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Spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20B - Legge 662/’96 - D.C./ D.C.I. - Torino - Tassa Pagata / Taxe Perçue • ANNO XXVIII - MENSILE - N° 11 - DICEMBRE 2007 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 1 MARIA A U S I L I AT R I C E RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO La Vita Vita in in mezzo mezzo aa noi La noi 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 Il saluto La pagina deldelRettore Rettore Carissimi fedeli lettori e lettrici, M i è caro in questo tempo di Natale allargare i nostri orizzonti e proiettarci dal nostro Santuario verso l’Africa ove molti missionari e fedeli si sentono uniti fraternamente al cuore della Congregazione salesiana e si sentono parte della realizzazione di un sogno. Infatti un giorno Don Bosco in un sogno missionario dell’aprile 1886 è invitato a spingere lo sguardo molto lontano dalla sua guida – una “pastorella”, che gli chiede espressamente di ricordarsi il sogno dei Becchi a nove anni –: “Tira una sola linea da una estremità all’altra, da Pechino a Santiago, fanne un centro nel mezzo dell’Africa e avrai un’idea esatta di quanto devono fare i Salesiani... – Ma come fare tutto questo? Le distanze sono immense, i luoghi difficili e i Salesiani sono pochi. – Tira una linea da Santiago al centro dell’Africa. Che cosa vedi? – Vedo dieci centri di stazioni. – Ebbene questi centri che tu vedi formeranno studio e noviziato e daranno moltitudine di missionari. E ora volgiti da quest’altra parte. Qui vedi dieci altri centri dal mezzo dell’Africa fino a Pechino, e anche questi centri somministreranno missionari...”. Senza fare calcoli trigonometrici per cercare di entrare a tutti i costi nella topografia dei sogni del nostro santo è senz’altro incoraggiante vedere che la realtà dà ragione al sogno e che le case di formazione per nuo- 2 19-11-2007 15:19 Pagina 2 Il pellegrinaggio v di Maria in Afric ve generazioni di “Don Bosco made in Africa” fioriscono e si moltiplicano dall’est all’ovest sotto il Sahara. Il 30 dicembre 2005 la Vice Province Blessed Artemide Zatti, che unisce le presenze salesiane nelle quattro nazioni di lingua inglese del West Africa (Sierra Leone, Liberia, Ghana, Nigeria) ha dato alla luce un nuovo noviziato in Sunyani, Ghana. C’era già una comunità salesiana all’opera fin dal 1993, con parrocchia, Oratorio e Centro giovanile, cura pastorale di nove villaggi; scuola tecnica con vari indirizzi – muratura, falegnameria, disegno su stoffa, computer, agricoltura e allevamento –; casa famiglia per ragazzi con gravi difficoltà familiari. Il Noviziato ha occupato una parte ancora incolta del terreno in dotazione del settore agricolo della scuola. Anche il noviziato era già in funzione come un settore della comunità di Ondo in Nigeria. Con il trasferimento in Ghana è ora diventato una comunità autonoma, sotto il patrocino del venerabile salesiano coadiutore Simone Srugi, un brother dal cuore sconfinato, un vero operatore di pace in un periodo di forti tensioni etnico religiose in Palestina, tra le due guerre mondiali e negli anni difficili dopo il conflitto. Simone Srugi è nato a Nazareth, poche centinaia di metri dalla basilica dell’Annunciazione. Il 30 dicembre 2005, giorno in cui si è concluso l’esodo dei novizi dalla Nigeria al Ghana con approdo nella nuova “terra promessa” era la festa della Sacra Famiglia. Da quel giorno in poi la vita della casa ha avuto un costante riferimento a Nazareth, lasciando che Maria fosse la principale ispiratrice e guida del cammino di questi giovani che son pronti a donare la loro vita per i ragazzi di questa terra, la più popolosa dell’Africa, continente più giovane del mondo (es: in Nigeria – 130 milioni di abitanti – il 44% della popolazione ha meno di 14 anni!). Maria è una guida vocazionale fatta tutta di Vangelo e può essere davvero la “stella del mare”, modello e sostegno non soltanto per i grandi “sì” da dire nella vita, ma anche per i passi da fare giorno dopo giorno, le trasformazioni, i cambi di stagione che sono il tessuto di crescita di ogni discepolato sulle orme del Maestro, di suo figlio (chi meglio di lei le conosce?). È così che i 12 mesi di noviziato qui a Sunyani sono scanditi dalla “Peregrinatio Mariae”, dal pellegrinaggio di vita di cui Maria ha lasciato una traccia luminosa nei Vangeli, in modo così discreto e pur così profondo. Il dipanarsi della sua risposta vocazionale dalla prima all’ultima pagina del Nuovo Testamento è un formidabile paradigma del mistero nascosto in ogni vocazione. Le “stazioni” regalate dai quattro Vangeli seguendo in ordine cronologico gli eventi in cui Maria è presente, segnano di mese in mese il cammino dei novizi. Il 7 settembre il Noviziato ha preso il via. Al sette di ogni mese un nuovo “mistero mariano” illumina i 30 giorni che seguono. Si parte con L’Immacolata, sogno realizzato di quanto il Signore vuole da ciascuna delle nostre vite e per noi salesiani “Ave Maria” che ha dato l’inizio a tutto quello che ha fatto di Don Bosco il santo dei giovani e il nostro fondatore. Secondo: Annunciazione, miste- 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 3 o vocazionale ica lizzazione to alla rea u ib tr n co 49 0109 , colo are il ccp n. 11 Per un pic stazioni us rio Maria Ausiliatrice i ic od d le ntua del intestato a: Sa trice, 32 - 10152 Torino silia Via Maria Au Africa». «Pro Progetto nella causale: o nd ca ifi ec Sp Novizi salesiani con fr Jorge, Vicario ispettoriale. ro di chiamata e risposta, dove il nostro nome diventa Parola di Dio. Terzo: Visita di Maria a Elisabetta, unico movimento d’amore verso Dio e verso chi ha bisogno di aiuto; fede e carità in perfetta armonia, sostanza di ogni risposta vocazionale. Quarto: Betlemme. Verbo che si fa carne. Gesù è quanto siamo chiamati a diventare, Parola-chiamata da trasformare nella carne della nostra vita giorno dopo giorno. Quinto: Presentazione al tempio... icona preferenziale della chiamata alla vita religiosa e anche invito a vedere la realtà nel profondo, come Simeone e Anna san fare. Sesto: Fuga in Egitto. L’Africa accoglie la Vita. Settimo: l’obbedienza e la vita di famiglia a Nazareth: tempo fecondo di formazione. Ottavo: Gesù nel Tempio. “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”... Rispondere a Dio e rispondere alla propria fa- miglia: un tema molto importante e delicato per la cultura africana. Nono: Cana... Fate quello che Lui vi dirà. Sostanza di ogni discepolato. Decimo: Beato chi ascolta e mette in pratica... la più alta beatitudine mariana, strada maestra di autentica crescita vocazionale. Undicesimo: Stabat Mater. Partecipare nella Croce: compimento della chiamata. Dodicesimo: Pentecoste. Maria casa dello Spirito, madre della Chiesa, modello di ogni vocazione, aiuto dei cristiani. C’è un sogno nel cassetto. Riuscire a rappresentare questo pellegrinaggio anche fisicamente attraverso dodici stazioni che conducano alla grotta mariana. Il paesaggio tropicale attorno al noviziato è già in se stesso un invito alla preghiera. Se tra gli alberi si riesce a tracciare un percorso che aiuti a ripercorrere il pellegrinaggio di Maria di tappa in tappa, quanto i novizi salesiani vivono può essere condiviso con altri giovani del Don Bosco Centre (400 soltanto gli allievi della scuola tecnica) e con una cinquantina di altri novizi di varie congregazioni che vengono qui da Simon Srugi per incontri, seminari, corsi, mediamente una volta al mese. Può essere un modo nuovo di sperimentare la presenza di Maria nel cammino cristiano per giovani che saranno il futuro della vita religiosa in Ghana e in West Africa, a loro volta educatori e evangelizzatori di migliaia di altri children of Mary in questo continente, dove Maria è già di casa: Mother Mary infatti non ha avuto bisogno di grandi sforzi di inculturazione per trovare accoglienza qui. Il bene che le si vuole e la filiale devozione che lega la gente d’Africa con la madre di Gesù è già radicatissima e va ben oltre i confini della Chiesa Cattolica. Lei, aiuto dei cristiani, aiuto di tutti, è madre della Chiesa: guida non soltanto per il cammino individuale ma anche del pellegrinaggio di tutto il popolo di Dio. Maria, madre dell’Africa: compagna di viaggio di questo popolo che nel giro di vent’anni raddoppierà in numero la popolazione presente in Europa, un popolo in costante esodo e così bisognoso delle premure e della tenerezza della madre di tutti i viventi. Cosa ne dite se entriamo anche noi in questo sogno con un nostro piccolo contributo aiutando a realizzare queste dodici stazioni? Non solo vi sentirete aiutati dalla preghiera di chi passando davanti a quelle formelle pregherà per i benefattori ma potrete sempre dire: “Anch’io ci sono e cammino con Maria e con i miei fratelli Africani”. Coraggio, allora, amici dell’ADMA e tutti voi lettori e sostenitori delle Opere salesiane: mettiamoci in cammino. Sarà sicuramente un Natale ed un anno più felice! Auguri a tutti. Don Sergio Pellini Rettore Don Silvio Roggia Maestro dei Novizi 3 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 Editoriale A Natale celebriamo la gloria di Dio che si è fatta bambino. A questo bambino che è la Vita in mezzo a noi, offriamo riconoscenti il dono della nostra vita. 4 19-11-2007 15:19 Pagina 4 Un Natale d’amore «Vi annuncio una grande gioia, che sarà per tutto il popolo, perché oggi è nato a voi il Salvatore, che è Cristo, il Signore, nella città di Davide. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,11-12). Questo l’annuncio che l’angelo rivolse ai pastori per annunciare la nascita di Gesù. Lasciamoci meravigliare da queste parole. Esse sono conosciute e rischiano, come tutto ciò che è noto, di non suscitare in noi più alcun stupore. Eppure l’annuncio dell’angelo ha qualcosa non solo di sorprendente; possiede la forza capace di ribaltare un’intera esistenza e la storia tutta degli uomini. All’improvviso, senza attesa, desiderio o previsione, l’angelo irrompe nella notte e con le sue parole squarcia la veglia dei pastori. Attendevano l’alba del giorno, non l’aurora dell’eternità. Altrove erano i loro pensieri, per mete diverse divagavano le loro menti. Chi alla famiglia lontana, chi alla fatica imminente, chi alla durezza del vivere. Ispirazioni e desideri di altra natura li trascinavano nell’incedere della notte. Quando vengono travolti dalla luminosa gloria di Dio. Per un solo istante Dio si manifesta e la sua luce frantuma ogni notte. Simone Weil (1909-1943), ebrea convertita, aveva detto che all’uomo Dio pare assente perché se si rivelasse, la Sua gloria schiaccerebbe l’uomo. A noi mortali, la gloria divina è insopportabile; non possiamo reggerne il peso. Per questo, quando l’uomo è trafitto anche da un solo frammento della luce di Dio, tutta la sua vita ne rimane sconvolta. Per questo i pastori provano una paura terribile. Enorme, ci dice Luca. Sproporzionata alla loro sopportazione. Per questo l’angelo li deve rassicurare: «Non temete». Non temete perché alla paura grande deve subentrare la gioia grande. La gioia dell’annuncio che Dio è in mezzo al suo popolo. I pastori tremano anche a nome di tutto il popolo a cui è rivolto il gioioso annuncio dell’angelo. Essi tremano anche per noi. Perché a loro prima e a noi poi è rivolto l’evangelo della gioia. Anzi, l’annuncio smisurato di una gioia incontenibile: la notte si fa luce, il tempo diventa eterno e la creazione si riveste di grazia. Essi tremano perché l’inaspettato si è compiuto e dell’inaudito si sente la voce poiché la Parola si è fatta carne. Tremano i pastori, perché se Dio si rivela, chi può sopportare la sua abbagliante luce? Cosa rimane di noi davanti alla gloria di Dio? Ma ecco che l’indicibile e possente gloria di Dio, è riconoscibile, non perché essa annienta l’uomo, ma perché si è fatta essa stessa uomo, si è fatta bambino. Così questo bambino nella sua povertà, debolezza e bisogno diventa segno della imponente gloria divina: un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia. Nella povertà di quella grotta vi è la ricchezza, nella semplicità di quelle fasce, la gioia. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 A Natale, è Dio che viene a curare la nostra incapacità d’amare. Facendosi Lui stesso uomo come noi ci insegna ad amare come solo Dio sa amare. 19-11-2007 15:19 Pagina 5 Il grande predicatore Jacques-Bénigne Bossuet (16271704) diceva che «Se le grandezze che amiamo, se i piaceri che ricerchiamo, fossero veri, chi altri ne meriterebbe il godimento ed il possesso se non Dio? Chi li avrebbe potuti avere con più facilità e con più magnificenza? Quale guardia imponente lo circonderebbe! Quanto sarebbe magnifica la sua corte! Quale porpora sulle sue spalle! Quale oro sfavillante sulla sua testa! Quante delizie la natura gli offrirebbe, essa che prontamente obbedisce ai suoi ordini!». Già un cristiano dei primi tempi, Quinto Settimio Tertulliano (160220) affermava che Gesù: «Ha stimato che questi beni, questi godimenti e questa gloria fossero indegni di Lui e dei suoi. Ci ha mostrato che queste grandezze, essendo passeggere ed illusorie, farebbero torto alla sua vera grandezza». Gesù non soltanto rifiuta la gloria umana, ma per mostrarci quanto poco la consideri, va a stabilirsi all’estremità opposta. Il suo ingresso nel mondo avviene in una stalla e i primi ad essere convocati nel suo palazzo non sono i potenti del mondo ma i pastori, rifiutati persino dal loro popolo. Gesù si carica di tutto ciò che gli uomini evitano, di tutto ciò che essi temono, di tutto ciò che ripugna ai loro sensi, per farci vedere quanto le ricchezze della vita presente sono da lui considerate vane ed illusorie: così dobbiamo figurarci la sua mangiatoia, non già come una culla indegna di Dio, ma come un carro trionfale mediante il quale trascina vittorioso il mondo sconfitto. E mi sembra che a motivo di questa vittoria ci dica con autorevole certezza: «Coraggio, io ho vinto il mondo». Se il nostro vero bene non è nelle ricchezze, dove lo dobbiamo dunque cercare? Se Gesù ha voluto essere così povero, mediante cosa ci salva? Qual è la sua vera ricchezza, qual è la sua vera gloria? Là dove è la vera gloria e la vera ricchezza di Gesù, lì è anche il nostro vero bene. Ma Gesù non ha voluto avere altra ricchezza ed altra gloria in mezzo a noi, se non quella della carità. La carità è la vita stessa della Trinità, la sua bellezza, il suo splendore. L’apostolo Giovanni, che ha penetrato a fondo i misteri di Dio, così ci insegna: «Chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio, chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Gv 4,7-8). Se il nostro maggior male è la nostra incapacità di amare, allora è proprio di Gesù che abbiamo bisogno. Così, lasciarsi attirare ed animare dalla carità sarà anche il nostro vero bene e la nostra salvezza. È questo Natale di amore che auguro a tutti voi. Don Giuseppe Pelizza 5 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 6 Io sono la risurrez i Gv cap. 11 Gesù racconta il Padre D opo tanti segni operati da Gesù, ora parleremo del segno più spettacolare: Gesù ridona la vita a uno che è nel sepolcro da quattro giorni. Il risultato sarà che il Sommo Sacerdote deciderà che è meglio far morire Gesù, uno per tutti (11,49). Questa è in poche parole la sostanza del capitolo 11 che è la chiusura della grande sezione iniziata nel capitolo 5. Lo dimostra il fatto che nel capitolo 5 si annota che i dirigenti giudei cercavano di ucciderlo (5,18), mentre alla fine del c. 11 si parla di una vera sentenza di morte: “Da quel giorno decisero di uc- ciderlo” (11,53). Il tutto si struttura in tre tempi, separati da tre località. Nel primo siamo oltre il Giordano (11,1-16), nel secondo presso Betania (11,17-44), nel terzo nel Sinedrio (11,45- 53) a cui segue una nota su Gesù. Il discorso è oltremodo facile e comprensibile, anche se qualche nota non fa mai male. Oltre il Giordano (11,1-16) “Un certo Lazzaro era malato”: così inizia il racconto, ma la parola “malato” nel Vangelo già dice che la situazione sarà capo- © Elledici / Maurilio Sacchi La tomba di Lazzaro ai tempi di Gesù poteva essere simile a questa che oggi è offerta alla visione dei pellegrini che si recano in Terra Santa. 6 volta. E come! Lazzaro è un personaggio nuovo, ma subito si annuncia la sua provenienza: Era originario di Betania, il paese di Maria e di Marta sue sorelle. Le due saranno protagoniste del racconto di 12,1-8. Si dice questo per anticipare quello che farà Maria che qui viene definita come “quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli”; poi si ripete che “il malato era suo fratello Lazzaro”. Ora viene il nuovo: “Le sorelle mandarono a dire al Signore: Signore, ecco, il tuo amico è malato”. Come Maria a Cana non chiedono nulla, solo informano Gesù sulla situazione di Lazzaro. Ma Gesù non agisce mai per pura amicizia, egli agisce per amore. Comunque c’è una pausa prima del suo intervento. In unione, come sempre, con il Padre dice: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”. A questo punto si dice che “Gesù amava Maria e sua sorella e Lazzaro”. È l’amore che unisce Gesù ai suoi discepoli e, sottinteso, al Padre. Gesù però non si muove; rimane altri due giorni dov’era. Solo dopo dice ai suoi discepoli: “Andiamo di nuovo in Giudea”. I discepoli gli risposero: “Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”. E Gesù, riassumiamo, (vv. 9-13) dice loro chiaramente: “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate. Andiamo da lui!”. Allora Tommaso, chiamato Didimo, 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 7 z ione e la vita disse ai condiscepoli: “Andiamo anche noi a morire con lui”. Il discepolo è colui che si lascia coinvolgere totalmente nel destino di Gesù. La rianimazione di Lazzaro, nel Vangelo di San Giovanni, è l’ultimo dei segni operati da Gesù per dimostrare la sua divinità e la sua intimità con il Padre. Gesù; e aggiunge: “Credi questo?”. Rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che deve venire in questo mondo”. È un perfetto atto di fede, ma dà l’impressione che sia una risposta evasiva alla domanda. Gesù e Maria. Maria è sempre là in casa a farsi consolare dai giudei. Tutto porta il segno del lutto. Quando Marta le dice che Gesù la chiama subito le va incontro e i giudei la seguirono pensando che andasse al sepolcro, ma appena arriva da Gesù si Il paese di Betania come si presenta ai giorni nostri. © Elledici / G. Pera Tre scene strutturano il brano: l’incontro Gesù-Marta (11,1727); l’incontro con Maria e i giudei (11,28-36); e poi al sepolcro dove Gesù agisce di fronte a una moltitudine di giudei. Gesù e Marta. Marta appena seppe che Gesù era in arrivo, gli andò incontro, mentre Maria rimase là a farsi consolare dai giudei, tutta ripiegata sul suo dolore. Quello che Marta dice a Gesù non è un rimprovero, caso mai esprime un po’ di fede nel suo potere di vita. Infatti, dopo aver detto a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”, subito aggiunge: “ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”. Il Figlio infatti agisce sempre insieme al Padre. Gesù le dice: “Tuo fratello risorgerà”. E Marta ribatte, secondo la fede del giudaismo ortodosso: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”, ma dentro di sé deve aver detto: “Però mio fratello ora non c’è più”. E allora Gesù le dice: “Io sono la risurrezione e la vita” e subito completa con due sentenze: “Chi crede in me anche se muore vivrà; Chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”. Il “vivrà” ha il senso forte di vita eterna, di quella vita che la morte non può annullare. È questo che intende © Elledici / G. Schnoor Presso Betania (11,19-44) 7 19-11-2007 15:19 Pagina 8 Marta e Maria incontro a Gesù, Giotto (1267-1337), Cappella degli Scrovegni, Padova. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 Le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, esprimono la fede ortodossa degli Israeliti nella risurrezione finale e al contempo Marta rinnova la sua fede in Gesù vero Figlio di Dio. getta ai suoi piedi piangendo, ripiegata sul suo dolore e gli dice: “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Come si deve comportare Gesù di fronte a gente che piange? Si turbò, capì che la parola non serviva e che era meglio allungare il lutto e portarla al sepolcro. Le dice: “Dove l’avete posto?”. Gli dissero: “Signore vieni a vedere”. E Gesù incominciò a piangere, a unirsi alle sofferenze di Maria. E i giudei dissero: “Guarda come lo amava”. Ma alcuni di loro 8 dissero: “Lui che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”. Gesù fu scosso da un fremito, forse di indignazione non vedendo nessun segno di speranza o di fede. Al sepolcro (11,38-44). Era una grotta su cui era stata posta sopra una pietra. Dice Gesù: “Togliete la pietra! ”. Gli rispose Marta: “Signore, manda già cattivo odore, è lì da quattro giorni”. Questa sua reazione è in contrasto con quello che ha detto prima: “So che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà” (11,22). Gesù appare così ancor più solo di fronte al potere della morte. Ora in senso di rimprovero risponde a Marta: “Non ti ho detto che se crederai vedrai la gloria di Dio?”. L’ultima espressione rimanda i lettori alla parola rivolta all’inizio ai discepoli (11,4). Alla fine tolsero la pietra. Ora l’immagine di Gesù si fa solenne. Gesù alzò gli occhi e disse: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta intorno, perché credano che tu mi hai mandato”. Poi urlò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori”. Il morto uscì con i piedi e le mani legate dalle bende e il viso avvolto in un sudario. Ed è una specie di miracolo che possa uscire legato in quel modo. In ciò vi è un’allusione in senso contrario alla risurrezione di Gesù che se ne va dal sepolcro lasciando le bende e il sudario (20,2). Il racconto si chiude dicendo che Gesù disse loro: “Liberatelo e lasciatelo andare ”. Gesù lascia che il miracolato se ne vada per la sua strada. Dopo ciò, nonostante la grandiosità del miracolo, Gesù si mette da parte. Scompare dalla scena e l’evangelista passa a raccontare la reazione al miracolo. La riunione del Sinedrio (11,47-53) Quanto ora si dirà è l’esempio più chiaro delle parole con cui Gesù chiude la parabola del Ricco Epulone: “Anche se uno risorgesse dai morti non crederanno”. Nel contesto di Giovanni questo racconto sembra un assurdo: vogliono mettere a tacere quello che è avvenuto davanti a molti testimoni. 19-11-2007 15:19 Pagina 9 Interno della cosiddetta tomba di Lazzaro. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 tanto per la nazione ma anche per riunire insieme i figli di Dio dispersi”. L’insegnamento è che Gesù, donando la sua vita, diventa vita e salvezza non solo per la nazione, ma per tutti coloro che accolgono la sua parola. Infatti riunisce in uno tutti i figli di Dio dispersi in modo che ci sia un solo gregge e un solo pastore. Tutti uniti in piena comunione con il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. Il racconto si chiude con due notizie: la prima è che da quel giorno decisero di ucciderlo. La seconda è che Gesù si rifugiò in una città chiamata Efraim con i suoi discepoli. Così finisce la vita pubblica di Gesù. Quanto segue è l’ora di Gesù. Il capitolo 12 infatti avrà come titolo: “È giunta l’ora”. Mario Galizzi Il miracolo di Betania attira su Gesù la condanna del Sinedrio, nonostante la grande quantità di testimoni. Quelli che videro la rianimazione di Lazzaro con i loro occhi non erano tutti dalla parte di Gesù; alcuni di loro andarono subito dai farisei e riferirono quanto Gesù aveva fatto. Ci fu una riunione del Sinedrio in cui si dicevano: “Che cosa facciamo?”. Sono troppi i segni miracolosi che egli compie e il suo movimento è in crescendo. Questo può provocare urti con il giudaismo fedele e potrebbero intervenire i Romani e giungere ad annullare tutte le nostre istituzioni. Per loro si tratta di un pericolo politico più che religioso Non sapevano cosa fare. Allora ecco intervenire Caifa, sommo sacerdote che dice: “Voi non capite nulla; non vi rendete conto che è conveniente per voi che uno solo muoia per il popolo e non vada in rovina la nazione intera?”. L’evangelista interpreta le parole di Caifa come una profezia di Dio la cui pa- rola va sempre oltre la semplice parola umana. Il senso vero è che “Gesù doveva morire non sol- CLAUDIO RUSSO FRANCESCO BESUCCO Il pastorello di Don Bosco Editrice Elledici, pagine 56, € 1,40 «Vidi un ragazzo vestito da montanaro, di mediocre corporatura, di aspetto rozzo e con il volto pieno di lentiggini. Stava con gli occhi spalancati ad osservare i suoi compagni a divertirsi». Così Don Bosco descrive Francesco Besucco appena entrato nell’Oratorio di Valdocco. Questo libretto racconta la storia di Francesco, nato nel 1850 in montagna, ad Argentera, da una famiglia povera ma molto cristiana. Un giorno gli vengono regalate le biografie di Domenico Savio e di Michele Magone. Francesco le legge e ne rimane entusiasta. Va a Torino da Don Bosco: «Vorrei farmi buono come Domenico e Michele. Mi aiuti». E Don Bosco lo accoglie e lo educa secondo la formula della santità: «Allegria, Studio, Pietà». Il testo ripropone con linguaggio moderno ma fedele all’originale la biografia di Besucco scritta da San Giovanni Bosco. 9 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 10 La Catechesi di Benedetto XVI Gli Apostoli testimoni e inviati di Cristo I Dodici L a Lettera agli Efesini ci presenta la Chiesa come una costruzione edificata «sul fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù» (2,29). Nell’Apocalisse il ruolo degli Apostoli, e più specificamente dei Dodici, è chiarito nella prospettiva escatologica della Gerusalemme celeste, presentata come una città le cui mura «poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello» (21,14). I Vangeli concordano nel riferire che la chiamata degli Apostoli segnò i primi passi del ministero di Gesù, dopo il Battesimo ricevuto dal Battista nelle acque del Giordano. de dei primi discepoli, precisando che l’invito alla sequela giunge loro dopo aver ascoltato la prima predicazione di Gesù e sperimentato i primi segni prodigiosi da lui compiuti. In particolare, la pesca miracolosa costituisce il contesto immediato e offre il simbolo della missione di pescatori di uomini, ad essi affidata. Il destino di questi «chiamati», d’ora in poi, sarà intimamente legato a quello di Gesù. L’apostolo è un inviato, ma, prima ancora, un «esperto» di Gesù. Gesù chiama i Dodici Stando al racconto di Marco (1,16-20) e di Matteo (4,18-22), lo scenario della chiamata dei primi Apostoli è il lago di Galilea. Gesù ha da poco cominciato la predicazione del Regno di Dio, quando il suo sguardo si posa su due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Sono pescatori, impegnati nel loro lavoro quotidiano. Gettano le reti, le riassettano. Ma un’altra pesca li attende. Gesù li chiama con decisione ed essi con prontezza lo seguono: ormai saranno «pescatori di uomini» (cf Mc 1,17; Mt 4,19). Luca, pur seguendo la medesima tradizione, ha un racconto più elaborato (5,111). Esso mostra il cammino di fe- Coloro che hanno visto La chiamata di Pietro e Andrea, Duccio di Buoninsegna (1308), National Gallery of Art, Washington. Gesù chiama i Dodici affinché siano nel mondo gli esperti, non solo del suo messaggio, ma di Lui stesso, quale Salvatore del mondo. 10 Proprio questo aspetto è messo in evidenza dall’evangelista Giovanni fin dal primo incontro di Gesù con i futuri Apostoli. Qui lo scenario è diverso. L’incontro si svolge sulle rive del Giordano. La presenza dei futuri discepoli, venuti anch’essi, come Gesù, dalla Galilea per vivere l’esperienza del battesimo amministrato da Giovanni, fa luce sul loro mondo spirituale. Erano uomini in attesa del Regno di Dio, desiderosi di conoscere il Messia, la cui venuta era annunciata come imminente. Basta ad essi l’indicazione di Giovanni Battista che addita in Gesù l’Agnello di Dio (cf Gv 1,36), perché sorga in loro il desiderio di un incontro personale con il Maestro. Le battute del dialogo di Gesù con i primi due futuri Apostoli sono molto espressive. Alla domanda: «Che cercate?», essi rispondono con un’altra domanda: «Rabbì (che significa Maestro), dove abiti?». La ri- 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 11 © Elledici / G. Conti sposta di Gesù è un invito: «Venite e vedrete» (cf Gv 1,38-39). L’avventura degli Apostoli comincia così, come un incontro di persone che si aprono reciprocamente. Comincia per i discepoli una conoscenza diretta del Maestro. Essi infatti non dovranno essere annunciatori di Dopo la Risurrezione di Gesù, i Dodici sono chiamati a partecipare alla stessa missione di Gesù, Pastore universale, che vuole radunare attorno a Sé tutti i popoli. Gesù chiama i Dodici non per i loro meriti, ma in base al Suo amore. Particolare della chiamata di Matteo, Caravaggio (1599), San Luigi dei Francesi, Roma. un’idea, ma testimoni di una persona. Prima di essere mandati ad evangelizzare, dovranno «stare» con Gesù (cf Mc 3,14), stabilendo con lui un rapporto personale. Su questa base, l’evangelizzazione altro non sarà che un annuncio di ciò che si è sperimentato e un invito ad entrare nel mistero della comunione con Cristo (cf 1 Gv 13). Inviati a tutti A chi saranno inviati gli Apostoli? Nel Vangelo Gesù sembra restringere al solo Israele la sua missione: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 15,24). In maniera analoga egli sembra circoscrivere la missione affidata ai Dodici: “Questi Dodici, Ge- sù li inviò dopo averli così istruiti: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele»” (Mt 10,5s.). Una certa critica moderna di ispirazione razionalistica aveva visto in queste espressioni la mancanza di una coscienza universalistica del Nazareno. In realtà, esse vanno comprese alla luce del suo rapporto con Israele, comunità dell’alleanza. Secondo l’attesa messianica le promesse divine sarebbero giunte a compimento quando Dio stesso, attraverso il suo Eletto, avrebbe raccolto il suo popolo come fa un pastore con il gregge: “Io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda... Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore; io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide mio servo sarà principe in mezzo a loro” (Ez 34,22-24). Gesù è il pastore escatologico, che raduna le pecore perdute della casa d’Israele e va in cerca di esse, perché le conosce e le ama (cf Lc 15,4-7 e Mt 18,12-14; cf anche la figura del buon pastore in Gv 10,11ss.). Attraverso questa “raccolta” il Regno di Dio si annuncia a tutte le genti: “Fra le genti manifesterò la mia gloria e tutte le genti vedranno la giustizia che avrò fatta e la mano che avrò posta su di voi” (Ez 39,21). Così, i Dodici, assunti a partecipare alla stessa missione di Gesù, cooperano col Pastore degli ultimi tempi, andando anzitutto anche loro dalle pecore perdute della casa d’Israele, rivolgendosi cioè al popolo della promessa, il cui raduno è il segno di salvezza per tutti i popoli. Lungi dal contraddire l’apertura universalistica dell’azione messianica del Nazareno, l’iniziale restringimento ad Israele della missione sua e dei Dodici ne diventa così il segno profetico più efficace. Dopo la passione e la Risurrezione di Cristo tale segno sarà chiarito: il carattere universale della missione degli Apostoli diventerà esplicito. Cristo invierà gli Apostoli “in tutto il mondo” (Mc 16,15), a “tutte le nazioni” (Mt 28,19; Lc 24,47, “fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Benedetto XVI L’Osservatore Romano, 23-03-2006 11 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 12 Viene il nostro Dio Vita liturgica Come sentinella nella notte La Chiesa è travolta da questo compito immane: annunciare a tutti che Dio viene, anzi che Lui è il perenne veniente. Questo è il rivelarsi della sua azione dinamica verso di noi, ma anche dice qualcosa di Suo, di intimo a Dio stesso. Dio è colui che è nel suo incessante avvicinarsi. Il sopraggiungere improvviso, come un lampo, non è solo una caratteristica di Dio ma è il suo stes12 so esserci nella storia dell’uomo. Dio è l’improvviso ma è anche l’inatteso, per questo sorprende come un ladro o come uno sposo. È sposo per chi l’attende come l’amico dello sposo che gioisce alla sua venuta, per chi desidera il suo giorno, per chi brama che i giorni del nostro trascorrere terreno siano tutti suoi, ripieni della gioia nuziale, dei flauti della festa, del fervore del banchetto. Ma è ladro per chi vuole trattenere qualcosa per sé, per chi ha timore di perdere la sua vita, per chi costruisce sulla sabbia del mondo e non sulla roccia di Lui che è la Parola che non muta. sto!» (Ap 22,17-21). Perché Colui che era e che è rimane sempre colui che viene. Sempre l’Apocalisse ricorda, in sintonia con altri testi neo testamentari, che il Signore viene come un ladro (cf 3,3; 16,15). Questa metafora inconsueta, oltre ad evocare l’imprevedibile della venuta del Signore, ci invita a lasciarci «rubare» qualcosa da colui che viene. Egli deve strapparci a noi stessi, alla certezza dei nostri possessi, perché la relazione con il Signore diviene autentica soltanto se, come dice San Gregorio di Nissa ci fa passare attraverso «inizi sempre nuovi, che non hanno fine». Inizi sempre nuovi Il volto orientale Giustamente il libro dell’Apocalisse si conclude con l’invocazione dello Spirito e della sposa che dicono insieme «Vieni» e ascoltano la promessa del Signore che dice: «Sì, verrò preI pastori sono i primi invitati alla gioia del Regno di Dio che con la nascita di Gesù irrompe nella storia umana. Natività, Maestro di Flémalle (1420) Musée des Beaux-Arts, Dijon. N el cuore della nostra fede c’è un’attesa. Questa non è data da un’assenza, ma da una venuta. Gesù Risorto non è mai assente dalla sua Chiesa. È vero che i segni della sua presenza non sono sempre immediatamente riconoscibili, poiché dopo la sua Pasqua, come dice Sant’Ambrogio: «non con gli occhi della carne, ma con quelli dello Spirito si vede Gesù». Tuttavia Gesù è sempre presente, però la Sua è la presenza di un Veniente, che rimane altro rispetto ai nostri tentativi di catturarlo e di ricondurlo dentro i confini delle nostre attese e dei nostri bisogni. Il suo venire ci converte sempre a un andare verso di Lui, in un esodo da noi stessi che ci consegna alla novità e allo stupore. Uno stupore a cui è chiamata tutta l’umanità, perché l’invito di Dio è rivolto a tutti i popoli. Infatti, proprio all’inizio dell’Avvento la liturgia ci ricorda il nostro dovere di annunciare a tutti i popoli la venuta del Signore: «Date l’annunzio ai popoli: Ecco, Dio, il nostro Salvatore, viene» (Vespri, Antifona 1ª). Benedetto XVI ci ha ricordato che l’Avvento richiama i credenti a prendere coscienza di questa verità e ad agire in conseguenza. Questo «vieni!» risuona come un appello salutare nel ripetersi dei giorni, delle settimane, dei mesi: Svegliati! Ricordati che Dio viene! Non ieri, non domani, ma oggi, adesso! L’unico vero Dio, «il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe», non è un Dio che se ne sta in cielo, disinteressato a noi e alla nostra storia, ma è il-Dio-cheviene. È un Padre che mai smette di pensare a noi e, nel rispetto estremo della nostra libertà, desidera incontrarci e visitarci; vuole venire, dimorare in mezzo a noi, restare con noi. Il suo «venire» è spinto dalla volontà di liberarci dal male e dalla morte, da tutto ciò che impedisce la nostra vera felicità. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 Dio ci offre la sua stessa gioia eterna, poiché Lui è la novità assoluta sottratta alla corruzione del tempo. Così, Dio viene portando con Sé il giorno nuovo, rapito alla dissoluzione del sepolcro della storia, perché Dio è l’eterno inizio, è la perenne alba nel suo giorno senza tramonto. Con grande intuito, un teologo contemporaneo, J. B. Metz ha detto che il nostro Dio ha sempre un «volto albeggiante». Il suo sguardo ha il colore e la profondità dell’aurora. È come un sole che sorge sulla nostra vita. Vir Oriens nomen eius, canta un’antifona del Tempo di Avvento, riprendendo un’espressione del profeta Zaccaria (cf Zc 6,12). Oriente è il nome di Dio. L’Avvento è un tempo privilegiato nel quale tornare a orientare la nostra vita, nel senso originario dell’espressione che esorta a volgerci verso oriente, che è il luogo di Dio. L’uomo che perde la sua relazione con l’oriente si 19-11-2007 15:19 Pagina 13 Natività, Maestro di Flémalle (1420) Musée des Beaux-Arts, Dijon. Dio ci invita alla vigilanza perché chi ama cerca sempre qualcuno che lo attenda. Natività, Gentile da Fabriano (1423), Galleria degli Uffizi, Firenze. smarrisce. Nelle prime pagine della Genesi viene ricordato il peccato di Babele (11,19), che nasce anche da questo disorientamento radicale, «Emigrarono da oriente», dice il testo e la conclusione è la costruzione di una torre, simbolo di un uomo che progetta la propria città, il proprio futuro, senza attendere e accogliere quella promessa di Dio che sorge sempre in modo nuovo sulla vita. All’uomo di Babele Dio risponde con la chiamata di Abramo, che è colui che si fida della promessa di Dio e, anziché progettare una città, lascia la propria terra per andare verso quella terra non ancora conosciuta che Dio promette di indicargli (Gen 12,1-4). L’uomo è oggi malato di questa pretesa di essere l’unico artefice della propria vita, e, volgendosi verso occidente, guarda soltanto a ciò che le sue mani possono inventare e produrre, fino alla manipolazione genetica della vita. Le tre venute di Cristo I Padri della Chiesa osservano che il «venire» di Dio – continuo e, per così dire, connaturale al suo stesso essere – si concentra nelle due principali venute di Cristo, quella della sua Incarnazione e quella del suo ritorno glorioso alla fine della storia (cf Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 15,1). Il tempo di Avvento vive di questa polarità. Nei primi giorni l’accento cade sull’attesa dell’ultima venuta del Signore, come dimostrano i testi delle prime celebrazioni dell’Avvento. Avvicinandosi poi il Natale, prevarrà invece la memoria dell’avvenimento di Betlemme, per riconoscere in esso la «pienezza del tempo». Tra queste due venute «manifeste» se ne può individuare una terza, che San Bernardo chiama «intermedia» e «occulta», la quale avviene nell’anima dei credenti e getta come un «ponte» tra la prima e l’ultima. In questo Avvento di mezzo (medius Adventus), o «tempo della visitazione», noi celebriamo la memoria dell’Incarnazione e attendendo la venuta nel compimento, facciamo del tempo della nostra attesa anche l’occasione in cui scopriamo con meraviglia che il nostro Dio desidera essere atteso. Non solo esige la nostra vigilanza, ma fa della nostra attesa l’oggetto del suo desiderio. Ogni uomo gioisce nel sapersi atteso da qualcuno. Questo è vero anche per il Signore Gesù (...) Dio cerca e desidera qualcuno che lo accolga a lo lasci dimorare nella sua vita. La sua venuta suscita la nostra vigilanza, e la nostra attesa manifesta la gioia di Dio nell’incontrarci. Egli ci invita alla vigilanza, perché chi ama cerca sempre qualcuno che lo attenda. Lorenzo Villar 13 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 14 “Passa la gioventù . Studio T rentotto milioni: tanti sono i giovani, divisi tra 250 associazioni in 216 Paesi (tra cui, ultimi in ordine di tempo, Albania, Guinea e Malawi), che hanno festeggiato nell’estate del 2007 i 100 anni del movimento scout. Il suo successo si deve alla capacità di essere apprezzato tanto dai ragazzi quanto dai loro genitori. Ma se i grandi ne condividono gli insegnamenti morali (cioè il rispetto verso chi ricopre ruoli superiori, il senso del dovere, l’altruismo), è sui più giovani però che si misura la vera forza di attrazione del movimento, basato sul rivoluzionario principio messo in atto, per la prima volta, da Robert BadenPowell, il fondatore degli scout: trattare i ragazzi come “piccoli adulti”. L’idea di Baden-Powell (18571941), sesto figlio di un reverendo inglese, e brillante ufficiale dell’esercito britannico, fu una conseguenza di circostanze fortuite e intuizioni notevoli. Durante il periodo di stanza in India, Baden-Powell aveva pensato di movimentare la noiosa vita di guarnigione insegnando a gruppi di soldati le tecniche di ricognizione: seguire le tracce, osservare e interpretare gli indizi sul terreno, vedere senza essere visti, sopravvivere in ambienti selvaggi. A quegli uomini, diventati così “esploratori” (in inglese: scouts), era concesso un apposito distintivo: un giglio, che sulle antiche carte segnava il nord (e che, come distintivo dei boyscout, indica tuttora la “giusta via da seguire”). Quell’esperienza mostrò la sua 14 I 100 anni degli Scout importanza durante la guerra sudafricana del 1899-1902 fra inglesi e boeri (i discendenti degli antichi coloni olandesi), quando Baden-Powell si trovò assediato nella cittadina di Mafeking. Costretto a poter contare su un numero limitato di uomini, l’allora colonnello ebbe l’idea di impiegare alcuni ragazzini del luogo come vedette, piantoni, staffette e in qualunque altro compito servisse a liberare dalle corvé i militari validi per il combattimento. L’entusiasmo, l’impegno e il coraggio con cui attesero ai loro compiti fecero riflettere Baden-Powell sulle capacità che hanno i ragazzi quando li si sappia motivare. Un sorriso per camminare di più Una volta rientrato in patria, il militare pensò allora di proporre ai giovani inglesi le attività dello scouting, trasformando quella che fino ad allora era stata “un’arte utilizzata per scopi di guerra” in uno strumento di pace e di fraternità. Il 29 luglio del 1907, sull’isola di Brownsea, una ventina di ragazzi cominciarono a sperimentare una vita a contatto con la natura, affascinati tanto dall’avventura quanto dalla personalità dell’eroe di Mafeking, un personaggio versatile e pieno di humour (“Un sorriso fa fare il doppio di strada di un brontolìo” amava dire), provetto musicista e amante del polo e della pesca. Quell’esperienza confluì nel libro Scouting for boys (1908), che conteneva aneddoti e indicazioni su come riconoscere le impronte degli animali, o su come mimetizzarsi nei boschi, ma soprattutto stabiliva i rituali-base dell’identità scout, e le regole morali tuttora vincolanti: coltivare il senso dell’onore, aiutare i poveri e i deboli, essere cortesi verso chiunque (no quindi alle discriminazioni), e affrontare con coraggio le difficoltà. Nel volume, Baden-Powell La maggioranza degli scout italiani è raggruppata nell’Agesci: Associazione guide e scout cattolici italiani. Così la fede è parte integrante del progetto educativo del gruppo. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 15 Powell trovò in un romanzo lo strumento adatto per trasmettere il suo metodo educativo, fondato sull’“imparare facendo”: Il libro della giungla di Rudyard Kipling. Affascinato dalla vicenda di un bambino che diventa uomo lontano dalla civiltà, il militare inglese lo utilizzò come testo di riferimento per i lupetti (i bambini dagli 8 agli 11 anni), i cui capi, per esempio, assumono il nome di Akela, Bagheera e degli alLord Robert Baden Powell (1857-1941) tri animali proil fondatore degli scout, seppe unire disciplina, pedagogia e avventura in un movimento che diventerà presto uno dei tagonisti del lipiù grandi fenomeni educativi del mondo. bro, a seconda della funzione e aggiunse anche una serie di nordel ruolo educativo svolto. me supplementari, riassumibili Per rafforzare poi l’impresnel motto “ogni giorno una buosione di ordine e decoro, favorina azione”, decisivo per conquire lo spirito di gruppo, e ridurre stare all’idea scout i genitori delle differenze sociali, Badenl’epoca. Fu proprio la simpatia Powell dotò i suoi scout di un’udegli adulti la “marcia in più” niforme consona, facendo tesodegli scout rispetto alle altre orro della sua esperienza militare ganizzazioni giovanili allora ein Sud-Africa. Un paio di calzosistenti, quali la Wandervogel, ni corti (secondo la tradizione associazione tedesca sorta nel coloniale inglese), una camicia 1896 con l’intento di liberare i racomoda da portare con le manigazzi dai condizionamenti cittache rimboccate (in ossequio al dini e farli godere del contatto motto scout “Sii preparato”), un con la natura; gli Woodcraft infazzolettone variopinto al collo dians, diffusi in USA con ana(utile anche come bendaggio d’elogo desiderio di crescita nella mergenza), e un cappello a tesa conoscenza, la Church lads’brilarga – tipo quello dei Rangers gade britannica, che univa alla dicanadesi – per proteggersi tanto sciplina militare lo studio della dal sole quanto dalla pioggia. Nel Bibbia, e le Boys’brigades, che 1910, al primo raduno dei boysviluppavano lo spirito di osserscout inglesi, tra gli 11mila convazione studiando le avventure di venuti sfilano anche alcune raSherlock Holmes. gazze, che si definirono “girlPer la verità anche Badenscout”. Per loro venne creata ù ...” un’apposita sezione che BadenPowell (che aveva lasciato l’esercito per dedicarsi a tempo pieno ai suoi ragazzi) affidò prima alla sorella Agnes, e in seguito alla moglie Olave Soames. Gli scout in Italia Per il carattere laico lo scautismo non fu subito valorizzato dalle comunità ecclesiali. Presto, però, queste decisero di aderirvi con un’associazione confessionale. Il 16 gennaio del 1916 segna la nascita dell’Associazione scout cattolici italiani, ASCI (chi scrive ne fu membro) che oggi, con il nome di AGESCI (Associazione guide e scouts cattolici italiani) è la prima organizzazione scout del nostro Paese. Nel 1939 Baden-Powell (divenuto lord nel 1929) e il movimento scout furono proposti per il Nobel per la pace, ma il premio non venne assegnato per lo scoppio della 2ª guerra mondiale. Il fondatore dello scautismo muore nel 1941. Per lui si era decisa la tumulazione addirittura nell’abbazia di Westminster, ma ciò non avvenne. Egli infatti sarà sepolto – come da sua volontà scritta – nel piccolo cimitero di Nyeri, in Kenya (dove si era ritirato a vivere nel 1938), sotto una spoglia pietra tombale, che riporta solo il suo nome e il segnale scout di “Fine pista”. Davanti a questa storia in cammino la Chiesa non può che esprimere gratitudine. Il movimento degli scout è stato e rimane segno di una grande speranza: per la capacità di accompagnare ogni persona in crescita, per la vitalità dell’esperienza comunitaria in direzione della tutela di un bene comune, per quel generale disegno educativo che richiama a realtà ove il trascendente è continuamente riscoperto in un clima di festa e di servizio ai fratelli più deboli. Pier Luigi Guiducci 15 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 16 L’insegnamento di Giustino e Ireneo T utti ricordiamo la storica visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga ebraica di Roma nel 1986. Nell’anno del grande Giubileo del 2000, lo stesso Papa si recò a Gerusalemme e pregò dinanzi al simbolo della spiritualità giudaica, il Muro del Tempio. Questi due gesti hanno contribuito a rendere gli Ebrei meno severi nei confronti dei Cattolici. Nei primi secoli della vita della Chiesa, invece, la situazione era ben diversa e gli Ebrei si mostravano molto ostili nei confronti dei Cristiani. Per questo motivo, un filosofo palestinese, educato alla cultura greca, una volta diventato cristiano, scrisse un’operetta per mostrare agli Ebrei che il rifiuto che essi opponevano al Cristianesimo era immotivato. Questo filosofo è anche uno dei Padri della Chiesa, Giustino, che morì poi martire nel 165. Il titolo dell’opera è Dialogo con Trifone. Questo è il nome del rabbino giudeo a cui si rivolge. Trifone conosceva molto bene l’Antico Testamento, come Giustino aveva potuto appurare nelle conversazioni che ebbe con questo maestro dell’ebraismo antico ad Efeso, la grande città, oggi in territorio turco e dove, ai tempi di Giustino, erano presenti una fiorente comunità cristiana e un folto gruppo di Ebrei. Ricordando quelle discussioni, Giustino, qualche anno dopo, scrisse il suo Dialogo, citando molti passi dei Libri Sacri, venerati dagli Ebrei, che noi cristiani chiamiamo Antico Testamento. Voleva così dimostrare come essi annunciavano con nu16 merose profezie ciò che si sarebbe poi realizzato in Cristo. Seguendo questo procedimento, introdusse un paragone tra la Vergine Maria con un personaggio importante del libro della Genesi, Eva. Lo scopo di Giustino è quello di dimostrare non solo l’eccellenza della Madonna ma anche il suo ruolo fondamentale nella storia della salvezza, che proprio in Cristo, il Figlio di Maria, ha trovato il suo compimento. Scrive Giustino: “Il Figlio di Dio si è fatto uomo per mezzo della Vergine, affinché la disobbedienza provo- La disobbedienza provocò la caduta e l’allontanacata dal serpente fos- mento dell’uomo da Dio. L’obbedienza di Maria inise annullata attraver- ziò i tempi del ritorno dell’uomo al suo Creatore. so la stessa vita per la quale prese inizio. Come infatti rigine e l’Annunciazione, Eva e Eva, che era vergine e incorrotMaria. Questa contrapposizione ta, dopo aver accolto la parola serve a far risaltare il contributo del serpente, partorì disobbedi Maria all’opera redentrice di dienza e morte, allo stesso mosuo Figlio. Tale contributo è condo Maria, la Vergine, avendo risistito soprattutto in un atteggiacevuto dall’Angelo Gabriele il mento spirituale, la sua obbebuon annuncio che lo Spirito dienza alla Parola di Dio. Santo sarebbe disceso su di lei e Questa obbedienza, impreche la potenza dell’Altissimo l’aziosita dal fatto che nasceva da vrebbe adombrata, concepì fede un cuore verginale, ha reso pose gioia, per cui il nato da lei sasibile l’Incarnazione per opera rebbe stato il Figlio di Dio”. dello Spirito Santo. Sono solo poche righe eppuGiustino lascia intendere che re la loro importanza, nella stoil “sì” di Maria all’annuncio delria della teologia mariana, è nol’Angelo ha veramente cambiatevolissima. Giustino contrapto la direzione della storia: non pone due scene: il peccato di opiù morte per l’anima e per il L’espulsione di Adamo ed Eva, Milani Aureliano (1675-1749). Collezione privata. Maria e i Padri Maria la nuova Eva 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 corpo, la triste sorte degli uomini senza l’Incarnazione, ma vita, fede e gioia! Con questo raffronto tra Eva e Maria, Giustino fa capire che nella storia della salvezza, raccontata nella Bibbia, esiste una legge. Questa legge è l’analogia. Che cosa significa? Significa che i vari eventi con cui Dio chiama l’uomo alla salvezza si richiamano e si integrano a vicenda. Tutti però convergono verso Cristo, il centro e il perfetto compimento della salvezza. In questo intreccio di eventi e parole, la Madonna è presente con un suo ruolo insostituibile e indispensabile. La Tradizione cristiana, a partire da Giustino, ha incessantemente scrutato le Scritture per trovare adombrata la figura della Madonna in tanti episodi della Bibbia, proprio come l’autore del Dialogo a Trifone era riuscito a scoprire nel parallelismo tra Eva e Maria. Il contributo di Ireneo Questo paragone piacque tanto ai successivi Padri della Chiesa che uno di loro, Ireneo di Lione, non molti anni dopo Giustino, lo riprese e lo approfondì. Ireneo scrisse un’opera voluminosa in cinque libri, intitolata “Contro le eresie”. Negli anni in cui egli visse, nella seconda parte del secondo secolo, gli gnostici stavano confondendo le menti di molti cristiani, facendo una specie di “minestrone religioso”. Essi, infatti, mescolavano elementi della Rivelazione cristiana con i miti pagani e con dottrine della filosofia greca. Una delle conseguenze del loro insegnamento era questo: per ottenere la salvezza, Cristo non era necessario, si poteva comprendere Dio e le sue molteplici manifestazioni e salvarsi facendo ricorso alle proprie forze, in particolar modo alla 19-11-2007 15:19 Pagina 17 propria capacità di “conoscere”. Lo gnosticismo era una specie di new age ante litteram. Pericoloso quello, pericoloso questo. Ireneo, che era dotato di una grande capacità di contraddire i suoi avversari, riesce a mostrare come tutta la storia dell’umanità si ricapitola, si riassume in Cristo e nella sua opera di redenzione. Ed ecco che, a questo punto, anche Ireneo paragona Maria ad Eva e, a differenza di Giustino, aggiunge anche un secondo parallelismo che spiega meglio il primo, Cristo ed Adamo. “Era conveniente e giusto che Adamo fosse ricapitolato in Cristo, affinché la morte fosse assorbita nell’immortalità e che Eva fosse ricapitolata in Maria, affinché la Vergine, divenuta avvocata di un’altra vergine, potesse annullare e distruggere, con la sua verginale obbedienza, la disobbedienza verginale”. Questo passo di Ireneo, ed altri ancora simili a questo, illustrano un principio basilare della fede: Cristo ci ha procurato la salvezza e, per disegno del Padre, ha voluto la Madonna accanto a sé, come sua cooperatrice. Nei secoli successivi, la teologia cattolica ha adoperato un’espressione molto forte per spiegare questa cooperazione di Maria: corredenzione. Per i Padri della Chiesa, questo contributo della Vergine Maria all’opera del Nuovo Adamo, cioè suo Figlio il Cristo, “appariva giusto e conveniente”, come si esprime Ireneo nel passo che abbiamo citato. Non ci sfugga che in questo brano sant’Ireneo attribuisce alla Madonna un titolo che sarebbe poi diventato molto comune tra i cristiani. Chiama la Madonna “avvocata”. Non ci spiega ancora in che cosa consista questa sua prerogativa. È un compito che sarà illustrato successivamente: la Madonna intercede per i peccatori, che come Eva non obbediscono alla Parola di Dio. Uno studioso contemporaneo, commentando l’insegnamento di Ireneo sulla Madonna, osserva: “La dottrina attuale circa la collaborazione di Maria alla redenzione degli uomini e alla mediazione della grazia divina ha le sue lontane ma visibili radici nell’insegnamento del grande vescovo di Lione”. E a questo giudizio volentieri ci associamo: una meravigliosa sinfonia canta le lodi di Maria, essa è iniziata nei primi anni della storia della Chiesa con i Padri della Chiesa, e viene, lungo i secoli e senza sosta, proseguita da tutti i grandi devoti della Madonna. Roberto Spataro Studium Theologicum Salesianum Gerusalemme e-mail: silvaestudiosus@libero.it La tentazione di fare a meno di Dio nella costruzione del mondo è una tentazione profonda che attraversa tutte le generazioni umane. Adamo ed Eva, Holbein il giovane (1517), Kunstmuseum, Öffentliche Kunstsammlung, Basilea. 