Ibidem - Romanisches Seminar
Transcription
Ibidem - Romanisches Seminar
MÄRZ 2013 Ibidem Das Blatt der Romanistik-Doktorierenden Der akademische Nachwuchs berichtet zu aktuellen Veranstaltungen Descrivere l’orrore: dall’uso all’abuso del termine Auschwitz Una sintesi della presentazione dal titolo Auschwitz, l’Italia che il prof. Robert Gordon (Università di Cambridge) ha tenuto presso il Romanisches Seminar il 26 novembre 2012. Di Michael Schwarzenbach Il referente inaugura la presentazione con l’affermazione che è generalmente difficile parlare dello Shoah in Italia, in particolare perché il termine è stato politicizzato. Piazzare l’Olocausto nella nazione italiana è però di centrale importanza. Se si considera la storia della penisola, vige una comune opinione che il ruolo dell’Italia nello sterminio degli ebrei sia stato marginale. Sostanzialmente, questa situazione perdura fino al 2000, anno in cui, mediante un ordinamento giudiziario, è stato istituito anche in Italia, il 27 gennaio, il giorno della memoria dell’Olocausto «in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti» (Parlamento, 2000: www). Furio Colombo, primo firmatario della sopraccitata legge, afferma che «la Shoah è anche un delitto italiano, compiuto nel cuore della nostra cultura, nel silenzio di una classe dirigente, di artisti e intellettuali noti nel mondo che non hanno avuto niente da dire, non un segno di protesta o dissenso» (La Repubblica, 2001: www). Per mostrare il rapporto dell’Italia con l’Olocausto il Prof. Gordon prende in esame il termine Auschwitz. Punto centrale dell’analisi è la questione di come questa parola sia stata italianizzata, con una focalizzazione sul cambiamento lessicale che ne è conseguito. L’arco di tempo considerato comprende gli anni dal 1946 al 2008. In questo periodo, Gordon individua sei fasi cruciali. Blocco 21: il padiglione italiano di Auschwitz successo ad Auschwitz era praticamente sconosciuto. Si tratta del primo caso in cui la parola Auschwitz viene impiegata nel contesto italiano. Sintomaticamente, all’inizio del libro questo lemma è ancora «privo di significato», come dimostra il seguente passaggio: «Gli sportelli erano stati chiusi subito, ma il treno non si mosse che a sera. Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione. Auschwitz: un nome privo si significato, allora per noi; ma doveva pur corrispondere a un luogo di questa terra» (Levi, 1947: 23). Nel prosieguo del racconto, il termine viene progressivamente rifornito del terribile significato che lo contraddistingue. Come afferma Gordon, il procedimento scelto da Levi è quello descrittivo. Dopo la collocazione geografica («Monowitz», «Alta Slesia») Levi passa all’accostamento dei termini «Auschwitz» e «Arbeitslager», per poi rendere conto di tutta l’orribile attività del campo: «Noi siamo a Monowitz, vicino ad Auschwitz, in Alta Slesia: una regione abitata promiscuamente da tedeschi e polacchi. Questo campo è un campo di lavoro, in tedesco si dice Arbeitslager; tutti i prigionieri (sono circa diecimila) lavorano ad una fabbrica di gomma che si chiama la Buna, perciò il campo stesso si chiama Buna» (Levi, 1947: 39). La parola dell’orrore: Auschwitz nelle opere letterarie Con il romanzo Se questo è un uomo Primo Levi diventa la figura iconica del sopravvissuto e soprattutto dello scrittore sopravvissuto. Nel 1947, data in cui è stato pubblicato il libro, quanto 1 Ibidem MÄRZ 2013 MAI 2010 Un altro scrittore, Salvatore Quasimodo, con la poesia Auschwitz abbandona l’ambito segnatamente descrittivo proposto da Levi. Lo spunto per la composizione del testo citato è dato dal congresso degli intellettuali per la pace tenutosi a Wroclaw dal 25 al 28 Agosto 1948, al quale partecipò lo stesso Quasimodo. In quell’occasione venne organizzata una visita ad Auschwitz. Questa esperienza segnò profondamente il poeta e lo indusse a scrivere la poesia, pubblicata otto anni dopo nella raccolta Il falso