Palazzo Rocca Saporiti
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Palazzo Rocca Saporiti
XVII GIORNATA FAI DI PRIMAVERA 28-29 MARZO 2009 SCHEDE ARTISTICHE PER LA FORMAZIONE DEGLI “APPRENDISTI CICERONI” PALAZZO ROCCA SAPORITI DELEGAZIONE FAI DI MILANO 1 SIMBOLOGIA UTILIZZATA Gentili insegnanti, gentili studenti, Questa scheda è il testo fondamentale per la preparazione degli Allievi Ciceroni, scritto appositamente per la Giornata di Primavera 2009. Essa ripercorre la storia del Palazzo Rocca Saporiti, ed è strutturata in modo da essere più funzionale possibile in vista dell’esposizione al pubblico. All’interno del testo sono presenti numerosi collegamenti e spunti di discussione, che potranno essere approfonditi in classe. Illustriamo le icone utilizzate all’interno della scheda: Profili storici Citazioni da documenti storico-letterari Definizioni Biografie degli artisti 2 Approfondimento dell’insegnante Approfondimento IL NEOCLASSICISMO A MILANO Il lungo periodo di stabilità che intercorse tra la Pace di Aquisgrana (1748) e la conquista dell’Italia da parte dell’esercito francese guidato da Napoleone (1796) consentì agli stati retti da sovrani illuminati (Carlo III e Ferdinando IV di Borbone a Napoli, Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena in Toscana, Filippo di Borbone a Parma e Ferdinando d’Asburgo a Milano) di attuare numerose riforme di carattere economico, sociale e di gestione del territorio, nonché di condurre un programma organico di promozione delle arti. A Milano la monarchia austriaca (che era succeduta agli spagnoli dal 1706) promosse con grande vigore il riordinamento e l’accentramento amministrativo, rafforzando l’autorità statale rispetto a quella della chiesa: l’imperatrice Maria Teresa fece stilare un catasto (1760), che portò alla riorganizzazione della tassazione dei beni immobiliari. La chiusura di monasteri di numerosi ordini contemplativi e l'incameramento dei beni della chiesa mise le proprietà ecclesiastiche sul libero mercato dei terreni, e portò alla creazione di una nuova gestione agraria di tipo imprenditoriale. Milano divenne inoltre città all’avanguardia nello studio della scienza e della tecnica, interessi diffusi a partire dal fermento intellettuale della Francia dell’Encyclopédie: all'Accademia dei Cavalieri si discuteva di filosofia e di meccanica, alla Società Patriottica promossa dallo stesso governo austriaco nel 1776, si dissertava di gelsi, della produzione del vino e dei rimedi contro la pellagra. Protagonisti degli ambienti letterari dell’epoca furono Giuseppe Parini, Cesare Beccaria e Pietro Verri: la rivista “Il Caffé”, fondata sull’esempio delle inglesi “The Spectator”, e “The Tatler”, sollecitava le riforme, denunciava le imposture, derideva il cattivo gusto, combatteva il campanilismo, invitando il lettore ad amare , soprattutto, la patria degli italiani. 1. La Biblioteca Nazionale Braidense 3 La Pace di Aquisgrana pose fine alla guerra di successione austriaca e vide l’ascesa al trono della figlia legittima di Carlo VI d’Austria, Maria Teresa. Illuminismo Encyclopédie Giuseppe Parini Cesare Beccaria Pietro Verri ALLA SCOPERTA DELLA MILANO NEOCLASSICA PALAZZO REALE: Nel 1772 il governo austriaco approvò il progetto di Giuseppe Piermarini per la riqualificazione del palazzo preesistente, che divenne la residenza del governatore, l’Arciduca Ferdinando I d’Austria. Gli interni furono decorati dagli scultori Martin Knoller, Giulio Traballesi, dallo stuccatore di fama internazionale Giocondo Albertolli, e arredati con mobili di Giuseppe Maggiolini. La grande novità del palazzo, e di tutti i cantieri milanesi diretti da Piermarini, fu rappresentata dal ruolo centrale che vi svolse il letterato Giuseppe Parini: lo scrittore venne scelto come consulente nella determinazione delle scelte formali e iconografiche, a favore della mitologia e dell’allegoria. Di particolare importanza è il salone delle Cariatidi (il nome deriva dal doppio ordine di statue in stucco, ora perse in seguito ai bombardamenti del 1943), al piano nobile del Palazzo, che occupa lo spazio dell’antico Regio Teatro, bruciato nel 1776 e sostituito dal Teatro alla Scala. TEATRO ALLA SCALA Nel 1776 un incendio distrusse il Teatro Regio, attiguo al Palazzo di Corte: per questo l’arciduca Ferdinando affidò a Giuseppe Piermarini la costruzione di un nuovo teatro, situato nell’area dove sorgeva la chiesa di Santa Maria alla Scala, voluta nel 1381 da Beatrice Regina della Scala, consorte di Bernabò Visconti. Il Teatro venne inaugurato il 3 agosto 1778 con l'opera di Antonio Salieri, L'Europa riconosciuta. IL COMPLESSO DI BRERA Con la soppressione dell’ordine dei Gesuiti, il Palazzo di Brera venne trasformato da collegio ecclesiastico a sede delle maggiori istituzioni culturali della città: l’Accademia di Belle Arti, la Biblioteca Nazionale Braidense (che ancora oggi ospita il ritratto della sovrana illuminata), l’Orto Botanico e l’Osservatorio Astronomico. 