il Bonfa - G. Bonfantini

Transcription

il Bonfa - G. Bonfantini
giornalino d’informazione scolastica
dell’ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE
“GIUSEPPE BONFANTINI” di Novara
n u me r o 2 – a n n o 4
APRILE 2013
27 settembre 1952 - 60° di fondazione
spotted: ma perché?!
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Difficile scrivere questo editoriale. Difficile perché lo devo sempre fare io
che non so scrivere bene come un giornalista, non ho argomenti sempre
adatti a questa piccola testata scolastica e non ho mai sufficiente
materiale per poter dare un mensile completo a questo bell’Istituto. Ma
in una sera di primavera come questa, dopo una giornata di tiepido sole e
di passeggiate all’aria aperta, seduto alla scrivania, davanti al computer
navigo per social network e… spotted! Ma perché? Perché? Perché? E, se
non si fosse ancora capito, Perché? Sarò diventato improvvisamente
intollerante, bigotto, vecchio (e forse ero già sulla buona strada!) ma
questa “cosa”, se così si può chiamare, un po’ (tanto!) arrabbiare mi fa!
Questa nuova moda che sta spopolando in rete in verità proprio nuova
non è, perché so che è nata due anni fa nelle università europee, per poi
diffondersi in altri Paesi. E l’Italia poteva farsi mancare una “cosa” di così
“straordinario” successo? Certo che no! Dei “bei” gruppi dove gli studenti
di una stessa università, scuola, luogo famoso, possono inviare messaggi
e commenti sugli altri frequentatori di quel luogo, mantenendo
l’anonimato, sfottendo, incolpando, deridendo... ma perché? Si può solo
confidare in amministratori di pagina responsabili e intelligenti che,
visionando ogni singolo post, possono bannare chi non rispetta le regole.
Ma come può lo stesso amministratore sapere che “effetto farà” sul
malcapitato soggetto a cui questo “bel” post è riferito? E poi perché
anche nelle scuole di Novara si è diffusa così rapidamente questa moda?
C’è ancora una dolorosissima ferita aperta di un fatto gravissimo legato al
cyberbullismo che ha destato grande tristezza e profondo cordoglio nei
primi giorni dell’anno, che ha riempito le prime pagine dei giornali
nazionali, che ha fatto scendere in piazza studenti “schifati” da questo
modo di comunicare offendendo e ora… ora spotted! In tutto questo c’è
anche chi si limita a piccoli sfottò ma forse non ci si rende conto che le
parole hanno un potere enorme, quando soprattutto sono le parole
“sbagliate” nel momento sbagliato, perché nell’oscurità le parole pesano
il doppio. Quindi perché non godere di queste giornate di sole per farsi un
bel giro baciati dal suo calore anziché cercare di denigrare qualcuno
anonimamente? E se il giro non lo si può fare perché si è seduti dietro un
banco di scuola magari si potrebbe anche evitare di postare una bella
frase inadeguata e offensiva rivolta al compagno di banco… in fondo lui o
lei sono lì! È anche un’arte saper tacere a volte e saper evitare di usare le
dita per digitare solo grandi sciocchezze: “È caratteristico dell'uomo
coraggioso parlare poco e compiere grandi imprese; è proprio dell'uomo
di buon senso1parlare poco e dire sempre cose ragionevoli”.
Gu. Ro.
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ciao QUINTINI !!!
S
a cura di Gu.Ro. con gli spunti di una professoressa e i rumori molesti di un corridoio umbro
eduto alla scrivania di un piccolo albergo umbro in un dopocena di inizio primavera, mentre fuori dalla porta
si sentono le voci e le risate di un’orda di “gitani”, a tratti controllate dal responsabile del piano che con voce
ferma interrompe ogni suono, lasciando quel silenzio caratteristico che solo dopo un temporale estivo si può
(non) udire. Ebbene sì! Un’altra volta in gita con la scuola, in previsione un’altra lunga notte di “controllore” di
suoni, rumori e… ormoni impazziti. Ma anche questa è scuola, anche questi momenti rimarranno scolpiti per
diversi anni, nei ricordi dei giovani partecipanti. Una grande occasione per “presentarsi” ai proff. anche fuori dal
contesto della classe, come una grande occasione è la scuola stessa. È forse la strada per arrivare a essere
persone libere, capaci di coltivare sogni, fare progetti e riuscire a realizzare desideri di ogni genere. Essere liberi
forse significa scrollarsi di dosso la pigrizia, smarcarsi dai pregiudizi e dalla noia, accettare quindi la sfida della
novità, lasciarsi conquistare dalla curiosità e alimentare la propria creatività. E chi questo percorso lo sta
concludendo dignitosamente anche al Bonfa, tra qualche mese, potrà volgere lo sguardo alle proprie spalle
scoprendo che la scuola è stata (e nonostante tutto: è ancora!) veramente una grande palestra per sperimentare
tutto questo. In tanti “quintini” bonfantiniani (perché se ci sono i “primini” ci saranno anche i “quintini” no?!, ndr) si
renderanno conto che non sono state le pagine di letteratura, di storia, di chimica, di estimo o di fitopatologia che li
hanno tenuti in ostaggio, ma è stata, ed è sempre, l’ignoranza che chiude l’orizzonte dei pensieri, è la
superficialità che omologa ogni cosa, è l’impazienza che brucia le energie migliori. Forse la vita non è
l’emozione di un brivido sulle montagne russe ma è l’appagante fatica di una camminata bella lunga in montagna.
Sto leggendo, mentre scrivo queste poche righe, un articolo con una teoria di una professoressa italiana, che si
trovava ad osservare quegli zaini con le rotelle. Quelli che spopolano soprattutto alle scuole elementari per
evitare di “appesantire” le schiene dei poveri remigini! Una geniale trovata commerciale, che affranca noi adulti
dalla paura di vedere i “poveri piccoli figlioli” con la schiena piegata, regalando l’illusione di evitare loro la fatica
di portare un peso sulle spalle: il “peso della cultura”. È anche l’illusione che con un insegnante coinvolgente, un
buon computer e un pizzico di astuzia si può imparare tutto e bene senza fatica. Ma in realtà sappiamo che non
funziona così: come gli zaini con le rotelle nella maggiore parte dei casi si sono rivelati poco efficaci, altrettanto
l’idea di imparare senza fatica si è rivelata un’illusione. Forse forse vale la pena avere la schiena un po’ storta, se
questo ci consente di raddrizzare il cuore. Ma nell’articolo c’è anche una simpatica teoria sull’uovo di Pasqua! Gli
adulti hanno davvero preso un gran gusto a fare le sorprese ai più giovani: fratellini e sorelline, I-Phone, viaggi,
motorini, dispositivi elettronici… ma cosa succede alle sorprese dell’uovo di Pasqua? Il dubbio è che accada lo
stesso per sorprese di altra entità! La “sorpresa” brucia emozioni e sentimenti in un tempo fulmineo. Al contrario,
ciò che si attende, desidera, conquista dopo tempo e fatica, ha un altro sapore, soprattutto nutre in modo più sano
il legittimo desiderio di felicità. Scrive sempre la sopracitata professoressa: “Penso che sia importante imparare a
SOSTARE nella contemporaneità. Conquistare la capacità di fare bene qui e ora, ciò che sto facendo. È ovvio non
sempre si fa ciò che si ama, ma si deve imparare ad AMARE SEMPRE ciò che si fa!”.
E allora, citando il buon Foscolo, ai “quintini” che lasceranno a breve le “sacre sponde” del Bonfa ma anche a
coloro che al Bonfa “fanciulletti giacciono” ancora: se nel vostro futuro volete tenere i piedi per terra, portate
qualche responsabilità sulle spalle e abbiate sempre pazienza, perché essa può far germogliare delle pietre, a
condizione di saper aspettare! Buona strada giovani! Io per ora aspetto ancora cinque minuti, poi uscirò dalla porta
della mia stanza e proverò a scatenare una breve grandinata cosicché, magari, possa tornare la calma nelle stanze
contigue a questo corridoio umbro e le pietre possano germogliare anche qui!
2
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LA
BIONDA DI CUREGGIO
a cura di Oscar Temporiti (3^B)
N
on si tratta di una bella ragazza ma della bionda per
eccellenza dei cureggesi! A Cureggio fino agli anni Sessanta
le cipolle venivano commercializzate con le zone vicine e
con l’intero Paese ma dagli anni Novanta vengono coltivate solo
per uso familiare. La cipolla “bionda” di Cureggio era nota, fin
dalle origini, per la sua grandezza (la più grande era di ben
mezzo chilo!) e per la sua dolcezza. Proprio così!
