6/2007
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Periodico di informazione dell’Assessorato alle Politiche sociali l’editoriale di Anna Maria Dapporto Il nuovo welfare di comunità l welfare di comunità è la sfida che attende la regione nei prossimi anni. Una sfida che l’Emilia-Romagna deve vincere se vuole mantenere, nel mutato contesto sociale e competitivo, i livelli di coesione e di qualità della vita che ne hanno accompagnato fin qui lo sviluppo economico, favorendolo e consentendo che si diffondesse tra la popolazione. Si tratta di una sfida che chiede ad ognuno di noi la disponibilità a compiere, innanzi tutto, un salto culturale. Si tratta, infatti, di ripensare profondamente il sistema in termini d’integrazione, di partecipazione, di condivisione degli obiettivi, di formazione. Ma non solo: sarà anche necessario porre in essere strumenti di supporto adeguati. In questo cammino ognuno si deve riappropriare del proprio ruolo e delle proprie funzioni. In particolare, come è stato ricordato nel corso della Conferenza regionale delle associazioni di promozione sociale, il Terzo settore deve riappropriarsi della funzione educativa, recuperare il radicamento sociale, essere capace di dare voce a chi non ha voce. La collaborazione crescente tra istituzioni e Terzo settore non deve infatti condurre ad uno snaturamento di quest’ultimo, che deve rimanere un’antenna capace di cogliere i bisogni che emergono sul territorio, per richiamare l’Ente pubblico ad esercitare la sua funzione, senza perdere i valori della gratuità e del volontariato, tradendo la propria identità. Occorre realizzare a tutti i livelli (regionale, provinciale e distrettuale) ambiti di programmazione e di progettazione condivisa, in cui il Terzo settore possa partecipare e portare un suo specifico contributo, non solo allo scopo – come ha ricordato il ministro Ferrero – di vedersi poi assegnato il servizio. Un cammino impegnativo, lungo il quale giocherà il proprio ruolo il Piano sociale e sanitario, che chiarisce ruoli e funzioni sia delle istituzioni sia del privato sociale. I Promozione sociale in pista Più spazio al Terzo settore, per leggere meglio i bisogni del territorio ono decine di migliaia i volontari al lavoro, ogni giorno, nelle 2.503 associazioni del tessuto regionale, di cui oltre la metà in provincia di Bologna e Modena. Dietro questi numeri, tante attività: guida la classifica la cultura, seguita da sport, ricreazione, tutela ambientale. A pari merito i diritti umani e il socioassistenziale. Protagonista della Conferenza regionale organizzata dal Forum del terzo settore, l’associazionismo di promozione sociale chiede di partecipare al fianco degli attori pubblici alla programmazione, progettazione ed erogazione dei servizi del S sistema locale. Obiettivo dichiarato, la riforma nei rapporti tra istituzioni politiche e amministrative e organizzazioni di cittadinanza attiva. “Non va sottovalutata la capacità del Terzo settore di leggere i bisogni di una comunità, di sperimentare quotidianamente nella propria azione la difficoltà di rispondere alle persone” dichiara l’assessore Dapporto. L’associazionismo deve recuperare funzione educativa per riacquistare rappresentatività e capacità di mediazione sociale. Opportunità e servizi non bastano, bisogna costruire comunità solidali che accettino di attivarsi dentro lo spazio pubblico. il punto Sportelli sociali Ecco i primi risultati dossier Centri per le famiglie Regione e Comuni in campo 4-5 pagine centrali focus Storie di donne partite dall’Est Vite di migranti a confronto Giugno 2007 8-9 primopiano Associazioni e istituzioni ins per un welfare più efficiente Giugno 2007 Prima Conferenza regionale per l’associazionismo di promozione sociale: attor di un nuovo ruolo a fianco degli Enti locali, per programmare ed erogare i serv entinaia di associazioni attive capillarmente nel tessuto sociale regionale, grazie al lavoro quotidiano di decine di migliaia di volontari. Una realtà diversificata, che raccoglie complessivamente 2.503 associazioni, di cui oltre la metà nelle province di Bologna e Modena. Una realtà, quella dell’associazionismo di promozione sociale, su cui è stato fatto il punto il 18 maggio scorso in occasione della prima Conferenza regionale ad esso dedicata, organizzata dal Forum del Terzo settore. Dietro questi numeri, tanti gli ambiti di attività: guida la classifica l’area cultura (circa 900 associazioni), seguita da sport (716), ricreazione (600), tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale (106). A pari merito la promozione dei diritti umani e il socioassistenziale (50). Seguono, con cifre inferiori, associazioni che operano nei settori sanitario, formativo, tutela degli animali, valorizzazione della pace. In comune, la richiesta di un nuovo protagonismo rispetto alle istituzioni e il riconoscimento di un ruolo istituzionale. Nel nuovo Piano sociale e sanitario si auspica la diffusione della responsabilità sociale, intesa come “partecipazione dei soggetti privati del Terzo settore a fianco delle istituzioni pubbliche ai momenti di programmazione, progettazione 2 C Contributi per il volontariato ino al 6 agosto le organizzazioni di volontariato iscritte da almeno un anno nei registri dell’Emilia-Romagna possono usufruire dei contributi erogati dalla Regione tramite bando (art. 9, legge 12/2005) pubblicato su Bollettino il 6 giugno scorso. Obiettivo: sostenere progetti (già avviati nel 2007 o ancora da avviare e da concludersi entro il 31 dicembre 2007) di interesse regionale volti alla diffusione delle buone pratiche del volontariato e alla sensibilizzazione dei cittadini all’attività di volontariato, con particolare riferimento ai giovani. A disposizione 80.000 euro complessivi. Ogni finanziamento potrà raggiungere al massimo il 50% della spesa ammissibile e comunque non potrà eccedere l’importo di 5.000 euro per ciascun progetto. Corsia preferenziale, ai fini dell’ammissione a contributo, è riservata ai progetti condivisi con i Comuni nei quali prendono vita; realizzati in zone sociali che non li ospitano o che soffrono la carenza di realtà organizzate di volontariato attivo o di volontariato giovanile; alle iniziative messe in rete da più partner (organizzazioni di volontariato iscritte) o caratterizzate da programmi e azioni innovativi; ai progetti che presentano una quota di autofinanziamento delle spese superiore al 50% del costo globale. F bando ed erogazione dei servizi del sistema locale, in un quadro chiaro e condiviso di regole”. “Non va sottovalutata – spiega infatti Anna Maria Dapporto, assessore regionale alla Promozione delle politiche sociali – la capacità del Terzo settore di leggere i bisogni di una comunità, di sperimentare quotidianamente nella propria azione la difficoltà di rispondere alle necessità delle persone. Questo ruolo va sostenuto dalle istituzioni, soprattutto in fase di programmazione e di verifica del sistema di interventi, in una logica che guarda con maggiore impegno all’integrazione del sistema”. Su questo fronte Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, Al via i contributi per progetti di interesse e diffusione In campo le risorse per l’associazionis S cade il 21 luglio il bando regionale volto a finanziare, in base all’art. 9 della legge 34/2002, progetti delle associazioni di promozione sociale a rilevanza regionale. Pari a 150.000 euro la somma complessiva disponibile. Ogni finanziamento può coprire fino al 50% delle spese, senza scendere sotto i 10.000 euro né salire sopra i 20.000. Strada libera a iniziative già avviate, purché nell’anno in corso, o ancora da avviare (ma con inizio entro il 31 dicembre 2007). Destinatarie le 15 associazioni che al 21 maggio 2007 risultano iscritte al registro regionale, alle quali vengono assegnati contributi per la realizzazione di progetti di interesse e diffusione regio- nale volti alla conoscenza e alla valorizzazione dei principi ispiratori e dell’evoluzione storica dell’associazionismo. Sono oggetto di contributo anche le iniziative finalizzate al rafforzamento di strategie di coordinamento tra i vari livelli associativi (centrali e periferici) e di raccordo interassociativo, magari internazionale; alla formazione e all’aggiornamento degli aderenti (dai dirigenti agli addetti ad attività amministrativo-contabili fino agli operatori della comunicazione); al potenziamento e alla qualificazione dei servizi di supporto alla struttura organizzativa delle associazioni o alle attività attraverso le quali si realizzano i fini istitutivi. Sono finanziabili, per esempio, i servizi di documentazione e banche dati e la fruizione di consulenze fiscali, giuridiche, contabili. In ultimo, sono ammessi al contributo i progetti pensati per tutelare e valorizzare le associazioni storiche, con più di cento anni di vita, e il loro patrimonio: iniziative volte alla divulgazione della conoscenza delle attività associative, alla pubblicazione di ricerche e all’attuazione di mostre, convegni e celebrazioni, ma anche alla conservazione e al restauro dei materiali storici e culturali di proprietà delle associazioni, purché resi disponibili al pubblico e significativi della loro attività. Un suggerimento a chi avesse intenzione di presentare più di un progetto: la Giunta regio- primopiano nsieme nte attori in cerca servizi alle comunità auspica che l’Emilia-Romagna si apra a sperimentazioni da esportare in altre regioni italiane. Sui rapporti tra istituzioni e Aps a livello locale si esprime Laura Serantoni, coordinatrice dell’Osservatorio regionale sull’associazionismo di promozione sociale e consigliere regionale di Parità: “Soltanto la legittimazione socia- ione regionale nismo sociale nale considera particolarmente significative le proposte che favoriscono la partecipazione di base ai Piani sociali di zona (nelle forme previste dalla legge regionale 2/2003) o ad altre programmazioni territoriali di settore; i progetti concernenti attività volte al potenziamento del fenomeno associativo di base, soprattutto in settori dove è meno diffuso a causa di difficoltà organizzative; quelli di natura fortemente innovativa per le metodologie presentate concernenti attività rispondenti a esigenze reali dell’associazionismo; i progetti elaborati e fruibili da almeno tre associazioni di rilevanza regionale. le, culturale ed economica delle Aps, attraverso il riconoscimento del loro valore, può dare vita a un tessuto di associazioni ben strutturate, dotate di peso politico”. Due gli interventi urgenti da parte dell’Osservatorio: il coordinamento dei progetti finanziabili e il monitoraggio degli obiettivi pianificati. Non c’è dubbio, “l’associazionismo deve mettersi al passo coi tempi” assicura Serantoni, che sottolinea “l’importanza della comunicazione sociale attraverso i sistemi web per un lavoro in rete e di elevare la professionalità degli operatori tramite corsi realizzati dagli Enti locali: per organizzazioni più dipendenti dai finanziamenti pubblici”. Franco Passuello, già presidente Acli (Associazione cristiana lavoratori italiani), parla di “difficoltà dell’associazionismo a innovare se stesso”. Il problema risiede nella diminuita capacità di fare rete, a cominciare dal pensiero strategico: “Sul pluralismo cooperativo degli anni ’90 prevale oggi un pluralismo competitivo”. Non può aspettare la riforma nei rapporti tra istituzioni politiche e amministrative e organizzazioni di cittadinanza attiva. Riforma possibile – secondo Passuello – soltanto a partire da un patto tra istituzioni regionali e locali e associazionismo. Quest’ultimo deve recuperare radicamento sociale e funzione educativa e culturale per riacquistare rappresentatività, capacità di mediazione sociale e funzione regolativa. “Non basta offrire opportunità e servizi, bisogna costruire comunità solidali che accettino di attivarsi dentro lo spazio pubblico”. Secondo Vincenzo Manco, presidente Uisp (Unione italiana sport per tutti) Emilia-Romagna, c’è da lavorare sulle relazioni interne tra le associazioni e il loro peso nell’ambito del Terzo settore: “È evidente l’attuale difficoltà delle associazioni a emergere all’interno di questo ambito dopo una stagione che ha visto protagonista una buona fetta dell’associazioni- smo, in grado di incidere tanto da ottenere una legge regionale che ha anticipato l’intervento legislativo nazionale in questo settore”. “Di fronte a una sempre più limitata capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni a favore di emergenze legate all’invecchiamento, alla povertà e al disagio, il welfare ha sposato una visione più economicistica che di protezione sociale, e gli interventi che il Terzo settore è chiamato a svolgere per conto delle amministrazioni pubbliche sono spesso di stampo tradizionale”. In primo piano la questione dei servizi sociosanitari, di cura e assistenza: “I Piani di zona richiamano elementi legati alla promozione della partecipazione locale nonché all’attivazione di progettazione partecipata. Nonostante ciò l’associazionismo di promozione sociale non è presente ai tavoli di lavoro, con il rischio – mette in guardia Manco – di non essere percepito dalla pubblica amministrazione quale soggetto importante sul terreno della prevenzione, della promozione della cittadinanza, dell’affermazione dei legami sociali”. Le cause vanno rintracciate, da un lato, nella “nostra scarsa consapevolezza circa l’utilità di partecipare a quella discussione”; dall’altro, nella “tendenza degli attori pubblici a sottovalutarci trovando soluzioni nel volontariato e nella cooperazione sociale”. Il mondo delle politiche giovanili, per esempio, fatica ad emergere: “Manca un approccio trasversale in grado di tenere insieme il tema degli spazi di accesso per la promozione