4 Neoclassicismo Giuseppe Piermarini (Foligno 17341808). la sua attività si svolse prevalentemente a Milano, dove giunse nel 1769 al seguito di Luigi Vanvitelli, del quale era stato allievo a Roma e quindi collaboratore alla Reggia di Caserta (1765-1769). Fu lo stesso Vanvitelli a cedergli l’incarico del rifacimento dell’antico Palazzo Ducale (oggi reale), dando così inizio all’intensa attività nella città di Milano, dove fu nominato “Imperial regio architetto” nel 1779, e docente all’Accademia di Brera dal 1776. Caratterizzano i suoi progetti un’impostazione spaziale chiara e rigorosa, ed elementi decorativi che mantengono i caratteri di estrema sobrietà, usati con rapporti modulari ricorrenti. Carlo Attilio Meschia, biografo di Giuseppe Piermarini, racconta che l’architetto era solito citare le opere di Parini per spiegare la semplicità del passato ai suoi studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Brera: E a i limpidi tornar di Grecia rivi, Onde natura schiude Almo sapor, che a sè contrario il folle Secol non gusta, e pur con laudi estolle. (G. Parini, La gratitudine, Odi) LA MILANO NAPOLEONICA Il dominio austriaco, durato novant’anni, terminò con l’entrata in Milano dell’esercito francese di Napoleone Bonaparte, il 15 maggio 1796: tutti i territori conquistati in Italia settentrionale furono riuniti a costituire la Repubblica Cisalpina (1797), che divenne poi Repubblica Italiana (1801), e quindi Regno d’Italia (1805). Milano fu scelta come residenza del vicerè Eugenio de Beauharnais e della sua corte giovane e brillante, attiva e impegnata nel realizzare gli obiettivi del nuovo regime: venne promossa una mole impressionante di lavori pubblici, quali la costruzione di strade (il Sempione, per collegare Milano con la Francia), la bonifica di territori, e la realizzazione di canali (il naviglio Pavese venne completato nel 1808). La popolazione, dopo oltre 150 anni di stagnazione, riprese decisamente ad aumentare, soprattutto grazie alla forte immigrazione di chi si trasferiva nel regno alla ricerca di lavoro: Milano, raggiunse, per la prima volta, 150.000 abitanti. La necessità di creare strutture urbane adeguate ad una città in forte sviluppo demografico, e investita di un nuovo ruolo pubblico, promosse numerosi interventi urbani, a partire dall’abbattimento delle fortificazioni intorno al Castello Sforzesco e dal recupero della zona, che aveva una “Bella e ricca città di Milano,sede del Vicerè d’Italia, ove si è abbellita la reale abitazione di una corte piena di genio e di gusto per lo splendore e la magnificenza, ove sonosi eretti parecchi grandiosi monumenti alla gloria del nostro augusto monarca sempre trionfatore […] ed ove minori assai che dovunque sono state le scosse che hanno indebolito la forza delle famiglie, Milano per tutti questi grandiosi avvantaggi accumulati e protetti dalla mano sovrana, i quali hanno indebitamente portato la voce e l’emulazione, ed efficacia onde le belle arti potessero emergere con una floridezza assai brillante e invidiata, Milano è talmente superiore in artisti e produzione che senza mezzi straordinari non potrà mai da alcuna altra città del regno essere adeguata.” (Leopoldo Cicognara) 2. Il progetto del Foro Bonaparte di Giovanni Antonio Antolini. 5 funzione militare ancora durante la dominazione austriaca. Il Castello divenne il centro del grandioso progetto di Giovanni Antonio Antolini, che prevedeva la creazione di un nuovo quartiere dotato di negozi, uffici, mercati, teatri, edifici pubblici come la Borsa valori, che però non venne mai realizzato per i costi elevati: rimane solo l’impostazione viaria e la toponomastica del “Foro Bonaparte” attorno al Castello. L’arte della Milano napoleonica è improntata sul fasto e la magnificenza, e presenta spiccate finalità celebrative: siamo lontani dal decoro ispirato alla misura e alla ragione che aveva caratterizzato il ventennio precedente. 3. Antonio Canova, Napoleone come Marte Pacificatore, cortile di Brera ALLA SCOPERTA DELLA MILANO NAPOLEONICA Villa Reale. Inizialmente il conte Ludovico Barbiano di Belgioso commissionò la progettazione della villa a Giuseppe Piermarini il quale, come era accaduto anni prima con Palazzo Reale, passò l’incarico al suo allievo preferito Leopold Pollack. Morto il Belgioioso fu acquistata dalla Repubblica Cisalpina e divenne residenza di Napoleone e della moglie Giuseppina Beauharnais prima, e del vicerè poi. Attualmente ospita il museo dell’Ottocento. Arco della Pace. Fu iniziato nel 1807 da Luigi Cagnola, che si ispirò all’arco di Settimio Severo a tre fornici nel foro romano. L’arco, progettato per celebrare le vittorie di Napoleone, venne terminato solo nel 1838, e successivamente dedicato alla Pace del 1815. Degli stessi anni sono anche i due caselli daziari ai lati dell’arco, disegnati anch’essi dal Cagnola. 