Untitled - Unidos S.r.l.

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Questo volume è stato realizzato dal
Convitto Nazionale “Mario Pagano”
con il contributo di:
Presidenza del Consiglio Regionale del Molise
Provincia di Campobasso
Comune di Campobasso
Direzione Generale Scuola
La pubblicazione dei documenti è stata autorizzata dal
Direttore dell’Archivio di Stato con nota del 6 maggio 2009,
prot. n. 0002278/28.28.00/1
Referenze fotografiche
Le foto di p. 93 e p. 108 sono tratte dall’Annuario
del Convitto Nazionale “M. Pagano” del 1927;
la foto di p. 113 è tratta dall’Annuario
del Convitto Nazionale “M. Pagano” del 1928-1929.
© Palladino Editore: pp. 4-5, 204, 238, 239, 240, 245, 246,
248, 249, 251-261, 263, 264, 266, 267, 268, 270, 271, 272.
Progetto grafico e impaginazione
Antonio Iannarelli - Palladino Company
© 2009 Palladino Editore - Convitto Nazionale “M. Pagano”
86100 Campobasso
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La riproduzione in qualsiasi forma,
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(elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo,
compresi cinema, radio, televisione, internet)
sono vietate senza l’autorizzazione scritta
dell’Editore e del Rettore del Convitto Nazionale “M. Pagano”.
ISBN 978-88-8460-130-8
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Sergio Bucci
Il Convitto Nazionale
“Mario Pagano” di Campobasso
Ieri, oggi, domani
con contributi di
Oreste Boffa e Simonetta Tassinari
prefazione di
Aldo Barletta
Rettore Convitto Nazionale “Mario Pagano”
palladino editore
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Prefazione
Questo libro l’ho fortemente voluto. La storia del Convitto
“Mario Pagano” di Campobasso doveva essere conosciuta e
divulgata e per questo non potevano bastare i ricordi dei tanti
che nelle sue aule si sono formati ed educati. La memoria è,
purtroppo, labile e nel tempo si disperde nei meandri dell’immaginazione allontanando la storicità degli eventi. Una necessità storica e ineluttabile, dunque, la pubblicazione di questo
libro che dovrà essere un riferimento per l’illustre passato, ma
anche stimolo e insegnamento per un migliore futuro.
Nessuna occasione poteva essere più adeguata dei festeggiamenti per il bicentenario. Tutto è stato possibile grazie all’entusiasmo, alla condivisione e dedizione del Consiglio di Amministrazione e ad ognuno dei suoi componenti va per sempre la mia
personale gratitudine.
Grazie anche all’autore Sergio Bucci che ha saputo ricercare e raccontare la bella storia del “Mario Pagano” dando ad
ogni notizia un palpito di emozione e di vissuto che farà rivivere
nei tanti giovani cha da qui sono passati, quel sentimento di forte, indimenticata appartenenza. Riconoscenza a tutti coloro che
hanno operato e collaborato perché in questo Convittoi ragazzi
trovassero sempre dottrina e amore. Mi riferisco ai docenti, agli
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educatori, al personale di segreteria, ai collaboratori scolastici
e a tutto il personale non docente; una particolare menzione
al Direttore Amministrativo, signora Stefania D’Abramo che,
con pazienza e competenza, ha dato contenuto professionale ed
amministrativo alle tante iniziative, rendendo possibile anche
questa encomiabile opera.
In essa rivivono tutti gli anni di quel passato in cui il Convitto
era l’unico luogo dove i ragazzi molisani e non trovavano occasione di emancipazione culturale e sociale, in grado di renderli
competitivi su tutto il territorio nazionale. Dal “Mario Pagano” sono passati tanti bravissimi studenti e ottimi docenti. Elencarli sarebbe superfluo e forse tedioso, ma è utile sapere che in
tanti hanno poi vissuto ed operato nei più svariati posti d’Italia
occupando ruoli di grande prestigio, distinguendosi sempre per
capacità professionali, umane e relazionali. Una storia importante, dunque, quella del Convitto e saperla leggere renderà più
motivante la scelta dei tanti giovani che qui studiano e dei tanti
che qui studieranno. Il libro non è, comunque, solo una culla di
ricordi, ma il racconto esaustivo del percorso storico, sociale
ed educativo dal momento istitutivo ad oggi. Esso si arricchisce
anche per la pregiata e colta collaborazione della professoressa
Simonetta Tassinari, docente di questo liceo, che ha chiarito il
valore didattico-educativo di questo Convitto, e del professor
Oreste Boffa, dello stesso liceo, il quale ha raccontato le preziosità artistiche ed architettoniche in esso contenute.
“Ieri, oggi e domani”: il titolo del libro appare, dunque,
come una magica sintesi di uno straordinario percorso di vita
e di studio in cui i protagonisti non sono stati solo gli studenti,
ma anche i tanti Rettori, Vice-Rettori educatori e docenti che
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con encomiabile dedizione hanno insegnato ed educato decine
di generazioni di giovani che ricordano sempre e dovunque il
loro Convitto e i loro maestri. Io stesso, nel presentare questo libro, avverto una certa emozione che non voglio nascondere. Ho
vissuto la mia intera vita professionale nei Convitti Nazionali e
me ne sono innamorato. Ricordo il “Cirillo” di Bari, il “Ruggero Bonchi” di Lucera e poi questo splendido “Mario Pagano”
dove lavoro e vivo in qualità di Rettore da ormai dodici anni
con grande orgoglio. Una intera vita nei Convitti Nazionali, ma
sapevo da tempo che non li avrei mai lasciati e non mi sono mai
pentito. È stato bello!
L’orgoglio del Molise, il radicamento in quei principi che riconoscevano nella persona la centralità dell’esistenza hanno sempre disegnato la fisionomia di quei ragazzi che vestiti con l’elegante divisa nera vivevano i loro migliori anni di gioventù come
convittori nel “Mario Pagano”. Dalle elementari alla maturità
dentro queste storiche mura frequentavano le scuole, studiavano
e si educavano alla vita ed alle illustri professioni. Nelle camerate
dove dormivano e negli spazi educativi e ricreativi costruivano il
loro avvenire convivendo sempre con la nostalgia della lontana
famiglia e del loro caro paese. Quanti sacrifici! Ma a distanza di
anni tutti dicono: «Ne valeva la pena».
Il “Mario Pagano” si presenta ancora oggi quasi austero
nella piccola, fredda e magnifica Campobasso. Il suo giardino,
i suoi spazi sembrano ricordare a tutti il suo glorioso passato, il
suo euforico presente e mi auguro un aulico futuro.
Il mio percorso professionale è quasi finito e mi piace che
quasi coincida con i festeggiamenti del bicentenario e con la
pubblicazione di questo libro sul Convitto “Mario Pagano”.
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Per concludere l’auspicio che tutto questo possa servire anche a coloro che per incarico politico-istituzionale assumeranno la responsabilità per il futuro dei Convitti riuscendo a meglio
comprendere quanto utili ed importanti potranno essere queste
comunità per l’affermazione dei valori di onestà, giustizia, solidarietà e cultura che queste nuove generazioni hanno disatteso
lasciandosi vincere da tante devianze e violenze.
Intanto un sentimento di sentita riconoscenza rivolgo ai tanti che hanno compreso ed aiutato la necessità di rinvigorire il
Mario Pagano; tra questi i Provveditori Roberto Meleo, Giuseppe De Sabato e Silvio Mastrocola, ed in particolare l’attuale
Direttore Generale della scuola molisana dottor Giuseppe Boccarello il quale con intelligenza e lungimiranza ha immaginato,
voluto e realizzato il Liceo Scientifico annesso al Convitto che
ha dato una nuova dimensione europeistica a questa comunità
che ha trovato un rinnovato slancio culturale.
Qui lavorano oggi 165 operatori ed è veramente una grande
soddisfazione.
Grazie dottor Boccarello per quello che ha fatto e sta facendo
per le scuole del Molise e per questo suo caro “Mario Pagano”.
Gli studenti, i docenti, gli educatori, il personale di segreteria, i collaboratori scolastici e tutto il personale non docente
non lo dimenticheranno. Per me resterà sempre e comunque un
pregiato amico ed uno straordinario maestro.
Con chiunque sarò, dovunque sarò ricorderò sempre i miei
tanti ragazzi che ho avuto l’onore di educare in questo storico
“Mario Pagano” che porterò sempre nel cuore.
Oggi la rivisitazione strutturale e soprattutto il rifacimento delle quattro facciate realizzate con fondi regionali rendono
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l’antica struttura quasi una gemma che brilla nel cuore della
città per le sue tante iniziative e perché pregiato contenitore di
cultura, speranza e giovinezza.
Aldo Barletta
Rettore del Convitto Nazionale
“Mario Pagano”
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Abbreviazioni
ASCb
Archivio di Stato di Campobasso
ASNa
Archivio di Stato di Napoli
ACNMP Archivio Convitto Nazionale “Mario Pagano”
b.
f.
ff.
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busta
fascicolo
fascicoli
Sergio Bucci
Il Convitto Nazionale
“Mario Pagano” di Campobasso
Ieri, oggi, domani
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Il Settecento
Convitti. Educazione e forLe scuole private di Civitacampomarano e Lupara. Il Novantanove e le esperienze dei patrioti molisani. Il decennio francese. Il decreto istitutivo (1807) dei
Collegi Reali nelle province del Regno di Napoli. La vendita dei
beni ecclesiastici destinati al completamento della consolare sannitica Benevento-Campobasso. Difficoltà per costituire la dote
per l’apertura del Collegio molisano. Vincenzo Cuoco e il suo
progetto di riforma della Pubblica Istruzione. L’impegno dell’intendente Biase Zurlo e del Consiglio Generale della Provincia. I
tributi versati dai Comuni. Il lascito Santellis. Il convento di San
Francesco della Scarpa scelto come sede del Collegio. Il decreto
del 1816. Inaugurazione e apertura 16 novembre 1817.
e la nascita dei primi
mazione della nuova classe dirigente.
Vi hanno studiato personalità come il deputato Scipione di Blasio “padre della ferrovia” molisana, i matematici Achille Sannia,
Nicola Trudi, Enrico D’Ovidio e Giulio Pittarelli, gli storici Alfonso Perrella e Vincenzo Eduardo Gasdia, il critico musicale Raffaello
de Rensis, il critico d’arte Michelangelo Masciotta, il sindacalista
Arturo Giovannitti, gli scrittori Franco Ciampitti e Felice del Vecchio, il giornalista e direttore de «La Stampa» di Torino Gaetano
Scardocchia. In questi pochi nomi, ma l’elenco è molto più lungo,
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è racchiusa la storia del Convitto “Mario Pagano”, una delle più
importanti istituzioni scolastiche di Campobasso e dell’intera regione. Nelle sue aule, nei suoi corridoi, nel refettorio, nella palestra
sono passate schiere di ragazzi con le loro storie personali, i loro
sogni, le loro aspirazioni, le loro delusioni. Storie che si sono intrecciate con quelle di una classe docente che ha segnato, nel bene
e nel male, la lenta ma graduale evoluzione culturale della società
molisana fino ai nostri giorni. Il “Mario Pagano” è la testimonianza più viva di questo lunghissimo cammino; cammino che ancora
oggi continua con l’assolvere a pieno la sua importante funzione
educativa e culturale alla luce dei profondi mutamenti della società
contemporanea. Se un tempo i Convitti erano considerati incubatori della nuova classe dirigente, oggi sono istituzioni nelle quali la
famiglia moderna trova una risposta alla richiesta di istruzione dei
figli. Negli ultimi anni questi istituti statali hanno infatti modificato
l’attività e le motivazioni che ne avevano determinato la nascita: in
origine i Convitti dovevano assicurare la formazione della classe
dirigente e, attraverso le strutture residenziali, garantire ai giovani
meritevoli la possibilità di frequentare le scuole di ogni ordine e
grado, attesa la scarsissima diffusione di istituti scolastici sul territorio, in particolare della scuola secondaria di secondo grado. Oggi
si è ottenuta una diffusione capillare degli istituti, anche nei centri
più periferici, ed è mutato l’atteggiamento culturale delle famiglie che, piuttosto che delegare, intendono occuparsi direttamente
dell’educazione dei figli.
Allo stesso tempo è mutato il panorama del mondo del lavoro,
a cui ha avuto sempre più accesso la donna, e si è avvertita l’esigenza di trovare soluzioni non limitate alle ore di scuola del mattino ma estese a tutto l’arco della giornata. Questa situazione ha
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comportato l’aumento di richiesta di semiconvittualità (che prevede la permanenza a scuola fino a pomeriggio inoltrato). I Convitti
oggi concorrono al perseguimento di obiettivi generali del sistema
formativo italiano sia con l’offerta qualificata delle scuole interne
sia con lo sviluppo delle strutture residenziali e semiresidenziali,
per rispondere positivamente alla nuova cultura delle pari opportunità, per essere di supporto agli scambi di studenti in ambito
comunitario, per venire incontro alle mutate richieste dell’utenza.
Attualmente in Italia i Convitti nazionali1 sono 39 con un’utenza
di quasi 27 mila convittori suddivisi tra utenti a tempo pieno con
pernottamento (il 30% del totale) e senza pernottamento (semiconvittori, pari al 70%).2 La regione con la più alta percentuale
di istituzioni è la Calabria, seguita da Veneto, Lazio e Sardegna.
Guardando alle macroaree il Nordovest conta 17 strutture, il Nordest 20, il Centro 32, il Sud 52 e le isole 20.
Il cammino di queste storiche istituzioni scolastiche risale addirittura all’antichità con i paleo-convitti diffusi in Persia, a Sparta
e a Cartagine, nella società greca e perfino celtica. Nella Roma di
Augusto si chiamavano collegia iuvenum. Nel Medioevo ebbero una
connotazione prettamente religiosa destinata a diminuire sull’onda
della rivoluzione francese con Napoleone che propugnò la loro laicizzazione con immediate ripercussioni anche sul sistema italiano.
Tra la fine del Seicento, ma soprattutto nel corso del Settecento, sotto la spinta della cultura illuministica che puntava a una più
1)
2)
Negli ultimi anni a seguito dei processi di razionalizzazione della rete scolastica sono stati soppressi i Convitti nazionali di Matera, Lecce e Siena.
I dati, riportati in un documento della Uil-Scuola, sono stati forniti dall’ufficio stampa del Ministero della Pubblica Istruzione e sono relativi agli
anni scolastici 2007/2008.
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razionale organizzazione dell’amministrazione statale, fu particolarmente avvertita l’esigenza di formare una nuova classe di persone colte che potesse sostenere il rinnovamento degli apparati
dirigenziali in linea con le aspirazioni laiche, e quindi in controtendenza con quelle chiesastiche, dominanti la società del tempo.
Le monarchie illuminate si resero subito conto che per attuare il
nuovo programma educativo era necessario promuovere per i giovinetti un’azione formativa globale. Di qui la scelta di dare vita
a un «nuovo tipo di Collegi o Convitti con educatori e docenti
adeguati ed in locali convenienti, dove ci fossero aule scolastiche,
aule di studio, palestre, refettori, dormitori ed infermerie».3
Le prime istituzioni di Convitti si registrarono in Germania,
mentre nel Regno di Napoli la loro diffusione si ebbe soltanto
dopo la soppressione dell’ordine dei Gesuiti i cui beni confiscati andarono a favore delle istituzioni scolastiche. L’Università a
Napoli fu insediata, a opera di Clemente XIV, nell’edificio del
cortile del San Salvatore, scuole e convitti trovarono invece spazio nelle altre strutture della città partenopea. Il grande desiderio
di educazione e istruzione era diffuso in tutto il Regno meridionale e questo per la condizione di arretratezza in cui versavano le
popolazioni. Ma l’istruzione alla fine del Settecento e anche nei
primi anni dell’Ottocento era ancora privilegio riservato solo al
ceto più agiato.
Nel Molise, regione tra le più arretrate del Sud, pur avendo
enormi potenzialità di sviluppo asfissiate dal regime feudale, le
uniche scuole di formazione erano quelle private. Nelle scuole
3)
18
E. Riverso, Perché il Convitto?, in Convitto Nazionale Vittorio Emanuele
II, Napoli. La memoria dell’Istituzione, a cura di V. Racioppi, Napoli,
2007, p. 33.
di Civitacampomarano aperte dai preti Francesco Maria Pepe e
Attanasio Tozzi o in quella di Lupara dove insegnava Costantino Lemaitre presero lezioni i riformatori del Settecento molisano, da Vincenzo Cuoco ai fratelli Raffaele e Gabriele Pepe, da
Nicola Neri a Giuseppe Sanchez, da Nazario Colaneri ad Amodio Ricciardi. Scuole in cui prevalsero gli insegnamenti di Vico e
Genovesi e che posero questi giovani come vera e propria classe
dirigente capace di proporre anche rimedi per risolvere i secolari
problemi della società molisana. Alcuni di essi divennero protagonisti della vita molisana e meridionale dei primi decenni dell’Ottocento quando, con grande determinazione, affrontarono non solo
problemi di natura economica ma anche di carattere più generale
quale il rinnovamento dell’istruzione come, ad esempio, Cuoco
che collaborò con i napoleonidi per dare nuovo impulso alla scuola pubblica. Un ceto colto la cui formazione specialistica avveniva
nella Regia Università di Napoli (ricordiamo le lauree in legge
conseguite dai patrioti casacalendesi Scipione Vincelli, Domenico de Gennaro, Domenico Tata) la quale offriva a chi arrivava
dall’emarginata provincia molisana anche una valida opportunità
di confronto culturale con gli altri intellettuali delle province meridionali. Esperienza formativa e innovativa che in parte cercarono
di mettere a disposizione delle comunità arretrate del Molise poco
aperte per la verità alle novità e molto più sensibili a seguire, forse
solo per timore, usi e costumi del mondo feudale.
