Ingegneri e Costruttori 2012-01
Transcription
Ingegneri e Costruttori 2012-01
N/01 2012 OSSERVATORIO Le imprese di costruzioni di fronte alle nuove restrizioni sul credito CULTURA Itinerario nella storia delle mura di Vicenza postatarget creative NE/VI0071/2008 Leonardo Martini: “La Cassa edile deve ragionare con una visione regionale” A colloquio con Leonardo Martini, di recente eletto alla presidenza della Cassa edile di Vicenza. “L’obiettivo finale è quello di dar vita a sinergie operative e gestionali tra le casse edili del Veneto. Ciò porterebbe a razionalizzare ulteriormente la gestione delle pratiche e delle prestazioni”. mensile della Sezione Costruttori Edili dell’Associazione Industriali della provincia di Vicenza edito da IPI srl Società unipersonale 01. 2012 08 12. sommario 40. Direttore responsabile Stefano Tomasoni Collaboratori Maurizio Mascarin Carlo Casarotti Progetto Grafico Patrizia Peruffo Stampa UTVI Tipolito srl - Vicenza Pubblicità OEPI - Verona P. Cittadella, 9 - Tel. 045 596036 Editore IPI Istituto Promozionale per l’Industria srl Società unipersonale Piazza Castello, 3 - Vicenza Anno sessantesimo numero 1 gennaio 2012 un numero € 4,50 arretrati € 9,00 abbonamento annuo € 45,00 (IVA compresa - versamenti su c/c postale n. 16288367 intestato a I.P.I. s.r.l. - Vicenza) pubblicità non superiore al 50% Registrazione Tribunale di Vicenza n° 58 del 5/3/1953 È vietata la riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni senza autorizzazione e senza citare la fonte. Gli articoli pubblicati impegnano soltanto la responsabilità degli autori. 07 TrentaRighe Riorganizzarsi per essere competitivi in un mercato diverso L’intervista 08Leonardo Martini: “La Cassa edile deve ragionare con una visione regionale” Argomenti 10“InOpera” un premio per pensare all’edilizia scolastica del futuro 12 Quanta strada in quelle macchine Documento 14 L’avvalimento nelle nuove procedure di gara Osservatorio 36 Le imprese di costruzioni di fronte alla nuova restrizione del credito Cultura 40 Itinerario nella storia delle mura di Vicenza 44 Notiziario Costruttori TrentaRighe Riorganizzarsi per essere competitivi in un mercato diverso I dati congiunturali presentati dall’ANCE e dal CRESME alla fine del 2011 confermano il persistere di una situazione di grave difficoltà dell’economia italiana e, nello specifico, del settore delle costruzioni, con una revisione al ribasso delle stime, che avevano inizialmente previsto una pur modesta ripresa nel 2012. In attesa di capire se la “cura Monti” produrrà gli effetti auspicati in termini di crescita, non è il caso di farsi illusioni: la crisi in atto (dal 2008) è destinata a durare anche nel 2012 sia nel comparto pubblico che in quello privato. A questo punto persino parlare di “crisi” può sembrare fuorviante: in realtà - è ormai evidente - si tratta di un cambiamento epocale dell’economia internazionale che impone un ripensamento complessivo delle dinamiche di sviluppo che si erano consolidate in decenni di esperienza. Molti ricorderanno che, fino al 2008, il settore delle costruzioni ha conosciuto una straordinaria stagione espansiva, che, tuttavia, come gli osservatori più attenti avevano rilevato, conteneva in sé i germi della brusca frenata, se è vero che l’ininterrotta crescita del settore era stata contraddistinta da investimenti immobiliari di natura speculativa a opera di soggetti estranei al settore. Il naufragio della logica del “guadagno facile” ha accelerato la fine dell’edilizia basata sul consumo del territorio e avulsa dalle sue reali esigenze di sviluppo: oggi che quel “mercato” non esiste più, è possibile pensare al futuro dell’edilizia con maggiore chiarezza. I dati evidenziano infatti che se è buio profondo per i comparti tradizionali, a partire dalle nuove costruzioni, non è così per il comparto delle manutenzioni e dell’”energy tecnology”, che, in questi anni, non solo non sono arretrati, ma anzi, si sono consolidati, conquistando crescenti quote di mercato. Questo trend positivo dimostra che il futuro del settore è nella riqualificazione dell’immenso patrimonio edilizio esistente, sia pubblico che privato: basti pensare che l’80% delle famiglie italiane è proprietario dell’immobile dove vive e che il 70% delle case è stato costruito prima del 1970 (e solo poco più del 40% è stato sottoposto a interventi di riqualificazione). Riqualificare non vuol dire solo ristrutturare i singoli immobili e dotarli di impianti a basso consumo energetico; vuol dire proporre progetti che sappiano valorizzare le aree già costruite in una nuova logica integrata di servizi e infrastrutture, creando un legame virtuoso tra aumento del benessere sociale e ritorno economico di chi ha investito. Le imprese di costruzione vere devono riorganizzarsi, talvolta riconvertirsi per essere competitive in questo mercato, che richiede nuove conoscenze, alleanze solide tra imprese e con gli interlocutori della filiera, strategie finanziarie credibili e un rapporto chiaro e costruttivo con la Pubblica Amministrazione. L’intervista/8 Argomenti/8 di Maurizio Mascarin Leonardo Martini: “La Cassa edile deve ragionare con una visione regionale” A colloquio con Leonardo Martini, di recente eletto alla presidenza della Cassa edile di Vicenza. “L’obiettivo finale è quello di dar vita a sinergie operative e gestionali tra le casse edili del Veneto. Ciò porterebbe a razionalizzare ulteriormente la gestione delle pratiche e delle prestazioni”. L ’architetto Leonardo Martini, da tre anni presidente della Scuola edile “Andrea Palladio”, è stato nominato di recente alla presidenza della Cassa edile, l’ente bilaterale di previdenza del comparto costruzioni. Martini subentra al geometra Francesco Rubbo, che ha lasciato l’incarico per impegni di lavoro. “Quello che mi è stato affidato è un incarico importante – dice Martini -. Il mio impegno sarà rivolto a perseguire le linee guida già tracciate dall’ente, con particolare riguardo all’iter per la realizzazione in via Mora della nuova sede degli enti bilaterali, ossia Scuola edile, Cassa edile e CPT. Si tratta, come ben si comprende, di una struttura qualificante per tutta la nostra categoria e che perciò merita priorità assoluta”. - Partiamo da qui, presidente Martini. A che punto sta la prospettata palazzina dell’edilizia? “Diciamo che siamo a buon punto. Attraverso una procedura ad hoc è stato scelto il progetto dello studio di architettura Smania-Pollini; ora si è nella fase di appro- vazione del progetto in sede comunale, per cui ritengo possibile che a metà anno si possa affidare l’appalto dell’opera. I tempi incalzano, anche perché è nostro intento inaugurare l’edificio entro la fine del 2013.” - La Cassa edile, in quanto ente bilaterale, è da più parti vista come un modello da copiare... “Fa piacere constatare che il concetto di bilateralità è visto e apprezzato in un’ottica funzionale di modernità nel campo delle relazioni economiche e sociali. Sulla base di quanto ha fatto fin qui il settore edile, altre categorie produttive lo stanno perseguendo a dimostrazione che il concetto di collegialità, storicamente ben presente nel nostro settore, è di per sé un modello efficace ed efficiente”. - La Cassa edile di Vicenza è stata tra le prime in Italia a informatizzare i propri servizi. Quali sono le prossime frontiere? “A Vicenza siamo in possesso di un archivio gestionale d’avanguardia. Il prossimo passo sarà quello di unifor- L’intervista/9 Prosegue l’iter che porterà alla realizzazione della nuova sede della Cassa edile vicentina. “Ora siamo nella fase di approvazione del progetto in sede comunale – spiega Martini –. Ritengo possibile che a metà anno si possa affidare l’appalto dell’opera. I tempi incalzano, anche perché è nostro intento inaugurare l’edificio entro la fine del 2013”. mare il sistema a livello regionale, coinvolgendo nel processo di informatizzazione le restanti Casse edili venete. L’obiettivo finale, ragionando per step, è quello di dar vita a sinergie operative e gestionali tra le casse edili del Veneto. Ciò porterebbe a razionalizzare ulteriormente la gestione delle pratiche e delle prestazioni”. - Proprio in questo senso, presidente Martini, già dal 2010 è stata attivata la procedura definita “trasferta veneta”, che semplifica tutta una serie di precedenti azioni burocratiche… “La ‘trasferta veneta’ rappresenta il primo passo di questa fase di regionalizzazione del sistema casse edili. Per le imprese questo protocollo procedurale si sta dimostrando funzionale, in quanto va a semplificare la gestione amministrativa del personale aziendale”. - La Cassa edile rappresenta di per sé un indice reale rispetto all’andamento occupazionale del settore. Cosa ci può dire a questo proposito? “In sintonia con il difficile momento che sta attraversando l’economia, negli ultimi mesi la Cassa edile registra alla voce ‘versamenti contributivi’ un andamento altalenante, anche se a fine 2011 la Cassa ha sostanzialmente confermato lo stesso plafond contributivo del 2010. Ciò si spiega col fatto che nella nostra provincia sono stati aperti alcuni grandi cantieri che impegnano parecchie maestranze. La sfida che ci sta di fronte è perciò capire se, a fronte della conclusione di queste grandi opere nel 2012, l’occupazione in edilizia andrà incontro a un ridimensionamento”. - Sul tappeto ci sono i lavori per la realizzazione della Pedemontana veneta, un’opera di grande valore anche in termini occupazionali… “Nelle nostre aspettative la Pedemontana veneta può assorbire parecchie maestranze, ma è altrettanto vero che gli altri comparti del settore edile, quali il nuovo residenziale, sono sostanzialmente fermi. In questo contesto, grazie anche al riavvio del Piano casa, l’unico trend favorevole viene dai lavori di ristrutturazione e risanamento energetico. Ovvio chiedersi se basteranno a tenere in piedi il settore in termini produttivi e occupazionali”. - Lei passa dalla Presidenza della Scuola edile a quella della Cassa edile. Qual è la sinergia fra le due strutture? “Non c’è dubbio che tra Scuola e Cassa ci sia una stretta sinergia, considerando che la Cassa edile finanzia i percorsi formativi della Scuola. In una fase di profonda trasformazione del comparto edile ritengo che la collaborazione funzionale tra i due enti diventerà ancor più fattiva. In quest’ottica la scuola edile si sta qualificando sempre più nella formazione di nuove figure professionali, sia in campo costruttivo che in quello energetico. Noi tutti abbiamo la consapevolezza che l’apprendimento delle nuove tecnologie è senza dubbio centrale per la competitività delle nostre imprese”. Argomenti/10 “InOpera”, un premio per pensare all'edilizia scolastica del futuro ANCE Veneto Giovani ha istituito un bando di selezione per valutare e promuovere le recenti realizzazioni di nuova costruzione e gli interventi di riqualificazione nell’ambito dell’edilizia scolastica. A NCE Veneto Giovani lancia il premio “InOpera”. L'Associazione dei costruttori edili regionale ha istituito un bando di selezione per valutare e promuovere le recenti realizzazioni di nuova costruzione e gli interventi di riqualificazione nell’ambito dell’edilizia scolastica. L'obiettivo è quello di coinvolgere i protagonisti dei processi di trasformazione del territorio per promuovere lo sviluppo di realizzazioni di qualità, innovazione architettonica e di recupero e/o sostituzione di edifici obsoleti. “Il miglioramento e la messa in sicurezza del patrimonio scolastico – spiegano i promotori del premio - assumono rilevanza strategica per garantire le migliori condizioni di sviluppo sociale del territorio, in quanto incidono in modo determinante sulla formazione delle nuove generazioni”. Gli obiettivi fondamentali della riqualificazione delle infrastrutture scolastiche sono quelli di garanzia della massima sicurezza, rispondenza alle esigenze dei cittadini, valenza sociale e culturale, funzionalità per una moderna didattica, sostenibilità ambientale e qualità edilizia, fino anche all’ottimizzazione del profilo della spesa pubblica per gli Enti Locali. “Si vuole avviare una discussione costruttiva, con il coinvolgimento delle istituzioni, dei progettisti e dei costruttori – spiega ANCE Veneto Giovani -, per trovare un modello costruttivo, tecnico e procedurale, la best practice veneta nell’ambito dell’edilizia scolastica. La partecipazione è aperta a committenti (pubblici e privati), imprese di costruzioni, progettisti e a tutti gli attori che hanno partecipato al processo di realizzazione e riqualificazione di opere di edilizia scolastica. Sono ammesse alla partecipazione le opere di nuova costruzione, di ampliamento o di riqualificazione realizzate nel territorio italiano, alla cui realizzazione abbia partecipato almeno un soggetto veneto, e ultimate alla data di partecipazione. Le iscrizioni al bando sono aperte fino al 29 febbraio. Gli elaborati dovranno pervenire esclusivamente in forma cartacea tramite posta a mezzo raccomandata A/R o corriere. Tra le opere selezionate la Giuria assegnerà un premio per la migliore opera. Sarà attribuito un riconoscimento speciale a un’opera, tra quelle selezionate dalla Giuria, che presenterà particolari aspetti di innovazione e qualità. La consegna dei riconoscimenti si terrà durante l’Ance Day. Nella stessa occasione si svolgerà un convegno sulle tematiche affrontate dal bando, con esperti del settore, per valutare quale possa essere la “best practice”, il modello procedurale ed esecutivo da perseguire nel caso di nuove costruzioni o riutilizzo di edifici scolastici. Argomenti/12 di Maurizio Mascarin Quanta strada in quelle macchine Fabio Rech da oltre vent’anni va a caccia di arnesi e macchine che hanno fatto la storia del movimento terra. D all’originale rullo Kemna degli Anni Venti, allora fiore all’occhiello dell’impresa Carta Isnardo, al rullo stradale, classe 1960, della Maritan Tandem, una macchina asfaltatrice che a quei tempi rappresentava il massimo della modernità meccanica. Fabio Rech, che nella vita di tutti i giorni lavora come funzionario all’Inail di Vicenza, ha una passione singolare: da oltre vent’anni va a caccia di arnesi e macchine che hanno fatto la storia del movimento terra. “È un hobby - racconta - che coltivo fin da ragazzo e che mi è nato osservando quelle strane e rumorose macchine adoperate nei lavori stradali. Vederle all’opera, così grandi e grosse, mi incuriosiva, mi davano la sensazione di un gigante buono”. Da allora Rech ha coltivato la passione verso queste macchine “da fatica” e che, nel corso dei lustri, esprimono e fotografano puntualmente l’evoluzione tecnologica espressa in questo campo. “Catalogare le vecchie asfaltatrici non è solo un amarcord, un semplice gioco di ricordi - spiega -, ma una testimonianza di come queste macchine, conosciute per lo più solo dagli addetti ai lavori, si siano evolute. Ora l’elettronica è entrata anche in queste macchine, un tempo avevano il fascino e la semplicità della meccanica”. Nella raccolta personale di Rech, che con costanza da “detective” gira per i cantieri alla scoperta di nuovi pezzi da collezione, ci sono ormai un centinaio di macchine: rulli, escavatori a corda, spruzzatici e altri marchingegni. “Il mio lavoro - racconta - grazie anche alla collaborazione di alcune storiche imprese stradali e dei consorzi di bonifica, consiste nel fotografare, catalogare e restaurare queste antiche macchine per movimento terra che, altrimenti, sarebbero destinate a deperire in un magazzino o a finire da uno sfasciacarrozze”. Oggi la singolare passione di Rech, ha nuovi obiettivi. “Con un gruppo di appassionati – dice - vogliamo al più presto dar vita a un’associazione che chiameremo presumibilmente 'Gli amici del rullo'. La nostra idea è quella di trovare uno spazio, un contenitore, per creare già l’anno prossimo il primo museo italiano delle macchine storiche per movimento terra”. Va da sé che la collezione di Fabio Rech sta già girando, creando curiosità e interesse tra i cultori delle macchine movimento terra del passato. “A settembre di quest’anno - dice - verranno esposti alcuni rari esemplari di rulli ed escavatori a corda ad 'Asphaltica', rassegna del settore