6 Leopold Pollak (Vienna 1751 - Milano 1806), allievo e collaboratore di G. Piermarini, divenne uno degli architetti favoriti dalla nobiltà milanese, alla quale fornì le sue interpretazioni impeccabili e fastose di un classicismo aggiornato sugli esempi delle grandi capitali europee. Tra le sue opere, oltre alla Villa Reale, sono da ricordare il Teatro Filodrammatici (progettato in collaborazione con L. Canonica), e le ville Amalia a Erba (Co) e Pesenti Agliardi a Sombreno (Bg). IL QUARTIERE DI PORTA ORIENTALE Palazzo Rocca Saporiti sorge nell’antica contrada di porta Orientale, che corrisponde al tratto dell’attuale Corso Venezia esterno alle mura medievali: fino al XVIII secolo la zona, poco edificata, era destinata a rustici e ortaglie appartenenti ai vicini conventi di San Dionigi, delle Carcanine e dei Cappuccini. Ecco come Alessandro Manzoni descrive il borgo nel capitolo XI de “I Promessi Sposi”, ambientati nella Milano del Seicento: San Dionigi, in origine Basilica Salvatoris et prophetarum, era una delle quattro basiliche fondate da Sant’Ambrogio, insieme alla Basilica Apostolorum, San Nazaro, posta sulla strada verso Roma, la Basilica Martyrum, S. Ambrogio, sulla via per le Gallie e la Basilica Virginum, San Simpliciano. Esse formavano una cinta di santuari che contenevano le reliquie di martiri locali e stranieri trasportati in città. - Saprebbe insegnarmi la strada più corta, per andare al convento de' cappuccini dove sta il padre Bonaventura? [...] - Siete fortunato, bravo giovine; il convento che cercate è poco lontano di qui. Prendete per questa viottola a mancina: è una scorciatoia: in pochi minuti arriverete a una cantonata d'una fabbrica lunga e bassa: è il lazzeretto; costeggiate il fossato che lo circonda, e riuscirete a porta orientale. Entrate, e, dopo tre o quattrocento passi, vedrete una piazzetta con de' begli olmi: là è il convento: non potete sbagliare. Dio v'assista, bravo giovine -. E, accompagnando l'ultime parole con un gesto grazioso della mano, se n'andò. Renzo rimase stupefatto e edificato della buona maniera de' cittadini verso la gente di campagna; e non sapeva ch'era un giorno fuor dell'ordinario, un giorno in cui le cappe s'inchinavano ai farsetti. Fece la strada che gli era stata insegnata, e si trovò a porta orientale. Non bisogna però che, a questo nome, il lettore si lasci correre alla fantasia l'immagini che ora vi sono associate. Quando Renzo entrò per quella porta, la strada al di fuori non andava diritta che per tutta la lunghezza del lazzeretto; poi scorreva serpeggiante e stretta, tra due siepi. La porta consisteva in due pilastri, con sopra una tettoia, per riparare i battenti, e da una parte, una casuccia per i gabellini. I bastioni scendevano in pendìo irregolare, e il terreno era una superficie aspra e inuguale di rottami e di cocci buttati là a caso. La strada che s'apriva dinanzi a chi entrava per quella porta, non si paragonerebbe male a quella che ora si presenta a chi entri da porta Tosa. Un fossatello le scorreva nel mezzo, fino a poca distanza dalla porta, e la divideva così in due stradette tortuose, ricoperte di polvere o di fango, secondo la stagione. Al punto dov'era, e dov'è tuttora quella viuzza chiamata di Borghetto, il fossatello si perdeva in una fogna. Lì c'era una colonna, con sopra una croce, detta di san Dionigi: a destra e a sinistra, erano orti cinti di siepe e, ad intervalli, casucce, abitate per lo più da lavandai. 4. Marc’Antonio Dal Re, Il Lazzaretto 7 Dopo la soppressione degli ordini monastici promossa dall’amministrazione austriaca, numerosi interventi urbanistici, affidati a Giuseppe Piermarini e condotti tra il 1770 e il 1790, cambiarono la fisionomia del quartiere: il corso divenne la radiale per Vienna e le Venezie, fu coperto il fossato dell’Acqualonga, e la strada pavimentata e allargata per consentire il passaggio delle carrozze. L’area dell’abbazia di San Dionigi e del convento delle Carcanine venne trasformata nei primi giardini pubblici di Milano, destinati alla ricreazione collettiva, dove si posizionarono giostre e spazi per il divertimento. Il quartiere divenne così residenza dei ceti nobiliari e delle classi agiate milanesi soppiantando il corso di