e il vero verde (Quasimodo, 1956: 30-32). La poesia illustra un conflitto tra vocaboli poetici vecchi e nuovi. I tradizionali termini letterari vengono negati: «e non albero o uccelli nell’aria grigia» (v. 6), «Tu non vuoi elegie, idilli» (v. 10), «non in un’immagine di sogni, di possibile pietà» (vv.19-20). In opposizione ai lemmi tradizionali vengono proposte delle espressioni che negli anni seguenti alla stesura della poesia diventeranno tipiche per un campo di concentramento come la scritta «il lavoro vi renderà liberi» (v. 28) oppure la tematizzazione delle camere a gas («docce a gas», v. 34). L’ambito puramente descrittivo con cui il termine in analisi era stato impiegato nel romanzo di Levi nella poesia di Quasimodo attraverso questi artifici retorici viene forzatamente abbandonato. ovviamente assolutamente incompatibili con la denotazione del termine. I sette gruppi scelti hanno vinto un concorso e si sono imposti su una concorrenza delle grandi occasioni. Ne consegue inoltre un dilemma più generale sulla legittimità morale di poter sfruttare il termine Auschwitz per celebrare un’opera artistica. Che la connotazione del lemma Auschwitz venga progressivamente mutata lo dimostra il secondo esempio che Gordon attinge dall’ambito architettonico. Nel 1980 l’associazione italiana ex deportati (Aned) ha creato, grazie alla collaborazione di vari artisti (tra cui Primo Levi), un Memoriale sulla deportazione degli italiani, conosciuto anche come Padiglione italia o Blocco 21. Si tratta di una spirale a forma di elica, che Lodovico Belgio- L’immagine dell’orrore: Auschwitz nell’architettura Nel 1957 la connotazione lessicale di Auschwitz subisce un’ulteriore estensione, passando dall’ambito letterario a quello dell’arte architettonica. In quell’anno il comitato centrale di Auschwitz propose un concorso per la realizzazione di un Monumento alle vittime nel campo di Birkenau, che venne inaugurato nel 1967. Nella realizzazione dell’opera, da un’enorme massa di candidature – gli architetti e artisti convolti erano più di 700 – sono stati scelti sette progetti, incaricati di collaborare nell’edificazione del monumento. Per il nesso di Auschwitz con l’Italia, oggetto del discorso di Gordon, è fondamentale notare che dei sette gruppi ben tre fossero italiani. La concezione di Auschwitz, che nei testi di Levi e Quasimodo era ancora esclusivamente negativa, con questo maxi-concorso rientra in una sfera di prestigio culturale e pertanto assume anche e forzatamente dei connotati tragicamente positivi, Robert Gordon ioso, uno degli ideatori, spiega come segue: «Ci siamo sforzati di ricreare allusivamente un’atmosfera di incubo, l’incubo del deportato straziato tra la quasi certezza della morte e la tenue speranza della sopravvivenza, mediante un percorso che passa all’interno di una serie infinita di spire di una grande fascia elicoidale illustrata, che accompagna il visitatore dall’inizio alla fine. È l’idea di uno spazio unitario, ossessivo» (Giorno della Memoria, 2012: www). Gordon sviluppa quanto specificato per il Monumento alle vittime, non interessandosi tanto alle dinamiche che hanno portato alla costruzione del memoriale, bensì alla decisione della sua demolizione, presa dalla direzione del museo nell’anno 2008. La scelta venne motivata con il fatto che il 2 Ibidem MÄRZ 2013 MAI 2010 Status quo: Auschwitz come termine banalizzato padiglione è l’espressione di una posizione ideologica degli anni Settanta, e che pertanto sarebbe dovuto essere rinnovato. La decisione del museo in Italia è stata oggetto di fortissime polemiche, che hanno visto soprattutto i giovani schierarsi a favore del mantenimento dell’opera. Fulcro dell’ osservazione di Gordon sul Blocco 21 è che demolire un’opera a cui è indissolubilmente connesso il termine Auschwitz ha delle ripercussioni inevitabili sulla connotazione dello stesso. Con il libro di Edith Bruck intitolato Signora Auschwitz Gordon torna