Sostenibilità: tra intendere e ascoltare Sustainability
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Sostenibilità: tra intendere e ascoltare Sustainability
Projects 32 Architetture sostenibili per un nuovo rapporto con l’ambiente: le tecnologie più avanzate, le soluzioni formali più ardite, le proposte strutturali più aggiornate in una intensa ricerca di valori etici, estetici, economici. Sustainable architecture for a new relationship with the environment: cutting edge technology, bold stylistic solutions, and the most up-to-date structural designs as part of intensive research into ethical, aesthetic and economic values. Sostenibilità: tra intendere e ascoltare Sustainability: between Hearing and Listening Cinzia Abbate* “S e ‘intendere’ è comprendere un senso (sia nella declinazione figurata, sia in quella letterale: intendere una sirena, un uccello o un tamburo significa già, ogni volta, comprendere quantomeno l’abbozzo di una situazione, un contesto se non un testo), ‘ascoltare’ è essere tesi verso un senso possibile, e dunque non immediatamente accessibile … Si ascolta colui di cui si vuole comprendere il discorso che tiene, oppure si ascolta qualcosa che può sorgere dal silenzio e fornire un segnale o un segno …”1 . Da pochi anni la parola sostenibilità è divenuta un termine molto ricorrente, spesso banalizzato per pennellare con quello che potremmo definire un “aggettivo politicamente corretto” molte delle nostre riflessioni quotidiane inerenti non solo i problemi ambientali, ma anche le questioni politiche, i conflitti culturali e religiosi, gli aspetti economici e scientifici, e certamente per identificare una particolare qualità di alcuni edifici esemplari. Sebbene le scelte democratiche ed equilibrate siano azioni implicite dell’aggettivo “sostenibile” e siano assolutamente congruenti alle tematiche appena citate, anzi dovrebbero ritenersi obiettivi prioritari nelle strategie politiche ed economiche per il nostro futuro, l’uso smodato del termine “sostenibilità”, sta rischiando di svuotare di peso e d’importanza il significato stesso della parola, in sé per sé invece così ampio, ricco e complesso. Volendo tentare di approfondire e spiegare cosa si possa intendere per architettura sostenibile, e proprio per descrivere la grande varietà di sfaccettature compatibili con il tema della sostenibilità degli edifici, abbiamo cercato di raccogliere in questo numero di arcVision un variegato panorama di casi studio e di approcci metodologici alla progettazione. Sarebbe stato infatti limitativo tentare di descrivere l’ampiezza degli obiettivi di questa ricerca progettuale, attenendosi solo a una verifica scientifica e razionale dei risultati energetici e dell’impatto ambientale di questi edifici. È piuttosto l’intreccio complessivo dei risultati singolarmente raggiunti da tutti questi progetti che ci interessa sottolineare, come la traccia, o meglio il percorso trasversale di tutti quegli aspetti che un vero edificio sostenibile dovrebbe racchiudere ed esprimere. Una delle qualità comuni ai progetti selezionati è sicuramente l’appartenenza al luogo, interpretata sia come approccio filosofico, per il legame ideale o l’ispirazione poetica tratta dal sito, sia per la configurazione morfologica che da esso deriva. Il progetto della villa d’acqua e vetro di Shizuoka, malgrado il grande livello di astrazione della scato- la di vetro, con tutte le ripercussioni energetiche che sicuramente rappresenta, è senz’altro uno dei progetti che più si lega al luogo per relazione estetica e meditativa. Come scrive Stefano Pavarini: “Kengo Kuma ci invita ad ascoltare e a guardare, a utilizzare i nostri sensi nella pienezza e nel controllo riscoprendo radici profonde … La costruzione di una casa come strumento per capire la natura … non per dominarla ma per servirla”.2 Il complesso aziendale per la vinificazione della cantina Badia a Coltibuono di Piero Sartogo e Nathalie Grenon, nei pressi di Siena, rivela invece una particolare sensibilità e conoscenza dei riferimenti culturali locali. Forme e materiali tradizionali per ricreare atmosfere regionali come le architetture militari di Francesco di Giorgio Martini, o le astrazioni architettoniche e paesaggistiche delle pitture di Giotto e Piero della Francesca. Il progetto dimostra anche una grande efficienza distributiva e funzionale, necessaria ad agevolare l’attività viticola e di imbottigliamento. Nelle cantine le finestrature sono dimensionate secondo il grado di illuminamento e la temperatura necessari al corretto invecchiamento del vino, oltre che all’esposizione solare. L’edificio è quasi interamente addossato alla collina per beneficiare del raffrescamento passivo del terreno. Come emerge dai progetti selezionati, l’analisi del luogo può essere condotta con strumenti intuitivi, basati sull’esperienza, o con strumenti informativi computerizzati, scientifici e probabilmente più affidabili, ma anche qui entra in gioco la capacità interpretativa del progettista. Gli interventi architettonici derivati dalle simulazioni ambientali proposte dal progetto Eco_logical design, malgrado si pongano degli obiettivi di sostenibilità sia dal punto di vista energetico che sociale, possono risultare efficaci solo se valutati come sperimentazioni per installazioni architettoniche temporanee e come soluzioni astratte per nuove geometrie tridimensionali da utilizzare nel settore dell’auto-costruzione. In questo panorama di progetti, il tema del concorso per le “Birdhouses”, ha la sua validità come speculazione e provocazione formale su una “tipologia abitativa”. I risultati indicano soluzioni leggere, talvolta realizzate con materiali di risulta, interessanti anche per la loro fragilità e senso di transitorietà. Indifferenti al luogo, se non per i materiali da costruzione probabilmente autoctoni. Ad analizzarli attentamente, sotto la lente di un sistematico approccio progettuale eco-compatibile, nessuno di questi progetti potrebbe essere defi- IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE 33 nito rigorosamente sostenibile. Come scrive David Lloyd Jones: “L’architettura … dipende dalla soddisfacente riconciliazione dell’intuizione con il razionale. Un edificio deve essere sia poesia che macchina … La sfida è riuscire a raggiungere il punto dove l’Architettura Verde è inscindibile dalla buona architettura”.3 Entrando nel merito di una nuova interpretazione della “buona architettura contemporanea”, o meglio dell’assimilazione di questa all’architettura sostenibile, mi sembra doveroso soffermarmi sulla definizione delle qualità e potenzialità che l’architettura in genere dovrebbe incorporare. L’architettura non può più essere valutata solo sul valore estetico e sull’innovazione formale e linguistica dell’opera, ma piuttosto sull’impronta ecologica dell’edificio: la sua efficienza energetica, l’innovazione tecnologica, il ciclo di vita dei suoi materiali, l’impulso economico locale, il benessere privato e sociale che questa può innescare. La fascinazione estetica per il grande gesto architettonico da ormai troppi anni sta facendo dimenticare agli architetti e ai loro committenti quali siano le significative priorità di una disciplina sociale come quella dell’architettura e quali le responsabilità dei suoi protagonisti. Cosa intendiamo quindi per architettura sostenibile o Architettura Verde? A mio parere si tratta di quelle realizzazioni che per importanza dell’iniziativa, impatto culturale, equilibrio delle soluzioni proposte, risvolti sociali, responsabilità glo- bali assunte, possono davvero segnare una nuova rivoluzione della ricerca architettonica. Si tratta perciò di innovazione, non solo tecnologica ma di pensiero. Ottenere questi risultati è possibile, ma è spesso necessario un processo di coinvolgimento multidisciplinare che includa le politiche governative, le amministrazioni locali, le industrie, i committenti, i professionisti e non per ultimi i suoi fruitori. Se, come le statistiche dimostrano, gli edifici utilizzano circa il 40% dell’energia globale e sono responsabili per quasi la stessa percentuale di emissioni di gas serra, occorre che il giudizio sull’architettura contemporanea tenga conto della priorità etica e civile per fronteggiare questa emergenza. Per far sì che le tendenze progettuali in atto diventino sostenibili e che questo modo di concepire e realizzare l’architettura sia inscindibile da qualsiasi altro modo di costruire, è necessario rivedere la disciplina architettonica nelle modalità in cui questa è insegnata, praticata e divulgata. Bisogna rivedere le legislazioni edilizie nazionali riducendo gli standard di consumo energetico ammissibili per le costruzioni, imporre la qualità dei materiali e delle coibentazioni, sostenere l’integrazione delle tecnologie solari attive e passive nell’involucro degli edifici per ridurre al massimo il ricorso ai combustibili fossili. È auspicabile l’adozione di materiali atossici e