La bionda di Cureggio ha un sapore puramente dolce rispetto a
molti altri tipi di cipolla ma non per chi la taglia date le
numerose lacrime versate durante la preparazione. La cipolla bionda di Cureggio si coltiva solo sui
territori cureggesi e di Piano Rosa, una piccola frazione confinante, grazie alle peculiari caratteristiche
dei terreni prettamente argillosi. È coltivata anche nei territori di Fontaneto d’Agogna, infatti negli
ultimi anni il presidente della Pro Loco del Comune limitrofo, seguendo l’idea e il valido consiglio dello
chef dell’agriturismo “La Cappuccina” di Cureggio, ha deciso di recuperare questo tipo di cipolla, quasi
estinta, e di riportarla al suo “vecchio splendore”, come negli anni del dopoguerra e del boom
economico. Dopo numerose collaborazioni e, difficili ma importanti aiuti da parte degli anziani di
Cureggio e Fontaneto che hanno ceduto un po’ delle loro preziose sementi, si è riusciti nell’intento di
riprodurre la linea pura della cipolla
bionda per presentarla lo scorso
mese di ottobre allo stimato “Salone
del Gusto” di Torino riscuotendo
molto successo del pubblico italiano
Curegg
e non solo. A Torino boom di
COORDINATE
45°41′0″N 8°28′0″E
visitatori per lo stand che ha
ALTITUDINE
289 m s.l.m.
mostrato ai visitatori tutte le
SUPERFICIE
8 km²
eccellenze del territorio novarese. Ai
fornelli degli stand espositivi
ABITANTI
circa 2.600
anche Gianluca Zanetta, chef de “La
FRAZIONI
Cascine Enea,
Cappuccina” e motore della
Marzalesco, Piano Rosa
creazione del primo presidio Slow
COMUNI
Food a Novara. Nello specifico,
Boca, Borgomanero,
CONFINANTI
Zanetta, insieme ai sindaci di
Cavallirio, Fontaneto
Fontaneto e di Cureggio ha proposto
d'Agogna,Maggiora
la cipolla bionda che deriva da una
C.A.P.
28060
tradizione antica perduta per molto
PREFISSO
tempo che potrebbe davvero
0322
ritornare ad essere tra le più celebri
CLASSE
zona 4
al mondo.
SISMICA
CUREGGIO
(sismicità molto bassa)
ABITANTI
PATRONO
L’idea fondamentale, però, rimane
quella di promuovere questa cipolla
cureggesi
Madonna Assunta,
come presidio Slow Food.
15 agosto
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Cosa è Slow Food???
Slow Food è un'associazione internazionale no-profit che conta circa 100.000 iscritti, volontari e
sostenitori in 150 Paesi del mondo, ben 1500 condotte, le sedi locali, e una rete di oltre 2.000
comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, e soprattutto di qualità.
Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere l'interesse legato al cibo come
portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei
territori e delle tradizioni locali. Il motto di Slow Food è “buono, pulito e giusto”.
Tre aggettivi che definiscono in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo.
Buono relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un alimento, ma
anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni derivanti dal valore affettivo del cibo.
Pulito ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente.
Giusto, che vuol dire conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di
commercializzazione. La Pro Loco di Fontaneto d’Agogna intende aggiungere alla lista di prodotti con
marchio Slow Food la cipolla bianca di Cureggio e di Fontaneto che affiancherebbe, in qualità e
conoscenza in tutto il mondo, la cipolla di Tropea e la cipolla di Breme. È stata fatta domanda ai tecnici
e ai giudici di Slow Food che controlleranno il territorio, le tecniche di coltivazione, il rispetto
all’ambiente le concimazioni e la veridicità storica in modo da accertare al 100% la cipolla come
presidio Slow Food. Il riconoscimento donerebbe una grande prestigio a Cureggio e Fontaneto ma
anche al capoluogo di Novara che vedrebbe nascere nella sua provincia il primo presidio Slow Food.
Certo la strada è lunga e laboriosa, ma con l’aiuto di tutti quei cittadini interessati a coltivare nel
rispetto della tradizione questa nostra cipolla, siamo sicuri (noi abitanti “attivi” del territorio!) che
riusciremo in questo ambizioso progetto. Molti cittadini infatti hanno risposto positivamente al
progetto e si sono già attivati per la coltivazione.
4 aprile 2013 la notizia che la cipolla bionda di
Cureggio e Fontaneto ha ottenuto il presidio Slow Food:
È del
è il primo riconoscimento assegnato in tutta la Provincia
di Novara. L’accordo è stato firmato nei primi giorni di
aprile, con i rappresentanti del progetto dei Presidi
italiani, coordinato da Slow Food Italia con il supporto
tecnico scientifico della Fondazione Slow Food per la
Biodiversità Onlus. La Pro Loco di Fontaneto ha voluto
essere parte attiva nella riscoperta e nel rilancio di un
prodotto oramai in via di estinzione come la cipolla
bionda di Cureggio e Fontaneto, che rappresenta per
l’associazione un’occasione irrinunciabile per rafforzare e
qualificare
in
maniera ulteriore
la propria attività a favore delle Colline Novaresi. Sabato 15
giugno,
all’interno
della
rassegna
enogastronomia
“FontanetoArteSapori, Piemonte con gusto!”, verrà
ufficialmente presentato il presidio della cipolla bionda di
Cureggio e Fontaneto d’Agogna.
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I diplomati (e gli attuali studenti) del Bonfa che si raccontano
anche al di fuori della scuola: tra esperienze di vita
studentesca e novità nel mondo del lavoro
UNA VITA OLTRE IL BONFA:
VoLEVO fare la “pastoressa”
e ora VIVO DI NATURA!
dai monti della Valle d’Aosta Claudia Pavan (ex studentessa diplomata nell’a.s 2009/2010 nel corso B della Sede)
Già in altri numeri de “Il Bonfa” abbiamo avuto l’occasione di
leggere qualche scritto di questa ex studentessa ora
“montagnina per scelta” che ha sempre mantenuto i contatti
con le sue “radici bonfantiniane”. Qualche mese fa (e per il
ritardo della pubblicazione ce ne scusiamo) ci ha inviato la sua
storia di “pastoressa” valdostana. Una scelta di vita coraggiosa
di un esempio per tanti “indecisi” bonfantiniani.
M
i è stato chiesto di raccontare la mia storia e di come l’esperienza bonfantiniana
possa averla influenzata. Ed eccola.
Partiamo dagli arbori, quando ero una pischella e all’asilo le maestre ci dicevano di
disegnare cosa volevamo fare da grandi. I miei compagni erano dei gran sognatori. Le
femminucce disegnavano sé stesse in abiti regali, vicino a castelli e cavalli: “Voglio fare la
principessa”, squittivano sorridenti e sognanti. I maschietti si sbizzarrivano tra
acchiappafantasmi, supereroi, militari e qualche modesto meccanico. Io invece ero la
disperazione della maestra: dividevo sempre il foglio in due parti con una riga perché ero
sicura di non essere certa del mio futuro; o meglio, non sapevo quale delle due opzioni
scegliere. La prima era la ruspista. Si, avete letto bene, la ruspista! Sognavo di guidare
quei giganteschi caterpillar gialli e spostare tonnellate di terra di qua e di là. La seconda
era la pastoressa, così definivo il femminile di pastore. Mi raffiguravo in camicia a quadri
sopra al mio bel trattore con annesso rimorchio carico di balle di fieno e, al seguito, una
mandria di bestie. La maestra ogni tanto riprovava l’esperimento, sperando che un giorno
avrei disegnato anch’io una povera principessa illusa. E invece no. Niente da fare.
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A quattordici anni avevo le idee ancora molto chiare, le stesse di dieci anni prima:
stavo per iniziare la mia avventura bonfantiniana. Cinque anni splendidi, dei quali conservo
un ottimo ricordo. L’ultimo giorno della quinta coincideva con il primo della mia nuova vita,
quella che premeditavo da qualche tempo. Una decisione un po’ folle, lo riconosco, ma che
rifarei. Una scelta inizialmente poco appoggiata, soprattutto dai miei genitori, che hanno
però dovuto rassegnarsi ed accettarla. Sono scappata dalla pianura lombarda e mi
sono trasferita in Valle d’Aosta, nella nostra casetta delle vacanze. La pianura
sarà anche piena di virtù e comodità ma non era il mio habitat naturale tutto quel
piattume, quel caos e quella nebbia.
L’estate della maturità mi è servita da rodaggio: ho trovato un lavoretto e ho iniziato a
capire cosa significava vivere da sola. Fare da mangiare, lavare, stirare, ma soprattutto
pagare le spese e le bollette. Non è tutto rose e fiori emanciparsi dai genitori, ve lo
assicuro. Per fortuna sono sempre stata molto intraprendente e la svolta non è stata poi
così drastica. L’estate stava volgendo al termine e dovevo capire cosa fare del mio futuro;
continuare gli studi o cercare lavoro nel mio settore?
Beh, non ci crederete ma la risposta l’ho avuta dalla mia nonna: 90 anni di donna, un
italiano ostentato da un dialetto veneto marcato e curiosità da vendere. Eh già, è quello il
segreto della vita: essere curiosi. Un giorno mi chiese come fosse possibile che dai vulcani
uscisse “roba liquida”, così l’ha definì. Così ho cercato di spiegarle un po’ di geologia. Mi
guardava come se parlassi un’altra lingua. Allora ho deciso di semplificare il tutto: “Vedi
nonna, la Terra è come una grande arancia: la buccia è la crosta terrestre, mentre la
polpa è il magma, quella sostanza liquida che esce dai vulcani; se fai un buco nella buccia
dell’arancia, esce il succo”. E lei: “Ma mi no faso mìa busi ne ‘e ranse; mi le magno” (= ma
io non faccio mica i buchi nelle arance; io le mangio). Dopo vari tentativi sono riuscita a
spiegarmi e lei, tutta contenta, è corsa a spiegare alle sue amiche che la Terra era
un’arancia. Potrei citare altri mille divertenti episodi ma credo di aver reso l’idea di come
ciò che per noi è scontato, per chi è nato 90 anni fa non lo è affatto. Mia nonna ha
frequentato solo la prima e la seconda elementare; sa a malapena scrivere, con una
marea di errori ortografici, ma appena c’è
qualcosa che non capisce, chiede spiegazioni,
legge, si informa. Si incuriosisce e vuole capire
a tutti i costi. Io la invidio per questa sua innata
spinta alla conoscenza.
