Parma oltre Parma - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera

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Parma oltre Parma - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
la
Rivista
Anno 101 - n. 6 - Giugno 2010
Parma
oltre Parma
E
Editoriale
di Giangi Cretti
ell’immaginario collettivo gode, con giusta ragione, di un rango di prestigio. Al suo nome
si associa, senza tentennamenti o distinguo, l’espressione concreta e virtuosa
della provincia laboriosa: dove i capisaldi della storia e della tradizione si coniugano con
lo spirito imprenditoriale, e dove i risultati si misurano nei brillanti riscontri economici e nel
benessere che si percepisce diffuso. Conferma che non è frutto del’illusione se nelle classifiche
che valutano reddito e qualità della vita la troviamo puntualmente ai primi posti.
È Parma, città che immediatamente (anche lontano dai pasti) sollecita gustose sensazioni:
alla sapidità del parmigiano e di alcuni salumi corrispondono la dolcezza del prosciutto o la ricercata
eleganza del culatello; alla morbidezza delle paste ripiene si affianca la generosità dei condimenti.
Conosciuta nel mondo come la food valley italiana: non deve questa fama ad un fatto meramente
amministrativo. Sul suo territorio si concentrano alcuni fra i consorzi e le imprese alimentari che
contribuiscono a mantenere solido, al di fuori degli italici confini, l’unanime apprezzamento
che si è meritatamente guadagnata la nostra gastronomia.
Se il distretto agroalimentare costituisce la punta di diamante dell’economia locale, da questa
discende anche un forte sviluppo dell’industria meccanica, finalizzata al ciclo produttivo che,
l’inclinazione all’anglofilia (che, anche nell’Emilia che non è ancora Romagna, ha fatto breccia)
definisce oggi come processing food.
La tipicità dei prodotti, utilizzata alla stregua di porta d’ingresso, introduce gradevolmente
alla scoperta di una città e della sua provincia, in cui anche lo spirito e lo stile di vita sono ingredienti
di seduzione.
Luogo deputato a soddisfare il piacere (va da sé, non solo fisico) del gourmet, declinato
all’insegna della qualità che rinnova la tradizione, la città, con il suo raccolto centro storico, induce
effettivamente alla liturgia della lentezza: non solo a tavola, ma anche di fronte alle testimonianze
dei fasti di un passato, che rivive nel recupero intelligente e funzionale, nell’eleganza e nella possanza
di palazzi, monumenti e piazze, nell’autenticità di molti angoli nascosti.
Una delle caratteristiche della città è quella di essere a misura di bicicletta. Mezzo di trasporto
che i più ardimentosi potrebbero usare persino per un’escursione fuori le mura. Raggiungere la
prima campagna e le dolci colline parmigiane, non è impresa impossibile. In ogni caso, qualsiasi
sia il mezzo di trasporto che si predilige, tra una degustazione e un passaggio in caseifici, aziende
per la stagionatura di salumi, aziende agricole e vitivinicole (sorprenderà l’eccellenza di alcuni
prodotti), diventa naturale cedere, ciascuno secondo propria inclinazione, al richiamo di innumerevoli
borghi, castelli, pievi, abbazie e chiese che costellano il territorio. Magari spingendosi fino sulle
rive delle Grande Fiume, qui navigabile, calandosi in uno scenario che, sulla colonna sonora di arie
rigorosamente verdiane, ripropone a colori le immagini in bianco e nero che la cinematografia anni
cinquanta aveva prestato alle opere di Giovannino Guareschi.
N
gcretti@ccis.ch
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n. 6 - Giugno 2010
1
S
Sommario
Editoriale
PRIMO
PIANO
1
Mare pulito, premiata la Liguria ma la Sardegna protesta
I riconoscimenti assegnati dalla Federazione
per l’educazione ambientale
15
Passaporto biometrico: fase due in dirittura di arrivo
16
Tempi lunghi per gli italiani all’estero
15
Dolce vita alla Zürifäscht 2010
Dal 2 al 4 luglio a Zurigo
19
Parma Oltre Parma
23
A due passi dal centro storico il Barilla Center
Alma una straordinaria esperienza formativa
INCONTRI
23
CULTURA
32
Ai confini del mondo: tre giorni in Valsesia
29
Andermatt diventa un po’ più cosmopolita
32
Switzerland’s Best Workplaces 2010
Sulla base del tasso di gradimento del proprio ambiente di lavoro
34
Non scendo a compromessi
Donne in carriera: Barbara De Rossi
45
L’eruzione del Tambora e l’anno senza estate (1816)
Divagazione storica sulle ceneri dell’Eyjafjallajökull
49
La Scuola Mosaicisti del Friuli all’Università di Basilea
54
Carlo Domeniconi: 100 acqueforti
55
Rubens e i suoi epigoni
In mostra a Villa Olmo
56
I 10 anni di una bella avventura
Alp-Info: Una realtà transfrontaliera
58
RUBRICHE
54
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In breve
Italiche
Europee
Internazionali
Oltrefrontiera
Benchmark
Burocratiche
Angolo Fiscale
Angolo legale
4
7
9
11
13
35
36
38
41
Convenzioni Internazionali
L’elefante invisibile
Scaffale
Sequenze
Diapason
Convivio
Motori
Starbene
42
47
53
61
63
73
77
80
In copertina: Parma: Uno scorcio notturno del Palazzo della Pilotta. Situato tra Piazzale della Pace e il Lungoparma deve il suo nome al
gioco della pelota basca, praticato dai soldati spagnoli nel cortile del Guazzatoio, originariamente detto appunto della pelota.
DOLCE VITA Apre sulla Limmat il Gran Café Motta
Qualità e tipicità
I Vini del Trentino
65
67
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
in missione al Vinitaly 2010
71
L’Italia non mangia più carne
73
Evento a Interlaken
Fiat Group Automobiles Switzerland SA
78
IL MONDO Il business delle rinnovabili si fa in fiera
IN FIE RA ZeroEmission Rome 2010: Fiera di Roma, 7 - 10 settembre
84
Salone Internazionale della Casa
MACEF 2010 Fieramilano 9 - 12 settembre
85
MICAM shoevent: Fieramilano Rho, 19 - 22 settembre
Si rinnova l’appuntamento con le calzature
di gamma alta e medio alta
86
Fiera internazionale specializzata per la produzione,
conservazione e commercializzazione della mela
87
65
67
INTERPOMA 2010: Bolzano, 4 – 6 novembre 2010
IL MONDO
IN CAMERA
Olive Oil Award 2010
Premiate le aziende proposte dalla CCIS
90
Premiate 18 CCIE europee
Alla Fiera di Hannover
91
73
Ducati Day a Zurigo
20 giugno 2010
Giovani stilisti crescono
Fashion Talk presso la sede della CCIS
92
Vini d’Italia 2010
93
Contatti commerciali
94
Servizi camerali
96
Editore: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Direttore - Giangi CRETTI
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G. CANTONI, M. CARACCIOLO DI BRIENZA, V. CESARI LUSSO,
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L. D’ALESSANDRO, M. DIORIO, T. GATANI, G. GUERRA, F. Macrì,
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84
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In breve
Assemblea generale GMS SMJ
Riprendono i collegamenti con Lamezia Terme
Il nostro collaboratore Graziano
Guerra riconfermato nel direttivo
Con i voli open Jaw
alla riscoperta del Sud Italia
Nel corso della 34.ma assemblea generale dell’associazione Giornalisti Motori Svizzeri (GMS SMJ), il presidente Erwin
Kartnaller e il direttivo, Jörg Petersen, Stefano Pescia, JeanLouis Vidal, Dave Schneider e Graziano Guerra, sono stati
rieletti per un anno. All’assemblea generale dell’associazione Giornalisti Motori Svizzeri, Andreas Burgener direttore di
Auto Suisse, ha tenuto una conferenza su diversi aspetti del
mondo dell’automobile, ricordando, fra l’altro, che da gennaio a marzo la rete dei concessionari svizzeri ha immatricolato 85.612 unità, con un incremento pari all’11%. Rimane
bassa la percentuale dei motori diesel rispetto al resto d’Europa, alta invece la quota delle automobili con trazione 4x4.
I veicoli a propulsione alternativa, ibrida e elettrica, con 900
unità, rappresentano il 2% del mercato. orniti per l’occasione
anche i dati relativi al tasso di utilizzo dei carburanti: Diesel
29.1%. 4x4 trazione integrale 26.3%. Alternativi 2.0 %, di
cui: 900 ibridi, 229 CNG, 99 bioetanolo, 25 elettriche (14
Tesla Roadster), 2 LPG.
Nei mesi di luglio e agosto 2010 Helvetic Airways riprenderà ad offrire i nostri voli verso l’amata Lamezia Terme
due volte la settimana. Ce n’è per tutti i gusti.
Scoprite le montagne quasi incontaminate con i loro angoli di quiete ed ombra o seguite i corsi dei torrenti inoltrandovi in boschi e foreste in mountainbike.
Helvetic Airways offre così l’opportunità di volare nonstop
da Zurigo verso l’estremità inferiore dello stivale italiano
in soli 90 minuti.
Se avete in programma un tour, su www.helvetic.com
potrete inoltre prenotare un volo con biglietto open jaw.
Ad esempio potete volare da Zurigo a Lamezia Terme (il
martedì e il venerdì) prenotando il ritorno da Brindisi a
Zurigo (il giovedì e la domenica). In questo modo il Vostro
soggiorno sarà ancora più vario.
Prenotazione e ulteriori informazioni oltre che su
www.helvetic.com, presso il nostro Service Center
al numero +41 44 270 85 00.
Maserati Svizzera, Austria e Germania
Nuovo incarico per Lorenzo Dal Vi
Lorenzo Dal Vi è anche il nuovo direttore marketing di Maserati Deutschland
GmbH.
L’apprezzato responsabile dell‘ufficio stampa e del marketing attivo sinora presso Maserati Suisse SA è subentrato a Ragnar Schulte, il quale ha
lasciato di sua spontanea iniziativa l’azienda per perseguire nuovi obiettivi
professionali.
Con il nuovo incarico, Lorenzo Dal Vi (36 annio), oltre all’incarico in Svizzera ha assunto la dirigenza del mercato tedesco e austriaco per il nobile
Marchio italiano.
Assumendo questa nuova funzione riferisce direttamente a Thomas Hajek
(Managing Director Central Northern Europe).
Dopo gli studi in economia e commercio, Dal Vi, oltre che nell‘industria
automobilistica, ha operato per sette anni nel marketing e consulting.
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n. 6 - Giugno 2010
Libera circolazione delle persone
La SECO: ha sostenuto consumi
e investimenti
Se la crisi si è fatta sentire meno in Svizzera rispetto ai
paesi vicini, ciò è dovuto anche all’immigrazione, che ha
sostenuto i consumi e gli investimenti nel settore delle costruzioni.
È quanto si legge nel sesto rapporto dell’Osservatorio sulla
libera circolazione delle persone tra Svizzera e UE della
Segreteria di Stato dell’economia. Il bilancio dell’accordo
sulla libera circolazione delle persone resta quindi positivo, tanto più che col rallentamento economico nel 2009
il saldo migratorio è calato di un quarto rispetto all’anno
precedente, quello dei cittadini dell’UE/AELS addirittura di
un terzo.
La maggior parte degli stranieri con una buona formazione
non ha impedito agli svizzeri di trovare un lavoro. Pure sul
piano salariale non sono stati rilevati effetti negativi riconducibili all’immigrazione. In particolare sulle classi di reddito basse, mentre si è invece leggermente indebolita la
crescita salariale per i lavoratori più qualificati.
La ripresa svizzera
più rapida del previsto
Secondo l’OCSE, la ripresa dell’economia svizzera è più rapida delle attese. L’Organizzazione ha riveduto verso l’alto
le previsioni per quest’anno: il Prodotto interno lordo (PIL)
dovrebbe salire dell’1,8% rispetto allo 0,9% pronosticato in
novembre. Nel 2011 si verificherà un’accelerazione, con una
progressione del 2,2%. L’evoluzione è dovuta sia a una robusta dinamica delle esportazioni sia alla crescita della domanda interna. In particolare sono in ripresa gli investimenti privati e la domanda di consumo. L’anno prossimo il numero dei
disoccupati dovrebbe scendere. L’OCSE si aspetta tuttavia
solo una riduzione lenta, dato che ancora molte persone lavorano a orario ridotto. Il clima degli affari è tuttora offuscato
nel settore finanziario svizzero. Occorre ridurre ulteriormente
il pericolo di una bancarotta bancaria, in particolare imponendo requisiti più severi per quanto riguarda il capitale di UBS
e Credit Suisse. D’altro canto, l’OCSE osserva che anche la
forza del franco è motivo di preoccupazione: un ulteriore apprezzamento potrebbe indebolire l’export.
Banche estere in Svizzera:
nel 2009 utili in diminuzione
Lo ha reso noto l’Associazione delle banche estere in Svizzera (ABES), che
segnala per il 2009 una flessione degli utili del 38% a 1,95 miliardi di franchi.
Sui risultati hanno inciso ammortamenti e minori ricavi delle operazioni su interesse e delle commissioni. I patrimoni in gestione in dicembre erano pari a
980 miliardi di franchi, contro 940 di dodici mesi prima. Complessivamente
è stato registrato un deflusso netto di 10 miliardi di fondi della clientela. Nella
classifica non ci sono stati cambiamenti. Dal profilo dei patrimoni in gestione
la graduatoria è guidata dalla HSBC Private Bank (Svizzera) con 181,6 miliardi di franchi che precede la Sarasin & Cie con 93,7 miliardi e il gruppo BSI
con 78,1 miliardi. Seguono la Deutsche Bank (Svizzera), il Crédit Agricole
(Svizzera) e la RBS Coutts Bank. Per la prima volta la LGT Bank (Svizzera)
è entrata a far parte delle prime dieci. Dell’associazione fanno parte 155
istituti. Il numero dei dipendenti è diminuito dell’8% a quasi 20.000.
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www.maserati.com
Consumo combinato: 14,7 l/100 km (4.2), 15,7 l/100 km (4.7) I Emissioni di CO2: 345 g/km (4.2), 365 g/km (4.7)
Categoria d’efficienza energetica G I Emissioni di CO2 di tutte le vetture in vendita in Svizzera: 204 g/km
THE NEW MASERATI QUATTROPORTE
OPERA D’ARTE PER INTENDITORI.
Maserati Quattroporte S 4,7 litri da 430 CV e Maserati Quattroporte 4,2 litri da 400 CV. Motore V8, design Pininfarina.
La rete ufficiale dei concessionari Maserati in Svizzera
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s Krähenmann Autocenter AG, -EILENs Sportgarage Leirer AG, 3TEINs Automobile Németh AG,
(INTERKAPPELENs Auto Pierre Sudan, :UGs Modena Cars SA, 'ENÒVEs Garage Zénith SA,
,AUSANNEs Garage Zénith SA, 3IONs Maserati (Svizzera) SA , 8952 Schlieren, 044 556 25 00
ITALICHE
di Corrado Bianchi Porro
Tanti rumors per nulla?
In media, la zona euro ha un deficit pubblico del 6,9%
del Pil e un debito in rapporto al Prodotto interno lordo
dell’84%. Cifre rilevanti, ma non è migliore la situazione
americana, britannica o giapponese. Eppure la zona euro
è sotto attacco speculativo mentre lo yen, per fare un
esempio, è premiato dai mercati valutari, pur essendo
“la Grecia d’Oriente” con un deficit pari al 9% e un debito
a tre cifre e in continua crescita. Ma la faccenda è che il
93% del debito pubblico nipponico è detenuto dai giapponesi (gli stranieri posseggono solo il 5,8% dei bond)
e per questo i mercati internazionali non se ne curano.
Essi prendono invece di mira le posizioni di quei Paesi,
come Grecia, Portogallo o Spagna, più dipendenti dalle
emissioni estere. Questo spiega il fatto che la crisi abbia
colpito i mercati pubblici di Portogallo, Grecia e Spagna
che hanno risentito profondamente della crisi, mentre
l’Italia ne è risultata in buona parte immune, proprio in
virtù dell’elevata quota di risparmio interno.
L’Italia è oggi l’economia più solida del fronte meridionale.
I suoi bilanci sono infatti rimasti in ordine grazie alla disciplina imposta dal ministro Tremonti e riconfermata anche
dell’analisi compiuta al riguardo da Morgan Stanley. Le
malattie dell’Italia restano legate a un difetto di competitività e ad una pubblica amministrazione ipertrofica, anche
se vi sono numerosi gruppi che eccellono a livello mondiale, come conferma Brady Dougan, Ceo del Credit Suisse Group. Certo, in una situazione di crisi continentale, lo
spazio di manovra si riduce ed occorre varare riforme a
costo zero, partendo dalla Pubblica amministrazione e
dalle liberalizzazioni.
Secondo Pietro Soldini, attivo da quattro anni a Dublino
nel ramo degli Hedge Fund in Irlanda, e da decenni nel
campo degli investimenti, l’Inghilterra è oggi il Paese più
indebitato al mondo, forse solo dopo il Giappone. Nella
lista delle prossime “incognite”, spiega, Londra potrebbe
essere al primo posto, perché il Giappone ha il debito
più altro, ma ha un risparmio interno fenomenale, cosa
che invece l’Inghilterra non ha. Stessa cosa per l’Italia,
dove il debito è al 117% del Pil secondo le stime del
FMI, ma anche in questo caso l’onere è con i residenti.
Inoltre, la coalizione governativa della Penisola rimane
stabile, come riconfermato dalle recenti elezioni regionali
e questo, per i mercati, rappresenta un ulteriore punto di
conforto e solidità. Ben diversa la situazione londinese,
che deve affrontare le incognite di un cambiamento di
governo, mentre anche Francia e Germania sono sottoposte a pressioni elettorali. In effetti, i rumors durante la
crisi della prima metà di maggio, secondo cui sembrava
che la Spagna non avesse più fondi per pagare gli stipendi, allorché in una sola mattina Madrid perse il 6%,
arrivavano da Londra. Ricordiamoci – nota Soldini - a chi
fanno riferimento le agenzie di rating: al mondo anglosassone. Le agenzie di rating si sono in effetti mosse in
modo assurdo durante la crisi di maggio, moltiplicando
l’effetto devastante. Risulta piuttosto incomprensibile ad
esempio perché l’agenzia di rating consideri ancora l’Inghilterra con una tripla A e invece la Germania a rischio,
perché potrebbe potenzialmente assumere delle garanzie relative al salvataggio europeo. C’è evidentemente un
problema politico importante all’interno delle agenzie di
rating. Posso immaginare che con questo attacco da parte dell’Inghilterra si cerchi di spostare l’attenzione sulle
problematiche di tipo europeo, piuttosto che guardare in
casa propria. L’Italia, conclude Pietro Soldini, credo abbia
invece fatto passi importanti. Si usa dire che l’Italia sia
rimasta fuori dal grosso pasticcio dei subprime vuoi per
avversione al rischio o per relativa poca competenza o
per molti motivi complessi, tra cui il fatto che solo due
sono le grandi banche italiane, mentre le altre sono molto
più piccole, per cui anche le professionalità all’interno del
sistema non sono allo stesso livello di quanto si possono
trovare in Germania o in Inghilterra. Può essere, ma detto
questo, bisogna sottolineare che il Governo italiano ha
fatto dei passi notevolissimi in termini di stabilizzazione
del debito ed è impegnato a ridurlo. Hanno un problema
alle spalle, ma anche un grosso risparmio interno. Credo
che dei problemi sull’Italia siano davvero – come le autorità affermano – assolutamente fuori discussione. Certo,
se ci dovesse essere un effetto domino dall’Inghilterra,
Grecia, Spagna, l’Italia non potrà non esserne toccata.
Soprattutto perché il servizio del debito potrebbe diventare molto più oneroso. Ed essendo il debito così importante, questo avrebbe una ripercussione sul deficit. Ma non è
certamente oggi uno dei problemi più importanti.
Commenti analoghi anche all’Advisors Forum, il convegno
internazionale promosso dalla Banca del Ceresio, che si è
svolto al Principe di Savoia di Milano. Il mondo oggi soffre
della deflazione per l’aumento dei conti pubblici da smaltire. Ma domani, proprio per questo motivo, il problema
potrà essere l’inflazione. Non a caso Olivier Blanchard,
economista capo del FMI, ha proposto di consentire in
Europa un’inflazione del 4% che permetterebbe di alleggerire il peso del debito pubblico. Sembra comunque preziosa la nota di Machiavelli sulla Svizzera, da applicare
agli Stati europei. “i Svizzeri, dice, è facile vincerli fuori
casa dove ei non possono mandare più che un 30 o 40
mila uomini; ma vincergli in casa, dove ei ne possono
raccozzare centomila, è difficilissimo” (capitolo XII: se è
meglio, temendo di essere assaltato, inferire o aspettare
la guerra). Restare uniti, è la carta vincente per tutti.
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7
EUROPEE
di Philippe Bernasconi
Euro a rischio
sopravvivenza
L’euro è salvo, viva l’euro. Sembrava tutto maledettamente troppo facile. Eppure per un giorno il maxi piano
di salvataggio ideato da Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale sembrava
reggere. Ma poi, nemmeno 24 ore dopo, la dura realtà
ha preso il posto dell’illusione. E ora l’euro (e con lui
l’intero castello europeo) sembra davvero a rischio sopravvivenza.
Il piano salva euro messo a punto dalle istituzioni europee in un drammatico week end di inizio maggio sembrava poter funzionare. Le borse lo hanno accolto con
balzi in avanti da record. Il pacchetto di aiuti di 720
miliardi di euro (750 se si aggiunge un possibile contributo straordinario dell’FMI) si suddivide in tre punti. La
Commissione europea è pronta ad utilizzare 60 miliardi
del bilancio comunitario teoricamente destinati ad interventi di solidarietà in caso di catastrofi naturali o eventi
che vanno al di là delle possibilità dei singoli Stati (e la
crisi da debito, che oltre a Grecia potrebbe travolgere
altri Paesi del Vecchio continente, sembra proprio essere uno di questi eventi). Gli Stati membri dell’Unione europea sono dal canto loro disposti a mettere a disposizione fino a 440 miliardi in prestiti agli Stati in difficoltà,
qualora ve ne fosse bisogno. Infine l’FMI si è impegnato
a mettere sul tavolo almeno la metà di quanto verserà
l’Europa, fino a 220 miliardi, anche in questo caso sotto
forma di prestiti, che, come detto, potrebbero salire a
250. In cambio, i Paesi interessati devono impegnarsi
a varare misure di risanamento di bilancio. Misure che
rischiano di essere dolorosissime per la popolazione, e
in particolare per i ceti più bassi. Ma tant’è, è un sacrificio che può valere la sopravvivenza stessa della moneta
unica. Così hanno pensato gli strateghi di Bruxelles. E
così hanno interpretato gli operatori di borsa all’apertura dei mercati l’indomani mattina. Ma la festa è durata
neanche 24 ore. Che cosa è successo in quel breve
periodo che è passato dall’euforia alla disperazione?
Semplicemente ci si è ben presto resi conto che i problemi sono tanti e tali e riguardano non solo la Grecia,
che non basta un piano da quasi 800 miliardi di dollari
per risolverli. Il debito pubblico è salito alle stelle (ben
oltre i parametri di Maastricht e da più anni, senza che
i meccanismi del Trattato vi ponessero freno), non solo
in Grecia (dove i conti pubblici sono, in parte, anche
stati taroccati per poter adempiere ai criteri di adesione all’Unione monetaria), ma anche in altri, più nobili,
Stati. A cominciare dalla Spagna (fino a qualche mese
fa invidiata per il suo strepitoso boom economico) e
dal Portogallo, per finire all’Italia, e addirittura alla Gran
Bretagna (che ha però un piccolo vantaggio, quello di
aver conservato la sterlina e quindi di non dover rendere
conto a nessuno dello stato dei suoi conti). Un effetto
domino devastante. Ma non solo. Ci si è ben presto resi
conto che per risolvere alla radice il problema (al di là
dei cerotti rappresentati dal piano di salvataggio messo
a punto da Bruxelles) ci vorrebbero dei piani di austerità
enormi. Tagli su tagli. Che se da una parte provocherebbero una durissima reazione sociale (e si sa quanto
nei paesi del Mediterraneo contino i sindacati), dall’altra
bloccherebbero chissà per quanto tempo ancora quella
flebile ripresa economica che sul finire dell’anno scorso sembrava aver portato l’Europa al riparo dalla crisi
finanziaria scoppiata tra il 2007 e il 2008. E sta qui il
punto. Se l’economia dovesse bloccarsi nuovamente si
finirebbe in un pericoloso buco nero dal quale sarebbe
ancora più difficile risollevarsi. Ed è questo il segnale
che le borse hanno lanciato.
I nodi stanno insomma venendo al pettine. E i nodi sono
sempre gli stessi, quelli di cui gli osservatori vanno
parlando da mesi, se non da anni. L’Unione monetaria
europea è appunto un’unione monetaria. Non ha dunque
nessun poter in materia di fiscalità e – più in generale
– di politica economica. E così ogni Stato fa di testa
sua, senza che un’autorità centrale possa imporre delle
misure di budget per poter mantenere le finanze pubbliche sotto controllo e per poter – di conseguenza – garantire una certa stabilità alla moneta unica. Nell’Unione
europea non c’è un sistema di mutuo soccorso, come
potrebbe essere l’FMI a livello internazionale. E quindi lo
stanziamento di aiuti per far fronte a crisi locali, regionali o anche continentali deve sottostare a lunghissimi e
faticosissimi negoziati tra i singoli governi (con interessi
a volte diametralmente opposti) che non sempre danno
esiti positivi. La zona euro è cresciuta in fretta e in modo
poco equilibrato. Vi fanno parte Paesi con economie
che hanno velocità di crociera profondamente diverse e
che non possono coesistere in un sistema unico. Pena
il fallimento dell’intero sistema. Come sciogliere tutti
questi nodi? È questo il dilemma. La soluzione forse ci
sarebbe, ma metterla in atto potrebbe significare la fine
stessa dell’idea di un grande sistema economico e monetario europeo. Bisognerebbe fare un passo a ritroso
di alcuni decenni, limitando l’euro ad un numero ristretto di Paesi economicamente forti (Germania, Benelux,
Francia e pochi altri) e poi allargandolo agli altri Stati,
a poco a poco, e solo quando i candidati adempiono
a determinati criteri. Si passerebbe – perlomeno transitoriamente - a un’Unione europea di serie A e a una
di serie B. Ma perlomeno si potrebbe ancora parlare di
Unione europea.
la
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9
INTERNAZIONALI
di Michele
Caracciolo di Brienza
Sessant’anni fa l’Italia
entrava in guerra
Uno di quegli anniversari tondi che alla fin fine è meglio non ricordare. L’entrata in guerra dell’Italia fascista
contro Francia e Gran Bretagna ha rappresentato uno
spettacolare fallimento e il frutto del più scellerato opportunismo di una persona: Benito Mussolini. Per questo motivo le dittature risultano così odiose: il volere di
una persona s’impose allora su 40 milioni d’italiani, portando il paese alla rovina. La megalomania e la continua
esaltazione delle virtù guerriere da parte del fondatore
del regime non avrebbero potuto risparmiare all’Italia
l’umiliazione della sconfitta e la tragedia di tanti morti.
Il 10 giugno ’40 Mussolini arringava così la folla dal balcone di Palazzo Venezia: “Un’ora segnata dal destino
batte nel cielo della nostra Patria. L’ora delle decisioni
irrevocabili (...) scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente, (...) La
parola d’ordine è una sola, categorica, e impegnativa
per tutti: vincere!”. La “discesa in campo”, di infausta
memoria, proietta un’eco inquietante sul presente, ma
a parte questa linguistica coincidenza, la tracotanza
propagandistica del regime rispecchiava perfettamente
quella del suo inventore. Galeazzo Ciano, allora ministro
degli Esteri e genero dello stesso Mussolini annotò nel
suo celebre diario:
“Mussolini parla dal balcone di Palazzo Venezia. La notizia della guerra non sorprende nessuno e non desta
eccessivi entusiasmi. Io sono triste: molto triste. L’avventura comincia. Che Dio assista l’Italia”.
La decisione non sorprese nessuno e allora da dove
arrivava?
Il maggior storico del fascismo, Renzo De Felice, afferma che a partire dal 1939 ciò che ossessionò Mussolini,
al punto di condizionarne ogni decisione, fu il rapporto
con la Germania; o meglio, il posto che l’Italia avrebbe
occupato nel “nuovo ordine” mondiale che la potenza
delle armate tedesche stava realizzando in tempi molto
rapidi. Il problema principale, più che la guerra, sembrò
dunque essere costituito dal suo “dopo”. In questo senso prese presto piede la convinzione in Mussolini che
l’Italia avesse bisogno di condurre una “guerra parallela”
al fianco dell’alleato tedesco.
“Ho bisogno di alcune migliaia di morti (...)” Così esordì
Mussolini con Italo Balbo e Pietro Badoglio. La frase è riportata dallo stesso Badoglio nel suo libro edito da Mondadori nel 1946 dal titolo L’Italia nella seconda guerra
mondiale. Entrambi rimasero allibiti. Badoglio gli fece
presente l’assoluta impreparazione militare, tuttavia
Mussolini era del tutto convinto che la guerra sarebbe
durata solo fino al settembre dello stesso anno e l’Italia
doveva parteciparvi per non essere esclusa dal tavolo
della pace.
Otto milioni di baionette? Allo scoppio della guerra,
l’Esercito italiano mobilitò 2,8 milioni di uomini. Anche
se la propaganda aveva a lungo affermato di poter disporre del doppio dei soldati e Mussolini fosse giunto
addirittura a vantare 8 milioni di baionette al servizio del
regime, l’Esercito raggiunse il massimo contingente nel
1943 con 3,7 milioni di effettivi. L’impreparazione militare dell’Italia va comunque individuata in primo luogo nel
ritardo accumulato dalla produzione bellica nazionale rispetto a quella tedesca, inglese e francese. Le imprese
in Etiopia e Spagna del 1936, per quanto importanti per
il prestigio internazionale, avevano fortemente gravato
sul bilancio statale, sottraendo risorse all’ammodernamento delle dotazioni.
L’opportunismo e la veemenza erano tipiche di questo
dittatore. Le sue trovate propagandistiche erano degne
del miglior copywriter e, come abbiamo visto, sono state persino riprese negli anni successivi. Tuttavia, una
totale mancanza di comprensione degli orrori razziali
del regime nazista e del suo senso di dominio, e una
sottovalutazione del potenziale industriale e demografico degli Stati Uniti e dell’Impero Britannico fanno sì che
Mussolini si sia rivelato alla lunga per quello che era: un
rivoluzionario provinciale e non uno statista.
“Popolo italiano, corri alle armi e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!” con queste parole
cominciava il discorso dal balcone di Palazzo Venezia.
Come suonano lontane queste parole così cariche di
violenza, ma grazie a loro e alla tragedia che ne seguì
nella Costituzione Italiana è stato sancito all’art.11 il ripudio del ricorso alla guerra “come strumento di offesa
alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali”. Il danno della sconfitta
non fu solo militare, ma la beffa è di aver lasciato degli
strascichi sul senso di consapevolezza del Paese. La
presidenza Ciampi ha cercato di rilanciare l’immagine
del paese affidandosi al mito risorgimentale. Possibile
che non ci sia altro su cui basare l’orgoglio italiano se
non delle imprese militari ottocentesche? Non si potrebbe casomai ricordare più sovente la tradizione millenaria di un paese che con la sua profonda cultura, fonte
d’ispirazione per tanti, non è per niente una semplice
espressione geografica? Chissà che il prossimo anno
con le celebrazioni dell’Unità d’Italia non si riesca a proiettare il paese verso una consapevolezza della propria
grandezza artistica e intellettuale, le cui radici vanno
ben aldilà del Risorgimento.
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
11
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OLTREFRONTIERA
di Fabrizio Macrì
Il primo personal computer
della storia era italiano
Visitando Ivrea e le splendide colline che circondano la
romana Eporedia (nome latino della città) in questa estrema fetta settentrionale del Piemonte al confine con la Val
d’Aosta ed il massiccio del Gran Paradiso, non si apprezzano solo le verdi colline, i pendii pre-alpini e i gustosi
prodotti alimentari artigianali della zona; non si gode solo
della cortese ospitalità dei locali, no c’è di più. In questo
angolo di provincia italiana si respira aria di grandezza.
Quella grandezza che ti regalano città come Roma, Firenze, Atene dove cose grandi sono accadute, uomini
grandi hanno calpestato le strade, commosso gli animi
modificato gli eventi.
Ad Ivrea gli Eporediesi portano con sé lo spirito di Olivetti.
Adriano Olivetti, figlio di Camillo, socialista piemontese
che il 29 ottobre del 1908, fondò ad Ivrea la “Ing. Olivetti
& Co., prima fabbrica nazionale di macchine da scrivere”.
Adriano è stato per questa terra non solo un industriale
di spicco, ma anche un riferimento ideale e morale e un
leader politico. La storia della Olivetti è affascinante ed
allo stesso tempo tragica, è la storia di un capitalismo
familiare italiano assolutamente sui generis. La famiglia
Olivetti di origine ebraica e di fede politica socialista e
progressista gestisce sin dagli inizi del secolo la piccola
officina di Ivrea all’insegna del rischio e dell’innovazione;
gli Olivetti lontani dalla concezione più tradizionale ed autoritaria dei capitalisti italiani di quegli anni, con i viaggi di
Camillo negli Stati Uniti e quelli di Adriano nel dopoguerra,
coniugano i modelli di organizzazione ed innovazione importati dagli USA con l’inventiva e la creatività del personale assunto ad Ivrea.
