Nubifragio sulla giunta
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Nubifragio sulla giunta
Anno III - Numero 29 - Martedì 4 febbraio 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Economia Attualità Esteri Soldi alle imprese: Italia messa in mora Marò: l’india prende ancora tempo Putin si gioca tutto sui... Giochi di Sochi Traboni a pag. 2 Colosimo a pag. 3 Castellino a pag. 6 IERI SERA A PORTA A PORTA UNA PROPOSTA CONCRETA: COLLEGARE L'ELEZIONE DEI DEPUTATI AL NUMERO DI ELETTORI ALLE URNE di Francesco Storace o chiameremo PierpePPE, il Casini redivivo. È difficile esprimere giubilo per chi appena undici mesi fa stava dall’altra parte della barricata; e se invece fosse stato di qua la sua percentuale avrebbe determinato sicuramente la vittoria di un centrodestra che perse le politiche per appena lo 0,3 per cento alla Camera. Adesso Pier torna, e tutti a festeggiare. Per carità. Nulla di personale contro di lui, come credo di aver chiarito ieri sera a Porta a Porta. Ma ci sono due questioni sulle quali sarà bene invocare chiarezza. Senza nessuna presunzione di dettare comportamenti a Berlusconi - che si prende chi vuole lui - ma solo per avere qualche elemento di valutazione da offrire all’elettorato. A maggio si vota per l’Europa. Il richiamo recente di Forza Italia al recupero di sovranità nazionale e di rifiuto dell’acquiescenza all’euromania modello Ppe - che è di Angela Merkel... - è già terminato? Lo lascia intuire il coro di odi al cosiddetto popolarismo europeo che è stato intonato dagli azzurri pronti a vestirsi di bianco. Mi chiedo come si farà a contrastare le ossessionanti politiche fiscali dell’Europa indossando ancora la divisa indubbiamente più congeniale a Casini che a noi e, cosa più importante, al popolo italiano. Non perché PierpePPE possa contare così tanto nella coalizione berlusconiana, ma perché l’enfasi attorno al suo cosiddetto ritorno a casa fa pensare a un disegno politico di difficile digestione. E poi, come ho chiesto al renziano Nardella nel salotto di Vespa, visto L PierpePPE CASINI Da Bankitalia alle manovre centriste: serve sempre più una nuova e unita Alleanza nazionale ROMA: NUOVI GUAI PER IL SINDACO MARINO FOLLA ALLA LETTURA DEL TESTAMENTO, MA I DISSAPORI IN FAMIGLIA RESTANO Nubifragio sulla giunta “L’ammirato” Nelson: 4 milioni per i trenta eredi di Mandela di Bruno Rossi andela si è dato da fare: lo si sapeva e ora arriva, postuma, una conferma. Al di là dei meriti politici per la sua etnia, infatti, Madiba è stato iperattivo anche nella sfera privata. Tanto da produrre, nella sua ottuagenaria vita, qualcosa come trenta tra figli, mogli, nipoti e pronipoti. Non solo, però. Pace all’anima sua, è stato anche un gran risparmiatore: la fortuna di Mandela ammonta a 4,1 milioni di dollari. E quando le agenzie di stampa internazionali hanno cominciato a battere la cifra riferita dal suo esecutore testamentario, il dottor Dikgang Moseneke, le poltrone di mezzo mondo hanno registrato un simultaneo sobbalzo delle natiche dei loro occupanti. Ebbene, secondo quanto disposto dall’eredità del leader dell’Anc, già capo di stato del Sud Africa post- M iove sul bagnato per la giunta comunale di Roma: ieri pomeriggio l’assessore al Bilancio, Daniela Morgante, ha abbandonato l’incontro che si stava tenendo in Campidoglio per decidere quali provvedimenti adottare per aiutare le famiglie in difficoltà dopo l’ondata di maltempo che ha colpito la città: non era d’accordo con lo sblocco di 10 milioni di euro a sostegno dei municipi colpiti, perché “non ero stata avvertita”. E così, a seduta ancora in corso, ha lasciato i colleghi proseguire la riunione insieme al sindaco Marino, già nella bufera per i disagi che la Capitale sta patendo. Altro servizio a pag. 8 P che parlate tanto di riforme, sarà possibile scrivere da qualche parte che dopo 31 anni in Parlamento sia previsto uno stop? Anche per questo bisogna fare di tutto fino all’ultimo per tentare di riunificare la destra italiana. Le stesse vicende grilline testimoniano che c’è bisogno di una destra seria. Se al posto loro ci fosse stata Alleanza nazionale con quelle dimensioni parlamentari che pure ha avuto, la stessa gagliarda battaglia parlamentare di Giorgia Meloni su Bankitalia non avrebbe avuto un esito infausto. Non ci sarebbe stato bisogno di menare le mani per bloccare il regalo ai banchieri sulla pelle del popolo italiano. Ecco, se ci si ritrova a destra su queste battaglie, non sarà necessario parlare né di Ppe, né di Beppe Grillo. Basterebbe una An unita e qualunque riforma elettorale anche quella che tutto sommato offre all’Italia uno strumento per decidere chi governa e che è figlia dell’accordo Renzi Berlusconi - non impedirà l’affermazione di una nuova, grande destra nazionale. Se fossimo stati in Parlamento ci saremmo più preoccupati dei milioni di italiani che non vanno più a votare - nonostante Cinque stelle! - che di qualche migliaio di pur importanti preferenze per eleggere un deputato. E magari avremmo anche proposto di dar voce persino a chi si astiene. Altro che Senato delle autonomie: i parlamentari, se si vogliono fare cose serie, si riducono collegandoli all’affluenza. Se vota la metà del corpo elettorale, si eleggano metà deputati. E vedrai come i partiti capiranno la lezione per riportare i cittadini alle urne. apartheid, in mazzo a tanto parentado c’è posto anche ad opere di beneficenza. Ad esempio, i lasciti alle scuole frequentate da Madiba e all'Anc "intendono promuovere i principi di riconciliazione". Invece, le tre proprietà di Mandela sono state lasciate alla fondazione della famiglia, "Nelson Rohlilala Mandela Family Trust", in particolare la casa vicino alla quale è stato sepolto a Quno, nel sud del paese, e quella di Johannesburg dove è stato a lungo curato durante la malattia. "È un mio desiderio che serva anche come luogo di riunione della famiglia Mandela per mantenere a lungo la sua unità dopo la mia morte" si legge nel testamento. Volontà difficile da far rispettare: negli ultimi anni la sua discendenza si è spesso spaccata su vari temi, in particolare tra suo nipote Mandla, primo erede maschio secondo la tradizione Xhosa, e la sua figlia maggiore Makaziwe. Mandela, morto il 5 dicembre, ha oltre 30 tra figli, nipoti e bisnipoti, nati da suoi due primi matrimoni, ai quali anno aggiunti i figli della sua terza moglie, Graca Machel, sposata quando aveva 80 anni. Comunque, almeno per ora e seppure parzialmente, il suo desiderio di riconciliazione interna alla famiglia è stato esaudito: ad ascoltare la lettura del testamento c’erano infatti quasi tutti… 2 Martedì 4 febbraio 2014 Attualità LA COMMISSIONE EUROPEA FA SCATTARE LA MESSA IN MORA PER I RITARDI NEI PAGAMENTI Niente soldi alle imprese, Italia punita Solo Letta e Saccomanni ripetono che tutto è a posto. Ma le aziende chiudono ANALISI E DATI ISTAT E CONFCOMMERCIO di Igor Traboni meno male che il premier Letta e il suo fido ministro Saccomanni vanno ripetendo ad ogni pie’ sospinto che lo Stato sta ridando i soldi alle imprese… In realtà, ecco la verità: perfino l’Europa si è stufata di chiacchiere e convenevoli ed è promnta a punirci come mai fatto in precedenza da questo punto di vista. E' infatti partita ieri la procedura di infrazione contro l'Italia sui ritardi dei pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese. Lo ha annunciato il vicepresidente della Commissione europea con delega all'Industria e all'Imprenditoria, Antonio Tajani, nel corso di una conferenza stampa nella sede della Commissione europea a Roma. ''Dopo i dati di Confartigianato nei giorni scorsi, e i dati forniti oggi dall'Ance, sono costretto ad avviare la procedura contro l'Italia per violazione della direttiva Ue, dell'applicazione delle norme europee sui ritardi dei pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese in base agli articoli 4 e 7 della direttiva europea'', ha annunciato Tajani. ''Non ho una visione punitiva dell'Italia, ho aspettato un anno prima di procedere ma ho il dovere di fare rispettare le Più tasse e meno redditi: così cambiamo. In peggio E di Francesca Ceccarelli anovra bocciata anche da Confcommercio. L’ufficio studi dell’associazione dei commercianti sottolinea come complessivamente sia salito a oltre 4,6 miliardi, rispetto agli iniziali 1,6 miliardi, l’aumento di imposizione per le maggiori entrate nel periodo 2014-2016 previste dalla versione finale della legge di Stabilità rispetto al disegno di legge originario. Con questi aumenti, le famiglie sono sempre più povere (il reddito pro capite è calato del 13% e sono stati persi 18mila euro pro capite) e i consumi sono drammaticamente fermi (-4,2% nel 2012). Un quadro che conferma l’intenzione di usare la leva fiscale per risanare i conti pubblici invece di adoperarsi per riforme a sostegno di famiglie e imprese. Una crisi senza precedenti, con- M norme Ue. L'articolo 4 - ha aggiuntoTajani - indica i termini di 30-60 giorni per il pagamento. Oggi stesso la mia direzione generale invierà la prima eu/pilot, la lettera per avviare le pratiche poi si passerà alla messa in mora. 'Dopo i dati di ben tre rapporti indipendenti di Ance, Confartigianato e Assobiomedica ho dovuto guardare la realtà". Si tratta di una procedura urgente, per cui l'Italia dovrà rispondere in 5 settimane, e non nei 10 solitamente previsti, alle contestazioni. Insomma: tempi ristrettissimi per cercare di mettersi in regola. Per dare almeno delle risposte. Anche se quello che servirebbe, e gli imprenditori lo sanno bene, sono proprio tutti quei miliardi che mancano alla nostra economia per cominciare a farla ‘girare’ di nuovo. fermata dunque dalle analisi condotte da Confcommercio sui dati della Banca d’Italia, Istat e Cer. Nel 2012 la ricchezza netta pro capite è tornata ai livelli del 2002 perdendo, rispetto al massimo raggiunto nel 2006, oltre 18mila euro a testa; il reddito disponibile pro capite, tra il 2007 e la fine del 2013, ha subito una riduzione cumulata di oltre il 13%. Un revival inflazionistico che riporta il Belpaese ai livelli della seconda metà degli anni ’80. Ma arriva un altro campanello d’allarme: “Il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti diminuisce, rispetto all'anno precedente, in tutte le regioni italiane. Nel confronto con la media nazionale (-1,9%), il Mezzogiorno segna la flessione più contenuta (-1,6%), seguito dal Nord-est (1,8%), Nord-ovest e Centro (2%)”: rileva l'Istat. MOSSE NEL CENTRODESTRA QUATTRO SENATORI CONTESTANO LE ULTIME MOSSE; SOTTO ASSEDIO FINISCE ANCHE LA BIGNARDI Casini torna? Il Cavaliere non si sbilancia Nuova fuga dai grillini, scissione vicina l riavvicinamento di Pierferdinando Casini all’area di centrodestra ha spinto ieri mattina Silvio Berlusconi a dire la sua, anche se in maniera abbastanza telegrafica e da molti giudicata quindi come ‘attendista’. Il Cavaliere infatti non si è spinto oltre un "Sono lieto del ritorno di Pierferdinando Casini nell'area dei moderati". Berlusconi ha anche commentato l’editoriale di fuoco con il quale ieri mattina il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, ha ‘salutato’ l’ipotesi del ritorno di Casini: "Pierferdinando è quello che pochi anni fa – ha scritto Sallusti - voleva fondare un nuovo Cnl, Comitato liberazione da Berlusconi. Eccolo ora a un passo dalla fossa spiegarci oggi che la salvezza del Paese può passare solo da una grande alleanza con Berlusconi. Deve chiedere scusa". Puntuale la replica del Cavaliere: "Da molto tempo mi si attribuiscono posizioni ed indicazioni