Un giorno mi chiese: “E dèso che te ghè finìo ‘a
scòa, cosa fài?” (= e ora che hai finito la scuola
cosa pensi di fare?). Così le ho spiegato che ero
indecisa sul da farsi: “Riconosco di avere
parecchia memoria, soprattutto per le cose che
mi interessano, e quindi di poter ottenere i
migliori risultati scolastici con il minimo dello
sforzo; d’altro canto però, sono consapevole del
fatto che studiare non fa per me, che non ne
ho voglia”. La sua risposta è stata secca e
determinante: “Io avrei voluto studiare ma non
ho potuto, a 8 anni mia mamma mi ha
mandata a lavorare in una fabbrica di sigari; tu
che puoi, non sprecare quest’occasione. Te ne
pentiresti”.
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Beh, in 90 anni ne metti da parte di saggezza. E cosi’ l’ho ascoltata.
La decisione di continuare gli studi era ormai presa, ora rimaneva da scegliere il “cosa”
studiare. Di mais, riso e grano non ne volevo più sapere, anche perché a 1400 metri di
quota, coltivare cereali non è l’ideale. Cosa c’è in montagna? Cosa può essere utile
imparare a conoscere laddove mi sono trasferita? Piante. Erbe, arbusti e alberi. Di ogni
genere e specie. E poi, animali selvatici: caprioli, cervi, camosci, stambecchi, cinghiali.
Ebbene si. La scelta non poteva che vertere sul corso di Scienze Forestali ed Ambientali,
nella Facoltà di Agraria, a Torino.
È iniziata così anche la mia avventura universitaria. In settimana a Torino per seguire le
lezioni e il fine settimana a casa, lavorando come cameriera in un ristorante, giusto per
potersi pagare le spese. D’estate però non si può rinunciare alla tradizione di passare un
mesetto in alpeggio.
È da quando ho 12 anni che, ogni estate, attendo questo momento. Quando alla
commissione di maturità ho presentato la mia tesina intitolata “L’alpeggio” ho destato
un po’ di perplessità. D’altronde l’alpeggio è uno stile di vita, una passione più che una
professione. A maggio si sale a piedi fino alle baite, a 1800 metri per poi spostarsi a 2300
metri a fine luglio, quando ormai la neve si è sciolta è i pascoli sono verdi. Quattro mesi di
duro lavoro, immersi nel silenzio delle montagne.
Sveglia alle 4:00, si accende il fuoco, ci si veste , si calzano gli stivali, secchio e sgabello e
si va in stalla. L’elettricità non arriva lassù quindi si munge a mano, al solo chiarore
dell’alba o di un frontalino quando il sole tarda a sorgere. La mungitura è un momento
magico lassù, scaldato dal calore delle bestie e scandito dal ritmo del latte che schizza nei
secchi. Le stalle sono piccole, basse, anguste e si finisce per mungere con la schiena
poggiata ai fianchi della vacca accanto; si può sentire il suo battito, il calore che emana e,
se è gravida, perfino i movimenti del vitellino. Ogni qualvolta il secchio si riempie, si corre
a svuotarlo nella cantina, nel grande paiolo. Finita la mungitura si torna in baita per una
tazza di caffè latte per
poi rimettersi subito
all’opera; la giornata è
solo all’inizio. Sono da
poco passate le 5:00 e
il
sole
inizia
ad
illuminare le cime. È il
turno delle capre: sono
un po’ più bisbetiche e
non
si
lasciano
mungere
tanto
facilmente, ma con un
po’ di pazienza si
ottiene tutto. Il latte di
capra viene poi posto in
un altro paiolo più
piccolo.
Smessi i panni da mungitrice è già ora di cambiarsi e indossare quelli di casaro. Il fuoco
arde ormai a dovere e ci si può apporre sopra il paiolo del latte. Per fare della buona toma
e della buona fontina, serve una mano esperta. Bisogna fare attenzione alla temperatura
del latte e alla quantità di caglio.
7
–
Non è stato semplice apprendere tutti i segreti per ottenere una buona forma.
Ci sono voluti mesi ed una buona dose di tentativi falliti! Dal latte di capra si ottengono
invece delle squisite formaggelle. Sono quasi le 9:00 ed è ora di portare al pascolo la
mandria. Oh come sono felici quando ti vedono entrare in stalla e sentono gridare il loro
nome davanti alla porta spalancata! Quelle bestie sono davvero intelligenti. Pochi
immaginano l’obbedienza e la fedeltà di questi animali. Ognuna ha il suo nome e ne
risponde se chiamata. Quando al mattino ancora sonnecchiano e faticano ad alzarsi per
esser munte, non c’è pacca o punzecchiamento che le convinca. Basta dire a gran voce il
nome giusto e stai pur certo che solo lei si alzerà. Certo non è semplice imparare a
distinguere 50 vacche ma basta osservarle bene e si scoprirà che ognuna di loro non ha
solo colori, pezzature e corna diverse, ma anche un carattere diverso.
Così si parte al pascolo, accompagnata da Moretto, il cane pastore. Anche pascolare è
un’arte; bisogna iniziare dal basso, dove la neve è già sciolta e l’erba è già verde, per poi
pian piano risalire, durante la stagione, fino ai pascoli più alti. Da fine agosto inizia a
nevicare e quindi si deve nuovamente scendere. La mandria è ubbidiente e il cane pastore
compie il suo lavoro in modo eccellente, perciò non c’è bisogno nemmeno di fili e paletti.
Nel frattempo si mettono fuori anche le capre. Queste non solo sono disubbidienti ma
sono pure dispettose! Appena la porta della stalla si apre schizzano fuori alla velocità della
luce e dopo pochi minuti le vedi lassù in cresta che ti sfidano ad andare a riprenderle.
Maledette.
Verso le 14:00 si comincia a tornare verso le baite con la mandria; le mucche tornano in
stalla, ognuna al proprio posto. Si girano le forme di toma che stanno angora sgocciolando
il siero e poi si mettono le gambe sotto il tavolo. Polenta, formaggio, pane, salame e un
buon bicchiere di vino. Quattro chiacchiere, un caffè ed è già ora della seconda mungitura.
I secchi colmi di latte e coperti di schiuma viaggiano dalla stalla alla cantina. Intanto c’è da
andare a recuperare quelle bestiacce: le capre. Tendi l’orecchio e le senti; le senti sempre.
Ma non le vedi mai. Una bella dose di santa pazienza, tanta voglia di camminare e un
frontalino in tasca, che non si sa mai. Attacchi su dritto il costone seguendo il rumore delle
campane. Passi la pietraia ed eccole lassù. Sono sempre più in alto di te. Meno male c’è
Moretto, il cane pastore, ma se le capre lo vedono si fiondano giù, dall’altra parte del
costone. Lui lo sa, quindi se ne sta quatto
quatto al mio passo fino all’ordine: “Moretto,
feit ou tzir!” (= Moretto, fai il giro!). Allora
corre svelto fino alla cresta, scollina sull’altro
versante e subito dopo riappare, preceduto
dal gregge che corre all’impazzata. Guardi
giù e ti rendi conto che l’alpeggio è diventato
piccolo-piccolo; hai ancora tutta la discesa da
fare, ma ora il gregge non ha scampo e si
può controllare. Prima di scendere si
approfitta sempre dell’ottima visuale per
assicurarsi che anche il gregge di pecore non
si sia allontanato troppo. Loro se ne stanno
sempre a zonzo, non tornano mai alle baite.
Ed è bello, a fine estate, ritrovarsi una
ventina di agnellini nuovi.
Tornata alla base, si viene accolti dal
profumo del latte: dalla seconda mungitura si
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otterranno altrettante forme di buon formaggio.
Le capre filano in stalla e noi in baita per la merenda: servono forze quassù! Prima di cena
si portano ancora un momento fuori le vacche; all’imbrunire tutti dentro e finalmente è ora
di cena. Una minestra calda è quello che ci vuole. Che atmosfera la sera quassù. Una
candela tremolante che illumina i volti stanchi, il silenzio rotto da frasi in patois che
echeggiano nella stanza e gli occhi di Moretto che reclamano un pezzetto di pane. La
stanchezza poi rapisce tutti velocemente e ci si addormenta in fretta con lo scoppiettio del
fuoco.
Ecco, tutto questo è l’alpeggio. Un’esperienza che consiglio a tutti, per provare cosa
significa “vivere di natura”, senza macchina, cellulari, computer, televisione, ma
nemmeno elettricità. Per mettere alla prova se stessi, non solo al lavoro fisico ma spesso
ai silenzi che la montagna offre, nei quali non si può far altro che riflettere, pensare,
immaginare. Azioni che, nella frenesia del mondo contemporaneo, pochi hanno il tempo di
compiere.
E ora? – direte. Che te ne fai di una laurea in Scienze Forestali ed Ambientali? Beh me lo
sono chiesta anche io. Purtroppo al giorno d’oggi, molti giovani sono laureati, il solo
diploma non conta più molto. Quindi per essere competitivi nel mondo del lavoro è quasi
indispensabile avere una laurea. Perciò iniziamo col conquistarlo questo pezzo di carta!
Tornerà sicuramente utile!