Porta Romana come luogo di passeggio della buona società. Ancor di più alla moda divenne in epoca napoleonica, quando diviene sede di feste e sfilate, e la cerchia dei bastioni venne utilizzata come larga e ombrosa via di passeggio. La riqualificazione della zona si completa con la costruzione, nel 1826, dell’ingresso trionfale in Porta Orientale, con i due caselli daziari in stile neoclassico di Rodolfo Vantini. L’edificazione della cerchia dei Bastioni, la cinta muraria esterna che proteggeva la città, iniziò intorno al 1550, per ordine del governatore Ferrante Gonzaga. Completata dopo dieci anni, la cinta era di forma circolare, con una marcata rientranza in corrispondenza del Castello Sforzesco, e si estendeva su un perimetro di oltre 11 Km, che la rendeva una delle più lunghe d’Europa. Resti delle “mura spagnole” sono ancora visibili in Piazza Medaglie d'Oro e lungo Viale Vittorio Veneto. 5. Solenne ingresso in Milano per la Porta Orientale 8 PALAZZO ROCCA SAPORITI - LA STORIA Palazzo Rocca Saporiti venne edificato su parte dei terreni che un tempo erano occupati dal convento di frati Cappuccini: ancora una volta possiamo citare un passo del capitolo XI de “I Promessi Sposi”: Dove ora sorge quel bel palazzo [Rocca Saporiti] con quell’alto loggiato, c’era allora, e c’era ancora non son molti anni, una piazzetta, e infondo a quella la chiesa, e il convento dè cappuccini, con quattro grand’olmi davanti”. Il progetto del palazzo è firmato da Innocenzo Giusti nel 1812, nonostante, in realtà, i disegni siano stati realizzati da Giovanni Perego che, non essendo architetto di professione, ma scenografo alla Scala, non aveva i requisiti necessari per poter presentare il progetto a suo nome. Committente del palazzo fu Gaetano Belloni che aveva ottenuto, nel 1800, la gestione del ridotto della Scala, uno dei pochi luoghi milanesi dove era consentito il gioco d’azzardo. In cambio il Belloni doveva versare una quota del ricavato per gli spettacoli teatrali. Probabilmente il palazzo in Corso Venezia venne in realtà fatto costruire dal Belloni proprio per ospitare i giochi d’azzardo da lui gestiti. Innocenzo Giusti compie i propri studi di ingegneria presso la Regia Università di Pavia e conclude nel maggio 1788. Poco sappiamo della sua attività: nel 1813 dirige le opere per l’ingrandimento del teatro alla Scala, e firma progetti per dimore private molto differenti rispetto al Palazzo del Belloni, ispirati alle facciate introdotte dal Piermarini, prive di qualsiasi elemento originale. Un editto del 1786 obbligava ai giovani che volessero intraprendere la carriera di architetto di frequentare due anni di architettura presso l’Università di Pavia, e per un anno la scuola di architettura a Brera. Solo così si era abilitati ad un periodo di pratica presso lo studio di un architetto. Giovanni Perego (Milano, 1776 - 1817). Dopo gli studi presso l’Accademia di Brera, nel 1807 lavorò come scenografo alla Fenice di Venezia e, dal 1810, compare nell’organico stabile del Teatro alla Scala. Fu considerato dai contemporanei uno dei maggiori esponenti della scenografia neoclassica, tanto che subito dopo la sua scomparsa, gli venne dedicata una stele, collocata in uno dei corridoi interni di Brera. 6. G. Perego, Atrio di villa romana 9 Terminata l’età napoleonica, e vietato in gran parte il gioco d’azzardo, Belloni si trovò oberato dai debiti e si vide costretto ad alienare il palazzo. Nel 1818 la proprietà venne venduta al marchese Marcello Giuseppe Saporiti di Genova, a cui rimase fino al 1840, anno della sua morte. Il marchese Marcello Saporiti, non avendo figli nonostante tre matrimoni, nominò suo erede universale il “dilettissimo” pronipote Apollinare Rocca di Reggio Emilia. Nato nel 1813, è ricordato dalle fonti come uomo di grande cultura e generosità d’animo, protettore delle arti e delle scienze, benefattore e promotore di molti istituiti, per cui spesso ricoprì cariche importanti. In seguito alla sua morte, nel marzo 1880, il figlio primogenito Marcello divenne proprietario del palazzo Rocca Saporiti. Nel 1912, deceduto il conte Marcello senza figli, la proprietà passò al fratello Alessandro, ultimo discendente maschio della famiglia Rocca Saporiti. Alla sua morte, nel 1926, il palazzo divenne proprietà del nipote Ippolito, figlio della sorella Maria e del marchese Marcello Gropallo di Genova, con cui comincia il ramo dei Gropallo Rocca Saporiti di Milano: l’attuale proprietario del palazzo è nipote di Ippolito. La parte del palazzo che visiteremo è attualmente affittata a Banca Galileo. I Saporiti, originari di Milano, si trasferirono a Genova poco dopo la metà del XIII secolo. La dinastia si estingue proprio con il marchese Marcello Giuseppe, che morì nel 1840 senza eredi. Lo stemma della famiglia è composto da un’aquila nella parte superiore, e da una torre merlata sostenuta da due leoni nella parte inferiore. 