riciclabili che non producano inquinamento durante il loro ciclo di vita ed è necessario coinvolgere l’industria per svilup- Progetto di Alessandro Mendini da: Birdhouse Project 2004/2005 (l’Arca 203). Project designed by Alessandro Mendini from: Birdhouse Project 2004/2005 (l’Arca 203). Dall’alto, progetti di Richard Gluckman e di Odile Decq. From top, projects designed by Richard Gluckman and Odile Decq. 34 pare e sperimentare nuovi componenti edilizi attivi. Le potenzialità di sviluppo economico di tutte le industrie coinvolte nel processo di costruzione degli edifici sostenibili e dei loro componenti sono enormi. È dimostrato dalle esperienze in corso nel Nord Europa, specie in Olanda e Germania, ma anche in Giappone con il successo ottenuto, per esempio, nell’integrazione del fotovoltaico nelle coperture. Le richieste del mercato immobiliare stanno infatti lentamente spingendo verso un miglioramento qualitativo misurato sugli aspetti del benessere individuale e ambientale, destinate a incrementare il valore dell’immobile e quindi dell’architettura in generale, in maniera esponenziale. In uno scenario globale di incertezza degli investimenti e di sviluppo economico e tecnologico molto debole, quella delle costruzioni sembra essere per molti paesi un’isola felice. Questi fatti dovrebbero quindi indurci a riflettere sulle grandi potenzialità dell’architettura per sostenere la ripresa economica, la ricerca tecnologica e per promuovere sistematiche operazioni dirette alla salvaguardia dell’ambiente e la realizzazione di un futuro patrimonio edilizio energeticamente autosufficiente, vivo, che respiri, che produca benessere economico e sociale. A questo punto ci rendiamo conto che per fare architettura sostenibile è irrilevante la scala dell’edificio o lo stereotipo della grande firma, ma è importante piuttosto la caratterizzazione ambientale e culturale dell’opera e soprattutto il suo messaggio. Sostenibilità significa aprirsi per riuscire a captare tutte queste implicazioni e per metterle a frutto, traducendole in forme eco-compatibili. Significa sapersi mettere all’ascolto. * Cinzia Abbate è partner dello Studio AeV Architetti Abbate e Vigevano, uno studio professionale con sede a Roma che opera dal 1992 nel settore dell’integrazione architettonica delle energie rinnovabili, della pianificazione urbanistica ambientale, il riuso e il restauro, sia in Italia sia all’estero. È anche Professore al Rensselaer Polytechnic Institute di Troy (New York) e rappresentante per l’Italia dell’International Energy Agency (IEA) per l’integrazione architettonica della tecnologia fotovoltaica. Negli anni Ottanta ha vissuto a New York dove lavorava per IM Pei and Partners. Note 1. Jean–Luc Nancy, All’ascolto, Raffaello Cortina Editore, 2004. 2. Stefano Pavarini, L’orizzonte d’acqua, l’Arca Edizioni, n. 138, 1999. 3. David Lloyd Jones, Architecture and the Environment, England, Laurence King Publishing, 1998. “I f ‘hearing’ means understanding—both figuratively and literally: hearing a siren, bird or drum already means understanding at least roughly what the situation is, grasping a context if not a text—, then ‘listening’ is directed toward a possible meaning, and hence not immediately accessible ... You listen to somebody if you want to understand what they are saying, or you listen to something that might emerge from the silence and send out a signal or sign ....”1 Over the last few years the word sustainability has come to be a very frequently used term, often rather blandly employed to dress up in what might be described as a “politically correct adjective” lots of our everyday thoughts regarding not just environmental issues, but also political affairs, cultural or religious conflicts, economic and scientific matters, and of course to point out some quality of certain exemplary buildings. Although democratic and balanced decisions are implicit actions in the adjective “sustainable” and absolutely fitting for the matters just referred to—indeed they ought to be priority objectives in political-economic strategies for our future—excessive use of the term “sustainability” is likely to deprive the very meaning of the word (in itself so extensive, rich and complicated) of any real weight and importance. In an attempt to analyze and explain just what sustainable architecture might mean, and hence to describe the great range of shades of meaning compatible with the issue of the sustainability of buildings, this issue of arcVision will outline a wide variety of study cases and methodological approaches to design. Merely describing the scope of the goals involved in this kind of research, by scientifically and rationally checking the energy results and environment impact of these buildings, would have been rather limiting and restrictive. It is rather the overall combination of results individually attained by these projects which we are interested in pointing out, as a trace or rather cross-the-board presentation of all the aspects a genuinely sustainable building ought to have and express. One of the qualities all the selected projects certainly share is the belonging to a place, interpreted as both a philosophical approach (for its ideal bonds or the poetic inspiration it draws from the site) and in terms of the morphological configuration deriving from the place in question. Despite the considerable degree of abstraction of the glass box with all the repercussions in terms of energy it certainly entails, Shizuoka’s project for a water and glass house is undoubtedly one of the projects most closely connected to its setting through its aesthetic and meditative relations. As Stefano Pavarini writes: “Kengo Kuma invites us to look and listen, to use our senses to the full and with careful control in order to rediscover deep roots ... The construction of a house as a means of understanding nature … not to dominate it but to serve it.” 2 The Badia Winery in Coltibuono, not far from Siena, designed by Piero Sartogo and Nathalie Grenon shows a special awareness and knowledge of local culture. Traditional forms and materials to recreate regional atmospheres like Francesco di Giorgio Martini’s military architecture or the architectural/landscape abstractions in Giotto’s and Piero della Francesca’s paintings. The project is also set out with great distributional-functional efficiency to make the wine-making and bottling process easier. The windows of the winery building are sized according to the amount of light, sunshine and temperature level required for the wine to age properly. The complex is almost entirely built into the hillside to exploit passive cooling through the ground. As can be seen from the chosen projects, places may be analyzed either intuitively based on experience or using computerized scientific systems, which are probably more reliable, but here again the designer’s ability to read the situation comes into play. Although the architectural designs based on environmental simulations put forward in the Eco_logical design project set sustainability targets from both an energy and social point of view, they are only effective if viewed as experiments for temporary architectural installations and abstract solutions for new three-dimensional geometric forms to be used in the self-construction sector. In relation to this general overview of projects, the competition to design “Birdhouses” is valid as a speculativestylistically provocative investigation into a certain “type of housing”. The results point toward light designs, sometimes actually made from leftover materials, interesting in terms of their fragility and sense of transience. They are indifferent to location, except as regards the construction materials, which are generally local in origin. Taking a careful look at them under the magnifying glass of a systematic eco-compatible approach to design, none of these projects may really be classed as sustainable. As David Lloyd Jones writes: “Architecture ... depends on successfully reconciling intuition with reasoning. A building must be both poetry and machinery … The challenge is to reach the point where Green Architecture is inseparable from good architecture.”3 Broaching the issue of a new interpretation of “fine modern-day architecture”, or rather how sustainable architecture may be assimilated, I think a few words need to be said about the qualities and potential that ought to be associated with architecture in general. 