Cosa vorrò fare da grande in realtà non lo so ancora. Ho delle idee, dei sogni, delle piccole
ambizioni, ma nulla di sicuro. Abito praticamente dentro un parco regionale (il Parco
Regionale del Mont Avic – venite a visitarlo, è un piccolo paradiso!) e sarebbe l’ideale
trovare un posticino come guardaparco. Ma la selezione è tosta. Ciò non toglie il fatto che
bisogna provare! A fallire si fa sempre tempo, dice qualcuno!
Le alternative sono tante, così come le idee che mi frullano nella testa; vedere gestiti i
boschi della mia valle ad esempio, creando una piccola azienda forestale; o, perché no,
avviare una piccola attività vivaistico-forestale, raccogliendo in loco i semi dai boschi
migliori, da utilizzare nei rimboschimenti futuri; e poi un sacco di attività secondarie, poco
redditizie (quanto meno all’inizio), ma che secondo me hanno delle grandi prospettive, se
ben studiate, come ad esempio rivalutare i piccoli frutti e le varietà antiche di montagna,
coltivando mirtilli, lamponi, ribes, ma anche mele, pere, ciliegie e susine selvatiche;
ricavare prodotti di nicchia ma squisiti, utilizzando ciò che offre il bosco, cosa che ho
imparato a fare ormai da qualche anno grazie ai consigli del mio vecchio e dei montanari
di quassù: dalle pigne di pino cembro si ottiene ad esempio uno sciroppo ottimo per la
tosse che, con l’aggiunta di un po’ di grappa, diventa un delizioso liquore; così come,
aggiungendo del semplice alcool, si ottengono prelibati liquori al ginepro, al mirtillo, al
lampone, all’achillea, alla genziana e soprattutto al genepì; i pascoli alpini regalano spezie
(timo, cumino e ginepro), e prodotti per infusi e tisane (genziana, malva, achillea). Si
raccoglie inoltre l’arnica - un fiore giallo che guarisce le contusioni - e l’iperico, il cui olio
guarisce vesciche e scottature. Insomma, il bosco e la montagna in generale, offrono
un’enormità di risorse; bisogna solo scoprirle, conoscerle, saperle sfruttare senza
abusarne, gestirle in modo sostenibile e trarne il meglio.
Ecco questa è la mia storia, per ora; o meglio, mi auguro sia la prefazione di un bel libro
ancora tutto da scrivere e sfogliare e soprattutto a lieto fine!
Il resto delle pagine sta a noi scriverle. Nel migliore dei modi...
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IO AL BONFA CI SONO ANCORA MA...
di Alex Mancin (4^B)
S
alve a tutti, giovani lettori del Bonfantini, mi chiamo Alex Mancin o Mancio per gli amici,
e faccio parte della 4^ B. Questa è la prima volta che scrivo per il giornalino della scuola e
probabilmente anche l'ultima o forse no. Comunque mi piacerebbe raccontarvi la mia
esperienza nell'ambito scolastico, perché forse potrebbe aiutare chi, come il sottoscritto, è stato
bocciato o ha problemi (sempre di tipo scolastico). Partirei con il dire che non sono uno
psicologo e quindi non so come risolvere i vostri problemi, però magari leggendo questo testo
sulla mia esperienza di vita scolastica, vi posso aiutare a non dare nulla per scontato, finire gli
studi e diplomarsi…
Settembre 2007, lunedì, fu il mio primo giorno di scuola, fu un momento magico, ero piccolo
con tanti sogni e nessun problema, stavo per conoscere le persone, con cui forse avrei passato
cinque magnifici anni fino al diploma. Guardare per la prima volta il giardino botanico, i vari
laboratori, il clima all'interno della scuola era fantastico, professori e amici che ti sostenevano
e ti aiutavano, un'esperienza eccezionale, indescrivibile in queste poche righe. Ma, le cose belle,
purtroppo non durano in eterno; ed ecco qui che inizia la mia storia. Probabilmente a scuola,
alcuni di voi, mi conosceranno già, forse perché sono qui da ben sei anni (eh già proprio così!);
sono stato bocciato per due anni di seguito in quarta, ma non solo per i voti pessimi, poiché mi
è sempre piaciuto studiare, ma per le assenze. Avevo conseguito un così gran numero di
assenze che i professori non potevano fare altro che bocciarmi, anche perché non avevo
conseguito voti. A metà della quarta è iniziata questa mia lenta ed inesorabile discesa “verso
l'ignoto”, un mondo fatto di bugie e bigiate, molto spesso da solo, anzi sempre, anche perché,
detto tra noi, chi salterebbe la scuola per girovagare per Novara tutta la mattina in una fredda
mattina di dicembre? Nessuno!
E da lì, il mio declino, ancora oggi non so cosa mi abbia spinto a comportarmi così da idiota,
ma il passato è passato, il presente è oggi; e secondo voi, oggi, è cambiato qualcosa?
Assolutamente nulla, a parte che ho preso di atto della mia scelta e ne sto pagando le
conseguenze. Molto probabilmente verrò bocciato anche quest'anno, sempre per le assenze,
ma non voglio dilungarmi in cose inutili. Vorrei concludere con un consiglio, per tutti quelli a
cui non importa nulla studiare o che saltano la scuola… bhe, non fatelo! Non permettete alla
parte peggiore di voi stessi di rovinarvi l'adolescenza così, ne risentirà del vostro futuro sociale
e sopratutto lavorativo. Gli anni
alla scuola superiore saranno i
più belli della vostra (nostra!)
vita, e quando come me, avrete
occasione di ripensare a quei
giorni, buttati via come carta
straccia, rimpiangerete di non
aver studiato come non mai. Mi
spiace che questo articolo sia
stato un po’ triste o esagerato,
ma era proprio qui che volevo
arrivare per ricordarvi di non
arrendervi alle prime difficoltà,
lottare con tutti voi stessi finché
non
avrete
superato
le
difficoltà… e con
questo
concludo, buona giornata a
tutti!
10
–
da un contatto facebook alla visita d’istruzione
il 7 novembre del 2011 una mail nella posta privata di Facebook e una richiesta di amicizia dall’Umbria. Un ex studente del Bonfa che
presenta la sua esperienza lavorativa post diploma e riallaccia un rapporto con la “sua” cara vecchia scuola.
Ciao, sono Giampiero un ex allievo del Bonfa (1979-1984); abitavo a Uboldo vicino a Saronno, poi trasferitomi in alta
Umbria. Ho rivisto la scuola nel 1997 di passaggio da un corso in Piemonte. Nell'occasione cercavo don Giuseppe
Coldesina (insegnante di Religione per diversi anni al Bonfantini, ndr) ma era già scomparso. Ho incontrato alcune mie
proff. tra cui la Bombelli di Matematica e la mitica Pinto (che ho avuto solo in 5^ E) e mi sono trovato a dirimere una
disputa tra chi sosteneva l'esistenza in passato di un corso E (tesi Pinto) e chi no! Avrei molte notizie per ricostruire la
storia di quegli anni, da quando ci ha caricato la polizia in poi. Se conosci qualcuno interessato si faccia pure vivo. In
quell'occasione visto che la scuola era già in gita in Umbria ho convinto il preside Barracco ad allungare di un giorno il
loro soggiorno e visitare un museo e la mia piccola azienda biologica- biodinamica dove produco tuttora ortaggi e frutta
a costo zero. Le foto in allegato si riferiscono agli studenti e ai proff. presenti (circa 70) accompagnati dal prof.
Garavaglia di Azienda del corso B, forse ci sei anche tu o comunque conosci qualcuno di loro. Ti ringrazio della tua
pazienza e disponibilità, se volete visitare la Toscana e l'Umbria sono a vostra completa disposizione.
LA MIA STORIA DI EX BONFANTINIANO
tratto da “Il Bonfa” del novembre 2011 a cura di
Giampiero Maffeis (diplomato anell’a.s. 1983/1984)
G
razie alle nuove tecnologie ho ripreso i contatti con il Bonfantini,
dove ho trascorso gli anni cruciali e più spensierati della mia vita.
Ora vi racconto cosa ho fatto dopo quel venerdì 13 luglio 1984
il giorno degli orali, per la parte precedente ricca di aneddoti di uso storico
alla prossima puntata sempre se v’interessa. Mi sono iscritto a Veterinaria
per via della passione per il bestiame avendo respirato dalla tenera età, il
profumo delle stalle del nonno e degli zii. Ho avuto subito
un’offerta di due posti nel settore giardinaggio nel Saronnese (sono di
Uboldo), caso eccezionale normalmente le occasioni
capitavano dopo aver svolto il servizio militare
obbligatorio. Le basi le avevo costruite nel corso degli studi
raccoglievo i frutti di tante estati a lavorare in qualche azienda e di sabati
pomeriggio passati con pala e piccone alle calcagna di qualche
anziano per apprendere il mestiere. Li ho rifiutati lasciandoli ad
altri tra cui Paolo F. un carissimo amico anche lui del Bonfantini. Quando ci
incontriamo, ci confrontiamo sulle nostre differenti scelte di vita ci serve
per andare avanti. Da anni la mia famiglia progettava di crearci per noi tre
fratelli un futuro in altri luoghi, Alessandro era allievo del biennio al
Bonfantini, Silvia agli alti studi, come poi ha fatto. Ci siamo trasferiti in alta
Valle del Tevere al confine tra Toscana e Umbria (Arezzo - Perugia)
recuperando 70 ettari di terreni incontaminati in una conca montana 350-900 mt. s.l.m., ricchi di
emergenze storiche e naturalistiche. I terreni analizzati al Bonfantini mi davano a pH 7.2: molto
equilibrati con tanto humus, mai venuti in contatto con prodotti di sintesi e abbandonati da più di
venti anni ideali per l’agricoltura Biodinamica che seguivo in gran segreto da
un po’ di anni. Abbiamo iniziato a conoscere il territorio, gli usi e costumi locali, ascoltando gli
anziani, cosa facevano e com’era l’ambiente in cui operavano, una vera raccolta del sapere
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nella foto si possono distinguere la
prof.ssa Irrera, la prof.ssa Brotini e
il prof. Garavaglia durante il
viaggio d’istruzione nell’azienda
biodinamica di Giampiero Maffeis.