che quotidianamente influenzerebbero la linea dei giornali dell’area di Centrodestra. Mai sono intervenuto nè sulle decisioni editoriali, nè su singole vicende rispettando appieno la libertà dei giornalisti e dei direttori. In particolare, in questi giorni non ho condiviso gli attacchi a Pierferdinando Casini, il cui ritorno nell’area dei moderati è da sempre stato da me auspicato ". I Intanto il deputato Catalano denuncia: ‘Ci fanno il lavaggio del cervello’ iù che della Boldrini, i Cinque Stelle da ieri (di nuovo) dovrebbero preoccuparsi dell’emorragia sempre più evidente all’interno del Movimento, con quattro senatori di spessore oramai ad un passo dalla scissione. ''Abbiamo aderito al movimento 5 stelle per essere parte attiva di un cambiamento e contribuire a migliorare il rapporto dei cittadini con le istituzioni. I fatti accaduti e gli attacchi personali dell''ultimo periodo non hanno dato ne'' un segnale positivo ne'' propositivo". Così i senatori grillini Lorenzo Battista, Laura Bignami, Monica Casaletto, Luis Alberto Orellana scrivono in una nota nella quale si dissociano dalle ultime prese di posizione offensive nei confronti della presidente della Camera. "Il confronto con l'avversario e il rispetto per le istituzioni- aggiungono- devono essere valori imprescindibili della vita politica. Stigmatizziamo con fermezza ogni forma di violenza e di aggressione sia verbale che fisica. Se da una parte Internet deve essere libera, e'' altrettanto vero che un certo tipo di messaggi, compresi alcuni post pubblicati sul blog di Grillo e le esternazioni dei responsabili della comunicazione M5S, possono innescare reazioni scomposte. L''attacco alla persona non rappresenta l''attacco alle idee! I contenuti del blog non sono redatti con il consenso o la partecipazione di chi rappresenta democraticamente il paese. Chiediamo P agli autori della comunicazione del M5S di essere maggiormente responsabili e consapevoli dei contenuti pubblicati e del loro inquadramento professionale''. Il riferimento evidente è a questo twitter di Claudio Messora: “Anche se noi del blog di Grillo fossimo tutti potenziali stupratori, tu non corri nessun rischio!", indirizzato alla presidente della Camera Boldrini dal responsabile comunicazione M5s al Senato. Messora si è poi scusato, ma intanto il responsabile comunicazione del Pd Francesco Nicodemo lo ha incalzato: "Certo che per questo stipendio da 6.000 euro al mese un po'' di professionalità in più non guasterebbe”, con riferimento ai soldi pubblici che Messora percepisce per il suo incarico partitico. E ieri un altro grillino ha messo a rumore gli ambienti della Rete. Si tratta di Rocco Casalino, dalla casa del grande fratello ‘rinsavito’ sulla strada di Beppe Grillo, che sul blog del comico ha scritto, rivolto alla conduttrice de La 7 Daria Bignardi e moglie di Luca Sofri: 'Come si sente tuo figlio a scuola ad avere il nonno mandante di un assassinio?'. Ma c’è un altro caso tra i 5 stelle: lo fa esplodere il deputato Ivan Catalano, che parla di lavaggio del cervello da parte di Gianroberto Casaleggio, socio di Grillo, secondo una tecnica chiamata "Pnl", ovvero Programmazione neurolinguistica. I consulenti di Pnl stanno facendo un ottimo lavoro – ironizza l’onorevole grillino - Far dipendere la politica dalla comunicazione e dal marketing, la svuota dai contenuti. Direi che in meno di 10 mesi ci siamo adeguati alla comunicazione peggiore che potevamo fare. Casaleggio per quanto mi riguarda riprenditi il consulenti che ci hai mandato". I.T. 3 Martedì 4 febbraio 2014 Attualità L’UDIENZA PER DECIDERE L’INCRIMINAZIONE DI GIRONE E LATORRE AGGIORNATA AL 10 FEBBRAIO Il governo indiano non chiederà la pena di morte? La pubblica accusa ha ottenuto il 25° rinvio in 2 anni. L’ultimatum del presidente della Corte: “Avete sette giorni di tempo”. E De Mistura attacca: “Adesso basta, rimandateli a casa” IN EUROPA NON CI BATTE NESSUNO di Federico Colosimo isogna avere pazienza. E aspettare. Ancora. Come se non fosse abbastanza dal 15 febbraio 2012 a oggi. La Corte Suprema indiana ha rinviato al 10 febbraio prossimo l’udienza sui marò, concedendo altri 7 giorni al ministero dell’Interno di Nuova Delhi per presentare una posizione chiara sulle modalità di incriminazione di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. La seduta è durata appena 20 minuti. E si è conclusa con il presidente Chauhan piuttosto seccato nei confronti del procuratore generale Vanvahati: “Adesso basta. Vi concedo ancora una settimana, ma sappiate che non sono disposto ad andare oltre”. Un ultimatum, o quasi. Perché adesso la pubblica accusa non ha più alibi. E lunedì dovrà finalmente dire come intende comportarsi, quali sono i capi di accusa e soprattutto se il processo per la morte dei due pescatori del Kerala sarà per reato di terrorismo, che prevede la pena di morte, oppure no. Secondo fonti dell’Ansa, l’esecutivo indiano avrebbe deciso però di rinunciare alla Sua Act. Per la prima volta erano presenti in aula anche l’inviato del governo, Staffan De Mistura e l’ambasciatore italiano, Daniele Mancini. Quello che, tanto per intendersi, solo pochi giorni fa è andato La corruzione, il triste primato dell’Italia B di Emma Moriconi a portare un mazzo di fiori a Narenda Modi, il candidato premier indù che vuole la testa dei due soldati. Il diplomatico svedese ha spiegato di aver chiesto alla Corte l’autorizzazione per far tornare in Italia i fucilieri. “Questa domanda – ha insistito ancora – la ripeteremo con forza anche il 10 febbraio. Indipendentemente dall’esito dell’udienza”. L’ex sottosegretario di Stato del ministero degli Affari Esteri ha avuto un colloquio “schietto e franco” con il pg e ha criticato aspramente il comportamento della pubblica accusa: “Non può più giocare con i tempi. Abbiamo ricordato tramite il nostro avvocato che ci sono stati 25 rinvii giudiziari senza un pezzo di carta. Adesso basta”. Le autorità di New Delhi continuano a giocare con la pelle dei nostri marò. Diventati a tutti gli effetti capri espiatori della politica e della magistratura locale. Il monito di Giorgio Napolitano, che nei giorni aveva rimproverato all’India di aver gestito il caso in maniera “contraddittoria e sconcertante”, non è servito a nulla. Ieri mattina è arrivato l’ennesimo rinvio - il 25° in due anni – da parte dell’Alta Corte del Kerala. Gli indiani si sono presi gioco di noi. Per 24 mesi. E continuano a farlo ancora. I marò ne hanno visti di tutti i colori. E solo ora che si sta avvicinando il momento topico – ossia la formalizzazione delle incriminazioni – i politici italiani avvertono l’esigenza di fare (in ritardo e male) le mosse che non fecero a tempo debito. Le sfilate a New Delhi non sono servite a niente. Rischiano il cappio al collo, Salvatore e Massimiliano. Ma l’esecutivo e il Parlamento di casa nostra se ne sono resi conto solo adesso. E gli avvisi di Letta (“Basta, sono 2 anni che aspettiamo, l’India deve mettere le carte sul tavolo”), in questo momento servono a poco e a niente. uanto conta la corruzione in Italia? In cifre si può dire 60 miliardi. Molto. Anzi moltissimo se si pensa che il totale dell’Unione europea ammonta a 120 miliardi. Insomma, l’Italia un primato ce l’ha: da sola riesce a coprire la metà della corruzione di tutta Europa. Lo dice a chiare lettere il primo rapporto della Commissione Ue presentato ieri dal commissario Cecilia Malmstrom, che in un passaggio recita: ‘in Italia i legami tra politici, criminalità organizzata e imprese e lo scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo sono tra gli aspetti più preoccupanti, come testimonia l’alto numero di indagini per corruzione’. Una scalata ad una classifica non certo onorevole. Ancora: ‘negli ultimi anni sono state portate all’attenzione del pubblico numerose indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti Q e rimborsi elettorali indebiti, che hanno visto coinvolte personalità politiche di spicco e titolari di cariche elettive a livello regionale’. Anche se la Corte dei Conti ha commentato che questo dato ‘appare invero esagerato per l’Italia’. Esagerato o no, l’Italia la sua brutta figura la fa di sicuro. Tra i suggerimenti che provengono da Bruxelles, bisognerebbe ‘perfezionare’ la legge anticorruzione perché essa rischierebbe ‘di dare adito ad ambiguità nella pratica’ e perché ‘sono ancora insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti’. E poi l’Italia dovrebbe ‘rafforzare l’integrità per i rappresentanti eletti attraverso codici etici’. Nel mirino della Commissione le leggi ad personam, il conflitto di interessi, le norme relative alla prescrizione, anche relativamente all’eccessiva lunghezza dei processi, gli appalti truccati. NUOVI SVILUPPI SULLA VICENDA DI ALITALIA: LUFTHANSA SUL PIEDE DI GUERRA L’accordo con Etihad sotto accusa Situazione difficilissima, ma il ministro Lupi continua a mostrarsi ottimista a compagnia aerea Lufthansa non ha dubbi: il progetto di alleanza attualmente in discussione tra Etihad Airways e Alitalia sarebbe una forma di aiuto di Stato mascherato. "Noi chiediamo alla Commissione Ue - si legge in una nota del gruppo tedesco - di proibire tali tattiche di aggiramento" delle regole della concorrenza. Subito dopo la risposta del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi: “ La trattativa tra Alitalia ed Etihad è tra privati. Aggiramento mascherato delle regole della concorrenza? Sembra piuttosto Lufthansa quella che teme la concorrenza". L Ribadisce l’importanza del momento l'amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio: "Siamo nella fase più importante della trattativa, che parte questa settimana con lo scambio di informazioni per redigere insieme il nuovo piano industriale di Alitalia all'interno della logica Etihad, per mettere in sicurezza l'azienda e guardare con serenità al futuro. Negli ultimi mesi abbiamo fatto cose importanti: l'aumento di capitale, la nuova base di azionisti tra cui le due banche più importanti d'Italia e poste italiane, oltre agli azionisti storici. Ora ci stiamo concentrando sulle prossime mosse, per guardare al futuro, e con Etihad si va esattamente in questa direzione." Dunque Lufthansa a parte, Alitalia e Etihad entrano nel vivo della trattativa: l'ingresso della compagnia degli Emirati nel vettore italiano sembrerebbe alle porte, proprio casualmente il premier Enrico Letta si trova ad Abu Dhabi. Gli ultimi sviluppi vengono dopo l’ennesima batosta accusata dai lavoratori che hanno visto lo sblocco della vertenza con i sindacati sulla cig a zero per 350 lavoratori, ma anche l'assicurazione che nessun la- voratore verrà messo fuori dall'azienda. Ottimista al riguardo il leader degli industriali, Giorgio Squinzi: “Alitalia sola in un mercato globale estremamente competitivo ha difficoltà a rimanere, quindi un'alleanza strategica con un gruppo forte che ha voglia di investire, che non penalizzi il ruolo del nostro Paese, secondo me è una cosa positiva.'' Le ultime notizie su Alitalia fanno intanto bene alla Borsa: l’accelerazione per l’ingresso di Etihad aumenta il potere di Atlantia e Immsi di Roberto Colaninno. I due soci della compagnia italiana con il 7,44% e il 10,19% rispettivamente guadagnano in Borsa lo 0,47% e l’1,98%. Se la trattativa andasse in porto, per Intermonte si tratterebbe della soluzione migliore per Atlantia “in quanto verrebbe garantita la natura di hub di Fiumicino con un impatto positivo sul traffico passeggeri”. IL GIUDICE DEL PROCESSO MEREDITH RISCHIA IL TRASFERIMENTO D’UFFICIO. MA IL