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Numero 2 - 2011, Anno XIV
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After Sales
In questo numero
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l'Editoriale
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dalle Associazioni
Informa Farmaco ancora più esteso 10
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Attualità
La farmacia rurale
Piano rientro del Piemonte
19
SPECIALE
32
Gestire la farmacia
I Valdesi: un popolo-chiesa
Saper far di conto
Formazione
34
37
40
Le reazioni avverse a farmaci
La partecipazione di Federfarma ai Martedì Salute
Sarà naturale la cosmesi del futuro?
41
Notizie dalle aziende
l'Architetto in farmacia
44
Convenzioni card farmacia amica
42
Una ristrutturazione all'insegna del colore
Una pubblicazione
Direttore responsabile
Luciano Platter
Caporedattore
Elisabetta Farina
Piemonte
Iscrizione al tribunale di Torino
n° 5271 del 24.5.99
Comitato di redazione
Simona Arpellino
Marco Canavoso
Andrea Colombo
Marco Cossolo
Andrea Garrone
Hanno collaborato
Luca Bruschi
studio Fanelli
Redazione
c/o SGI srl
Società Generale dell’Immagine
Via Pomaro 3 - 10136 Torino
Tel. 011.35.99.08 - 329.07.02
Fax 011.329.06.79
e-mail: info@sgi.to.it
Progetto, realizzazione
grafica e pubblicità
SGI srl
Stampa
La Terra Promessa Onlus
NOVARA
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l'EDITORIALE
ADDIO RINALDO
Al momento di andare in stampa, ci giunge una notizia che, benché
fosse da tempo nell’aria, lascia tutto il mondo della farmacia torinese e
piemontese attonito.
La dipartita del dottor Rinaldo Boggetto non coinvolge infatti solo il
lato umano, colpito da una perdita di un personaggio di alto valore,
ma si proietta come un cono d’ombra su tutto il mondo delle nostre
farmacie, d’ora in poi prive di un sicuro punto di riferimento quale
Egli era stato fin dalla fondazione delle nostre Associazioni Titolari
nell’immediato dopoguerra, ed era tuttora.
Oltre sessant’anni spesi al servizio della farmacia, con un’opera a volte
silenziosa ma sempre efficace di supporto alla nostra attività, con
ispirati e precisi consigli in materia contabile e fiscale che l’avevano
trasformato, agli occhi dei titolari, da professionista a consigliere, confessore e, soprattutto, amico.
Non c’è stato momento della vita associativa in cui il dottor Boggetto non abbia fornito un sostanziale
apporto di conoscenza e di saggezza. Anche le problematiche più astruse ed enigmatiche venivano
da lui affrontate con una serenità che permetteva di dipanarle e portarle a compimento.
Inutile dire che il cordoglio per la sua scomparsa ha coinvolto tutti i titolari, non solo di Torino.
Ai suoi eredi, la moglie Vera e il figlio Carlo, vada il cordoglio ed il sincero abbraccio di tutti i lettori di
Farmacia Amica.
Per ricordarne l’opera, ma soprattutto l’umanità, pensiamo non vi sia forma migliore che allegare il
commosso e coinvolgente ricordo che il figlio Carlo, con voce rotta dall’emozione, ha dedicato nel corso
del funerale al suo caro Papà.
l'EDITORIALE
Luciano Platter
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Era un uomo d’altri tempi. La cortesia, la correttezza, la stretta di mano, il servizio
agli altri per lui rappresentavano un patto di reciproca stima e fiducia nel prossimo.
Ma allo stesso tempo era moderno: si metteva sempre alla ricerca della sintonia con la persona
che aveva davanti, la studiava, la capiva e la metteva al centro della sua attenzione, aveva come
delle antenne per captare l’umore delle persone ed adattarvisi.
Non faceva mai il protagonista: era attento, diplomatico, intelligente, a volte anche furbo
nelle soluzioni, ma era anche modesto e faceva della sua modestia, del profilo basso, il suo
carattere principale e vincente.
Non si agitava mai, sembrava possedere un tempo infinito a disposizione dell’interlocutore,
del cliente, dell’amico.
Non era l’uomo dei fronzoli, delle cose difficili, ma faceva della concretezza e della semplicità
la sua dote migliore, che diventava la caratteristica principale del suo profilo professionale.
Non era un professore, un insegnante. Da questo punto di vista non ci sapeva proprio fare: o
si agitava o si scocciava. Mi diceva: “stai vicino a me e cerca di capire da solo”. Frequentarlo
era l’unica maniera per comprendere la sua filosofia di lavoro e di vita.
Facile a dirsi, anche bello, ma difficile da ripetere. Una delle prime cose che capii fu che non
lo potevo imitare, eravamo troppo diversi e lui troppo naturale nel suo comportamento:
riflessivo, costante, ordinato, geneticamente organizzato.
Per lui il lavoro era come un valzer lento, con un ritmo dolce e ben definito, cadenzato.
Ma per il grande affetto, la stima che ispirava e l’attaccamento alla sua persona mi sono
applicato e sforzato di fare cose compatibili e comunque in linea con la sua filosofia; alla
fine ci siamo integrati ed abbiamo raggiunto una complementarietà ed una complicità quasi
perfetta.
Io come scelta istintiva avrei fatto tutt’altro nella mia vita ma poi, da lui lontanamente blandito
ed affascinato dal suo ragionare logico, ho deciso di seguire il suo lavoro. Come avrei potuto
dire di no ad un uomo ed un padre così carino, gentile, attento sempre ai tuoi problemi, così
“easy” da rendere tutto sereno, armonico, quasi facile?
Spesso mi sono chiesto: ma che scuole ha fatto costui? Sembrava avesse studiato per diventare
Ambasciatore, per una carriera diplomatica, invece prima Ragioneria e poi Economia e
Commercio al serale perché dall’età di 16 anni aveva dovuto iniziare a lavorare per necessità
della famiglia, essendo la madre rimasta vedova in ancor giovane età.
Sono i miracoli, le cose che non sappiamo spiegare di quel particolare periodo del dopoguerra
in cui il nostro Paese raggiunse i livelli più alti nella cultura e nel miracolo economico.
Il tempo è inclemente e crudele e quindi già oggi molti nuovi titolari di farmacia non sanno
chi egli sia stato e cosa abbia fatto per la categoria ma, viceversa, tanti che lo hanno conosciuto
ed apprezzato, ancora recentemente mi chiedevano di lui, della sua salute e mi dicevano di
salutarlo.
Molti mi hanno raccontato di situazioni e circostanze per loro importanti, nelle quali erano stati
aiutati professionalmente ed umanamente ed alcuni hanno affermato che senza quell’aiuto,
senza quel consiglio oggi non sarebbero quello che sono o non avrebbero realizzato il loro
progetto di lavoro.
Non è mai stato particolarmente religioso, così come molti di coloro che hanno studiato dai
preti; soprattutto non amava i gesti esteriori, l’ipocrisia di una certa religiosità formale, ma
è sempre stato rispettoso e praticante, non ha mai fatto del male a nessuno e, soprattutto,
non conosco altra persona che avesse nella propria natura il mettersi al servizio degli altri ed
aiutare gli altri anche se non richiesto, senza differenze di ceto sociale ed in modo naturale.
Insomma, credo che la sua parte di Paradiso, Papà se la sia proprio guadagnata.
Carlo
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Riportiamo l'intervista al dottor Rinaldo Boggetto pubblicata nel
volume realizzato in occasione della ristrutturazione della sede di
via Sant'Anselmo 14
Gli scopi dell’Associazione
Sulle ceneri fumanti della guerra, l’Associazione Piemontese fra i Proprietari di Farmacia nacque
innanzitutto per l’approvvigionamento dei materiali, “facendo così risorgere - dice lo Statuto approvato
il 15 maggio 1949 - quanto nel 1852 i Farmacisti torinesi iniziarono con l’istituzione dell’Antica Società
fra farmacisti degli Stati Sardi e che continuarono poi fino ai tempi nostri attraverso la Società di
Farmacia di Torino”.
Tassa di iscrizione: 500 lire. Soltanto 10 lire per i rurali con indennità di residenza.
Dopo aver provveduto anche a rifornire le farmacie, negli anni successivi l’Associazione si dovette
occupare sempre più dell’aspetto fiscale. “Nel ’48-’49 - racconta il dottor Boggetto - il Fisco ebbe il
coraggio di far pagare alle farmacie non distrutte dai bombardamenti “l’imposta sulla congiuntura”,
una tassa per i proventi derivati dalla sparizione delle farmacie vicine e concorrenti bombardate”. Il
presidente Pasquale Bruno chiamò scandalizzato a raccolta i colleghi con una circolare telegrafica:
“Venite che ci difendiamo!”. L’unione faceva la forza. Secondo lo Stato, chi non aveva subito danni era
da considerarsi beneficiato e quindi ricevette le cartoline di congiuntura. Si andò a trattare all’Ufficio
Imposte in via Roma, e i farmacisti vinsero la battaglia. L’unione fece la forza anche quando si trattò di
discutere sui contestati concordati definitivi d’imposta entrati in vigore nel 1947: “Singolarmente - si
legge sul verbale del 15 maggio 1949 - non sarebbe stato possibile dimostrare agli uffici competenti
la realtà della situazione della Farmacia. Prova ne è che quelle poche farmacie che non hanno voluto
accettare le proposte dell’Associazione non hanno a tutt’oggi concordato l’Ige per l’anno 1947”.
Il commendator Bruno era uomo preciso, tenace, “brandiva il bastone come nulla”, ricorda il dottor
Boggetto. “Chiamato, ai tempi di Caporetto, a delicatissimi incarichi dal ministero della Guerra nel
campo degli approvvigionamenti e delle analisi sanitarie riguardanti il materiale farmaceutico - si
legge nel ricordo del dottor Occlerio Garrone del 1956 - godette nell’applicazione di essi la più
assoluta fiducia e libertà d’azione, quali quelle che soltanto a un uomo profondamente onesto e di
alta competenza potevano essere dal Governo affidate”. “Vide giusto - prosegue la commemorazione
- quando nell’immediato dopo guerra si persuase che, unicamente con le proprie forze, i farmacisti
piemontesi avrebbero potuto riconquistare le posizioni perdute per cause varie; persuase se stesso
prima ed i colleghi poi; e chi ebbe ventura di essergli, come noi, vicino, oggi cammina con un viatico
professionale preciso, ispirato a pochi concetti limpidi come il Suo pensiero, candidi come l’animo
suo, animo di fanciullo che pesava negli uomini solo il lato buono, che facilmente dimenticava, dopo
brevi scariche adrenaliniche, i torti ricevuti e che nella pace della Sua terra nativa sapeva meditare
e contemplare quanto di più bello circonda noi, anche se molto spesso i nostri occhi non sanno
vedere”. Riconoscente anche il ricordo del professor “Nico” Cavanna: “Un uomo di una rettitudine
eccezionale e di una bontà verso i giovani che mi hanno fatto amare ancora di più la farmacia”.
Dopo gli anni dell’assestamento e dei rifornimenti, si dovettero affrontare i primi problemi di carattere
sindacale. Titolari di farmacia da un lato, collaboratori dall’altro. Questi ultimi crearono un loro
organismo per trattare con i proprietari delle farmacie in cui lavoravano. Nacque - accanto e come
contraltare - il Sindacato dei Collaboratori dell’Alleanza Cooperativa Torinese, presieduto dal dottor
Luigi Rogna, direttore di una farmacia della Lancia Cooperativa, che poteva contare sull’appoggio dei
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sindacalisti della camera del lavoro. E cominciarono le prime vertenze sull’organizzazione dei turni,
degli stipendi, delle ferie, fino alla stipula dei contratti per i dipendenti e i collaboratori.
Il settore dell’Associazione che più si è svilupperà nel corso degli anni sarà quello delle tasse e
delle imposte. Per via delle riforme fiscali che si succederanno (ad esempio la Legge Vanoni nel
’52 e l’introduzione dell’Iva nel ’73) porteranno all’attivazione, tra il 1960 e il 1975, di uffici fiscali
appositamente attrezzati per richieste specifiche, fino a creare, in tempi recenti, le società filiate
Farmatributi per occuparsi di bilanci, denunce dei redditi e per l’assistenza nelle apposite commissioni;
Farmadati per la tenuta della contabilità e la gestione Iva; Farmaservizi per la comunicazione, per la
parte riguardante le manifestazioni e per le iniziative firmate Farmacia Amica. Società a responsabilità
limitata con a capo sempre rappresentanti dell’Associazione. Nel gennaio 1981 nasce anche l’Asped,
per la tenuta dei libri paga-matricola. È di questi giorni la nascita di un’ulteriore srl denominata
Farmaservizi Formazione che, dal prossimo anno, si farà carico della complessa gestione degli eventi
legati all’aggiornamento professionale dei farmacisti, titolari e non.
Dal 1973 tutti i farmacisti dovettero dotarsi di un registro Iva. Ricorda, il dottor Boggetto, un curioso
aneddoto sui ‘primi passi’ dell’imposta con i nuovi misuratori fiscali (gli attuali registratori di cassa,
ndr): “Eravamo costretti a chiamare sovente in sede un farmacista, perché i suoi conti non tornavano
mai, il magazzino non era mai in regola con le vendite registrate. Si difendeva: ‘Non capisco, io batto
tutto ciò che vendo, sono quelle macchine lì che sbagliano’. Un giorno telefonò in Associazione la
moglie, chiese un appuntamento è confessò: ‘La colpevole sono io. Ogni volta che mio marito si
assenta dalla farmacia, anche solo per andare in bagno o rispondere al telefono, ne approfitto, non
batto le vendite e metto quei soldi in tasca. Mio marito è un uomo avaro, non mi dà soldi a sufficienza.
Ho tre figli da mantenere, tre maschi, quello è l’unico sistema per poter fare la spesa’”.
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dalle ASSOCIAZIONI
INFORMA FARMACO
ancora più esteso
Da oggi anche in cinese
e in tutte le farmacie della città
Informa-Farmaco, l’applicazione web che permette alle
farmacie territoriali dell’Asl TO
1 di visualizzare e poi stampare la scheda informativa del
farmaco necessario in inglese,
francese, spagnolo, arabo e rumeno si arricchisce del cinese e
verrà esteso anche alle farmacie
dell’Asl TO 2. Tutte le farmacie
della città saranno così dotate
di una scheda paziente da far
compilare al cliente straniero
per comprendere meglio le sue
necessità e per consigliare il farmaco più indicato.
Ma le novità non finiscono qui. Il
progetto, organizzato dalla dottoressa Carla Rolle, coordinatrice
della Commissione Farmaceutica dell’Asl TO 1, prevede che il
prontuario delle medicine a cui
sono allegate schede informative in lingua sia implementato di
altri due prodotti, portando così
a 35 i farmaci per i quali è possibili avere il foglietto in lingua
straniera. Inoltre la possibilità di
accedere al programma informatico (presente sul sito dell’Asl
TO 1 nell’area riservata ai medici) sarà estesa anche ai medici di
medicina generale, ai pediatri di
libera scelta, ai consultori e alla
guardia medica.
Ha commentato l’assessore alla
Tutela della Salute e Sanità della
Regione Piemonte, Caterina
Ferrero: “Il progetto, che lo scorso anno era stato avviato in 170
farmacie e che quest’anno è stato
esteso anche a quelle territoriali
dell’Asl TO 2, si pone come obiettivo quello di agevolare in primo
luogo i cittadini stranieri nella
cura della propria salute, ma anche i medici e i farmacisti nel dialogo con i pazienti non italiani”.
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“L’estensione del progetto Informa-farmaco alle farmacie di tutta la città è un primo passo verso
la creazione di un’unica Asl cittadina, che fornirà lo stesso tipo di
assistenza su tutto il territorio”,
prosegue Giacomo Manuguerra, commissario delle Asl
TO 1 e TO 2.
Questa attività, peraltro, può
influire sulla razionalizzazione
della spesa farmaceutica convenzionata, in quanto un corretto impiego dei farmaci da
consiglio e/o senza l’obbligo di
prescrizione medica incide sui
costi di quest’ultima.