che si tiene alla fiera di Padova in novembre”. Pare che Rech abbia anche ricevuto un invito a presenziare alla trasmissione Rai “I fatti vostri”. Della serie: va in onda la strana, ma certamente originale, collezione targata “made in Rech”. Documento/14 Argomenti/14 di Roberto Travaglini L’avvalimento nelle procedure di gara Considerazioni sul documento di base predisposto dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici. S tante l’origine comunitaria dell’istituto dell’avvalimento, e i continui richiami alla disciplina e alla giurisprudenza comunitarie operati dagli interpreti (Autorità e giudici) delle corrispondenti norme “interne”, appare “centrale” l’affermazione riportata nel documento di base1 (pag. 3), per cui “Tipica del diritto comunitario è l’indifferenza per ogni formalismo giuridico e l’attenzione focalizzata sull’aspetto sostanzialistico dei rapporti: ciò che conta, ad avviso della Corte di Giustizia, è che il concorrente possa effettivamente disporre dei mezzi di cui ha dichiarato di avvalersi, di modo che la possibilità di ricorrere all’avvalimento sia subordinata esclusivamente alla dimostrazione, a carico del concorrente “ausiliato”, dell’effettiva disponibilità di tali mezzi.” Analogamente, di rilievo è la considerazione riportata nel documento di base (pag. 9), per cui “… solo accogliendo un’impostazione “sostanzialista” si garantisce che, anche in relazione all’istituto dell’avvalimento, vi sia una effettiva corrispondenza tra fase della qualificazione e fase dell’esecuzione, evitando una mera circolazione di certificati e documenti cui non corrisponde la messa a disposizione di risorse reali. Va sempre considerata, infatti, l’esigenza della stazione appaltante di verificare, in sede di gara, che l’impresa che è ricorsa all’avvalimento disponga poi effettivamente in fase esecutiva delle risorse proprie di cui era carente, poiché solo in questo modo si assicurano i presupposti per il corretto adempimento delle prestazioni oggetto dell’appalto.” Se l’interpretazione delle norme interne, in ragione della loro stretta derivazione comunitaria, deve essere rispettosa dei canoni sopra sottolineati (indifferenza per il formalismo giuridico e conseguente approccio sostanzialistico; centralità dell’effettiva disponibilità, in capo al concorrente 1) Il documento è reperibile nel sito dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, forniture e servizi (www.autoritalavoripubblici.it), accedendo alla pagina “Consultazioni on line”. Documento/15 ausiliato, dei mezzi e delle risorse fornitigli dall’ausiliario, e conseguente necessità della piena prova di tale disponibilità), è possibile rivedere criticamente alcuni risultati ermeneutici che paiono, al contrario, legati più alla lettera delle norme (ed ai connessi adempimenti formali dalle stesse previsti) che alla sostanza dei rapporti giuridici originati dalla relativa applicazione. Requisiti “soggettivi”: aspetti problematici Il punto di partenza è rappresentato dalla constatazione che tanto gli artt. 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE, quanto l’art. 49 del D. Lgs. 163/2006, non consentono l’avvalimento riguardo ai requisiti di ordine generale che qualsiasi concorrente deve possedere, e che afferiscono direttamente alle qualità personali dell’operatore economico (art. 38 D. Lgs 163/2006), così come riguardo a quelli che legittimano il concorrente ad operare stabilmente, ed in via principale, nel settore economico cui afferisce l’appalto oggetto di aggiudicazione (art. 39 D. Lgs. 163/2006). Al contrario, l’avvalimento nell’ambito della singola procedura di affidamento di un contratto pubblico di lavori, servizi e forniture è consentito qualora abbia ad oggetto “requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA” (art. 49 D. Lgs. 163/2006). I requisiti economico-finanziari dei fornitori e dei prestatori di servizi sono disciplinati dall’art. 41 del Codice, quelli tecnico-organizzativi dall’art. 42, mentre relativamente ai lavori pubblici (d’importo superiore a 150.000 euro) opera il “sistema unico di qualificazione” di cui all’art. 40 del Codice a al Titolo III del DPR 207/2010. Dal quadro normativo qui richiamato emerge che mentre nelle forniture e nei servizi l’avvalimento può avere ad oggetto uno o più dei requisiti di carattere economico-finanziario e/o tecnico-organizzativo previsti dagli artt. 41 e 42 del Codice, nei lavori pubblici – trascurando le ipotesi residuali dei lavori d’importo non superiore a 150.000, ovvero d’importo superiore a 20.658.000 (ex art. 61, comma 6, DPR 207/2010) – l’avvalimento non può avere ad oggetto singoli requisiti di qualificazione, bensì l’attestazione di qualificazione SOA, stante il disposto dell’art. 49, comma 6, del D. Lgs. 163/2006, che sancisce “il divieto di utilizzo frazionato per il concorrente dei singoli requisiti economicofinanziari e tecnico-organizzativi di cui all’articolo 40, Documento/16 comma 3, lettera b), che hanno consentito il rilascio dell’attestazione in quella categoria”. Quanto sopra dovrebbe condurre a concludere per l’inammissibilità - a legislazione vigente - del ricorso all’avvalimento nelle forniture e nei servizi per quei requisiti di natura soggettiva che sono il frutto di un giudizio globale di capacità del concorrente ad operare in un certo settore, ovvero con determinati standard, così come dovrebbe indurre - de iure condendo - a rivedere la disciplina relativa ai lavori pubblici, stante l’anomalia della “duplicazione” dell’avvalimento, ammesso sia nella singola procedura di gara, sia nel sistama unico di qualificazione, pur avendo in entrambi i casi ad oggetto l’attestazione SOA. Venendo agli specifici quesiti posti dall’AVCP a pag. 12 del documento di base, ovvero: a) Possibilità, in linea generale, di escludere dall’avvalimento ulteriori requisiti di natura soggettiva diversi da quelli previsti dall’articolo 38 ed in che limite; b) I ndicare a titolo esemplificativo quali requisiti possano ritenersi esclusi (certificazione di qualità, iscrizione in albi professionali, ecc…); c) Per i requisiti da ritenersi oggetto di avvalimento specificare quali possono essere i mezzi di prova per la messa a disposizione delle risorse oggetto di avvalimento. si riportano, di seguito, le seguenti ipotesi di soluzione. La domanda sub a) potrebbe più opportunamente essere riformulata chiedendo se possano essere oggetto di avvalimento requisiti diversi da quelli economico-finanziari (art. 47 direttiva 2004/18/ CE e art. 41 del D. Lgs. 163/2006) e tecnico-organizzativi (art. 48 direttiva 2004/18/CE e art. 42 del D. Lgs. 163/2006). Così riformulata, la domanda non può che avere una risposta negativa, con la conseguenza che, ad esempio, la certificazione del Sistema di qualità aziendale – non essendo riconducibile ai requisiti tecnico-organizzativi, cui appartiene, al contrario, la certificazione di qualità dei prodotti oggetto dell’appalto [cfr.: artt. 48, comma 2, lett. ii) e 49 della direttiva 2004718/CE e artt. 42, comma 1, lett. m) e 43 del D. Lgs. 163/2006] – non può essere oggetto di avvalimento. Del resto, che la certificazione del Sistema di qualità aziendale non faccia parte dei requisiti di ordine speciale (economico-finanziari e tecnico-organizzativi) è inequivocabilmente comprovato anche dall’art. 40 dal D. Lgs. 163/2006, il cui comma 3 demanda alle SOA di attestare l’esistenza, nei soggetti qualificati, da un lato della certificazione dei Sistema di qualità aziendale, dall’altro dei requisiti di ordine generale nonché di quelli tecnico-organizzativi ed economico-finanziari. Sul punto, paiono particolarmente convincenti le affermazioni del TAR Campania, Napoli, Sez. I, 13.10.2011, n. 4769, per cui “Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, condiviso dal Collegio, la certificazione di qualità, attenendo strettamente all’organizzazione aziendale per come implementata dall’imprenditore, costituisce requisito soggettivo non passibile di avvalimento; quand’anche si volesse aderire all’orientamento giurisprudenziale che ammette il ricorso all’avvalimento della certificazione di qualità a condizione che quest’ultima non sia avulsa dalle risorse alle quali è collegata – con la conseguenza che l’avvalimento in parola sarebbe possibile solo nel caso in cui l’impresa ausiliaria metta contestualmente ed effettivamente a disposizione del concorrente, per tutta la durata del contratto di appalto, non soltanto la certificazione, ma anche gli elementi aziendali, come le risorse e l’apparato organizzativo, connessi a tale requisito qualitativo – comunque non rientrerebbe in tale ipotesi il contratto di avvalimento esibito in sede di gara, con cui la società ausiliaria non si è impegnata a mettere a disposizione della ricorrente l’intera organizzazione aziendale certificata, posta alla base della certificazione di qualità.”2; Del resto, anche la giurisprudenza “possibilista” riguardo all’avvalimento del requisito della certifica- 2) Si veda anche il parere di precontenzioso 5.05.2011, n. 80, reso dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici, per cui “È preferibile interpretare l’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 nel senso che non consente l’avvalimento della certificazione di qualità ISO 9001:2008. Anche la giurisprudenza amministrativa maggioritaria qualifica la certificazione in esame come requisito soggettivo, preordinato a garantire all’amministrazione appaltante la qualità dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali dovute, e precisa che tale <obiettivo, per essere effettivamente perseguito, richiede necessariamente che la certificazione di qualità riguardi direttamente l’impresa appaltatrice>”. Documento/19 zione del Sistema di qualità aziendale, precisa che: - “Per quanto riguarda la certificazione di qualità, ovvero la capacità di un operatore economico di organizzare i propri processi produttivi e le proprie risorse al fine di corrispondere, nel modo migliore, alle richieste della stazione appaltante, va osservato (riprendendo considerazioni svolte dall’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici nel documento di consultazione “L’avvalimento nelle procedure di gara”, 2011) che il rilascio di tale certificazione costituisce il traguardo di un percorso che vede impegnata l’intera struttura aziendale; da ciò deriva che proprio l’intima correlazione tra l’ottimale gestione dell’impresa nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità rende la certificazione di qualità aziendale un requisito connotato da un’implicita soggettività (ancorché rientrante fra i requisiti di ordine speciale e, più precisamente, tecnico-organizzativo) e come tale non cedibile ad altre organizzazioni se disgiunta dall’intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità” (TAR Lazio, Roma, Sez. II ter, 22.12.2011, n. 10080) - “è onere della concorrente dimostrare che l’impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a “prestare” il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore astratto, ma assume l’obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti) (TAR Piemonte, Sez. I, 16.06.2011, n. 631); - “Il terzo che “presti”, in via di ausiliatore, la propria certificazione di qualità, non si limita al prestito del solo “documento” contenente la certificazione, ma si obbliga a mettere a disposizione dell’impresa concorrente, nella fase di esecuzione del contratto, il complesso della propria organizzazione aziendale ovvero il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, e siffatta obbligazione vale a garantire l’interesse dell’Amministrazione ad ottenere la garanzia qualitativa di un certo livello minimo di prestazioni per la gestione dell’appalto, risultando, per ciò solo ed in definitiva, ben possibile che l’impresa concorrente assuma le vesti di un mero centro di imputazione di rapporti giuridici e limiti la sua attività al coordinamento delle prestazioni dell’impresa ausiliaria” (TAR Campania, Salerno, Sez. I, 29.04.2011, n. 813)3. Alle stesse conclusioni “negative” sembra corretto pervenire anche riguardo all’iscrizione agli albi professionali (quali ad esempio l’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale), perché anche in tal caso si tratta di requisito che non può essere disgiunto dall’intera organizzazione aziendale che è stata presa in considerazione ai fini della predetta iscrizione. Non va, inoltre, trascurata la circostanza che l’iscrizione in apposito albo professionale, e più in particolare il possesso di una specifica autorizzazione abilitante alla prestazione di un determi- 3) Analogamente si è espressa l’Autorità (parere del precontenzioso 22.06.2011, n. 115) “la certificazione di qualità ISO 9001 non copre il prodotto realizzato o il servizio/la lavorazione resi, ma attesta che l’imprenditore opera in conformità a specifici standard internazionali per quanto attiene alla qualità dei processi produttivi della propria azienda. La certificazione in esame, quindi, è astrattamente qualificabile come un requisito soggettivo, in quanto attiene ad uno specifico “status” dell’imprenditore; ma che trova fondamento e radici nella concreta organizzazione aziendale, consistendo nell’aver ottemperato alle prescrizioni normative preordinate a garantire la qualità nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali. Muovendo da tale premessa, si ritiene di interpretare l’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 come non ostativo all’avvalimento della certificazione di qualità ISO 9001 soltanto ove insieme alla stessa certificazione venga “prestata” l’organizzazione aziendale che ne funge da presupposto oggettivo”. Documento/20 nato servizio, sono disciplinati dagli artt. 46 della direttiva 2004/18/CE e 39 del D. Lgs. 163/2006, in sede diversa dalle disposizioni specificamente dedicate ai requisiti “speciali” economico-finanziari e tecnico-organizzativi. Particolarmente convincenti, sul punto, paiono le affermazioni riportate nella pronuncia del TAR Lazio, Roma, Sez. II ter, 22.12.2011, n. 10080, secondo cui “le argomentazioni svolte con riferimento alla certificazione di qualità aziendale valgono, a maggior ragione, con riferimento al possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale che, invero, oltre ad essere previsto obbligatoriamente dalla normativa nazionale (art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006) e dalla lex specialis di gara, presuppone comunque una specifica organizzazione aziendale, necessaria per assicurare il corretto espletamento di attività delicate e/o pericolose e caratterizzate dall’impiego di attrezzature particolari e di competenze specifiche. Ciò concretizza una soggettività dell’iscrizione che non è equiparabile ad un requisito da poter prestare se disgiunto dall’organizzazione che l’ha conseguita. A ciò si aggiunga che il requisito dell’iscrizione all’albo di che trattasi costituisce un requisito che si pone a monte dell’attività di gestione dei rifiuti in quanto costituisce titolo autorizzatorio al suo esercizio, previsto in via obbligatoria dalla legge.”4 Analogamente, sembra preferibile una risposta “negativa” anche in ordine al requisito della iscrizione al registro delle imprese, per attività analoga a quella dell’appalto, nonostante l’opposto orientamento espresso da una non recentissima giurisprudenza (TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 17.01.2007, n. 137). Quanto fin qui argomentato induce a dedicare una riflessione “critica” riguardo alla possibilità – espressamente riconosciuta dall’art. 49, comma 1, del D. Lgs. 163/2006 – di procedere all’avvalimento dell’attestazione SOA nell’ambito di una specifica procedura di affidamento. A norma dell’art. 40, comma 3, del D. Lgs. 163/2006, infatti, l’attestazione di qualificazione rilasciata dalla SOA è il frutto dell’accertamento, operato da quest’ultima, in ordine al possesso, in capo all’operatore economico: a) della certificazione del Sistema di qualità aziendale; b) dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del D. Lgs. 163/2006; c) dei requisiti di ordine speciale tecnico-organizzativi ed economico-finanziari definiti dall’art. 79 del DPR 