PRECEDENTE DI ESPOSITO LO SALVERÀ Caso Nencini, altra archiviazione? Il magistrato si difende: “Non volevo anticipare le motivazioni”. E i laici del Csm lo attaccano: “Frasi inopportune” A pproda davanti al Csm l’ennesima, discutibile pagina di giudiziaria che ha messo in cattiva luce il collegio che ha giudicato l’appello bis per l’omicidio Meredith Kercher. Ma l’epilogo sarà sempre lo stesso e la vicenda si chiuderà con una pronta archiviazione. A gettare ombre sulla sentenza che ha ribaltato, ancora una volta, il verdetto su Amanda Knox e Raffaele Sollecito, un altro giudice chiacchierone che, forse eccitato dalle telecamere e dai riflettori, ha concesso qualche intervista di troppo. Dopo Antonio Esposito – l’ermellino della Cassazione che ha condannato a 4 anni di carcere Berlusconi nel processo Mediaset – a finire nella bufera è il presidente della Corte di assise di appello di Firenze, Alessandro Nencini. Che adesso rischia anche un “processo” davanti all’associazione nazionale dei magistrati per violazione del codice etico. L’intervista rilasciata al Messaggero ha offerto un assist che in un altro Paese sarebbe risultato si- curamente decisivo per gli avvocati delle difese. Per Giulia Bongiorno e Luca Maori, legali del giovane ingegnere, è “gravissimo e inaccettabile” il fatto che il giudice toscano “abbia commentato pubblicamente quanto accaduto nella camera di consiglio e si sia spinto a criticare la strategia difensiva di Sollecito”. Per tutti questi motivi, i due avvocati hanno chiesto l’annullamento della sentenza di condanna e un intervento disciplinare immediato sul togato. Dopo essersi trincerato dietro a un “no comment”, sono arrivate anche le parole del diretto interessato, Nencini: “Non ho inteso anticipare le motivazioni del verdetto. Ho in- contrato alcuni giornalisti nei corridoi del palazzo di giustizia che mi hanno riferito voci ed illazioni che circolavano circa la durata della camera di consiglio. Ho quindi avuto con loro un breve colloquio destinato, nelle mie intenzioni, a chiarire possibili equivoci. Di questo mi assumo la responsabilità”. “Il caso è sicuramente grave – ha annunciato il consigliere del Csm Nicolò Zanon, laico di Forza Italia – e lunedì decideremo se chiedere l’apertura di una pratica in Commissione”. Se il Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli accogliesse la richiesta, Nencini potrebbe rischiare l’avvio di una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità con la sede di Firenze o con le sue funzioni. A salvarlo da questa prospettiva potrebbe però pesare un precedente analogo e cioè il caso Esposito. Archiviato in fretta e furia. Per molti colleghi magistrati, come i laici del centrodestra, Nencini non solo avrebbe dato pubblicità a elementi da ritenere coperti dal segreto della camera di consiglio, ma avrebbe anche anticipato vari aspetti di una motivazione ancora sconosciuta, esprimendo altresì “giudizi negativi o comunque perplessi” sulla condotta processuale di uno degli imputati-condannati. F.Co. 4 Martedì 4 febbraio 2014 Attualità È IL SEGNO DEI TEMPI CHE CAMBIANO, È IL MOMENTO DI UNA MEMORIA CONDIVISA, PER TUTTI GLI ITALIANI Venezia: l’Anvgd celebra i martiri delle foibe con l’Anpi A dieci anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo, tante le iniziative che vedono coinvolte molte realtà associative di Emma Moriconi il segno dei tempi che cambiano. Quando a commemorare i Martiri delle foibe e l’esodo non è solo l’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia ma ad essa si aggiungono realtà come l’Anpi di Mestre, l’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea e rEsistenze, insieme al Comune e la Provincia di Venezia, significa che si è giunti a un esemplare grado di civiltà che vede l’affermarsi inequivocabile di una memoria condivisa. Significa che si è giunti, con maturità, a comprendere che i morti non hanno colore e che si possono cominciare ad abbattere gli steccati alzati in tanti, troppi anni di silenzio. Ciò che accade a Venezia è un grande sintomo di civiltà, finalmente. Le iniziative per commemorare degnamente il Giorno del Ricordo sono iniziate il 2 febbraio e sono state presentate la scorsa settimana nel corso di una conferenza stampa a Ca’ Frasetti dal presidente del Consiglio comunale Roberto Turetta, dagli assessori alle Attività culturali e alle Politiche educative, Angela Vettese e Tiziana Agostini, dal responsabile dell’Archivio della comunicazione del Comune di Venezia Tiziano Bolpin, dall’assessore provinciale alla Cultura Raffaele Speranzon, dal presidente dell’Anvgd di Venezia e vicepresidente nazionale Alessandro Cuk. “L’impegno del Comune di Venezia nel riconoscimento di questo dramma - ha detto Turetta - nasce ben prima È del 2004 e negli anni, oltre a far crescere nel numero e nella qualità gli appuntamenti, abbiamo contribuito a sviluppare nella cittadinanza anche una maggiore sensibilità e attenzione sul tema”. Grazie a questo lungo e impegnativo lavoro, il Comune è riuscito a dotarsi di un archivio multimediale online di testimonianze di chi ha vissuto in prima persona, tra il 1944 e il 1956, la tragedia dell’esodo dalle guerre giuliano-dalmate verso il territorio veneziano. Un lavoro immenso, che ha portato alla realizzazione di un Archivio della comunicazione, di un Servizio videocomunicazione del Comune e di un Centro di documentazione di storia locale di Marghera: raccolte di videointerviste, fotografie e documenti di cui oggi è possibile anche la consultazione e la condivisione. Il lavoro così strutturato, intitolato “Archivio del ricordo delle memorie giuliano-dalmate a Venezia” sarà presentato venerdì 14 febbraio alle ore 17,30 presso la Biblioteca di Marghera. L’assessore Agostini è entusiasta del progetto: “Grazie alla professionalità del personale dei nostri uffici - ha detto - abbiamo lavorato e stiamo lavorando per recuperare documenti e testimonianze che altrimenti andrebbero perduti. Allo stesso tempo non dimentichiamo la stretta collaborazione con le scuole del territorio, perché crediamo sia importante dare ai ragazzi tutti gli strumenti necessari affinché sviluppino uno sguardo critico sulla storia e sul presente”. Il 2 febbraio è andato in scena lo spettacolo di Simone Cristicchi “Magazzino 18”, il 3 un incontro presso una scuola media dal titolo “Io non scordo e tu?”, giovedì 6 all’Auditorium Santa Margherita è la volta di un incontro dal titolo “Venezia Giulia e Dalmazia. Storie di pietre e di acque e di uomini” mentre domenica 9 all’Auditorium Sbrogiò un incontro/testimonianza con Carlo Alberto Pizi, “Il martirio delle foibe e il dramma dell’esodo giuliano dalmata”. Per il 10 febbraio è prevista la cerimonia di deposizione di una corona in piazzale Martiri delle Foibe a Marghera alle 10, una messa al Duomo di San Lorenzo a Mestre e la deposizione di una corona al cippo commemorativo presso il cimitero di Mestre. Martedì 11, presso il Centro Culturale Candiani di Mestre si terrà la presentazione del libro “Storia dell’Istria e della Dalmazia” di Paolo Scandaletti mentre alle 21, al Teatrino di Palazzo Grassi, un incontro dal titolo “Omaggio a Ottavio Missoni, da esule dalmata a olimpionico e imprenditore”. Il programma, fittissimo, va avanti fino a venerdì 21 febbraio con iniziative di vario genere, da spettacoli di teatro a commemorazioni, da incontri-dibattito a proiezioni di film. RICORDATI DI TE. PER UNA CORRETTA PREVENZIONE DEL TUMORE AL SENO, PRENOTA UNA MAMMOGRAFIA. CAMPAGNA DI PREVENZIONE DEL TUMORE AL SENO. Nella lotta contro i tumori la prevenzione è fondamentale; se hai tra i 50 e i 69 anni la Regione Lazio ti offre tutto l’anno percorsi di screening gratuiti. ;YHPLP LVS[YLP HUUPWYLUV[HJVT\UX\L\UHTHTTVNYHÄHWYLZZVSL(aPLUKL6ZWLKHSPLYLVULSSH[\H(:3KPYPMLYPTLU[V Chiedi informazioni alla tua ASL, al tuo medico o visita il sito www.regione.lazio.it Martedì 4 febbraio 2014 5 Storia CONTRO IL COMUNISMO, “UBRIACATURA BOLSCEVICA”, E I CAPITALISTI, CHE “DEL CAPITALE SI SERVONO PER BASSE SPECULAZIONI CONTRO LA NAZIONE” Cianetti: sindacato, corporativismo e socializzazione Ricordato per essere l’unico “salvato” al Processo di Verona, è una delle anime più sociali del Fascismo di Emma Moriconi artecipa alla Grande Guerra, aderisce al fascismo, fonda il Fascio di Assisi, partecipa alla Marcia su Roma, nel 1931 commissario nazionale dei sindacati delle industrie estrattive, collaboratore della testata Il lavoro fascista, nel ’34 presidente della Confederazione nazionale sindacati fascisti italiani, membro del Gran Consiglio del Fascismo, deputato, sottosegretario di Stato al ministero delle Corporazioni, poi ministro, vicepresidente dell’Istituto nazionale fascista per l’assistenza e gli infortuni sul lavoro e dell’Istituto nazionale fascista della previdenza sociale e delegato nel consiglio damministrazione del Banco di Roma. Parliamo di Tullio Cianetti, classe 1899, l’unico condannato e poi graziato al Processo di Verona per aver votato a favore dell’Ordine del Giorno Grandi nella notte del 25 luglio. A salvargli la vita, una lettera inviata a Mussolini il giorno successivo a quella notte, in cui esprime il suo pentimento. A Verona è il solo, tra i non contumaci, a salvarsi. La pena di morte viene commutata in 30 anni di carcere. Tullio Cianetti non è convinto sin dall’inizio a votare quell’Ordine del Giorno; esprime le sue perplessità, ma Bottai lo convince: “Da due giorni non dormo e non mangio - gli dice - prima di decidermi ho riflettuto a lungo. Se ora ritirassi la mia firma, non mi sentirei un uomo”. E Cianetti firma. Il pentimento arriva poche ore dopo sul tavolo del Duce, alle 10 del mattino del 25 luglio. I 19 sono diventati 18. Un forse inutile esercizio retorico di numerologia sottolinea come certe cifre sembrino scritte nel destino di un uomo. Diciotto sono i nomi sotto l’Ordine del Giorno Grandi, diciotto le salme di Piazzale Loreto... Cianetti viene condotto con gli altri al carcere degli Scalzi, è sbigottito. “Aderii all’Ordine del Giorno perché Dino Grandi mi aveva assicurato che anche il segretario nazionale del partito Carlo Scorza ne era a conoscenza e lo approvava. Quando mi resi conto che non era chiaro e nascondeva un’insidia, inviai al Duce una lettera che Vostra Eccellenza troverà allegata agli atti” si giustifica. P Il suo ragionamento è sincero, non si pente per calcolo personale, ma perché comprende, solo poche ore dopo, di essere stato usato dai congiurati. E decide di mettere le cose a posto, immediatamente. Cinque giudici votano a suo favore, quattro contro.“Il Tribunale Speciale Straordinario ... condanna Cianetti Tullio ... alla pena della reclusione per la durata di anni trenta ... Ordina la pub- blicazione della sentenza, per estratto e per un sol giorno, sui seguenti giornali: Gazzetta del Popolo, Corriere della Sera, Resto del Carlino, Nazione, Giornale d’Italia. L’udienza è tolta”. Ciano dice a De Bono, indicando Cianetti: “Solo quello è salvo. Per noi è finita”. Dopo la caduta della Rsi, Cianetti va in Mozambico, dove rimane fino alla morte. La figura di Tullio Cianetti, come tante e tante del Ventennio, è rimasta in ombra da quel 1943 in poi. Decenni di silenzio, su di lui come su moltissimi personaggi di quel periodo che pure tanto ha significato e significa nella storia d’Italia. Il lavoro di Cianetti come sindacalista è invece estremamente importante: il suo battersi senza tregua contro il comunismo, che definisce “l’ubriacatura bolscevica”, ma anche contro i capitalisti, che “del capitale si servono per basse speculazioni contro la Nazione”; la sua visita in Germania del 1937 dove riesce a negoziare accordi con Robert Ley, capo del Deutsche Arbeitsfront, secondo cui si decide di sviluppare una specie di “turismo di massa” del ceto operaio e di consentire l’emigrazione in Germania di molti lavoratori italiani. Che gli valgono l’intitolazione di una sede di un dopolavoro per gli operai della Volkswagen di Wolfstein. Insomma, ricordare Cianetti solo per essere l’unico “salvato” di Verona è decisamente riduttivo. Di Cianetti bisogna ricordare prima di tutto il tentativo di realizzare il corporativismo e la socializzazione, ragione per cui è definito “fascista di sinistra”. Non è il solo, certamente. Egli è una delle tante e diverse anime di cui è composto il Fascismo, probabilmente quella più sociale. emoriconi@ilgiornaleditalia.org LEGGI TUTTI I RITRATTI SU WWW.ILGIORNALEDITALIA.ORG CLICCANDO NELLA SEZIONE “LA NOSTRA STORIA”. 