto il naufragio della partnership Cremonini-Jbs. Gruppo brasiliano tra i maggiori produttori di carne a livello mondiale, Jbs fa capo alla potente famiglia Batista. Dalla stretta di mano sono passati poco più di mille giorni. La cronaca riferisce di un incontro fortuito. Durante uno dei suoi numerosi viaggi il cavaliere, diretto in Brasile, rimedia infatti un passaggio sull’aereo privato dei Batista. Da lì a spartirsi Inalca al 50 per cento il salto è breve. L’accordo prevede che i brasiliani, attraverso Inalca-Jbs, operino in esclusiva nelle aree presidiate da Inalca. E cioè in Europa, Russia e Africa. In cambio Cremonini ottiene l’accesso al principale bacino di materia prima del Sudamerica. La famiglia Batista non sembra però intenzionata a rispettare i patti, e quella che doveva essere una solida alleanza si trasforma presto in una guerra combattuta a suon di carte bollate e pesanti accuse reciproche. Una guerra che si conclude con la separazione consensuale: «Jbs ha restituito al gruppo modenese il 50 per cento del capitale sociale di Inalca», spiega un’ultima nota del 2011, «e Cremonini ha contestualmente restituito l’importo di 218.855.219,50 euro all’epoca investito da Jbs». Muore così, senza strascichi giudiziari, l’impegno reciproco siglato nel marzo 2008. «Due anime troppo diverse» sarà l’amaro commento del diretto interessato, dimostrando che le conseguenze del prematuro epilogo del sodalizio italo-brasiliano pesano più sul lato umano che sul piano economico. Infatti, Inalca in questi tre anni è cresciuta molto, ha inaugurato un nuovo stabilimento a Mosca e l’andata a regime degli investimenti degli anni predecenti hanno portato quasi al raddoppio del margine operativo lordo. Praticamente si è finanziata per tre anni a tasso zero. «E oggi», precisa Cremonini, «con il partner brasiliano abbiamo di nuovo rapporti commerciali eccellenti». Certo che la vita dell’imprenditore comporta in alcuni momenti delle responsabilità immense. Il tycoon di Castelvetro afferma oggi senza mezzi termini: «In questo momento storico fare l’industriale equivale a essere un eroe. A volte si ha davvero l’impressione di lottare contro i mulini a vento. Io ho sempre guadagnato dieci e investito undici ma a fronte della situazione attuale ritengo sia saggio mostrarsi equilibrati». E l’entità degli investimenti targati Cremonini sono comunque impressionanti: solo nel 2012 65 milioni di euro, 27 in ambito produttivo e 34 nel settore della ristorazione. Seppure lnalca e Marr non diano segno di avere patito le frustate inferte dalla crisi (l’unico calo registrato riguarda i ricavi di Chef Express, 677 milioni di euro, in ribasso di due punti percentuali rispetto al 2011), la consapevolezza di essere seduto, come chiunque altro, su una polveriera pronta a esplodere spinge il navigato imprenditore a un seria riflessione. «È necessario che il Paese restituisca la giusta soddisfazione ai protagonisti della produzione. E cioè dipendenti e imprenditori. La produzione è infatti la nostra linfa vitale, ma negli ultimi vent’anni è stata massacrata tanto dalla politica quanto dalla burocrazia. Le parole si sprecano e si produce sempre meno. Chi vuole prendersi la briga di investire in un Paese strozzato dai vincoli burocratici? Nonostante il costo eccessivo della mano d’opera, tra i più elevati del mondo, l’unico settore che continua a marciare è l’agricoltura. Questo perché il prodotto made in Italy è unico al mondo e nel mondo sempre più apprezzato. Ma non è sufficiente. Come possiamo competere con quelle nazioni dove l’ora lavorata costa un quinto rispetto alla nostra? Nei trent’anni successivi all’ultima guerra sono stati compiuti passi da giganti. Ci siamo illusi che la baldoria durasse in eterno ma oggi il debito pubblico racconta tutta un’altra storia. Conservare questo status quo è impensabile. Ognuno di noi deve trovare il coraggio di ridimensionare i propri orizzonti e di rinunciare a eventuali privilegi». E poi, al momento del congedo, Cremonini aggiunge: «Molti sono convinti del contrario, ma io amo gli animali». Gli animalisti non c’entrano. «Un capo allevato in modo corretto e in un ambiente adeguato fornisce carne migliore». • AMORE AMARE Cultura Festival Filosofia 2013 È una delle passioni fondamentali dell’esperienza umana e anche un concetto chiave della tradizione filosofica. Da conoscere nelle diverse accezioni di eros, amicizia, generosità. Ma le profonde trasformazioni della nostra epoca costringono a ripensarlo sia nella sfera privata sia in quella pubblica di Stefano Marchetti - Foto Elisabetta Baracchi e Serena Campanini Dal 13 al 15 settembre torna l’appuntamento tra Modena, Carpi e Sassuolo con lezioni accademiche, spettacoli, mostre e menù a tema 86 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 ossiamo farci prestare un dubbio da William Shakespeare, «Ha mai amato colui che non ha amato a prima vista?», oppure ritrovarci nelle parole de «Il Piccolo Principe» di Antoine de Saint-Exupéry, «Amare è donare tutto se stesso senza nulla chiedere», e magari volare sulle ali di un verso di Pablo Neruda che spunta anche dal bigliettino di un «Bacio» Perugina, «Amare è così breve, dimenticare così lungo». Già: l’amore, come scrisse Dante nell’ultimo verso della sua Commedia, «move il sole e l’altre stelle», nell’amore c’è la forza della vita, la sua compiutezza, ma a volte anche il rimpianto, la nostalgia. Amare può essere meraviglioso, eppure anche P AMARE Cultura | Festival Filosofia 2013 difficile, complicato. «L’amore è una delle passioni costitutive dell’esperienza umana, e certamente è anche un concetto chiave della tradizione filosofica», fa notare Remo Bodei, docente alla University of California e presidente del comitato scientifico del Festival Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo che dedica la sua tredicesima edizione, dal 13 al 15 settembre, proprio all’amare. Sì, il verbo «amare», e non la semplice parola «amore», come avremmo potuto immaginare: «Ci è sembrato che il festival fosse maturo per affrontare un tema così complesso. E con la scelta del verbo abbiamo voluto mettere l’accento sul fatto che l’amore è una relazione, dunque può essere rivolto a un altro soggetto, oppure non riuscire a raggiungerlo e chiudersi in se stesso», spiega Michelina Borsari, direttore scientifico del festival. «Volevamo evitare di cadere nel sentimentalismo, e sottolineare invece che l’amore è un’energia che può far crescere», aggiunge il professor Bodei. Nato nel 2001, quello modenese è stato il primo caso europeo di festival filosofico in senso proprio, e uno dei primi festival culturali italiani, ammirato, studiato e, diciamolo pure, anche copiato. Nonostante la concorrenza di altri territori che in questi anni hanno lanciato eventi legati al pensiero (uno studio di Nomisma ha contato in Italia ben 927 manifestazioni in questo filone), il Festival Filosofia modenese può vantare una primogenitura e, di edizione in edizione, ha conquistato un pubblico sempre più ampio, oltre un milione e 400.000 presenze dal suo debutto fino al 2012, «e con una grande quantità di giovani e giovanissimi che arrivano qui da ogni parte d’Italia per ascoltare conferenze e lezioni in un clima da concerto rock, un aspetto del festival che ogni volta mi commuove», interviene Tullio Gregory, accademico dei Lincei, anch’egli «anima» della manifestazione. Anche per il 2013, dunque, la formula non cambia: a più di 50 lezioni magistrali, con filosofi, sociologi, storici e ricercatori in arrivo da tutto il mondo, si affianca un ricchissimo programma di mostre, spettacoli, Non poteva che chiamarsi «All you need is Love» la mostra dedicata a John Lennon nelle sale della Galleria Civica di Modena. A destra, la copertina della cartella di 14 litografie dall’omonimo titolo pensata da John come regalo di nozze per Yoko in occasione del loro matrimonio nel 1969. Esposta nel 1970 alla London Arts Gallery fu immediatamente sequestrata da Scotland Yard per l’alto tasso di erotismo. Sopra, il celebre ritratto di Yoko Ono e John Lennon scattato da Annie Leibovitz nel 1980, poche ore prima dell’assassinio dell’ex Beatle, e che fa parte della raccolta di fotografia della Galleria Civica Da sinistra: Zygmunt Bauman, Philippe Daverio, Roberta de Monticelli, Tullio Gregory, Stavros Katsanevas, Michel Maffesoli 