17 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 18 Giosuè Carducci, Anniversari I l 16 febbraio 1907 moriva a Bologna Giosuè Carducci, nome che tutti ricordiamo come legato alle esperienze letterarie delle scuole medie. Riuscire a non conoscere la nebbia agli irti colli o i bei cipressetti di San Guido è davvero un’impresa. Almeno per riconoscenza verso le sue belle poesie, che tanta parte hanno avuto nella formazione scolastica di generazioni di studenti, è bene ricordare il fiero, sdegnoso, retorico, roboante, libero pensatore, massone e a suo modo credente professore. La sua inventiva è molte volte raffinata ed elegante, tante altre terribilmente ordinaria e perfin volgare: sempre, in ogni caso, torrenziale. I pesanti lutti familiari che gli sconvolsero l’esistenza segnarono anche il carattere, di natura già riservato e ombroso. Soffrì molto, studiò con ateo ma non troppo passione, insegnò con estrema dedizione e competenza, non seppe opporsi e tanto meno liberarsi dal giogo del bere. Nacque a Valdicastello, frazione di Pietrasanta, in Versilia, il 27 luglio 1835; per curiosità, un mese e mezzo prima, il 2 giugno, nasceva a Riese (Treviso) Giuseppe Sarto, tutt’altro genere di personaggio, che sarebbe poi diventato San Pio X. Il padre di Giosuè (così si chiamò al battesimo), Michele, era medico condotto e la madre, Ildegonda Celli, donna generosa e credente, seguiva il marito nei suoi trasferimenti da una condotta all’altra. Giosuè studiò a Firenze dai Padri Scolopi, e poi a Pisa, dove nel 1856 si laureò in lettere. Nel 1857 era morto di morte violenta l’amato fratello Dante, in circostanze oscure, nel corso di una lite con il padre; e l’anno dopo moriva anche il pa- La chiesa di San Donato in Polenta che ispirò il Carducci nel comporre la sua ode alla Vergine. 18 dre, qualcuno dice suicida, in disperata solitudine, per cui su Giosuè ricadde il sostentamento della madre e del fratello minore Valfredo. Nel 1859 si sposò con Elvira Menicucci, dalla quale ebbe quattro figli: Dante (morto a tre anni nel 1870, il famosissimo bambino dell’albero a cui tendevi/la pargoletta mano), Beatrice, Laura e Libertà (la nota Tittì di Davanti a San Guido). Nel 1860 ebbe la cattedra di letteratura italiana a Bologna, dove insegnerà per ben 42 anni. La sua vita di professore, oltre che dall’insegnamento e dalla poesia, fu animata da alcuni amori, ad esempio con Annie Vivanti, ma, soprattutto, con Carolina Piva, moglie di un ufficiale. Nel 1906 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura. Prima massone Tra le sue scelte politiche e sociali (tutto sommato abbastanza limitate) campeggia quella della massoneria. Quando vi entrò, mutò il nome di Giosuè in quello di Giosue. Tra le sue caratteristiche umane, quella di essere un buon padre, un buon nonno, un mediocre marito e un amante senza condizioni del vino. Per lui il vino fu qualcosa di simbolico, quasi di sacro, legato anche all’antichità classica, da lui tanto amata. In quei tempi remoti il vino si libava per celebrare gli dèi, per onorare i morti, per consacrare i patti e i giuramenti. In tante poesie egli esalta il vino simbolo del soprannaturale, ovviamente pagano. Nonostante questo non è da pensare ad 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 un Carducci ateo, cinico e neppure anticlericale. Il sottoscritto ha raccolto notizie dalla gentile prof.ssa Giuseppina Marcheselli, bolognese, oggi avanti negli anni, le cui ricerche letterarie sono molto preziose. Da perfetto massone, Carducci celebrava con enfasi il 20 settembre. I Mar- 19-11-2007 15:19 Pagina 19 le. Fu una certa contessa Pasolini che lo condusse in quella chiesa, e lui accettò, contro il parere negativo del Gran Maestro della massoneria bolognese. Per di più la poesia termina con una commossa preghiera alla Madonna, della quale il Poeta fu sempre devoto. Giosuè Carducci aderì alla Massoneria senza però esprimere quei toni anticlericali e atei che caratterizzano tanti massoni italiani. Il poeta, interessato al vino e ai piaceri, non rifiutò la fede, vedeva piuttosto nei tempi pagani, il compimento delle idee di libertà e di bellezza che i suoi tempi non gli davano. cheselli, nonni della professoressa, che abitavano poco distante dalla casa del Carducci, avevano in casa un domestico, tal Domenico, che una sera vide il Poeta barcollare, sopraffatto da una abbondante bevuta: professore, vuole che lo accompagni? Azzardò Domenico in bolognese. E lo sorresse fino a casa sua. Raccontava poi emozionato che il professore lo aveva guardato con una luce speciale negli occhi: “grazie, brav’uomo!”. A 50 anni ebbe un primo lieve ictus, a 55 si innamorò della Vivanti e a 63 un altro ictus lo rese più invalido. È del 1891 l’episodio della sua benevolenza verso un gruppo di studenti monarchici. Gli studenti repubblicani lo fischiarono e ingiuriarono e gli fracassarono la cattedra. Poi scopre la fede In seguito si recò a Genova, ove rese omaggio a Giuseppe Verdi e, guardando il mare, disse io credo in Dio. Nel 1897 scrisse La chiesa di Polenta, in occasione di una visita alla chiesa di San Donato in Polenta, poi dichiarata monumento naziona- Ave Maria! Quando su l’aure corre l’umil saluto, i piccioli mortali scovrono il capo, curvano la fronte Dante ed Aroldo. Una di flauti lenta melodia passa invisibil fra la terra e il cielo: spiriti forse che furon, che sono e che saranno? Un oblio lene de la faticosa vita, un pensoso sospirar quïete, una soave volontà di pianto l’anime invade. Taccion le fiere e gli uomini e le cose, roseo ’l tramonto ne l’azzurro sfuma, mormoran gli alti vertici ondeggianti Ave Maria. Nella poesia Ideale, la prima delle Odi Barbare, comincia col lodare la dea Ebe (la giovinezza) e finisce con le lodi alla Madonna, la dolce fanciulla di Iesse / coronata di faville d’oro. E quando accompagnava le bambine a scuola dalle suore, al ritorno si fermava dinnanzi alla chiesa del convento e sostava davanti all’effigie della Madonna sotto la croce di Cristo. Qualcuno sarcasticamente gli chiese: prega, professore? Rispetto il dolore di una madre che ha visto morire il figlio, fu la risposta. Numerose sono le altre poesie nelle quali si avverte il desiderio di Dio. In una lettera scovata dalla prof. Marcheselli il Poeta afferma: a Dio voglio credere sempre più. Il cristianesimo cerco d’intenderlo storicamente. Al cattolicesimo sento impossibile ravvicinarmi con intelletto d’amore, ma rispetto i cattolici buoni (bontà sua!). Basta ricordare la poesia dedicata alla Basilica di Sant’Antonio in Padova e quella, ancor più densa di spiritualità, dedicata a San Francesco, prendendo come spunto la Basilica di Santa Maria degli Angeli in Assisi. Quando, cento anni fa, fu colto da apoplessia, il nipote Manlio, fervente massone, probabile figlio del fratello minore Valfredo, faceva la guardia all’ingresso della casa perché non entrasse il prete; ma la moglie Elvira riuscì a farlo entrare attraverso un passaggio segreto, cosicché il Poeta morì con i sacramenti. L’ultima figlia, Libertà, nota come la Tittì, morì alla fine degli anni ’60. Merita questo nostro poeta di essere ricordato. Fu un ingenuo? La famosa ode Inno a satana farebbe rispondere affermativamente. Fu un autentico maestro dei valori veri della vita? Senza dubbio. Lo dimostra, negli errori e nei successi, il suo inesausto amore alla vita e la sua costante ricerca della verità. Franco Careglio 19 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 20 4 dicembre: Santa Barbara, martire (III-IV secolo) Un mese un santo SANTA BARBARA patrona dei Vigili del Fuoco N on è la prima volta che ci troviamo davanti a qualche santo che può vantare un culto popolare vastissimo (con milioni di persone nel mondo che ne portano il nome) che furono oggetto di una rilevante produzione iconografica, ma che purtroppo non gode di una altrettanta vasta e sicura produzione storiografica. Tanti immagini artistiche ma poche o pochissime informazioni storiche. Santi come Giorgio, Caterina di Alessandria, Barbara ed altri (specialmente dei primi secoli) sono promossi a pieni voti in arte ma purtroppo, ahimè, bocciati in storia. È proprio il caso di santi appena ricordati (ma anche altri): tutti popolarissimi e famosissimi per quanto riguarda il culto popolare (sia in Oriente sia in Occidente) e la presenza nell’arte (sono delle vere “super star” tutti e tre); ma, ahimè, poverissimi di fondamenti e riscontri storici, dei quali noi moderni (o post moderni) siamo affamati. Altro elemento, peraltro ancora comune a tutti e tre, sono le narrazioni (o Passiones) del loro martirio. Siamo in presenza di racconti (molto spesso) leggendari, pieni di elementi inverosimili, e di esagerazioni oltre Le tante feste di Santa Barbara Facciata della chiesa di Santa Barbara a Roma. Sembra che un tempo vi fosse custodito il cranio della martire. 20 Il culto di Santa Barbara è presente equamente sia in Oriente sia in Occidente, nell’Europa meridionale come in quella settentrionale. Nell’Europa centrale, particolarmente in Germania, il culto di Santa Barbara (insieme a Caterina, Margherita, Cristoforo, Biagio, Egidio ecc.) è associato ad un gruppo di ben 14 santi (i cosiddetti Santi Ausiliatori) invocati congiuntamente in occasione di grandi calamità. È ricordata inoltre in Lettonia, in Finlandia, a Cipro come in Grecia, in Armenia come nei Paesi Balcani, in Belgio, in Olanda, in Francia, in Inghilterra, in Svizzera ed in Austria. E naturalmente anche in Italia. Chiese e cappelle a lei dedicate si trovano un po’ dovunque. Ricordiamo in special modo quelle a Rieti (la Cattedrale), a Mantova (Basilica di Santa Barbara), a Roma come a Torino e in altre città e paesi. È una santa presente in tutta Italia, ma soprattutto nell’Italia centrale e meridionale. E anche in Sardegna. Qui la festa di Santa Barbara viene celebrata in molte cittadine e paesi, con processioni, canti, balli e ovviamente robusti pranzi. Viene celebrata a Domusnovas, presso Cagliari, a Silius, a Olzai, vicino a Nuoro, a Iglesias, a Villacidro. E, “last but not least ” anche a Villagrande, in Ogliastra. Qui la Santa viene celebrata ben due volte: d’inverno (il 4 dicembre) e specialmente nel mese di luglio, con una solenne processione che ne porta la statua fino ad una chiesetta fuori dal paese a lei doverosamente dedicata. Questa è immersa nel verde dell’omonimo Bosco di Santa Barbara, dove si può bere, “gratis et amore Dei ”, ottima acqua dalle proprietà terapeutiche, dalla Fontana di Santa Barbara. L’ambiente è molto rilassante e riposante, adatto per ritrovare un po’ di pace e tranquillità, contro la fretta che ci divora e contro il quotidiano logorio della vita moderna. Ma è fortemente consigliato anche per un po’ di riflessione spirituale ed esistenziale (se qualcuno ne ha il coraggio!). Normalmente però è usato per consumare pranzi solenni, sostenuti e sostenenti, in famiglia o con gli amici, in primavera ma specialmente d’estate. Il tutto in memoria di “Santa Barbara gloriosa, incoronata in cielo, come stella luminosa”. Amen. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 21 ogni limite del buon senso, che talvolta possono dare anche fastidio quando si ha una certa mentalità (o non si ha presente il concetto di “genere letterario” ivi usato). Barbara di Antiochia o di Nicomedia? Su Santa Barbara martire esistono molte tradizioni, sia greche sia latine, e redazioni diverse della sua biografia. Si tratta per lo più di racconti leggendari, quindi con scarso valore storico, anche perché non sono poche e piccole le divergenze ivi contenute. Infatti per alcune “Passiones” (o racconti del martirio) Barbara è stata martirizzata sotto l’imperatore Massimino il Trace (235-238) o di Massimiano (286-305), per altre invece lo fu sotto Massimino Daia (308-313). Riguardo poi al luogo di origine della santa vengono fuori i nomi di Antiochia, di Nicomedia ed infine di Eliopoli. C’è anche una tradizione latina che pone Barbara in Toscana. Infatti nel Martirologio di Adone, si legge, per esempio: “In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et maryris sub Maximiano imperatore”. Secondo quindi questa tradizione Barbara fu martirizzata in Toscana, e il corpo traslato nella cattedrale di Rieti, di cui è patrona. Al- Particolare tratto da un dipinto del milanese Giovanni Antonio Boltraffio che raffigura Santa Barbara. tra confusione. Ma non basta. Secondo la versione o tradizione veneziana, l’imperatore Giusti- La torre della basilica mantovana intitolata a Santa Barbara svetta tra i palazzi ducali della città lombarda. no trasferì il corpo della martire a Costantinopoli, e da qui i Veneziani lo avrebbero portato nel 1009 nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Venezia. Non dimentichiamo però che anche il Cairo, Costantinopoli e Piacenza rivendicano le sue reliquie. Comunque al di là di queste notizie poco storiche e molto contradditorie, secondo qualcuno “si può ragionevolmente affermare che la martire doveva essere orientale, forse egiziana, e che il suo culto fu portato in Italia verso il secolo VI, durante la dominazione bizantina. Altro di certo non sappiamo. Ma la sua leggenda, molto popolare nel Medioevo, ha ispirato patronati e un’iconografia così imponente che l’hanno radicata nell’immaginario occidentale” (Alfredo Cattabiani). Secondo questi racconti Barbara era la figlia di Dioscuro, di religione pagana. Poiché la ragazza era bellissima, per proteggerla dai troppi pretendenti, questi costruì una torre dove la fece rinchiudere. Intanto la fanciulla si era consacrata a Cristo e non aveva quindi nessuna intenzione di sposarsi. Anzi prima di entrare nella torre, desiderando ricevere il battesimo... e non potendo per vie normali, ricorse all’auto battesimo. Passando vicino ad una piscina si immerse tre volte nell’acqua con le parole: “Si battezza Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Barbara, devota della Santa Trinità Approfittando poi dell’assenza del padre fece costruire, accanto alle due già esistenti, una terza finestra, non per avere più luce ed aria, ma per manifestare così la propria fede nella Santa Trinità. Questo elemento della torre (che figura nella iconogra21 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:19 Pagina 22 Barbara, Barbi, Barbarella, Barbarina... Santa Barbara è una santa invocata da una grande quantità di categorie professionali che ne richiedono la protezione. Questa è una ulteriore prova non solo della estensione geografica del suo culto ma anche della molteplicità e diversità dei suoi devoti, anche se i motivi di questa grande fama per lo più si devono trovare in molti particolari del racconto della sua Passio (secolo VII). Questa influenzerà anche la sterminata iconografia che l’ha illustrata e immortalata. Santa Barbara innanzitutto è invocata contro la morte improvvisa (il fulmine che colpì il padre, insensato giustiziere). Ecco la preghiera: “Signore, per intercessione di Santa Barbara concedici di ricevere il sacramento prima di morire”. Esistono anche delle Confraternite della Buona Morte che onorano Barbara come lo- 22 Particolare di un quadro del pittore fiammingo Jan Van Eyck. Il nome Barbara deriva dal gre- ro santa patrona. La Santa è anche invocata da arco barbaròs, in latino Barbarus maioli, artiglieri, architetti, minatori, muratori, fonditori e significa barbaro o straniero. di campane, costruttori di torri e di fortificazioni. Dopo È un nome presente in tutte le la scoperta della polvere da sparo è diventata protetlatitudini... portato, integrale o trice di tutti quelli che hanno a che fare con gli esplonei diminutivi, da milioni di don- sivi. Venne eletta patrona anche dai lanzichenecchi (di ne nel mondo, particolarmen- assai infelice storica memoria) perché essi usavano gli te nei paesi di influsso anglo- archibugi, che quando sparavano facevano una gransassone, ma non solo... de scintilla. Non dimentichiamo poi che il deposito delle munizioni nelle navi militari (ma non solo) si chiama, Ecco alcuni suoi diminutivi: ovviamente, la santabarbara. Infine ricordiamo anche Latino: Barbara. che è la patrona di una categoria sociale che è semInglese: Babs, Barb, Barbie, pre stata al servizio della collettività: i Vigili del Fuoco. Particolare di un alta- Barby, Babete, Babetta, BarNonostante la loro santa sia stata “bruciata” dalle fiamre ligneo scolpito in me della Riforma Liturgica, ovvero fu depennata dal Germania (XVI sec.). bary, Barbra. Francese: Babette, Barb, Bar- Calendario Liturgico del 1970 (salvo ripensamenti cobe, Barbot. me nel caso di Caterina di Alessandria, “riabilitata” e Spagnolo: Barbara, Barbabrita. riammessa come Memoria facoltativa nel 2003), per i Ceco: Bára, Barbora, Bora, Barcinka, Barka, Barunka, Vigili è rimasta ancora e comunque in servizio come patrona e come tale invocata. Baruna, Baruska. Ungherese: Borbála, Bora, Borhala, Boriska, Borka, Borsala, Brosca, Broska. Particolare di Barbara con alle spalle la torre della sua tradizione. Irlandese: Baibre, Bairbre, Baibín. Tedesco: Barbara, Bärbel, Bärbele. Russo: Varvara, Varia, Varenka. Scozzese: Barabal. Haway: Palapi, Palapala. Polacco: Basia. Svedese: Barbro. Italiano: Barbi, Barbarina, Barbarella, Barbaretta. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 23 La Madonna Sistina di Raffaello Sanzio. Ai piedi della Vergine sono inginocchiati Santa Barbara e San Sisto. fia di Santa Barbara) è comune ad altre sante (esempio Cristina di Bolsena) ed era sempre stata nella tradizione come simbolo della “la porta del cielo” oltre che di ascensione verso il cielo, di difesa e di vigilanza spirituale. Ritornato, il padre si infuriò per il fatto che Barbara si era fatta cristiana e per la costruzione della terza finestra non autorizzata e dimostrativa della sua nuova fede. Una costruzione abusiva insomma. E così decise subito di ucciderla. Ma la figlia riuscì miracolosamente a sfuggirgli, passando attraverso le pare- ti della torre. Una volta ritrovata, il padre, ancora furioso per il tradimento, la fece consegnare al governatore Marciano, per costringerla ad abiurare prima con le buone, poi con le cattive e cioè con la tortura e le crudeltà più raffinate. Coperta di ruvidi panni dovette subire numerosi ed atroci supplizi finché fu rinchiusa nella torre. A meditare e rinsavire, così speravano. Ma anche questa volta fu miracolosamente guarita da un angelo che le apparve durante la notte. All’indomani naturalmente fu sottoposta a nuovi tormenti, questa volta in- sieme ad una certa Giuliana, che nel frattempo, assistendo ai supplizi di Barbara, si era dichiarata anche lei cristiana. Sottoposta alla flagellazione e alle fiamme, accese ai fianchi, Barbara superò anche questa crudele prova. Allora il governatore un po’ spazientito da tanta resistenza, privatala dei vestiti, la fece trascinare per le vie della città tra le percosse e flagellazioni feroci. Ancora un prodigio. Ascoltando le preghiere della martire, il cielo si coperse di nuvole nere ed arrivò anche una fitta nebbia, sottraendola così agli sguardi dei curiosi malintenzionati. Ed ecco infine la condanna alla decapitazione. Esecutore finale lo stesso padre di Barbara, tanto crudele quanto incauto. Credeva di aver vinto la battaglia contro quella figlia ostinata e cristiana. Ma non era così. Mentre infatti tornava a casa fu colpito da un fulmine a ciel sereno che lo ridusse ad un mucchietto di cenere. Morte improvvisa da non augurare a nessuno. Fine della storia (e della leggenda). Il racconto, come si vede, è ricco di elementi (quali la torre, la spada, la corona, la palma e la pisside con un’ostia, che significa il Viatico nell’ora della morte...) che servirono di ispirazione agli artisti dei vari secoli che vollero celebrare Santa Barbara. Tra quelli più famosi ricordiamo il sommo Raffaello Sanzio ne La Madonna Sistina, Jan van Eyck (1437), Robert Campin (1418), un autore della cerchia del Botticelli, Cosimo Rosselli (1468), Luca Cranach il Vecchio, Lorenzo Lotto (Cappella Suardi, vicino a Bergamo), Giovanni Antonio Boltraffio e tanti altri, pittori, scultori e architetti, noti o meno noti, bravi o molto bravi, tutti impegnati a celebrare con le loro opere d’arte una santa e martire, anche se così poco documentata storicamente. Mario Scudu 23 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 I quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio 2/ 15:20 Pagina 24 Celebrazione Omicidio volontario /2 NON UCCIDERE! Il perdono di Dio N All’alba della storia umana ecco il primo terribile avvenimento: Caino uccide suo fratello Abele. Spuntano i primi fiori e un’improvvisa tempesta recide il più bello. Il peccato originale ha già affondato le sue radici nefaste, quali la cupidigia, l’invidia, la gelosia, la collera, in uno dei primi due nati: una catena che non finirà mai, e che arrecherà un dolore acutissimo al cuore di Dio nostro Padre. Il fratello nemico del fratello, è la negazione assoluta dell’amore, la negazione di Dio, la pretesa di non dipendere da lui e anzi di prendere il suo posto, e per questo il sangue ingiustamente sparso continua a gridare vendetta al suo cospetto. “Che hai fatto?”, dice Dio a Caino, “la voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo. Ora sii maledetto, lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello”. Riprese Caino: “Chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere”. Il Signore gli disse: “Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte” (Gn 4). Questa è dunque la volontà di Dio: Non uccidete Caino! E allora questi peccatori potranno salvarsi? Certamente sì, perché nulla è impossibile a Dio. Gesù, on uccidere è il comandamento di Dio, ed è precisamente il quinto, come si legge nel libro dell’Esodo (20,13). Questo vale per coloro che credono nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, quindi per noi cristiani. Lo stesso comando però è stato profondamente inciso dal Creatore nella mente e nel cuore di ogni creatura umana di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Il titolo di questo articolo, “omicidio volontario”, vuole fermare la nostra attenzione non tanto sull’omicidio in generale, quanto sulla sua volontarietà, come espressione di un vero atto libero, un atto di piena avvertenza e di deliberato consenso. La vita umana non è opera del caso, come del resto non è opera del caso tutto ciò che ci circonda. Tutto è stato da Dio messo nelle mani dell’uomo ma non la vita del nostro simile. La vita dell’uomo appartiene a Dio, dal suo concepimento fino alla morte naturale. È Dio che ha creato l’uomo! A sua immagine e somiglianza Egli lo ha creato! Per questo la vita umana è sacra e appartiene a Dio in assoluto, dall’alba della vita al suo tramonto. Nessuno e in nessun caso uno può rivendicare a se stesso la proprietà di una vita umana. Nessuno al mondo ha il diritto di distruggere una vita umana. Tanto è vero che nostro Signore Gesù Cristo, parlando di questo comandamento, lo ha confermato senza fronzoli: non uccidere e chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Poi ha incluso d’autorità, in questo comandamento, anche le offese, come: stupido, pazzo. Commettono “omicidio volontario” anche coloro che procurano volontariamente l’aborto, l’eutanasia e quanti fanno esperimenti di ricerca scientifica sugli embrioni. Si tratta sempre di interruzione violenta della vita umana, sacra a Dio. Su tutto ciò il Papa e i Vescovi non finiscono di parlarne e in tutti i toni. 24 La Bibbia ci insegna che l’inizio della convivenza umana è già segnata dal peccato e dall’odio. Una frattura che si annida all’interno della stessa famiglia e che dilagherà fra tutti i popoli. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 incarnandosi, ha proclamato: “Io sono venuto per i peccatori, sono venuto per salvarli”. Come si possono salvare? Dio è amore, misericordia, compassione e perdono. Per salvarsi bisogna entrare nella sfera dell’amore, è necessario riconoscere di avere sbagliato, è bello soprattutto rivolgersi a Dio e dire di cuore: Padre, abbi pietà di me peccatore. Non temere di convertirti, né per il tuo orgoglio, né per quello che dirà la gente. È Gesù che bussa al tuo cuore e ti viene incontro e ti butta le braccia al collo. Tu stringiti, in pianto, al suo petto squarciato, e digli: Signore Gesù, abbi pietà di me. Se è possibile riconciliati con la Chiesa per testimoniare a tutti la tua adesione a Cristo. Preghiamo con il Salmo 112 Rit.: Lo sguardo del Signore è sopra il povero. Lodate, servi del Signore, lodate il nome del Signore. Sia benedetto il nome del Signore, ora a sempre. Rit. Su tutti i popoli eccelso è il Signore, più alta dei cieli è la sua gloria. Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell’alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra? Rit. Solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i principi, tra i principi del suo popolo. Rit. Il martirio di Monsignor Romero Mons. Romero, arcivescovo e pastore, fu assassinato, il 24 marzo di venticinque anni fa, sull’altare, mentre celebrava l’Eucaristia, diventando vittima offerta assieme al Signore. Proprio il giorno prima, aveva lanciato un appello per fermare la repressione: «Fratelli siete, come potete uccidere i vostri fratelli? Ogni ordine umano per uccidere deve essere subordinato alla legge di Dio che dice: non uccidere. Nessun soldato è obbligato a ubbidire a un ordine contrario alla legge di Dio. Nessuno deve ubbidire a una legge immorale. È ormai tempo di ubbidire alle vostre proprie coscienze piuttosto che a ordini di peccato. La Chiesa non può rimanere in silenzio davanti a tale abominio... Nel nome di Dio, nel nome del popolo che soffre e di cui il grido, ogni giorno, si alza alto verso il cielo, vi imploro, vi prego, vi comando: fermate la repressione». L’indomani fu assassinato, dando ai suoi fedeli con la sua morte più forza per «ubbidire alla loro coscienza 15:20 Pagina 25 La vita appartiene a Dio e Lui solo ha il potere di toglierla. Per questo l’uomo deve essere sempre rispettoso verso la vita impegnandosi a proteggerla e a sostenerla sempre. che a ordini di peccato». Ed è stato assassinato il 24 marzo, vigilia della festa dell’Annunciazione, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della rivelazione dell’amore di Dio, nel mistero dell’Incarnazione del Verbo Eterno, fatto uomo, per «annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista e per rimettere la libertà agli oppressi» (Lc 4,18). Preghiamo O Padre buono, nostro Dio e nostro Creatore, ci rivolgiamo a te per ottenere misericordia in favore di coloro che deliberatamente uccidono una tua creatura umana. Abbi pietà di loro. Purtroppo la superba pretesa di mettersi al tuo posto, negando il tuo amore, li ha spinti a soffocare ogni compassione verso il proprio simile. Ti preghiamo, perdonali. Grazie, Padre, perché vuoi salvare tutti i peccatori. Caro Gesù, Figlio di Dio, tu, liberamente e con grande amore, hai inchiodato sulla croce il tuo bellissimo corpo ricoperto dell’obbrobrio dei nostri peccati. Abbi pietà di quelli che uccidono i loro fratelli. Mostra a loro, o Figlio della dolcissima Vergine Maria, le tue piaghe, tocca il loro cuore e stringili a te, perché non abbiano timore di pentirsi. O buon Gesù, il tuo sangue prezioso ottenga dal Padre la salvezza di tutti i peccatori. O Spirito Santo, Amore del Padre e del Figlio, noi ti preghiamo, con suppliche e lacrime, per tutti quelli che organizzano ed eseguono stragi di persone umane. Ti chiediamo misericordia. Entra nella mente e nel cuore di coloro che rubano o stuprano e poi sono pronti a uccidere. Allontana da noi il nemico antico, donaci la pace e, per la gloria del Padre nostro e converti tutti i peccatori. Don Timoteo Munari 25 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 Chiesa e comunicazione C ome accogliere un documento magisteriale e come trasformarlo in opportunità catechetico-pastorale e in formazione permanente del fedele? Propongo qui alcune considerazioni riservate alla stampa cattolica, nazionale, diocesana, parrocchiale e alle migliaia di pubblicazioni religiose di congregazioni o di associazioni di fedeli. Anzitutto la stampa cattolica non deve appiattirsi sull’agenda laica, seguendo la corrente degli eventi religiosi «creati ad arte» dall’esterno. Mi riferisco, ad esempio, al lancio esasperato del Codice da Vinci, al Vangelo apocrifo di Giuda, alle mille interviste su importanti questioni bioetiche. Né la stampa cattolica deve essere autolesionista, demolendo dall’interno le indicazioni magisteriali, ad esempio, sul sacerdozio delle donne, sull’aborto, sulla difesa dell’embrione, sul celibato sacerdotale. Se ospita, ad esempio, opinioni contrarie al celibato sacerdotale nella Chiesa latina, dovrebbe sullo stesso numero dare le ragioni convincenti che motivano il significato di questa tradizione. Non lasciare la difficoltà senza una dovuta risposta, altrimenti sembra che l’indicazione magisteriale sia una opinione che si può condividere o meno. Inoltre, la stampa cattolica dovrebbe avere una duplice attenzione: quella rivolta alle novità e quella rivolta alla formazione continua. Informare criticamente Occorre cioè che la comunicazione religiosa cattolica tenga conto dell’attualità delle notizie, 26 19-11-2007 15:20 Pagina 26 Accogliere gli insegna m della Chiesa ma con una precisa peculiarità. Se zione alla fede. La tradizione crinella stampa laica il fatto viene stiana ha duemila anni di civiltà presentato in modo polemico o in con una biblioteca amplissima da modo cosiddetto «dialogico» (uvisitare e riproporre: i Padri delno dà un’interpretazione e l’altro la Chiesa, i grandi teologi di one dà una diametralmente oppogni tempo, i santi, le scuole di sta) ma in realtà «altamente prospiritualità con i loro capolavoblematico», nella stampa cattori, le tradizioni liturgiche, le conlica lo stesso fatto dovrebbe esquiste dell’arte. Tutto ciò non è sere analizzato in base a un atun museo da visitare e da ammiteggiamento di ricerca e di corare, ma una realtà viva che imunicazione della verità. A prospira e sostiene e che ha tutti i nuposito, ad esempio, della scopermeri per essere valorizzata. ta e della recente pubblicazione del Vangelo di Giuda, la stampa Assimilare gli insegnamenti cattolica non può limitarsi a dare la notizia, come se si trattasse Per quanto riguarda poi la redi una nuova e radicale reintercezione non effimera del Magipretazione del cristianesimo. Con stero, ma la sua accoglienza dola competenza di studiosi espercile, la sua assimilazione e la ti di antichità cristiana deve, insua efficacia nella vita personavece, offrire ai lettori quegli elele e comunitaria, mi limito a due menti per comprendere che si tratdocumenti importanti del Santo ta di un vangelo apocrifo, conoPadre Benedetto XVI: il Comsciuto dai Padri ma non accolto, pendio e l’enciclica Deus cariinsieme a tanti altri, dalla Chietas est. sa primitiva, perché dava un reCon rammarico, purtroppo, si soconto falso della figura di Giudeve constatare che non mancada, non corrispondente alla realtà no cosiddetti esperti che hanno edei fatti. In tal modo si offrono ai fedeli L’uomo cerca sempre una verità superiore che lo guicattolici le risposte al- di nella sua vita. Purtroppo oggi sono tante le voci che le loro domande, ai cercano di coprire questo suo naturale desiderio. loro dubbi e soprattutto alle contestazioni altrui. Mostrare la cultura cattolica La seconda attenzione è quella della formazione, che implica un’agenda creativa, di alta qualità culturale e soprattutto di profonda educa- 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 27 a menti La Chiesa si propone all’uomo come via che conduce alla verità di Cristo. Verità che vuole condurre l’uomo alla pienezza della vita e della gioia. spresso non docilità e gioia, ma «tristezza» e «critiche» nei confronti di questo dono pontificio. La stampa cattolica dovrebbe dare anzitutto le motivazioni per confutare questi giudizi negativi e infondati – quando ci sono –, ma poi dovrebbe avere un progetto di formazione permanente dei fedeli per l’assimilazione profonda del documento magisteriale. In questo, ad esempio, è lodevole l’iniziativa di Famiglia cristiana che a partire dal numero del 25 dicembre 2005 aveva avviato una rubrica di commento al Compendio. Utili iniziative sono state prese anche dal quotidiano l’Avvenire, che in più puntate ha presentato oltre al contenuto anche il significato del genere letterario dialogico e del significato teologico e catechetico delle immagini. Lo stesso Avvenire poi nel suo inserto periodico intitolato «È vita» continua la sua informazione accurata su tutti i temi bioetici più discussi oggi. In questi esempi, si nota l’iniziativa propria della stampa cattolica, che non solo insegue le novità, ma anche si sofferma su una sua agenda formatrice e illuminatrice. Anche per l’enciclica Deus caritas est è stato lo stesso Santo Padre a presentarla in anteprima, parlandone per ben tre volte prima della sua illustrazione in Sala Stampa. Questo per dare subito a tutti i fedeli la retta interpretazione e per non dare alla stampa laica il vantaggio di distorcerne il significato e di distruggerne il valore. Per la stampa cattolica l’enciclica dovrebbe costituire un progetto di educazione alla fede per i giovani e per gli adulti. In questo i cattolici dovrebbero essere creativi e innovativi, dando visibilità e concretezza alle ricchezze contenute nell’enciclica con una programmazione a lungo termine. Questi due documenti magisteriali formano due colonne di autentica catechesi cristiana, la quale trova nel Compendio la risposta alle mille domande di conoscenza religiosa, e nell’enciclica il nucleo essenziale dell’esistenza cristiana. Una formazione straordinaria I documenti allora diventano portatori di luce all’intelligenza e ispiratori di retti comportamenti cristiani nel pellegrinaggio di fede di tutti i fedeli. Si tratta di pagine significative e quanto mai attuali di catechesi ecclesiale, da valorizzare al meglio in un tempo di globalizzazione. La recezione dei documenti ecclesiali più che un peso insopportabile e noioso può diventare una sorprendente e straordinaria formazione permanente dei pastori e dei fedeli, nella continua riscoperta e accoglienza della verità della rivelazione di Gesù. Per fare ciò ci vogliono professionisti, soprattutto laici – ai quali è demandato proprio questo campo di testimonianza cristiana nel secolo –, che conoscano le due lingue: quella della comunicazione ma anche quella della teologia. Spesso però la mancanza di professionalità, la fretta, la carenza di aggiornamento teologico, la superficialità, l’attenzione esclusiva all’attualità immediata impoveriscono la risposta dei media cattolici, privando i fedeli delle dovute risposte alle loro esigenze, e privando anche la società di un contributo indispensabile alla comprensione e alla valutazione più adeguata della realtà dei fatti e delle persone. A riguardo delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI ha riaffermato il duplice protagonismo dei media nella comunicazione della verità e nella promozione della vera pace: «Illuminare le coscienze degli individui e aiutarli a sviluppare il proprio pensiero non è mai un impegno neutrale. La comunicazione autentica esige coraggio e risolutezza. Esige la determinazione di quanti operano nei media per non indebolirsi sotto il peso di tanta informazione e per non adeguarsi a verità parziali o provvisorie. Esige piuttosto la ricerca e la diffusione di quello che è il senso e il fondamento ultimo dell’esistenza umana, personale e sociale (cf Fides et Ratio, 5). In questo modo i media possono contribuire costruttivamente alla diffusione di tutto quanto è buono e vero». L’appello del Papa ai responsabili soprattutto cattolici, è accogliere la sfida a essere protagonisti della verità e della pace che da essa deriva. Mons. Angelo Amato 27 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 28 Lo Spirito Santo Meditazione L o Spirito Santo, anzitutto, è l’Amore che intercorre tra il Padre e il Figlio, nella Famiglia della Santissima trinità: il Padre ama così il Figlio che lo rende perfettamente uguale a Sé; quindi anche il Figlio ama il Padre con identico amore. Questo amore è talmente grande che è una Persona divina, uguale e distinta dal Padre e dal Figlio. Non è che possiamo capir bene questa immensa meraviglia: per noi, troppo piccoli, è un profondo mistero. Ma ne sappiamo qualcosa in base alla Parola di Gesù, il Figlio fatto uomo che la vive personalmente: è Lui che riceve dal Padre tale Amore infinito, è Lui che glielo ricambia con il medesimo Amore! Dalla Trinità verso di noi Orbene, il Figlio ha voluto diventare anche uomo, perché possiamo far parte anche noi della vita divina: lo dicevano già i primi cristiani, con le famose parole latine: ut