6 Martedì 4 febbraio 2014 Esteri A TRE GIORNI DALL’INIZIO DEI GIOCHI DI SOCHI, UN EVENTO NON SOLO SPORTIVO Putin punta tutto sulle ‘sue’ Olimpiadi di Giuliano Castellino Q uando c’è di mezzo la “grande madre Russia” tutto assume un significato diverso. Da sempre. Dallo Zar alla rivoluzione bolscevica, dagli anni della piazza rossa a quelli della “guerra fredda”, fino al declino targato Eltzin e all’orgogliosa rinascita “putiniana”. Rinascita che, dopo la caduta del comunismo, nessuno si aspettava e che invece eccola qua, con Mosca che è tornata ad essere un faro per popoli e nazione. Saranno i suoi 144 milioni di abitanti, saranno i suoi 17 milioni quadrati di estensione, sarà che copre due continenti, che bacia l’Europa e bagna il Pacifico, saranno le grandi ed infinite risorse naturali che possiede, ma ogni volta che finisce in ginocchio il popolo che fu zarista riesce sempre a rialzarsi. In questi giorni la Russia torna alla ribalta per le Olimpiadi invernali che si svolgeranno a Sochi e non saranno semplici Giochi, ma l’orgoglio Russo da mostrare al mondo intero, saranno le Olimpiadi di Putin e della rinascita del Paese. A minacciare le Olimpiadi invernali questa volta non è solo lo scontro tra ovest ed est del mondo, ma si è aggiunto il pericolo terrorista ceceno, che nelle settimane passate ha cau- sato diversi morti e decine di feriti. Non solo, molte sono le polemiche sui soldi spesi per questa manifestazione (si parla di costi record, 50 miliardi di dollari) ma conoscendo la propaganda atlantica anti-Putin non è il caso di soffermarsi molto su queste vicende, che hanno più il sapore del gossip che della realtà. Più serio è il problema legato al terrorismo di matrice islamico, che sembra però tenuto sotto controllo dalle forze di sicurezza russe, rafforzate proprio dopo gli ultimi attentati e per l’inizio dei Giochi. L e Olimpiadi di Sochi sono l’occasione per il “mondo occidentale”, liberal e ormai alla deriva, per attaccare Putin e le sue politiche. Sotto accusa sono la legge contro la propaganda gay e le violazioni dei diritti umani. E nonostante Putin stia facendo il possibile per rasserenare gli animi, comprese grazie ed amnistie, la sua clemenza si è tradotta nella liberazione delle Pussy Riot, degli attivisti di Greenpeace e dell’ex nemico Mikhail Khodorkovski, ex patron, nonché speculatore senza scrupoli, di Yukos. Ma gli “arancioni”, i Soros, le varie Pussy Riot e organizzazioni in giro per il mondo, finanziate e sostenute da tutti quei magnati presi a calci nel sedere dal Presidente russo, sembrano non mollare la presa e vogliono utilizzare le Olimpiadi per attaccare il nemico pubblico numero uno, colpevole di avergli tolto la “torta russa” da sotto il naso. Ma Vladimir Vladimirovich Putin sembra non intenzionato a farsi rovinare un evento che ha voluto con tanta tenacia, che deve dimostrare al mondo intero come i “selvaggi” anni Novanta appartengano ormai al passato più buio della storia. Fu proprio Putin, nel 2007, in Guatemala, a battersi in prima persona per ottenere i Giochi Olimpici, parlando in inglese e francese davanti al Cio. Ed ora lo Zar è pronto a godersi, davanti ad una platea mondiale, la consacrazione di 15 anni di potere e di una leadership che non ha mai brillato come ora a livello internazionale. Non solo, sempre a Sochi, a giugno, ci sarà il G8. E non finisce qua: alla fine del suo terzo mandato, quando Putin avrà superato persino Brezhnev negli anni di guida della nazione, Mosca ospiterà i mondiali di calcio, evento storico per la Russia. Un suggello perfetto che Putin vuole usare per incrementare ancora di più lo sviluppo infrastrutturale della nazione e per rafforzare la propria immagine. Compresa quella di un uomo che, a 61 anni, ancora pratica vari sport. “Vorrei che si vedesse la nuova Russia, la sua personalità e le sue possibilità, che si desse uno sguardo fresco, senza pregiudizi, al Paese”, ha detto Putin parlando delle Olipiadi di Sochi, già ribattezzate “Olimpiada Vladimirovna”, le Olimpiadi di Vladimir. “Considera questo progetto come un figlio”', ammette Dmitri Cernishenko, presidente del comitato organizzatore della kermesse. Putin ha precisato: “Non è questione di ambizioni personali, non sarà un successo mio, ma del Paese intero”. I giochi sono dietro l’angolo, Putin e la Russia sembrano pronti, ma a gareggiare non sembrano esserci solo gli atleti, ma poteri più forti e nascosti. Contro Putin e la Russia sembrano già muoversi i terroristi jihadisti e soprattutto le lobbies gay. Le Olimpiadi devono ancora iniziare, ma lo scontro è iniziato da tempo. DECINE DI MIGLIAIA DI PERSONE ANCORA UNA VOLTA IN CORTEO A PARIGI E LIONE Le Manif pour tous contro le nozze gay Questo lo slogan: “Papà e mamma. Non c’è nulla di meglio per un bambino” di Cristina Di Giorgi e Manif pour tous è scesa di nuovo in piazza in difesa della famiglia tradizionale. Per dire ancora una volta no alla legalizzazione delle nozze tra omosessuali e alle politiche più o meno “sociali” del presidente socialista Francois Hollande (gli si contesta infatti una preoccupante apertura anche in tema di aborto), si sono svolti due affollati cortei a Lione e Parigi, con decine di migliaia di persone che hanno sfilato insieme per protestare contro la recente introduzione di norme che consentono il matrimonio L tra persone dello stesso sesso. Per strada, al fianco di numerose famiglie giunte sul luogo con pullman sulle cui fiancate c’erano striscioni con su scritto “Papà e mamma. Non c’è nulla di meglio per un bambino”, c’erano gruppi di cattolici tradizionalisti ma anche rappresentanti di associazioni di musulmani conservatori. Che hanno gridato insieme slogan e innalzato cartelli su cui si leggevano frasi come “Famiglia: educazione, solidarietà, dignità”. Nessuna traccia, a quanto sembra, della tensione registrata nel corso della manifestazione anti Hollande della scorsa settimana (terminata con incidenti ed alcuni arresti), alla luce della quale il ministro dell’Interno Vallas aveva dichiarato che non sarebbe stato tollerato alcun eccesso. Un avvertimento perfettamente in linea con quanto affermato dallo stesso Vallas, apertamente schierato su posizioni tutt’altro che comprensive nei riguardi di coloro che contestano l’equivalenza di fronte alla legge dei matrimoni tra omosessuali e di quelli tra eterosessuali. Il ministro ha infatti sollecitato la destra repubblicana a “prendere con chiarezza le distanze” da tali forme di protesta: “in Francia - ha detto – c’è una fronda degli anti. Anti elite, anti Stato, anti tasse, anti Parlamento, ma anche e soprattutto di anti semiti, razzisti, omofobi. In una parola di anti repubblicani”. Dichiarazioni queste che, soprattutto se legate a manifestazioni come quella organizzata da Le Manif pour tous, mal si conciliano da un lato con i contenuti evidentemente pacifici e di difesa di istituzioni valori che i fautori della famiglia tradizionale propongono, dall’altro con il ruolo super partes che il titolare del ministero che coordina l’ordine pubblico dovrebbe mantenere. STUDENTE QUINDICENNE UCCIDE UN POLIZIOTTO E UN INSEGNANTE: VOLEVA VOTI MIGLIORI Sparatoria in una scuola di Mosca: due morti S paratoria in una scuola alla periferia di Mosca, dopo che una ventina di studenti è stata presa in ostaggio. Le vittime sono due: un poliziotto e un insegnante. Autore del gesto è uno studente quindicenne, come ha riferito l’agenzia Ria Novosti, citando la polizia. L’autore del folle gesto è stato poi arrestato e tutti gli ostaggi sono stati liberati. Lo studente autore del blitz armato è stato poi interrogato a lungo. Si chiama Serghiei Gordieiev, della nona classe, e ha ucciso, oltre ad un poliziotto, l’insegnante di geografia, Nikolai Kirillov, che aveva 32 anni. Ci si interroga ora sul movente del gesto: il ragazzo voleva di- plomarsi quest’anno con la medaglia d’oro (il massimo dei voti in tutte le materie) ma l’insegnante di geografia non lo avrebbe aiutato a conquistare questo risultato. Sarebbe questo, secondo alcuni media russi, il motivo che avrebbe spinto il ragazzo al blitz armato. A convincere il giovane ad arrendersi liberando tutti gli ostaggi è stato il padre. Intervistato dal canale Life News, uno degli alunni della scuola ha raccontato che Gordeev è tra i migliori studenti della sua classe e con lui «non c’erano mai stati problemi». Il dramma è accaduto in un liceo a nord della capitale, nel quartiere di Otradnoye. L’aggressore è riuscito a neutralizzare una guardia di sicurezza e ha fatto irruzione, brandendo un fucile, in un’aula dove era in corso una lezione di biologia. Si è asserragliato all’interno con 24 studenti del decimo anno - ragazzi tra i 15 e i 16 anni - e il professore. Qualcuno è comunque riuscito ad azionare l’allarme e chiamare la polizia, ma quando sono arrivati gli agenti il ragazzo ha aperto il fuoco, ferendo un agente, uno dei quali è morto poco dopo. La polizia ha subito circondato il perimetro della scuola, dove è arrivato, insieme a molte ambulanze, anche un elicottero del ministero per le Situazioni di Emergenza. Sul posto si è recato lo stesso titolare del ministero dell’Interno, Vladimir Kolokoltsev. E mentre all’esterno si sono radunati i genitori angosciati per quanto stava accadendo, c’è stata poi la liberazione di tutti gli ostaggi e la cattura del killer. 