culturale, le esperienze del servizio civile, la pratica sportiva e motoria”. Sancire un nuovo patto di cittadinanza tra Regione, associazionismo di promozione sociale e territorio a partire dall’art. 14 della legge 34 che istituisce l’Osservatorio; scambiarsi buone pratiche per condividerne metodi e azioni; attivare iniziative di studio e ricerca per lo sviluppo di attività di promozione sociale. Questi gli obiettivi nell’agenda condivisa. il punto Allargati gli ambiti di intervento Commissione sotto esame stata convocata la Commissione regionale di cooperazione sociale, che il 30 maggio ha espresso parere favorevole alla proposta di modifica della delibera di Giunta 62/2000 sulle modalità di presentazione della domanda di iscrizione, cancellazione e aggiornamento alle sezioni provinciali dell’albo delle cooperative sociali. Modifica alla quale sta provvedendo l’assessorato alla Promozione delle politiche sociali. L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per ragionare sulle eventuali e ulteriori competenze della Commissione. Oltre a esprimere pareri sui provvedimenti programmatori nei settori di intervento delle cooperative sociali; sugli schemi di convenzioni tipo per i rapporti tra cooperative sociali e amministrazioni pubbliche; sui criteri e le proposte di deliberazioni relative alla definizione e concessione di contributi previsti dalla legge regionale 7/94, la Commissione consoliderà l’acquisizione, tramite le amministrazioni provinciali, degli elementi utili al monitoraggio degli appalti, dei servizi socioassistenziali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo. Compiti importanti per formulare osservazioni e proposte alla Giunta regionale suggerendo elementi innovativi di valorizzazione delle cooperative sociali. Istituita con la legge regionale 7/94, la Commissione è ad oggi composta – in base al decreto di Giunta 76/2002 – dal presidente, tre esponenti del settore cooperazione sociale designati dalle associazioni delle cooperative più rappresentative a livello regionale, tre portavoce delle organizzazioni sindacali, un rappresentante Anci, un rappresentante Urper, tre rappresentanti del consiglio regionale (con voto limitato a due). Quando all’ordine del giorno ci sono argomenti attinenti ai contratti di lavoro relativi alle cooperative sociali, è prevista la partecipazione di un dirigente dell’ufficio regionale del lavoro. È Associazioni di promozione sociale iscritte nel registro regionale al 25/05/2007 suddivise per attività (*) Prov. attività culturali e formative attività ricreative e turistiche attività sportive attività per la tutela dei diritti BO FE FO-CE MO PR PC RA RE RN TOT. 287 95 95 225 88 80 92 80 57 1099 262 96 67 243 50 48 86 110 41 1003 137 64 46 298 35 30 57 123 22 812 25 13 3 12 6 10 6 5 4 84 attività per la tutela della salute e la prevenz. 16 4 4 6 3 3 2 2 3 43 attività per la tutela dell’ambiente 26 3 12 34 5 17 12 6 2 117 Tot. 753 275 227 818 187 188 255 326 129 3158 % 23,84 8,71 7,19 25,90 5,92 5,95 8,07 10,32 4,08 100,00 (*) il numero totale non corrisponde al numero delle associazioni iscritte in quanto molte di queste svolgono più attività 3 il punto Sportelli sociali, un anno di sperimentazioni Giugno 2007 Informazione e primo contatto, ma anche accesso e presa in carica. In vista dell’integrazione con i servizi di secondo livello i sono conclusi i 18 mesi di sperimentazione – avviata con bando regionale ex Dgr n. 2749/2003 – che hanno portato all’approvazione di 32 progetti di sportello sociale, di cui 31 già ultimati. Orario di apertura dei servizi di informazione (diretta o telefonica), assenza di barriere architettoniche nell’accesso diretto, tempestività nei tempi di risposta, assistenza nella gestione degli iter burocratici, disponibilità all’ascolto e all’invio a un percorso consulenziale, accompagnamento nella rete dei servizi nei casi più problematici. Su questi aspetti si giocano funzionalità e qualità di uno sportello sociale. Due i modelli più gettonati: qualcuno ha puntato su informazione e primo contatto (collegamento con l’urp, visibilità per il cittadino, integrazione informativa con l’Ausl); altri hanno sistematizzato e potenziato la funzione di accesso e presa in carico (ricognizione di servizi e banca dati, sede presso i servizi sociali comunali, integrazione funzionale con l’Ausl). A seconda del numero di sedi (a S 4 Modena e Bologna gli sportelli sono schierati per quartieri) il personale, assunto con contratti a tempo determinato, varia da 2 a 19 unità. Utilizzo del sistema informativo, ruolo e funzioni dei servizi di informazione, principi generali di assistenza sociale e interventi sociosanitari, fino alla comunicazione e al rapporto con l’utenza, sono soltanto alcune delle materie al centro dei corsi di formazione per operatori (previsti in 22 casi). Operatori che sono Carpi, i cittadini premiano Nemo Prestazioni a tempo pieno: raggiunto il record di 18mila accessi N emo non ha più segreti. Dal 9 giugno, quando alla presenza dell’assesore Dapporto, il pubblico ha toccato con mano l’esperienza dello sportello sociale aperto a Carpi un anno e mezzo fa. Ai locali ricavati nella sede dei servizi sociali (via Trento Trieste 2, piano terra) si presentano cittadini dai 35 ai 60 anni, italiani e stranieri, quasi sempre preparati, “con richieste, se non precise, già delineate” spiega Cinzia Caruso, assessore alle Politiche sociali del Comune di Carpi. In cima alla lista la questione casa (“in genere appuntamenti per il fondo affitto”) e il servizio anziani, dall’assistenza domiciliare all’inserimento nelle strutture protette. Sono molte di più, però, le prestazioni a disposizione dei cittadini del distretto, che tra Carpi, Campogalliano, Novi di Modena e Soliera conta circa 100mila abitanti: dallo sportello InformaHandicap, in collaborazione con un gruppo locale di volontari, al Punto cliente Inps, per le informazioni sulla situazione contributiva e pensionistica; dallo sportello Anziani, di primo orientamento, al rilascio di attestazioni Ise/Isee. Una volta alla settimana è attivo il servizio Affitto casa garantito, dove un operatore dell’Acer Modena incontra i cittadini: “Un circuito di agenzia sociale per la casa, che segue un percorso diverso dalla tradizionale edilizia residenziale pubblica”. Decisamente impegnativo l’orario di front office, che da sempre impiega tre operatrici socioassistenziali (formate appositamente per l’attività di sportello) a tempo pieno, dalle 8 alle 14 e dalle 15 alle 18: tutti i giorni, tranne il sabato, quando si lavora dalle 8 alle 13. “È stato un azzardo – rivela Caruso – non potevamo prevedere il flusso in entrata, ma abbiamo pensato all’importanza di conciliare tempi di cura e di lavoro”. E i cittadini hanno ricambiato il favore, con 18mila accessi fisici (il conto comprende anche i ritorni) e la richiesta di prolungare l’apertura fino a tarda sera. Richiesta che è passata dai 350 questionari consegnati nel mese di aprile agli utenti in uscita dal servizio. Risultato, un grado di soddisfazione alto, con giudizio medio intorno all’8 (su una scala 1-10) sulla tempestività delle informazioni e la cortesia del personale. Punto debole la chiarezza dei moduli, scarsa secondo i fruitori italiani e stranieri, che suggeriscono di tradurre le schede. “L’istituzione dello sportello – che ha usufruito di un contributo regionale pari a 33.000 euro – è stata motore della riorganizzazione interna degli uffici” precisa Caruso. Grazie alle cinque postazioni senza barriere architettoniche e a due operatrici sempre presenti le code in attesa delle assistenti sociali sono solo un ricordo. Due le novità, avviate da un mese sull’intero distretto: il corso che ottimizza la postazione per non vedenti e ipovedenti (“una decina gli iscritti, che riceveranno la patente europea per il computer”) e il progetto di microcredito – per un importo finanziabile fino a 4.000 euro – promosso dalla Fondazione Cassa di risparmio di Carpi per “informare e accompagnare i cittadini nella compilazione delle domande”. assistenti sociali, terminalisti, amministrativi e addetti al call center. Più raramente profili tecnici come educatori, psicologi, infermieri, sociosanitari. I progetti ultimati, relativi a 30 zone su 39, in 25 casi hanno coin- il punto volto l’intero ambito distrettuale. Destinatari tutti i cittadini in 27 casi, ma l’intenzione è di estendere progressivamente le categorie di utenti in sede di adattamento della mappa dei servizi. Ha sfiorato gli 800mila euro il contributo della Regione, che si è impegnata a finanziare il 40% del progetto (per un massimo di 33.000 euro), a fronte di un costo complessivo pari a 2.509.388 euro. Due le voci di spesa più impegnative: al primo posto il sistema informativo per costruire la mappa dei servizi – che richiede un investimento elevato, ma costi di manutenzione contenuti – seguito dal personale assunto appositamente per coprire l’apertura di nuovi sportelli (21 casi). Se non manca quasi mai una sede presso il Comune (spesso coincidente con quella di servizi sociali, urp, sportelli informativi settoriali), sono meno frequenti le presenze presso le Ausl (6), nei quartieri (2), in sede di Comunità montana (1). Numerosi gli strumenti operativi ad affiancare il contatto diretto con il pubblico: dal call center alla distribuzione di materiale informativo, dal sito web alla carta dei servizi di zona (la meno diffusa, presente in soli 8 casi). Forte del buon livello di integrazione con il sistema sanitario e i soggetti del terzo settore (che hanno partecipato ai gruppi di lavoro per il monitoraggio e la verifica del percorso), la Regione intende sostenere il proseguimento dell’esperienza. Come, d’altra parte, recita una pagina del Piano sociale e sanitario, che in un’ottica di diffusione territoriale prevede l’integrazione con gli sportelli di secondo livello esistenti (anziani, disabili, immigrazione). aziende di servizi alla persona Gli anziani al centro della nuova attività. Tanti i progetti in agenda Bologna, il caso Giovanni XXIII eriva dalla trasformazione delle Ipab Istituto Giovanni XXIII, Opera mendicanti detta Orfanotrofio S. Leonardo e Istituto Antirabico la più grande azienda pubblica di servizi alla persona della provincia di Bologna. Soci dell’Asp Giovanni XXIII sono il Comune, con il 96% delle quote, la Provincia (2%) e la Fondazione Cassa di risparmio di Bologna (2%), già presente nel consiglio di amministrazione della Ipab Istituto Antirabico. È stata la prima, insieme a Vignola, ad affrontare la trasformazione: “Merito del nostro lavoro, che abbiamo programmato con il dovuto anticipo, ma non solo” confessa il direttore generale Mariagrazia Bonzagni, che chiarisce: “Non ci siamo scontrati con criticità importanti come la fusione complessa tra più Ipab, ognuna con la propria spiccata identità, e il passaggio dalla contabilità finanziaria a una contabilità economico patrimoniale, che abbiamo gestito con relativa facilità grazie anche alla presenza in azienda di competenze professionali. Per dimensioni e organizzazione interna utilizzavamo già in precedenza strumenti gestionali tipicamente aziendali come contabilità analitica, controllo di gestione, sistema informativo e sistema di programmazione e controllo”. A favorire la costituzione della Giovanni XXIII ha contribuito la possibilità di “lavorare in un D Al via le giornate di formazione re appuntamenti nel mese di giugno hanno dato il via alla formazione regionale di direttori e tecnici delle costituende aziende pubbliche di servizi alla persona. Due le giornate in programma prima dell’estate, due quelle previste tra settembre e ottobre, grazie al contributo organizzativo di Province e uffici di piano distrettuali. Un percorso territoriale che riguarda l’intera regione: Emilia (con Parma, Piacenza, Reggio), Romagna (Ravenna, Forlì e Cesena, Rimini) passando per Bologna, Modena, Ferrara. In cartellone i temi tecnici legati alla nuova contabilità aziendale, che entrerà a pieno regime da gennaio 2008, come vuole lo schema di regolamento approvato nel marzo di quest’anno con delibera di Giunta (n. 279). L’iniziativa coinvolge tutti i soggetti istituzionali del territorio (Province, Comuni, aziende Usl e Asp): il 13 a Parma, il 18 a Bologna, il 25 a Forlì le prime date. Anche se la Regione – che finanzia il progetto – si era attivata da tempo: risalgono a febbraio le prime occasioni formative di carattere introduttivo (governance, accreditamento, il nuovo welfare). T 5 unico territorio e la condivisione di intenti e orientamento all’obiettivo del Comune di Bologna”. Se la Regione può ora contare su uno strumento unitario, che consentirà di migliorare efficienza e qualità dei servizi, lo si deve infatti all’impegno degli organi dirigenti delle Ipab coinvolte e degli Enti locali, in primo luogo il Comune di Bologna e Adriana Scaramuzzino, vicesindaco, che ha seguito ogni passo del progetto di trasformazione. La nuova struttura opera al servizio di anziani e adulti con patologie assimilabili a quelle dell’età senile: tra case protette, rsa e centri diurni può contare su 588 posti letto residenziali e 36 posti letto semiresidenziali. “L’erogazione dei servizi è conferita tramite contratti di servizio sottoscritti con gli enti soci e l’azienda Usl di Bologna” spiega Raffaele Tomba, responsabile del settore Coordinamento sociale e salute del Comune di Bologna. Nessuna soluzione di continuità nella gestione dei rapporti di lavoro: l’intero personale (circa 360 dipendenti) è già transitato nella nuova struttura. “Nell’intento di utilizzare massicciamente le Asp quale strumento operativo, il Comune sta valutando l’opportunità di trasferire all’azienda la produzione di servizi legati a centri diurni e assistenza