7 Stemma dei Rocca Saporiti RIEPILOGO DEI PASSAGGI DI PROPRIETA’ Gaetano Belloni (dal 1812 al1818) Marcello Giuseppe Saporiti di Genova (dal 1818 al 1840) Apollinare Rocca di Reggio Emilia (nipote di Marcello Saporiti) (dal 1840 al 1880) Marcello Rocca Saporiti (figlio di Apollinare Rocca) (dal 1880 al 1912) Alessandro Rocca Saporiti (fratello di Marcello Rocca Saporiti) (1912-1926) Ippolito Gropallo Rocca Saporiti (nipote di Marcello Rocca Saporiti) (dal 1926 al 1939) Eredi dei Gropallo Rocca Saporiti (dal 1939 ad oggi) 10 LA FACCIATA La scenografica fronte, davanti alla quale sostava ammirato Sthendal, che soggiornava nel vicino Palazzo Borromeo d’Adda, testimonia l’esperienza teatrale del progettista Perego. Essa è composta da un pianterreno a bugnato poco accentuato e dai due piani superiori comprendenti il grande colonnato ionico che forma una loggia. A differenza di Palazzo Serbelloni, precedente al Palazzo Rocca Saporiti, che sicuramente Perego prese come modello, le colonne scanalate sono sei anziché due, e di conseguenza la parte laterale in muratura è più ridotta. Diversa è inoltre la soluzione del coronamento della loggia: Palazzo Serbelloni presenta un timpano, ad imitazione dei templi classici, mentre in Palazzo Rocca Saporiti troviamo una balaustra reggente sei statue, poste in corrispondenza delle colonne sottostanti. Le sculture, scolpite da Pompeo Marchesi e Grazioso Rusca, raffigurano eleganti personaggi mitologici. Esse rappresentano, da sinistra a destra guardando la facciata, Mercurio, Venere, Giunone, Giove, Apollo, Diana, Bacco, Cerere e Giano. Ispirato a Palazzo Serbelloni è invece l’inserimento del fregio a bassorilievo sulla parete di fondo tra il primo e il secondo piano, opera di Marchesi o dei suoi allievi, raffigurante alcuni degli episodi più significativi della storia di Milano. I materiali usati sono: al pianterreno granito rosa di Baveno per lo zoccolo e pietra di Vicenza per il bugnato; pietre varie provenienti da Bergamo, Como e Varese per colonne, lesene, capitelli, cornici marcapiano e statue. Il bugnato è un’opera di muratura ottenuta con bugne o bozze, cioè con pietre che sporgono uniformemente dalla superficie del muro. Secondo le forme il bugnato si distingue in liscio o gentile, o rustico, più rilevato. Noto fin dall’antichità, il bugnato venne rivalutato in tutte le sue forme soprattutto durante il rinascimento, e fu motivo ricorrente nell’architettura neoclassica ed eclettica dell’Ottocento. Pompeo Marchesi (Varese, 1783 - Milano, 1858), dopo tre anni di studio a Roma si stabilì a Milano, dove divenne una delle figure di maggior rilievo negli ambienti artistici della città. Ispirandosi alla classicità e alla scultura rinascimentale, lavorò per la Fabbrica del Duomo, scolpì bassorilievi per l’Arco della Pace, e realizzò numerosi busti-ritratto. L’ESTERNO L’androne del palazzo, coperto da una volta a botte decorata con grottesche a stucco, presenta verso il corso una pesante porta di legno, e verso l’interno un cancello di sbarre di ferro a forma di lance incrociate. Esso conduce al cortile d’onore, di pianta quadrata, circondato da un 11 8. Facciata di Palazzo Serbelloni portico a colonne tuscaniche architravate con granito rosa di Baveno, e pavimentato con ciottoli di fiume e corsie di granito per le carrozze. Di fronte all’ingresso, un andito con volte a botte riapre il passaggio ad un secondo piccolo cortile, su cui si affaccia un’ulteriore corte rustica delimitata sui quattro lati da un fabbricato a due piani, un tempo destinato alle scuderie e alle rimesse. Di fronte all’andito, un’alta cancellata divide la corte dal giardino. L’ordine tuscanico, ideato da Vitruvio, è un adattamento dell’ordine dorico. Esso è caratterizzato da capitelli simili a quelli dorici, ma di dimensioni maggiori, il fusto nella maggior parte dei casi è liscio, la base costituita da un semplice toro. L’andito è un corridoio di passaggio e di collegamento. LA DISTRIBUZIONE DEGLI AMBIENTI I fabbricati che si affacciano sul cortile d’onore si suddividono in tre piani. Al pianterreno alcuni locali erano destinati ad abitazione degli impiegati di rango più elevato (segretari, amministratori, assistenti del Bellone); i domestici risiedevano nel mezzanino tra il pianterreno e il primo piano. Generalmente al pianterreno trovavano posto anche le cucine, che, in questo modo, potevano essere facilmente approvvigionate d’acqua. Gli appartamenti da parata hanno una dimensione inferiore rispetto alle grandi ville patrizie costruite nelle epoche precedenti, alla ricerca di un maggior confort: stanze più raccolte permettevano un riscaldamento più efficace. In questo periodo appaiono anche le prime sale da bagno, posizionate negli appartamenti da parata, presenti un tempo anche a Palazzo Rocca Saporiti. 