7 Martedì 4 febbraio 2014 Dall’Italia FRANE E ALLAGAMENTI IN TUTTO IL PAESE: ALLERTA NELLE REGIONI DEL NORD-EST Il maltempo continua a flagellare l’Italia Dopo i tre morti in Sicilia si contano i danni delle ingenti piogge: a Roma il Tevere sotto osservazione. Crollo parziale del tempio dorico di Kaulon, nel Reggino di Barbara Fruch eekend tragico quello appena trascorso. La pioggia caduta copiosa un po’ in tutta l’Italia ha causato frane, smottamenti allegamenti e, anche morti. Tre persone, due donne e una bambina di 6 anni, sono decedute all’alba di domenica in provincia di Siracusa, dopo che l’auto sulla quale viaggiavano è stata travolta dalla piena di un fiume ingrossato dalle abbondanti piogge cadute negli ultimi giorni su tutta la Sicilia. La tragedia è avvenuta in contrada Romanello, nel territorio di Noto, intorno alle 4 del mattino. A bordo di una Lancia Y, sette persone hanno cercato di attraversare il letto del fiume Asinaro venendo però investite in pieno dalla furia delle acque. A perdere la vita sono stati Alessandra Tumminieri, di 33 anni, Maria Gioelli, di 67, e la piccola Marisol Latino, di appena 6 anni, che sarebbero annegata rapidamente, secondo quanto accertato dal medico legale, Francesco Coco, incaricato all’ispezione cadaverica sulle salme. Secondo quanto emerso dalla ricostruzione degli investigatori i sette, cinque dei quali legati tra di loro da vincoli di parentela, sabato sera avevano partecipato a una cena nella zona di Noto. Al ritorno hanno attraversato il letto del fiume Asinaro in un punto dove è possibile farlo in condizioni di buona visibilità e, soprattutto, senza la pioggia. Il mezzo è stato travolto dalla piena e due dei sette occupanti sono stati sbalzati fuori dall’abitacolo, mentre altri due sono riusciti ad abbandonare la vettura. La Y10 con a bordo le due donne e la bambina, rimaste intrappolate all’interno, hanno invece continuato la corsa in balia dell’onda di piena. I quattro sopravvissuti alla tragedia, tra i quali la mamma della piccola, hanno subito dato l’allarme ma le operazioni di soccorso, rese assai difficoltose dalla natura dei luoghi e dall’oscurità, si sono protratte sino alla tarda mattinata, quando i cadaveri sono stati recuperati dagli uomini dei Saf - Speleo alpino fluviale - dei vigili del fuoco di Siracusa e Noto. Sul fatto, la procura ha avviato un’inchiesta, e l’uomo che era al volante, Antonio Restuccia, cugino della bimba deceduta, è stato arrestato con l’accusa di omicidio colposo plurimo. Per lui, infermiere professionale in servizio a Milano, si sono aperte le porte del carcere siracusano di Cavadonna. “Non ha visto alcuna situazione di pericolo” si difende l’uomo sottolineando che non avrebbe commesso l’imprudenza perché lui stesso sarebbe stato il primo a rischiare la vita. “Subito dopo l’incidente – spiega l’avvocato dell’autista riportando la ricostruzione di Restuccia – lui si è subito prodigato, è stato lui a rompere il vetro laterale dell’auto per fare uscire gli altri passeggeri, soccorrendo i quattro sopravvissuti, e ha tentato di portare fuori dalla vettura anche la bambina, non c’è riuscito perché l’acqua ha invaso la Y10”. Diversa la tesi dell’accusa, sostenuta dalla polizia e dalla Procura di Siracusa, che parla di “negligenza totale” in una zona dove “non bisognava passare, neppure con un mezzo anfibio”. che dalla pioggia intensa. Nell’area si trova anche il mosaico ellenistico, di recente scoperta, più grande della Magna Grecia. W Allerta nel Lazio - Ancora piogge e allerta in gran parte dell’Italia per tutta la settimana, mentre nella Capitale la condizione è in lieve miglioramento. Una tregua che però non fa abbassare il livello di guardia: il Prefetto, Giuseppe Pecoraro, analizzando le criticità ancora in corso a causa degli allagamenti, ha infatti stabilito di mantenere un costante monitoraggio. Intanto in tutto il Lazio è stata lanciata l’allerta per criticità idrogeologica. La Regione ha emesso un avviso per le prossime 36 ore considerate “la situazione meteo e lo stato di saturazione del suolo”. L’allerta riguarda in particolare il bacino medio del Tevere, Roma compresa, l’Aniene e il Liri. Resta critica la situazione a Fiumicino. Circa 120 famiglie hanno trascorso la notte tra domenica e lunedì fuori casa. Le scuole, come disposto ieri dal sindaco Esterino Montino, sono rimaste chiuse. Critica la situazione in Veneto - In Veneto restano sotto osservazione i fiumi, il Bacchiglione a Vicenza e Padova, l'Adige nel Veronese, il Brenta. La situazione più critica si registra nella zona orientale dove i fiumi Livenza e Fosson sono ingrossati e preoccupano non poco la cittadinanza alla luce anche delle passate e drammatiche alluvioni. Ieri le scuole sono rimaste chiuse e probabilmente lo saranno anche oggi. Continua a piovere intensamente anche sul Friuli Venezia Giulia, con nevicate in alta quota, ma i fiumi maggiori, come Isonzo e Tagliamento, sono rimasti sotto i livelli di guardia. La Protezione civile regionale segnala che sono sotto controllo i corsi d'acqua minori. Permangono problemi di fornitura elettrica nei comuni della Carnia, per cui l’Enel continua le operazioni di ripristino. Calabria, crolla un tempo dorico nel Reggino Dopo il crollo delle mura a Volterra (dove ieri si è recato il ministro dei Beni culturali Massimo Bray) il maltempo ha provocato il parziale crollo del tempio dorico dell’antica Kaulon, a Monasterace, in provincia di Reggio Calabria. L’area archeologica si trova a ridosso del mare ed è stata colpita dalle violente mareggiate, oltre La tendenza nei prossimi giorni - Le regioni italiane continuano a essere caratterizzate dal maltempo, “con un nuovo impulso di origine atlantica che determinerà, fino a tutto domani, instabilità accentuata al sud e nuove piogge al nord”: lo rende noto la Protezione civile che, d’intesa con le Regioni interessate, diffonde un ulteriore avviso di condizioni meteo avverse per piogge, anche a carattere di rovescio o temporale, a nord-est, al sud e su Sardegna e Sicilia, “con quantitativi cumulati da moderati a localmente elevati”. In particolare su Veneto e Friuli Venezia Giulia - come anche sulla Val d’Aosta – sono previste nevicate al di sopra di 600-800 metri, con quantitativi localmente abbondanti; su Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia le piogge saranno accompagnate da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica e forti raffiche di vento. Sulla base dei fenomeni previsti è stata valutata per la giornata di oggi ‘criticità rossa’ per rischio idraulico e idrogeologico per il Friuli Venezia Giulia, per le pianure emiliane e per il Veneto centrale. La criticità è invece ‘arancione’ per gran parte del Veneto, dell’Emilia Romagna, del Lazio e della Basilicata, per l’area tarantina e per tutto il territorio siciliano e calabrese. Tutte le altre Regioni interessate dal maltempo sono indicate in criticità ‘gialla’. È utile ricordare, segnala la Protezione civile, che le valutazioni di criticità idrogeologica (su tre livelli: rossa, arancione e gialla) possono includere una serie di danni sul territorio, riportati sul sito del Dipartimento. 8 Martedì 4 febbraio 2014 Roma CAPITALE ABBANDONATA A SE STESSA DALL’AMMINISTRAZIONE: ACQUE AGITATE IN CAMPIDOGLIO… Roma: una palude eco-sostenibile Qualche giorno di pioggia con Marino sindaco basta a far rimpiangere persino la neve di Alemanno. Ma lui si limita a fare ciò che ha sempre fatto: battere cassa di Robert Vignola eriscopio in superficie. Lo hanno visto – sono pronti a giurarci – dalle parti dell’Isola Tiberina, emergere per un attimo dai gorghi del Dio Tevere infuriato e volgersi da una sponda all’altra, come per cercare quella vista familiare, la via verso il Campidoglio. Macché, era irriconoscibile: buche, voragini e chiazze di fanghiglia facevano scempio di auto, motociclette e persino delle rare e care biciclette che si arrischiavano ad arrancare schivando le gocce di pioggia, sempre le stesse, che si prendevano gioco dei lampeggianti P accendendosi di luce azzurra, mentre cadevano. Poi quel periscopio, unica traccia di SottoMarino in queste giornate uggiose, è scomparsa, lasciando alla corrente il compito di portar via fogli di carta bianca, poi ripescati parzialmente a Fiumicino e identificati come comunicati stampa con intestazione comunale. Certo, in principio fu la neve di Alemanno. Evento insolito, per Roma – accade ogni vent’anni – cui Roma si è fatta trovare impreparata. Ma stavolta, sotto la pioggia di Marino c’era ben poco di straordinario, se non il dilettantismo con il quale è stata affrontata. Hai voglia di coniare termini come “alluvione-lampo” o di far stu- BOLLETTINO DI GUERRA Furti in ogni zona, una raffica di arresti e c’è un’attività che neanche la pioggia può fermare, è quella della microcriminalità. Una raffica di furti è infatti avvenuta mentre Roma si allagava. Ben cinque ladri di automobili sono stati però beccati in flagrante dai Carabinieri. Tra gli arrestati c’è un cittadino romeno di 28 anni, nella Capitale senza fissa dimora e con precedenti, sorpreso in piazza Manfredo Fanti, zona Esquilino, in possesso di un computer portatile, documentazione bancaria e altro materiale risultato provento di un furto di un’autovettura commesso poco prima al Tiburtino. Dovrà rispondere di ricettazione. A Centocelle è stato arrestato un altro cittadino romeno di 20 anni, pizzicato in via Bernieri mentre stava smontando i pneumatici da un’auto parcheggiata in strada. Arrestato con l’accusa di furto aggravato, il giovane è stato anche denunciato a piede libero per ricettazione, poiché trovato in possesso di una Fiat Idea denunciata rubata mercoledì scorso a Oriolo Romano. Nell’auto, per non farsi mancar nulla, c’erano numerosi arnesi per lo scasso. Di Roma invece il 47enne, senza S fissa dimora e con precedenti, preso dopo essere stato notato in via Baldo degli Ubaldi mentre stava tentando di forzare il blocchetto di accensione di un motociclo parcheggiato in strada. Anche in questo caso, il ladro è stato pure denunciato a piede libero poiché sorpreso in possesso di un motociclo denunciato rubato nella zona di piazza Farnese. Altri due cittadini romeni, invece, sono stati sorpresi in flagrante, in piazza Roberto Balsamo Crivelli, dopo aver rubato un’autovettura. Alla lista va aggiunto un topo d’appartamento, entrato in azione, nella notte, in via Beata Savini Petrilli, zona Cecchignola. Ha cercato vanamente di scassinare la finestra di un appartamento posto al primo piano, prima di passare ad un altro “cliente” nello stesso stabile. Il proprietario della prima abitazione, però, uditi strani rumori provenire dall’esterno, aveva già dato l’allarme al 112. ha dato l''allarme al 112. Il ladro, un cittadino somalo di 21 anni, nella Capitale senza fissa dimora e con precedenti, è stato così arrestato dai Carabinieri mentre cercava di darsi alla fuga. G.L. diare ai propri addetti stampa trattati di protezione civile, hai voglia di spedire il vice sindaco Nieri a misurare il livello dell’Aniene o a costringere il capo di gabinetto Enzo Foschi a frequentare un master di disaster-management. Ha semplicemente piovuto. D’inverno, per giunta. E l’appello del Prefetto (“Non venite a Roma”) lanciato alla vigilia di un lunedì qualunque è suonato come la ritirata delle istituzioni davanti alle acque. Chissà che si saranno detti, i pendolari, davanti a quel consiglio di non varcare le sacre porte dell’Urbe: se potevano, senz’altro non venivano e non serviva neanche raccomandargli di rinviare la gitarella al Colosseo con annesso pic-nic al Circo Massimo, ché quando la legna è bagnata, il barbecue non s’accende. Il fatto è che decine di migliaia di persone a Roma ci vanno ogni giorno per guadagnarsi la pagnotta, resa più magra dalle spese per l’abbonamento (e già, loro lo pagano…). E che gli basterebbe raggiungere il posto di lavoro su strade con un minimo di asfalto o con mezzi degni di una città civile, mica chiedono un mezzo anfibio al posto del tram… Niente da fare. Il massimo che ci si può attendere da un sindaco così è che annulli l’irrinunciabile viaggio alla conferenza delle città eco-sostenibili in Sud Africa (doppia disdetta: laggiù adesso è estate) e che si dedichi alla sua missione preferita da quando ha messo le chirurgiche chiappe sulla poltrona del Campidoglio: battere cassa. Richiesta che è prontamente (almeno quella) partita nei confronti (per ora) della Regione, sotto forma di “proclamare lo stato di emergenza”. Ma gli altri enti sovracomunali non si sentano al riparo… In attesa delle risposte, SottoMarino si consoli: l’altro suo grosso cruccio, cancellare le cose indiscutibilmente buone realizzate in un’epoca lontana, circa settanta-ottanta anni fa, è quasi cosa fatta. “Pedalònizzeremo via dei Fori