“Il nostro obiettivo - dichiarano
Mario Giaccone, presidente
Ordine dei Farmacisti, e Luciano
Platter, presidente dei titolari
di farmacia -, ora raggiunto, era
ampliare il servizio a tutte le farmacie di Torino: e insieme all’Asl ci
siamo riusciti in tempi rapidi. Abbiamo sempre creduto in questo
progetto, che facilita sicuramente
il nostro lavoro quotidiano a contatto con cittadini che hanno bisogni di salute e che essendo stranieri hanno maggiori difficoltà”.
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ATTUALITÀ
La FARMACIA RURALE
“Caro presidente,
mi dispiace tediarla ancora, con le mie preoccupazioni ed i miei problemi di farmacista titolare di una
farmacia piccola e tra i monti.
Purtroppo, giorno dopo giorno, effettuo gli aggiornamenti del programma di gestione e rilevo delle continue variazioni di prezzo in meno, con conseguente riduzione di utile, che sommato al rimborso in negativo
di alcune medicazioni e dei presidi per l'autocontrollo della glicemia, mi impongono di sostenere le spese
vive della farmacia prelevando i soldi dal mio conto personale (fino a quando ce ne saranno).
So che questo è, ormai, diventato una cosa piuttosto comune tra i colleghi. Il rischio è quello di arrivare al
pagamento delle tasse del saldo di luglio senza soldi, nonostante la possibile rateizzazione”.
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
“E adesso cosa fare? Lasciare che gli avvenimenti ci sovrastino senza intervenire appellandoci alla crisi a
tagli che tutti devono subire, affidarci a semplici proteste formali che sappiano già non sortiranno alcun
effetto in nessuna direzione o intervenire con proteste compatte di tutta la categoria, magari ventilando
qualche blocco di servizi, il blocco dell'invio dati verso lo stato, blocco della distribuzione di farmaci rimborsabili o perlomeno informare l'opinione pubblica con una diffusione capillare dei pericoli di tali distribuzioni di farmaci tramite le poste?”.
Firmato: un farmacista che vorrebbe fare il farmacista.
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È anche a partire da lettere di colleghe e colleghi come queste, legittimamente indirizzatemi
in queste ultime settimane come vicepresidente rurale di Federfarma Torino, che credo sia
corretto cercare di spiegare lo scenario che la
farmacia rurale piemontese di oggi (ma l’estensione a tutta la nostra penisola non stonerebbe
affatto) si trova purtroppo e suo malgrado davanti a sé: il rischio forte e reale di non farcela più
ad andare avanti!
E questo:
- nonostante sforzi proferiti quotidianamente
attraverso l’appassionata dedizione dimostrata
verso aree del paese più disagiate ma non per
questo meno degne;
- nonostante il dover convivere con marginalità
ormai così ridotte da non poter più fronteggiare
ulteriori tagli sempre più disinvoltamente operati verso le farmacie e, di conseguenza, verso le
popolazioni che in esse trovano un irrinunciabile presidio e riferimento sanitario;
- nonostante l’assoluta ed estrema diffusione capillare sul territorio italiano delle farmacie rurali.
Dunque se soprattutto fino a ieri il concetto di
ruralità ha fatto prevalentemente rima con capillarità (di presenza territoriale, di servizi già offerti
alla popolazione, di unico presidio sanitario, di
riferimento fondamentale e sempre accessibile ai cittadini), oggi la rima si estende anche al
meno gradevole concetto di marginalità: se da
un lato, infatti, si riducono i margini economici
e gestionali e, di conseguenza le potenzialità di
nuovi investimenti rivolti all’utenza, dall’altro
nelle scelte arbitrarie assunte in ambito sanitario
da Stato e Regioni, per ottenere il ripiano di debiti prodotti non dalla farmacia convenzionata
bensì da altre ben più imponenti realtà, le farmacie rurali, in particolare, corrono seriamente il
rischio di essere respinte sempre più ai margini
del Ssn!
Nessuno può, è ben evidente, accettare il verificarsi o il peggiorare di tale situazione.
A nessuno conviene, secondo il mio modesto
avviso, che il sistema della farmacia rurale entri
in una crisi irreversibile per almeno una serie di
motivi, che cercherò brevemente di illustrare.
1) È mia convinzione personale (peraltro condivisa da molte colleghe e molti colleghi), che
se crolla il sistema-farmacia rurale crolla tutto il
sistema-farmacia convenzionata in questo paese. E questo non tanto per un’inutile e dannosa contrapposizione tra farmacie piccole e più
”povere” verso farmacie più grandi e più “ricche”,
bensì per il semplice e forse sottovalutato motivo che la sofferenza o la chiusura di presidi
sanitari in piccoli e medi Comuni italiani provocherebbe dei gravi danni occupazionali, sociali
e probabilmente di ordine pubblico. È, infatti,
incontestabile ribadire come, in tutti i comuni
italiani, la farmacia svolga non solo una funzione
sanitaria fondamentale ma, molto spesso, anche
una funzione sociale di presidio dello Stato, soprattutto laddove non esistono l’ufficio postale,
l’ambulatorio medico, la caserma dei carabinieri
o altri fondamentali servizi. E, si badi bene, ci si
riferisce a realtà del Nord Italia.
2) Il Ssn come stabilito dalla Costituzione Italiana deve garantire la continuità assistenziale
su tutto i territorio nazionale: le farmacie rurali
garantiscono, pertanto ed a tutti gli effetti, un
ruolo determinante di questo percorso. Non
rappresentano certo l’anello debole! E questo
concetto, care colleghe e cari colleghi, che va aldilà del mondo della farmacia, vi posso garantire
essere sempre stato da me fermamente espresso in tutte le sedi istituzionali, che mi hanno visto personalmente presente anche come Sindaco di un piccolo comune montano piemontese.
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ATTUALITÀ
3) I pazienti che giornalmente (domeniche e festività incluse) accedono alle nostre farmacie non
possono fare a meno di noi e ce lo confermano ogni giorno (e non soltanto attraverso le indagini
statistiche che assegnano alla farmacia il più elevato gradimento tra tutti i servizi sanitari in Italia!).
Cerchiamo perciò di imparare sempre un po’ di più che questo apprezzamento è una ricchezza nonostante la pesantezza dei turni di guardia farmaceutica serali-notturni e festivi; nonostante il ridursi
della redditività; nonostante la fatica di fare molto e ricevere poco da chi amministra la salute pubblica e ne dispone le sempre più ridotte risorse! Le nostre farmacie possono essere, se lo vogliamo e ci
convinciamo in tal senso, un “megafono” per informare i cittadini-pazienti del nostro ruolo, dei nostri
crescenti problemi e della necessità di reciproca collaborazione, per esercitare tutte le necessarie
pressioni verso la Regione e le Asl.
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
“Penso che le farmacie rurali, se fossero ben utilizzate come vetrina del quotidiano lavoro del farmacista,
potrebbero essere l'ancora di salvezza di tutto il sistema, il cardine di una campagna di "marketing" sia nei
confronti dell'opinione pubblica sia della classe (si fa per dire) politica.
Mi hanno sempre spiegato che nessun prezzo è alto, per chi acquista, purché percepisca il valore di ciò che
acquista. Allora, se esiste, facciamolo percepire il nostro valore! Invitiamo qualche politico a trascorrere
una giornata in farmacia con noi. Dobbiamo assolutamente uscire da una logica di pura comparazione
di costi: ma come si fa a dire che, a parità di costi, siano meglio le farmacie dei postini? È pazzesco che
vengano condotte trattative in cui il fattore qualità del servizio non viene neppure preso in considerazione
come fattore di decisione. Il problema è che chi prende decisioni sulla farmacia non è un nostro utente.
Bisognerebbe riuscire a dar voce alla nostra utenza.
Siamo schiacciati fra chi invece di strappare le erbacce dà fuoco a tutto il giardino (Monferino) e chi in
nome di un finto liberismo, che peraltro non gli appartiene, risponde a potentati economici (Bersani). A
patirne non saremo solo noi, che magari ce la caveremo vendendo anche dolciumi, ma i cittadini e alla
fine anche l'economia dello Stato perché prevenire e migliorare la qualità della vita diminuisce i costi di
ospedalizzazione”.
Questo è quanto pensa un giovane collega rurale, che ritengo giusto ed utile presentare in questo
breve articolo.
Credo, dunque, con appassionata convinzione che la farmacia rurale abbia un futuro aldilà delle contingenti e sfibranti difficoltà professionali ed economiche da cui è ormai sempre più prepotentemente vessata. Ed affermo questo “confortato” dalla storia d’Italia, che ci conferma come la farmacia
italiana sia sempre stata un bersaglio “privilegiato” dei tagli operati in campo sanitario: nel 1888 la
Riforma Crispi portò ad un azzeramento quasi completo del sistema farmacia; dal decreto Storace,
passando alle Liberalizzazioni targate Bersani, per giungere alla ben nota attualità odierna, non si contano gli attacchi cui è stata sottoposta la farmacia italiana. Eppure siamo ancora in piedi con l’intatta
determinazione a resistere!
Dunque, se “facciamo così gola ai tagliatori di spese prodotte da altri”, qualcosa dovrà pur significare!
E nonostante la delicatezza del momento professionale ed economico occorre provare a pensare alla
nostra professione in modo nuovo, sforzandoci di essere capaci ad adattarci al cambiamento, tutti
insieme: non per subirlo ma per orientarlo! Le difficoltà economiche, la riduzione delle marginalità, le
continue e pervicaci “aggressioni” da parte dell’ente pubblico non si combattono da soli, tutti contro
tutti, a colpi di sconti e promozioni per sottrarci a vicenda i pazienti: può anche funzionare per un
po’ ma alla fine il sistema scoppia senza lasciare ostaggi né feriti, ma solo vittime! Oppure invocando
scioperi bianchi, serrate o ricorso all’assistenza indiretta che nuocerebbero esclusivamente all’utenza
e ci attirerebbero unicamente gli strali dei mezzi mediatici.
Nessuno si nasconde dietro ai problemi, tantomeno chi tra noi si assume, non senza fatica e frustrazione, responsabilità di affrontare e governare i problemi e le “aggressioni” alla farmacia del terzo
millennio. Serve perciò unità di intenti e di progetti: esattamente ciò che si sta quotidianamente
mettendo in campo in ogni trattativa, in qualsivoglia tentativo di uscire da questo pantano!
Nel mio nuovo ruolo di Vicepresidente rurale di Federfarma Torino ricevo spesso più critiche che
consensi ma, tuttavia, non posso permettere che lo scoramento e l’amarezza prevalgano. Anche in
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virtù di coloro, e non sono pochi, che viceversa,
non vogliono arrendersi al disfattismo, al vittimismo e alla dietrologia, bensì si mettono a disposizione con il loro lavoro, la loro passione, le loro
proposte… nonostante tutto:
“Investiamo un po’ del nostro tempo per informare
di ciò che fa o avalla lo stato per i cittadini nel campo dei farmaci con forme di pubblicità, trasmissioni a livello nazionale, pagine di giornali” - mi scrive
un giovane collega rurale.
La convocazione di un partecipato e fecondo
incontro di colleghe e colleghi dell’area pinerolese, su richiesta dei medesimi, è altresì un ulteriore esempio di come nei momenti di difficoltà
per la nostra professione, sia assai più utile e costruttivo il confronto piuttosto che la semplice
contrapposizione, l’affrontare un problema da
tutte le sue possibili angolazioni piuttosto che
il ritenere che “l’Associazione faccia solo gli interessi di pochi”, come amaramente mi è anche
capitato di sentir affermare! E Federfarma Torino
si rende assolutamente disponibile alla promozione ed alla realizzazione di confronti diretti
con tutte le realtà aggregate di colleghe e colleghi che lo richiedano. Questa mi pare essere la
migliore delle strade praticabili per tutti.
E nel mio piccolo, ad esempio, di fronte ai pericoli insiti nell’assurdo e famigerato accordo tra
Farmindustria e Poste Italiane, ho inviato al Presidente nazionale del Sunifar tre proposte concrete, da opporre al ridicolo progetto allo scopo
di nuocere esclusivamente ai responsabili e non
ai cittadini/pazienti:
1) rifiutare in tutte le farmacie, spiegandolo naturalmente con cortesia e responsabilità ai pazienti/utenti, qualsiasi pagamento Pos effettuabile con le Carte Poste Italiane (che tra gli utenti
sono più diffuse di quanto si pensi!);
2) spedire al Presidente di Farmidustria, da ogni
farmacia italiana (magari per qualche settimana consecutiva), una cartolina del proprio paese con uno slogan efficace ed ovviamente da
concordare, in modo da intasare "ulteriormente il già ridicolo smaltimento postale" svolto da
Poste Italiane e da subissare il dottor Dompè di
un'invasione concreta di protesta! Non mi piace pensare di sprecare carta, ma far conoscere i
"nostri paesi di gente che lavora" a chi sta in una
Torre d'avorio può sempre valere la pena;
3) naturalmente interrompere immediatamente
qualsiasi ordine diretto alla Case farmaceutiche
aderenti a Farmindustria.
È, infatti, soprattutto attraverso piccoli e costanti
gesti che, a mio modesto avviso, si potrà continuare a svolgere legittimamente e senza l’attuale fatica, il nostro prezioso e meraviglioso lavoro.
Nello scorso numero di Farmacia Amica avevamo già dettagliatamente affrontato l’argomento
Dpc con tutte le sue potenzialità e parimenti le
criticità ed i pesi ad essa connesse. Quasi giornalmente, care colleghe e cari colleghi, si susseguono notizie contrastanti e sorprendenti circa
le intenzioni della direzione sanitaria regionale
in merito alle deliberazioni da assumersi in merito al proseguimento o meno della stessa Dpc.
Al tempo stesso con complicati equilibrismi e
pazienti trattative si ottiene l’esenzione delle
farmacie rurali sussidiate dalla trattenuta retroattiva del 1,82 sul fatturato Ssn. E credete non
è davvero un risultato indifferente! Quanto alla
Farmacia dei Servizi se ne riconoscono le potenzialità e la centralità, per ora solo a livello di principi e buone intenzioni, assegnate alla farmacia
convenzionata. Nessuno però accetterà di svolgere dei Servizi se non verrà garantita anche la
remunerazione economica alle farmacie che la
svolgeranno a favore dei cittadini italiani. Mi auguro pertanto che vogliate credere che ogni nostro impegno è totale e fermo, con l’unico scopo
di garantire quanto più possibile il rispetto economico, il ruolo indispensabile della farmacia e
l’accessibilità più comoda e favorevole ai cittadini. Questa sola è la verità, questo solo conta davvero! Chi vi scrive è titolare di una farmacia rurale
sussidiata con un bacino d’utenti ben al di sotto
di quanto previsto dal’attuale pianta organica. E
crede, impegnandosi in prima persona, che la
farmacia rurale troverà un suo nuovo sviluppo.
"Si può resistere alla forza di un esercito non si
può resistere alla forza di un'idea."
Andrea Garrone
vicepresidente rurale Federfarma Torino
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ATTUALITÀ
Piano di rientro del Piemonte
Lo scorso 4 marzo, più precisamente sul So n°1 al Burp n°9, è stato pubblicato un documento molto
atteso e corposo (circa 200 pagine), la Dgr 28 febbraio 2011 n°44-1615, dal titolo “Adozione dell'Addendum al Piano di rientro e al Programma attuativo, commi da 93 a 97, della legge 23 dicembre 2009 n. 191”.
Con tale provvedimento, in estrema sintesi, la Regione Piemonte ha delineato gli obiettivi di intervento nelle diverse macro-aree per il periodo 2010-2012 e dato attuazione alle prescrizioni previste
nell’Accordo con il Ministro della Salute ed il Ministro dell’Economia per ridurre la spesa corrente e
perseguire l’equilibrio economico.
Il programma approvato prevede manovre in tutti gli ambiti relativi al Sistema Sanitario, tra cui l’assistenza farmaceutica territoriale ed ospedaliera, nonché quella integrativa, di evidente interesse per
le farmacie unitamente al riordino generale del Ssr e, quindi, lo scorporo degli ospedali dalle Asl e
l’accorpamento tra le Asl stesse: per ogni capitolo, vengono descritte e valutate la situazione attuale,
le criticità, gli obiettivi, le azioni proposte, le ricadute organizzative ed economiche, le fonti di verifica
(meglio noti come “indicatori”).