L’esperienza del Novantanove per i patrioti molisani più rappresentativi si concluse tragicamente e, per i sopravvissuti, ad
eccezione di quelli che riuscirono a mettersi in salvo emigrando all’estero come Cuoco e Ricciardi, il periodo della prima restaurazione borbonica fu segnata da una durissima repressione
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«con le esecuzioni che durarono fino al 14 marzo, data dell’ultima sentenza alla pena capitale, e all’11 settembre 1800, data
dell’esecuzione della Sanfelice, suggello al massacro giudiziario
del 1799».4 Gli avvenimenti del Novantanove in questi anni furono per i patrioti in esilio occasione per ripensare con spirito
critico alle breve esperienza repubblicana: le riflessioni di Cuoco
confluirono nel Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, quelle
di Pepe, dopo i moti del 1820, nelle Considerazioni Istoriche e
Politiche sulla Rivoluzione Napoletana, quelle di Ricciardi nella
Memoria sugli avvenimenti di Napoli nell’anno 1799. Essi confermarono anche il giudizio negativo sull’occupazione straniera,
quella dei francesi i quali – come ebbe a sottolineare anche il
de Gennaro in una lettera che inviò a Francesco Lomonaco – in
realtà si comportarono come tutte le altre truppe di occupazione «noncuranti delle nostre libertà e delle difese di cui siamo
bisognosi». Ma i francesi nel gennaio del 1806 con Giuseppe
Bonaparte tornarono nel Regno, preceduti dalla fuga dei Borboni
in Sicilia. Bonaparte fu nominato Re nel febbraio successivo e
rimase in carica fino al 15 luglio 1808 quando divenne Re di Spagna. Al suo posto fu chiamato Gioacchino Murat che rimase al
governo fino al marzo del 1815. Bonaparte prima e Murat dopo
diedero vita al cosiddetto decennio francese.
Il governo dei napoleonidi favorì un rapido ammodernamento dell’apparato istituzionale del Regno in termini di certezza del
diritto, abolizione dei privilegi di nascita e di ceto, razionalizzazione del prelievo fiscale. Si può affermare che l’abolizione della
feudalità, l’eversione dell’asse ecclesiastico e l’abolizione delle
4)
20
M. Azzinari, La Repubblica napoletana del Novantanove. Memoria e
mito, Napoli, Gaetano Macchiaroli Editore, 1999, pp. 178-180.
decime e di ogni altro vincolo segnarono il principio della moderna civiltà.
I primi mesi dell’insediamento di Bonaparte furono caratterizzati da un’intensa attività legislativa che portò anche ad una
nuova suddivisione del territorio dei reami di Napoli e di Sicilia.
Anche il Molise acquistò la sua autonomia, quell’autonomia che
Galanti e Longano rivendicarono fin dal 1792 quando nelle loro
relazioni proposero il riordinamento amministrativo del Regno.
Con decreto speciale del 27 settembre 1806 l’antico Contado di
Molise staccato dalla Capitanata divenne la quattordicesima provincia autonoma del Regno con i due distretti di Campobasso
(sede dell’Intendenza) e Isernia a loro volta divisi in circondari
e questi ultimi in comuni; in ogni città e paese il decurionato
sostituì i pubblici parlamenti e il sindaco venne eletto con i voti
dei decurioni. Gli artefici dell’autonomia molisana furono Cuoco
e Zurlo, figure il cui elevatissimo spessore storico e culturale ha
travalicato i confini nazionali. La scelta di Campobasso quale
capoluogo di provincia non fu casuale e rispose a precise motivazioni (prime fra tutte la sua posizione più centrale rispetto a
Isernia) connesse al programma di riordino amministrativo delle
aree interne auspicato già alla fine del Settecento nell’ambito del
riformismo borbonico e fatto proprio nel Progetto per la formazione delle Intendenze Provinciali che il ministro molisano Zurlo
presentò nel 1803 ma che rimase inattuato per il negativo corso
degli eventi politici. L’espansione del nucleo urbano vide la creazione di nuovi edifici molti dei quali realizzati sulle aree che si
resero disponibili con l’incameramento dei beni ecclesiastici e
seguì le direttive del piano di sviluppo urbanistico predisposto
dall’architetto campobassano Bernardino Musenga.
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Durante il decennio francese importanza fondamentale assunse anche la riforma della Pubblica Istruzione. Uno dei primi
provvedimenti di Bonaparte fu il decreto del 15 agosto 1806 col
quale rese obbligatoria l’istruzione elementare facendo carico ai
comuni di tenere alle proprie dipendenze un maestro e una maestra. Ma gli scarsi mezzi finanziari a disposizione dei decurionati
e la mancanza di personale idoneo impedirono a molti comuni di dare integrale esecuzione alla legge. Nel Molise i fanciulli continuarono a frequentare le scuole private mandate avanti
non senza difficoltà dai sacerdoti. Questo accadde, ad esempio,
a Casacalenda, dove la scuola primaria fu retta per diversi anni
dal sacerdote Marcovincenzo Torelli il quale fu «costretto a fare
scuola in due stanze di casa sua» reclamando a più riprese dal
comune anche il canone dell’affitto.5 Gli scarsi risultati che furono raggiunti divennero motivo di riflessione, ma soprattutto di
preoccupazione da parte dei deputati provinciali che si sforzarono in ogni modo di trovare soluzioni adeguate. Ciò, tuttavia, non
impedì al governo francese di continuare a legiferare in materia
scolastica. L’anno seguente, il 30 maggio 1807,6 Bonaparte firmò la legge n. 140 pubblicata il successivo 6 giugno relativa
all’istruzione secondaria con la quale vennero istituiti in ogni
provincia i Reali Collegi con a capo dei Rettori, dotati di una
rendita annua netta di 6000 ducati (all’epoca un ducato corrispon5)
6)
22
S. Bucci, Documenti e atti processuali della terra di Casacalenda. Dalle
Capitolazioni del 1541 all’Unità d’Italia, Campobasso, Edizioni Enne,
1993, p.126.
Con legge dell’11 agosto 1807 vennero istituite anche case di educazione
per le donzelle. In questi istituti l’organico fu composto da tre maestre
per l’italiano, una per il francese e da alcune supplenti interne addette a
sorvegliare e ad insegnare i lavori domestici.
deva a L. 4,40). Questo assicurò anche alla neonata provincia
molisana di avere il suo istituto. La nuova disposizione stabilì
che i collegi dovessero provvedere «all’educazione ed istruzione
della gioventù nelle scienze, ed arti liberali». Gli insegnamenti
previsti riguardavano un po’ tutte le discipline: la lingua italiana
e latina, la retorica, l’archeologia latina e greca, la matematica, la
logica, la metafisica, la lingua francese, la calligrafia, il disegno,
ma anche la scherma e il ballo, aspetti quest’ultimi, sui quali torneremo a parlare in seguito in maniera più diffusa. La pensione
per ogni alunno fu fissata in 12 ducati al mese per i residenti a
Napoli e 8 per quelli delle Province. Al Collegio potevano essere
ammessi allievi da mantenersi anche gratuitamente per effetto
della dote assegnata al Collegio stesso, allievi pensionati ed allievi esterni. Ruolo determinante per assicurare il buon funzionamento dell’istituto fu quello assegnato al Rettore7 (di nomina
7)
Le funzioni del Rettore sono attualmente stabilite dagli artt. 82-87 del
Regolamento del 1° settembre 1925 tuttora in vigore. In sostanza egli
«sovrintende al buon funzionamento educativo, didattico ed amministrativo del suo istituto. Esegue e fa eseguire le disposizioni delle leggi, dei
regolamenti e degli ordini delle autorità superiori. Sovrintende alla buona
conservazione dell’edificio, del suo arredamento, del materiale didattico e
scientifico e dei corredi personali dei convittori. Corrisponde col Ministero per mezzo del Provveditore agli Studi salvo i casi di assoluta urgenza,
nei quali può corrispondere direttamente, riferendone nel tempo stesso al
Provveditore; vigila sull’esatto adempimento dei propri doveri da parte di
tutto il personale addetto al Convitto. Precipua cura del Rettore è l’educazione degli alunni che le famiglie affidano al Convitto. Egli, pertanto:
visita frequentemente le camerate, interroga gli alunni sull’andamento dei
loro studi, sui loro bisogni, sui loro desideri; stimola il senso della buona
emulazione rivolgendo la giusta lode ai migliori in presenza dei compagni;
al rimprovero e al castigo ricorre avendo sempre di mira che l’animo del
punito non sia sopraffatto ed umiliato, ma disposto al ravvedimento; riu-
23
ministeriale) il quale «eserciterà il diritto del padre di famiglia».
Aspetti altrettanto rilevanti l’articolo II del titolo I sullo stabilimento dei Collegi che indicò la loro ubicazione «nei monasteri
soppressi … ed in altri locali atti a tale uso» nonché l’articolo XII
del titolo III che istituì la figura del Catechista in ogni Collegio
per lo studio della religione equiparandola per onorario a quella
del professore.
È quanto mai opportuno a questo punto trascrivere il testo integrale della legge del 1807 composta da 37 articoli preceduta un
anno prima dal decreto del 31 marzo 1806 che istituì il Ministero dell’Interno al quale, fra le altre attribuzioni, assegnò anche
l’istruzione, le scuole pubbliche e le università.
Giuseppe Napoleone
Re di Napoli, e di Sicilia
Sul rapporto del Ministro dell’Interno, inteso il Consiglio di Stato
Abbiamo ordinato, e ordiniamo quanto segue
Titolo 1°
Stabilimento de’ Collegi
Art. 1
Saranno stabiliti due Collegi Reali, per la Provincia di Napoli, ed
nisce ogni giorno di scuola istitutori ed assistenti per discutere e dare suggerimenti sul conteggio delle singole squadre; informa le famiglie – con
le quali egli soltanto deve avere rapporti diretti e tenere corrispondenza
– sulla condotta, sul profitto e sullo stato degli alunni. Il Rettore convoca
il Consiglio d’Amministrazione, sorveglia e dirige l’azione dell’economo,
emette i mandati, ha cura che gl’inventari e i registri di contabilità siano
tenuti in ordine».
24
Decreto 30 maggio 1807 di Giuseppe Naoleone in Decreti Originali - Archivio
di Stato, Napoli
25
uno per ognuna delle Provincie del nostro Regno, nelle Città che
destineremo, diretti alla educazione ed istruzione della gioventù
nelle Scienze, ed Arti liberali.
Art. 2
Questi Collegi saranno situati nei Monasteri soppressi, che giudicheremo più convenienti ed in altri locali atti a tal uso.
Titolo 2°
Della dotazione ed amministrazione dei beni
Art. 3
La dote di questi Collegi sarà di annui ducati seimila di rendita
netta, e gli alunni nominati da Noi non potranno eccedere il numero di cinquanta.
Art. 4
Il prezzo di ogni pensione è fissato a ducati dodici al mese per
Napoli ed a otto pei Collegi delle Provincie.
Art. 5
Questi beni saranno indicati nelle ulteriori nostre disposizioni. La
scelta ne sarà fatta di concerto tra i nostri Ministri delle Finanze e
dell’Interno, e sottoposta alla nostra approvazione.
Art. 6
L’amministrazione di questi beni sarà confidata ad una Commissione composta dal Rettore, e da due Proprietari del Luogo ove
sarà stabilito il Collegio, nominati da Noi.
Art. 7
Le funzioni di questi due amministratori saranno gratuite, e verranno più precisamente determinate colle istruzioni, che ci riserbiamo di far loro pervenire.
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Titolo 3°
Sistema dell’Istruzione
Art. 8
In ogni Collegio vi saranno sette Professori, mantenuti, e residenti, oltre de’ Maestri esterni. I Professori sono, come appresso:
Due di Lingua Latina, ed Italiana, distribuiti per classi, ed uno di
essi sarà ancora professore di Lingua Greca.
1° di Retorica ed Archeologia Greca e Latina.
1° di Scienze Matematiche.
1° di Logica Matafisica ed Etica.
1° di Geografia e Cronologia.
1° di Elementi di Fisica.
I Maestri esterni saranno cinque, cioè
1° di Lingua Francese.
1° di Calligrafia.
1° di Disegno.
1° di Scherma.
1° di Ballo.
Oltre agli additati Maestri, se gli alunni ne dimanderanno altri di
Scienze e belle arti, saranno ammessi, ma pagati particolarmente
da essi senza interessare i Collegi. È parimenti permesso prendere delle lezioni particolari dai maestri esterni nominati di sopra,
pagandosi anche a parte degli alunni, che li vorranno. Questi maestri però non potranno essere ammessi nei Collegi senza l’approvazione del Rettore, che avrà cura di prendere conto della loro
condotta ed onestà.
Art. 9
L’orario dei Professori sarà fissato a misura delle circostanze, oltre l’abitazione ed il vitto, che avranno comune coi Collegiali.
Art. 10
L’onorario dei Maestri esterni sarà fissato da sette a dieci ducati
al mese.
27
Art. 11
L’ordine e le ore delle lezioni, come anche l’epoca, e la durata
delle vacanze e dei congedi, saranno determinate colle istruzioni
particolari accennate nell’art. 7, giusta i luoghi e le circostanze
di ogni Collegio.
Art. 12
Vi sarà in ogni Collegio un Catechista, il quale dovrà spiegare il
Catechismo approvato dal Governo, ed il suo onorario sarà regolato come quello di un Professore. In quei Collegi, dove il Rettore o il Vice Rettore, saranno preti, adempirà uno di essi questo
carico, senza accrescimento di soldo.
Titolo 4°
Della ammissione, disciplina e pulizia interna
Art. 13
L’amministrazione interna del Collegio è confidata al Rettore, il
quale avrà un Vice Rettore per supplire, ove occorra le sue funzioni, ed un Economo per il maneggio degli affari, nominati da
Noi. L’onorario dei Rettore è da 15 a 20 ducati al mese, da 10 a
15 quello del Vice Rettore, come per l’Economo.
Art. 14
La pulizia interna, ossia il buon ordine delle camere di studio, e nei
dormitori, è confidata ai Prefetti, il cui numero sarà in proporzione
di uno per 18 alunni. I Prefetti saranno subordinati al Rettore, Il
buon ordine e la pulizia delle classi appartiene ai Professori.
Art. 15
Il Rettore sarà il Capo del Collegio. Egli eserciterà il diritto di Padre di famiglia, manterrà il buon ordine, e la disciplina, invigilerà
sopra i costumi, gli studi, e la Religione. La sua Autorità si estenderà sopra tutti gli individui addetti al Collegio. Proporrà i Prefetti
agli Intendenti, e sceglierà le persone addette ai servizi subalterni.
28
Art. 16
Il Vice Rettore farà le veci del Rettore in tutte le funzioni, che a
questa carica appartengono, giusto l’articolo precedente.
Art. 17
L’Economo sarà incaricato del maneggio economico sotto
l’autorità del Rettore, il quale dovrà visitare i fogli giornalieri
di consumo. Egli farà le provvisioni necessarie, e riceverà le
rendite del Collegio. Renderà conto della sua amministrazione
alla Commissione, di cui si è parlato nell’art. 6 di questa legge nel modo e tempo che saranno determinati con istruzioni
particolari.
Art. 18
I Prefetti saranno i Capi delle Camere, accompagneranno gli alunni al passeggio, manterranno il buon ordine e la pulizia ovunque
si trovino i Collegiali, eccettoché nel tempo delle lezioni, che si
daranno dai Professori.
Art. 19
Le camere non potranno avere comunicazione tra loro senza un
ordine espresso del Rettore.
Art. 20
I giochi di sorte, di carte, e di ogni altro giuoco per danaro, non
saranno permessi.
Art. 21
Gli alunni saranno obbligati ad esercitare periodicamente, a norma degli ordini del Rettore, tutti gli atti religiosi, conformi al rito,
ed alla disciplina della Chiesa.
Art. 22
L’abito degli alunni sarà di colore bleu, con paramaniche e collaretto color celeste, bottone giallo colla leggenda: Collegio Reale di…
Art. 23
I castighi consisteranno nella maggior durata del travaglio, in un
travaglio straordinario, nella privazione della passeggiata e della
ricreazione, nella detenzione, e nella prigione. Tutte le suddette
29
pene possono imporsi anche dai Professori e dai Prefetti, eccetto la
prigione, la quale non può essere ordinata che dal solo Rettore.
Art. 24
I Professori dei Collegi, non meno che gli amministratori tutti dei
suddetti, saranno nominati da Noi sulla presentazione del nostro
Ministro dell’Interno, e per la prima volta saranno scelti tra gli
individui degli Ordini Religiosi soppressi, o conservati nei nostri
domini, tra i preti secolari, ed anche tra i laici non ammogliati, che
si saranno addetti alla Pubblica Istruzione.
Titolo 5°
Dell’ammissione degli alunni
Art. 25
Nei Collegi stabiliti con la presente legge, si darà la istruzione:
1°)Agli alunni da mantenersi gratuitamente per effetto della
dote, che sarà ad ogni Collegio assegnata.
2°)Ai pensionati che le famiglie vorranno inviarvi.
3°)Agli scolari esterni.
Art. 26
Niuno potrà essere ammesso in qualunque delle tre classi anzidette, se non abbia otto anni compiti, e meno di quattordici;
se non sappia leggere e scrivere correttamente; se non sia nello
stato di comprendere le lezioni dell’ultima classe della lingua
Latina. Niuno potrà rimanere nei Collegi al di là dei diciotto
anni compiti.
Art. 27
Le piazze franche saranno accordate non solamente ai figli dei
militari, ed impiegati civili nei nostri domini, in gratificazione
dei servizi che ci avranno fedelmente renduti; ma oziando a quei
fanciulli, che si saranno distinti nelle scuole primarie o secondarie del nostro Regno.
30
Art. 28
Gli alunni saranno mantenuti interamente a spese del Collegio, senza che le loro famiglie si abbiano a interessare per nulla, neanche in
caso di malattia. Bensì al loro ingresso saranno obbligati a portare
nel Collegio un letto completo, l’uniforme giusta il modello fissato
con questa legge, la biancheria, e gli altri mobili per uso della persona, come sarà regolato colle istruzioni particolari citate nell’art. 7.
Art. 29
Gli alunni a pagamento saranno presentati al Rettore dai loro genitori, tutori o curatori, o con espresso mandato scritto di coloro che hanno sopra di essi il dritto di patria potestà, o di tutela,
ed anche per invito, che ne faccia il Magistrato competente. Il
Rettore prenderà le informazioni convenevoli e ne renderà conto
all’Intendente per esser autorizzato ad ammetterli.
Art. 30
Accordiamo la facoltà ai Rettori di ammettere ad udire le lezioni
dei professori anche i giovanetti, che non appartengono ai Collegi, ma debbongli essere presentati da coloro, che hanno l’autorità
legittima, e prima di accordare questa facilitazione alla Pubblica
Istruzione, è tenuto il Rettore di prender conto dei loro costumi, e
se abbiano le disposizioni convenevoli a studiar con profitto.