9. Pianta degli appartamenti da parata di Palazzo Rocca Saporiti 12 1 - L’INGRESSO A nord del portico d’ingresso si apre lo scalone d’onore: ai lati della porta a vetri, sostituita in epoca recente, troviamo due urne sostenute da plinti, elementi ornamentali tipici del periodo neoclassico. L’atrio d’ingresso è caratterizzato da una pavimentazione a scacchiera in marmo bianco e nero, dove in genere, sostavano in attesa i servitori. A destra dell’ingresso troviamo una porta in legno, decorata a intagli con le iniziali di Marcello Rocca Saporiti, proprietario del palazzo dal 1880 al 1912: l’apertura conduceva in un piccolo locale, ma, attualmente, l’ingresso è stato murato e vi rimane solamente la porta lignea. Sulla parete corta è situata una consolle, sorretta da cariatidi alate con zoccoli di caprino, con specchiera in legno dipinto di bianco e intagli dorati. Lo scalone presenta lo stesso marmo bianco del pavimento dell’atrio, ed è costeggiato da una balaustra in ferro e bronzo con le iniziali “MRC”, probabilmente su disegno dell’Alemagna, l’architetto che restaurò il vano scala del palazzo tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900. Le decorazioni in stucco delle pareti raffigurano festoni di fiori legati con nastri e campanule sul parapetto, sopra la porta che conduce all’atrio e sulle pareti di fondo, mentre nelle lunette delle volte troviamo due aquile ad ali spiegate. Sulla parete nord sono aperte tre nicchie: la prima a sinistra ospita una porta a specchi, attualmente murata, in quella centrale è collocata una statua, non attribuita, di un pastorello, mentre a destra troviamo una finestra. 2 - IL VESTIBOLO Il primo locale che incontriamo è il vestibolo, un piccolo corridoio di passaggio che collega un appartamento di minore importanza con gli ambienti di rappresentanza. Il pavimento è rivestito da un parquet intarsiato con decorazioni geometriche e bordato da meandri: questa è l’unica porzione visibile della pavimentazione originale, dal 13 10-11. Ingresso del palazzo e particolare dell’urna, decorata con elementi vegetali a bassorilievo momento che le parti restanti, per motivi conservativi, sono state coperte da un rivestimento in moquette azzurro. I parquet di Palazzo Rocca Saporiti, estremamente semplici rispetto allo sfarzo dei pavimenti di Villa Reale o del Salone da Ballo di Palazzo Reale, si ricollegano a quelli dei palazzi privati dello stesso periodo, che, pur essendo estremamente raffinati, corrispondono alle esigenze di praticità e comfort, rispetto all’ostentazione di grandiosità delle epoche precedenti. 3 - ANTICAMERA Il soffitto dell’anticamera è caratterizzato da una volta a botte decorata con semplici riquadri dipinti: l’impianto è sicuramente successivo al 1840 poiché riporta sui lati lunghi, oltre allo stemma dei Saporiti, quello dei Rocca (con l’aquila a due teste), che proprio in quella data ereditarono il Palazzo. le ghirlande ovali sopra le porte, erano utilizzate per ospitare i ritratti di famiglia, soprattutto nelle case dei nobili: anche per questo motivo è possibile attribuire queste decorazioni ad un periodo successivo all’insediamento del borghese Bellone. 12. Giocondo Albertolli, Particolare della volta del Salotto Cinese 1780 circa), Monza, Villa Reale 14 La datazione degli stucchi e delle decorazioni di Palazzo Rocca Saporiti non è omogenea, date le numerose e successive modifiche rispetto al progetto originario. Si può ipotizzare che il primo supervisore fu proprio Giovanni Perego, che fu, tra l’altro, allievo di Giocondo Albertolli al corso di ornato presso l’Accademia di Brera nel 1792. Albertolli (Beldano, Canton Ticino, 1742 - Milano, 1839) fece propria la concezione unitaria di architettura, arredamento e decorazione proposta dal maestro Petitot. Nel 1782 iniziò la pubblicazione di quattro volumi di decorazioni che diventeranno il testo fondamentale per i suoi allievi alla Scuola d’Ornato. 13. Giocondo Albertolli, esempio di decorazione Tra le due porte sul lato lungo della stanza è presente una consolle sorretta da aquile con specchiera, simile a quella conservata nell’atrio. Sul lato breve possiamo vedere due porte: quella di destra, ora murata, metteva in comunicazione l’anticamera con la scala di servizio: quella di sinistra è sempre stata finta, inserita per motivi di simmetria. Da ricordare: tutte le consolle del palazzo sono originali, mentre gli orologi, le anfore, i candelabri (in stile impero) che troviamo al di sopra sono pezzi di antiquariato, inseriti recentemente come ulteriori elementi di arredo. 