Federfarma Piemonte ha immediatamente trasmesso alle Associazioni Provinciali - nonché a Federfarma - l’intero provvedimento per consentire l’individuazione e l’analisi delle aree di interesse o
criticità per il sistema della farmacia piemontese, fornendo al contempo una illustrazione dei
capitoli 3 e 5, dedicati rispettivamente alla farmaceutica territoriale ed all’integrativa.
Farmaceutica territoriale
Viene espressamente riconosciuto l’ampio rispetto del tetto di spesa assegnato “da attribuirsi principalmente all’attivazione della Distribuzione per conto… ed ai provvedimenti legislativi assunti a livello
nazionale (scadenze brevettuali, riduzioni di prezzo per i farmaci generici, aumento sconti al Ssn,...”: si fa
cenno anche alla riclassificazione degli Osp2 ex Determinazione Aifa 2 novembre 2010, senza peraltro
indicare interventi relativi, e si sottolinea la criticità legata all’aumento del numero delle ricette.
Tra gli interventi previsti si segnalano:
 la Revisione del Prontuario Terapeutico Regionale (Ptr): ancorché più direttamente legato all’ambito ospedaliero, rientra nel capitolo in questione per le ricadute sulle prescrizioni
da parte dei medici di medicina generale e quindi sulla farmaceutica territoriale.
Con Dgr 28 febbraio 2011 n°48-1619, pubblicata sul medesimo Supplemento Ordinario, è stata quindi effettuata la prima revisione del Ptr secondo il criterio delle categorie terapeutiche, selezionando
quelle a maggiore impatto sulla spesa (Ace inibitori e sartani, anche associati a diuretici, statine, Ipp, Irs,
che incidono per quasi il 35% sulla spesa totale) ed escludendo in tale contesto le molecole indicate,
vale a dire esomeprazolo, rabeprazolo, candesartan, eprosartan, olmesartan, lovastatina, escitalopram, il
cui utilizzo aziendale dovrà essere oggetto di richiesta motivata. Per un approfondimento su questo
specifico provvedimento si rinvia al box qui accanto.
 la ridefinizione dell’onorario per la Distribuzione per Conto (Dpc): nel piano
viene ipotizzata la riduzione dell’onorario al valore di 6 euro Iva compresa, per pervenire ad un risparmio di 4,4 milioni di euro che, tuttavia, potrebbe essere conseguito con interventi più modu-
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
lati, individuati ed ufficializzati da Federfarma Piemonte all’Assessore Regionale nella
stessa data del 4 marzo. Viene inoltre previsto che il mancato conseguimento di un accordo su
tale specifico aspetto potrebbe comportare l’emissione di una delibera di implementazione della distribuzione diretta con obbligo di renderla operativa entro il 31 marzo.
Rafforzamento controllo su appropriatezza prescrittiva e monitoraggio prescrizioni in dimissione completano il quadro: a tale ultimo proposito, peraltro, il piano anticipa l’adozione entro il 31 marzo di un
atto di indirizzo che uniformi maggiormente la distribuzione del primo ciclo di terapia, indicando tra
le criticità la carenza di personale nelle Aziende ospedaliere. Anche tale aspetto, giova sottolinearlo, è
oggetto di contrattazione nell’ambito della rivisitazione della Dpc.
numero 2
2011
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Assistenza integrativa e protesica
Il questo settore l’andamento del Piemonte risulta peggiore della media nazionale, e l’obiettivo
è contrarre la spesa dagli attuali 47 euro
procapite a 42 nel 2011 e 40 nel 2012, attraverso interventi organizzativi ed economici:
si va dall’istituzione di un apposito Servizio, già
definito in ambito regionale con lo scorporo
dall'Ufficio farmaceutico a favore della sua integrazione nel Settore Assistenza Territoriale (Dd
28 gennaio 2011 n°58, in Burp n°9 del 3 marzo
u.s.), all’adozione di gare regionali di acquisto
(anche per il materiale monouso, con riduzione
del prezzo di acquisto del 15-20% sul prezzo di
listino) ed a prescrizioni temporalmente più limitate (mensili).
In tale ambito risultano già adottate le delibere
di affidamento a Scr (Società di Committenza Regionale) dell’espletamento delle relative gare regionali (Dgr 28 gennaio 2011 n°12-1438, in Burp
n°6 del 10 febbraio u.s., recante il calendario relativo), nonché appunto di istituzione in ogni Asl
di una Struttura Semplice dedicata a tale forma
di assistenza (Dgr 28 febbraio 2011 n°53-1624,
pubblicata sul So più volte citato).
Entro il 31 marzo, inoltre, è prevista l’emanazione
della delibera che eleva lo sconto della medicazione avanzata dal 5 al 10%.
Federfarma Piemonte segue naturalmente con
estrema attenzione l’attuazione del piano di rientro e anzi, ancor prima della sua emanazione,
aveva intensificato i rapporti con i vertici regionali per suggerire e proporre interventi di razionalizzazione e risparmio che, pur comportando un
impatto economico, possano essere sopportati
dalla farmacia nell’attuale contesto di continua
trasformazione ed evoluzione all’interno del Ssn.
È sufficiente, peraltro, dare un’occhiata alla tabella riportata in queste pagine, recante i risparmi
attesi dalla Regione per il biennio 2011-2012, per
rendersi conto della difficile contingenza economica del nostro territorio e dei tagli imposti ad
ogni comparto.
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Il Prontuario Terapeutico Regionale
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
Al pari di molte altre Regioni, anche il Piemonte si è recentemente dotato del cd Prontuario Terapeutico Regionale (Ptr), elenco dei principi attivi - aggiornato con cadenza almeno trimestrale
- posti a disposizione delle Aziende Sanitarie per soddisfare l’assistenza farmaceutica erogata direttamente (ricoveri, ambulatori, Adi, ecc.).
Con l’adozione di tale strumento, la Regione Piemonte ha inteso introdurre un primo fattore di
standardizzazione dei trattamenti farmacologici e di razionalizzazione della spesa farmaceutica,
quest’ultima legata alla capacità di indirizzare - oltre ai consumi interni aziendali - anche la prescrizione sul territorio, indotta da parte dei medici specialisti prima ed effettuata dai medici di famiglia
poi: tale opera è resa ulteriormente più incisiva dal periodico aggiornamento del PTR finalizzato ad
escludere le molecole con sfavorevole rapporto costo/beneficio, con esplicito riferimento all’impatto delle stesse sui costi dell’assistenza farmaceutica territoriale.
Ciò premesso, si ritiene utile segnalare che con Dgr 28 febbraio 2011 n° 48 - 1619, pubblicata sul
So n°1 al Burp n° 9 del 4 marzo u.s., è stata effettuata la prima revisione del Ptr, focalizzando l’attenzione sui gruppi terapeutici a maggior impatto sulla spesa territoriale e mantenendo al loro
interno i soli principi attivi con “rapporto più favorevole in termini di ricaduta dei costi sul territorio”,
con esclusione quindi degli altri.
I gruppi terapeutici oggetto della selezione sono risultati essere:
 Ace Inibitori (C09AA)
 Ace Inibitori associati a diuretici (C09BA)
 Sartani (C09CA)
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 Sartani associati a diuretici (C09DA)
 Statine (C10AA)
 Inibitori Pompa Protonica (A02BC)
 Inibitori Della Ricaptazione Della Serotonina (N06AB)
portando all’esclusione dei seguenti principi attivi, il cui utilizzo in ambito aziendale è oggetto di
richiesta motivata per specifiche esigenze cliniche:
 Rabeprazolo, Esomeprazolo
 Eprosartan,Candesartan, Olmesartan Medoxomil
 Eprosartan e diuretici, Candesartan e diuretici, Olmesartan Medoxomil e diuretici
 Lovastatina
 Escitalopram
I principi attivi sopra indicati rimangono ovviamente classificati in fascia A e quindi erogabili in regime di Ssn: la loro esclusione dal Ptr potrebbe tuttavia incidere sulle quantità utilizzate in ambito
aziendale e successivamente prescritte sul territorio.
Andrea Colombo
direttore Federfarma Piemonte
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cultura
I VALDESI: UN POPOLO-CHIESA
VALDO, VALDESIO o forse VALDENSE (da cui valdese) era un mercante di Lione, di poco anteriore a san Francesco (XII-XIII sec.) che decise, al
termine di una profonda crisi spirituale, di vivere
l’esperienza degli apostoli al seguito di Cristo. Di
conseguenza vendette i suoi beni e si consacrò
alla predicazione del Vangelo. Nel prendere questa decisione egli non intendeva ribellarsi alla
Chiesa, pensava anzi di collaborare al suo rinnovamento seguendo l’esempio degli apostoli.
Fu invece scomunicato insieme ai suoi seguaci.
Il movimento valdese, detto “dei poveri di Lione" in Francia e “poveri di Lombardia” in Italia,
si estese in Europa, raccogliendo consensi fra il
popolo. Come tutti i movimenti detti “ereticali”
fu oggetto di repressione e persecuzioni da parte dei poteri civili e religiosi. Malgrado questa
situazione di difficoltà e la caccia dell’Inquisizione, mantenne la sua coerenza e si espanse
in tutta l’Europa medievale. Le zone in cui i Valdesi si impiantarono con maggior consistenza
furono le Alpi Cozie, la Provenza, la Calabria e
la Germania meridionale. La testimonianza del
movimento, mantenutasi coerente attraverso i
secoli dal XII al XVI, era centrata su due aspetti
del messaggio cristiano: la fedeltà al Vangelo e
la povertà della Chiesa. La Chiesa cristiana, dissero i Valdesi, si richiama a Gesù: ne deve prendere alla lettera gli insegnamenti rinunciando
“I valdesi sono cristiani?”
Assolutamente sì! I cristiani evangelici o protestanti, tra cui anche i Valdesi e i Metodisti,
condividono, insieme con i cristiani cattolici
e ortodossi, i fondamenti della fede cristiana,
che possono essere riassunti in queste cinque
affermazioni:
1. Tutti i cristiani credono in un solo Dio creatore. Credono in Gesù Cristo, unico Signore e
salvatore, che ha manifestato all’umanità l’amore di Dio. Credono nello Spirito santo, presenza
attiva di Dio nella storia. In altre parole un solo
Dio in tre persone, la “Trinità”.
2. La Bibbia è il testo fondamentale della rivelazione.
3. Tutti i cristiani amministrano il battesimo e
celebrano l’eucaristia, o Cena del Signore.
4. Tutti i cristiani ritengono che il Signore rivolga a uomini e donne un appello personale alla
fede, da vivere con fedeltà, coerenza e obbedienza. 5. Tutti i cristiani vivono una vita aperta al futuro e attendono la realizzazione della piena
redenzione, promessa e iniziata da Dio in Gesù
Cristo. Elementi strettamente caratteristici della vita
ecclesiale della Comunità valdese sono, viceversa: la mancanza di immagini nelle chiese,
il matrimonio dei pastori, la comunione con il
pane ed il vino, il rifiuto delle reliquie. Ne deriva, perciò, una visione particolare della Chiesa.
La comunità cristiana viene vista come incontro e comunione dei credenti più che come
organizzazione strutturata gerarchicamente ed
ha una impostazione di vita che risponde ad
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cultura
“Da dove deriva il nome valdese?”
perciò al potere politico, all’uso della forza ed
alle alleanze con le potenze del mondo. I Valdesi, pur essendo presenti in Italia sin dal Medioevo, hanno ottenuto un editto di tolleranza
solo a metà del XIX secolo. E soltanto da quel
momento hanno potuto esprimere la loro fede
senza incorrere in repressioni, diffondendosi in
l’Italia, con un’opera di proselitismo, ed in Sud
America (zona del Rio de la Plata) con l’emigrazione.
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numero 2
2011
LO SPECIALE
Con questo numero, nella sezione cultura
e tempo libero, la redazione di Farmacia
Amica ha pensato di avviare una presentazione delle principali confessioni religiose
esistenti in Italia. Si inizia con la storia e le
principali caratteristiche ecclesiologiche dei
Valdesi, non per esprimere una preferenza o
una simpatia particolare, ma per il ben più
banale motivo: il dottor Andrea Garrone,
vicepresidente rurale di Federfarma Torino
appartiene a questa confessione evangelica
ed ha manifestato la sua piena disponibilità
a fornire alcuni strumenti di presentazione
e conoscenza di questi credenti da sempre
presenti ed attivi nel nostro paese.
cultura
LO SPECIALE
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
una sensibilità di tipo democratico e non clericale. A differenza delle chiese di tipo cattolico
romano, i valdesi non raccolgono il principio
della successione episcopale secondo cui la
presenza di Cristo è garantita dalla successione
dei vescovi: tra Cristo e la Chiesa (= comunità di
credenti) non ci sono forme di autorità intermedia. Il popolo dei credenti è chiamato a vivere
la sua fede avendo la certezza che il Signore lo
guida mediante il suo Spirito. Di conseguenza
la chiesa non ha da dare direttive specifiche
concernenti le scelte politiche, l’etica sessuale.
Proprio nel campo della Bioetica, ad esempio,
ovvero un tema così delicato e contrastato, si
può verificare oggi la specificità dei Valdesi: fin
dal 1992 la Tavola valdese (cioè il Comitato di
sette membri eletto dal Sinodo ogni anno per la
gestione corrente della vita ecclesiastica nell’intervallo fra un Sinodo e l’altro) ha nominato un
Gruppo di lavoro (diventato nel 2000 Commissione) «sulle questioni etiche poste dalla scienza alla fede», composto da teologi ed esperti di
altre scienze. Scopo della commissione non era
quello di preparare risoluzioni da diffondere didatticamente o dogmaticamente tra le chiese,
ma far discutere persone competenti intorno
alle difficoltà reali esistenti nell’ambito della
propria esperienza e del proprio lavoro, con il
fine di suggerire una visione globale e valutare le risposte più appropriate. In questa visione
la chiesa non si è attribuita un carattere dottrinale di sede responsabile di un insegnamento,
ma ha voluto considerarsi piuttosto un luogo
di discussione, dove persone sufficientemente
mature e impegnate a ragion veduta nei problemi, li avrebbero messi a fuoco e avrebbero
prospettato le soluzioni più accettabili. La visione cristiana della bioetica deriva induttivamente dalla ricerca rispettosa dei dati contingenti,
animata dai principi, piuttosto che consistere in
una ripetizione di regole o premesse, da adattare alle realtà. Molti sono stati i documenti prodotti (dai casi Englaro e Welby, passando per la
procreazione medica assistita e l’eutanasia per
giungere all’allestimento ed all’introduzione, in
alcune comunità nelle grandi città italiane, del
cosiddetto Testamento biologico).
“Ma perché se sono cristiani sono
anche Protestanti, cioè non cattolici?”
Le chiese protestanti o evangeliche sono sorte
numero 2
2011
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nel XVI secolo in seguito alla predicazione di
Martin Lutero. Egli ed i suoi seguaci si dissero
“evangelici” per esprimere questa volontà di
ritorno al Vangelo. Furono detti “protestanti”
perché rivendicavano davanti all’Imperatore il
diritto di predicare liberamente la parola di Dio.
La chiesa rappresentata dal Papa condannò al
Concilio di Trento le tesi del movimento protestante e questo dovette così darsi una propria
organizzazione.
La Chiesa in Germania fu influenzata da Lutero
e si organizzò nelle chiese nazionali luterane, in
Inghilterra fu il potere regio a dare forma alla
nuova chiesa e nacque così la Chiesa d’Inghilterra (anglicana). Nel resto dell’Europa a dare
l’impronta al movimento fu Giovani Calvino,
professore a Ginevra. Questa formulazione della
fede evangelica conduce ad una implicita riserva critica nei confronti di alcune delle dottrine
diventate tradizionali nel cattolicesimo romano.
Se infatti il culto cristiano ha come momento
centrale la predicazione dell’Evangelo, risultano
fondamentali ed esclusivi per la fede cristiana la
persona e l’opera di Gesù Cristo ed il suo sacrificio. Ne deriverà, pertanto, il rifiuto di ogni forma
di venerazione per Maria ed i santi. Se, infine, i
sacramenti del battesimo e dell’eucarestia (i due
soli istituiti da Cristo considerati tali ancora oggi
dalla Chiesa Valdese) sono segni della grazia divina e non mezzi per ottenerla, ne deriva il fatto
che la Chiesa non ha sacerdoti cioè persone rivestite di particolare potere, ma tutti i credenti
hanno eguale responsabilità nella predicazione
e nella testimonianza (il cosiddetto Sacerdozio
Universale). In altre parole, nella Chiesa valdese
chiunque abbia la volontà di studiare la Bibbia
può predicare in un culto domenicale.
