Nubifragio sulla giunta

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Nubifragio sulla giunta
Anno III - Numero 29 - Martedì 4 febbraio 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Economia
Attualità
Esteri
Soldi alle imprese:
Italia messa in mora
Marò: l’india prende
ancora tempo
Putin si gioca tutto
sui... Giochi di Sochi
Traboni a pag. 2
Colosimo a pag. 3
Castellino a pag. 6
IERI SERA A PORTA A PORTA UNA PROPOSTA CONCRETA: COLLEGARE L'ELEZIONE DEI DEPUTATI AL NUMERO DI ELETTORI ALLE URNE
di Francesco Storace
o chiameremo PierpePPE,
il Casini redivivo. È difficile esprimere giubilo per
chi appena undici mesi
fa stava dall’altra parte
della barricata; e se invece fosse
stato di qua la sua percentuale
avrebbe determinato sicuramente
la vittoria di un centrodestra che
perse le politiche per appena lo
0,3 per cento alla Camera.
Adesso Pier torna, e tutti a festeggiare. Per carità. Nulla di personale
contro di lui, come credo di aver
chiarito ieri sera a Porta a Porta.
Ma ci sono due questioni sulle quali
sarà bene invocare chiarezza. Senza
nessuna presunzione di dettare
comportamenti a Berlusconi - che
si prende chi vuole lui - ma solo
per avere qualche elemento di valutazione da offrire all’elettorato.
A maggio si vota per l’Europa. Il
richiamo recente di Forza Italia al
recupero di sovranità nazionale e
di rifiuto dell’acquiescenza all’euromania modello Ppe - che è di
Angela Merkel... - è già terminato?
Lo lascia intuire il coro di odi al
cosiddetto popolarismo europeo
che è stato intonato dagli azzurri
pronti a vestirsi di bianco. Mi chiedo come si farà a contrastare le
ossessionanti politiche fiscali dell’Europa indossando ancora la divisa indubbiamente più congeniale
a Casini che a noi e, cosa più importante, al popolo italiano. Non
perché PierpePPE possa contare
così tanto nella coalizione berlusconiana, ma perché l’enfasi attorno al suo cosiddetto ritorno a
casa fa pensare a un disegno politico di difficile digestione. E poi,
come ho chiesto al renziano Nardella nel salotto di Vespa, visto
L
PierpePPE
CASINI
Da Bankitalia alle manovre centriste: serve
sempre più una nuova e unita Alleanza nazionale
ROMA: NUOVI GUAI PER IL SINDACO MARINO
FOLLA ALLA LETTURA DEL TESTAMENTO, MA I DISSAPORI IN FAMIGLIA RESTANO
Nubifragio
sulla giunta
“L’ammirato” Nelson: 4 milioni
per i trenta eredi di Mandela
di Bruno Rossi
andela si è dato da fare: lo si
sapeva e ora arriva, postuma,
una conferma. Al di là dei meriti politici per la sua etnia, infatti, Madiba è stato iperattivo anche nella
sfera privata. Tanto da produrre, nella
sua ottuagenaria vita, qualcosa come
trenta tra figli, mogli, nipoti e pronipoti.
Non solo, però. Pace all’anima sua, è
stato anche un gran risparmiatore: la
fortuna di Mandela ammonta a 4,1
milioni di dollari. E quando le agenzie
di stampa internazionali hanno cominciato a battere la cifra riferita dal
suo esecutore testamentario, il dottor
Dikgang Moseneke, le poltrone di
mezzo mondo hanno registrato un
simultaneo sobbalzo delle natiche dei
loro occupanti.
Ebbene, secondo quanto disposto
dall’eredità del leader dell’Anc, già
capo di stato del Sud Africa post-
M
iove sul bagnato per la giunta comunale di Roma: ieri pomeriggio l’assessore al
Bilancio, Daniela Morgante, ha abbandonato l’incontro che si stava tenendo in
Campidoglio per decidere quali provvedimenti adottare per aiutare le famiglie in
difficoltà dopo l’ondata di maltempo che ha colpito la città: non era d’accordo con lo
sblocco di 10 milioni di euro a sostegno dei municipi colpiti, perché “non ero stata
avvertita”. E così, a seduta ancora in corso, ha lasciato i colleghi proseguire la riunione
insieme al sindaco Marino, già nella bufera per i disagi che la Capitale sta patendo.
Altro servizio a pag. 8
P
che parlate tanto di riforme, sarà
possibile scrivere da qualche parte
che dopo 31 anni in Parlamento
sia previsto uno stop?
Anche per questo bisogna fare di
tutto fino all’ultimo per tentare di
riunificare la destra italiana. Le
stesse vicende grilline testimoniano che c’è bisogno di una destra
seria. Se al posto loro ci fosse stata
Alleanza nazionale con quelle dimensioni parlamentari che pure
ha avuto, la stessa gagliarda battaglia parlamentare di Giorgia Meloni su Bankitalia non avrebbe avuto un esito infausto. Non ci sarebbe
stato bisogno di menare le mani
per bloccare il regalo ai banchieri
sulla pelle del popolo italiano.
Ecco, se ci si ritrova a destra su
queste battaglie, non sarà necessario parlare né di Ppe, né di Beppe Grillo. Basterebbe una An unita
e qualunque riforma elettorale anche quella che tutto sommato
offre all’Italia uno strumento per
decidere chi governa e che è
figlia dell’accordo Renzi Berlusconi - non impedirà l’affermazione di una nuova, grande destra
nazionale.
Se fossimo stati in Parlamento ci
saremmo più preoccupati dei milioni di italiani che non vanno più
a votare - nonostante Cinque stelle!
- che di qualche migliaio di pur
importanti preferenze per eleggere
un deputato. E magari avremmo
anche proposto di dar voce persino
a chi si astiene. Altro che Senato
delle autonomie: i parlamentari,
se si vogliono fare cose serie, si
riducono collegandoli all’affluenza.
Se vota la metà del corpo elettorale, si eleggano metà deputati. E
vedrai come i partiti capiranno la
lezione per riportare i cittadini
alle urne.
apartheid, in mazzo a tanto parentado
c’è posto anche ad opere di beneficenza. Ad esempio, i lasciti alle scuole
frequentate da Madiba e all'Anc "intendono promuovere i principi di riconciliazione". Invece, le tre proprietà
di Mandela sono state lasciate alla
fondazione della famiglia, "Nelson Rohlilala Mandela Family Trust", in particolare la casa vicino alla quale è stato
sepolto a Quno, nel sud del paese, e
quella di Johannesburg dove è stato
a lungo curato durante la malattia.
"È un mio desiderio che serva anche
come luogo di riunione della famiglia
Mandela per mantenere a lungo la
sua unità dopo la mia morte" si legge
nel testamento. Volontà difficile da far
rispettare: negli ultimi anni la sua discendenza si è spesso spaccata su
vari temi, in particolare tra suo nipote
Mandla, primo erede maschio secondo la tradizione Xhosa, e la sua
figlia maggiore Makaziwe. Mandela,
morto il 5 dicembre, ha oltre 30 tra
figli, nipoti e bisnipoti, nati da suoi
due primi matrimoni, ai quali anno
aggiunti i figli della sua terza moglie,
Graca Machel, sposata quando aveva
80 anni. Comunque, almeno per ora
e seppure parzialmente, il suo desiderio di riconciliazione interna alla
famiglia è stato esaudito: ad ascoltare
la lettura del testamento c’erano infatti
quasi tutti…
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Martedì 4 febbraio 2014
Attualità
LA COMMISSIONE EUROPEA FA SCATTARE LA MESSA IN MORA PER I RITARDI NEI PAGAMENTI
Niente soldi alle imprese, Italia punita
Solo Letta e Saccomanni ripetono che tutto è a posto. Ma le aziende chiudono
ANALISI E DATI ISTAT E CONFCOMMERCIO
di Igor Traboni
meno male che il premier
Letta e il suo fido ministro
Saccomanni vanno ripetendo
ad ogni pie’ sospinto che lo
Stato sta ridando i soldi alle
imprese… In realtà, ecco la verità: perfino l’Europa si è stufata di chiacchiere
e convenevoli ed è promnta a punirci
come mai fatto in precedenza da questo
punto di vista.
E' infatti partita ieri la procedura di infrazione contro l'Italia sui ritardi dei pagamenti della Pubblica amministrazione
alle imprese.
Lo ha annunciato il vicepresidente della
Commissione europea con delega all'Industria e all'Imprenditoria, Antonio
Tajani, nel corso di una conferenza
stampa nella sede della Commissione
europea a Roma.
''Dopo i dati di Confartigianato nei
giorni scorsi, e i dati forniti oggi dall'Ance, sono costretto ad avviare la procedura contro l'Italia per violazione
della direttiva Ue, dell'applicazione
delle norme europee sui ritardi dei pagamenti della Pubblica amministrazione
alle imprese in base agli articoli 4 e 7
della direttiva europea'', ha annunciato
Tajani.
''Non ho una visione punitiva dell'Italia,
ho aspettato un anno prima di procedere
ma ho il dovere di fare rispettare le
Più tasse e meno redditi:
così cambiamo. In peggio
E
di Francesca Ceccarelli
anovra bocciata anche da
Confcommercio. L’ufficio
studi dell’associazione dei
commercianti sottolinea come
complessivamente sia salito a
oltre 4,6 miliardi, rispetto agli
iniziali 1,6 miliardi, l’aumento di
imposizione per le maggiori entrate nel periodo 2014-2016 previste dalla versione finale della
legge di Stabilità rispetto al disegno di legge originario.
Con questi aumenti, le famiglie
sono sempre più povere (il reddito
pro capite è calato del 13% e
sono stati persi 18mila euro pro
capite) e i consumi sono drammaticamente fermi (-4,2% nel
2012). Un quadro che conferma
l’intenzione di usare la leva fiscale
per risanare i conti pubblici invece
di adoperarsi per riforme a sostegno di famiglie e imprese.
Una crisi senza precedenti, con-
M
norme Ue. L'articolo 4 - ha aggiuntoTajani - indica i termini di 30-60 giorni
per il pagamento. Oggi stesso la mia
direzione generale invierà la prima
eu/pilot, la lettera per avviare le pratiche
poi si passerà alla messa in mora. 'Dopo
i dati di ben tre rapporti indipendenti
di Ance, Confartigianato e Assobiomedica ho dovuto guardare la realtà".
Si tratta di una procedura urgente, per
cui l'Italia dovrà rispondere in 5 settimane, e non nei 10 solitamente previsti,
alle contestazioni. Insomma: tempi ristrettissimi per cercare di mettersi in
regola. Per dare almeno delle risposte.
Anche se quello che servirebbe, e gli
imprenditori lo sanno bene, sono proprio tutti quei miliardi che mancano
alla nostra economia per cominciare a
farla ‘girare’ di nuovo.
fermata dunque dalle analisi condotte da Confcommercio sui dati
della Banca d’Italia, Istat e Cer.
Nel 2012 la ricchezza netta pro
capite è tornata ai livelli del
2002 perdendo, rispetto al massimo raggiunto nel 2006, oltre
18mila euro a testa; il reddito disponibile pro capite, tra il 2007
e la fine del 2013, ha subito una
riduzione cumulata di oltre il
13%. Un revival inflazionistico
che riporta il Belpaese ai livelli
della seconda metà degli anni
’80.
Ma arriva un altro campanello
d’allarme: “Il reddito disponibile
delle famiglie in valori correnti
diminuisce, rispetto all'anno precedente, in tutte le regioni italiane.
Nel confronto con la media nazionale (-1,9%), il Mezzogiorno
segna la flessione più contenuta
(-1,6%), seguito dal Nord-est (1,8%), Nord-ovest e Centro (2%)”: rileva l'Istat.
MOSSE NEL CENTRODESTRA
QUATTRO SENATORI CONTESTANO LE ULTIME MOSSE; SOTTO ASSEDIO FINISCE ANCHE LA BIGNARDI
Casini torna?
Il Cavaliere
non si sbilancia
Nuova fuga dai grillini, scissione vicina
l riavvicinamento di Pierferdinando Casini all’area di centrodestra ha spinto ieri mattina
Silvio Berlusconi a dire la sua,
anche se in maniera abbastanza
telegrafica e da molti giudicata
quindi come ‘attendista’. Il Cavaliere
infatti non si è spinto oltre un
"Sono lieto del ritorno di Pierferdinando Casini nell'area dei moderati".
Berlusconi ha anche commentato
l’editoriale di fuoco con il quale
ieri mattina il direttore del Giornale,
Alessandro Sallusti, ha ‘salutato’
l’ipotesi del ritorno di Casini: "Pierferdinando è quello che pochi anni
fa – ha scritto Sallusti - voleva
fondare un nuovo Cnl, Comitato
liberazione da Berlusconi. Eccolo
ora a un passo dalla fossa spiegarci
oggi che la salvezza del Paese
può passare solo da una grande
alleanza con Berlusconi. Deve chiedere scusa".