35 Architecture may no longer be assessed in terms of a work’s aesthetic value and stylistic-linguistic innovation, but rather in terms of the building’s ecological design: its energy efficiency, technological innovation, the lifecycle of its materials, the way it boosts the local economy, and the private-social well-being it might bring about. For too long now, the aesthetic appeal of great architectural gestures has been causing both architects and their clients to lose track of the most important priorities of a social profession like architecture, and the responsibilities its key players must take on. So what do we mean by sustainable or green architecture? In my opinion these are buildings whose design importance, cultural impact, balance of solutions involved, social implications, and global responsibilities taken on, may result in a real revolution in architectural research. This is innovation in thinking and not just technology. These results can be attained but they often call for a multi-disciplinary approach involving government policies, local councils, industry, clients, architects and, last 36 Progetto di Axel Schultes. Project designed by Axel Schultes. but not least, the users themselves. If, as statistics show, buildings use about 40% of global energy and are responsible for almost the same percentage of emissions of greenhouse gases, then any assessment of modernday architecture must take into account ethical-civil priorities in handling this emergency. To ensure that current trends in design turn out to be sustainable, and that this way of envisaging and constructing architecture is an integral part of any form of building, we need to take a fresh look at how architecture is taught, practiced and publicized. We need to review national building laws, lowering the levels of energy consumption allowed for buildings, enforce quality standards for materials and insulation, and support the introduction of passive and active solar technology in building shells, so as to reduce the amount of fossil fuels consumed to a minimum. It is also to be hoped that we will start using non-toxic, recyclable materials that do not cause any pollution during their lifecycles, and industry must be encouraged to develop and experiment on new active building components. 37 There is enormous potential for economic growth in all the industries involved in the process of constructing sustainable buildings and the components used in them. This is shown by experiments under way in northern Europe—notably the Netherlands and Germany—and in Japan, such as, for instance, the integration of photovoltaic technology in roof design. Demands in the real estate sector are, in fact, slowly bringing about a rise in standards gauged in terms of individual and collective well-being, which will increase the value of property, and hence architecture in general, at an exponential rate. At a time of global uncertainty about investments and extremely weak economic-technological growth, the building industry seems to be a little haven for lots of countries. These facts ought to make us reflect on architecture’s great potential to support economic recovery, technological research, and the promoting of systematic operations aimed at safeguarding the environment and generating a wealth of energy self-sufficient, lively architecture that literally breathes and generates socio-economic wellbeing. At this point it is obvious that the size of a building or the stereotyped idea of star names are irrelevant in designing sustainable architecture, what really counts is the environmental-cultural blueprint of the work and, above all, the message it sends out. Sustainability means opening up to embrace all these implications and putting them to effective use by turning them into eco-compatible forms. It means knowing how to listen. * Cinzia Abbate is partner of Studio AeV Architetti Abbate e Vigevano, a professional studio based in Rome and operating in the field of architectural integration of renewable energies since 1992, as well as in environmental urban planning, adaptive re-use and restoration both in Italy and abroad. She is also Professor at Rensselaer Polytechnic Institute of Troy, N.Y., and the Italian representative for the Building Integration of Photovoltaics at the International Energy Agency (IEA). During the eighties, she lived in New York City and worked for IM Pei and Partners. Notes 1. Jean–Luc Nancy, A l’écoute, Paris, Galilée, 2002. 2. Stefano Pavarini, L’orizzonte d’acqua, l’Arca Edizioni, no. 138, 1999. 3. David Lloyd Jones, Architecture and the Environment, England, Laurence King Publishing, 1998. Dall’alto, progetti di Cesare M. Casati e di William Alsop. From top, projects designed by Cesare M. Casati and William Alsop. IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE Tenda metropolitana Metropolitan Tent Bruxelles, stazione della metropolitana Erasme Brussels, Erasme Subway Station Progetto di Samyn and Partners Project by Samyn and Partners A rchitettura sostenibile non significa solo riduzione dei consumi energetici, per esempio quelli legati ai sistemi di climatizzazione, ma anche scelta di tecniche costruttive e materiali prodotti con minimo impiego di risorse. I sistemi tensostrutturali, oltre ad avere tali requisiti, rappresentano una valida alternativa a costruzioni con sistemi e materiali tradizionali. La copertura della stazione Erasme dimostra che le infrastrutture urbane possono essere anche luoghi in cui sperimentare soluzioni alternative fra ingegneria e architettura. Ravvivare attraverso un segno forte un luogo senza particolari attributi era tra gli obiettivi principali. Dotata di una struttura leggera e trasparente, la nuova stazione non è più solo un pubblico passaggio, bensì un intervento linguisticamente significativo a scala urbana, un segno di distinzione rispetto al consueto immaginario che vede le parti accessorie delle infrastrutture come costruzioni prettamente funzionali. Posta nei pressi dell’ospedale Erasme, la stazione si pone come segno certo di orientamento attraverso la sua particolare configurazione, in grado di farsi notare senza opporsi a un contesto che, proprio grazie all’originalità dell’intervento, emerge con maggiore identità. La leggerezza della tensostruttura rimanda al linguaggio dell’installazione, all’oggetto che va oltre la sua specificità funzionale puntando sulla comunicazione di valori che rientrano nella sfera artistica, in questo caso posta a definire un luogo con una forte identità, e introducendo la poetica dell’effimero, della struttura in 38 Il sistema strutturale all’interno della stazione. Pagina a fianco, particolare dei cavi in tensione. The structural system inside the station. Opposite page, detail of the tensile cables. grado di mutare nel tempo la sua immagine. Una qualità che prende forma anche solo nell’alternanza fra la notte e il giorno, quando la lunga infilata di arcate metalliche si riempie di luce, trasformando un riparo in un fantastico tepee delle meraviglie, in grado di cambiare una stazione in un paesaggio della memoria. Già in altre occasioni, come per esempio nel Centro Ricerche M&G a Venafro, Samyn aveva dato prova di grande capacità progettuale nel configurare ampi spazi attraverso tensostrutture non convenzionali. Ed è proprio grazie all’originalità dell’insolito schema strutturale che la stazione Erasme acquisisce una propria specificità architettonica. In fondo si tratta della ragion d’essere dell’architettura: essa, infatti, è autonoma da qualsiasi influenza estranea, quale ad esempio l’identità associata a un luogo geografico o un sistema di classificazione antiquato di origine arcaica che punta su criteri di esclusività, antagonismi e opposizioni. Se mai vi fossero da ricercare relazioni con alcuni archetipi, l’intervento in questione ha non poche similitudini con la tenda, in origine un ricovero leggero e nomadico, trasformatosi nel tempo in strutture stabili come il tempio e il palazzo. Composta da campate in tubolari d’acciaio che sorreggono una membrana in tessuto di fibra di vetro impregnata con PTFE, la tensostruttura protegge le banchine d’arrivo e partenza dei convogli, permettendo la percezione della luce esterna e riducendo al minimo il senso di claustrofobia presente negli ambienti ipogei. 