“Ma cosa c’entrano i Valdesi
con la Riforma Protestante?”
La storia, l’esistenza e la sopravvivenza dei Valdesi è strettamente legata al movimento riformato ed alle grandi potenze europee che da
subito vi avevano aderito. Sembra incredibile
ma un piccolo popolo del Piemonte occidentale fu protagonista di molti avvenimenti strettamente connessi alla storia politica e religiosa
dell’Europa di quei secoli. I Valdesi, infatti, aderirono alla Riforma Protestante nel 1532 con il
Sinodo di Chanforan (Angrogna, in Val Pellice)
organizzandosi in comunità alternative a quella
21
cultura
voluta dal Comune di Torino, in Piazza Castello,
commemora quell’evento.
Assai più tristemente tragiche furono anche le
cosiddette Pasque piemontesi, ovvero persecuzioni di cui furono vittima i Valdesi delle valli
Valdesi nel 1655 ad opera dell’esercito del Ducato di Savoia. Le campagne militari, fermate
successivamente da un movimento di opinione
internazionale, portarono in pochi giorni alla
morte, secondo fonti valdesi, 1712 persone.
Nella Settimana Santa del 1655 il duca Carlo
Emanuele II, infatti, scatenò contro i Valdesi una
violenta persecuzione allo scopo di sterminarli, chiamata appunto le Pasque piemontesi.
Questa persecuzione fu condotta con l’approvazione di Papa Alessandro VII. Le truppe ducali
perpetrarono numerose atrocità, ma alcuni Valdesi, tra cui Jean Léger (1615-1670), riuscirono
a fuggire e a portare la notizia presso le grandi
potenze protestanti europee. Queste esercitarono pressioni diplomatiche sui Savoia, che cessarono le stragi, pur non eliminando vessazioni
e violenze. Tantochè non pochi storici fanno riferimento all’esistenza di veri e propri campi di
concentramento per gli eretici valdesi, diffusi in
varie aree della pianura piemontese. Nel 1685 la
revoca dell’Editto di Nantes, disposta nell’Editto
di Fontainebleau di Luigi XIV di Francia, portò
ad una ripresa delle violenze anche in Piemonte, eliminando quasi completamente la presenza valdese.
Comincia così l’Esilio dei Valdesi. Cittadini italiani costretti a fuggire all’estero per volere dei
governanti dello stesso paese! Con un editto
del gennaio 1686 il giovane Duca Vittorio Amedeo II, cedendo all’imposizione dello zio Luigi
XIV, decreta: l’allontanamento dei pastori, la cessazione del culto valdese, il battesimo cattolico
coatto di tutti i figli. I Valdesi ribadiscono la propria fedeltà al Duca pur difendendo i propri diritti sulla base dell’accodo di Cavour e sollecitano
l’intervento del mondo protestante europeo. La
situazione risulta però essere senza via di uscita:
non resta altro da fare che ritirarsi, come stanno facendo gli Ugonotti in Francia. Scoppia una
guerra franco-sabaudo-valdese che dura tre soli
giorni. Il 3 maggio 1686 tutto è finito : vengono
fatti molti prigionieri, iniziano rastrellamenti in
ogni luogo. Gli ultimi resistenti vengono precipitati nei burroni, impiccati agli alberi dove imputridiscono mutilati. Delle 14.000 anime che
presumibilmente componevano la comunità
valdese prima della guerra descritta, oltre 2.000
perirono, 8.500 furono avviate verso le prigioni
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LO SPECIALE
di Roma, con predicatori locali per il culto e per
la celebrazione dei sacramenti. L’esistenza dei
Valdesi fu tuttavia sempre messa in discussione
e sottoposta ad attacchi di ogni genere, politici
e militari. Questo anche perché agli inizi del XVII
secolo gli unici protestanti italiani rimasti erano
i valdesi, presenti soprattutto nel Ducato di Savoia. Rappresentarono l’avamposto Protestante
in Italia per lungo periodo che dal 1530 al 1700.
L’irruzione della Riforma Protestante in Piemonte non fu soltanto un fenomeno religioso, un
semplice mutamento di fede cristiana. Si trattò,
viceversa, di un fatto assai più radicale: un mutamento di civiltà cui parteciparono il popolo
delle campagne e la classe media delle città. Si
trattava, infatti, di prendere in mano la riforma
della chiesa, ma anche di modificare le strutture sociali attraverso la battaglia per sottrarre
i privilegi feudali. Per le valli valdesi la successiva
occupazione francese rappresenta una svolta
storica fondamentale. Le conquiste religiose e
sociali si consolidano, la coscienza popolare si
fortifica. Tutelati a livello politico ed appoggiati dall’esterno, i Valdesi trasformano così le loro
vallate in una sorta di area di sicurezza, in una
base d’azione per il movimento riformato piemontese. Di qui partono i ministri di culto (pastori) che operano in pianura, qui si rifugiano i
sospetti quando scoppia la repressione, di qui
transitano gli agenti di collegamento. La conseguenza di tutto questo è l’inserimento delle Valli
Valdesi nella storia dell’Europa Protestante.
Ma il 1555 segna una data fondamentale e
drammatica della storia valdese: la grande e
spietata controffensiva della Controriforma.
Senza dimenticare che il trentennio 1530-1560
fu per i Valdesi un periodo di grandi speranze,
ma anche e soprattutto di sofferenze e martirio.
Ed un personaggio che riassume, in modo emblematico, le speranze ed il travaglio delle chiese riformate in Piemonte è Goffredo Varaglia.
Figlio di un piccolo nobile di Busca (CN), entra
nell’ordine francescano, ma in seguito ad un
viaggio a Parigi si avvicina alla teologia protestante. Viene ordinato pastore e inviato nuovamente in Piemonte per predicare l’evangelo in
italiano. Recatosi a Dronero per sostenere le tesi
riformate in un pubblico dibattito, è individuato
dalla polizia sulla strada del ritorno, arrestato e
processato. Dopo mesi di carcere a Torino, viene
strangolato e arso in Piazza Castello il 29 marzo
1558, appena dopo aver dato la sua ultima predicazione alla grande folla attonita e silenziosa
che assiste. Oggi una targa commemorativa,
LO SPECIALE
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
cultura
sabaude. Altri sopravvissero grazie all’abiura,
più formale che sostanziale, della loro fede.
Un esiguo gruppo di resistenti riesce tuttavia
a raggiungere Ginevra. E questo permetterà
dopo tre anni di esilio il ritorno dei Valdesi nel
loro territorio, nelle loro Valli.
Nel 1689 infatti un gruppo di Valdesi guidati
da Enrico Arnaud (1643-1721) ritornò con una
piccola comunità ad occupare alcune valli delle Alpi piemontesi, dopo aver attraversato le
terre ostili del ducato: questa impresa divenne
leggendaria e fu conosciuta come il “Glorioso
rimpatrio”. Un manipolo poco armato di circa
900 uomini partito da Prangins sul Lago Lemano, in Svizzera, percorre oltre 300 km e con un
unico scontro armato a Salbertrand contro le
attrezzatissime truppe francesi (una battaglia
militare vinta con una strategia bellica, nonostante lo squilibrio di forze in campo, riconosciuta successivamente dagli esperti militari
come un’impresa eroica e rimarchevole! Un gioiello di tattica e strategia militare…) fa ritorno
sul suolo patrio.
Nel 1690 il duca Vittorio Amedeo II ruppe l’alleanza con la Francia del Re Sole per schierarsi
con la Lega di Augusta e la persecuzione dei
Valdesi terminò. I Valdesi furono tuttavia costretti a rimanere confinati nelle proprie valli
alpine, in un’area che venne chiamata, per questo, “Ghetto alpino”. A 40 anni dal Rimpatrio
le valli valdesi si presentano come un piccolo
ghetto sulle montagne piemontesi, che vive segregato ma autosufficiente ai margini della vita
sociale, proprio come i ghetti ebrei sparsi nelle
città europee.
La piena libertà per la comunità era ancora lontana dall’essere accordata e sancita legalmente!
Bisognerà attendere oltre un secolo perché i
Valdesi possano veder riconosciuti i loro diritti
civili e politici. Con le “Patenti di libertà” concesse nel 1848 dal re Carlo Alberto, questo è
infatti ciò che ottengono i sudditi valdesi, rimanendo viceversa vietati i diritti religiosi:
”Nulla però è innovato quanto all’esercizio del
loro culto…..”. La battaglia per lo Statuto Albertino per il nuovo Piemonte ha dunque nella
battaglia per le libertà dei Valdesi e degli Ebrei
il suo momento di verifica. Ancora una volta la
storia dei Valdesi e la storia d’Italia e d’Europa…
camminano a braccetto!
“Ma allora i Valdesi furono finalmente
numero 2
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e totalmente liberi nel 1848,
in piena epoca risorgimentale?”
In parte certamente sì, ma i loro diritti civili e
politici, riconosciuti dall’editto promulgato da
Carlo Alberto il 17 febbraio 1848 (in ricordo del
quale i valdesi festeggiano a tutt’oggi quella
data), non modificò il fatto incontestabile che
la religione cattolica restasse religione dello
Stato e di conseguenza i principi moderni della
separazione della Chiesa dallo Stato e della libertà religiosa, che si andavano diffondendo in
gran parte d’Europa, non venissero attuati; né
la chiesa cattolica né la società italiana erano
pronte ad accogliere queste istanze del mondo
moderno.
Con il 1848 e l’inizio del Risorgimento i Valdesi
non furono più i soli evangelici presenti in Italia.
Gruppi di esuli politici in Piemonte e di ritorno
dall’Europa diedero vita ad una chiesa libera
italiana, altri accolsero invece la predicazione
di missionari giunti dal mondo anglosassone
esponenti delle chiese metodiste e battiste.
Questa opera di testimonianza fu effettuata a
livello di predicazione con l’apertura di sale di
conferenze e di locali di culto, ma si espresse anche nel campo dell’assistenza e con particolare
impegno in quello dell’educazione. Venne creata una diffusa rete di scuole elementari, soprattutto grazie all’azione di un ufficiale dell’esercito
britannico, il Colonnello Charles Beckwith, che
considerava fondamentale l’istruzione di tutti
i cittadini. Si può affermare orgogliosamente
che il progetto attuato attraverso le cosiddette
Scuole Beckwith fu il primo sistema di scolarizzazione di massa effettuato in Italia. Ogni comunità evangelica ebbe una sede scolastica e tutti
impararono a “leggere, scrivere e far di conto…..”.
Ed accanto alle scuole, furono istituiti convitti,
orfanotrofi, scuole di artigianato. Altrettanto intenso fu l’impegno nel campo sanitario ed assistenziale con fondazioni di ospedali, ricoveri per
anziani, asili.
“Ma quanti sono in Italia, oggi,
questi Valdesi?”
Gli appartenenti alle Chiese valdesi e metodiste sono oggi in Italia e Sud America in numero di circa 45.000. Si ripartiscono in tre
gruppi con caratteri distinti pur professando
la stessa dottrina ed essendo uniti nella stes-
tri. A questi nuclei di credenti si aggiungono
però non pochi nuclei familiari o singoli isolati
per motivi di lavoro, studio, residenza. Il gruppo delle Chiese sudamericane costituisce il terzo nucleo: anch’esso costituito da circa 15.000
persone a testimonianza della presenza valdese
nel mondo. I Valdesi del Sud America portano il
nome di Iglesia Evangelica Valdese del Rio de la
Plata. Anche qui si ha una situazione analoga a
quella italiana con un nucleo compatto di antiche colonie nel distretto di Colonia in Uruguay
ed una vastissima diaspora nelle due repubbliche dell’Uruguay e dell’Argentina.
“Si vuol far credere che i Valdesi
siano stati e siano tuttora generosi
con il prossimo?”.
In completa e convinta adesione ai principi evangelici, si può dire che i Valdesi ancora
oggi sono al servizio del prossimo. Nell’ottocento tale testimonianza di fede si chiamò
Beneficenza, mentre oggi tale termine è stato
ragionevolmente abbandonato, preferendo
parlare di assistenza, o ancor meglio il termine
Diaconia, che nel Nuovo Testamento indica
l’aspetto concreto, operativo caritativo della fede (il termine Diaconia deriva dal greco
diàconos, servo, e significa perciò servizio). I
diaconi erano, nella Chiesa primitiva, coloro che assistevano i poveri della comunità.
Anche in questo settore l’impegno della chiesa
valdese è sempre stato di rilievo. Ancora oggi
numerose strutture di assistenza alla popolazione anziana sono diffuse in diverse città o comuni italiani.
Una premessa si rende necessaria prima di rispondere a questa domanda. La scelta compiuta dagli evangelici nel Risorgimento di partecipare alla vita della nazione
con un opera di evangelizzazione ispira oggi
ancora la vita delle chiese valdesi. Più che ad
accrescere il numero dei fedeli, le comunità
valdesi e metodiste si sono preoccupate di far
giungere ai propri connazionali un messaggio positivo in vista del rinnovamento spirituale fondato sul Vangelo. Hanno perseguito
questo programma con prese di posizione su
problemi che toccano la vita della nazione.
Si sono impegnate di conseguenza per la liber-
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cultura
“E come fanno, i Valdesi,
a mantenere tutte queste strutture?”
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LO SPECIALE
sa organizzazione: Battisti, Metodisti e Valdesi (BMW = Baptist - Methodist - Waldesian).
Un terzo di loro risiede nelle Valli del Piemonte occidentale dove si sono mantenuti dalla
riforma del XVI secolo al 1848. Costituiscono
un nucleo di 18 comunità contigue attorno a
Pinerolo e Torre Pellice, la cittadina al centro della Valle che De Amicis definì la Ginevra italiana.
Torre Pellice, soprattutto, accoglie numerose
istituzioni ed edifici che ne fanno oggi il centro
del mondo valdese. Qui, nel 1832, è stato edificato il Collegio (a tutt’oggi funzionante come
Liceo linguistico sperimentale e classico). Un
ospedale (trasferito nel 2003 all’Ente pubblico)
fu costruito con il contributo dello zar di Russia
e del re di Prussia, seguito poi dal nuovo tempio, dalla Casa Valdese, dove ha sede il Sinodo
annuale e dalle scuole, trasformate ora in Foresteria per soggiorni ed incontri. Un ospedale fu
edificato anche a Pomaretto ed uno a Torino:
entrambi, come quello di Torre Pellice, sono stati trasferiti all’ente pubblico nel 2003. Ultimo in ordine di tempo è l’edificio del Convitto maschile edificato nel 1922 a ricordo dei
caduti della prima guerra mondiale, ora sede
del Centro culturale con Biblioteca e Museo.
Un altro terzo di valdesi è disseminato in tutta
la penisola.
Le maggiori città hanno visto formarsi nel tempo una presenza valdese importante:
- Torino, dove i Valdesi poterono, grazie al generale Beckwith, edificare il primo tempio fuori dalle antiche valli. Qui la comunità ebbe subito una
consistenza importante sia numericamente che
socialmente con istituzioni d’avanguardia, come
l’ospedale (trasferito nel 2003 all’Ente pubblico),
l’istituto per ragazzi artigiani, la casa marina a
Borgio Verezzi in Liguria (tuttora funzionante).
- Firenze, altro centro importante anche per la
presenza di numerose confessioni protestanti.
Qui la chiesa valdese ebbe la sua Facoltà di Teologia dal 1860 al 1922 ed avviò delle iniziative di
carattere pedagogico (Istituto Gould-Pestalozzi),
in parte tuttora esistenti. Esemplare è da poi considerarsi l’Istituto Gignoro per persone anziane.
- A Roma i Valdesi furono presenti subito
dopo il 1870 con due comunità importanti. Oggi la presenza valdese in questa città
religiosamente assai simbolica è diventata
centro di cultura con la Facoltà di Teologia
(ancora oggi frequentata da molti studenti
italiani e stranieri e legalmente riconosciuta).