207/2010 in conformità alle disposizioni comunitarie. Attestazione di qualificazione che, a norma dell’art. 60, comma 3, del DPR 207/2010, “Fatto salvo quanto stabilito agli articoli 61, comma 6 (ndr: appalti di importo a base di gara superiore a euro 20.658.000), e 62 (ndr: qualificazione di imprese stabilite in Stati UE diversi dall’Italia), … costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici”, con la conseguenza che le singole Stazioni appaltanti non debbono, né possono, verificare i singoli requisiti (diversi da quelli generali, giusta il disposto dell’art. 38, comma 3, del D. Lgs. 163/2006), oggetto di accertamento e di attestazione da parte delle SOA. Tutto ciò rende del tutto “anomalo” l’avvalimento 4) La sentenza prosegue “L’art. 212, comma 5, del D.lgs n. 152 del 2006 prevede, invero, che “l’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto…”, dal che deriva che la normativa nazionale, proprio per la delicatezza e rilevanza delle funzioni svolte da tali soggetti (dal punto di vista ambientale ed igienico-sanitario), ritiene necessario che questi siano in possesso di caratteristiche aziendali ed organizzative tali da connotarli a livello soggettivo e da non consentire lo svolgimento delle attività da parte di soggetti terzi che ne siano privi. Si aggiunga, poi, che la normativa citata, per la specifica categoria 10 (amianto), contiene una serie di prescrizioni aggiuntive connesse alle garanzie economiche e di professionalità, giustificate proprio dalla pericolosità di tale tipo di attività. Ciò significa che la possibilità di avvalersi della struttura aziendale dell’impresa ausiliaria non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa nazionale a tutela del bene ambientale proprio perché non può essere rimessa alla libera scelta dell’impresa ausiliata l’individuazione delle modalità (e della “quantità”) di utilizzo delle risorse della struttura aziendale ausiliaria che è in possesso dell’autorizzazione a svolgere l’attività di che trattasi. Ciò che si vuole dire è che l’avvalimento, a differenza dell’istituto del raggruppamento temporaneo di impresa (RTI), serve all’impresa ausiliata per colmare – come detto - la mancanza dei requisiti oggettivi per la partecipazione alla gara ma ciò non significa che il “prestito” operato dalla società ausiliaria si traduca poi nell’utilizzo effettivo di quelle risorse nella fase esecutiva della prestazione nel senso che è rimessa poi alla scelta organizzativa dell’impresa ausiliata se e come avvalersi, durante l’esecuzione, di quanto messo a disposizione dalla ditta ausiliaria.” Documento/23 nella singola gara dell’attestazione SOA, per le stesse ragioni che hanno portato in precedenza a privilegiare la risposta “negativa” in ordine alla possibilità di avvalimento della certificazione del Sistema di qualità aziendale, ovvero dell’iscrizione in appositi albi professionali o della titolarità di specifiche autorizzazioni ad operare in un determinato settore. Sono le stesse ragioni che avevano condotto Confindustria, in occasione dell’audizione tenutasi il 16 febbraio 2006 presso la Commissione Lavori pubblici e Ambiente del Senato, a proporre una revisione dello schema di decreto legislativo di recepimento delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/ CE, escludendo l’avvalimento nella singola gara per il settore dei lavori pubblici (con eccezione dei requisito della cifra d’affari in lavori quinquennale per gli appalti d’importo superiore a 20.658.000 euro) ed ammettendo nel mesedimo settore solo l’avvalimento nel sistema di qualificazione (ora disciplinato dall’art. 50 del D. Lgs. 163/2006 e dall’art. 88, commi 2 e seguenti, del DPR 207/2010). De iure condito, del resto, la stessa Autorità (parere sulla normativa 23.04.2009) ha riconosciuto che “L’avvalimento concernente l’attestazione SOA determina, in favore dell’impresa ausiliata, la messa a disposizione dell’intera azienda dell’impresa ausiliaria, intesa come il complesso dei beni organizzato per l’esercizio dell’impresa. È, appunto, in virtù della qualificazione che si attesta la capacità di un’impresa ad assumere appalti pubblici, fino ad un certo limite e relativamente a certi lavori. Anche in caso di avvalimento trova applicazione il principio di carattere generale derivante dall’art. 1, comma 4, del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, secondo il quale l’attestato di qualificazione costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione del possesso dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento”. Conclusivamente, in risposta al quesito sub lett. c), qualora non si ritenga di aderire alla tesi che esclude l’avvalimento per i requisiti “soggettivi” in precedenza menzionati (ovviamente per l’attestazione SOA si pone, al più, un problema de iure condendo), sembra necessario che l’avvalimento si fondi sulla piena ed incondizionata messa a disposizione del concorrente ausiliato del complesso aziendale condotto dall’ausiliario. Tale piena e incondizionata messa a disposizione del complesso aziendale si dovrebbe sostanziare in un contratto di cessione o di affitto dell’azienda o del relativo ramo specificamente dedicato all’attività oggetto dell’appalto, il che, peraltro, non può che ripercuotersi sulla persistenza in capo all’ausiliario dei requisiti “incardinati” nel complesso aziendale oggetto di cessione/affitto5. I requisiti speciali I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) Possono essere oggetto di avvalimento i requisiti immateriali? b) In caso di risposta affermativa specificare la posizione sui requisiti di capacità economico-finanziaria e su quelli attinenti all’esperienza pregressa nel settore di riferimento; c) In particolare, l’avvalimento dei requisiti economico-finanziari deve sostanziarsi in un contratto di garanzia? 5) A pag. 22 del documento di base, nel paragrafo 7, dedicato all’avvalimento nel settore dei lavori pubblici, si sottolinea che “la qualificazione SOA comporta la valutazione di un complesso di requisiti appartenenti all’intera azienda, tanto che è stato da più parti sostenuto che l’avvalimento dell’attestazione SOA deve sostanziarsi in affitto di ramo d’azienda o cessione di azienda. In questo caso, però, l’ausiliario non dovrebbe più poter partecipare ad altre gare ed eseguire contratti, posto che la propria attestazione ed, in ultima analisi, la propria azienda, è utilizzata da un’altra impresa”. Documento/24 Le considerazioni sul punto sono le seguenti. Il diritto positivo, sia comunitario sia nazionale, non sembra consentire una limitazione dei requisiti “speciali” possibile oggetto di avvalimento. Il problema è, piuttosto, costituito dalle modalità di comprova dell’effettiva messa a disposizione del concorrente ausiliato, da parte dell’ausiliario, dello specifico requisito “immateriale” e, prima ancora, di quale sia l’oggettiva “consistenza” di un requisito che, per definizione, è considerato “immateriale”. Per dare una risposta ragionevole a tale problematica può essere utile il ricorso alla figura dell’avvalimento di garanzia, elaborata dalla giurisprudenza richiamata nel documento di base6, per legittimare l’avvalimento dei requisiti “immateriali” di natura economico-finanziaria (quali il volume d’affari o fatturato), figura che la stessa giurisprudenza, peraltro, non estende all’area tecnico-organizzativa (ad esempio lavori, servizi, forniture analoghi). Con riguardo ai primi, il “prestito” dei requisiti costituiti dal capitale sociale7 o dal volume di affari complessivo8 può sostanziarsi in un contratto di garanzia. Con riguardo ai secondi, sembra difficile dissociare il fatturato “specifico”9 e i lavori, servizi, forniture analoghi10 dal complesso aziendale che li ha conseguiti11, con la conseguenza che il relativo “prestito” dovrebbe sostanziarsi in contratti aventi ad oggetto l’azienda o il ramo operativo di quest’ultima (ces- sione o affitto), ovvero in contratti che comunque contemplino l’effettivo coinvolgimento esecutivo dell’ausiliario (ad es. subappalto). I documenti da allegare I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) P ossibilità di prevedere la presentazione della documentazione dell’articolo 49 a pena di esclusione; b) P ossibilità di escludere il concorrente in assenza di contratto di avvalimento. Le considerazioni sul punto sono le seguenti. Una malintesa acquiescenza alle origini comunitarie dell’istituto ed agli enunciati della corrispondente giurisprudenza, volti a sottolineare l’irrilevanza della forma (e del relativo nomen iuris) del rapporto giuridico nel quale l’avvalimento si sostanzia, purché chi intende ricorrervi fornisca piena prova di poter disporre, per adempiere alla prestazione in affidamento, dei mezzi e/o delle risorse facenti capo all’operatore economico ausiliario, potrebbe condurre a sottovalutare l’importanza della documentazione da produrre in gara con specifico riguardo all’avvalimento (art. 49, comma 2, D. Lgs. 163/2006 e art. 88, comma 1, DPR 207/2010)12. Al contrario, si ritiene che detta documentazione sia di fondamentale importanza proprio per consentire alla stazione appaltante di apprezzare l’effettiva dispo- 6) TAR Campania, Napoli, Sez. I, 2.02.2011, n. 644 7) Cons. Stato, Sez. V, 8.09.2011, n. 5040; Id., ordinanza 2.02.2011, n. 512; Cons. Stato, Sez. IV, 20.01.2008, n. 5742. In quest’ultima pronuncia si afferma, tra l’altro, che “il requisito del capitale sociale “minimo” rientra certamente tra “le altre referenze probanti”, di cui all’art. 47, par. 4, della Direttiva 2004/18/CE, la cui integrazione mediante riferimento alla capacità di altri soggetti non pare poter diminuire quelle garanzie di solidità patrimoniale, cui notoriamente detto elemento risponde, anche alla luce della solidarietà di concorrente ed impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante stabilita dall’art. 49, comma 4, del Codice. Peraltro, si ricordi che, per utilizzare i requisiti di capacità posseduti da un altro soggetto, è necessario che il partecipante alla gara dimostri di disporre effettivamente, sulla base di un titolo giuridico, dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa proprii del soggetto, individuale o collettivo, di cui intende avvalersi; sì che, in caso di utilizzo di requisiti di capacità economica e finanziaria quale quello del capitale sociale, anche ( o forse anzitutto ) il “titolo” anzidetto dovrà risultare adeguato, quanto alla disciplina che ne risulta, alla particolare natura del requisito messo a disposizione”. 8) Cons. Stato, Sez. III, 15.11.2011, n. 6040; TAR Piemonte, Sez. II, 22.05.2007, n. 2218. 9) Cons. Stato, Sez. V, 17.03.2009, n. 1589; TAR Puglia, Bari, Seaz. I, 10.10.2007, n. 2486. 10) Cons. Stato, Sez. III, 15.11.2011, n. 6040; TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 12.06.2009, n. 1204. 11) TAR Campania, Napoli, Sez. I, 2.02.2011, n. 644, citata nel documento di base, afferma che “Al di fuori di tale ipotesi (ndr: volume d’affari o fatturato) la messa a disposizione di requisiti (soggettivi e) astratti, cioè svincolata da qualsivoglia collegamento con risorse materiali o immateriali, snatura e stravolge l’istituto dell’avvalimento per piegarlo ad un logica di elusione dei requisiti stabiliti nel bando di gara”. 12) Contra, TAR Veneto, Sez. I, 20.10.2010, n. 5528, “Il contratto di avvalimento assume carattere atipico nell’ambito dell’autonomia contrattuale che il nostro ordinamento garantisce alle parti ex art. 1322 c.c., e si sostanzia nella messa a disposizione dell’azienda (intesa Documento/25 nibilità, da parte del concorrente ausiliato, dei mezzi e delle risorse messegli a disposizione dall’ausiliario. A tal fine debbono contemporaneamente essere prodotti, a pena di esclusione, sia il contratto di avvalimento13 (non surrogabile con le dichiarazioni rese in sede di gara dall’ausiliario e dall’ausiliato 14), sia tali dichiarazioni, in quanto esprimenti l’impegno nei confronti della Stazione appaltante15. Focus sul contenuto minimo del contratto di avvalimento I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) Qual è il contenuto minimo del contratto di avvalimento? b) Le disposizioni dell’articolo 88 del Regolamento sono applicabili anche ai settori dei servizi e delle forniture? Le considerazioni sul punto sono le seguenti. La responsabilità solidale tra concorrente ausiliato ed operatore ausiliario, così come la durata del contratto di avvalimento, costituiscono elementi connaturati all’istituto dell’avvalimento così come disciplinato dall’art. 49 del D. Lgs. 163 e dall’art. 88, comma 1, del DPR 207/2010, per cui non sembra essenziale che ad essi il contratto di avvalimento quale complesso di beni organizzato per l’esercizio delle attività di impresa ex art. 2555 c.c.) di cui è titolare l’impresa ausiliaria a favore dell’impresa partecipante alla gara; può rivestire qualunque forma, anche non esattamente documentale, e la sua esistenza può essere provata in qualunque modo idoneo”. 13) TAR Toscana, Sez. I, 27.06.2011, n. 1110 “la normativa di legge e di gara è esplicita nel richiedere una duplicità di atti negoziali, tra cui, accanto alla dichiarazione d’impegno, anche un vero e proprio contratto tra impresa ausiliaria e concorrente. La giurisprudenza più recente ha evidenziato la estrema importanza della cognizione in sede di gara di tale contratto anche al fine di poter esaminare in concreto le pattuizioni stabilite tra le parti e poter quindi appurare se dalle stesse emerga una concreta cessione di mezzi e risorse tra ausiliaria e concorrente, tale da dare concretezza all’istituto dell’avvalimento stesso (in termini Cons. Stato, sez. III; 18 aprile 2011, n. 2344). La necessaria produzione in giudizio del contratto di avvalimento appare quindi tutt’altro che eccessiva o irrazionale e comporta che gli accordi tra le parti in tale materia dovranno senz’altro rivestire una forma scritta, tale da poter essere prodotti nella documentazione di gara”. L’AVCP, nel parere di precontenzioso 10.03.2011, n. 39, afferma che “La mancanza di sottoscrizione autografa originale, da parte del rappresentante legale dell’impresa ausiliaria del contratto di avvalimento, a fronte della necessaria forma scritta ad substantiam ex art. 1350, n. 13 c.c., non consente di attribuire con la necessaria certezza il documento al suo autore ed il relativo negozio ad una volontà validamente espressa, con ciò risultando evidentemente il contratto voluto dalla norma formalmente privo di valore alcuno, con conseguente inevitabile esclusione dalla gara per mancanza di un documento di rito.” 14) Contra, TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 17.02.2008, n. 4653. 15) TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 23.11.2011, n. 2174, “Appare inidonea la mera presentazione del contratto di avvalimento stipulato tra impresa concorrente e impresa ausiliaria, atteso che esso esprime unicamente un impegno tra le parti stipulanti ma non anche dell’impresa ricorrente ausiliata nei confronti della stazione appaltante e che l’insufficienza della mera produzione del detto contratto è, inoltre, dimostrata dalla stessa formulazione dell’art. 49, comma 2 del codice dei contratti, il quale impone la presentazione sia della dichiarazione (lett. a), sia del contratto (lett. f), perseguendo evidentemente i relativi oneri documentali funzioni diverse e, soprattutto, complementari (in termini, v. T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 3 maggio 2011, n. 820)”. Analogamente si è pronunciata l’Autorità, pareri di precontenzioso 9.06.2011, n. 100 e 20.10.2010, n. 170, in quest’ultimo caso ritenendo necessaria la dichiarazione dell’impresa ausiliaria anche nell’ipotesi di avvalimento “infragruppo”. Documento/26 dicazione, per eseguire l’appalto. Tale circostanza, plausibile nel caso di avvalimento “infragruppo”, appare del tutto anomala nel caso di avvalimento tra imprese terze, anche perché sembra sottendere la strumentalità dell’avvalimento alla sola partecipazione alla gara, senza un effettivo impegno dell’ausiliario a mettere a concreta disposizione del concorrente ausiliato i mezzi e le risorse di cui il primo è dotato17. Tale circostanza sembra, in sostanza, “tradire” la funzione meramente elusiva delle regole di selezione dei concorrenti alle gare d’appalto, così come a lungo tempo è stato il ricorso all’associazione temporanea d’imprese, almeno fino a quando non è stato normativamente sancito l’obbligo della corrispondenza tra quota di partecipazione all’ATI e quota di partecipazione all’esecuzione del contratto e tra questa e l’ammontare della qualificazione posseduta da ciascuna impresa temporaneamente riunita. dedichi specifica regolamentazione. Al contrario, consistendo l’avvalimento nella messa a disposizione del concorrente ausiliato, da parte dell’operatore ausiliario, dei mezzi e delle risorse al primo mancanti, appare essenziale che il contratto di avvalimento identifichi in modo esaustivo e puntuale i mezzi e le risorse oggetto di “prestito”16. Nel documento di base l’Autorità evidenzia che solo il 14,5% dei contratti di avvalimento esaminati contiene l’indicazione del corrispettivo riconosciuto dal concorrente ausiliato all’ausiliario, quale remunerazione della messa a disposizione dei mezzi e risorse per partecipare alla gara e, in caso di aggiu- La prova della effettiva messa a disposizione dei mezzi I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) Il contratto di avvalimento deve avere un contenuto dettagliato? In caso di risposta affermativa, quali elementi sono imprescindibili? b) Il contratto di avvalimento deve rispondere ad un particolare tipo (contratto di garanzia, subappalto, affitto di ramo d’azienda) in relazione al requisito/ risorsa prestata? c) L a prova dell’effettiva disponibilità delle risorse da parte dell’impresa ausiliata deve essere valutata con rigore dalla stazione appaltante? Le considerazioni sul punto sono le seguenti. Ai quesiti del presente paragrafo si è già cercato di dare risposta nei paragrafi precedenti. 16) Si veda il già citato TAR Toscana, Sez. I, 27.06.2011, n. 1110 17) Contra, TAR Veneto, Sez. I, 20.10.2010, n. 5528, secondo cui non “può sostenersi … che il contratto in questione (ndr: contratto di avvalimento) sia invalido poiché gratuito: e ciò non solo perché l’assenza di pattuizione di un corrispettivo di per sé non significa che il contratto sia gratuito, potendo al riguardo provvedere il giudice in difetto di un accordo tra le parti (cfr. art. 1709 c.c.), ma anche – e soprattutto – in quanto l’assodata atipicità del contratto di avvalimento non determina alcun limite o vincolo in ordine alla causa del negozio e alla previsione del corrispettivo, posto che la riconducibilità del contratto stesso allo schema generale del mandato rende ex se irrilevante ai fini della validità del vincolo instaurato tra le parti l’avvenuta assunzione, da parte del mandante, dell’obbligo di corrispondere al mandatario un compenso per l’attività da lui svolta, trattandosi di obbligo che a’ sensi dell’art. 1709 c.c. è solo presunto (cfr. sul punto la sentenza n. 3451 dd. 6 novembre 2008, resa da questa stessa Sezione)”. Documento/29 Riassumendo: a) è necessario che il contratto di avvalimento abbia un contenuto dettagliato, in particolar modo con riferimento ai mezzi e/o alle risorse oggetto di avvalimento, tenendo presente che laddove abbia ad oggetto i requisiti “immateriali” del capitale sociale e del volume d’affari (o fatturato) globale, si sostanzia in un contratto di garanzia; b) nei fatti la natura del requisito oggetto di avvalimento condiziona la riconducibilità del contratto di avvalimento ad ua specifica tipologia negoziale; c) l’effettiva disponibilità delle risorse da parte dell’impresa ausiliata deve essere valutata con rigore dalla Stazione appaltante. La responsabilità solidale dell’impresa ausiliaria I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) L a responsabilità della impresa ausiliaria è contrattuale o extracontrattuale? b) L a responsabilità dell’impresa ausiliaria riguarda tutte le prestazioni oggetto del contratto di appalto o solo le risorse prestate? Le considerazioni sul punto sono le seguenti. Si ritiene che l’impresa ausiliaria non sia semplicemente un soggetto terzo rispetto al contratto d’appalto, dovendosi essa impegnare - non soltanto verso l’impresa concorrente ausiliata, ma anche verso l’amministrazione aggiudicatrice - a mettere a disposizione del concorrente le risorse di cui questi sia carente. L’ausiliario è, infatti, tenuto a riprodurre il contenuto del contratto di avvalimento in una dichiarazione resa nei confronti della stazione appaltante e tale impegno conforma in modo determinante l’istituto dell’avvalimento, costituendone un presupposto di legittimità. L’impresa ausiliaria diviene quindi titolare passivo di un’obbligazione accessoria dipendente rispetto a quella principale del concorrente, e tale obbligazione si perfeziona con l’aggiudicazione e la stipula a favore del concorrente ausiliato, di cui segue le sorti; ne consegue che l’impresa ausiliaria risponde a titolo di responsabilità contrattuale dell’inadempimento delle promesse fatte all’amministrazione18. Quanto all’estensione della responsabilità solidale gravante sull’impresa ausiliaria, si ritiene coerente con le caratteristiche dell’istituto la relativa perimetrazione alle sole prestazioni eseguite mediante il ricorso all’avvalimento (il che, peraltro, si identifica con l’intero appalto, nel caso di avvalimento “di garanzia”, ovvero di avvalimento “operativo” che coinvolge l’intero complesso aziendale dell’ausiliario). L’avvalimento nel settore dei lavori pubblici I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) È compatibile con il principio secondo cui ogni soggetto che esegue lavori pubblici deve essere qualificato il fatto che un’impresa sprovvista di certificazione SOA partecipi ad una gara avvalendosi della certificazione di un’altra impresa, considerando che l’aggiudicataria del contratto dovrà comunque eseguire una parte dello stesso in proprio? In particolare, il problema si pone se la quota di lavori che l’impresa si accinge ad eseguire superi il valore di 150.000 euro. b) Q ual è il significato da attribuire al divieto di utilizzo frazionato dei requisiti previsto dall’articolo 49, comma 6 del codice? c) È ammissibile la sostituzione dell’impresa ausiliaria prima della stipula del contratto? Le considerazioni sul punto sono le seguenti. De iure condito la risposta al quesito sub a) sembrerebbe dover essere positiva, in linea con le affermazioni della giurisprudenza richiamata anche nel documento di base. Si potrebbe, per converso, obiettare che il postulato sul quale si fonda tale linea di pensiero, secondo cui 18) Così TAR Campania, Napoli, Sez. I, 6.12.2010, n. 26798 19) Cons. Stato, Sez. VI, 13.06.2011, n. 3656, per cui due attestazioni non individualmente sufficienti a colmare il requisito richiesto dal bando non potrebbero essere cumulate, attraverso l’avvalimento, per totalizzare la classifica di qualificazione SOA necessaria all’ammissione alla procedura concorrenziale. Con la conseguenza che l’ausiliario, al fine di legittimare la partecipazione alla gara dell’offerente, dovrebbe necessariamente prestargli per l’intero e integralmente il requisito richiesto dal bando (e non solo una quota parte dello stesso, come avvenuto nel caso sottoposto al vaglio del giudice amministrativo). Documento/30 la garanzia per la stazione appaltante di ricevere la migliore prestazione non sarebbe adeguatamente assicurata ove nessuno dei soggetti concorrenti possedesse autonomamente i requisiti preventivamente identificati in relazione all’oggetto e agli importi di gara, non trova riscontro nella gran parte degli istituti che consentono l’aggregazione di più operatori economici al fine di cumulare i requisiti di qualificazione (ad es: consorzi stabili, raggruppamenti temporanei, consorzi ordinari). In ogni caso, il precetto contenuto nell’art. 49, comma 6, del D. Lgs. 163/2006, secondo cui “Il contratto (ndr: di appalto) è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara”, appare in insanabile contrasto con il principio dettato dall’art. 40, comma 1, del Codice e dall’art. 60, commi 2 e 3, del DPR 207/2010, laddove l’avvalimento dell’attestazione di qualificazione SOA non si traduca in un trasferimento temporaneo dell’intero compendio dei beni aziendali dell’ausiliario, presi in esame in occasione del rilascio a quest’ultimo dell’attestazione SOA. Il che, peraltro, riporta all’evidenza l’anomalia dell’attuale “doppio binario” riservato all’avvalimento dell’attestazione SOA (nella singola gara, ex art. 49 del D. Lgs. 163/2006 e nel sistema unico di qualificazione, ex art. 50). Quanto sin qui argomentato riguarda anche il quesito sub b). Quanto al quesito sub c), non sembra possibile sostituire l’impresa ausiliaria prima della stipula del contratto con la Stazione appaltante, dovendo l’identità dell’ausiliario cristallizzarsi al momento della presentazione dell’offerta cui accede20. L’avvalimento nei servizi e nelle forniture: focus sui requisiti speciali nei servizi di ingegneria ed architettura I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) È ammissibile l’avvalimento per i servizi di tipo intellettuale, quali, ad esempio, la progettazione e la direzione dei lavori? 20) Secondo Cons. Stato, Sez. V, 20.10.2010, n. 7581, “L’art. 48, par. 3, della direttiva 2004/18 richiede ai fini dell’avvalimento che il concorrente provi all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione del contratto “disporrà” delle risorse necessarie di altri soggetti, quindi ciò provi nel momento della partecipazione alla gara e non in quelli, successivi, dell’assunzione degli impegni contrattuali e del loro adempimento; momento, d’altra parte, a cui attiene la disciplina posta dallo stesso art. 48, espressamente riguardante appunto la valutazione e la verifica dei requisiti – sia pur speciali – di partecipazione”. L’AVCP, nella deliberazione 28.06.2007, n. 220, ha affermato che “Il requisito della qualificazione deve sussistere al momento della scadenza per la presentazione delle offerte, permanere per tutta la durata del procedimento di gara e, nel caso in cui l’impresa risulti aggiudicataria, per tutta la durata dell’appalto. Diversamente opinando, si verrebbe a determinare una frattura nel possesso dell’imprescindibile titolo abilitante per chi voglia eseguire lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro costituito dall’attestazione SOA. Pertanto, nel caso in cui l’impresa di cui si avvale l’aggiudicatario sia in possesso di attestazione SOA scaduta e quindi sia priva della prova del possesso dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria indispensabili per la partecipazione alla gara e per l’affidamento dei lavori pubblici, non ricorrono le condizioni per poter stipulare il contratto di appalto”. Documento/33 b) I n caso di risposta affermativa, quali specifici requisiti possono formare oggetto di avvalimento? L’ammissibilità dell’avvalimento anche per quanto attiene ai servizi di tipo intellettuale non sembra potersi revocare in dubbio alla luce della portata generale delle norme comunitarie e nazionali riguardanti l’istituto. Sul punto, del resto, si sono espressi affermativamente sia la giurisprudenza21, sia l’Autorità22. Sembra doversi escludere l’avvalimento dei requisiti consistenti in specifiche abilitazioni professionali, che debbono necessariamente essere nella diretta titolarità del concorrente. Rapporto con l’istituto del subappalto I quesiti posti nel documento di base riguardo all’oggetto in rubrica sono così riassunti a) È applicabile all’impresa ausiliaria il limite del 30% fissato per il subappalto dall’art. 118 del Codice? b) D ivieto di usufruire dell’avvalimento per il subappaltatore Le considerazioni sul punto sono le seguenti. Stante la diversa natura e funzione dell’avvalimento rispetto al subappalto, ancorché il primo possa “tradursi” nel secondo, si ritiene che in quest’ultima ipotesi non trovino applicazione i limiti quantitativi propri del subappalto, poiché l’art. 49, comma 10, del D. Lgs. 163/2006, stabilisce che “l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati”23. Quanto alla possibilità, per il subappaltatore, di dimostrare la propria idoneità facendo ricorso all’avvalimento dei requisiti di un soggetto terzo, la fattispecie sembra inconciliabile con la ratio proconcorrenziale dell’istituto, oltre che con la sua disciplina. I raggruppamenti temporanei di imprese I quesiti posti nel documento di base riguardo 21) TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 22.09.2010, n. 32401 e Cons. Stato, Sez. V, 12.11.2009, n. 7054. 22) Pareri di precontenzioso 7.04.2011, n. 61 e 7.04.2011, n. 62. 23) Ad es TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 24.01.2008, n. 168. 24) Così TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 29.07.2011, n. 2037. Documento/34 all’oggetto in rubrica sono così riassunti: a) Il ricorso all’avvalimento in un’A.T.I. può comprendere anche la quota minima di requisiti che ciascun componente di un’A.T.I. deve possedere? Al quesito sembra doversi dare risposta positiva, allineandosi a quella giurisprudenza secondo cui “L’istituto dell’avvalimento è espressione del principio di massima partecipazione e persegue la finalità di ampliare la platea dei potenziali concorrenti consentendo loro di utilizzare i requisiti di capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria di soggetti terzi. A tali fini non incide sulla legittimità del ricorso all’istituto la natura giuridica dei legami esistenti fra i soggetti interessati, rilevando unicamente, per l’Amministrazione, che l’impresa avvalente disponga dei mezzi dell’avvalsa. “La legislazione vigente”, infatti, “(art. 37 del Codice; art. 95 del d.P.R. n 554 del 1999; art. 92 dell’emanando regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici) fissa in tema di a.t.i. i requisiti minimi percentuali di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che deve essere posseduta da ciascun componente; ma tale disciplina non può essere intesa come limite all’avva- limento, perché così interpretata essa sarebbe contraria al diritto comunitario che non pone limitazioni quantitative né qualitative all’avvalimento, e che lo consente espressamente anche nell’ambito dei raggruppamenti di imprese, e in tal caso sia mediante avvalimento interno che mediante avvalimento esterno. Pertanto la disciplina nazionale va intesa non solo nel senso che anche nell’ambito di un’a.t.i. è ammesso l’utilizzo dell’avvalimento, ma anche nel senso che persino la quota minima di requisiti che ciascun componente di un’a.t.i. deve possedere può essere dimostrata mediante ricorso all’avvalimento”. (Cons. St., Sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9577). Il rischio, paventato dalle ricorrenti, che possa in tal modo essere affidato l’appalto a un soggetto non in grado di eseguire la prestazione dedotta in contratto è neutralizzato dal vincolo di responsabilità solidale che lega avvalente e avvalsa nei confronti della Stazione appaltante e dai contratti di avvalimento presentati che comprovano la disponibilità, da parte della mandataria, delle risorse necessarie alla corretta esecuzione dell’appalto (ex art. 49, comma 2, lett. d ed f e comma 4 del D. Lgs. n. 163/2006)”. 