homines deos faceret, factus homo: Dio si è fatto uomo, perché gli uomini diventassero dèi... come figli nel Figlio. Per renderci tali, il Figlio di Dio invia anche a noi lo Spirito Santo, quello stesso Amore che riceve dal Padre e che Gli ricambia. Così succede che lo Spirito Santo è l’Amore che il Padre offre al Figlio e a tutti i figli uniti a Lui. A loro volta, noi figli diventiamo, a poco a poco, capaci di corrispondere questo altissimo Amore, donando lo stesso Spirito con cui possiamo 28 amare il padre, il Figlio e persino il nostro prossimo, con cui Gesù si è voluto identificare. Per questo i Cristiani possono essere amati dai fratelli e possono riamarli ricevendo ed offrendo lo Spirito Santo! Spirito di Luce e di Forza Ma quando lo Spirito è disceso sugli Apostoli e su Maria nel Cenacolo, duemila anni fa, e quando scende anche adesso su molte persone, non si manifesta soltanto come Amore, ma anche come Forza e come Luce. Quale Forza? In ultima analisi, la forza dell’amore, la pienezza di un amore così grande, da far impallidire qualsiasi amore puramente umano. È una forza che vince le difficoltà, le paure e persino le impossibilità della nostra natura: si pensi ai Martiri, a San Massimiliano Kolbe, a Madre Teresa di Calcutta. Si può capire, dunque, che quando un amore è tanto potente da somigliare all’amore di Gesù, è già in azione lo Spirito Santo, anche in persone disperse nel mondo che magari, ufficialmente, fanno parte di altre fedi. Lo Spirito Santo non ha confini di tempo, di luogo, e neppure di culture e di religioni. Per quanto riguarda la Luce, Gesù, promettendo il Consolatore, cioè Spirito Santo, ci aveva promesso: «Egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26). Ma cosa c’entra la Luce con l’Amore? Sovente si afferma che Lo Spirito Santo è il dono dell’amore del Padre al Figlio e del Figlio agli uomini. l’amore è cieco: ma è proprio vero? Può essere cieca una passione, non ancora trasformata in autentico amore. Le mamme, invece, che amano molto i loro bambini, li conoscono molto bene, ne riconoscono anche i limiti, così da poterli aiutare meglio. In latino si diceva: ubi amor, ibi oculos, dove c’è amore, c’è occhio. L’amore vero ci fa vedere meglio e ci fa scoprire tutte le esigenze della persona amata! Ecco l’azione dello Spirito Santo. Egli ci fa comprendere sempre più i desideri di Dio, ci fa conoscere la strada per poterlo raggiungere. Egli così ci dona Amore, Forza, Luce di saggezza attraverso i Sacramenti e anche attraverso “folate di vento”, a volte inattese e più spesso vicine a coloro che lo chiamano, e con tutto questo ci dona una ricchezza e un’intima consolazione che ci rinnova la vita! Antonio Rudoni 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 L’ADMA nel mondo 19-11-2007 15:20 Pagina 29 INSERTO ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE Maria rinnova la Famiglia Salesiana (Lettera del Rettor Maggiore Don Egidio Viganò del 25 marzo 1978) Essere devoti all’Ausiliatrice comporta un impegno particolarmente definito dalla concretezza storica e situazionale della vita cattolica. Questa opzione realista, che può portare anche al martirio, s’avvicina necessariamente a posizioni di lotta che potrebbero assumere, in determinate situazioni, anche l’aspetto di una scelta politica; è ciò che accadde un po’, proprio negli anni ’60, nell’Italia delle apparizioni di Spoleto e della caduta di Roma. Ebbene, Don Bosco eccelle nel fare della devozione all’Ausiliatrice un impegno reale per la Chiesa Cattolica, evitando sempre di trasformarla in una bandiera temporale a favore della rivoluzione o dell’antirivoluzione di turno. Per saper tenere un tale atteggiamento si ispira al criterio pratico caratteristico dell’«attività materna», che non è mossa da ideologie astratte ma da esigenze vitali, che fa tutto il bene che può anche se non può arrivare all’ottimo, e che cura più il tessuto delicato della vita che l’elaborazione dei grandi programmi. Può essere sintomatico constatare che non c’è posto per una simile attività vitale (e quindi non si trova nessun elemento di parallelismo con Maria) nelle più famose ideologie sociali, per esempio nel marxismo, che pur mostrano varie coincidenze parallele con la strutturazione ecclesiastica. Il realismo pedagogico di Don Bosco ha espresso attraverso la sua devozione mariana un’autentica «mistica dell’azione», nel senso profondo di San Francesco di Sales, unita permanentemente a una forte, anche se più volte nascosta, «ascesi dell’azione». Per questo io mi permettevo di far osservare ai Capitolari che la devozione all’Ausiliatrice «è legata agli avvenimenti concreti dell’esistenza, si immerge nel corso vivo della storia, nei suoi labirinti e nelle sue passioni, ma rimane chiaramente escatologica (Don Bosco direbbe “religiosa”); non si trasforma in una “crociata di cristianità”; sente e partecipa alle vicissitudini socioculturali e ai continui nuovi assetti dei popoli nell’ininterrotto loro (8a parte) processo di un nuovo grado di liberazione, ma non diviene mai “politica” (nel senso ristretto e specifico del termine); è realista ma trascendente, in piena sintonia con la specifica missione della Chiesa». L’A D M A nel mondo Sabato 22 settembre 2007 alcuni dei membri del Consiglio di presidenza dell’ADMA Primaria di Torino hanno partecipato alla Consulta Regionale della Famiglia Salesiana del Piemonte e Valle d’Aosta, a cui hanno preso parte sia l’Ispettore Don Pietro Migliasso che l’Ispettrice Sr. Celestina Corna con la presenza dei Visitatori straordinari Don Pier Fausto Frisoli e Sr. Carla Castellino. Don Mariano Girardi, Delegato per la Famiglia Salesiana, ha coordinato l’incontro vissuto nello spirito di crescere nella conoscenza reciproca e nella condivisone comune del carisma salesiano sul territorio del Piemonte e Valle d’Aosta. Negli interventi di Don Pier Fausto e di Sr. Carla Castellino, come pure nel dialogo e negli interventi dei partecipanti sono emersi la volontà e l’impegno di rinnovare la presenza salesiana di fronte alle granIl nuovo Consiglio della Primaria con Don Pier Luigi Cameroni, nuovo Animatore spirituale dell’Associazione. 29 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 30 di sfide poste dall’educazione dei ragazzi e dei giovani nel nostro tempo. Lunedì 24 settembre 2007, commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice; si è svolta la riunione mensile dell’ADMA Primaria con la presenza per la prima volta del nuovo animatore spirituale don Pier Luigi Cameroni, introdotto e salutato dal predecessore Don Sebastiano Viotti. Don Pier Luigi ha presentato l’intervento del Rettor Maggiore Don Pascual Chávez al recente Congresso di Maria Ausiliatrice svoltosi in Messico nel mese di agosto, sottolineando la forte ispirazione mariana del carisma salesiano e riproponendo la rilettura fatta dal Rettor Maggiore della pala di Maria Ausiliatrice del Lorenzone. Segue poi la recita del Santo Rosario e la celebrazione eucaristica nella Basilica. Domenica 7 ottobre 2007, festa della Madonna del Rosario; si è svolta a Valdocco la XVII giornata mariana a cui hanno partecipato oltre 150 associati dei vari gruppi del Piemonte: oltre il consistente gruppo della Primaria con ben 80 partecipanti, To-Stura con la Presidente Lorenzina Cazzoli e l’animatrice Sr. Silvana Gardin; Torino-Agnelli con Sr. Maddalena Scarrone; Mappano con il Presidente Germano Crivellaro e con Sr. Gina, La Sala Don Bosco con i partecipanti alla XVII Giornata Mariana. 30 Un momento dell’incontro della XVII Giornata Mariana in cui è stata presentata la strenna del Rettor Maggiore per il 2008. Torino Sassi con Sr. Pia, To-Crocetta con Maria Borelli; Casale Monferrato con una bella rappresentanza guidata dalla presidente Anna Aceto; Acqui con Margherita De Giorni; Giaveno con Sr. Agnese Caratto e Sr. Rina Coffele; Mornese con Sr. Concetta Strada; Tortona con Sr. Marina; Nizza Monferrato con Sr. Caterina Monge. Nel momento dell’accoglienza ha portato il suo saluto Don Sebastiano Viotti, che è stato a sua volta ringraziato per il prezioso lavoro svolto a favore dell’Associazione per oltre 20 anni. Nel saluto è stato omaggiato a Don Viotti un’artistica riproduzione della Madonna di Guadalupe. Hanno salutato i partecipanti la Presidente della Primaria Sig.ra Giuseppina Chiosso, la Vicaria delle FMA del Piemonte Sr. Giuseppina Franco e Don Sergio Pellini, Vicario ispettoriale e Rettore della Basilica. Nella prima parte della mattinata il nuovo Animatore spirituale Don Pier Luigi Cameroni ha presentato la strenna del Rettor Maggiore per il 2008: Educhiamo con il cuore di Don Bosco per lo sviluppo integrale della vita dei giovani, soprattutto i più poveri e svantaggiati, promuovendo i loro diritti. Ricollegando la presente strenna con le precedenti dedicate al tema della vita e della famiglia, ne sono stati sviluppati i contenuti fondamentali anche con l’aiuto di un power point: Educare con il cuore di Don Bosco è vivere il Sistema Preventivo, è carità che sa farsi amare, risvegliando la passione apostolica ed educativa di Don Bosco per la salvezza della gioventù. Dopo l’intervallo, rallegrato dalla tradizionale foto di gruppo, è stato presentato, attraverso alcune immagini e fotografie, il V Congresso internazionale di Maria Ausiliatrice svoltosi a Città del Messico dal 17 al 20 agosto scorso, non limitandosi solo alla cronaca dell’evento, ma anche sottolineando i messaggi che da esso sono scaturiti. È stato molto bello vedere la grande devozione a Maria Au- 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 siliatrice diffusa in tutto il mondo, raccogliere la testimonianza di tante persone che nella loro semplicità vivono l’amore a Maria con il cuore apostolico di Don Bosco. Con il passare delle ore è andato crescendo tra i partecipanti un clima di gioia e di contentezza per i messaggi ascoltati, per le provocazioni ricevute, per il clima di famiglia condiviso. Questo clima si è espresso anche nella fraternità vissuta durante il momento del selfservice allietato dai dolci e dalle torte preparate da alcune associate. Nel pomeriggio ci si è ritrovati nella Basilica di Maria Ausiliatrice per il santo Rosario e la celebrazione dell’Eucaristia presieduta da Don Pier Luigi. Il Rosario è stato commentato con alcuni testi tratti dall’esortazione apostolica di Paolo VI Marialis cultus, mentre nell’omelia della messa Don Pier Luigi ha messo in evidenza il senso evangelico del servizio che nasce dalla gioia di sentrirsi dei salvati e di impegnarsi con zelo nell’annuncio del Regno di Dio, sull’esempio e con l’aiuto di Maria che magnifica il Signore e insieme si professa sua umile ancella. Come ricordo di questa giornata è stato omaggiato ad ogni partecipante un pieghevole con il testo della strenna e le proposte fatte dal Rettor Maggiore durante il Congresso di Città del Messico, oltre un’immagine della pala dell’Ausiliatrice restaurata con la preghiera composta dallo stesso Rettor Maggiore. È importante richiamare le consegne del Rettor Maggiore al V Congresso: 1. L’ADMA è chiamata a diffondere nella Famiglia Salesiana la devozione all’Ausiliatrice come elemento costitutivo del carisma e dell’identità salesiana. 15:20 Pagina 31 Don Pier Luigi Cameroni offre a Don Sebastiano Viotti un’artistica riproduzione della Madonna di Guadalupe quale piccolo ringraziamento per il grandioso lavoro svolto a favore dell’Adma in tutti questi anni. 2. Coinvolgere i giovani in questo cammino spirituale dell’ADMA, al fine di far loro sperimentare la maternità della Chiesa e di Maria. 3. Curare il cammino formativo dei membri dell’Associazione, riprendendo l’esortazione apostolica di Paolo VI Marialis Cultus e curandone in particolare una traduzione operativa. Al termine della giornata molti associati hanno espresso la gioia e la soddisfazione per questa giornata mariana che ha aiutato a crescere nell’identità di appartenenza all’ADMA e nella volontà di impegnarsi a testimoniare il Vangelo nell’impegno della carità. Un particolare ringraziamento a tutti coloro che in modo diverso hanno aiutato alla preparazione e allo svolgimento della buona riuscita della giornata. Nel desiderio di rinnovare l’impegno e l’animazione dell’ADMA Primaria, il Consiglio di Presidenza ha stabiliI partecipanti alla XVII Giornata Mariana posano davanti al monumento di Don to la redazione di un foglio mensiBosco nei cortili di Valdocco. le di collegamento e di animazione on line a cura dell’ADMA Primaria di Torino, a servizio innanzitutto dei membri associati e come strumento di comunione per tutti i gruppi aggregati sparsi nel mondo. Tale notiziario è consultabile al sito http://www.donbosco-torino.it/ita/page16.html. Inoltre con il 24 ottobre, oltre l’incontro pomeridiano è stabilito un momento serale alle ore 21,00 presso la Cappella Pinardi ogni 24 del mese destinato in particolare alle coppie e alle famiglie giovani e a coloro che per motivi di lavoro non possono essere presenti nel pomeriggio. ➠ 31 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 LEÓN (Spagna). Ispettoria di LEÓN-SDB, a nord-ovest della Spagna e comprende le regioni della Galizia, Asturie con Castiglia e León a oriente della Galizia e a sud delle Asturie. Sabato 26 maggio 2007 in 700 della Galizia si sono riuniti per l’Omaggio annuale a Maria Ausiliatrice ad Allariz al mattino e al pomeriggio a Celanova (Ourense). Il resto dell’Ispettoria ha scelto La Robla (León). Il tempo non prometteva bene, ma non si sono scoraggiati! Don Eleuterio Lobato, Animatore Spirituale Nazionale ADMA, ha presieduto la Celebrazione Eucaristica con una dozzina di Concelebranti ad Allariz: si sono recati all’altare processionalmente tra i partecipanti, che gremivano il cortile Pagina 32 con stendardi e fiori; le offerte raccolte erano destinate alle Opere sociali dell’Ispettoria e per le missioni. Il pranzo è stato consumato in ristorante. Al pomeriggio si sono trasferiti a Celanova, ove è viva una sezione dell’ADMA eretta negli anni in cui erano presenti e operanti i Salesiani (1959-1967). I 700 pellegrini si sono recati nell’antico Monastero di San Rosendo nel quale durante il 2007 si “celebra un anno di Giubileo” durante il quale, oltre le preghiere previste per tutti i giubilei per ottenere l’indulgenza giubilare, i pellegrini dell’Omaggio annuale a Maria Ausiliatrice con entusiasmo hanno fatto echeggiare le note del popolare canto all’Ausiliatrice “Rendidos a Tus plantas...” (Prostrati davanti a Te) cui fece seguito la benedizione invocando Maria Ausiliatrice, composta da Don Bosco, seguita da un fragoroso e interminabile applauso! Don Pier Luigi Cameroni GAETANO BRAMBILLA MARIA MADRE DEL SIGNORE Immagine della Chiesa Editrice Elledici, pagine 152, € 14,00 ALLARIS (Spagna). Processione dei sacerdoti verso l’altare per la Concelebrazione Eucaristica nel giorno dell’Omaggio annuale a Maria Ausiliatrice. ALLARIS (Spagna). Messaggio conclusivo della concelebrazione letto da Don Lobato Eleuterio, Animatore e Coordinatore Nazionale ADMA. Parlare di Maria, raccontando e approfondendo il mistero attraverso l’arte liturgica. Attraverso i mosaici di Santa Maria Maggiore, questo testo celebra la vita, l’intercessione e la lode di Maria. Un libro che esalta la Basilica romana per la sua bellezza e antichità e ne fa uno strumento di catechesi capace di interessare e appassionare, un modulo di preghiera e di contemplazione per giungere al mistero attraverso l’arte. 32 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 33 esempi esempi e pensieri A cura di Mario Scudu affollavano la mente. Però andavo avanti lo stesso. Una vicenda così terribile le ha lasciato qualcosa di positivo? Solo una cosa, ho scoperto quanto davvero Dio sia padre di tutti, almeno nella preghiera: ho pregato con i miei fratelli musulmani. Intende i rapitori? Loro. Se tutti pregavamo Dio, non potevamo non essere fratelli. Io lo facevo in silenzio, ma quando vedevano la mia posizione e le mani giunte non mi venivano mai a disturbare. Spesso dialogavo, chiedevo se secondo loro ci stavamo rivolgendo allo stesso Dio, e loro rimanevano un po’ lì, stupiti. Facevo notare però che loro pregavano con il fucile in mano e che questo non era servire un Dio di pace, finché un giorno mi hanno risposto che “Allah è nel nostro cuore ma non nel nostro lavoro”. Una forte contraddizione, ma quanti cristiani nella loro vita fanno scelte incoerenti con il Vangelo? Non occorrono azioni straordinarie Dio Padre di tutti... I santi non sono “una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero (...) non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina (...). Per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali (...). L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui (...). La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (...). Con Lui l’impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell’ago; con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (...). L’esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce. Ma la storia mostra che non esiste ostacolo e difficoltà che possa arrestare il cammino del cristiano impegnato sulle orme di Cristo. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio”. Ecco alcuni passi tratti da un’intervista a Padre Giancarlo Bossi, Missionario nel Pime, per 39 giorni prigioniero di un gruppo di terroristi islamici, nelle Filippine. Durante quel giorni bui, le è mai capitato, dentro di sé, di gridare, come Cristo, “Padre, perché mi hai abbandonato?”