Lo spirito però che ha lasciato il segno nel Canavese è
quello di Adriano, con il suo ideale democratico e progressista di ”riscatto dell’uomo” e di ruolo sociale dell’impresa. Ecco una frase che lo riassume bene, pronunciata nel 1955, davanti agli operai della fabbrica Olivetti di
Pozzuoli: “Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi
semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del
ritmo apparente, qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?
C’e un fine nella nostra azione di tutti i giorni a Ivrea come
a Pozzuoli. il fine è la realizzazione di un’impresa di tipo
nuovo al di là del socialismo e del capitalismo…la nostra
Società crede nei valori spirituali nei valori della scienza, dell’arte, della cultura, crede infine che gli ideali di
giustizia non possano essere estraniati dalle contese ancora ineliminate tra capitale e lavoro. Crede soprattutto
nell’uomo, nella sua fiamma divina, nella sua possibilità di
elevazione e di riscatto”.
Questa visione plasma e motiva gli uomini e negli anni 60
fa dell’Olivetti una delle prime multinazionali produttrici di
macchine da scrivere del mondo, all’avanguardia nell’innovazione e autrice di modelli che fecero la storia per de-
sign e funzionalità. Nel 1965 il salto nell’era dell’elettronica con la produzione ed esposizione alla fiera di New York
del primo personal computer del pianeta (il Programma
101). Poi negli anni ’70 l’apertura dell’Olivetti Advanced
Technology Center di Cupertino in California, fino ad arrivare ai PC ed alle stampanti degli anni ’80 ed agli ultimi
modelli di PC portatile prodotti negli anni ’90, prima che
l’azienda venisse smembrata: 80.000 dipendenti in tutto
il mondo, 30.000 in Italia con fabbriche, centri di ricerca,
uffici commerciali ed operazioni di acquisizione di aziende
estere, un’azienda che ha trainato l’Italia sul fronte dell’innovazione nel settore dell’elettronica e dell’IT proprio fino
alla soglia del boom della New Economy, quando incredibilmente venne lasciata svanire.
I circa 1.300 dipendenti della sede di Ivrea sono tutto quello che rimane dell’epopea olivettiana. La piccola Olivetti
Spa appartiene ora al Gruppo Telecom e riesce ancora a
produrre qualche avanzatissimo modello di Notebook di
design, prodotti di nicchia, ormai fuori dai grandi flussi
commerciali del settore IT internazionale, intercettati da
colossi americani ed asiatici che hanno occupato lo spazio lasciato libero dall’Olivetti.
L’eredità di Olivetti lasciata al territorio è enorme: l’architettura, con le residenze per gli impiegati, palazzi, uffici
belli e funzionali, residence sotterranei per ospitare tecnici, ricercatori, manager e uomini di cultura provenienti da
tutto il mondo e di cui Adriano amava circondarsi, centri
sportivi che ora sopravvivono grazie al volontariato delle
“spille d’oro Olivetti” (i dipendenti ricevevano una spilla
d’oro al 25mo anno di attività), ma soprattutto la passione, l’orgoglio, e la nostalgia per quello che è stato che
conservano con grande dignità gli abitanti di Ivrea e del
Canavese.
Emanuela, figlia di dipendenti Olivetti, ora attiva all’interno
di un consorzio di promozione turistica locale mi dice:
”avevamo mense, vacanze organizzate e colonie, l’assistenza sanitaria gratuita…chi era in condizioni di difficoltà
riceveva dall’azienda i regali di Natale per i propri bambini, l’Olivetti è stata un esperienza di vita, un modello di
sviluppo sociale prima ancora che una fabbrica”. L’ironia
di questo Paese incomprensibile (che si svena per salvare
vuoti ed improduttivi baracconi di Stato e si lascia scappare un gioiello del genere) sta in questa incredibile frase
di Valletta, allora membro di Mediobanca pronunciata nel
lontano 1964: “la società di Ivrea è strutturalmente solida,
potrà superare senza grosse difficoltà il momento critico:
sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare, l’essersi inserita nel settore elettronico per il quale
occorrono investimenti che nessuna azienda italiana può
affrontare”. Sì, avete letto bene: “un neo da estirpare”.
Di lì ad un anno Olivetti lanciò sul mercato americano il
primo personal computer della storia: era italiano.
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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I riconoscimenti assegnati
dalla Federazione per l’educazione ambientale
Mare pulito, premiata la Liguria
ma la Sardegna protesta
Con 17 località è in testa alla classifica. Due quelle segnalate per l’isola. Gli assessori sardi: «Giudizi falsati»
D
ove si fanno i tuffi migliori nel mare
italiano? Acque limpide e, una volta
superata la battigia, i migliori servizi
amici dell’ambiente: questo il binomio
del mare a “cinque stelle” per l’edizione 2010 di
cui la Liguria è la regina con 17 località e dove la
siciliana Menfi, in provincia di Agrigento, detiene
il record per 13 bandiere ottenute di fila ogni anno
dal 1998, per un totale di 14 vessilli (il primo nel
‘92). Ma le sole due Bandiere Blu nella classifica generale assegnate alla Sardegna fanno insorgere la Regione: contesta i criteri utilizzati dalla
Fondazione per l’educazione ambientale (Fee),
sottolinea che l’appeal turistico dell’Isola «è assolutamente fuori discussione» e ricorda che su 560
spiagge sarde quelle accessibili da tutti sono 143.
Vanno all’attacco gli assessori regionali dell’Ambiente e del Turismo, Giuliano Uras e Sebastiano
Sannitu, esprimendo «stupore ma anche disincanto verso un’iniziativa - spiegano - che ogni anno si
ripete con un copione già scritto» e della quale disconoscono «l’autorevolezza e la scientificità delle
scelte in quanto - dicono - non basata su criteri oggettivi». Per l’edizione 2010 la Liguria è la regina.
La suddivisione geografica delle 117 Bandiere Blu
vede in testa il Sud con 39, poi il Centro con 37, il
Nord con 35 e le Isole con 6. Da Jesolo, in Veneto, a Pollica, in Campania, dalla new-entry Anzio
nel Lazio, l’unica in provincia di Roma, al rientro
storico dopo 18 anni di Loano (Savona), le spiagge
doc di questa estate sono 231, 4 in più rispetto
all’anno scorso, rappresentative di 117 comuni
(115 rivieraschi e 2 lacustri) pari a circa il 10% di
quelle premiate a livello internazionale. Mentre gli
approdi turistici premiati sono 61. In particolare,
la Liguria con 17 località (una in più dello scorso
anno) guida la speciale classifica regionale. A pari
merito con 16, seguono Marche e Toscana, che si
distaccano dall’Abruzzo, quarto classificato con
13 bandiere. Stabile a quota 12 la Campania, che
conferma le località della precedente edizione;
molto bene la Puglia, ne guadagna una arrivando così ad eguagliare a quota 8 l’Emilia-Romagna.
La riviera ligure con 17 “bandiere blu” è la costa
con il maggior numero di riconoscimenti.
Nessuna novità per il Veneto (6), mentre il Lazio
arriva a quota 5 con l’ingresso di Anzio che, dice il
sindaco Luciano Bruschini, è «frutto di sacrifici, di
un mare pulitissimo, dei depuratori che funzionano, del verde pubblico e dei servizi. Questo tanto
per rispondere a Legambiente che qualche mese fa
voleva darci la bandiera nera». Il Lazio supera così
in classifica la Sicilia e la Calabria che sono stabili
a 4; il Friuli Venezia Giulia e la Sardegna riconfermano le 2 dell’anno scorso, e vengono raggiunte
dal Piemonte, che giunge a quota 2 bandiere (ma
per i laghi); per finire con Molise e Basilicata, con
una sola.
Tra le 117 località premiate, ce ne sono 15 a “cinque stelle”: si tratta di vere e proprie eccellenze
dove l’educazione ambientale, la raccolta differenziata e la qualità delle spiagge, le piste ciclabili, l’accessibilità per tutti, e la comunicazione
e informazione sono all’ordine del giorno. I tuffi
d’autore si potranno fare a Jesolo (Ve), seguita da
Celle Ligure e Varazze (Sv), Moneglia (Ge), e Lerici. Poi Cesenatico (Fo), Cecina, Bibbona, Castagneto Carducci (Li), Castiglione della Pescaia (Gr),
Potenza Picena e Civitanova Marche (Mc), Porto
San Giorgio e San Benedetto del Tronto (Ap), Pollica (Sa).
Le spiagge che vincono la speciale classifica “lo
stabilimento” sono a Varazze, Savona, Bibbione,
Ostuni, Grosseto, Viareggio e Finale Ligure. Tra
le Bandiere Blu storiche ci sono Grado e Lignano
Sabbiadoro, Santa Teresa di Gallura, Cesenatico,
Gabbicce mare, Forte dei Marmi. E anche un rientro importante dopo 18 anni, Loano (Savona).
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Passaporto biometrico:
fase due in dirittura di arrivo
Accrescere il livello di sicurezza nei
controlli. È questo lo scopo del nuovo passaporto biometrico che sostituisce definitivamente il vecchio documento
È
fissata al 28 giugno 2010 la data della scadenza per la definitiva messa a punto, in
Italia e all’estero, delle apparecchiature e
del know-how necessari per l’emissione del
nuovo passaporto biometrico, così come voluto dal
Regolamento dell’Unione Europea 2252 del 2004.
Il nuovo documento, che mantiene le stesse caratteristiche di forma e di colore di quello rilasciato fino
ad oggi, contiene uno speciale microchip dove verranno registrate, oltre all’immagine del volto, anche
le impronte digitali del titolare. Sul piano operativo è
ormai in fase di ultimazione il piano di installazione
della nuova procedura di emissione del passaporto
elettronico. La Rete degli Uffici consolari dovrebbe
essere stata completata entro il 19 maggio, mentre
quella degli Uffici emittenti in Italia (Questure e
Commissariati) verrà ultimata il 24 giugno, consentendo così all’Italia di onorare l’impegno preso in
sede comunitaria.
Saranno sempre 48 pagine
Lo scorso 20 maggio, inoltre, sono entrati in distribuzione i nuovi modelli di passaporto ordinario a
formato unico a 48 pagine, che andrà a sostituire i
libretti a 32 e a 48 pagine attualmente in uso, ed il
passaporto temporaneo, previsto per i casi di impossibilità temporanea alla rilevazione delle impronte
digitali. Si è optato per un modello unico a 48 pagine in considerazione dell’intensificarsi degli spostamenti legati a esigenze professionali o personali
dei viaggiatori italiani: il maggior numero di pagine
consente, infatti, una più agevole gestione dei visti
nel periodo decennale di validità del documento.
Passaporto temporaneo e per minori
Il passaporto temporaneo, invece, costituisce un’assoluta novità per il nostro Paese ed è stato concepito
come documento di viaggio di emergenza: esso potrà essere rilasciato solo in circostanze motivate, di
necessità ed urgenza per le quali lo stesso possa costituire l’unico strumento per garantire la sicurezza,
TEMPI LUNGHI PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO
È un passo obbligato: la sicurezza lo esige. Se può fare
a meno? Sì se non si circola al di fuori dello Spazio
Schengen. Diversamente: no. È il passaporto biometrico: ci consentirà di evitare il fastidioso iter dei visti, ma,
allo stato attuale, non è detto che il suo rilascio sia più
rapido. Anzi. È ormai in fase operativa la cosiddetta ristrutturazione della rete consolare, che, nei Paesi dove
più forte è la presenza dei concittadini italiani, si concretizza nella chiusura di alcune sedi. Molto spesso lasciando perplessi per i tempi e i modi. Sarà sicuramente
dotata di senso, almeno per chi l’ha decisa, ma certamente sfugge alla comprensione del comune utente, la
chiusura dell’agenzia di Coira e la conseguente concentrazione di tutte le pratiche relative ai connazionali
che vivono fra Tirano e il lago di Costanza sul Conso-
16
la
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lato di San Gallo. Di altrettanto difficile comprensione,
va da sé anche in questo caso per l’utente comune, la
paventata (e per ora congelata?) chiusura di Losanna,
con servizio da dirottarsi, per tutti coloro che risiedono
fra il Passo della Novena e l’aeroporto di Cointrin, sul
consolato di Ginevra. Tant’è, e il disappunto per la geografia ignorata (addomesticata?) al pari della protesta
per il servizio, verosimilmente, penalizzato sembrano
ormai ridotte al rango di mera testimonianza e di atto
dovuto.
A questo si aggiunga che si sta affermando la prassi di
ridurre il personale presso le sedi che rimangono, attraverso la mancata sostituzione de gli operatori che rientrano. Se questo è il quadro d’insieme, l’introduzione
del passaporto biometrico - che, per via delle impronte
la salute o gli interessi economici dei connazionali.
La circostanza di necessità, che dovrà concorrere
con quella dell’urgenza, potrà essere ricondotta, oltre che alla obiettiva e certificata impossibilità contingente alla rilevazione delle impronte (ad esempio,
in caso di fratture o ferite o inconvenienti simili), ad
altre cause di impedimento non addebitabili alla responsabilità dell’interessato. Ciò potrà determinarsi,
ad esempio, nel caso in cui quest’ultimo si trovi momentaneamente bloccato in luoghi da cui non possa
muoversi (per detenzione o in degenza per malattia grave, o altro). L’introduzione del nuovo libretto
non incide sulla validità dei passaporti attualmente
in corso che resteranno validi fino alla prevista data
di scadenza. Ulteriore novità è quella che ha visto
entrare in vigore lo scorso 25 novembre le modifiche alla legge sui passaporti relative all’introduzione
del passaporto individuale per i minori. Le nuove
norme, volute sempre a livello comunitario (Regolamento UE n. 444/2009) per garantire una maggiore
individuabilità e quindi sicurezza per i minori che
viaggiano, prevedono l’obbligatorietà del passaporto individuale per questi ultimi, e dunque l’eliminazione della possibilità di iscrizione sul passaporto
del genitore (o tutore o altra persona delegata ad accompagnarli), e una durata temporale differenziata
dello stesso al fine di poterne aggiornare la fotografia in relazione al mutamento delle sembianze degli
aventi diritto. Dallo scorso 25 novembre, dunque,
il passaporto ha una validità di tre anni per i minori
da zero a tre anni e una validità di cinque anni per i
minori di età compresa tra i tre e i diciotto anni.
A partire dallo scorso 20 maggio è previsto, sempre
a maggiore tutela del minore, che sui nuovi libretti
di passaporto vengano inseriti, nella pagina riservata
alle autorità, i nominativi dei genitori.
Il funzionario itinerante
Altra importante novità è l’istituzione, da parte del
Ministero degli Affari Esteri, del “funzionario itinerante”. L’obiettivo è attenuare almeno parzialmente
il disagio delle concentrazioni di connazionali resi-
digitali impone al cittadino interessato di presentarsi di
persona presso i consolati abilitati e al personale di seguire nuove modalità e di acquisire nuove competenze – comporta ulteriori problemi. Come molti sanno,
malgrado gli oggettivi miglioramenti degli ultimi anni,
l’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero (Aire),
aggiornata dal Ministero degli Esteri (Mae), tramite i
Consolati, differisce da quella in possesso del Ministero
degli Interni (Min), cui compete l’allestimento delle liste
elettorali, approntata sui dati forniti dai comuni italiani
di residenza. Una situazione - il cui senso, a chi non
indugia nella malizia, anche in questo caso appare sfuggente – causa di disagi, specie, ma non solo, in occasione di scadenze elettorali: lo si è detto e ripetuto in lungo
e in largo. Per quanto riguarda il passaporto biometri-
denti in località particolarmente lontane dall’Ufficio
consolare di riferimento o in Paesi dai difficili collegamenti logistici, che fino ad oggi si sono servite del
servizio postale e della Rete consolare onoraria per
le proprie pratiche di rilascio di passaporto e che,
con l’avvio della fase II del progetto di passaporto
elettronico, sono tenute a recarsi di persona presso
l’Ufficio consolare per l’apposizione delle impronte
digitali. Si tratta, in pratica, di un dipendente dell’Ufficio consolare che, munito di una postazione mobile, si recherà, previa adeguata informativa all’utenza,
una o più volte all’anno, a seconda delle necessità,
delle distanze e delle concentrazioni di connazionali, in viaggio di servizio presso un determinato luogo
(Consolati onorari, Sedi di corrispondenti consolari
o di Associazioni italiane presenti nella Circoscrizione di competenza) per rilevare le impronte digitali di
coloro che abbiano una pratica di rilascio di passaporto in corso per poi rientrare all’Ufficio consolare
per il completamento della procedura e la stampa
del documento che, una volta emesso, potrà essere
spedito all’interessato.
Data la scarsità delle risorse finanziarie a disposizione, tale modello operativo è stato pensato specificamente per quei Paesi caratterizzati da notevoli
distanze, inefficienza dei mezzi di trasporto e consistenti concentrazioni di connazionali distanti dal
Consolato di riferimento. In Europa, invece, le distanze relativamente contenute e l’efficienza dei mezzi
di trasporto dovrebbero consentire ai connazionali
di recarsi personalmente presso le Rappresentanze
diplomatico-consolari con un disagio ridotto, considerata anche la durata decennale del passaporto. Per
le Sedi interessate dal programma di ristrutturazione
della Rete consolare, è prevista l’installazione di una
postazione di captazione delle impronte presso lo
Sportello consolare permanente, che raccoglierà le
domande e i dati biometrici e li trasmetterà al Consolato di riferimento, il quale rimane l’unico abilitato ad emettere il passaporto.
Ciò vale ovviamente anche per gli Sportelli consolari attualmente esistenti.
co questo dualismo fra Mae e Min, è foriero di ulteriori
problemi. Il Min, infatti, è il depositario della lista dei
ricercati. Lista che custodisce gelosamente e non intende fornire al Mae. Ne deriva che siccome per il rilascio
del passaporto è necessaria la verifica che il richiedente
non figuri sulla famigerata lista, i Consolati non sono in
grado di procedere direttamente e devono coinvolgere
le Questure, le quali, è lecito pensarlo, non hanno fra le
loro priorità quello di rispondere tempestivamente alle
richieste che giungono dall’universo mondo: via mail,
laddove si è attrezzati, o via fax nel caso in cui l’elettronica sia ancora allo stadio di buona intenzione.
Le conseguenze? Ai postulanti il passaporto la tutt’altro
che ardua sentenza.
Giangi Cretti
la
Rivista
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Dal 2 al 4 luglio a Zurigo
Dolce vita alla Zürifäscht 2010
Convivialità italiana alla più grande festa popolare svizzera
Un’iniziativa della Camera di Commercio italiana per
la Svizzera con il sostegno di numerose aziende
Il conto alla rovescia continua e fra poco
si potrà di nuovo festeggiare
La Züri Fäscht (Festa di Zurigo) è un grande evento
zurighese, che si svolge ogni tre anni nel centro
della città nella zona del lungolago. Vanta numeri che lo consentono di essere considerata la più
grande festa popolare svizzera: la scorsa edizione
del 2007, dal 6 all’8 luglio sull’arco di 3 giorni ha
attratto quasi 3 milioni di persone, quasi un milione quelle che si sono godute lo spettacolo, davvero impareggiabile dei fuochi d’artificio il venerdì e
il sabato sera. La prossima edizione, in programma
fra meno di un mese, si svolgerà dal 2 al 4 luglio.
Storicamente l’origine dello Züri Fäscht, sfogliando gli archivi storici, la si può far risalire al 26 giugno 1932 data in cui si svolse la prima fiera automobilistica di Zurigo. Dalla sua nascita fino agli
ultimi anni della seconda guerra mondiale, è stata
organizzata in modo irregolare sotto il nome di
Seenachtsfest (festa notturna del lago). Dal 1939 al
1951 scompare dal calendario per ritornarvi, proprio nel 1951 in occasione del 600esimo anniversario dell’entrata di Zurigo nella Confederazione,
con il nuovo nome di Züri Fäscht, ma senza fuochi
d’artificio. A partire dal 1951 la Züri Fäscht è diventato uno degli eventi più importanti della città.
Tre anni dopo, il 28 Agosto 1954, ha luogo la seconda edizione della Züri Fäscht che, fino al 1976
si è ripetuta in modo non regolare, in cui anche
la presenza dei fuochi d’artificio è stata saltuaria.
Nel 1976, l’allora direttore dei trasporti di Zurigo
Erich Gerber, per rendere regolare il suo svolgimento, fissò ufficialmente tale evento nel calendario delle festività della città. Nelle sue successive
edizioni del 1976, 1979, 1982, 1985 e 1988 si
sono susseguiti nutriti festeggiamenti composti da
numerosi spettacoli ed attrazioni, che si concludevano sempre con spettacolari fuochi d’artificio.
In particolare, nel 1986 quando si celebrarono i
200 anni della città di Zurigo. In occasione del
700° anniversario della Confederazione Elvetica,
nel 1991, si costituì anche l’attuale Associazione
promotrice della Züri Fäscht. Da allora, questa Associazione è responsabile per il festival di Zurigo,
che si ripete a scadenza triennale.
Il leone, simbolo di Zurigo sghignazza (ruggisce)
sventolando sulla Zürifäscht.
Non solo fuochi d’artificio
Il festival di quest’anno offre ai partecipanti non
solo fuochi d’artificio a ritmo di musica (che rappresentano il non plus ultra dell’intera manifestazione), ma anche un gran numero di eventi, tra
i quali: dimostrazioni aeree di trapezisti e giocolieri; attrazioni in acqua con gare di dragon boat,
salti dal trampolino da diverse altezze (10-15-20
metri) e sci d’acqua con acrobazie freestyle; svariati spettacoli nelle piazze e nelle strade interessate dall’evento, in cui si potranno gustare delizie
gastronomiche provenienti da ogni parte del mondo grazie alla massiccia presenza, da Bürkliplatz
fino a Bellevue e non solo, di numerosi stand, fiere, bancarelle (ne sono previste oltre 100), esercizi commerciali presenti (più di 200). A seconda
dei gusti, i visitatori potranno godersi numerosi
e diversificati spettacoli: da concerti musicali dal
vivo (allestiti oltre 60 palchi con musica live o
con animati da famosi DJ), ad esibizioni di gruppi
Hip-Hop; da spettacoli di motociclisti freestyle, ai
parchi giochi adibiti per i più piccoli, nonché passeggiate sul lungolago.
la
Rivista
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19
I fuochi d’artificio offriranno uno spettacolo impareggiabile.
Nell’edizione che prenderà il via il prossimo 2 luglio, una delle maggiori attrazioni sarà la presenza
del famoso Festival Caliente dei Carabi che, con i
suoi ritmi sudamericani, terrà compagnia e divertirà il pubblico festante.
Un giro d’affari di 100 milioni
Un Festival di tali dimensioni richiede, per far
sì che abbia successo, un budget adeguato. Nel
complesso, la Züri Fäscht comporta un bilancio
PARTNER DELLA CCIS PER IL PROGETTO
“DOLCE VITA“ ALLA ZÜRI FÄSCHT 2010
-
Divina Food AG, Dietikon
-
Cecchetto Import AG, Bülach
-
Brand Ramazzotti – Pernod Ricard SA, Carouge
-
Italian Motor Village, Zurigo
-
BPS (Suisse) Banca Popolare di Sondrio (Suisse),
Zurigo
-
Enea Collezione AG, Rapperswil-Jona
-
Sony Center Zürich – Graziano Multimedia AG,
Zurigo
La CCIS è a disposizione nel valutare l’acquisizione
di altri sponsor per il progetto Züri Fäscht 2010
Per informazioni rivolgersi a:
Luigi Palma, CCIS
Tel. 044/289 23 29
e-mail: LPalma@ccis.ch
20
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
di circa 5,5 milioni di franchi. Esso è finanziato
prevalentemente da commercianti, ambulanti del
mercato, imprenditori e da fornitori di bevande.
Naturalmente anche il Comune di Zurigo ed il
Cantone, insieme a società private, sponsor ed
imprese di economia, parteciperanno al finanziamento. Il giro d’affari attorno al Züri Fäscht è di
circa 100 milioni di franchi (nel 2007 ha fatturato
un utile di circa 200.000 franchi).
Il Presidente dell’Associazione del Festival di Zurigo è il Dott. Robert Käser che, insieme al Vice-Presidente Ralph Kühne, agli altri organizzatori e agli
oltre 50 membri dell’Associazione, avrà il compito
di supervisionare e coordinare il buon andamento
dell’evento. Per agevolare il godimento dello spettacolo tutte, le strade centrali della città saranno
chiuse al traffico ma, contemporaneamente, per
favorire lo spostamento dei festanti sarà rafforzata
la presenza dei mezzi pubblici con oltre 450 treni
straordinari e circa 1000 tra autobus e tram che
garantiranno anche un servizio notturno notturni (dalle ore 0.30 alle 05.00). Infine, nel rispetto
dell’ambiente e per mantenere pulita la città, verranno impiegati circa 300 servizi igienici mobili.
La città si prepara a vivere un evento che, come
nelle passate edizioni, regalerà a tutti i partecipanti un momento di sano e contagioso divertimento.
Atmosfera italica
Ci penserà la Camera di Commercio Italiana per la
Svizzera (CCIS) ad apportare alla festa quel tocco
Lo stand Dolce Vita, sul lungolago nei pressi di Bürkliplatz (riproduzione grafica).
di “italienisches Flair”, di ospitalità e divertimento secondo la tradizione e lo stile mediterranei.
La CCIS sarà infatti presenti nel cuore della festa
con lo Stand, esplicitamente denominato Dolce
Vita, situato su General-Guisan Quai: ben 650
mq coperti interamente dedicati al Made in Italy
ed alle eccellenze italiane.
Tanti modi di conoscere il Bel Paese aspettano i
visitatori della Zürifaescht, basterà visitare il padiglione: presso il ristorante si potranno gustare
i piatti tipici della tradizione italiana, tra cui la
pizza, la pasta, il gelato, sorseggiare un bicchiere
di vino o semplicemente bere un buon caffé.
Secondo la migliore tradizione della Dolce Vita,
sarà anche possibile prendere l’aperitivo in uno
dei due bar-lounge allestiti in una cornice esclusiva, godendo della splendida vista sul lago di
Zurigo e sulla città o magari visitando gli spazi
espositivi dello stand.
Dolce Vita è anche divertimento: perché non
partecipare allora ad un party e ballare a ritmo
di DJ o assistere agli spettacoli e alla musica dal
vivo?
Non ci sono scuse per restare a casa, neanche
quella dei Mondiali di calcio: meglio tifare in
compagnia, guardando la partita da uno dei nostri maxi-schermi.
Tutto questo è reso possibile dalla collaborazione e dall’ottimo legame che lega la Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera agli organizzatori svizzeri della manifestazione e alle impre-
se attive sul territorio.Il viaggio nella Dolce Vita
inizia venerdì 2 Luglio alle ore 17.
È IL MARCHIO CHE DISTINGUE
LA MIGLIORE OSPITALITÀ ITALIANA.
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rilasciata dalle Camere di Commercio d’Italia.
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la
Rivista
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21
Parma oltre Parma
P
arma è una città dallo spirito allegro e socievole, con una forte tradizione artistica
e culturale, tra cui spiccano nomi di rilievo: Benedetto Antelami cui si devono il
Duomo e il Battistero, in marmo rosa di Verona,
Correggio, che lavorò alla Camera di San Paolo,
in San Giovanni Evangelista e in Duomo e Parmigianino che affrescò la chiesa di Santa Maria
della Steccata e parti di San Giovanni. La Galleria
Nazionale, posta all’interno del Palazzo della Pilotta, ospita opere di Parmigianino, Canova, Tiepolo e Leonardo da Vinci.
Anche l’architettura moderna a Parma ha un
suo spazio: le opere di Renzo Piano, l’Auditorium Paganini e il Barilla Center (vedi riquadro in pag. 26), il meraviglioso Piazzale
della Pace antistante la Pilotta, trasformato in
un’incantevole area verde dall’architetto ticinese Mario Botta e la futura stazione di Bohigas sono solo alcuni degli esempi più celebri.
Ma Parma è soprattutto città della musica e del
teatro. Questa passione, ben oltre il binomio Parma-Verdi, si manifesta nella varietà di proposte
e nelle strutture ad essa dedicate: l’Auditorium
Paganini, la Casa della Musica, la Casa natale e
museo Arturo Toscanini, la Casa del suono e non
ultimo il Teatro Regio, che voluto da Maria Luigia e inaugurato nel 1829, resta ancora oggi uno
IL TEATRO FARNESE
Capolavoro ligneo realizzato nel 1619 per volontà di
Ranuccio I, duca di Parma e Piacenza, il Teatro Farnese, situato all’interno del Palazzo della Pilotta, venne
inaugurato solo nel 1628, in occasione delle nozze tra
Margherita de’ Medici e il duca Odoardo
Il progetto di questo splendido teatro si deve all’architetto Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta.
Il Teatro Farnese apparve subito come un tesoro talmente prezioso da tutelare innanzitutto come opera d’arte,
tale da precluderne un usuale utilizzo: basti pensare che
durante la sua lunga vita ospitò solo 9 spettacoli, in occasione di matrimoni ducali o importanti visite di stato.
Segue un lento declino che culmina nel 1944 quando
A spasso per il centro storico.
una bomba lo colpì in pieno.
Nel 1956 viene completamente ricostruito secondo il
disegno originario, le parti lignee, però, vengono lasciate
grezze, a differenziarle dalle
poche superstiti, finemente
decorate. La struttura è imponente e unica nel suo genere: la cavea, con pianta ad
U, è costituita da quattordici
gradoni che potevano ospitare fino a tremila spettatori
e l’impianto scenico è mobile. Un ingegnoso sistema
consentiva l’allagamento della cavea in modo da poter
mettere in scena naumachie. Il palcoscenico è lungo
40 metri e ha un’apertura di 12.
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dei teatri più rinomati al mondo. Nella provincia
sorgono numerosi castelli, eredità delle diverse
signorie che tra Tre e Quattrocento si imposero a
Parma: gli Scaligeri, i Visconti e alla fine gli Sforza. I più importanti sono: la Castello di Bardi, il
Castello di Torrechiara, la Rocca di Fontanellato e
la Reggia di Colorno sede della scuola internazionale di cucina (vedi riquadro su queste pagine).
A spasso con la natura
A Parma, a conferma di quell’attenzione per l’ambiente e la natura che contraddistingue la città e i
suoi cittadini, vi sono numerosi spazi verdi. Oltre
al Piazzale della Pace, sempre in centro storico
ha sede l’Orto Botanico, un giardino di 11.000
mq che ospita collezioni di piante acquatiche, insettivore, succulente, oltre a rose e bonsai.
Parchi di rilevanza storica sono il Parco Ducale,
con ampi viali pedonali fiancheggiati da alberi
secolari, la Cittadella, un’antica fortezza oggi trasformata in parco pubblico, e il Giardino di San
Paolo, nell’omonimo monastero. Numerosi sono
infine gli spazi verdi attrezzati con giochi per
bambini, aree riservate ai cani, percorsi salute.
Le Greenways, tre itinerari a piedi, con la guida
di un lettore mp3, permettono di scoprire questi
luoghi e tanti altri, passeggiando in pieno relax a
contatto con la natura.
La provincia è anch’essa ricca di parchi e aree
protette dotati di musei, centri visite, strutture ricettive e didattiche. Tra i più importanti vi sono il
Parco dei Cento Laghi, nell’alta Val Parma e Cedra, il Parco regionale dei Boschi di Carrega, a
Sala Baganza, l’Oasi faunistica Monte Fuso.
Itinerari attraverso la storia, le tradizioni, alla ricerca di luoghi di spiritualità o di oasi di piacere
Lungo il Po antiche fattorie ristrutturate si propongono
come confortevoli agriturismi.
per il palato: qualsiasi siano i vostri interessi e il
vostro mezzo di trasporto, Parma non vi deluderà.
Le strade dei vini e dei sapori
Nel territorio della provincia di Parma si snodano
tre itinerari enogastronomici: le Strade dei Vini e
dei Sapori, percorsi che permettono di scoprire
ciò che la natura ha creato e l’uomo sapientemente modificato.La Strada del Culatello di Zibello costeggia il Po nella Bassa Parmense, terra
d’origine del Culatello, della Fortana, della Spalla
ALMA: SCUOLA INTERNAZIONALE DI CUCINA ITALIANA
FORMARSI UNA REGGIA
Verosimilmente non è un acronimo: Alma rimanda
all’originario significato latino (colei che nutre) solitamente associato, va ad sé tutt’altro che casualmente, al termine mater, in compagni del quale definisce
un’università
Vanta un rettore di chiara fama: Gualtiero Marchesi,
uno di quei ristoratori italiani da cui è lecito aspettarsi
l’affermazione che “L’esempio è la più alta forma di
insegnamento”.
Gode fama di essere il più autorevole centro di formazione della Cucina Italiana a livello internazionale.
Dispone delle più aggiornate attrezzature didattiche di
cucina, pasticceria e sommellerie. Forma cuochi, pasticceri e sommelier provenienti da ogni Paese per farne veri professionisti. Che i hanno il privilegio di ncontrare i grandi Maestri della Cucina, della Pasticceria e
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del Mondo del Vino, di prendere parte alle loro lezioni
emozionarsi di fronte alle loro esperienze, ammirare
la loro genialità. Semplicemente attraverso un’esperienza formativa che si basa sulle tecniche più evolute
e sulla sapienza delle tradizioni, sull’attività pratica e
sulla cultura del cibo, sulla conoscenza delle materie prime e dei territori dell’enogastronomia italiana.
Ha sede in una splendida Reggia attrezzata con le più
moderne tecnologie. La Scuola Internazionale di Cucina Italiana è infatti ospitata all’interno dello splendido
Palazzo Ducale di Colorno, situato all’interno di un
parco con un bellissimo giardino del 1700: si trova a
10 km da Parma, cuore della Food Valley italiana, che
dal 2003 è sede dell’Authority Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).