all’ambito letterario. Per la stesura del suo romanzo, la scrittrice ed insegnante Bruck, deportata e sopravvissuta in diversi campi di concentramento, prende spunto una lettera che una sua studentessa le ha spedito, chiamandola «Signora Auschwitz», dopo una delle sue numerose visite nelle scuole italiane: «(…) io non ho neppure un nome; sai come mi ha chiamato una studentessa… mi pare a Pescara? Signora Auschwitz» (Bruck, 1999: 68). Questo utilizzo della parola simbolo dell’orrore come appellativo sancirebbe, secondo Gordon, il suo storpiamento definitivo, la sua t ra sf or m a z io n e finale in un lemma non chiaramente definibile, privo oramai di un senso preciso, e lungi dalla lucida e realistica descrizione che ne aveva dato Levi. Per riassumere, nella sua presentazione il profesMonumento alle vittime sor Gordon ha di Auschwitz Birkenau affermato che il termine Auschwitz, nell’immediato dopoguerra «esordisce come un vascello vuoto, come un non-luogo senza significato e senza nome» (Gordon: 2012). Grazie anche agli apporti di Levi e di Quasimodo la connotazione del lemma cresce fino a diventare, come mostra l’esempio della canzone di Guccini, il simbolo di tutta la malvagità umana. A questo punto lo storpiamento della parola è tuttavia già innescato. La stessa canzone di Guccini si riferisce alle guerre in generale, e non esclusivamente all’Olocausto. Inoltre, come attesta il maxi-concorso per il Monumento alle vittime di Auschwitz, la parola dell’orrore viene messa improvvisamente in relazione un progetto di grande prestigio culturale. La chiusura del padiglione Blocco 21 al museo di Auschwitz testimonia la problematicità di connettere la tragedia della Shoah con delle opere artistiche, forzatamente connesse al giudizio dei Il suono dell’orrore: Auschwitz nella musica Dopo la letteratura e l’architettura il prof. Gordon tocca l’ultimo ambito artistico: quello della musica. La lettura del libro di Vincenzo Pappalettera Tu passerai per il camino e il secondo album di Bob Dylan The Freewheelin (1963) hanno ispirato il cantautore Francesco Guccini a scrivere la Canzone del bambino nel vento. Eccone un estratto (vv. 7-12): «Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello / eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento, in polvere qui nel vento... / Ancora tuona il cannone, ancora non è contento / di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento e ancora ci porta il vento... / Io chiedo quando sarà che l’ uomo potrà imparare / a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà....» (Brano, 2012: www). Nella sua canzone Guccini utilizzerebbe la parola Auschwitz per condannare la violenza umana in generale («ancora tuona il cannone») e non l’orrore del campo di concentramento. Il fatto che «la Shoah è anche un delitto italiano, compiuto nel cuore della nostra cultura, nel silenzio di una classe dirigente, di artisti e intellettuali noti nel mondo che non hanno avuto niente da dire, non un segno di protesta o dissenso» la canzone intitolata con il nome del terribile campo di sterminio venga impiegata per condannare le guerre nella loro totalità secondo Gordon implica automaticamente una sorta di banalizzazione e politicizzazione del termine Auschwitz, che ha provocato molte reazioni critiche. Questo utilizzo oltre ad essere un elemento importante nel mosaico di Auschwitz secondo Gordon sarebbe tuttavia sintomatico nel discorso della gioventù radicale degli anni ’60. 