Altre comunità di origine antica o recente si
sono costituite in zone agricole o piccoli cen-
LO SPECIALE
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
cultura
tà religiosa, la difesa delle minoranze, il problema dell’emigrazione ed hanno collaborato in
modo fattivo con organismi quali la Croce Rossa, Amnesty International, il Movimento della riconciliazione, il Federalismo europeo. Alla base
di questi impegni sta la convinzione che la vita
cristiana sia essenzialmente frutto di una scelta
personale responsabile.
Ciò premesso, i Valdesi hanno amministrato le
proprie opere sociali con oculatezza e senso
di responsabilità, in collaborazione con l’ente
pubblico. In più hanno stabilito di devolvere
completamente la quota conferita dal contributo 8 per mille e 5 per mille ad iniziative sociali e culturali nulla trattenendo per il proprio
funzionamento amministrativo, né tantomeno
per il sostentamento dei propri ministri di culto (a differenza della chiesa Cattolica romana).
Nel 1993, infatti, le chiese valdesi e metodiste
hanno deciso di avvalersi della legge di Intese
con lo Stato Italiano e di accedere alla riscossione dell’8 per mille dell’IRPEF. Nel prendere
questa decisione il Sinodo valdo-metodista ha
fissato però un criterio guida. Ha stabilito che
la somma ottenuta non fosse utilizzata per fini
di culto, non servisse cioè al mantenimento dei
pastori e delle attività cultuali della chiesa, ma
unicamente per progetti di natura assistenziale,
sociale e culturale e che una quota corrispondente al 30% dell’importo totale fosse riservata
a progetti nei Paesi in via di sviluppo, in collaborazione con organismi internazionali religiosi e laici. Ciò che mi pare assai significativo è il
volume di destinazione del contributo 8 per
mille alle Chiese Valdesi e Metodiste in rapporto
all’esiguità dei valdesi italiani, che come prima
indicato si attestano a circa 45.000. Negli ultimi
anni il numero di firme a favore dell’otto per mille alle chiese valdesi e metodiste è stato infatti
in costante crescita. In particolare l’ultimo dato
diffuso dal Ministero delle Finanze nel 2009 e
relativo alle dichiarazioni del 2006, attribuisce
alle Chiese rappresentate dalla Tavola valdese
circa 311.000 firme, pari all’1,8% dei contribuenti che hanno scelto di destinare esplicitamente il loro 8 per mille. Rispetto all’anno
precedente si registra un aumento del 16%,
pari a un saldo positivo di oltre 45.000 firme.
Il dato conferma la crescita dell’attenzione all’8
per mille “alla valdese” registrato negli anni precedenti: già nel 2008 (dichiarazione del 2005),
infatti, le firme a valdesi e metodisti erano aunumero 2
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mentate di quasi il 13%.
“È un segnale importante ed incoraggiante - commenta la pastora Maria Bonafede, Moderatora della Tavola valdese (la
prima donna Moderatore della Chiesa Valdese) - che rende visibile un piccolo tassello della società italiana che è attento ai valori del pluralismo e della laicità dello Stato.
Valdesi e Metodisti raccolgono una quantità di
firme che supera di quasi dieci volte il numero dei nostri membri di chiesa: evidentemente
piace il nostro modo di gestire i fondi che riceviamo, l’assoluta trasparenza dei rendiconti
disponibili al dettaglio su vari siti web e pubblicati su alcune testate di rilievo nazionale.
Sappiamo anche che firmano per noi molti cattolici impegnati e praticanti che condividono le nostre battaglie civili per la laicità:
anche questo ci pare un fatto incoraggiante,
in un momento in cui il presenzialismo politico della Conferenza episcopale, gli ossequi
teocon, teodem e il clericalismo di troppi atei
devoti rende sempre più incerto e confuso il
fondamentale principio democratico della separazione tra lo Stato e le confessioni religiose.
Anche per questo abbiamo finanziato con convinzione alcuni progetti per la distribuzione gratuita di profilattici in Africa. O alcuni programmi
di ricerca nel campo delle cellule staminali, che
in Italia ben pochi sono disposti a sostenere.
Molti italiani lo hanno notato, hanno apprezzato e noi vogliamo ringraziarli proseguendo nel
nostro impegno e nella nostra testimonianza”.
“Ma allora com’è organizzata
la Chiesa Valdese? E quali sono
le principali attività interne
ed esterne dei Valdesi?”
La Chiesa valdese è organizzata secondo un
sistema detto sinodale. Ogni Chiesa locale più
volte l’anno ha le sue Assemblee, costituite da
tutti i suoi membri, per esaminare tutte le cose
che la concernono e deliberare in proposito.
L’Assemblea locale elegge il Consiglio di Chiesa, che ha funzioni esecutive e risponde del
suo operato all’Assemblea. I componenti di
detto Consiglio sono eleggibili annualmente fino ad un massimo di 3 quinquenni. Dei
Consigli di Chiesa fanno parte i pastori, ma
senza esserne necessariamente i presidenti.
Le Chiese di una certa circoscrizione territoriale
costituiscono un Circuito. Questo tiene almeno
due volte l’anno le sue Assemblee, di cui fanno parte i rappresentanti, pastori e non pastori,
delle chiese della medesima circoscrizione. L’Assemblea circuitale elegge il Consiglio di Circuito,
“Quali sono le differenze principali
fra la chiesa valdese e quella cattolica?”
La Chiesa valdese e la Chiesa cattolica, essendo entrambe cristiane, hanno molti punti fondamentali della medesima fede in comune,
come la fede nell’unico Dio Padre, Creatore
del cielo e della terra, nel suo Unigenito Figlio
Gesù Cristo, Signore e Salvatore del mondo,
nel medesimo Spirito Santo; la stessa Bibbia (Antico e Nuovo Testamento), lo stesso
Credo apostolico e le affermazioni dei primi
7 Concili veramente ecumenici, cioè universali. Tuttavia tra queste due Chiese ci sono
delle differenze notevoli che le distinguono.
Le principali differenze riguardano innanzitutto
la stessa Bibbia, non solo per il suo contenuto
(nell’Antico Testamento cattolico ci sono in più
i libri cosiddetti “Deuterocanonici”, cioè di un
secondo canone che è stato dichiarato tale dal
Concilio di Trento) e l’interpretazione di taluni
passi, ma specialmente per il posto che essa occupa nelle rispettive Chiese. Infatti per la Chie-
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cultura
Decisamente no. Essi sanno bene, come la storia
chiaramente ci mostra, che il potere e l’autorità
assoluti del vescovo di Roma si costituirono gradatamente nel tempo, in connessione con varie
situazioni e vicende del mondo occidentale, a
partire dai primi secoli dell’era cristiana, fino ad
assumere la consistenza che hanno oggi. Infatti
le Chiese d’Oriente, dette ortodosse, già prima
della Riforma, nel 1054 si separarono da quelle
d’Occidente, rifiutando il potere giurisdizionale
del Papa che voleva estendersi anche su di esse.
La Chiesa valdese non solo non riconosce su
di sé l’autorità del Papa romano, ma non ha al
suo interno alcuna specie di Papa, perché non
è strutturata in modo gerarchico con un capo
terreno al vertice, bensì con un ordinamento
sinodale-assembleare, in cui tutti i membri di
chiesa (laici) e i loro ministri hanno uguale dignità e potere. Solo per dare un’idea di questa
differenza strutturale, potremmo paragonare la
Chiesa cattolica-romana ad una monarchia assoluta, mentre le Chiese evangeliche, compresa
quella valdese, sono organizzate come una moderna democrazia assembleare, parlamentare e
repubblicana.
che dura in carica un anno ed esegue le deliberazioni di tale Assemblea. Sul piano territoriale
più vasto ci sono i Distretti, che comprendono
diversi Circuiti e tengono almeno annualmente
la propria Conferenza (= Assemblea) Distrettuale, della quale fanno parte i delegati eletti dalle
singole chiese locali e i pastori. La Commissione
Esecutiva Distrettuale è l’organo eletto da questa
Conferenza e ad essa risponde del suo operato. Momenti ecclesiastici fondamentali sono il
culto della Domenica, la scuola domenicale per
i bambini, il catechismo per i ragazzi, lo studio
biblico per gli adulti. Inoltre ci sono momenti di
incontro e di fraternizzazione, come i bazar, che
si svolgono durante l’anno, le diverse àgapi comunitarie (pranzi o cene consumati per passare
qualche ora in comune). Le attività esterne sono
principalmente le diverse conferenze pubbliche
e gli incontri ecumenici, organizzati nel corso
dell’anno con i Cattolici e con altri Cristiani. In
particolare il culto riformato si svolge regolarmente ogni Domenica mattina nelle chiese. È
pubblico, quindi aperto a tutti e chiunque può
liberamente entrare ed assistervi, senza che
venga messo in soggezione o imbarazzo da alcuno. Esso consiste in letture bibliche, preghiere, canto di inni, predicazione e, almeno una
domenica al mese, celebrazione della Cena del
Signore (quella che i cattolici chiamano “eucaristia”).
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LO SPECIALE
“Avrei ancora qualche domanda in ordine sparso…
Allora cominciamo con questa:
i valdesi riconoscono il Papa?”
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l'EDITORIALE
cultura
sa valdese, e per le altre Chiese evangeliche, in
base al principio “sola Scriptura” affermato dalla
Riforma, la Bibbia è la sola norma per la fede e la
vita dei credenti; mentre per la Chiesa cattolica
accanto alla Bibbia si pone, come avente pari autorità, la tradizione orale, ed entrambe (Bibbia e
tradizione) devono essere accolte solo secondo
l’interpretazione considerata infallibile del magistero papale. Si può quindi dire che da questa
divergenza fondamentale derivino tutte le altre.
Fra queste una grossa importanza riveste il posto che lo stesso Signore e Salvatore Gesù Cristo ha nella fede e nella pietà dei credenti: per i
Valdesi, come per tutti gli altri Evangelici, Gesù
Cristo è, secondo la testimonianza concorde di
tutto il Nuovo Testamento, la sola via per andare
al Padre, la sola verità rivelata del Padre, la sola
possibilità di avere la vita perdonata e redenta,
l’unico Mediatore fra Dio e gli uomini e quindi
l’unico Intercessore, essendo vero Dio e vero
uomo, com’è affermato dall’altro principio della Riforma: “solus Christus”. Perciò sono escluse
preghiere e atti devozionali rivolti alla madre di
Gesù (che i Cattolici chiamano “Madonna”) e ai
cosiddetti “santi”, anche se verso tutti costoro i
Valdesi e gli Evangelici hanno il massimo rispetto e cercano di imitarne la fede e la santità di
vita. Non esiste altresì la pratica della confessione nel confessionale alla presenza di un sacerdote. Inoltre, sempre secondo il messaggio
evangelico espresso dalla Riforma con le parole
“sola gratia, sola fide”, i Valdesi assieme a tutti gli
altri Evangelici confessano che solo per la sua
grazia, cioè del tutto gratuitamente e per il suo
amore misericordioso, Dio ci perdona, ci accoglie come figli e ci salva in Cristo, grazie al suo
sacrificio, e noi possiamo ricevere questo grande e stupendo dono gratuito solo mediante la
fede, cioè credendo alla Parola di Dio che ce lo
annuncia e riponendo in Lui tutta la nostra fiducia e la nostra speranza. Essendo questo un
dono della grazia, non può essere acquistato da
noi con i nostri presunti meriti, derivanti dalle
nostre buone opere (le famose Indulgenze, che
furono tra i motivi ispiratori della Riforma di
Martin Lutero). Queste vanno certamente fatte,
non per farci ottenere il favore di Dio, che ci ha
amati e ci ama come un Padre misericordioso,
pur essendo noi peccatori, ma per esprimergli
la nostra gioiosa riconoscenza per il perdono e
la salvezza che gratuitamente ci ha donato in
Cristo. Negli edifici di culto valdesi (il tempio),
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infine, non sono presenti statue di alcun genere
e nella loro totale sobrietà sono spesso presenti
i Dieci Comandamenti (che Dio assegnò a Mosè
per guidare gli Ebrei, popolo che gli era stato
“affidato”) o la Croce. Non casualmente si parla
di Croce e non di Crocifisso. Per i Valdesi infatti la croce è il segno del peccato che Gesù si è
assunto interamente su di sé per il riscatto dal
peccato di ciascun dei suoi figli, ovvero ognuno
di noi. La Sua resurrezione, ovvero la salita alla
destra del Padre, lascia come dire la croce vuota, senza la sua “presenza visiva” come avviene
viceversa nel crocifisso di tradizione cattolicoromana. Gesù dopo essere stato mandato alla
Crocifissione è risorto e dunque non ha più il
suo luogo sulla Croce. Si tratta pertanto non di
una differenza simbolica ma decisamente sostanziale e teologica.
“E qualche comune forma
di collaborazione, esiste, non è vero?”
Naturalmente sì. Ed aldilà di frequenti e fecondi
rapporti ecumenici tra le singole realtà ecclesiali
cattoliche e valdesi, e pur essendo chiaro che il
rapporto con la Chiesa cattolica romana è uno
degli aspetti più complessi della storia valdese,
le relazioni ecumeniche con il cattolicesimo si
sono intensificate dopo il Concilio Vaticano II,
terminato nel 1965. Uno dei segni più importanti del nuovo clima ecumenico è la comune traduzione della Bibbia in lingua corrente. A questa particolare edizione della Bibbia hanno collaborato numerosi studiosi valdesi e metodisti.
La Chiesa evangelica valdese ha partecipato attivamente ai colloqui teologici promossi dal Consiglio Ecumenico delle Chiese che
hanno coinvolto anche la Chiesa cattolica
romana. Ricordiamo in particolare i documenti di Lima del 1982 su battesimo, eucaristia e ministero. In Europa il più importante
documento del dialogo ecumenico è la Carta Ecumenica accolta dal Sinodo nel 2001.
Uno dei più rilevanti documenti del dialogo ufficiale con la Conferenza Episcopale
Italiana è il “Testo comune per un indirizzo
pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti”, approvato nel 1997, a cui ha
fatto seguito, nel 2000, il Testo applicativo.
Nonostante un clima di fiducia, rimangono sempre validi i divergenti punti di vista teologici ed i
diversi atteggiamenti nei confronti della società
Certamente essi riconoscono il valore, l’importanza e il messaggio dei miracoli attestati nella
Bibbia. In essa i miracoli sono dei segni concreti
che testimoniano la bontà e la potenza di Dio,
unico vero Signore del cielo e della terra, della storia, della natura e di tutte le sue leggi, il
quale si compiace intervenire in aiuto di coloro
che soffrono oppressi da vari mali per liberarli. Nel presente stato di cose, questi interventi
divini non sono ancora la realizzazione piena
e ultima della sua opera di redenzione, ma ne
rappresentano i “segni” indicatori, che l’additano alla fede e alla speranza dei credenti. Così,
tutti i miracoli raccontati nell’Antico Testamento
- dei quali la liberazione d’Israele dalla schiavitù
d’Egitto e il suo accompagnamento da parte di
Dio attraverso il deserto nella terra promessa
sono fra i più grandi - preannunciano il grande
evento dell’era messianica, l’avvento del Regno
di Dio, con la totale liberazione da ogni male
del suo popolo, dell’umanità e di tutta la creazione. Pertanto, con l’incarnazione, cioè con la
venuta del Figlio di Dio nel mondo, tutti i miracoli fatti da Gesù sono il segno, come egli stesso ha detto, che “il Regno di Dio è in mezzo a
voi” (Luca 17/21), cioè che Gesù lo ha portato
realmente con la sua persona, la sua predicazione, le sue opere, il suo sacrificio espiatorio sulla
croce e la sua risurrezione redentrice; anche se
la manifestazione e la realizzazione universale di
questo Regno di liberazione rimangono ancora
oggetto di fede e di speranza, fino al glorioso
ritorno del Cristo, Signore risorto e vittorioso.