ALMA dispone di una superficie di 3500 mq e di aule
completamente attrezzate per la formazione di professionisti cha abbiano come valore il rispetto del territorio e dell’arte culinaria italiana, della pasticceria e del-
di storia e di tradizioni, dove la misura del tempo
è affidata alla natura e ai suoi prodotti celebrati
nelle numerose sagre.
Tre percorsi nati sotto il segno del gusto, in un
territorio la cui gastronomia è rinomata in tutto il
mondo e che anche grazie a questa “tradizione”
ospita l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. I prodotti tipici sono valorizzati anche grazie alla istituzione dei Musei del Cibo: il Museo
del Parmigiano-Reggiano ha sede a Soragna nella
bassa parmense e il Museo del Prosciutto e dei
Salumi di Parma a Langhirano nella zona collinare eletta per la stagionatura. Nell’antico Castello
di Felino si trova il Museo del Salame, dedicato al
più rinomato dei salami italiani.
Cotta di San Secondo. Lungo la fascia pedemontana e collinare si sviluppa invece la Strada del
Prosciutto e dei Vini, che offre la possibilità di assaggiare diversi prodotti tipici come il Parmigiano-Reggiano, il Salame di Felino, il Prosciutto di
Parma e i Vini dei Colli, che sorprenderà anche i
più scettici e fare ricrede i più snob.
A queste si aggiunge, neonata, la Strada del Fungo Porcino che porta alla scoperta dell’alta Val
Taro, la Val Baganza e la Val Ceno, zone ricche
la sommellerie: Collaborano con Alma alcune tra le più
importanti Aziende direttamente o indirettamente collegate al mondo della Cucina e dell’alimentazione, tutte
caratterizzate dall’altissima qualità dei loro prodotti.
Il supporto di queste aziende, sia nella qualità sponsor
che come fornitori accreditati è un’ulteriore conferma
del ruolo di Alma nel panorama della Cucina Italiana.
ALMA promuove un intenso e stimolante rapporto con gli istituti alberghieri, i centri di formazione
professionale e le scuole di cucina del nostro Paese.
E crea progetti su misura per studenti e insegnanti delle
scuole di questo settore.
Attraverso un protocollo di intesa con il Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) è accreditata come centro per l’aggiornamento dei docenti degli
istituti alberghieri.
E’ protagonista della progettazione, realizzazione e giuria di importanti concorsi rivolti ai giovani talenti della
ristorazione italiana, e promuove ogni anno la “Sum-
Non di solo pane (e companatico)
Parma è una città culturalmente vivace, nota per
le sue tradizioni musicali e teatrali fin dai tempi
dei Farnese, una città che, come abbiamo visto,
ha dato i natali e richiamato a sè artisti del calibro
di Parmigianino e Correggio, ma anche scrittori
come Giovannino Guareschi o musicisti come
Verdi e Toscanini.
Personaggi che ancora oggi alimentano la città
con i frutti del loro genio, mentre manifestazioni
ed eventi di alto livello animano ogni anno i teatri, le piazze ed i luoghi più originali e suggestivi
del territorio.
La passione per il teatro è coltivata da sempre
e coinvolge grandi e piccini: numerosi sono gli
spazi dedicati all’arte drammatica e tante le stagioni proposte dai vari teatri.
Che a Parma la musica sia la regina non è certo
una novità: i parmigiani sono grandi appassionati
e cultori della materia e non perdono occasione
mer School” una settimana premio dedicata ai migliori
studenti di cucina, sala e ricevimento.
ALMA accoglie su prenotazione visite guidate nella
propria sede per far conoscere più direttamente la realtà
della Scuola Internazionale di Cucina italiana.
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per sostenerla e tutelarla. Molti sono i luoghi ad
essa dedicati e numerose le rassegne che si rincorrono durante l’anno.
Sicuramente protagonista è la lirica del Teatro
Regio: Parma custodisce nel suo centro questo
palcoscenico tra i più famosi d’Italia e i suoi loggionisti sono tra i più temuti dai cantanti lirici.
Se poi ad andare in scena è un’opera verdiana,
come durante l’atteso Festival Verdi, da queste
parti vi garantiscono che le serate possono diventare davvero sorprendenti.
Anche la sinfonica ha il suo luogo deputato: l’Auditorium Niccolò Paganini, splendido esempio di
recupero architettonico, edificato su progetto di
Renzo Piano, che ospita ogni anno la principale
Stagione concertistica.
Eccellente luogo di studio, di ricerca e di divulgazione, oltre naturalmente al Conservatorio cittadino, è la Casa della Musica, la cui attività è
legata ad importanti manifestazioni come le Domeniche in musica e I Concerti della Casa.
Tante le rassegne e manifestazioni organizzate
dal Comune in collaborazione con enti e associazioni cittadine. Mentre l’estate si propone con
gli eventi di Sotto il cielo di Parma, nel cortile del
I vigneti attorno all’Azienda vinicola Monte delle Vigne, il loro
Nabucco farà ricredere i più scettici e sorprenderà gli snob.
Palazzo della Pilotta, i concerti sotto le stelle e
tanto altro ancora, in ottobre torna al Teatro Regio
l’annuale appuntamento per celebrare il Maestro
di Roncole di Busseto Giuseppe Verdi.
ACADEMIA BARILLA
L’arte della gastronomia italiana
Il Barilla Center si trova a due passi dal centro storico
di Parma, nell’area che ha ospitato dal 1910 lo storico
Pastifico Barilla. Un’area di 50000 mq. che è stata
restituita alla città e recuperata grazie al Programma
di Riqualificazione Urbana realizzato tra il 2001 e il
2003. Il project design dell’intervento, concepito dal
celebre architetto Renzo Piano, comprende anche
l’ex zuccherificio Eridania e rappresenta una delle
esperienze più innovative di recupero di archeologia
industriale. Il Barilla Center è un complesso polifunzionale che estende il percorso commerciale e di intrattenimento del centro della città di Parma e al suo
interno ospita, tra l’altro: l’Istituto Culinario Academia Barilla, il Grand Hotel de la Ville - unico albergo
a cinque stelle della città, il, l’Auditorium Paganini
nell’ex area industriale Eridania il Warner Village Cinemas, un agalleria commerciale, ristoranti, pizzerie,
bar e caffetterie. Inaugurata nel maggio del 2004,
l’Academia Barilla si propone di:
difendere e tutelare i prodotti alimentari italiani dalle contraffazioni delle denominazioni e dei marchi
originali;
promuovere e diffondere la conoscenza dei prodotti e
della cucina italiana tradizionale e regionale; sviluppare e sostenere la gastronomia Italiana con investimenti nel settore della ristorazione;
ricercare e sviluppare standard qualitativi altissimi;
favorire l’educazione del gusto attraverso i corsi di
cucina, i gourmet tour e la linea di prodotti AB.
Academia Barilla seleziona le migliori materie prime
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e ne promuove l’artigianalità, le peculiarità regionali
e le innovazioni nel segno della tradizione più genuina. Realizza progetti di Formazione a tutto campo:
gli Chef di Academia Barilla sono al servizio degli
appassionati e dei professionisti della gastronomia
per un approccio esaustivo alla Cucina Italiana. Offre
un pacchetto di servizi esclusivi e di consulenza alle
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Ai confini del mondo:
tre giorni in Valsesia
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), su mandato
dell’ASCOM di Vercelli, ha organizzato L’Educational Tour Valsesia 2010
(16-18 aprile). Accompagnato dal Segretario Generale Dr. Andrea Lotti,
un gruppo scelto di giornalisti è stato introdotto alle meraviglie della valle
piemontese al confine con la Svizzera. Tre giorni all’insegna dell’arte, della
natura e del mangiar bene che hanno convinto in pieno tutti i presenti
di Mattia Lento
Ci sono luoghi che, agli occhi del visitatore disattento, non svelano a pieno la propria
bellezza e la Valsesia è uno di questi. Una terra incantevole che certamente colpisce
di primo acchito grazie ad una natura pressoché intatta e panorami mozzafiato, ma
che esprime tutto il fascino soltanto se si è disposti a concederle tempo, pazienza e,
soprattutto, curiosità. Questo perché la Valsesia riserva continue sorprese e una pluralità
di realtà da scoprire che lasciano esterrefatto il turista non conscio di tale ricchezza
La valle più verde d’Italia
A poco più di un centinaio di chilometri da Milano e da Torino, a nord-est della regione Piemonte,
scorre un fiume, il Sesia, che nel corso dei millenni ha scavato un territorio popolato di gente laboriosa e fiera. Una valle principale, La Val Grande,
e alcune vallate minori laterali, anch’esse solcate
da alcuni torrenti affluenti del Sesia, compongono
quest’area geografica, appartenente quasi esclusivamente alla Provincia di Vercelli, che si estende
dal Monte Rosa fino al comune novarese di Romagnano Sesia. A differenza della vicina Valla d’Aosta, essa è caratterizzata da pareti montuose molto
ripide che ne hanno reso difficile antropizzazione
e sviluppo, tanto che oggi la Valsesia può vantarsi
di essere la valle più verde d’Italia.
Nonostante queste difficoltà, la presenza dell’uomo in valle, sebbene non numerosa, è da sempre
stata molto significativa e documentata sin dai
tempi preistorici. In epoca romana, le popolazioni
di ceppo ligure stanziatesi anni prima caddero sotto l’avanzata inarrestabile degli eserciti consolari e
il territorio fu inglobato nella provincia della Gallia Transpadana. In epoca tardo-antica, la Valsesia
cedette alle lusinghe del Cristianesimo e allontanò
le diffuse permanenze paganeggianti della penisola. Dopo l’infelice dominazione longobarda, la
valle fu posta dapprima sotto il dominio franco
Una valle alle falde l Monte Rosa.
e, in seguito, fu contesa ripetutamente dagli arcivescovadi di Novara e Vercelli che, infine, infeudarono il territorio ad alcune famiglie nobili che
governarono per qualche secolo, garantendo una
certa stabilità politica. L’epoca dei comuni permise ai centri cittadini della valle di conquistare una
certa indipendenza rispetto al potere centrale e di
liberarsi dal giogo feudale: risale al XIV secolo la
costituzione dell’Università dei Comuni di Valse-
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Tuttora meta di pellegrinaggi e patrimonio artistico sottoposto a tutela Unesco: il Sacro Monte.
sia, l’organo di controllo del territorio che riuniva
in un’unica federazione i principali comuni della
zona. Durante questo periodo, abbiamo anche la
calata pacifica dei Walser dal cantone svizzero
Vallese, l’esperienza eretica di Fra Dolcino e la
crescita d’importanza del centro di Varallo Sesia.
Questo comune divenne in breve tempo il punto
di riferimento di tutta la valle e rimarrà tale fino ai
giorni nostri.
Il Sacro Monte
La sua fama è dovuta, in particolare, a una vera
e propria meraviglia dell’arte devozionale occidentale, tuttora meta di pellegrinaggi e patrimonio artistico sottoposto a tutela Unesco: il Sacro
Monte. Unico nel suo genere, amato e analizzato
con acume critico dal grande scrittore Giovanni
Testori, oggetto di molti studi da parte di ricercatori di fama internazionale, il Sacro Monte fu costruito a seguito della conquista della Terra Santa
da parte dell’impero ottomano. Infatti, l’idea di
costruire questo complesso monumentale fu del
frate francescano Bernardino Caimi, il quale desiderava riprodurre i luoghi sacri di Gerusalemme
oramai divenuti inaccessibili ai Cristiani a causa
dell’occupazione turca. Sul finire del XV secolo,
Caimi ricevette il beneplacito del Moro e iniziò
la costruzione del Sacro Monte; in breve tempo
vennero edificate la chiesa di Santa Maria delle
Grazie e le prime cappelle devozionali. Alla morte
del Caimi, il pittore Gaudenzio Ferrari si assunse
la responsabilità di continuare l’impresa e il suo
lascito fu di assoluta importanza per tutti gli artisti
che si susseguirono nei cantieri: l’ultima cappella
fu costruita addirittura nel 1724 ma con l’abbandono dei lavori da parte di Gaudenzio la fisionomia del Sacro Monte era oramai definita. Testori
ha definito questo complesso come un “gran teatro montano”, ed è stato proprio lui a restituire di-
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gnità all’opera gaudenziana, fino a quel momento
considerata alla stregua di un triviale esempio di
arte popolaresca. Si tratta di una forma artistica
che abbraccia canoni estetici altri rispetto a quelli
aurei della cultura umanistica, divenendo poesia
per cuori semplici, ma pur sempre poesia. All’interno della Cappella della Crocifissione, forse la
più rilevante, si può osservare con tutta facilità
l’intento gaudenziano di coinvolgere lo spettatore
all’interno della rappresentazione, di non permettergli quel distacco contemplativo tipico del fruitore dell’arte cosiddetta alta: un insieme di statue
ai piedi delle tre croci, dai marcati tratti espressionisti, sembra riprodurre fedelmente la realtà sociale del tempo. Queste sculture avvolgono a semicerchio lo spettatore e si fondono perfettamente
con gli affreschi che chiudono il cerchio figurativo
che lo circonda.
Dal punto di vista artistico, Varallo non è soltanto
il Sacro Monte. Lo stesso Gaudenzio si è impegnato anche nella decorazione del tramezzo della
bellissima Santa Maria delle Grazie, confermando il proprio valore d’artista anche nell’ambito di
un’arte non destinata esclusivamente alla devozione popolare. Santa Maria delle Grazie e altre
chiese costellano il territorio di Varallo (famosa
anche per la prestigiosissima pinacoteca civica) e
quello di tutta la Valsesia.
Non solo arte
L’arte non è il solo punto di forza valsesiano. La
cucina di questa zona contribuisce a tenere alto
il nome del Piemonte: formaggi caprini e bovini, salumi e risotti sono le pietanze principali e i
vini, tutti ottenuti da uve Nebbiolo, sono perfetti
nell’accompagnare i piatti tipici. Inoltre, il Sesia
è anche generoso nell’offrire pesce di fiume che
completa l’offerta culinaria della regione.
Questo fiume, sulle cui sponde si trovano case bel-
Formaggi caprini e bovini,
salumi costituiscono il companatico
principale per gustosi spuntini.
lissime, spesso abbandonate e in attesa di acquirenti, arricchisce le attrattive della valle. Sulle sue
rapide è possibile, infatti, praticare uno degli sport
fluviali più eccitanti, il rafting, nonché la pesca
sportiva, che viene però regolata da rigidi disciplinari a tutela dell’ecosistema sesiano. Le montagne offrono a tutti gli appassionati la possibilità di
sciare e il massiccio del Monte Rosa, che domina
il panorama della Valle, è facilmente raggiungibile
dagli amanti dell’escursionismo d’alta quota.
Negli ultimi tempi, la Valsesia si è anche attrezzata e ha migliorato molto la qualità delle strutture
ricettive, coinvolgendo buona parte della popolazione nel settore del turismo. In particolare, gli
enti locali hanno cercato di favorire l’economia e
la tutela delle popolazioni Walser, un vero e proprio patrimonio antropologico della nostra penisola, che da secoli risiede in valle.
Questa etnia, che fino agli anni Settanta del Novecento parlava una lingua di derivazione alemanna,
si è stabilita nelle valli laterali valsesiane più selvagge e ha mantenuto intatti usi e costumi antichi
di un tempo. I Walser nel corso dei secoli hanno
lottato contro il freddo, la fame e, soprattutto, il
disinteresse delle istituzioni. Il comune di Rimella,
piccolo villaggio situato a mille metri di altezza
sul versante meridionale del Monte Rosa, è uno
dei centri più importanti della comunità Walser.
Situato nell’aspra Valmastellone, Rimella è raggiungibile soltanto da pochi anni attraverso una
strada carrabile. La sensazione è davvero quella di
sentirsi ai confini del mondo: oltre questa valle ci
sono soltanto montagne impervie e ghiacciai imperiosi e ci si chiede continuamente come delle
persone abbiano potuto resistere all’isolamento e
al rigore degli inverni. I Walser rimasti, non tantissimi ma in ogni caso in numero sufficiente per
costituirsi ancora in comunità, possiedono uno
spirito d’accoglienza atipico tra le popolazioni
d’alta montagna. Essi rappresentano la risposta
più efficace rispetto alla perdita di alcuni valori
che sembrano oramai dimenticati: attaccamento
alla terra, accoglienza e dedizione nei confronti
dei lavori più antichi.
Essi sono le ultime forme di vita umana che s’incontrano prima d’imbattersi nelle vette maestose
delle Alpi, custodi di una valle splendida, vere e
proprie aristocrazie dello spirito.
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Andermatt diventa un po’
più cosmopolita
Testo: DAVE HERTIG & CRAIG CRANDALL
Fotografie: WILLY SPILLER
Un paesino di montagna diventa resort.
Reinout van Lennep di ABN AMRO vuole saperne di più e incontra Samih Sawiris. Per
l’imprenditore, Andermatt è una questione di
cuore oltre che di business
C
atene montuose impareggiabili, paesaggi alpini meravigliosi e un centro
ricco di storia: Andermatt è un gioiello
nel cuore dell’Europa. Con i suoi 1300
abitanti, il paese si trova sulla linea del Gottardo, il
principale collegamento alpino tra Nord e Sud, a
due ore da Milano e a un’ora e mezza da Zurigo.
Reinout van Lennep vive e lavora a Zurigo. Da Zurigo il Managing Director Private Clients di ABN
AMRO parte per il mondo intero per offrire consulenza alle persone facoltose. Oggi però resta in
Svizzera e dedica la sua attenzione ad Andermatt,
il villaggio montano pronto a trasformarsi in un
dinamico resort di fama mondiale. Nei prossimi
cinque-dieci anni disporrà di 3000 nuovi posti letto. Reinout van Lennep intravede opportunità di
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business per la sua clientela e dato che predilige
le informazioni di prima mano, si dirige verso Altdorf, capitale del Canton Uri dove si trova Andermatt. Una giornata di primavera, una pioggerella
fine e l’incontro con Samih Sawiris, l’imprenditore
che ha sviluppato – e che sta concretizzando – la
visione per il resort.
Menti lucide per grandi idee
In auto, i due iniziano a chiacchierare. Samih Sawiris afferma con entusiasmo: «La Svizzera ha sempre potuto contare su braccia forti, menti lucide e
la volontà di lavorare duro. Ecco come è riuscita
a diventare uno dei Paesi più straordinari, stabili
ed efficienti al mondo.» Un complimento pieno
di rispetto, importante, giacché l’imprenditore
egiziano alle parole fa seguire i fatti. La sua Orascom Development Holding ha iniziato l’espansione in Europa proprio da Andermatt, trasferendo
il domicilio in Svizzera e facendo il suo ingresso
sulla borsa elvetica. Ma Samih Sawiris, ideatore
di resort di prim’ordine come El Gouna sul Mar
Rosso è molto concreto ed esprime anche le sue
Andermatt diventa un resort internazionale. I prati sullo sfondo si trasformeranno presto in un campo da golf alpino.
critiche verso quelle peculiarità elvetiche che lo
hanno inizialmente ostacolato, le lungaggini per
ottenere i permessi di costruzione ad esempio,
oppure la nobile reticenza nei confronti di grandi
progetti visionari.
Reinout van Lennep sorride compiaciuto. Nel
1995 il banchiere internazionale si è trasferito da
Londra per costruire, in Svizzera, l’Offshore Private Banking globale di ABN AMRO. Grazie alle
esperienze maturate a New York, Hong Kong, Taiwan e Amsterdam, la vita a Zurigo gli è sembrata,
di primo acchito, estremamente calma e tranquilla. Reinout van Lennep ha però ben presto dovuto
constatare che gli svizzeri non curano soltanto lo
stile di vita, ma pure gli affari. Un mix che piace
anche a Samih Sawiris. La Svizzera non si è però
mai profilata come il mercato dai facili guadagni
– nemmeno in ambito immobiliare – afferma. «In
questo Paese, gli investitori cercano soprattutto stabilità e un porto sicuro.» Il timing perfetto quindi
per coinvolgerli nel progetto Andermatt, afferma
Reinout van Lennep pensando ai mercati finanziari. «Assolutamente sì», risponde Sawiris. «Mai
come ora gli immobili svizzeri sono stati allettanti;
il Paese può dare nuovamente prova delle sue qualità di porto sicuro.» Reinout van Lennep constata
una controtendenza: «Finora i miei clienti hanno
considerato Londra, Parigi, Francia meridionale e
Spagna per i loro investimenti immobiliari europei
ma adesso stanno rivalutando la Svizzera.»
Un uomo che si affida al suo istinto
Per il banchiere, Samih Sawiris è comunque un
uomo coraggioso con obiettivi estremamente am-
biziosi: Andermatt, che finora ha attirato amanti
degli sport invernali e delle escursioni estive, deve
diventare una meta alpina scelta tutto l’anno.
«Vuole davvero creare una destinazione neutra
in termini climatici?» chiede meravigliato Reinout
van Lennep. Sawiris conosce bene questa espressione. «So come creare un resort vitale e un ambiente incantevole. Mi creda.»
«Un uomo in armonia con se stesso e il suo naturale istinto per gli affari», spiega Reinout van Lennep a un suo cliente, incontrato il giorno dopo per
un pranzo a Londra. Come detto, Andermatt si sta
creando un nome tra gli investitori internazionali.
E pensare che Samih Sawiris non ha ancora lanciato la sua campagna informativa ufficiale!
A pag. 32: Reinout van Lennep e Samih Sawiris ad Altdorf
davanti alla bandiera con l’emblema del Canton Uri.
ABN AMRO Bank
Reinout van Lennep
Managing Director Private Clients
reinout.f.van.lennep@ch.abnamro.com
Beethovenstrasse 33
CH-8022 Zurigo, Svizzera
Tel. +41 (0)44 631 41 11
www.abnamro.ch
Samih Sawiris
www.andermattresort.com
www.orascomdh.com
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
33
Sulla base del tasso di gradimento del proprio ambiente di lavoro
Switzerland’s Best Workplaces 2010
G
reat Place To Work® ha reso nota la lista di quelli che, attraverso un’indagine
condotta a cavallo fra il 2009 e il 2010,
risultano essere in Svizzera i cosiddetti
Best Workplaces. In versione nostrana: i posti di
lavoro dove più gradevole è il clima lavorativo.
È la seconda volta che l’istituto pubblica questa
particolare classifica, stilata in seguito ad un’indagine condotta all’interno di quelle aziende che
sono intenzionate a misurare il tasso di gradimento nel proprio ambiente di lavoro. A tal fine, si procede verificando la percezione che i dipendenti
hanno dell’ambiente i cui sono attivi e valutando
le pratiche di gestione manageriali.
Il concetto di fondo è semplice: per consolidare
all’interno dell’azienda stessa la fiducia tra manager e dipendenti, è necessario instaurare buone relazioni tra i dipendenti e il management, premessa
indispensabile di un clima sereno e positivo tra i
colleghi di lavoro, condizione fondamentale per
evitare situazioni di conflitto tra gli stessi.
Obiettivo implicito: creare all’interno dei luoghi di
lavoro una comunità, al cui interno i dipendenti si
sentono orgogliosi del proprio lavoro e della loro
azienda, sono fieri del successo dei loro pari e si
sentono parte integrante dell’organizzazione. In
tal modo, si favorisce l’apprezzamento per il lavoro svolto e si diffonde la convinzione che si possa
crescere di pari passo con e dentro l’azienda.
Il ruolo fondamentale di Great Place to Work è
SWITZERLAND’S BEST WORKPLACES LIST 2010
1 NetApp Switzerland, Wallisellen (55 dipendenti)
2 Cisco Systems, Zurich (229)
3 Hilti AG, Schaan (1897)
4 Novozymes Switzerland AG, Dittingen (55)
5 Microsoft Switzerland Ltd Liab. Co, Wallisellen (422)
6 Novo Nordisk, Zurich (157)
7 Federal Express Europe Inc., Meyrin (426)
8 Abbott, Baar and Beringen (395)
9 Biogen Idec International, Zug (149)
10 Philips AG Schweiz, Zurich (218)
11 Medtronic Schweiz, Münchenbuchsee (100)
12 Janssen-Cilag AG, Baar (110)
13 Mars Schweiz AG, Zug (108)
14 McDonald‘s, Crissier (3796)
15 Phoenix Contact AG, Tagelswangen (72)
34
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
Manager e collaboratori della NetApp Switzerland, che nella classifica figura al primo posto, in posa per la rituale foto di gruppo.
quello di essere di ausilio alle aziende in Europa e
nel mondo di tutti i settori per conseguire miglioramenti nei luoghi di lavoro, creando e misurando
la sintonia tra i manager e i dipendenti.
Sviluppare un eccellente clima nei luoghi di lavoro è oggi un tema attuale e fortemente sentito
dalle principali aziende. Il luogo di lavoro rappresenta l’ambiente dove le persone concentrano la
maggior parte del loro tempo durante la giornata.
Facile comprendere come lavorare in un cattivo
ambiente di lavoro possa comportare nel lungo
periodo alcune problematiche come stress, deterioramento della salute mentale e fisica con conseguenze che influiscono in modo negativo sulla
produttività del singolo dipendente.
Al contrario, un’azienda, che può contare su un
ambiente di lavoro sano, dove i dipendenti hanno
confidenza e fiducia nel management può verificare come ciò contribuisca a migliorarne la produttività. Un concetto questo che ben si coniuga
con l’obiettivo primario dell’azienda di fare business ed incrementare i propri profitti.
Great Place to Work® Institute Switzerland, operativa Zurigo dal 2008, è affiliata ad un istituto di
ricerca e consulenza manageriale internazionale
attivo sin dalla fine degli ’80, e oggi presente in 40
Paesi, per ognuno dei quali rende nota ogni anno
una graduatoria dei migliori ‘Place to work’.
INFORMAZIONI DETTAGLIATE
Antonino Borgese Managing Partner aborgese@
greatplacetowork.ch +41 (0)43 8176567
BENCHMARK
di Nico Tanzi
Il libraio e i bazooka, ovvero:
l’inarrestabile ascesa dell’e-book
(con tutto ciò che ne segue)
Provate a pensare alla libreria dietro l’angolo. Sì, quel
luogo piccolo e tranquillo, in vetrina pochi titoli ma scelti
con cura, il libraio simpatico che sa sempre cosa consigliarvi e ha già letto l’ultimo romanzo del vostro autore preferito. Ecco: adesso voltatevi verso il palazzo di
fronte. Li vedete, quei tipi affacciati alla finestra, con i
loro bazooka puntati proprio contro la libreria, pronti a
far fuoco?
Lo so, voi non li vedete. Ma lui, il libraio, è un po’ che
li osserva. E sa bene chi sono. Sa che quando premeranno il grilletto per lui non ci sarà molto da fare, e
della sua libreria coltivata amorevolmente negli anni non
resterà che un mucchio di macerie. A qualcuno dei suoi
colleghi è già successo, e prima o poi toccherà a lui. È
solo questione di tempo.
Alcuni di quei tipacci sono lì già da un po’. Il primo sembrava il più pericoloso, ma c’è chi dice che alla fine non
abbia fatto poi troppi danni. Il suo nome è televisione:
per molti la causa principale della scarsa propensione
della gente per la lettura, per i libri.
Altri sono slanciati e hanno l’aria elegante, la loro faccia
sembrerebbe ispirare fiducia; ma in realtà sono molto,
molto più pericolosi del primo. Si chiamano catene commerciali, hanno l’hobby di divorare i concorrenti più piccoli e meno solidi: le piccole librerie di quartiere sono
state le loro prime vittime.
Ma il più potente di tutti è appena arrivato. Ha gli occhi
di ghiaccio e uno sguardo impenetrabile. Ha aperto la
sua valigetta e sta montando la sua arma. Lentamente,
con molta cura. Nessuno sa cosa succederà davvero
quando premerà il grilletto. Di certo, quando ciò avverrà, niente sarà più come prima.
È l’e-book: il libro elettronico. Ci ha messo un po’ per diventare adulto: anni di tentativi, sempre con il dubbio di
fondo: ma la gente avrà davvero voglia di leggere sullo
schermo di un pc, che affatica la vista così in fretta? Sullo schermo dei telefonini, poi? Ma va, non scherziamo.
Finché a un signore di nome Jeff Bezos non è venuto in
mente di fare sul serio. La sua ditta, Amazon, era diventata in pochi anni leader del commercio di libri (e non
solo) su internet. Amazon è uno schiacciasassi. La sua
politica è: guadagnare poco, ma vendere il più possibile, fino a diventare i più grandi. Nella libreria dell’angolo
l’ultimo thriller di Stephen King costa 25 dollari? Su Amazon lo trovi per 16. Che vanno a coprire, oltre ai diritti
d’autore, i costi di produzione, di trasporto, di deposito:
insomma, tutto ciò che il commercio di oggetti “fisici”
come i libri comporta. Tutte spese che improvvisamente non ci sarebbero più se i libri non fossero più oggetti
fisici, ma “virtuali”. E-books, appunto.
Come rendere interessanti per il pubblico libri virtuali?
Offrendo a prezzi ragionevoli un lettore (e-book reader)
che renda la lettura un’esperienza più simile a quella del
libro “tradizionale” che a una seduta di lavoro davanti
al pc. Così, nel 2007, Amazon presentò il “suo” e-book
reader: Kindle. Una tavoletta dotata di un “inchiostro
elettronico” che non ha bisogno di lampadine accese (i
pixel degli schermi pc) per essere letto, quindi non stanca gli occhi, e con cui in pochi secondi e un paio di clic
è possibile comprare e scaricare un libro fra le decine
di migliaia che Amazon rende disponibili.
È più che comprensibile, il terrore del nostro amico libraio all’idea dell’arma che quel tipo, l’ultimo arrivato, sta
puntando contro di lui. Cosa ci vai a fare in libreria, se
per comprare un libro ti basta fare clic su una tavoletta?
Con il vantaggio poi – se per caso sei fra quelli che con
i libri ci lavorano – di poter sottolineare, selezionare,
prendere appunti con grande facilità, senza pasticci sui
margini e senza problemi di spazio per le annotazioni.
È vero: tutti i suoi amici, e sono tanti, passano in libreria, ogni giorno, a rassicurarlo: dai, non preoccuparti,
vedrai che è tutto un bluff. Non sparerà davvero. Chi
vuoi che rinunci al piacere di maneggiare un volume, di
accarezzarne la carta, di sfogliarne le pagine, di gustare
il profumo dell’inchiostro sui fogli… E poi, quanti saranno mai quelli che accetteranno di spendere dei soldi per
non avere niente di materiale, di fisico, in cambio? Il libro
è un oggetto. Per un sacco di gente un oggetto di culto,
un oggetto del desiderio. Un desiderio tutto sommato
a buon mercato, anche se c’è chi si lamenta dei prezzi
troppo alti (ma questa, va detto, è una caratteristica
del mercato italiano, dove i prezzi sono di un bel po’
superiori a quelli medi nel resto del mondo: un romanzo
in Italia costa l’11,9% più che in Francia, il 18,8% più
che in Germania, il 17,1% più che in Inghilterra e quasi il
doppio rispetto al suo prezzo negli USA. D’altronde, se
una famiglia italiana acquista in media non più di tre libri
l’anno, un motivo ci sarà pure).
Tutti lì a consolarlo, i suoi amici. Passerà anche questa,
gli dicono, con una pacca sulla spalla. Ma il libraio non
è così convinto. E ne ha tutti i motivi. (continua nel prossimo numero).
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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BUROCRATICHE
di Luigi Cortese
Sanzionare l’immigrazione clandestina
Circolare senza copertura assicurativa
Stretta sui controlli territoriali contro l’immigrazione
clandestina. Lo straniero che non esibisce il documento al posto di blocco incorre nella sanzione penale
sancita dalla Bossi-Fini anche se, essendo irregolare,
non è in possesso di validi documenti. Lo ha stabilito
la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 34068,
ha annullato con rinvio l’assoluzione di un senegalese
che non aveva mostrato i documenti a un blocco giustificandosi che non ne aveva di validi. Ma a parere
della seconda sezione penale della Cassazione questo
non è un buon motivo per evitare la sanzione prevista
dalla Bossi-Fini. Di diverso avviso era stato il Tribunale
di Venezia secondo cui «la contravvenzione prevista
dall‘art. 6 del dlgs 286 del 1998 intende sanzionare
la mancata esibizione dei documenti di identificazione personale da parte di chi soggiorna regolarmente
nel territorio dello Stato, per favorire i controlli degli
immigrati regolari, mentre sarebbe stato incongruo
e contraddittorio sanzionare penalmente la mancata
esibizione di un documento d‘identità da parte di immigrati clandestini essendo interesse precipuo dello
Stato provvedere alla loro immediata espulsione». Con
questa decisione la Procura di Venezia ha fatto ricorso in Cassazione e lo ha vinto nel merito, anche se
l’immigrato non sconterà la pena perché salvato dalla
prescrizione.
Le strisce blu non perdonano neppure i disabili. Infatti,
devono pagare il ticket se vi parcheggiano perché non
hanno trovato posto negli spazi loro riservati. A far
tramontare la comodità per gli invalidi di avere almeno
i parcheggi gratuiti è stata la Corte di Cassazione che,
con la sentenza n. 21271, ha respinto il ricorso di
un uomo che, nonostante avesse esposto un valido
contrassegno, era stato multato per non aver pagato
il ticket. Non c’è una norma che prevede l’esenzione,
hanno spiegato i giudici della seconda sezione civile,
e quindi anche i disabili devono pagare per sostare
all’interno dei parcheggi a pagamento.