3 Ibidem MÄRZ 2013 MAI 2010 contemporanei. Infine, l’esempio del libro di Edith Bruck Signora Auschwitz dimostra come questa parola si sia «incrinata agli eccessi di significato, fino a diventare termine abusato e banalizzato, che fluttua nel mondo senza un referente, libero da qualunque consapevolezza della catastrofe specifica, reale e documentata inflitta a milioni d’innocenti, uno dopo l’altro, uno distinto dall’altro, là, allora» (Bruck, 1999: 68). AUSCHWITZ Laggiù ad Auschwitz, lontano dalla Vistola, amore, lungo la pianura nordica, in un campo di morte: fredda, funebre, la pioggia sulla ruggine dei pali e i grovigli di ferro dei recinti: e non albero o uccelli nell’aria grigia o su dal nostro pensiero, ma inerzia e dolore che la memoria lascia al suo silenzio senza ironia o ira. Nell’ambito del suo lavoro di dottorato in letteratura italiana, seguito dal prof. Dr. Johannes Bartuschat, Michael Schwarzenbach si sta occupando dell’Elegia di madonna Fiammetta di Giovanni Boccaccio come modello dei libri di lettere rinascimentali. Tu non vuoi elegie, idilli: solo ragioni della nostra sorte, qui, tu, tenera ai contrasti della mente, incerta a una presenza chiara della vita. E la vita è qui, in ogni no che pare una certezza: qui udremo piangere l’angelo, il mostro le nostre ore future battere l’al di là, che è qui, in eterno e in movimento, non in un’immagine di sogni, di possibile pietà. E qui le metamorfosi, qui i miti. Senza nome di simboli o d’un dio, sono cronaca, luoghi della terra, sono Auschwitz, amore. Come subito si mutò in fumo d’ombra il caro corpo d’Alfeo e d’Aretusa! GORDON, Robert (2012), “Auschwitz, Emblema del male assoluto, La percezione degli errori commessi come vicenda culturale”, traduzione di Sibilla Destefani, Corriere del Ticino, 22 novembre 2012. BRUCK, Edith (1999). Signora Auschwitz. Padova: Marsilio. LEVI, Primo (1947). Se questo è un uomo. Torino: Einaudi. QUASIMODO, Salvatore (1956). Il falso e il vero verde. Milano: Mondadori. Giorno della Memoria 2012. “Il Museo di Auschwitz chiude il Padiglione Italia”: http://www.apollodoro.it/articolo/ giorno-della-memoria-2012-il-museo-di-auschwitz-chiude-il-padiglione-italia/4507/ (ultimo accesso: 27.11.2012) Da quell’inferno aperto da una scritta bianca: «Il lavoro vi renderà liberi» uscì continuo il fumo di migliaia di donne, spinte fuori all’alba dai canili contro il muro del tiro a segno o soffocate urlando misericordia all’acqua con la bocca di scheletro sotto le docce a gas. Le troverai tu, soldato, nella tua storia in forme di fiumi, d’animali, o sei tu pure cenere d’Auschwitz, medaglia di silenzio? Restano lunghe trecce chiuse in urne di vetro ancora strette da amuleti e ombre infinite di piccole scarpe e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie d’un tempo di saggezza, di sapienza dell’uomo che si fa misura d’armi, sono i miti, le nostre metamorfosi. La Repubblica, 27.1.2001: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/01/27/la-shoah-italiana.html?ref=search (ultimo accesso: 27.11.2012) Parlamento italiano: http://www.parlamento.it/parlam/ leggi/00211l.htm (ultimo accesso: 27.11.2012) Brano La canzone del Bambino nel vento di Guccini: http:// www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_francesco_guccini (ultimo accesso: 27.11.2012) IMPRESSUM Herausgegeben vom «Doktoratsprogramm Romanistik: Methoden und Perspektiven» der UZH. Autorinnen und Autoren sind die RomanistikDoktorierenden der Universität Zürich. Redaktion: Cristina Quintas (Doktorandin) Layout und Gestaltung: Paul Sutermeister (Doktorand) Kontakt: ibidem@rom.uzh.ch Online: www.rose.uzh.ch/doktorat/ibidem.html Sulle distese dove amore e pianto marcirono e pietà, sotto la pioggia, laggiù, batteva un no dentro di noi, un no alla morte, morta ad Auschwitz, per non ripetere, da quella buca di cenere, la morte. 