39 S ustainable architecture does not just mean reducing energy consumption, for instance in air-conditioning systems, but also the decision to use construction methods and materials exploiting as few resources as possible. In addition to possessing these requisites, tensile structures are also a valid alternative to constructions using conventional systems and materials. The roof over Erasme Station shows that urban infrastructures may also be places for experimenting with alternative solutions, somewhere between engineering and architecture. Rejuvenating a place with no distinctive features by means of a landscape design was one of the main objectives. Furbished with a light and transparent structure, the new station is no longer just a public passageway, but a stylistically significant urban-scale project, a distinctive design compared to the usual idea of accessory parts of infrastructures being mainly functional constructions. Situated near Erasme Hospital, the station is an authentic landmark thanks to its special design, capable of standing out without clashing with a setting which, thanks mainly to the originality of the project, actually has its own identity enhanced. The lightness of the tensile structure refers back to its installation idiom, to an object that goes beyond its own specific function to focus on communicating values belonging to the realms of art, in this instance designed to mark a place with a powerful identity and also introducing the poetics of the transient and a structure capa- 40 Modelli del sistema strutturale costituito da arcate metalliche che ricopiano il profilo della copertura tensotesa in tessuto di fibra di vetro. Models of the structural system composed of metal arcades copying the tensile pattern of the roof made of a fiberglass fabric. ble of changing its image over time. A feature that even takes shape in the mere alternation of night and day, when the long row of metal arches fills with light, turning a shelter into a fantastic tepee of wonders, capable of converting a station into a landscape commemorating the past. Samyn has already shown great design expertise in setting out wide spaces through unconventional tensile structures on other occasions, such as for example the M&G Research Center in Venafro, Italy. It is actually the highly original structural design that makes Erasme Station such a distinctive work of architecture. After all this really is architecture’s reason for being: it is free from all outside influence, such as, for instance, the identity associated with a given geographical place or an antiquated classification system from way back in the past, that focuses on criteria of exclusiveness, antagonisms and oppositions. If relations needed to be found with certain archetypes, then the project in question is not unlike a tent, which was originally a light, nomadic shelter gradually transformed down the ages into permanent structures like temples and palaces. Composed of tubular steel bays holding up a membrane made of a fiberglass fabric impregnated with PTFE, the tensile structure shelters the platforms where the trains arrive and depart, making outside light filtering in and reducing the feeling of claustrophobia in underground premises to a minimum. 41 42 43 45 44 Minimo valore di impatto sull’intorno grazie alla tensostruttura e al materiale traslucido dell’involucro. Dettaglio delle connessioni della struttura. Detail of the structural connections. Minimal environmental impact on the surroundings thanks to the tensile structure and translucent fabric of the shell. IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE Rinascimento sostenibile Sustainable Renaissance Monti in Chianti (Siena), centro vinificazione Badia a Coltibuono Monti in Chianti (Siena), Badia Winery in Coltibuono Progetto di Piero Sartogo, Nathalie Grenon Project by Piero Sartogo, Nathalie Grenon 46 Dettaglio dei tamponamenti dei corpi di fabbrica attraversati dai setti di zinco delle superfici vetrate. Detail of the curtain walls of the facilities pierced through by the zinc stanchions of the glass surfaces. A volte il luogo, la storia e la cultura di un territorio compiono il miracolo di far convivere armoniosamente tradizione e modernità. Il complesso per la vinificazione a Monti, nel territorio del Chianti, ne è un esempio illuminante, sia per la configurazione architettonica sia per l’osservanza di alcuni criteri di sostenibilità, volti a ridurre i consumi energetici. I due corpi cilindrici con la copertura sostenuta da esili colonne e le sottili feritoie ricordano inequivocabilmente lo straordinario immaginario delle architetture senesi dipinte da Simone Martini; i bastioni e i contrafforti sono un’interessante rilettura delle architetture militari progettate da Francesco di Giorgio Martini. Il tutto interpretato attraverso una sapiente distribuzione di forme e volumi in un ambiente dove natura e costruito convivono in perfetta simbiosi. Obiettivo del progetto era di inserire la costruzione in un contesto estrema- mente delicato; l’idea vincente è stata di intervenire rivoluzionando radicalmente la tipologia delle strutture per la produzione vinicola, ovvero suddividere in tante unità i volumi destinati ad accogliere le fasi di produzione del vino, dalla vendemmia alla fase di pigiatura dell’uva, dalla fermentazione all’invecchiamento nelle botti. La distribuzione delle funzioni è articolata attraverso l’inserimento, alla base della collina boscosa, del corpo di fabbrica più ampio, ottenendo così un processo di vinificazione a caduta per gravità – in linea con le più avanzate teorie enologiche – con conseguente risparmio energetico. Un risparmio riscontrabile soprattutto nella configurazione generale del complesso, caratterizzato da feritoie in grado di fornire luce e ventilazione naturali agli interni. L’osmosi fra paesaggio e architettura trova riscontro in tutta una serie di percorsi e terrazzamenti integrati con il territorio collinare, ma anche nella configurazione altimetrica dei livelli interni. Realizzare una struttura produttiva in cui forma e funzione fossero paritetiche, anche sul piano estetico, è stata occasione per Piero Sartogo e Nathalie Grenon di misurarsi con una tematica progettuale inusuale attraverso la rivisitazione in chiave rinascimentale di un luogo di forte valenza simbolica, dove il Rinascimento, nelle sue prime manifestazioni, si caratterizzava per una grande apertura all’innovazione e una rilettura colta del passato. Il recupero non “archeologico” del primo Rinascimento è stato, infatti, il percorso intrapreso in questo intervento per non cadere nella trappola storicistica, in uno sterile post-modernismo davvero fuori luogo. Si tratta di un’operazione non isolata, pur se attualmente in fase germinale, che pare infatti trovare seguito anche in realtà diverse dove il contesto naturale non è più quello delle straordinarie colline del Chianti bensì le pianure bagnate dal Po. Insomma, anche il prefabbricato industriale sta cambiando, per il momento attraverso semplici maquillage, timidi tatuaggi in forma di discrete decorazioni e pastellate cromie, ma tutto fa presagire ulteriori sviluppi. 47 48 L’ubicazione del complesso per la vinificazione in rapporto con il sovrastante borgo abitato. Location of the wine making complex in relation to the little village above. S ometimes the place, history and culture of a territory can miraculously allow tradition and modernity to co-exist in harmony. The wine making complex in Monti in the Chianti region is an enlightening example, due to both its architectural design and the compliance with certain sustainability guidelines aimed at reducing energy consumption. The two cylindrical sections with a roof held up by thin columns and tiny slits irresistibly evoke the incredible vision of Siena architecture in the paintings by Simone Martini; the ramparts and buttresses are an interesting re-reading of the military architecture designed by Francesco di Giorgio Martini. All interpreted through a clever layout of forms and structures in a setting where nature and the builtscape co-exist in perfect symbiosis. The aim of the project was to set the construction in a highly delicate context; the winning idea was to revolutionize radically the design of the wine making processing facilities, from harvesting to crushing and from fermentation to aging. The facilities have been functionally set out by locating the largest building at the foot of a woody hill, to take advantage of the natural gravity flow within the wine making process—in line with the latest theories on vinification—and the energy savings it entails. Savings which can also be noted in the general layout of the complex, whose slits let natural ventilation and lighting inside. The osmosis between the landscape and architecture is matched by a whole series of paths and terraces knit into the hillside, as well as the altimetric layout of the inner levels. Designing a production facility in which form and function are on a par, even on an aesthetic level, provided Piero Sartogo and Nathalie Grenon the chance to measure up to an unusual project by re-visiting in a Renaissance key a highly symbolic place. A place where the Renaissance—at its prime—was characterized by great openness to innovation and an enlightened re-reading of the past. The non-“archaeological” retrieval of the early Renaissance was, in fact, the path this project took to avoid failing into the trap of historicism or a sterile form of postmodernism that is really out of place. This is not a one-off operation, even though it is still only at the very early stages, and it is likely to be repeated also in places without the extraordinary natural setting of the Chianti hills, such as the flatland plains where the River Po flows. In other words, industry is currently going through a simple makeover, little tattoos in the form of discrete decorations and pastel shades, but everything points toward more major developments. 