Puntuale la replica del Cavaliere:
"Da molto tempo mi si attribuiscono
posizioni ed indicazioni che quotidianamente influenzerebbero la
linea dei giornali dell’area di Centrodestra. Mai sono intervenuto
nè sulle decisioni editoriali, nè su
singole vicende rispettando appieno
la libertà dei giornalisti e dei direttori. In particolare, in questi giorni
non ho condiviso gli attacchi a
Pierferdinando Casini, il cui ritorno
nell’area dei moderati è da sempre
stato da me auspicato ".
I
Intanto il deputato Catalano denuncia: ‘Ci fanno il lavaggio del cervello’
iù che della Boldrini, i Cinque
Stelle da ieri (di nuovo) dovrebbero preoccuparsi dell’emorragia sempre più evidente all’interno
del Movimento, con quattro senatori
di spessore oramai ad un passo dalla
scissione.
''Abbiamo aderito al movimento 5
stelle per essere parte attiva di un
cambiamento e contribuire a migliorare il rapporto dei cittadini con le
istituzioni. I fatti accaduti e gli attacchi
personali dell''ultimo periodo non hanno dato ne'' un segnale positivo ne''
propositivo". Così i senatori grillini Lorenzo Battista, Laura Bignami, Monica
Casaletto, Luis Alberto Orellana scrivono in una nota nella quale si dissociano dalle ultime prese di posizione
offensive nei confronti della presidente
della Camera.
"Il confronto con l'avversario e il rispetto
per le istituzioni- aggiungono- devono
essere valori imprescindibili della vita
politica. Stigmatizziamo con fermezza
ogni forma di violenza e di aggressione
sia verbale che fisica. Se da una parte
Internet deve essere libera, e'' altrettanto vero che un certo tipo di messaggi, compresi alcuni post pubblicati
sul blog di Grillo e le esternazioni dei
responsabili della comunicazione M5S,
possono innescare reazioni scomposte.
L''attacco alla persona non rappresenta
l''attacco alle idee! I contenuti del blog
non sono redatti con il consenso o la
partecipazione di chi rappresenta democraticamente il paese. Chiediamo
P
agli autori della comunicazione del
M5S di essere maggiormente responsabili e consapevoli dei contenuti pubblicati e del loro inquadramento professionale''.
Il riferimento evidente è a questo
twitter di Claudio Messora: “Anche
se noi del blog di Grillo fossimo tutti
potenziali stupratori, tu non corri nessun rischio!", indirizzato alla presidente
della Camera Boldrini dal responsabile
comunicazione M5s al Senato.
Messora si è poi scusato, ma intanto il
responsabile comunicazione del Pd
Francesco Nicodemo lo ha incalzato:
"Certo che per questo stipendio da
6.000 euro al mese un po'' di professionalità in più non guasterebbe”, con
riferimento ai soldi pubblici che Messora percepisce per il suo incarico
partitico.
E ieri un altro grillino ha messo a rumore gli ambienti della Rete. Si tratta
di Rocco Casalino, dalla casa del grande fratello ‘rinsavito’ sulla strada di
Beppe Grillo, che sul blog del comico
ha scritto, rivolto alla conduttrice de
La 7 Daria Bignardi e moglie di Luca
Sofri: 'Come si sente tuo figlio a scuola
ad avere il nonno mandante di un assassinio?'.
Ma c’è un altro caso tra i 5 stelle: lo fa
esplodere il deputato Ivan Catalano,
che parla di lavaggio del cervello da
parte di Gianroberto Casaleggio, socio
di Grillo, secondo una tecnica chiamata
"Pnl", ovvero Programmazione neurolinguistica. I consulenti di Pnl stanno
facendo un ottimo lavoro – ironizza
l’onorevole grillino - Far dipendere
la politica dalla comunicazione e dal
marketing, la svuota dai contenuti.
Direi che in meno di 10 mesi ci siamo
adeguati alla comunicazione peggiore
che potevamo fare. Casaleggio per
quanto mi riguarda riprenditi il consulenti che ci hai mandato".
I.T.
3
Martedì 4 febbraio 2014
Attualità
L’UDIENZA PER DECIDERE L’INCRIMINAZIONE DI GIRONE E LATORRE AGGIORNATA AL 10 FEBBRAIO
Il governo indiano non chiederà la pena di morte?
La pubblica accusa ha ottenuto il 25° rinvio in 2 anni. L’ultimatum del presidente della Corte:
“Avete sette giorni di tempo”. E De Mistura attacca: “Adesso basta, rimandateli a casa”
IN EUROPA NON CI BATTE NESSUNO
di Federico Colosimo
isogna avere pazienza. E
aspettare. Ancora. Come se
non fosse abbastanza dal 15
febbraio 2012 a oggi. La Corte
Suprema indiana ha rinviato
al 10 febbraio prossimo l’udienza sui
marò, concedendo altri 7 giorni al ministero dell’Interno di Nuova Delhi per
presentare una posizione chiara sulle
modalità di incriminazione di Salvatore
Girone e Massimiliano Latorre. La seduta
è durata appena 20 minuti. E si è conclusa con il presidente Chauhan piuttosto seccato nei confronti del procuratore generale Vanvahati: “Adesso basta. Vi concedo ancora una settimana,
ma sappiate che non sono disposto ad
andare oltre”. Un ultimatum, o quasi.
Perché adesso la pubblica accusa non
ha più alibi. E lunedì dovrà finalmente
dire come intende comportarsi, quali
sono i capi di accusa e soprattutto se il
processo per la morte dei due pescatori
del Kerala sarà per reato di terrorismo,
che prevede la pena di morte, oppure
no. Secondo fonti dell’Ansa, l’esecutivo
indiano avrebbe deciso però di rinunciare alla Sua Act.
Per la prima volta erano presenti in
aula anche l’inviato del governo, Staffan
De Mistura e l’ambasciatore italiano,
Daniele Mancini. Quello che, tanto per
intendersi, solo pochi giorni fa è andato
La corruzione, il triste
primato dell’Italia
B
di Emma Moriconi
a portare un mazzo di fiori a Narenda
Modi, il candidato premier indù che
vuole la testa dei due soldati. Il diplomatico svedese ha spiegato di aver
chiesto alla Corte l’autorizzazione per
far tornare in Italia i fucilieri. “Questa
domanda – ha insistito ancora – la ripeteremo con forza anche il 10 febbraio.
Indipendentemente dall’esito dell’udienza”. L’ex sottosegretario di Stato del
ministero degli Affari Esteri ha avuto
un colloquio “schietto e franco” con il
pg e ha criticato aspramente il comportamento della pubblica accusa: “Non
può più giocare con i tempi. Abbiamo
ricordato tramite il nostro avvocato che
ci sono stati 25 rinvii giudiziari senza
un pezzo di carta. Adesso basta”.
Le autorità di New Delhi continuano a
giocare con la pelle dei nostri marò.
Diventati a tutti gli effetti capri espiatori
della politica e della magistratura locale.
Il monito di Giorgio Napolitano, che
nei giorni aveva rimproverato all’India
di aver gestito il caso in maniera “contraddittoria e sconcertante”, non è servito a nulla. Ieri mattina è arrivato l’ennesimo rinvio - il 25° in due anni – da
parte dell’Alta Corte del Kerala. Gli indiani si sono presi gioco di noi. Per 24
mesi. E continuano a farlo ancora. I
marò ne hanno visti di tutti i colori. E
solo ora che si sta avvicinando il momento topico – ossia la formalizzazione
delle incriminazioni – i politici italiani
avvertono l’esigenza di fare (in ritardo
e male) le mosse che non fecero a
tempo debito. Le sfilate a New Delhi
non sono servite a niente. Rischiano il
cappio al collo, Salvatore e Massimiliano.
Ma l’esecutivo e il Parlamento di casa
nostra se ne sono resi conto solo adesso.
E gli avvisi di Letta (“Basta, sono 2 anni
che aspettiamo, l’India deve mettere le
carte sul tavolo”), in questo momento
servono a poco e a niente.
uanto conta la corruzione in
Italia? In cifre si può dire 60
miliardi. Molto. Anzi moltissimo se si pensa che il totale dell’Unione europea ammonta a 120
miliardi. Insomma, l’Italia un primato
ce l’ha: da sola riesce a coprire la
metà della corruzione di tutta Europa. Lo dice a chiare lettere il
primo rapporto della Commissione
Ue presentato ieri dal commissario
Cecilia Malmstrom, che in un passaggio recita: ‘in Italia i legami tra
politici, criminalità organizzata e
imprese e lo scarso livello di integrità
dei titolari di cariche elettive e di
governo sono tra gli aspetti più
preoccupanti, come testimonia l’alto
numero di indagini per corruzione’.
Una scalata ad una classifica non
certo onorevole. Ancora: ‘negli
ultimi anni sono state portate all’attenzione del pubblico numerose
indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti
Q
e rimborsi elettorali indebiti, che
hanno visto coinvolte personalità
politiche di spicco e titolari di
cariche elettive a livello regionale’.
Anche se la Corte dei Conti ha
commentato che questo dato ‘appare invero esagerato per l’Italia’.
Esagerato o no, l’Italia la sua brutta
figura la fa di sicuro. Tra i suggerimenti che provengono da Bruxelles, bisognerebbe ‘perfezionare’
la legge anticorruzione perché essa
rischierebbe ‘di dare adito ad ambiguità nella pratica’ e perché ‘sono
ancora insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti’. E poi l’Italia dovrebbe ‘rafforzare l’integrità per i rappresentanti eletti attraverso codici etici’.
Nel mirino della Commissione le
leggi ad personam, il conflitto di
interessi, le norme relative alla
prescrizione, anche relativamente
all’eccessiva lunghezza dei processi, gli appalti truccati.
NUOVI SVILUPPI SULLA VICENDA DI ALITALIA: LUFTHANSA SUL PIEDE DI GUERRA
L’accordo con Etihad sotto accusa
Situazione difficilissima, ma il ministro Lupi continua a mostrarsi ottimista
a compagnia aerea Lufthansa non ha dubbi: il
progetto di alleanza attualmente in discussione
tra Etihad Airways e Alitalia sarebbe una forma
di aiuto di Stato mascherato. "Noi chiediamo alla
Commissione Ue - si legge in una nota del gruppo
tedesco - di proibire tali tattiche di aggiramento"
delle regole della concorrenza. Subito dopo la risposta
del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi: “ La trattativa
tra Alitalia ed Etihad è tra privati. Aggiramento mascherato delle regole della concorrenza? Sembra
piuttosto Lufthansa quella che teme la concorrenza".
L
Ribadisce l’importanza del momento l'amministratore
delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio: "Siamo
nella fase più importante della trattativa, che parte
questa settimana con lo scambio di informazioni per
redigere insieme il nuovo piano industriale di Alitalia
all'interno della logica Etihad, per mettere in sicurezza
l'azienda e guardare con serenità al futuro. Negli
ultimi mesi abbiamo fatto cose importanti: l'aumento
di capitale, la nuova base di azionisti tra cui le due
banche più importanti d'Italia e poste italiane, oltre
agli azionisti storici. Ora ci stiamo concentrando
sulle prossime mosse, per guardare al futuro, e con
Etihad si va esattamente in questa direzione."
Dunque Lufthansa a parte, Alitalia e Etihad entrano
nel vivo della trattativa: l'ingresso della compagnia
degli Emirati nel vettore italiano sembrerebbe alle
porte, proprio casualmente il premier Enrico Letta si
trova ad Abu Dhabi.
Gli ultimi sviluppi vengono dopo l’ennesima batosta
accusata dai lavoratori che hanno visto lo sblocco
della vertenza con i sindacati sulla cig a zero per 350
lavoratori, ma anche l'assicurazione che nessun la-
voratore verrà messo fuori dall'azienda.
Ottimista al riguardo il leader degli industriali, Giorgio
Squinzi: “Alitalia sola in un mercato globale estremamente competitivo ha difficoltà a rimanere, quindi
un'alleanza strategica con un gruppo forte che ha
voglia di investire, che non penalizzi il ruolo del
nostro Paese, secondo me è una cosa positiva.''
Le ultime notizie su Alitalia fanno intanto bene alla
Borsa: l’accelerazione per l’ingresso di Etihad aumenta
il potere di Atlantia e Immsi di Roberto Colaninno. I
due soci della compagnia italiana con il 7,44% e il
10,19% rispettivamente guadagnano in Borsa lo
0,47% e l’1,98%. Se la trattativa andasse in porto,
per Intermonte si tratterebbe della soluzione migliore
per Atlantia “in quanto verrebbe garantita la natura
di hub di Fiumicino con un impatto positivo sul
traffico passeggeri”.