domiciliare – rivela Bonzagni – per concentrarsi sull’attività di governo e di programmazione degli interventi”. Ma attenzione: “In una logica di sussidiarietà e in piena autonomia organizzativa e gestionale dell’azienda, che può diventare uno dei protagonisti della rete di servizi sociosanitari coinvolgendo cooperazione e terzo settore”. Per ora l’Asp lavora su due fronti: dopo l’estate attiverà un progetto sperimentale (in partnership con il Comune, l’Asl e Cup 2000 e con il contributo della Fondazione Del Monte) che prevede l’erogazione di pacchetti personalizzati volti a facilitare il mantenimento a domicilio di anziani dimessi dall’ospedale, insieme alla qualificazione delle assistenti familiari (con la formazione in aula per 60-80 badanti da qui a fine anno). Molti ancora gli appuntamenti in agenda: entro il 2007 è prevista l’inaugurazione di 19 alloggi protetti pronti a ospitare 25 anziani (singoli e in coppia) parzialmente autosufficienti nella sede principale in viale Roma. Bisogna aspettare invece un paio d’anni per il nido aziendale, che sarà aperto anche ai bambini del territorio. In attesa dell’approvazione regionale del piano di trasformazione e dello statuto, sono già stabiliti gli ambiti di intervento delle future Asp bolognesi: anziani e lotta all’esclusione sociale di adulti per la Poveri bisognosi; percorsi educativi, con attenzione all’handicap minorile, per la terza struttura, che ancora non ha nome. Quando l’Asp diventa un’opportunità Vignola, il caso Giorgio Gasparini È la prima azienda pubblica di servizi alla persona, costituita con decreto di Giunta il 26 dicembre 2006. Battezzata Giorgio Gasparini, nasce dalla trasformazione delle Ipab Opera Pia casa protetta per anziani di Vignola e Casa protetta F. Roncati di Spilamberto, e dallo scioglimento del Consorzio intercomunale per la gestione dei servizi sociali di Vignola. Tutti gli Enti locali del Distretto, con la partecipazione alla nuova azienda pubblica, si dotano di uno strumento unitario per la gestione dei servizi sociali e sociosanitari. Costituita dall’Unione Terre di Castelli (socio al 41%) e da tutti i Comuni del Distretto di Vignola (Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Guiglia, Marano sul Panaro, Montese, Savignano sul Panaro, Spilamberto, Vignola e Zocca) l’azienda produce servizi che spaziano dalla cura degli anziani all’assistenza domiciliare adulti, dal servizio sociale professionale alla socioriabilitazione, all’handicap (con tre centri semiresidenziali). Al varo, il primo luglio, una struttura per l’assistenza economica del territorio. Sembra soddisfatto il direttore, Amos Balugani, quando parla del rapporto con il settore sanitario: “Un confronto paritetico, con la direzione di Distretto condividiamo percorsi e protocolli operativi”. E con il territorio: “Curiamo molto i rapporti con i volontari. Perché i cambiamenti siano noti e condivisi, organizziamo comitati parenti in collaborazione con il sindacato per gli anziani del territorio”. Anche la gestione del personale (110 dipendenti e 105 persone in servizi appaltati) non ha rappresentato un ostacolo: “Manteniamo il contratto degli Enti locali applicato al consorzio e alle Ipab. È importante convincere i dipendenti che la Asp può diventare un’opportunità, e non un vincolo”. Un esempio, la possibilità di ricoprire ruoli diversi pur all’interno della propria professionalità. “Non mancano le criticità, legate al forte attaccamento delle Ipab al territorio; il passaggio dal campanile a una dimensione più ampia mette in guardia la comunità che – soprattutto nel caso di Spilamberto – “rischia di sentirsi spogliata di qualcosa di suo che assume carattere distrettuale”. zoom Aspiranti genitori a scuola di adozione Giugno 2007 Operatori specializzati in campo per un’efficace proposta formativa, per coppie emiliano-romagnole più consapevoli e informate 6 infanzia Due ruoli a confronto Direttiva sui minori Sì della Giunta V arata dalla Giunta lo scorso 11 giugno la direttiva regionale in materia di affidamento familiare e accoglienza in comunità di minori. Tra le novità previste, percorsi su misura per le famiglie affidatarie e aiuti per quelle di origine, affinché possano recuperare le capacità genitoriali; progetti educativi individualizzati e maggiore sostegno economico a situazioni che richiedono un’intensa attività di cura, come nel caso di minori disabili gravi. Ancora, il rafforzamento di nuove tipologie di affidamento: omoculturale (accoglienza di bambini e ragazzi stranieri da parte di famiglie della stessa cultura), madre e bambino insieme, o per rispondere a casi di emergenza della fascia zero-sei anni. “Coscienti delle difficoltà di un percorso impegnativo – ha commentato l’assessore Dapporto – abbiamo previsto un lungo periodo transitorio (fino al primo gennaio 2011), ma con l’impegno di sostenere i Comuni che da subito daranno corso alla svolta qualitativa che la direttiva propone”. anno in media 18-20 anni di esperienza. Sono super specializzati: il 55% ha frequentato negli ultimi cinque anni almeno quattro corsi di approfondimento. E nell’81% dei casi seguono i nuovi genitori anche dopo l’adozione. Sono gli operatori dei servizi che accompagnano le coppie interessate all’adozione nazionale o internazionale in Emilia-Romagna. L’identikit arriva da un’indagine del gruppo di lavoro che ha preparato la giornata di confronto sul tema che si è svolta il 7 giugno scorso. La maggior parte degli operatori che realizzano per queste coppie corsi mirati, si diceva, vantano un’elevata esperienza, maturata in attività legate alla tutela dei minori: lo conferma l’anzianità media dei formatori, che si aggira tra i 18 e i 20 anni, e in ogni caso non scende mai sotto i 2 anni di servizio. Il ruolo dei servizi pubblici non si ferma al compito formativo: 47 operatori su 58 sono impegnati nell’indagine psicosociale e nel periodo del post adozione (di questi, 28 seguono anche l’aspetto informativo). Un’attività molto utile: proprio per gestire la post adozione (dall’integrazione sociale nel nuovo contesto all’inserimento scolastico del bambino) giunge il più alto numero di richieste di momenti formativi di secondo livello. Il 55% degli intervistati dichiara di avere frequentato “molti” corsi, almeno quattro, sulla materia specifica dell’adozione dal 2001 in avanti; il 34% scrive “alcuni”. Esiste, però, un dato preoccupante: il 10% ha seguito soltanto un corso, l’1,7% nessuno negli ultimi cinque anni. Determinante il ruolo pubblico nella formazione degli operatori, con l’81,3% dei corsi contro il 14,9 % in mano al terzo settore: in particolare, la Regione nel 29,7% dei casi, seguita dalla Provincia (24,5%) e dall’Ausl (18,7%). Si è altrimenti trattato di corsi organizzati dagli enti autorizzati (11%), di seminari nazionali a cura dell’Istituto degli Innocenti per la Commissione per le adozioni internazionali (5,8%), organo della presidenza del Consiglio dei ministri, o di iniziative delle associazioni familiari (3,9%). Sono circa 500 coppie all’anno i potenziali fruitori dei corsi, per un fabbisogno formativo che viaggia sui 70 corsi all’anno di almeno 12 ore ciascuno (la composizione ideale del gruppo si aggira sulle 8 cop- H pie partecipanti). In virtù della proposta formativa le coppie emiliano-romagnole accedono alle fasi successive dell’iter adottivo più consapevoli e informate: al momento dell’indagine psicosociale una serie di incontri con l’équipe di operatori approfondisce gli aspetti motivazionali e le caratteristiche dei coniugi, la stabilità della coppia, la reale disponibilità a prendersi cura di un bambino privo di famiglia. Un modello innovativo, quello regionale, che prevede l’integrazione con gli Enti autorizzati chiamati a cocondurre gli incontri (almeno in alcune aree tematiche) e a collaborare in fase di programmazione e verifica dell’andamento dei corsi, attraverso la partecipazione ai tavoli di coordinamento provinciale. In nome della multidisciplinarietà e dell’incontro tra professionalità e competenze diverse gli operatori esperti degli Enti autorizzati convenzionati con i gestori dei corsi devono affiancare i formatori degli Enti locali e delle Ausl (di solito assistenti sociali e psicologi). Sette Province (fanno eccezione Modena e Reggio Emilia) hanno attivato la formalizzazione degli accordi di livello provinciale o interdistrettuale per la collaborazione tra enti autorizzati e servizi in materia di preparazione delle coppie. La sfida del coordinamento pedagogico nelle scuole dell’infanzia statali al centro della giornata di studio organizzata il 5 giugno scorso a Faenza. Sul tavolo, in particolare, la sperimentazione avviata da due anni a Bologna e i primi passi di Faenza e delle province di Piacenza e Reggio Emilia. Due, in particolare, i ruoli a confronto: il dirigente scolastico al quale “spettano autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane” per organizzare l’attività in termini di efficienza ed efficacia (Dlgs 165/01), e il pedagogista, con funzioni di coordinatore. Dal capoluogo emiliano parla Alessandra Francucci, dirigente scolastica al X Circolo di Bologna: “Il numero di adesioni – 9 istituti scolastici, 13 scuole e 32 sezioni per un totale di 76 docenti – l’ampiezza del territorio e la complessità del compito ci hanno portato a individuare una figura con competenze professionali consolidate”. Che significa una laurea specifica e almeno due anni di esperienza nel settore. Esito della selezione a Bologna, una pedagogista in servizio da due anni per il coordinamento pedagogico e didattico all’interno delle scuole e il raccordo tra scuole dell’infanzia statali e comunali e il territorio. Tale figura convive felicemente con le funzioni del dirigente scolastico, il quale – dice Francucci – è “il centro di smistamento delle istanze di tutti gli organismi dell’istituto. Che propenda per uno stile manageriale o per essere guida culturale, deve crearsi uno staff di lavoro con cui collaborare in modo continuativo”. Valutazioni, modelli educativi, innovazioni sono frutto di scelte condivise. “Connettore di legami, scambi e relazioni, promotore di idee e interventi, ma anche rielaboratore e mediatore di lanci altrui”, il dirigente scolastico è lo sguardo unitario sull’istituzione: “E se è in grado di cogliere le potenzialità e il senso di ogni composizione, a fatica riesce a essere parte della composizione”. dossier Più risorse per la famiglia I Le Regioni scendono in campo per l’attuazione concreta del federalismo solidale Errani: “Chiediamo l’adeguamento del fondo sociale nazionale” asa, lavoro; servizi sociosanitari, educativi e formativi; politiche fiscali. Sono questi i quattro fronti sui quali le Regioni devono intervenire per sostenere la famiglia. Ma per farlo in modo efficace c’è bisogno che il Fondo nazionale venga rimpinguato. Lo ha spiegato Vasco Errani, presidente della Regione EmiliaRomagna e della Conferenza delle Regioni, intervenuto a Firenze in occasione della Conferenza nazionale della famiglia promossa da Rosy Bindi, ministro delle Politiche per la famiglia. Alle tre giornate – dal 24 al 26 maggio – hanno partecipato Regioni, Enti locali, organizzazioni sindacali e imprenditoriali, studiosi, ricercatori, e tutte le realtà associative impegnate per la famiglia. Sul tavolo di lavoro gli interventi relativi a problematiche familiari, situazione demografica, sostegno alla genitorialità, denatalità, invecchiamento della popolazione, tutela dei minori e degli anziani, politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia e le forme di aiuto pubblico alle famiglie. Errani ha affermato che sarebbe sbagliato fare della famiglia il luogo di uno scontro ideologico ed astratto: ed ha aggiunto che occorre, al contrario, andare incontro ai bisogni, ai problemi, ai diritti che le famiglie esprimono e propongono concretamente come modo per riconoscere con i fatti il valore pubblico della famiglia, che va sostenuta con scelte coerenti ed impegnative da parte delle istituzioni. In altre parole, occorre valorizzare le competenze, il tempo, i saperi sociali della famiglia, integrandola con l’offerta pubblica in termini di sussidia- C rietà orizzontale, servizi di mutualità, forme di partenariato sociale (pubblico/privato) e associazionismo familiare. Passano attraverso le famiglie i più rilevanti mutamenti della società italiana: l’invecchiamento della popolazione, con la conseguente dilatazione del lavoro di cura e la necessità di sostenere in questo compito coloro che se ne occupano; l’immigrazione degli stranieri, con l’insediamento di nuovi nuclei e la costituzione di famiglie miste; il mutato ruolo delle donne, che richiedono politiche di conciliazione a partire da un sistema di servizi quantitativamente sufficienti, personalizzati e qualificati. “Le Regioni rivestono un ruolo di primo piano nella promozione, sviluppo, attuazione di politiche familiari, come soggetti istituzionalmente competenti in via esclusiva o concorrente”. Così Errani, a ricordare che il disegno costituzionale del nuovo titolo V implica una collaborazione e concertazione tra i vari livelli di governo. Il capitolo risorse vede le Regioni in pista, ormai da tempo, per l’adeguamento del fondo sociale nazionale. Le richieste puntano a un fondo riportato alla sua originaria disponibilità distinto e autonomo da altri interventi onnicomprensivo e non frammentato in più fondi finalizzati e rapportato, al pari del fondo sanitario nazionale, al Pil. In corsa verso politiche di tipo universalistico che favoriscano strumenti di libertà e opportunità di scelta – superando la logica assistenziale – le Regioni intervengono sulla questione casa, con agevolazioni per l’accesso, vivibilità urbana e sostenibilità ambientale; sul fronte In primo