49 In senso orario, sezione trasversale, pianta del piano terra e planimetria generale. Clockwise, cross section, ground floor plan and site plan. 51 50 Pagina a fianco, dettaglio delle due torri, una circolare, l’altra ellittica. In alto, particolare che evidenzia l’eterogeneità delle superfici murarie esterne. Opposite page, detail of the two towers, one circular and the other elliptical. Top, detail highlighting the variety of the exterior masonry surfaces. IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE Nel flusso della velocità In the Flow of Speed Tokyo, Fluid City Tokyo, Fluid City Progetto di Makoto Sei Watanabe Project by Makoto Sei Watanabe C hi, per una questione generazionale, pensa a Le Corbusier come a un mostro sacro ma anche come a un personaggio da archiviare quale maestro di architettura contemporanea, dovrebbe dare uno sguardo al luogo della modernità più avanzata, il Giappone, per accorgersi di quanto alcune intuizioni progettuali siano ancora debitrici al grande Corbu. Sistemi infrastrutturali per la mobilità sono tuttora pensati, con i dovuti aggiornamenti del caso, con la stessa sensibilità con cui Le Corbusier vedeva il mondo nei primi anni del XX secolo. Il concetto d’infinito applicato all’architettura deriva dall’osservazione dei primi grattacieli di Manhattan, percepiti dal grande architetto come singoli elementi di un tutto: la loro forma segmentale – ovvero senza un inizio e una fine – intesa come un sistema aperto e teoricamente senza limiti. Il complesso Campus Station dello Tsukuba Express fa parte di una nuova linea ferroviaria, lunga 58 km, che collega la nuova comunità di Tsukuba con Tokyo. La forma dell’edificio si configura attraverso due schermi esterni indipendenti dalla struttura, realizzati in cemento rinforzato con fibra di vetro, che per taglio e forma dei diversi pannelli che li compongono, appaiono come un elemento fluido espandibile all’infinito. Il sistema di stazioni progettato da Makoto Sei Watanabe è l’attuazione concreta delle teorie sulla generazione di Fluid City. Una teoria di quarta generazione rispetto a quella ben più ampia denominata Induction City, attraverso cui, a partire dagli anni 52 La Stazione Tanaka sul percorso dello Tsukuba Express. Pagina a fianco, particolare delle sedute dell’area passeggeri. Tanaka Station along the route of the Tsukuba Express. Opposite page, detail of the seats in the passengers area. Novanta, l’architetto giapponese sta elaborando processi e soluzioni progettuali per affrontare sistematicamente problemi legati alla complessità delle metropoli contemporanee (www.makoto-architect.com). Anche nel progetto del Tsukuba Express/KashiwaTanaka Station appare evidente la ricerca di trasferire la fluidità del processo ideativo nella forma finale dell’edificio, che sorge lungo il fiume Tonegawa. La stazione presenta tre livelli: uno pedonale immediatamente sopra la strada, un’area servizi e le piattaforme. Anche in questo progetto l’idea base è suggerire il concetto di flusso continuo, che, nel caso specifico, riprende quello delle acque del fiume sottostante. Dal punto di vista strutturale, la Stazione Tanaka è formata da una base in cemento armato su cui poggia l’involucro in acciaio composto da vari anelli. La forma dell’edificio varia lungo l’asse longitudinale in modo che non vi siano punti aventi la medesima sezione. Per quanto concerne la Stazione ShinMinamata nell’isola meridionale di Kyushu, parte terminale della linea ad alta velocità che collega Tokyo a Osaka, il complesso è appena stato terminato. La stazione, caratterizzata da linee di accentuato dinamismo, è configurata da un guscio/copertura realizzato con segmenti metallici di diverse lunghezze disposti con angolature differenziate che creano continui giochi di luci e riflessi, sia al loro interno sia all’esterno. La struttura appare come un momento “congelato” di una traiettoria in espansione ed è infatti pensata per poter essere ampliata in una fase successiva. 53 T 54 Dettaglio (da rendering) dell’involucro della Campus Station. Detail (from a rendering) of the shell of Campus Station. hose who, due to their age, think of Le Corbusier as both a superstar and a figure to be filed away as a past master of modern-day architecture ought to take a look at the place where modernity has reached its high point: Japan. They would see that certain new design ideas are still clearly indebted to the great Corbu. Transport infrastructural systems are still designed, with the odd new touch here and there, showing the same awareness of the world Le Corbusier had in the early-20th century. The concept of infinity applied to architecture comes from studying the first Manhattan skyscrapers, which the great architect viewed as individual parts of a whole: their segmental form—i.e. without a start or finish—as an open and theoretically boundless system. The Campus Station complex for the Tsukuba Express is part of a new 58 km long railway line connecting the new community of Tsukuba to Tokyo. The building form is designed around two outside screens detached from the structure. Made of cement reinforced with fiberglass, they look like some sort of fluid feature that, due to the cut and form of their various component panels, can expand to infinity. The system of stations designed by Makoto Sei Watanabe is the concrete embodiment of theories about the generating of a Fluid City. A fourth-generation theory developing upon the much more extensive Induction City project, based on which this Japanese architect has been devising design processes and solutions for systematically tackling issues related to the complexity of modern-day metropolises ever since the 1990s (www.makoto-architect.com). The Tsukuba Express/Kashiwa-Tanaka Station project also shows the same research into transferring the fluidity of the design process into the final building design. The station, located along the River Tonegawa, is built over three levels: a pedestrian level right above the road, a service lounge and the platforms. Once again, the basic idea behind the project is to suggest the concept of a seamless flow, which, in this specific instance, is inspired by the river flowing below. Structurally speaking, Tanaka Station is composed of a reinforced concrete base supporting a steel shell made of several rings. The building form varies along the longitudinal axis so that there are no points with the same section. As regards ShinMinamata Station on the southern island of Kyushu, the terminal of the high-speed line connecting Tokyo to Osaka, the complex has just been completed. The station features highly dynamic lines and a shell/roof made of metal segments of varying length set at different angles to create constant lighting effects and reflections, both on the inside and outside. The structure looks like a “frozen” instant in an expanding trajectory and is actually designed to be later extended if required. La stazione vista dall’alto. The station seen from above. 55 56 In queste pagine, la stazione realizzata. These pages, the completed station. 57 IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE Trasparente, complessa, misteriosa Transparent, Intricate, Mysterious Shizuoka, villa sull’Oceano Pacifico Shizuoka, House on the Pacific Ocean Progetto di Kengo Kuma Project by Kengo Kuma L ontani anni luce l’uno dall’altro per cultura e storia, Movimento Moderno e architettura tradizionale giapponese sono invece accomunati per affinità elettiva nella concezione della residenza, della grande casa lontana dallo spazio urbano e immersa nella natura. Luce, trasparenza, assenza di qualsiasi decoro superfluo e spazi aperti fanno parte di un linguaggio che unisce due culture diverse ma ugualmente in sintonia con il luogo di accoglienza, ovvero: quando Natura e Artificio si compenetrano senza che l’una contrasti l’altro. Nella villa sull’Oceano Pacifico, Kengo Kuma non poteva non cogliere l’occasione di mettersi in gioco attraverso l’uso di due materiali – l’acqua e il vetro – simili nella trasparenza ma diversi in quanto l’una elemento primario insieme alla terra, al fuoco e all’aria, e l’altro sua metafora tecnologica capace di imitarne la trasparenza, con il vantaggio di essere allo stato solido e quindi governabile per poter costruire un’architettura immateriale e poetica. In un viaggio a ritroso nel tempo, Kuma ripercorre l’esperienza di Bruno Taut – architetto importante per il Movimento Moderno, raffinatissimo compositore di forme, purtroppo trascurato in questi anni di esasperata ricerca su tecnologie sempre più lontane dai materiali naturali dell’architettura – quando negli anni Trenta scopre il valore dell’architettura tradizionale giapponese attraverso studi e progetti ibridati con le forme arcaiche ed esotiche dei templi e delle residenze del Sol Levante, costruite impiegando pannelli mobili di carta di riso racchiusi in esili telai in legno. Come Taut, anche Kuma trova nella Natura una