88 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 AMARE COLPIRE NEL SEGNO Diritti esclusivi di proprietà industriale: ottenerli, gestirli, sfruttarli e difenderli dalla concorrenza. B&P: i professionisti su cui contare! • Deposito brevetti, marchi, modelli e design, copyright Cultura | Festival Filosofia 2013 idee e curiosità, che viene realizzato grazie a un consorzio (di cui fanno parte i tre Comuni, la Provincia, la Fondazione Collegio San Carlo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena) ma anche grazie all’aiuto di finanziatori istituzionali come Confindustria Modena, e con il lavoro appassionato e prezioso di decine di istituzioni culturali, musei, gallerie, associazioni di volontariato. «Il festival è veramente l’espressione del territorio, e questo è il suo segreto», rimarca Giorgio Pighi, sindaco di Modena. L’amore è un sentimento universale e di tutti i tempi, ma indubbiamente nella nostra epoca ha subìto profonde trasformazioni: le rivoluzioni politiche, sociali, scientifiche e tecnologiche hanno dato un vol- • Ricerche brevetti, marchi, modelli e design, domain names Sopra, Michelina Borsari, direttore scientifico del festival. Da sinistra: Michela Marzano, Vincenzo Paglia, Elena Pulcini, Christoph Wulf • Sorveglianze brevetti, marchi, modelli e design • Assistenza tecnico-legale in materia di contraffazione, validità dei diritti di Proprietà Industriale Brunacci & Partners è una società di consulenza specializzata in brevetti, marchi, design e copyright. Ha sede a Modena e domicili professionali ad Assisi e Monaco di Baviera. BRUNACCI & PARTNERS S.r.l. Via Scaglia Est, 19-31 41126 Modena Tel. (+39) (0)59 2929757 - (+39) (0)59 357305 Fax (+39) (0)59-359847 info@brunacci.eu • Contrattualistica brevetti, marchi, modelli e design • Valutazioni economiche relative a brevetti, marchi, modelli e design to nuovo all’amore, ci costringono a ripensarlo sia nella sfera privata che in quella pubblica. Non sempre l’amore è eterno, nascono nuove forme di famiglia, e ci si incontra magari solo virtualmente, sui social network o in una chat. «Quando parliamo di amore, affrontiamo un concetto a grappolo e, come per l’uva, c’è quella dolce e quella più amara. L’amore è sicuramente una passione metamorfica», esordisce Remo Bodei. Le classiche categorie di eros, agape e philia forse non bastano più a spiegare tutte le facce dell’amore contemporaneo e anche la velocità del cambiamento, che a volte lascia disorientati. Nel programma del Festival Filosofia si possono quindi individuare alcune piste, fili conduttori che ci aiutano a non Focus | I Giovani di Confindustria Modena al lavoro Il Gruppo Giovani di Confindustria Modena partecipa da protagonista al Festival Filosofia 2013. Lo scorso anno è stato il successo di «Poiesis. Manifattura Made in Mo», l'originale progetto che ha portato nelle piazze di Modena, Carpi e Sassuolo esempi di macchine industriali e un’installazione di arte contemporanea con macerie di aziende terremotate, suscitando molto interesse e partecipazione. Quest'anno il gruppo guidato da Elena Salda torna a far parlare di sé nell’edizione che ha al centro del dibattito il tema «amare». «Crediamo che le nostre industrie e i nostri prodotti nascano fortemente legate al territorio a cui appartengono», dichiara la presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Modena. «Per questo è importante contribuire a dare visibilità a questa nuova forma d’arte, la street art, che ha visto negli ultimi anni Modena sempre più protagonista nello scenario nazionale, e coltivare in questo modo nuove eccellenze cittadine come modello di riqualificazione di un territorio che si deve riscoprire, ricostruire e continuamente reinventare». Il progetto prevede un intervento di due artisti di street art di livello internazionale, Erica Ilcane e Bastardilla, che per l’occasione useranno per le proprie performance un frontone del vecchio palazzetto dello sport in centro storico. E il tema dell'amore, al centro della kermesse filosofica modenese, si intreccerà con l'altro tema, al centro del lavoro e delle riflessioni del Gruppo Giovani, «l’impresa»: un connubio non immediato ma ricco di spunti, che passa certamente per il concetto più allargato di territorio. «L’installazione, che verrà realizzata in concomitanza del Festival Filosofia», spiega Elena Salda, «si avvarrà della collaborazione della galleria d’arte cittadina D406, da sempre impegnata nella diffusione a livello nazionale e internazionale di questa singolare forma d’arte, tramite soprattutto il festival “Icone” che dal 2002 sta letteralmente contribuendo a mutare il paesaggio urbano cittadino, con interventi di grande efficacia nelle aree più degradate di Modena. Il Gruppo Giovani di Confindustria Modena, come già fatto per l’edizione scorsa, interverrà coordinando un pool di aziende associate a Confindustria Modena che permetteranno la realizzazione del progetto». L'attenzione alla cultura è uno dei filoni più innovativi del mandato di presidenza della Salda e degli altri partecipanti al Gruppo Giovani. Infatti, in questi due anni è stata inaugurata una linea di attiv ità culturali inedite per il gruppo mediante le creazione di un’apposita Commissione cultura, per approfondire le importanti connessioni tra cultura e territorio. L.A. Elena Salda all’inaugurazione dell’installazione presentata al Festival Filosofia 2012 Altri uffici: Assisi • Monaco di Baviera www.brunacci.eu Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 91 AMARE perdere il filo. Si parte dall’essenza, le «potenze dell’anima»: «Nel pensiero occidentale, il rapporto fra passioni e ragione è stato spesso conflittuale. La ragione era vista come la forza che doveva dominare le passioni, e nell’antichità il saggio era appunto un esempio di atarassia e distacco», osserva Michelina Borsari. Tuttavia nel mondo contemporaneo le emozioni sono tornate prepotentemente anche sulla scena pubblica, come dimostrano anche tanti movimenti di opinione o di protesta: se ne parlerà con vari esperti, dall’antropologo Christoph Wulf a Roberto Esposito e Roberta De Monticelli. Oggi è anche importante riuscire a condividere pensieri ed emozioni, «sentire l’altro», insomma avere una nuova empatia: l’economista Jeremy Rifkin (in una lezione donata dagli otto Rotary Club del gruppo Ghirlandina) verrà appunto a spiegarci la proposta di una nuova «coscienza biosferica», per un mondo meno violento. L’amore è transitivo, quando è simmetrico e si apre verso l’altro: il sociologo Michel Maffesoli esplorerà dunque l’homo eroticus, mentre Salvatore Natoli viaggerà fra amore e amicizia, Michela Marzano parlerà della fedeltà, ed Elena Pulcini della relazione di cura che c’è, anzi deve esserci, nello stare con gli altri. Piero Coda invece analizzerà la Trinità d’amore cristiana, una alleanza «non contrattuale». Su un altro fronte, l’amore può essere anche intransitivo, cioè narcisista, chiuso, incapace di raggiungere un «oggetto», a volte possessivo e perfino violento, come ci mostrano le cronache di femminicidi e soprusi. I legami fragili di un amore «liquido» saranno il tema dell’intervento che il sociologo Zygmunt Bauman, sempre attesissimo, terrà insieme ad Aleksandra Jasinska-Kania. Franco La Cecla seguirà le tracce dei congedi amorosi, mentre l’antropologo Marc Augé, membro del comitato scientifico del festival, ne delineerà gli effetti in termini di solitudine e infelicità. «In fondo siamo diventati incompetenti in amore», aggiunge il professor Bodei. «Un tempo c’erano rituali ben precisi, tradizioni, si sapeva quali fossero la grammatica e la sintassi del- 92 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Cultura | Festival Filosofia 2013 l’amore, mentre invece oggi c’è molto fai da te, non siamo preparati». E proprio su questo verterà la lezione di Eva Illouz, professoressa di Scienze sociali a Gerusalemme, annoverata fra i cento intellettuali più influenti al mondo. L’amore non è solo un legame fra due individualità ma investe direttamente la sfera pubblica e le «politiche dell’amore», per esempio quando si parla di nuove forme di relazioni (e al festival se ne occuperà Chiara Saraceno) o quando progressivamente avanzano richieste di nuovi diritti, coppie di fatto, Pacs o unioni gay, una questione giuridica che sarà affidata a Stefano