Art. 31
I giovanetti così ammessi non potranno andare in altra parte del
Collegio che nelle scuole, alla cui pulizia saranno soggetti, e non
porteranno l’uniforme del Collegio. Potrà il Rettore licenziarli sopra il rapporto dei professori; ed un’assenza da quattro lezioni consecutive senza causa legittima, è motivo sufficiente di esclusione.
Art. 32
Gli esterni, di cui si parla nei due articoli precedenti, non saranno
tenuti ad alcuna contribuzione, ma saranno presi, sui fondi della dotazione dei Collegi, carlini cinque il mese per ogni scolaro
esterno, legittimamente ammesso alle lezioni, ed il totale sarà
diviso tra i professori, come supplemento di onorario.
31
Titolo 6°
Disposizioni Generali
Art. 33
Al finir dell’anno si terrà in ciascun Collegio una solenne adunanza,
nella quale saranno esaminati quei collegiali, che il Rettore dovrà
indicare. A questa adunanza assisteranno l’Intendente, l’Arcivescovo, il Generale Comandante della Provincia, il Vescovo, i Presidenti dei Tribunali, ed i Sindaci dei rispettivi paesi.
Art. 34
I premi ed i distintivi di onorificenza saranno distribuiti dal personaggio più degno che interverrà all’adunanza.
Art. 35
Il Rettore, terminato l’esame, alla presenza di tutto il Congresso,
presenterà all’Intendente la lista di quei Collegi, che dietro una
lodevole applicazione, meritar possono la Sovrana beneficenza
di passar in alcuno di quei stabilimenti destinati da Noi, per dare
l’ultimo grado di perfezione a quello stato, cui saranno chiamati
dalle favorevoli disposizioni dei loro talenti, e dalla volontà proprie delle famiglie, alle quali appartengono.
Art. 36
Questi stabilimenti sono i seguenti:
1) I seminari.
2) La scuola Reale militare, che sarà stabilita nel nostro palazzo di Caserta.
3) La scuola politecnica stabilita nella Capitale per quei giovani che sono destinati al servizio della marina, dell’artiglieria e del Genio militare e civile.
4) La scuola delle Belle Arti, che sarà stabilita nel nostro
palazzo detto degli studi.
5) Un Convitto per la classe di coloro che vogliono applicarsi al foro.
6) Un Convitto per gli alunni di Chirurgia e di Medicina.
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Art. 37
Le regole per il buon ordine di questi pubblici stabilimenti e le condizioni per esservi ammessi saranno determinate con una legge particolare. Vogliamo, e comandiamo che questa nostra legge da Noi
sottoscritta e munita del nostro Sigillo, si pubblichi con le ordinarie
solennità per tutto il Regno, per mezzo delle autorità, cui appartiene, le quali dovranno registrarla, ed assicurarne lo adempimento.
Il nostro Segretario di Stato è specialmente incaricato di vegliare
alla sua pubblicazione.
Data in Napoli ai 30 maggio 1807.
Firmato GIUSEPPE
da parte del Re
Il Ministro di Giustizia
Il Segretario di Stato
Firmato M.A.Cianciulli
Firmato Ricciardi
Pubblicata il 6 di Giugno 1807.8
Il decreto relativo all’istruzione secondaria segnò una svolta
importante per il nuovo Regno, anche se l’istituzione dei Reali
Collegi ritardò in alcune province. Una di queste fu il Molise, provincia contraddistinta da arretratezza e da miseria con una «piccola e media borghesia ancora restia alla collaborazione con un
governo che essa crede sovvertitore dell’ordine costituzionale e
nemico della religione degli avi».9 In questi anni nel Molise, come
nel resto del Mezzogiorno, la frattura tra ceto popolare e borghesia
diventò insanabile dal momento in cui la legge sull’eversione del8)
9)
ASNa, Ministero dell’Interno II, Decreto 30 maggio 1807 n. 140 di Giuseppe Napoleone in Decreti Originali, b. 4766.
G. Zarrilli, Il Molise dal 1789 al 1900, Campobasso, Edizioni del Rinoceronte, 1984, p. 28.
33
la feudalità che avrebbe dovuto favorire la costruzione di una nuova rete di piccoli proprietari destinandovi parte dei demani feudali
attribuiti ai comuni, diventò in realtà un’altra grande illusione per
i cittadini più poveri. Questo sancì la nascita e il predominio assoluto della classe dei galantuomini che relegò il ceto popolare alla
marginalità. Molise abbandonato da secoli dal governo centrale,
privo di materie prime, di manifatture artigianali, di operai non
qualificati, con una produzione agricola appena sufficiente a soddisfare le esigenze interne. Quasi inesistente anche il commercio
e questo soprattutto per la mancanza di strade non solo interne ma
anche di collegamento con la capitale e le province limitrofe.
L’esigenza di costruire nuove strade in tutto il Regno fu avvertita sin dal 1734, cioè con la salita al trono di Carlo di Borbone,
quando ci si rese conto che la situazione era veramente disastrosa. Il processo di ammodernamento interessò subito le malandate
strade regie che collegavano Napoli alla Puglia, all’Abruzzo e alla
Calabria; ma nel 1760, la loro costruzione arrivò solamente fino a
Bovino, Venafro ed Eboli. La situazione rimase critica anche negli
anni successivi tanto che «le province non potendo comunicarsi
fra loro, duravano ancora nel primo stato di barbarie e di miseria;
e quindi il commercio e l’incivilimento di queste contrade a lento passo avanzavano».10 Tra le opere pubbliche più attese c’era il
completamento della consolare sannitica Napoli-Campobasso. Il
23 settembre 1807 Giuseppe Bonaparte, in visita nel Molise, firmò
un decreto per la vendita dei beni delle corporazioni religiose11
10) G. Trebeschi, Le corti locali nell’Abruzzo del Settecento. Economia e società, tesi di laurea pubblicata su www.trebeschi.nome, 2005, cap. IV, p. 5.
11) Sui monasteri soppressi nel Molise si veda lo studio di D. Forte, Il problema dei monasteri soppressi nel Molise nel secolo XIX, in Molise preuni-
34
il cui ricavato fu destinato alla costruzione del tratto da Pontelandolfo (Bn) a Campobasso e da Sepino ad Isernia per Bojano.
Fu proprio la mancanza di questi cespiti ad impedire al Molise,
a differenza delle altre province, di costituire la dote necessaria
per l’istituzione del Collegio. In verità nella neonata provincia la
vendita dei beni ecclesiastici e dei terreni demaniali procedette
molto a rilento sia per la mancanza di capitale liquido da parte della media borghesia (costituita in prevalenza da medici, avvocati e
impiegati) sia per il timore di schierarsi contro la Chiesa. Borghesia che tuttavia preferì usurpare anziché comprare i beni messi in
liquidazione e che, di fatto, si sostituì nel possesso delle proprietà
terriera ai grandi latifondisti, alla chiesa secolare e agli ordini monastici. Questo causò quella profonda frattura con il mondo agricolo, in particolare con i contadini, che reagirono dando vita al
brigantaggio «spina nel fianco del regno francese».12
L’impedimento all’applicazione del decreto del 1807 fu
non solo la mancanza di rendite, ma anche l’idea molto radicata nell’opinione pubblica e nella borghesia, taccagna e incolta, dell’inutilità della scuola. Il bisogno di istruzione non era
ancora avvertito e nei genitori permaneva la consuetudine che
era meglio mandare i figli a lavorare nei campi anziché affidarli
alla scuola. Agli inizi dell’Ottocento nel Molise erano «poche
le scuole esistenti ed affidate di solito ad ecclesiastici pagati
meno di un bracciante: la cultura è davvero ritenuta un lusso
superfluo».13 Lo stesso Vincenzo Cuoco farà notare come la letario, a cura dell’Archivio di Stato di Campobasso, S. Elia Fiumerapido,
1981, pp. 35-52.
12) G. Zarrilli, Il Molise dal 1789 al 1900, cit., p. 50.
13) Ivi, p. 60.
35
gislazione scolastica non venisse osservata nella maggior parte
dei comuni del Regno perché
i fanciulli non vanno mai volontariamente a scuola; le madri e i
padri non curano mandarveli perché non ne conoscono l’utilità: i
maestri non hanno premura di attirarli, perché, a mercede uguale
si calcola a scuola la minoranza della fatica.14
Nella seduta del 23 ottobre 1809 il Consiglio Generale della
Provincia valutò negativamente la situazione dell’Istruzione Pubblica esprimendo severi giudizi sull’operato delle amministrazioni
comunali e considerando quasi nullo l’effetto dei decreti emanati
da Giuseppe Bonaparte.
Negli atti conservati nel Fondo Intendenza dell’Archivio di
Stato di Campobasso si legge:
Istruzione è una voce incognita nella Provincia. Il Governo è
stato frodato generalmente nelle sue speranze, ma molto più
presso di noi. In ogni comune si sono scelti i maestri e ignoranti e immorali … In questa concezione è meglio non avere
maestri, non recare dispendio ai comuni che sceglierne sciocchi
e cattivi. Per ottenere il bramato intento bisognerebbe che l’Intendente si occupasse riservatamente allo scrupoloso esame di
un individuo in ogni comune, onde affidar ad esso l’istruzione
della gioventù e, fattane la scelta unitamente a due membri del
Consiglio che farebbero da Censori, sentirli in concorso perché
meritassero la stima e l’approvazione del Governo. Converrebbe obbligare i padri e le madri di famiglia perché mandassero i
loro figli alla scuola e quando alcuni lo trascurassero commina14) V. Cuoco, Scritti pedagogici. Inediti o rari raccolti e pubblicati con note
e appendice di documenti da G. Gentile, Roma, 1909, p. 73.
36
re in un determinato tempo e far eseguire una multa a danno di
chi vuol essere ignorante.15
Dal 23 luglio era intanto arrivato in Molise, come Intendente,
il salernitano Angelo Matteo Galdi, figura di spicco del riformismo napoletano, uno tra i maggiori pedagogisti del suo tempo e
dal 1812 Presidente della Direzione Generale della Pubblica Istruzione. Sette mesi prima Murat aveva incaricato l’arcivescovo di
Taranto monsignor Giuseppe Capecelatro di formare una commissione composta da Melchiorre Delfico, Tito Manzi, dal vescovo di
Lettere Bernardo dalla Torre e da Vincenzo Cuoco con l’obiettivo
di presentare un progetto di riforma sulla Pubblica Istruzione. L’8
marzo dello stesso anno a Cuoco fu chiesto di esaminare un’opera
manoscritta sulla Pubblica Istruzione redatta da Galdi il quale il
18 luglio partecipò anche a una sessione della commissione. Per
Galdi l’istruzione doveva essere pubblica anche se manifestò perplessità circa la possibilità di adottare nel Regno un tale sistema
già introdotto in Francia dal momento che
non tutte le medesime istituzioni convengono a popolo di clima
e di genio diverso; poiché non tutti hanno nello stesso grado le
istesse passioni, lo stesso gusto, l’istessa sensibilità, finalmente
gl’istessi bisogni.16
Come Galdi anche il molisano Cuoco sostenne che l’istruzione dovesse essere «pubblica, universale e uniforme». Su questo
15) ASCb, Intendenza di Molise, b. 69, f. 48.
16) M. Galdi, Pensieri sull’Istruzione Pubblica relativamente al Regno delle
Due Sicilie, Napoli, Stamperia Reale, 1809, p. 29, nella Biblioteca della
Società Napoletana di Storia Patria.
37
principio Cuoco basò il suo progetto di riforma17 al quale però
il molisano Giuseppe Zurlo, al tempo Ministro dell’Interno, ne
contrappose un altro dal titolo Progetto di Decreto organico pel
riordinamento della Pubblica Istruzione del Regno di Napoli.
Tuttavia alle proposte di Cuoco fu data notevole importanza e
lo dimostra il decreto che Murat firmò il 29 novembre 1811 che
organizzò l’Istruzione Pubblica in modo definitivo disciplinando tutti i gradi di insegnamento: l’elementare, il secondario e
l’universitario. «Si ottiene la prima nelle scuole gratuite comunali, la seconda nelle scuole secondarie, ne’ Collegi e ne’ Licei,
l’ultima nella Regia Università degli Studi e negli Stabilimenti
speciali».18 In sostanza il provvedimento fu diviso in sei titoli: il
primo affidò l’Istruzione Pubblica a un direttore alle dipendenze
del Ministro dell’Interno e di un “Giurì”19 in ogni provincia; il
secondo, relativo alle scuole primarie gratuite, confermò i contenuti del precedente decreto del 15 settembre 1810;20 il terzo e
il quarto regolarono Collegi e Licei;21 il quinto definì il nume17) V. Cuoco, Rapporto al Re G. Murat e progetto di Decreto per l’ordinamento della Pubblica Istruzione nel Regno di Napoli, 1809.
18) M. Galdi, Rapporto a S.E. il Ministro dell’Interno sullo stato attuale
dell’Istruzione Pubblica nel Regno di Napoli, del Direttore generale della
medesima cav. Matteo Galdi, Napoli, Stamperia Reale, 1814, p. 29, nella
Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria.
19) Con disposizione del 26 marzo 1812 il governo murattiano dispose anche
che i Giurì si occupassero di scegliere un elenco ufficiale di libri di testo,
classici inclusi, commentati e curati dai più noti studiosi, anche napoletani, che dovevano essere adottati all’interno delle istituzioni scolastiche
statali e dei Reali Collegi.
20) Il decreto sancì la nascita delle scuole primarie in tutti i comuni del Regno.
21) Col titolo IV della legge venne decisa l’istituzione di nuovi licei tra i quali
anche quello – recita testualmente il decreto – di «Contado di Molise». Ma la
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ro delle facoltà universitarie e il sesto, infine, disciplinò i gradi
universitari.
Intanto nel 1810 Matteo Galdi aveva lasciato il Molise. A lui
era subentrato come intendente Biase Zurlo, nativo di Baranello,
il quale fin da subito, con i rappresentanti del Consiglio Generale
della Provincia e con i decurioni della città di Campobasso, esercitò ogni pressione sul Governo affinché anche nel Molise, così
come disponeva il decreto del 23 settembre 1807, fosse istituito il
Collegio Reale.
Con decreto dell’11 febbraio 1811 il Governo aveva anche assegnato alla Provincia i beni delle soppresse corporazioni religiose in cambio dei proventi necessari al completamento della consolare sannitica Napoli-Campobasso che tuttavia nel 1812, come
si rileva dagli atti del Consiglio Provinciale presieduto da Paolo
Nicola Giampaolo, erano «rallentati anche più di quello che lo
erano negli anni scorsi e quello che più affligge è la progressiva
deteriorazione dei lavori già eseguiti». Intanto cresceva l’interesse
per l’istituzione del Collegio tanto più che la Provincia era priva
di ogni istituto di istruzione secondaria. Fu per questo formulata al
Governo anche la proposta
d’ingiungere ai Vescovi ed ai Vicarii di riaprire i Seminarii, e
quando questo spediente non fosse ravvisato opportuno, o non si
potesse attuare, di assegnare al Collegio Provinciale da stabilirsi
in Campobasso nel convento dei Cappuccini, i fondi dei Seminarii Diocesani della Provincia.22
sua istituzione, come per il Collegio, ritardò, come vedremo, di molti anni.
22) L. Lace, Origini, fondazione e dotazione del Collegio Sannitico “M. Pagano”, relazione fatta stampare nel 1874 dal Consiglio d’Amministrazione del Convitto, Campobasso, Tipografia D. De Nigris, 1875, pp. 31-32.
39
Nel 1812 l’intendente Zurlo «inaugurando le sessioni del Consiglio generale …» ancora una volta
rammentò al Consiglio la necessità suprema, urgentissima per la
Provincia di un Collegio, poiché non era stato possibile accettare
il voto espresso dal Consiglio nell’anno precedente di fondare il
Collegio coi fondi dei Seminarii Diocesani.
Cosicché per la prima volta il Consiglio inserì nel proprio bilancio un capitolo per l’Istruzione Pubblica stabilendo anche la relativa copertura economica. Zurlo si impegnò subito a ricercare le
somme necessarie da accantonare nei bilanci provinciali per l’acquisto di beni le cui rendite potessero concorrere alla formazione
di quella dote non inferiore ai seimila ducati prevista dal decreto
del 1807. Primo importante passo fu quello di richiedere al Ministro dell’Interno e al Direttore Generale della Pubblica Istruzione
i fondi destinati al Molise dal 1812 al 1814 che erano stati, per
decisione sovrana, assegnati alla città di Napoli e alle altre province del Regno.23 Zurlo, dopo qualche anno, riuscì ad ottenere dal
Governo la restituzione delle somme reclamate come si deduce da
una comunicazione che il Ministro dell’Interno inviò all’Intendente il 21 maggio 1814:
Sig. Int. L’ordinativo delle 17600 accordate con R. Decreto da
S.M. dei Budgets Provinciali di Molise del 1812, 1813 e 1814 per
l’acquisto de’ beni fondi pel R. Collegio del Sannio fu spedito dal
Tesoro a vostra disposizione in data de’ 18 corrente mese, ed a posta corrente vado a pressare i miei Uffici al Ministro delle Finanze,
pregandolo a far subito seguire il pagamento della cennata somma,
23) ACNMP, b. 6, f. 92.
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trattandosi di affare urgentissimo, che non ammette alcuna dilazione. Intanto voi potete, Sig. Int., disporre ordinativo corrispondente
al ricevitore di cotesta Provincia, pagabili a’ Sg.ri Crescenzo Marsico ed Eugenio D’Alena, Deputati da voi nominati all’oggetto.
Siate in tale intelligenza, gradite la mia distinta stima.24
In verità non tutte le somme furono restituite tant’è che l’8 ottobre 1814 il Consiglio Generale della Provincia, come vedremo,
implorò nuovamente il Governo «a fare la integrale restituzione
delle partite invertite».25
La mancanza di fondi ritardava anche la creazione di altre scuole secondarie come conferma una lettera che il Direttore Generale
dell’Istruzione Pubblica inviò il 14 settembre 1814 al Presidente
del “Giurì” d’esame della Provincia di Molise.26
Il 1° ottobre l’intendente Zurlo pronunciò in apertura dei lavori del Consiglio Generale della Provincia un discorso, che si trascrive integralmente, per informare l’assemblea dei risultati fino a
quel momento conseguiti per l’istituzione del Real Collegio.