E le circolari amministrative che invece prevedono il
beneficio, secondo i giudici, passano in secondo. «In
particolare», hanno motivato, «gli articoli 188 e 11 del
codice della strada prevedono per i titolari del contrassegno l‘esonero, rispettivamente, dai limiti di tempo
nelle aree di parcheggio a tempo determinato e dai
divieti e limitazioni della sosta disposti dall‘autorità
competente». Ma l’obbligo di pagare il ticket, hanno
aggiunto, è una cosa diversa. «Né ha fondamento
36
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
invocare a sostengo di una diversa interpretazione
l‘esigenza di favorire la mobilità delle persone disabili.
Dalla gratuità della sosta deriva infatti un vantaggio
meramente economico, non un vantaggio in termini di
mobilità, la quale è favorita dalla concreta disponibilità
(piuttosto che dalla gratuità) del posto dove sostare».
Quindi, anche in caso di indisponibilità dei posti riservati «non vi è ragione di consentire, in mancanza di
una previsione normativa, la sosta gratuita della persona disabile che non abbia trovato posto negli stalli
a pagamento».
Alticci al volante
L’automobilista che alza troppo il gomito non può pretendere l’annullamento della misura punitiva se la Polizia Stradale omette di compilare il verbale stradale.
Trattandosi di fattispecie penale, infatti, non è necessario contestare l’infrazione utilizzando i normali modelli
previsti per l’accertamento delle multe. Lo ha chiarito
la Corte di Cassazione, sez. II civ., con la sentenza
n. 19880. Un utente stradale è stato pizzicato dalla
Polizia Stradale con troppo alcol nel sangue rispetto
al limite previsto dalla legge. Contro la conseguente
sanzione penale prevista dall’art. 186 del codice della
strada l’interessato ha proposto ricorso al magistrato
onorario che ha annullato l’accertamento per mancata
compilazione del classico bollettino delle multe da parte della Polizia. La Cassazione ha però bacchettato il
Giudice di Pace confermando l’operato della Polizia. In
materia di infrazioni stradali comportanti l’applicazione
di misure punitive penali non vi è infatti alcun obbligo di redazione dei tradizionali modelli di verbale. Per
questo vale l’accertamento effettuato con l’etilometro
dagli organi di vigilanza.
Se si incappa in un controllo stradale dopo aver bevuto
troppo o sotto l’effetto di droghe si rischia la confisca
definitiva del veicolo. E questa misura estrema scatterà anche se il mezzo è intestato ad una persona giuridica ma l’autista alterato è il legale rappresentante
dell’impresa. Lo ha evidenziato il Tribunale di Vicenza
con l’ordinanza di convalida del sequestro preventivo
di un veicolo depositato l’11 agosto 2009. Il codice
stradale prevede la confisca del veicolo di proprietà
del conducente che guida troppo alterato dall’alcol,
dopo aver assunto droga o che rifiuta l’accertamento
strumentale. Nel caso esaminato dal Gip la Polizia Stradale ha indagato il conducente di un’autovettura che è
stato trovato alla guida con un tasso alcolico superiore
a 1,5 g/l, procedendo anche al sequestro preventivo
del mezzo, intestato ad una società avente personalità
giuridica. Il Tribunale vicentino ha avallato questa scelta
convalidando il sequestro stante la particolare qualifica
rivestita dall’autista, legale rappresentante della società
proprietaria del veicolo. Pur essendo l’auto intestata a
persona giuridica, specifica infatti l’ordinanza, «la qualifica di legale rappresentante della stessa, ricoperta
dall’indagato, fa si che vi sia sostanziale coincidenza tra
utilizzatore e titolare, nel senso che è il legale rappresentante che stabilisce chi possa usare l’auto cosicché
la designazione di se medesimo quale conducente rende l’ente, rappresentato, non estraneo al reato». Questa
previsione non è però allineata con le più recenti indicazioni operative. Secondo la giurisprudenza, specifica
per esempio la Procura di Milano con una circolare diramata a primavera dalla Polizia locale meneghina con
la nota numero 6/2009, «il veicolo è confiscabile se è
di proprietà del conducente ebbro/drogato/rifiutatesi,
ovvero in comproprietà con altri. Resta escluso il solo
caso in cui esso sia di proprietà esclusiva di terzi, siano
esse persone fisiche o giuridiche». In pratica secondo le
indicazioni della Procura milanese sono sempre sequestrabili i veicoli di proprietà anche parziale del trasgressore mentre restano esclusi da questa misura i mezzi
intestati a persone giuridiche. E in effetti la diversa interpretazione vicentina sembra forzare il dato letterale che
dispone il sequestro finalizzato alla confisca «salvo che
il veicolo appartenga a persona estranea al reato».
La Prefettura non può tardare troppo a confermare la
multa elevata dalla Polizia al trasgressore negligente
che circola senza copertura assicurativa perché altrimenti tutta la procedura sanzionatoria è annullata. Lo
ha chiarito la Corte di Cassazione, sez. II civ., con la
sentenza n. 21254 del 5 ottobre 2009.
Un autista ha circolato senza la prescritta copertura assicurativa e per questo la Polizia Stradale, a seguito di
un riscontro formale, gli ha notificato una multa molto
salata, mai pagata dal trasgressore, senza sequestro
del veicolo. Contro la conseguente ordinanza ingiunzione elevata dalla Prefettura l’interessato ha proposto
ricorso al Giudice di Pace che ha annullato l’intero procedimento sanzionatorio stante la tardività della determinazione prefettizia intervenuta oltre un anno dopo al
rapporto della Polizia.
La Cassazione ha confermato questa decisione. L’istruttoria della pratica sanzionatoria ha valicato ogni limite
procedurale. Il codice stradale ammette un termine di
120 giorni per l’esito del procedimento, unitamente ai
60 giorni disponibili per l’invio degli atti da parte del
Comando alla Prefettura.
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
37
ANGOLO FISCALE
di Tiziana Marenco
L’impatto fiscale della pianificazione
del Consiglio federale in materia
di “Too big to fail”
Durante la sessione estiva il Parlamento
svizzero sarà chiamato ad esprimersi sulla
ratificazione dell’accordo tra la Svizzera e gli
Stati Uniti in materia di trasmissione di dati
riguardanti 4450 clienti americani dell’UBS
(“Accordo UBS”). All’inizio di quest’anno il
Tribunale federale amministrativo aveva infatti bloccato la trasmissione dei dati poiché l’Accordo UBS, che, contrariamente
alla Convenzione sulla doppia imposizione
in vigore al momento dei fatti, prevede la
trasmissione non solo in caso di frode fiscale ma anche in quelli di evasione fiscale
continuata o aggravata, in mancanza di ratificazione dell’organo legislativo supremo
non costituiva una base legale sufficiente a
giustificare il treaty overriding
Il contesto politico
Il momento politico per chiedere la ratificazione
dell’Accordo UBS alle Camere federali non poteva
essere meno favorevole, vista la bufera causata
dalle assemblee generali di UBS e CS in concomitanza con le risoluzioni riguardanti il discarico degli
amministratori per gli anni che hanno immediatamente preceduto la crisi finanziaria e le rimunerazioni del management. I partiti politici, soprattutto
la sinistra, ne hanno prontamente approfittato per
far dipendere la ratificazione dell’Accordo UBS dal
decreto di un programma vincolante volto a limitare i rischi economici connessi agli istituti finanziari
di rilevanza sistemica per l’economia svizzera.
Come tali vengono definiti gli istituti finanziari la cui
insolvenza creerebbe un notevole danno al sistema
finanziario e all’economia svizzera, per esempio
perché gli altri operatori sul mercato non sarebbe
in grado di offrire tempestivamente le medesime
prestazioni colmando così la lacuna, ragion per cui
38
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
lo Stato si vede di fatto costretto a garantirne l’esistenza (“Too big to fail”), proprio come era stato
il caso per UBS. Accade così che tra le rivendicazioni presentate al Consiglio federale per la ratificazione dell’Accordo UBS vi siano anche misure
di carattere fiscale. Raramente negli ultimi anni è
stata partorita in Svizzera normativa tributaria più
singolare per genesi, giustificazione e collocazione
sistematica.
Il messaggio del Consiglio federale
Con il Messaggio di decreto pubblicato il 12 maggio u.s. il Consiglio federale intende definire in
modo vincolante le misure atte a limitare i rischi
economici dovuti alle grandi imprese. Il decreto
prevede in primo luogo che con modifica della
Legge svizzera sulle banche siano introdotte per
banche di rilevanza sistemica misure più severe in
materia di fondi propri, liquidità, ripartizione dei rischi e organizzazione.
Per queste misure lo scadenziario prevede la deliberazione delle Camere federali nella primavera
del 2011 e l’entrata in vigore delle nuove norme il
1° gennaio 2012. Nello stesso decreto il Consiglio
federale ha stabilito che nell’autunno 2010 sottoporrà all’Assemblea federale un avamprogetto
– sulla limitazione delle rimunerazioni variabili versate da istituti che beneficiano di sussidi statali
– e sulla riqualifica (in primo luogo fiscale) da salario in utile distribuito di versamenti effettuati a
titolo di “componenti variabili di rimunerazione
stabilite in funzione degli utili delle imprese”.
Addirittura non più nel decreto, bensì solamente nel testo del Messaggio relativo al decreto, il
Consiglio federale si è visto costretto a confermare, come peraltro preannunciato il 28 aprile u.s.,
che nel corso del maggio 2010 verrà presentato
alle commissioni parlamentari un progetto di modifica di imposizione delle opzioni per i collaboratori
secondo il quale tali opzioni in futuro non saranno
più tassate al momento della loro assegnazione bensì al momento dell’esercizio.
Imposizione delle componenti
variabili di salario quale utile
Attualmente i salari costituiscono per le imprese un
elemento di costo fiscalmente deducibile. La riqualificazione delle rimunerazioni variabili stabilite in funzione degli utili aziendali da costi salariali deducibili
a distribuzione di utili non deducibili è problematica per diversi motivi. Innanzitutto non va a colpire
il management, per il quale la rimunerazione resta
imponibile secondo regole pressoché identiche indipendentemente dalla sua riqualificazione a livello
aziendale.
Secondariamente, se applicata unicamente agli istituti di rilevanza sistemica, la misura si rivela discriminatoria. Inoltre non si vede come un’imposizione
degli utili, che, per persone morali, varia tra il 10%
e il 24%, possa costringere le aziende a rivedere le
rimunerazioni del management.
Semmai causerà piuttosto un trasferimento di sede
in cantoni a tassazione più favorevole allo scopo di
compensare l’effetto negativo dell’imposizione dei
costi riqualificati in utile.
Senza dimenticare infine che per qualche anno ancora i risultati negativi degli anni della crisi permetteranno alle aziende di neutralizzare fiscalmente gli
utili imponibili compensandoli con le perdite.
Vi è inoltre da sperare che il nostro massimo organo
legislativo non dimentichi di regolare in modo identico le conseguenze sociali della riqualificazione, esonerando quindi l’utile, prima salario, dai contributi
sociali, salvo che così facendo le aziende compenseranno l’ulteriore imposta sull’utile con un risparmio di almeno il 5.05% sui contributi sociali.
Una riflessione più approfondita meriterebbe anche
la questione delle competenze societarie: mentre
una distribuzione di utili rientra nelle competenze
dell’assemblea generale di una società di capitali, la
competenza in materia di salari spetta alla direzione. Una riqualificazione potrebbe perciò dare luogo
a un conflitto di competenze.
Ci sembra quindi legittimo concludere che se questa
normativa riuscirà a superare gli ostacoli parlamentari, sarà solamente grazie alla costellazione politica dell’Accordo UBS.
Imposizione delle opzioni per collaboratori
L’imposizione delle opzioni per collaboratori non
è attualmente regolata da una legge, ma solo dalle circolari dell’Amministrazione Federale delle
Contribuzioni (AFC) e da quelle degli Uffici tassazione cantonali che possono ulteriormente precisare
ma non contraddire le regole stabilite dall’autorità
federale. In linea di principio è possibile calcolare
matematicamente il valore parametrico di un’opzione, a meno che questa non sia provvista di un periodo di blocco e/o di condizioni individuali specifiche che impediscono la determinazione di un valore
statisticamente adeguato. Sinora i piani di opzioni
potevano quindi essere formulati in modo da permettere un’imposizione al momento dell’assegnazione (grant) piuttosto che in quello dell’esercizio (exercice) dell’opzione, fermo restando che opzioni con
clausule di vesting solitamente non sono imponibili
prima dello scadere del periodo di vesting e periodi
di blocco superiori a 10 anni impediscono secondo
le direttive emanate dall’AFC la determinazione del
valore al momento del grant, dando luogo così ad
un’imposizione al momento dell’exercice.
L’imposizione al momento del grant è particolarmente favorevole se il valore dell’impresa o il corso di
borsa dell’azione che sta alla base dell’opzione aumentano sensibilmente tra il grant e l’exercice.
Ipoteticamente il sistema di imposizione al momento del grant potrebbe quindi incitare il management
a contabilizzare approvvigionamenti eccessivi al momento dell’emanazione di un nuovo piano di opzioni
di collaboratori, abbassando così il valore dell’opzione al momento del grant, per poi in seguito massimizzare l’aumento di valore sino all’exercice. Di per
sé, tuttavia, l’imposizione al momento del grant o
all’exercice sono di connotazione fiscale equivalente, quindi entrambe sostenibili.
Qualora nel piano di opzioni vengano inserite componenti variabili che tengono conto sia del bonus
che del malus, come richiesto dall’opinione pubblica
ma non coerentemente imposto dalla FINMA, la tassazione potrebbe avvenire già secondo le regole attuali al momento dell’exercice, poiché solo in questo
momento il collaboratore acquisisce definitivamente
il diritto alla rimunerazione.
Sulla base delle norme attuali e del mercato fino a
quest’anno in crescita, tuttavia, nessuna impresa,
né tantomeno il management, nutriva interesse particolare a richiedere una tale imposizione.
Con l’introduzione generale di un metodo di imposizione al momento dell’exercice il Consiglio federale ritiene forse di poter tranciare definitivamente la
questione introducendo un principio che meglio si
sposa con gli obiettivi di ridurre momenti speculativi
e falsi incentivi.
Anche se l’opportunità della misura legislativa non
è del tutto chiara, il cambiamento sistematico non
viola a prima vista alcun principio costituzionale ed
è quindi sostenibile.
marenco@marenco-law.com
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
39
ANGOLO LEGALE
di Massimo Calderan
Il contratto di garanzia
in Svizzera (1a parte)
Il contratto di garanzia ha una grande importanza per il
commercio internazionale ed è diffuso in ambito svizzero, dove nella prassi svolge un ruolo importante.
Il contratto di garanzia non esiste come figura tipicamente disciplinata nel diritto. Esso è accostato alla fideiussione, contratto espressamente disciplinato nel Codice delle Obbligazioni e sulla base del quale un soggetto
assume un impegno personale di grande rilevanza. Egli
presta garanzia personale per il soddisfacimento di un
debito nei confronti di un creditore (denominato creditore principale) in favore del debitore. Il tipico caso è dato
dal padre che garantisce personalmente, con il proprio
patrimonio per intero, per il figlio che richiede credito
presso un istituto bancario per l’acquisto di una casa. Il
fideiussore e il debitore sono responsabili insieme, in via
solidale, dell’adempimento dell’impegno preso. L’istituto
bancario potrà rivolgersi a entrambi o direttamente al
fideiussore, il padre, per ottenere il soddisfacimento del
proprio credito. La fideiussione si basa su un principio
di accessorietà, ovvero l’obbligazione, l’impegno del
fideiussore, esiste fintantoché esiste l’obbligazione del
debitore per il cui adempimento si garantisce. Ha il medesimo contenuto, non può eccedere ciò che è dovuto
dal debitore. Il contratto di garanzia è soltanto simile
in quanto allo scopo, ma è completamente distinto nel
contenuto. Esso non è ordinato secondo il principio di
accessorietà e questo ha delle implicazioni di grandissimo rilievo dal punto di vista della regolamentazione che
viene data al caso. Di fatto il contratto di garanzia ha
prevalentemente, ma non necessariamente, un legame
funzionale con un altro contratto. Ma, e qui sta la differenza essenziale con la fideiussione, esso è pienamente
autonomo rispetto al contratto principale, le prestazioni di debitore e garante sono disomogenee, non è riscontrabile quel legame che sussiste nella fideiussione.
Essendo i destini dei due contratti completamente indipendenti l’uno dall’altro il garante non ha nessun potere
di sollevare eccezioni relative alla validità del contratto
principale al fine di difendere la propria posizione, qualora gli sia richiesto di fare quanto aveva garantito su basi
invalide ed oggettivamente ingiuste.
Tenendo presente questa fondamentale differenza è
bene affrontare la figura nello specifico, essa viene giuridicamente inquadrata nella promessa di prestazione
di terzo. Il contratto di garanzia può essere denominato
come “garanzia simile alla fideiussione” quasi a sottolinearne la pericolosa somiglianza cui bisogna prestare
attenzione, nel caso in cui vi sia il riferimento all’impegno
del soggetto per cui si garantisce. Il garante si obbliga
a soddisfare il beneficiario della garanzia –promettendo
una precisa prestazione di un terzo- indipendentemente
dalla validità e dalle modifiche in seguito apportate al
contratto da cui sorge l’obbligazione che si garantisce.
Si parla di un’obbligazione di garanzia autonoma ed
astratta. Se richiesta nei modi previsti dal contratto il
garante deve limitarsi ad eseguire. I contratti di garanzia vanno distinti dalle cosiddette lettere di patronage
che hanno una valenza particolare in ambito societario e
nell’ambito di gruppi di società e joint venture. Le lettere
di patronage hanno lo scopo di costituire un titolo giuridico per i creditori di società che fanno parte di un gruppo
a rivalersi sulla società capogruppo. Esse costituiscono
una garanzia dal punto di vista giuridico ed una garanzia
di efficienza e stabilità che di fatto può aiutare “le piccole” del gruppo ad ottenere la fiducia delle controparti
ed insieme favorire il business del gruppo. Alcuni casi
emblematici del contratto di garanzia: viene data garanzia per la prestazione di una somma di denaro specifica
in relazione ad un contratto d’appalto, precisamente
per garantire l’esatto adempimento dell’appaltatore (ad
esempio nell’edilizia, in particolare quando si tratta di
opere di una certa importanza), oppure è l’ipotesi di una
ditta che distribuisce una determinata tipologia di beni
e si impegna a che una terza ditta metta a disposizione
un macchinario specifico all’impresa beneficiaria con cui
essa ha interesse a concludere affari duraturi (ad esempio nell’importazione e esportazione di macchinari o
materie prime). La ditta garante in quest’ultimo caso ha
l’interesse a farlo perché in tal modo potrà intrecciare
relazioni commerciali con l’impresa beneficiaria. Una ragione economica di questo tipo sta frequentemente alla
base della maggior parte di questi contratti di garanzia.
Un fenomeno di grandi proporzioni in Svizzera è quello
legato ai contratti di garanzia conclusi da una banca.
Nel prossimo articolo analizzeremo più nello specifico
gli aspetti legati al contratto di garanzia concluso da
una banca ed il fenomeno delle letters of credit insieme
alla casistica giurisprudenziale.
calderan@altenburger.ch
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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CONVENZIONI
INTERNAZIONALI
di Paolo Comuzzi
Tax information exchange
agreements: una panoramica
È facile notare, solo che si guardi all’elenco posto sotto e preso da un sito fiscale
canadese come il tema della negoziazione
“ … for a tax information exchange agreement …” abbia una importanza fondamentale nell’attuale situazione fiscale ed economica di molti paesi. Noi in questa sede ci
siamo battuti per anni (diciamo in numerosi
interventi e contributi) sostenendo che forse
prima ancora di altre clausole il tema dello
scambio delle informazioni aveva un’importanza fondamentale e secondo chi scrive
queste notizie provenienti da uno dei paesi
maggiormente industrializzati dimostra pienamente questa tesi
Una situazione interessante
Il Canada indica di avere nella condizione di “ Tax Information Agreements under negotiation …” almeno i
seguenti: 1) Anguilla: Negotiations for a tax information exchange agreement with Anguilla commenced
on August 24, 2009; 2) Aruba: Negotiations for a tax
information exchange agreement with Aruba commenced on May 25, 2009; 3) Bahamas: Negotiations for
a tax information exchange agreement with the Bahamas commenced on May 18, 2009; 4) Bahrain: Negotiations for a tax information exchange agreement
with Bahrain commenced on June 29, 2009; 5) Bermuda: Negotiations for a tax information exchange
agreement with Bermuda commenced on April 30,
2009; 6) British Virgin Islands: Negotiations for a
tax information exchange agreement with the British
Virgin Islands commenced on December 6, 2005;
7) Cayman Islands: Negotiations for a tax information exchange agreement with the Cayman Islands
commenced on June 9, 2009; 8)Dominica: Negotiations for a tax information exchange agreement
with the Commonwealth of Dominica commenced
42
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Rivista
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n. 6 - Giugno 2010
on March 11, 2010; 9) Gibraltar: Negotiations for
a tax information exchange agreement with Gibraltar
commenced on May 14, 2009; 10) Guernsey: Negotiations for a tax information exchange agreement
with Guernsey commenced on May 4, 2009; 11)Isle
of Man: Negotiations for a tax information exchange agreement with the Isle of Man commenced on
October 12, 2005; 12) Jersey: Negotiations for a
tax information exchange agreement with Jersey commenced on October 17, 2005; 13) Saint Kitts and
Nevis: Negotiations for a tax information exchange
agreement with Saint Kitts and Nevis commenced on
March 30, 2009; 14) Saint Lucia: Negotiations for
a tax information exchange agreement with Saint Lucia commenced on April 2, 2009; 15) Saint Vincent
and the Grenadines: Negotiations for a tax information exchange agreement with Saint Vincent and
the Grenadines commenced on February 18, 2010;
16) San Marino: Negotiations for a tax information
exchange agreement with San Marino commenced on
September 30, 2009; 17) Turks and Caicos Islands: Negotiations for a tax information exchange agreement with the Turks and Caicos Islands commenced
on June 25, 2009.
Va posto in evidenza come nel 2009 e nel 2010 sia
aumentato il numero delle negoziazioni.
A questo si aggiunge un accordo firmato con le Antille
Olandesi e sul quale la Amministrazione Canadese afferma che “ … A tax information exchange agreement
between the Government of Canada and the Government of the Kingdom of the Netherlands in respect
of the Netherlands Antilles was signed on August 29,
2009. The Agreement shall enter into force on the
first day of the third month after each country has notified the other that the internal procedures required by
that country for the entry into force of the Agreement
have been complied with. Consistent with Canada’s
international efforts to promote transparency
and effective exchange of tax information, the
Agreement contains the Organisation for Economic
Cooperation and Development internationally agreed
standard on exchange of tax information. This Agreement will enable Canadian tax authorities to obtain information relevant to Canadian tax matters that is within
the possession of, or can be obtained by, the Netherlands Antilles authorities, in order to better enforce
and administer Canadian taxation laws and to
prevent fiscal evasion …”.
Siamo in presenza di un accordo (comunque non ancora vigente) che si allinea agli standard OCSE su questa
materia.
Nello specifico l’accordo fissa un principio interessante
ovvero afferma che “ … The competent authorities
of the Contracting Parties shall provide assistance
through exchange of information that is foreseeably relevant to the administration and enforcement of the domestic laws in the Contracting Parties
concerning taxes covered by this Agreement. Such information shall include information that is foreseeably
relevant to the determination, assessment and collection of such taxes, the recovery and enforcement of tax
claims, or the investigation or prosecution of tax matters. Information shall be exchanged in accordance with
the provisions of the Agreement and shall be treated as
confidential in the manner provided in Article 8 …”.
Abbiamo un paradiso fiscale che accetto uno scambio
di informazioni che è ragionevole prevedere siano rilevanti (non è certo che siano tali ma si può ipotizzare
che lo siano).
Certamente l’accordo mette delle limitazioni nell’utilizzo
di queste informazioni ed infatti si legge nello stesso
che “ … Any information received by a Contracting Party under this Agreement shall be treated as confidential
and may be disclosed only to persons or authorities
(including courts and administrative bodies) in the jurisdiction of the Contracting Party concerned with the
assessment or collection of, the enforcement or prosecution in respect of, or the determination of appeals in
relation to, taxes in that jurisdiction …”.
Di fatto la garanzia che si cerca di dare alla persona
indagata è che le suddette informazioni non siano atte
a dare fondamento ad un procedimento penale nei suoi
confronti (giusto o sbagliato che sia questo modo di
fare dobbiamo sempre vedere il bicchiere mezzo pieno
e quindi fare plauso al fatto che in ogni caso un accordo esista). Sono questi gli accordi che devono essere
materializzati (unitamente alla spinta verso un aumento
dello scambio spontaneo delle informazioni) in quanto è
solo vincendo la opacità che gli Stati possono difendersi da coloro che agiscono nel cono di ombra, diciamo
che la difesa da coloro che “ … come piccole volpi
entrano di soppiatto negli orti del signore …” richiede
una attenzione verso i luoghi gli stessi partono per dare
fuoco alle polveri che li portano poi ad infiammare determinate economie.
In aggiunta si deve considerare sempre che “ …The
Contracting Parties shall enact any legislation necessary to comply with, and give effect to, the terms of
the Agreement …” e questo è un principio molto importante ben potendo la normativa interna frustrare
l’accordo e la sua efficienza e quindi si deve procedere
con la rimozione di qualsiasi ostacolo sia esso legislativo e / o burocratico.
Questa rimozione è necessaria in quanto esiste
un’esigenza superiore connessa al fatto che l’ordine
economico non può essere messo a rischio da chi
opera nascosto al riparo di stati che accettano una
qualsiasi forma di opacità informative ed in questo
modo possono consentire di falsare una concorrenza
(e questo a maggior ragione quanto tra qualcuno dei
suddetti Stati e altri non esiste neppure una linea di
confine che possa consentire un controllo fisico delle
entrate e delle uscite).
Conclusione
Fa piacere notare che anche uno Stato importante
come il Canada ha scelto la strada di forzare nella stipula di questi accordi e fa molto pensare la accettazione
da parte di stati che sono notoriamente chiusi ad ogni
accordo di quella che è una negoziazione su tematiche
molto importanti per gli Stati industrializzati. Possiamo
dire che la paura dell’isolamento e della non accettazione nella normale comunità degli Stati forse consente
di raggiungere obiettivi che fino a qualche anno addietro non si potevano certo prevedere.
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
43
Cio’ che pratichiamo dal 1958
ha oggi un nome:
Fair-Relationship-Banking.
Tutte le pubblicazioni bancarie affermano che il cliente è il «centro
dell’attenzione»: cosa signica concretamente questa frase?
E come fare per non perdere di vista questo «centro dell’attenzione»,
fra i tantissimi impegni di un’azienda moderna?
Da più di 50 anni Finter Bank Zurich, banca svizzera di qualità,
percorre la propria strada in autonomia: la nostra presenza sul
mercato è sempre stata molto riservata, ma chi ha voluto conoscerci
meglio ha presto scoperto che da noi il concetto di «valori» assume
un’importanza molto rilevante.
Fair-Relationship-Banking è ciò che i clienti possono chiederci e
che noi dobbiamo dare loro: per tutti i clienti che non si accontentano
di promesse, ma che desiderano provare davvero quanto possa essere
diverso il Private Banking.
Per ulteriori informazioni > www.finter.ch
Fair-Relationship-Banking
Sede centrale: Finter Bank Zürich S.A. Claridenstrasse 35 CH-8002 Zurigo
Sedi e Affiliata: Lugano, Chiasso, Nassau Bahamas
Assicurazione vita: FinterLife Vaduz Liechtenstein
di Ingeborg Wedel
Donne in carriera: Barbara De Rossi
Non scendo a compromessi
B
arbara è nata il 9 agosto 1961. Era una bellissima
bambina e – a soli 15 anni, mentre frequentava il liceo
scientifico – è stata notata dal regista Lattuada che
l’ha subito scritturata.
Così è iniziata la sua carriera artistica a fianco di Marcello Mastroianni con il film del 1976 Così come sei, seguito nel 1977
da Cicale, entrambe per la regia di Lattuada. Da allora è stata
protagonista, nei 18 film girati con i migliori registi italiani, ma
anche sulla scena teatrale.
La Televisione ha assorbito molti dei suoi lavori di prestigio
che l’hanno vista impegnata nei ruoli più disparati in 38 fiction,
dirette da diversi registi di chiara fama, sia per la televisione
pubblica che privata. Per la RAI ha partecipato anche ad alcuni spettacoli di intrattenimento. Recente e particolarmente
apprezzata la sua partecipazione a Ballando fra le stelle. Una
carriera coronata da riconoscimenti: fra Telegatti, Maschera
d’argento, Grolla d’oro e altri, sono complessivamente 33.
Nonostante i suoi pressanti impegni, da diversi anni è impegnata nel sociale come Presidente dell’Associazione Diritti
civili che, appunto, difende i diritti civili di donne e bambini.
Abbiamo avuto modo di intervistarla, si è concessa alle nostre
domande rispondendo con arguzia e cortesia.
Alla nostra rituale richiesta di conoscere il suo parere su cosa
significhi essere donna piuttosto che uomo in carriera, ci ha
risposto ricordando il suo inizio irto di difficoltà. Era ancora
una bambina, molto bella, e in quel periodo e forse ancora
oggi, essere belle significava essere anche oca, quasi fosse
impossibile abbinare la bellezza ad una vivace intelligenza.
Le abbiamo chiesto quanto tempo le sia stato necessario per
farsi apprezzare come attrice. Barbara ha precisato che non
si può indicare un lasso di tempo, ma, nella sua professione,
è molto importante, anzi essenziale, trovare un regista che ti
proponga un ruolo perfettamente adatto alla tua personalità di
donna. Infatti, quando ha iniziato la sua carriera, gli autori scrivevano maggiormente trame e dialoghi per gli uomini. Oggi,
per esempio, le piacerebbe interpretare un ruolo intrigante
di “cattiva”. Le difficoltà da affrontare nel mondo del lavoro,
specialmente per le donne, sono innumerevoli. Bisogna sapersi porre con intelligenza: chi ha capacità, grande volontà
e perseveranza le supera, le altre, pur di riuscire, accettano i
compromessi che vengono a loro offerti.
Barbara asserisce altresì che nei suoi confronti non ha mai
sentito nessuna forma di diffidenza. Ciò non toglie che gli
ostacoli nella sua carriera siano stati tantissimi, anche perché
– come tiene a ribadire – lei non è mai scesa a compromessi,
e di certo non ha mai dato qualcosa in cambio di una parte.
I vantaggi offerti dall’attività di attrice sono certamente le gratificazioni personali, i viaggi, la conoscenza e l’approfondimento di tante problematiche legate alle sue interpretazioni.
Gli svantaggi sono purtroppo una vita privata molto ridotta
e una certa diffidenza verso chi si avvicina alla sua famiglia
come amico. Quindi Barbara ha ritenuto nel tempo di fare
un’attenta selezione per essere sicura di contornarsi di poche,
ma sincere persone, e dare loro l’amicizia che meritano.
I privilegi per la donna in carriera sono l’agiatezza e quindi
la possibilità di potersi permettere qualche cosa in più per
sé e la propria famiglia. Barbara ci conferma che le intuizioni
femminili, per l’innata sensibilità della donna, sono certamente
superiori a quelle maschili. L’arte della seduzione, secondo
la nostra donna in carriera, anche allo stato inconscio, deve
essere usata al momento giusto e con molta cautela.
“La mia più grande soddisfazione nell’ambito del lavoro“ ci ha
confidato ӏ incrociare lo sguardo del regista e leggervi anche
la sua di soddisfazione, felice di essermi affidata a lui in piena
fiducia. “Le rinunce” – prosegue Barbara – “per sfondare nel
mondo maschile e affermarsi nella propria professione sono
notevoli. Amo il mio lavoro, ma qualche volta è duro godere
della vita privata, del piacere di stare in famiglia”.
“Ho ormai pochissimi hobby: amo tanto la natura, fare passeggiate a cavallo e pratico ginnastica per potenziare la muscolatura con un personal trainer e, dopo la positiva esperienza di
Ballando fra le stelle, continuo a ballare. Quando è possibile
coinvolgo anche mia figlia (di 14 anni - ndr). Insieme, visitiamo
mostre d’arte e ascoltiamo buona musica”.
la
Rivista
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L’ Elefante invisibile
La rivoluzione della “pillola”
compie cinquant’anni!
In genere chiamiamo rivoluzioni quelle sostanziali e radicali
trasformazioni della società che cambiano profondamente la
vita di noi esseri umani.
Seguendo questa definizione c’è un fenomeno che merita sicuramente l’aggettivo di rivoluzionario: l’arrivo sul mercato
della pillola anticoncezionale! È nel maggio del 1960, ovvero
esattamente cinquant’anni fa, che la rivista Time pubblicò un
articolo per annunciare al mondo l’arrivo della pillola che “libera
il sesso”, grazie alla scoperta del biologo americano Gregory
Pincus. Mezzo secolo ci separa dunque da quella “presa della Bastiglia” che avrebbe liberato parte del gentil sesso (ma
non solo) da ataviche e affliggenti paure: di rimanere incinta, di
perdere l’onore, di avere troppe bocche da sfamare. Gli anniversari delle rivoluzioni vengono non di rado celebrati con feste
nazionali che fanno del giorno X un simbolo da onorare. Per
ricordare il passato, per riflettere sulle ripercussioni dei mutamenti, per trasmettere alle giovani generazioni lo spessore
storico del presente.