piano le politiche abitative e sociosanitarie, superando logiche assistenziali lavoro, maggiormente tutelato dal sistema normativo, nonché da iniziative di sostegno del mercato del lavoro e da interventi per la conciliazione; sul sistema dei servizi sociali, sanitari, educativi e formativi, volti a tutelare il benessere individuale e sociale, attraverso lo sviluppo e il mantenimento delle capacità e il sostegno alle responsabilità quotidiane. Tutto ciò senza trascurare le politiche fiscali, che in omaggio ai criteri di progressività, “devono prevedere interventi di sgravio per le fasce deboli e le famiglie numerose, ed essere concertate a livello di Conferenza unificata per evitare lacune e sovrapposizioni tra i provvedimenti realizzati ai diversi livelli istituzionali”. Sulle strategie da adottare, Errani non ha dubbi: “Occorre consolidare e incrementare i servizi in grado di sostenere la famiglia e di rispondere ai bisogni dell’infanzia (asili nido, servizi integrativi, ma anche affidi e adozioni) e delle persone in difficoltà (non autosufficienza, disabilità, tossicodipendenza, salute mentale, malattie terminali)”. Intervento che richiede un adeguato riconoscimento – passando per gli assegni di cura e i servizi di sollievo – del lavoro di cura a favore dei figli e dei soggetti fragili. È indispensabile tenere d’occhio più di un versante, sostenendo, “da un lato, i rapporti intergenerazionali all’interno della famiglia e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; dall’altro, i servizi e le opportunità nella fruizione di luoghi pubblici”. Tutto ciò – conclude Errani – recuperando anche all’interno dei consultori le forme di appoggio alla genitorialità, come già avviene nei centri per le famiglie presenti in alcune Regioni. Emilia-Romagna, innanzitutto. Centri per le famiglie Progetto Conciliazione Regione e Comuni vanno incontro ai cambiamenti sociali In campo una rete per coniugare tempi di vita e di lavoro dossier Giugno 2007 Centro per le famiglie a Santarcangelo Punto di riferimento per tutta la comunità entrato insieme a Casalecchio di Reno nella rete regionale dei centri per le famiglie. Siamo a Santarcangelo di Romagna, Comunità montana valle del Marecchia, dove nel 1999 è nato il centro per le famiglie coordinato da Ester Angelini, fino a quel momento impegnata ai servizi sociali. Accanto a lei, Serena Astolfi cura lo sportello InformaFamiglie&Bambini, aperto tutti i giorni (tranne martedì) dalle 8 alle 12 più due pomeriggi a settimana. “Nasciamo da un’esperienza di consulenza educativa e di sostegno alla genitorialità” spiega Angelini. Il motivo è presto detto: qui sei anni fa, quando il centro ha aperto, le attività per i 0-3 anni erano già strutturate negli asili. Parliamo di un’area che conta in tutto 35mila abitanti tra Santarcangelo, Poggio Berni, Verucchio e Torriana. I primi progetti a sostegno della genitorialità facevano capo ai quattro Comuni, Santarcangelo capofila. Poi la svolta, con il centro e un coordinamento unico: “La progettazione e l’esecuzione dei progetti legati ai piani di zona sono stati delegati alla Comunità montana”. Consulenza e organizzazione delle attività del territorio: “È questo il punto forte della sede – precisa Angelini – dove non manca uno spazio pensato per i più piccoli che aspettano mentre aiutiamo i genitori”. Un aiuto che passa dalle informazioni sui nidi all’assegno di maternità fino alla consegna e alla compilazione di modulistica. È II fondi In generale, è un servizio giovane: “Si presentano coppie fino a 35 anni, più spesso donne per problematiche educative, mentre gli uomini si affacciano a chiedere chiarimenti economici”. Italiani e stranieri allo sportello, in uguali proporzioni. Non è così quando si parla di consulenza genitoriale, dove la presenza è solo italiana: “Per gli stranieri non rappresenta una priorità”. I problemi di integrazione scolastica sono affrontati seguendo la strada della mediazione culturale a sostegno delle famiglie: “Un mediatore a fare da ponte con l’istituto scolastico, purché la questione si risolva lì, sul posto”. Lo spazio di ascolto all’interno delle cinque scuole della comunità (quattro medie e un liceo) è seguito da Mirco Ciavatti, psicologo che da anni collabora con il centro. Il lavoro con i giovani non finisce qui: “Oltre ai laboratori interculturali organizzati con Girogiromondo, dall’anno scorso un educatore accoglie gruppi di adolescenti presso il centro giovani gestito dall’associazione Ora d’aria”. Mai interventi individuali, perchè la scuola porta avanti da sola il percorso educativo. Grazie alla convenzione con un’associazione della Caritas, permesso di soggiorno, ricongiungimento familiare, lavoro, pratiche per la scuola, corsi di lingua non hanno più segreti per gli immigrati. Che a volte, però, “sicuri di incontrare qualcuno, cercano solo momenti di socializzazione”. Politiche soc dei Centri pe Un seminario per capire come è cambiato il ruolo gen na giornata di studio organizzata dalla Regione Emilia-Romagna per fare il punto sui servizi, gli interventi e le politiche in favore della famiglia. Il seminario del 7 maggio, rivolto agli operatori dei centri per le famiglie, è stato l’occasione per approfondire i mutamenti e l’evoluzione della famiglia negli ultimi anni e per riflettere sulla collocazione dei centri per le famiglie all’interno del sistema territoriale dei servizi, in vista di una programmazione territoriale integrata alla luce del nuovo Piano sociale e sanitario. “La Regione Emilia-Romagna ha sviluppato programmi e indirizzi che prevedono una pluralità di interventi a sostegno delle funzioni familiari e genitoriali: azioni che supportano la famiglia in tutte le sue dimensioni di U vita” spiega Anna Maria Dapporto, assessore regionale alla Promozione delle politiche sociali. “Nella rete dei servizi è fondamentale l’apporto e l’esperienza del terzo settore, con cui l’istituzione deve realizzare un’integrazione progettuale, oltre che di gestione dei servizi, dando piena attuazione ai principi di sussidiarietà previsti dalle norme in materia. Una dimensione, questa, confermata e rafforzata nel Piano sociale e sanitario 20072009, nel quale l’integrazione tra i servizi e il territorio è l’elemento fondante delle nuove politiche di welfare”. “Per favorire la conciliazione tra scelta procreativa, tempi di lavoro e tempi di cura dei figli, la Regione ha promosso la realizzazione dei centri per le famiglie, agenzie comunali per il sostegno delle famiglie con figli e delle giovani coppie”. La nascita dei primi centri, rea- Potranno farne richiesta i Comuni con più di 30mila abitanti Contributi regionali per l’avvio di nuove strutture ntro la fine del 2007 due nuovi Comuni potranno entrare nella rete regionale dei centri per le famiglie. presentare in Regione – assessorato alla Promozione delle politiche sociali – le domande per l’ottenimento dei contributi. Pari a 43mila euro le risorse – stanziate in base alla delibera di Giunta 1968/2006 – destinate a sostenere l’avvio di due nuovi centri per le famiglie sul territorio regionale. Destinatari i Comuni – singoli o associati – con popolazione pari o superiore ai 30.000 abitanti, che sono sede di nuovi centri per E le famiglie, attivi nel 2006 (la Regione finanzia la qualificazione dell’attività, non la progettualità). A determinare il contributo, da erogarsi in un’unica soluzione, sono i criteri indicati nella delibera consiliare 396/02. La quota per il numero di ore settimanali di apertura al pubblico è incrementata seguendo, in ordine decrescente di priorità, i parametri: dotazione di una sede propria di almeno 90 mq; operatività a tempo pieno di un responsabile e di uno staff di operatori corrispondenti alle aree di attività e con i requi- siti professionali richiesti; attivazione di almeno due aree di servizio tra servizio InformaFamiglie&Bambini, sostegno alla genitorialità e lavoro di comunità, e presenza di mediazione familiare; apertura di sedi operative decentrate sul territorio comunale; definizione del contributo del Comune alla gestione del centro per le famiglie. Una quota forfettaria pari a 1.500 euro viene erogata ai Comuni a riconoscimento delle spese di avvio. dossier ociali, il ruolo er le famiglie genitoriale, per azioni di sostegno sempre più efficaci lizzati dai Comuni e promossi e sostenuti dalla Regione Emilia-Romagna, risale a quindici anni fa, grazie alla legge regionale 27/89 che li istituisce quali “…interventi socioeducativi dedicati al sostegno degli impegni di cura e delle responsabilità genitoriali, con lo scopo di fornire informazioni, raccordare risorse pubbliche, private, solidaristiche e favorire iniziative sociali di mutuo aiuto”. In meno di due anni, tra il 1992 e il 1993, hanno aperto le sedi di nove Comuni (Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì, Lugo, Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza), seguiti, alla fine degli anni ’90, da Rimini, Carpi, Imola, Faenza e Cesena. Nel 2003 è stata la volta di Vignola, Cavriago, Santarcangelo di Romagna, Forlimpopoli, Argenta, per arrivare al 2005 con i centri di Casalecchio e Quattrocastella. Totale: 21 centri sul- l’intero territorio regionale – che entro l’anno potrà accogliere due nuove aperture – finanziati dalla Regione con un contributo di 587mila euro per il 2007 (550mila per la gestione ordinaria, 24mila per la mediazione familiare, 13mila per la qualificazione degli operatori). Gli aiuti forniti dai centri spaziano dalle informazioni su servizi, risorse e opportunità del territorio alla consulenza ai genitori in difficoltà; dalla mediazione a favore di coppie in fase di separazione o divorzio a forme innovative di aiuto economico (è il caso dei prestiti sull’onore per genitori in temporanea difficoltà economica e dei progetti “Un anno in famiglia” e “Part-time” per lavoratori che desiderano trascorrere più tempo con i figli). Ma non finisce qui: i centri garantiscono la promozione del volontariato familiare, dell’affido, dell’adozione, e la partecipazione a progetti di auto e mutuo-aiuto, come le banche del tempo. Numerosi i mutamenti che hanno investito le famiglie negli ultimi decenni, come ricorda Laura Fruggeri, direttore del dipartimento di Psicologia dell’Università di Parma: “Nei rapporti interpersonali si assiste a una riduzione dell’ asimmetria tra generi e tra generazioni e a una prevalenza delle relazioni sui ruoli, mentre in una dimensione sociale emerge la necessità di fronteggiare nuovi compiti legati alle appartenenze etniche, sessuali o familiari”. Plurinuclearità e plurigenitorialità interrogano ricercatori, terapisti, servizi e politiche sociali. Le famiglie chiedono di essere accompagnate nelle funzioni familiari, senza che ciò ne espropri le competenze. “Per questo servono nuove conoscenze professionali e nuovi modelli di analisi dei processi e delle relazioni familiari”. Insieme alla sua équipe dell’Università di Parma, Fruggeri sta curando una ricerca – che si concluderà nel 2008 – sull’evoluzione dei centri per le famiglie dell’Emilia-Romagna, ricerca volta ad approfondire il concetto di famiglia elaborato dagli operatori e dai coordinatori dei centri. C’è spazio per una nuova sfida? A sentire l’assessore Dapporto, sembra proprio di sì. Due i fronti: “Realizzare percorsi di qualificazione, formazione e stabilizzazione del personale che opera nei centri per le famiglie e coltivare le relazioni con i servizi territoriali e scolastici per fornire una lettura dei nuovi bisogni delle famiglie”. InformaFamiglie&Bambini edici sportelli distribuiti in tutta la regione per oltre 16.000 contatti nel 2006. Altrettanti gli utenti che hanno scelto il servizio InformaFamiglie&Bambini per telefono e via e-mail. Un punto informativo costantemente aggiornato sui principali servizi, le attività e i progetti per famiglie con bambini da 0 a 14 anni in ambito educativo, scolastico, sanitario, sociale e culturale. Gli operatori forniscono informazioni (in alcuni casi si può presentare domanda) anche sui contributi statali e comunali a sostegno delle famiglie e sui servizi offerti dai cen- S tri per le famiglie. Quasi 100mila euro la quota complessiva – stabilita con delibera di Giunta 2048/2006 – destinata dalla Regione al servizio, che coinvolge 16 centri per le famiglie. Il finanziamento è da ripartire in base agli obiettivi indicati nel documento. In primo luogo, qualificazione della gestione del sito InformaFamiglie&Bambini, realizzato dai centri di Ferrara, Carpi e Modena (Comuni già capiprogetto dell’InformaFamiglie&Bambini); sperimentazione a livello provinciale di un coordinamento informativo; realizzazione di un programma di formazione regionale per gli operatori degli sportelli. Al secondo punto, attività informative per l’utenza e la gestione dei flussi informativi assicurati dai centri che hanno aderito al Progetto InformaFamiglie&Bambini: Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì, Lugo, Carpi, Imola, Faenza, Cesena, Rimini, Santarcangelo di Romagna, Casalecchio di Reno. L’esperienza dei pedagogisti di Carpi “L’obiettivo è creare reti di solidarietà” Chi arriva sa cosa sta cercando” dice Alessandra Giovanelli, pedagogista al centro per le famiglie di Carpi, dove si occupa della consulenza educativa ai genitori, dei progetti formativi e informativi a sostegno della genitorialità, e della mediazione familiare per genitori separati. Accanto a lei lavorano Elisabetta Vaccari, psicologa, come consulente alla coppia e alla famiglia, e Anna Maria Vecchi, sociologa, impegnata nei progetti affido e di sviluppo di comunità. Allo sportello InformaFamiglie&Bambini, aperto anche il sabato “per andare incontro, per esempio, alle mamme in attesa che lavorano fino al nono mese”, è seduta Roberta