Infatti Gesù non ha guarito tutti i malati e non
ha risolto i vari problemi che ancora affliggono
l’umanità, anche se ha dato dei segni di questa
liberazione. Egli ha rifiutato nettamente di risolvere questi problemi per mezzo di miracoli,
cioè dando pane, salute e benessere a tutti e
operando prodigi sensazionali per farsi così riconoscere e acclamare da tutti quale Signore
del mondo. Questa fu la proposta del Tentatore,
espressa pure più volte dalla richiesta degli uo-
Scusa se insisto su questo tema,
ma allora cosa ne pensano dei miracoli
che avvengono nella Chiesa cattolica
per mezzo di “santi” e della madre
di Gesù?
Alla luce di quanto esposto nella precedente
risposta sulla base della fondamentale testimonianza biblica, possiamo dire che ogni fenomeno straordinario che produce liberazione da
qualsiasi male è certamente dono di Dio, che
nella sua grande bontà si compiace concedere
questi benefici anche alla povera gente afflitta
del nostro tempo. Perciò solo a Lui devono essere rivolti il ringraziamento, la lode e la benedizione. Gli strumenti umani da Lui adoperati per
guarire gli ammalati vanno certamente apprezzati ed amati, ma mai esaltati e pregati come
se fossero delle divinità o semidivinità a noi più
vicine, perché sta scritto nella Bibbia che “c’è un
solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e
gli uomini, Cristo Gesù uomo” (II Timoteo 2/5). In
quanto ad altri cosiddetti “miracoli”, che non ci
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cultura
E cosa pensano i valdesi dei miracoli?
mini, di dimostrare la sua identità e la sua potenza divina con dei prodigi incontestabili; ma
egli decisamente non ha voluto assecondarla
(Vedi: Matteo 4/1-10; Matteo 12/38-39; Marco
15/29-32). Perché ha voluto invece seguire la via
della croce, che è quella della sua apparente debolezza e sconfitta, cosa scandalosa e assurda
per gli uomini (I Corinzi 1/22-25). E quando ha
guarito degli infermi ha ordinato loro di non fargli pubblicità, perché voleva essere riconosciuto
e accolto solo dalla fede. Inoltre Gesù ha dato ai
suoi discepoli il potere di compiere guarigioni e
altre opere potenti nel suo nome, proseguendo
così l’annunzio dell’Evangelo del Regno di Dio
nel mondo oltre che con la parola anche con i
segni di esso. Questi carismi (= doni dello Spirito
Santo) sono stati dati anche ad altri semplici credenti, i quali li hanno esercitati largamente. Però
tutti quelli che operavano guarigioni, additavano sempre Gesù Cristo come l’unico Signore e
Salvatore, nel nome del quale Dio concedeva
quelle grazie (Vedi: Atti d. Apostoli, cap. 3). Mai
hanno accettato di diventare essi stessi oggetto
di devozione, di culto e destinatari di preghiere dei fedeli, ma sempre hanno invitato tutti a
“rendere a Dio quel che è di Dio” (Matteo 22/21),
perché ogni culto reso a qualsiasi creatura, fuori
che a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, è sempre
una forma di idolatria. (Vedi: Matteo 4/10; Atti d.
Apostoli 10/24-26; 14/11-18).
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che accomunano tutte le chiese protestanti del
mondo nei loro rapporti con il cattolicesimo.
In Italia, la Chiesa evangelica valdese nei suoi
rapporti con la Chiesa cattolica romana è particolarmente attenta all’aspetto sociale e politico
del dialogo, promovendo una visione laica della
società nonché la piena libertà di espressione a
tutte le posizioni religiose e filosofiche.
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ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
cultura
sembra abbiano corrispondenza nella Bibbia, come statue che lacrimano o trasudano o emettono sangue, sangue che si coagula e si liquefa,
strane visioni, messaggi celesti e tanti altri fenomeni che provocano tanto fanatismo popolare,
- rimaniamo molto perplessi, anzi contristati,
vedendo che incrementano quelle forme di
culto delle immagini che in tutta la Bibbia sono
assolutamente riprovate come idolatria (Vedi:
Esodo 20/4-6). Infine ricordiamo che numerosi
testi biblici ci mettono in guardia dall’eccessiva
importanza che si è portati a dare ai fenomeni
prodigiosi in sé, quando non sono in chiara sintonia con il messaggio biblico. Già nel libro del
Deuteronomio si ammonisce di non dare retta
a coloro che fanno miracoli e prodigi, anche reali, quando essi inducono la gente a forme di
idolatria, sviandola dal culto da rendere solo
all’unico vero Dio (Vedi: Deuteronomio 13/1-4).
Anche Gesù ci dice: “Guardatevi dai falsi profeti,
i quali vengono da voi in vesti da pecore (= vesti
cristiane), ma dentro sono lupi rapaci” e aggiunge che molti nel giorno del giudizio gli diranno:
“Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato
in nome tuo, e in nome tuo cacciato demoni, e
fatte in nome tuo molte opere potenti? Allora io
dichiarerò loro: Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti operatori d’iniquità”.
Perché “non chiunque mi dice: Signore, Signore,
entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 7/15,
21-23). Inoltre Gesù annunzia che “sorgeranno
falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e
prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli
eletti. Ecco, ve l’ho predetto” (Matteo 24/24-25).
Anche l’apostolo Paolo dà lo stesso avvertimento (II Tessalonicesi 2/9-10) e infine l’Apocalisse
(13/11-14). In definitiva, per i valdesi l’unico vero
criterio per conoscere Dio nella rivelazione che
ci ha dato di sé in Cristo e la sola norma per la
vita cristiana è la Sacra Scrittura, cioè la Bibbia,
che comprende i libri dell’Antico e del Nuovo
Testamento. Nessun fatto, o fenomeno, o segno, o prodigio di qualsiasi natura e portata,
nessuna parola, nessuna persona, nessuna istituzione, nessuna realtà, possono stare sul suo
stesso piano e avere per noi la sua stessa autorità. Essa sola è, come dice il salmista, “lampada al
nostro piede e luce sul nostro sentiero” (Salmo
119/105). In essa il Signore Gesù Cristo stesso ci
parla e ci dice: “Io sono la luce del mondo; chi mi
segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la
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luce della vita” (Giovanni 8/12). E l’apostolo Pietro ci dice: “In nessun altro è la salvezza; perché
non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia
stato dato agli uomini, per il quale noi possiamo essere salvati” (Atti d. Apostoli 4/12). Perciò
i Valdesi affermano che Gesù Cristo soltanto,
vero Dio e vero uomo, unico Mediatore e Salvatore, è sufficiente, anzi sovrabbonda, perché
“dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto
grazia sopra grazia” (Giovanni 1/16), e sono ben
lieti di credere in Lui anche senza vedere miracoli, sperimentando la beatitudine da Lui stesso
annunciata quando ha detto a Tommaso: “Beati
quelli che non hanno veduto e hanno creduto”
(Giovanni 20/29, cfr, I Pietro 1/8-9). La fede infatti
viene dall’ascolto della sua parola (Romani 10/
17), è dono ed opera dello Spirito Santo ed essa
stessa è uno più dei più grandi miracoli che Dio
opera nella nostra vita di oggi.
“E va bene! Forse questo racconto
è un po’ lungo ma per una storia
che dura dal Medioevo si può ancora
conoscere qualcosa in merito
al celebrazione del XXV Febbraio?”
È da sempre presente nella società umana
l’abitudine di segnare il tempo con scansioni
precise, date significative: l’inizio dell’anno, festività religiose e, in tempi moderni, il ricordo
di avvenimenti del passato che hanno segnato
l’identità nazionale: in Italia il XX settembre, il 25
aprile, il 2 giugno. Di recente si è introdotto nei
nostri passi una nuova categoria di date significative: i Giorni della Memoria. Momenti che
dovrebbero costituire punti fermi nella presa di
coscienza della nostra identità collettiva perché
fissano avvenimenti che hanno segnato le generazioni passate, di cui è essenziale mantenere
il ricordo. Mentre le feste nazionali del passato
rinnovavano ricordi di vittorie o di gloria (sia
pur glorie effimere come tutto ciò che è umano) i giorni della memoria rievocano sofferenze,
dolore. Forse perché il nostro secolo è stato segnato da tragedie immani e ha assistito ad un
salto di qualità nel male di tipo quantitativo e
qualitativo? O perché inconsciamente reagisce
all’immagine falsa e irreale del benessere che il
consumismo diffonde attorno a noi? Tutti belli,
giovani, ricchi, sportivi, aitanti e sorridenti, figli
però dell’Olocausto e delle foibe? Anche la piccola comunità evangelica ha elaborato nel cor-
sione. Ma anche tra gli italiani di nascita ci sono
delle “novità”: 400.000 testimoni di Geova professano una fede (e un’etica) rigorosa. Ci sono poi coloro che non hanno una fede religiosa: vogliamo
evangelizzarli ma non vogliamo che i loro figli siano sottilmente discriminati. Oggi, in Italia, vivono
circa 500.000 evangelici (africani e coreani compresi). Non siamo più la tenue diaspora dell’epoca
fascista: siamo una componente significativa, e
non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità.
Quest’anno celebriamo i 150 anni dell’Unità d’Italia: che Italia sarà? Vorremmo che fosse un’Italia
libera e giusta. A questa Italia noi chiederemo ciò
che i Valdesi chiedevano 830 anni fa: «libere predicare», e così contribuire alla rinascita morale e
civile della nostra Patria”.
Lo spiegherei con le parole di un pastore, a lungo direttore del settimanale editoriale valdese
“Riforma” : “La sera del 16 febbraio, secondo la tradizione che risale all’anno 1848, in molte località
delle Valli Valdesi si accenderanno i fuochi, i falò di
gioia. E non solo alle valli. Ricordo, anni fa, di avere
partecipato a un bel falò valdese in Sicilia e a un
altro in Liguria, sulla spiaggia. C’è dunque dietro a
quel fuoco di libertà un retroterra storico che può
scadere a semplice fatto folclorico ma che, nella
sua essenza, rinvia alla libertà del cristiano. Una
libertà conquistata a fatica ma allo stesso tempo
ricevuta come un dono. Essa è tra i beni più preziosi, dopo la vita, che abbiamo su questa nostra
terra e si coniuga in libertà di coscienza, di potere
scegliere… e pur di essere liberi siamo disposti a
giocarci tutto. Anche noi, come cittadini di questo
Stato e come credenti evangelici, cerchiamo la libertà. La festa del XVII Febbraio, che chiamiamo
«festa della libertà», ha per noi una valenza civile
e politica; riguarda storicamente l’emancipazione
di una minoranza. Fu una conquista di civiltà che
sarà pienamente affermata solo il giorno in cui
tutte le minoranze e le fedi saranno uguali di fronte allo stesso stato. Ne abbiamo parlato tante volte
anche a proposito del fatto che in questo nostro
paese manchi una legge che inquadri, in modo
equo, la questione della libertà religiosa. Siamo
ancora in clima di disparità anche se, attraverso l’Intesa, un risultato l’abbiamo raggiunto. Ma
ci sono ancora molti soggetti in anticamera che
aspettano di siglare la loro Intesa. In altre parole,
se parliamo di libertà bisogna precisare di quale libertà si tratta. Il contenuto della libertà a cui guar-
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cultura
E questa festa i Valdesi la ricordano
ogni anno in qualche modo particolare?
A
numero 2
2011
LO SPECIALE
so degli ultimi anni il suo giorno della memoria:
la Giornata della Libertà. Il 17 febbraio, giorno
a cui si fa riferimento, ricorda le Lettere Patenti
con cui Carlo Alberto, nel 1848, poneva fine a
secoli di discriminazione riconoscendo ai suoi
sudditi valdesi i diritti civili e politici. Un editto di
tolleranza che concedeva libertà molto limitata:
per quanto concerne infatti quella religiosa “nulla era innovato” e restavano perciò in vigore tutte le restrizioni dell’età controriformista. Quella
che è stata per decenni la festa dei Valdesi è diventata, a ragione, la giornata degli evangelici
per due motivi. Anzitutto per ricordare un problema, quello della libertà di coscienza: ogni 17
febbraio (da oltre 150 anni) si ribadisce il fatto
che l’espressione della religione deve essere libera in una società moderna e il potere civile,
lo Stato, non ha alcuna competenza in questo
campo e tanto meno ha da privilegiarne una. La
libertà religiosa non è l’appendice delle libertà
civili ma la matrice, prima c’è la coscienza religiosa poi viene la politica, l’economia, il lavoro
e il pensiero. In secondo luogo si vuole rimarcare che la tolleranza è una concessione del Potere, la libertà è una conquista della coscienza.
Lo Stato può concedere spazi controllati ma il
vivere da uomini liberi, non solo di dire e fare
liberamente ma di essere liberi, è il risultato di
una lunga battaglia. Gli uomini infatti, ed anche
quelli che hanno responsabilità nella gestione
della comunità civile, dello Stato, troppo spesso portati a identificare la libertà con il proprio
interesse sono, per natura, restii a riconoscere la
libertà altrui. La libertà religiosa nel nostro paese è stata una lunga conquista che dalle Lettere
Patenti del 1848 è giunta sino alla Costituzione
del dopo-guerra e permane impegno attuale.
Un giorno della memoria positivo dunque,
quello degli evangelici, che ricorda fatti lontani
ma proiettati sul presente, impegni costruttivi,
battaglie vinte, pagine ricche di umanità. Memoria non tanto di se stessi quanto di ideali,
di conquiste, come il Vangelo. Scrive, a proposito, un pastore valdese con la passione per la
storia: “Una cosa fu però ben chiara fin dal 1948:
noi non combattevamo per la nostra libertà ma
per un’Italia democratica e pluralista. Oggigiorno
vivono in Italia 4 milioni di immigrati: ortodossi,
musulmani, induisti, buddisti e altri. Senza saperlo,
stipulando le Intese con lo Stato Italiano, abbiamo
lavorato anche per loro, per la loro dignità, per la
loro libertà; e anche oggi ci battiamo perché sia
approvata quella «legge sulla libertà religiosa» che
darebbe loro, finalmente, la piena libertà di espres-
cultura
diamo è legato all’evangelica «verità che ci farà
liberi», al discepolato dietro il Cristo (non davanti
o al suo posto). In questa stagione di affanno delle nostre chiese, non dimentichiamo che la libertà
è come il fuoco. Illumina, riscalda ma può anche
distruggere. La ricerca di libertà può essere usata
come un’arma per costringere tutti dentro lo stesso
schema. Se la libertà non si traduce in servizio verso la libertà degli altri (e quindi verso noi stessi), si
rischia, anche nella chiesa, di «morderci e divorarci
gli uni gli altri» (Galati 6, 15) in un infinito gioco al
massacro. Lasciamo dunque fiorire il dono che abbiamo ricevuto della libertà nelle sue varie tonalità
che colorano la nostra vita”. Sicuramente sarà un
caso della storia dell’umanità, ma nello stesso
giorno di molti anni prima del 1848, il 17 febbraio 1600, sulla piazza di Campo de’ Fiori a Roma,
veniva strangolato e arso davanti alla folla Giordano Bruno, che durante il breve processo cui fu
sottoposto dopo una lunga prigionia, si rivolse
ai giudicanti dicendo: “Maiori forsan cum timore
sententiam in me fertis quam ego accidia - Forse
tremate più voi nel pronunciare questa sentenza
che io nell’ascoltarla”. Che coincidenza… Un altro eretico!!!
“Un ultima domanda:
esiste un valdese diventato famoso
nel nostro paese?”
Candeliere
Di origine ignota, compare per la prima volta
in opere a stampa del
XVII secolo. La candela
o fiamma sul candeliere associata alla scritta
“in tenebris lux” o “lux
lucet in tenebris” è chiaro riferimento al testo
evangelico di Giovanni
1/5, dove Gesù è detto
luce che risplende nelle tenebre. Le sette stelle che fanno corona alla
luce sono un riferimento alla visione dell’Apocalisse 1/16, dove Cristo in gloria tiene nella mano
sette stelle che rappresentano le sette chiese
dell’Asia in crisi e persecuzione. Con questi due
riferimenti biblici i Valdesi hanno voluto affermare la loro volontà di fedeltà al Vangelo, Luce
degli uomini, e la loro certezza di essere in comunione con Cristo.