Ovviamente non è il caso di dedicare alla pillola anticoncezionale solenni commemorazioni annuali. Ma un po’ di attenzione
la ricorrenza del cinquantennio direi proprio che la merita. Se
non altro per porci alcune domande fondamentali su cosa è
cambiato e cosa no. Con la pillola è iniziata l’epoca in cui la
sessualità può infine essere efficacemente dissociata dalla procreazione. Il desiderio di controllare le nascite esiste dalla notte
dei tempi. Si racconta che nell’antico Egitto le donne che non
volevano rimanere gravide introducessero in vagina escrementi
di coccodrillo, che essendo acidi avevano (pare…) un effetto
spermicida. Per secoli l’umanità si è ingegnata a sabotare in
vari modi l’istinto fecondatore degli spermatozoi. Alcuni efficaci, ma scomodi, altri puramente fantasiosi. Con l’apparizione
della pillola si è verificato un vero cambiamento epocale: un
metodo sicuro e semplice per scegliere liberamente quando
praticare la sessualità per il piacere dell’intimità fisica e amorosa tra un uomo e una donna, e quando invece finalizzarla
anche alla creazione di una nuova vita. Come viene vissuta tale
nuova libertà dal mondo femminile? E da quello maschile? Come
influisce sulla qualità delle relazioni affettive? Cosa cambia per
gli adolescenti? Le ragazze sono oggi più consapevoli e libere,
o solo più precocemente disponibili? Inoltre, come mai, nonostante il fatto incontestabile che l’esplosione demografica nelle
aree sottosviluppate rappresenti una drammatica ipoteca sul
presente e sul futuro dell’intero pianeta, la pillola è così poco
diffusa in quei Paesi? Ecc…Ecc…
Se negli Stati Uniti la pillola compie cinquant’anni, in Europa è un po’ più giovane. In Italia ad esempio ne ha 39 se si tiene
conto che la Corte costituzionale abrogò soltanto nel 1971 l’ar-
ticolo del codice penale di sapore fascista che, considerando
la contraccezione una sorta di reato contro la stirpe, recitava
“Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione e fa propaganda a favore di esse è punito con la reclusione”.
Ne ha 35 se si prende come riferimento la data di apertura dei
consultori. Ma la diffusione nella penisola non è stata né rapida,
né generalizzata. Ancora oggi l’Italia è agli ultimi posti in Europa
nell’utilizzo della contraccezione orale, con una percentuale del
16% contro il 50% dell’Olanda e della Svizzera, il 40% della
Francia e della Svezia. Ovviamente il dato italiano non è omogeneo e va declinato per regioni. La Sardegna e la Valle d’Aosta
hanno percentuali vicine a quelle francesi, mentre in Campania
e Basilicata si scende al meno del 7%.
Come spiegare tali differenze? (Quali elefanti più o meno
invisibili?) In primo luogo va ricordato che ancora nel 1990
Papa Wojtyla non solo continuava come il suo predecessore a
bocciare il “vergognoso farmaco”, ma tuonava persino contro
i cosiddetti metodi naturali. Schiere di ligie e osservanti donne
cattoliche continuano così a utilizzare complicati e spesso inefficaci sistemi di calcolo dei giorni fecondi, oppure a sperare nei
pronti riflessi di ritirata del partner, oppure ancora a ricorrere
alla tattica dell’emicrania. Vi sono poi le donne ultrafemministe che, per principio e per ideologia, si rifiutano di ricorrere a
un metodo che fa ricadere la contraccezione unicamente sulle
spalle delle donne, deresponsabilizzando gli uomini. (Personalmente fatico molto a capirle. È la donna che da sempre rischia
molto di più in caso di gravidanze indesiderate, sicché mi pare
un vantaggio non da poco poter avere oggi il controllo sulla
propria fecondità! Vantaggio che, tra l’altro, è talvolta usato per
rendere padre, a sua insaputa, il partner sessuale del momento). Inoltre, vi è l’ignoranza. Tanta ignoranza e imprevidenza.
Da recenti inchieste emerge che ci sono ragazze convinte che
basti lavarsi con la Coca-Cola oppure fare pipì subito dopo
l’amplesso! Oppure ragazze che rifiutano la pillola per timore di
ingrassare, di puzzare, di diventare sterili, ecc… Ciò spiega tra
l’altro come in Italia negli ultimi anni sia aumentata la “contraccezione di emergenza”.
La rivoluzione della pillola ha regalato nuovi possibili spazi di
libertà. Ma in questo “regalo” non è compresa la capacità e la
responsabilità di farne buon uso.
Questo contributo stimola la vostra voglia di reagire? Allora
non esitate a condividere i vostri commenti con l’autrice: vcesari@worldcom.ch
1
Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra le folle con la sua imponente mole passava comunque
inosservato. Come se fosse invisibile…
la
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Divagazione storica sulle ceneri dell’Eyjafjallajökull
L’eruzione del Tambora
e l’anno senza estate (1816)
di Tindaro Gatani
Non è la prima volta e non sarà l’ultima. L’eruzione del vulcano islandese dal
nome impronunciabile, ci mette a confronto ancora una volta con l’insondabilità
della Natura. Un fenomeno di cui ora tutti
parlano, preoccupati soprattutto di sapere
se gli spazi aerei chiuderanno oppure no,
hanno una miriade di precedenti. In alcune
occasioni hanno contribuito ad accelerare
l’evoluzione della specie umana
«Il milleottocentosedici — scrive William Martin
— fu [per la Svizzera] un anno terribile. Nessun
mese senza neve; inondazioni dappertutto. Ogni
coltivazione fu rovinata; il grano, il fieno, le patate,
i legumi, la frutta, il vino. Nel corso dell’inverno, il
prezzo del pane aumentò dell’800%. A Glarona,
le persone si nutrivano di rifiuti. Nell’Appenzello,
metà della popolazione rimase a carico dell’assistenza pubblica. A San Gallo, il numero dei decessi fu il doppio delle nascite» (W. Martin, Storia
della Svizzera, Bellinzona 1980, p. 209).
La grande carestia del 1816
Mentre al Congresso di Vienna si discuteva ancora
sulla sorte dei popoli e sul futuro assetto dell’Europa dopo Napoleone, il governo grigione inviava
propri emissari a comprare cereali in Piemonte e
persino in Egitto. A causa delle strade pressoché
impraticabili, i grani comprati, sostenendo grandi
sacrifici finanziari, marcirono durante il trasporto.
Per tutto l’anno l’intera Svizzera fu dunque stretta
nella morsa delle intemperie e quindi della fame.
Una massa di «nuova povertà» si era così aggiunta
alla vecchia «povertà ereditaria» tanto che c’era
anche chi cercava di ostacolare i «matrimoni di
patate», come venivano chiamati le unioni tra bisognosi di assistenza, considerati «alambicchi» in
cui si distillava «la povertà» dalla quale sgorgava
«un sempre più vasto fiume di povera gente». Per
i benpensanti bisognava perciò «fare in modo che
per i poveri sposarsi» fosse reso «il più difficile pos-
La spettacolare visione notturna dell’eruzione
dell’Eyjafjallajökull.
sibile» (Georg Kreis, Cento anni della nostra storia.
La Svizzera nell’Ottocento, Locarno, p. 57).
Diverse testimonianze delle intemperie e della
dura carestia che colpì la Svizzera in quel fatidico 1816 ci sono state tramandate anche da alcuni
uomini di cultura che si erano recati nel Castello
di Coppet, ospiti di Madame di Staël, per discutere, in concomitanza con il Congresso di Vienna, il
futuro assetto culturale del Continente e lanciare
il manifesto del Romanticismo (vedi La Rivista di
aprile). Molti scrittori e poeti furono, infatti, costretti dagli eventi a prolungare il loro soggiorno
nella Confederazione in attesa di tempi migliori. La loro forzata permanenza sul suolo elvetico
non fu tuttavia infruttuosa, anzi fu foriera di nuove
opere che, in certo qual modo, si ispiravano alla
gravità del momento e all’orrore che aleggiava intorno a loro.
Freddo e neve d’estate
Le intemperie non avevano colpito solo la Svizzera. In Austria, in Italia, in Germania, in Francia
dappertutto piogge, inondazioni, frane, carestie,
poveri che morivano per denutrizione. Non anda-
la
Rivista
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Sul Rigi il primo Albergo alpino.
va meglio nell’Europa settentrionale e nell’America del Nord, dove in pieno agosto nevicava e in
Pennsylvania si ghiacciarono addirittura diversi
fiumi e laghi. Mentre in Ungheria si assisteva alla
caduta di «neve sporca» e in Italia di «neve rossa»,
tutta l’Europa soffriva per la penuria di cibo. Ci
furono violente rivolte di popolo per fame in Gran
Bretagna e in Francia, dove i magazzini di grano
vennero saccheggiati.
In Svizzera, il Governo fu addirittura costretto a
dichiarare lo stato di calamità e di emergenza nazionale. Quei terribili eventi sono ricordati come
«l’ultima grande crisi di sopravvivenza nel mondo occidentale». La cronaca degli USA sintetizza
così quei terribili avvenimenti: dopo alcuni giorni
con temperature massime che raggiunsero anche i
+27°C, all’improvviso, mercoledì 5 giugno un’ondata di freddo intenso accompagnata da nevicate
investì tutto il Quebec e la parte nord-orientale
degli USA, facendo scendere il termometro nella
zona di Boston ad appena +4°C. E così continuò
in luglio e in agosto, peggiorando ulteriormente a
settembre quando il freddo micidiale fece perdere
ogni speranza di salvare in qualche modo almeno parte dei prodotti della terra. L’inverno fu affrontato grazie alle scorte di grano che giacevano
nei magazzini, da dove sarebbero dovute essere
esportate in Europa. Gli storici considerano fondata l’ipotesi di John D. Post della Northeastern
University di Boston che il freddo e le intemperie
che colpirono in quell’anno anche l’Asia furono
responsabili della prima pandemia di colera, una
malattia fino ad allora circoscritta alla sola zona
del Gange, che si diffuse rapidamente dal Bengala
all’Afganistan, al Nepal, al Mar Caspio, al Mar Baltico al Medio Oriente, marciando poi lentamente
verso l’Europa occidentale.
‘Colpa’ dei vulcani
Oggi sappiamo che quel disastro era stato causato
dalle gigantesche eruzioni concomitanti di diversi
vulcani, che avevano fatto accumulare nella parte
superiore dell’atmosfera immense masse di polveri che avvolsero la Terra in un manto che filtrava i
raggi solari provocando gli effetti di una piccola
era glaciale. Nel 1812 c’era stata la violenta eruzione del vulcano Soufrière nell’isola di Saint Vin-
50
la
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n. 6 - Giugno 2010
cent nei Caraibi, nel 1814 quella del Mavon nelle
Filippine, ma a dare il colpo di grazia fu l’eruzione
del Tambora, nell’isola di Sumbawa (Indonesia),
iniziata il 15 aprile 1815 e proseguita poi per mesi.
A partire dal 1817 la situazione cominciò lentamente a normalizzarsi. La paura aleggiò tuttavia
di nuovo sull’Europa quando nel dicembre 1821
iniziò l’eruzione di un vulcano sotto il ghiacciaio Eyjafjallajökull, in Islanda, lo stesso che tanti
danni ha adesso provocato al traffico aereo. La situazione fu seguita con particolare apprensione in
Gran Bretagna, dove nel 1783 una nube tossica
emessa dal vulcano islandese Laki aveva prodotto
23 mila morti.
Saggi provvedimenti
Agli inizi del 1817, la miseria nella Svizzera nordorientale era tale che lo zar Alessandro I di Russia
mise a disposizione 100.000 rubli per l’acquisto
di granaglie nel suo Paese da far giungere nella
Confederazione. Si procedette allora al varo di tutta una serie di provvedimenti che avrebbero cambiato il modo di vivere della popolazione. Intere
zone furono tolte al pascolo per essere destinate
all’agricoltura, ma fu contestualmente aumentato
il numero dei capi di bestiame, favorendo l’uso di
stalle che permettevano di poter raccogliere meglio il letame da usare come fertilizzante. E, infatti,
così «ci fu letame a profusione» e «i campi si misero a produrre ogni anno di più; (...) e il bestiame
si moltiplicò, soprattutto le mucche (...). Con le
mucche aumentò il latte» e quindi la produzione
di formaggi (Jeremias Gotthelf, da Die Käserei in
der Vehfreude, 1850).
In tutta la Svizzera vennero fondate «le società di
pubblica utilità e le associazioni di beneficenza si
diedero da fare per venire a capo del problema
della povertà» (G. Kreis, op. cit., p. 56). Furono
fondati ospizi, si approntarono i primi insediamenti per la grande massa di Heimatlose, apolidi
nomadi, che si aggiravano a migliaia senza fissa
dimora. Nascevano così miriadi di villaggi satelliti
delle città che ospitarono questa gente. Ma soprattutto si approntarono delle iniziative che dessero
lavoro con vasti progetti di bonifica, di correzione
dei fiumi e di sistemazione dei territori compromessi dalle intemperie di quegli anni.
Il primo albergo alpino
Sempre nel 1816, per creare un punto di riferimento ai tanti visitatori stranieri che, a causa del
maltempo, erano stati costretti a un più lungo soggiorno nella Confederazione, nasceva il primo albergo alpino svizzero, quello sulla vetta del Rigi,
che in quell’anno contò 294 presenze di cui più di
un terzo inglesi. Nel 1827 i turisti sul Righi sarebbero stati 1.489 e nel 1870 oltre 40.000. Per migliorare la situazione economica fu favorito anche
lo spirito associativo a tutti livelli: sia a scopi ricreativi che commerciali e finanziari. Per non trovarsi
impreparati in caso di una nuova carestia furono
allora costituite le riserve di viveri che sarebbero
state accantonate e rinnovate di anno in anno. Ma
lo sforzo maggiore fu quello della costruzione di
nuove strade nazionali e internazionali per l’importazione celere di generi alimentari nel caso che
se ne presentasse il bisogno. In questo contesto va
inquadrata anche la realizzazione della strada del
San Bernardino, un’arteria destinata a svolgere un
importante ruolo anche negli scambi commerciali
tra Europa centrale e gli Stati italiani. Fu in seguito
a quella carestia, infatti, che finalmente si diede
seguito ai desideri del Regno di Sardegna di rendere carrozzabile quella via, che avrebbe permesso di collegare Genova, via Intra, con la Germania
meridionale, senza attraversare i territori sotto il
dominio asburgico del Lombardo-Veneto. Tutte
le opposizioni fomentate dall’Austria alla realizzazione di quella strada caddero, infatti, di fronte
all’idea che in caso di crisi alimentare proprio da
Genova sarebbero potuti arrivare i soccorsi.
Dalla bicicletta al Far West
In Francia le calamità del 1816 avevano portato
a una forte diminuzione dei cavalli, prima decimati dagli eventi bellici e poi vittime di morie
o di macellazioni per sfamare il popolo. Fu per
sopperire alla carenza di quello che era stato da
sempre il classico animale da trasporto che il barone tedesco von Drais di Sauerbrun inventò una
specie di cavallo meccanico, una macchina a due
ruote, con sella e manubrio, da lui presentata poi
a Parigi, dove dal suo nome, questa antenata della
bicicletta, ancora senza pedali, fu chiamata Draisienne.
Anche in Italia venne varato un vasto programma
di miglioramenti dell’agricoltura, aumentando
le superficie coltivate a riso e a frumento. Ma i
cambiamenti più sensibili si sarebbero avuti negli
USA. Le rigide temperature che avevano colpito
la parte orientale non avevano toccato invece la
parte centrale e occidentale del grande Paese. Fu
allora che si misero in marcia le prime carovane
verso l’Ovest. Gli storici fanno infatti risalire alla
carestia del 1816, «l’anno senza estate», uno dei
principali motivi per la partenza in massa di pionieri «alla conquista» del Midwest e quindi del Far
West, che avrebbe richiamato oltreoceano milioni
e milioni di europei.
Il primato della Natura
Mentre stiamo scrivendo le ceneri dell’Eyjafjallajökull hanno raggiunto lo spazio aereo italiano.
Gli esperti dicono di stare tranquilli e non abbiamo
motivi per non crederci, ma resta comunque il fatto che, ancora una volta, la natura sta dimostrando
di essere più forte degli uomini e della scienza.
Di fronte a simili sconvolgenti fenomeni naturali,
mentre l’illuminista Voltaire arrivava a mettere in
dubbio la stessa «provvidenza divina», il filosofo
tedesco Immanuel Kant, padre del razionalismo
moderno, metteva in guardia contro i peccati di orgoglio. Illuminismo e Razionalismo sarebbero stati
però sotterrati dal travolgente Romanticismo uscito
dalle Assise di Coppet. Non per questo dobbiamo
tuttavia rassegnarci al fatalismo e non fare nulla.
Ma, dopo aver analizzato i fatti e le conseguenze,
bisognerebbe correre ai ripari come hanno fatto i
nostri antenati in quel lontano 1816. Carlo Rubbia,
premio Nobel per la fisica nel 1984, ci ricorda che
«tutto rientra nella storia e nell’evoluzione della
Terra e bisogna rendersi conto che i fenomeni della natura coesistono con la vita dell’uomo, il quale deve esserne consapevole. L’uomo e la natura
sono due realtà parallele che convivono». «La nostra fragilità — aggiunge Rubbia — è resa ancora
più palese dalle conseguenze che questa eruzione
vulcanica potrebbe avere per il cambiamento climatico». A questo punto non sappiamo ancora se
e quali conseguenze ci saranno sulla nostra vita
quotidiana. Dal vulcano islandese ci è arrivato comunque il monito che tutti siamo uguali di fronte
alle catastrofi naturali, senza distinzione di stato
sociale, religione, colore della pelle, passaporto,
e il messaggio che solo l’unione e la solidarietà
possono concorrere a trovare soluzioni sostenibili,
nello spirito di attuazione del terzo pilastro della
Rivoluzione francese, quello che, dopo la libertà e
l’uguaglianza, ha proclamato la fratellanza.
Gli storici fanno risalire alla carestia del 1816, «l’anno senza
estate», uno dei principali motivi per la partenza in massa di
pionieri «alla conquista» del Midwest e quindi del Far West..
la
Rivista
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Fabio Geda
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Fuoco
su Napoli
Nel mare ci sono
i coccodrilli
Baldini Castoldi
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Il cuore
dei Briganti
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Napoli non sarà più la stessa. I Campi
Flegrei stanno per esplodere e la città
sarà presto invasa dall’acqua e dal fuoco. Nessuno ne è al corrente, tranne
Diego Ventre – avvocato, affascinante
e raffinato affabulatore, amico di politici potenti e di boss della camorra.
Trenta giorni non sono molti, ma a Ventre sono sufficienti per progettare l’affare del secolo: vendere e comprare
immobili strategici. Una volta superata
l’emergenza, i profitti saranno eccezionali. Napoli sarà un’altra città, sarà
la Las Vegas del Mediterraneo. Diego
Ventre si muove con agilità, convince
imprenditori, camorristi e affaristi, ridisegna il piano regolatore e determina
il futuro di Napoli. Ricatta, ammalia, seduce, e trova il tempo per corteggiare
la bellissima Luce, figlia di nobili decaduti e attratta da quest’uomo sicuro di
sé e colto, che dice sempre le cose
giuste e sa sorprenderla regalandole
un libro rarissimo o facendo aprire
per lei le residenze più inaccessibili.
Ma Diego Ventre è anche la coscienza della città: ama Napoli e la vuole
vedere in cenere, distrutta e purificata, liberata finalmente dall’ingordigia
umana e dalla violenza estetica che
per secoli l’ha devastata. Intorno a
Diego e Luce, ruotano personaggi che
sembrano interiorizzare le ombre che
tra poco copriranno la città. Donne in
cerca di affetto ma che trovano corpi che sublimano questo bisogno con
il sesso, capiclan alla resa dei conti,
pittori che tentano un ultimo assalto
all’immortalità inseguendo sfumature
impossibili. E poi c’è il silenzio, c’è il
prima e il dopo.
Ruggero Cappuccio (Torre del Greco
1964) è scrittore e regista di cinema e
teatro. Firma più volte regie liriche per la
direzione di Riccardo Muti. Ha pubblicato Edipo a Colono (Einaudi 2001), Shakespea Re di Napoli (Einaudi 2002) e La
notte dei due silenzi (Sellerio 2007).
pp: 160
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Se nasci in Afghanistan, nel posto
sbagliato e nel momento sbagliato,
può capitare che, anche se sei un
bambino alto come una capra, e uno
dei migliori a giocare a Buzul-bazi,
qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco
signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti
esserne il risarcimento. Ecco perché
quando bussano alla porta corri a
nasconderti. Ma ora stai diventando
troppo grande per la buca che tua
madre ha scavato vicino alle patate.
Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti accompagna
in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai
un uomo per bene e ti lascia solo.
Da questo tragico atto di amore
hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l’incredibile viaggio che lo porterà in Italia
passando per l’Iran, la Turchia e la
Grecia. Un’odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la
nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli
perdere l’ironia né a cancellargli
dal volto il suo formidabile sorriso.
Enaiatollah ha infine trovato un posto
dove fermarsi e avere la sua età.
Questa è la sua storia.
Fabio Geda è nato nel 1972 a Torino, dove vive. Si occupa di disagio minorile e animazione culturale.
Scrive su «linus» e su «La Stampa»
circa i temi del crescere e dell’educare. Collabora stabilmente con la
Scuola Holden, il Circolo dei Lettori
di Torino e la Fondazione per il Libro,
la Musica e la Cultura. Ha pubblicato i romanzi Per il resto del viaggio
ho sparato agli indiani (vincitore del
Premio Marisa Rusconi e, in Francia,
del Prix Jean Monnet des Jeunes
Européens) e L’esatta sequenza dei
gesti (Premio dei Lettori di Lucca).
Bompiani
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il vento della storia
che soffia imperioso
come un cavallo moresco
lanciato al galoppo
e i ritratti dei nobili di Spagna
e le promesse d’amore eterno
e l’arroganza dei baroni
e il sorriso nei tuoi occhi di strega
e la paura di un soldato in battaglia
e la gelosia che è una furia di demone
e la vita che corre e travolge i destini
Cavaliere errante, brigante di passo, filosofo innamorato degli ideali di libertà che
sconvolgono il “secolo dei lumi”, Aurelio
Cabrè di Rosacroce è nato nobile, ma
adesso corre l’Isola di Hermosa a raddrizzare i torti e punire l’arroganza dei baroni.
Tra gelosie invincibili, amori traditi, traffici
di contrabbando, attacchi dei pirati, intrighi di palazzo e battaglie contro l’invasore, Aurelio vive, corre, lotta, desideroso
di costruirsi un destino e farsi giustiziere,
sulla scorta delle attese utopiche innestate dalla Rivoluzione francese.
Flavio Soriga ripropone la magia del romanzo storico e di quello picaresco, connettendosi all’immaginario avventuroso
che si annida in tutti noi, e che viene da
lontano, dal profondo favoleggiare della
narrativa moderna, e ci consegna un piccolo gioiello narrativo, un libro tutto racchiuso in una lingua ricca e fantastica e in
uno stile nervoso e scattante. Una grande
avventura fuori dal tempo, un variopinto,
trascinante atto d’amore alla forza inarrestabile della storia e della ragione.
Flavio Soriga è nato a Uta nel 1975.
Vive a Roma. Ha esordito nel 2000 con
la raccolta di racconti Diavoli di Nuraiò
(Il Maestrale, Premio Italo Calvino). Per
Bompiani ha pubblicato: Sardinia Blues
(Premio Mondello città di Palermo),
L’amore a Londra e in altri luoghi (Premio
Piero Chiara), Neropioggia (Premio Grazia
Deledda giovani; di prossima uscita nei
Tascabili). È direttore artistico del festival
“Settembre dei poeti” di Seneghe.
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La Scuola Mosaicisti
del Friuli all’Università di Basilea
di Giovanni Izzo
Mandi!
In occasione del 50esimo anniversario di fondazione del Fogolâr furlan di Basilea, ed in coincidenza
con il centenario dell'emigrazione dei friulani nella
città renana, sono state programmate diverse manifestazioni lungo tutto il 2010. Oltre che da incontri
conviviali e cerimonie ufficiali il giubileo è stato impreziosito da una mostra, che si è chiusa lo scorso
21 maggio, di mosaici romani, bizantini e moderni rappresentativa del percorso didattico-formativo
della Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo.
Qui gli allievi (provenienti da 22 nazionalità differenti), sotto l'egida di grandi maestri quali Basaglia,
Celiberti, Ciussi, Dorazio, Finzi, Licata, Pizzicato e
Zigaina hanno la possibilità di sconfinare negli universi artistici più attuali, di porsi a confronto con le
problematiche della luce e del colore, con le trame
strutturali sottese a ogni singolo bozzetto, per riproporle in una nuova (veste e) dimensione musiva.
L'uso di martelline, ceppi e taglioli, tuttora adoperati dai mosaicisti e dai terrazzieri non ostacola
quell'intenso sodalizio tra il mantenimento della tradizione da un lato, e la ricerca, la sperimentazione
e l'innovazione dall'altro, in cui l'Istituto di Spilimbergo, attraverso nuove soluzioni, riesce a confrontarsi sempre con maggior successo e competenza
in nuovi settori: dall'arredo urbano a quello degli
interni; dall'architettura al design; dall'arte contemporanea al restauro. Si sono così potuti ammirare
i capolavori di questa Scuola che dal 1922, anno
della sua fondazione, ad oggi rappresenta una delle
eccellenze del Friuli Venezia Giulia nel campo della
lavorazione del mosaico e del terrazzo comprovata
dall'esportazione delle sue opere d'arte in tutto il
mondo (da New York a Pechino, da Tokio a Mosca).
Consolidando, nel corso degli anni, la sensibilità di
un mestiere rimasta incontaminata nel corso della
sua storia, oggi la Scuola si nutre di nuovi stimoli
e, grazie ad un buon rapporto con la committenza e all'incontro con artisti, progettisti e designers,
collabora alla realizzazione di opere uniche disseminate in tutto il mondo: dalla "Saetta iridescente"
per la nuova stazione metropolitana di Ground Zero
di New York, alle realizzazioni musive del Monastero di Sant'Irene (1000 mq.); dal Kawakyu Hotel
in Giappone (1600 mq.), ai lavori di restauro dei
mosaici del Foro Italico in Roma; dal rivestimento
musivo della cupola del Santo Sepolcro a Gerusalemme (345 mq.), al restauro dei preziosi mosaici
del Santuario di Lourdes in Francia e della cupola
"Maison Simons" in Quebec, Canada. L'esposizione
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di queste opere musive
di così grande pregio
è stata possibile grazie
al concreto sostegno
e supporto del Presidente dell'Ente Friuli
nel Mondo, onorevole Giorgio Santuz; del
Presidente della Provincia di Udine, onorevole Pietro Fontanini
e del Rettore dell'Università di Basilea Prof.
Antonio Loprieno, che,
con squisita sensibilità,
ha messo a disposizione della mostra la prestigiosa sede centrale
dell'Università di Basilea proprio nell'anno in Silvana Cenni (1922)
cui quest'ultima festeg- omaggio a Felice Casorati
gerà i suoi 550 anni di tecnica diretta
fondazione (avvenuta corso terzo, a.s. 2005-2006
nel 1460 ad opera di
Enea Silvio Piccolomini, futuro Papa Pio II). L'intento di questa significativa esposizione era duplice: da
un lato esprimere la vicinanza dell'Italia e del Friuli
Venezia Giulia al Cantone di Basilea; dall'altro dare
il meritato lustro al Fogolâr furlan di Basilea, che si
presenta come la prima associazione regionale italiana fondata in Svizzera e la seconda in Europa, in
grado di rappresentare ancora oggi un importante
punto di riferimento per tutti gli emigranti friulani.
L’esposizione ha offerto, non solo un'opportunità di
arricchimento culturale e di solidale compartecipazione, ma anche la possibilità di ammirare opere
che rappresentano un patrimonio importante della
storia e della maestria friulana conosciuta in tutto il
mondo. In tal senso, la manifestazione non va intesa
come una mera celebrazione, bensì come un intimo
momento di riflessione rivolto soprattutto a quelle
nuove generazioni che, figlie di quegli emigranti
che 50 anni fa lasciarono il Belpaese, oggi devono
integrarsi in un'Europa che si vorrebbe sempre più
comune.
In questo modo, pur confermando la necessità di
proiettare lo sguardo verso l'avvenire, viene ribadita
l'importanza delle radici che permettono di ritrovare quell'anima originale, carica di cultura e di personalità, finemente acclarata dall'assioma friulano:
"Ereditât: radîs e alis".
Carlo Domeniconi: 100 acqueforti
La Galleria sam scherrer contemporary a Zurigo Seefeld espone cento acqueforti dell’artista
Carlo Domeniconi, prodotte tra il 1980 e il 2010. In esposizione fino al 26 giugno 2010
N
el 1977 Domeniconi apre insieme a Bruno Ritter il primo laboratorio d’incisione su rame. Si manifesta sin da allora il
suo forte interesse per le tecniche grafiche di stampa che lo accompagna in seguito nella
sua produzione artistica. La Galleria sam scherrer
contemporary espone 100 acqueforti dell’artista di
Sciaffusa, ripercorrendo così 30 anni della sua produzione artistica.
Anche nel suo lavoro con diverse tecniche dell’acquaforte, Domeniconi segue la sua tendenza
all’astrazione. Che, fatto molto importante per l’artista deve essere frutto di un processo di creazione
artistica e non conseguenza di un concetto intellettuale. Come plastica espressione di tale contrasto
troviamo figure umane, piante e soprattutto teste.
Infatti, un gran numero di opere degli anni ’80 e ’90
consiste per lo più in disposizioni di teste umane,
le quali già allora non hanno caratteristiche individuali, formate secondo degli schemi, solo a tratti riconoscibili o poste invece in modo geometrico. Le
teste esprimono stati d’animo, sentimenti e momenti di riflessione. A volte partono da queste strisce
colorate a significare i pensieri, sottili linee come
flussi di ragionamento o linee intrecciate che collegano le teste l’una con l’altra. Tale tessuto di linee
rappresenta il punto di partenza per i successivi e
costanti tentativi di astrazione, finché nel 2006 Domeniconi si stacca radicalmente dal figurativo; uno
sviluppo che si ritrova anche nelle sue acqueforti.
Carlo Domeniconi, nato a Sciaffusa nel 1951, riceve nel 1988 il Premio artistico Manor, nel 1997
il Premio Georg-Fischer e nel 2008 il UBS-Kulturfenster-Preis (Premio Vetrina UBS), Sciaffusa. I suoi
lavori sono stati e continuano ad essere ammirati in
un gran numero di esposizioni in Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Francia, Italia e negli USA. La
sua ricca produzione si avvale delle tecniche della
pittura, della grafica, del disegno, della scultura e
degli oggetti.
La Galleria sam scherrer contemporary si trova negli ex magazzini al numero 16 della Kleinstrasse 16
a Zurigo. La Galleria promuove l’arte contemporanea e ha particolare vocazione per il campo della
pittura astratta e concettuale, del disegno e dell’arte
mediatica della produzione artistica svizzera e internazionale.
Fino al 26 giugno
orari: giovedì e venerdì dalle 14:00 alle 18:00 e il
sabato dalle 12:00 alle 16:00 previo appuntamento.
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Tel. 044 260 44 33
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SANDRO PERTINI RICORDATO A BASILEA
La Fopras di Basilea, con il patrocinio del Consolato
Generale di Basilea, in collaborazione con il Comites e l’Unitre locali, in occasione del ventennale della
scomparsa, organizza una conferenza dal titolo: Sandro Pertini un uomo che ha attraversato la storia d’Italia. Relatore: l’on. Ugo Intini.
L’appuntamento è fissato per Giovedì 10 giugno alle ore
18:30, presso l’Università di Basilea (Petersplatz 1).
Ugo Intini (Milano, 30 giugno 1941) è un politico italiano, esponente storico del Partito Socialista Italiano,
poi dirigente nazionale dei Socialisti Democratici Italiani, confluiti nel Partito Socialista. Ha ricoperto inca-
richi di sottosegretario agli affari
esteri nel periodo 20002001 e
di vice ministro agli affari esteri
durante gli anni 2006 2008.
Ultimamente ha pubblicato Il
libro Un bambino e la storia
che traccia attraverso i flash
della memoria di un bambino
nato nel 1941, i racconti dei
suoi genitori e dei leader storici
conosciuti da adulto, il percorso storico che ha visto la distruzione e poi la rinascita
del nostro Paese.
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In mostra a Villa Olmo
Rubens e i suoi epigoni
di Giovanni Izzo
L
e sale della settecentesca Villa Olmo di
Como si aprono, fino al 25 luglio 2010, al
genio di Pieter Paul Rubens, maestro del
barocco fiammingo. "Rubens e i fiamminghi", settima grande mostra organizzata da Sergio
Gaddi, assessore alla cultura del Comune di Como
e da Renate Trnek, direttrice della Gemäldegalerie
dell'Accademia di Belle Arti di Vienna, si propone
di allestire una delle più importanti mostre dedicate in Italia, negli ultimi vent’anni, a Rubens, con
25 opere pittoriche del maestro, provenienti dalla Gemäldegalerie dell'Accademia di Belle Arti,
dal Liechtenstein Museum e dal Kunsthistorisches
Museum di Vienna.
Accanto a questi capolavori si possono ammirare
anche 40 tele realizzate dai pittori del Seicento
fiammingo della sua cerchia, in particolare di Anton Van Dyck, amico del maestro e certamente
l’allievo di maggior talento, oltre che opere di Jacob Jordaens, Gaspar de Crayer, Pieter Boel, Cornelis de Vos e Theodor Thulden.