Losi, psicologa, insieme a Renzo Cucco. Sin dalla nascita, nel 1999, il centro è coordinato da Liana Balluga, formazione da sociologa e una lunga esperienza – tuttora in corso, per la verità – al settore minori dei servizi sociali del Comune. Quasi 250 le consulenze svolte ogni anno da Alessandra Giovanelli (“sin dall’università, ho sempre creduto nella pedagogia degli adulti”), e 190 quelle seguite da Elisabetta Vaccari: “Incontriamo perlopiù italiani, spesso originari di Carpi” rivelano. Alla mediazione familiare si sono rivolte nell’ultimo anno 12 coppie, 6/7 incontri ciascuna. Il target è medioalto, l’età si aggira sui 35-45 anni, con le donne a fare da apripista: “Noi puntiamo sul lavoro a tre, forniamo l’input per dare vita a una cultura, al passaparola tra genitori sull’utilità di una simile esperienza. L’obiettivo è creare reti di solidarietà sociale perché le famiglie si trovino tra di loro”. La strategia sembra funzionare, se è vero che ai primi incontri di promozione partecipavano 47 mamme e 3 papà, mentre oggi il rapporto è di 35 a 15. E non si pensi soltanto a papà diffidenti o senza tempo: sono le mamme che spesso faticano a lasciare via libera. Una realtà di 63.000 abitanti quella di Carpi, uno dei tre Comuni che coordina il programma InformaFamiglie&Bambini: “Dimensione perfetta, che ci consente di lavorare con altri servizi (neuropsichiatria infantile, pubblica istruzione, consultorio) attraverso invii reciproci o collaborazioni”. Più che a tavolino, le iniziative nascono dall’osservazione, come nel caso del corso per babysitter: “I genitori venivano a chiederci i nominativi e così, per il secondo anno, abbiamo deciso di offrire un corso di formazione. Terminate le lezioni, saremo in grado di fornire alle famiglie la lista dei frequentanti (nuove leve, ma anche baby-sitter esperte)”. Accomodamento al territorio e assimilazione sono i due “ binari seguiti dagli operatori: “Realizziamo proposte che generano bisogni. Adesso i genitori dicono «sappiamo che»”. Guai a scambiare le consulenze – 50 minuti per volta – per iter terapeutici: “Cerchiamo di capire il problema, di dargli un nome. Si procede suggerendo una strategia o con l’accompagnamento a un’altra struttura”. Per chi vive in città è difficile non conoscere il centro: “Ogni mese l’anagrafe ci aggiorna sui nuovi nati e noi spediamo un invito a tutte le famiglie” spiega Renzo Cucco, che conosce i dati di sportello. Abbondano le richieste per agevolazioni economiche: su 1543 accessi (contro i 1800 del 2005) sono 76 le domande per assegni ai nuclei familiari con almeno tre figli minori e 64 quelle per “Un anno in famiglia”, contributo del Comune per l’aspettativa facoltativa dal lavoro. Il record, però, spetta alle richieste per l’assegno di maternità: 86 lo scorso anno, più da stranieri che da italiani. Immediata la risposta: circolano volantini tradotti in arabo, pakistano e urdu. III dossier Progetto conciliazione Giugno 2007 Tempi di vita e tempi di lavoro: un rapporto difficile che merita risposte urgenti È partito da Modena il progetto per la realizzazione degli sportelli “InformaDonna” Tempopermettendo: rete regionale degli sportelli e dei servizi a sostegno dei bisogni di conciliazione” è il nome del progetto promosso dal Centro documentazione donna di Modena, cofinanziato dal Fondo sociale europeo e dalla Regione Emilia-Romagna. Uno strumento nato dall’urgenza di politiche concertate per affrontare il tema della conciliazione, in particolare nelle famiglie con responsabilità assistenziali del disabile. La rete, che garantisce informazione sulle opportunità del territorio e integrazione tra i servizi, agisce tramite un protocollo d’intesa sottoscritto a settembre 2006 dai 42 partner aderenti all’iniziativa: Province, Comuni, consiglieri di Parità, sindacati, associazioni di categoria, con la collaborazione delle commissioni Pari opportunità del territorio, dipartimento di economia politica dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Il progetto ha fornito strumenti e modelli operativi per la realizzazione, insieme alle istituzioni locali, di 15 sportelli InformaDonna – 10 reali e 5 virtuali – nei 14 Comuni coinvolti (Ravenna, Ferrara, Bologna, Rimini, Forlì, Reggio Emilia, Modena con la Rete provinciale costituita da Finale Emilia, Savignano sul Panaro, Maranello, Fiorano Modenese, Formigine, Sassuolo, Castelfranco Emilia) e nelle Province di Parma e Piacenza. La comunicazione con l’utenza segue un doppio senso di marcia: informazione e orientamento (per le domande più complesse sono previste consulenze su appuntamento), da un lato; raccolta dei bisogni di conciliazione dei diversi territori, dall’altro. “ IV Dal novembre 2006 gli sportelli utilizzano il portale Tempopermettendo.info quale strumento informativo e di servizi on line utile anche per lo scambio tra gli operatori della rete: il sito offre soluzioni salvatempo, consulenza sulle normative in merito a part-time, congedi e flessibilità, una banca dati attrezzata di procedure e modulistica per semplificare iter burocratici e amministrativi. Servizi pensati per i cittadini, ma che si rivolgono anche ai soggetti istituzionali deputati a occuparsi di politiche di conciliazione. “Le politiche di conciliazione necessitano di una completa istituzionalizzazione – devono diventare una priorità nell’agenda politica degli Enti locali – attraverso interventi complessi che sappiano fare riferimento all’intero sistema” spiega Caterina Liotti, presidente del Centro documentazione donna di Modena. Che sul campo significa: “Offerta dei servizi, promozione di trasformazioni culturali circa i ruoli nei compiti di cura all’interno delle famiglie e promozione di trasformazioni organizzative delle imprese”. La rete garantisce informazioni utili sulle opportunità offerte dal territorio: ad oggi sono 15, per 14 Comuni coinvolti, le strutture attivate in sinergia con gli Enti locali Bando regionale “Primo anno in famiglia” ono sedici i Comuni che hanno partecipato al bando regionale “Primo anno in famiglia” scaduto il 16 aprile scorso: un contributo dalla Regione EmiliaRomagna – per complessivi 500mila euro – ai Comuni singoli o associati che abbiano destinato, nell’anno finanziario 2005, proprie risorse in favore delle famiglie per interventi di sostegno alla natalità nel primo anno di vita e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Nel caso di assegno per il congedo parentale a tempo intero o parziale (al genitore in astensione facoltativa dal lavoro dopo la nascita), la Regione concorre fino al 40% delle risorse messe in campo dai Comuni. Per specifici interventi di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro che siano inseriti in un sistema di accordi locali tra enti pubblici e organizzazioni sindacali e imprenditoriali, il tetto coperto dalla Regione può raggiungere fino al 50% delle risorse attivate dai Comuni. Si tratta, per esempio, di progetti per azioni di modifica contrattuale, spese di approntamento del telelavoro, part-time o ingressi flessibili al luogo di lavoro. Al vaglio delle domande, attualmente in corso, seguirà l’approvazione dei comuni ammessi al finanziamento con delibera di Giunta. S Counseling genitoriale, concluso il progetto Interventi mirati e di sistema per risolvere le situazioni di disagio i è concluso il corso di formazione sul counseling genitoriale rivolto a 21 operatori dei centri per le famiglie dell’Emilia-Romagna che operano in servizi di supporto ai genitori. È in corso la raccolta di questionari e tesine, che saranno oggetto della giornata seminariale di presentazione del progetto, prevista dalla Regione in autunno. I centri inizieranno gradualmente a erogare un servizio pubblico e gratuito di counseling genitoriale ad approccio sistemico pluralista. Un approccio poco intrusivo, che affronta il qui e ora del disagio, senza isolare gli eventi della vita. L’operatore organizza l’intervento partendo da un punto di vista sistemico che considera il soggetto come parte integrante di un sistema familiare. Il servizio si rivolge alle famiglie (individui, coppie, genitori e figli, naturali, S acquisiti, adottivi e in affido, separatamente o tutti insieme) allo scopo di accompagnare i processi evolutivi e di crescita, affrontare e superare le crisi di transizione, migliorare la qualità della vita familiare e creare cambiamenti voluti in situazioni di difficoltà. Il corso è finalizzato a dotare i centri per le famiglie di professionisti con abilità di counseling genitoriale. Tale percorso formativo, al di là dei contenuti specifici, ha anche l’obiettivo di avviare un dialogo tra le diverse realtà della regione, creando un linguaggio comune tra tutti gli operatori dei centri per le famiglie emiliano-romagnoli impegnati nella realizzazione di servizi di supporto ai genitori. È questa la prima esperienza a livello nazionale di avvio di un servizio pubblico di counseling genitoriale così ampio e diffuso. il rapporto lnclusione sociale, obiettivi e progetti Emilia-Romagna prima regione in Italia a garantire assistenza medico specialistica nelle carceri, ma anche servizi per il miglioramento della qualità di vita dei detenuti focus A Bologna la “Giornata del rifugiato” P Attenzione continua al problema della detenzione da parte delle istituzioni regionali opo l’assistenza farmaceutica e l’intervento sulle tossicodipendenze, a partire dal primo giugno il servizio sanitario dell’EmiliaRomagna – prima Regione in Italia – garantisce l’assistenza medicospecialistica alle persone detenute nelle carceri regionali (circa 3.000, di cui l’8% con rilevanti problemi di salute). Lo prevede un’intesa tra il ministero della Giustizia e la Regione, firmata da Ettore Ferrara, capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, e Vasco Errani, presidente della Regione. All’intesa è legato un accordo attuativo siglato il 6 giugno da Nello Cesari, provveditore regionale alle Carceri, e Giovanni Bissoni, assessore regionale alle Politiche per la salute. Per le patologie (infettive e psichiaer fare il punto sul coordinamento delle azioni di triche) a più grande diffusione tra la accoglienza e il reinserimento lavorativo dei popolazione detenuta l’assistenza beneficiari dell’indulto sono state convocate, il 25 specialistica è garantita in tutti gli settembre e il 13 novembre 2006, due riunioni della istituti di pena dell’Emilia-RomaCommissione regionale per l’area penale. Per la prima gna. Nelle carceri di maggiori volta hanno partecipato, oltre ai Comuni sedi di carcere, dimensioni – Bologna, Modena, le Province, la Garante dei diritti delle persone private Parma – sono invece concentrati gli della libertà del Comune di Bologna e la Conferenza interventi relativi a prestazioni di regionale Volontariato giustizia. ginecologia, dermatologia, oculistiSe per il progetto I.n.d.u.l.t.o. – che prevede 106 borse ca, otorino, cardiologia. lavoro di sei mesi – la Cassa ammende del ministero I servizi delle aziende Usl regionali della Giustizia ha stanziato 317.999 euro, è anche vero rendono disponibili complessivache le misure nazionali per il reinserimento sociolavoramente 800 ore mensili di attività tivo dei beneficiari dell’indulto in Emilia-Romagna conprofessionale medicospecialistica, templano altri fondi. Partito a ottobre 2006, durerà fino con un impegno economico a cariall’aprile 2008 il progetto che impegna le casse del minico del Fondo sanitario regionale, stero del Lavoro: 11 milioni di euro destinati a 14 aree per il periodo giugno-dicembre metropolitane in Italia – tra le quali Bologna, con la 2007, pari a 500mila euro (che si Provincia capofila del progetto – per tirocini formativi e aggiungono a 1.200mila euro stanmisure di accompagnamento al lavoro di 2.000 indultaziati per l’assistenza farmaceutica di ti. Per ogni beneficiario è previsto un contributo al redditutto il 2007). to di 2.700 euro, così ripartito: 450 euro al mese per un La collaborazione del servizio sanimassimo di sei mesi o, in alternativa, 675 euro al mese tario consentirà all’Amministrazioper quattro mesi. All’impresa che assume l’ex detenuto ne penitenziaria di concentrare le per almeno un anno spettano sgravi fiscali e un contriproprie risorse sui servizi di base, buto di 1.000 euro. garantendo la continuità assistenProgetti di accoglienza per tossicodipendenti beneficiaziale sulle 24 ore nelle sedi carcerari dell’indulto prendono corpo grazie ai 3 milioni di euro rie con un numero consistente di del ministero della Solidarietà sociale. Il fondo fa capo detenuti. alle Province, Bologna capofila. La gestione delle cartelle sanitarie informatizzate, già in uso per gli D Dopo l’indulto P assistiti carcerati, contribuisce alla realizzazione di un sistema informativo sull’assistenza in carcere – che la Regione sosterrà con un contributo di 40mila euro – utile a monitorare gli interventi e la loro efficacia. La Regione scende in campo anche a favore delle politiche per l’inclusione sociale. Basti citare, tra gli interventi più recenti, il contributo di 400mila euro messo in campo per i Comuni sede di carcere nell’ambito del Programma finalizzato al contrasto di povertà ed esclusione sociale (2.226mila euro lo stanziamento complessivo). Obiettivo: azioni per la mediazione culturale, per il miglioramento della qualità della vita in carcere e il reinserimento sociale di detenuti ed ex detenuti. L’Emilia-Romagna dispone di una consolidata rete di sportelli informativi per la mediazione culturale nelle carceri. Il servizio, presente in tutti gli istituti penitenziari della regione, è supportato dalla formazione continua degli operatori e seguito da frequenti monitoraggi e discussioni collettive. Non solo: in alcuni casi coesistono sportelli provinciali di orientamento al lavoro (per problemi occupazionali e di permesso di soggiorno) oppure, come a Bologna, di mediazione sanitaria. Al miglioramento della qualità di vita dei detenuti lavorano gli Enti locali con interventi che spaziano dal reinserimento lavorativo alle borse lavoro, dal sostegno abitativo per le persone in area penale esterna alle azioni a favore della genitorialità, dai laboratori di scrittura creativa a gruppi di auto e mutuo-aiuto. Passando per l’informazione destinata a chi in carcere ci abita: perché spesso il filo si spezza proprio al momento di diffondere le opportunità. I progetti sono finanziati per il 70% dalla Regione, il resto è coperto dai Comuni, spesso aiutati dalla Provincia o da fondi europei. A seconda del numero dei detenuti, le risorse vengono distribuite pesando due volte gli stranieri per la quota relativa ai progetti di mediazione culturale in carcere. Inoltre l’anno scorso, grazie al Fondo sociale europeo 2000-2006 dell’Emilia-Romagna, hanno preso il via nuovi interventi per la formazione dei detenuti ed ex detenuti e la formazione congiunta del personale. Sul fronte del volontariato si è proceduto all’applicazione e al monitoraggio del Protocollo di definizione dei rapporti tra la Regione EmiliaRomagna, il Provveditorato regionale Amministrazione penitenziaria e Volontariato giustizia siglato il primo dicembre 2003. orre l’attenzione sul tema del diritto d’asilo e sulla condizione di coloro che raggiungono il nostro paese costretti da situazioni di guerra e persecuzione. È questo l’obiettivo del convegno – promosso dalla Provincia e dal Comune di Bologna – che il 22 giugno si terrà nel capoluogo emiliano. L’incontro vede la partecipazione di Anna Maria Dapporto, assessore regionale alla Promozione delle politiche sociali, che interverrà in merito al ruolo degli Enti locali nell’attuazione di politiche di accoglienza e integrazione per richiedenti asilo e rifugiati. Rifugiati, richiedenti asilo e titolari di protezione umanitaria: in Emilia-Romagna le stime parlano complessivamente di 2.000 persone, a cui vanno aggiunte le presenze ufficialmente non rilevate, provenienti da altre regioni italiane. I progetti degli Enti locali, attivi in sei province, offrono 205 posti di accoglienza. Numeri, questi, dai quali emerge la necessità di programmare e aumentare le iniziative per dare attuazione al diritto di asilo. La sfida: estendere l’attuale sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati in un’ottica di decentramento e di coinvolgimento di Regioni, Enti locali, associazionismo e società civile del territorio. 7 focus Salvare il futuro dei figli Storie di migranti dall’Est Giugno 2007 8 ronaca di vita documentata, di donne che vivono in Italia. Donne immigrate dall’Est, qui per assicurare un’educazione scolastica ai figli, per “avere una casa propria, con un pavimento vero”. Per questo sono partite. Contadine, insegnanti, infermiere, sarte, operaie, contabili, vigili, ingegneri. Due giorni di pullman, un passaporto turistico, chiedono corsi di italiano e di preparazione al lavoro. Irena Jagiello è stata la terza polacca a entrare a Carpi. Abitava a Cracovia, e una volta partita si è data da fare come insegnante, il suo mestiere: “Ho cominciato a lavorare con il vocabolario in tasca, col tempo ho insegnato italiano alle donne straniere per integrarle sul lavoro”. Oggi Irena presiede un’associazione nata nel 2002 per offrire luoghi di ritrovo, insegnare a interpretare le norme italiane, trasferire la cultura dell’autotutela. “Chiediamo normative che permettano alle badanti di rientrare ogni sei mesi nel loro paese senza il timore di perdere il lavoro”. Una professione migratoria, la loro. Ad Anna brillano gli occhi quando parla del suo paese. Unico momento di svago per la scarsa disponibilità di tempo di chi, come lei, è impegnata senza orari come assistente familiare, è l’incontro con le connazionali nella chiesa di S. Pietro a Reggio Emilia, dove tutte le domeniche pomeriggio il prete ucraino celebra la messa. Che “dura un’ora e tre quarti” dice orgogliosa. Storie come queste si leggono nella ricerca sulla C Esperienze di donne che lasciano il proprio paese per un lavoro e una casa vera zoom migrazione femminile dall’Est europeo in Emilia-Romagna curata dal Centro italiano femminile regionale. Dei 300.000 stranieri residenti in regione il 50% sono donne, in gran parte vengono dall’Est europeo e occupano, come assistenti familiari, quasi la metà del mercato lavorativo regolare. “I dati, però – avverte Flavio Delbono, vicepresidente della Regione – si riferiscono soltanto a coloro che possiedono un permesso di soggiorno e un alloggio stabile e che possono chiedere il riconoscimento della residenza presso gli uffici anagrafici”. Precisazione ancora importante, perché accanto a un mercato riconosciuto “c’è un universo difficilmente esplorabile che comprende le presenze irregolari e le domiciliazioni presso centri di accoglienza e presso famiglie che usufruiscono di servizi domestici e di assistenza senza la necessaria segnalazione ai Comuni e alle Questure”. Il XVI rapporto della Caritas evidenzia gli sviluppi dell’immigrazione femminile, che ha influito sulla graduatoria delle nazionalità facendo salire l’Ucraina dal quinto al quarto posto (l’85,5% sono donne che vivono soprattutto nella provincia di Bologna). Significative, a Bologna e in provincia, anche le presenze femminili da Polonia (77,2%), Moldavia (70,2%) e Romania (55,2%). A Bologna, Ferrara e Parma si apprezza – per le quattro etnie monitorate – un considerevole numero di permessi per studio, mentre le età prevalenti spaziano dai 30 ai 45-50 anni (più giovani le rumene e le moldave). La ricerca del Cif ricorda l’importanza delle organizzazioni sociali, che promuovono incontri – peraltro poco frequentati a detta degli organizzatori – con le collaboratrici straniere sull’importanza di stipulare un contratto di almeno 25 ore. Condizione minima, questa, per ottenere il ricongiungimento familiare e la carta di soggiorno, che, a differenza Sono oltre 33mila le imprese in regione, in particolare artigiane, con titolari extracomunitari Da operai a imprenditori, un fenomeno in crescita S ono oltre 350.000 le imprese attive in Emilia-Romagna. Più di 33.600 quelle con titolari di origine extracomunitaria, attori di primo piano con più di 12.000 ditte individuali artigiane. A fotografare le imprese artigiane, una ogni dieci abitanti, ci ha pensato l’indagine sull’imprenditoria regionale gestita da stranieri realizzata da Cna e Confartigianato con il patrocinio della Regione. Popolazione di riferimento le ditte individuali iscritte all’albo artigiani delle Camere d i commercio dell’Emilia-Romagna con titolari non comunitari, attive al 31 dicembre 2005, con inizio dell’attività successivo al primo gennaio 2002. Per un totale, secondo Unioncamere, di 8.173 unità. In gran parte giovani – il 69% dei titolari ha meno di 40 anni – vivono in Italia da oltre sei anni e vantano un passato da dipendenti qualificati: come tali, si sono progressivamente convinti di poter spendere autonomamente la propria professionalità; per il gusto di dover rendere conto solo a se stessi, secondo il 35% degli intervistati, per la possibilità di guadagnare di più, secondo un altro 34%. A fronte di un 86% di artigiani extracomunitari che viene in Italia per motivi di lavoro, non è da sottovalutare la percentuale (14,3%) di immi- grati che fa l’artigiano perché non è riuscito a inserirsi nel mercato del lavoro emiliano-romagnolo come dipendente. Quasi il 39% delle imprese hanno un’età compresa tra i due e i tre anni. L’accesso al credito è uno degli scogli più duri incontrati dai neoimprenditori, anche se arrivano al 20% le imprese che, compiuti i 4-5 anni, hanno superato le barriere all’ingresso. La location della nuova azienda viene scelta dal 71% di loro perché vicino alla propria abitazione o alla residenza di parenti e conoscenti. Quasi il 70% degli imprenditori non ha avuto alcun sostegno economico. Per accedere al credito il 22% degli artigiani ha usufruito dell’intermediazione delle associazioni di categoria, che in regione vantano adesioni elevate. Nell’80% dei casi gli imprenditori si dichiarano soddisfatti dell’associazione alla quale sono iscritti. Un successo per quello che è elemento chiave di mediazione e di supporto nell’integrazione economica e sociale di questi cittadini. Sul fronte delle aspettative, prevale l’ottimismo. L’attività è soddisfacente per oltre il 60% e soltanto il 3,4% esprime un’opinione totalmente negativa. Contro una minoranza (10%) che ha intenzione di rientrare nel paese d’origine, il 65% vuole rimanere in Italia. Decisione dettata dalla buona intonazione degli affari, ma anche dalla sostanziale assenza di discriminazioni (solo il 4 % del campione lamenta pregiudizi da parte dei clienti). focus del permesso di soggiorno, si rinnova ogni 5 anni e consente di lavorare senza problemi nei paesi dell’Unione Europea, Gran Bretagna esclusa. Gli incontri con le donne – coordinati da Laura Serantoni, presidente regionale del Centro italiano femminile e consigliera di parità dell’EmiliaRomagna – hanno dimostrato, tra le criticità, i problemi legati al rinnovo del contratto di lavoro, all’apertura dei flussi migratori, all’approccio con le istituzioni, “evitato perché le donne preferiscono rivolgersi alle associazioni di volontariato o alle parrocchie, comunque a persone o enti nei quali hanno fiducia”. Tra le urgenze riscontrate, ci sono soluzioni abitative adeguate, il potenziamento di attività informative, di tutela legale e di alfabetizzazione della lingua italiana, e sportelli per avvicinare donne migranti e istituzioni. Servizi alle famiglie e assistenza agli anziani sono i settori lavorativi nei quali prevale la componente femminile, in generale maggiore nei comuni capoluogo. A conferma, le parole di Tiziana Mozzoni, assessore alle Politiche sociali della Provincia di Parma: “Il segmento più rilevante nel quale si è manifestata la crescita occupazionale dei cittadini stranieri nel nostro territorio è stato quello del lavoro domestico e di cura presso le famiglie parmensi. Le donne provenienti, in particolare, da Moldavia e Ucraina costituiscono i nuclei più rappresentativi e ricercati dell’offerta di lavoro”. “Sono spesso modalità informali, invisibili e sommerse quelle attorno alle quali si costruisce il sistema di impiego delle assistenti familiari straniere” rivela Mozzoni. Di fronte a problematiche senza dubbio complesse, sono però possibili azioni a livello territoriale “utili ad attivare, da un lato, percorsi di inclusione e tutela dei diritti, dall’altro, processi di collaborazione tra gli operatori dei servizi pubblici e del privato sociale per lavorare di più sul sostegno alle famiglie e sul supporto alle lavoratrici”. Il Comune di Piacenza pensa alla creazione di un albo per le assistenti familiari, a tutto vantaggio delle famiglie, che in questo modo potranno reperire con facilità la persona più adatta, dribblando le insidie del mercato nero. “Oggi è possibile accedere al badantato soltanto per vie informali – spiega Leonardo Mazzoli, assessore ai servizi sociali del Comune nella Giunta in carica fino al maggio scorso – sarebbe invece opportuno dare alle famiglie un punto di riferimento al quale rivolgersi, che diventa anche elemento di qualificazione per le lavoratrici. Si pensa a una sorta di elenco al quale attingere nomi e curricula per dare garanzia e qualità a un lavoro delicato”. Per ora, il Comune offre corsi di lingua italiana e di formazione per l’attività di cura rivolti alle immigrate che vogliono fare questo mestiere. progetti Erlaim, europei a confronto S diritti Consulte di zona, un passo verso l’integrazione In corsa per la rappresentanza degli stranieri ittadinanza, partecipazione e diritti politici degli immigrati: questi i temi al centro del primo dei cinque seminari di lavoro previsti dal progetto Erlaim – finanziato sulla linea Inti del Fondo europeo per l’integrazione cittadini di paesi terzi – che pone l’integrazione in cima all’agenda di istituzioni, rappresentanti della società civile e associazioni dei migranti. In regione, nel corso degli anni, sono stati sperimentati diversi percorsi di rappresentanza di cittadini stranieri immigrati. Proviamo a ripercorrerli. “La prima esperienza in Italia è stata quella del consigliere comunale aggiunto del Comune di Nonantola all’inizio degli anni ’90” ricorda Andrea Stuppini, responsabile regionale del servizio Politiche per l’accoglienza e l’integrazione sociale. Negli anni successivi l’esperienza è stata ripresa da altri Comuni, tra i quali Novellara. “Nella seconda metà degli anni ’90, mentre il fenomeno immigrazione cresceva e si diversificava per nazionalità, si è diffuso il modello delle consulte, a garantire una rappresentanza pluralista, da diversi paesi. È il caso delle consulte provinciali di Modena e Reggio Emilia” spiega. Esperienze più significative negli ultimi anni, quando i cittadini stranieri sono stati chiamati a eleggere le consulte con voto diretto. “Oltre al Comune di Modena (1995, 1999 e 2004), i Comuni di Forlì e Cesena, dove il presidente della consulta siede in Consiglio comunale in qualità di consigliere comunale aggiunto, con diritto di parola”. Nel maggio 2002 a Rimini si è votato – prima volta in Italia – per una consulta provinciale. Più recente, a maggio 2003, l’esperienza del Comune di Ravenna, con affluenza alle urne di C cittadini immigrati pari al 25% degli aventi diritto (alcuni di essi, soprattutto donne, hanno votato per la prima volta nella loro vita). Nel corso del 2006 sono nate le consulte di Fiorano, Maranello, Formigine, Monzuno. In particolare si segnala, il 22 novembre 2006, election day a