24 Osservatorio/36 Le imprese di costruzioni di fronte alla nuova restrizione del credito L’indagine rapida Ance effettuata presso le imprese associate a settembre 2011 mostra un inasprimento delle condizioni di accesso al credito: il 62,4% delle imprese ha dichiarato un peggioramento nei rapporti con le banche. L ’indagine rapida Ance effettuata presso le imprese associate a settembre 2011 mostra un inasprimento delle condizioni di accesso al credito: il 62,4% delle imprese ha dichiarato un peggioramento nei rapporti con le banche, il doppio rispetto a quanto l’Ance aveva registrato esattamente tre anni fa, nel settembre 2008, vale a dire all’indomani del fallimento di Lehman Brothers. Il peggioramento nei rapporti con le banche è stato registrato sull’intero territorio nazionale, con situazioni particolarmente gravi nel Nord Est e nel Centro Italia: in queste due macroregioni più di 3 imprese su 4 denunciano un peggioramento nelle condizioni di credito. Tale irrigidimento si è manifestato, secondo le imprese che hanno partecipato all’Indagine, con l’aumento dello spread sui tassi di interesse (68,4%), seguito dalla richiesta di maggiori garanzie a fronte dei finanziamenti richiesti (66,8%). Le imprese, inoltre, denunciano un sensibile allungamento dei tempi di istruttoria (63,2%), la concessione di quote minori di finanziamento rispetto all’importo totale dell’investimento (57,9%) e la richiesta di rientro (38,9%). Per quasi la metà delle imprese (48,6%) che hanno partecipato all’Indagine rapida nel settembre 2011, le banche hanno richiesto il cambiamento delle condizioni contrattuali per i finanziamenti già in essere. Questo dato è il peggiore da sempre e conferma il grave deterioramento nei rapporti con le banche. Il cambiamento delle condizioni contrattuali è avvenuto, principalmente, nelle operazioni di scoperto di c/c, nelle aperture di c/c, e nei finanziamenti non fina- Osservatorio/37 lizzati (hot money). La richiesta di finanziamenti da parte delle imprese, nel periodo aprile-agosto 2011, rimane sostenuta. Il 45% delle imprese ha registrato un aumento nella domanda di credito, mentre per il 19% circa c’è stata una diminuzione. La richiesta di finanziamenti da parte delle imprese è dettata principalmente dalla necessità di far fronte ai ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione (42%), dalla variazione nelle esigenze produttive (30,5%) e dalla variazione della capacità di autofinanziamento (23%). Per l’11,5% delle imprese la richiesta di finanziamenti è stata determinata dalla necessità di ristrutturare i debiti. Viene confermato, inoltre, l’interesse del settore per i consorzi fidi, a cui aderisce il 37,8% delle imprese che ha partecipato all’indagine Ance di settembre 2011. Anche i dati di Banca d’Italia mostrano un’accresciuta importanza dei Confidi in questa fase di crisi: nel 2010, infatti, le garanzie rilasciate in favore di imprese edili sono cresciute del 20,1%, indirizzate soprattutto a imprese di piccola dimensione. I mutui per nuovi investimenti in costruzioni. Dopo la stretta creditizia registrata conseguentemente alla crisi finanziaria mondiale del 2008, si sta assistendo ad un nuovo credit crunch che sta mettendo in serio pericolo il sistema produttivo del Paese. I mutui alle imprese per investimenti in edilizia residenziale sono diminuiti, nei primi 6 mesi del 2011, del 16% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un preoccupante inasprimento nel secondo trimestre (-19,5%, dopo il -11,5% del primo trimestre 2011). L’analisi regionale mostra che tutte le regioni, ad eccezione del Trentino Alto Adige, della Liguria e dell’Umbria, registrano cali nei finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale. La contrazione dei finanziamenti è stata registrata anche nel settore dell’edilizia non residenziale: nel primo semestre 2011 sono diminuiti del 12,4% rispetto allo stesso periodo precedente, con un forte peggioramento, anche in questo caso, negli ultimi 3 mesi del semestre. La ripartizione regionale mostra importanti cali in Sardegna (-45,5%), Lazio (-36,2%), Toscana (-30,7%), Basilicata (-30,3%) e Puglia (-27,4%). La contrazione dei finanziamenti al settore delle costruzioni registrato nel primo semestre 2011 risulta particolarmente preoccupante, soprattutto in considerazione dell’imponente restrizione subita dalle imprese dopo lo scoppio della crisi finanziaria internazionale: se consideriamo la differenza tra il periodo di massima espansione delle erogazioni - ovvero il 2007 - e il 2010, la caduta è stata enorme: -25% per i mutui erogati per il finanziamento di investimenti in edilizia abitativa, -30,4% per quelli nel non residenziale. E le aspettative per la seconda parte del 2011 sono, addirittura, peggiori: secondo i risultati dell’indagine di Banca d’Italia Regional Bank Lending Survey, nel secondo semestre 2011 le banche prevedono un’ulteriore restrizione dei finanziamenti. I mutui per acquisto di abitazioni Nei primi 6 mesi del 2011 i mutui per l’acquisto di abitazioni in Italia sono diminuiti del 3,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel 2010 questa tipologia di finanziamento aveva registrato una ripresa dopo il calo pari al 10% nel 2009, tornando a calare nel secondo trimestre 2011, durante il quale i mutui per acquisto di abitazioni sono diminuiti del 6,9%. Le previsioni per la seconda parte del 2011, secondo i risultati dell’indagine di Banca d’Italia Regional Bank Lending Survey, sono di un ulteriore irrigidimento dell’offerta di credito per l’acquisto di case da parte delle banche. La ripartizione regionale mostra, nei primi 6 mesi dell’anno, dati negativi importanti in Toscana, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Veneto (rispettivamente -28,7%, -24,1%, -11,1% e -6,6%). Cultura/40 di Giorgio Ceraso Itinerario nella storia delle mura di Vicenza Presentato il volume Vicenza: la cinta murata ”Forma urbis”. Un lavoro prezioso e completo, realizzato dal prof. Franco Barbieri, che delinea il percorso delle cinte murate di Vicenza, sviluppato nel corso dei secoli. È stato presentato, nella Sala degli Stucchi del Comune di Vicenza, il volume Vicenza: la cinta murata ”Forma urbis”, riedizione aggiornata di un Carnet del Turista, Vicenza gotica: le Mura, pubblicato nel 1984 dall’allora Ente Provinciale del Turismo. L’iniziativa, rientrante nell’ambito di Vicenza città dell’UNESCO, è stata promossa dall’assessore alla progettazione e innovazione del territorio e della cultura, Francesca Lazzari, che ha trovato piena collaborazione nella sezione vicentina di Italia Nostra e nel prof. Franco Barbieri, autore dei testi. Il lavoro, che delinea il percorso delle cinte murate che si è sviluppato nel corso dei secoli, risulta prezioso per la completezza e la profondità della trattazione, corredata da una esaustiva nota bibliografica, e per il ricco apparato di documenti d’archivio e di immagini, talora inedite. Il testo tiene anche conto degli studi successivi alla prima edizione e dei ritrovamenti dovuti alle ultime campagne di scavo condotte in città. A queste è dedicato uno specifico saggio della dottoressa Mariolina Gamba, funzionario per Vicenza della Soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto, che conferma precedenti ipotesi degli studiosi sull’andamento degli antichi percorsi delle mura. L’argomento è stato affrontato dal prof. Barbieri seguendo il criterio cronologico e topografico: la trattazione, quindi, dopo aver ricordato che la cinta romana doveva, grossomodo, coincidere con la successiva altomedievale (gli unici resti romani ancora visibili si trovano all’interno del civ. n. 9 di contrà Mure porta Castello, sede dell’As- Cultura/41 In apertura, la Pianta Angelica di Vicenza del 1580, nella quale si può individuare l’andamento delle mura a difesa del nucleo urbano antico e dei borghi sviluppatisi a partire dai secoli XI e XII. Qui sotto, la copertina del libro dedicato alle mura di Vicenza. Il volume, dopo aver ricordato che la cinta romana doveva grossomodo coincidere con la successiva altomedievale (gli unici resti romani ancora visibili si trovano all’interno del palazzo dell’Associazione Industriali al n. 9 di contrà Mure porta Castello) prende da quest’ultima avvio e prosegue con le mura poste a protezione dei borghi. Una sorta di percorso guidato, che si può seguire grazie anche a due documenti allegati al volume: la riproduzione della pianta Angelica del 1580 e una moderna planimetria della città nella quale è tracciato l’andamento delle mura. sociazione Industriali) prende da quest’ultima avvio e prosegue con le mura poste a protezione dei borghi. Una sorta di passeggiata, di percorso guidato, dunque, che si può agevolmente seguire grazie anche a due documenti allegati al volume: la riproduzione della pianta Angelica del 1580 e una moderna planimetria della città, nella quale è tracciato l’andamento delle mura. Della cinta altomedievale, posta a difesa di quello che oggi è il centro storico e databile dal X alla seconda metà del XIII sec., sono rimasti avanzi più o meno significativi. Partendo da porta Castello - tuttora esistente ancorché modificata e parte di una poderosa, quasi del tutto perduta struttura difensiva scaligera - e proseguendo verso sud, subito si incontrava la porta Feliciana, ancora oggi parzialmente visibile. Si ritrovano poi le mura nella facciata di casa Sperotti, quasi a confine con ponte Furo, nell’omonima contrà, e in piazzola San Giuseppe. Dopo pochi metri si erge il massiccio Porton del Luzo, l’unica porta ben visi- bile fra quelle primitive cittadine, che si apriva verso le pendici di Monte Berico, seguito dalle mura felicemente riutilizzate nella casa Zamberlan-Farina e in quella in angolo tra contrà mure S. Michele e piarda Fanton. Giunte al ponte delle Barche, le mura seguivano due percorsi. Il primo, più interno, verso ovest, è quello più antico e si dipanava lungo contrà delle Barche, intersecava l’attuale stradella dell’Isola, passava dietro palazzo Chiericati, si inoltrava in contrà Canove Vecchie e poi proseguiva per contrà delle Canove. Lasciando fuori, quindi, l’area dell’Isola, vale a dire l’attuale piazza Matteotti. Il secondo tracciato, quello più a est, che costeggiava il Bacchiglione, è frutto di interventi più tardi, coincidenti con la dominazione padovana (1266-1311), quando fu ampliato e fortificato quello che oggi vien detto palazzo del Territorio. Ed è, questo secondo, il tracciato che si coglie nella pianta Angelica, documento fondamentale anche per l’argomento di cui ci stiamo occupando. In tale elaborato Cultura/42 In questa pagina, dall’alto: elementi della cinta antica inglobati nel 1899 dall’arch. Carlo Morseletto in casa Zamberlan-Farina in contrà Porton del Luzo; mura scaligere in via Legione Gallieno con torre di avvistamento; cortina muraria scaligera in contrà Mura della Rocchetta. grafico si vede come, perpendicolarmente all’attuale ponte degli Angeli, si trovava porta San Pietro, prima progressivamente trasformata nella chiesa di Santa Maria degli Angeli (donde il toponimo di ponte degli Angeli) e poi in abitazione, demolita nel 1880. Nulla è rimasto del tratto che, attraversando largo Goethe, si inoltrava lungo contrà Canove. Alla fine di contrà Motton Pusterla, all’incrocio tra contrà Porti e contrà san Biagio, vi era l’omonima porta con relativa torre. Le mura percorrevano quindi contrà Pedemuro San Biagio, al termine della quale, in angolo con contrà Fogazzaro, si apriva la scomparsa porta Nova di San Lorenzo, anch’essa affiancata da robusta torre. In Motton San Lorenzo sono ancora ben visibili le mura al termine della via, che prosegue per contrà Mure porta Castello, percorsa la quale si giunge al punto di partenza. Sviluppatasi a partire dalla seconda metà dell’XI sec. la città fuori dal perimetro altomedievale, gli abitanti dei nuovi borghi reclamarono protezione. Ecco perciò che gli Scaligeri, signori di Vicenza dal 1311 al 1387, provvidero ad erigere un secondo apparato murario a difesa di due insediamenti. Intorno al 1370 di quello a est, il borgo San Pietro, la cui cinta iniziava dall’attuale contrà Torretti, passando poi per la manomessa porta Santa Lucia, proseguendo quindi per il tratto abbastanza integro di via Ceccarini, di via Legione Gallieno, di contrà Mure Santa Lucia, di contrà Mure porta Padova (abbattuta nel 1910 l’omonima finitima porta) e di viale Margherita, per terminare a confine con la sponda sinistra del Bacchiglione in via Nazario Sauro. Seguì, a nord-ovest, tra il 1370 e il 1381, a presidio del borgo di porta Nova o di San Rocco, il secondo circuito murario scaligero, che si sviluppava da Ponte delle Bele fino a congiungersi in contrà Pedemuro San Biagio con la cinta altomedievale. In questo tratto costituiscono eccellenti testimonianze il fortilizio della Rocchetta e l’infilata delle mura in viale Mazzini fino a porta Santa Croce – uno dei maggiori esempi di fortificazione scaligera giunto fino a noi - che proseguivano lungo il Bacchiglione ed entravano in contrà Mure dei Carmini. La successiva signoria dei Visconti (1387-1404) non mutò la situazione che si era fino ad allora creata. Sarà invece la Serenissima, che tenne la città dal 1404 al 1797, ad approntare il terzo sistema difensivo. A sudest venne protetto il borgo Berga. Partendo dalla zona retrostante l’odierna Università (ex GIL), la cortina muraria raggiungeva, virando verso nord e costeggiando il Retrone, la cinta altomedievale passante per ponte Furo. Tuttora conservati i tratti che costeggiano il Retrone a Cultura/43 viale Margherita. Non più esistente, invece, la porta di Monte, che si apriva sull’odierno piazzale Fraccon. Altre tracce di questa fortificazione s’intravvedono poi, più o meno distintamente, lungo viale del Risorgimento, via San Silvestro e Santa Libera. Al termine della discesa, in angolo con il Retrone, si apriva porta Lupia, abbattuta nel 1890. Rimaneva da proteggere, a nord, il borgo Pusterla. Si iniziò con l’approntare, nel 1435, porta San Bortolo, giunta fino a noi, ancorché scapitozzata e mutila. Ma vere e proprie mura tra questa porta e la porta Santa Lucia non furono costruite: al massimo si scavò una fossa e si innalzò un terrapieno. Nel 1509, invece, da porta San Bortolo a porta Santa Croce furono eretti, su iniziativa di Bartolomeo d’Alviano, lungo l’omonimo viale, cinque torrioncini, collegati da terrapieni. Due di essi sono giunti sino a noi: il primo, la così detta Torre degli Alpini perché da essi restaurata, e l’ultimo, in prossimità di porta Santa Croce. I successivi interventi sei e settecenteschi non mutarono in modo significativo la situazione che si era oramai consolidata. A memoria di queste velleità difensive, che il prof. Barbieri definisce ultime utopie, diventate del tutto inutili a cagione dei nuovi mezzi di offensiva bellica, rimangono solamente i toponimi di stradella dei Forti in corso Padova, di contrà dei Forti di borgo Santa Lucia (ora via Pasi) e di contrà dei Forti di San Francesco. Correda, infine, il volume di cui ci stiamo occupando un importante saggio di Girolamo Gaianigo, che illustra i materiali e le tecniche costruttive che contrassegnano le varie cinte murarie che si sono susseguite nel tempo. Qui sopra, un particolare di probabile cinta muraria di età medievale nel cortile interno di palazzo Chiericati e, in basso, gli unici resti ancora visibili di mura romane all’interno del palazzo sede dell’Associazione Industriali in contrà Mura porta Castello. Notiziario/44 Notiziario dei costruttori Urbanistica: prorogato il termine per l’approvazione delle varianti al PRG vigente La Regione Veneto ha prorogato ulteriormente il termine entro il quale adottare le varianti al piano regolatore generale vigente in attesa del primo PAT. L’articolo 48, comma 1, della l. reg. n. 11 del 2004, vieta, salvo alcuni casi limitati, la possibilità di variare il piano regolatore generale vigente in attesa dell’approvazione del primo piano di assetto del territorio. Con l’articolo 6 della legge regionale n. 4 del 2008, il legislatore ha previsto che “le varianti allo strumento urbanistico generale, consentite in deroga al divieto di cui all’articolo 48, comma 1 ... possono essere adottate fino all’approvazione del piano degli interventi (PI), laddove non previsto, e comunque non oltre il 31 dicembre 2009” (termine prorogato al 31 dicembre 2010 dalla l. reg. n. 26 del 2009). Decorso tale termine, il piano regolatore generale vigente non avrebbe potuto subire alcuna ulteriore modifica. L’articolo 6, comma 1, della l. reg. n. 30 del 2010, abrogando l’articolo 6 della l. reg. n. 4 del 2008, ha prorogato ulteriormente tale termine, precisando che le varianti in deroga al divieto di cui all’articolo 48, comma 1, “possono essere adottate fino all’approvazione del primo PAT (non più fino all’approvazione del piano degli interventi come originariamente previsto) e comunque non oltre il 31 dicembre 2011”. L’articolo 1, comma 2, della l. reg. Ve- neto 9 gennaio 2012, n. 2, pubblicata nel Bollettino Ufficiale Regionale 13 gennaio 2012, n. 4 (in vigore dal 14 gennaio 2012), abroga