Quello, che più ha richiamato la mia attenzione in quest’anno,
è l’Istruzione Pubblica; e posso cominciarvi ad annunziare, che
sono già stabilite le basi del Real Collegio, che va ad incominciare da un Liceo.
Vi parlai nell’anno scorso di questo importantissimo oggetto in
teoria, e vi enunciai un disegno, lo scandaglio della cui spesa
era allora in fine; io vi aggiunsi che avrei provocati i fondi per
quest’opera; e che, questi ottenuti, avrebbero potuto il Collegio,
24) Ibidem.
25) Ivi, f. 93.
26) ASCb, Intendenza di Molise, b. 994, f. 95.
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se non il Liceo, essere in quest’anno installato. Le mie idee, e le
mie speranze si sarebbero sicuramente realizzate, se le circostanze d’Europa non avessero obbligato il Nostro amabilissimo Sovrano, colla sua armata, a prendervi la più viva parte, onde fissare
irrevocabilmente la Nostra Indipendenza e, con essa, tutti i beni,
che ne derivano. I fondi dello Stato sono stati a ragione richiamati tutti ad un oggetto tanto importante, e niente poteva essere distratto, niente poteva domandarsene di più. Era, però, l’istruzione
in Molise necessaria e non doveva ai suoi abitanti ritardarsene
di vantaggio i mezzi. Io ho calcolato sui budgets della Provincia
le risorse, di cui avrei potuto profittare, onde formare al Collegio una Dote stabile e nostra; sicuro di trovare nel cuore paterno
di Sua Maestà tutte quelle benefiche facilitazioni, ch’Egli suol
diffondere sugli sforzi lodevoli de’ suoi sudditi, allorché concorrono nelle sue sagge vedute. Io ho ottenuto su quei budget una
liberanza di 17600 (diciassettemila e seicento). Ho inoltre trovata
l’Amministrazione di questa Centrale così propensa a concorrere
nelle mie vedute, che essa ad un semplice cenno si è prestata a
consacrare a questa Grand’Opera la somma di Lire 23200 (Ventitremila duecento) che aveva nel suo budget dell’anno corrente
oltre di circa altre Lire 18480 (Diciottomila quattrocento ottanta)
prese da articoli invertiti. Perciò ho giustamente risparmiato la
cassa municipale di Campobasso dalle varie quote delle pubbliche e generali spese di più esercizi, restituendole invece agli
ampi imprestiti, ai quali io ero stato obbligato di chiamarla per
grandi ed urgentissimi bisogni del momento.
Tutte queste somme componenti il totale di lire 59400 (Cinquantanovemila e quattrocento) sono state in Provincia ed in Napoli
erogate in compra di cedole colle vedute del maggior risparmio a
vantaggio della Provincia istessa, e devo renderne la giusta lode
ai Signori Dottori Crescenzio Marsico ed Eugenio d’Alena Cassiere di questo comune, Membri della Deputazione, che vi è stata
incaricata.
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Tale cedole si sono impiegate nell’acquisto de’ fondi della badia
di S. Pietro a Pianisi nel comune di Santelia, nonché di molti altri
beni in Riccia. E perché questi acquisti non importano meno di
circa 80000 ducati in cedole, le mie preghiere e della Deputazione umiliate a Sua Maestà per l’organo di S.E. il Sig. Ministro
dell’Interno han mosso il Real Animo a donare alla Provincia la
somma di Lire 25000 (venticinquemila) in contanti, che invertite
in acquisti di cedole vengono a dare alla spesa della compra quasi
il completo. A questi beni-fondi, la cui rendita attuale ascende a
circa 8800, ma ch’è migliorabile di molto, aggiungerà la Provincia delle compre successive, specialmente quella del fondo Cantalupo in tenimento di Rotello, per la quale si è incominciato dal
chiedere il permesso Superiore del Ministro delle Finanze necessario all’uopo, trattandosi di un’ampia tenuta boscosa. Per questo
nuovo e forte acquisto il prelodato Signor Ministro dell’Interno
ha fatto sperare qualche nuovo beneficio della Munificenza del
Re col rilascio d’una parte del gran prezzo. Si otterrà così un’altra dote della rendita di circa Lire 4400 annuali.
I successivi acquisti negli anni venturi coi mezzi che pure andremo formando parte sui budget provinciali, e parte coi soccorsi
de’ Comuni, e de’ Luoghi Pii, specialmente di quelli per istituzione all’Istruzione Pubblica destinati, potranno contribuire al
completo della dote di Lire 26400 fissata pei Collegi dalla legge
organica, per dirsi allora: il Collegio Sannitico è stabilito.
La riduzione dell’Edificio per esso da Sua Maestà conceduto si
farà con una parte de’ fondi, che debbonsi preparare per l’anno
1815, ed i lavori potranno farsene a riprese, principiando da quelli, che debbono far pronti i locali per circa cinque o sei Scuole
del prossimo Liceo.
Sono sicuro, Signori, che questa mia idea, già in gran parte realizzata, non solo troverà negli animi vostri minima opposizione,
ma anzi quel trasporto medesimo, che io ho inteso nel proporla,
e nell’eseguirla. E ritardar doveansi di vantaggio i mezzi per quei
43
giovinetti degni figli del Sannio, che seguir vogliono gli illustri
esempi di chi gli ha preceduti? No; io ho creduto di dover questa essere dell’Amministrazione la prima cura, certo che questo
rispettabile Consiglio la seconderà pienamente, allorché esaminerà questo articolo nel progetto del budget provinciale, che ho
l’onore di presentargli, per l’esercizio 1815. Egli non troverà che
plausibile il chiamarsi a parte a questa grande opera anche individualmente i Comuni della Provincia con dei soccorsi proporzionati alle loro risorse, a’ quali agevolmente potranno prestarsi,
mancando loro nel seguente anno due forti carichi, quello cioè
di Lire 64000 (Sessantaquattromila) del Donativo, e di più della
metà delle Lire 54000 (Cinquantaquattromila) di supplemento
del budget provinciale dell’esercizio corrente…
Firmato Biase Zurlo.27
Le basi per la fondazione e la dotazione del Collegio nel 1814
erano state, dunque, già assicurate. I progressi compiuti a partire dal
1812 erano stati evidenti così come lo erano le strategie messe in
campo anche per il futuro. Nei bilanci provinciali era stata accantonata una somma di poco inferiore alle 60 mila lire che, «erogate
in compra di cedole colle vedute del maggior risparmio a vantaggio
della Provincia istessa»,28 vennero utilizzate per l’acquisto dei beni
della badia di San Pietro a Pianisi,29 nonché di altri nel comune di
27) ACNMP, b. 6, f. 93.
28) Ibidem.
29) In verità il suo acquisto avvenne solo successivamente con rogito stipulato il 25 gennaio 1815. Quello di San Pietro è tra gli edifici sacri più antichi
del comune la cui fondazione agli inizi dell’XI secolo si deve secondo lo
storico Giambattista Masciotta a un feudatario longobardo, il quale, insieme con gli estesi possedimenti, fu donato all’abate Alberto, poi vescovo
di Montecorvino. I beni abbaziali di San Pietro dai calcoli fatti dovevano
assicurare al Collegio una rendita annua netta di 8800 lire alla quale ag-
44
Riccia per un valore totale di circa 80 mila ducati la cui differenza fu
coperta con la donazione elargita alla Provincia dal Re Gioacchino
Murat. Nel suo discorso Zurlo dettò anche le linee di intervento per
gli anni successivi prevedendo l’acquisto della tenuta di Cantalupo
nel territorio di Rotello la quale, con gli introiti ricavati dai Comuni
e dai luoghi pii, avrebbe contribuito a completare la dote prevista per
i Collegi dalla legge del 1807. Si stabilì anche che a partire dal 1815
e per gli anni seguenti una parte dei fondi (la somma iniziale accantonata fu di 3000 lire) dovevano essere stanziati per l’adeguamento
dell’edificio destinato ad accogliere il Collegio.
L’8 ottobre il Consiglio Generale della Provincia a larga maggioranza deliberò in materia di Pubblica Istruzione quanto segue:
Oggi che sono lì otto Ottobre dell’anno 1814, nella città di Campobasso, e nella sala destinata alle Sessioni del Consiglio G.le
della medesima. Radunati li Sig.ri Cav.re Giampaolo Presidente,
Carlo Rienzolechiarizia Segretario, Antonio Francesco de Mariarosa, Francesco Arciprete Magri, Berardino Musenga, Dito Aurelio Neci, Francesco Paventi, membri del Consiglio G.le della
Provincia di Molise, creati in esecuzione della legge degli 8 Agosto 1806, il Presidente dichiara, che la Sessione è aperta.
Ciascuno avendo preso il suo posto, il Presidente propone all’esame del Consiglio de’ mezzi che crede opportuni per migliorare la
Pubblica Istruzione.
Il Consiglio G.le nell’atto che durava ancora la sua seduta
nell’anno scorso, chiedendo conto all’Intendente dell’uso fatto
dei fondi dal Consiglio medesimo fissato ne’ budgets antecedenti
per l’articolo della Pubblica Istruzione, fu istruito, che sui megiungere le 4400 lire della tenuta di Cantalupo per un totale 13200 lire.
Questa rendita doveva essere integrata con successivi acquisti attraverso i
sussidi provinciali, dei comuni e dei luoghi pii.
45
desimi eransi fatte dal Ministero dell’Interno delle inversioni a
favore delle altre Provincie.
Ciò sommariamente dispiacque a tutti i membri del Consiglio,
il quale lesse in questa misura la disposizione di rapire ad una
Provincia tanto bisognosa di risorse per instabilirsi le istituzioni
di istruzione pubblica, e che non avendone nulla ricevuto dal
Governo, faceva tutti gli sforzi per procurarsene a carico di se
stessa. Quindi il Consiglio implora colla più viva espressione
della preghiera: 1°) di farsi la integrale restituzione delle partite invertite, che non possono esserlo state, che per semplici
impronti, giacché una Provincia povera non poteva essere chiamata a soccorrere senza ritorno le ricche; 2°) a non permettersi
successive inversioni, onde non privare il Sannio di tutti que’
mezzi, che i suoi sforzi han procurato e van procurato all’oggetto; 3°) che S.E. il Ministro dell’Interno si degni implorare dalla munificenza del Re un rilascio che il Ministro medesimo ha
fatto sperare; sulla compra della tenuta di Cantalupo in Rotello,
che deve formare una seconda dotazione del R. Collegio Sannitico; 4°) che rimanga approvata la proposta del Sig. Intendente
di chiamarsi i Comuni a far de’ soccorsi ad imitazione di questa
centrale proporzionatamente alle risorse loro, calcolatisi assai
meno per dazi di consumi, che sulle loro rendite particolari. 5°)
che si approvi la proposta accennata al Consiglio dall’Intendente medesimo di tutte le inversioni di articoli, che ne’ Budgets
Provinciali potranno essere fatte per lo stesso uso di compra
di fondi; 6°) che, secondo l’Intendente ha proposto al Consiglio, ed andrà a proporre al Ministro dell’Interno, si approvi il
progetto di richiamare il Monte de’ maritaggi della Famiglia
Santellis esistente in questo Comune di Campobasso all’oggetto della sua prima istituzione, che era appunto per il ramo
dell’istruzione pubblica, addicendosene tutte le rendite al R.
Collegio, col bene di dare al Comune il diritto di talune piazze
franche da concedersi in preferenza a quegli degli eredi maschi
46
della fondatrice della famiglia Santellis, sopprimendosi anche
le due Cappellanie non si sa da chi autorizzate, che attualmente
dal luogo pio si vagano dietro la mente degli attuali godenti,
quante volte non potesse darsi loro altra situazione.
L’ora essendo avanzata il Presidente ha detto di voler terminare
la sessione. Ciò detto, si è trovato conforme al deliberato, la sessione si è sciolta.
Firmato Giampaolo Presidente
Rienzolechiarizia segretario.30
Con la caduta di Napoleone seguì il periodo della Restaurazione caratterizzata dal tentativo dei governi assoluti e delle aristocrazie di riaffermare quei principi etici e politici che la rivoluzione
francese e il cesarismo napoleonico travolsero e offuscarono e che
si volevano far rivivere attraverso una rinnovata alleanza fra il
trono e l’altare, tra l’alto clero e l’aristocrazia più legata al passato.
Il congresso di Vienna riportò i Borboni sul trono di Napoli e re
Ferdinando IV assunse il titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie. Il Sovrano, ritenendo il decennio francese solo un temporaneo
periodo di occupazione militare emanò leggi eccezionali contro i
murattiani, ma confermò sostanzialmente le riforme realizzate dai
francesi tra le quali quella sulla Pubblica Istruzione apportando
solo modifiche in quelle parti che gli servirono per consolidare il
proprio potere. Lo stesso fecero le amministrazioni periferiche del
Regno tra le quali il Consiglio Generale della Provincia di Molise,
nominato dal Re, che convocato nell’ottobre 1815
sebbene per principii fosse avverso al Consiglio dell’anno passato, pure, riguardo al Collegio, accettò e raccomandò al Re tutte
30) ACNMP, b. 6, f. 93.
47
le proposte del medesimo, d’accordo in ciò col Capo della Provincia, e continuò anche con maggior zelo e con felice risultato
l’opera dell’Amministrazione precedente.31
L’assemblea in particolare approvò e raccomandò al Re le seguenti proposte dell’Intendente:
1°)La cessione al Collegio per la sua dotazione de’ residui
beni dei Conventi soppressi, beni già ceduti alla Provincia
per opere pie, coll’obbligo a questa di un contributo annuo di ducati diecina per anni tre, per il compimento della
strada da Pontelandolfo a Campobasso. Il valore capitale
di questi beni era stato calcolato in ducati 20 mila, ma una
parte di essi era stata già distratta per altre opere e specialmente destinata alla costruzione del carcere centrale,
il cui appalto era stato di ducati 11962,60.
Quindi si propose, che terminato il carcere, il residuo di
questi beni fosse destinato alla dotazione del Collegio.
2°)Si rinnovò al Governo il voto espresso dal Consiglio Generale dell’anno precedente per un ratizzo sui Comuni da
durare secondo i bisogni. La somma che doveva dare questa tassa, quale fu iscritta sul bilancio dell’anno 1815 era
di ducati 10450: quella impostata nel bilancio dell’anno
1816 era di ducati 10 mila, con questa clausola: Salve le
variazioni derivanti dal non esigersi la rispettiva quota da
qualche Comune. Il ratizzo imposto ai Comuni importava
l’obbligo dell’acquisto dell’ampia tenuta di Cantalupo,
conforme ad una Ministeriale del 14 maggio 1814, che
autorizzava la compra di beni stabili demaniali ed anche
di altra provenienza per la dotazione del Collegio.
3°)Si rinnovò al Governo l’istanza già fatta l’anno 1814 di de31) L. Lace, op. cit., p. 39.
48
stinare alla dotazione del Collegio la rendita dell’eredità di
D. Agostino Santellis, che secondo la mente del testatore
doveva servire per l’Istruzione Pubblica. Il valore capitale
di questa eredità era calcolata in ducati 12,905,08.32
In realtà la maggior parte dei comuni dal 1815 al 1820 pagarono somme ingenti per dotare il Collegio nonostante che la
Provincia avesse preventivato che più di qualche ente non avrebbe
versato la tassa prestabilita. Queste rendite, insieme con quelle
derivanti dai beni residui dei monasteri soppressi e dal lascito Santellis, permisero di coronare dopo molti anni le aspirazioni dell’intera provincia molisana.
Un’apposita commissione presieduta dall’intendente Zurlo
prescelse come sede del Collegio il soppresso convento di San
Francesco della Scarpa,33 nel cuore di Campobasso (fin dal 1807
era stato adibito a caserma della Compagnia Provinciale), abbandonando l’idea iniziale del convento dei Cappuccini di Santa Maria della Pace perché ritenuto troppo distante dal centro abitato.
Notizie dettagliate su questo monastero le ricaviamo da uno
studio di padre Eduardo Di Iorio.34
Aveva l’appellativo della “Scarpa” perché i Religiosi erano calzati a differenza dei Minori Osservanti e dei Cappuccini che vanno scalzi.
Era il più bel monastero della città.
32) Ivi, p. 40
33) Il Consiglio Generale della Provincia adottò la decisione con delibera
dell’8 ottobre 1814.
34) E. Di Iorio, Campobasso. Itinerari di Storia e di Arte, Campobasso, Arti
Grafiche La Regione, 1978, pp. 142-143.
49
Sorto nell’età Angioina (esisteva già nel 1340) divenne uno dei
più insigni conventi della Provincia: nel 1781 vi fu collocato
un Ginnasio Generale. Vi si celebrarono 5 Capitoli Provinciali
(1602, 1706, 1739, 1742 e 1781). Lo illustrarono: il Magister
munices fr. Cosimo da Campobasso (1623) e i Ministri Provinciali Desiderio (1624), Serafino Giuliani (1739) e Gaetano Labella (1757). Chiuso con la soppressione napoleonica.
… Così lo descrisse Nauclerio nel 1688: «Ha l’affacciata verso
la Piazza, con piramidetta di pietra del paese avanti la Chiesa con
tre gradini, piedistallo colonnetta e Croce sopra. Consistente la
detta affacciata in nove arcate con suoi pilastri fra i quali vi è la
porta del chiostro e la porta della Chiesa con ornamento gotico
di pietra del paese: appresso di detta arcata vi sono due magazzini. Sopra di dette arcate vi è l’abitazione con sei finestre e due
logge a destra e sinistra della porta della Chiesa con tre archi e
colonnette coverte a tetti: e nella voltata dell’angolo della detta
Chiesa, dalla parte di fuori vi sono numero undici archi, che formano un corridoio a piano della Piazza, quali arcate con li detti
due magazzini, li Padri li affittano in tempo di fiera». In questo
veniva dato con frequenza alloggio ai forestieri di passaggio per
il capoluogo del Contado.
Verso la metà del 1700 nel chiostro di questo Convento avevano l’abitudine a riunirsi i Confratelli di Santa Maria della Croce i quali procedevano all’elezione dei reggimentali, cioè degli
amministratori comunali che venivano sostituiti anno per anno.
L’oggetto delle loro delibere era uno solo, anche se riguardante
la locale Università.