Rodotà. Sono sempre di più le separazioni (Silvia Vegetti Finzi ne analizzerà le conseguenze affettive), e il nuovo modo di «fare famiglia» cambia anche il modo di abitare e le nostre stesse case, come dimostrerà Cristina Bianchetti, studiosa di architettura. «Ma l’amore entra nello spazio pubblico anche nel suo aspetto di agape e di generosità», prosegue Michelina Borsari. Dunque si può agire rinunciando al nostro interesse personale? Cosa vuol dire donare? Proprio su questo ascolteremo monsignor Vincenzo Paglia, fra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio e presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, mentre Peter Sloterdijk, docente di Filosofia ed estetica a Karlsruhe, ci spiegherà il suo concetto di «generosità volontaria», legato anche alla necessità di pagare le tasse, per il bene comune. Un’altra sezione sarà incentrata sulle figure dell’amore e sui volti che questo sentimento ha assunto nella mitologia o nella letteratura: lo psicanalista Luigi Zoja passerà ai raggi x la personalità dei centauri, Le classiche categorie di eros, agape e philia forse non bastano più a spiegare tutte le facce dell’amore contemporaneo. «L’amore è un concetto a grappolo e, come per l’uva, c’è quella dolce e quella più amara. È una passione metamorfica», ricorda Remo Bodei, presidente del comitato scientifico del festival metà uomini, metà cavalli, estremamente saggi quanto incredibilmente crudeli, mentre Umberto Curi rileggerà il Don Giovanni, incarnazione del negativo. E con Philippe Daverio andremo a incontrare l’Amor sacro e l’Amor profano nei capolavori della storia dell’arte. Amore è anche la stessa philo-sophia, e sarà Massimo Cacciari a distillarne alcune riflessioni, mentre Anne Dufourmantelle, psicanalista e filosofia, aprirà una finestra sul collegamento fra sfera sessuale e filosofia: del resto, già secondo Platone l’amore per il sapere aveva una connotazione erotica. Come tutti gli anni, poi, un’ampia sezione sarà dedicata alla «lezione dei classici»: Giovanni Reale riepilogherà l’origine di Eros secondo il «Simposio» di Platone, mentre padre Enzo Bianchi ritroverà le parole dell’amore nel «Cantico dei Cantici» e Virgilio Melchiorre ci accompagnerà fra le pagine del «Diario del seduttore» di Kierkegaard, un testo fondamentale dell’Ottocento. Ma, come recita una celebre canzone, non sempre abbiamo bisogno di parole per spiegare quello che è nascosto in fondo al nostro cuore. Ecco allora che il Festival Filosofia si affida anche alle immagini per catturarvi una scintilla d’amore. Lo fa con gli scatti di Walter Chappell, che la Fondazione Fotografia espone all’ex ospedale Sant’Agostino di Modena, con le «Xilografie» di Mimmo Paladino, fra antico e contemporaneo, al Palazzo dei Pio a Carpi, e con le testimonianze dell’impegno di Medici Senza Frontiere nel reportage di cinque fotogiornalisti internazionali, esposto alla Paggeriarte di Sassuolo. Grande curiosità suscita l’eccezionale omaggio che la Galleria Civica dedica a John Lennon, artista, attore e performer: a Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 93 Convogliatori Aerei · convogliatori aerei monorotaia e birotaia · convogliatori a carrelli con catena traente sovrastante il piano pavimento · convogliatori a carrelli con catena traente sottostante il piano pavimento o aerea Montanari srl engineering construction Via Emilia Ovest, 1123 - 41123 Modena - Italy Tel. +39 059 330127 - +39 059 333392 - Fax +39 059 826725 info@montanarisrl.it - www.montanari-group.com Palazzo Santa Margherita verrà esposta anche «Bag one», la cartella di 14 litografie che il Beatle regalò a Yoko Ono per le nozze nel 1969, immagini che nel 1970 a Londra vennero sequestrate da Scotland Yard, perché ritenute troppo bollenti. Ai Musei Civici di Modena ammireremo i «Dardi d’amore» nei dipinti dei maestri del Barocco emiliano, da Guercino a Guido Reni, mentre nelle sale dei Trionfi e dell’Amore al Palazzo dei Pio di Carpi andremo a scoprire l’Amore Cieco, ovvero l’iconografia di Cupido. E al Lapidario Romano, al piano terra del Palazzo dei Musei di Modena, vedremo per la prima volta una straordinaria scoperta archeologica: due corpi, due scheletri, risalenti al VI secolo d. C., che nella tomba si tenevano «mano nella mano», in un gesto di impareggiabile tenerezza. Rileggeremo le lettere d’amore che per dieci anni di sono scambiati Rosina ed Emilio, due fidanzati carpigiani del primo Novecento, e al Museo della Figurina di Modena potremo chiedere l’aiuto del «Segretario galante» per scrivere un perfetto messaggio alla nostra lei o al nostro lui. E se Vinicio Capossela farà rivivere, nel nuovo millennio, un «Bestiario d’amore» del XII secolo, in un’opera appositamente prodotta per il festival, a Carpi potremo riascoltare antiche serenate d’amore, sperando che qualcuno si affacci al balcone. Siccome poi tante idee muovono anche l’appetito, tornano i menù filosofici che, con intelligenza e arguzia, vengono compilati ogni anno dal professor Tullio Gregory. «Noi portiamo Eros da cielo in terra», ride l’erudito gourmet. «Qui domina il maiale, che ha costituito il nutrimento fondamentale per molti secoli, e il suo consumo è una forma di amore puro». In tavola perciò l’eros in purezza è un trionfo di tigelle e gnocco fritto, mentre l’amore liquido mette nel piatto i pesci poveri dell’economia contadina, e gli amori bucolici sono quelli per la frutta e la verdura. E il farfallone amoroso, ancora a tarda notte, salta da un’enoteca all’altra ad assaggiare bocconcini di Parmigiano e sorseggiare calici di lambrusco. Tutti i gusti dell’amore. • KREACTIVFARMCOM AMARE Una piccola innovazione può diventare un grande valore. Proteggila "REVETTIPERINVENZIONEs-ODELLIDIUTILITÌs$ISEGNIEMODELLIs-ARCHIs$IRITTODAUTOREs6ARIETÌ6EGETALI 4OPOGRAlEELETTRONICHEs#ONSULENZETECNICOLEGALIs2ICERCHEESORVEGLIANZE #ONSULENZEDILIBERAREALIZZAZIONEs6ALUTAZIONIBENIINTANGIBILI 6)#%.:!-/$%.!"2%3#)!0!$/6!0!,%2-/ -/$%.! 6IA:UCCHI! -ODENA 4EL 4EL &AX MODENA MAROSCIAIT Maroscia & Associati #ONSULENTIINPROPRIETÌINDUSTRIALEEINTELLETTUALE WWWMAROSCIAIT 6)#%.:! #ONTRÌ0ORTI 6ICENZA 4EL &AX &AX INFO MAROSCIAIT Cultura | Scatti americani All’ex ospedale Sant’Agostino la Fondazione Fotografia propone una selezione di 150 fotografie scattate tra gli anni Cinquanta e Ottanta Il mondo sconosciuto di Walter Chappell Chappell è considerato il prototipo dell’artista hippie. Si è sempre tenuto lontano dai circuiti commerciali e ha esposto raramente in Europa. Modena ospita la prima vera retrospettiva internazionale dedicata al fotografo statunitense scomparso tredici anni fa di Stefano Marchetti 96 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 «Senza titolo», 1977, stampa ai sali d’argento Cultura | Scatti americani G uardi le fotografie di Walter Chappell e ti sembra di sentire una delle celebri canzoni di «Hair», «This is the dawning of the age of Aquarius», sta iniziando l’era dell’Acquario, un tempo di «harmony and understanding, sympathy and trust abounding», armonia e comprensione, tolleranza e verità. Per lui l’atto di fotografare era come un’esperienza mistica: «Ho sempre cercato di unire la mia scoperta della Natura con la crescente scoperta del mio essere interiore», confidava. «Chappell era un puro, e lavorava su un’idea di energia vitale che passa attraverso le cose e le collega come un filo sottile», spiega Filippo Maggia, direttore della Fondazione Fotografia di Modena e curatore dell’importante mostra, la prima vera retrospettiva internazionale, che viene dedicata all’artista statunitense scomparso tredici anni fa. Dal 13 settembre fino al 2 febbraio 2014, negli spazi espositivi dell’ex ospedale Sant’Agostino vedremo esposta una selezione di circa 150 fotografie vintage, realizzate fra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, oltre alla maquette originale di «World of flesh» del 1966, un libro mai nato, rifiutato dagli editori che lo ritenevano troppo esplicito, insomma scandaloso. Già, perché Chappell fu spesso controverso, discusso, a volte anche osteggiato o censurato, ma in lui c’era solo il desiderio di celebrare un abbraccio universale e di trovare quel flusso creativo che unisce tutto, i corpi umani e le rocce, la foglia di una quercia e le ali di una farfalla. Tutto è in «Eternal impermanence», eterna impermanenza, come è il titolo