tramandato. In azienda è iniziato il
recupero degli ampi terrazzamenti,
allevando il bestiame e avicoli e cunicoli da
riproduzione. Coltivare tutto ciò che
occorreva per loro e farro, grano saraceno,
triticale, sfruttare gli ampi pascoli ricchi di
essenze, gli ortaggi e aprire un agriturismo
con le molte strutture presenti… purtroppo
un grave lutto in famiglia, dopo alcuni mesi
dal nostro arrivo, unito ad alcuni problemi
esterni, ha fatto ridimensionare tutti i
nostri progetti. Ci siamo spostati “più in
basso”, rimboccandoci le maniche,
risalendo la china applicando una regola
fondamentale: “mai abbattersi, la
notte più lunga eterna non è”,
specie se si è giovani. Sono riuscito a recuperare e ricreare una piccola struttura di circa 2 ettari
specializzandomi nella produzione di ortaggi e frutta di alta qualità, con i metodi dell’agricoltura
biodinamica, certificata biologica, vendendo direttamente al consumatore, affiancata all’allevamento
del bestiame base dei compostati. Qui c’è sempre da imparare, attenti al meteo per osservare
attentamente cosa avviene e affrontare i problemi con serietà e lungimiranza applicando tutto quello
appreso nei cinque anni al Bonfantini. Ho iniziato a collaborare con le scuole e istituti di ricerca in
progetti pilota (archeologia arborea, riproduzione di varietà in via di estinzione ecc). Sono iniziate
le visite in azienda con lezioni e dimostrazioni pratiche tra cui 70 vostri
colleghi nel 1997, le prime vere fattorie didattiche ora tanto in voga. Parallelamente (e questo già
negli anni della scuola) seguivo un metodico aggiornamento tecnico sulle più disparate diramazioni
non solo del settore agro-ambientale. Attraverso i molteplici canali di comunicazione che si stanno
evolvendo. Vi posso assicurare per me è un grande piacere ascoltare e confrontarmi con qualche
giovane tecnico, specie ora che la comunicazione è più agevole. Non mi è stato difficile conseguire ad
esempio l’abilitazione di guida escursionistica e di operatore nelle aree
protette e riserve naturali, come C.T.U., verificare progetti in commissione edilizia,
eccetera. So bene che la mia esperienza è un caso limite difficilmente ripetibile, non esente da
problemi, ma sono ancora giovane e vado avanti nonostante tutto. In base alla mia esperienza posso
suggerirvi di affiancare la preparazione tecnica a quella culturale e relazionale, saper comunicare,
avere tutti i sensi sviluppati e attivi, cercando nei meandri più nascosti del campo agrario e ambientale,
spingersi verso la “green economy”, distinguersi con intelligenza senza facili furberie nel settore della
produzione, non avere paura di sporcarsi le mani, la vostra autorevolezza e autostima viene da come
operate realmente non dall’effimero apparire.
Stare attenti a chi vi circonda
distinguendo il giovane con mentalità vecchia, dall’anziano con mentalità
giovane aperta. Il primo va scansato perché è la vostra rovina se non ve ne accorgete, mentre il
secondo va ascoltato attentamente e seguito: vi aprirà lui le porte che contano senza che ve ne
accorgiate. Cari studenti del Bonfantini siete voi il futuro e dovete esserne i
protagonisti affrontando la vita con entusiasmo e passione.
Siamo ormai prossimi alla fine dell’anno scolastico per la maggior parte degli studenti, poi il meritato
riposo… se qualcuno di voi alunni o docenti dovesse passare tra Toscana e Umbria, sarò a completa
disposizione per organizzare una visita in queste zone (arte e natura all’unisono fuori dal grande
traffico) a prezzi contenuti (solo alloggio e vitto). Chi volesse è e sarà il benvenuto!
(E GLI STUDENTI DELLE CLASSI TERZE A, D ED E HANNO ACCETTATO L’INVITO E PASSATO BEN 5 GIORNATE IN VIAGGIO
D’ISTRUZIONE NEI TERRITORI DESCRITTI DAL SIG. GIAMPIERO, ndr)
12
–
…
VIAGGIO
D’ISTRUZIONE
L
e gite scolastiche, oggi più formalmente riconosciute come viaggi di istruzione, sono da
sempre lo strumento educativo più apprezzato dagli studenti, i quali aspettano per tutto
l'anno scolastico quest'evento. Gli insegnanti ed i giovani allievi considerano però queste
uscite in maniera diversa sotto un'ottica differente. Mentre per i primi è parte integrante del
programma scolastico, per i secondi è ritenuto un momento di svago dove potersi divertire e
scatenarsi lontano dai “divieti famigliari”. Gli studenti credono che il viaggio d’istruzione
sia uno svago dove poter rimanere alzati fino a tardi, fare confusione in albergo,
divertirsi per le strade, insomma fare qualsiasi cosa si desideri. In realtà la gita è un
momento di socializzazione e d'apprendimento, un raccogliere informazioni reso più gradevole
dalla lontananza dall'edificio scolastico e forse anche da casa...
Sono molti gli scopi di una visita guidata, ad esempio conoscere nuovi luoghi, usi differenti e
culture diverse, infatti, spesso le classi che devono affrontare una visita guidata si dirigono
fuori dell'ambiente regionale e a volte, sempre più spesso, anche da quello nazionale. Inoltre
la gita scolastica può rafforzare le amicizie e magari crearne altre, in quanto si ha la possibilità
di conoscere le persone che stanno accanto fuori dell'ambito scolastico e quindi apprezzarle
anche per il profilo umano e non solo per quello di studente. Perciò un compagno escluso per
principio, escluso ad esempio perché non è abbastanza bravo a scuola, oppure perché la prima
volta che l'hai visto non ti è sembrato degno di interesse, potrebbe rivelarsi un possibile
grande amico con tanta disponibilità nei propri confronti.
Si potrebbe anche iniziare ad apprezzare persino il professore o la professoressa
che si stima poco a causa della materia che insegna o perché sembra troppo severo/a. Tutto
questo è possibile in una gita scolastica in quanto, oltre alle conoscenze ed all'istruzione,
possono emergere i veri caratteri delle persone sotto il lato umano. Durante questi momenti è
possibile anche approfondire determinati argomenti che non sono mai stati affrontati in classe
per mancanza di tempo o perché l'ambiente non era favorevole; in tal modo si possono
aumentare le proprie “sapienze”. Frequentemente accade però che le gite scolastiche vengono
annullate, o neppure programmate, a causa della cattiva condotta della classe, infatti, gli
educatori spesso non si vogliono prendere un compito che, con un gruppo troppo
movimentato, si potrebbe rivelare troppo impegnativo. E finalmente c’è chi tra i discenti avrà
un approccio diverso con le visite guidate, magari continuerà a considerarle come un
divertimento, ma cercherà di dimostrare maggior controllo in questi eccezionali “momenti
educativi”.
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cartoline con scatti
dalla settimana bianca a Gressoney – febbraio 2013
lunedì 4 febbraio
Partiti stamattina alle 8.10 dal
nostro Istituto, arrivati a
Gressoney verso le 11. Appena
arrivati ci hanno dato le
camere e gli skipass e chi doveva
affittare l’ attrezzatura ha
potuto farlo.
Dopo pranzo abbiamo fatto la
prima lezione dalle 14.00 alle
16.30. L’hotel questa sera ci ha
organizzato una “serata
discoteca” solo per noi e per un
altro istituto che c’è!
Ci divertiamo già tantissimo!
Alla nostra “cara” scuola
I.I.S. “G. Bonfantini”
corso Risorgimento, 405
28100 Novara Vignale
ITALIA
la 2^B
14
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E DALL’UMBRIA
Gli scatti del viaggio d’istruzione delle terze – marzo 2013
marzo 2013
La descriviamo così:
Giampi la guida,
Francesco l’autista,
le coltivazioni di tabacco,
la splendida Umbria,
le ottime osterie,
i fantastici paesaggi,
il nostro dialetto,
le giovani spagnole
e… NOI!
Cara scuola che non ci manchi
I.I.S. “G. Bonfantini”
corso Risorgimento, 405
28100 Novara Vignale
Ciao Bonfa!!!
sempar in ITALIA!
3^A, 3^D, 3^E
15
–
ED UN POST DALL’OLANDA
il viaggio d’istruzione delle classi quinte
16
–
A
dai la tua opinione su TEMI DI ATTUALITÀ o
PROBLEMATICHE D’INTERESSE PUBBLICO
o NELL’AMBITO SCOLASTICO
o sostieni le tue opinioni su ARTE, CINEMA E MUSICA
scrivi una mail a redazioneilbonfa@alice.it
¡ Sum 41 - storia e successi di un gruppo pop punk
PROVARE AD “ENTRARE NELLE CORDE” DI UN NUOVO GRUPPO…
di Samuele Pavia (2^ B)
I
Sum 41 sono un gruppo pop punk canadese originario di Ajax, cittadina dell'Ontario. La band è
stata fondata da alcuni studenti di una scuola superiore locale, 41 giorni dopo l'inizio dell'estate
da cui il nome del 1996, e precisamente il 31 luglio. Il gruppo è composto da Deryck "Bizzy D"
Whibley (voce principale, chitarra e tastiera), Jason "Cone" McCaslin (basso e voce secondaria), Steve
"Stevo32" Jocz (batteria) e Tom Thacker (chitarra e voce secondaria). La band è tra le più rilevanti
nel genere pop punk a livello mondiale, grazie soprattutto all'album di successo All Killer No Filler.