Il percorso espositivo attraverso le nove splendide
sale di Villa Olmo, già di per sé opere d'arte architettonica del Settecento, si snoda cadenzato dai
temi caratteristici della pittura di Rubens, come i
soggetti sacri e i riferimenti alla storia e al mito,
contemplando alcuni dei maggiori capolavori del
maestro fiammingo, tra i quali l’elegante Tre Grazie (1620-24), vero manifesto dell’ideale bellezza
femminile del suo tempo, lo straordinario Borea
rapisce Orizia (1615), l’imponente Satiro sognante (1610-12), La circoncisione di Cristo (1605), la
Madonna della Vallicella (1608), Il giudizio di Paride (1605-1608), nonché le due grandi tele Vittoria
e Virtù e Il trofeo di armi (1616-1617).
La ricerca della perfezione nell’esperienza rubensiana passa dall’analisi accurata della fisicità dei
suoi soggetti, dove le sue composizioni assumono
una propria armonia.
Le pennellate fluide e morbide riescono a fondere in un unico indissolubile sia le figure che
l'ambiente che le circonda; le sue composizioni
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La facciata di Villa Olmo su cui campeggia
il manifesto della mostra.
mostrano un intenso dinamismo e sembrano vibrare e dilatarsi verso lo spazio circostante (anticipando così soluzioni che saranno adottate dalla
successiva pittura barocca). Sono sempre presenti
contrasti luministici molto accentuati, di parziale
ascendenza caravaggesca, con figure michelangiolesche disposte in gruppi poco simmetrici e in
atteggiamenti vari e compressi.
Il suo stile, a partire dai primi anni del Seicento,
cambia - probabilmente anche in rapporto con le
coeve istanze della Controriforma Cattolica – così
che le sue composizioni appaiono più chiare e
vicine a toni cromatici più freddi, con un equilibrio più marcato e una scansione maggiormente simmetrica dei personaggi, distribuiti in modo
più armonioso e dotati di un forte risalto plastico
sull'esempio delle statue ellenistiche che Rubens
aveva studiato nei suoi soggiorni a Roma e nelle
altre città italiane.
Ma la principale originalità dell'artista la si può riscontrare nella sua capacità di mescolare le linee
classicheggianti con quelle barocche di dilatazione delle forme, di ritmo infinito, di fastosità e di
bellezze decorative, dove uno sfondo di realismo
fa da scenario alla trasfigurazione dei sensi. Rubens, con la sua arte, è sempre contemporaneo,
perché fissa nel tempo l'infinita bellezza del mondo e riesce a infondere la vita alle sue creazioni
attraverso la luce e il colore.
La sua pittura è una festa per l’anima e per gli occhi: le opere esposte nel capoluogo lariano (che
è oramai diventato uno dei punti di riferimento
del circuito espositivo italiano) raccontano l'inesauribile gusto per la vita del grande artista e la
prodigiosa forza di seduzione che nasce dalle sue
visioni.
Lo spettatore, attraverso un viaggio appassionante
nell'epoca d'oro della pittura fiamminga del Seicento, può ammirare la genialità e la modernità
di uno dei maestri assoluti della pittura e dei suoi
epigoni che, a distanza di quattrocento anni, continuano a sorprendere e ad affascinare.
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curatore della mostra (foto: Alessandra Casalinuovo).
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Alp-Info: Una realtà transfrontaliera
I 10 anni di una bella avventura
di Marco Patruno*
Alp-Info è una piattaforma telematica che pubblica in tempo reale notizie suscettibile
di interessare il pubblico che vive a cavallo delle frontiere svizzero-italiane-francese.
A dieci anni dalla sua creazione, che verranno festeggiati a Martigny il prossimo 7
giugno, il direttore ne ripercorre le tappe, illustrando le ragioni che presiedono alla
realizzazione di questo progetto di informazione trasnfrontaliera
P
resentare Alp-Info in occasione del suo
primo decennale, è per noi non solo un
motivo di legittimo orgoglio, ma soprattutto un’opportunità per far conoscere questa
realtà transfrontaliera ad un vasto pubblico che
potrà beneficiare dei servizi che questa piattaforma d’informazione transfrontaliera offre in diversi
settori del vivere sociale. L’azione inizia nel lontano 1998, su un’idea di François Dayer Capo, redattore del più importante quotidiano del Cantone
Vallese: Le Nouvelliste.
Il noto giornalista vallesano fu il primo a capire
l’importanza del ruolo di Internet per veicolare
l’informazione oltre-frontiera e per rilanciare in tal
modo un’idea di comunicazione e di cooperazione transfrontaliera. Va ricordato, che dopo l’evento dei tunnel del San Bernardo e Monte Bianco,
che permisero notevoli interscambi transfrontalieri
tra i paesi confinanti per un certo periodo, ma che
purtroppo si esaurirono nel tempo per diverse ragioni legate a un certo ripiegamento su interessi
nazionali.
Era dunque venuto il momento, grazie ai nuovi
mezzi di comunicazione, di ridare lustro a questa
visione avanguardista di scambi internazionali.
Breve cenno storico
Non basterebbero diversi volumi per raccontare
l’intensa attività ed i molteplici risultati ottenuti da
Alp-info nel corso di 10 anni.
Ci accontenteremo pertanto in questa sede di
evocarne i momenti topici. In primo luogo la mia
presenza nell’azione è dovuta al fatto che nel
1998 mi ero posto una nuova sfida nella mia attività di comunicatore e quando fui contattato per
sviluppare questa idea accettai da subito e con
grande entusiasmo di dedicarmi al progetto Alpinfo, poiché corrispondeva perfettamente ai miei
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Marco Patruno al tavolo di lavoro.
ideali internazionali. Il concetto venne sviluppato
all’Istituto Universitario Kurt Bösch di Sion anche
grazie alla collaborazione di esperti della comunicazione e della politica provenienti dall’Italia e
dalla Francia.
Dopo mesi di intenso lavoro, prese forma un soggetto pubblico-privato di grande interesse, non
esente però da molteplici difficoltà dovendo coin-
volgere territori appartenenti a tre diversi Paesi
(Francia,Svizzera e Italia). Per superare gli ostacoli, si decise di adottare la formula “a geometria
variabile” che consiste nel rispettare ogni soggetto
nazionale nelle sue diversità istituzionali, con le
sue leggi ed i suoi principi, ma uniti dall’interesse
comune. Fu l’uovo di Colombo che permise la realizzazione del progetto.
Un percorso travagliato
Sebbene il percorso, fosse irto di difficoltà, il 30
maggio del 2000 nacque Alp-Info. Il progetto Interreg permise di coinvolgere la Regione Valle
d’Aosta e il Cantone del Vallese i quali fornirono
le risorse necessarie per concretizzare l’iniziativa.
Fu l’inizio di una febbrile attività di comunicazione transfrontaliera a tutto campo.
Nel contempo, prendeva anche corpo la vera filosofia di Alp-Info che, oltre ad informare gli utenti
grazie al suo giornale elettronico italo-francese, si
dedicava anche a tradurre queste notizie virtuali in
azioni concrete sul territorio. Tali iniziative hanno
permesso di coinvolgere diversi settori: culturali,
sportivi, turistici, sociali e soprattutto economici.
Numerosi sono stati gli obbiettivi raggiunti destando nel pubblico e nelle autorità un interesse sempre maggiore sulla capacità d’intermediazione di
Alp-info nelle relazioni transfrontaliere.
Obbiettivo: l’intercomunicazione
È molto importante sapere che questa Associazione si sia data, sin dall’inizio, una missione d’utilità
pubblica. Essa ha infatti, tra le sue priorità, quella di coinvolgere i giovani e le loro Istituzioni in
questa iniziativa di ampio respiro internazionale.
Testimonianza di ciò è stata la “Carta di scambi
transfrontalieri” che prevede frequenti contatti tra i
responsabili dei licei italiani, francesi e svizzeri, al
fine di creare le premesse per realizzare: incontri,
mostre, scambi linguistici, conferenze, viaggi di
studio ed altre attività di comune interesse.
Oggi questa piattaforma di comunicazione internazionale conta tra i suoi partner più rappresentativi: la Regione Piemonte, la Regione Autonoma
della Valle d’Aosta, la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, la Savoia ed il Cantone del Vallese.
Una trentina di partner pubblici e privati completano l’assetto di quest’associazione prima ed unica in Europa.
In questi 10 anni l’obiettivo principale è stato di
mantenere saldi nel tempo, con la stessa passione e determinazione, “i valori fondanti” che sono
quelli di sormontare le diversità, e d’unire le affinità tra questi popoli confinanti grazie alla comunicazione. Un mezzo che permette lo scambio delle
idee e che arricchisce reciprocamente.
Valori che possono agire sulla coscienza dei giovani e risvegliare in loro la consapevolezza di essere cittadini transfrontalieri, permettono di offrire
nuove opportunità alle popolazioni dell’arco alpino. Un travaso di valori aggiunti che contribuiran-
no senz’altro al progresso comune nel rispetto del
territorio e dell’ambiente.
Il tutto in un clima d’amicizia tra popoli diversi,
ma di grandi affinità storiche e culturali. In effetti, Alp-Info, non fa altro che mettere in pratica la
legge delle tre “C”: Comunicazione=Contatti=Co
ntratti, il tutto nell’ambito di un armonioso vivere
sociale.
*Direttore di Alp-Info
SEDE SOCIALE
Martigny, Rue des Alpes 1
Telefono: +41 27 565.62.76
Fax:
+41 27 565.62.86
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Rivista
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Sequenze
di Jean de la Mulière
PRINCE OF PERSIA
di Mike Newell
Tetro
di Francis Ford Coppola
Non è di sangue reale, eppure è un Principe. Lui, Dustan è
un orfano abituato a sopravvivere come può, ma dotato di
grande coraggio. È proprio questa qualità che il Re Sharaman decide di adottarlo come terzo figlio. Trascorrono
quindici anni, e ritroviamo Dustan in procinto di attaccare,
insieme ai suoi fratelli Tus e Garsiv e allo zio Nizam la città
sacra di Alamut, dove regna la Principessa Tamina.
Gli abitanti di Alamut sono accusati di aver fornito armi ai
nemici dell’Impero Persiano.
Il film diretto da Mike Newell (Harry Potter e il calice di
Fuoco) è tratto da una popolare serie di videogiochi, la
cui prima uscita risale al 1989. E si vede: nella pellicola
magia e avventura ben si fondono.
La trama invece difetta: forse il pubblico infantile a digiuno del videogioco rimarrà a bocca aperta di fronte alla
rivelazione del cattivo che si cela dietro l’attacco ad Alamut, ma lo spettatore adulto intuisce sin dalle prime battute l’identità dell’antagonista della vicenda. Sopperisce
all’ingenuità (voluta?) un buon ritmo cadenzato sulla giusta
dose di azione, effetti speciali, humor e amore.
Prossimo ai suoi 18 anni Benjamin parte per Buenos Aires
alla ricerca del fratello Angelo (che tutti conoscono come
Tetro). Dopo aver tagliato i ponti con la famiglia per via
di un rapporto conflittuale con il padre Carlo (musicista
di fama mondiale) Tetro ora vive con Miranda, e sbarca il
lunario come tecnico delle luci in un teatrino locale e scrivendo testi che non piacciono ad Alone, la più importante
e potente critica letteraria del Paese. L’incontro tra i due
è teso: Tetro non intende tornare sui suoi passi. Benjamin
si aspetta che tenga fede alla promessa fatta all’epoca
della fuga in una lettera in cui scriveva che sarebbe tornato a prenderlo per portarlo via con sé e proteggerlo.
Francis Ford Coppola realizza il terzo lungometraggio
completamente suo (nel senso che ne ha scritto anche
soggetto e sceneggiatura). Fin dalla prima inquadratura in
uno splendido bianco e nero, si percepisce, che in questo
film c’è la voglia da parte del regista di guardare dentro
se stesso e la propria vita. È quello che fa quasi con spudoratezza, dichiarando il suo amore per un cinema che ha
alle proprie radici il melodramma classico.
VIDEOCRACY di Erik Gandini
Erik Gandini, bergamasco di origine, vive in Svezia. Con
Videocracy, torna nel suo paese d’origine, per raccontare
dall’interno le conseguenze di un esperimento televisivo
che dura ormai da trenta anni. Con uno sguardo straniante passa in rassegna il bestiario del telecomando, entrando dentro la televisione in maniera del tutto originale e
inedita. Lele Mora, Simona Ventura, Flavio Briatore, Fabrizio Corona, aspiranti veline e tronisti sono i protagonisti
di un affresco spietato. In una videocrazia la chiave del
potere è l’immagine. In Italia un solo uomo ha dominato
le immagini per più di tre decenni. Silvio Berlusconi ha
creato un binomio perfetto caratterizzato da politica e
intrattenimento televisivo. Videocracy è un ritratto impietoso dell’Italia contemporanea, un Paese fatto più da telespettatori che da cittadini. Un popolo pronto a tutto per
uno scampolo di notorietà catodica. Va detto che se per
il pubblico italiano non c’è nulla di nuovo sotto il sole, fuori
dai confini nazionali contribuirà ad animare un dibattito
sulla situazione italiana che da anni sembra specchiarsi in
uno schermo deformato.
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Diapason
di Luca D’Alessandro
Finley - Fuori! (EMI)
Non è soltanto un nominativo irlandese, ma anche quello del noto gruppo
rock milanese. I Finley sono tre musicisti, un batterista un bassista e un
chitarrista, intorno ad un cantante: Marco (Pedro) Pedretti. Hanno studiato
all’Accademia di Musica di Milano e rappresentano un rock duro che non
accetta compromessi. Nel loro terzo disco da studio Fuori! propongono
testi semplici e autentici, offensivi e vigorosi. Riproducono un genere che
piace soprattutto ad un pubblico giovane: non stupisce che il loro video
Tutto è possibile, nel 2007 sia stato uno dei clip più richiesti su MTV Italia
e il gruppo sia stato designato dagli «MTV Europe Music Awards» come migliore gruppo rock italiano proposto. Con questa premessa e con il nuovo
album Fuori!, grazie anche alle loro esperienze di palco, i quattro ragazzi
continueranno questo percorso che promette tanti successi.
Artisti vari - The Italian Job (EMI)
I jazzisti italiani stanno facendo un ottimo lavoro – «they are doing a great job,
an Italian job!» Giusto per elencare alcuni nomi: Stefano di Battista, Fabrizio
Bosso, Paolo Fresu o gli High Five, che hanno collaborato con Mario Biondi.
Danno prova di una tradizione jazzistica favolosa: ricca di idee, fluida nei suoni,
sviluppata nelle grandi città, dove il star bene viene celebrato non solo d’estate, ma anche fuori stagione nelle osterie. Era pertanto doveroso lanciare una
compilation che raduni l’opera di questi musicisti, nonostante la panoramica
imperfetta: il disco si limita ai jazzisti che hanno concluso un contratto con
la Blue Note EMI. La compilation propone un jazz ritmicamente intenso, con
esplorazioni che vanno dal latinoamericano, attraversando l’afroamericano per
giungere allo stile europeo. I brani si ispirano all’easy listening degli anni sessanta, al cinema affettivo, al bel canto di Ella Fitzgerald, alle armonie empiriche,
che comunque rimangono accessibili ad ogni ascoltatore.
Barrio Jazz Gang - 2 (Funky Juice Records)
Un jazz da lounge club, uno stile che si muove tra lo smooth e l’afro jazz,
studiato nei quartieri di Roma, proposto dal produttore Steve Micarelli e da
Roby Colella, fondatore dell’etichetta indipendente Funky Juice Records. 2
s’intitola il loro album, «un numero emblematico sinonimo di coppia, dualità,
parità, confronto o ying e yang, poli opposti, linee parallele, suono stereofonico, ritmi binari e via dicendo», spiega Roby sulla sua pagina web. Micarelli
e Colella vivono un sound originale con melodie avvincenti, si servono di
strumenti etnici come il sitar, le tablas e la tampoura. Con questi elementi le
loro produzioni divengono vitali, ottengono un carattere – se vogliamo dirlo
così – tipicamente latino. I brani fanno ballare e divertire il pubblico di tutto
il mondo. I produttori hanno capito i meccanismi del mercato della musica
internazionale, non per nulla i loro brani e i remix appaiono su differenti
compilation di tutto il mondo.
Ligabue - Arrivederci, mostro! (Warner)
L’annuncio di Luciano Ligabue di qualche mese fa, con il quale diceva di
essere al lavoro per pubblicare un nuovo album di inediti, non era un pesce d’aprile. Anche se la copertina con la foto di Erik Johansson «Fishy
Island» poteva suggerire proprio questo. L’album è diventato realtà. Il lancio
è avvenuto l’11 maggio scorso, stesso giorno in cui vent’anni prima uscì il
primo album Ligabue. Arrivederci, mostro! s’intitola il disco che si riferisce
ai mostri che abitano tutti noi, «ai propri fantasmi che si possono chiamare
ossessioni, paure, condizionamenti», spiega il cantante.
«Alcuni di loro li ho affrontati in questo album ma era solamente per fargli
sapere che li stavo salutando. Loro come tutti gli altri. So benissimo che
sarebbe fin troppo bello che fosse un saluto definitivo. Infatti, non mi sono
permesso di dire: “Addio, mostro!” ma un più prudente e realistico: “Arrivederci, mostro!”»
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Apre sulla Limmat
il Gran Café Motta
(MaLen) - Dopo un completo rinnovo degli interni,
in quella che è stata la sede di uno dei più frequentati caffè zurighesi, sotto l’insegna Gran Café
Motta ha aperto in battenti sulle sponde della Limmat un locale che costituirà una tappa obbligatoria
per tutti gli amanti della pausa all’italiana. Il noto
architetto Tilla Theus non ha tradito le aspettative
ed è riuscita a conciliare modernità e tradizione.
La professionista svizzera ha disegnato, con rigore
quasi puritano, arredi dalle linee semplici ed eleganti, senza però conferire all’ambiente quell’atmosfera asettica che rende inospitali e respingenti
alcuni locali zurighesi di gusto minimal-modernista. La dominante lignea dei materiali utilizzati e
le cromie scure di quest’ultimi mantengono intatto
il principio tutto italico dell’accoglienza. A rompere gli equilibri, e nello stesso tempo a rinforzarli,
ci pensano i lampadari in canna di bambù, che
padroneggiano al di sopra del bancone e attirano
subitaneamente lo sguardo degli avventori. Nel
corso della conferenza stampa, l’architetto, senza
indugiare in falsa modestia, non ha nascosto il proprio apporto innovativo in un contesto che ha comunque richiesto forti elementi di continuità con il
passato. Tilla Theus avrebbe potuto optare, infatti,
per soluzioni un po’ vintage, buone solo per palati semplici; al contrario, ha voluto mantenere, pur
nei richiami al passato, la propria cifra stilistica,
evitando abusati cliché.
L’apertura del locale è stata salutata con soddisfazione dai molti presenti all’inaugurazione del
5 maggio. Il Gran Café Motta, di proprietà di Autogrill S.p.a., ha potuto fare sfoggio, non solo del
recente maquillage, ma anche della nuova filosofia
che lo contraddistingue: il ritrovo sul Limmatquai
non si rivolgerà soltanto a coloro che amano gustare espressi, cappuccini e leccornie della pasticceria italiana; infatti, esso è destinato a diventare
anche un ritrovo per amanti dell’aperitivo alla milanese, oppure per chi, pur in pausa lavoro, non
voglia rinunciare alla qualità. E Gran Café Motta significa pure cura dei dettagli, contro l’incultura del
bicchiere di cartone e del consumo mordi e fuggi,
o peggio ancora, al di fuori del locale. La dimensione rituale della pausa è d’obbligo, per chiunque
voglia rilassarsi tra le pareti della rinnovata caffetteria e ad accompagnare la consumazione troviamo
solo tazze di fine porcellana, cucchiai d’argento ed
eleganti bicchieri per tutti i tipi di consumazione.
Autogrill, per buona parte appartenente al gruppo
Benetton, punta molto sul marchio Motta, poiché
esso costituisce un patrimonio d’immagine d’inestimabile valore. Si tratta di uno tra più importanti marchi veicolati dal colosso milanese, tra i più
forti dal punto di vista della tradizione. Attraverso
questo restyling Autogrill, presente in oltre 42 paesi nel mondo, ha voluto riconfermare l’attenzione
nei confronti di un contesto fondamentale come
quello svizzero che si prospetta sempre più florido
di prospettive per il futuro. La città di Zurigo si arricchisce di un ulteriore tassello di italianità. A noi
non resta che approfittarne.
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SSSSSSssst!
Il riposo fa bene al sapore.
Stagionato da 9 a 15 mesi
Stagionato oltre 16 mesi
Stagionato oltre 20 mesi
La sua pasta già granulosa ha un gusto
delicato: ecco il Grana Padano D.O.P.
più giovane, il formaggio da pasto per
eccellenza.
Formaggio da grattugia o da tavola? Il Grana
Padano D.O.P. oltre 16 mesi risolve ogni dubbio,
con il suo gusto pieno, pronunciato ma mai
piccante.
Grana Padano RISERVA: la stagionatura
prolungata lo rende di assoluta eccellenza.
Perfettamente idoneo tanto al consumo da
pasto che da grattugia, è una scelta da veri
intenditori.
Grana Padano, tre stagionature, tre sapori.
I Vini del Trentino
Qualità e tipicità
Quasi 10’000 ettari di vigna (poco meno di 2/3 con vitigni per vino bianco e poco
più di 1/3 con uve a bacca rossa) suddivisi fra una miriade di piccole aziende (solamente lo 0,8% delle aziende è proprietaria di una superficie vitata superiore ai 10 ettari), per
una produzione che si aggira attorno ai 900mila ettolitri. Una realtà vitivicola in costante
espansione e sempre più apprezzata, che ha fatto della qualità e della tipicità la propria
cifra produttiva. Accanto ai vitigni cosiddetti internazionali (chardonnay e sauvignon fra
i bianchi, cabernet sauvignon e merlot fra i rossi) che pure in questa regione consentono
risultati di prestigio (si pensi ad esempio al Trentodoc) vi sono alcuni vitigni autoctoni, che
da tempo ormai immemore hanno eletto in queste vallate all’ombra delle Dolomiti il loro
habitat ideale. In rapida rassegna forniamo un quadro essenziale dei principali vini che di
questi vitigni sono la naturale e pregiata mutazione
I
l Trentino è una regione (più appropriato forse sarebbe dire: una provincia, l’altra è l’Alto
Adige), dove si incrociano diverse caratteristiche climatiche: dalla submediterranea, alla
continentale, all’alpino, in grado diterminare una
variabilità ambientale dalle innumerevoli sfumature. Se a questo sommiamo una marcata varietà
geologica dei suoli, otteniamo combinazioni che
offrono la possibilità di presentare al mercato diverse tipologie di prodotti vinicoli, frutto di una
perfetta combinazione fra vitigno e area territoriale. Teroldego, Marzemino, Nosiola sono i più
noti vitigni autoctoni di questa regione. Ad essi si
aggiunge il Müller Thurgau, che pur non essendo
un autoctono ha trovato in quelle valli un habitat
ideale. Da essi si ottengono vini pregiati, apprezzati in Italia e all'estero.
Trentodoc
Spicca fra questi lo spumante Trentodoc metodo
classico, che ovviamente non è una varietà, ma
il prodotto prestigioso della vinificazione di uve
Chardonnay e Pinot (bianco e/o nero). Frutto del
talento, della ricerca e della passione delle aziende locali, merita un’attenzione particolare, in
quanto testimone apprezzato in tutto il mondo
della vitivinicoltura provinciale. È considerato, ha
giusta ragione il capolavoro della vitivinicoltura
trentina,
Ha un colore cristallino, giallo paglierino con riflessi dorati; un perlage fitto, e, come si usa dire
in questi casi: fine e persistente. Al naso, presenta
Nell’entrata di Palazzo Roccabruna, sede dell’Enoteca
provinciale del Trentino, troviamo in bellavista i campioni
del Trentodoc.
fragranze fruttate e floreali, con sentore di pane
appena sfornato, lievito, cui si aggiungono note
di albicocca, pesca, frutta esotica, vagamente speziate, e aromi che spaziano dalla freschezza della
mela golden al cioccolato bianco.
Secco, fresco, pieno nell'impatto, si espande risoluto. Rotondo, equilibrato nell' inconfondibile
bilanciamento dolce/acidulo; sapido, con sensazioni che si affinano in tutta la sua lunga ed elegante persistenza finale. Va servito fresco (attorno
agli 8°), mai ghiacciato.
Il Trentodoc è un vino completo, che può benissimo accompagnare tutto il pasto, abbinandosi a
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Numerose, perché priccole (la stragrande maggioranza
non possiede più di un ettaro) sono le aziende. Nelle sale
dell’Enoteca provinciale è possibile un approccio consapevole ed evoluto al mondo del vino nel rispetto e nella tutela
delle identità enologiche locali.
tantissime pietanze della cucina mediterranea e di
quella regionale - quanto mai variegata - e rispettosa delle tradizioni gastronomiche locali. Si trova
in buona compagnia con formaggi leggermente
stagionati. Un 'matrimonio', insolito quanto gustoso, lo vuole in virtuoso accoppiamento con i
salumi trentini. Nelle versioni demi-sec, si abbina
con torte di frutta fresca o pasticceria secca.
Con il 35% circa della produzione nazionale il
Trentino è uno dei maggiori produttori italiani di
base spumante. Sono quasi otto milioni le bottiglie
che escono dalle cantine della provincia di Trento.
Trentodoc costituisce un punto di riferimento ormai irrinunciabile nel settore degli spumanti metodo classico. Chardonnay, Pinot bianco e/o nero,
accuratamente vinificati e seguiti da una prolungata maturazione a contatto di lieviti selezionati fanno di ogni bottiglia un’esperienza unica.
Alta qualità delle uve, un severo disciplinare di produzione, controlli rigorosi in tutte le fasi del processo sono gli ingredienti di un successo che è motivo
di giusto vanto per le aziende che lo producono.
TRENTODOC, prima denominazione di origine
controllata in Italia degli spumanti classici e seconda al mondo dopo la Champagne, è il frutto
della passione e della competenza enologica di
27 aziende costantemente impegnate nello sforzo
di coniugare innovazione e tradizione per ottenere sempre un prodotto dalle caratteristiche elevate, un autorevole rappresentante della migliore
tradizione enologica locale.
Trentino DOC Nosiola
Di colore giallo paglierino con riflessi verdolini,
si distingue per i profumi delicati con leggere sfumature di fiori bianchi e frutta acerba. Al palato è
secco piacevolmente fresco, fruttato ed armonico
con retrogusto leggermente ammandorlato. Servito fresco (attorno ai 10°) è ottimo come aperitivo,
si abbina con eleganza al pesce di lago o di fiume, ai salumi non affumicati. È un vino , e del
pari un vitigno, legato a doppio filo con il terri-
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torio. Talmente ancorato alla tradizione enologica
trentina che è al centro di una simpatica diatriba
campanilistica: "la" Nosiola vanto prioritario della Valle dei Laghi? – disseminata di otto splendidi laghi alpini, incastonati fra Trento, la Valle del
Sarca, le Dolomiti di Brenta e il Garda – oppure
"il" Nosiola, vitigno stanziale delle colline di Lavis, verso la Valle di Cembra? E ancora: per quale
ragione anche la Vallagarina vanta antichi legami
viticoli con questa varietà di vite a bacca bianca?
Differenze di colture, diversità di adattamento al
territorio, distinte vinificazioni. Stile, carattere, interpretazione, orgoglio contadino. Consuetudini e
strategie di sviluppo che non possono prescindere
dalle specificità territoriali. Pena la banalizzazione
del vino, che invece deve restare simbolo di determinati usi, costumi, saperi. Non dimentichiamo
che proprio con le uve Nosiola – ma solo in Valle
dei Laghi – si produce anche il raro ed esclusivo
Vino Santo Trentino, il ’passito dei passiti’, unico
nel suo genere in tutto il panorama enologico internazionale.
Per ottenerlo, le uve Nosiola sono vendemmiate
al culmine della maturazione, fatte poi appassire
su appositi graticci – chiamati ‘aréle’ – e quindi
pigiate solo nei giorni che precedono la Pasqua;
la trasformazione del mosto in Vino Santo avviene
lentissimamente, dopo almeno sei anni di paziente riposo in piccole botti di legno.
Trentino DOC Müller Thurgau
Altro vitigno, che, pur non essendo autoctono, trova in Trentino uan delle regioni in cui riesce a dare
il meglio di sé. Il vino che ne deriva ha un colore
giallo scarico con riflessi verdolini,
Al naso si manifesta con una nitida fragranza aromatica, con profumi netti e leggermente speziati
che richiamano il fiore della stessa vite. Al palato è
secco, giustamente acidulo, sapido, con sapori lievemente moscatati. Servito fresco (10°), di pronta
beva, è ideale come aperitivo, adatto sia per i piatti tipici della cucina montanara, come gnocchi di
verdura e trota di lago, che per quelli di mare, con
pietanze fritte, molluschi e crostacei alla brace.
Il Müller Thurgau è un vitigno che nasce tra il
1882 e il 1891 a Geisenheim dall’incrocio di
Riesling renano e Madaleine Royal, per opera
del prof. Hermann Müller, originario del Turgovia. Fatto che ne spiega il nome. In Trentino ha
trovato il suo habitat ideale in Val di Cembra.
Trentino DOC Marzemino
Ed eccoci approdati nel regno dei rossi. Il Marzemino è di colore rosso rubino, scuro, con riflessi
sconfinano sul granato nelle produzioni più mature. Ha fragranze marcate di frutti di bosco e richiami floreali, in cui si intrufolano note leggermente
speziate. Secco, abbastanza morbido, al palato ripropone le fragranze avvertite nell’impatto olfattivo. Di carattere, si offre facile e armonico. Servito
poco sotto la temperatura media d’ambinete (18°),
La piana Rotaliana, di origine alluvionale, poco a Nord di Trento, alla confluenza del Noce e dell’Adige, è la zona in cui il
Teroldego dà il meglio di sé.
secondo la tradizione trentina si abbina ai tanti
“piatti di mezzo” ovvero pietanze morbide, non
troppo speziate. L’accostamento ritenuto insuperabile (“la sua morte”, per usare un’espressione gergale) è con la polenta di mais e funghi, ma anche
con arrosti di maiale, salumi cotti, verdure, brasati
di manzo o vitello, pollame nobile allo spiedo.
Ottimo anche con baccalà non disdegna di accoppiarsi con formaggi nostrani, meglio se stagionati.
Il Marzemino è senz’altro una delle varietà più interessanti della vitivinicoltura trentina. Si trovano
antiche tracce della sua provenienza asiatica in
antichi registri commerciali ritrovati a Cipro.
In Trentino giunse dalla costa dalmata o – si pensa
– dalla Serenissima, quando Venezia dominava i
commerci in tutto l’Adriatico.
Trova nei territori della Vallagarina, nei suggestivi
agglomerati rurali intorno a Rovereto ed, in particolare, nella zona di Isera e dei Ziresi il suo habitat perfetto.
Non a caso è lì che nasce il Trentino D.O.C. Superiore Marzemino, un vino che risponde a standard
qualitativi più elevati rispetto a quelli del Trentino
D.O.C.
Ne attesta la fama anche Mozart che, ai tempi
ospite dei Lodron per uno dei suoi primi concerti in Italia, rende onore al vino trentino citandolo
nel Don Giovanni : “ …versa il vino, l’eccellente
Marzemino!”.
Teroldego rotaliano DOC
Rosso carico, profondo, ricco, in età assume riflessi
granati. Al naso seduce con fragranze di frutta matura, che richiamano la mora selvatica, mirtillo e
lampone, con il classico esclusivo sentore di terra,
tartufo nero e cuoio, che si avvertono specialmente nelle selezioni destinate all’invecchiamento.
Al palato è fine quanto possente, in sorprendente
equilibrio, avvolgente nella struttura.
Se consumato ancora giovane (attorno ai 18°), si
beve in occasioni gioviali, con pietanze rustiche,
spunti a base di salumi nostrani, minestre o piatti
di mezzo. Se opportunamente invecchiato è ottimo per banchetti di cacciagione, carni arrostite
o con formaggi di malga lungamente stagionati.
Si può sorseggiare come vino da meditazione.
Considerato vino principe del Trentino, la sua
presenza è attestata nella Piana Rotaliana fin dal
1300. Il Concilio di Trento (1545-1563) fu la prima occasione in cui il Teroldego acquisì fama internazionale.
Oggi è il vino simbolo della provincia: prima
D.O.C. varietale riconosciuta in Trentino con l'appellativo “rotaliano” (1971) e vanto indiscusso per
il comparto vitivinicolo locale.
La tradizione racconta che la vite 'Terodol', citata in antichi manoscritti, sia giunta in Trentino in
un passato immemorabile assieme al gelso (pianta
per secoli usata come sostegno della vite), portata
da popolazioni migranti, attirate dal flusso delle
acque impetuose dell'Adige e dalla fertilità delle
terre del fondovalle. Qui in condizioni climatiche
miti e favorevoli il vitigno trovò l'ambiente propizio per la sua diffusione e col tempo divenne una
varietà autoctona del Trentino.
Oggi il Teroldego è un vitigno in forte espansione
per il notevole interesse che desta nel consumatore attento.
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U
n evento a “tutta G”. La g è quella di
Garanzia offerta dalla Docg (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), il massimo riconoscimento
qualitativo assegnato ai vini italiani. Un’eccellenza dimostrata dai numeri: in Italia vi sono oltre
300 vini doc ma solo 44 Docg. La “numero 44”
è il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, cui sarà dedicato Vino in Villa, Festival internazionale di questo spumante italiano inimitabile.