fonte inesauribile per i suoi progetti, per conciliare bellezza e funzionalità, integrazione con il luogo e, nello stesso tempo, occasione per creare il genius loci attraverso l’armonia della diversità. Come Taut, Kuma guarda con grande attenzione alla Villa Imperiale di Katsura – realizzata a Kyoto nel XVII 58 In senso orario, pianta del primo piano, sezione del terzo piano e schema costruttivo della scala interna. Clockwise, first floor plan, third floor section and construction diagram of the inner staircase. secolo – quale insuperabile icona del rapporto fra esterno e interno, creando una forte suggestione e unendo idealmente lo specchio d’acqua della sua villa con l’immensità dell’Oceano Pacifico, ottenendo così una forte sinergia fra l’infinito e la cellula abitativa quale dettaglio colto, narrazione visiva fra illusione e realtà. Ma per Kuma non si tratta di riprendere temi e suggestioni dal passato per ricreare un’opera senza difetti, una soluzione rassicurante poiché già sedimentata nel catalogo dei grandi capolavori dell’architettura. La sua modernità sta nella grande capacità di manipolare la storia e la contemporaneità attraverso il dato tecnologico. In questo caso percepibile nella soluzione della veranda, realizzata costruendo una struttura a griglia composta di lame di acciaio inossidabile che filtra la luce, mediando il rapporto fra cielo e spazi interni. Trasparente come un cristallo complesso e misterioso, la villa è una sorta di Wunderkammer orientale dove va in scena lo spettacolo delle infinite rifrazioni in uno straordinario giardino immateriale composto di piante e fiori di luce. 59 D 60 espite being poles apart in terms of their history and culture, the Modern Movement and traditional Japanese architecture share the same elective affinities in housing design: big houses well away from the city and buried in nature. Light, transparency, the lack of any superfluous decoration and open spaces are part of an architectural idiom that brings together two quite different cultures but equally in harmony with the place accommodating them: i.e. when Nature and Artifice compete without conflicting with each other. In the house on the Pacific Ocean, Kengo Kuma could not miss the chance to put himself in play through the use of two materials—water and glass—similar in terms of their transparency but different in that water is a primary element along with earth, fire and air, while glass is its technological metaphor capable of copying its transparency, with the advantage of being in a solid state and hence handy to build immaterial, poetic architecture. Traveling back in time, Kuma is retracing the experience of Bruno Taut, an important architect from the Modern Movement, a highly elegant designer of forms, who has not been given the attention he deserves over this recent period of excessive experimentation into technology, gradually drifting further and further from the natural materials of architecture. Back in the 1930s Taut discovered the importance of traditional Japanese architecture through studies and projects hybridized with the age-old exotic forms of temples and houses in the Land of the Rising Sun, built out of moving rice paper panels enclosed within wooden frames. Just like Taut, Kuma also finds an endless source of inspiration for his projects in Nature, as a way of reconciling beauty and functionality, fitting into the setting and, at the same time, providing the chance to create the genius loci through harmony with diversity. Just like Taut, Kuma has taken a careful look at the Katsura Imperial Villa—built in Kyoto in 17th century— as an unsurpassable icon of relations between interior and exterior, creating striking effects and ideally uniting the villa’s pool with the Pacific Ocean in all its immensity, thereby creating a powerful synergy between the infinite and the living premises as a witty learned detail, visual narration somewhere between illusion and reality. But for Kuma it is not a matter of taking themes and ideas from the past in order to recreate an unblemished work, a reassuring approach since it is already filed away in the catalogue of great architectural masterpieces. Its modernity lies in the skilful way it handles history and the modern-day scene on a technological level. In this case it can be seen in the veranda design made by constructing a sort of grid composed of stainless steel blades that filter light, mediating relations between the skies and interior spaces. As clear as an intricate, mysterious crystal, the house is a sort of oriental Wunderkammer, where the spectacle of endless refractions is on show in an incredible immaterial garden composed of plant and flowers of light. 61 Dall’alto, pianta del secondo piano, pianta del terzo piano e dettaglio costruttivo della scala. From top, plans of the second and third floors and construction detail of the stairs. 62 63 65 64 Particolari che evidenziano l’altissimo grado di trasparenza dell’edificio. Details highlighting the building’s high degree of transparency. IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE Nelle sabbie del cosmo In the Sands of the Cosmos Cerro Paranal, Eso Hotel Cerro Paranal, Eso Hotel Progetto di Auer+Weber+Architekten Project by Auer+Weber+Architekten P er come sta evolvendosi il dibattito sul mondo del Progetto, discettare sulla natura dell’architettura aiuta a capire le ragioni del suo progressivo mutamento: da arte del costruire ad arte del comunicare. Le cause? Per esempio, la tendenza verso la superspecializzazione dell’architetto come figura in grado di dare valore all’opera attraverso un atto creativo, con la conseguenza che l’ingegnere, traduttore tecnologico del progetto architettonico, acquisisce sempre più spazio come figura autonoma nel percorso di realizzazione dell’opera. L’architettura diviene bene collettivo in quanto struttura urbana ed evento culturale come performance progettuale. Deserto cileno di Atacama: sulla cima del Cerro Paranal l’Osservatorio Paranal, sede del VLT (Very Large Telescope) e dell’ESO (European Southern Observatory), forma una straordinaria cattedrale scientifica in uno dei deserti più inospitali della Terra. Il deserto è una metropoli invisibile dove l’architettura perde peso specifico, diventa quasi miraggio, architettura virtuale in quanto non relazionabile con la complessità della città. Dunque, una “macchina celibe” al posto di un’architettura? In un certo senso, sì, poiché risulta una struttura afasica, priva di un suo linguaggio autonomo, un luogo tecnico che non aggiunge nulla al nulla, se non la propria assenza architettonica. Straordinaria invece la dotazione tecnico-scientifica: con quattro telescopi da 8,2 m e vari altri più piccoli, tutti comprendenti strumentazioni di ultima generazione, come l’in- 66 Sezione, dettaglio della facciata e pianta di una delle 108 stanze dell’hotel. Section, detail of the facade and plan of one of the 108 hotel rooms. terferometro inaugurato nel 2001. L’osservatorio è tra i più potenti al mondo e tra i luoghi di ricerca più apprezzati dagli astronomi: ogni anno, l’ESO riceve oltre 1.300 proposte di ricerca per il VLT. La realizzazione dell’intero progetto ha richiesto dieci anni durante i quali il gruppo scientifico e le maestranze di cantiere hanno dovuto alloggiare in container posti 200 metri più a valle, sulla sola strada che percorre il deserto. Per una migliore sistemazione dei circa cento tra ricercatori tecnici e visitatori soggiornanti sul Paranal venne indetto un concorso internazionale per la costruzione di un complesso residenziale vinto dagli architetti tedeschi Auer e Weber (www.auer-weber.de), autori del progetto per l’edificio, e dall’architetto cileno Paula Gutierrez (www.paulagutierrez.com), progettista della sistemazione degli interni. Auer+Weber+Architekten, sfruttando un’ampia depressione del terreno, realizzano una struttura ipogea con una singola facciata fuori terra caratterizzata da una superficie dello stesso colore del deserto e orientata verso l’Oceano Pacifico, distante circa 12 chilometri. L’unica altra emergenza è rappresentata dall’ampia cupola vetrata di 35 metri di diametro che consente, insieme alle aperture di alcune corti sistemate a verde, l’entrata della luce naturale, illuminando così gli spazi interrati e mettendoli in comunicazione con l’esterno. Il luogo è indubbiamente fuori dagli schemi, ma è anche una vera oasi di benessere in grado di opporsi alle difficili condizioni ambientali di questa sperduta terra ai confini del mondo. 