IL GIUDICE DEL PROCESSO MEREDITH RISCHIA IL TRASFERIMENTO D’UFFICIO. MA IL PRECEDENTE DI ESPOSITO LO SALVERÀ
Caso Nencini, altra archiviazione?
Il magistrato si difende: “Non volevo anticipare le motivazioni”. E i laici del Csm lo attaccano: “Frasi inopportune”
A
pproda davanti al Csm l’ennesima, discutibile pagina
di giudiziaria che ha messo
in cattiva luce il collegio che ha
giudicato l’appello bis per l’omicidio Meredith Kercher. Ma l’epilogo sarà sempre lo stesso e la vicenda si chiuderà con una pronta
archiviazione.
A gettare ombre sulla sentenza che
ha ribaltato, ancora una volta, il
verdetto su Amanda Knox e Raffaele
Sollecito, un altro giudice chiacchierone che, forse eccitato dalle
telecamere e dai riflettori, ha concesso qualche intervista di troppo.
Dopo Antonio Esposito – l’ermellino
della Cassazione che ha condannato a 4 anni di carcere Berlusconi
nel processo Mediaset – a finire
nella bufera è il presidente della
Corte di assise di appello di Firenze,
Alessandro Nencini. Che adesso
rischia anche un “processo” davanti
all’associazione nazionale dei magistrati per violazione del codice
etico. L’intervista rilasciata al Messaggero ha offerto un assist che in
un altro Paese sarebbe risultato si-
curamente decisivo per gli avvocati
delle difese. Per Giulia Bongiorno
e Luca Maori, legali del giovane
ingegnere, è “gravissimo e inaccettabile” il fatto che il giudice toscano “abbia commentato pubblicamente quanto accaduto nella camera di consiglio e si sia spinto a
criticare la strategia difensiva di
Sollecito”. Per tutti questi motivi, i
due avvocati hanno chiesto l’annullamento della sentenza di condanna e un intervento disciplinare
immediato sul togato.
Dopo essersi trincerato dietro a un
“no comment”, sono arrivate anche
le parole del diretto interessato,
Nencini: “Non ho inteso anticipare
le motivazioni del verdetto. Ho in-
contrato alcuni giornalisti nei corridoi del palazzo di giustizia che
mi hanno riferito voci ed illazioni
che circolavano circa la durata della
camera di consiglio. Ho quindi
avuto con loro un breve colloquio
destinato, nelle mie intenzioni, a
chiarire possibili equivoci. Di questo
mi assumo la responsabilità”.
“Il caso è sicuramente grave – ha
annunciato il consigliere del Csm
Nicolò Zanon, laico di Forza Italia –
e lunedì decideremo se chiedere
l’apertura di una pratica in Commissione”.
Se il Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli accogliesse
la richiesta, Nencini potrebbe rischiare l’avvio di una procedura
di trasferimento d’ufficio per incompatibilità con la sede di Firenze
o con le sue funzioni. A salvarlo da
questa prospettiva potrebbe però
pesare un precedente analogo e
cioè il caso Esposito. Archiviato in
fretta e furia.
Per molti colleghi magistrati, come
i laici del centrodestra, Nencini
non solo avrebbe dato pubblicità
a elementi da ritenere coperti dal
segreto della camera di consiglio,
ma avrebbe anche anticipato vari
aspetti di una motivazione ancora
sconosciuta, esprimendo altresì
“giudizi negativi o comunque perplessi” sulla condotta processuale
di uno degli imputati-condannati.
F.Co.
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Martedì 4 febbraio 2014
Attualità
È IL SEGNO DEI TEMPI CHE CAMBIANO, È IL MOMENTO DI UNA MEMORIA CONDIVISA, PER TUTTI GLI ITALIANI
Venezia: l’Anvgd celebra i martiri delle foibe con l’Anpi
A dieci anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo, tante le iniziative che vedono coinvolte molte realtà associative
di Emma Moriconi
il segno dei tempi che cambiano. Quando a commemorare i Martiri delle foibe
e l’esodo non è solo l’Associazione Venezia Giulia e
Dalmazia ma ad essa si aggiungono
realtà come l’Anpi di Mestre, l’Istituto
veneziano per la storia della Resistenza
e della società contemporanea e rEsistenze, insieme al Comune e la Provincia di Venezia, significa che si è
giunti a un esemplare grado di civiltà
che vede l’affermarsi inequivocabile
di una memoria condivisa. Significa
che si è giunti, con maturità, a comprendere che i morti non hanno colore
e che si possono cominciare ad abbattere gli steccati alzati in tanti, troppi
anni di silenzio. Ciò che accade a Venezia è un grande sintomo di civiltà,
finalmente. Le iniziative per commemorare degnamente il Giorno del Ricordo sono iniziate il 2 febbraio e
sono state presentate la scorsa settimana nel corso di una conferenza
stampa a Ca’ Frasetti dal presidente
del Consiglio comunale Roberto Turetta, dagli assessori alle Attività culturali
e alle Politiche educative, Angela Vettese e Tiziana Agostini, dal responsabile dell’Archivio della comunicazione
del Comune di Venezia Tiziano Bolpin,
dall’assessore provinciale alla Cultura
Raffaele Speranzon, dal presidente
dell’Anvgd di Venezia e vicepresidente
nazionale Alessandro Cuk.
“L’impegno del Comune di Venezia
nel riconoscimento di questo dramma
- ha detto Turetta - nasce ben prima
È
del 2004 e negli anni, oltre a far crescere nel numero e nella qualità gli
appuntamenti, abbiamo contribuito a
sviluppare nella cittadinanza anche
una maggiore sensibilità e attenzione
sul tema”. Grazie a questo lungo e
impegnativo lavoro, il Comune è riuscito a dotarsi di un archivio multimediale online di testimonianze di chi
ha vissuto in prima persona, tra il
1944 e il 1956, la tragedia dell’esodo
dalle guerre giuliano-dalmate verso
il territorio veneziano. Un lavoro immenso, che ha portato alla realizzazione di un Archivio della comunicazione, di un Servizio videocomunicazione del Comune e di un Centro di
documentazione di storia locale di
Marghera: raccolte di videointerviste,
fotografie e documenti di cui oggi è
possibile anche la consultazione e la
condivisione. Il lavoro così strutturato,
intitolato “Archivio del ricordo delle
memorie giuliano-dalmate a Venezia”
sarà presentato venerdì 14 febbraio
alle ore 17,30 presso la Biblioteca di
Marghera. L’assessore Agostini è entusiasta del progetto: “Grazie alla professionalità del personale dei nostri
uffici - ha detto - abbiamo lavorato e
stiamo lavorando per recuperare documenti e testimonianze che altrimenti
andrebbero perduti. Allo stesso tempo
non dimentichiamo la stretta collaborazione con le scuole del territorio,
perché crediamo sia importante dare
ai ragazzi tutti gli strumenti necessari
affinché sviluppino uno sguardo critico
sulla storia e sul presente”.
Il 2 febbraio è andato in scena lo
spettacolo di Simone Cristicchi “Magazzino 18”, il 3 un incontro presso
una scuola media dal titolo “Io non
scordo e tu?”, giovedì 6 all’Auditorium
Santa Margherita è la volta di un incontro dal titolo “Venezia Giulia e Dalmazia. Storie di pietre e di acque e di
uomini” mentre domenica 9 all’Auditorium Sbrogiò un incontro/testimonianza con Carlo Alberto Pizi, “Il martirio delle foibe e il dramma dell’esodo
giuliano dalmata”.
Per il 10 febbraio è prevista la cerimonia di deposizione di una corona
in piazzale Martiri delle Foibe a Marghera alle 10, una messa al Duomo
di San Lorenzo a Mestre e la deposizione di una corona al cippo commemorativo presso il cimitero di Mestre.
Martedì 11, presso il Centro Culturale
Candiani di Mestre si terrà la presentazione del libro “Storia dell’Istria e
della Dalmazia” di Paolo Scandaletti
mentre alle 21, al Teatrino di Palazzo
Grassi, un incontro dal titolo “Omaggio
a Ottavio Missoni, da esule dalmata a
olimpionico e imprenditore”.
Il programma, fittissimo, va avanti fino
a venerdì 21 febbraio con iniziative di
vario genere, da spettacoli di teatro a
commemorazioni, da incontri-dibattito
a proiezioni di film.
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Martedì 4 febbraio 2014
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Storia
CONTRO IL COMUNISMO, “UBRIACATURA BOLSCEVICA”, E I CAPITALISTI, CHE “DEL CAPITALE SI SERVONO PER BASSE SPECULAZIONI CONTRO LA NAZIONE”
Cianetti: sindacato, corporativismo e socializzazione
Ricordato per essere l’unico “salvato” al Processo di Verona, è una delle anime più sociali del Fascismo
di Emma Moriconi
artecipa alla Grande Guerra, aderisce al fascismo,
fonda il Fascio di Assisi, partecipa alla Marcia su
Roma, nel 1931 commissario nazionale dei sindacati
delle industrie estrattive, collaboratore della testata
Il lavoro fascista, nel ’34 presidente della Confederazione nazionale sindacati fascisti italiani, membro del Gran
Consiglio del Fascismo, deputato, sottosegretario di Stato al
ministero delle Corporazioni, poi ministro, vicepresidente
dell’Istituto nazionale fascista per l’assistenza e gli infortuni
sul lavoro e dell’Istituto nazionale fascista della previdenza
sociale e delegato nel consiglio damministrazione del Banco
di Roma. Parliamo di Tullio Cianetti, classe 1899, l’unico condannato e poi graziato al Processo di Verona per aver votato a
favore dell’Ordine del Giorno Grandi nella notte del 25 luglio.
A salvargli la vita, una lettera inviata a Mussolini il giorno successivo a quella notte, in cui esprime il suo pentimento. A
Verona è il solo, tra i non contumaci, a salvarsi. La pena di
morte viene commutata in 30 anni di carcere.
Tullio Cianetti non è convinto sin dall’inizio a votare quell’Ordine
del Giorno; esprime le sue perplessità, ma Bottai lo convince:
“Da due giorni non dormo e non mangio - gli dice - prima di
decidermi ho riflettuto a lungo. Se ora ritirassi la mia firma,
non mi sentirei un uomo”.
E Cianetti firma.
Il pentimento arriva poche ore dopo sul tavolo del Duce, alle
10 del mattino del 25 luglio. I 19 sono diventati 18. Un forse
inutile esercizio retorico di numerologia sottolinea come certe
cifre sembrino scritte nel destino di un uomo. Diciotto sono i
nomi sotto l’Ordine del Giorno Grandi, diciotto le salme di
Piazzale Loreto...
Cianetti viene condotto con gli altri al carcere degli Scalzi, è
sbigottito. “Aderii all’Ordine del Giorno perché Dino Grandi
mi aveva assicurato che anche il segretario nazionale del
partito Carlo Scorza ne era a conoscenza e lo approvava.
Quando mi resi conto che non era chiaro e nascondeva un’insidia, inviai al Duce una lettera che Vostra Eccellenza troverà
allegata agli atti” si giustifica.
P
Il suo ragionamento è sincero, non si pente per calcolo
personale, ma perché comprende, solo poche ore dopo, di
essere stato usato dai congiurati. E decide di mettere le cose
a posto, immediatamente.
Cinque giudici votano a suo favore, quattro contro.“Il Tribunale
Speciale Straordinario ... condanna Cianetti Tullio ... alla pena
della reclusione per la durata di anni trenta ... Ordina la pub-
blicazione della sentenza, per estratto e per un
sol giorno, sui seguenti giornali: Gazzetta del
Popolo, Corriere della Sera, Resto del Carlino, Nazione, Giornale d’Italia. L’udienza è tolta”.
Ciano dice a De Bono, indicando Cianetti: “Solo
quello è salvo. Per noi è finita”. Dopo la caduta
della Rsi, Cianetti va in Mozambico, dove rimane
fino alla morte.
La figura di Tullio Cianetti, come tante e tante del
Ventennio, è rimasta in ombra da quel 1943 in poi.
Decenni di silenzio, su di lui come su moltissimi
personaggi di quel periodo che pure tanto ha significato e significa nella storia d’Italia.
Il lavoro di Cianetti come sindacalista è invece
estremamente importante: il suo battersi senza
tregua contro il comunismo, che definisce “l’ubriacatura bolscevica”, ma anche contro i capitalisti,
che “del capitale si servono per basse speculazioni
contro la Nazione”; la sua visita in Germania del
1937 dove riesce a negoziare accordi con Robert
Ley, capo del Deutsche Arbeitsfront, secondo cui
si decide di sviluppare una specie di “turismo di
massa” del ceto operaio e di consentire l’emigrazione in Germania di molti lavoratori italiani. Che
gli valgono l’intitolazione di una sede di un dopolavoro per gli operai della Volkswagen di Wolfstein.