Ferrara, con il 22% di votanti stranieri per la consulta provinciale, il 17% per quella comunale. A fine aprile elezione della prima consulta di zona a Vignola, dove ha votato il 36% di stranieri residenti per eleggere il Forum per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri dell’Unione Terre di Castelli. “Così come previsto dal nuovo statuto, la Regione Emilia-Romagna continuerà a operare per arrivare alla concessione del diritto di voto amministrativo ai cittadini stranieri, prima delle scadenze elettorali del 2009 e 2010” assicura Stuppini. Intanto, lo scorso 31 maggio la consulta regionale si è dotata di un esecutivo ristretto, presieduto dall’assessore Dapporto. Oltre al vicepresidente Roland Jace (dell’Albania) per la provincia di Bologna, tre componenti italiani, in rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, del terzo settore, e delle organizzazioni imprenditoriali e dei datori di lavoro; e quattro stranieri, di provenienza diversa, per altrettante province: Africa (Camerun) per Ferrara, Asia (Cina) per Reggio Emilia, Europa comunitaria (Romania) per Ravenna, Europa non comunitaria (Albania) per Forlì-Cesena. Sul tavolo di lavoro la legge delega Bossi Fini: l’assessore Dapporto ha inviato una lettera ai ministri Amato e Ferrero invitandoli a procedere con decreto legge per aumentare la durata dei permessi di soggiorno e ridurre, attraverso il passaggio di competenze agli Enti locali, i tempi delle procedure amministrative per i rilasci e il rinnovo. trumenti e pratica locale sull’immigrazione. Partito lo scorso 26 marzo nell’ambito del network Erlai, che raccoglie regioni ed Enti locali europei sui temi di immigrazione e asilo, il progetto Erlaim coinvolge nove autorità regionali e locali europee di sette nazioni (Italia, Regno Unito, Spagna, Cipro, Slovenia, Grecia, Germania), coordinate dalla Regione Emilia-Romagna. Obiettivo, al termine dei 18 mesi di durata, è rafforzare la qualità delle azioni di progettazione e realizzazione di politiche che riguardano l’integrazione di soggetti provenienti da nazioni terze messe in essere, a livello regionale e locale, dai vari attori coinvolti. Questo a partire da quanto viene oggi svolto nei contesti territoriali di ogni partner progettuale e con un focus su cinque ambiti definiti: cittadinanza, partecipazione e diritti politici; comunicazione interculturale e figure di mediazione interculturale; infanzia; donne; partnership pubblico/privato per il sostegno all’integrazione. Ambiti che sono oggetto, oltre che di azioni di ricerca, anche di specifici momenti di approfondimento seminariale ospitati e organizzati dai diversi partner, a cominciare da quello di Bologna il prossimo 13 luglio. Le altre sedi previste sono Nicosia (in autunno), Siviglia, Atene e Valencia. Due le sessioni ospitate dal capoluogo emiliano: politiche europee e lettura delle esperienze dei partner, da un lato; partecipazione in Emilia-Romagna con interventi dei rappresentanti eletti nelle consulte, dall’altro. Due docenti e una ricercatrice delle Università di Trento e Bologna si recheranno nei paesi partner del progetto per individuare le best practice sui cinque temi qualificanti. Al riesame la disciplina dell’immigrazione Il disegno di legge Amato/Ferrero I l Governo è delegato ad adottare, entro dieci mesi e non prima di gennaio 2008, un decreto legislativo per il riesame della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero. Tra le novità previste dal disegno di legge (approvato il 24 aprile) presentato da Giuliano Amato, ministro dell’Interno, e Paolo Ferrero, ministro per la Solidarietà sociale, il voto come strumento di integrazione e partecipazione alla vita pubblica delle comunità locali dove gli stranieri vivono da molti anni e stabilmente. La riforma, sulla base della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale sottoscritta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, prevede l’attribuzione “dell’elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative a favore degli stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo”. Questo vorrà dire che gli stranieri con carta di soggiorno, che in base alla nuova normativa si può ottenere dopo cinque anni di residenza regolare in Italia, potranno votare o candidarsi alle elezioni comunali. 9 COME PAG 16 Giugno 2007 Accoglienza immigrati: arriva Arca Regione Parma in breve Siglato in Provincia il protocollo d’intesa per alloggi collettivi di seconda accoglienza destinati a lavoratori immigrati In campo contro il bullismo Modena 10 Al via SbulloUniamoci, il primo progetto distrettuale per un patto educativo tra scuola e territorio a preso il via il primo progetto distrettuale per la prevenzione del bullismo dell’Unione Terre d’argine. SbulloUniamoci, questo il nome, è promosso dall’assessorato ai Servizi educativi e scolastici dell’Unione Terre d’argine, dalle Istituzioni scolastiche statali e paritarie che hanno sottoscritto il Patto per la scuola, e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi. L’iniziativa, che si concluderà a giugno 2008, mira ad avviare un intervento coordinato e in rete tra scuole, Enti locali, famiglie e associazioni (centri aggregativi, doposcuola, gruppi di volontariato) per contrastare il bullismo e il disagio dei giovani nei territori dei Comuni delle Terre d’argine. Si parte con una ricerca conoscitiva sul disagio di relazione dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni attraverso la distribuzione di un questionario a un campione di oltre 1450 studenti (sul totale dei 2600 H QUALITA’ SOCIALE Direttore responsabile: Roberto Franchini Redazione Contesto Srl redazione@contestoweb.com Segreteria di redazione Savino Dalmonte, Elisabetta Miranda Editore Regione Emilia-Romagna Registrato presso il Tribunale civile di Bologna al n. 6651 in data 28.2.97 Progetto grafico Contesto Srl Immagini Meridiana Immagini/Voli soc. coop Elisabetta Baracchi Stampa Pazzini Editore - Villa Verrucchio RN del distretto), a 1200 famiglie e a tutti i 350 docenti delle sette scuole medie coinvolte. Bisogna, invece, aspettare ottobre per i percorsi di educazione socioaffettiva rivolti agli alunni di almeno 14 classi (due per ogni istituto); i percorsi formativi per insegnanti, operatori del territorio e genitori, finalizzati alla conoscenza del fenomeno e allo sviluppo di una preparazione adeguata; gli interventi di inclusione sociale personalizzati per chi ha maggiori difficoltà di inserimento. Fondamentale è l’apporto della Fondazione Cassa di risparmio di Carpi che, oltre a cofinanziare il progetto, contribuisce ad assicurarne la qualità e la continuità attraverso le proprie competenze e il monitoraggio costante degli impatti sul territorio. Il progetto ha un costo complessivo di 113.000 euro, di cui 50.000 provenienti dalla Fondazione Cassa di risparmio di Carpi, 7.000 dagli istituti scolastici, 56.000 dai Comuni prono gli sportelli migranti di Bologna (via Casarini 17/4, tel 0516493234), Reggio Emilia (via F.lli Manfredi 14, tel 3463954105) e Rimini (via XX Settembre 20, tel 0541781635): un servizio di informazione e orientamento rivolto ai cittadini stranieri e a tutti coloro che necessitano di una guida pratica sulle procedure per l’ingresso e il soggiorno dei migranti. Accesso libero e gratuito alle informazioni su lavoro, formazione, assistenza sanitaria, casa, diritto all’asilo. A Regione L L’operazione è possibile grazie all’attivazione di un fondo di rotazione per l’anticipo del deposito cauzionale (tre mensilità), che l’associazione deve restituire entro 12 mesi dalla sottoscrizione del contratto. È prevista la copertura dei rischi di morosità nel pagamento del canone fino a un massimo di 2.500 euro e – per la stessa cifra – degli eventuali danni procurati all’immobile dal locatario, attraverso Acer di Parma. E ancora, l’attivazione di un fondo di solidarietà a carico degli inquilini per eventuali insolvenze e spese impreviste, gestite dalle associazioni di riferimento. Il progetto Arca nasce sulla base dell’esperienza condotta dal 2002 con il Fondo di Garanzia che ha consentito la messa a disposizione da parte degli enti coinvolti di 326.000 euro per un’azione congiunta (in tutto oltre cento contratti di affitto), di cui è responsabile la Provincia, mirata a fornire garanzie ai proprietari di immobili che affittano a immigrati dipendenti di aziende del territorio. Il protocollo è dunque un ulteriore passo per sostenere la locazione di alloggi di seconda accoglienza, attraverso l’intervento diretto di associazioni di immigrati quale soggetto di mediazione e di gestione degli interventi, con la stipula di contratti di locazione con privati. Da Bologna, Reggio Emilia e Rimini un servizio di informazione e orientamento per cittadini stranieri Operatori preparati offrono un sostegno nel percorso di rinnovo del permesso di soggiorno e della richiesta di ricongiungimento familiare in quello che può diventare punto di ascolto e di denuncia dei diritti negati o violati. L’iniziativa è realizzata dalle associazioni Ya Basta! di Bologna e Reggio Emilia e Rumori sinistri di Rimini in collaborazione con il progetto Melting Pot Europa e grazie alle risorse gestite da VolaBo, centro servizi per il volontariato della Provincia di Bologna. Via le barriere, ci pensa la Regione La Regione a favore di anziani e portatori di handicap: in arrivo le risorse per abbattere le barriere architettoniche nelle abitazioni tanziate le risorse regionali per abbattere le barriere architettoniche nelle abitazioni, a favore di soggetti anziani o portatori di handicap. Sono 3.138 le domande presentate dai cittadini di 264 Comuni emiliano-romagnoli. La maggior parte degli interventi riguarda persone con invalidità totale, i tre quarti soggetti anziani. Il 64% dei richiedenti vuole S eliminare esclusivamente barriere che ostacolano o impediscono l’accesso all’alloggio. Obiettivo: l’installazione di meccanismi di servo scala, di un elevatore, adeguamento di spazi interni agli alloggi. Sono ammessi a ricevere i contributi anche gli eredi degli invalidi che avevano presentato domanda – accolta dal Comune di residenza – e realizzato i lavori. Regione a creazione di un fondo, chiamato Arca, a sostegno di alloggi di seconda accoglienza per lavoratori immigrati dipendenti (con contratto a tempo determinato o a progetto) di aziende del territorio. È l’idea alla base del protocollo d’intesa siglato a Parma dai soggetti promotori: oltre alla Provincia, i quattro Comuni capodistretto (Fidenza, Borgotaro, Parma e Langhirano), Fondazione Cariparma, Unione parmense industriali, Caritas diocesana, Centro per l’immigrazione, asilo e cooperazione internazionale e l’Azienda casa Emilia-Romagna di Parma. L’iniziativa è rivolta ai lavoratori immigrati, con lavoro precario, che dopo un primo periodo di accoglienza presso i dormitori e i centri di accoglienza d’emergenza, non avendo raggiunto un’indipendenza economica sufficiente, necessitano di un tempo ulteriore di accoglienza per accedere al mercato degli affitti. Per ogni distretto, a partire da quello di Parma, sarà attivato un alloggio collettivo per 8/10 persone attraverso l’intervento diretto delle istituzioni locali e delle associazioni di immigrati (responsabili – in quanto intestatari dei contratti di locazione – nei confronti dei proprietari degli immobili). Apre lo sportello migranti Nati per leggere...parla in più lingue Un invito alla lettura: in Romagna parte la campagna multilingue a favore dei più piccoli l progetto Nati per leggere, promosso dalla Provincia di Ravenna, ha un nuovo alleato: un depliant in sei lingue (italiano, cinese, arabo, albanese, francese, inglese) diffuso in tutta la Romagna a cura delle Aziende sanitarie e delle Province di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini. L’opuscolo informativo raggiunge i pediatri di libera scelta, i consultori vaccinali, le scuole dell’infanzia, i centri bambinigenitori, le biblioteche per ragazzi della Romagna e i servizi educativi di tutta la Regione. Scopo della campagna di comunicazione è valorizzare la pratica della lettura ad alta voce di buoni libri a bambini molto piccoli. L’iniziativa si inserisce in un progetto che guarda alla qualità della I vita del bambino, ma anche alle relazioni affettive con i genitori e gli adulti che si prendono cura di lui. L’intenzione è di coinvolgere tutte le famiglie con bambini da zero a sei anni, presentando loro i benefici di una lettura precoce. Un aiuto viene anche dal territorio: le biblioteche pubbliche sono attrezzate per offrire in consultazione e prestito libri per tutte le età (la rete della Romagna comprende 110 biblioteche, di cui circa la metà con una sezione dedicata ai piccolissimi); i pediatri dispensano consigli sul benessere psicofisico del bambino, senza trascurare l’invito a un momento di lettura; le scuole dell’infanzia, i centri bambini-genitori, gli asili nido prestano attenzione ai tempi della lettura. in breve Rimini Bologna Infopoint gratuito per stranieri Inaugurato il centro per la consulenza agli immigrati: informazioni su casa, lavoro, tutela legale n nuovo centro di informazione rivolto ai cittadini stranieri è stato inaugurato dall’associazione interculturale Universo. All’interno del Cassero di Porta Galliera, in piazza XX Settembre 7, si dispensano informazioni sulle procedure di regolarizzazione e di cittadinanza degli immigrati, ma non solo: i ragguagli spaziano dal permesso di soggiorno al ricongiungimento familiare, dalla ricerca della casa U Poveri sempre più invisibili Presentato il “Rapporto sulle povertà 2006” della Caritas diocesana. La struttura apre una seconda accoglienza Regione A ucraini, rumeni, moldavi). Quasi il 60% è irregolare, il 77% è disoccupato, oltre il 