67 J udging by the way debate in the world of Design is progressing, dissertating about the nature of architecture is useful for understanding the reasons for the progressive change it is undergoing: from the art of building to the art of communicating. So what are the reasons for this? For instance, a tendency toward the super-specialization of the architect as somebody capable of enhancing a design through his creative artistry, which means that the engineer, responsible for technologically translating the architectural design, is gaining more room as an independent player in the building process. Architecture is turning into a collective asset, an urban structure and cultural event in which design plays the leading role. The Atacama desert in Chile: up on top of the Cerro Paranal, the Paranal Observatory, home of the VLT (Very Large Telescope) and ESO (European Southern Observatory), is an incredible scientific cathedral in one of the most inhospitable deserts on Earth. The desert is an invisible metropolis in which architecture loses its specific weight, turns into a mirage or virtual architecture in that it cannot be related to the complexity of the city. So do we have a “celibate machine” instead of architecture? In a certain sense, yes, because it turns out to be an aphasic structure with no language of its own, a technical place that adds nothing to nothing, except its own architectural absence. Its technical-scientific furbishing its quite extraordinary though: featuring four 8.2 m telescopes and various other smaller ones, all fitted with the latest generation of 68 Sezione e plastico del progetto. Section and model of the project. equipment, such as an interferometer that officially came into operation in 2001. This is one of the most important observatories in the world and one of the most highly rated research places by astronomers: the ESO receives over 1,300 research proposals for the VLT every year. It took ten years to carry out the entire project, during which time the scientific team and expert builders had to take accommodation in containers situated 200 meters down the valley, along the only road through the desert. An international competition to build a residential complex to provide the approximately one hundred technical researchers and visitors staying on the Paranal with better accommodation was won by the German architects Auer and Weber (www.auer-weber.de) and the Chilean architect Paula Gutierrez (www.paulagutierrez.com), who designed the interior layout. Auer+Weber+Architekten took advantage of wide dip in the ground to design an underground structure with one single facade above ground level featuring a surface the same color as the desert and facing the Pacific Ocean about 12 kilometers away. The only other above-ground feature is the big glass dome measuring 35 meters in diameter, which, together with the openings formed by courtyards landscaped in greenery, lets in natural light to illuminate the underground spaces and bring them into interaction with the outside. This place is certainly unorthodox, but it is also a real oasis of well-being contrasting with the harsh surrounding conditions in this lost area of land at the very edge of the world. Pianta dei livelli 2 e 4 e, in basso, l’osservatorio sulla cima del Cerro Paranal. Plan of levels 2 and 4 and, bottom, the observatory on the summit of Cerro Paranal. 69 Percorso verso l’ingresso dell’hotel. Path toward the hotel entrance. 70 Vedute dell’hotel. Views of the hotel. 71 72 73 Pagina a fianco e qui a sinistra, il percorso di collegamento interno. In basso uno spazio ambientato con piante tropicali. Opposite page and left, the inner connection path. Bottom, a space landscaped with tropical plants. 74 75 IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE Sostenibilità morfogenetica Morphogenetic Sustainability Eco_logical design Eco_logical design Progetto di Paolo Cascone Project by Paolo Cascone 76 L a complessità metodologica per lavorare sulla sostenibilità richiede una gestione interdisciplinare del progetto. Eco_logical design prevede, infatti, oltre agli aspetti energetici anche una sostenibilità sociale cui dare soluzione attraverso uno studio destinato a formulare un habitat relazionato alle esigenze spaziali dell’utenza. L’osservazione dei processi generativi presenti in natura si è dimostrata il percorso in grado di produrre i migliori risultati. Si tratta di applicare criteri morfogenetici a una disciplina che, per sua natura, tratta problematiche avulse da fenomenologie di tipo dinamico. Il percorso proposto da Eco_logical design è trasposizione formale di una procedura di ingegnerizzazione capace di gestire dinamicamente la complessità dell’intorno. Dal punto di vista operativo si tratta di suddividere il tutto in più fasi interconnesse in modo non lineare. Si inizia con Design Strategy, una sorta di momento pre-architettonico che prevede un sistema di relazioni desunte dall’analisi del contesto in cui avvengono fenomenologie legate alle dinamiche ambientali (microclima, topografia, flussi di persone e cose, ecc.). Data la complessità della ricerca, si prevede l’impiego di supporti informatici in grado di intercorrelare fra loro tutti i dati della ricerca. Form Finding è una procedura risalente a studi svolti in passato dagli architetti Buckminster Fuller e Frei Otto, che avevano teorizzato la capacità dei materiali di autoorganizzarsi in base a particolari influenze esterne. In architettura tale procedura è impiegata per generare configurazioni strutturali per particolari applicazioni. Tale approccio prevede totale interconnessione tra forma e struttura: ciò si ottiene con il supporto di sofisticati software che gestiscono complesse tecniche di modellazione parametrica. Finalità del Form Finding è l’individuazione di una specie di manuale per suggerire al progettista una serie di possibili configurazioni definite, sia nella forma sia nella struttura, le cui caratteristiche prestazionali saranno analizzate secondo i parametri dell’utenza finale. Performative Simulation è la fase in cui si cerca di sperimentare in modo innovativo alcune simulazioni ambientali attuate con software specifici che rilevano condizioni ambientali artificialmente prodotte: ventilazione, illuminazione, irraggiamento solare, ecc. La ricerca avanzata di Eco_logical design è improntata a un percorso olistico applicato alla progettazione architettonica e cerca di raggiungere obiettivi proiettati in un futuro lontano, allorquando le tecnologie saranno in grado di fornire materiali “intelligenti”, con una memoria su cui far leva per impostare programmi auto-generativi inseribili in processi industriali, creando così un mondo in cui il progetto architettonico per grandi strutture abitative si configura in una procedura meta-progettuale composta di parametri legati alle effettive esigenze abitative. Ogni forma sarà diversa non perché frutto di formalismi, ma in quanto relazionata ai diagrammi spaziali degli utenti. T he methodological complexity involved in working on sustainability calls for an interdisciplinary approach to projects. Alongside energy factors, Eco_logical design calls for social sustainability catered for by carrying out a study into creating a habitat geared to the user’s spatial requirements. Observing the generative processes occurring in nature has proven to be the way to achieve the best possible results. This involves applying morphogenetic criteria to a discipline, which, by its very nature, deals with problems quite detached from dynamic phenomena. The approach proposed by Eco_logical design is a formal transposition of an engineering project capable of handling the complexity of the surroundings in a dynamic way. From a practical viewpoint, this means dividing everything into several stages interconnected on a non-linear basis. The first step is the Design Strategy, a sort of architectural moment involving a system of relations worked out from an analysis of the context in which phenomena related to environmental dynamics (micro-climate, topography, flow of people and things, etc.) occur. Given the complexity of the research involved, this calls for comput- er aids capable of correlating together all the different data connected with the research. Form Finding is a procedure dating back to studies carried out in the past by the architects Buckminster Fuller and Frei Otto, who set down the theory that materials are actually capable of organizing themselves based on certain external influences. In architecture this procedure is used to generate structural configurations designed for special applications. This approach involves total interconnection between form and structure. This is achieved with the aid of sophisticated software handling complex parametric modeling techniques. The ultimate goal of Form Finding is to devise a sort of handbook for providing designers with a range of possible configurations, carefully defined in terms of both form and structure, whose performance ratings will be analyzed based on parameters set down by end users. Performative Simulation is the stage during which innovative experiments are carried out on environment simulations implemented using special software recording artificially designed environmental conditions: ventilation, lighting, sunlight, etc. The research proposed by Eco_logical design is based on a holistic approach to architectural design and is supposed to achieve goals projected into the distant future, when technology will indeed be able to provide “smart” materials with memories capable of handling self-generative programs to be incorporated in industrial processes. This will create a world in which the architectural design of large living structures is configured through a meta-design procedure composed from parameters linked to actual living requirements. All forms will be different, not due to just stylistic formalisms, but because they are actually geared to users’ spatial diagrams. 