scelto per questo omaggio postumo a un genio hippie e alla sua vita, forse inconsapevolmente provocatoria. Ogni foto di Chappell esprimeva un segno d’amore: non a caso, dunque, la mostra si inaugura proprio nei giorni del Festival Filosofia che quest’anno ci invita ad «amare». Walter Chappell vide la luce nel 1925 a Portland nell’Oregon, e nelle sue vene scorreva anche il sangue dei nativi americani: sua madre era un contralto e cantava nel Portland Symphony Choir, suo padre un inge- «Nelle foto di Walter Chappell non c’era alcuna costruzione, ma neppure ingenuità», osserva Filippo Maggia, direttore della Fondazione Fotografia di Modena e curatore della retrospettiva. «Le immagini volevano semplicemente trasmettere quell’idea di purezza ed energia vitale che lui ricercava, la fascinazione del mistero della vita senza la necessità di volere a tutti i costi capire il mondo» 98 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Chappell fu spesso controverso, discusso, a volte anche osteggiato o censurato, ma in lui c’era solo il desiderio di celebrare un abbraccio universale e di trovare quel flusso creativo che unisce tutto, i corpi umani e le rocce, la foglia di una quercia e le ali di una farfalla. Perché tutto è in «Eternal impermanence», eterna impermanenza, come il titolo scelto per questo omaggio postumo a un genio hippie e alla sua vita Il profilo Una vita dedicata al mistero della Natura W alter Chappell nacque nel 1925 a Portland nell’Oregon: inizialmente studiò pianoforte e composizione musicale al Conservatorio della sua città, quindi architettura al leggendario Talesin West costruito da Frank Lloyd Wright in Arizona, ma nella sua formazione fu fondamentale l’incontro con il fotografo Minor White, avvenuto quasi fortuitamente nel 1942, durante un’escursione sciistica sui monti dello Stato di Washington. Chappell strinse con White un’amicizia e un rapporto creativo che non si interruppe, anzi si rinsaldò con il trascorrere degli anni. Il giovane Walter desiderava dedicarsi alla pittura, ma nel 1954 si ammalò di tubercolosi: guarì dopo un lungo ricovero a Denver, e i medici gli raccomandarono di abbandonare il sogno di dipingere con i pennelli, e a quel punto Chappell spostò con decisione il suo interesse verso la fotografia. Nel 1957 Walter Chappell si trasferì a Rochester, New York, e studiò tecniche di stampa sotto la guida di White, per poi affiancare Beaumont Newhall come curatore della George Eastman House. In quegli anni collaborava anche con la rivista di fotografia artistica «Aperture», diretta sempre da Minor White, che sosteneva una cultura fotografica indipendente dagli scopi commerciali o documentativi. Come allievo di White e di Edward Weston, Chappell seguì una tradizione fondata da Alfred Stieglitz, che vedeva la fotografia come il tramite per attingere a una realtà più profonda. Nel 1962 fondò l’Associazione of Heliographers, a cui aderirono celebri artisti come Paul Caponigro, e l’anno successivo si trasferì in California, e iniziò a lavorare sempre più sulle forme del corpo umano, trovandovi una corrispondenza con le forme della natura. Sulla West Coast Walter Chappell trascorse gran parte della vita, e poi nel 1980 si trasferì nel New Mexico, prima a Santa Fe poi a El Rito, continuando a tenere conferenze e workshop (per esempio sul nudo in natura), a viaggiare e a compiere spedizioni fotografiche. È stato considerato il prototipo dell’artista hippie, e si è sempre tenuto lontano dai circuiti commerciali: ha esposto raramente in Europa. Nei suoi 45 anni di carriera comunque ha ricevuto per tre volte il Photographer’s Fellowship del National Endowment for the Arts e nel 1999 il governatorato del New Mexico gli ha tributato il premio per l’eccellenza nelle arti. I suoi scatti sono presenti nelle più importanti collezioni internazionali, dal Museum of Modern Art di New York alla Library of Congress di Washington. Chappell è morto l’8 agosto 2000: stava preparando una retrospettiva sul suo lavoro, intitolata «Collected Light». I figli hanno creato the Walter Chappell Estate, catalogando centinaia di fotografie: la mostra di Modena si realizza appunto in collaborazione con l’archivio dell’artista americano. «Il mezzo fotografico è uno strumento creativo nella ricerca di più alte qualità dell’essere, per rivelare una realtà interiore nella vita umana» Walter Chappell «Pregnant Arch», 1963, stampa ai sali d’argento Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 99 Cultura | Scatti americani gnere ferroviario con ascendenze fra gli indiani d’America, i nonni erano fioristi e vivaisti. Visse i primi tre anni nella riserva indiana di Umatilla, e proprio lì, certamente, ebbe il primo approccio con la cultura tribale, il fascino della natura. Da bambino iniziò a studiare il pianoforte, poi passò ai corsi di architettura, fino a quando decise di prendere la strada dell’arte. Aveva 17 anni quando incontrò per la prima volta Minor White, che divenne suo amico e suo maestro, ed ebbe un ruolo importante nella formazione della sua «visione»: White, attento sperimentatore sui sentieri già tracciati da Alfred Stieglitz, non documentava il mondo ma grazie alla fotografia trovava la possibilità di riconciliare il mondo esteriore con quello interiore. Il suo astrattismo era come una filosofia. «A San Francisco Minor White e Ansel Adams, insieme a Edward Weston e Imogen Cunningham, piantarono i semi dell’interesse di Chappell per la fotografia», ha scritto lo storico Richard Pitnick. Già negli anni Cinquanta, Walter Chappell iniziò ad avere un suo contatto, quasi un dialogo, con il mistero della Natura, che possiamo avvertire nei riflessi sull’oceano, nei bagliori di luce in cielo, fra le fronde di un albero. Nel 1957 fu proprio Minor White a suggerire il suo nome per l’incarico di assistente al curatore alla George Eastman House di Rochester, New York. Walter Chappell dunque si trasferì sulla East Coast e nel 1962 fondò la Association of Heliographers, di cui faceva parte anche Paul Caponigro: già nel loro «manifesto» enunciavano di voler affidarsi al mezzo fotografico come a «uno strumento creativo nella ricerca di più alte qualità dell’essere, per rivelare una realtà interiore nella vita umana». E per la prima volta, in questa dichiarazione d’intenti, si parlava di «camera vision», il momento in cui il visibile e l’invisibile si incontrano, e l’intuizione di una realtà più profonda si combina con una tecnica fotografica rigorosa. In tutto il suo percorso, Chappell fu legato proprio a questa camera vision, ovvero «una funzione intelligente tra l’occhio umano e la totalità della comprensione, in un momento di consapevolezza attiva»: la macchina insomma poteva fissare l’attimo in cui la coscienza arrivava a sentire (e magari provare) una realtà più importante. In questi pensieri si ritrovano anche le teorie esoteriche di Georges Ivanovic Gurdjieff, filosofo e mistico armeno vissuto fra Otto e Novecento: per lui tutta la nostra vita è vicina al sogno, e tutti noi abbiamo le potenzialità per raggiungere un livello superiore di conoscenza. Già allora Chappell era uno spirito senza briglie, non seguiva le convenzioni o le forme sociali. Nella sua vita traslocò decine di volte, ebbe due mogli, tantissime relazioni e sette figli. Si sentiva libero nel praticare il 100 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Dopo una lunga esperienza sull’East Coast nei primi anni Sessanta Chappel torna in California. La Metro Goldwyn Mayer gli affida alcuni ritratti di celebrità, Sharon Tate, Liz Taylor, Dennis Hopper, ma l’artista è distante anni luce da quel mondo. «Era innamorato della natura, della vita», sottolinea Maggia. «Non aveva alcun legame con la società ufficiale e non era interessato ad averne» nudismo, e la stessa libertà di pensiero la metteva anche nella sua vita quotidiana, nel suo lavoro, in un’esistenza appartata e bohèmienne: «Era completamente lontano dal business, non gli interessavano i meccanismi del mercato», aggiunge Maggia. «Quando aveva bisogno di soldi, portava un paio di fotografie in una galleria, ma poi ripassava dopo due anni». Nel 1963 tornò sulla West Coast, fra gli orizzonti del Big Sur, San Francisco, Los Angeles, e poi le Hawaii, Santa Fe, per approdare negli anni Ottanta nel New Mexico: nei primi anni in California la Metro