La Chiesa era carina: aveva altari di juspatronato delle famiglie
Scacchis, Ciccarelli, De Attellis, Delli Marchi, Pistilli e Bianchini: aveva un coro di pregevole fattura, fatto a pezzi, arso da
soldati che vi alloggiavano nel 1812. Il Convento fu anch’esso
danneggiato dal terremoto del 1805.
50
Frattanto re Ferdinando con i decreti del 2 e del 16 agosto 1815
aveva dato alle scuole del Regno un nuovo ordinamento scolastico
suddiviso in cinque ordini:
1° Istruzione primaria per la massa del popolo
2° Istruzione delle scuole secondarie
3° Istruzione dei Collegi
4° Istruzione dei Licei
5° Istruzione della Regia Università degli Studi.
Con lo Statuto35 del 14 febbraio 1816 furono emanate anche
precise disposizioni per i Collegi con annessi Convitti relativamente alle materie d’insegnamento, ai libri di testo, agli esami,
alla direzione, agli onorari dei professori e al vitto. Tale Statuto
precedeva di un solo mese il regio decreto del 12 marzo 1816 col
quale venne creato il Real Collegio Sannitico di Campobasso.
Esso recita:
Ferdinando IV,
per la grazia di Dio, Re delle Due Sicilie,
di Gerusalemme ecc.
Infante di Spagna,
Duca di Parma, Piacenza Castro ecc.
Gran Principe ereditario di Toscana ecc.ecc.
Volendo secondare il voto del Consiglio Generale della Provincia
di Molise e gli sforzi fatti dai Comuni e dagli abitanti della stessa
Provincia per la dotazione del Collegio Sannitico da stabilirsi in
Campobasso;
35) Gli Statuti regolavano la vita all’interno dei Collegi. Ne stabilivano dal punto di vista didattico le materie, gli orari e le relative esercitazioni. Gli Statuti
inoltre prevedevano anche un ordinamento in relazione al pagamento degli
stipendi di tutto il personale direttivo, educativo ed amministrativo.
51
Visto il rapporto del nostro Segretario di Stato Ministro dell’Interno;
Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue.
Art. 1
Al cominciamento dell’anno scolastico in novembre prossimo
sarà aperto in Campobasso, nel locale che si trova con precedenti determinazioni, il Collegio Sannitico per l’istruzione pubblica
della Provincia di Molise. Le spese di riduzione di detto locale saranno fatte con le rendite del Collegio disponibili in questo anno e con altri mezzi che verranno adottati dal Ministero
dell’Interno sulla proposta dell’Intendente.
Art. 2
La dotazione del detto Collegio sarà composta:
I) del residuo dei beni addetti già alla strada Sannitica, ed attualmente appartenenti alla Provincia per uso di opere pubbliche, in compenso della contribuzione che sta pagando per
costruire la detta strada;
II) dai beni dell’eredità del benemerito testatore D. Agostino
Santellis di Campobasso: il testatore nella sua pia istituzione
avendo avuto in mira la Pubblica Istruzione, la sua volontà è
adempita con l’attuale dotazione;
III)dai beni acquisiti per questo oggetto con fondi comunali,
e da quelli che l’Intendente e la Deputazione del Collegio
nominata dal Consiglio Generale e da Noi approvata sono
autorizzati ad acquistare coi mezzi finora usati sino alla
completa dotazione;
IV)finché la dotazione non sarà completa, a ciò che manca, sarà
annualmente supplito, dal giorno dell’apertura del Collegio,
dal Comune di Campobasso e da altri Comuni della Provincia, sugli stati discussi, in proporzione delle rispettive risorse;
secondo il ratizzo che ne farà il Consiglio Generale, a proposta dell’Intendente, e che sarà sottomesso alla approvazione
del Ministro dell’Interno.
52
La rata di Campobasso è fissata in ducati 800 annui, in considerazione dei particolari vantaggi ch’esso ritrae dal Collegio.
Art. 3
La Deputazione del Collegio prenderà subito il possesso e l’amministrazione dei beni che costituiscono la detta dotazione, per
impiegarne la rendita a vantaggio dello Stabilimento, all’infuori
però della rendita dei beni enunciati al n. 1 dell’articolo precedente, la quale, per tutto corrente, sarà impiegata alla costruzione
delle prigioni di Campobasso, a cui si trova addetta.
Art. 4
In compenso del beneficio fatto al Collegio, è accordato ai discendenti del Santellis il diritto di una piazza nel Convitto del
Collegio colla prerogativa del grado, senza che si possa un tal
diritto trasferirsi ad estranei. È parimenti accordato ai Comuni,
che han contribuito e che contribuiranno alla dotazione del Collegio, quel numero di piazze franche in favore dei loro concittadini, che corrisponderà alle somme somministrate, secondo la
proporzione che verrà fissata dal Ministro dell’Interno sull’avviso dell’Intendente del Consiglio Generale, intesa la Commissione di Pubblica Istruzione. La proposta alla piazza dovuta ai
discendenti del Santellis apparterrà ad un Consiglio di famiglia;
e la proposta alle piazze dovuta ai Comuni apparterrà ai rispettivi Decurionati, sotto la nostra approvazione, così nell’uno come
nell’altro caso. Elevandosi questioni di preferenze al godimento delle dette piazze franche saranno portate alla decisione del
Consiglio d’Intendenza.
Art. 5
Il nostro Segretario di Stato Ministro dell’Interno è incaricato della esecuzione del presente Decreto – firmato Ferdinando
da parte del Re – Il Ministro Segretario di Stato: Tommaso di
Somma.36
36) ACNMP, b. 6, f. 93.
53
In concomitanza con quello di Campobasso, in ciascuna delle altre Province dei domini di qua del Faro del Regno, vennero
istituiti altri 11 Collegi e più precisamente quelli di Terra di Lavoro in Maddaloni, Tulliano in Arpino, di Basilicata in Potenza, di
Principato Ulteriore in Avellino, di Capitanata in Lucera, di Terra
d’Otranto in Lecce, di Calabria Citeriore in Cosenza, della Prima
Calabria Ulteriore in Reggio, della Seconda Calabria Ulteriore in
Monteleone, dell’Abruzzo Citeriore in Chieti e del Primo Abruzzo
Ulteriore in Teramo.
Appena promulgato il decreto il Consiglio Generale della
Provincia, così come stabiliva l’articolo 2, punto III, nominò la
Deputazione37 che ebbe l’incarico di amministrare le rendite ed
37) La nomina di questa deputazione faceva riferimento a quanto espressamente contenuto nel r.d. del 30 maggio 1807. Nel tempo le norme cambiarono. Il r.d. del 14 febbraio 1816, artt. 84 e 188, affidò la gestione dei
beni dei licei e dei convitti a una «Commissione amministrativa composta
dall’Intendente della Provincia e sottointendente del distretto dove il liceo
è stabilito, del Rettore e di due Proprietari». Il Regolamento per le scuole
secondarie classiche e per i convitti del 10 aprile 1861, art. 69, stabilì che
il C.d.A. doveva essere composto da un consigliere municipale, un consigliere provinciale, uno o più cittadini autorevoli nominati dal governo e
dal Rettore Presidente. Il Regolamento dei convitti nazionali, approvato
con r.d. 11 novembre 1888, art. 70, fissò in un triennio la durata del C.d.A.
composto da un consigliere provinciale, da un consigliere comunale del
luogo sede del convitto, di una «persona nominata dal Ministro, da un
funzionario designato dall’Intendente di Finanza della Provincia, dal Rettore presidente». Il r.d. n. 1054 del 6 maggio 1923, art. 121, stabilì che il
C.d.A. fosse così composto: Rettore presidente, un delegato del Consiglio
Provinciale, un delegato del Consiglio Comunale, due membri nominati
dal Ministro della Pubblica Istruzione, un funzionario designato dall’Amministrazione finanziaria della Provincia. Tale normativa, tuttora vigente,
è riportata nell’art. 203 del d legisl. n. 297 del 16 aprile 1994.
54
acquistare, fino alla completa dotazione del Collegio, i beni immobili. Membri della Deputazione furono i campobassani Giuseppe De Rubertis e Giacomo De Marco, Serafino Chiarulli di
Ferrazzano, Pasquale Salottolo con funzioni di cassiere38 e Luigi
Rateni di Frosolone.
Intanto l’Intendente diede immediatamente corso al bando di
gara per l’appalto dei lavori necessari per la trasformazione in
Convitto dell’ex convento di San Francesco.39 Il progetto fu elaborato gratuitamente40 dall’architetto campobassano Berardino
Musenga, già membro del Consiglio Generale della Provincia,
che in quegli anni dettò anche le direttive del piano di sviluppo urbanistico della città e curò la ricostruzione della chiesa
della Ss. Trinità crollata col terremoto del 26 luglio 1805. In
ogni comune della Provincia il 16 maggio 1816 vennero affissi
gli avvisi per due gare d’appalto: la prima relativa ai lavori di
adeguamento del vecchio edificio ecclesiastico per un importo di 2319,75 ducati, la seconda per l’ampliamento41 di ducati
21836,92. Fu stabilito che i locali del Convitto dovessero essere
capienti per ospitare da subito 60 convittori.42 I lavori iniziarono
nel giro di qualche mese e andarono avanti abbastanza celer38) Venne dapprima surrogato da Eugenio D’Alena e, successivamente, da
Nicolangelo Mascilli di Campobasso.
39) L’edificio fu danneggiato dal terremoto del 1805.
40) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale e R. Liceo-Ginnasio “M. Pagano” di
Campobasso. Notizie Storiche, Campobasso, Arti Grafiche Di Nunzio &
Santorelli, 1940 (XVIII E.F.), p. 31.
41) Tutte le amministrazioni che si avvicendarono dal 1816 in poi non abbandonarono mai il progetto di ampliare l’edificio. Esso però trovò molti
ostacoli, a partire da quelli finanziari, prima che si potesse concretizzare.
42) ACNMP, b. 27, f. 440.
55
Bando di gara per l’appalto dei lavori necessari per la trasformazione in
Convitto dell’ex convento di San Francesco (1816) - Archivio Convitto
Nazionale “M. Pagano”
56
mente per rispettare il termine dell’apertura del Collegio fissato
dal decreto reale per il novembre successivo. In realtà l’adeguamento dell’edificio continuò anche dopo la sua apertura per
la trasformazione di alcuni locali interni.43 Da una descrizione
ricavata dal progetto dell’architetto Musenga il Collegio aveva
cinque camerate delle quali quattro assai ampie, otto aule studio,
il refettorio, la cappella, l’infermeria, la cucina, la stanza del
Rettore, del Vicerettore, del Prefetto d’ordine e dei maestri oltre
a vari ambienti destinati al personale del convitto, molti fondaci
e giardino. I lavori di restauro, per la parte muraria, vennero
eseguiti da Angelo Di Tullio, Beniamino Francesco e Raffaele
Guariglia, campobassani.44 Nel corso degli anni gli interventi
di manutenzione ordinaria e straordinaria, così come risulta dai
carteggi dell’Archivio del Convitto, furono numerosissimi prima che avvenisse la costruzione del nuovo edificio i cui lavori
avviati nel 1879 vennero ultimati nel 1900.
Al Collegio, dopo qualche anno, fu annesso45 anche un oratorio46 per gli studenti esterni stabilito nell’antica chiesa di Santa
Maria Maddalena, in via Ferrari, oggi non più esistente.
Due mesi prima dell’inaugurazione fu chiamato a svolgere
le funzioni di Rettore il sacerdote di origine pugliese Alessandro
Gennaro dell’Erba, dei chierici Regolari, che diede il suo contributo anche per la scelta dei docenti. Dell’Erba fece parte, così
come dettava il decreto del 14 febbraio 1816, della commissione
amministrativa, ovvero del primo Consiglio d’Amministrazione,
43)
44)
45)
46)
Ivi, f. 441.
Ibidem.
L’oratorio funzionò fino al 1860.
Oggi è ubicato al secondo piano del convitto.
57
insieme con l’intendente Biase Zurlo e i campobassani Giuseppe
Sipio e Carlo Bellini entrambi “proprietari”.47
Il gran giorno finalmente arrivò. Il 16 novembre 1817, con
l’intervento delle massime autorità della Provincia e di molti sindaci, fu inaugurato il Collegio Sannitico. Tutti i meriti andarono
all’intendente Biase Zurlo che «per questa grande opera» – come
rimarcò nel suo discorso Gennaro Petitti, ispettore distrettuale delle scuole –, «il Sannio» lo «nominerà Erennio redivivo». Il rettore
Dell’Erba, invece disse:
Un Re ha incoraggiato i vostri nobili sforzi ed accolte le vostre
brame, ha coronato l’opera vostra con l’accodarvi nella vostra
capitale, come ornamento più bello, uno stabilimento nel quale
i vostri diletti figli verranno a nutrirsi di quei sani principi di
Pubblica Istruzione, la quale con metodi illuminati, saggi ed uniformi, già diffusi in tutto il Regno, farà progressivamente sudditi
fedeli allo Stato, cittadini onorati alla Patria e floridi rampolli,
feraci di utili frutti, alle rispettive famiglie.
La comunità convittuale
Gli alunni
I nuovi indirizzi politici e pedagogici dei napoleonidi prima e
dei Borboni dopo propugnarono che l’educazione della gioventù
dovesse essere funzione esclusiva dello Stato, al quale competeva di diritto la formazione dei cittadini. Il decreto del 1807 ebbe
47) E. Di Iorio, Campobasso. Itinerari di Storia e di Arte, cit., pp. 142-143.
58
proprio questo intento: creare cioè degli istituti in cui i giovani
fossero educati e istruiti secondo gli intenti dello Stato e l’educazione letteraria, come aveva insegnato Matteo Galdi, fosse accompagnata con quella morale e politica, non potendosi avere buoni
cittadini – egli scriveva «senza virtù politiche».48 Era quindi una
laicizzazione dell’insegnamento, cui non poteva non opporsi l’autorità ecclesiastica, la quale tuttavia riuscì attraverso altri sistemi
ad esercitare il pieno controllo della gioventù e dell’istruzione. Le
disposizioni emanate riservarono infatti agli ecclesiastici, all’interno dei Convitti, le pratiche del culto e dell’insegnamento religioso
e, in alcuni casi, come per il Collegio di Campobasso, i Rettori
furono fino al 1867 tutti ecclesiastici. Sacerdoti erano per disposizione regia anche i Prefetti di camerata. A questo si aggiunga poi
che per l’ammissione in Convitto era necessario un certificato di
buona condotta rilasciato dal proprio parroco.
Nel Collegio, dunque, dovevano essere formati uomini di studio, di fede e di carattere con l’obiettivo di rinnovare i quadri civili
del Regno e, in seguito, del nuovo stato unitario.
L’ammissione, soprattutto se gratuita, nel periodo borbonico,
era di stretta competenza del Re al quale spettava, su proposta
dell’Intendente, valutare le qualità intellettuali, morali e fisiche
dei giovani aspiranti.49
Per il primo anno scolastico il Real Collegio Sannitico fece
registrare un gran numero di domande di ammissione alcune delle
48) M. Orza, L’educazione nazionale nel pensiero di Matteo A. Galdi, in Studi di
Storia Napoletana in onore di Michelangelo Schipa, Napoli, 1906, p. 653.
49) Dopo l’Unità questo compito passò al C.d.A. che dopo aver valutato le domande di ammissione per i posti gratuiti e semigratuiti inviava al Ministero
della Pubblica Istruzione i nominativi degli studenti ritenuti in diritto.
59
quali vennero inviate all’Intendente addirittura molti mesi prima
della sua apertura. Dai fascicoli personali dei convittori è possibile ricavare i comuni di provenienza: oltre che dalla provincia
molisana vennero ammessi in Convitto anche pugliesi (Celenza)
e abruzzesi (Vasto, Casalanguida, Atessa). Erano per la maggior
parte figli di ricchi proprietari o di nobili. Tra questi vi era, ad
esempio, Francesco Cavoli, figlio di Nicolao, barone di Policorvo
(Abruzzo) e di Irene Cardone, baronessa
Oppidi vulgo Castelbottaccio … che per la sua entrata in Collegio ha fatto il versamento del semestre anticipato a contare dal
detto nuovo anno, ma anche dell’importo dei rimanenti giorni del
corrente decembre.50
I paganti, il primo anno, furono circa 30. Discreto anche il numero di posti gratuiti e semigratuiti51 che furono assegnati, le cosiddette “piazze franche” o “mezze piazze franche,” che l’Intendenza
riservò esclusivamente ai giovinetti di quei comuni che erano in
regola con il pagamento del contribuito destinato alla dotazione del
Collegio. Le domande che arrivarono all’Intendente furono più o
meno tutte simili a quelle che presentarono l’arciprete di San Martino in Pensilis don Felice Vietri per chiedere l’ammissione del nipote Gaspare e Vittoria D’Alena per il figlio Francesco Guardati.
Eccellenza,
L’Arciprete Felice Vietri di San Martino in Pensilis con supplica
50) ACNMP, b. 334, f. 1892.
51) Si trattava di vere e proprie borse di studio legate a lasciti vincolati o testamentari ad opera di benefattori. Queste borse consentivano ai beneficiari
la permanenza, appunto gratuita o semigratuita, presso il Convitto.
60
espone che egli ha un nipote che conta l’età di anni dieci. È istruito
sufficientemente ne’ studj corrispondenti alla sua età. La natura
non è stata avara nel dotarlo di talenti. Conseguentemente è necessaria in Lui una costante istruzione. Le circostanze di famiglia
non sono così felici di poter supplire a quelle spese necessarie per
conseguirla. D’Altronde l’oratore non può mancare di accoppiare
a tale considerazioni quella della sua persona. L’aver esercitato
un’arcipretura per quattordici anni; l’esser stato predicatore in varie città e paesi del Regno; l’aver esercitata la carica di Lettore nel
Seminario di Larino; e l’esser stato finalmente sempre attaccato al
Suo Legittimo Sovrano; sembra da tutto ciò che le considerazioni
nascenti debbano influire in beneficio del nipote.
Prega quindi Sua E. volersi compiacere di accordar la grazia a
detto suo nipote di essere ammesso a piazza franca nel Liceo che
va ad installarsi in Campobasso, o in altro della Capitanata, o di
Provincia.52
La signora D’Alena, invece, così si espresse:
Eccellenza,
Vittoria D’Alena della Città di Campobasso, vedova del Giudice
Criminale D. Andrea Guardati, umilmente rassegna a V.E., che
fin dal mese di novembre dell’anno scorso nell’esporle le sue
infelici circostanze, La tenne supplicata a benignarsi di prendere
in considerazione lo stato dei di Lei figlio Francesco Guardati per
ottenere la Grazia di vederlo collocato in una delle piazze franche
del Collegio Sannitico, che va ad aprirsi sotto gli auspici dell’E.V.