Imperiali”, si sfogano i romani sulla Rete, dando fondo alle scorte di sarcasmo. E in effetti in sette mesi Marino non solo ha cancellato via dei Fori Imperiali, ma ha pure rifondato nei suoi immediati dintorni la Palude Pontina, inopinatamente prosciugata da qualche Regime poco eco-sostenibile. Magari, alla prossima conferenza in Sud Africa o chissà dove, il primo cittadino potrà volare portando con sé qualche slide di come ha ricreato in via del Corso l’habitat che aveva qualche millennio fa, con una provvidenziale tubatura rotta (già che l’acqua mancava…). Daje. L’OPPOSIZIONE “Tre milioni per i tombini: vogliamo vederci chiaro” Inevitabile che anche il Consiglio Comunale si interessi di ciò che è accaduto. Con l’opposizione che ha chiesto le carte in particolare sull’operazione di pulizia di caditoie e tombini, sbandierata la scorsa estate dal sindaco Marino ma sulla cui efficacia sono sorti evidenti perplessità. "Abbiamo presentato una richiesta di accesso agli atti per fare luce sui soldi spesi da Marino per la cosiddetta campagna ''Libera il tombino''. Vogliamo capire come il sindaco e l’assessore ai Lavori pubblici abbiano speso oltre 3 milioni di euro dei Q cittadini romani per poi ritrovarsi, al primo acquazzone, con l’intera città sott’acqua, dal centro alla periferia. Vogliamo vedere le carte e siamo pronti a rivolgerci alla Corte dei conti o addirittura alla Procura. Chi ha sbagliato deve pagare". L’annuncio è di Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini in Campidoglio. "Che senso ha – si chiede Onorato- invocare gli interventi strutturali, che a Roma mancano da anni, quando il sindaco Marino e la sua Giunta non hanno ancora iniziato la manutenzione ordinaria?". LA VICENDA DELLE BABY SQUILLO AI PARIOLI “Mi vendevo per 600 euro al giorno” All’incidente probatorio l’agghiacciante racconto di una delle due minorenni uadagnava anche 600 euro al giorno. Un particolare agghiacciante, che è emerso durante l’incidente probatorio sul caso delle baby squillo dei Parioli, davanti al gip Maddalena Cipriani. Cifre indicate da una delle due ragazzine avviate alla squallida compravendita del loro corpo, secondo la ricostruzione finora messa a punto dagli inquirenti. "Credo che Mirko Ieni sapesse che ero minorenne e si serviva di questo per aumentare il numero dei clienti potenzialmente interessati a fare sesso. Guadagnavo molti soldi, anche 5-600 euro al giorno, di cui una piccola parte la giravo a Ieni per l'affitto della G stanza" ha raccontato. La ragazzina, che compirà 17 anni il prossimo ottobre, collegata in videoconferenza con l'assistenza di un avvocato e di uno psicologo, ha negato il coinvolgimento di altre minori, oltre alla sua amica, 15 anni, che verrà sentita domani dal giudice. "Ho iniziato perché avevo voglia di fare molti soldi, fino a 600 euro al giorno. Non mi sono fatta mancare nulla, quello che guadagnavo lo spendevo per acquistare vestiti di marca e telefonini". Quanto basta per confermare l’inquietante quadro emerso all’indomani del 28 ottobre scorso, quando la squal- lida vicenda venne alla luce con l’arresto di cinque persone, tra cui lo stesso Ieni e la madre della ragazza ascoltata dal gip. Un’inchiesta ancora difficile, anche perché gli inquirenti della Procura di Roma sono alle prese con una difficile opera di ricostruzione: stanno cercando infatti di identificare anche i clienti che andavano con le baby squillo dei Parioli. In ogni caso il procuratore aggiunto Maria Monteleone ed il pm Cristiana Macchiusi sarebbero intenzionate a chiedere il giudizio immediato. I difensori, invece, stanno valutando se ricorrere Gustavo Lidis al rito abbreviato. 9 Martedì 4 febbraio 2014 Dall’Italia FAR WEST A GALLARATE: COMMANDO ARMATO CON LE ARMI SPIANATE SULLA POLIZIA PENITENZIARIA Assalto al furgone per liberare il boss I banditi hanno preso un ostaggio, poi liberato, fuori dal tribunale. Sparatoria durante la fuga: muore un malvivente, fratello dell’evaso Domenico Cutrì. Ferito un agente di Barbara Fruch omenti di panico e scene da far west a Gallarate, in provincia di Varese, vicino al tribunale, dove ieri un commando armato ha assaltato un furgone della polizia penitenziaria facendo evadere il detenuto calabrese Domenico Cutrì. Nel corso della sparatoria sono rimaste ferite due persone, un agente e il fratello dell’evaso, morto successivamente, mentre il detenuto, presunto boss della 'ndrangheta che stava per essere trasferito dal carcere al Tribunale di Busto Arsizio, è riuscito a fuggire. Erano circa le 15 e gli assalitori hanno agito vicino alla porta d’ingresso del tribunale di Gallarate dove, armati di pistola e di spray urticante, hanno sorpreso gli agenti che stavano accompagnando all’esterno il detenuto al termine di una udienza. Gli uomini armati, dopo aver preso in ostaggio M un passante e intimato ai poliziotti di lasciare le armi a terra, sono riusciti a liberare Domenico Cutrì. Quando l’ostaggio era ormai al sicuro, è scattato l’inseguimento e subito dopo la sparatoria, durante la quale sono stati esplosi almeno 15 colpi, con la successiva fuga dei banditi a bordo di un’auto nera. Poco più tardi uno degli assalitori, Antonino, fratello di Cutrì, è stato lasciato agonizzante davanti all’ospedale di Magenta. Per lui, ormai, non c’era più nulla da fare. Non sono invece gravi le condizioni dei due agenti: secondo il personale medico del 118 le ferite riportate dagli agenti non sono dovute a colpi di arma da fuoco. Un agente, infatti, ha riportato un trauma cranico e un altro delle ferite agli occhi provocate da uno spray urticante. Entrambi sono stati ricoverati in codice verde. Polizia e carabinieri hanno allestito posti di blocco per intercettare l’auto in fuga, una Polo nera, e sono in corso i rilievi su una seconda vettura usata dei malviventi, sequestrata, con MILANO – RISOLTO IL GIALLO Uccisa e infilata nel trolley: 2 fermi ahtab Ahad Savoji è stata strangolata, spogliata, messa in un trolley e trasportata in treno da Milano a Venezia. Emergono particolari agghiaccianti sull’omicidio della 31enne iraniana il cui cadavere era stato trovato il 28 gennaio scorso in un canale al Lido di Venezia. In manette sono finiti due indiani, Rajeshwar Singh, 29 anni, e la sua fidanzata Gagandeep Kaur, 30. I tre giovani condividevano un appartamento nel capoluogo lombardo, in via Pericle. Secondo la ricostruzione della Squadra Mobile, i due avrebbero ucciso la ragazza, non è chiaro se al termine di un gioco erotico o perché Mahtab aveva rifiutato le avances dell’amico, e, dopo averla spogliata, ne avrebbero infilato il cadavere in un trolley. Raggiunta Venezia in treno si sarebbero disfatti della valigia gettandola in acqua. Infine, sarebbero tornati a Milano in taxi, pagando la corsa 500 euro. Mahtab aveva già annunciato che avrebbe lasciato l’appartamento che condivideva con la coppia, stanca della situazione imbarazzante che viveva: il ragazzo, che in più occasioni l’aveva molestata, si ostinava a fare sesso con la sua fidanzata davanti alla giovane iraniana, e la circostanza è stata a bordo alcune armi, tra cui dei fucili da assalto. Cutrì, residente a Legnano (Milano) ma di origini calabresi, era stato condannato all’ergastolo in appello per l’uccisione di Luckasz Kobrzeniecki, un polacco di 22 anni freddato a colpi di pistola nel 2006 a Trecate (Novara). Secondo l’accusa, il calabrese era al volante dell’auto da cui partirono gli spari che la notte del 15 giugno di otto anni fa uccisero la vittima. Arrestato tre anni dopo, Cutrì si è sempre professato innocente ma la tesi dell’accusa è che sarebbe stata la gelosia a spingerlo ad architettare il delitto: la “colpa” del giovane polacco infatti sarebbe stata quella di aver riservato qualche apprezzamento di troppo alla donna del boss. Con Cutrì, i giudici condannarono anche il gestore di un bar di Trecate a tre anni di reclusione per favoreggiamento. L’esecutore materiale dell’agguato invece, Manuel Martelli, 32enne di Trecate, processato con rito abbreviato (che gli garantì lo sconto di un terzo della pena) è stato condannato a 16 anni e 4 mesi. Nel processo d’appello a favore di Cutrì, difeso dall’avvocato Giulia Bongiorno, testimoniò una donna di origini calabresi, sostenendo che all’ora del delitto avevano avuto un appuntamento galante nell’abitazione di Cutrì. Una versione emersa soltanto a distanza di anni, perché la donna temeva che il marito potesse scoprire quella relazione clandestina. L’alibi, però, non convinse il procuratore generale di Torino Vittorio Corsi, che dispose ulteriori accertamenti. A smontarlo le testimonianze del titolare e del portiere di un albergo di Vittuone (Milano), dove l’uomo si trovava realmente come hanno poi confermato anche i registri dell’hotel. Fino al 2013, Cutrì è rimasto nel carcere di Saluzzo poi, a seguito del sospetto di un tentativo di fuga, era stato trasferito nel carcere di Busto Arsizio. Era a processo a Gallarate per emissione di assegni falsi, e il furgone lo stava portando davanti all’ingresso del tribunale gallaratese. Eurosky Tower . Entrare in casa e uscire dal solito. M raccontata più volte a una sua amica. Secondo l’autopsia, Mahtab è stata strangolata, il giorno prima del ritrovamento, poi infilata nella valigia. All’identificazione dei due killer gli inquirenti sono arrivati attraverso le impronte digitali trovate sul trolley, nonché grazie alle telecamere a circuito chiuso della stazione ferroviaria di Venezia che hanno ripreso i due indiani che trascinavano un trolley e alla testimonianza taxista veneziano. In una successiva testimonianza, i ragazzi avevano raccontato di aver trovato Mahtab senza vita “perché aveva bevuto tanto whisky”, ma non sapevano che era già certa la causa della morte: strangolamento. Messi alle strette, hanno confessato. I due presunti assassini sono sottoposti a fermo e accusati di omicidio volontario in concorso e soppressione di cadavere. Il quotidiano è sempre straordinario. Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere dell’EUR. Un progetto modernissimo e rivoluzionario che coniuga esclusività e tecnologia, ecosostenibilità ed eleganza. 