Croce ugonotta
Molte donne e molti uomini di confessione valdese hanno dato sempre il proprio contributo
alla costruzione democratica di questo nostro
paese. Ma visto che festeggiamo in questi giorni
il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia e, da qualche anno nuovamente, la festa della Repubblica
il 2 Giugno, forse non tutti sanno che l’attuale
emblema tricolore della Repubblica (quello
composto da olivo, stella, quercia e ruota) è
opera del pittore Paolo Paschetto valdese, prescelto tra altri 341 candidati. Diversi, poi, sono
stati nel corso dei decenni, i deputati valdesi
eletti in uno dei due rami del Parlamento italiano. Ma la storia dei Valdesi, definiti un tempo
come il Popolo-Chiesa, continuerà….. Grazie per l’attenzione.
LO SPECIALE
ATTUALITÀ
l'EDITORIALE
SIMBOLI della CHIESA VALDESE
Questo lavoro di oreficeria ha origine negli ambienti ugonotti (cioè protestanti) della
Linguadoca. Riprende il modello della croce di Malta cui aggiunge il pendaglio di una
colomba a rappresentare lo Spirito Santo.
È oggi diffuso in tutto il mondo evangelico
Andrea Garrone
come
simbolo della fede riformata.
Un farmacista Valdese
numero 2
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TELARO
A R R E D A M E N T I P E R FA R M A C I E E L A B O R AT O R I D A L 1 9 5 3
Farmacia Calvo, Torino
Progetto Gian Piero Comazzo
Architetto
Telaro Luigi di Omati Germana e Figli sas via San Carlo 21047 Saronno (VA)
tel. +39.02.9603020 fax +39.02.96701875 www.telaro.it telaro@telaro.it
GESTIRE la farmacia
Saper far di conto
Per introdurre il controllo di gestione, nell’ambito della farmacia,
vorrei essere un po’ provocatorio ponendovi le seguenti domande.
Quanto rende effettivamente la vostra impresa? e ancora, quanto vi mettete in tasca ogni anno?
Tralasciando le risposte che più definiscono la nostra indole piemontese “Falsa e Cortese”, la maggioranza dei farmacisti non riesce a determinare correttamente i risultati prodotti dal proprio lavoro. Il farmacista è sicuramente una persona meticolosa, con alle spalle un percorso formativo di alta
qualità, inoltre per la tipologia del proprio lavoro, la precisione e l’attenzione sono caratteristiche
comuni alla categoria. In questi vent'anni di lavoro presso l’Associazione Titolari di Farmacia della
Provincia di Torino ho avuto modo di vedere una moltitudine di “papelli” carichi di dati, conteggi,
analisi, che i vari farmacisti mi presentavano, ma che incredibilmente, il più delle volte, non rispecchiavano i dati contabili sia in termini di fatturato e meno che mai in termini di utile conseguito.
Bisogna sottolineare che nel passato (che poi è un passato prossimo!) la farmacia veniva definita
utilizzando come parametro il solo Volume d’Affari; lo sforzo del titolare era diretto a far crescere
quest’ultimo in modo costante nel tempo, mentre la redditività era più o meno omogenea per
una gran parte delle categorie merceologiche; inoltre l’armonizzazione e la stabilità dei prezzi
su tutto il territorio nazionale rendevano non indispensabile focalizzare l’attenzione su questo
aspetto.
A partire dalla messa a regime del Decreto Storace (20 maggio 2005), abbiamo visto un lento ma
inesorabile stillicidio della marginalità che continua sino ai giorni nostri. Diventa così indispensabile promuovere una sensibilizzazione della categoria verso i temi della ricerca di una maggiore
produttività aziendale, di una corretta suddivisione dei costi di struttura, di una maggiore consapevolezza dei diversi margini di guadagno a seconda delle diverse categorie merceologiche
trattate, in poche parole cercare di definire a tutto tondo l’area di business.
Vorrei anche sgombrare il campo da alcune critiche che più volte mi sono sentito rivolgere, relative al fatto che l’analisi dei dati spetterebbe alle società di servizi amministrativi o al commercialista
di turno, che il farmacista vuole fare il farmacista e che non può dedicare il suo già limitato tempo
ai numeri…
GESTIRE la farmacia
NULLA DI PIÙ ERRATO!
Per prima cosa vorrei ricordare a tutti, che chiunque, oggi, svolge una attività di carattere economico, volente o nolente, si deve confrontare con il mercato, che le leggi che regolano il mercato sono
rivolte al profitto, che il primo compito dell’imprenditore è essere consapevole e responsabile dei
suoi atti economici.
In secondo ordine vorrei far comprendere che il farmacista - imprenditore, prima di ogni altro
attore della filiera amministrativa, viene a conoscenza dei fatti gestionali della sua attività. È Lui
che ogni giorno incassa i proventi delle sue vendite e/o paga i sui fornitori. Sarà Lui che in base alla
conoscenza delle esigenze del suo particolare microcosmo socio-economico metterà in atto tutta
una serie di politiche aziendali tese al raggiungimento dei sui obbiettivi. Risulta evidente che se il
nostro farmacista si limiterà ad assecondare il consueto ciclo burocratico-amministrativo: raccolnumero 2
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FATTURE GENNAIO
DITTE
Acquisti Diretti
GROSSISTA 1
GROSSISTA 2
GROSSISTA 3
GROSSISTA 4
GROSSISTA 5
€ 35.000,00
€ 40.000,00
€ 30.000,00
€ 5.000,00
€ 10.000,00
€ 20.000,00
€ 40.000,00
€ 30.000,00
€ 5.000,00
€ 10.000,00
€ 20.000,00
€ 35.000,00
€ 105.000,00
€ 140.000,00
% Ditte
GROSSISTA 1
GROSSISTA 2
GROSSISTA 3
GROSSISTA 4
GROSSISTA 5
25,00%
28,57%
21,43%
3,57%
7,14%
14,29%
75,00%
ta e consegna dei documenti
contabili al centro amministrativo, successiva elaborazione
ai fini prettamente fiscali (il
pagamento mensile dell’IVA)
e per ultimo eventuale analisi
di quest’ultimi sotto il profilo
gestionale; dilaterà a dismisura
il tempo delle Sue scelte operative.
Prendo in prestito le parole del
mio Direttore, il dottor Carlo
Boggetto, che ha ben definito il controllo di gestione per
le farmacie come una nuova
Cultura del fare. Il controllo di gestione parte dal
farmacista, si concretizza
con l’analisi puntale del
consulente e ritorna al
farmacista.
Il primo stimolo che vi propongo vuole invitarvi a riflettere sul vostro Magazzino Fisico. La gestione del magazzino
e l’ottimizzazione dei propri
acquisti partendo dal versante dell’approvvigionamento
determinerà in buona misura
i vostri risultati in termini di
marginalità. Focalizzate la Vostra attenzione sul programma
gestionale utilizzato in farmacia per il carico-scarico merce.
Definite con la Vostra softwa-
rehause una corretta modalità
di inserimento dei dati. Verificate, con regolarità, le valorizzazioni della merce presente in
magazzino. Utilizzate sempre
lo strumento informatico per
definire le varie contrattazioni
con i rappresentanti; se si riscontrano differenze tra la proposta d’ordine e la fattura correggete gli sconti inseriti e non
modificate artificialmente le
giacenze, effettuate spesso un
analisi dei prodotti invenduti.
Esplorate infine le potenzialità
del vostro gestionale, pensate
che in media si sfrutta solo il
30% - 40% delle potenzialità
dei programmi gestionali, peccato che pagate il canone annuo su tutto il pacchetto!
La seconda azione che dovrete
intraprendere è annotare tutti
gli acquisti merce effettuati
mese per mese; potete aiutarvi con un semplice programma di produttività personale,
come un foglio di calcolo.
Le fatture di acquisto debbono
essere inserite al netto dell’iva
e devono rispettare la data fattura (in gennaio indicheremo
tutte le fatture con data compresa tra 1/1 - 31/1).
33
Questa semplice tabella può
fornirVi alcune informazioni
utili come la composizione
dei Vostri canali di approvvigionamento, ma principalmente il valore del costo
delle merci acquistate per
competenza. Nel prossimo
articolo cercheremo di rapportare il costo delle merci ai
ricavi tipici della farmacia individuando così una, sia pur non
scientifica, prima Marginalità
Commerciale.
Luca Bruschi
responsabile progetto
Controllo di Gestione
Farmatributi s.r.l. Torino
G
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FORMAZIONE
Le reazioni avverse a farmaci
L'Oms definisce come reazione indesiderata qualsiasi risposta ad un farmaco che sia dannosa e inattesa e che sopravvenga alle dosi comunemente usate nell'uomo a scopo di profilassi, diagnosi o terapia.
Peraltro la reale incidenza/prevalenza delle farmacoallergie, e più in generale delle reazioni avverse a farmaci, non è sicuramente facile da rilevare per diversi motivi: difficoltà nello stabilire sempre un
sicuro rapporto di causa-effetto tra assunzione farmacologica e manifestazione clinica, difficoltà nel
discriminare tra sintomi attribuibili alla malattia in atto e sintomi conseguenti alla terapia praticata, specialmente in caso di pluriassunzioni farmacologiche, reale impossibilità pratica di avere segnalazione
di tutte le reazioni avverse a farmaci e scarsa sensibilità delle organizzazioni sanitarie e della classe medica nei confronti di tale fenomeno, scarsa disponibilità di test affidabili per una diagnosi di certezza.
A livello internazionale le reazioni avverse da farmaci o ADR (Adverse Drug Reactions) vengono suddivise in:
1. prevedibili (tipo A) ad alta morbilità (rappresentano circa l’80% delle ADR) e bassa mortalità, dipendenti dal dosaggio, correlate all'azione farmacologica e che si possono verificare in tutti gli individui
(tossiche, effetti collaterali, effetti secondari, da interazione tra farmaci) e
2. imprevedibili (tipo B) a bassa morbilità (20% circa delle ADR) e alta mortalità, indipendenti dal
dosaggio, non correlate all'azione farmacologica ma dipendenti invece dalla reattività individuale dei
soggetti predisposti (idiosincrasiche, da intolleranza, allergiche, pseudoallergiche).
Le reazioni allergiche o immunologicamente mediate possono essere ulteriormente ricondotte, in
modo schematico, ad uno dei quattro meccanismi patogenetici descritti da Gell e Coombs (1968)
anche se possono verificarsi situazioni cliniche che sono espressione di meccanismi di tipo misto:
1. reazioni di I tipo (IgE mediate): shock anafilattico, sindrome orticaria - angioedema, rinite, asma bronchiale, ecc.
2. reazioni di II tipo (citolitiche/citotossiche mediate da anticorpi di tipo IgG o IgM che si fissano a
strutture cellulari con attivazione complementare o da ADCC): anemia emolitica, leucopenia, trombocitopenia, ecc.
3. reazioni di tipo III (da immunocomplessi circolanti): malattia da siero, alveoliti, glomerulonefriti, vasculiti, ecc.
4. reazioni di tipo IV (cellulo mediate): dermatite allergica da contatto, sindrome di Lyell, rush maculo
papulosi, ecc.
FORMAZIONE
l'EDITORIALE
La diagnosi di allergia a farmaci è un problema molto complesso nell'ambito della diagnostica
allergologica a causa delle scarse conoscenze relative a tutti i meccanismi patogenetici e ai vari metaboliti attivi del farmaco potenzialmente responsabili dell’insorgenza delle reazioni.
L’anamnesi rappresenta l'approccio iniziale e indispensabile. Permette di acquisire notizie relative al
nome del farmaco o dei farmaci assunti, alla via di somministrazione, ai dosaggi utilizzati, alla durata
del trattamento. Deve essere rivolta ad accertare una correlazione temporale "credibile" tra assunzione
del farmaco e comparsa delle manifestazioni cliniche. Deve chiarire con precisione le caratteristiche
cliniche della reazione allergica tenendo presente che alcuni farmaci tendono a determinare più facilmente alcuni tipi di reazione (ad esempio eritema fisso da pirazolonici, sindrome orticaria-angioedema da ASA, sindrome di Stevens-Johnson da sulfamidici, ecc.), le precedenti terapie e le eventuali
pregresse reazioni, i tempi di regressione delle manifestazioni cliniche dopo la sospensione del medicamento, le terapie concomitanti, ecc.
Bisogna tenere in conto i vari fattori di rischio (favorenti ed aggravanti).
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Fattori di rischio favorenti sono:
- Età: la maggior parte delle manifestazioni allergiche e/o anafilattoidi si verificano in soggetti d'età
compresa tra i 15-25 e i 40 anni. Sono rare nei bambini.
- Sesso: complessivamente, a prescindere dal meccanismo implicato, le reazioni perioperatorie si
manifestano più spesso nel sesso femminile. Le reazioni anafilattiche sono prevalentemente correlate
alla somministrazione di miorilassanti e/o al contatto/esposizione al latice nei pazienti sensibilizzati al
- Atopia: l'atopia costituisce un terreno propizio alla liberazione aspecifica di istamina; i basofili ed
i mastociti di soggetti atopici hanno una maggiore instabilità di membrana, favorente il rilascio di
mediatori, rispetto ai soggetti normali; inoltre i pazienti atopici che sviluppano una malattia allergica
clinicamente manifesta e non correttamente compensata dalla terapia hanno un’iperreattività d’organo e più facilmente hanno sintomi a carico di uno degli organi bersaglio.
Fattori di rischio aggravanti sono:
- Beta bloccanti. Nei pazienti in trattamento cronico con beta-bloccanti lo shock anafilattico è particolarmente grave perché è più difficile l’intervento di meccanismi di compenso cardiovascolari in
quanto i recettori beta sono insensibili alle sostanze adrenergiche perchè i beta-bloccanti faciltano il
rilascio di istamina e di altri mediatori per inibizione della produzione di AMPc ed abbassano la soglia
di liberazione dei mediatori dell'anafilassi. Lo shock è quindi caratterizzato essenzialmente da ipotensione severa con bradicardia resistente alla somministrazione di adrenalina e possono variamente associarsi broncospasmo, orticaria e angioedema. Va inoltre segnalato che esiste una suscettibilità individuale al beta blocco e che è anche importante la dose di beta bloccante assunta, mentre non pare
essere vantaggioso l’utilizzo dei cosiddetti beta-bloccanti “selettivi”.
- ACE inibitori. Con l’impiego di ACE inibitori sono stati riportati casi di angioedema (con edema della glottide e difficoltà nella respirazione e nella deglutizione) e reazioni di ipersensibilità accompagnate
da prurito ed eruzioni cutanee. Gli ACE inibitori non bloccano solo la conversione di angiotensina I in
angiotensina II ma inibiscono anche la degradazione di bradichinina (Skidgel 1987), sostanza in grado
di determinare vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare. Sono state segnalate anche
reazioni di tipo anafilattoide in pazienti in emodialisi e in pazienti in trattamento iposensibilizzante per
allergia a veleno di imenotteri. Pazienti sottoposti terapie farmacologiche ed in trattamento cronico
con ACE inibitori possono manifestare con più facilità eruzioni di tipo allergico e pseudoallergico.
La diagnostica delle reazioni avverse a farmaci prevede poi, dopo un’accurata anamnesi, l’esecuzione
delle diverse procedure diagnostiche volte ad indagare tutti i meccanismi immunologici potenzialmente coinvolti nello scatenamento delle manifestazioni cliniche (prick test e intradermoreazioni
scalari, patch test e fotopatch test, dosaggio di anticorpi sierici correlabili ai meccanismi patogenetici,
test di provocazione/tolleranza, ecc.).
La scelta dei test diagnostici da eseguire sarà condotta di volta in volta in relazione alle manifestazioni
cliniche insorte, al tipo e alle modalità di coinvolgimento del sistema immunitario e al farmaco che si
sospetta essere responsabile.
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AF
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FORMAZIONE
È necessario ricordare che tutti i test allergologici valutano l’eventuale sensibilizzazione del soggetto
nei confronti di un determinato medicamento, ma non hanno valore predittivo; non esiste pertanto
indicazione all’esecuzione di test per farmaci che non siano stati correlati e precedenti reazioni avverse.
Sono invece utili, se positivi, per confermare il dato anamnestico e per chiarire, quando possibile, il
meccanismo patogenetico della pregressa manifestazione allergica.