Non essendo stata finora la supplica né rimessa per informo, né
in altro modo provveduta, torna ad implorare dalla Magnanimità
dell’E.V. la grazia indicata, e che si augura di ottenere…53
52) ACNMP, b. 353, f. 2023.
53) Ibidem.
61
Dai carteggi dell’Archivio è possibile ricavare anche «lo stato degli alunni proposti dai Decurioni per le mezze piazze franche». Ad esempio, per il Distretto di Larino, che comprendeva i
circondari di San Martino, Casacalenda, Bonefro, San Giuliano,
Montefalcone, Termoli, Guglionesi, Montenero, Rotello, Civitacampomarano, Guardialfiera e Lucito gli alunni proposti furono in
totale 44 di età compresa tra gli 8 e i 16 anni, ma di questi solo 12
vennero scelti dal sottointendente. Come risulta dalle «osservazioni» trasmesse all’Intendenza la maggior parte erano stati esclusi
perché avevano contratto «il vajuolo».54
Dal Progetto di ripartizione finale elaborato dall’Intendente
risulta che le «piazze franche»,55 furono ripartite tra comuni di
Campobasso (3), Morcone (2), Isernia (1), Bojano (1), Guardialfiera (1), Larino (1), Riccia (1), Casacalenda (1), Trivento (1) e
Agnone (1) mentre le 17 «mezze piazze franche» tra quelli di Bonefro, Frosolone, Montefalcone, Ponte (?), Civitacampomarano,
San Martino, Vinchiaturo, San Giuliano di Puglia, Bagnoli del Trigno, Montenero di Bisaccia, Ripalimosani, Guglionesi, Termoli,
Lucito, Limosano, Campochiaro e Rotello.56
L’andamento del numero degli studenti nel Collegio Sannitico
fu più o meno costante (60-90) negli anni che precedettero l’Unità
d’Italia. A partire dal 1867 il loro numero, anche per le nuove offerte formative, iniziò a salire come pure quello dei posti gratuiti
dal momento che il Consiglio d’Amministrazione, a più riprese,
scelse di allargare sempre più la fascia sociale di tali benefici. Pro54) Ibidem.
55) Alla famiglia Santellis, che col proprio patrimonio contribuì alla dotazione del Collegio, per «diritto» fu riconosciuta una sola «piazza franca».
56) ACNMP, b. 353, f. 2023.
62
Concessione da parte del Re di un posto semigratuito al Real Collegio Sannitico,
30 aprile 1819 - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano”
63
gressivamente è aumentato anche il numero dei semiconvittori.
Questa tendenza si è affermata soprattutto negli anni Settanta del
Novecento con l’evolversi in chiave moderna della società che ha
radicalmente cambiato le abitudini delle famiglie facendo venir
meno l’esigenza convittuale. Determinante in questo processo
evolutivo è stata anche l’emancipazione della donna e il nuovo
ruolo che essa svolge nel mondo lavorativo. Da qui la necessità di
gestire i figli anche negli orari pomeridiani sì da consentirle una
maggiore autonomia durante la giornata. Proprio questo spiega
perché oggi è elevato il numero dei semiconvittori (305) rispetto
ai 21, ad esempio, del 1930.
Divisi dapprima in squadre da cinque, poi sette ed infine otto,
il numero degli studenti (compresi convittori e semiconvittori) furono per anno scolastico:
1867-1868 96; 1868-1869 94; 1869-1870 92; 1872-1873 164;
1875-1876 270; 1887-1888 122 divisi in sette squadre; 1893-1894
133; 1918-1919 133; 1922-1923 173; 1925-1926 172; 1926-1927
182; 1928-1929 116; 1930-1931 122; 1931-1932 153; 1932-1933
152; 1937-1938 152; 1938-1939 166; 1939-1940 156 divisi in otto
squadre; 1941-1942 171; 1942-1943 188; 1945-1946 137.
Per l’anno scolastico 2008-2009 gli alunni delle scuole elementari e medie, tutti semiconvittori, sono complessivamente 298 mentre 303 (di cui 7 semiconvittori) sono gli studenti che frequentano
il Liceo Scientifico con peculiarità europeistiche. I convittori, molti
dei quali provenienti anche da fuori regione, sono in totale 35.
Uniformi e corredi
L’uniforme e il corredo hanno sempre avuto grande importanza
nei Convitti. Denotavano in qualche modo l’appartenenza esclusi-
64
va ad una organizzazione scolastica che si proponeva come punta
di diamante per l’educazione dei giovani. Ma uniformi e corredi
confermavano anche la connotazione economica e sociale dei loro
fruitori dal momento che il costo dell’abbigliamento inizialmente
superava il valore dei 180 ducati.
Nel 1817, all’apertura del Collegio Sannitico, l’uniforme dei
convittori era di
castoro blu, con paramaniche e collaretto di color celeste, gigli
ricamati in oro alla spalle, e con bottoni dorati con la legenda
“Reale Collegio Sannitico” in mezzo a tre gigli. Calzoni dello
stesso castoro e colore. Camiciuola di Casimiro. Cappello con
coccarda rossa. Cappietto d’oro e bottone come sopra.57
Tra gli altri oggetti che caratterizzavano il corredo che doveva
essere completo all’atto dell’ammissione
un letto completo, un mobile per conservare gli abiti di una forma stabilita. Una piccola scansia per riporre i libri. Camice di tela
numero 6 – Salvietti numero 6 – Tovaglie numero 6 – Fazzoletti
bianchi numero 6 –, per l gola numero 6 – Calze di filo bianco
paia 6 – Due paia di scarpe – Una posata d’argento – Un piccolo
scrittoio – Un calamaio di ottone – Un crocifisso pel letto – I
libri relativi alla sua classe – Un abito per la casa di panno di
Arpino grigio con sottoveste uguale. Un altro per l’està di tela
di lamelina.58
57) Il Regolamento interno del 1861 stabilì per i convittori una nuova divisa composta da «cappotto, tunica e pantaloni a modello di Guardia
Nazionale».
58) ACNMP, b. 27, f. 451. Nel 1861, nel corredo dei convittori, figurava ancora la «posata d’argento».
65
Le divise (una circolare ministeriale del 1896 stabilì la loro uniformità per tutti i Convitti nazionali d’Italia) rimasero sostanzialmente immutate fino alla seconda guerra mondiale e oltre, mentre
per i corredi furono introdotte novità già a partire dai primi anni del
Novecento come quella che prevedeva all’art. 24 del Regolamento
che fosse a carico del Convitto «fornire ai nuovi alunni un letto di
ferro con rete metallica, un cassettone, un tavolino da studio, tre
seggiole ed una posata».59 Le divise di colore nero per i convittori
e «l’obbligo dell’uso del berretto uniforme»60 anche per i semiconvittori restarono in vigore fino alla fine degli anni Sessanta.
La giornata dei convittori
Tutta la vita degli allievi – osserva Carmen Ziviello – «era
scandita da una rigorosa ripartizione del tempo e degli obblighi
cui ottemperare nell’arco dell’intera giornata, dallo studio alla
preghiera e all’esercizio fisico».61
A regolare la vita dei Collegi erano gli Statuti (i C.d.A. potevano
adeguarli alle esigenze interne) che ne stabilivano dal punto di vista
didattico le materie, gli orari e le relative esercitazioni. Gli Statuti
prevedevano anche precise norme relativamente al pagamento degli
stipendi del personale direttivo, educativo ed amministrativo.
La giornata del convittore nel Reale Collegio Sannitico di
Campobasso alla sua apertura era dettata dal regio decreto del 14
febbraio 1816.
59) Ivi, b. 9, f. 133.
60) Ibidem.
61) C. Ziviello, Cenni storici, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di
Napoli. La memoria dell’Istituzione, a cura di Vincenzo Racioppi, Napoli,
2007, p. 47.
66
I prefetti faranno levare i Convittori alle 9 di Francia nelle vacanze ed alle 6 e mezza nelle giornate di scuola.
Appena vestiti gli Alunni andranno alla preghiera che sarà fatta
in ogni Camerata. Quella, compresa il tempo per vestirsi, non
dovrà durare più di mezz’ora.
Finita la preghiera passeranno alla Sala di Studio. Se il Convittore potrà averla, o nella Camerata, ove resteranno per prepararsi
alle lezioni per un’ora e mezza.62
Nel 1914, preside Pasquale Di Rienzo, fu approvato un nuovo
Regolamento interno che riorganizzò nel modo seguente l’orario
per i convittori. Nell’inverno:
Giorni di scuola
Giorni di vacanza
Sveglia e preghiera ore 5,30 Ore 6
ore 6,30-7 e tre quarti
Studio ore 6-7 e tre quarti
Colazione ore 7 e tre quarti
idem
Scuola ore 8-11
Messa ore 8
Colazione e Ricreazione
ore 11ore 9-11 Belle arti
ore 11 Colazione in sala udienza
Studio ore 12-13,00
Scuola ore 13,00
ore 12,30-14,00 Belle arti
Passeggio o ginnastica ore 15,30ore 14,00-15,30 Passeggio
o ginnastica
Pranzo ore 17,00
idem
Studio ore 18,30-20,30
ore 18,30-20,00 studio
Preghiera e riposo ore 21,00 idem
La sveglia durante il periodo estivo era alle ore 6; la passeggiata dalle ore 18.30 alle 19.30 con la possibilità di avere un’ora e un
quarto di riposo nell’arco della giornata.
62) ACNMP, b. 27, f. 451.
67
Dall’Annuario del Convitto del 1926, rettore Cesare Ferrero,
risulta che l’orario interno fu nuovamente modificato. Esso prevedeva che i convittori si
levassero alle ore 6 e mezza d’inverno ed alle ore 6 d’estate, e
dopo un’accurata pulizia della persona attendono ai loro doveri
scolastici sotto la guida e la vigilanza dei rispettivi istitutori fino
all’ora della colazione, che precede di mezz’ora l’inizio della
scuola (ore 9 d’inverno – ore 8 e mezza d’estate … Dopo il primo periodo di lezione, che ordinariamente è di tre o di quattro
ore, secondo le classi, gli alunni hanno una breve ricreazione,
durante la quale provvedono ad un’accurata pulizia delle mani, e
poi vanno a pranzo. Escono a passeggio tutti i giorni: d’inverno,
subito dopo il pranzo, d’estate, in ora opportuna secondo il tempo. Le squadre fanno le ricreazioni, a turno, o nei cortili o nella
palestra coperta o nelle sale apposite. Il pomeriggio dalle 15,30
alle 18,30 è impiegato in occupazioni varie, che comprendono o
scuola o studio o insegnamenti interni, distribuiti in modo che gli
esercizi di educazione fisica e brevi ricreazioni costituiscano una
razionale pausa al lavoro intellettuale. Dalle ore 18,30 alle 20,30
gli alunni attendono ai loro compiti scolastici. Fatta un po’ di pulizia personale, scendono in refettorio per la cena. Dopo questa,
fanno per mezz’ora di ricreazione e quindi, recitate le preghiere
della sera, se ne vanno a letto.
Tali modifiche e quelle successive vennero stabilite tenendo
sempre presente le disposizioni generali emanate dal Ministero
della Pubblica Istruzione come, ad esempio, quelle del 1883 che
il Consiglio d’Amministrazione del “Mario Pagano” adeguò nella
seduta del 14 luglio 1915 e che la Giunta Provinciale per le Scuole
Medie di Campobasso ratificò il 23 settembre 1915.
68
Oggi la giornata-tipo del convittore63 inizia alle ore 7 con la
sveglia. Dalle 7 alle 7.45 cura dell’igiene personale. Ore 7.45 colazione. Dalle 8 alle 13.00 svolgimento delle attività didattiche. Ore
13.30 pranzo. Seguono le attività ludico-ricreative (ore 14-15), studio (15-17), altre attività ricreative e consumazione della merenda
(17-18). Dalle ore 18.00 alle 19.30 studio. Dalle 19.30 alle 20.00
preparazione per la cena. Ore 20.00 cena. Subito dopo, in base
all’ordine della scuola frequentata, si prosegue con l’attività di studio, con attività ludico-ricreative o altre attività programmate. Il
semiconvittore partecipa alle stesse attività tra le ore 8 e le 18.00.
Dalla vittimazione all’alimentazione dietetica bilanciata
Il pranzo durante il periodo francese si svolgeva a mezzogiorno, abitudine che in quello borbonico venne posticipata alla 13.00.
Oggi l’orario è rimasto pressoché invariato, ma i pasti vengono
somministrati con più turni e per scuola di appartenenza considerato l’elevato numero di studenti.
Nel periodo francese ma anche in quello borbonico sia nel Collegio di Campobasso che in altri istituti prima di iniziare il pasto i
convittori, in silenzio ed in piedi, dovevano ascoltare il Benedicite; prima del pranzo, inoltre, un alunno designato di volta in volta
doveva leggere per un quarto d’ora la Vita degli Uomini illustri
Napoletani.64
Durante il pranzo «o la cena si terrà tutta la compostezza e la
decenza che conviene agli alunni che sono in educazione. I Prefetti
ed il Vice Rettore accostumeranno i Convittori a stare a tavola con
63) A cinque ore di attività didattica si aggiungono sessioni di studio e programmi ludico-ricreativi.
64) ACNMP, b. 27, f. 451.
69
proprietà». Inoltre «quando un Convittore a tavola avrà bisogno di
qualche cosa, si rivolgerà al prefetto di Camerata, per ottenere il
permesso di domandare».65
Il pranzo durava tre quarti d’ora e consisteva «tutti i giorni in
tre piatti caldi pane e frutta; a sera un piatto caldo, insalata; nelle
feste principali e nel giorno della nascita di S.M. un piatto caldo di
più. Tanto a pranzo, quanto alla cena avranno di vino mezza caraffa per ciascuno i grandi, ed un terzo di caraffa i piccoli».66
Dalla tabella di vittimazione67 del 1816 che rimase sostanzialmente in vigore anche dopo l’Unità d’Italia (le variazioni furono
limitate) si può evincere che i convittori erano divisi in «bocche
grandi» e «bocche piccole» e le unità di misura utilizzate erano il
rotolo e l’oncia napoletana.
Al pranzo il pane pe’ grandi di peso di un quarto di rotolo e di un
sesto di rotolo pe’ piccoli.
Alla cena avranno tutti indistintamente un sesto di rotolo di pane,
i piccioli saranno distribuiti a ragione di otto, ed i grandi di sei a
rotolo per la carne, per lo pesce, e pe’ maccaroni. Il Baccalà sarà
distribuito a sei rotolo per tutti. Per la pasta minuta saranno distribuiti indistintamente a ragione di sette a rotolo. Il rotolo sarà
stimato dappertutto a 33 once Napoletane.68
Grazie alla documentazione esistente nell’Archivio del Convitto è possibile fornire anche come venivano somministrati i pasti
nell’arco della settimana.
65) Ibidem.
66) Ibidem.
67) Il termine, ormai in disuso, indicava l’insieme delle abitudini alimentari di
una singola persona, di un popolo o di una comunità.
68) ACNMP, b. 27, f. 451.
70
Colazione:
Un biscotto di due once con della frutta di stagione.
Pranzo.
Domenica e giovedì: maccaroni, ragù di vaccina, frutta di stagione.
Lunedì e mercoledì: minestra verde di stagione allesso di vaccina, arrosto di vaccina o di agnello.
Martedì: minestra di riso, allesso di vaccina, lavoro di pasta.
Venerdì: maccaroni, pesce minuto, uova in tegamino.
Sabato: minestra di legumi, baccalà in umido, mozzarella e sfogliatelle rustiche.
Cena:
insalata ed un piatto caldo che sarà o arrosto di vaccina, o di
agnello, o di frittura di uova, o di braciolette in umido, o baccalà,
o pesce minuto.69
C’era anche un quarto piatto previsto «nei soli giorni di Pasqua, Natale, Corpus Domini ed ultimo di Carnevale come pure
nel giorno della nascita di S.M.».70
Allegata alla tabella di vittimazione anche la «razione per ogni
piatto» dalla quale si ricavano informazioni preziose circa il consumo degli alimenti.
La carne sarà distribuita a ragione di sei a rotolo agli alunni grandi, e di otto a rotolo a’ piccoli.
I maccaroni alla stessa ragione.
Il riso a ragione di otto a rotolo per tutti.
La pasta fina a ragione di sette a rotolo per tutti.
Il pesce come la carne.
69) Ivi, b. 362, f. 2151.
70) Ibidem.
71
Tabella di vittimazione del 1816 - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano”
72
Il baccalà a ragione di sei a rotolo per tutti.
Il piatto di uova consiste in due uova per ciascuno.
[…]
Il vino sarà distribuito a mezza carafa per gli alunni grandi, ed
un terzo di carafa per i piccoli, ed una carafa per i Professori, ed
impiegati così la mattina, come la sera.
Il pane verrà distribuito di once quattro per i grandi ed in once
dodici per i piccoli.
I frutti saranno di stagione e saranno distribuiti a ragione di mezzo rotolo per ciascuno al giorno.71
Risulta evidente che era privilegiato il consumo di alimenti ricchi di carboidrati, mentre minore era quello di verdure ricche di
fibre vegetali e sali minerali.
L’8 novembre 1892, rettore reggente Luigi Moschettini, entrò
in vigore una nuova lista dei generi di vittimazione che introdusse,
nella suddivisione settimanale dei pasti, alcune novità alimentari
come, ad esempio, la verdura, la frittata, la frittura e le scamorze.
Lunedì
Pranzo: pastina in brodo e verdura, lesso con contorno, frittata di
due uova con formaggio;
Cena: minestra verde soffritta o pastina con formaggio, le quali
si alterneranno secondo che la mattina si sia servito pastina o
verdura e braciuole di vaccina o di maiale o scaloppine.
Martedì
Pranzo: maccheroni al sugo, ragù di vaccina o di maiale, frittura
di patate o di riso.
Cena: insalata di erbe o di patate, spezzato di vaccino o di maiale
o di agnello o agnello al forno.
71) Ibidem.
73
Mercoledì
Pranzo: pasta in brodo, lesso con contorno, scamorze al forno.