4 - IL SALONE Questo è l’unico ambiente in cui non si rilevano indizi che facciano pensare ad interventi successivi, e quindi la decorazione corrisponderebbe a quella originale. I recenti restauri (1990-1991) hanno restituito a questa sala i colori originali, che erano stati precedentemente coperti da una imbiancatura generale. Il salone è suddiviso in due spazi: il primo si affaccia sul cortile, il secondo, di poco più piccolo, si affaccia su Corso Venezia. La scansione è ottenuta mediante una trabeazione centrale, sorretta da due archi e da due lesene scanalate in stucco marmorizzato azzurro-turchese, con capitelli ionici dorati: questa soluzione è tipica dei palazzi neoclassici (troviamo queste lesene scanalate nel salone dei ricevimenti di Palazzo Greppi del Piermarini, oppure nella Sala di Marte della Reggia di Caserta). Quattro identiche lesene, due per parte, sono posizionate sui lati corti della porzione di salone verso Corso Venezia: la parete risulta quindi suddivisa in tre parti, con le due porte negli spazi laterali, e un grande specchio nella porzione centrale, decorato con festoni dorati. Al di sotto della specchiera, probabilmente, in origine erano collocati i camini, oggi asportati e sostituiti da pannelli posticci. Le porte sono in legno dipinto di bianco, con intagli dorati e cornici. Le sovrapporte sono impreziosite da un vaso ricolmo di fiori e girali d’acanto. Ritroviamo ancora una volta le lesene azzurre sulla parete verso il cortile, che attualmente presenta un’apertura unica che immette al bovindo, quasi sicuramente inserito all’inizio del Novecento. L’apertura originale, per motivi di 15 La trabeazione negli ordini dell’architettura classica è l’insieme della struttura orizzontale sostenuta da colonne. La lesena è un pilastro che sporge appena da un muro, con funzione unicamente decorativa. l termine bovindo deriva dall'italianizzazione della parola inglese bow window (trad. finestra ad arco). Il bow window consiste in un particolare tipo di finestratura, in cui gli infissi e le ante vetrate non sono allineate al muro ma risultano seguire un percorso ad arco orizzontale aggettante dalla muratura, da cui il termine inglese. Tale finestra è sempre realizzata ad altezza superiore rispetto alla quota di calpestio. A fianco 14. Andrea Appiani, Il Parnaso, 1811, Milano, Villa Reale Sotto 15. Andrea Appiani, Trionfo di Napoleone, 1808, affresco già in Palazzo Reale a Milano, Tremezzo (Co), Villa Carlotta simmetria, avrebbe dovuto corrispondere alle tre finestre aperte sul lato verso il Corso Venezia. Il soffitto verso Corso Venezia è decorato con un affresco, dipinto alla maniera di Appiani, raffigurante Giove ed Ebe, più volte rimaneggiato, e che rivela una tecnica approssimativa. Di maggior pregio sono gli stucchi bianchi e dorati, con girali d’acanto, festoni di fiori, nastri, foglie d’alloro. I medaglioni raffigurano figure mitologiche che cavalcano dei delfini. 5 - LA SALA DELLA MUSICA Lo sfondo azzurro dell’intonaco presenta, in questa stanza, stucchi bianchi e decorati con strumenti musicali, che danno il nome alla sala. Le pareti sono occupate dalle finestre e dalla porte, in legno dipinto di bianco, con cornici, fregi e sovrapporte recanti un tripode con il simbolo del caduceo, sostenente un vaso ricolmo di fiori e di foglie. Su un lato ritroviamo uno specchio, probabilmente parte di un’antica consolle, e sulla parete opposta un camino di marmo bianco sostenuto da colonnette, in cui è inserita una piastra sul fondo che riporta le iniziali di Marcello Saporiti, proprietario del palazzo dal 1818 al 1840. 16. Giocondo Albertolli, ornamento di porta: da notare la sovrapporta con il caduceo. 16 6 - SALA DA PRANZO La decorazione di questa sala, coerente con altri palazzi dello stesso periodo, suggerisce la sua destinazione d’uso come sala da pranzo, attualmente riadattata a sala riunioni. La parte inferiore delle pareti è occupata da uno zoccolo in legno dipinto bianco e dorato, spezzato da tre consolle e quattro angoliere. Gli stucchi, su fondo azzurro, legano le pareti al soffitto, dimostrando unità nella progettazione di ogni singola parte della sala, in applicazione del principio neoclassico del “tutto disegnato”. Gli arredi sono contemporanei agli stucchi, dal momento che dietro le angoliere le decorazioni si interrompono. Le cornici delle pareti sono ornate da festoni di frutta, brocche e calici, e da quattro formelle con amorini che trasportano uva, pesci e cacciagione.Il soffitto è impreziosito da medaglioni dorati che racchiudono, sui bordi, animali collegati alla caccia (cani, lepri, cinghiali), e nella parte centrale figure umane sempre connesse alla caccia e al cibo. Su molte delle brocche a stucco della decorazione parietale campeggiano le iniziali di Marcello Saporiti, così come nell’ovale sostenuto dall’aquila sopra le angoliere. Agli inizi del secolo scorso la stanza è stata trasformata in camera da letto: in questa occasione sarebbero state tolte temporaneamente le due angoliere sul lato della porta d’ingresso, e aperta la grande nicchia (ora coperta dallo specchio largo due metri), per accogliere il letto. 