Spesso è sufficiente prestare attenzione ai pazienti in modo critico, alla luce delle conoscenze che abbiamo, per collocare in un corretto ambito la valutazione diagnostica e la successiva gestione clinica di
chi ha manifestato reazioni avverse a farmaci e si rivolge ad un Servizio di Allergologia. La diagnostica
delle farmacoallergie non deve essere intesa come un insieme di procedure diagnostiche da svolgere
“una tantum” nel momento in cui il paziente si presenta alla nostra osservazione. Il paziente che ricorre
ad un Servizio di Allergologia per una precedente reazione avversa a farmaci deve essere valutato nel
tempo e, se atopico, la sua malattia allergica deve essere adeguatamente trattata in modo specifico
in quanto la malattia allergica non adeguatamente compensata può determinare l’insorgenza di una
reazione avversa a farmaci e/o aggravarne il decorso.
FORMAZIONE
l'EDITORIALE
Gianni Cadario
Direttore S.C. Allergologia e Immunologia - Clinica AOU San Giovanni Battista di Torino
Fulvia Marengo
Dirigente Medico S.C. Allergologia e Immunologia - Clinica AOU San Giovanni Battista di Torino
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artedì Salute Martedì
La partecipazione di Federfarma ai Martedì Salute
Pubblichiamo le slide relative all'intervento del dottor Luciano Platter nella conferenza dedicata al tema delle allergie all'interno del ciclo Martedì Salute, tradizionale appuntamento di promozione della salute presso l'Unione Industriale
di Torino.
Tale presentazione può essere un utile strumento da utilizzare per replicare sul
territorio una conferenza su tale tema.
I farmacisti interessati a ricevere questo materiale possono rivolgersi alla segreteria di Federfarma Piemonte.
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Martedì Salute Marte
FORMAZIONE
l'EDITORIALE
FORMAZIONE
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Salute Martedì di Salute
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AF
FORMAZIONE
Sarà naturale la cosmesi del futuro?
FORMAZIONE
l'EDITORIALE
Se ne discute in una tavola rotonda a Savigliano
Il ritrovato interesse per i prodotti naturali ha coinvolto anche il settore
cosmetico che per decenni ha avuto nella sintesi chimica il suo principale,
se non unico, riferimento. Il passaggio da prodotti formulati con sostanze
standardizzate di sintesi a prodotti formulati principalmente o anche solo
parzialmente con sostanze di origine vegetale ha comportato una serie di
difficoltà in ordine al reperimento delle materie prime ed alla assicurazione
della loro qualità, alla formulazione dei prodotti e non ultimo ai messaggi
che sulla base del concetto di natura possono essere veicolati.
Tutto questo fermo restando che i cosmetici, comunque formulati, devono
rispondere ai requisiti previsti dalle norme vigenti ed a quelle in progressiva
applicazione recate dal Regolamento comunitario 1223/09 che sostituirà la
Direttiva base 76/768/CEE, ovvero devono essere efficaci e sicuri.
Questi argomenti saranno al centro dell'incontro Sarà naturale la cosmesi
del futuro?, organizzato dal Corso di laurea in Tecniche Erboristiche della Facoltà di Farmacia di Torino
il 23 maggio a Savigliano.
In occasione della tavola
rotonda saranno messe a
fuoco le principali questioni
annesse alla formulazione
IL PROGRAMMA
ed alla commercializzazione
dei cosmetici a base di in9.00 Saluto delle Autorità dell’Università degli
gredienti di origine vegetale,
Studi di Torino e del Comune di Savigliano
sulla base della normativa vi9.30 Conferimento delle Borse di Studio della
gente e di quella di prossima applicazione, analizzando
Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano ai
il mercato ed i consumatori di questa particolare cate5 migliori studenti dell’anno in corso
goria di prodotti in relazione ai diversi canali distributivi
Moderatori: Demetrio Benelli - Paolo Poggi
ed alla complessità dei processi di certificazione.
9.50 I cosmetici naturali nel contesto del attuale quadro normativo - Marinella Trovato
10.10 Naturale e biologico nel mercato della
Segreteria scientifica
cosmetica convenzionale - Cristina Emanuel
professoressa Maria Laura Colombo,
10.30 La cosmesi naturale, una opportunità
docente del Corso di laurea in Tecniche Erboristiche
per il canale erboristico - Malva Moncalvo
Università degli Studi di Torino
10.50 La qualità delle materie prime vegetali
professoressa Patrizia Rubiolo,
usate in ambito cosmetico - Renato Iguera
docente del Corso di laurea in Tecniche Erboristiche
11.10 Ingredienti botanici in cosmetica: l’innoUniversità degli Studi di Torino
vazione tra scienza e marketing - Stefano Togni
11.30 I cosmetici a base naturale: innovazione
Segreteria Organizzaztiva
o ritorno al passato? Il punto di vista del formuCorso di laurea in Tecniche Erboristiche
latore - Silvia Gatti
Sabina Fornetti - Silvia Barreri
11.50 Quali consumatori per il cosmetico natuVia Garibaldi 6 - 12038 Savigliano CN
rale e biologico? - Alessia Scarpocchi
tel.: 011.670 8339-8341
12.10 Certificazione del cosmetico naturale e
fax: 011.6708340
biologico - Fabrizio Piva
e-mail: segreteria.tecniche-erboristiche@unito.it
12.30 Dibattito e fine lavori
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NOTIZIE DALLE AZIENDE
SILHOUESSENCE
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barriera occlusiva. In più, risponde efficacemente ai cambi di pH del mantello cutaneo, mantenendo così più a lungo la sua
attività.
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uniformando il colore e migliorando la luminosità dello strato corneo.
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deficit comporta alterazioni della barriera idrolipidica di superficie e aumento della perdita d’acqua transepidermica.
H2+O contiene anche attivi idratanti nel profondo:
Glucosamina: polisaccaride coinvolto nella biosintesi dell’acido ialuronico. La quantità di glucosamina prodotta dall’organismo per via endogena diminuisce con l’invecchiamento, con conseguente perdita di turgore, elasticità e idratazione della
pelle.
Fosfolipidi: grazie alla loro affinità di struttura con le molecole fosfolipidiche di membrana, aiutano a mantenere integro il
film idrolipidico e favoriscono l’idratazione della pelle.
Vitamina E: protegge le membrane cellulari dall’attacco dei radicali liberi, prevenendo danni ossidativi e invecchiamento
cellulare.
Coenzima Q10 (ubidecarenone): potente antiossidante, interviene nei più importanti processi metabolici cellulari, risultando indispensabile nel mantenere una buona integrità e vitalità della pelle.
Enzima SOD (superossidodismutasi): favorisce l’eliminazione del radicale superossido e
garantisce una buona fisiologia cellulare.
Oltre ad H2+O, la linea Skinius è composta da:
FOSPID Gel Vitalizzante Dermatologico ripara i danni delle membrane cellulari cutanee, stimola la biosintesi di acido ialuronico e promuove il turgore dei tessuti.
LIFTNES Crema Rigenerante Dermatologica contrasta i cedimenti cutanei che penalizzano
la zona di collo, seno e decolleté.
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N
l'ARCHITETTO in farmacia
Una ristrutturazione all'insegna
del colore
l'ARCHITETTO in farmacia
La farmacia San Nicola di Genova ha acquisito, nel 2010, nuovi locali in cui trasferire l’attività.
Per progettare e realizzare le opere di ristrutturazione e arredamento si è affidata allo Studio Mario
Fanelli.
Tali opere hanno comportato lavori murari, lavori di adeguamento degli impianti idraulico, elettrico
e di climatizzazione, la sostituzione di alcuni serramenti e naturalmente la realizzazione del nuovo
arredamento
Per sottolineare al meglio le varie zone espositive, sono stati realizzati controsoffitti su più livelli,
tinteggiati con colori diversi, all’interno dei quali è stata installata l’illuminazione costituita da fari ad
incasso a fluorescenza o ad alogenuri metallici, marchiata Guzzini e Arcluce e Flos.
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Poiché il tema dei colori diversi
per le diverse zone dell’esposizione era caro alle titolari, le
pareti espositive a cremagliera,
che attrezzano l’area vendita,
hanno ciascuna un’incorniciatura di colore diverso: arancio
per l’infanzia, tabacco per la
dermocosmesi, azzurro per la
zona sanitari e igiene, sabbia
per la zona otc nel retrobanco.
Per l’esposizione dei prodotti
naturali e per l’alimentazione,
essendo essa a ridosso delle
vetrine, si è scelto di utilizzare delle strutture bi-facciali
pavimento-soffitto in acciaio
e cristallo, che consentono
di esporre sia all’interno che
all’esterno, senza impedire alla
luce naturale di entrare in farmacia.
Nella zona centrale, i due pilastri presenti sono stati attrezzati per l’esposizione e affiancati
da un’altra struttura pavimento-soffitto in acciaio e cristallo
per esporre i prodotti in promozione.
Una pedana con tre pouf colorati costituisce un punto di
attesa per i clienti più piccini,
sottolineando l’attenzione della farmacia anche per loro.
Il banco prescrizioni, pur essendo un banco unico, è stato
disegnato in modo tale che
le postazioni di servizio siano
chiaramente individuabili e
scandite tra loro da scalette
espositive.
Attraverso una porta in cristallo
si accede al box per la misurazione della pressione e per le
analisi; adiacente ad esso è visibile, attraverso un’altra parete
in cristallo, il laboratorio per le
preparazioni.
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Molta attenzione è stata posta
alla comunicazione corretta
dei settori trattati e dei servizi
offerti dalla farmacia: schienali
retroilluminati e serigrafati sottolineano i vari reparti, completati da velette a bandiera; indicazioni grafiche coordinate,
segnalano i servizi offerti.
a cura di
Studio Fanelli
A
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Per informazioni su Convenzioni e Card Farmacia Amica:
SEGRETERIA FARMASERVIZI
011.5698963
farmaservizi@farmapiemonte.org
con orario 8,30 - 12,30
Breuil - Cervinia
Lo splendore del cuore
della Valle d’Aosta
Comprensorio di Breuil-Cervinia Valtournenche Zermatt
La convenzione copre l’intera stagione invernale ed è valida fino all'8 maggio 2011 per tutto il Comprensorio di BreuilCervinia Valtournenche Zermatt. Con la stessa D-Card si avrà diritto a tariffe agevolate anche anche per la stagione
estiva 2011.
Skipass
1 Mattutino Breuil-Cervinia Valtournenche 1 Pomeridiano Breuil-Cervinia Valtournenche Euro 27,00 anzichè Euro 30,00
Euro 27,00 anzichè Euro 30,00
1 Giorno feriale Breuil-Cervinia Valtournenche 1 Giorno feriale Breuil-Cervinia Valtournenche + tutta Zermat Euro 30,00 anzichè Euro 37,00
Euro 46,00 anzichè Euro 51,00
1 Giorno festivo Breuil-Cervinia Valtournenche 1 Giorno festivo Breuil-Cervinia Valtournenche + tutta Zermat Euro 34,00 anzichè Euro 37,00
Euro 46,00 anzichè Euro 51,00
6 Giorni Breuil-Cervinia Valtournenche 6 Giorni Breuil-Cervinia Valtournenche + tutta Zermat Euro 156,00 anzichè Euro 194,00
Euro 202,00 anzichè Euro 252,00
Il sabato è considerato giorno feriale.
L'acquisto e l'utilizzo degli skipass è soggetto al Regolamento di Biglietteria esposto presso i punti vendita.
CONVENZIONI CARD FARMACIA AMICA
Punti di ristoro sulle piste
Presentando la D-Card presso il Bar di Plan Maison si avrà diritto ad uno sconto del 20% sul Menu dello Sciatore.
Per ottenere la D-Card è necessario presentarsi presso l’Ufficio Informazioni della Cervino S.p.A., adiacente alle
biglietterie centrali alla partenza dell funivia e della telecabina per Plan Maison, con un tesserino di Farmacia Amica
ed un documento di identità.
Verrà rilasciata, su pagamento di una cauzione di 5,00 Euro, una speciale tessera elettronica, la Key-Card, sulla quale
verrà anche caricato lo skipass scontato. Tale supporto può essere tenuto nella tasca della giacca, permettendo
quindi di passare più velocemente ai tornelli.
La cauzione verrà rimborsata a restituzione della Key-Card integra entro e non oltre il 04 settembre 2011.
La D-Card è strettamente personale ed il suo impiego è veramente semplice: si accede direttamente alla biglietteria
e si presenta la tessera contestualmente ad un documento d'identità. Si otterrà automaticamente lo sconto per il
possessore della tessera e per un suo accompagnatore.
Dal nostro sito Internet www.cervinia.it potrete inoltre apprendere tutte le novità della prossima stagione invernale, le
più importanti manifestazioni sportive e gli eventi d’intrattenimento, oltre alle condizioni meteo ed ai dati di funzionamento degli impianti e d’agibilità delle piste sci.
Per informazioni: Telefono 0166.94441 | www.cervinia.it
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Fornasieri
Abbigliamento uomo e donna.
Sconto 15% riservato ai dottori farmacisti che presenteranno la tessera di riconoscimento.
Per informazioni: Telefono 011.727479 | www.fornasieriabbigliamento.com
5 TO 1 Filosofia
Tour Operator.
Per informazioni: Telefono 011.5618271 | sbelforte@5to1filosofia.it | www.5to1filosofia.it
Tucano Viaggi - Viaggi Ricerca di Willy Fassio
Tour Operator.
Per prenotazioni: Telefono 011.5617061 | info@tucanoviaggi.com | www.tucanoviaggi.com
Sport Club Chamois Bardonecchia
Lo Sport Club Chamois Bardonecchia è disponibile su richiesta ad organizzare soggiorni settimanali personalizzati per
ragazzi presso alberghi convenzionati, comprendenti il servizio di pensione completa, l’assistenza di personale qualificato
e tre ore giornaliere di tennis.
Per informazioni: Telefono 0122.99553
Modesto Bertotto
Abbigliamento uomo e donna.
Per informazioni: Telefono 015.2557094 | www.modestobertotto.com
F.lli Cerruti
Camiceria, maglieria ed ovviamente gli intramontabili capi spalla della famosa griffe che si distingue per la sobria eleganza
dei suoi capi: tailleur, giacche, completi, parka, cappotti, gonne, etc.
Per informazioni: Telefono 015.351144 - 015.3591202 | lfcoutlet@lanificiocerruti.com | www.lanificiocerruti.com
Factory Store Angelico
Il factory store di 1000 mq per l’abbigliamento uomo e donna.
Per informazioni: Telefono 015.2547319 | outletgaglianico@angelico.it | www.angelico.it
Outlet Village The Place
Un outlet village in cui i negozi sono lussuosi come le più eleganti boutique del centro città.
Per informazioni: Telefono 015.2469199
Bianco e Oro
Complementi arredo, oggettistica, Lista Nozze.
Per informazioni: Telefono | Fax 011.669.28.42 | biancoeoro@ciaoweb.it
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CF
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Dosio
Stampe antiche e cornici.
Per informazioni: Telefono | Fax 011.544045
Dondevan
Importazione di prodotti cileni.
Selezione di vini cileni che portano nel loro sapore l’aroma intenso di una terra lontana.
Per informazioni: Telefono 011.650.16.00 | info@dondevan.com | www.dondevan.com
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Autonoleggio di vetture, furgoni e moto.
Per informazioni: Telefono 011.4114064 - 4033423 (2 linee r.a.) | www.demartinoautonoleggi.it
Basic Italia
Basic Italia è la società licenziataria per il territorio italiano dei marchi KAPPA, ROBE DI KAPPA, K-WAY, SUPERGA e JESUS
JEANS, leader nella produzione e commercializzazione di abbigliamento, accessori e calzature per lo sport e il tempo
libero.
Sconto del 15% fino a 1000 euro di spesa presentando la tessera Farmacia Amica nei punti vendita convenzionati e
richiedendo la BasicCard.
La convenzione è valida in tutti i negozi:
Sconto non valido nel periodo dei "SALDI" di stagione. Non cumulabili con altri sconti e promozioni BasicCard.
Per gli acquisti on line, registrati sul sito www.theGigastore.com e inserisci la chiave di sconto 543432392423.
CONVENZIONI CARD FARMACIA AMICA
Per informazioni: www.basiccard.net e clicca su “store locator”
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