Per festeggiare la nuova identità, e promuovere la
conoscenza della sigla docg, il Consorzio per la
Tutela del Conegliano Valdobbiadene ha deciso di
chiamare i 43 ‘colleghi’. In una sola sede, i visitatori potranno immergersi in questo e degustare
i vini delle 44 docg d’Italia! L’evento offrirà momenti dedicati ad ogni visitatore. Per i giornalisti vi
sarà la presentazione della nuova annata e il convegno dedicato al valore delle Docg in Italia, ma
anche gli incontri a tavola curati da Alma, Scuola
Internazionale di Cucina Italiana, che vede rettore
Gualtiero Marchesi. Per gli “addetti ai lavori” sempre Alma realizzerà il lunedì riservato ai ristoratori,
enotecari e operatori del settore. Per l’occasione
presenterà l’Atto Unico, ovvero il modo moderno
di intendere il pranzo, sempre più spesso costituito da un piatto unico. Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, d’altro canto, è il vino
moderno per eccellenza, poiché unisce finezza,
eleganza e vitalità, ad una moderata alcolicità,
che gli consentono di divenire partner perfetto a
tavola, durante la serata importante così come nella pausa pranzo. A fare da cornice a Vino in Villa
sarà, come sempre, il castello di San Salvatore,
borgo del XIII secolo immerso nell’area del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, un
nome difficile come faticoso è coltivare la vite in
queste colline ripide quanto spettacolari. Una bellezza che, nei secoli, si è mantenuta intatta, come
dimostra la pittura di un maestro del Cinquecento,
Cima da Conegliano. Proprio al Cima sarà dedicata la più grande mostra mai realizzata, organizzata
da Artematica a Palazzo Sarcinelli a Conegliano.
Cima: Poeta del paesaggio - 67.000 km per un ritorno alle origini sarà lo slogan dell’evento che,
da febbraio a giugno, ospiterà opere provenienti
da ogni parte del mondo, da Londra a New York,
da Parigi a San Pietroburgo. Degustare un vino,
ammirare un’opera d’arte saranno, quindi, la terza
proposta di Vino in Villa, rivolta ai consumatori.
Cima da Conegliano è considerato un padre del
paesaggismo assieme al Bellini e al Tiziano e proprio le colline del Prosecco Superiore furono uno
dei suoi soggetti preferiti. Molti dei luoghi dipinti
dal Cima si sono mantenuti integri attraverso i secoli, grazie alla viticoltura e il paesaggio è il modo
migliore per spiegare l’inimitabilità del Prosecco,
prodotto a Conegliano Valdobbiadene.
Attraverso la collaborazione con Artematica, Vino
in Villa darà la possibilità di conoscere, in un unico giorno, un artista importante e un vino unico.
Un legame che sarà dimostrato, anzitutto, dalla
sede di Vino in Villa. Il Castello di San Salvatore,
infatti, è immortalato in una delle opere più belle, la Madonna dell’Arancio. Vino in Villa, quindi,
consentirà ai visitatori di confrontare i luoghi del
Cima com’erano nel Cinquecento e come sono
oggi, visitando prima la mostra e poi l’evento ma
anche attraverso le escursioni nei luoghi del Cima,
dove una guida spiegherà, opere d’arte alla mano,
come è cambiato nei secoli l’ambiente delle colline del Prosecco Superiore. Si tratterà, quindi, di
un’originale esperienza interattiva.
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La Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera
in missione al Vinitaly 2010
N
ella splendida cornice della città di Verona si è svolta la 44a edizione di Vinitaly, la fiera enologica internazionale
più importante e più famosa al mondo.
Il 2010 è stato l’anno della consacrazione definitiva di quello che è oramai un evento irrinunciabile
per gli addetti del settore e per i numerosissimi
appassionati del nettare di bacco. Durante questa edizione, gli organizzatori della fiera hanno
registrato un incremento del 4,4% del numero di
operatori esteri provenienti da più di 110 paesi e
hanno visto salire a 152.000 il computo delle presenze complessive. I giornalisti accreditati erano
più di 2500, arrivati in Veneto da paesi sparsi in
tutti e cinque i continenti.
Numeri a parte, l’avvenimento legato alla fiera che
più di altri occorre segnalare è certamente quello
della visita del Presidente della Repubblica Napolitano, per la prima volta presente nei padiglioni
veronesi in veste ufficiale. Non è stata una semplice passerella: il Quirinale ha preso accordi precisi con gli organizzatori veronesi al fine di poter
inserire alcuni momenti della prossima edizione
all’interno delle celebrazioni per il 150° anniversario della nostra giovane Italia. Un chiaro segnale
di riconoscenza delle istituzioni nei confronti di
un’esposizione che a partire dal 1967, anno della
sua fondazione, non ha mai smesso di crescere,
quantitativamente e qualitativamente.
Il Presidente di Veronafiere, Ettore Riello, si è detto
soddisfatto per la visita del Presidente Napolitano
ma anche per l’accresciuta rilevanza internazionale di Vinitaly; Giovanni Martinotti, il Direttore Generale dell’ente fieristico, ha sottolineato i
grandi sforzi di marketing che Vinitaly ha sostenuto nei principali mercati esteri. Commenti positivi
anche da parte dei produttori storici che dal primo
anno di vita dalla manifestazione non hanno mai
mancato l’appuntamento con Vinitaly: Francesco
Zonin, Lamberto Vallario Gancia, Andrea Sartori
e Jacopo Biondi Santi hanno posto l’accento sulla
grande partecipazione straniera di quest’anno.
Anche la Camera di Commercio per la Svizzera
(CCIS) ha collaborato con l’ente fieristico per accrescerne fama e prestigio in un mercato come
quello svizzero che è tra i più importanti del
mondo per il nostro vino. Accompagnati da Simona Ninni (CCIS), gli 11 operatori svizzeri hanno
avuto un bel da fare: 150 gli incontri, organizzati
da Veronafiere, in cui hanno partecipato Regione Sardegna, la Sicilia, l’Abruzzo, la Campania,
le Marche, la Puglia, la Lombardia, il Trentino, il
Piemonte e la Calabria. Spazio anche alle cene di
gala, accompagnate dal vino dei migliori produttori presenti a Verona, con i rappresentanti della
Regione Sardegna, delle Camere di Commercio di
Cosenza e Reggio Calabria e, ovviamente, degli
instancabili responsabili di Verona fiere. Soddisfatti tutti gli acquirenti elvetici che si sono detti
pronti a rinnovare l’impegno di mantenere il vino
italiano al primo posto tra quelli importati dalla
Confederazione.
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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Aperto a Vevey
Il 17esimo Ristorante Molino
(GioIz) -Il Gruppo Molino ha inaugurato, lo scorso
16 aprile, il suo 17esimo ristorante nell'amena cittadina di Vevey, ribadendo così l'intenzione di intensificare la sua presenza sulla riva orientale del
lago di Ginevra. Secondo il delegato del consiglio
di amministrazione del Gruppo, Alfred Steiner, i
motivi che hanno portato all'apertura di un loro
ristorante in Rue du Simplon 45 (sede che prima
ospitava il Café du Simplon), concernono non solo
la sua posizione strategica, quale punto di passaggio obbligatorio per tutti coloro che si dirigono dal
nord verso il sud della Svizzera e viceversa, ma
anche perché esso riesce bene ad abbinarsi con la
storia e la cultura della città stessa.
Dopo 4 mesi di lavoro ed un investimento di 3 milioni di franchi, Molino AG è orgoglioso di questo
nuovo ristorante la cui direzione è stata affidata
a Salvatore Iorio che, insieme ad un team di 15
collaboratori qualificati e diplomati presso scuole
gastronomiche, è riuscito, con arte e professionalità, a conquistare la fiducia dei clienti, deliziando i
loro occhi ed il loro palato, offrendo loro un servizio di elevata qualità usufruibile 365 giorni l'anno,
dal primo caffè della mattina fino a tarda serata.
Anche l'ambiente ha la sua importanza e non solo
per la sua capienza (100 posti all'interno e 80 in
terrazza). L'architettura del luogo rispecchia l'ita-
72
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
lianità e ciò si evince dai dipinti sulle pareti che,
rappresentando gli idilliaci paesaggi toscani, permettono agli ospiti di rivivere un'atmosfera unica
in cui riescono a godere di quella parte dell'Italia
così tanto amata dal popolo svizzero.
I ristoranti Molino in Svizzera, nel corso degli anni
sono riusciti a conquistare un'invidiabile reputazione grazie alle loro valide ricette, alla qualità dei
loro prodotti freschi, all'offerta di un'ampia gamma di piatti a base di carne e di pescato, nonché
di un'eccellente carta dei vini. Anche per quanto
riguarda i dolci, l'assortimento proposto è di indubbio successo, basandosi sui gelati dell'azienda
italiana "Antica Gelateria del Corso".
Un occhio di riguardo è per i più piccoli per i quali sono stati pensati appositi menu con varie leccornie in grado di stuzzicare il loro appetito. Molino si rivolge ad una larga clientela, dalle famiglie,
alle persone di ogni età ed estrazione sociale ma
tutti accomunati dal desiderio di assaporare quei
gusti tipici della vera cucina italiana.
PER INFORMAZIONI
Molino Vevey
45 Rue du Simplon - 1800 Vevey
per riservare: 021 925 95 45 www.molino.ch
C
di Domenico Consentino
Convivio
L’Italia non mangia più carne
A
ddio Chianina, morbida, saporita Costata alla
fiorentina. Addio Ossobuco,Tagliata al rosmarino
di Fassone delle Langhe, dal colore rosa, dal sapore delicato, succosa e particolarmente tenera,
per mancanza di tessuto adiposo intracellulare. Addio
Salsiccia e patate, Brasato al barolo e filetto di manzo
alle cipolle rosse. Ciao Ciao Arista di Maiale, Pollo alla
diavola, Scaloppine di Vitello, Saltimbocca alla romana,
Petto di Anatra, Rollata di Coniglio, Capretto al forno, cosciotto d’agnello. Gulasch e succulenti Bolliti misti, a non
più rivederci! A voler credere a quanto riportato nel mese
di aprile scorso dai maggiori quotidiani italiani, dalle TV
pubbliche e private, sei milioni d’italiani - secondo un’indagine della “AC Nielsen e rielaborata dall’Eurispress - che
in questo 2010 dovrebbero diventare sette, non mangiano più carne, hanno scelto: sono vegetariani. Una cifra
record per il continente europeo. “Il Paese più vegetariano d’Europa”, è stato definito. Una galassia composita
che raccoglie gruppi diversi. Con motivazioni differenti:
dalla salute al rispetto per gli animali.
Latto-vegetariani, latte-ovo-vegetariani,
ovo-vegetariani e vegani
E si fa presto a dire vegetariani, dico io! Volendo approfondire, studiando a fondo il fenomeno, in questo universo, in questa galassia di sette milioni d’italiani (il 70%
sono donne), il viaggiatore goloso – che ancora non si
è “convertito”, mangia meno carne di prima, ma non
può fare a meno di un succulento “Bollito Misto” o di una
teglia di “Capretto al forno con patate e carciofi” – ha
scoperto che ci sono i Latto-vegetariani che mangiano
solo latte e i suoi derivati, escludendo – oltre alla carne
– anche uova e derivati. Ci sono i Latte-ovo-vegetariani
che escludono carne, pesce, molluschi e crostacei e si
cibano di latte, uova e qualunque tipo vegetale. Ci sono
gli Ovo-vegetariani che mangiano solo uova e vegetali ed
escludono tutti i prodotti di derivazione animale. Ci sono
i Vegani che assieme a carne e pesce rinunciano anche
a latte e uova e mangiano solo frutta e vegetali. Infine ci
sono i Crudisti che mangiano solo alimenti vegetali non
sottoposti a trattamenti termici.
Colpa del frigorifero e della mucca pazza
Le cause per le quali questo popolo (quasi tutti giovani
professionisti che in passato mangiavano carne) è diventato vegetariano sono diverse. A sentire l’amico Roberto,
giovane avvocato, coordinatore regionale della Società
Vegetariana Calabrese, che ha rinunciato alla Fiorentina,
ma, grazie a Dio, mangia ancora il Pesce (quando viene
a pranzo o a cena nella mia casa di Pietragrande a Roberto basta una “Pasta e broccoli, qualche hamburger di
lenticchie, delle polpette di melanzane o una parmigiana
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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Il verde: spinaci, piselli fave.
di pesce azzurro per essere soddisfatto), la colpa è stata
del suo frigorifero: “Troppo illuminato!” – mi ha raccontato
quando l’ ho incontrato per la prima volta – “ogni volta che
l’aprivo, vedevo le bistecche rosse, il prosciutto, il pollo… Prima erano solo prodotti comprati al supermercato,
dopo la “Mucca pazza”, la “Peste Suina” e l’aviaria, ho
capito che il mio frigo era pieno di animali allevati in condizioni inumane, uccisi e fatti a pezzi per diventare il mio
cibo quotidiano. Sono passati diversi anni, ormai. Quasi
un colpo di fulmine. Da allora sono diventato vegetariano.
A dirla tutta – aveva concluso Roberto – pensavo anche
prima alle sofferenze degli animali. Ma non riuscivo a decidermi. Poi ho pensato di farmi un regalo di compleanno:
nutrirmi senza provocare sofferenze. E ho scoperto che
oltre a mangiar sano, così vivo anche meglio”.
storanti, negozi alimentari sono invitati ad offrire “un’alternativa verde” il primo giorno della settimana. Dunque
vegetariani un giorno alla settimana. Il Veggie Day, giorno
vegetariano, lanciato e fortemente voluto dal consigliere
comunale Sophie Maxwel, fa della città del Golden Gate
la prima degli Stati Uniti a lanciare un appello anti-carne.
Appello che – secondo la Maxwell – oltre a combattere l’obesità, ha in primo luogo l’obbiettivo di diminuire le
emissioni inquinanti causate per il 18% dagli allevamenti
di bestiame: anche l’Onu, attraverso la sua agenzia per
l’alimentazione, la Fao, se ne è fatto di recente portavoce. “L’idea di San Francisco è di incoraggiare i cittadini a
trovare alternative a base di frutta, legumi e verdura per
proteggere l’ambiente e la propria salute”, ha spiegato
Maxwell dopo il voto del consiglio dei supervisori.
In un mondo extra-large
Se in Italia i vegetariani sono 7 milioni, negli Stati Uniti
d’America, oggi, sono 22 milioni coloro che seguono una
dieta tendenzialmente vegetariana. Così non era, quando,
vent’anni fa, arrivai per la prima volta negli Stati Uniti. In
nessun altro Paese avevo visto tante persone così grasse. Donne adipose, bambini obesi e uomini sovrappeso.
E poi tanto cibo: nei parchi, per le strade, nei ristoranti,
nei chioschi, nei supermercati, ovunque si cucinava e si
mangiava. Per non parlare dei programmi televisivi che
tutto il giorno mandavano in onda cuochi che cucinavano
arrosti, hamburger, affettavano enormi tacchini appena
tolti dal forno (in special modo nel giorno del ringraziamento “Thanksgiving”), polli e condivano pesci, insalate e
verdure. L’Obesity, - come gli americani la chiamano – la
vedevi e la toccavi ovunque. Specialmente nei negozi di
biancheria intima sia per donne che per uomini, dove mutande, reggiseni, gonne, ma anche pantaloni, giacche,
camicie e T-Shirt erano di dimensioni immaginabili per noi
europei, Extra, Extra-large!
Mangiare carne è una follia?
A dir la verità, prima di San Francisco, a lanciare l’appello
contro l’eccessivo consumo di carne, in Europa, e fare
da apripista era stata già l’anno scorso la città universitaria di Gand in Belgio. Prima di Gand e di San Francisco, a
mio avviso, aveva provveduto la Chiesa Cattolica, già tanti e tanti anni fa, invitando i fedeli a digiunare (non mangiare carne!) “Il venerdì e nei giorni proibiti”. E a ricordare
agli italiani che “Mangiare Carne è una follia” dalle pagine
del settimanale l’Espresso, ci ha provato anche l’oncologo Umberto Veronesi. Prendendo spunto da “Se niente
importa. Perché Mangiamo animali”, appassionato libro
che già in America aveva suscitato violente polemiche,
il prof Veronesi spiega perché “mangiare carne è una
follia”. Il libro dello scrittore americano Jonathan Safran
Foer è uscito in Italia nel mese di aprile. Secondo il grande oncologo, Safran Foer fa un’inchiesta sul mondo semisconosciuto degli allevamenti di animali da carne, dove
la violenza di un modello di profitto (formalmente legale)
cancella in qualche modo l’idea di umanità. Tutto diventa
una macchina per far soldi, dove all’industria della carne
non importa svuotare le prospettive di sopravvivenza del
nostro pianeta. “Io – scrive ancora il Prof Veronesi- cresciuto in una cascina dove vedevo pulcini e vitellini e non
mi sapevo adattare all’idea che poi venissero uccisi, sono
vegetariano per scelta etica, e non posso impedirmi di
vedere dietro una bistecca o una salsiccia le sofferenze
e la morte di creature viventi. E c’è dell’altro, nella nonfiction di Safran Foer, in realtà una superba inchiesta sul
campo che mostra tutti gli orrori degli allevamenti e delle
macellazioni: gli americani consumano ogni anno quattro
milioni di chili di antibiotici, mentre per trattare gli animali
da macello ne vengono impiegati trentotto milioni di chili,
Vegetariani per un giorno
Per dare un contributo alla battaglia contro l’obesità - un
problema che negli Usa interessa ampie fasce della popolazione adulta e giovanile e contro il quale la stessa
first lady, Michelle Obama, si è schierata con una nuova
campagna - il consiglio dei supervisori di San Francisco
(California), dopo aver trasformato la piazza del municipio in un orto: lattuga, pomodori, insalata, erbette sono
state piantate dal primo cittadino, ha fatto un altro passo avanti: ha invitato i cittadini a mangiare più verdura,
approvando una risoluzione che invita i cittadini a fare
a meno della carne ogni lunedì. Mense scolastiche, ri-
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A pag 73 nella foto: Il Rosso e giallo peperoni, melanzane e pomodori, ideali per una caponata.
LA RICETTA
TORTINO DI MELANZANE ALLA COSY
Ingredienti per 4 persone:
2 melanzane, 400 g di mozzarella fior di latte, 400 g
di polpa di pomodoro, 40 gr di parmigiano grattugiato
grosso, 40-50 gr di olio extravergine d’oliva, 3 spicchi
d’aglio, basilico, origano, sale.
Come lo preparo: Lavo le melanzane, rimuovo i gambi
e taglio a fette dello spessore di circa 1 cm; dispongo
su una placca e le faccio appassire al forno a 160 °C
per 20 minuti. Nel frattempo taglio a fette le mozzarelle, sbuccio e taglio finemente 3 spicchi d’aglio. Sforno
le melanzane e comincio a comporre i miei tortini, alternando le fette di melanzana alle fette di mozzarella e
condisco via via con un pizzico di origano, una cucchiaiata di pomodoro, un po’ di aglio tritato ed una foglia di
basilico. Copro l’ultima fetta di melanzana con la polpa
di pomodoro e spolvero con un pizzico di sale e di origano. Una volta pronti, adagio i miei tortini in una teglia,
li irroro con dell’olio d’oliva e rimetto al forno sempre
a 160 gradi. Sforno appena la mozzarella comincerà a
sciogliersi, trasferisco i tortini in singoli piatti e ricopro
con abbondante parmigiano grattugiato a scaglie. Decoro con un ciuffo di basilico e condisco ancora con
dell’olio extravergine d’oliva prima di portare a tavola.
Il Vino: Ischia Rosso DOC
LA GASTRONOMIA ITALIANA IN SVIZZERA
il che significa in pratica, per la legge della catena alimentare, che si consuma carne inzeppata di antibiotici, con quali
risultati per la salute umana è facile immaginarlo, a partire
dalla selezione di ceppi di germi resistenti agli antibiotici
stessi. Chiudo con un’annotazione – ha concluso il Professore - il loro nome è animali, ma noi non gli riconosciamo
l’anima, qualunque cosa essa sia. Riconosciamogli almeno
la capacità di esseri “senzienti”. Essere vivi e palpitanti, che
sentono il disagio, il dolore, la paura, l’angoscia. Non facciamoli nascere per farne delle cose.”
Viva Italia
Cucina tradizionale!
Da noi apprezzerete la vera italianità con le nostre
specialità tipiche, che normalmente solo in Italia potete apprezzare.
Lasciatevi incantare dal nostro ambiente mediterraneo e da un
servizio impeccabile, dalle nostre eccellenti pizze, preparate
secondo le ricette originali del campione del mondo di pizzaioli e
con il marchio «Vera Pizza napoletana DOC», dalle tipiche pietanze
a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta
fresca e dai succulenti dolci. E se amate le tradizioni culinarie
del bel Paese, da noi troverete consiglio sui migliori, eccellenti vini
selezionati da tutte le regioni italiane.
«Buon appetito!»
Il team Molino si fara piacere di accoglierla alla
sua prossima visita con un cordiale «benvenuto»!
Nei 17 Ristoranti MOLINO in Svizzera,
Lei è un ospite sempre gradito durante tutti
i 365 giorni dell’anno:
MOLINO Berna
Waisenhausplatz 13
3011 Berna
Telefono 031/ 311 21 71
MOLINO Vevey
Rue du Simplon 45
1800 Vevey
Telefono 021/ 925 95 45
MOLINO Dietikon
Badenerstrasse 21
8953 Dietikon
Telefono 044 / 740 14 18
MOLINO Wallisellen
Glattzentrum
8304 Wallisellen
Telefono 044 / 830 65 36
MOLINO Friborgo
93, rue de Lausanne
1700 Friborgo
Telefono 026 / 322 30 65
MOLINO Winterthur
Marktgasse 45
8400 Winterthur
Telefono 052 / 213 02 27
MOLINO Ginevra
Place du Molard 7
1204 Ginevra
Telefono 022 / 307 99 88
MOLINO Zurigo
Limmatquai 16
8001 Zurigo
Telefono 044 / 261 01 17
MOLINO Ginevra
Centre La Praille
1227 Carouge
Telefono 022 / 307 84 44
MOLINO Zurigo
Stauffacherstrasse 31
8004 Zurigo
Telefono 044 / 240 20 40
LE LACUSTRE Ginevra
Quai Général-Guisan 5
1204 Ginevra
Telefono 022 / 317 40 00
FRASCATI Zurigo
Bellerivestrasse 2
8008 Zurigo
Telefono 043 / 443 06 06
MOLINO Montreux
Place du Marché 6
1820 Montreux
Telefono 021/ 965 13 34
SEILERHAUS
MOLINO Zermatt
Bahnhofstrasse 52
3920 Zermatt
Telefono 027 / 966 81 81
MOLINO S. Gallo
Bohl 1
9000 S. Gallo
Telefono 071/ 223 45 03
MOLINO Thônex
106, Rue de Genève
1226 Thônex
Telefono 022 / 860 88 88
MOLINO Uster
Poststrasse 20
8610 Uster
Telefono 044 / 940 18 48
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
www.molino.ch
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M
di Graziano Guerra
Motori
Gilera Fuoco 500ie
Bello da vedere e da guidare
L
o scooter a tre ruote con un’anima molto sportiva. Il potente motore è abbinato alla tecnologia
della doppia ruota anteriore, coadiuvata da una
rivoluzionaria sospensione anteriore a quadrilatero articolato, in grado di assicurare sicurezza e gran
divertimento. Il look di Gilera Fuoco 500 i.e. è innovativo
dalle forme decise, che esprimono forza e carattere. Il
frontale appare molto aggressivo, per la doppia ruota e
la struttura paracolpi in tubi di acciaio con inserti in rete
metallica. La struttura protegge il pilota e la meccanica, ma consente anche di ammirare la tecnologia della
sospensione anteriore. Completa il robusto quadro un
manubrio nudo di metallo e cerchi neri a dieci razze. Il
gruppo ottico è a cinque elementi, i due maggiori hanno protezioni di derivazione off-road. Il cupolino, con la
carena, assolve bene le funzioni protettive: dal vento e
dalla pioggia. Confortevole la pedana. Il codone, dalle
linee minimaliste, si chiude con un utile portapacchi. La
sella ha un disegno ergonomico efficace, con un minimo
di dislivello fra le sedute è comoda e confortevole, sia
per il pilota sia per chi viaggia con lui. Il propulsore della
serie Master, 4 tempi a doppia accensione, ha tecnica
multi valvole e raffreddamento a liquido, con l’incremento
della cubatura a 492cc è stato potenziato a 40 CV, la
coppia massima è di 42 Nm a 5.500 giri/minuto, può
raggiungere i 150 Km/h (145 Km/h nella versione A limitata, 33 CV e 41 Nm). Il sistema a doppia candela
migliora la combustione interna, riduce l’inquinamento
acustico e contribuisce all’abbattimento delle emissioni nocive. Il motore elastico, dalla piacevole risposta ai
medi e ai bassi regimi, sempre pronto, in grado di regalare grandi soddisfazioni. Rispetta le norme Euro 3, grazie
all’avanzato impianto di iniezione “closed loop” dotato di
sonda lambda allo scarico e catalizzatore a 3 vie.
In sella
Gilera Fuoco esprime una marcata personalità, in particolare per le prestazioni da big scooter, ben assecondate
da una buona ciclistica, rivoluzionaria e in grado di raggiungere doti dinamiche eccellenti. In sella al tre ruote si
possono affrontare con tranquillità sia i tornanti dei percorsi alpini sia lunghi e duri viaggi in autostrada. Si corre
con buona sicurezza, grazie alle due ruote anteriori comandate dalla sospensione anteriore a quadrilatero articolato. Questo tipo di sospensione permette al veicolo
un’aderenza e una tenuta esemplare in ogni condizione
e stabilità. La frenata è all’altezza delle prestazioni. Si
guida come un normale mezzo a due ruote, ma con la
solidità e la sicurezza che la doppia ruota anteriore sa
garantire. Fuoco è equipaggiato di serie con il sistema
di blocco elettro-idraulico della sospensione anteriore, è
in grado di sostenersi anche senza il classico cavalletto
centrale. Questo permette di parcheggiarlo con estrema facilità e di evitare di appoggiare il piede a terra
nelle brevi soste al semaforo. La ruota posteriore da
14” è generosamente gommata con uno pneumatico
da 140/70, mentre i 3 freni a disco da 240 mm con
pinze a doppio pistoncino garantiscono decelerazioni
efficaci. In Svizzera è in vendita da CHF 11'695.-, nei
colori rosso e nero.
DATI TECNICI
Motore: Monocilindrico, doppia accensione, 4 tempi
Cilindrata: 492,7 cc
Carburante: Benzina senza piombo N.O.R. min. 95
Distribuzione: Monoalbero a camme in testa (SOHC)
a 4 valvole, iniezione elettronica
Avviamento: Elettrico
Cambio: Variatore automatico di velocità CVT
Stazionamento: Meccanico, agente su asse posteriore
Freno anteriore: Doppio disco di acciaio inox Ø240mm,
pinza a doppio pistoncino
Freno posteriore: Disco in acciaio inox Ø240mm, pinza
flottante a doppio pistoncino
Dimensioni (mm): Lung. 2160, larg. 775, passo 1.550
Altezza sella: 785 mm Peso a secco: 244 kg
Capacità serbatoio: 12 litri (di cui 1,8 di riserva)
Velocità max: 150 Km/h
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Evento a Interlaken
Fiat Group Automobiles Switzerland SA
Emozioni, successo e sostenibilità ambientale
con il nuovo sistema stop&go e i sorprendenti
motori multiair
A
lexander Bleuel, direttore di Fiat Group Automobiles Switzerland SA ha invitato, a maggio,
la stampa nazionale svizzera a Interlaken, per
un viaggio, attraverso e con i Marchi del Gruppo: Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Abarth e Fiat Professional.
Anticipando i prossimi sviluppi riguardanti Lancia e
Chrysler, il direttore ha comunicato i risultati di Fiat
Group in Svizzera.
Negli ultimi anni, nella Confederazione, i marchi italiani della Casa torinese hanno registrato un importante incremento nelle vendite, in special modo grazie
alla 500. Se nel 2005, in Svizzera, Fiat deteneva una
quota mercato del 2,8% nel 2009 la stessa si fissa
al 4,2%. A proposito del matrimonio Lancia-Chrysler,
Bleuel ha ricordato il previsto lancio di Lancia Delta sul
mercato Usa, con il label Chrysler, e l’arrivo di alcuni
modelli Chrysler in Europa con il marchio Lancia, con
molta probabilità nel 2011, sicuramente dal 2012. Di
sicuro, l'anno prossimo arriverà la nuova Ypsilon.
Per i mercati con guida a sinistra (Gran Bretagna per
esempio) non è ancora dato sapere quali saranno le
vetture Lancia, poiché non esistono ancora modelli
con la guida a sinistra.
Per quanto concerne la rete di distribuzione in Svizzera, secondo il parere di chi scrive, per i concessionari
Chrysler/Dodge, meno per quelli di Fiat/Lancia/Alfa,
non sono da escludere ristrutturazioni.
Il marchio Jeep, fiore all’occhiello del gruppo statunitense, dovrebbe poter mantenere l’attuale struttura
distributiva.
Emozioni indimenticabili, in particolare con la 8C Competizione, venuta appositamente da Balocco e guidata dell’ex Campione svizzero 2005 di F3, Antonino
Sinopoli, e con l’Alfa Romeo Giulietta, in prima dinamica svizzera. Diversi percorsi, sulla pista dell'aeroporto militare di Interlaken riservata per l’evento, c’era
anche un piccolo circuito racing dedicato alle Abarth
(Appassionante la 500 in versione rally), hanno permesso di provare la gamma del Gruppo. Interessante
l'esperienza con i modelli di Fiat Professional, sotto la
guida di esperti istruttori TCS, con una tonnellata di
carico a bordo hanno dimostrato le loro capacità di
tenuta e frenata sul bagnato.
Miss Svizzera, Linda Fäh si è convinta di quanto sia
facile posteggiare con il nuovo sistema di parcheggio
automatico della Lancia Delta.
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Alexander Bleuel, direttore di Fiat Group Automobiles
Switzerland SA.
Sopra: Appassionante la 500 Abarth in versione rally.
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A sinistra: Linda Fäh si è convinta di quanto sia facile
posteggiare con il nuovo sistema di parcheggio
automatico della Lancia Delta.
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CONCESSIONARIOOPPURETELEFONATECI
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la
Rivista
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Starbene
Dormire poco fa male.
Dormire troppo non fa bene
Nel mondo ogni minuto una
donna muore ancora di parto
Dormire poco, cioè
meno di 6 ore a notte
per molti anni, aumenterebbe il rischio di morte prematura del 12%
nell’arco di 25 anni.
D’altra parte, anche
indugiare troppo fra le braccia di Morfeo (più di 9 ore
a notte con continuità) parrebbe legato a una maggior
frequenza di malattie. A queste conclusioni è giunto un
team guidato dall’italiano Francesco Cappuccio, direttore
dello «Sleep, Health and Society Programme» (Programma Sonno, Salute e Società) dell’Università di Warwick, in
Gran Bratagna, insieme a ricercatori dell’università Federico II di Napoli. Lo studio, in realtà, è una metanalisi, cioè
la revisione sistematica di 16 lavori condotti in diversi
Paesi del mondo su un totale di 1,3 milioni di persone.
Secondo quanto riferito sulla rivista Sleep, dove è stata
pubblicata la ricerca, emerge l’ipotesi che dormire poco
a lungo termine causi malattie (cioè che ci sia una relazione di causa-effetto tra poco sonno e malattie) e che
invece dormire troppo sia piuttosto un indicatore di un
cattivo stato di salute, un campanello d’allarme, quindi,
non una causa. Gli studiosi confermano la nozione diffusa
che l’ideale sarebbe dormire 6-8 ore a notte. La società
moderna ha visto una graduale diminuzione della media
di ore dormite per notte e questi comportamenti sono
molto comuni tra i lavoratori. Questo suggerisce una particolare pressione sociale a lavorare sempre più a lungo.
Ma, dall’altra part,e il deterioramento del nostro stato di
salute è spesso accompagnato da un prolungamento delle ore di sonno. In ogni caso, serviranno ulteriori studi per
capire come mai il sonno sembri essere così importante
per una buona salute.
Ogni minuto, nel mondo, una donna muore
per le complicazioni legate alla gravidanza e al
parto e per ogni donna
che muore 20 sono vittime di infermità; ogni
giorno quasi 29 mila bambini muoiono prima di aver compiuto i 5 anni, nella maggioranza dei casi per cause che
facilmente si possono prevenire; ogni anno tubercolosi,
Aids e malaria uccidono oltre 5 milioni di persone, con
un costo di milioni di dollari per le economie di Paesi già
poverissimi.
È il drammatico scenario che emerge dal «IV Rapporto
2010, conto alla rovescia per gli obiettivi di sviluppo del
Millennio per la salute», a 5 anni dallo scadere del termine
fissato per il raggiungimento degli impegni assunti nel
2000 dai leader mondiali.
Il rapporto, stilato da azione per la salute globale, network europeo di Ong impegnato nella tutela della salute e
dei diritti umani, contiene la richiesta ai governi dei Paesi
europei di «rispettare le promesse fatte» e di «destinare
lo 0,1% del Pil alle azioni per il miglioramento delle condizioni di salute nei Paesi in via di sviluppo».
L’Europa è il maggior donatore al mondo per quanto riguarda la spesa complessiva per gli aiuti ai Paesi in via
di sviluppo, ma è ancora in ritardo per la percentuale destinata alla salute.
Nessun donatore europeo raggiunge l’obiettivo minimo
fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e
neppure vi si avvicina lontanamente.
Nella graduatoria dei paesi donatori è la Gran Bretagna
ad avvicinarsi maggiormente all’obiettivo, con lo 0,058%
del Pil, mentre l’Italia è la più lontana, con lo 0,025%.