l’articolo 6, comma 1, della l. reg. n. 30 del 2010, mentre il comma 1 dello stesso articolo riconosce la possibilità di variare, ai sensi dell’articolo 48, comma 1, della l. reg. n. 11 del 2004, il vigente piano regolatore “fino al riordino complessivo della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 ... e comunque non oltre il 31 dicembre 2012”. Conseguentemente, fino al 31 dicembre 2012 è ancora possibile adottare le varianti al vigente piano regolatore generale, in attesa dell’approvazione del primo piano di assetto del territorio, funzionalizzate alla realizzazione delle opere pubbliche, al recupero funzionale dei complessi immobiliari dismessi dal Ministero della difesa, all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati, quelle disciplinate dall’articolo 50, commi da 4 a 8 e 16, della l. reg. n. 61 del 1985, quelle finalizzate a dare attuazione all’articolo 5 della l. reg. n. 4 del 2007 (iniziative ed interventi regionali a favore dell’edilizia sostenibile), nonché quelle necessarie per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici. Fino allo stesso termine sono possibili, ai sensi dell’articolo 48, comma 7bis2, della l. reg. n. 11 del 2004, anche le varianti al piano regolatore conseguenti alla procedura di sportello unico per le attività produttive, ai sensi del d. P. R. n. 160 del 2010. Scaduta la moratoria degli impianti fotovoltaici in zona agricola L’articolo 4, comma 1, della legge regionale Veneto 18 marzo 2011, n. 7, legge finanziaria regionale 2011, ha imposto una moratoria alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili in zona agricola aventi le seguenti caratteristiche: - impianti fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200 kWp; - impianti di produzione di energia alimentati da biomasse di potenza elettrica superiore a 500 kWe; - impianti alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1000 kWe. Conseguentemente, fino al 31 dicembre 2011, era inibito il rilascio di autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio degli impianti aventi le caratteristiche di cui sopra. Per effetto del decorso del termine, non essendo comunque intervenuti i necessari provvedimenti, di competenza ministeriale e regionale, atti a disciplinare la realizzazione degli impianti in zona agricola, le limitazioni di cui all’articolo 4, comma 1, della l. reg. n. 7 del 2010, si intendono decadute. Notiziario/45 Convertito in legge il decreto “Salva Italia”: confermate le modifiche alle norme su appalti pubblici ed opere a scomputo Certificazioni: la legge di stabilità 2012 riduce l’obbligo di produrre i certificati a favore delle amministrazioni pubbliche È stato convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 241, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2011, n. 300 - S.O. n. 276, il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cd. decreto “Salva Italia”). Sono state confermate le modifiche introdotte alla disciplina degli appalti pubblici relativa a: criteri per la scelta dell’offerta migliore, varianti in corso d’opera, scorrimento delle graduatorie, suddivisione degli appalti in lotti funzionali, consultazione preliminare per i lavori di importo superiore a 20 milioni di euro. Analogamente, è stata confermata la modifica all’articolo 16 del d. P. R. n. 380 del 2001, Testo Unico dell’Edilizia, ai sensi della quale, dall’entrata in vigore del decreto (avvenuta il 6 dicembre 2011), è possibile l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria da parte del titolare del permesso di costruire a scomputo degli oneri dovuti al Comune, purché il valore delle stesse sia di importo inferiore alla soglia comunitaria. Si segnala che, in sede di conversione, è stato introdotto l’articolo 44 bis, teso a favorire la creazione di un “elenco anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute”. Le opere incompiute sono inserite nell’elenco, suddiviso per regione, “sulla base di determinati criteri di adattabilità delle opere stesse ai fini del loro riutilizzo, nonché di criteri che indicano le ulteriori destinazioni a cui può essere adibita ogni singola opera”. La legge di stabilità 2012, in vigore dall’1 gennaio 2012, ha rafforzato il principio secondo il quale le pubbliche amministrazioni non possono richiedere certificazioni relative ad informazioni già in loro possesso o che esse stesse siano tenute a certificare. L’articolo 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183, “disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2012)”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 novembre 2011, n. 265, S.O. n. 234, ha modificato il d. P. R. 28 dicembre 2000, n. 445, recante il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentati in materia di documentazione amministrativa, rafforzando il principio secondo il quale le amministrazioni pubbliche non possono richiedere certificazioni relative ad informazioni già in possesso delle stesse o che le medesime siano tenute a certificare. L’articolo 40, comma 01, introdotto dalla L. n. 183 del 2011, precisa che “le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati”, mentre nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i gestori dei pubblici servizi, i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni (art. 46 del d. P. R. n. 445 del 2000) e sostitutive di atto di notorietà (art. 47 del d. P. R. n. 445 del 2000). A tal fine, il successivo comma 02 precisa che “sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura:”il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”. La Legge n. 183 del 2011 ha introdotto anche i seguenti articoli: 1. l’art. 43 bis, “certificazione e documen- tazione d’impresa”, ai sensi del quale lo Sportello Unico per le attività produttive (SUAP), che costituisce l’unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, ha l’onere di trasmettere alla Camera di Commercio territorialmente competente il duplicato informatico delle comunicazioni e dei documenti attestanti atti, fatti, qualità, stati soggettivi, nonché degli atti di autorizzazione, licenze, concessione, permesso o nulla osta comunque denominati rilasciati dallo stesso sportello unico o acquisiti da altre amministrazioni ovvero comunicati dall’impresa o dalle agenzie per le imprese, ai fini del loro inserimento nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) e al fine della raccolta e conservazione in un fascicolo informatico per ciascuna impresa. Le amministrazioni pubbliche, precisa l’art. 43 bis, comma 3, non possono richiedere ai soggetti interessati la produzione di documenti che le stesse devono acquisire per il tramite del SUAP. 2. l’art. 44 bis, “acquisizione d’ufficio di informazioni”, il quale stabilisce che “le informazioni relative alla regolarità contributiva (DURC) sono acquisite d’ufficio, ovvero controllate ai sensi dell’articolo 71 (modalità di controllo sulla veridicità delle dichiarazione sostitutive, ndr.), dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore”. Certificazioni: il Ministero della Funzione Pubblica precisa i nuovi adempimenti Il Ministero della Funzione Pubblica chiarisce le innovazioni al Testo Unico delle disposizioni in materia di documentazione amministrativa. L’articolo 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183, “disposizioni per la forma- Notiziario/46 zione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2012)”, ha modificato il d. P. R. 28 dicembre 2000, n. 445, recante il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, precisando che “le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati”, mentre nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i gestori dei pubblici servizi, i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni (art. 46 del d. P. R. n. 445 del 2000) e sostitutive di atto di notorietà (art. 47 del d. P. R. n. 445 del 2000). Con direttiva 22 dicembre 2011, n. 14, il Ministero della Funzione Pubblica, a commento delle “decertificazioni” nei rapporti fra P.A. e privati introdotte con la legge di stabilità, ha precisato che, a far data dal 1° gennaio 2012: 1. le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono più accettare né richiedere certificati, “tanto più in quanto tali comportamenti integrano, per espressa previsione, violazione dei doveri d’ufficio”; 2. le amministrazioni pubbliche adottano le misure organizzative necessari per evitare che siano prodotti certificazioni nulle in quanto prive della dicitura: “il presente certificato non può essere prodotto agli organi della Pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”; 3. le amministrazioni certificanti individuano un ufficio responsabile per tutte le attività volte a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l’accesso diretto agli stessi da parte delle amministrazioni procedenti, al fine di consentire l’esercizio degli “idonei controlli, anche a campione” delle dichiarazioni sostitutive prodotte dai privati. Ministero del Lavoro: Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) - Art. 44-bis del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 – Precisazioni Si ricorda che l’art. 15, comma 1, lett. d), della Legge 12 novembre 2011, n. 183, ha aggiunto, nel Capo III, Sezione III, del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”), l’art. 44-bis, ai sensi del quale le informazioni relative alla regolarità contributiva sono acquisite d’ufficio, ovvero controllate a norma dell’art. 71 dello stesso decreto, dalle Pubbliche Amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore. Al riguardo, il Ministero del Lavoro ha fornito precisazioni con nota del 16 gennaio 2012. In particolare, il menzionato Dicastero ribadisce che il DURC non può essere sostituito da una autocertificazione di regolarità contributiva da parte del soggetto interessato. Il predetto documento, infatti, non consiste nella mera certificazione dell’effettuazione di una somma a titolo di contributi, ma una attestazione dell’Istituto previdenziale circa la correttezza della posizione contributiva di una realtà aziendale, rilasciata dopo complesse valutazioni tecniche di natura contabile, derivanti dall’applicazione di discipline lavoristiche, contrattuali e previdenziali. Ciò premesso, il Ministero osserva che il citato art. 44-bis stabilisce semplicemente le modalità di acquisizione e di gestione del DURC, senza tuttavia intaccare il principio secondo cui le valutazioni eseguite da un Organismo tecnico (nel caso di specie, gli Istituti previdenziali o le Casse edili), non possono essere sostituite da una autodichiarazione. Pertanto, ad avviso del Ministero del Lavoro, il riferimento, nell’ambito dell’art. 44-bis, ad un controllo delle informazioni relative alla regolarità contribu- tiva “ai sensi dell’art. 71” del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, lascia intendere la possibilità, per le Pubbliche Amministrazioni, di acquisire un DURC (non una autocertificazione) da parte del soggetto interessato, i cui contenuti potranno essere dalle stesse vagliati con le modalità previste ai fini della verifica delle autocertificazioni. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIRETTIVA n. 14/2011 Adempimenti urgenti per l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive di cui all’articolo 15, della legge 12 novembre 2011, n. 183 1. Il 1° gennaio 2012 entrano in vigore Ie modifiche, introdotte con l’articolo 15, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante ‘’Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato (legge di stabilità 2012)”, alla disciplina dei certificati e delle dichiarazioni sostitutive contenuta nel “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Le disposizioni in parola sono dirette a consentire una completa “decertificazione” nei rapporti fra P.A. e privati, in specie l’acquisizione diretta dei dati presso le amministrazioni certificanti da parte delle amministrazioni procedenti e, in alternativa, la produzione da parte degli interessati solo di dichiarazioni sostitutive di certificazione o dell’atto di notorietà. Le nuove previsioni operano nel solco tracciato dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, in forza del quale le Pubbliche amministrazioni non possono richiedere atti o Notiziario/49 certificati contenenti informazioni già in possesso della P.A. Tali disposizioni devono essere osservate dalle Pubbliche amministrazioni e dai gestori di pubblici servizi nei rapporti fra loro e in quelli con l’utenza al sensi dell’articolo 2 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000. Di seguito le principali novità introdotte con la nuova normativa: a) le certificazioni rilasciate dalle P.A. in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati; nei rapporti con gli organi della Pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi, i certificati sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazione o dall’atto di notorietà. Conseguentemente, a far data dal 1° gennaio 2012, le amministrazioni e i gestori non possono più accettarli ne richiederli, tanto più in quanto tali comportamenti integrano, per espressa previsione, violazione dei doveri d’ufficio ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 74, comma 2, lett. a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000; b) sui certificati deve essere apposta, a pena di nullità, la dicitura: “il presente certificato non può essere prodotto agli organi della Pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”; le amministrazioni e i gestori devono conseguentemente adottare le misure organizzative necessarie per evitare che, dal 1° gennaio 2012, siano prodotte certificazioni nulle per l’assenza della predetta dicitura. Inoltre, il rilascio di certificati che ne siano privi costituisce violazione dei doveri d’ufficio a carico del responsabile, per espressa previsione della lett. c-bis del comma 2 dell’articolo 74, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, introdotta dal citato articolo 15 della legge n. 183 del 2011; c) le amministrazioni certificanti sono tenute ad individuare un ufficio responsabile per tutte Ie attività volte a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l’accesso diretto agli stessi da parte delle amministrazioni procedenti; tale adempimento risulta indispensabile, anche per consentire “idonei controlli, anche a campione”, delle dichiarazioni sostitutive, a norma dell’articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000. L’ufficio è altresì responsabile della predisposizione delle convenzioni per l’accesso ai dati di cui all’articolo 58 del Codice dell’amministrazione digitale, approvato con decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; d) le amministrazioni certificanti, per il tramite dell’ufficio responsabile di cui alla precedente lett. c), devono individuare e rendere note, attraverso la pubblicazione sul proprio sito istituzionale, le misure organizzative adottate per l’efficiente, efficace e tempestiva acquisizione d’ufficio dei dati e per l’effettuazione dei controlli medesimi, nonchè le modalità per la loro esecuzione; e) la mancata risposta alle richieste di controllo entro trenta giorni costituisce violazione dei doveri d’ufficio ed è presa in considerazione ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuate dei responsabili dell’omissione. 2. Il nuovo quadro normativo appena delineato impone di operare per assicurare le certezze pubbliche attraverso l’acquisizione d’ufficio dei dati o dei documenti e gli “idonei controlli, anche a campione”, di cui agli articoli 71 e 72 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 (come modificato dall’articolo 15 della legge n. 183 del 2011), sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive. A tal fine, l’articolo 43, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, già prevede, invero, che “In tutti i casi in cui l’amministrazione procedente acquisisce direttamente informazioni relative a stati, qualità personali e fatti presso l’amministrazione competente .... le suddette informazioni sono acquisite, senza oneri, con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza”. Inoltre, l’articolo 58, comma 2, del decreto legislativo n. 82 del 2005 prevede che “ ... al fine di agevolare l’acquisizione d’ufficio ed il controllo sulle dichiarazioni sostitutive riguardanti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica predispongono, sulla base delle linee guida redatte da DigitPA, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, apposite convenzioni aperte all’adesione di tutte le amministrazioni interessate volte a disciplinare Ie modalità di accesso ai dati da parte delle stesse amministrazioni procedenti, senza oneri a loro carico. Le convenzioni valgono anche quale autorizzazione ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.”