Insomma, ricordare Cianetti solo per essere l’unico
“salvato” di Verona è decisamente riduttivo. Di
Cianetti bisogna ricordare prima di tutto il tentativo
di realizzare il corporativismo e la socializzazione,
ragione per cui è definito “fascista di sinistra”.
Non è il solo, certamente. Egli è una delle tante e
diverse anime di cui è composto il Fascismo, probabilmente
quella più sociale.
emoriconi@ilgiornaleditalia.org
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Martedì 4 febbraio 2014
Esteri
A TRE GIORNI DALL’INIZIO DEI GIOCHI DI SOCHI, UN EVENTO NON SOLO SPORTIVO
Putin punta tutto sulle ‘sue’ Olimpiadi
di Giuliano Castellino
Q
uando c’è di mezzo la
“grande madre Russia”
tutto assume un significato diverso. Da sempre.
Dallo Zar alla rivoluzione
bolscevica, dagli anni della piazza
rossa a quelli della “guerra fredda”,
fino al declino targato Eltzin e all’orgogliosa rinascita “putiniana”.
Rinascita che, dopo la caduta del
comunismo, nessuno si aspettava
e che invece eccola qua, con Mosca
che è tornata ad essere un faro per
popoli e nazione. Saranno i suoi
144 milioni di abitanti, saranno i
suoi 17 milioni quadrati di estensione, sarà che copre due continenti,
che bacia l’Europa e bagna il Pacifico, saranno le grandi ed infinite
risorse naturali che possiede, ma
ogni volta che finisce in ginocchio
il popolo che fu zarista riesce sempre a rialzarsi.
In questi giorni la Russia torna alla
ribalta per le Olimpiadi invernali
che si svolgeranno a Sochi e non
saranno semplici Giochi, ma l’orgoglio Russo da mostrare al mondo
intero, saranno le Olimpiadi di Putin
e della rinascita del Paese.
A minacciare le Olimpiadi invernali
questa volta non è solo lo scontro
tra ovest ed est del mondo, ma si è
aggiunto il pericolo terrorista ceceno,
che nelle settimane passate ha cau-
sato diversi morti e decine di feriti.
Non solo, molte sono le polemiche
sui soldi spesi per questa manifestazione (si parla di costi record, 50
miliardi di dollari) ma conoscendo
la propaganda atlantica anti-Putin
non è il caso di soffermarsi molto su
queste vicende, che hanno più il
sapore del gossip che della realtà.
Più serio è il problema legato al
terrorismo di matrice islamico, che
sembra però tenuto sotto controllo
dalle forze di sicurezza russe, rafforzate proprio dopo gli ultimi attentati e per l’inizio dei Giochi. L e
Olimpiadi di Sochi sono l’occasione
per il “mondo occidentale”, liberal
e ormai alla deriva, per attaccare
Putin e le sue politiche. Sotto accusa
sono la legge contro la propaganda
gay e le violazioni dei diritti umani.
E nonostante Putin stia facendo il
possibile per rasserenare gli animi,
comprese grazie ed amnistie, la
sua clemenza si è tradotta nella liberazione delle Pussy Riot, degli
attivisti di Greenpeace e dell’ex
nemico Mikhail Khodorkovski, ex
patron, nonché speculatore senza
scrupoli, di Yukos. Ma gli “arancioni”, i Soros, le varie Pussy Riot
e organizzazioni in giro per il mondo, finanziate e sostenute da tutti
quei magnati presi a calci nel sedere dal Presidente russo, sembrano non mollare la presa e vogliono utilizzare le Olimpiadi per
attaccare il nemico pubblico numero uno, colpevole di avergli tolto
la “torta russa” da sotto il naso.
Ma Vladimir Vladimirovich Putin
sembra non intenzionato a farsi rovinare un evento che ha voluto con
tanta tenacia, che deve dimostrare
al mondo intero come i “selvaggi”
anni Novanta appartengano ormai
al passato più buio della storia. Fu
proprio Putin, nel 2007, in Guatemala, a battersi in prima persona
per ottenere i Giochi Olimpici, parlando in inglese e francese davanti
al Cio. Ed ora lo Zar è pronto a godersi, davanti ad una platea mondiale, la consacrazione di 15 anni
di potere e di una leadership che
non ha mai brillato come ora a
livello internazionale.
Non solo, sempre a Sochi, a giugno,
ci sarà il G8. E non finisce qua: alla
fine del suo terzo mandato, quando
Putin avrà superato persino Brezhnev negli anni di guida della nazione, Mosca ospiterà i mondiali di
calcio, evento storico per la Russia.
Un suggello perfetto che Putin vuole
usare per incrementare ancora di
più lo sviluppo infrastrutturale della
nazione e per rafforzare la propria
immagine. Compresa quella di un
uomo che, a 61 anni, ancora pratica
vari sport.
“Vorrei che si vedesse la nuova
Russia, la sua personalità e le sue
possibilità, che si desse uno sguardo
fresco, senza pregiudizi, al Paese”,
ha detto Putin parlando delle Olipiadi di Sochi, già ribattezzate
“Olimpiada Vladimirovna”, le Olimpiadi di Vladimir. “Considera questo
progetto come un figlio”', ammette
Dmitri Cernishenko, presidente del
comitato organizzatore della kermesse. Putin ha precisato: “Non è
questione di ambizioni personali,
non sarà un successo mio, ma del
Paese intero”.
I giochi sono dietro l’angolo, Putin e
la Russia sembrano pronti, ma a gareggiare non sembrano esserci solo
gli atleti, ma poteri più forti e nascosti.
Contro Putin e la Russia sembrano
già muoversi i terroristi jihadisti e
soprattutto le lobbies gay. Le Olimpiadi devono ancora iniziare, ma lo
scontro è iniziato da tempo.
DECINE DI MIGLIAIA DI PERSONE ANCORA UNA VOLTA IN CORTEO A PARIGI E LIONE
Le Manif pour tous contro le nozze gay
Questo lo slogan: “Papà e mamma. Non c’è nulla di meglio per un bambino”
di Cristina Di Giorgi
e Manif pour tous è scesa di nuovo in piazza in
difesa della famiglia tradizionale. Per dire ancora
una volta no alla legalizzazione delle nozze tra
omosessuali e alle politiche più o meno “sociali” del
presidente socialista Francois Hollande (gli si contesta
infatti una preoccupante apertura anche in tema di
aborto), si sono svolti due affollati cortei a Lione e
Parigi, con decine di migliaia di persone che hanno
sfilato insieme per protestare contro la recente introduzione di norme che consentono il matrimonio
L
tra persone dello stesso sesso. Per strada, al fianco
di numerose famiglie giunte sul luogo con pullman
sulle cui fiancate c’erano striscioni con su scritto
“Papà e mamma. Non c’è nulla di meglio per un
bambino”, c’erano gruppi di cattolici tradizionalisti
ma anche rappresentanti di associazioni di musulmani
conservatori. Che hanno gridato insieme slogan e
innalzato cartelli su cui si leggevano frasi come “Famiglia: educazione, solidarietà, dignità”.
Nessuna traccia, a quanto sembra, della tensione
registrata nel corso della manifestazione anti Hollande
della scorsa settimana (terminata con incidenti ed
alcuni arresti), alla luce della quale il ministro dell’Interno Vallas aveva dichiarato che non sarebbe
stato tollerato alcun eccesso. Un avvertimento perfettamente in linea con quanto affermato dallo stesso
Vallas, apertamente schierato su posizioni tutt’altro
che comprensive nei riguardi di coloro che contestano
l’equivalenza di fronte alla legge dei matrimoni tra
omosessuali e di quelli tra eterosessuali. Il ministro
ha infatti sollecitato la destra repubblicana a “prendere
con chiarezza le distanze” da tali forme di protesta:
“in Francia - ha detto – c’è una fronda degli anti.
Anti elite, anti Stato, anti tasse, anti Parlamento, ma
anche e soprattutto di anti semiti, razzisti, omofobi.
In una parola di anti repubblicani”.
Dichiarazioni queste che, soprattutto se legate a
manifestazioni come quella organizzata da Le Manif
pour tous, mal si conciliano da un lato con i contenuti
evidentemente pacifici e di difesa di istituzioni valori
che i fautori della famiglia tradizionale propongono,
dall’altro con il ruolo super partes che il titolare del
ministero che coordina l’ordine pubblico dovrebbe
mantenere.
STUDENTE QUINDICENNE UCCIDE UN POLIZIOTTO E UN INSEGNANTE: VOLEVA VOTI MIGLIORI
Sparatoria in una scuola di Mosca: due morti
S
paratoria in una scuola alla
periferia di Mosca, dopo che
una ventina di studenti è stata presa in ostaggio. Le vittime
sono due: un poliziotto e un insegnante. Autore del gesto è uno
studente quindicenne, come ha
riferito l’agenzia Ria Novosti, citando la polizia. L’autore del folle
gesto è stato poi arrestato e tutti
gli ostaggi sono stati liberati. Lo
studente autore del blitz armato
è stato poi interrogato a lungo.
Si chiama Serghiei Gordieiev, della nona classe, e ha ucciso, oltre
ad un poliziotto, l’insegnante di
geografia, Nikolai Kirillov, che
aveva 32 anni.
Ci si interroga ora sul movente
del gesto: il ragazzo voleva di-
plomarsi quest’anno con la medaglia d’oro (il massimo dei voti
in tutte le materie) ma l’insegnante
di geografia non lo avrebbe aiutato a conquistare questo risultato.
Sarebbe questo, secondo alcuni
media russi, il motivo che avrebbe
spinto il ragazzo al blitz armato.
A convincere il giovane ad arrendersi liberando tutti gli ostaggi
è stato il padre. Intervistato dal
canale Life News, uno degli alunni
della scuola ha raccontato che
Gordeev è tra i migliori studenti
della sua classe e con lui «non
c’erano mai stati problemi».
Il dramma è accaduto in un liceo
a nord della capitale, nel quartiere
di Otradnoye. L’aggressore è riuscito a neutralizzare una guardia
di sicurezza e ha fatto irruzione,
brandendo un fucile, in un’aula
dove era in corso una lezione di
biologia. Si è asserragliato all’interno con 24 studenti del decimo
anno - ragazzi tra i 15 e i 16 anni -
e il professore. Qualcuno è comunque riuscito ad azionare l’allarme e chiamare la polizia, ma
quando sono arrivati gli agenti il
ragazzo ha aperto il fuoco, ferendo
un agente, uno dei quali è morto
poco dopo.
La polizia ha subito circondato il
perimetro della scuola, dove è
arrivato, insieme a molte ambulanze, anche un elicottero del ministero per le Situazioni di Emergenza. Sul posto si è recato lo
stesso titolare del ministero dell’Interno, Vladimir Kolokoltsev. E
mentre all’esterno si sono radunati
i genitori angosciati per quanto
stava accadendo, c’è stata poi la
liberazione di tutti gli ostaggi e
la cattura del killer.
7
Martedì 4 febbraio 2014
Dall’Italia
FRANE E ALLAGAMENTI IN TUTTO IL PAESE: ALLERTA NELLE REGIONI DEL NORD-EST
Il maltempo continua a flagellare l’Italia
Dopo i tre morti in Sicilia si contano i danni delle ingenti piogge: a Roma
il Tevere sotto osservazione. Crollo parziale del tempio dorico di Kaulon, nel Reggino
di Barbara Fruch
eekend tragico quello appena trascorso. La pioggia caduta copiosa
un po’ in tutta l’Italia ha causato
frane, smottamenti allegamenti e,
anche morti. Tre persone, due
donne e una bambina di 6 anni, sono decedute
all’alba di domenica in provincia di Siracusa,
dopo che l’auto sulla quale viaggiavano è stata
travolta dalla piena di un fiume ingrossato dalle
abbondanti piogge cadute negli ultimi giorni
su tutta la Sicilia. La tragedia è avvenuta in contrada Romanello, nel territorio di Noto, intorno
alle 4 del mattino. A bordo di una Lancia Y,
sette persone hanno cercato di attraversare il
letto del fiume Asinaro venendo però investite
in pieno dalla furia delle acque. A perdere la
vita sono stati Alessandra Tumminieri, di 33
anni, Maria Gioelli, di 67, e la piccola Marisol
Latino, di appena 6 anni, che sarebbero annegata
rapidamente, secondo quanto accertato dal
medico legale, Francesco Coco, incaricato all’ispezione cadaverica sulle salme.