Cena: minestra verde soffritta, due uova sode con acciuga.
Giovedì
Pranzo: cannelloni stufati, ragù, pizza rustica.
Cena: insalata e genovese.
Venerdì
Pranzo: maccheroni al burro e alla salsa di pomidoro o (da novembre a marzo) zuppa di fagioli o ceci. Pesce in umido, frittura
di patate o riso, o scamorza cruda.
Cena: insalata, baccalà in bianco.
Sabato
Pranzo: riso al brodo con verdura, lesso con contorno, panzarotti
fritti ripieni di uova e formaggio o pasta bignè.
Cena: formaggio, due uova sode con acciuga.
Domenica
Pranzo: maccheroni al sugo, ragù, fritto misto.
Cena: insalata, arrosto di vaccina o di maiale.
Ogni prima domenica del mese sarà servito come quarto un piatto dolce.72
Il 31 ottobre del 1893, il Consiglio d’Amministrazione del
Convitto – presenti il regio commissario Carlo Gambarini, il
rettore Luigi Moschettini, i sanitari Alfonso Ianigro e Ferdinando Berardinone «nello scopo di formare una tabella dietetica pe’ convittori, mirando specialmente alla buona nutrizione
e alla igiene dei medesimi, ed alla economia dell’amministrazione» modificare la tabella dell’anno precedente introducendo
nell’alimentazione quotidiana anche le cotolette e il caciocavallo. Ma la vera novità riguardò le quantità delle razioni e dei
72) ACNMP, b. 362, f. 2157.
74
condimenti che, tranne per il vino, aumentarono rispetto al passato passando
ai 250 grammi pe’ Convittori della 6°, 7° e 8° squadra; grammi
300 per i Convittori della 3°, 4° e 5° squadra; grammi 400 pe’
Convittori della 1° e 2° squadra; e che le frutte saranno servite
indistintamente nella proporzione di grammi 400 per ciascuno.73
Il 26 novembre 1894, il Consiglio d’Amministrazione del Convitto, determinò un’ulteriore modifica alla tabella degli alimenti e
alla loro quantità. Rispetto al 1893 tra i nuovi piatti che vennero
introdotti figuravano la salsiccia fresca, il tacchino lesso o spezzato e il salame.
Nel 1915, causa l’improvviso rincaro dei prezzi per lo scoppio della prima guerra mondiale che impose anche al Convitto di
Campobasso di limitare le spese, il vitto ordinario venne distinto
in tre soli pasti:
Colazione
caffè o caffè e latte con pane;
Pranzo
una minestra asciutta o in brodo, due pietanze, frutta, pane e vino;
Cena
una pietanza con contorno, frutta, pane e vino. Il pane viene dato
a volontà.
All’articolo 34 del Regolamento venne anche precisato che «il
vitto è uguale per tutti salvo per gli ammalati e per i convalescenti,
per i quali si seguono le prescrizioni del sanitario dell’Istituto».74
73) Ivi, f. 2158.
74) Ivi, b. 9, f. 133.
75
Nel corso del secondo conflitto mondiale invece si registrò una
diminuzione delle razioni giornaliere pro-capite per le difficoltà
di reperire i generi alimentari. Ai convittori veniva servito sia a
pranzo che a cena solo il primo piatto e un secondo di verdure. Più
ricco era invece il menù della domenica.
La situazione tornò alla quasi normalità alla fine degli anni
Cinquanta. Dai primi anni Sessanta si tornò all’alimentazione dietetica bilanciata.
I pasti serviti oggi al Convitto “Mario Pagano” denotano
un’attenzione particolare per una corretta e sana alimentazione
degli studenti. Le pietanze servite nell’arco di quattro settimane
vengono, su incarico del Consiglio d’Amministrazione, elaborate da un dietologo che bilancia la distribuzione delle calorie.
Quattro anni fa il Convitto ha ottenuto la certificazione ISO
9000, importante riconoscimento per il controllo della qualità
che quotidianamente viene attuato sull’intera filiera alimentare. Ancora oggi come duecento anni fa a preparare le pietanze
sono cuochi interni al Convitto che un tempo venivano assunti direttamente dal Rettore. Con legge del 28 luglio 1961 essi,
come tutto il resto del personale, vengono assunti attraverso un
concorso pubblico.
La disciplina
La disciplina è ancora oggi uno degli aspetti fondamentali
dell’educazione di ogni convittore. Rigore e serietà sono stati i
principi ai quali il legislatore, in ogni tempo, si è ispirato per la
formazione dei giovani pur nel totale rispetto della persona dal
momento che già nel primo Statuto del 1816 veniva esplicitamente affermato che «i convittori non potranno ricevere castigo
76
corporale»75 in una logica «che appare chiaramente controcorrente
rispetto ai metodi pedagogici dell’epoca».76
Infatti tra le sanzioni per «le di loro mancanze» erano previste la privazione della ricreazione, quella alimentare, il «banco
della vergogna con la detenzione» che poteva essere imposto
solo dal Rettore e, nei casi più gravi, l’espulsione dal convitto. Queste punizioni venivano applicate qualora i convittori non
rispettassero taluni obblighi rimasti immutati per decenni. Di
seguito si trascrivono integralmente alcuni articoli del Regolamento del 1816.
Articolo 136
Uscendo i Convittori a passeggiare nei giorni feriali o in quelli
che secondo le stagioni determinerà il Rettore a norma dell’articolo 114, andranno con quell’ordine che sarà loro prescritto dal
Prefetto. Dovranno in tale circostanza comparire tutti abbigliati
uniformemente secondo vien prescritto dagli Statuti.
Articolo 137
Sarà vietato ai Convittori di uscir di camerata a meno che non
debbano, o vogliano presentarsi al Rettore o al Vice Rettore per
andar nelle rispettive abitazioni, o che non siano chiamati a vedere
i parenti nel Parlatoio. In tutti i surriferiti casi dovranno essere
scortati da un domestico che il Prefetto loro accorderà. La mancanza a questa determinazione sarà imputabile al Prefetto ed il Vice
Rettore dovrà cercarne conto in virtù delle sue attribuzioni.
Articolo 139
I giuochi di carta e di azzardo sono sempre proibiti e solo sono
75) Ivi, b. 27, f. 451.
76) V. Racioppi, Organizazzione e aspetti di vita quotidiana nel Convitto di Napoli, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli. La memoria
dell’Istituzione, a cura di Id., Napoli, 2007, p. 81.
77
Lo Statuto del 1816 con gli articoli relativi alla “Disciplina” - Archivio Convitto
Nazionale “M. Pagano”
78
permessi i giuochi di scacco, di bigliardo od altri giuochi innocenti quando si faranno senza denaro.
Articolo 140
I Convittori non potranno conservare denaro anche in picciola
quantità, Egli dovranno depositarlo presso il Vice Rettore che ne
regolerà l’uso.
Articolo 141
Sarà proibito ai convittori di tenere armi di qualunque sorta.
Quando si trovassero armi da fuoco o da taglio che siano vietati
dalle Leggi, ciò sarebbe causa di espulsione pel Convittore e di
destituzione pel Prefetto della Camerata.
Articolo 142
Non dovranno i Convittori usare dei propositi indecenti e ingiuriosi verso di alcuno e non dovranno fare degli scherzi che
siano pericolosi alla persona propria o altrui. Ogni offesa portata a danno di alcuno per qualunque causa, sarà punita rigorosamente.77
Frequenti nel Convitto di Campobasso sono state le fughe messe in atto dai convittori per rientrare in famiglia e che determinarono la loro espulsione come nel caso di uno studente di Matrice
«seriamente afflitto per la lontananza da casa»,78 ma per il quale il Consiglio fu ugualmente inflessibile nell’applicazione della
sanzione disciplinare. Non sempre però i regolamenti vennero applicati severamente come nel caso di due convittori che «fecero
zuffa per irrilevanti motivi»79 e per i quali il Consiglio propose
solo «l’ammonizione solenne» trattandosi di allievi che fino a quel
momento avevano avuto una condotta irreprensibile.
77) ACNMP, b. 27, f. 451.
78) Ivi, b. 365, f. 2193.
79) Ivi, b. 387, f. 2422.
79
Intorno agli ultimi anni dell’Ottocento il Consiglio approvò
un Regolamento interno più severo che tra l’altro introdusse per i
convittori l’obbligo del saluto quando
camminando per la città incontrino qualcuna delle seguenti persone: Prefetto della Provincia, Regio Provveditore agli Studi,
Preside-Rettore, Censore della disciplina, Direttore Spirituale,
Economo, Consigliere anziano, Professori, Direttore della Scuola Normale Maschile, i Presidenti della Corte d’Assise e del Tribunale, Procuratore del Re e Procuratore Generale.80
Il Regolamento fu parzialmente modificato nel settembre del
1915. Sotto la voce «Castighi», all’articolo 46, si legge:
Ai convittori che mancano ai proprii doveri possono essere inflitti i seguenti castighi:
a) ammonizione privata;
b) privazione parziale o totale delle ricreazioni per non più
di un giorno;
c) privazione dell’uscita;
d) ammonizione al cospetto della squadra, data dal Rettore;
e) ammonizione solenne, da comunicarsi alla famiglia
dell’alunno e a tutte le squadre con ordine del giorno del
Rettore;
f) allontanamento dal convitto;
g) espulsione dai convitti.81
Anche oggi, nel quadro della complessa organizzazione dei
Convitti, alcune norme disciplinari sono rimaste invariate come,
80) Ivi, b. 10, f. 221.
81) Ivi, b. 9, f. 133.
80
ad esempio, l’espulsione.82 È pur vero però che in linea con l’evoluzione dei metodi educativi, frutto dello sviluppo della scienza
pedagogica, alcune sanzioni sono state definitivamente abolite anche se rimangono tutt’ora vigenti alcune regole comportamentali
interne che vanno inquadrate nell’ottica della formazione complessiva dei convittori e semiconvittori.
Gli educatori
Sono ancora oggi tra le figure di riferimento più importanti per
i convittori. Fin dalla nascita dei Reali Collegi essi hanno rappresentato il perno centrale per la formazione umana e sociale di intere generazioni di giovani con i quali condividevano ogni momento
della giornata.
Il decreto del 1816 all’articolo 115 recitava che «I Prefetti attenderanno alla educazione ed alla istituzione dei Convittori. Essi
dovranno ad essi presentare nella propria condotta i modelli di
moderazione, saviezza e di educazione».83
Così come prescriveva l’articolo 118 del decreto napoleonico84
(restò in vigore fino a qualche anno prima dell’Unità d’Italia), i
prefetti di camerata furono tutti sacerdoti indicati dal Vescovo della Diocesi.
Nel Reale Collegio Sannitico di Campobasso essi furono:
Anno 1818 – don Antonio Corvinelli (I camerata), don Emiliano del Po’ (II camerata), don Saverio Graziano (III camerata);
Anno 1818-1819 – don Bartolomeo Lemmo (I camerata), don
82) Ogni decisione è demandata a un Consiglio di Disciplina.
83) ACNMP, b. 27, f. 451.
84) «Il prefetto d’ordine dovrà essere Sacerdote e fare le funzioni di Cappellano».
81
Giuseppe Carlozzi (II camerata, fino al 1836), don Francesco Paolo Iammarino (fino al 1822);
Anno 1820 – don Carlo Albini, don Michele Romano, don Camillo Maddalena (fino al 1827);
Anno 1822 – don Pasquale Varriano (fino 1828);
Anno 1823 – don Feliciano Albatemarco (fino al 1825), don
Cosmo Barile (fino al 1837);
Anno 1841 – don Carlo Ciceri (fino al 1843);
Anno 1843 – don Alfonso Boccardi (fino al 1848);
Anno 1844 – don Erminio Boccardi (fino al 1845);
Anno 1847 – don Achille Giovannitti (fino al 1848);
Anno 1848 – don Basilio De Nigris (fino al 1852), don Gennaro
di Carlo (fino al 1853), don Pietro Mastragostino (fino al 1853)
Anno 1851 – don Giuseppe Mocchia (fino al 1854);
Anno 1853 – don Gabriele Antonelli (fino al 1854), don Giovanni Mastracchio (fino al 1854);
Anno 1854 – don Amodio Pietrantonio (fino al 1855).
Con l’Unità d’Italia e con la prima riorganizzazione del sistema scolastico pubblico e privato la figura dei prefetti venne abolita
e sostituita con quella degli istitutori85 tuttora esistente nei convitti
85) All’Istitutore un tempo sovrintendeva il Censore della disciplina figura
laica oggi abolita che ricopriva un ruolo importante nel percorso educativo del convitto. Nel Regolamento interno del 1883 del “M. Pagano” si
legge che «il Censore della disciplina avrà cura di dividere con senno le
ore di presenza e le ore di licenza dei servi. Vigilerà anche sui Prefetti
di Camerata, suggerendo loro come debbano contenersi, consigliandoli,
dirigendoli, nell’adempimento dei loro doveri. Assisterà alla colazione
ed al pranzo degli alunni». Figura oggi non più esistente (fu abolita con la
legge n. 3968 del 1877), era anche quella del Direttore Spirituale (distinta dai confessori) la quale, come si evince sempre dal Regolamento del
82
e disciplinata dal Regolamento del 1° settembre 1925. Un tempo
la loro nomina era affidata ai Rettori, dagli inizi del ‘900 il reclutamento del personale tutoriale, così come quello direttivo, avviene
attraverso pubblici concorsi.
Nel Convitto “Mario Pagano” furono, tra gli altri, istitutori:
Donato Barrucco (1864-1870), Attilio Pergola (1865-1874),
Carlo Manieri (1867-1872), Vincenzo D’Onofrio (1868), Michele De Socio (1875-1876), Eduardo Albino (1877-1939), Biagio
Cascella (1880-1882), Andrea Ciiutis (1881), Giuseppe Santoro
(1882), Rocco Giuseppe (1882-1896), Francesco Bagnoli (1884),
Paolo Caiola (1884-1886), Gaetano Cefaratti (1884-1887), Gerardo Carlucci (1885-1886), Benedetto Gentile (1886-1892),
Antonio Manfredi (1889-1904), Camillo Marini (1889-1909),
Nicolantonio Carano (1890-1892), Felice Iois (1890-1892),
Gennaro Petrilli (1891-1892), Enrico Conti (1891-1893), Domenico Migliorini (1892-1893), Francesco Iacobellis (1892-1893),
Daniele Storti (1892-1895), Giambattista Stinat (1893-1894),
Ernesto Russo (1894-1895), Costantino Monuanni (1894-1895),
Francesco Avigliano (1895-1910), Rosa Arbace (1897-1900),
Angelo Melchiore (1898-1936), Pasquale Albini (1903-1904),
Nicola Marucci (1903-1938), Alfonso Addobbo (1906), Pietro
Amato (1910), Andrea Montuori (1910-1911), Giulio Adone
(1911), Michele Maglione (1913), Michele Addonizio (1913),
Leonardo Marra (1925), Annibale Morelli (1925-1926), Giusep1883 «oltre all’obbligo della Messa e della spiegazione del Vangelo, avrà
anche quello di essere presente alle visite del medico, e vigilerà all’infermeria, riferendo sempre al Rettore quando vi siano infermi». A partire
dagli anni Trenta del Novecento espletarono nel Convitto tale ministero i
Padri Cappuccini.
83
pe Marzano (1929-1931), Plinio Morganti (1931), Luigi Ametista (1931-1932), Enrico Ametista (1935-1936), Antonio Momolese (1935-1937), Pierino Mignogna (1937).
Le funzioni attribuite agli istitutori nella scuola del Terzo Millennio sono tuttora regolate dal regio decreto del 1° settembre
1925 e conservano in parte alcuni principi contenuti nel decreto
borbonico del 1816 come, ad esempio, l’articolo 94 che recita:
«L’opera dell’istitutore è diretta a formare il carattere dei giovani,
ai quali egli offre il suo stesso comportamento come esempio degno d’imitazione».86
Prima del 1925 ad ogni istitutore era affidata la vigilanza di
una «compagnia non maggiore di 25 alunni» poi ridotta ad «una
squadra» di venti convittori.
Oggi, nella scuola cosiddetta della “complessità”, gli educatori
costituiscono le figure
di raccordo tra alunni e docenti e tra gli alunni e le loro famiglie; hanno la responsabilità degli alunni nelle ore in cui
non frequentano le lezioni, li accompagnano e li assistono alla
mensa così come nelle ore di studio, di ricreazione e nei casi di
permanenza degli allievi nell’istituto, inoltre li accompagnano
nei viaggi di istruzione e nelle visite a musei, gallerie d’arte e
monumenti.87
86) «Bollettino Ufficiale Ministero della Pubblica Istruzione», Roma, 17 ottobre 1965, Regio decreto 1° settembre 1925, n. 2009, articolo 94. Si confronti l’articolo 115 del decreto del 14 febbraio 1816, n. 412 in ACNMP,
b. 27, f. 451.
87) D. Della Pietra, L’evoluzione professionale dell’educatore nella scuola della complessità, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di
Napoli, cit., pp. 256-257.
84
Questa osservazione in definitiva delinea in modo chiaro
come la figura dell’istitutore evolutasi nel tempo abbia gradualmente abbandonato il ruolo ottocentesco di «vecchio censore»
per assumere uno più funzionale «in grado di interagire e di integrarsi in una società che fa del divenire incessante e globale, la
sua essenza vitale».88
Il personale
Il funzionamento del complesso “sistema-governo” del Convitto era affidato ad alcune figure già previste dal decreto borbonico
del 1816. Nel corso delle varie epoche, con le novità scolastiche
che influirono nella riorganizzazione interna, alcune di esse furono soppresse altre invece vennero istituite.
Di seguito si riportano gli operatori professionali che si sono
avvicendati nei convitti dal 1807 al 2009.
Rettore, vicerettore, economo, direttore generale dei servizi
generali e amministrativi, prefetto d’ordine, catechista, censori di disciplina, istitutori, istitutori assistenti, educatori, maestri
esterni, maestri elementari, professori di Scuola Media, professori di Liceo, assistenti tecnici, assistenti amministrativi,
infermiere, guardarobiera, sarto, rammendatrice, addetta alla
lavanderia e stireria, maestro di casa, dispensiera, refettoriere,
sorvegliante di mensa, cuoco, sotto cuoco, sguattero, camerieri,
camerieri del preside rettore, camerieri di squadra / accudienti, bidello, collaboratori scolastici, portinaio nelle scuole e nel
convitto, piantone d’ufficio, facchino, giardiniere (personale di
basso servizio), falegname (personale di basso servizio), fabbri-
88) Ibidem.