17. Sopra: decorazione della volta del sepolcro dei Valerii, Roma, secolo I. 18. A fianco: Robert Adam, particolare del soffitto del salotto rosso di Syon House 17 Robert Adam (Kirkcaldy 1728 - Londra 1792) dopo lunghi viaggi in paesi europei (fu tra l’altro a Roma, dove studiò i monumenti e le opere di Raffaello; a Ercolano e Pompei, a Spalato, dove visitò le rovine del Palazzo di Diocleziano), progettò numerose residenze di campagna e abitazioni private londinesi. Lo stile di Adam svolse un ruolo fondamentale nel rinnovamento dell’architettura e nella decorazione d’interni, e inaugurò un neoclassicismo “moderno”, elegante e raffinato. Il motivo del soffitto, con raccordo a guscio, lavorato a rosoni di stucco e piccoli tondi dipinti è ispirato a modelli romani. Una raccolta di disegni di Adam venne pubblicata nel 1776. Confronta la decorazione della sala da pranzo con i soffitti di Robert Adam. REGIA DELLA VISITA GUIDATA PORTICO: formazione dei gruppi di visitatori e spiegazione, da parte dei volontari della Delegazione FAI di Milano, delle finalità del FAI e della Giornata di Primavera. CORTILE D’ONORE: inizia la spiegazione degli Apprendisti Ciceroni: - storia del quartiere (la trasformazione della zona da sede di monasteri e orti, a quartiere “alla moda”, con palazzi nobiliari e un lungo corso per il passaggio delle carrozze); - accenno alle due fasi del neoclassicismo milanese: il primo più sobrio, con le opere di Piermarini, il secondo più sfarzoso tipico dell’età napoleonica. - storia del palazzo. SCALONE e PIANO NOBILE: racconto degli interni del palazzo. GIARDINO: visitato l’appartamento da parata si prosegue in giardino, e si accompagna il gruppo all’esterno del palazzo, dove si mostra la FACCIATA. 18 BIBLIOGRAFIA Bertarelli A., Monti A., Tre secoli di vita milanese 1630-1875, Ulrico Hoepli, Milano 1927 M. Viale Ferrero, La scenografia della Scala nell’età neoclassica, il Polifilo, Milano, 1983 P. De Vecchi, E. Cerchiari, Arte nel tempo, dall’età dell’illuminismo al tardo Ottocento, Bompiani, Milano, 1994 Palazzo Rocca Saporiti in Corso Venezia, un edificio nella Milano Napoleonica, tesi di laurea di Francesca Volterra, relatore Prof. Ornella Selvafolta, Politecnico di Milano, A/A 1995-1996 L. Negri, I Palazzi di Milano, Newton & Compton, Roma, 1998 APT, Neoclassicismo, itinerari di Milano e Provincia, EdiNodo, Milano, 1999 Il Neoclassicismo in Italia da Tiepolo a Canova, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale marzo-luglio 2002), Skira, Milano, 2002 Enciclopedia dell’Arte, Garzanti, Milano, 2002 R. Cordani (a cura di), Milano nei palazzi privati, Celip, Milano, 2003 Milano, Touring Club Italiano, 2005 G.C. Argan, Storia dell’arte italiana, dal manierismo al neoclassicismo, Sansoni, Firenze, 2006 FONTI ICONOGRAFICHE Frontespizio: Fotografia dell’autrice 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. Neoclassicismo, itinerari di Milano e Provincia, pag.16 Tre secoli di vita milanese Neoclassicismo, itinerari di Milano e Provincia, pag. 3 Marcantonio Dal Re, vedute di Milano, www.storiadimilano.it Palazzo Rocca Saporiti in Corso Venezia, un edificio nella Milano Napoleonica, pag. 76 La scenografia della Scala nell’età neoclassica, Tav. XX http://www.cedoc.mo.it/estense/img/insegne/html/00196.html Milano nei palazzi privati, pag. 243 Palazzo Rocca Saporiti in Corso Venezia, un edificio nella Milano Napoleonica, pag. 351 Fotografia dell’autrice Fotografia dell’autrice Il Neoclassicismo in Italia da Tiepolo a Canova, pag. 340 Palazzo Rocca Saporiti in Corso Venezia, un edificio nella Milano Napoleonica, pag. 395 Storia dell’arte italiana, dal manierismo al neoclassicismo, pag. 304 Storia dell’arte italiana, dal manierismo al neoclassicismo, pag. 304 Palazzo Rocca Saporiti in Corso Venezia, un edificio nella Milano Napoleonica, pag. 405 Arte nel tempo, dall’età dell’illuminismo al tardo Ottocento, pag. 79 Arte nel tempo, dall’età dell’illuminismo al tardo Ottocento, pag. 80 Testo a cura di: Arianna Mascetti 19