4 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 Ibidem MÄRZ 2013 MAI 2010 Abenteuer Feldforschung Im Rahmen ihres linguistischen Doktoratsprojekts unternahm Jhemiel Amiel eine Forschungsreise nach Peru, wo sie in der Küstenhauptstadt Lima und in Cajamarca, einer Stadt in den Anden, die Sprachgewohnheiten der Bewohnerinnen und Bewohner untersuchte. Über ihre Erfahrungen erzählt sie in diesem Bericht. Von Jhemiel Amiel Das Aufnahmegerät war stets dabei. die vorhandene Studie in seiner Gesamtheit qualitativ und nicht quantitativ ausgelegt ist, wurde die Anzahl auf 48 Personen pro Stadt festgelegt. Nun waren zwar die wichtigsten Rahmenbedingungen definiert, unklar war jedoch noch, wie innerhalb von vier Wochen in zwei unbekannten Städten 96 Menschen, die in ein bestimmtes Profil passen sollten, zu finden und zu befragen wären. Auch das knappe Budget musste sorgsam eingeteilt werden. Aber die Schwierigkeiten betrafen teilweise auch die Forschungsmethodik, da ich als Interviewerin neben einer scharfen Beobachtungsgabe auch über eine gewisse schauspielerische Begabung verfügen und fähig sein musste, in unvorhergesehenen Situationen rasch ein neues linguistisches Szenarium zu improvisieren. Im Gegensatz zu einer Ferienreise, bei der nicht nicht unbedingt jedes Detail im voraus geplant werden muss, benötigt eine Forschungsreise, bei der für die Doktorarbeit Material beschafft werden muss, eine sorgfältige Planerstellung, die ein gewisses Mass an organisatorischem Geschick – auch in der Budgetplanung – bedingt. Urbane Sprachvarietäten in Peru Im Rahmen meiner Doktoratsarbeit untersuche ich die lexikalischen Variationen des umgangssprachlichen Registers im aktuellen Spanisch Perus und deren Ursachen aus einer linguistischen und soziolinguistischen Perspektive. Da dies in meinem Fall auch eine spezifische Forschung am Ort des Geschehens erfordert, entschied ich mich im letzten Semester, eine Forschungsreise nach Peru zu unternehmen, um dort Feldarbeit zu leisten. Am 26. Oktober 2012 sollte für mich die Reise beginnen, die mir die für meine Studie nötigen Daten bringen würde. Für eine wenig erfahrene Doktorierende war dieses Vorhaben ein grosser Schritt auf dem Weg zur Konkretisierung einer Arbeit, deren Dimensionen noch kaum absehbar sind. Als Erstes versuchte ich das Ziel meiner Forschungsreise möglichst genau abzustecken: ich wollte anhand von zwei empirischen Methoden Feldarbeit leisten; einerseits durch direkte Beobachtung und Befragung der Informantengruppen, andererseits durch indirekte oder teilnehmende Beobachtung. Das Untersuchungsfeld musste ebenfalls präzisiert werden. Ich entschied mich für zwei gegensätzliche urbane Gebiete: die Hauptstadt Lima, als Repräsentant der Küste, und die Andengebirge liegende Stadt Cajamarca. Weiter mussten die Informanten in Gruppen nach Alters-, Geschlechts-, Ethnie-, Bildungs-, Lebensraum- und Standeszugehörigkeit aufgeteilt werden. Die Anzahl der Befragten war ebenfalls von grosser Bedeutung. Da Soziale Besonderheiten erkennen Vor der Abreise hatte ich also diverse Listen und Mindmaps erstellt, wobei sich im Nachhinein herausstellte, dass jene am nützlichsten waren, die den Interview mit einer Verkäuferin im Zentrum von Cajamarca 5 Ibidem MÄRZ 2013 MAI 2010 So war die Mehrheit der auf der Strasse, in Geschäften, im Universitätsgelände oder auf dem Markt angefragten Personen bereit, bei der Befragung mitzumachen. Oft reichte es aus, im – einzigen – grossen Einkaufzentrum von Cajamarca oder auf dem Hauptplatz herumzuflanieren, um geeignete Informanten zu eruieren. Manchmal war es möglich, an einem langen Tag bis zu 6 Stadtbewohner zu befragen. Die grösste Schwierigkeit bei der Forschung in Cajamarca bestand darin, bestimmte Ethnien und sozialen Gruppen aufzuspüren und insbesondere die Standesunterschiede zu erkennen. Von den Anden zur Küste Befragung in einer Eisdiele der Andenstadt Finanzplan und die Ortsvorschläge für die Suche nach passenden Informanten betrafen sowie das Mindmap mit den wichtigsten methodischen Grundsätzen der Feldarbeit. Danach sollte eine solche Forschungsarbeit in einem möglichst „natürlichen“ Kontext stattfinden, d.h. im Lebensraum und Alltagsleben der Untersuchten, womit die Bedingungen der Befragung kaum strukturierbar sind. Als objektive Beobachterin musste ich versuchen, möglichst flexibel und kreativ auf die jeweiligen Situationen zu reagieren und mich rasch an sie anzupassen. In Peru angekommen, funktionierte die Befragung und indirekte Beobachtung der 48 Personen mit