Goldwyn Mayer gli affidò alcuni ritratti di celebrità, Sharon Tate, Liz Taylor, Dennis Hopper, ma già allora Chappell era distante anni luce da quel mondo. «Lui era innamorato della natura, della vita», sottolinea il curatore. Non aveva alcun legame con la società ufficiale, e di certo «non era interessato ad averne». Per vivere produceva patate, oppure faceva anche il pescatore di ostriche e il carpentiere. E magari teneva workshop fotografici, dove lui, l’insegnante, si presentava senza abiti, nature, appunto. La sua fattoria di Velarde, nel New Mexico, divenne meta di artisti e figli dei fiori. «Tuttavia, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, Chappell non era quello che noi oggi definiremmo un fricchettone», annota Maggia. «Fumava tre pacchetti di sigarette al giorno, ma i figli mi hanno detto di non averlo mai visto assumere droghe. Neppure uno spinello». Anticonformista, certo. Scomodo, anche. Almeno per i perbenisti. Cieli, pietre, tronchi d’albero, fronde, e corpi umani. Corpi abbracciati, corpi sinuosi, braccia e seni, mani e piedi. Dagli anni Cinquanta e Sessanta, per Walter Chappell divenne sempre più naturale ritrarli, e ritrovare in tutti la linfa di un mondo che è invisibile agli occhi. Nelle foto si individuano singolari ma luminose analogie, e i solchi fra le rocce di un canyon si rispecchiano idealmente nei segni e nelle pieghe del ventre di una donna che ha appena partorito. Il corpo è sempre nudo, svelato, ma senza esibizionismi. Un fiore sul sesso di una ragazza per Chappell è una celebrazione della vita. E anche l’abbraccio fra il padre e il figlio, nudi, in una posa che ci può apparire scabrosa, in realtà non contiene alcuno scandalo. L’unica malizia, semmai, è negli occhi di chi guarda. «Chappell non si è mai posto il problema di creare un caso. Nelle sue foto non c’era alcuna costruzione, ma neppure ingenuità: anzi, senza dubbio egli agiva con grande lucidità», osserva Filippo Maggia. «Era un uomo estremamente sereno. Le immagini volevano semplicemente trasmettere quell’idea di purezza ed energia vitale che lui ricercava, la fascinazione del mistero della vita senza la necessità di voler a tutti i costi capire il mondo». A volte, però, le creazioni dell’artista «Hopiland», 1967, stampa ai sali d’argento Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 101 Cultura Cultura | Fotografi modenesi Sempre all’ex Sant’Agostino anche la mostra su «Modena e suoi fotografi» con un ricco materiale da importanti collezioni storiche cittadine L’artista statunitense parla di «camera vision», il momento in cui si incontrano il visibile e l’invisibile, e l’intuizione di una realtà più profonda si combina con una tecnica fotografica rigorosa. Per lui, la macchina può fissare l’attimo in cui la coscienza arriva a sentire e magari provare una realtà più importante «Nude Armpit», 1957, stampa ai sali d’argento Cieli, pietre, tronchi d’albero, fronde e corpi umani. Corpi abbracciati, corpi sinuosi, braccia e seni, mani e piedi. Dagli anni Cinquanta per Walter Chappell divenne sempre più naturale ritrarli e ritrovare in tutti la linfa di un mondo che è invisibile agli occhi 102 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 dovettero passare attraverso le forche caudine della legge: l’autoritratto di Chappell nudo con uno dei figli, realizzato negli anni Sessanta, ancora nel 1990 venne posto sotto sequestro e tacciato di oscenità dalle autorità del Maine. E forse anche per questo l’opera dell’artista di Portland è rimasta a lungo quasi sconosciuta all’esterno del mondo della fotografia d’arte. Anche se Chappell, a parere di Peter Burnell, già curatore della sezione fotografia al MoMa di New York, può essere considerato «l’anello finale della catena della fotografia Modernista che ebbe i suoi inizi con il lavoro di Stieglitz e quindi passò nell’arte di Edward Weston e Minor White». Perfino le piante potevano rivelare la loro vita nascosta, una loro essenza interiore. Negli anni Settanta Walter Chappell si dedicò anche a esperienze di elettrofotografia, immagini che venivano realizzate direttamente in camera oscura, senza il tramite dell’obiettivo e della macchina: si applicava una corrente elettrica a fiori e foglie, e la pellicola fotografica veniva impressionata dal campo elettromagnetico che si creava tutt’attorno. L’effetto è quello di un alone luminoso, dei bagliori di un’aura, come nella fotografia Kirlian che torna spesso negli studi sul soprannaturale e sull’inconoscibile. Chappell, con questo metodo, realizzò tutte le foto del ciclo «Metaflora», pubblicato nel 1980. Fra scienza e poesia, andava a esplorare un altro universo nascosto che vive con noi e che noi non vediamo, così come ci sono invisibili l’ossigeno e l’idrogeno che si uniscono a formare una goccia d’acqua. E attraverso questa metafora, ancora una volta ci voleva dire che anche noi, nella nostra interiorità, abbiamo tutto un mondo da scoprire. Basta solo volerlo. «Let the sunshine in». Sì, lasciate che entri il sole. • Una città da riscoprire C ’era una volta una città antica, ricca di storia, con le mura e le porte, poche auto, molte carrozze e i tram a cavalli. C’era una volta, e in realtà c’è ancora, anche se i tempi sono cambiati e qualche volta facciamo fatica a riconoscerla. È grazie ad alcune firme se possiamo ancora ritrovarne il volto di un secolo fa: gli scatti degli studi Bandieri, Sorgato, Bandieri e Andreola o dei fotoamatori Ferruccio Testi e Francesco Carbonieri ci restituiscono l’immagine di una Modena di cui talora abbiamo nostalgia. In parallelo alla mostra dedicata a Walter Chappell, sempre all’ex ospedale Sant’Agostino, dal 13 settembre fino al 6 gennaio 2014 la Fondazione Fotografia propone un percorso su «Modena e i suoi fotografi 1870-1945», con settanta «punti di vista» provenienti da importanti collezioni storiche cittadine. È il primo capitolo di un progetto espositivo che il prossimo anno si completerà con le Salvatore Andreola «La cupola della chiesa del Voto», ante 1930, Gelatina al bromuro d’argento. Museo Civico d’Arte di Modena fotografie di autori modenesi dal secondo dopoguerra al nuovo millennio. Come è noto, nella Fondazione Fotografia è confluito il Fotomuseo Giuseppe Panini con importanti raccolte che testimoniano l’evoluzione della nostra città: «Nei suoi oltre 170 anni di vita, a Modena la fotografia è sempre stata praticata ad altissimi livelli», evidenzia la curatrice Chiara Dall’Olio. La mostra ripercorre dunque il lavoro di atelier di lunga tradizione, come quello dei Sorgato o quello degli Orlandini, che fu- Atelier di lunga tradizione e fotografi amatoriali riuniti per raccontare strade e visi modenesi dall’Unità d’Italia alla fine della Seconda guerra mondiale Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 103 Cultura | Fotografi modenesi Benvenuto Bandieri «Modena, piazza Grande, le bancarelle del mercato», 1917‐1931. Gelatina al bromuro d’argento. Archivio Panini di Modena Francesco Carbonieri «Modena, piazza Muratori», 1908 circa. Gelatina al bromuro d’argento. Fondazione Cassa di Risparmio di Modena Pellegrino Orlandini e Figlio, «Modena, piazza Grande, antiche case», ante 1888. Albumina. Museo Civico d’Arte di Modena Ferruccio Sorgato e F.llo, «Modena, abbattimento delle mura da Barriera Garibaldi a Baluardo S. Pietro (oggi viale Martiri della Libertà)», 1911. Gelatina al bromuro d’argento, Museo Civico d’Arte di Modena Ferruccio Testi «Modena, resa dei soldati tedeschi alle truppe alleate», 1945 Gelatina al bromuro d’argento (ristampa contemporanea da negativo originale). Fondazione Cassa di Risparmio di Modena rono sì concorrenti, ma in realtà furono legati da una sorta di passaggio del testimone: Gaetano Sorgato infatti insegnò il mestiere di fotografo al figlio Ferruccio ma fu anche il maestro di Pellegrino Orlandini che poi formò il figlio Umberto. E proprio Umberto Orlandini tramandò i segreti del mestiere al figlio Carlo e a Benvenuto Bandieri, nel cui studio lavorò poi anche il figlio William. Di ogni atelier si colgono le peculiarità e le specializzazioni. Ad esempio, per Umberto Orlandini e Salvatore Andreola la fotografia era un’espressione artistica, ed entrambi si mossero nell’ambito del pittorialismo che voleva riprodurre sulla carta fotografica gli schemi compositivi e le atmosfere dei dipinti, anche