. No, perché non mi sono mai sentito abbandonato. Ho solo chiesto tante volte a Dio il motivo per cui mi avessero rapito, ma devo ancora capirlo. E l’altra cosa che gli dicevo sempre era questa: ora che mi hanno preso, manda a Payao un altro prete che sappia amare la gente di qui. Ero lì, da soli due mesi, imDa Avvenire, 1º settembre 2007 provvisamente mi trovavo prigioniero e non Un momento del commovente incontro tra Besapevo perché... nedetto XVI e il missionario del Pime padre GianLa preghiera le dava carlo Bossi. reale sostegno? Molto. Ma le assicuro che quando si è in quelle condizioni anche pregare è dura. Anni fa ero stato cappellano in ospedale a Lecco e un giorno chiesi a un malato di pregare per me. Lui mi rispose che quello era il luogo meno indicato per la preghiera. Una frase che allora non capii ma che in prigionia mi è sembrata lampante: avevo tutto il tempo che volevo per pregare, ma la concentrazione spesso spariva e mille pensieri distraevano il mio rosario, Benedetto XVI, 1º novembre 2006 33 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 78 Santuari mariani 19-11-2007 15:20 Pagina 34 Santuari della Liguria FINALE LIGURE (SV) Santuario della Vergine Pia Monaci benedettini Sublacensi Indirizzo: Via Santuario 59. Tel. 019.60.17.00 Diocesi: Savona-Noli. Calendario: si celebrano la festa di San Benedetto (21 marzo e 11 luglio); l’Assunta, patrona del monastero (15 agosto); la Natività di Maria Vergine (8 settembre). Note: si tengono esercizi spirituali e conferenze su temi liturgici. Intensa la vita monastica della comunità, i cui momenti di preghiera possono essere condivisi anche dai laici. Sono accolti sacerdoti, seminaristi e laici (uomini) che accolgano le regole monastiche. Negli appartamenti vicini al secondo chiostro e nella Villa Enrichetta sono ospitati singoli e famiglie. Il negozio all’ingresso del monastero vende prodotti del famoso apiario attivo dal 1920: miele, pappa reale, propoli e creme al miele. Nell’erboristeria del Convento, in Piazza della Chiesa, oltre ai prodotti apiari, sono in vendita anche erbe officinali e medicine naturali. La Madonna Pia, tavola di Niccolò da Voltri (XVI secolo). Antichi documenti fanno risalire al 1170 la presenza di una cappella legata al culto della Madonna di Finale Pia, primo nucleo religioso di cui si ritrovano tracce nell’attuale chiesa abbaziale barocca. Nel 1477 il mar- Interno della chiesa a navata unica di Finale Ligure. Il Monastero sublacense è ricco di opere artistiche, come il crocifisso del refettorio e la sala capitolare. 34 /4 chese Disagio Galeotto del Carretto consentì ai monaci benedettini olivetani di sovrintendere al Santuario e di avviare i lavori di costruzione del monastero. Dopo la chiusura del monastero cinquecentesco, imposta dalle leggi napoleoniche (1799), re Carlo Alberto nel 1845 chiamò i benedettini sublacensi che vi rimasero fino al 1855, quando Vittorio Emanuele II ne decretò nuovamente la chiusura. Nel 1905 venne definitivamente riaperto. La chiesa abbaziale di Santa Maria di Pia venne ricostruita totalmente da Girolamo Veneziano nel XVIII secolo. La facciata è in stile rococò. Del periodo medievale rimane il campanile romanico-gotico (XII-XIV sec.) con quattro ordini di bifore e cuspide ottagonale. L’interno barocco ha una sola navata. Sull’altare maggiore vi è il quadro attribuito a Niccolò da Voltri (Madonna con il Bambino e gli angeli). Dietro si trova l’organo con cornice ed intagli lignei di Fra’ Antonio da Venezia (1551). Nella sacrestia ci sono armadi del Cinquecento con intarsi di Fra’ Antonio da Venezia ed un gruppo di ceramica dei Della Robbia. Un’altra ceramica robbiesca si trova nell’atrio dell’Abbazia. I due chiostri, iniziati nel XVI secolo, vennero terminati nel 1921. Inoltre è presente una splendida Sala capitolare con stalli cinquecenteschi, nonché arredi sacri e documenti, dove è allestito il Museo. Da segnalare il refettorio con crocifisso ligneo dipinto nel XIV secolo. L’oratorio presenta invece affreschi di Leandro Montini (1940-1943). 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 35 SAN FRUTTUOSO (GE) Santuario Nostra Signora del Monte Frati Minori francescani Indirizzo: Salita Nuova Nostra Signora del Monte, 15 - Tel. 010.50.58.54 Diocesi: Genova. Calendario: La festa più importante si celebra la prima domenica di settembre ed è la festa della Madonna del Monte, con processione pomeridiana nel bosco di lecci, adiacente, detto «bosco dei frati». Festa grande e caratteristica per i bambini è il 13 giugno, giorno nel quale si ricorda Sant’Antonio da Padova. Note: Intensa è l’attività di catechesi e liturgia. Inoltre, a fianco del Santuario e dentro il bosco si trova la Casa San Francesco, che può ospitare fino a 54 persone ed è dotata di tre sale per incontri. La statua lignea della Madonna con Bambino di San Fruttuoso, un’opera senese del XV secolo. Il Santuario del Monte, di cui fu celebrato il millenario nel 1958, è il più antico della città di Genova, per tale ragione è considerato il Santuario principe. Dall’inizio del XII secolo c’è stata la presenza dei Monaci di Santa Croce di Mortasa; dal 1444 l’insediamento dei Frati Francescani, salvo brevi interruzioni, perdura tuttora. Il complesso è costituito da una chiesa e da un convento francescano, costruito nel 1444 su un precedente edifi- cio sacro (1183), eretto sul luogo dove, secondo la tradizione popolare, erano apparsi voli di angeli e bagliori di luce in onore della Vergine. I Frati Minori portarono la statua lignea della Madonna con Bambino, di scuola senese del XV secolo, che si conserva nella cripta, che è la parte più preziosa del Santuario ed è forse tra le più belle dell’architettura genovese, opera dell’Ansaldo (1630). Su di un impianto del 1400 la La Vergine con i santi Antonio e Bernardino, un’opera di Bernardino Fasolo (1463-1518). Il Santuario di Nostra Signora del Monte è il più antico Santuario mariano di Genova. Basilica fu profondamente rimaneggiata nel 1654-1658: è a croce latina con abside retta e tre navate. Nella volta vi sono affreschi di Andrea Ansaldo e nelle cappelle dipinti di Fiasella, del Semino e del Carlone (XVII sec.). Nella galleria attigua sono raccolti numerosi ex voto donati in prevalenza da marinai. Il convento conserva la struttura quattrocentesca. Nel chiostro si ammira un pregevole trittico marmoreo del Cinquecento. Nel refettorio vi è l’Ultima Cena di Orazio De Ferrari (1641) ed un piccolo pulpito in ardesia del XVII secolo. Cristina Siccardi 35 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 36 23 DICEMBRE - NOSTRA SIGNORA DELLA ROVERE - SAN BARTOLOMEO A L Calendario mariano I l 23 dicembre del 1820, il cappellano ed i responsabili del Santuario, ottengono dal Capitolo della Basilica Vaticana l’autorizzazione per l’incoronazione della statua di “Santa Maria della Rovere”, venerata da tempi remotissimi. Viene delegato il vescovo di Albenga, monsignor Carmine Cordiviola, che compie la solenne incoronazione l’8 settembre 1821 sul sagrato della Chiesa, affollato dalle popolazioni provenienti da Porto Maurizio, Oneglia, Diano, Cervo, Andora e da altri paesi vicini. Il “Santuario di Nostra Signora della Rovere”, è tra i più antichi e rinomati Santuari della Liguria, sia per le guarigioni miracolose ivi avvenute, sia per il flusso di pellegrini e di turisti che ogni anno vi si recano in preghiera. È adagiato nella vasta conca compresa tra Capo Cervo e Capo Berta della Riviera dei Fiori, nel comune di San Bartolomeo al Mare, poco lontano dalla Via Aurelia. È una perla incastonata in un borgo medioevale, tra alberi di rovere e di ulivi, di Avanti nei lav pini, palme, oleandri e gerani, tra siepi di buganville e viali odorosi d’aranci e di limoni. Un bosco antico Cinque piante enormi di rovere che ancora oggi attorniano il “Santuario della Rovere”, sono gli ultimi esemplari di un antico bosco pagano di età romana. La Soprintendenza Archeologica della Liguria ha riportato alla luce, a nord della chiesa, i ruderi di una “statio romana”, di un sito cioè di sei vani, destinato alla sosta di truppe e al cambio di cavalli. Inoltre, durante i lavori di consolidamento della parte destra della facciata della chiesa, sono state scoperte tre tombe del III-IV secolo dopo Cristo, e resti di un piccolo villaggio. Ciò autorizza a pensare che esistesse, in quel luogo, un edificio sacro, di epoca paleocristiana o almeno bizantina. Di questa antica origine restano pochi indizi storici, cioè parte di abside della primitiva chiesa, e una statua di Maria col Bambino, trovata su una Il Santuario sorge sul luogo di un antico bosco venerato in tempi pagani. Rappresentazione dell’immagine della Vergine del Santuario di San Bartolomeo. quercia, o forse realizzata con il legno della quercia sulla quale si dice sia apparsa la Madonna.1 La Statua è formata da un tronco massiccio di legno di quercia e raffigura la Madonna, maestosamente seduta su scanno, che tiene in grembo il Bambino Gesù benedicente. Un ampio mantello, color del mare, le avvolge tutta la persona conferendole un aspetto solenne e ieratico; il volto leggermente sorridente ispira filiale fiducia. Le apparizioni della Madonna Diverse sono le apparizioni documentate della Madonna che 36 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 37 A L MARE (IM) avori! rendono celebre il Santuario della Rovere. Nel luglio 1608 la Vergine appare da una finestra del Campanile, eretto pochi anni prima. Il vescovo Luca Fieschi incarica subito il prevosto di Diano di raccogliere tutte le informazioni necessarie per documentare l’autenticità dell’accaduto. Il 18 aprile 1671 la Madonna appare a Giacinto Perato, un contadino cinquantenne di Rollo paralizzato ad un braccio. Mentre sta pascolando un suo giumento, gli appare una donna, dimessa nel vestito, che lo interroga sul male che lo affligge. Egli con semplicità risponde che ha intenzione di recarsi la settimana seguente al Santuario della Rovere a chiedere la guarigione al- la Madonna. La donna gli fa notare che, quando si ha una buona intenzione che riguarda un affare importante, non la si tramanda, ma si attua quanto prima. Fatti poi pochi passi, la donna scompare. Il giorno dopo, Giacinto con la moglie, si reca pellegrino al Santuario della Rovere, dove, dopo la celebrazione della Messa, si sente Crocifisso catalano di epoca quattrocentesca. guarito. Comprende allora che la donna che gli ha parlato il giorno innanzi era la Madonna. Con l’aiuto dei compaesani di Rollo inizia subito la costruzione di una cappella sul luogo dell’apparizione, a ricordo del prodigio; sorgono in seguito difficoltà per cui la costruzione viene sospesa, e la Madonna apparendogli nuovamente gli domanda il perché della sospensione e lo esorta a proseguire. Nell’archivio della Curia vescovile di Alberga si conservano le testimonianze raccolte su queste apparizioni e su altre nove guarigioni avvenute nel 1671. Il Crocifisso catalano In fondo alla navata destra del Santuario, in una stupenda cornice di marmi policromi, spicca il Crocifisso catalano, di epoca quattrocentesca. La storia di questo Crocifisso è legata al passaggio di un gruppo di pellegrini francesi, probabilmente una compagnia di “flagellanti” che si fermano per trascorrere la notte presso la chiesa della Rovere. Il mattino seguente entrati in chiesa per riprendere il crocifisso, lo trovano così saldamente conficcato nel pavimento, in terra, che non possono muoverlo. Mentre pregano sforzandosi di alzarlo, sentono la voce del Cristo che dice: “Dov’è la Madre può stare il Figlio...”. Così il Crocifisso in legno d’ulivo restò nella chiesa. Don Mario Morra 1 LUCIANO CALZAMIGLIA, Le strade di Maria. Santuari mariani nella Liguria occidentale (Imperia, Dominaci editore 1988). 37 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 Centro di Documentazione A nche quest’anno, per le Festività Natalizie, il Centro Salesiano di Documentazione Storica e Popolare Mariana allestisce, nella Cripta della Basilica di Maria Ausiliatrice, la IX Mostra di Presepi. Dal 15 dicembre 2007 al 31 gennaio 2008 si può ammirare una grande varietà di Presepi provenienti da ogni parte del mondo. Attirano in modo particolare l’attenzione dei più piccoli i Presepi di movimento che ripropongono con arte gli antichi mestieri in azione che creano, attorno alla Capanna di Betlemme, l’atmosfera delle attività dei tempi antichi; rivivono i mestieri artigiani ormai tramontati che i bambini di oggi non hanno mai avuto la fortuna di vedere e di conoscere. Vi sono poi numerosi Presepi che provengono da ogni parte del mondo e che testimoniano l’arte, la fantasia e l’abilità creativa di tante persone che dimostrano nei modi più svariati, nel- 38 19-11-2007 15:20 Pagina 38 IX Mostra di Presepi le diverse culture, l’affetto per Gesù Bambino. Quest’anno sono particolarmente numerosi i piccoli Presepi che danno alla Mostra una coloritura tutta caratteristica, ricca e varia: confluiscono nella medesima esposizione elementi provenienti da diverse collezioni realizzate nel tempo, con tanto amore e passione per il Presepio, da persone competenti. Attorno ai Presepi, completa la Mostra, l’esposizione denominata «Maria ed il Natale nell’arte» che presenta riproduzioni artistiche riguardanti la Madonna e la Natività. In particolare è esposta una Raccolta di Francobolli mariani di svariati Stati del mondo, artisticamente decorati con fine arte dattilografica. Due Confratelli Salesiani di Bologna, il sig. Giuseppe Marcati ed 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 39 IX Mostra di Presepi La è allestita nella Cripta della Basilica di Maria Ausiliatrice in Torino, Via Maria Ausiliatrice, 32. «Maria e il Natale nell’arte»: – Opere d’Autore – Francobolli disposti con fine arte dattilografica. Dal 15 dicembre 2007 al 31 gennaio 2008. Dal 15 dicembre 2007 al 6 gennaio 2008: il sig. Angelo Gabusi, in anni passati, hanno adornato i valori di una consistente raccolta Filatelica riguardante la Madonna ed il Natale, con fine gusto artistico, attraverso l’abile uso della macchina da scrivere; un lavoro di altri tempi, impensabile ai giorni nostri! La preziosa Raccolta è stata donata a Don Pietro Ceresa, del Centro Mariano, ed ora viene esposta all’ammirazione dei visitatori. Don Mario Morra Feriali: ore 15-18 Festivi: ore 10-12; 15-18 Dal 7 al 31 gennaio 2008: (solo Sabato e Domenica) Sabato: ore 15-18 Domenica: ore 10-12; 15-18 Ingresso libero facilitato ai disabili. Per informazioni e per Comitive/Scolaresche: Centro Salesiano di Documentazione Storica e Popolare Mariana - Via Maria Ausiliatrice, 32 - 10152 Torino - Tel. 011.5224.254 - 011.5224.222 - Cell. 331.6338289 E-mail: csdm.maus@libero.it Sito: www.donbosco-torino.it 39 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 40 Un diplomatico incont r Santi di ieri e di oggi A mezza costa della collina di San Michele di Costigliole (Asti), passa strada Ville il cui nome deriva dalle ville dei signori del paese, costruite nell’Ottocento, quasi una dietro l’altra. Oggi, se ne sono aggiunte altre di nuovi signori. A fianco della strada, sorge ancora oggi una torre inglobata in un vasto casolare di campagna: comunemente è detta casa Camerana, proprietà un tempo della nobile famiglia di questo nome, i cui avi riposano nel cimitero di Costigliole. La vera nobiltà Questo è quanto sapevamo, ma alla morte del nostro indimenticabile parroco, Don Renato Cellino (1910-1982), trovammo tra le sue carte un opuscolo che si rivelò al lettore subito di singolare interesse. Raccontava che da questa famiglia, il 27 luglio 1885, era nato Carlo Camerana, la cui foto alquanto sbiadita era ancora visibile sulla copertina. Carlo, intelligente e buono, compì gli studi umanistici presso le migliori scuole di Torino – ci è stato riferito – presso gli Scolopi. Nella famiglia e nella scuola, incontrò Gesù, come l’Amico incomparabile e fece di Lui la Vita della sua vita. Aveva 15 anni, quando all’inizio del secolo XX, Papa Leone XIII consacrò la Chiesa e il mondo al Sacratissimo Cuore di Gesù e lo indicò nell’enciclica Tametsi futura, come via, verità e vita, per il secolo ineunte. Sol40 il conte Carlo Camerana tanto lì, nel Cuore di Gesù c’è la sorgente della vita e dell’Amore che salva e a Lui devono rivolgersi gli uomini bisognosi di salvezza. Davanti al Cuore di Gesù, Carlo quindicenne comprese che l’unica nobiltà, la nobiltà vera non era quella del sangue o della ricchezza, ma soltanto la santità, come piena configurazione al divino Redentore. Imparò che le imprese eroiche sono soltanto quelle a servizio di Dio, dei piccoli e dei poveri suoi prediletti, che l’unica “storia d’amore” degna di essere vissuta – ben al di là dei balli e del luccicore della “belle époque” – è quella che lega l’anima a Gesù, suo Dio. Nell’ambiente dei nobili di Torino, Carlo apparve presto come un anticonformista: distinto, elegantissimo, il tratto gentile, nel suo sguardo brillava una luce che non era di questo mondo. Tutti i giorni, la lettura spirituale e la preghiera, cuore a cuore con Gesù, molto spesso la Comunione eucaristica. Sempre la vita intesa come “dono d’amore”, come offerta di adorazione a Dio, con Gesù, nella certezza che “a chi più ha più ricevuto, più sarà richiesto”. Giovane in carriera Carlo fu avviato alla carriera diplomatica. Laureatosi in legge, diventò segretario di Legazione a Istanbul. Da allora la sua vita si svolse tutta tra Torino, Roma, Istanbul e... Costigliole d’Asti. Al primo posto, sempre Gesù: da amare e da servire. Del “lavoro” interiore com- Costigliole d’Asti con il suo castello. Nonostante la sua nobile origine, Carlo di Camerana seppe mantenere anche in mezzo alle mondanità la fede e l’amore a Gesù. 