ganz unterschiedlichem kolloquialem Sprachverhalten in der Gebirgsstadt Cajamarca mehrheitlich reibungslos. Bei der Suche nach Informanten kamen mir die relativ kurzen Distanzen in der Stadt entgegen. Die angesprochenen Personen waren zumeist positiv und zeigten sich während des 1 bis 2 Stunden dauernden Gesprächs und der gezielten Befragung geduldig und freundlich. Cajamarca unterscheidet sich in sehr vielen Aspekten von der Hauptstadt Lima, die das zweite Untersuchungsfeld sein sollte. In der Andenstadt fällt die unberührte und kaum aufrechterhaltene Kolonialarchitektur ins Auge, sowie der Mangel an neuen Geschäften, Restaurants, Kultur- und Bildungszentren. Die Strassen, welche die unvermeidbare Infrastruktur einer modernen Auf dem gemütlichen Sofa einer Hotellobby Stadt ausmachen, werden selten erneuert und spiegeln die wenig attraktiven Arbeitsmöglichkeiten. Diese Faktoren spielten für meine Forschung eine wichtige Rolle, wollte ich doch auch Informanten aus höheren Gesellschaftsschichten finden. Was tun, wenn die Mehrheit der Einwohner dasselbe Dutzend Restaurants besucht, im selben grossen Einkaufzentrum promeniert und auf dem selben kolonialen Hauptplatz flaniert? Es galt daher, bei der Suche nach solchen Informanten vermehrt auf äussere Merkmale wie Kleidung und Schuhwerk zu achten. Diese Strategie funktionierte leider nicht immer. Folglich mussten bei der Kontaktnahme zuerst Bildung, Tätigkeit und Habitat der Befragten Mit einem Besucher im Spital von Cajamarca 6 Ibidem MÄRZ 2013 MAI 2010 Teilnehmende Beobachtung in Cajamarca klargestellt werden, um dann schnell zu entscheiden, ob die Person zum Profil passte oder nicht. Dies sollte auf möglichst natürliche und freundliche Weise geschehen, ohne dass die Angefragten die Absicht meiner Fragen bemerkten. Denn eines der Ziele bestand darin, das Untersuchungsfeld nicht unnötig zu beinträchtigen, um eine kolloquiale Art der Kommunikation zu begünstigen. Eine „künstliche“ Situation zwischen mir als Befragerin und dem Informanten oder der Informantin hätte die Distanz vergrössert und das Interview ungünstig beeinflusst. Etwas ausserhalb des Zentrums von Cajamarca, in kleineren ländlichen Bezirken, befragte ich Menschen aus tieferen Sozialschichten, ohne Zugang zu höheren Bildungsinstitutionen, zu einem grossen Kulturangebot oder zu wirtschaftlichem Wohlstand. Viele Bewohner dieser ärmlichen Ortschaften sind in der Landwirtschaft tätig. Die Schwierigkeit bestand hier darin, die Fragen ausreichend auf die Informanten anzupassen, sodass sie der ganzen Befragung folgen konnten und die einzelnen Punkte offen beantworteten. einfach, aber ihre Zustimmung zur Befragung zu bekommen stellte eine grosse Hürde dar. Lima mit mehr als 8 Millionen Einwohnern ist für Peru in vielerlei Hinsicht ein signifikanter Verkeh rsk notenpunkt. Ihre Vielfalt an Universitäten, Kulturzentren, GeVor einer Privatuniversität in Lima schäften und Freizeitmöglichkeiten sowie ihre schier unermesslichen Dimensionen zeichnen sie als wahrhafte Metropole aus. Zudem verfügt die Stadt über eine sehr deutliche Gliederung in einzelne Bezirke oder Quartiere, welche mit den ebenfalls markanten sozialen Standesunterschieden einhergeht. Die Unterschiede der einzelnen Bezirke spiegelt sich sowohl in den sprachlichen Eigenheiten wie auch in den extralinguistischen Charakteristiken wider. So findet man die gehobene Schicht, die gehobene und die untere Mittelschicht in jenen Bezirken, welche zur kommerziellen Zone Limas gehören. Als Kontrast dazu finden sich die unteren Sozialschichten mit einem niedrigen oder fehlenden Bildungsgrad in den restlichen Bezirken und insbesondere in der Peripherie der Metropole. Die Regel ist eindeutig: je grösser die Distanz eines Bezirkes zum gehobenen Stadtkern, desto ärmlicher seine Verhältnisse. Unter solchen Umständen reichte es aus, sich bewusst in verschiedenen Teilen Limas aufzuhalten, um die Zielgruppen zu finden. Trotzdem war eine