Secondo quanto emerso dalla ricostruzione
degli investigatori i sette, cinque dei quali legati
tra di loro da vincoli di parentela, sabato sera
avevano partecipato a una cena nella zona di
Noto. Al ritorno hanno attraversato il letto del
fiume Asinaro in un punto dove è possibile
farlo in condizioni di buona visibilità e, soprattutto,
senza la pioggia. Il mezzo è stato travolto dalla
piena e due dei sette occupanti sono stati
sbalzati fuori dall’abitacolo, mentre altri due
sono riusciti ad abbandonare la vettura. La Y10
con a bordo le due donne e la bambina, rimaste
intrappolate all’interno, hanno invece continuato
la corsa in balia dell’onda di piena. I quattro
sopravvissuti alla tragedia, tra i quali la mamma
della piccola, hanno subito dato l’allarme ma
le operazioni di soccorso, rese assai difficoltose
dalla natura dei luoghi e dall’oscurità, si sono
protratte sino alla tarda mattinata, quando i cadaveri sono stati recuperati dagli uomini dei
Saf - Speleo alpino fluviale - dei vigili del fuoco
di Siracusa e Noto. Sul fatto, la procura ha
avviato un’inchiesta, e l’uomo che era al volante,
Antonio Restuccia, cugino della bimba deceduta,
è stato arrestato con l’accusa di omicidio colposo
plurimo. Per lui, infermiere professionale in
servizio a Milano, si sono aperte le porte del
carcere siracusano di Cavadonna. “Non ha
visto alcuna situazione di pericolo” si difende
l’uomo sottolineando che non avrebbe commesso l’imprudenza perché lui stesso sarebbe
stato il primo a rischiare la vita. “Subito dopo
l’incidente – spiega l’avvocato dell’autista riportando la ricostruzione di Restuccia – lui si è
subito prodigato, è stato lui a rompere il vetro
laterale dell’auto per fare uscire gli altri passeggeri, soccorrendo i quattro sopravvissuti, e
ha tentato di portare fuori dalla vettura anche
la bambina, non c’è riuscito perché l’acqua ha
invaso la Y10”. Diversa la tesi dell’accusa, sostenuta dalla polizia e dalla Procura di Siracusa,
che parla di “negligenza totale” in una zona
dove “non bisognava passare, neppure con un
mezzo anfibio”.
che dalla pioggia intensa.
Nell’area si trova anche il mosaico ellenistico, di recente
scoperta, più grande della
Magna Grecia.
W
Allerta nel Lazio - Ancora piogge e allerta in
gran parte dell’Italia per tutta la settimana,
mentre nella Capitale la condizione è in lieve
miglioramento. Una tregua che però non fa abbassare il livello di guardia: il Prefetto, Giuseppe
Pecoraro, analizzando le criticità ancora in corso
a causa degli allagamenti, ha infatti stabilito di
mantenere un costante monitoraggio. Intanto
in tutto il Lazio è stata lanciata l’allerta per
criticità idrogeologica. La Regione ha emesso
un avviso per le prossime 36 ore considerate
“la situazione meteo e lo stato di saturazione
del suolo”. L’allerta riguarda in particolare il
bacino medio del Tevere, Roma compresa,
l’Aniene e il Liri. Resta critica la situazione a
Fiumicino. Circa 120 famiglie hanno trascorso
la notte tra domenica e lunedì fuori casa. Le
scuole, come disposto ieri dal sindaco Esterino
Montino, sono rimaste chiuse.
Critica la situazione in Veneto - In Veneto restano sotto osservazione i fiumi, il Bacchiglione
a Vicenza e Padova, l'Adige nel Veronese, il
Brenta. La situazione più critica si registra nella
zona orientale dove i fiumi Livenza e Fosson
sono ingrossati e preoccupano non poco la cittadinanza alla luce anche delle passate e drammatiche alluvioni. Ieri le scuole sono rimaste
chiuse e probabilmente lo saranno anche oggi.
Continua a piovere intensamente anche sul
Friuli Venezia Giulia, con nevicate in alta quota,
ma i fiumi maggiori, come Isonzo e Tagliamento,
sono rimasti sotto i livelli di guardia. La Protezione
civile regionale segnala che sono sotto controllo
i corsi d'acqua minori. Permangono problemi
di fornitura elettrica nei comuni della Carnia,
per cui l’Enel continua le operazioni di ripristino.
Calabria, crolla un tempo dorico nel Reggino Dopo il crollo delle mura a Volterra (dove ieri
si è recato il ministro dei Beni culturali Massimo
Bray) il maltempo ha provocato il parziale crollo
del tempio dorico dell’antica Kaulon, a Monasterace, in provincia di Reggio Calabria. L’area
archeologica si trova a ridosso del mare ed è
stata colpita dalle violente mareggiate, oltre
La tendenza nei prossimi
giorni - Le regioni italiane
continuano a essere caratterizzate dal maltempo, “con un
nuovo impulso di origine atlantica che determinerà, fino a
tutto domani, instabilità accentuata al sud e nuove piogge
al nord”: lo rende noto la Protezione civile che, d’intesa con
le Regioni interessate, diffonde
un ulteriore avviso di condizioni meteo avverse per piogge, anche a carattere di rovescio o temporale, a nord-est,
al sud e su Sardegna e Sicilia,
“con quantitativi cumulati da
moderati a localmente elevati”.
In particolare su Veneto e Friuli
Venezia Giulia - come anche
sulla Val d’Aosta – sono previste nevicate al di sopra di
600-800 metri, con quantitativi
localmente abbondanti; su Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia le piogge saranno accompagnate da rovesci di forte
intensità, frequente attività elettrica e forti raffiche
di vento. Sulla base dei fenomeni previsti è
stata valutata per la giornata di oggi ‘criticità
rossa’ per rischio idraulico e idrogeologico
per il Friuli Venezia Giulia, per le pianure
emiliane e per il Veneto centrale. La criticità è
invece ‘arancione’ per gran parte del Veneto,
dell’Emilia Romagna, del Lazio e della Basilicata,
per l’area tarantina e per tutto il territorio
siciliano e calabrese. Tutte le altre Regioni interessate dal maltempo sono indicate in criticità
‘gialla’. È utile ricordare, segnala la Protezione
civile, che le valutazioni di criticità idrogeologica
(su tre livelli: rossa, arancione e gialla) possono
includere una serie di danni sul territorio,
riportati sul sito del Dipartimento.
8
Martedì 4 febbraio 2014
Roma
CAPITALE ABBANDONATA A SE STESSA DALL’AMMINISTRAZIONE: ACQUE AGITATE IN CAMPIDOGLIO…
Roma: una palude eco-sostenibile
Qualche giorno di pioggia con Marino sindaco basta a far rimpiangere persino
la neve di Alemanno. Ma lui si limita a fare ciò che ha sempre fatto: battere cassa
di Robert Vignola
eriscopio in superficie. Lo
hanno visto – sono pronti a
giurarci – dalle parti dell’Isola Tiberina, emergere
per un attimo dai gorghi
del Dio Tevere infuriato e volgersi da
una sponda all’altra, come per cercare
quella vista familiare, la via verso il
Campidoglio. Macché, era irriconoscibile: buche, voragini e chiazze di
fanghiglia facevano scempio di auto,
motociclette e persino delle rare e
care biciclette che si arrischiavano
ad arrancare schivando le gocce di
pioggia, sempre le stesse, che si
prendevano gioco dei lampeggianti
P
accendendosi di luce azzurra, mentre
cadevano. Poi quel periscopio, unica
traccia di SottoMarino in queste giornate uggiose, è scomparsa, lasciando
alla corrente il compito di portar via
fogli di carta bianca, poi ripescati
parzialmente a Fiumicino e identificati
come comunicati stampa con intestazione comunale.
Certo, in principio fu la neve di Alemanno. Evento insolito, per Roma –
accade ogni vent’anni – cui Roma si
è fatta trovare impreparata. Ma stavolta, sotto la pioggia di Marino c’era
ben poco di straordinario, se non il
dilettantismo con il quale è stata affrontata. Hai voglia di coniare termini
come “alluvione-lampo” o di far stu-
BOLLETTINO DI GUERRA
Furti in ogni zona,
una raffica di arresti
e c’è un’attività che neanche
la pioggia può fermare, è
quella della microcriminalità. Una raffica di furti è infatti
avvenuta mentre Roma si allagava. Ben cinque ladri di automobili sono stati però beccati in
flagrante dai Carabinieri. Tra gli
arrestati c’è un cittadino romeno
di 28 anni, nella Capitale senza
fissa dimora e con precedenti,
sorpreso in piazza Manfredo Fanti, zona Esquilino, in possesso
di un computer portatile, documentazione bancaria e altro materiale risultato provento di un
furto di un’autovettura commesso
poco prima al Tiburtino. Dovrà
rispondere di ricettazione.
A Centocelle è stato arrestato
un altro cittadino romeno di 20
anni, pizzicato in via Bernieri
mentre stava smontando i pneumatici da un’auto parcheggiata
in strada. Arrestato con l’accusa
di furto aggravato, il giovane è
stato anche denunciato a piede
libero per ricettazione, poiché
trovato in possesso di una Fiat
Idea denunciata rubata mercoledì
scorso a Oriolo Romano. Nell’auto, per non farsi mancar nulla,
c’erano numerosi arnesi per lo
scasso.
Di Roma invece il 47enne, senza
S
fissa dimora e con precedenti,
preso dopo essere stato notato
in via Baldo degli Ubaldi mentre
stava tentando di forzare il blocchetto di accensione di un motociclo parcheggiato in strada.
Anche in questo caso, il ladro è
stato pure denunciato a piede
libero poiché sorpreso in possesso di un motociclo denunciato
rubato nella zona di piazza Farnese. Altri due cittadini romeni,
invece, sono stati sorpresi in
flagrante, in piazza Roberto Balsamo Crivelli, dopo aver rubato
un’autovettura.
Alla lista va aggiunto un topo
d’appartamento, entrato in azione,
nella notte, in via Beata Savini
Petrilli, zona Cecchignola. Ha
cercato vanamente di scassinare
la finestra di un appartamento
posto al primo piano, prima di
passare ad un altro “cliente”
nello stesso stabile. Il proprietario
della prima abitazione, però, uditi
strani rumori provenire dall’esterno, aveva già dato l’allarme al
112. ha dato l''allarme al 112. Il
ladro, un cittadino somalo di 21
anni, nella Capitale senza fissa
dimora e con precedenti, è stato
così arrestato dai Carabinieri
mentre cercava di darsi alla fuga.
G.L.
diare ai propri addetti stampa trattati
di protezione civile, hai voglia di
spedire il vice sindaco Nieri a misurare il livello dell’Aniene o a costringere il capo di gabinetto Enzo
Foschi a frequentare un master di
disaster-management. Ha semplicemente piovuto. D’inverno, per giunta.
E l’appello del Prefetto (“Non venite
a Roma”) lanciato alla vigilia di un lunedì qualunque è suonato come la
ritirata delle istituzioni davanti alle acque. Chissà che si saranno detti, i
pendolari, davanti a quel consiglio di
non varcare le sacre porte dell’Urbe:
se potevano, senz’altro non venivano
e non serviva neanche raccomandargli
di rinviare la gitarella al Colosseo
con annesso pic-nic al Circo Massimo,
ché quando la legna è bagnata, il
barbecue non s’accende. Il fatto è
che decine di migliaia di persone a
Roma ci vanno ogni giorno per guadagnarsi la pagnotta, resa più magra
dalle spese per l’abbonamento (e
già, loro lo pagano…). E che gli basterebbe raggiungere il posto di lavoro
su strade con un minimo di asfalto o
con mezzi degni di una città civile,
mica chiedono un mezzo anfibio al
posto del tram…
Niente da fare. Il massimo che ci si
può attendere da un sindaco così è
che annulli l’irrinunciabile viaggio
alla conferenza delle città eco-sostenibili in Sud Africa (doppia disdetta:
laggiù adesso è estate) e che si dedichi alla sua missione preferita da
quando ha messo le chirurgiche
chiappe sulla poltrona del Campidoglio: battere cassa. Richiesta che è
prontamente (almeno quella) partita
nei confronti (per ora) della Regione,
sotto forma di “proclamare lo stato di
emergenza”. Ma gli altri enti sovracomunali non si sentano al riparo…
In attesa delle risposte, SottoMarino
si consoli: l’altro suo grosso cruccio,
cancellare le cose indiscutibilmente
buone realizzate in un’epoca lontana,
circa settanta-ottanta anni fa, è quasi
cosa fatta. “Pedalònizzeremo via dei
Fori Imperiali”, si sfogano i romani
sulla Rete, dando fondo alle scorte di
sarcasmo. E in effetti in sette mesi
Marino non solo ha cancellato via
dei Fori Imperiali, ma ha pure rifondato
nei suoi immediati dintorni la Palude
Pontina, inopinatamente prosciugata
da qualche Regime poco eco-sostenibile. Magari, alla prossima conferenza in Sud Africa o chissà dove, il
primo cittadino potrà volare portando
con sé qualche slide di come ha ricreato in via del Corso l’habitat che
aveva qualche millennio fa, con una
provvidenziale tubatura rotta (già che
l’acqua mancava…). Daje.