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 41 Carlo di Camerana t ro a Cristo: (1885-1914) Il busto che lo raffigura è presente presso la tomba della famiglia a Costigliole. piuto nella sua anima, Carlo lasciò traccia nelle lettere e negli appunti personali ritrovati dopo la sua morte: nella sua vita, appare lo stile dei principi santi del Medioevo – i cavalieri senza macchia e senza paura, i milites Christi – dei quali egli sembrò farsi emulo, per rassomigliare a Gesù stesso. Mentre l’indifferenza religiosa e la ricerca del piacere erano diventati sistema di vita per molti, sotto l’influsso di positivismo, decadentismo e, diciamolo spertis verbis, del paganesimo, nei salotti, Carlo, rispecchiando la sua giovinezza pura, scriveva: “Gesù, io ti voglio tanto bene. Piuttosto morire che commettere un solo peccato. Tutto per Te, o Gesù, vivere per Te, morire con Te, Gesù”. Gesù, dunque come piacere sommo, come gioia della vita: Gesù crocifisso ed eucaristico che è potenza e sapienza di Dio. La grande nostalgia In questo cammino di configurazione a Lui, la Madonna era la sua maestra: “A Gesù, per Maria, diritto e puro per sempre. Prega per noi, Vergine santa e immacolata, difendici dal demonio, affinché superiori sempre nella battaglia, veniamo in cielo a ricevere il premio”. Ricco, brillante, giovane uomo del bel mondo dell’aristocrazia, era così libero dalle cose di questo mondo da avere nostalgia del Paradiso, già nella sua giovanissima età. Per questo, incredibile ma vero, teneva fisso il pensiero alla morte, non per intristirsi, o per fare della letteratura, come i romantici, ma per prepararsi al grande passo: “Nella mia vita, fin da fanciullo, mi sono preparato ogni anno a morire. Il Paradiso è così bello per meritarcelo che, se non fosse del distacco dai miei cari, io sono così felice di andarvi. Questo pensiero calma, consola... Gesù è così buono che perdona sino all’ultimo, ma occorre essergli fedeli, fedeli anche nelle piccole cose”. Con uno stile così, non poteva essere privo della croce, almeno di quella di sentirsi un esule sulla terra, perché troppo diverso dalla terra: “Siamo rassegnati a soffrire – scriveva Carlo – e ringraziamo Dio di questa croce, perché godremo di più lassù. Anch’io gli chiedo di soffrire maggiormente: sono nelle sue mani per tutto quello che Egli vuole da me”. Giovane e lieto, accettava la sofferenza per partecipare alla redenzione operata da Gesù Crocifisso: “Il Signore lascia spesso soffrire delle anime per salvarne delle altre che lo offendono molto”. Guardando ogni giorno alla morte, o meglio, all’incontro definitivo con Dio, Carlo si affinava: “Siano i miei giorni vivificati dalla Grazia, nella pace e nella serenità di spirito, nel supremo proposito di purezza. Quando l’anima è in grazia di Dio e si lavora nel suo intimo, si gusta in anticipo le gioie del Paradiso”. Una vita per la pace A casa e nel suo prestigioso lavoro, egli era l’uomo della carità, dell’impegno civile secondo Gesù Cristo, del dono totale di se stesso. A Costigliole abbiamo conosciuto delle persone 41 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 42 A Istanbul, Carlo di Camerana rappresenterà l’Italia presso la Sublime Porta dell’Impero Ottomano. anziane, coetanei o più giovani di lui, che lo ricordavano ancora nella sua bella divisa da diplomatico, accostarsi a ricevere Gesù Eucaristico alla Messa solenne della domenica, alle ore undici, digiuno dalla mezzanot- te, come allora era richiesto, dalle mani del parroco di allora, Don Pietro Cadario. Il 6 ottobre 1914, mentre l’Europa era già in fiamme per la 1ª guerra mondiale, divampata il 28 luglio, il conte Carlo Camerana, Cerchio Mariano 8 dicembre 1841 Nella chiesa di San Francesco d’Assisi in Torino, Don Bosco recita con il giovane Bartolomeo Garelli un’Ave Maria che segna l’inizio della sua missione in mezzo ai giovani e che «fu feconda di grandi cose», come dirà poi Don Bosco stesso. 8 dicembre 2007 2003 Nella Basilica di Maria Ausiliatrice, nelle Camerette di Don Bosco, nella chiesa di San Francesco d’Assisi e in ogni Casa della Famiglia Salesiana, alle ore 12,00, idealmente uniti in Cerchio Mariano, recitiamo un’Ave Maria, in ringraziamento della materna protezione della Vergine Santa e per impetrarne ancora il potente aiuto. 42 colpito da malattia allora incurabile, a soli 29 anni andava incontro a Dio. Aveva offerto la sua vita per la pace nel mondo, sull’esempio del santo Pontefice Pio X, da poco scomparso? Aveva affrettato, con il suo amore struggente, il suo incontro a Gesù, teneramente amato? Non sappiamo, ma è possibile. Sul suo ricordino funebre, c’è un’immagine di Gesù che raccoglie un giglio, sotto cui sta scritto: “Gesù ha colto questo giglio nella sua freschezza per ornare le dimore del Cielo”. Siamo contenti di averlo scoperto e di farlo conoscere, perché il giovane Carlo Camerana – il diplomatico incontro a Cristo – si iscrive nella serie dei Servi di Dio illustri d’inizio secolo XX, come Charles de Foucauld, Ernest Psichari, Giosuè Borsi, Guido Negri, Adolfo Ferrero... che illuminarono i decenni a venire fino a oggi. Testimone e seminatore della Verità, dell’amore e della sublime bellezza del Cattolicesimo. Paolo Risso Str. Lazzaretto, 5 - 14055 Costigliole d’Asti 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 43 “Maria Ausiliatrice” vi r tua Salesiani Don Bosco (SDB) Casa Madre di Torino-Valdocco le www.donbosco-torino.it POLSKI • • • • • • • • • • solo in ITALIANO • Liturgia della Domenica • Rivista “Maria Ausiliatrice” ITALIANO ENGLISH ESPAÑOL FRANÇAIS DEUTSCH PORTUGUES Santuario Basilica di Maria Ausiliatrice Foto galleria restauro Basilica di Maria Ausiliatrice Cappella Pinardi Chiesa di San Francesco di Sales Camerette di Don Bosco San Giovanni Bosco (Vita di) / Foto galleria ADMA: ADMA-on-line, Storia e Notizie dal mondo CSDM - Centro Salesiano di Documentazione Mariana Rivista “Maria Ausiliatrice” (Storia della) Informazioni su Valdocco (virtuale dal 2000) FORMAZIONE CRISTIANA • • • • • • • • Temi di attualità religiosa Celebrazioni liturgiche Un mese un Santo Meditazioni cristiane Appunti per la vita spirituale Esempi e pensieri Santi di ieri e di oggi Centro Salesiano di Documentazione Mariana FORMAZIONE MARIANA • • • • • • • • • • Catechesi mariana Calendario mariano Devozione popolare Feste mariane Forum mariano Meditazioni mariane Santuari mariani Spiritualità mariana Studi mariani Vita del Santuario di Maria Ausiliatrice MARIA AUSILIATRICE Nel 2007 l’edizione on line di «Maria Ausiliatrice» in lingua italiana è stata rinnovata e ampliata, con molte immagini nuove. Le due sezioni Formazione Cristiana e Formazione Mariana contengono più di 1700 articoli, che vengono usati come sussidio nei gruppi di catechesi parrocchiale, oppure da singoli per l’aggiornamento e la lettura spirituale personale. Continua anche la nuova rubrica Liturgia della DoMARIO SCUDU menica (2° anno) che ha avuto una buona accoglienza. Buona navigazione a tutti! RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO 43 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 44 notizie notizie e avvenimenti A cura di Mario Scudu La violenza dei “ragazzi bene” Li chiamavamo fino a ieri “ragazzi della società bene”. Ci lasciamo spesso colpire dai ruoli professionali e sociali dei genitori per decidere che etichette dare ai rispettivi figli. È giunta l’ora di smontare i luoghi comuni. I ragazzi non sono piantine da serra che una volta abbeverate e collocate nel salotto sbocciano belle, sane, educate. Crescere un figlio è come montare un puledro. Lui farà di tutto per buttarti giù, per distruggere qualsiasi staccionata. Non bastano nemmeno l’esperienza, i titoli universitari, il peso sociale. Da qualche tempo è esplosa la violenza anche tra i ragazzi che sembravano protetti. I ragazzi in giacca e cravatta che combinano guai sono sempre di più. Negli ultimi giorni le scazzottate si sono svolte davanti a due discoteche milanesi, altre volte lungo le vie principali, altre ancora nelle aule delle scuole. I motivi dei disagi dei ragazzi di buona famiglia sono quasi più profondi e sconcertanti di quelli delle famiglie povere e dissestate. Abitare in una bella casa, frequentare i licei più chic pensavamo che preservasse i nostri figli. I quasi 50.000 docenti Un gruppo di giovani fuori da un locale. 44 che anticipano il pensionamento, il 50 per cento delle famiglie con problemi di coppia ci segnalano grossi temporali in vista. Giustifichiamo un po’ di meno le baggianate dei nostri ragazzi e offriamo un po’ più di tempo per parlare, ragionare, testimoniare. Don Antonio Mazzi, da Famiglia Cristiana, 2007 Supernove misura dell’Universo Ogni tanto una stella massiccia esplode e per qualche giorno brilla miliardi di volte più del Sole. Questi astri effimeri sono le supernove. Ce ne sono di vari tipi e sono interessanti anche perché un tipo particolare ci offre un metro per misurare l’Universo. Science ha appena pubblicato uno studio su 23 supernove osservate in remote galassie negli ultimi vent’anni. Si è scoperto che quelle del tipo «1a» hanno la stessa luminosità per via del meccanismo che innesca la loro esplosione: una nana bianca che risucchia materia da un’altra stella, fino a deflagrare. Nota la luminosità, è facile calcolare la distanza della galassia in cui la 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 supernova è apparsa e confrontarla con la velocità di allontanamento della galassia stessa. Firmano il lavoro su Science anche due astrofisici italiani: Paolo Mazzali e Stefano Benetti. Grazie a questa scoperta abbiamo ora la certezza che l’espansione dell’Universo continua ad accelerare. È il più grande enigma attuale della cosmologia, un indizio dell’esistenza della misteriosa “energia oscura”. La supernova più famosa dei tempi recenti è la 1987A, apparsa vent’anni fa nella Grande Nube di Magellano, a 160 mila anni luce dalla nostra Via Lattea: rimane la supernova più vicina a noi dal 1600 a oggi e la prima che gli astronomi abbiano potuto studiare con tutti gli strumenti più raffinati al suolo e nello spazio. Alcuni risultati sono ancora oggi controversi. Qualche neutrino prodotto nell’esplosione fu captato in Giappone, negli Stati Uniti e in un Laboratorio del CNR sotto il Monte Bianco, ma gli istanti di arrivo non coincidono. Come mai? E furono davvero osservate onde gravitazionali? A Torino hanno provato a rispondere alcuni protagonisti di quelle osservazioni: tra questi Piero Galeotti e Oscar Saavedra per i neutrini e Guido Pizzella per le onde gravitazionali. Il risultato? Le Supernove creano grattacapi, ma sono un formidabile strumento per sondare l’universo. Piero Bianucci, da Specchio, marzo 2007 Lavoro: diamo un po’ di numeri tragici 2,2 mln Ogni anno, nel mondo, più di due milioni di persone perdono la vita a seguito di incidenti sul lavoro. I costi di questa strage ammontano a 1.261 miliardi di dollari, pari al 4% del PIL mondiale. 270 mln Ogni anno, nel mondo, 270 milioni di infortuni causano un’assenza-malattia di oltre tre giorni: “Manca una cultura della percezione del lavoro come rischio per la salute”, dicono all’International Labour Organization. 15:20 Pagina 45 Euro (il 3% del nostro PIL). Il rischio è maggiore nelle aziende più piccole e a bassa tecnologia. 3.600 Gli esperti confermano che il trend è in diminuzione. Come sottolineano all’ufficio statistiche dell’Inail, nel 1964 – negli anni dell’Italia del boom – si registrarono 3.600 morti sul lavoro. Oggi siamo a circa un terzo. 126,3 mln Nel mondo, su 217,7 milioni di lavoratori-bambini nella fascia di età 5-17 anni, 126 milioni sono impegnati in hazardous work, impieghi che possono mettere a repentaglio la loro integrità fisica e la loro vita. 74 milioni di bambini occupati in lavorazioni ad alto rischio. 41 miliardi di euro: il costo sociale in Italia. 4 morti al giorno in Italia Una strage avvolta da troppo silenzio. Si muore sul lavoro qualche volta per imprevisti e fatalità. Talvolta per mancanza colpevole delle misure di sicurezza dovute. Purtroppo, però, può capitare che le misure di sicurezza ci siano, ma non vengono applicate. Manca un po’ la cultura della sicurezza sul lavoro, a molti livelli. Ne vediamo le tragiche conseguenze. 41 mld Nel 2003 in Italia il costo sociale degli incidenti sul lavoro è arrivato a 41 miliardi di 45 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 46 I Viaggi di Papa Benedetto XVI A cura del Gruppo di Filatelia Religiosa “Don Pietro Ceresa” Filatelia religiosa Ad Assisi Sui sentieri di Piergiorgio Frassati I D l Pontefice ha compiuto domenica 17 giugno 2007, una visita ad Assisi. Durante il pellegrinaggio del Pontefice ha ricordato gli ottocento anni della conversione del fondatore dei Francescani. Tra le questioni di attualità, ha citato “la ricerca della pace, la salvaguardia della natura, la promozione del dialogo tra tutti gli uomini. Francesco è un vero maestro in queste cose”. Il Circolo Numismatico Filatelico di Assisi ha promosso un bell’annullo filatelico e realizzato quattro cartoline commemorative. A Loreto “ aver paura di sognare”. È questo Nonil dovete messaggio che Benedetto XVI ha lasciato nella veglia di preghiera che ha vissuto sabato sera insieme a 400.000 giovani italiani a Loreto. Benedetto XVI ha invitato mezzo milione di giovani, domenica, 2 settembre 2007 ad andare contro la corrente di un mondo che seduce con modelli di violenza, prepotenza o “successo ad ogni costo”. “Non abbiate paura, cari amici, di preferire le vie ‘alternative’ indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni affettive sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse profondo per il bene comune”. 46 al 9 al 27 luglio 2007, a Lorenzago di Cadore il Santo Padre ha trascorso il suo tempo tra lo studio, la preghiera, il pianoforte e brevi passeggiate tra i boschi con il suo segretario o il parroco locale. In particolare il Santo Padre gradiva percorrere, recitando il rosario, un tratto del sentiero dedicato al beato Piergiorgio Frassati, benedetto nel 2002 dal Vescovo Vincenzo Savio, recentemente scomparso. Il percorso fa parte del “Sentiero del Sinodo” voluto dalla Diocesi Belluno-Feltre. Il Comune di Lorenzago di Cadore ha promosso due annulli filatelici: il 9 luglio per ricordare anche il ventesimo anniversario del “1º soggiorno estivo S. S. Giovanni Paolo II - luglio 1987 e il 27 luglio “S. S. Benedetto XVI saluta Lorenzago”. La visita del Papa in Austria V enerdì 7 settembre, durante il volo da Roma a Vienna, Benedetto XVI ha spiegato che con il suo settimo viaggio apostolico internazionale in Austria, in occasione dell’850º anniversario della fondazione del Santuario di Mariazell. Mariazell rappresenta “il cuore materno dell’Austria e possiede da sempre una particolare importanza per gli ungheresi e per tutti i popoli slavi”. Nella cerimonia di commiato il Santo Padre ha detto: “Vienna, nello spirito della sua esperienza storica e della sua posizione nel centro vivo dell’Europa, può recare il suo contributo, favorendo conseguentemente la penetrazione dei valori tradizionali del Continente, permeati di fede cristiana, nelle istituzioni europee e nell’ambito della promozione delle relazioni internazionali, interculturali ed interreligiose”. Angelo Siro 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:20 Pagina 47 Si sta completando l’ultimo lotto di lavori per il restauro della nostra Basilica. Le foto testimoniano l’avanzamento dei lavori e la loro urgente necessità. Foto galleria del restauro, sul sito www.donbosco-torino.it Per le tue offerte a favore del Santuario di Maria Ausiliatrice di Torino: 1) Con Bonifico bancario: Direzione Generale Opere Don Bosco - Basilica Maria Ausiliatrice Banca Popolare di Sondrio - Agenzia 2 - Roma - c/c n. 000008000/27 - ABI 05696 - CAB 03202 2) Con Conto Corrente Postale: Ccp n. 214106 Direzione Opere Don Bosco - Via Maria Ausiliatrice 32 - 10152 Torino Specificando nella causale: “Restauro Basilica” 47 11 MA-dic-2007-impag.(7):Layout 1 19-11-2007 15:21 Pagina 48 AVVISO PER IL PORTALETTERE In caso di MANCATO RECAPITO inviare a: TORINO CMP NORD per la restituzione al mittente - C.M.S. Via Maria Ausiliatrice, 32 - 10152 Torino il quale si impegna a pagare la relativa tassa. MENSILE - ANNO XXVIII - N° 11 - DICEMBRE 2007 Abbonamento annuo: € 12,00 • Amico € 15,00 • Sostenitore € 20,00 • Europa € 13,00 • Extraeuropei € 17,00 • Un numero € 1,20 Spediz. in abbon. postale - Pubbl. inf. 45% SOMMARIO ➡ ➲ FOTO DI COPERTINA: «Venite a Betlemme e vedete Colui la cui nascita cantano gli angeli; venite e piegando le ginocchia, adorate Cristo, il Signore, il re appena nato. Guardate: giace in una mangiatoia è Lui che gli angeli cantano nell’alto dei cieli; Maria e Giuseppe, sosteneteci, mentre eleviamo i nostri cuori all’amore». Angels We Have Heard on High Altre foto: Archivio Rivista - Archivio Dimensioni Nuove - Centro di Documentazione Mariana - Redazione ADMA - ICP - Editrice Elledici - Teofilo Molaro - Guerrino Pera - Gabriele Viviani - Umberto Gamba - Andreas Lothar - Mario Notario - Maurilio Sacchi. Direttore: Giuseppe Pelizza – Vice Direttore e Archivio Rivista: Mario Scudu Diffusione e amministrazione: Teofilo Molaro – Direttore responsabile: Sergio Giordani Registrazione al Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-1980 Stampa: Scuola Grafica Salesiana - Torino – Grafica e impaginazione: S.G.S.-TO - Giuseppe Ricci Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice, Via Maria Ausiliatrice 32 - 10152 Torino Telefoni: centralino 011.52.24.222 - rivista 011.52.24.203 - Fax 011.52.24.677 Abbonamento: ccp n. 21059100 intestato a Sant. M. Ausiliatrice, Via M. Ausiliatrice 32 - 10152 Torino E-mail: rivista.maus@tiscali.it - Sito Internet: www.donbosco-torino.it Il pellegrinaggio vocazionale... - La 2 pagina del Rettore - S P Un Natale d’amore 4 Editoriale - G P la Risurrezione e la vita 6 IoGesùsonoraccon. il Padre - M. G Apostoli, testimoni e inviati 10 Gli XVI I Dodici - B il nostro Dio 12 Viene V Vita liturgica - L Passa la gioventù 14 Studio - P L G e Ireneo 16 Giustino S Maria e i Padri - R Carducci, ateo ma non 18 Giosuè troppo - Anniversari - F. C Leone Magno 20 San S Un mese un santo - M peccati che gridano vendetta 24 ICelebrazione M -T ERGIO IUSEPPE ELLINI ELIZZA ALIZZI ENEDETTO ORENZO IER UIGI ILLAR UIDUCCI OBERTO PATARO AREGLIO ARIO IMOTEO UNARI CUDU gli insegn. della Chie26 Accogliere sa - Chiesa e comunic. - A. A Giornata Mariana - L’Adma 29 LanelXVII mondo - P L C e pensieri 33 Esempi M S della Liguria/4 - Santua34 Santuari S ri mariani/78 - C Signora della Rovere - Ca36 Nostra M lendario mariano - M IX Mostra di Presepi - Centro di 38 Docum. Mariana - M M diplomatico incontro a Cristo 40 Un Santi di ieri e di oggi - P. R e avvenimenti 44 Notizie M S viaggi del Papa 46 IFilatelia S religiosa - A la Basilica di Don Bosco 47 Aiuta Immagini del restauro MATO IER UIGI ARIO AMERONI CUDU RISTINA ICCARDI ARIO ORRA ARIO ORRA ISSO ARIO CUDU NGELO IRO Restate con Maria Ausiliatrice Avete rinnovato l’abbonamento alla Rivista ? Ecco le quote di abbonamento per l’anno 2008 Abbonamento annuo: € 12,00 • Amico € 15,00 • Sostenitore € 20,00 • Paesi extraeuropei € 17,00 Prezzi bloccati per tutto l’anno! I dati forniti dal Cliente saranno inseriti negli archivi elettronici e cartacei della Rivista Maria Ausiliatrice e sono obbligatori per adempiere all’ordine. I dati non verranno diffusi né comunicati a terzi, salvo gli adempimenti di legge, e saranno utilizzati esclusivamente dalla rivista, anche per finalità di promozione della stessa. Il Cliente può esercitare i diritti di cui all’art. 7 D. 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