77 Prototipazione rapida della superficie Eco_logical. Rapid prototyping of the Eco_logical surface. Analisi ambientale. Environmental analysis. 79 78 Analisi topografica. Topographic analysis. 81 80 Pagina a fianco, processo progettuale di un prototipo di casa. In alto, esperimento di auto-costruzione del padiglione Pankese School. Opposite page, design process for a house prototype. Top, experiment in self-construction of the Pankese School pavilion. Esperimento di auto-costruzione del padiglione Pankese School. Experiment in selfconstruction of the Pankese School pavilion. 82 Fasi di contestualizzazione di un prototipo. Contextualization of a prototype. 83 IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE Il futuro in forma A Future in Good Form Aichi (Nagoya), Expo 2005 Aichi (Nagoya), Expo 2005 Progetto di un pool di architetti internazionali A project by a pool of international architects 84 In questa pagina e nella pagina a fianco (in alto a destra) particolari del Padiglione Spagna, progettato da Alejandro Zaera-Polo/Foreign Office Architects e Inypsa. Pagina a fianco, in basso Padiglione Hitachi. This page and opposite page (top right), details of the Spanish Pavilion designed by Alejandro Zaera-Polo/Foreign Office Architects and Inypsa. Opposite page, bottom Hitachi Pavilion. “L a saggezza della natura” è il tema dell’Expo di Aichi (25 marzo – 25 settembre). Un tema complesso e affascinante, che coinvolge il rapporto che da sempre l’uomo ha con il suo intorno naturale, di cui ha saputo cogliere gli insegnamenti per progredire nella scienza e nell’arte. Le grandi manifestazioni espositive sono pietre miliari che segnano l’evoluzione culturale dell’Occidente. Un’evoluzione che ogni volta fa il punto anche sulla cultura del costruire attraverso architetture prefiguratrici di un futuro anche lontano. Come era prevedibile, il Giappone ha saputo esporre nel migliore dei modi una serie di innovazioni, sia tecnologiche sia spettacolari attraverso grandi scenografie in cui mettere in luce, per esempio, la jazz band composta di androidi e sofisticati sistemi informatici in grado di ridisegnare la geografia del lavoro online. Nel padiglione italiano, progettato da Sturchio Architects & Designers, Studio Schiattarella, Studio Calosso, è andata in scena la qualità della vita secondo il modello mediterraneo, comprendente la filosofia del cibo e la qualità ambientale delle città italiane, dove è ancora possibile assaporare atmosfere rinascimentali uniche. Naturalmente, lo spettacolo più atteso è stato quello dei padiglioni nazionali, a cominciare da quello giapponese: una cupola ellittica irregolare rivestita di bambù (Sadao Watanabe è stato il coordinatore e direttore generale dei progetti legati a questo padiglione) e la Torre della Terra (una torre a base trapezoidale alta 47 m, concepita dall’artista Fumiya Fujii). Il Padiglione Toyota è stato realiz- zato con materiali riciclabili alla fine dell’Expo e con un metodo di giunti forati che limitano al minimo l’uso di saldature. Il padiglione è inoltre a emissione zero, utilizzando un sistema eolico che produce tutta l’energia necessaria al funzionamento dell’edificio. Il Padiglione Italia è dedicato all’“Italian Lifestyle” e si articola su tre grandi sale in cui sono presentate la bellezza, l’arte e la cultura del made in Italy. Si accede al padiglione attraverso una grande sala in cui una passerella attraversa una vasca d’acqua che riflette un gioco di luci dai toni caldi e una serie di oggetti di design e opere d’arte. Da qui si giunge a una grande sfera (9 metri di diametro) che ospita la statua del Fauno Danzante. Germania e Francia partecipano all’Expo con un padiglione comune, progettato da Sylvain Dubuisson. È il più grande tra quelli dei paesi partecipanti ed è proprio al centro dell’area espositiva. Il complesso è diviso in due parti, che attestano le diverse identità delle due nazioni, con una parte centrale comune in cui si trovano la ricezione, negozi, ristoranti e uffici. Il Padiglione della Spagna, progettato da Alejandro Zaera-Polo/Foreign Office Architects e Inypsa, è centrato sul tema “Condividere l’arte della vita”. Il padiglione è organizzato intorno a un grande spazio centrale che allude alla verticalità degli edifici gotici e romanici che raggiungono la loro monumentalità grazie alla “sproporzione” tra navata centrale e cappelle laterali. All’esterno, la facciata è caratterizzata dalla tipica griglia legata alla tradizione arabo-spagnola. 85 Vedute generali di Aichi Expo 2005. General views of Aichi Expo 2005. 86 “T he Wisdom of Nature” is the theme of the Aichi Expo (25th March – 25th September). A complex and intriguing issue concerning man’s age-old relations to the natural surroundings, from which he has learnt what was required to make progress in science and art. Major exhibition events are milestones marking the cultural evolution of the West. An evolutionary process which always takes stock of the art of building in the form of works of architecture pointing toward a still distant future. As expected, Japan has managed to present a whole series of technological-spectacular innovations in the best way possible, drawing on big stages displaying, for instance, a jazz band of androids and sophisticated computer systems capable of re-designing the geography of online work. The Italian pavilion, designed by Sturchio Architects & Designers, Studio Schiattarella, Studio Calosso, presented the Mediterranean model of quality of life, including the philosophy of food and high environmental standards of Italian cities, where it is still possible to enjoy Renaissance settings unique of their kind. Of course, the most eagerly awaited spectacle were the national pavilions, Japan’s in particular: an irregular elliptical dome covered in bamboo (Sadao Watanabe was the coordinator and director general of the projects connected with this pavilion) and Earth Tower (a 47-meter-tall tower with a trapezoid-shaped base designed by the artist Fumiya Fujii). The Toyota Pavilion was built out of recyclable materials at the end of the Expo, using a perforated joints method limiting welding to a minimum. This is also a zero-emissions pavilion drawing on an air-powered system generating all the energy required for the smooth-running of the building. The Italian Pavilion is devoted to the “Italian Lifestyle” and is spread over three large halls devoted to beauty, art and culture in the Italian way of life. The pavilion may be entered through a large hall in which a walkway crosses a tank of water reflecting an interplay of warm lights and a set of design objects and works of art. This leads through to a large sphere (9 meters in diameter) holding a statue of a Dancing Faun. Germany and France have set up a joint pavilion for the Expo designed by Sylvain Dubuisson. It is the biggest of all the national pavilions and situated right in the middle of the exhibition area. The complex is divided into two parts, testifying to the different identities of the two nations, with a shared central part where the reception area, shops, restaurants and offices are located. The Spanish Pavilion, designed by Alejandro ZaeraPolo/Foreign Office Architects and Inypsa, is focused on the theme “Sharing the Art of Living”. The pavilion is set around a large central space evoking the vertical design of Gothic and Romanesque buildings, whose monumental forms are the result of a “lack of proportion” between the central aisle and chapels along the sides. On the outside, the facade features a typical Spanish-Arabic style grille. Padiglione comune di Germania e Francia, progettato da Sylvain Dubuisson. Joint French and German Pavilion designed by Sylvain Dubuisson. 87 Padiglione Italia progettato da Sturchio Architects & Designers, Studio Schiattarella, Studio Calosso, e dedicato all’“Italian Lifestyle”. Italian Pavilion designed by Sturchio Architects & Designers, Studio Schiattarella, Studio Calosso, and devoted to the “Italian Lifestyle”. 88 89 91 90 Ingresso, pianta e sezione del padiglione e due interni caratterizzati da giochi d’acqua e immagini che richiamano la cultura italiana. Entrance, plan and section of the pavilion and two interiors with water features and images evoking the Italian culture.