Il gruppo, però, ha collaudato altri generi avvicinandosi maggiormente al punk rock, all'hardcore
punk e all'alternative metal di cui sono prova gli album “Does This Look Infected?” e “Chuck”. Il
penultimo album, “Underclass Hero”, ha segnato il riavvicinamento da parte della band al pop
punk.
L'11 maggio 2006 Dave
"Brownsound"
Baksh,
cofondatore e chitarrista del
gruppo, ha deciso di lasciare
la band; da allora i Sum non
hanno
ingaggiato
altri
chitarristi in sostituzione di
Brownsound, ad eccezione di
Thomas "Brown Tom" Thaker
come
supporto
nelle
tournée.
Successivamente
Tom è entrato a far parte del
gruppo
come
membro
ufficiale. I Sum 41 hanno
avuto molte critiche sul loro
stile e modo di suonare,
"Rolling Stones" ne parla
dicendo: «Il gruppo, sono
17
–
musicisti essenziali, con un'attitudine sconvolgente che li avvicina alla vecchia scuola metal.
Sono punk del nuovo millennio, convinti maestri dell'intrattenimento in bermuda». MTV aggiunge
invece: «Questi ragazzi sono come un'insalata ben condita, un esempio della musica che trascina la
gioventù odierna. Punk-rock, hip-hop e skate rock sono la combinazione perfetta per questi leader
della nuova scuola». E infine: «Descrivere i Sum 41 come una derivazione dei Green Day è ingiusto.
Questa band attinge al 100% dalle proprie risorse, ha il suo stile e non ha bisogno di spacciarsi da
teenager» (Dotmusic.com).
Due canzoni dell'album "All Killer No Filler",
compaiono nella colonna sonora del film
American Pie 2. Le tematiche usate nelle loro
canzoni hanno spaziato dall’alto contenuto sociale
a contenuti "spensierati", ma vi sono anche testi
prettamente politicizzati seguiti o preceduti da
altri irriverenti senza soluzione di continuità.
Se da un lato, specialmente nei primi album, le
tracce esprimono serenità e voglia di divertirsi
,negli album successivi sviluppano un impegno
sociale maggiore, criticando la moderna società
nei suoi aspetti più contradditori. Insieme ad un
atteggiamento anti-bellico e di condanna
dell'azione di George W. Bush, come espresso in
Still Waiting, incentrato sulla guerra in
Afghanistan, We're All To Blame, Moron e March of
the Dogs, altri brani trattano i temi più differenti.
Così The Hell Song affronta implicitamente il
problema dell'AIDS, My Direction il numero impressionante di suicidi giovanili nel Nord America, All
Messed Up le droghe, Pieces e Walking Disaster, infine, trattano della solitudine nel mondo moderno
ed il rapporto conflittuale con la famiglia.
I Sum 41 hanno affermato che inizialmente la loro musica era stata profondamente influenzata dai
NOFX (citati spesso anche nei ringraziamenti dei dischi). È inoltre importante l'influenza dei
Beastie Boys, specialmente nelle sonorità hip-hop in “All Killer No Filler” e lo stile rapcore,
rintracciabile in “Fat Lip” e “What We're All About”. Il più recente “Does This Look Infected?” è
stato invece condizionato dallo stile dei The Offspring, come affermato dalla stessa band. Sono
inoltre presenti delle sonorità metal, provenienti da band come gli Iron Maiden.
I Sum 41 hanno, a loro volta, ispirato gruppi tra i quali si ricorda la band canadese dei Simple Plan,
che, all'inizio della loro carriera, avevano fatto come supporto live ai Sum 41. In una canzone
cantano di loro, nella quale si riferiscono ai Good Charlotte, ai Sum 41, ed ai Blink-182. I Sum 41
sono, per il modesto parere del sottoscritto, uno dei gruppi migliori che sono mai apparsi sul
mondo della musica.
Riuscire a passare dalla “Demenza e Commedia” di In Too Deep, per arrivare alla serietà di “Pieces,
Walking Disaster”, “With Me”, ed altri fantastici pezzi, non è molto facile. Perché non provare ad
ascoltare qualche canzone, potrebbero (a mio parere) piacere molto e chi lo sa, potrebbe
diventare una delle band preferite di qualche bonfantiniano... o anche no! Beh, questa spetta al
nuovo ascoltatore deciderlo! Alla prossima pseudo recensione per invogliarvi ad ascoltare “nuova”
buona musica! Ciauuuz!
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RACCOLTA DI
POESIE, PENSIERI
E
BRANI A CURA
DELLA SIG.RA DOLORES
UNA COLLABORATRICE SCOLASTICA DELLA SEDE PROPONE UN ANGOLO SPECIALE SU QUESTO GIORNALINO. UN ANGOLO
PER RIFLETTERE FACENDOSI ACCOMPAGNARE DA POESIE, PENSIERI E BRANI DI POPOLARI AUTORI DEL MONDO. DOLORES
APRE QUESTA FINESTRA SUL BONFA PER FAR PENSARE E COLPIRE NELLO SPIRITO CRITICO DI CIASCUN LETTORE.
I vostri figli non sono figli vostri. Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché vivano con voi non vi
appartengono. Potete donare loro amore, ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro
pensieri. Potete rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime: esse abitano la casa del
domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno. Potete tentare di essere
simili a loro, ma non farli simili a voi: la vita procede e non s'attarda sul passato. Voi
siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti. L'arciere vede il
bersaglio sul sentiero dell'infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano
rapide e lontane. Affidatevi con gioia alla mano dell'arciere; poiché come ama il volo
della freccia così ama la fermezza dell'arco. (KHALIL GIBRAN)
Khalil Gibran (arabo: ‫بران‬
‫ ج بران خ ل يل ج‬Jubrān
Khalīl Jubrān) nato a Bsharri il 6 gennaio 1883 e morto
a New York il 10 aprile 1931. È stato un poeta, pittore e filosofo libanese, di religione cristiano-maronita emigrò
negli Stati Uniti; le sue opere si diffusero ben oltre il suo paese d'origine: fu tra i fondatori, insieme a Mikha'il
Nu'ayma dell'Associazione della Penna (al-Rābiṭah al-Qalamiyyah), punto d'incontro dei letterati arabi emigrati
in America. La sua poesia venne tradotta in oltre 20 lingue, e divenne un mito per i giovani che considerarono le
sue opere come breviari mistici. Gibran ha cercato di unire nelle sue opere la civiltà occidentale e quella
orientale.Fra le opere più note: Il Profeta (scritto in inglese).
La grande tragedia della vita non è che gli uomini muoiano, ma che cessino di amare.
(WILLIAM SOMERSET MAUGHAM)
Nessuno, nemmeno i poeti, ha mai saputo calcolare
ciò che il cuore è in grado di reggere.
(ZELDA FITZGERALD)
19
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Quell'uomo aveva ucciso la cosa che amava, e pertanto doveva morire.
Eppure ogni uomo uccide la cosa che ama, che questo lo sentano tutti:
chi lo fa con uno sguardo amaro, e chi con una lusinga,
il codardo con un bacio, il coraggioso con la spada!
Chi uccide il suo amore da giovane, e chi lo uccide da vecchio;
chi lo strangola con le mani della lussuria, chi con le mani dell'oro:
i più pietosi usano un coltello, perché i morti si freddano così presto.
C'è chi ama troppo poco, chi troppo a lungo, c'è chi vende e c'è chi compra;
chi compie l'atto con molte lacrime, e chi senza un sospiro:
perché tutti uccidono la cosa che amano, anche se dopo non tutti muoiono.
(INES DE LA CRUZ)
Juana Inés de la Cruz, nata Juana Inés de Asbaje y Ramírez de Santillana, nata a San Miguel Nepantla il 12
novembre 1648 o, secondo altri, nel 1651, morta a Città del Messico il 17 aprile 1695. È stata
una religiosa e poetessa messicana, appartenuta all'ordine di San Gerolamo, famosa per le sue poesie. Scrisse
anche commedie, lettere, autos sacramentales e villancicos.
La vita è un dono, se vuoi.
Nessuno viene al mondo per sua scelta, non è questione di buona volontà,
non per meriti si nasce e non per colpa, non è un peccato che poi si sconterà.
Combatte ognuno come ne è capace. Chi cerca nel suo cuore non si sbaglia.
Hai voglia a dire che si vuole pace, noi stessi siamo il campo di battaglia,
la vita è un dono legato a un respiro, dovrebbe ringraziare chi si sente vivo.
Ogni emozione che ancora ci sorprende, l'amore sempre diverso che la ragione non comprende.
Il bene che colpisce come il male, persino quello che fa più soffrire.
È un dono che si deve accettare, condividere poi restituire.
Tutto ciò che vale veramente che toglie il sonno e dà felicità,
si impara presto che non costa niente, non si può vendere né mai si comprerà.
E se faremo un giorno l'inventario sapremo che per noi non c'è mai fine,
siamo l' immenso ma pure il suo contrario, il vizio assurdo e l'ideale più sublime.