L’OPPOSIZIONE
“Tre milioni per i tombini:
vogliamo vederci chiaro”
Inevitabile che anche il Consiglio
Comunale si interessi di ciò che è
accaduto. Con l’opposizione che
ha chiesto le carte in particolare sull’operazione di pulizia di caditoie e
tombini, sbandierata la scorsa estate
dal sindaco Marino ma sulla cui efficacia
sono sorti evidenti perplessità. "Abbiamo
presentato una richiesta di accesso agli
atti per fare luce sui soldi spesi da
Marino per la cosiddetta campagna ''Libera il tombino''. Vogliamo capire come
il sindaco e l’assessore ai Lavori pubblici
abbiano speso oltre 3 milioni di euro dei
Q
cittadini romani per poi ritrovarsi, al
primo acquazzone, con l’intera città sott’acqua, dal centro alla periferia. Vogliamo
vedere le carte e siamo pronti a rivolgerci
alla Corte dei conti o addirittura alla Procura. Chi ha sbagliato deve pagare".
L’annuncio è di Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini in Campidoglio. "Che senso ha – si chiede Onorato- invocare gli interventi strutturali,
che a Roma mancano da anni, quando
il sindaco Marino e la sua Giunta non
hanno ancora iniziato la manutenzione
ordinaria?".
LA VICENDA DELLE BABY SQUILLO AI PARIOLI
“Mi vendevo per 600 euro al giorno”
All’incidente probatorio l’agghiacciante racconto di una delle due minorenni
uadagnava anche 600 euro al giorno. Un particolare agghiacciante,
che è emerso durante l’incidente
probatorio sul caso delle baby squillo
dei Parioli, davanti al gip Maddalena
Cipriani. Cifre indicate da una delle
due ragazzine avviate alla squallida
compravendita del loro corpo, secondo
la ricostruzione finora messa a punto
dagli inquirenti. "Credo che Mirko Ieni
sapesse che ero minorenne e si serviva
di questo per aumentare il numero dei
clienti potenzialmente interessati a fare
sesso. Guadagnavo molti soldi, anche
5-600 euro al giorno, di cui una piccola
parte la giravo a Ieni per l'affitto della
G
stanza" ha raccontato.
La ragazzina, che compirà 17 anni il
prossimo ottobre, collegata in videoconferenza con l'assistenza di un avvocato e di uno psicologo, ha negato
il coinvolgimento di altre minori, oltre
alla sua amica, 15 anni, che verrà
sentita domani dal giudice. "Ho iniziato
perché avevo voglia di fare molti soldi,
fino a 600 euro al giorno. Non mi sono
fatta mancare nulla, quello che guadagnavo lo spendevo per acquistare
vestiti di marca e telefonini".
Quanto basta per confermare l’inquietante quadro emerso all’indomani
del 28 ottobre scorso, quando la squal-
lida vicenda venne alla luce con l’arresto di cinque persone, tra cui lo
stesso Ieni e la madre della ragazza
ascoltata dal gip. Un’inchiesta ancora
difficile, anche perché gli inquirenti
della Procura di Roma sono alle prese
con una difficile opera di ricostruzione: stanno cercando infatti di identificare anche i clienti che andavano con
le baby squillo dei Parioli. In ogni
caso il procuratore aggiunto Maria
Monteleone ed il pm Cristiana Macchiusi sarebbero intenzionate a chiedere il giudizio immediato. I difensori,
invece, stanno valutando se ricorrere
Gustavo Lidis
al rito abbreviato.
9
Martedì 4 febbraio 2014
Dall’Italia
FAR WEST A GALLARATE: COMMANDO ARMATO CON LE ARMI SPIANATE SULLA POLIZIA PENITENZIARIA
Assalto al furgone per liberare il boss
I banditi hanno preso un ostaggio, poi liberato, fuori dal tribunale. Sparatoria durante
la fuga: muore un malvivente, fratello dell’evaso Domenico Cutrì. Ferito un agente
di Barbara Fruch
omenti di panico e scene da far west a Gallarate, in provincia di Varese, vicino al tribunale,
dove ieri un commando armato ha assaltato un furgone
della polizia penitenziaria facendo
evadere il detenuto calabrese Domenico Cutrì.
Nel corso della sparatoria sono rimaste ferite due persone, un agente
e il fratello dell’evaso, morto successivamente, mentre il detenuto, presunto boss della 'ndrangheta che
stava per essere trasferito dal carcere
al Tribunale di Busto Arsizio, è riuscito
a fuggire.
Erano circa le 15 e gli assalitori hanno
agito vicino alla porta d’ingresso del
tribunale di Gallarate dove, armati
di pistola e di spray urticante, hanno
sorpreso gli agenti che stavano accompagnando all’esterno il detenuto
al termine di una udienza. Gli uomini
armati, dopo aver preso in ostaggio
M
un passante e intimato ai poliziotti di
lasciare le armi a terra, sono riusciti
a liberare Domenico Cutrì. Quando
l’ostaggio era ormai al sicuro, è scattato l’inseguimento e subito dopo la
sparatoria, durante la quale sono stati
esplosi almeno 15 colpi, con la successiva fuga dei banditi a bordo di
un’auto nera. Poco più tardi uno degli
assalitori, Antonino, fratello di Cutrì,
è stato lasciato agonizzante davanti
all’ospedale di Magenta. Per lui,
ormai, non c’era più nulla da fare.
Non sono invece gravi le condizioni
dei due agenti: secondo il personale
medico del 118 le ferite riportate
dagli agenti non sono dovute a colpi
di arma da fuoco. Un agente, infatti,
ha riportato un trauma cranico e un
altro delle ferite agli occhi provocate
da uno spray urticante. Entrambi
sono stati ricoverati in codice verde.
Polizia e carabinieri hanno allestito
posti di blocco per intercettare l’auto
in fuga, una Polo nera, e sono in
corso i rilievi su una seconda vettura
usata dei malviventi, sequestrata, con
MILANO – RISOLTO IL GIALLO
Uccisa e infilata
nel trolley: 2 fermi
ahtab Ahad Savoji è
stata strangolata,
spogliata, messa in
un trolley e trasportata in
treno da Milano a Venezia.
Emergono particolari agghiaccianti sull’omicidio
della 31enne iraniana il cui
cadavere era stato trovato
il 28 gennaio scorso in un
canale al Lido di Venezia.
In manette sono finiti due
indiani, Rajeshwar Singh,
29 anni, e la sua fidanzata
Gagandeep Kaur, 30.
I tre giovani condividevano
un appartamento nel capoluogo lombardo, in via Pericle. Secondo la ricostruzione della Squadra Mobile,
i due avrebbero ucciso la
ragazza, non è chiaro se al
termine di un gioco erotico
o perché Mahtab aveva rifiutato le avances dell’amico, e, dopo averla spogliata,
ne avrebbero infilato il cadavere in un trolley. Raggiunta Venezia in treno si
sarebbero disfatti della valigia gettandola in acqua.
Infine, sarebbero tornati a
Milano in taxi, pagando la
corsa 500 euro.
Mahtab aveva già annunciato che avrebbe lasciato
l’appartamento che condivideva con la coppia, stanca
della situazione imbarazzante che viveva: il ragazzo,
che in più occasioni l’aveva
molestata, si ostinava a fare
sesso con la sua fidanzata
davanti alla giovane iraniana, e la circostanza è stata
a bordo alcune armi, tra cui dei
fucili da assalto.
Cutrì, residente a Legnano (Milano)
ma di origini calabresi, era stato
condannato all’ergastolo in appello
per l’uccisione di Luckasz Kobrzeniecki, un polacco di 22 anni freddato
a colpi di pistola nel 2006 a Trecate
(Novara). Secondo l’accusa, il calabrese era al volante dell’auto da cui
partirono gli spari che la notte del
15 giugno di otto anni fa uccisero la
vittima. Arrestato tre anni dopo, Cutrì
si è sempre professato innocente ma
la tesi dell’accusa è che sarebbe
stata la gelosia a spingerlo ad architettare il delitto: la “colpa” del giovane
polacco infatti sarebbe stata quella
di aver riservato qualche apprezzamento di troppo alla donna del boss.
Con Cutrì, i giudici condannarono
anche il gestore di un bar di Trecate
a tre anni di reclusione per favoreggiamento. L’esecutore materiale dell’agguato invece, Manuel Martelli,
32enne di Trecate, processato con
rito abbreviato (che gli garantì lo
sconto di un terzo della pena) è stato
condannato a 16 anni e 4 mesi.
Nel processo d’appello a favore di
Cutrì, difeso dall’avvocato Giulia Bongiorno, testimoniò una donna di origini
calabresi, sostenendo che all’ora del
delitto avevano avuto un appuntamento galante nell’abitazione di Cutrì.
Una versione emersa soltanto a distanza di anni, perché la donna temeva
che il marito potesse scoprire quella
relazione clandestina. L’alibi, però,
non convinse il procuratore generale
di Torino Vittorio Corsi, che dispose
ulteriori accertamenti. A smontarlo
le testimonianze del titolare e del
portiere di un albergo di Vittuone
(Milano), dove l’uomo si trovava realmente come hanno poi confermato
anche i registri dell’hotel.
Fino al 2013, Cutrì è rimasto nel carcere di Saluzzo poi, a seguito del sospetto di un tentativo di fuga, era stato
trasferito nel carcere di Busto Arsizio.
Era a processo a Gallarate per emissione di assegni falsi, e il furgone lo
stava portando davanti all’ingresso
del tribunale gallaratese.
Eurosky Tower .
Entrare in casa e uscire dal solito.
M
raccontata più volte a una
sua amica.
Secondo l’autopsia, Mahtab
è stata strangolata, il giorno
prima del ritrovamento, poi
infilata nella valigia. All’identificazione dei due killer gli inquirenti sono arrivati attraverso le impronte
digitali trovate sul trolley,
nonché grazie alle telecamere a circuito chiuso della
stazione ferroviaria di Venezia che hanno ripreso i
due indiani che trascinavano un trolley e alla testimonianza taxista veneziano. In
una successiva testimonianza, i ragazzi avevano raccontato di aver trovato Mahtab senza vita “perché aveva
bevuto tanto whisky”, ma
non sapevano che era già
certa la causa della morte:
strangolamento. Messi alle
strette, hanno confessato. I
due presunti assassini sono
sottoposti a fermo e accusati
di omicidio volontario in
concorso e soppressione
di cadavere.
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Martedì 4 febbraio 2014
Dall’Italia
LIVORNO - L’INDAGINE DELLE FIAMME GIALLE HA SMANTELLATO LA FILIERA CINESE ILLEGALE
Maglioni in “cachemire” con peli di topo
Sequestrati milioni di capi orientali che erano distribuiti in tutta Italia. Nei guai
14 persone, il boss era un imprenditore attivo a Sesto Fiorentino e nella capitale
di Carlotta Bravo
aglioni, magliette e anche
sciarpe, tutte con la dicitura “cachemire”. Ma in
realtà della prestigiosa fibra tessile non lo erano
affatto, anzi, erano composti da un
misto di acrilico, viscosa e, perfino,
peli di topo e di altri animali.
Sono oltre un milione i capi sequestrati
nell’operazione della Finanza di Livorno e di Roma che ha condotto alla
denuncia di quattordici persone di
nazionalità cinese per frode in commercio. Insieme ai falsi “cachemire”,
sono stati trovati anche capi con etichetta “lana merinos”, “seta” o “pashmina” poi risultati falsi.
Le indagini, partite circa un anno fa
dopo un controllo effettuato dai finanzieri in un negozio di Rosignano Marittimo gestito da una coppia di cittadini
cinesi, si sono chiuse nei giorni scorsi
con una ventina di perquisizioni in diverse aziende nell’hinterland di Roma
e nelle abitazioni dei relativi amministratori, tutti di origine cinese. Al centro
delle indagini un imprenditore che fa
base a Sesto fiorentino ma che è collegato con ditte sparse nella Capitale.
A Rosignano i militari avevano notato
alcuni vestiti privi delle necessarie
etichette con le informazioni merceologiche, ma non è tutto: i militari ave-
M
vano inoltre rilevato la presenza di alcuni capi di maglieria esposti in vendita, con etichette con la dicitura “in
cachemire”, ad un prezzo basso, assolutamente non congruo rispetto al
pregio del tessuto.