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RE AWARDS Premio Speciale Smart Green Building UFFICIO VENDITE Roma EUR Viale Oceano Pacifico (ang. viale Avignone) Numero Verde 800 087 087 www.euroskyroma.it 10 Martedì 4 febbraio 2014 Dall’Italia LIVORNO - L’INDAGINE DELLE FIAMME GIALLE HA SMANTELLATO LA FILIERA CINESE ILLEGALE Maglioni in “cachemire” con peli di topo Sequestrati milioni di capi orientali che erano distribuiti in tutta Italia. Nei guai 14 persone, il boss era un imprenditore attivo a Sesto Fiorentino e nella capitale di Carlotta Bravo aglioni, magliette e anche sciarpe, tutte con la dicitura “cachemire”. Ma in realtà della prestigiosa fibra tessile non lo erano affatto, anzi, erano composti da un misto di acrilico, viscosa e, perfino, peli di topo e di altri animali. Sono oltre un milione i capi sequestrati nell’operazione della Finanza di Livorno e di Roma che ha condotto alla denuncia di quattordici persone di nazionalità cinese per frode in commercio. Insieme ai falsi “cachemire”, sono stati trovati anche capi con etichetta “lana merinos”, “seta” o “pashmina” poi risultati falsi. Le indagini, partite circa un anno fa dopo un controllo effettuato dai finanzieri in un negozio di Rosignano Marittimo gestito da una coppia di cittadini cinesi, si sono chiuse nei giorni scorsi con una ventina di perquisizioni in diverse aziende nell’hinterland di Roma e nelle abitazioni dei relativi amministratori, tutti di origine cinese. Al centro delle indagini un imprenditore che fa base a Sesto fiorentino ma che è collegato con ditte sparse nella Capitale. A Rosignano i militari avevano notato alcuni vestiti privi delle necessarie etichette con le informazioni merceologiche, ma non è tutto: i militari ave- M vano inoltre rilevato la presenza di alcuni capi di maglieria esposti in vendita, con etichette con la dicitura “in cachemire”, ad un prezzo basso, assolutamente non congruo rispetto al pregio del tessuto. I finanzieri, dopo aver fatto analizzare i tessuti al laboratorio chimico dell’Agenzia delle dogane, hanno così scoperto che i capi non erano assolutamente di lana pregiata ma di un materiale misto di acrilico, viscosa, poliestere e persino di peli di topi ed altri animali. I successivi accertamenti hanno permesso di individuare il fornitore della merce: un importante grossista di Sesto Fiorentino, di fatto distributore per tutta l’Italia centrale di prodotti tessili “made in China”. Quest’ultimo riforniva anche molti negozi della provincia di Livorno, gestiti anch’essi da cinesi, che erano stati nel tempo sottoposti ad analoghi controlli di polizia in materia di “sicurezza dei prodotti”: in tutto erano stati sequestrati circa 1.000.000 di capi di abbigliamento ed accessori non conformi. L’esito degli accertamenti eseguiti è stato comunicato alla competente autorità giudiziaria che ha delegato le perquisizioni di tutti i magazzini nella disponibilità del grossista. Dalle indagini sono emersi altri capi di abbigliamento sospetti etichettati in cachemire, lana merinos, seta e pashmina ed anche in questo caso, le analisi di laboratorio hanno confermato che i capi analizzati non erano affatto prodotti con i pregiati tessuti riportati sulle etichette. Da lì è scattato il sequestro di altri seimila capi di abbigliamento ed alla denuncia del responsabile per frode nell’esercizio del commercio. Le indagini hanno infine consentito di ricostruire l’intere catena ‘illegale’ e di individuare i fornitori del grossista fiorentino: cinque società con sede a Roma. Complessivamente, nel corso dell’operazione sono stati controllati 48 soggetti di cui 14 denunciati alla competente autorità giudiziaria e sottoposti a sequestro 1.141.343 prodotti di varie tipologie. Altri 27 soggetti sono stati segnalati alle camere di commercio per violazione per violazioni dei diritti del consumatore, in quanto i capi non riportavano l’etichetta. Dalle fiamme gialle è stato inoltre spiegato come non tutti i prodotti sequestrati sono stati distrutti: quelli risultati composti da fibre “non nocive” sono stati infatti consegnato alla Caritas di Livorno e all’associazione progetto accoglienza di Borgo San Lorenzo. Si è conclusa così l’ennesima operazione che getta ombra sui prodotti “made in Cina”, merce falsa commercializzata a prezzi bassissimi e talvolta dannosa per la salute dei consumatori. TARANTO - MOVIMENTO PER ALLEANZA NAZIONALE DI CAROSINO CHIEDE INTERVENTI SULLO SCALO “Arlotta” aperto ai voli civili, ora o mai più “Diverse compagnie aeree sono disponibili a collocarsi già da subito come operatrici. Sono necessari interventi concreti per il bene sociale, imprenditoriale e turistico dell’intera area” apertura di ‘Arlotta’ ai voli civili. È questa la richiesta formalizzata dal Movimento per Alleanza Nazionale di Carosino (Taranto) che spiega come il tempestivo taglio del nastro nello scalo aeroportuale di Grottaglie-Monteiasi, in provincia di Taranto, agevolerebbe non solo i pugliesi ma anche i turisti costretti attualmente ad appoggiarsi a Bari e Brindisi. “Ormai anche il Governo centrale ha dato il placet per la riapertura dello Scalo aeroportuale ‘Arlotta’ di Grottaglie-Monteiasi (Taranto), con l’inserimento tra gli aeroporti di interesse nazionale nel nuovo Piano Aeroportuale nazionale voluto dal Ministro dei Trasporti Lupi – scrivono dal Movimento – le scuse di vendoliana memoria, ora sono finite, la Regione Puglia, Aeroporti di Puglia ed Enac operino sinergicamente, da subito, per l’attivazione dei voli civili nello scalo ionico. Sembra strano che il nuovo A.u. di AdP Giuseppe Acierno, successore di Domenico Di Paola, abbia ancora perplessità sulla funzionalità dell’apertura dello scalo grottagliese, considerato che lo stesso dovrebbe operare sul fronte ionico (Taranto, Basilicata e Alta Calabria) diversamente dal fronte adriatico dove due aeroporti sono troppi invece (Bari e Brindisi). Sembra strano pensare che i nostri rappresentanti istituzionali, seduti nei posti che contano, Parlamentino pugliese e nazionale, non pongano questa facile domanda a Vendola, Giannini ed Acierno, come L’ mai penalizzare un target di clientela di circa 900.000 abitanti sfavorendo allo stesso tempo la possibilità di viaggiare dei suoi cittadini e penalizzando il turismo, le aziende locali, gli operatori del settore e l’economica ionica già martoriata dalle tante crisi aziendali – continua la nota – Risulta strano pensare che manager e politici pagati profumatamente con soldi pubblici non sappiano leggere la reale situazione sui passeggeri ‘potenziali’ o invece più verosimilmente si pone solamente contro la Terra Ionica come ‘ostruzionismo velato’ verso i suoi cittadini?”. Dopo l’ok all’apertura immediata dell’Arlotta arrivato dalla Camera di Commercio di Taranto tramite il suo Presidente, il Movimento vuole quindi capire le volontà di AdP e Regione Puglia, dal momento che “diverse compagnie aeree sono disponibili a collocarsi già da subito come operatrici nello scalo ionico con voli charter con destinazioni anche interessanti”. Una vocazione civile dunque che potrebbe nascere però solo grazie ad investimenti di AdP in sinergia con la Regione e il suo Governo.“La dimostrazione di tale volontà deve avere come interlocutori, senza ulteriori per- dite di tempo, i consiglieri regionali ionici (tra cui Donato Pentassuglia, Presidente della Commissine Trasporti), l’assessore regionale Fabrizio Nardoni, l’assessore regionale Giovanni Giannini, il Governatore di Puglia Nichi Vendola, i parlamentari eletti a Taranto compresa la senatrice Anna Finocchiaro (scomparsa da Taranto dal febbraio scorso), Camera di Commercio di Taranto, Enac e Adp e tutte le associazioni e movimenti che si stanno battendo da tempo con abnegazione ed impegno per l’apertura dell’Arlotta. Da loro si deve ripartire senza lasciare spazio a baricentrismi e volontà cargo o confusione e gioco a tre carte, la popolazione ionica e le comunità di Carosino, Grottaglie e Monteiasi sono stufe delle promesse elettorali dei messia di turno. Il Movimento per An di Carosino – conclude la nota – sarà sentinella attenta e documenti alla mano farà valere, in tutte le sedi, la strenua volontà di allontanare filosofie localistiche e di pura appartenenza politica, qui ne va del futuro sociale ed imprenditoriale della Provincia di Taranto - ora o mai più dall’Arlotta il nostro territorio deve avere uno scatto di orgoglio. Nel caso, che non speriamo, la Regione e l’AdP decidano di non convogliare i propri sforzi economici e d'impegno verso l’Arlotta, il Movimento per Alleanza Nazionale ionico saprà dare le risposte sul campo, improntando anche ricorsi legali verso chi ancora una volta vuole denigrare e mortificare i cittadini tarantini”. 11 Martedì 4 febbraio 2014 Società LUTTO NEL MONDO DEL CINEMA Addio a Philip Seymour Hoffman Mille volti per un grande attore. A uccidere l’artista la dipendenza da eroina di Francesca Ceccarelli l grande Lebowski, Magnolia, ll talento di Mr. Ripley, A sangue freddo, Mission impossible III, The master: questi solo alcuni dei film rimasti nella storia del cinema che si sono avvalsi della bravura di un attore come Philip Seymour Hoffman, scomparso prematuramente a causa della sua dipendenza da eroina. Una persona dotata di una grande sensibilità: proprio questa infatti la sua debolezza. Hoffman era senza dubbio uno degli attori migliori della sua generazione, capace di passare dal dramma alla commedia al cinema d’azione al fantascientifico. Nato a Fairport il 23 luglio del 1967, Hoffman aveva mostrato sin da ragazzo la sua passione per il cinema, frequentando i corsi d’arte drammatica a New York e diplomandosi nel 1989. L’esordio nel mondo del cinema arrivò nel 1991, con Triple Bogey on a par five hole, diretto da Amos Pole. Dopo un altro po’ di gavetta, arrivò la prima chance importante: nel 1992 era nel cast di Scent of a woman – Profumo di donna, accanto al Al Pacino e a Chris O’Donnell. Nel 1996, il primo film con Paul Thomas Anderson, Sydney: con il regista americano, Hoffman lavorerà anche in Boogie nights (1997), Magnolia (1999), Ubriaco d’amore (2002) e The master (2013). Ne Il grande Lebowski I dei fratelli Coen (1998) interpretò Brandt, il galoppino del milionario Jeffrey Lebowski, l’omonimo del “Drugo” Jeff Bridges. Dopo un’altra ottima interpretazione ne Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella (1999), arrivò un altro ruolo memorabile, quello di Lester Bangs, il grande critico rock, in Quasi famosi di Cameron Crowe. Nel 2002 recitò ne La 25° ora di Spike Lee e in Red dragon di Brett Ratner, dove faceva la parte di un giornalista troppo curioso, finito nelle grinfie di un terribile serial killer. Fu il preludio all’Oscar, meritatissimo, che conquistò nel 2006 con la sua caratterizzazione dello scrittore Truman Capote in A sangue freddo di Bennett Miller. Per lo stesso ruolo, Hoffmann vinse anche un Golden Globe, il British Academy of Film and Television Arts e lo Screen Actors Guild Awards – giusto per citare i premi principali. Altre tre nomination agli Oscar arrivarono per La guerra di Charlie Wilson (2008), Il dubbio (2009, in cui interpretava il ruolo complesso di un prete sospettato di pedofilia) e The master (che nel 2013 gli valse la Coppa Volpi a Venezia). Nel frattempo, però, Hoffman continuava a recitare a teatro (nel 2000 aveva conquistato un Tony Award, l’Oscar del palcoscenico) e, nel 2010, dirige il suo primo film, Jack goes boating, non fortunatissimo in termini di incassi (in Italia non è nemmeno arrivato), ma apprezzato dalla critica. E Philip si preparava a ritornare dietro la macchina da presa con Ezekiel Moss, un film ambientato nel periodo della Grande Depressione, che doveva essere interpretato da Jake Gyllenhaal e Amy Adams. Una carriera di tutto rispetto messa sempre a repentaglio dalla tossicodipendenza da droghe e alcool come lo stesso attore aveva più volte riconosciuto: “Il problema era la droga, era l’alcool, era qualsiasi cosa su cui riuscissi a mettere le mani… mi piaceva tutto”. Dopo la laurea si era disintossicato ed era rimasto pulito. Fino al 2013, quando, dopo aver sviluppato una dipendenza da un farmaco regolarmente prescrittogli, era poi passato all’eroina: dopo una settimana si era fatto ricoverare in riabilitazione. La guarigione non era avvenuta. Hoffman è stato ritrovato cadavere nel suo appartamento di Manhattan: secondo le prime anticipazioni del Wall Street Journal, l’attore è stato rinvenuto con un ago ancora nel braccio. La notizia è stata confermata anche dal New York Times, che scrive come la polizia abbia trovato nell’appartamento di Hoffman anche una busta con dentro quella che dovrebbe essere eroina. Un’artista eclettico ma non amante dei riflettori:” Ci penso spesso. Credo che oggi sia meno vero di un tempo, più invecchio e più perdo il mio “anonimato”. Penso che sia perché oggi per le persone è molto più facile vedere tutto. Negli ultimi cinque anni le nostre