La vita è un dono legato a un respiro, dovrebbe ringraziare chi si sente vivo.
Ogni emozione, ogni cosa è grazia,
l'amore sempre diverso che in tutto l'universo spazia
e dopo un viaggio che sembra senza senso arriva fino a noi.
L'amore che anche questa sera, dopo una vita intera,
è con me, credimi, è con me.
(INES DE LA CRUZ)
Ha da essere un poeta sulla Luna ad allunare:
con la testa nella Luna lui da un pezzo ci sa stare...
A sognar i più bei sogni è da un pezzo abituato:
sa sperare l’impossibile anche quando è disperato
Or che i sogni e le speranze si fan veri come fiori,
sulla Luna e sulla Terra fate largo ai sognatori.
(INES DE LA CRUZ)
20
–
CONCORSI &. .
i bonfantiniani con i loro proff. partecipano
e si confrontano a suon di concorsi.
Ecco il racconto di un’esperienza del concorso “diventiamo
cittadini europei” di Mirko Gerosa (4^B)
“Tutti i testi fondamentali dell'Unione Europea dal trattato di Lisbona alla Carta
dei Diritti Fondamentali assegnano all'Unione il compito di realizzare un modello
di sviluppo sostenibile dal punto di vista sia ambientale sia sociale. La grave crisi
mondiale in atto evidenzia invece la sempre maggiore insostenibilità di sviluppo
di fatto fin qui perseguito in gran parte del Mondo. Come si può uscire da questa
situazione? Cosa dovrebbe fare l'Unione Europea? Cosa dovremmo fare noi in
quanto cittadini per contribuire alla sostenibilità dello sviluppo?”
S
ono Mirko Gerosa, frequento la classe 4^ B ed è il terzo anno
consecutivo che partecipo al concorso “Diventiamo Cittadini
Europei”, bandito ed organizzato dalla Consulta Regionale Europea
del Piemonte.
Nel corso del secondo anno di studi ho partecipato al concorso, ma non ho
avuto alcun riconoscimento; non posso negare che in quel momento ho
provato un pizzico di delusione, che non mi ha certo scoraggiato dal
ritentare l'anno successivo. La prima vincita, tanto auspicata, é giunta l'anno scorso e con essa la
premiazione ufficiale a Torino e il fantastico viaggio di quattro giorni a Berlino!
Quest'anno ho riprovato e, con l'aiuto della professoressa Anna Maria Papadopoli, ho vinto di
nuovo! L'attesa è stata forse un po' più lunga dell'anno scorso, ma la notizia della seconda vittoria
mi è stata comunicata dalla professoressa, che mi è venuta incontro sorridente, mentre rientravo
con i miei compagni dalla lezione di agraria!
Il tema che ho svolto è stato: “La crisi attuale dell'Europa ha posto in primo piano il problema
della solidarietà fra i diversi Stati membri dell'Unione, in particolare fra quelli più sviluppati e
finanziariamente stabili e quelli in condizioni più difficili. Come conciliare le esigenze e le ragioni
di questi due diversi tipi di popoli e Stati in un quadro economico, sociale e istituzionale comune?
Come fare in modo che i contrasti derivanti dai diversi interessi e dalle diverse visioni (la
solidarietà e il rigore contrapposti) non mettano in pericolo la “casa comune” faticosamente
costruita negli ultimi decenni e offrano al contrario l'occasione per un decisivo rafforzamento e
completamento dell'unità politica dell'Europa?”.
Il lavoro di ricerca su siti e testi mi ha impegnato circa due mesi, poi mi sono dedicato alla
stesura e alla revisione del lavoro; quando il tutto era completo, corretto e corredato di tabelle e
grafici, è stato inviato alla commissione di valutazione del concorso “Diventiamo Cittadini
Europei 2012-2013”. La premiazione ufficiale avverrà il 16 maggio a Torino dove, oltre alle
professoresse accompagnatrici ci sarà anche Alessia Novella (3^D), l'altra vincitrice del concorso
del nostro Istituto. Il premio finale sarà un viaggio a Bardonecchia della durata di cinque giorni.
Ritenterò l'anno prossimo? Si vedrà! Intanto consiglierei anche a voi studenti e lettori de “Il
Bonfa” a partecipare a questo e ad altri concorsi o ad iniziative culturali non solo per un
arricchimento personale, ma anche perché, in certi momenti, ci si sente davvero protagonisti.
21
–
1 studente, 3 studentesse
e…
una serra
a cura delle prof.sse Giovanna Cosentino e Lara Tacchino
in collaborazione con le prof.sse Jennifer Bovolenta e Sara Bechis
Manuel, Silvia, Giorgia e Vanessa quattro ragazzi “speciali” per
un progetto altrettanto singolare. Le mansioni svolte seguendo il metodo
biodinamico nel tunnel – serra dell’Istituto. Qualche domanda (con relative
risposte) ai protagonisti di questo percorso naturalistico che segue il
calendario biodinamico e che impegna diversi studenti e diverse studentesse
nella pratica agronomica negli orti della Sede coordinati dalle assistenti
comunali e dai proff. Domenico Sismo e Franco Belloni.
1. Quale metodo di coltivazione stiamo utilizzando?
Silvia: stiamo usando il metodo biodinamico.
2. Cosa prevede questo metodo?
Vanessa:
secondo questo metodo i semi devono
essere interrati in giorni precisi.
Silvia e Manuel:
sul sito di Barbanera abbiamo
trovato il calendario biodinamico che è molto
complesso e che abbiamo tradotto e messo in tabella
per facilitarci il lavoro.
3. Che cosa avete fatto in serra?
Silvia:
abbiamo
piantato dei semi di
ravanelli, di spinaci, di
lattuga… alcune piante
sono state messe
prima nei vasi come i
pomodori, i peperoni e
le melanzane.
CHI È BARBANERA?
TRADIZIONE
VUOLE
CHE
BARBANERA SIA VISSUTO A
FOLIGNO. CRESCIUTO IN UNA
NUMEROSA FAMIGLIA, ANDÒ
GIOVANISSIMO A STUDIARE IN
CONVENTO. BEN PRESTO PERÒ,
SPINTO
DA
UNA
FORTE
VOCAZIONE EREMITALE, LASCIÒ
LA
VITA
MONASTICA
PER
ISOLARSI E DEDICARSI ALLA
CONTEMPLAZIONE DEL CIELO.
LA SUA CASA RIMASE TUTTAVIA
SEMPRE APERTA AGLI ABITANTI
DEL
CONTADO
AI
QUALI
DISPENSAVA
CONSIGLI
E
PREVISIONI.
SOPRATTUTTO
BARBANERA AVEVA UN AMICO E
DISCEPOLO, SILVANO, CHE LO
RAGGIUNGEVA
PERIODICAMENTE E AL QUALE
COMUNICAVA,
ALL'APPROSSIMARSI DI OGNI
NUOVO ANNO, LE PREVISIONI
PER IL TEMPO A VENIRE CHE LUI
POI DIFFONDEVA IN CITTÀ.
SITO INTERNET: www.barbanera.it
Silvia, Giorgia, Manuel e Vanessa:
abbiamo tolto le
erbacce e abbiamo bagnato le piantine.
22
–
4. In aula come si è svolto il lavoro?
Silvia, Giorgia, Manuel e Vanessa:
abbiamo creato delle “carte d’identità” per ogni
ortaggio piantato, nelle quali abbiamo messo: una foto del frutto, la famiglia, la varietà
e la data della semina. Le carte sono state messe, una copia nel nostro diario di bordo e
una plastificata nella serra. Stiamo facendo delle foto sia dei momenti di lavoro, sia
della crescita delle piantine (germoglio, pianta e frutto).
Silvia:
abbiamo creato delle schede di approfondimento in cui abbiamo indicato, per
ogni ortaggio, delle note generali, come si riproduce, come si raccoglie, le proprietà e i
consigli d’uso.
5. Quali sono state le vostre impressioni, cosa vi è
piaciuto, cosa avete imparato?
Silvia:
mi è piaciuto lavorare in auletta, usare il
computer e fare i cartelloni. Ho imparato cose nuove
su alcuni ortaggi che mangio sempre, ad esempio che
il cetriolo si può usare anche in faccia perché fa bene
alla pelle.
Vanessa:
mi è piaciuto stare in auletta a parlare
delle verdure e seminare i piselli.
Giorgia:
mi è piaciuto bagnare le piante, fare il
cartellone del metodo biodinamico con i disegni dei segni zodiacali e scrivere le schede
al computer. Ho capito che non si possono seminare le piante in giorni qualunque ma
che occorre farlo in quelli indicati nel calendario.
Manuel:
mi è piaciuto togliere le erbacce, bagnare anche perché sono l’ unico che
riesce ad aprire il rubinetto dell’acqua.
6. Lavorare nell’orto è
stato utile per imparare?
Silvia:
sì, anche se sono stata un po’
sfortunata con il tempo. Mi sono accorta
che quello che ho studiato in questi anni
mi è stato utile nel lavoro pratico.
Vanessa: sì, per imparare a seminare.
Giorgia: a strappare le erbacce.
Manuel: ho imparato a seminare,
a
preparare il terreno prima di piantarci le piante. Secondo me è stato molto più utile
lavorare nell’ orto e fare le cose praticamente che non studiarle sui libri.