. Le citate linee guida sono state adottate sin dal 22 aprile 2011 e sono consultabili sul sito istituzionale di DigitPa (www.digitpa.gov.it). Nelle more della predisposizione e della sottoscrizione delle convenzioni previste dall’articolo 58, del decreto legislativo n. 82 del 2005, le amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica devono comunque rispondere alle richieste di informazioni ai sensi del citato articolo 43, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000. Per quanto non espressamente richiamato nella presente direttiva continuano ad applicarsi le vigenti disposizioni che regolano la materia, tra cui quelle del decreto del Presidente della Notiziario/50 Repubblica n. 445 del 2000, come da ultimo modificate dall’articolo 15 della legge n. 183 del 2011, e quelle del decreto legislative n. 82 del 2005. II Dipartimento delta funzione pubblica provvederà, anche tramite il proprio Ispettorato, a monitorare l’attuazione e a seguire gli sviluppi applicativi delle disposizioni sopra citate. Sportello Unico per le attività produttive: fissate le misure per l’attuazione della riforma Con decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, in vigore definitivamente dal 1 ottobre 2011, è stata rinnovata la disciplina dello Sportello Unico per le attività produttive (SUAP). L’articolo 38, comma 3 bis, del d. L. 25 giugno 2008, n. 112, il quale ha posto i principi della riforma dello Sportello, prevede che, “con decreto del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero per la semplificazione normativa, sentito il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione, sono individuate le eventuali misure che risultino indispensabili per attuare, sul territorio nazionale, lo sportello unico e per garantire, nelle more della sua attuazione, la continuità della funzione amministrazione, anche attraverso parziali e limitate deroghe alla relativa disciplina”. In attuazione dell’articolo 38, comma 3 bis, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 2011, n. 267, il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero per la Semplificazione Normativa 10 novembre 2011, con il quale sono state dettate alcune misure per l’attuazione della riforma, a garanzia del funzionamento dei nuovi SUAP, anche attraverso parziali e limitate deroghe alla disciplina recata dal d. P. R. n. 160 del 2010. Di seguito le principali novità. 1. MODULISTICA E MALFUNZIONAMENTO DEI SUAP L’articolo 4, comma 3, del d. P. R. n. 160 del 2010, stabilisce che la modulistica, necessaria al fine della presentazione dell’istanza in modalità telematica al SUAP, sia resa disponibile mediante il portale www.impresainungiorno.gov. it (per il tramite del quale si accede ai servizi telematici messi a disposizione dagli sportelli). In mancanza, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto, è comunque possibile presentare l’istanza utilizzando la modulistica generale, reperibile nel portale stesso. Qualora, tuttavia, nemmeno per il tramite del portale sia possibile reperire la modulistica, l’articolo 1, comma 2, del decreto, stabilisce che il soggetto interessato possa presentare l’istanza o la segnalazione certificata di inizio attività utilizzando la tradizionale modalità cartacea (ai sensi dell’articolo 38 del d. P. R. n. 445 del 2000, Testo Unico della documentazione amministrativa), derogando, quindi, all’obbligo di invio telematico dell’istanza. Tale deroga riguarda la sola fase di presentazione dell’istanza: la restante procedura dovrà svolgersi in modalità informatica. L’articolo 8 del decreto si occupa della situazione di malfunzionamento del SUAP, ovvero della trasmissione di allegati “pesanti”: 1. nel caso di mancato funzionamento degli strumenti informatici per un periodo superiore alle 3 ore consecutive durante l’orario di apertura dei competenti uffici, l’utente è autorizzato a trasmettere la SCIA o l’istanza anche in modalità cartacea (ai sensi dell’articolo 38 del d. P. R. n. 445 del 2000). Entro i successivi 5 giorni dal venire meno della causa che ha determinato il malfunzionamento, l’utente deve provvedere all’inoltro telematico della copia del documento trasmesso, comunicando gli estremi del protocollo già assegnato o, in mancanza, gli estremi della trasmissione. 2. qualora la SCIA o l’istanza siano corre- dati da allegati particolarmente “voluminosi”, per la trasmissione dei quali non sia possibile utilizzare il canale telematico (ad es. per problemi di capienza), gli stessi possono essere presentati successivamente al SUAP utilizzando un supporto informatico, firmato digitalmente, accompagnato da una dichiarazione che illustri il motivo del mancato invio telematico ed indichi il numero di protocollo assegnato alla SCIA o all’istanza. Il procedimento è avviato solo quanto tutta la documentazione è stata consegnata al SUAP. 2. SISTEMA DI PAGAMENTO L’articolo 3, comma 1, del d. P. R. n. 160 del 2010, prevede che sul portale sia disponibile un sistema di pagamento dei diritti, delle imposte e degli oneri relativi ai procedimenti gestiti dai SUAP, al quale le imprese fanno ricorso per il pagamento degli importi a loro carico. Al fine di accelerare la predisposizione di tale sistema di riscossione (la cui attuazione è rimessa all’Associazione Nazionale dei Comuni, ai sensi dello specifico accordo quadro Union Camere/ ANCI, disponibile nel portale www.impresainungiorno.gov.it), l’articolo 2, comma 1, del decreto, prevede che i comuni e gli enti coinvolti nei singoli procedimenti rendano disponibili sui propri siti internet e su quello del SUAP l’elenco dei pagamenti da effettuarsi per ciascun procedimento, le causali, le modalità di calcolo degli importi e gli estremi dei propri conti correnti bancari e postali. Nell’attesa dell’implementazione del sistema di pagamento online, il successivo comma 3 precisa che “le ricevute degli avvenuti pagamenti per ciascun procedimento sono allegate in modalità informatica all’istanza o alla segnalazione”. Per quanto riguarda l’imposta di bollo, qualora l’ente titolare del SUAP non sia in grado di accettarne il pagamento in modo virtuale, l’articolo 3, comma 2, del decreto, ammette la possibilità che l’impresa inserisca nell’istanza o nella segnalazione i numeri identificativi delle marche da bollo Notiziario/53 utilizzate, le quali vanno annullate e conservate. 3. MODALITÀ DI RILASCIO ED EFFETTI DELLA RICEVUTA A seguito della presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività il SUAP rilascia, dopo la verifica in modalità informatica della completezza formale della documentazione, una ricevuta, la quale, ai sensi dell’articolo 5 del d. P. R. n. 160 del 2010, costituisce titolo autorizzatorio per l’immediato avvio dell’attività ed il ricorso agli ordinari rimedi di tutela a favore dei terzi e di autotutela dell’amministrazione. L’articolo 5 del decreto precisa che, in attesa dell’adozione da parte del SUAP di strumenti che consentano di effettuare la verifica informatica e di rilasciare la conseguente ricevuta, è valida la ricevuta di posta elettronica certificata (PEC) che attesta l’avvenuta consegna al SUAP della segnalazione o dell’istanza, oppure la ricevuta emessa in modalità automatica dal portale www.impresainungiorno.gov.it o dal web del SUAP: dal momento del conseguimento di una di tali ricevute è possibile iniziare l’attività oggetto di segnalazione e decorrono i termini per l’esercizio del potere di controllo da parte dell’amministrazione pubblica. L’articolo 5, comma 3, precisa, poi, che, qualora la SCIA sia presentata contestualmente alla Comunicazione Unica al Registro delle Imprese, la ricevuta rilasciata dallo stesso produce gli effetti abilitativi e di decorrenza dei termini previsti per la SCIA. 4. ATTIVITÀ IN DELEGA ALLA CAMERA DI COMMERCIO L’articolo 4, comma 11, del d. P. R. n. 160 del 2010, prevede la delega automatica alla Camera di Commercio competente per territorio della funzione di SUAP qualora l’ente locale non riesca ad istituirlo ovvero a farlo funzionare nei termini di legge. Circa l’estensione della delega alla Camera di Commercio erano sorti alcuni dubbi interpretativi, dubbi risolti dall’articolo 6 del decreto, ai sensi del quale l’attività svolta dalle stesse si desume dalla convezione quadro stipulata tra Union Camere e Associazione Nazionale dei Comuni (ANCI). L’articolo 7 della citata convezione affida alla Camera di Commercio una funzione di front office e di gestione telematica dei procedimenti, mentre la funzione di autorizzazione e di controllo sostanziale rimane in capo al Comune territorialmente competente. 5. ATTIVITÀ DEL COMMISSARIO AD ACTA L’articolo 38, comma 3 bis, del d. L. n. 112 del 2008, stabilisce che, qualora il Comune non abbia provveduto ad accreditare il proprio SUAP entro il 30 settembre 2011, ovvero a fornire alla CCIAA, entro la medesima data, gli elementi necessari ai fini dell’esercizio delle funzioni in delega, il Prefetto invia una diffida entro i successivi 30 giorni e, sentita la regione competente, nomina un commissario ad acta, al fine di adottare gli atti necessari ad assicurare la messa a regime del funzionamento dello sportello. L’articolo 7, comma 2, del decreto, precisa che, nelle more della nomina del commissario e dell’adozione da parte dello stesso dei necessari provvedimenti, ovvero qualora il commissario rilevi l’assenza nel territorio di una infrastruttura di base che consenta l’implementazione di una adeguato sistema di telecomunicazione e di fonia, l’interessato può presentare l’istanza o la segnalazione anche in modalità cartacea (ai sensi dell’articolo 38 del d. P. R. n. 445 del 2000). Legge 214/2011, di conversione del D.L. 201/2011 (“Manovra Monti”): le misure fiscali per il settore delle costruzioni Sul Supplemento Ordinario n. 276 alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2011 è stata pubblicata la legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione in legge del D.L. 201/2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici” - cd. “Manovra Monti” -. Il provvedimento contiene l’introduzione anticipata al 2012 dell’IMU, applicata anche sulla “prima casa”, la messa a regime della detrazione del 36% e la proroga di un ulteriore anno della detrazione del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici. Inoltre, il taglio lineare delle agevolazioni fiscali, previsto dalla “Manovra di Ferragosto”, è stato sostituito con l’aumento “temporaneo” di 2 punti percentuali delle aliquote IVA del 21% e del 10% per il trimestre ottobre-dicembre 2012, che potrebbe divenire “strutturale” nel 2013 e subire un ulteriore incremento dello 0,5% dal 2014, qualora non venga portata a termine la riforma fiscale entro settembre 2012, tale da assicurare specifici e determinati effetti sul gettito erariale. Tra le “misure per lo sviluppo” in favore delle imprese, viene prevista, invece, la deducibilità dall’IRES/IRPEF della quota di IRAP relativa al costo del lavoro. 1. “PACCHETTO CASA” Per quanto riguarda le misure relative alla casa, il D.L. 201/2011, convertito dalla legge 214/2011 prevede: • l’introduzione dal 2012 dell’IMU in sostituzione dell’ICI e la rivalutazione dei coefficienti catastali - Art.13 Viene anticipata al 2012 l’introduzione dell’Imposta Municipale Propria (IMU) prevista dagli artt.8-9 del D.Lgs. 23/2011 (Decreto attuativo del “federalismo fiscale municipale”), che verrà applicata sul possesso degli immobili, Notiziario/54 ivi compresa l’abitazione principale, in sostituzione dell’ICI e dell’IRPEF, e relative addizionali, dovute sugli immobili non locati. La nuova imposta municipale si applicherà in via sperimentale nel triennio 2012-2014, con le modalità stabilite dall’art.13 del D.L. 201/2011, per entrare a regime dal 2015. L’aliquota ordinaria è stabilita nello 0,76% (con facoltà dei Comuni di ridurla o aumentarla dello 0,3%), mentre per l’abitazione principale e relative pertinenze è pari allo 0,4% (con possibilità per i Comuni di aumentarla o ridurla dello 0,2%) e per i fabbricati rurali ad uso strumentale è ridotta allo 0,2% (con possibile riduzione sino allo 0,1%). Viene stabilito, inoltre, che i Comuni possano applicare l’aliquota allo 0,4% anche per gli immobili strumentali e per gli immobili posseduti da soggetti IRES (società di capitali), nonchè, più in generale, per quelli concessi in locazione a terzi. La base imponibile è pari, per i fabbricati, alla rendita catastale rivalutata del 5% e moltiplicata per i coefficienti catastali, aggiornati ad hoc ai soli fini IMU. Per le aree edificabili, resta invece ferma la base imponibile ICI, pari al valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione. In sostanza, le novità conseguenti all’anticipazione dell’IMU riguardano principalmente: • la tassazione dell’abitazione principale e delle relative pertinenze. Come anticipato, per tali immobili, l’aliquota è fissata allo 0,4%, con facoltà del Comune di aumento o riduzione dello 0,2%, ed è stabilita l’applicazione di una detrazione pari a 200 euro. Per gli anni 2012 e 2013, viene prevista una maggiorazione della suddetta detrazione, pari a 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni (con dimora e residenza nell’abitazione). Tale maggiorazione non può comunque superare l’importo di 400 euro (in sostanza, la de- trazione complessiva potrà arrivare sino ad un massimo di 600 euro); • la rivalutazione dei coefficienti catastali, presi a base per la determinazione dell’imposta dovuta. In particolare per le abitazioni, il “coefficiente moltiplicatore” passa da 100 a 160, conseguentemente la base imponibile IMU è determinata dalla rendita catastale rivalutata del 5%, moltiplicata per 160. Inoltre, è stato fissato ad 80 il coefficiente moltiplicatore per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5 “istituti di credito, cambio e assicurazione” e viene previsto, inoltre, che il coefficiente stabilito per gli immobili classificati nel Gruppo D - Opifici e altri fabbricati strumentali (ad eccezione della categoria D/5) verrà incrementato dal 2013, passando, da 60, a 65. Pertanto, ai fini della determinazione dell’IMU dovuta, dovrà essere operato il seguente calcolo: Rendita Catastale x1,05 x: • 160 per i fabbricati di Gr. A (esclusi A/10) e cat. C/2, C/6 e C/7 • 140 per i fabbricati di Gr. B e cat. C/3, C/4 e C/5 • 80 per i fabbricati di cat. D/5 • 80 per i fabbricati di cat. A/10 • 60 per i fabbricati di Gr. D (esclusi D/5). Dal 2013, tale moltiplicatore sarà pari a 65 • 55 per i fabbricati di cat. C/1 Una parte del gettito dell’IMU viene riservato allo Stato. Questa è pari al 50% dell’imposta calcolata applicando l’aliquota ordinaria dello 0,76% su una base imponibile complessiva di tutti gli immobili (esclusa quella relativa all’abitazione principale e ai fabbricati rurali ad uso strumentale), al lordo di ogni detrazione o riduzione di aliquote deliberata dai Comuni. Per il settore delle costruzioni, e per l’immobiliare in genere, l’introduzione dell’IMU graverà pesantemente non solo sulla casa (sia sull’abitazione principale che su quelle locate), con evidenti effetti depressivi sul mercato, ma anche, in generale, sugli stessi immobili delle imprese, ivi incluso il cd. “magazzino” delle imprese edili. Già da tempo, l’ANCE ha evidenziato che la tassazione del “magazzino” (con l’attuale ICI e, dal 2012, con l’IMU) è una forma di imposizione iniqua, che colpisce le imprese proprio nei momenti di difficoltà, in cui il mercato non drena rapidamente l’offerta, ed è l’unica forma di tassazione sull’invenduto tra i settori