foto – le mie, le tue, quelle di tutti – sono finite ovunque. Non è che le persone guardano più film, è che le immagini sono ovunque. Per gli attori più giovani sarà sempre più difficile mantenere un profilo basso. E questo anzi non vale solo per gli attori, vale per tutti”. Del resto della sua vita privata si sa solo che aveva moglie e tre figli ai quali va tutto il sostegno dei fan che, dopo la notizia della morte dell’attore, si sono adunati sotto la sua abitazione. Grande anche il cordoglio di Hollywood: “Phillip Seymour Hoffman era un genio, coraggioso e dolce. Non posso credere che se ne sia andato. Una grande perdita. La mia più profonda compassione per sua moglie e i suoi bambini”, scrive Susan Sarandon su Twitter.Sempre su Twitter Jim Carrey scrive: “Caro Philip, un’anima bellissima. Per quelli più sensibili di noi il rumore può essere troppo”. IL REGISTA DI NUOVO AL CENTRO DELLO SCANDALO Accuse di pedofilia per Woody Allen Le dichiarazioni arrivano dalla figlia adottiva Dylan Farrow rispetto ad abusi che avrebbe subito a 7 anni D opo anni tornano gravi pesanti accuse nei confronti del regista Woody Allen: a riaccendere i riflettori sui presunti abusi sessuali è ancora una volta Dylan Farrow, figlia adottiva di Allen e Mia Farrow con una lettera al New York Times dove la giovane sostiene, per la prima volta in pubblico, che il padre abusò di lei quando aveva 7 anni, subito dopo l'adozione. "Affermazioni false e vergognose" questo l’unico commento affidato ad un portavoce. Dylan Farrow, oggi 27enne afferma che Allen l’abbia molestata all’età di sette anni, nel 1992, dopo che il regista e l'attrice Mia Farrow l'avevano adottata. A spingere Dylan a scrivere pubblicamente dell’accaduto l'ennesimo premio alla carriera consegnato ai Golden Globes ad Allen: il tripudio di Hollywood per un uomo che ai suoi occhi appare come un mostro a causa delle presunte molestie di cui il regista fu indagato ma mai accusato. Nella lettera racconta nel dettaglio un episodio del 1992: nella casa di famiglia in Connecticut pare che Allen l’abbia condotta in un attico buio e l’assalì sessualmente. "Mi disse di stendermi pancia a terra e di giocare con il trenino di mio fratello. Poi abusò sessualmente di me,- racconta- sussurrandomi che ero una brava ragazza, che era il nostro segreto, promettendomi che sarei andata con lui a Parigi e sarei stata una star nei suoi film. Ricordo che fissavo il trenino elettrico, cercando di concentrarmi sui cerchi del suo percorso. Ancora oggi non riesco a guardare i trenini elettrici. Spesso le chiedeva di giacere a letto con lui, a volte metteva la testa sul mio ventre nudo e respirava forte. Per quanto ho memoria mio padre mi ha fatto cose che non mi piacevano", scrive Farrow. "Queste cose accadevano regolarmente, e spesso, ed erano così abilmente nascoste a mia madre - lei mi avrebbe protetto se avesse saputo - che pensavo fosse normale. Il fatto che l'abbia fatta franca mi ha perseguitato durante tutta la mia giovinezza", conclude Farrow. "Ero travolta dal senso di colpa per avergli lasciato avvicinare altre bambine". Dylan Farrow oggi vive in Florida sotto falso nome. "Cosa faresti se fosse tuo figlio, Cate Blanchett? Louis CK? Alec Baldwin? Cosa faresti se si fosse trattato di te, Emma Stone? O te, Scarlett Johansson? Woody Allen - conclude - è la prova vivente di come la nostra società non protegge i superstiti di abusi sessuali". Allen è già finito sotto inchiesta per l'episodio del 1992 in Connecticut, ma la procura ha deciso di non perseguirlo. Un processo che ha causato aspre critiche, dopo che il procuratore della contea di Litchfield, Frank S. Maco, dichiarò che esisteva una "probabile causa" per accusare Allen ma che lui aveva scelto di non farlo. Un collegio disciplinare accusò Maco di aver pregiudicato l'allora battaglia per l'affidamento dei figli tra Mia Farrow e Woody Allen formulando accuse senza incriminazioni formali. L'accusa del 1992 arrivò subito dopo l'affaire tra il regista e la figlia adottiva di Mia Farrow, Soon-Yi Previn. Allen, allora cinquantenne, non era il padre adottivo della ragazza, allora diciannovenne. I due si sono sposati nel 1997 e hanno due figlie adottive. Nonostante tutte le voci infamanti Allen ha continuato a produrre almeno un film all'anno: l'ultimo "Blue Jasmine" che si è guadagnato tre nomination agli Oscar, compreso quella per la regia. A causa della lettera di Dylan Farrow Allen non ha partecipato alla cerimonia, ma non è mancata la polemica espressa con un tweet da Ronan Farrow, il figlio biologico di Allen e Mia Farrow anche se lui sostiene che probabilmente il suo padre naturale è l'ex marito dell'attrice Frank Sinatra :”Mi sono perso il tributo a Woody Allen: hanno messo prima o dopo Annie Hall la parte in cui una donna ha pubblicamente confermato che l'ha molestata quando aveva sette anni?", palese il riferimento alla sorellastra. F.Ce. 12 Martedì 4 febbraio 2014 Sport S O L O 3 G I O R N I A L L’ I N I Z I O D E L L A V E N T I D U E S I M A E D I Z I O N E D E L L E O L I M P I A D I I N V E R N A L I . L A P R I M A I N R U S S I A “Citius! Altius! Fortius!”. Sochi 2014, pronti al via A Carolina Kostner, Arianna Fontana e all’intramontabile Armin Zoeggeler sono affidate tutte le speranze italiane di Federico Colosimo l countdown è praticamente finito. Mancano solo 3 giorni alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014. Sono riposte soprattutto negli uomini jet le speranze di medaglia della spedizione azzurra nello sci. Gli altoatesini Dominik Paris, Peter Fill, Christof Innerhofer e Werner Heel sono chiamati a confermare quanto di buono fatto vedere nelle prove veloci in Coppa del Mondo: il bilancio è di una vittoria (Paris nella discesa libera di Lake Louise) e due terzi posti (entrambi ottenuti da Fill a Beaver Creek). Tra le donne riflettori puntati sulle sorelle Elena e Nadia Fanchini (la prima vanta due terzi posti in stagione), capaci di grandi prestazioni se imbroccano la giornata giusta. Decisamente inferiori le chance di vittoria nelle discipline tecniche (slalom speciale e gigante), dove i maschi hanno ottenuto solo tre bronzi. Due con Patrick Thaler e uno con Manfred Moelgg. Quadro ancora più complicato in campo femminile: l’Italia schiera Federica Brignone, Denise Karbon e Chiara Costazza, protagoniste finora di I Da sinistra, in senso orario, Armin Zoeggler, Arianna Fontana e Carolina Kostner una stagione deludente. Nelle altre discipline, c’è grande attesa per Carolina Kostner, che nel pattinaggio andrà a caccia della sua prima, attesissima medaglia olimpica dopo le delusioni di Torino 2006 (9° posto) e Vancouver 2010 (dove finì addirittura 16esima). Nello short track Arianna Fontana proverà a ripetere l’exploit di 4 anni fa, quando nei 500 metri conquistò il bronzo regalando agli Azzurri la prima medaglia olimpica individuale nella disciplina. E poi c’è Armin Zoeggeler, “la leggenda”, che a 40 anni andrà a caccia nello slittino dell’ultimo acuto della sua formidabile carriera dopo aver messo già al collo 5 medaglie (2 ori, 1 argento e 2 bronzi) in altrettante edizioni dei Giochi. Quella di Sochi, in programma dal 7 al 23 febbraio, è la 22esima edizione delle Olimpiadi invernali. La prima in Russia. Dallo storico oro di Nino Bibbia a Saint Moritz 1948 (nello skeleton, disciplina inserita nel programma proprio in quella rassegna), passando per i capolavori di Alberto Tomba. Autore di una straordinaria dop- pietta tutta d’oro a Calgary (Canada) 1988 prima e ad Albertville (Francia) nel 1992 (gigante) dopo. Senza dimenticare una delle pagine più belle della storia dello sport italiano. Quella indelebile, scritta dal fondo nella staffetta 4x10 km a Lillehammer 1994. Quando lo sprint di Silvio Fauner batte al fotofinish l’idolo di casa Bjorn Daehlie, alzando le braccia al cielo di fronte a 150mila tifosi norvegesi che restano ammutoliti di fronte all’impresa azzurra. Difficile, ripetere capolavori del passato. Ma gli Azzurri devono ricordarsi che i primati mondiali sono fatti per essere battuti e un oro olimpico, quello sì, resta per sempre. “Più veloce!, più in alto!, più forte!” (Citius!, Altius!, Fortius!, motto olimpico usato per la prima volta in occasione delle Olimpiadi di Parigi del 1924). BASKET - AL PALAZZETTO DELLO SPORT FINISCE 72-80 Scandone indigesta per la Virtus Seconda sconfitta consecutiva per la squadra capitolina. Coach Dalmonte: “Decisivi i primi 20 minuti” di Fabrizio Cicciarelli n una domenica strana, con tanti risultati sorprendenti come le vittorie di Pistoia contro Sassari, di Bologna contro Siena e di Pesaro contro Cantù, l’Acea Virtus Roma non riesce ad avere la meglio sulla Sidigas Avellino, vera e propria bestia nera dei capitolini. Al Palazzetto dello Sport finisce 7280, al termine di una gara intensa e molto simile a quella del girone di andata: Roma soffre i due lunghi irpini Ivanov e Thomas, la Scandone tenta la fuga ma l’Acea riesce quasi ad azzerare il divario. Al contrario di quanto successo lo scorso autunno, stavolta i biancoverdi riescono ad accendere il proprio leader Lakovic, vero grimaldello degli irpini in occasione dei due strappi più importanti nella prima e nell’ultima frazione dell’incontro. Eppure la Virtus passa subito in vantaggio con una tripla di Jones, poi Avellino replica con i canestri di Cavaliero e Lakovic fino a trovare il +6 proprio con una tripla dello sloveno. Gli irpini allungano con Hayes, Roma rientra grazie ai punti di Mbakwe, autore di un’altra prova positiva, ma Ivanov chiude il primo quarto 19-28. Hosley e Baron provano ad accorciare le distanze, ma la Scandone risponde con Cavaliero e Dragovic, che all’intervallo portano la Sidigas sul + 14. «I primi 20 minuti sono stati profondamente condizionanti per il proseguo della gara spiega Luca Dalmonte, allenatore dell’Acea Virtus Roma -. Non abbiamo prodotto la nostra difesa, abbiamo concesso situazioni troppo facili, eravamo in ritardo tutti di mezzo passo, nelle esecuzioni e anche a rimbalzo offensivo. Proprio questo tipo di rimbalzi, 16 in tutto, hanno segnato la gara. Se ci pensate su 10 I tiri ben 4 hanno avuto rimbalzo offensivo. Troppi. E questo, unito alla difficoltà in attacco che abbiamo avuto ha fortemente indirizzato la partita». Nonostante tutto l’Acea torna in campo più reattiva in difesa e si lancia alla rincorsa degli ospiti con Mbakwe e Hosley. Avellino risponde con Thomas e Ivanov, ma Roma serra le fila in difesa e mette a segno un parziale di 10-0 con Hosley e Goss (26 punti per il capitano) che la portano sul -1 a 10’ dal termine. Qui la Virtus paga la fatica fatta per ricucire lo strappo, soprattutto a livello mentale: «La reazione c’è stata – prosegue Dalmonte -, siamo tornati a contatto ma la sforzo prodotto per rientrare ci ha fatto giocare gli ultimi minuti in affanno. E l’abbiamo pagato in termini di lucidità nelle scelte finali». Infatti la Scandone, nonostante l’uscita di Ivanov per falli, allunga di nuovo sul +8 con Dragovic e Lakovic. Roma tenta un’altra rimonta con Goss e Hosley, ma 6 lunghezze di distacco a 60” dalla sirena diventano una distanza troppo grande da colmare. IL TABELLINO Acea Virtus Roma-Sidigas Avellino 72-80 (19-28, 36-50, 60-61) Acea Virtus Roma: Goss 26, Jones 5, Tonolli ne, Righetti ne, D’Ercole 2, Hosley 20, Finamore ne, Alviti, ne Baron 6, Szewczyk 2, Moraschini, Mbakwe 11. All. Dalmonte Sidigas Avellino: Thomas 22, Biligha ne, Lakovic 13, Spinelli, Ivanov 18, Ianuale ne, Dragovic 10, Morgillo ne, Cavaliero 8, Hayes 9. All. Vitucci