Berücksichtigung von sozialen Unterschieden innerhalb Hektische Hauptstadt Der Forschungsaufenthalt in der Hauptstadt Lima gestaltete sich in vielerlei Hinsicht anders als in Cajamarca. Für die nächsten 48 Interviews musste drei Mal mehr Zeit aufgewendet werden. Die bestimmten I n for ma ntengruppen zu finden war zwar Interview in einem Taxi der Hauptstadt m e h r h e it l i c h 7 Ibidem MÄRZ 2013 MAI 2010 Hintergrund oder zu Medienzwecken, keine Neuigkeit für die Menschen in Lima, im Gegensatz zu diejenigen in Cajamarca. So bekam ich oft schnell ein „Nein“ zu hören, noch bevor die angesprochene Person über den Inhalt der Sache informiert war. Um trotz dieser Schwierigkeiten an bereitwillige Informanten für die Studie zu gelangen, waren Kreativität und neue Strategien bei der Suche gefragt. Eine kleine Süssigkeit oder eine Einladung auf einen Kaffee genügten oft als Anreiz und funktionierten optimal bei den Zielgruppen zwischen 18 und 35 Jahren. Im Moment der Kontaktnahme eine freundliche und offene Haltung zu signalisieren war ebenfalls wichtig, denn wenn die Sympathie spielte, war es für die angefragte Person schwieriger „Nein“ zu sagen. So war es möglich, die geplanten Gespräche in ihrer Gesamtheit doch noch zu realisieren, inklusive teilnehmender Beobachtung in bestimmten Alltagssituationen. Die hier wiedergegebenen Beobachtungen und Erfahrungen konnten nur zum Teil durch eine sorgfältige Planung realisiert werden; vieles kam jedoch auch in unkontrollierbaren und nicht vorauszusehenden Situationen zustande, die es jeweils im Augenblick zu bewältigen galt. Dieser Bericht sollte aber nicht abschreckend wirken, sondern vielmehr dazu ermuntern, eine Forschung auf dem Feld „Leben“ zu unternehmen. Interview in einem Starbucks-Café in Lima eines Bezirkes in Erwägung zu ziehen, auch wenn der Bezirk z.B. als ärmlich oder gar gefährlich eingestuft wurde. So kann man ohne Weiteres in einem armen Teil Limas Menschen mit einem hohen Bildungsgrad antreffen, und ebenso Menschen mit niedriger Bildung in einer gehobenen Gegend. Zahlreiche weitere Ausnahmen dieser Art gab es auch in den restlichen extralinguistischen Aspekten, die Gegenstand der Untersuchung waren. Für die Zurückhaltung der limeños bei der Einwillligung zu einem Interview mochte es viele Gründe geben: möglicherweise lag es daran, dass die Zeit in Lima ein sehr kostbares Gut ist. Sich zu mobilisieren, ungeachtet der sozialen Unterschiede, stellt für die Bewohner ein grosses Problem dar. Andererseit ist eine Anfrage für ein Interview, sei es mit einem wissenschaftlichen Jhemiel Amiel promoviert am Romanischen Semianr der UZH und ist Mitglied des Doktoratsprogramms Romanistik. Ihr Forschungsprojekt unter der Leitung von Prof. Dr. Georg Bossong untersucht die lexikalische Varietät im peruanischen Spanisch. Rencontre poétique à l’université de Zurich Eurydice désormais ou l’oublieuse mémoire du mythe d’Orphée Le mardi 9 avril 2013 à 18h15 (salle D-31 du RoSe), le programme doctoral invite la poétesse Muriel Stuckel à nous parler de son recueil, Eurydice désormais, paru en 2011, accompagné des œuvres de Pierre-Marie Brisson. Son Eurydice, loin d’être muette, apparaît « dans la fragilité de l’interstice qui sépare l’ombre de l’éclat » : cette réécriture met en jeu les lectures du mythe, à la lumière des enjeux du XXIème siècle. La femme reprend doucement la parole dans le « chant improvisé » qu’est l’espace poétique. Hédi Kaddour, dans sa préface, nous invite alors à écouter cette nouvelle Eurydice qui « prend “le risque de la poésie” et en construit “l’éblouissement insatiable” ». Cette lecture-conférence prendra la forme d’un échange entre le public et l’intervenante, qui aura à cœur de partager sa passion pour la littérature, ainsi que son expérience de l’écriture poétique. Pour plus de renseignements, vous pouvez contacter l’organisatrice à l’adresse suivante : julie.dekens@gmail.com. Nous espérons vous voir nombreux ! 8