industriali. Inoltre, l’aumento dei “coefficienti moltiplicatori” per la determinazione dei valori catastali, con un unico coefficiente, non tiene conto delle differenze tra nuovi e vecchi accatastamenti (in molte realtà gli accatastamenti dei fabbricati di nuova costruzione sono già molto più vicini al valore reale), nè dell’allocazione territoriale dei fabbricati; • l’istituzione dal 2013 della T.A.R.E.S. (nuovo tributo comunale sui rifiuti e servizi) - Art.14 Dal 1° gennaio 2013, sarà istituito in tutti i Comuni del territorio nazionale il nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (cd. “TARES”), che sostituirà tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani. Il nuovo tributo sarà dovuto da tutti i possessori, occupanti o detentori a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani (fanno eccezione le aree scoperte pertinenziali o accessorie alle abitazioni e quelle condominiali non detenute o occupate in via esclusiva). La nuova imposta si applicherà in base a 2 componenti: a. una tariffa commisurata alla quantità dei rifiuti prodotti in relazione alla superficie dell’immobile (cd. “TARES rifiuti”); b. una maggiorazione della tariffa, pari a 0,30 euro a metro quadro di superficie (aumentabile fino a 0,40 euro, con graduazione in ragione della tipologia di immobile ed alla zona di ubicazione) che va a finanziare i servizi indivisibili del Comune (ad es. illuminazione, sicurezza - cd. “TARES servizi”). La tariffa verrà stabilita con Decreto Notiziario/57 regolamentare entro il 31 ottobre 2012; • la messa a regime dal 2012 del “36%” - Art. 4 Dal 1° gennaio 2012, viene resa strutturale la detrazione IRPEF del 36% per il recupero edilizio delle abitazioni, che viene estesa anche alla ricostruzione ed al ripristino degli immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi. A quest’ultimo riguardo, viene specificato che la dichiarazione dello stato d’emergenza (necessaria per poter accedere alla detrazione in tale fattispecie) può essere anche anteriore al 1° gennaio 2012 (data di entrata in vigore della disposizione). Resta fermo che la detrazione si applica nella misura del 36% delle spese sostenute fino ad un massimo di 48.000 euro, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo. Per quanto riguarda gli interventi condominiali, il disegno di legge di conversione specifica che sono agevolabili i lavori eseguiti su tutte le parti comuni dell’edificio residenziale, così come elencate nell’art.1117 del Codice Civile. È stata confermata anche l’applicabilità della detrazione agli acquisti di immobili residenziali ristrutturati e ceduti da imprese edili, a condizione che l’acquisto sia effettuato entro i 6 mesi successivi all’ultimazione dei lavori. A tal proposito, l’ANCE ha già evidenziato l’esiguità del periodo temporale concesso per l’acquisto dell’immobile “agevolato” (6 mesi dall’ultimazione dei lavori), che rende sostanzialmente inapplicabile l’agevolazione, soprattutto in periodi di contrazione del mercato come quello attuale. Si sottolinea che la disposizione agevolativa si applica anche agli interventi di risparmio energetico (ai sensi del co. 1 lett. h del nuovo art. 16bis del T.U.I.R.D.P.R. 917/1986), ma solo a partire dal 2013, ossia successivamente al termine di vigenza della detrazione del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici. Ciò comporta che, a differenza di quanto finora stabilito, per il periodo d’imposta 2012, gli interventi di riqualificazione energetica, che non consentono il conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico previsti per il 55%, sono esclusi dal 36%. Da ultimo, si segnala che il Legislatore torna sul tema della trasferibilità della detrazione a fronte della cessione dell’abitazione oggetto dell`intervento di recupero. In tal ambito, si ricorda che l’art. 2, commi 12-bis e 12-ter, del D.L. 138/2011, convertito con modificazioni nella legge 148/2011, a decorrere dal 17 settembre 2011, ha riconosciuto al venditore, nell’ipotesi di vendita di un’abitazione su cui siano stati eseguiti gli interventi di recupero, la facoltà di scegliere tra: • continuare ad utilizzare in prima persona la detrazione; • trasferirla all’acquirente. Dal 2012, il nuovo art.16bis del TUIR, al co.8, ribadendo la possibilità di scelta per il venditore, chiarisce definitivamente che, in assenza di specifiche indicazioni nell’atto di trasferimento, il beneficio viene automaticamente trasferito all’acquirente dell’immobile; • proroga per il 2012 del “55%” - Art. 4, co. 4 Viene prevista anche la proroga, sino al 31 dicembre 2012, della detrazione del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici (originariamente in scadenza il 31 dicembre 2011), con le medesime modalità operative attualmente vigenti. È stato, inoltre, esteso l’ambito applicativo della detrazione con riferimento agli interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria (in tal caso il limite massimo di detrazione spettante è pari a 30.000 euro, così come già previsto per la sostituzione degli impianti di riscaldamento con caldaie a condensazione). 2. AUMENTO ALIQUOTE IVA (ART.18) Dal 1° ottobre al 31 dicembre 2012, il D.L. 201/2011, convertito dalla legge 214/2011 prevede l’aumento di 2 punti sia per aliquota IVA ridotta del 10% sia per quella ordinaria del 21% (si passa rispettivamente al 12% e al 23%). Tale aumento verrà mantenuto anche nel 2013 ed ulteriormente incrementato dello 0,5% dal 1° gennaio 2014, qualora entro il 30 settembre 2012 non sia entrata in vigore la Riforma fiscale, con un conseguente maggior gettito almeno pari a: - 13,119 miliardi di euro nel 2013, - 16,4 miliardi dal 2014. In sostanza, l’aumento di 2 punti delle aliquote del 21% e del 10% prevista per il trimestre ottobre-dicembre 2012 ha carattere congiunturale, ma potrebbe diventare strutturale dal 2013 e subire un ulteriore incremento dello 0,5% dal 2014, se non saranno raggiunti i suddetti obiettivi di gettito. Al momento, tuttavia, viene eliminato il “taglio lineare” delle vigenti agevolazioni fiscali (5% per il 2012 e 20% per 2013), originariamente previsto dall’art.40 del D.L. 98/2011 (convertito con modificazioni nella legge 111/2011) e successivamente anticipato dall’art. 1, co. 6 del D.L. 138/2011 (convertito con modifiche nella legge 148/2011 - cd. “Manovra di ferragosto”). In materia, l’ANCE ha già evidenziato che l’aumento delle aliquote IVA inciderà negativamente sui consumi e sullo sviluppo e, in particolare, sono state avviate le più opportune iniziative, affinchè venga scongiurato il rischio che l’aumento dell’aliquota ridotta del 10%, previsto per il trimestre ottobre-dicembre 2012, diventi “strutturale”, tenuto conto che coinvolge gran parte delle operazioni del settore edilizio (interventi di recupero degli edifici, acquisto e costruzione di “seconde case” e realizzazione di opere di urbanizzazione). 3. MISURE PER LO SVILUPPO In materia di misure per lo sviluppo, il D.L. 201/2011, convertito dalla legge 214/2011 prevede: • l’introduzione dal 2011 dell’ACE (Art.1) Si tratta di una deduzione dal reddito Notiziario/58 d’impresa di un importo corrispondente al “rendimento nozionale” del nuovo capitale proprio apportato in azienda (viene agevolato l’incremento di capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010). In particolare, per il primo triennio di applicazione (2011-2013), l’aliquota del “rendimento nozionale” è fissata al 3%, mentre dal 2014 la stessa verrà determinata con apposito decreto ministeriale, da emanare entro il 31 gennaio di ciascun anno (tenendo conto del rendimento medio dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di 3 punti percentuali); • la deducibilità dall’IRES e dall’IRPEF della componente IRAP-costo del lavoro (Art. 2) Viene prevista l’integrale deducibilità, ai fini IRES/IRPEF, della quota IRAP gravante sul costo del lavoro dipendente e assimilato. In pratica, il 100% della quota di IRAP riferita al costo dei lavoratori dipendenti (al netto delle deduzioni spettanti) va ad abbattere il reddito imponile IRES/IRPEF del datore di lavoro. Vengono, inoltre, rafforzate le attuali agevolazioni IRAP connesse al costo dei lavoratori, in caso di dipendenti di età inferiore a 35 anni o di sesso femminile. Le suddette disposizioni hanno efficacia a decorrere dal periodo d’imposta 2012. Con la medesima decorrenza, inoltre, il testo del disegno di legge di conversione dispone l’abrogazione della deduzione IRES/IRPEF pari al 10% dell’IRAP riferita al costo dei lavoratori dipendenti, tenuto conto che tale agevolazione (istituita dal 2008 dall’art. 6, co. 1, del D.L. 185/2008, convertito nella legge 2/2009) viene di fatto superata ed incrementata dall’attuale disposizione del D.L. 201/2011. Per effetto della suddetta abrogazione, pertanto, la deduzione del 10% riguarderà l’ammontare dell’IRAP riferita ai soli interessi passivi e oneri assimilati. In conclusione, dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, potrà essere dedotta ai fini IRES/IRPEF una quota pari al: • 100% dell’IRAP connessa al costo del personale dipendente o assimilato (al netto delle deduzioni spettanti); • 10% dell’IRAP dovuta sugli interessi passivi e oneri assimilati (al netto degli interessi attivi e proventi assimilati). Riguardo a quest’ultima agevolazione, si ricorda che, già in passato, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’ammontare deducibile deve determinarsi forfettariamente in misura pari al 10% dell’IRAP versata, senza necessità di calcolare analiticamente la quota d’imposta riferita agli interessi passivi. L’unica condizione richiesta è che, alla formazione della base imponibile IRAP, abbiano concorso spese per interessi passivi, a prescindere dall’effettivo importo sostenuto per tali oneri (C.M. 16/E/2009). In merito alle corrette modalità di calcolo delle deduzioni spettanti, si attendono le necessarie precisazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria; • l’estensione della “Tremonti infrastrutture” (Art. 42, co. 8) La “Tremonti infrastrutture”, introdotta dalla Legge di stabilità 2012 (art.18, co.1-4, legge 183/2011) limitatamente alle opere autostradali, consiste nella possibilità di prevedere, in sostituzione parziale od integrale del contributo pubblico, la “defiscalizzazione” (IRES, IRAP ed IVA) del reddito delle società di progetto, costituite per la realizzazione in “project financing” delle opere. Il D.L. 201/2011, convertito dalla legge 214/2011 estende l’utilizzo di tale strumento anche alla realizzazione di nuove opere di infrastrutturazione ferroviaria metropolitana e di sviluppo e ampliamento di porti e dei collegamenti stradali e ferroviari inerenti i porti nazionali, appartenenti alla rete strategica transeuropea. Inoltre, viene prevista un’ulteriore estensione della “defiscalizzazione” alle “infrastrutture stradali ed autostradali, anche di carattere regionale”. Anche in tal caso, l’applicabilità dovrebbe essere circoscritta ai contratti già avviati ma non ancora stipulati al 1° gennaio 2012 (così come attualmente previsto per le opere autostradali). L’introduzione del principio della compensazione tra il contributo pubblico e le imposte dovute (IRES, IRAP e IVA) può rappresentare, in assenza di risorse pubbliche, un efficace strumento per una maggior diffusione del project financing anche con riferimento ad opere diverse dalle grandi infrastrutture. Tuttavia, tenuto conto che l’agevolazione fiscale andrebbe a sostituire il finanziamento pubblico, “accollando” così sull’operatore economico l’onere di reperire il capitale necessario, occorrerebbe introdurre anche specifici sgravi fiscali in favore dei soggetti finanziatori, operativi sin dalla fase iniziale dell’investimento (es. detassazione in favore dell’investitore correlata al capitale direttamente impiegato nell’opera). In linea generale, le disposizioni per lo sviluppo contenute nella legge 214/2011 possono considerarsi positive, ma non sufficienti per il settore delle costruzioni, per il quale è necessario intervenire attraverso la “leva fiscale” nella fase di produzione (neutralità fiscale negli acquisti di aree e fabbricati per l’attuazione del “piano città”). 4. ALTRE MISURE D`INTERESSE • accertamento tramite Studi di Settore (Art.10, co. 9-13) A decorrere dal periodo d`imposta 2011 (dichiarazioni dei redditi 2012), a favore dei contribuenti che risultino congrui e coerenti, anche per effetto di adeguamento, alle risultanze degli Studi di Settore, si applicano: • la preclusione degli accertamenti basati su “presunzioni semplici” ai fini delle imposte dirette e dell’IVA (di cui, rispettivamente, all’art. 39, co. 1, lett. d, secondo periodo, del D.P.R. 600/1973 e all’art. 54, co. 2, ultimo periodo, D.P.R. 633/1972), • la riduzione di un anno dei termini Notiziario/61 di decadenza per l’attività d’accertamento, sempre ai fini delle imposte dirette e dell’IVA (di cui, rispettivamente, all’art. 43, co.1, del D.P.R. 600/1973 e all’art. 57, co. 1, D.P.R. 633/1972), a condizione che non siano commesse violazioni che comportino obbligo di denuncia per uno dei reati penali-tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000, • la possibilità di determinare sinteticamente il reddito complessivo in sede d’accertamento (di cui all’art.38, del D.P.R. 600/1979) solo se il reddito accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato. Tali disposizioni si applicano solo a condizione che il contribuente: • abbia regolarmente assolto la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli Studi di Settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti, • risulti coerente, sulla base dei dati forniti, con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione del proprio Studio di Settore (o dei propri Studi di Settore, in caso di esercizio di più attività). Diversamente, i contribuenti che non risultino congrui e coerenti alle risultanze degli Studi di Settore saranno oggetto di specifici piani di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di finanza. • introduzione di una “patrimoniale” sugli immobili detenuti all’estero (Art. 19, co. 13-17 e 23) A decorrere dal 2011 è istituita un`imposta sul valore degli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati, posseduti (a titolo di proprietà o di altro diritto reale) da persone fisiche residenti in Italia. L’imposta si applica con aliquota dello 0,76% sul valore degli immobili, costituito dal costo d’acquisto risultante in atto, o, in mancanza di questo, dal valore di mercato. Dall’imposta dovuta si detrae l’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile (sino a concorrenza dell’ammontare di imposta dovuta in Italia). Con uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono stabilite le disposizioni attuative, fermo restando che il versamento dell’imposta dovrà avvenire entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative all’anno di riferimento (quindi, per il 2011, il termine è fissato al 16 giugno 2012); • introduzione di una “patrimoniale” sulle attività finanziarie detenute all’estero (Art.19, co.18-22 e 23) Sempre a decorrere dal 2011, è istituita un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti in Italia. L’imposta si applica sul valore di mercato delle attività finanziarie, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui le stesse sono detenute, o, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso, con aliquota dello 0,1% per il 2011 e 2012 e dello 0,15% a decorrere dal 2013. Dall’imposta dovuta si detrae l’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenute le attività finanziarie (sino a concorrenza dell’ammontare di imposta dovuta in Italia). Con uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono stabilite le disposizioni attuative, fermo restando che il versamento dell’imposta dovrà avvenire entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative all’anno di riferimento (quindi, per il 2011, il termine è fissato al 16 giugno 2012); • aumento dell’addizionale regionale all’IRPEF (Art.28, co. 1-2) Con effetto già dal periodo d’imposta 2011, viene disposto l’incremento dell’aliquota di base dell’addizionale regionale all’IRPEF che, dallo 0,9% passa all’1,23%.