se Andreola (come si può apprezzare in mostra) approfondì soprattutto le tematiche della luce e del ritratto, mentre degli Orlandini ricordiamo soprattutto la preziosa opera di documentazione dei monumenti e del territorio che ha fatto paragonare il loro prezioso lavoro a quello degli Alinari: la figura umana è presente più che altro nelle foto che Umberto Orlandini scattava per sua passione personale. Ferruccio Testi e Francesco Carbonieri, liberi dagli obblighi dei professionisti, puntarono invece l’obiettivo sulla vita quotidiana, sulle passioni e sugli hobby. In particolare, Testi ha lasciato un ampio archivio dedicato agli eventi sportivi, dall’automobilismo al ciclismo al calcio, e non a caso fu uno dei fondatori del Modena Football Club nel 1912. La selezione esposta ci porta a riscoprire angoli di una Modena che non c’è più, ma anche visi, ambienti e persone, aprendo finestre sul costume. È curioso per esempio notare come i fotografi di quell’epoca rappresentassero i rapporti affettivi: i fidanzati o gli sposi si facevano ritrarre in studio in pose sempre rigorose, dal tono quasi ufficiale. «La stessa foto di fidanzamento di Francesco Carbonieri ha una compostezza estremamente formale», spiega Chiara Dall’Olio. Ma le pazienti ricerche fra i materiali d’archivio hanno permesso di scovare anche una foto in cui Carbonieri e signora si guardavano negli occhi. Sì, era già il segno di tempi nuovi. • Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 105 Sport | Imprenditori e campi da gioco Il campionato 2013-14 farà della nostra provincia una delle capitali del pallone La esaltante stagione del calcio modenese Il Sassuolo è stato promosso in serie A, il Carpi in B. Il Modena se l’è cavata alla grande. E perfino il Verona, con un presidente carpigiano, festeggia il ritorno nella massima serie. Risultati in buona parte frutto dell’impegno di Paolo Reggianini dell’imprenditoria locale U na volta per gli amanti del calcio modenese c’erano solo due colori nei quali riconoscersi: il giallo e il blu. Normale, visto che parliamo di un club con oltre cento anni di storia, quattordici partecipazioni al campionato di serie A, quarantasette a quello di B (il decimo consecutivo pensando già alla stagione 2013-14) e undici promozioni. Un curriculum che da queste parti non teme confronti. E non a caso fino al 2008 il Modena ha sempre guardato tutto il calcio del territorio dall’alto. Poi, gradualmente, l’accerchiamento è iniziato con l’avvento del Sassuolo e successivamente (è storia di quest’estate) 106 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 Dall'alto: Stefano Commini, amministratore delegato del Modena Fc; Giorgio Squinzi, patron del Sassuolo; Stefano Bonacini, azionista di maggioranza del Carpi Calcio. Da sinistra: Francesco Magnanelli, centrocampista e capitano del Sassuolo Calcio neo promosso in serie A; Davide Zoboli, difensore centrale del Modena Fc; Andrea Ferretti, punta del Carpi Sport | Imprenditori e campi da gioco Da sinistra: un momento di gioco di Casamodena; Vanis Marchi con Francesca Piccinini, fuoriclasse del volley femminile italiano, futura leader della L-J Volley Modena che disputerà il prossimo campionato di A1; Antonio Panini, uno dei cinque soci di Modena Volley Punto Zero Volley | Le speranze per uno sport molto amato D ’accordo, il calcio è sempre il calcio. Una presenza ingombrante laddove squadre di serie A e anche di B catalizzano grande interesse. Nella nostra realtà con Sassuolo, Modena e Carpi non ci sarebbe teoricamente spazio per altre discipline di sport professionistico. Tuttavia Modena è speciale anche per questo. Qui il volley era e resterà una cosa seria, alimentato da una passione capace anche di tenere testa a concorrenze pesanti. Nella provincia modenese si gioca a pallavolo da oltre 50 anni, e non parliamo solo delle squadre di vertice. Nella stagione che inizierà dopo la metà di ottobre, due formazioni terranno alto l’onore e la tradizione di Modena nel massimo campionato maschile e femminile. Ma non è stato facile completare un mosaico che fino alla primavera scorsa assomigliava a un rompicapo senza soluzione. Ha rischiato il volley maschile. Parliamo del club che ha permes- 108 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 so alle maglie gialloblù di mantenersi ai vertici vincendo scudetti e coppe internazionali. Grazie a una imprenditoria locale che con grande sensibilità ha raccolto il grido di dolore di un club che aveva necessità di rinnovarsi, il futuro sembra garantito. Dopo l’uscita di scena di Giuliano Grani nella primavera del 2012, le redini della società sono passate nelle mani di Pietro Peia, manager modenese che in diversi ruoli ha contribuito a scrivere la storia della pallavolo non solo modenese. Peia ha salvato la società un anno fa ma dopo dodici mesi non facili, ha passato la mano rendendo necessaria la creazione di una nuova società che ha preso il nome di Modena Volley Punto Zero. Determinante il ruolo di Antonio Panini, figlio del compianto Giuseppe che a questa disciplina ha dato tanto, nel radunare un gruppo di imprenditori, quasi tutti modenesi, che oltre a liquidare la vecchia proprietà, hanno posto basi, speriamo solide, per garantire lunga vita al volley gialloblù. Nuovo presidente è Gino Gibertini, ex giocatore della Panini, imprenditore nel campo della distribuzione di carburanti. Insieme a lui formano la società Catia Pedrini, Dino Piacentini, lo stesso Antonio Panini e Peter Zehentleiner, amministratore delegato di Trenkwalder. Era scomparsa invece la pallavolo femminile di A1. Una brutta pagina di sport per la nostra città quando a gennaio di quest’anno l’Universal è stata costretta a gettare la spugna per mancanza di risorse economiche, frutto di una gestione sciagurata. I meccanismi, a volte discutibili, che regolano il volley, ma non solo, a questi livelli hanno permesso a Modena di acquisire il titolo sportivo di Villa Cortese e di potersi ripresentare ai nastri di partenza. Merito di tutto questo la Liu Jo di Carpi dei fratelli Marco e Vanis Marchi che hanno sempre visto nella pallavolo femminile anche un veicolo importante per promuovere il brand della propria azienda. Si chiamerà L-J volley la formazione che partirà con rinnovato entusiasmo. Molto interessante il progetto anche tecnico che, viste le premesse, ha tutto per durare nel tempo. I fratelli Marchi hanno voluto una squadra con alcune tra le migliori giovani giocatrici del panorama nazionale e internazionale, affidandosi poi a due atlete di grande spessore. Oltre a Paola Cardullo, libero per lunghi anni della nazionale italiana, l’atleta di riferimento della L-J sarà Francesca Piccinini che presterà anche la propria immagini all’azienda carpigiana. Francesca Piccinini, nonostante i 34 anni, ha ancora molto da dire nel campo della pallavolo e la sua presenza catalizzerà l’attenzione del pubblico, anche più giovane, per garantire alla squadra una stagione da protagonista. con la forte ascesa del Carpi. Morale, le maglie canarine restano, forse, ancora quelle più amate, ma adesso l’attualità ha ridisegnato la geografia e ridefinito le gerarchie al punto da trasformare la provincia di Modena in un esempio da analizzare, non solo a livello nazionale, per il progredire di tutto il movimento calcistico locale. Il campionato 2013-14 farà della nostra provincia una delle capitali del pallone, con una squadra in serie A, il Sassuolo, e due in B, Modena e Carpi. Incredibile, impensabile. Anche perché se ci guardiamo attorno scorrendo la via Emilia e la nostra regione, poco tempo fa Piacenza, Spal e Ravenna sono finite dentro l’inferno nei dilettanti, mentre la Reggiana ha rischiato pesantemente di scivolare in quarta serie. Ci saranno i derby, è vero, con Bologna e Parma, ma rispetto ad anni fa la regione si è impoverita, e solo Modena è andata controcorrente. Tanto per rendere l’idea sul patrimonio calcistico della nostra provincia, solo Milano con le corazzate Milan e Inter, quando il Monza ha navi- gato in serie B, ha potuto esprimere un livello così alto. Tuttavia, facendo un rapido rapporto calcolando la popolazione, si capisce bene il livello di eccellenza raggiunto dal calcio espresso da questa terra. La provincia di Modena ha solo 700.000 abitanti, mezzo milione in meno della capitale lombarda. La scelta del Sassuolo