Sesso: in Italia 300mila adolescenti lo imparano in televisione
La tv è la fonte di informazione più qualificata
sulla sessualità per oltre 300 mila teenager
italiani. Secondo una
recente indagine internazionale è infatti ritenuta il punto di riferimento da ben il 10% di essi, la stessa
percentuale di chi si rivolge in primo luogo a insegnanti,
fratelli o sorelle. Ed è il primato europeo. Una responsabilità educativa che grava su conduttori, speaker e volti
noti, spesso impreparati ad affrontare con competenza
questi temi. Quando si toccano argomenti che riguardano
l’educazione sessuale vanno utilizzate grandi prudenza e
professionalità. Nel nostro Paese le esperienze sono a
macchia di leopardo e probabilmente richiedono una strategia illuminata. Nelle scuole non viene sempre insegnata,
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Rivista
n. 6 - Giugno 2010
anche se il 64% degli studenti lo chiede e il 44% auspica
più dialogo su questi temi a casa. In mancanza di punti di
riferimento gli adolescenti si rivolgono a Internet, radio e
piccolo schermo: gli idoli dello spettacolo possono quindi
influenzarli con comportamenti e messaggi.
Situazione aggravata se pensiamo che l’Italia è il fanalino
di coda del continente anche sulla contraccezione oggi il
grado di conoscenza sui metodi disponibili è in Italia il più
basso in Europa, a pari merito con la Turchia.
Come è possibile invertire questa tendenza? Attraverso
un confronto aperto, progetti condivisi e, se serve, veri
e propri corsi in cui i medici insegnino a presentatori e
deejay come trasmettere contenuti chiave per vivere una
sessualità responsabile e serena.
Questa la proposta lanciata oggi dalla Sigo durante il
Convegno nazionale Adolescenti, sessualità e media promosso a Roma.
Mondiali
a rischio infarto
Tintarella artificiale vietata
ai minori di 18 anni
Tifare la propria nazionale è normale; chi non si
fa coinvolgere, specialmente se appassionato
di calcio? Ma, attenzione, troppa passione,
emozione, potrebbe essere fatale. Si rischia l’infarto. A mettere sull’avviso sono i
medici della Germania, i quali hanno studiato se vi fosse,
e quale fosse, il collegamento tra attacchi di cuore e la
Coppa del Mondo di calcio. Per stabilire questo i ricercatori hanno analizzato i casi di 4.279 attacchi di cuore
verificatisi in Germania dopo i Mondiali del 2006.
Hanno così stabilito che non è solo il risultato della partita
a provocare stress, ma anche la partita stessa.
E ci sono ben 90 minuti di stress continuo in attesa del
gol decisivo. Una situazione che può mettere a dura prova il sistema cardiovascolare, specialmente se questo
non è dei più efficienti.
La notizia dello studio è stata riportata dal quotidiano
britannico Daily Star a corredo di un servizio sugli imminenti mondiali di calcio che si terranno in invitando tutti
i tifosi a tenere sotto controllo almeno la propria dieta.
Tintarella artificiale off
limits per i minorenni: gli
under 18 che vorranno
farsi la lampada abbronzante dovranno avere il
permesso di mamma e
papà. La pelle dei giovani, infatti, è più delicata e il rischio di gravi danni futuri viene considerato dagli esperti troppo alto. Chi non è maggiorenne, in ogni caso, non dovrebbe superare la dose
massima di tre-quattro lettini solari all’anno.
Lo stabiliscono le prime linee guida italiane sull’utilizzo dei
lettini solari, che sono state presentate a Rimini al Congresso Nazionale della Società Italiana di Dermatologia
medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST).
Le linee guida riguardano non pochi giovanissimi: si stima
infatti che circa un milione e mezzo di ragazzi fra i 14 e i
18 anni faccia uso di lampade solari. Di questi 300mila ricorrono ai lettini tre-quattro volte l’anno, altri 500mila fanno la lampada due-tre volte ogni tre mesi, mentre 700mila
sono veri e propri ‘’dipendenti’’ dell’abbronzatura in ogni
stagione e fanno la lampada piu’ di una volta al mese.
la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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Dall’apprezzatissimo furgone Daily al peso massimo Stralis: Grazie agli innumerevoli
modelli disponibili, la nuovissima gamma di mezzi Iveco offre soluzioni specifiche,
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Il
Mondo in fiera
ZeroEmission Rome 2010:
Fiera di Roma, 7 - 10 settembre
Il business delle rinnovabili
si fa in fiera
MACEF 2010:
Fieramilano 9 - 12 settembre
Salone Internazionale
della Casa
MICAM shoevent: Fieramilano Rho,
19 - 22 settembre
Si rinnova l’appuntamento
con le calzature di gamma alta
e medio alta
INTERPOMA 2010:
Bolzano, 4 – 6 novembre 2010
Fiera internazionale
specializzata per la produzione,
conservazione e
commercializzazione della mela
FIERE
ZeroEmission Rome 2010:
Fiera di Roma, 7 - 10 settembre
Il business delle rinnovabili si fa in fiera
In tutto il mondo le energie rinnovabili crescono, creano
occupazione e nuove prospettive di sviluppo compatibili
con l’ambiente. Offrono, inoltre, una concreta opportunità per uscire dalla crisi economica e investire sul nostro
futuro e su quello dei nostri figli.
Il nostro Paese ha tutte le caratteristiche per vincere la
sfida delle rinnovabili: condizioni climatiche, tecnologia,
know-how, filiera industriale. Eppure, si rischia di perdere una grande opportunità di crescita economica. In un
momento in cui bisognerebbe investire con decisione
su queste tecnologie, in Italia mancano programmi politici di sviluppo e regole certe. Questo ritardo porta,
come conseguenza, lo spostamento degli investimenti di molte aziende, che preferiscono puntare su Paesi con politiche più incisive in materia, come quelli del
Nord e Centro Europa - ma anche la penisola iberica,
soprattutto per quanto riguarda l’eolico e il termosolare
a concentrazione - e sui nuovi mercati che guardano
con sempre maggiore attenzione alle energie rinnovabili: Turchia, Egitto, India.
A questo si aggiungono l’attenzione e gli investimenti
dedicati, invece, all’energia nucleare che, come emerge da diversi studi, non consente risparmi significativi,
lascia irrisolto il problema delle scorie radioattive, non
è a emissioni zero, ci rende dipendenti da altri Paesi e
richiede un lungo periodo di tempo prima di poterne beneficiare (se oggi si autorizzasse la costruzione di una
centrale nucleare, il primo kWh sarebbe prodotto solo
dopo ben 15 anni).
Eppure l’alternativa delle energie rinnovabili è sotto gli
occhi di tutti: economica, a emissioni zero, in crescita
in tutto il mondo. L’esperienza di molti Paesi lo dimostra. La Germania, ad esempio, che può contare su un
irraggiamento molto inferiore rispetto all’Italia, ha fatto
del settore fotovoltaico uno dei punti di forza della sua
economia. E tutti, a destra come a sinistra - a cominciare da Angela Merkel - lavorano per realizzare politiche
in grado di favorire un ulteriore sviluppo delle rinnovabili, consci di quanto questo sia importante per il futuro
economico e ambientale del Paese. Ma è così anche
altrove tanto che, secondo un recente studio realizzato
da Pricewatehouse Coopers, già nel 2050 in Europa si
potrebbe arrivare a soddisfare il 100% del fabbisogno
energetico con le energie rinnovabili. Anche fuori dall’Europa le energie rinnovabili sono diventate una priorità
per i principali Paesi e conquistano nuovi mercati.
Per fare il punto sulla situazione torna, dal 7 al 10 settembre, alla Fiera di Roma, ZeroEmission Rome.
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Rivista
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Forte della grande crescita della precedente edizione
che ha registrato numeri record, ZeroEmission Rome è
la manifestazione B2B in grado di offrire uno sguardo a
360 gradi sul mondo delle soluzioni per la produzione di
energia pulita e rinnovabile. Si inizia il 7 settembre con
l’ottava edizione di Eolica Expo Mediterranean, il salone
internazionale per l’elettricità dal vento, che prosegue
fino al 9 settembre. Per numero di espositori e visitatori
la manifestazione è al terzo posto in Europa, al quinto
nel mondo e al primo nell’area del Mediterraneo. Dall’8
al 10 settembre 2010 ZeroEmission Rome mette poi in
campo altri sei saloni tematici:
PV Rome Mediterranean, Salone internazionale delle
tecnologie fotovoltaiche per il Mediterraneo.
CSP Expo, Salone internazionale delle tecnologie e
dell’industria degli impianti solari termodinamici.
Geoenergy Expo, Salone dell’industria geotermica per
il Mediterraneo.
CO2 Expo, Salone internazionale sui cambiamenti climatici, riduzione co2 e mercato dei crediti di carbonio.
CCS Expo, Salone internazionale dedicato al carbon
capture and storage.
EcoHouse, la vetrina dedicata alla casa che produce e
risparmia energia.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
e-mail: fiere@ccis.ch - www.ccis.ch
MACEF 2010 Fieramilano 9 - 12 settembre
Salone Internazionale della Casa
La fiera è giunta alla 2° edizione con l‘obiettivo di
rappresentare l‘intera offerta di servizi e prodotti che tutte le aziende utilizzano per le proprie
attività di marketing e di comunicazione
La prossima edizione si terrà quindi dal 9 al 12 settembre e, soprattutto, dal giovedì alla domenica; una nuova
cadenza che consente di poter finalmente collocare il
Salone Internazionale della Casa in una situazione fortemente vantaggiosa, allontanandolo dal mese di agosto e
sottraendolo dalla sovrapposizione con altre importanti
fiere europee. La chiusura di domenica dovrebbe favorire
in modo particolare i dettaglianti, che sono la principale
categoria di operatori in visita a Macef mentre due giorni
feriali consecutivi, giovedì e venerdì, sono stati pensati
per favorire la visita dei buyer, specialmente quelli esteri,
che solitamente non visitano le fiere durante il weekend
e che hanno sempre espresso la richiesta di poter disporre di più tempo per le loro trattative d’affari.
Alta decorazione, Tavola, Argenti & Cucina, Oggetti da
regalo, Trade & Big volume, Bijoux, oro, moda & accessorisono i settori espositivi tradizionali, che occuperanno
quasi per intero la grande area monoplanare di fieramilano. L’edizione 2010 di Macef Autunno consentirà poi
alla mostra di allargare il suo tradizionale scenario espositivo a Outdoor, Gardening e Pet (cioè la vita all’aperto
e il tempo trascorso in compagnia dei piccoli amici del
regno animale), nuovi settori espositivi che troveranno
posto nel padiglione 4. Il calendario degli eventi è in via
di formazione. Al momento sono stati riconfermati il progetto di Creazioni - in collaborazione con Artex, Centro
per l’Artigianato Artistico e Tradizionale della Toscana - e
Creazioni Designer entrambi dedicati all’innovazione e
all’artigianato di qualità (padiglione 5); Art & Flowers by
Macef (padiglione 4), esibizione/concorso internazionale
dedicato ai floral designer e l’area Art, Arti della Tavola e
del Regalo (padiglione 3) con proposte dedicate al mondo
della distribuzione e allo sviluppo della cultura di prodotto
di questo importante settore di Macef. In elaborazione
sono poi altri due progetti: La fabbrica delle idee, dedicato al sostegno dell’innovazione, e il concorso The Best of
Bijoux, destinato a promuovere la creatività e la fantasia
dei produttori di bigiotteria. La promozione della mostra
milanese ha preso il via attraverso il nuovo sito internet
(www.macef.it) dove i visitatori potranno preregistrarsi e
acquistare i biglietti d’ingresso a prezzi scontati, e due
progetti dedicati al contatto con i visitatori: Macef in road
show e Progetto invito Italia. Macef in evoluzione, quindi;
seguendo le indicazioni e le tendenze del mercato, mai
come in questi anni ricco di difficoltà ma anche di nuove
opportunità per chi sappia e voglia guardarsi attorno con
curiosità e disponibilità verso il nuovo. Spunti preziosi,
infatti, stanno nascendo per il mondo della produzione
e della distribuzione dalla commistione di tradizioni diverse portate dal melting pot che anche in Italia si sta
arricchendo delle tradizioni di tanti paesi differenti: un
mix di stili ancora tutto da esplorare, di cui la manifestazione si propone come avanguardia e precursore. Macef
si conferma piattaforma per il business, a disposizione
delle piccole imprese in cerca di un canale privilegiato
per lanciarsi, per le medie aziende a caccia di nuovi mercati e per i grandi marchi che possono trovare in Macef
un osservatorio di eccellenza sul loro settore.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
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Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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MICAM shoevent: Fieramilano Rho, 19 - 22 settembre
Si rinnova l’appuntamento con le calzature
di gamma alta e medio alta
In mostra i modelli della collezione moda primavera/estate 2011, che potranno essere
visionati dai buyer di tutto il mondo
Si tratta di un appuntamento imprescindibile per coloro
che si occupano delle fasce più alte del mercato delle
calzature in Italia e nel mondo. L’evento ha infatti via
via acquisito un rilievo sempre maggiore e si configura
oggi come punto di riferimento indiscusso per il settore, anche a livello internazionale. MICAM Shoevent è
per tutti la vetrina delle migliori scarpe, e in lavorazione
d’eccellenza e design innovativo.
Diversi sono i fattori che contribuiscono al successo
della manifestazione, primo fra tutti la capacità di rispondere alle effettive esigenze del mercato. L’ultima
edizione, che si è svolta a marzo, ha registrato un buon
risultato non solo per l’affluenza di visitatori, ma anche
per il numero di trattative commerciali avviate. Inoltre,
carattere distintivo della manifestazione è la selettività
delle calzature esposte, primo fattore di successo di
MICAM Shoevent. Dalla prossima edizione inoltre verrà
effettuata una riorganizzazione nella distribuzione di alcune tipologie di prodotto e relativi padiglioni espositivi.
Sarà scambiata tra loro la collocazione degli espositori
del Pad. 4 (calzature donna trendy) che unitamente al
Pad. 2 registra il maggior numero di visite con gli espositori del Pad. 5 (calzature uomo/donna) che unitamente al Pad. 7 risulta essere il più penalizzato.
Tale operazione si rende necessaria per garantire a tutti
i partecipanti alla fiera, pur con le diverse caratteristiche, una più equilibrata ed omogenea opportunità di
beneficiare della presenza dei visitatori in tutta l’area
espositiva che MICAM occupa.
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Rivista
n. 6 - Giugno 2010
L’edizione di settembre si presenta quindi come un’importante occasione di business, sia per le aziende, che
avranno modo di esporre i propri modelli nella più prestigiosa delle vetrine, sia per i buyer che potranno pianificare gli ordini per la futura stagione.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
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INTERPOMA 2010: Bolzano, 4 – 6 novembre 2010
Fiera internazionale specializzata
per la produzione, conservazione
e commercializzazione della mela
Nei meleti altoatesini si avvicina l’estate. La stagione
si concluderà con “Interpoma”, Fiera internazionale specializzata per la produzione, conservazione e
commercializzazione della mela, in programma dal 4
al 6 novembre 2010. Considerato che vi parteciperanno le aziende più significative del settore, c‘è grande attesa per le novità presentate per l‘occasione.
A metà marzo nei meleti che coprono 18.500 ettari
di aree coltivabili sono comparsi i primi boccioli; il
Centro di sperimentazione agraria e forestale Laimburg ha constatato che gli alberi della qualità Golden
Delicious sono germogliati una settimana più tardi in
confronto allo scorso anno e con quattro giorni di ritardo rispetto al 21 marzo, data presa a media per
anni. Per quel che concerne la commercializzazione
della mela, negli ultimi due anni, ovvero da quando
si è tenuta l‘ultima edizione di Interpoma (nel 2008)
l‘economia melicola altoatesina ha registrato significativi cambiamenti e grandi novità.
Tutto ciò è avvenuto soprattutto all‘insegna del rinnovo delle strutture di commercializzazione e di nuove
alleanze in risposta ad un commercio alimentare al
dettaglio che acquista giorno dopo giorno sempre
maggiore importanza. Le sette cooperative ortofrutticole della Val Venosta, riunite nell‘Associazione Vi.P,
che vendono circa un terzo del raccolto locale, dal
2008 commercializzano la loro produzione tramite un
unico punto di vendita.
Da quest‘anno collaboreranno in stretta sinergia anche le 18 cooperative riunite nel VOG, Consorzio delle
Cooperative Ortofrutticole dell’Alto Adige, che commercializzano la loro produzione, circa due terzi del
raccolto di mele altoatesine, tramite quattro Pool.
Collaborazione interregionale e una presentazione
comune sui mercati dell’Est sono invece alla base della neonata FROM, l'organizzazione a cui aderiscono
VOG e Vi.P in sinergia con entrambe le associazioni di
produttori del vicino Trentino e l’azienda di trasformazione e commercializzazione di frutta VOG Products.
In questi anni in Alto Adige i raccolti record si susseguono senza soluzione di continuità.
Numerosi addetti ai lavori ritengono, però, che il settore della frutticoltura abbia oramai raggiunto i massimi livelli: per quel che concerne questa stagione, gli
esperti si dichiarano comunque fiduciosi. In base alle
osservazioni del Centro di consulenza per la frutti- e
viticoltura, nonostante il raccolto record di 1,1 milioni
di tonnellate si assiste ad una nuova, buona fioritura.
Nel settore della coltivazione si avverte una certa necessità di cambiamento.
I produttori altoatesini di frutta dimostrano coraggio
nel rinnovare le varietà di mele.
Se un paio di anni orsono ci si orientava a coltivare qualità note, attualmente la scelta cade su varietà nuove tipo Modí® (CIV G198), Kanzi® (Nicoter)
e Jazz® (Scifresh), nella speranza che in futuro tali
varietà aprano interessanti prospettive economiche.
Resta invariato, invece, l‘interesse per la varietà Pink
Lady®.
Come già avviene in tutti gli altri settori economici, anche in agricoltura è fondamentale essere molto bene
informati se si desidera operare con successo.
Interpoma rappresenta una formidabile occasione di
aggiornamento ed informazione per tutti coloro che
operano nel settore.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
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la
Rivista
n. 6 - Giugno 2010
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Ernst & Young,
il vostro partner
competente per:
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Legal
Transactions
Advisory
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Il
Mondo in Camera
Olive Oil Award 2010
Premiate le aziende
proposte dalla CCIS
Premiate 18 CCIE europee
Alla Fiera di Hannover
Ducati Day a Zurigo
20 giugno 2010
Giovani stilisti crescono
Fashion Talk presso
la sede della CCIS
Vini d’Italia 2010
Il mondo in camera
I migliori oli d’oliva del mondo in gara per l’Olive Oil Award 2010
Riconoscimenti per le aziende
rappresentate dalla CCIS
Il 15 aprile 2010 presso l’Hochschule für Angewandte
Wissenschften (ZHAW) di Wädenswil, una cittadina
appartenente al Cantone di Zurigo, si è tenuto il Nono
International Olive Congress. Produttori, importatori
ed esportatori, provenienti da più di tredici nazioni,
quest’anno si sono incontrati tutti in territorio svizzero.
Questo appuntamento, vetrina irrinunciabile per alcuni
tra gli operatori del settore più prestigiosi al mondo, è
stato accompagnato dalla consueta premiazione degli oli
extravergine d’oliva che si sono contraddistinti in termini
di qualità e di gusto. Durante una solenne cerimonia e in
presenza di numerosi giornalisti, sono stati aggiudicati i
premi suddivisi in tre categorie: Il Premio Oliva d’Oro, il
Premio Oliva d’Argento e la menzione speciale “Award”
per gli oli dalle eccellenti qualità sensoriali. La giuria
del concorso ha avuto un bel da fare dal momento che
gli oli in gara sono stati più di 118. L’arduo compito
è stato svolto al meglio e, crediamo, senza troppa
fatica, date le prelibatezze presenti in gara; il gruppo di
esperti svizzero ha deciso di premiare 19 dei prodotti
presenti sulla base di nove parametri degustativi,
definiti a suo tempo dall’International Olive Council.
Le sfumature del fruttato, l’acidità, le note amare e la
rotondità, la complessità delle componenti sensoriali
e il loro equilibrio: nulla è sfuggito ai palati e ai nasi
ben educati della commissione. Oltre ai 19 oli insigniti
del Premio Oliva d’Oro, altri 8 si sono visti assegnare
il Premio Oliva d’Argento e 7 quello relativo alle qualità
sensoriali. A fare la parte del leone, come sempre, è
stata l’eccellenza italiana, che si è aggiudicata più di
un terzo dei premi; bene anche la Spagna e la Grecia,
posizionatesi rispettivamente al secondo e al terzo
posto. La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
(CCIS), come sempre attenta a valorizzare il Made in
Italy, ha curato la partecipazione di due aziende pugliesi
d’eccellenza. AGROLIO Srl di Andria era in gara con l’Olio
Extra Vergine di Oliva La Vecchia Macina e con l’Olio
Extra Vergine di Oliva Agresti, e a quest’ultimo è andato
il Premio Oliva d’Argento 2010. La PUGLIA ALIMENTARE
Srl di Martina Franca si presentava invece con l’Olio
Extra Vergine di Oliva Biologico La Casa di Caroli e
con l’Olio Extra Vergine di Oliva Gusto Fruttato. L’olio
Gusto Fruttato ha ricevuto la menzione speciale “Award”
grazie alle eccellenti qualità sensoriali, riconfermando la
Puglia tra le migliori zone italiane in fatto di produzioni
olearie. Luigi Palma, in rappresentanza della Camera
di Commercio, si è detto molto soddisfatto dei risultati
ottenuti e nel futuro ha dichiarato di volersi impegnare
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Rivista
n. 6 - Giugno 2010
Luigi Palma (CCIS) ritira il Premio Oliva d’Argento 2010
per l’azienda Agrolio di Andria.
Stefano Caroli (Puglia alimentare) ritira la menzione speciale
attribuita all’Olio Extra Vergine di Oliva Gusto Fruttato.
ancora per sostenere l’eccellenza enogastronomica
del Belpaese. A lui e a tutto lo staff della Camera di
Commercio Italiana sono andati i ringraziamenti degli
imprenditori pugliesi che si sono visti riconoscere anni
di duri sacrifici e la grande passione nei confronti della
qualità e della tradizione alimentari.
Alla Fiera di Hannover
Premiate 18 CCIE europee
Si è conclusa venerdì 23 aprile 2010 l’edizione 2010
della Fiera di Hannover (Hannover Messe), con la partecipazione dell’Italia come Paese Partner. La sede del
Salone ha fatto da collettore per 8 fiere leader internazionali (Industrial Automation, Digital Factory, Industrial
Supply, Coil Technica, Micronanotec, Mobilitec, Research & Technology, Energy e Power Plant Technology),
e per l’evento b2fair Matchmaking Event, la borsa
trasversale della cooperazione volta a creare incontri
professionali multisettoriali tra le pmi, in modo efficace,
rapido ed economico. All’interno dell’imponente complesso fieristico di Hannover, che si estende su una
superficie espositiva di 224.800 mq, gli spazi dedicati
all’evento b2fair sono stati: la hall Research & Technology, dedicata alla ricerca tecnologica e all’innovazione, e
nella Hall 27, Global Business & Markets.
Le Camere di Commercio italiane di Amsterdam, Barcellona, Belgrado, Bruxelles, Francoforte, Lione, Lisbona, Londra, Lussemburgo, Madrid, Marsiglia, Monaco
di Baviera, Parigi, Salonicco, Sofia, Stoccolma, Vienna
e Zurigo consapevoli dell’importanza di dare il proprio
contributo alla presenza ufficiale italiana alla Fiera di
Hannover, avevano aderito nel gennaio 2010 a tale
azione di promozione di matchmaking e di assistenza
alle imprese italiane espositrici o in visita all’Hannover
Messe, nell’ambito del progetto Sostenibilità Ambientale di cui è capofila la Camera di Commercio di Francoforte. Il coordinamento dell’inziativa b2fair Matchmaking Event è stato svolto dalla Camera di Commercio
Italo-Lussemburghese e, grazie alla sinergia con 18
Camere Italiane in Europa, circa 80 aziende italiane
iscritte alla borsa trasversale hanno potuto scegliere
partner commerciali tra le 350 imprese internazionali
che si sono registrate per ottenere un’agenda personalizzata di incontri d’affari.
La partnership innovativa con la rete delle 18 Camere di Commercio Italiane in Europa, che si è aggiunta
alla rete dei partner di Enterprise European Network, è
risultata particolarmente efficace ed apprezzata dagli
organizzatori che hanno assegnato al network camerale europeo il b2fair Business Award, in qualità di miglior
partner dell’evento.
DUCATI DAY – 20 GIUGNO 2010
Anche quest’anno la Mohag-Gruppe e la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) ripetono l’avventura in
sella alle nuove Ducati, però quest’anno SI VA IN MONTAGNA!
(iscrizione entro l’11 giugno 2010)
Percorso abbastanza impegnativo, in ogni caso senza grandi difficoltà:
Da Zurigo ci sposteremo velocemente sull’autostrada per uscire dall’agglomerato zurighese, quindi saliremo lungo
strade cantonali e secondarie verso il passo del Ricken, da lì scenderemo nel Toggenburg, visita breve a un sito,
forse due, interessante e quindi ripartenza. Destinazione Hemberg dove Angelo al Ristorante Krone ci aspetterà
per un pranzetto all’italiana (CHF 50.- circa). Poi viaggeremo nel Cantone Appenzello in direzione di Schwägalp (se
ci sarà il tempo, chi vorrà potrà salire in teleferica sulla cima del Säntis). Ripartenza verso Zurigo con una tappa
intermedia, “da qualche parte”, per un caffè o un gelato.
Roadbook approssimativo:
09.15
Partenza da Zurigo – Mohag-Gruppe, Bernerstrasse Nord 202, 8048 Zürich
10.30
Arrivo nel Toggenburg
12.00
Ristorante Krone da Angelo Arconzo e consorte
14.30
Arrivo a Schwägalp
15.30
Partenza per il ritorno da Schwägalp
(Decideremo sul posto la via del rientro con le varianti “veloce” o “turistica”)
17.00 / 18.00 Arrivo a Zurigo – Mohag-Gruppe
Per informazioni:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera - Lara Francesca Cucinotta - Tel. 044 289 23 23 - Mail lcucinotta@ccis.ch
la
Rivista
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di Mattia Lento
Giovani stilisti crescono
Fashion Talk alla Camera di Commercio
Italiana di Zurigo (CCIS)
dei giovani che vogliano intraprendere la carriera della moda:
spesso vengono risucchiati nel
vortice delle false promesse,
nella bolgia di intermediari senza scrupoli, oppure, non sapendo come muoversi, si ritrovano
a disperdere energie creative o,
peggio, a dover abbandonare
l’agognata professione, anche a
fronte di un talento promettente. Dal canto loro, i tre giovani
stilisti presenti hanno confermato tutte le considerazioni della
Caccia e hanno mostrato di
aderire, al di là delle convenienze, ad un progetto che percepiscono come fondamentale per
poter esprimere al meglio, e far
conoscere quanto prima, creatività e talento. Angela Saez,
Manuela Soldati e Massimiliano
Latte, questi i nomi dei tre stiI due rappresentanti della Camera svizzera della moda, Natasha Caccia e Ivan Sugar, e i
tre giovani stilisti: Manuela Soldati, Massimiliano Latte e Angela Saez.
listi, operano rispettivamente
nella svizzera tedesca, in quella
Giovedì 29 aprile presso la sede della Camera di Comfrancese e in Italia e hanno elogiato pubblicamente le fimercio Italiana per la Svizzera (CCIS) si è svolta un’imnalità della Camera Nazionale della Moda Svizzera, che
portante conferenza che ha portato al centro del diattraverso il supporto ai giovani intende costruire un
battito il mondo della moda svizzero. Scopo dell’inconvero e proprio sistema della moda elvetico. I presenti
tro è stato quello di presentare al pubblico presente,
in sala hanno mostrato un vivo interesse nei confronti
composto da giornalisti e da addetti ai lavori operanti a
dell’argomento. Oltre ai consueti interventi da parte dei
Zurigo, le attività e gli obiettivi della Camera Nazionale
giornalisti anche stilisti, imprenditori del tessile e opedella Moda Svizzera.
ratori del settore della Svizzera tedesca hanno posto
Questo ente, nato due anni fa grazie all’iniziativa di aldelle domande, dimostrando che il progetto partito da
cuni giovani dinamici e volenterosi, si propone come
Lugano ha davvero una valenza e un rilievo di carattere
obiettivo prioritario quello di promuovere l’attività di
nazionale e non è semplicemente confinato al contesto
talenti emergenti della moda dentro e fuori il contesto
ticinese. Il Ticino, ha certo una posizione strategica dosvizzero. I soci della neonata camera possono usufruvuta alla vicinanza con Milano e, inoltre, ha dalla sua una
ire di tutto il supporto organizzativo, promozionale e
forte presenza turistica che potrebbe favorire l’aumenlegislativo di questo organismo che, pur avendo sede
to di popolarità di alcuni eventi internazionali legati alla
a Lugano, si propone di diventare in breve tempo un
moda. Inoltre, potrebbe diventare, in un breve volgere
punto di riferimento per tutta la Svizzera. Ad aprire gli
di tempo, una valida alternativa per tanti stilisti che non
interventi è stato uno dei rappresentanti della Camera
trovano spazio o condizioni ideali nel difficile contesto
della moda, Ivan Sugar, che ha illustrato brevemente
milanese. In attesa che il progetto s’ingrandisca semle attività della CNMS. A seguire, Natasha Caccia ha
pre di più, verifichiamo comunque i primi progressi di
parlato dell’urgenza di un tale progetto in un contesto
un ente innovativo che in soli due anni e con poche
come quello svizzero in cui non esiste una forte trarisorse a disposizione ha già conquistato la stima e la
dizione nel settore della moda. La cofondatrice della
fiducia di tutti quelli che credono in un futuro più roseo
Camera della moda ha descritto, inoltre, le difficoltà
per la moda e lo stile svizzeri.
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ATTIVITÀ E SERVIZI
Con i suoi circa 800 Soci la Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente
ai sensi del Codice Civile Svizzero. Il suo compito precipuo
consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio
tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La gamma
dei suoi servizi, certificati ISO 9001, è molto variegata e comprende tra l‘altro:
- Ricerche su banche dati di produttori, importatori, grossisti,
commercianti, agenti/rappresentanti dei seguenti Paesi: Italia e Svizzera
- Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci, assetti societari, protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc.
(disponibili on-line in giornata)
- Segnalazioni di potenziali fornitori ed acquirenti
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- Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con
l‘ausilio di servizi di interpretariato e segretariato
- Recupero di crediti commerciali, con particolare riguardo alla
ricerca di soluzioni amichevoli e extragiudiziali
PUBBLICAZIONI
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La Rivista periodico ufficiale mensile (11 edizioni all‘anno)
Calendario delle Fiere italiane
Annuario Soci
Indicatori utili Italia-Svizzera
Agevolazioni speciali per i Soci
Seestrasse 123, Casella postale, 8027 Zurigo
Tel. ++41 44 289 23 23, Fax ++41 44 201 53 57
http://www.ccis.ch, e-mail: info@ccis.ch
IVA-Nr. 326 773
- Recupero dell‘IVA svizzera in favore di operatori italiani, nonché dell‘IVA italiana per imprese elvetiche
- Consulenza ed assistenza legale in materia di diritto commerciale, societario e fiscale
- Assistenza e consulenza in materia doganale
- Informazioni statistiche ed import/esport
- Informazioni finanziarie e riservate sulla solvibilità di imprese
italiane e svizzere
- Ricerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento
di brevetti
- Azioni promozionali e di direct marketing
- Arbitrato internazionale
- Informazioni relative all‘interscambio, normative riguardanti
gli insediamenti in Svizzera ed in Italia
- Seminari e manifestazioni su temi specifici di attualità
- Traduzioni
- Viaggi di Studio
- Certificato di Italiano Commerciale rilasciato in collaborazione con la Società Dante Alighieri di Roma
- Swiss Desk Porti italiani
- La CCIS fornisce informazioni su Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza ufficiale di Fiera Milano e di VeronaFiere
- Recupero crediti in Svizzera
- Regolamento di Arbitrato e di Conciliazione
della Camera Arbitrale della CCIS
- Compra-vendita di beni immobili in Italia
- Costituzione di società affiliate di imprese estere in Italia
- Il nuovo diritto societario italiano
- Servizi camerali
Rue du Cendrier 12-14, Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel. ++41 22 906 85 95, Fax ++41 22 906 85 99
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RECUPERO IVA SVIZZERA
Il servizio, offerto a condizioni
molto vantaggiose, è rivolto sia
alle imprese svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia che
alle imprese italiane che recuperano l’IVA pagata in Svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra Italia e Svizzera
la legislazione svizzera consente agli imprenditori italiani il rimborso dell’IVA svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e la Svizzera, la
legislazione italiana consente agli imprenditori svizzeri di ottenere il rimborso dell’IVA italiana. La CCIS:
• fornisce la necessaria documentazione;
• esamina la documentazione compilata;
recapita l’istanza di rimborso in Italia all’Autorità fiscale
competente;
• avvia e controlla l’iter della Vostra pratica tramite il suo
ufficio di Pescara;
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La CCIS:
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• diventa il Vostro rappresentate fiscale;
• esamina la completezza della Vostra documentazione;
• invia la documentazione alle autorità svizzere e segue l’iter
della vostra pratica.
Informazioni più dettagliate contattare
la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
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che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e prodotti all’estero un’accurata
ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo
ed identificati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare affidabili
interlocutori nel settore di riferimento, viene organizzato un incontro presso le aziende
target così selezionate permettendo alle imprese italiane o svizzere un rapido ed efficace
ingresso sui rispettivi mercati di riferimento.
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