I finanzieri, dopo aver fatto analizzare
i tessuti al laboratorio chimico dell’Agenzia delle dogane, hanno così
scoperto che i capi non erano assolutamente di lana pregiata ma di un
materiale misto di acrilico, viscosa,
poliestere e persino di peli di topi ed
altri animali.
I successivi accertamenti hanno permesso di individuare il fornitore della
merce: un importante grossista di
Sesto Fiorentino, di fatto distributore
per tutta l’Italia centrale di prodotti
tessili “made in China”. Quest’ultimo
riforniva anche molti negozi della provincia di Livorno, gestiti anch’essi da
cinesi, che erano stati nel tempo sottoposti ad analoghi controlli di polizia
in materia di “sicurezza dei prodotti”:
in tutto erano stati sequestrati circa
1.000.000 di capi di abbigliamento
ed accessori non conformi.
L’esito degli accertamenti eseguiti è
stato comunicato alla competente autorità giudiziaria che ha delegato le
perquisizioni di tutti i magazzini nella
disponibilità del grossista. Dalle indagini sono emersi altri capi di abbigliamento sospetti etichettati in cachemire, lana merinos, seta e pashmina
ed anche in questo caso, le analisi di
laboratorio hanno confermato che i
capi analizzati non erano affatto prodotti
con i pregiati tessuti riportati sulle etichette. Da lì è scattato il sequestro di
altri seimila capi di abbigliamento ed
alla denuncia del responsabile per
frode nell’esercizio del commercio.
Le indagini hanno infine consentito di
ricostruire l’intere catena ‘illegale’ e
di individuare i fornitori del grossista
fiorentino: cinque società con sede a
Roma. Complessivamente, nel corso
dell’operazione sono stati controllati
48 soggetti di cui 14 denunciati alla
competente autorità giudiziaria e sottoposti a sequestro 1.141.343 prodotti
di varie tipologie. Altri 27 soggetti
sono stati segnalati alle camere di
commercio per violazione per violazioni dei diritti del consumatore, in
quanto i capi non riportavano l’etichetta.
Dalle fiamme gialle è stato inoltre
spiegato come non tutti i prodotti sequestrati sono stati distrutti: quelli risultati composti da fibre “non nocive”
sono stati infatti consegnato alla Caritas
di Livorno e all’associazione progetto
accoglienza di Borgo San Lorenzo.
Si è conclusa così l’ennesima operazione che getta ombra sui prodotti
“made in Cina”, merce falsa commercializzata a prezzi bassissimi e
talvolta dannosa per la salute dei consumatori.
TARANTO - MOVIMENTO PER ALLEANZA NAZIONALE DI CAROSINO CHIEDE INTERVENTI SULLO SCALO
“Arlotta” aperto ai voli civili, ora o mai più
“Diverse compagnie aeree sono disponibili a collocarsi già da subito come operatrici. Sono
necessari interventi concreti per il bene sociale, imprenditoriale e turistico dell’intera area”
apertura di ‘Arlotta’ ai voli civili. È
questa la richiesta formalizzata dal
Movimento per Alleanza Nazionale
di Carosino (Taranto) che spiega
come il tempestivo taglio del nastro nello
scalo aeroportuale di Grottaglie-Monteiasi,
in provincia di Taranto, agevolerebbe non
solo i pugliesi ma anche i turisti costretti attualmente ad appoggiarsi a Bari e Brindisi.
“Ormai anche il Governo centrale ha dato il
placet per la riapertura dello Scalo aeroportuale ‘Arlotta’ di Grottaglie-Monteiasi (Taranto), con l’inserimento tra gli aeroporti di
interesse nazionale nel nuovo Piano Aeroportuale nazionale voluto dal Ministro dei
Trasporti Lupi – scrivono dal Movimento – le
scuse di vendoliana memoria, ora sono finite,
la Regione Puglia, Aeroporti di Puglia ed
Enac operino sinergicamente, da subito, per
l’attivazione dei voli civili nello scalo ionico.
Sembra strano che il nuovo A.u. di AdP Giuseppe Acierno, successore di Domenico Di
Paola, abbia ancora perplessità sulla funzionalità dell’apertura dello scalo grottagliese,
considerato che lo stesso dovrebbe operare
sul fronte ionico (Taranto, Basilicata e Alta
Calabria) diversamente dal fronte adriatico
dove due aeroporti sono troppi invece (Bari
e Brindisi). Sembra strano pensare che i
nostri rappresentanti istituzionali, seduti nei
posti che contano, Parlamentino pugliese e
nazionale, non pongano questa facile domanda a Vendola, Giannini ed Acierno, come
L’
mai penalizzare un target di clientela di circa
900.000 abitanti sfavorendo allo stesso tempo
la possibilità di viaggiare dei suoi cittadini e
penalizzando il turismo, le aziende locali, gli
operatori del settore e l’economica ionica
già martoriata dalle tante crisi aziendali –
continua la nota – Risulta
strano pensare che manager e politici pagati
profumatamente con soldi pubblici non sappiano
leggere la reale situazione sui passeggeri ‘potenziali’ o invece più verosimilmente si pone solamente contro la Terra
Ionica come ‘ostruzionismo velato’ verso i suoi
cittadini?”.
Dopo l’ok all’apertura
immediata dell’Arlotta
arrivato dalla Camera di
Commercio di Taranto
tramite il suo Presidente,
il Movimento vuole quindi capire le volontà di
AdP e Regione Puglia,
dal momento che “diverse compagnie aeree
sono disponibili a collocarsi già da subito come
operatrici nello scalo ionico con voli charter con
destinazioni anche interessanti”.
Una vocazione civile dunque che potrebbe
nascere però solo grazie ad investimenti di
AdP in sinergia con la Regione e il suo Governo.“La dimostrazione di tale volontà deve
avere come interlocutori, senza ulteriori per-
dite di tempo, i consiglieri regionali ionici
(tra cui Donato Pentassuglia, Presidente della
Commissine Trasporti), l’assessore regionale
Fabrizio Nardoni, l’assessore regionale Giovanni Giannini, il Governatore di Puglia Nichi
Vendola, i parlamentari eletti a Taranto compresa la senatrice Anna Finocchiaro (scomparsa da Taranto dal febbraio scorso), Camera
di Commercio di Taranto, Enac e Adp e tutte
le associazioni e movimenti che si stanno
battendo da tempo con abnegazione ed impegno per l’apertura dell’Arlotta. Da loro si
deve ripartire senza lasciare spazio a baricentrismi e volontà cargo o confusione e
gioco a tre carte, la popolazione ionica e le
comunità di Carosino, Grottaglie e Monteiasi
sono stufe delle promesse elettorali dei messia di turno. Il Movimento per An di Carosino
– conclude la nota – sarà sentinella attenta e
documenti alla mano farà valere, in tutte le
sedi, la strenua volontà di allontanare filosofie
localistiche e di pura appartenenza politica,
qui ne va del futuro sociale ed imprenditoriale
della Provincia di Taranto - ora o mai più dall’Arlotta il nostro territorio deve avere
uno scatto di orgoglio. Nel caso, che non
speriamo, la Regione e l’AdP decidano di
non convogliare i propri sforzi economici e
d'impegno verso l’Arlotta, il Movimento per
Alleanza Nazionale ionico saprà dare le risposte sul campo, improntando anche ricorsi
legali verso chi ancora una volta vuole denigrare e mortificare i cittadini tarantini”.
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Martedì 4 febbraio 2014
Società
LUTTO NEL MONDO DEL CINEMA
Addio a Philip Seymour Hoffman
Mille volti per un grande attore. A uccidere l’artista la dipendenza da eroina
di Francesca Ceccarelli
l grande Lebowski, Magnolia, ll talento di Mr. Ripley, A
sangue freddo, Mission impossible III, The master:
questi solo alcuni dei film
rimasti nella storia del cinema che
si sono avvalsi della bravura di un
attore come Philip Seymour Hoffman, scomparso prematuramente
a causa della sua dipendenza da
eroina.
Una persona dotata di una grande
sensibilità: proprio questa infatti la
sua debolezza. Hoffman era senza
dubbio uno degli attori migliori della
sua generazione, capace di passare
dal dramma alla commedia al cinema d’azione al fantascientifico.
Nato a Fairport il 23 luglio del 1967,
Hoffman aveva mostrato sin da ragazzo la sua passione per il cinema,
frequentando i corsi d’arte drammatica a New York e diplomandosi
nel 1989. L’esordio nel mondo del
cinema arrivò nel 1991, con Triple
Bogey on a par five hole, diretto
da Amos Pole. Dopo un altro po’ di
gavetta, arrivò la prima chance importante: nel 1992 era nel cast di
Scent of a woman – Profumo di
donna, accanto al Al Pacino e a
Chris O’Donnell. Nel 1996, il primo
film con Paul Thomas Anderson,
Sydney: con il regista americano,
Hoffman lavorerà anche in Boogie
nights (1997), Magnolia (1999),
Ubriaco d’amore (2002) e The master (2013). Ne Il grande Lebowski
I
dei fratelli Coen (1998) interpretò
Brandt, il galoppino del milionario
Jeffrey Lebowski, l’omonimo del
“Drugo” Jeff Bridges.
Dopo un’altra ottima interpretazione
ne Il talento di Mr. Ripley di Anthony
Minghella (1999), arrivò un altro
ruolo memorabile, quello di Lester
Bangs, il grande critico rock, in
Quasi famosi di Cameron Crowe.
Nel 2002 recitò ne La 25° ora di
Spike Lee e in Red dragon di Brett
Ratner, dove faceva la parte di un
giornalista troppo curioso, finito
nelle grinfie di un terribile serial
killer. Fu il preludio all’Oscar, meritatissimo, che conquistò nel 2006
con la sua caratterizzazione dello
scrittore Truman Capote in A sangue freddo di Bennett Miller. Per
lo stesso ruolo, Hoffmann vinse anche un Golden Globe, il British
Academy of Film and Television
Arts e lo Screen Actors Guild
Awards – giusto per citare i premi
principali.
Altre tre nomination agli Oscar arrivarono per La guerra di Charlie
Wilson (2008), Il dubbio (2009, in
cui interpretava il ruolo complesso
di un prete sospettato di pedofilia)
e The master (che nel 2013 gli
valse la Coppa Volpi a Venezia).
Nel frattempo, però, Hoffman continuava a recitare a teatro (nel 2000
aveva conquistato un Tony Award,
l’Oscar del palcoscenico) e, nel
2010, dirige il suo primo film, Jack
goes boating, non fortunatissimo
in termini di incassi (in Italia non è
nemmeno arrivato), ma apprezzato
dalla critica. E Philip si preparava
a ritornare dietro la macchina da
presa con Ezekiel Moss, un film
ambientato nel periodo della Grande Depressione, che doveva essere
interpretato da Jake Gyllenhaal e
Amy Adams.
Una carriera di tutto rispetto messa
sempre a repentaglio dalla tossicodipendenza da droghe e alcool
come lo stesso attore aveva più
volte riconosciuto: “Il problema era
la droga, era l’alcool, era qualsiasi
cosa su cui riuscissi a mettere le
mani… mi piaceva tutto”. Dopo la
laurea si era disintossicato ed era
rimasto pulito. Fino al 2013, quando,
dopo aver sviluppato una dipendenza da un farmaco regolarmente
prescrittogli, era poi passato all’eroina: dopo una settimana si era
fatto ricoverare in riabilitazione. La
guarigione non era avvenuta.
Hoffman è stato ritrovato cadavere
nel suo appartamento di Manhattan:
secondo le prime anticipazioni del
Wall Street Journal, l’attore è stato
rinvenuto con un ago ancora nel
braccio. La notizia è stata confermata anche dal New York Times,
che scrive come la polizia abbia
trovato nell’appartamento di Hoffman anche una busta con dentro
quella che dovrebbe essere eroina.
Un’artista eclettico ma non amante
dei riflettori:” Ci penso spesso.
Credo che oggi sia meno vero di
un tempo, più invecchio e più perdo
il mio “anonimato”. Penso che sia
perché oggi per le persone è molto
più facile vedere tutto. Negli ultimi
cinque anni le nostre foto – le mie,
le tue, quelle di tutti – sono finite
ovunque. Non è che le persone
guardano più film, è che le immagini sono ovunque. Per gli attori
più giovani sarà sempre più difficile
mantenere un profilo basso. E questo anzi non vale solo per gli attori,
vale per tutti”.
Del resto della sua vita privata si sa
solo che aveva moglie e tre figli ai
quali va tutto il sostegno dei fan che,
dopo la notizia della morte dell’attore,
si sono adunati sotto la sua abitazione.
Grande anche il cordoglio di Hollywood: “Phillip Seymour Hoffman era
un genio, coraggioso e dolce. Non
posso credere che se ne sia andato.