di spostarsi a Reggio Emilia per disputare il suo primo campionato di serie A (probabilmente acquistando lo stadio del Tricolore, seguendo così la Juventus, unico esempio in Italia di club con impianto di proprietà), ha sprovincializzato i colori neroverdi, anche se questo resta un fenomeno made in Modena (non certo reggiano) con il supporto fondamentale di un imprenditore milanese del livello di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria e patron di un gruppo come Mapei che rappresenta un’eccellenza dell’imprenditoria italiana nel mondo. Quando Squinzi, nel lontano 2003, decise di passare da sponsor a proprietario del Sassuolo (la società sarebbe dovuta passare al gruppo Kerakoll, concorrente di Mapei, appartenente alla famiglia Sghedoni, che poi si ritirò), mai avrebbe pensato di arrivare così in alto. Ma aveva le idee chiare, come testimonia una sua intervista alla «Gaz zet ta dello Sport» del 21 dicembre del 2007 quando la squadra era in C1 con Massimiliano Allegri, oggi mister del Milan, sulla panchina neroverde. «Il Sassuolo è lo specchio del nostro modo di fare sport», disse l’attuale presidente di Confindustria. «Organizzazione, etica, serietà, programmazione. Il presidente Carlo Rossi (ancora oggi al timone della società sportiva, ndr) è uomo Mapei ed è la nostra garanzia, il centro Mapei Sport di Ca- stellanza segue gli atleti con ottimi risultati». «Resto milanista», aggiunse Squinzi sottolineando una frase che poi ha ripetuto a distanza di tempo dopo la promozione in A, «e il giorno che ci sarà Milan-Sassuolo tiferò Milan, ma il mio sogno è giocare Sassuolo-Inter e ovviamente vincere». Sogno realizzato a distanza di sei anni, perché la squadra del tecnico Di Francesco contro le milanesi, ma anche contro Juve, Roma, Lazio ci giocherà sul serio, con buona pace del suo patron che in questi anni più di una volta aveva anche pensato di mollare il calcio e di tornare al suo vecchio amore, il ciclismo. Quello del Sassuolo, (il 5 per cento della società è di Sergio Sassi di Emilceramica, il cui padre, Claudio, è stato uno dei grandi presidenti del passato neroverde), 91 anni di storia trascorsi prevalentemente tra i dilettanti, rimane comunque un fenomeno che esce dai consueti canoni. Infatti se è normale per un club di questo livello avere una proprietà «straniera», la particolarità sta nel fatto che parliamo di una cittadina di 41.000 abitanti che senza fare granché (l’apporto dell’imprenditoria locale è stata quasi nulla) si è trovata, al quinto tentativo, catapultata sul palcoscenico del grande calcio. È chiaro che senza Squinzi oggi non saremmo qui a parlare di questa impresa, ma non può essere una colpa del distretto ceramico che, causa anche la crisi, ha altre priorità. Dal punto di vista statistico, inoltre, Sassuolo può essere orgogliosa del fatto che solo Casale Monferrato, nella storia del calcio, ha avuto una squadra in serie A con meno abitanti (36.000). Differente il percorso del Carpi, anche se due aspetti accumunano queste due re- Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 109 Sport | Imprenditori e campi da gioco altà emergenti. Calcisticamente parlando, entrambe hanno conquistato la promozione proprio l’anno dopo aver subito due cocenti delusioni. Il Sassuolo eliminato nei playoff del 2012 contro la Sampdoria, il Carpi sconfitto a un passo dalla serie B nella finale di Prima Divisione contro la Pro Vercelli, in una situazione ambientale molto difficile perché quelli erano i drammatici giorni del dopo terremoto. E vincere dopo un doppio smacco del genere, ha solo contribuito a moltiplicare il valore di questi successi. L’altro aspetto, questa volta negativo, che unisce questi due progetti vincenti è la mancanza di uno stadio all’altezza della situazione. Sassuolo ha commesso l’errore di sottovalutare la potenzialità del progetto di Squinzi. E dopo aver speso nel 2007 soldi pubblici per adeguare il Ricci per la serie C1, ha solo potuto constatare l’inadeguatezza del proprio impianto di gioco, rendendo necessario il trasloco in affitto a Modena nei cinque anni di B, poi a Reggio Emilia a caccia di nuovi tifosi. Non sarà così invece nella città dei Pio dove il vecchio stadio Cabassi, attraverso un accordo tra pubblico e privato, potrà regalare ai tifosi biancorossi nel campo cittadino la serie B, con inevitabili benefici sul piano del tifo, ma soprattutto per l’economia locale. Il Carpi, nato nel 1909, non era mai sa- 110 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 lito così in alto. La serie cadetta l’aveva sfiorata anche nel ’97 perdendo la finale con il Monza. La voleva a tutti i costi questa promozione Stefano Bonacini, titolare, insieme al suo socio Roberto Marani, di Gaudì, impresa del tessile il cui marchio viaggia a gonfie vele in tutto il mondo. Bonacini, modesto ex calciatore, da sempre ha visto nel calcio un veicolo promozionale importante per promuovere la propria attività. Un anno fa voleva il Modena, rimase deluso dalla trattativa con Casari e meditò di lasciare il mondo del pallone. Con idee vincenti, senza sprecare denaro (la squadra salita in serie B è costata «appena» 1,8 milioni di euro, valorizzando tanti giovani) ha scalato le vette della Prima Divisione con un cammino incredibile: dopo la fusione con la Dorando Pietri, in quattro anni Carpi è salita dalla serie D alla serie B, con un progetto diverso rispetto a Sassuolo, ma dove le idee, le strategie, la gestione di una squadra di calcio con gli stessi criteri di una azienda, hanno fatto la differenza rispetto alla concorrenza. Quello biancorosso è un prodotto tutto made in Carpi, perché oltre a Bonacini e Marani, c’è un altro imprenditore locale, il presidente Claudio Caliumi, titolare di Madrilena, che ha dato un contributo importante, mentre sulle maglia c’è il logo Blumarine altra azienda di primo piano nel settore tessile. Le ferite del terremoto che anche calcisticamente parlando hanno lasciato il segno, non hanno piegato la città che adesso potrà godersi un ruolo da protagonista nel calcio. E a proposito di Carpi e di una annata sportiva a dir poco indimenticabile, anche Maurizio Setti, presidente del gruppo Antress (Manila Grace ed E’Go i marchi più importanti), ex socio del club biancorosso, anch’egli ex calciatore e grande appassionato di calcio, ha avuto la possibilità di esultare due volte, sia per il risultato conseguito dalla squadra della sua città, ma soprattutto per la promozione in serie A del Verona, di cui è proprietario al 100 per cento. Lasciato in un primo tempo i colori del Carpi per quelli del Bologna, con la squadra veneta Setti ha centrato al primo tentativo un risultato eccezionale con i gialloblù scaligeri in una piazza in cui il pallone può rappresentare un grande business. E il Modena? I risultati della scorsa stagione hanno regalato ai tifosi canarini una delle migliori stagioni degli ultimi anni, ma i successi di Sassuolo e Carpi hanno messo in secondo piano la performance dei gialloblù. Qui la situazione societaria si differenzia dalle altre. Mentre a Sassuolo c’è un unico proprietario e a Carpi una suddivisione di quote (anche se la presenza di Bonacini è di vitale importanza per la so- Due momenti di grande festa delle squadre e dei tifosi a Carpi e a Sassuolo per la promozione rispettivamente in serie B e serie A pravvivenza della squadra), dalle parti di viale Monte Kosica gli equilibri sono più difficili, anche da comprendere. È fuori dubbio che in questi anni la presenza di un colosso come la cooperativa Cpl, ha garantito un benessere calcistico piuttosto rassicurante. Roberto Casari, ago della bilancia per garantire certi equilibri societari, un anno fa, davanti alle drammatiche conseguenze del terremoto sull’imprenditoria della bassa, ha deciso di cambiare strada. Di negativo c’è stata l’uscita di importanti imprenditori locali da Ghirlandina Sport, società che fino a quel momento aveva mantenuto la maggioranza, privando la squadra di quella modenesità che a gioco lungo ha un po’ raffreddato l’entusiasmo della piazza. Con Cpl passata al 34 per cento, il timone della società è finito nelle mani della società romana Acgf, la cui trasparenza non ha mai convinto del tutto. Resta però il fatto che davanti a una perdita di esercizio di oltre quattro milioni di euro maturata al 31 dicembre 2012, l’ad Stefano