23
–
il Bonfa on-line: il sito www.bonfantini.it e il profilo facebook
WWW.BONFANTINI.IT
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SPECIFICHE DOCENTI, DISCENTI E
GENITORI * MODULISTICA *
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24
–
LO STUDENTE CHE APPROFONDISCE
Il Bonfa
INCURIOSITO
COLTIVARE HI-TECH
A CURA DI ALESSANDRO MINIO 5^A ( ARTICOLO ON LINE SEZIONE STUDENTI – NOVITÀ SU WWW.BONFANTINI.IT )
Q
uando si parla di gestione di un'azienda ad alta tecnologia, difficilmente si pensa
all'agricoltura. L'immagine di questo settore, pur se molto evoluto grazie alla rapida
meccanizzazione, è considerato infatti particolarmente tradizionalista e focalizzato su
modelli ben definiti. Da sempre gli agricoltori hanno fatto leva sulle proprie forze, e su
un'esperienza che vale più di qualsiasi innovazione; chi ha passato la propria vita a coltivare
campi, si trova in difficoltà ad affrontare nuovi scenari, fondati magari sull'elettronica.
Nonostante questo, anche nel campo agricolo, c'è chi è riuscito a fare un passo avanti ed a
immaginare un panorama nuovo, abbandonando i vecchi schemi, per affrontare un futuro più
affascinante rispetto al passato. È il caso dell'Azienda Agricola “Bellaviti”, in provincia di
Milano, gestita da oltre quarant'anni da Mario Bellaviti. L'azienda milanese presenta un
contrasto tra vecchio e nuovo,
tra il passato di un'affascinante
architettura rustica e il futuro
di una stalla dove una sola
persona è in grado di mungere
oltre 160 capi in meno di due
ore. L'Azienda “Bellaviti” può
essere considerata una delle
aziende più Hi-Tech d'Italia, sia
per le strutture che per la
gestione. L'azienda è stata una delle prime ad abbandonare la stabulazione fissa per convertirsi
alla stabulazione libera durante i primi anni Sessanta; oggi ha scelto la strada dell'innovazione
25
–
investendo sulla meccanizzazione e su una stalla dotata di sistemi molto evoluti. Con una
superficie di circa 130 ettari (circa 2000 pertiche milanesi), l'allevamento possiede attualmente
450 capi con una media di 150-200 vacche in lattazione. La produzione aziendale è oggi quasi
completamente autosufficiente all'alimentazione degli animali, così come anche la forza lavoro,
in quanto tutta l'attività viene seguita da Mario Bellaviti, affiancato dalla moglie, dal figlio e
da un addetto alla mungitura. In azienda quindi vengono prodotti foraggi e mais in quantità
sufficiente alla necessità della stalla. Grazie all'intervento della tecnologia si è riuscito a ridurre
consistentemente la manodopera: oggi in sole quattro persone si porta a termine lo stesso lavoro
che fino a pochi anni fa ne richiedeva una trentina.
La stalla è controllata da un computer che controlla e gestisce l'alimentazione, i calori e la
produzione di latte dei bovini. Il punto di forza è la particolare sala di mungitura, che consente
di ridurre notevolmente i tempi, attraverso una gestione in grado di ottimizzare le altre
operazioni. La sala prevede una linea centrale e due file laterali: mentre i capi di una fila
vengono munti, i capi dell'altra fila vengono preparati alla mungitura, evitando così tempi morti,
risparmiando circa due ore al giorno per la mungitura. Inoltre, sull'orecchio dell'animale è posto
un clip magnetico che permette, durante la mungitura, il riconoscimento dell'animale e la
registrazione dei parametri di lattazione per ciascun capo. Tutti gli animali sono quindi
controllati con un computer, sia per quanto riguarda la lattazione e la mungitura, sia per la
gestione dei calori. A tutte le bovine viene applicato un collare rilevatore di attività che invia un
segnale al computer del momento più idoneo alla fecondazione. Questi dati vengono controllati
due volte al giorno per rendere molto più efficiente l'attività riproduttiva delle bovine.
Introdurre le più avanzate tecnologie
nell'azienda agricola, permette non solo di
ridurre la necessità di manodopera e quindi di
ridurre i costi, ma anche soprattutto migliorare
la salute, il benessere e quindi la produttività
degli animali. Nella realizzazione della nuova
stalla, si è voluto fare un passo avanti,
producendo energia attraverso il fotovoltaico,
collocando circa 800mq di pannelli sulla falda
sud della stalla, realizzando così un impianto
da 100 kW. L'energia prodotta viene reimpiegata nell'azienda per l'illuminazione e tutte le
operazioni che necessitano di elettricità, mentre la parte in esubero viene commercializzata a
livello locale. Per il futuro c'è già in programma di ampliare l'impianto fotovoltaico fino a 500
kW, oltre che investire su nuove strutture che permettano l'ampliamento dell'allevamento per
gestire grosse quantità di bestiame.
26
–
L’ECONOMIA
AGRARIA
TE LA SPIEGO IO (forse!)
Tutte le varianti bonfantiniane tratte
dalle verifiche della tanto odiata materia!
I prodotti di scorta sono le balle.
L’imprenditore gestisce le faccende in cui è affaccendato.
Esistono l’imprenditore concreto e l’imprenditore nullo.
Vi sono i pozzi artigiani in tutta l’area aziendale.
La razza Frisona Piemontese produce tanto tanto latte.
Oltre allo spazio interno c’è il pavimento del paddock è incimentato.
I tubi del recinto sono zingati.
Il clima è continentale caldo con inverni miti in tutta Novara.
Utilizzare la seminatrice irrigante.
In azienda è presente il letamaio è utile per nutrire il bestiame.
La casa è estesa per 100 mq. e ha 10 vani.
Inverni molto freddi con temperature pari a 17 °C di media.
La vacca fa 4 allattazioni, poi muore.
Come parco macchine teniamo u’ girello da 6 metri e du’ trattori.
Lavoratori avventtizzi eccezzionalli.
La descrizione deve essere sintetica ma estenuante.
COS’È LA RIMONTA INTERNA?
IPOTESI 1
La rimonta è la fecondazione di una vacca ed è interna se l’animale è fecondato
nell’azienda, esterna se fecondato fuori dal cancello dell’azienda.
IPOTESI 2
La rimonta è la sostituzione del bestiame che viene interamente sostituito
annualmente.
IPOTESI 3
La rimonta è il momento in cui la vacca gravida supporta il vitello nella crescita
cedendogli le sue riserve energetiche e si impegna a fornire un’adeguata alimentazione
per evitare disfunzioni nella vacca per mancanza di riserve come ad esempio un bel
collasso puerperale.
27
–
la bacOca
una sorta di bacheca che raccoglie tutte le stranezze e le frasi da ricordare che
rendono più allegre le lezioni e le “avventure” scolastiche
è possibile segnalarle a redazioneilbonfa@alice.it
le “SPECIALI” NOTE DISCIPLINARI
sui registri delle classi italiane
L’alunno L.P. durante l’ora di educazione fisica insegue le compagne di classe sventolando
in aria lo scopino del water
L’alunno P. durante la lezione di educazione fisica usa la pertica come simbolo fallico
Si espelle dall’aula l’alunna M. perché ha ossessivamente offeso la compagna Sabatino
Domenica chiamandola week end
La classe nonostante i continui richiami del professore continua imperterrita durante le ore a
emanare flatulenze senza che i colpevoli si dichiarino e l’aria ormai è resa irrespirabile da tali
esalazioni. Si prega di fare nota ai genitori di tale maleducazione
Gli alunni R. e G. incendiano volontariamente le porte dei bagni femminili per costringere le
ragazze ad utilizzare il bagno maschile
L’alunno S. è entrato in aula, dopo essere stato per 20 minuti al bagno, aprendo la porta
con un calcio; ha fatto una capriola e ha puntato un’immaginaria pistola verso l’insegnante
dicendo “Ti dichiaro in arresto nonnina!”
L’alunno V. giustifica l’assenza del giorno precedente scrivendo “credevo fosse domenica”
B. e S. chiudono in bagno una loro compagna perché ritenuta da loro “cesso”
Gli alunni B. e B. durante l’ora di italiano compiono irrispettosi esperimenti di balistica usando
proiettili di carta e saliva contro il ritratto dell’Onorevole Presidente della Repubblica. Si
giustificano dicendo di necessitare un bersaglio
P. non svolge i compiti e alla domanda “Per quale motivo?” risponde “Io c’ho una vita da
vivere”
Gli alunni P. e A. alle ore 10.25 escono improvvisamente dall’armadio
redazione de “Il Bonfa” – responsabile docenti (quello con cui prendersela se non andasse bene qualcosa) prof. Guido Rossi;
hanno collaborato a questo numero Oscar Temporiti, Claudia Pavan, Alex Mancin, Giampiero Maffeis, Mattia Bono, Samuele Pavia,
sig.ra Maria Dolores Sanchez Torres, Mirko Gerosa, prof.ssa Anna Maria Papadopoli, prof.ssa Giovanna Cosentino, prof.ssa Lara
Tacchino, prof.ssa Jennifer Bovolenta, prof.ssa Sara Bechis, Manuel Bellantone, Silvia Corrao, Giorgia e Vanessa Brognoli, Alessandro
Minio, prof. Germano Zurlo, Mattia Bauccio, prof.ssa Micaela Saronni, sig.ra Antonella Camerlengo, fonti bibliografiche e internet
citate negli articoli di riferimento, sorrisi, consigli e critiche pertinenti e costruttive. E speriamo di non aver dimenticato nessuno!
STAMPATO IN PROPRIO – Vignale (Novara),
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