Una grande perdita. La mia più profonda compassione per sua moglie
e i suoi bambini”, scrive Susan Sarandon su Twitter.Sempre su Twitter
Jim Carrey scrive: “Caro Philip,
un’anima bellissima. Per quelli più
sensibili di noi il rumore può essere
troppo”.
IL REGISTA DI NUOVO AL CENTRO DELLO SCANDALO
Accuse di pedofilia per Woody Allen
Le dichiarazioni arrivano dalla figlia adottiva Dylan Farrow rispetto ad abusi che avrebbe subito a 7 anni
D
opo anni tornano gravi pesanti accuse nei confronti del regista Woody Allen: a riaccendere i riflettori
sui presunti abusi sessuali è ancora una
volta Dylan Farrow, figlia adottiva di Allen
e Mia Farrow con una lettera al New York
Times dove la giovane sostiene, per la prima volta in pubblico, che il padre abusò
di lei quando aveva 7 anni, subito dopo
l'adozione.
"Affermazioni false e vergognose" questo
l’unico commento affidato ad un portavoce.
Dylan Farrow, oggi 27enne afferma che
Allen l’abbia molestata all’età di sette anni,
nel 1992, dopo che il regista e l'attrice Mia
Farrow l'avevano adottata.
A spingere Dylan a scrivere pubblicamente
dell’accaduto l'ennesimo premio alla carriera consegnato ai Golden Globes ad Allen: il tripudio di Hollywood per un uomo
che ai suoi occhi appare come un mostro
a causa delle presunte molestie di cui il
regista fu indagato ma mai accusato.
Nella lettera racconta nel dettaglio un episodio del 1992: nella casa di famiglia in
Connecticut pare che Allen l’abbia condotta
in un attico buio e l’assalì sessualmente.
"Mi disse di stendermi pancia a terra e di
giocare con il trenino di mio fratello. Poi
abusò sessualmente di me,- racconta- sussurrandomi che ero una brava ragazza,
che era il nostro segreto, promettendomi
che sarei andata con lui a Parigi e sarei
stata una star nei suoi film. Ricordo che
fissavo il trenino elettrico, cercando di concentrarmi sui cerchi del suo percorso. Ancora oggi non riesco a guardare i trenini
elettrici. Spesso le chiedeva di giacere a
letto con lui, a volte metteva la testa sul
mio ventre nudo e respirava forte. Per
quanto ho memoria mio padre mi ha fatto
cose che non mi piacevano", scrive Farrow.
"Queste cose accadevano regolarmente,
e spesso, ed erano così abilmente nascoste
a mia madre - lei mi avrebbe protetto se
avesse saputo - che pensavo fosse normale.
Il fatto che l'abbia fatta franca mi ha perseguitato durante tutta la mia giovinezza",
conclude Farrow. "Ero travolta dal senso
di colpa per avergli lasciato avvicinare
altre bambine". Dylan Farrow oggi vive in
Florida sotto falso nome.
"Cosa faresti se fosse tuo figlio, Cate Blanchett? Louis CK? Alec Baldwin? Cosa faresti
se si fosse trattato di te, Emma Stone? O
te, Scarlett Johansson? Woody Allen - conclude - è la prova vivente di come la nostra
società non protegge i superstiti di abusi
sessuali".
Allen è già finito sotto inchiesta per l'episodio del 1992 in Connecticut, ma la procura
ha deciso di non perseguirlo. Un processo
che ha causato aspre critiche, dopo che il
procuratore della contea di Litchfield, Frank
S. Maco, dichiarò che esisteva una "probabile causa" per accusare Allen ma che lui
aveva scelto di non farlo. Un collegio disciplinare accusò Maco di aver pregiudicato
l'allora battaglia per l'affidamento dei figli
tra Mia Farrow e Woody Allen formulando
accuse senza incriminazioni formali. L'accusa
del 1992 arrivò subito dopo l'affaire tra il
regista e la figlia adottiva di Mia Farrow,
Soon-Yi Previn. Allen, allora cinquantenne,
non era il padre adottivo della ragazza,
allora diciannovenne. I due si sono sposati
nel 1997 e hanno due figlie adottive.
Nonostante tutte le voci infamanti Allen
ha continuato a produrre almeno un film
all'anno: l'ultimo "Blue Jasmine" che si è
guadagnato tre nomination agli Oscar,
compreso quella per la regia.
A causa della lettera di Dylan Farrow Allen
non ha partecipato alla cerimonia, ma non
è mancata la polemica espressa con un
tweet da Ronan Farrow, il figlio biologico
di Allen e Mia Farrow anche se lui sostiene
che probabilmente il suo padre naturale è
l'ex marito dell'attrice Frank Sinatra :”Mi
sono perso il tributo a Woody Allen: hanno
messo prima o dopo Annie Hall la parte in
cui una donna ha pubblicamente confermato
che l'ha molestata quando aveva sette anni?",
palese il riferimento alla sorellastra. F.Ce.
12
Martedì 4 febbraio 2014
Sport
S O L O 3 G I O R N I A L L’ I N I Z I O D E L L A V E N T I D U E S I M A E D I Z I O N E D E L L E O L I M P I A D I I N V E R N A L I . L A P R I M A I N R U S S I A
“Citius! Altius! Fortius!”. Sochi 2014, pronti al via
A Carolina Kostner, Arianna Fontana e all’intramontabile Armin Zoeggeler sono affidate tutte le speranze italiane
di Federico Colosimo
l countdown è praticamente
finito. Mancano solo 3
giorni alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014.
Sono riposte soprattutto
negli uomini jet le speranze di medaglia della
spedizione azzurra nello
sci. Gli altoatesini Dominik Paris, Peter Fill, Christof Innerhofer e Werner
Heel sono chiamati a confermare quanto di buono
fatto vedere nelle prove veloci in Coppa del Mondo: il
bilancio è di una vittoria (Paris
nella discesa libera di Lake Louise) e due terzi posti (entrambi
ottenuti da Fill a Beaver Creek).
Tra le donne riflettori puntati sulle
sorelle Elena e Nadia Fanchini (la
prima vanta due terzi posti in stagione), capaci di grandi prestazioni se imbroccano la giornata
giusta.
Decisamente inferiori le chance
di vittoria nelle discipline tecniche
(slalom speciale e gigante), dove
i maschi hanno ottenuto solo tre
bronzi. Due con Patrick Thaler e
uno con Manfred Moelgg. Quadro
ancora più complicato in campo
femminile: l’Italia schiera Federica
Brignone, Denise Karbon e Chiara
Costazza, protagoniste finora di
I
Da sinistra, in senso orario,
Armin Zoeggler, Arianna Fontana
e Carolina Kostner
una stagione deludente.
Nelle altre discipline, c’è grande
attesa per Carolina Kostner, che
nel pattinaggio andrà a caccia
della sua prima, attesissima medaglia olimpica dopo le delusioni
di Torino 2006 (9° posto) e Vancouver 2010 (dove finì addirittura
16esima).
Nello short track Arianna Fontana
proverà a ripetere l’exploit di 4
anni fa, quando nei 500 metri conquistò il bronzo regalando agli
Azzurri la prima medaglia olimpica individuale nella disciplina.
E poi c’è Armin Zoeggeler, “la
leggenda”, che a 40 anni andrà a
caccia nello slittino dell’ultimo
acuto della sua formidabile carriera dopo aver messo già al collo
5 medaglie (2 ori, 1 argento e 2
bronzi) in altrettante edizioni dei
Giochi.
Quella di Sochi, in programma
dal 7 al 23 febbraio, è la 22esima
edizione delle Olimpiadi invernali.
La prima in Russia. Dallo storico
oro di Nino Bibbia a Saint Moritz
1948 (nello skeleton, disciplina
inserita nel programma proprio
in quella rassegna), passando per
i capolavori di Alberto Tomba.
Autore di una straordinaria dop-
pietta tutta d’oro a Calgary (Canada) 1988 prima e ad Albertville
(Francia) nel 1992 (gigante) dopo.
Senza dimenticare una delle pagine più belle della storia dello
sport italiano. Quella indelebile,
scritta dal fondo nella staffetta
4x10 km a Lillehammer 1994.
Quando lo sprint di Silvio Fauner
batte al fotofinish l’idolo di casa
Bjorn Daehlie, alzando le braccia
al cielo di fronte a 150mila tifosi
norvegesi che restano ammutoliti
di fronte all’impresa azzurra.
Difficile, ripetere capolavori del
passato. Ma gli Azzurri devono
ricordarsi che i primati mondiali
sono fatti per essere battuti e un
oro olimpico, quello sì, resta per
sempre.
“Più veloce!, più in alto!, più forte!”
(Citius!, Altius!, Fortius!, motto
olimpico usato per la prima volta
in occasione delle Olimpiadi di
Parigi del 1924).
BASKET - AL PALAZZETTO DELLO SPORT FINISCE 72-80
Scandone indigesta per la Virtus
Seconda sconfitta consecutiva per la squadra capitolina. Coach Dalmonte: “Decisivi i primi 20 minuti”
di Fabrizio Cicciarelli
n una domenica strana, con tanti risultati
sorprendenti come le vittorie di Pistoia
contro Sassari, di Bologna contro Siena
e di Pesaro contro Cantù, l’Acea Virtus
Roma non riesce ad avere la meglio sulla Sidigas Avellino, vera e propria bestia nera dei
capitolini. Al Palazzetto dello Sport finisce 7280, al termine di una gara intensa e molto
simile a quella del girone di andata: Roma
soffre i due lunghi irpini Ivanov e Thomas, la
Scandone tenta la fuga ma l’Acea riesce quasi
ad azzerare il divario. Al contrario di quanto
successo lo scorso autunno, stavolta i biancoverdi riescono ad accendere il proprio leader
Lakovic, vero grimaldello degli irpini in occasione dei due strappi più importanti nella
prima e nell’ultima frazione dell’incontro.
Eppure la Virtus passa subito in vantaggio
con una tripla di Jones, poi Avellino replica
con i canestri di Cavaliero e Lakovic fino a
trovare il +6 proprio con una tripla dello sloveno. Gli irpini allungano con Hayes, Roma
rientra grazie ai punti di Mbakwe, autore di
un’altra prova positiva, ma Ivanov chiude il
primo quarto 19-28. Hosley e Baron provano
ad accorciare le distanze, ma la Scandone risponde con Cavaliero e Dragovic, che all’intervallo portano la Sidigas sul + 14.
«I primi 20 minuti sono stati profondamente
condizionanti per il proseguo della gara spiega Luca Dalmonte, allenatore dell’Acea
Virtus Roma -. Non abbiamo prodotto la nostra
difesa, abbiamo concesso situazioni troppo
facili, eravamo in ritardo tutti di mezzo passo,
nelle esecuzioni e anche a rimbalzo offensivo.
Proprio questo tipo di rimbalzi, 16 in tutto,
hanno segnato la gara. Se ci pensate su 10
I
tiri ben 4 hanno avuto rimbalzo offensivo.
Troppi. E questo, unito alla difficoltà in attacco
che abbiamo avuto ha fortemente indirizzato
la partita».
Nonostante tutto l’Acea torna in campo più
reattiva in difesa e si lancia alla rincorsa degli
ospiti con Mbakwe e Hosley. Avellino risponde
con Thomas e Ivanov, ma Roma serra le fila
in difesa e mette a segno un parziale di 10-0
con Hosley e Goss (26 punti per il capitano)
che la portano sul -1 a 10’ dal termine. Qui la
Virtus paga la fatica fatta per ricucire lo
strappo, soprattutto a livello mentale: «La reazione c’è stata – prosegue Dalmonte -, siamo
tornati a contatto ma la sforzo prodotto per
rientrare ci ha fatto giocare gli ultimi minuti in
affanno. E l’abbiamo pagato in termini di lucidità nelle scelte finali».
Infatti la Scandone, nonostante l’uscita di
Ivanov per falli, allunga di nuovo sul +8 con
Dragovic e Lakovic. Roma tenta un’altra rimonta
con Goss e Hosley, ma 6 lunghezze di distacco
a 60” dalla sirena diventano una distanza
troppo grande da colmare.
IL TABELLINO
Acea Virtus Roma-Sidigas Avellino 72-80
(19-28, 36-50, 60-61)
Acea Virtus Roma: Goss 26, Jones 5, Tonolli ne,
Righetti ne, D’Ercole 2, Hosley 20, Finamore ne,
Alviti, ne Baron 6, Szewczyk 2, Moraschini, Mbakwe
11. All. Dalmonte
Sidigas Avellino: Thomas 22, Biligha ne, Lakovic
13, Spinelli, Ivanov 18, Ianuale ne, Dragovic 10,
Morgillo ne, Cavaliero 8, Hayes 9. All. Vitucci