Commini e i suoi soci hanno provveduto a ripianare il rosso, rispettando tutte le scadenze per l’iscrizione alla B, cercando di garantire al Modena, con il supporto di Antonio Caliendo, esperto di calcio che ricopre il ruolo di consulente generale ma con forti influenze nelle scelte strategiche, una gestione più equilibrata senza quegli sprechi che sono stati fatali per molti club calcistici. Cosa sarà di questa stagione per la «nuova capitale» del calcio, nessuno può saperlo con certezza. Di certo qui le idee non mancano per continuare a esportare il nome di Modena in termini positivi. Ma come spesso accade quando si raggiungono determinati livelli, in alcuni casi impensabili, adesso viene il difficile. E ritrovarsi tra un anno ancora con una squadra in A e due in B, visti i tempi e la crisi che tocca da vicino anche l’ex mondo dorato del calcio, sarà un successo. Un grande successo. • Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 111 ha l’obiettivo di facilitare l’incontro fra Propone un servizio efficiente e qualificato diretto a soddisfare le esigenze delle aziende che ricercano personale e a favorire concrete opportunità di inserimento lavorativo a chi cerca lavoro. Aut. Ministero del Lavoro del 17/11/2008 prot. 13/I/0021066 PER MAGGIORI INFORMAZIONI: costruisci il TUO futuro con NOI UNIMPIEGO CONFINDUSTRIA domanda e offerta di lavoro. Problemi italiani Letture a cura di Massimiliano Panarari Economia Un volume che restituisce il senso e la centralità dell’economia manifatturiera per difendere la forza industriale e rilanciare il tessuto produttivo del nostro Paese. Le minacce vengono, innanzitutto, dalla scarsa competitività e dal ristagno della produttività che appesantiscono l’imprenditoria italiana. Tra gli interventi, quello di Luca Paolazzi sulle sfide e la rilevanza del settore manifatturiero per introdurre innovazione e produrre conoscenza, di Gianni Toniolo (Duke University) sulle trasformazioni del capitalismo europeo e sulle potenzialità di cui ancora dispone, e di Sergio Fabbrini (Luiss) sull’urgenza di un modello istituzionale chiaro per l’Unione europea che consenta di superare lo stallo, molto serio, in cui si dibatte. Via Bellinzona, 27/A • 41124 Modena A cura del Centro Studi Confindustria tel. 059.448344 • fax 059.448330 L’Europa e l’Italia nel secolo asiatico modena@unimpiego.it Consulta le offerte di lavoro sul sito: e inserisci il tuo curriculum all’indirizzo: www.unimpiego.it www.unimpiego.it/curriculum Luiss University Press, 206 pagine, 18 € Promettenti quegli anni Sessanta Ripartire dai distretti La Cenerentola di questo Paese, da un po’ di tempo a questa parte, si chiama politica industriale. Il merito del volume di Lino Mastromarino, che possiede un’esperienza pluridecennale, e assai autorevole, nel mondo della consulenza alle imprese, è di riportare l’attenzione sulla logica distrettuale che tanti meriti ha avuto per la nostra economia. Introducendo, però, come richiedono i tempi complicati che viviamo, cambiamenti significativi: i distretti (che hanno avuto lo straordinario pregio di contribuire alla creazione del made in Italy) devono convertirsi in sistemi locali per l’innovazione puntando sulle «imprese pivot», quelle alla base del cosiddetto «quarto capitalismo». Lino Mastromarino Italia, è tempo di ripartire Gruppo 24 Ore editore 169 pagine, 18 € Dacci oggi i nostri salari C’è in Italia, assieme ad alcune altre perennemente irrisolte, anche un’autentica «questione salariale». Nell’ultimo ventennio, mentre gli stipendi rimanevano fermi, ci sono alcuni che ne hanno approfittato alla grande, e a detrimento del sistema Italia. Walter Passerini (editorialista de «La Stampa» e responsabile delle pagine sui temi del lavoro) e Mario Vavassori (consulente specializzato in risorse umane e retribuzioni) compiono un viaggio nelle remunerazioni del nostro Paese oggi, dove l’elevatissimo debito pubblico e la precarietà stanno colpendo con inusitata durezza intere generazioni. La via d’uscita consiste Walter Passerini e Mario Vavassori nel liberare risorse per arrivare a salari netti più alti, nell’incentivare il merito e nell’incrementare la produttività, con la conseguente necessità di ammodernare il sistema delle relazioni industriali e di articolare maggiormente i livelli contrattuali. Ora o mai più. Walter Passerini e Mario Vavassori C’è stato un triennio della nostra storia dopo il quale, se cavalcato adeguatamente (come, purtroppo e immancabilmente non si è fatto), nulla sarebbe stato più come prima. In positivo. Ce lo racconta Michele Mezza, noto giornalista Rai (e tra gli inventori di RaiNews 24), in un libro fitto di conversazioni con studiosi e protagonisti dell’economia, della politica e della cultura. Il triennio compreso tra il 1962 e il ’64, ricchissimo di «lune» a portata di mano, e di personalità formidabili (come Adriano Olivetti), poteva rappresentare la grande occasione per gettare le basi del protagonismo dell’Italia nell’economia della conoscenza e dell’high tech. Alcune delle risposte per capire perché, malauguratamente, ciò non sia accaduto si trovano qui. Senza soldi Chiarelettere, 250 pagine, 13,90 € Michele Mezza Avevamo la luna Donzelli, 344 pagine, 19 € Settembre/Ottobre 2013 - OUTLOOK 113 Imparare a connettersi Letture Net Economy e marketing John C. Maxwell La connessione come chiave del successo imprenditoriale, e non solo. Uno dei maggiori esperti delle tematiche relative alla leadership (e un bestsellerista da vari milioni di copie) sposta l’attenzione su un risvolto, un po’ trascurato ma nodale, di questa nozione tanto importante nel mondo aziendale. Vale a dire, la «connessione», che Maxwell illustra nei suoi dieci principi fondanti, e che prevede, tra i suoi aspetti, la capacità di intercettare l’interesse degli altri, di individuare un terreno comune, di semplificare il proprio linguaggio e messaggio. Mostrando che «comunicatori connettivi» non si nasce, ma lo si diventa. John C. Maxwell Tutti comunicano, pochi si connettono Etas Rizzoli 226 pagine, 19 € 114 OUTLOOK - Settembre/Ottobre 2013 I brand al tempo dei social media Marketing post moderno Le idee ci sono, soprattutto nell’«intelligenza collettiva» della Rete, ci dicono i due curatori (Adam Arvidsson, professore di Sociologia alla Statale di Milano e Alex Giordano, già cofondatore di «Ninja Marketing»). A latitare, invece, è il modello organizzativo. Ecco perché, riprendendo le intuizioni di Giampaolo Fabris e di Bernard Cova, che firma la prefazione, gli autori rilanciano il societing, dove i consumatori rappresentano parte attiva del processo produttivo innovativo (come il marketing sa benissimo), in versione reloaded, dotata di significati sociali originali e innovativi al mutare della pelle dei contesti in cui viviamo. Il successo industriale passa attraverso la pulizia Management by cleaning: tra le molteplici strategie e filosofie manageriali ce n’è una, proveniente dall’Estremo Oriente, che ha molto dello stile esistenziale giapponese. Ovvero, la «via alla pulizia» nel management, teorizzata e praticata da Hidesaburo Kagiyama, patriarca di un importante gruppo, Yellow Hat. La pulizia degli ambienti e il decoro del luogo di lavoro si possono trasferire, come insegnano le esperienze realizzate e le prassi di toilet cleaning management, alle modalità del fare funzionare l’azienda, con risultati lusinghieri sotto il profilo dei bilanci, dell’efficienza e della qualità delle relazioni tra i lavoratori e con i collaboratori. Hidesaburo Kagiyama I social media come potente strumento di comunicazione di marketing. L’autore, digital strategist, presenta una mappa completa dell’ecosistema dei social media rispetto al loro utilizzo per le strategie di impresa, le quali vanno pianificate attentamente, al contrario del predicato «spontaneismo internettiano». Altro elemento che ci mostra il postmodern marketing è l'importanza del ruolo dei consumatori nella creazione di contenuti e nel fornire, con la loro partecipazione, un rafforzamento di fatto dei brand aziendali. Alessandro Prunesti A cura di Adam Arvidsson e Alex Giordano Societing reloaded Egea, 268 pagine, 25 € Hidesaburo Kagiyama Toilet Cleaning Management Guerini e Associati, 250 pagine, 18,50 € Alessandro Prunesti Social media e comunicazione di marketing Franco Angeli, 352 pagine, 38 €