48% ha un diploma o una laurea. Non si tratta di poveri di passaggio: il 40% ha un’abitazione stabile. Molti tornano più volte a chiedere aiuto. Per fermare il numero di ritorni (quasi 1.700) nella nuova ala della Caritas è stata aperta a marzo una seconda accoglienza - che dura dai tre ai sei mesi ma può arrivare fino a un anno - dove sono già ospitate un decina di persone. La struttura riminese accoglie oltre la metà dei poveri: nel 2006, 2.288 presenze, 50mila pasti offerti, 443 ospiti del dormitorio, 1.230 pacchi viveri. In via Madonna della Scala è attivo anche il centro servizi per immigrati al quale si sono rivolte 1.800 persone. Assegni formativi dalle Province Al via i bandi provinciali 2007 per l’assegnazione dei voucher: il catalogo dei corsi va on line ubblicati i bandi provinciali 2007 per l’assegnazione di voucher per la formazione continua e permanente. Si tratta di contributi finanziari – assegni individuali – dell’importo massimo di 1.200 euro, che le nove Province della regione assegnano ai richiedenti in possesso delle caratteristiche previste dalla normativa di finanziamento indicata nei bandi. Il buono consente di frequentare, in modo agevolato, uno dei corsi inseriti nel catalogo elettronico regionale e suddivisi in base alle aree di interesse: contabilità e gestione di impresa; informatica; customer satisfaction; competenze organizzative/trasversali/linguistiche; sicurezza e ambiente; processi aziendali. I corsi sono organizzati da enti di formazione che accedono al catalogo solo se in possesso dei requisiti previsti dalle direttive regionali. Per il 2007 sono al momento P disponibili soltanto le risorse della Legge 236/93, per i lavoratori - di qualsiasi impresa privata che versi i contributi integrativi per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria con contratti di lavoro a tempo pieno o parziale, a tempo determinato o indeterminato, o di collaborazione coordinata e continuativa, inseriti nelle tipologie contrattuali a orario ridotto, modulato o flessibile e a progetto previste dalla Legge n. 30/2003. Il valore del voucher non può superare l’80% del costo del corso indicato sul catalogo: l’utente è tenuto a pagare il restante 20% o una quota superiore, se la cifra supera i 1.500 euro. Al momento dell’iscrizione l’ente che organizza i corsi può chiedere ai partecipanti una cauzione, come garanzia di frequenza (obbligatoria per almeno il 70% delle ore) fino al 50% della quota di partecipazione. On line la Carta dei valori Dai diritti sociali degli immigrati alla condivisione delle regole della società italiana a on line la Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione, il documento elaborato dal comitato scientifico nominato a ottobre 2006 da Giuliano Amato, ministro dell’Interno, nel quadro delle iniziative per l’integrazione e la coesione sociale. Obiettivo: spiegare i valori e i principi validi per tutti coloro che desiderano risiedere stabilmente in Italia. ImmigrazioneOggi ha contribuito V Piacenza ncora grave, a Rimini, il problema delle nuove povertà. Almeno stando ai dati del “Rapporto sulle povertà 2006” realizzato dall’Osservatorio diocesano. Sono poveri più invisibili perché non fanno la fila per la doccia, non si siedono in mensa per un pasto, ma per far quadrare i conti devono chiedere un aiuto a fine mese. L’anno scorso sono stati prestati quasi 250mila euro a 129 famiglie, la metà italiane, in gran parte con separazioni e abbandoni alle spalle. A questo fenomeno in crescita esponenziale si affiancano altre povertà. Nel 2006 ai 13 centri d’ascolto Caritas presenti in Diocesi sono arrivate 4mila persone: età media tra i 25 e i 44 anni, l’80% stranieri (in prevalenza e del lavoro alla consulenza legale o burocratica. Sono previsti anche corsi di alfabetizzazione in lingua italiana, consulenze in materia di tutela contro la discriminazione e, per i cittadini stranieri di passaggio a Bologna, un servizio di orientamento. La consulenza – tutti i giorni dalle 10 alle 21 – è gratuita, così come l’accesso a Internet (riservato ai soci di Universo). alla divulgazione on line del testo realizzando una versione digitale tradotta in albanese, arabo, cinese, francese, inglese, romeno, spagnolo e ucraino. Insieme alla versione in tredici lingue dei primi 44 articoli della Costituzione italiana – on line dal mese di gennaio – l’iniziativa si inserisce nel progetto editoriale che diffonde tramite internet i valori fondanti la società italiana in modo comprensibile per chi ancora non conosce bene la nostra lingua. Contro lo sfruttamento sessuale Il Comune parte civile contro reati di tratta, riduzione in schiavitù e sfruttamento sessuale. Consulenza e assistenza legale sul campo, grazie all’esperto giuridico ei giorni scorsi la Giunta comunale di Piacenza ha approvato una delibera di indirizzo, presentata dal servizio Avvocatura in collaborazione con il settore Servizi sociali (area Adulti e area Minori), nell’ambito del programma di consulenza e assistenza legale alle categorie sociali più disagiate. Il Comune di Piacenza si costituirà parte civile nei processi penali contro gli autori dei reati di tratta, riduzione in schiavitù e sfruttamento sessuale a fianco delle donne assistite dal progetto per recuperare i costi sostenuti e il danno subito nei confronti di coloro che si rendono colpevoli di reati conseguenti allo sfruttamento sessuale. Il Comune tenterà di rivalersi sul patrimonio illecitamente costituito sulla pelle delle vittime degli sfruttatori. Il programma ha preso il via nel 2004 con l’attività di formazione da parte della Regione Emilia-Romagna dell’esperto giuridico, figura dedicata che ha sviluppato competenze in tema di tutela dei minori e ha affiancato i servizi sociali nei procedimenti giudiziari relativi. L’esperto giuridico del Comune di Piacenza (uno dei pochi Comuni in Italia ad aver formato una figura professionale specifica) a partire dal 2006 presta attività di consulenza e assistenza legale, oltre a mettere in pratica il programma di integrazione sociale previsto dal progetto “Oltre la strada”. Realizzata per il 70% con finanziamenti statali e per il 30% con finanziamenti regionali e comunali, l’iniziativa prevede la presa in carico da N parte dei Servizi sociali comunali per l’accompagnamento alla costruzione di una nuova autonomia personale – dalla ricerca di un alloggio e di un lavoro all’assistenza sanitaria, al sostegno psicologico – delle vittime di tratta che, sostenute, trovano il coraggio di uscire da una pesante condizione di schiavitù. Un importante progetto a tutela degli interessi della città e della sua cittadinanza, nel campo delle azioni per la sicurezza in collaborazione con le Forze di Polizia dello Stato. 11 agenda Giugno 2007 Bandi Forlì, scadenza 31 agosto Premio “Dare vita agli anziani” Scadenza 28 settembre Tesi sull’imprenditoria femminile Presentare una poesia o un racconto: basta questo per partecipare al premio letterario “Dare vita agli anziani”. Alla sua ottava edizione, il concorso organizzato dall’Auser volontariato di Forlì introduce quest’anno una novità: è stata istituita la sezione speciale dal titolo “Ricordare per non dimenticare”, rivolta a tutti gli scrittori testimoni di un tempo passato che non c’è più. Il concorso, gratuito, è aperto a tutti, con un unico avvertimento: le composizioni, rigorosamente inedite, non dovranno superare le cinque cartelle. Il plico con tutte le informazioni (titolo del lavoro, nome, cognome, indirizzo e telefono dell’autore) deve essere spedito entro il 31 agosto 2007 in triplice copia all’indirizzo Auser viale Roma 124, 47100, Forlì. Per saperne di più, rivolgersi allo 0543.404912. Al via la nuova edizione del concorso della Cna Emilia-Romagna per tesi di laurea e lavori di ricerca sulle imprese in rosa. Il bando, aperto dal 24 aprile al 28 settembre 2007, è stato organizzato con l’obiettivo di stimolare lo studio sulle tematiche della costruzione di impresa al femminile, di indagare le dinamiche e ricercare nuovi strumenti di sviluppo. Il progetto vincitore riceverà una borsa di studio del valore di 3.000 euro. L’iniziativa è promossa da Cna Impresa Donna Emilia-Romagna in collaborazione con Cna Impresa Donna Forlì-Cesena (nell’Anno europeo delle pari opportunità per tutti) sotto l’alto patronato di Ueapme e con il patrocinio del dipartimento per i Diritti e le pari opportunità della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Forlì-Cesena, dell’assessorato alla Partecipazione civica del Comune di Forlì, della Camera di commercio di Forlì Cesena e dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Possono partecipare alla selezione tutti i giovani laureati e laureandi italiani e stranieri, dottori di ricerca e dottorandi di tutte le discipline delle università italiane con lavori realizzati negli ultimi tre anni accademici non presentati in precedenti edizioni del bando. Per informazioni più dettagliate, rivolgersi a Cna Impresa Donna Emilia-Romagna, tel. 051.6099473, com.imp.donna@er.cna.it. Appuntamenti Bologna, 13 luglio Primo seminario del progetto Erlaim Bologna, 19-20 ottobre Incontro Anffas onlus 2007 Cittadinanza, partecipazione e diritti politici dei cittadini stranieri sono al centro del primo seminario del progetto Erlaim ospitato nel capoluogo emiliano. Sotto esame i risultati preliminari dell’indagine Erlaim, le policie in Europa e le politiche nazionali e regionali per la partecipazione attiva dei cittadini stranieri. All’incontro (con inizio alle 13) partecipano l’assessore Anna Maria Dapporto e Andrea Stuppini, responsabile regionale del servizio Politiche per l’accoglienza e l’integrazione sociale. Intervengono amministratori locali, rappresentanti degli stranieri nelle consulte regionali, rappresentanti delle parti sociali e del terzo settore. Per informazioni, Marzio Barbieri, tel. 0516397103, mabarbieri@regione.emilia-romagna.it; Lilia Tubertini, tel. 0516397359, ltubertini@regione.emilia-romagna.it. In occasione dell’Anno europeo delle pari opportunità per tutti, appuntamento a Bologna (nella sala polivalente della Regione) per due giornate interamente dedicate ai temi dell’uguaglianza e della non discriminazione. Di questo si discuterà nel corso della Conferenza di rilievo nazionale sulle pari opportunità organizzata all’Anfass, l’associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna. Per partecipare e ricevere maggiori informazioni, è possibile contattare la sede romana di Anffas al numero 06.3611524 oppure scrivendo all’indirizzo email nazionale@anffas.net. libri Disabili, la nuova guida alle agevolazioni fiscali Una guida alle agevolazioni fiscali pensata su misura per le esigenze di persone con disabilità. L’hanno realizzata l’Agenzia delle entrate e la Regione Emilia-Romagna per venire incontro ai bisogni della popolazione regionale con disabilità, che chiede di poter vivere in una casa dotata di attrezzature e spazi adatti alle proprie esigenze, di utilizzare ausili per partecipare attivamente alla vita sociale, di acquistare un automezzo speciale per muoversi in libertà e autonomia. Alla sua seconda edizione, la guida torna in campo forte del successo del 2006 e della richiesta da parte delle persone anziane e con disabilità, delle associazioni che le rappresentano e degli operatori dei servizi che hanno il compito di orientare i cittadini. Uno strumento con tutte le informazioni sulle principali agevolazioni in tema di accessibilità, mobilità, assistenza e sul sistema regionale dei servizi sociali. “Il nostro obiettivo – spiega nella prefazione Anna Maria Dapporto, assessore regionale alla Promozione delle politiche sociali – è offrire non soltanto prestazioni assistenziali, ma anche informazioni e competenze per riuscire a sostenere al meglio l’autonomia della persona ed anche il lavoro di cura dei familiari, che sono due risorse fondamentali per l’intero sistema delle politiche sociali”. Si parte con un richiamo all’intero panorama di agevolazioni previste dalla legislazione vigente: per i figli a carico, i veicoli, gli altri mezzi di ausilio e i sussidi tecnici e informatici; per l’abbattimento delle barriere architettoniche, le spese sanitarie, l’assistenza personale. Uno ad uno, gli argomenti sono esposti nei capitoli a seguire, dove il linguaggio tecnico e ricco di riferimenti normativi si rivela fruibile da tutti. In aiuto al lettore, una serie di tabelle riportano gli aventi diritto, le tipologie di certificazione, i casi particolari, ma anche i riferimenti dei centri provinciali per l’adattamento dell’ambiente domestico. La pubblicazione della guida rientra nel programma di iniziative avviato già da alcuni anni dalla Regione per favorire la domiciliarità di anziani e disabili, non soltanto con contributi e agevolazioni economiche, ma anche con servizi di informazione e consulenza. I contributi per la mobilità privata e l’adattamento della casa previsti dalla legge regionale n. 29/97, l’esenzione dal bollo auto per tutte le persone in situazione di handicap grave, i centri regionali e provinciali di informazione e consulenza per gli ausili e l’adattamento dell’ambiente domestico sono alcune delle iniziative promosse in questi anni da Regione, Enti locali e Aziende Usl. Stampato in 16mila copie, il volume è disponibile e scaricabile da emiliaromagnasociale.it e su altri siti della Regione Emilia-Romagna e dell’Agenzia delle entrate ed è presente presso i 25 uffici locali dell’Agenzia delle entrate e presso i 10 centri provinciali per l’adattamento dell’ambiente domestico. U Come ricevere QS: Scrivere a redazione Qualità Sociale c/o Assessorato alla Promozione delle politiche sociali Viale Aldo Moro, 21 - 40127 Bologna qualitasociale@regione.emilia-romagna.it www.regione.emilia-romagna.it/QS