85
catore (personale di basso servizio), guardia notturna, armiere,
macchinista.
Se la figura del Rettore (quella del Vicerettore è stata abolita)
è rimasta sostanzialmente immutata, hanno invece radicalmente
cambiato, come si è già detto, denominazione e ruolo i prefetti.
L’evoluzione della società ha sancito anche il definitivo tramonto della servitù eliminando quelle differenze per chi svolgeva il ruolo di «domestico». Il decreto del 1816 li chiamava «serventi», nel
1907 venivano ancora definiti «servi», oggi sono lavoratori dipendenti assunti con concorso pubblico. Non sono mancati momenti di
agitazione da parte del personale inserviente del “Mario Pagano”.
Il 18 marzo 1947, ad esempio, il C.d.A., presieduto dal rettore
Carlo De Nisco, segretario l’avvocato Francesco Colitto, contro la
minaccia di sciopero del personale inserviente fu obbligato a concedere gli aumenti salariali richiesti. Si legge nella delibera:
Veduta la richiesta del personale subalterno, che reclama gli stessi aumenti di retribuzione concesso agli impiegati statali, decide
di accordare al personale inserviente la tredicesima mensilità e
gli altri miglioramenti previsti dal decreto 25 ottobre 1946, più
l’indennità di presenza, l’indennità di disastrata residenza, oltre
l’aumento del 20% in vigore da 1-1-1947.89
Fino agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, cioè prima
dell’entrata in vigore della legge n. 831 del 18/7/1961 con il quale il personale subalterno passava come personale ausiliario alle
dipendenze dello Stato, la maggior parte degli inservienti venivano reclutati dal C.d.A. il quale stabiliva la retribuzione, poteva
89) ACNMP, b. 8, f. 129.
86
concedere sussidi, premiava i più meritevoli e puniva anche con il
licenziamento le inadempienze più gravi.
Tra gli altri operatori del Convitto c’erano e continuano ad esserci sia il medico che l’infermiere scelti o sulla base di un rapporto di fiducia o, altre volte, attraverso concorsi pubblici come nel
1936 nel caso, ad esempio, del dottor Renato Pistilli di Campobasso. Nel Regolamento interno del 1915 si legge che il Convitto
aveva «un’infermeria spaziosa, bene esposta, tenuta con tutte le
norme dell’igiene, ed in condizioni da tenere isolati gli ammalati di malattie infettive». Al servizio erano addetti «un medico
chirurgo ordinario, un medico chirurgo supplente e un chirurgo
dentista».90 Ogni mattina il personale sanitario interno aveva «il
compito, prima della scuola, di visitare gli alunni indisposti od
ammalati». Anche oggi sia il medico91 che l’infermiere vengono
scelti dal Rettore e dal C.d.A. sulla base di un rapporto di fiducia.
La cura della spiritualità era invece affidata ai confessori (distinti dai Direttori spirituali) che solo a partire dal 1921 iniziarono
a percepire un compenso in denaro. Tra i confessori che hanno
lasciato tra i giovani del Convitto una traccia indelebile vi fu, a
partire del 1848, il cappuccino Pietro Dalmazio D’Andrea di Morcone92 che «per circa un quinquennio diede la sua opera di vivificazione spirituale».93 Dapprima Ministro Provinciale dei Frati Minori della Provincia di Sant’Angelo di Puglia e Molise fu elevato
90)
91)
92)
93)
Ivi, b. 9, f. 133.
È il dottor Tommaso Caccavale.
ACNMP, b. 17, f. 327.
S. Moffa, Il cappuccino Pietro Dalmazio d’Andrea Vescovo di Bova,
Estratto da «Studi Meridionali», gennaio-marzo, 1972, anno V, F.I,
Roma, p. 47.
87
nel 1856 all’episcopato di Bova (Reggio Calabria) dal Pontefice
Pio IX.
A partire dai primi anni del Novecento «l’istruzione religiosa»
iniziò ad essere impartita solo
a richiesta e a spese delle famiglie da un sacerdote il quale per
conto dell’Amministrazione e nell’interesse della comunità celebra la messa nei giorni festivi nell’oratorio del Convitto e vi
compie tutti gli altri uffici religiosi propri del suo ministero. I
convittori, le cui famiglie ne facciano espressa domanda, possono essere dispensati dalle pratiche religiose.94
Le attività
Molteplici erano le attività dei convittori che andavano dalla musica alle passeggiate, agli aspetti ricreativi e sportivi. Dai
verbali del C.d.A. si rileva già prima del 1860 l’acquisto di un
pianoforte per le lezioni di musica. Nel 1903 «oltre il compenso al
maestro, ciascun alunno» era «tenuto a corrispondere all’amministrazione una lira mensile per l’uso del piano».95 Da sempre all’interno del Convitto esisteva anche una sala biliardo per lo svago dei
convittori. Dopo la seconda guerra mondiale essa divenne «una
stanza ricolma di oggetti vari fuori uso, di casse vuote, di quadri
inutili di vecchie cucine a gas, di stoviglie rotte e di materassi permaflex nuovi lasciati ad ammuffire». Fu riattivata nei primi anni
Sessanta dal rettore Carlo De Nisco «nel desiderio di offrire ai
giovani un valido svago.96
94) ACNMP, b. 9, f. 133. Articolo 5 del Regolamento interno del 1915.
95) Ibidem.
96) C. De Nisco, Relazione riservata sull’andamento del Convitto inviata al
Ministero della Pubblica Istruzione, 1965 (inedito).
88
Tra le attività culturali hanno avuto sempre grande rilevanza
anche i viaggi d’istruzione.
Uno dei primi organizzati dal “Mario Pagano” fu quello compiuto a Napoli nel settembre 1882.
Nell’avviso inviato dal preside-rettore Trombone alle famiglie
si legge che
la mattina del giorno 5 avrà luogo la partenza per Napoli, donde
i giovinetti saranno condotti a visitare oltre ai monumenti della
città stessa, i luoghi più celebri che le fanno corona. Gli alunni
saranno accompagnati dal Preside-Rettore, dal censore della disciplina e da un professore il quale sarà incaricato d’impartire loro
quegl’insegnamenti che l’occasione e il luogo richiederanno.97
Due anni dopo 39 convittori prescelti nelle classi IV e V ginnasiale, 1° e 2° Liceo classico vennero portati in visita all’Esposizione Nazionale di Torino. Il viaggio rientrava in un più ampio
programma d’istruzione predisposto dal Ministero della Pubblica
Istruzione.
È necessario – veniva sottolineato nella circolare ministeriale –
che i signori Rettori ammoniscano i giovani prescelti a compiere
il viaggio dell’obbligo che hanno di tener alto il nome dell’Istituto al quale appartengono, giustificando così le cure loro prodigate
dagli educatori e dal Governo.
Dovranno quindi serbare sempre un contegno nobile e dignitoso
così negli atti e nelle parole come nel vestire, curando la massima
proprietà e pulizia disgiunta da ricercatezza.
Dovranno inoltre serbare la più rigorosa disciplina evitando an97) ACNMP, b. 361, f. 2137.
89
che nel più piccolo atto di mostrare ripugnanza alle disposizioni e
agli ordini che loro vengano dai superiori ed accogliendoli invece con quella premurosa deferenza che nulla mostri di rigidezza
in chi comanda e in chi obbedisce, ma faccia manifesto l’accordo
intimo ed amorevole fra componenti una sola famiglia.
E si ponga bene in mente loro che presentandosi al pubblico in
occasione tanto solenne ed in forma ufficiale saranno oggetto di
attenzione speciale da parte di una eletta popolazione nostrana
e straniera che vorrà vedere in essi un saggio dello sviluppo e
del progresso fatto dai Nostri Convitti Nazionali e argomentare
come si educhi la gioventù negli Istituti posti sotto la sorveglianza e la responsabilità dello Stato …98
Col trascorrere degli anni i viaggi d’istruzione, così come pure
le villeggiature estive, si intensificarono. Nel 1904 gli studenti liceali visitarono Benevento,99 nel 1907 fecero un’escursione alle
sorgenti del Biferno,100 nel 1909 scoprirono le rare bellezze della
Reggia di Caserta e del suo immenso parco.101 Frequenti anche
le cosiddette «passeggiate militari». Anche il «regime» promosse gite alle quali partecipavano alunni meritevoli e bisognosi.
Nell’Annuario del 1927 viene riportata la notizia che
il giorno 15 maggio tutto il Convitto, coll’intervento del Consiglio amministrativo, del Collegio di vigilanza102 e di parecchi
98) Ivi, b. 361, f. 2140.
99) Ivi, f. 2139.
100) Ivi, f. 2150.
101) Ivi, f. 2150.
102) Le funzioni del Collegio di Vigilanza sono attualmente stabilite dagli
artt. 103 e 104 del Regolamento del 1° settembre 1925 tuttora in vigore,
nei quali si legge che «in ogni Convitto è istituito un Collegio di Vigi-
90
Ricordo della gita a Termoli davanti al monumento dei caduti (13 maggio 1927)
91
presidi e professori delle locali scuole medie, si recò a fare una
gita d’istruzione a Termoli, ove fu accolto festosamente con molta cordialità da tutte le autorità del luogo. I gitanti si recarono
innanzitutto a deporre una corona d’alloro sul monumento ai Caduti termolesi e poi visitarono la città ammirando specialmente
la vetusta cattedrale, monumento nazionale, la cui costruzione
risale al secolo XI.103
Il 26 maggio 1929 alcuni convittori parteciparono invece a una
«gita premio» all’abbazia di Montecassino.
Le iniziative culturali anche a quei tempi prevedevano visite
o scambi di ospitalità. Nel giugno del 1927, ad esempio, una festosa accoglienza venne riservata agli studenti del Convitto Nazionale di Benevento «venuti a Campobasso a fare una gita».104
Anche oggi i viaggi d’istruzione rientrano tra le attività formative e culturali del “Mario Pagano” con crociere nel Mediterraneo
e voli oltre Atlantico.
La vita del Convitto è stata in ogni tempo scandita anche dalle numerose conferenze tenute nell’Aula magna alle quali hanno
sempre assistito i convittori. Molte di esse sono tuttora conservate
lanza educativa composto dal Rettore che lo presiede, dal Vice-Rettore,
da un consigliere delegato dal Consiglio di Amministrazione e da due
rappresentanti delle famiglie. Il Collegio di Vigilanza è convocato di
regola, almeno una volta al mese e, straordinariamente, quando lo ritenga opportuno il Presidente, per essere consultato intorno all’andamento
disciplinare, educativo e morale del Convitto, e per discutere sui programmi degli insegnamenti interni obbligatori e sulle tabelle biografiche
dei convittori».
103)Regio Convitto Nazionale “Mario Pagano” in Campobasso, Annuario,
anno VI, Campobasso, Casa Tipografica-Editrice Colitti, 1927, p. 14.
104) Ibidem.
92
nell’Archivio storico del “Mario Pagano”. Tra le tante esaminate è
risultata particolarmente interessante quella che tenne nel gennaio
del 1955 il professor Pasquale de Stefano105 agli alunni del LiceoGinnasio dal titolo Giuochi e passatempi dei romani nell’epoca
imperiale che si propone integralmente.
Cari giovani,
Mi occuperò oggi dei giuochi e passatempi dei romani nell’epoca
imperiale.
Voi sapete, da che mondo è mondo, che l’uomo ha voluto, vuole, e vorrà ridere, piangere, e distrarsi. Leggiamo in un carme
attribuito a Calpurnio Siculo intitolato De Laude Pisosis che un
adulatore celebra l’arte del gran capitano Pisone, vissuto ai tempi di Nerone: «Questa è l’arte del capitano sullo scacchiere, nel
giuoco dei fantocci di vetro e di avorio». E di qui nacque un’occupazione molto gradita per gli uomini dediti alla vita mondana:
i giuochi di azzardo e le bische.
Sebbene i tempi delle guerre, durate settecento anni, fossero
ormai trascorsi e il dio Marte fosse sazio: nondimeno, la plebe
vuole vedere sangue, perché rimane ancora inveterata l’antica
abitudine di vivere la feroce passione del Circo e dell’Anfiteatro:
vuole vedere le cacce alle fiere, le sfide dei lottatori, l’ardenza per
il pericolo e la forte inclinazione per ciò che scuote e commuove
mediante spettacoli orribili e strani.
Ma prima di esporvi i vari giuochi e passatempi, devo pur dirvi
l’argomento è un po’ vasto e la consultazione dei testi è stata varia e numerosa, per cui mi sono dovuto imporre un limite.
Comincio pertanto a dirvi qualche cosa sulla festa delle “Atellane” e dei “Saturnali”.
105) Il professor de Stefano è stato per lunghissimi anni docente di italiano,
latino, greco, storia e geografia nel corso ginnasiale del “Mario Pagano” e,
successivamente, anche componente del Consiglio d’Amministrazione.
93
Non voglio farvi una lezione di letteratura latina: no: certamente ve ne hanno già parlato i miei colleghi di liceo a suo tempo:
ma devo pur dirvi, sia pure a solo titolo di ricordo, che presso i
Romani il primitivo dramma indigeno era apprestato dalle “Atellane” e dai “Saturnali”.
Le “Atellane” erano una specie di farsa che prendeva il nome di
Atella, città osca, donde deriva il suo nome. Le parti per lo più
improvvisate, affidate a maschere fisse, che non si deponevano
mai durante la rappresentazione. I personaggi principali erano
quattro: un gobbo scaltro “dossennus”; un ghiottone “bucco”; un
vecchio babbeo “pappus”; un bonaccione sciocco “maccus”; che
dicevano scherzi per far divertire le brigate.
I “Saturnali” o la festa delle taverne o della spensieratezza cadeva nel mese di dicembre. I Romani si concedevano una pausa
serena al lavoro e alle solite occupazioni della vita, in cui schiavi e padroni erano uguali, come nell’aurea età di Saturno. Si
banchettava, si rideva, si scherzava, si ballava lietamente con
la massima licenza.
Marziale nell’undicesimo libro – Epigramma 2° – a proposito
così dice: «Via la malinconia, via le gravi sopracciglia del vecchio Catone, via la boria dei Censori e le ostentazioni: questo è
giorno di festa e di schietta spontaneità, perciò: Io Saturnalia. Io
Saturnalia. Evviva i Saturnali».
«Triste supercilium, durique severa Catonis
frons et aratoris filia Fabricii,
et personati fastus, et regula morum,
quidquid et in tenebris non sumus, ite foras.
Clamant ecce, mei «Io Saturnalia… et versus…»
Poi tra la più folle sfrenatezza veniva eletto un re, che si azzimava col paludamento proprio della sua dignità. L’ebrezza imperava sovrana e lo schiavo valeva quanto il padrone. Tutti gli scherzi
furono sempre improvvisati e gli attori portavano le maschere. Vi
bastano queste poche notizie.
94
Occupiamoci ora più da vicino della trattazione del nostro argomento e cioè delle corse degli animali, dei carri nel Circo, delle
lotte dei gladiatori e dei passatempi.
Nella valle formata dall’Aventino e dal Palatino attinguo ai Palazzi imperiali, si estendeva il Circo Massimo, capace di contenere 180-190 mila spettatori. Qui si facevano delle gare dalle
ore 20 alle 24 in un giorno: ed anche giuochi ginnici: pugilato,
manovre militari, corse di bighe e quadrighe con relative scommesse. Lo spettacolo cominciava con una imponente processione
che faceva il giro del Circo.
Dopo il Circo Massimo veniva quello di Caio Flaminio nel Campo Marzio. Le corse furono e rimasero il vero spettacolo nazionale del cittadino di Roma. Gli spettatori accorrevano da ogni parte
dell’impero: da Alessandria, da Antiochia, da Merida, la Roma
della Spagna e da altre località.
Giovenale nell’undicesima Satira intitolata “Fasto Conviviale”
ci dice che era assai doloroso per quei cittadini, che dovevano
lasciare Roma il non potere assistere allo spettacolo del Circo:
«Ille dolor solus patriam
fugientibus, illa maestitia est
caruisse anno circensibus uno»
Vi descrivo una scena. Prima di iniziarsi una corsa si portavano in giro per il Circo, le immagini dell’Imperatore, gli dei di
Roma, ed il popolo si inchinava riverente davanti a quelle, che
gli erano care.
Il Magistrato, che aveva ordinato la festa, percorreva l’area del
Circo da trionfatore.
I cavalli scalpitano alle prime mosse. La moltitudine freme ansiosamente; il promotore della festa dalla sua loggia getta giù
fazzoletto; è il segnale con cui si apre la corsa. Un urlo eccessivo erompe da migliaia e migliaia di petti. Ognuno grida il nome
dell’auriga favorito o del cavallo principale: concorrono cavalli
di tre anni fino all’età di 5. I migliori provengono dalla Spagna,
95
dalla Cappadocia e dall’Africa. L’auriga e il carro dovevano
essere leggieri ed i carri a due ruote senza molle.
La corsa è già iniziata. Gli aurighi piegati in avanti spiano e
premono l’avversario; prima, ad arte, si tengono indietro, poi
tutto ad un tratto, corrono con impeto in avanti: tagliano il passo
al competitore, piegano facendo la più breve curva attorno alla
prima colonna della meta; corrono, corrono, corrono velocemente; ma ecco… ecco un grido di angoscia si leva dalla folla;
per ben sette volte fu vinta la svolta mortale, quando ahimè, per
l’urto un carro si sfascia, l’auriga è trascinato dai cavalli, i carri
vicini vanno in frantumi. I concorrenti, furibondi, cercano di soverchiarsi, percuotendosi l’un l’altro a colpi di frusta. Eroismo
veramente barbarico! Eccitazione fremente della moltitudine
incomposta.
Si conoscono anche iscrizioni che menzionano vincitori di oltre
200 gare. L’auriga Scorpo, per esempio, celebrato da Marziale
nel L. X – Epigramma 53 – come uno che tutta Roma ammira
con entusiasmo, dice: La dea Roma scambiò le vittorie con i suoi
anni di vita, per questo è morto giovane:
«Ille ego sum Scorpus, clamosa gloria Circi
plausus Roma tui deliciaeque breves
Invida quem Lachesis raptum trieteride nona
dum numerat palmas credidit esse senem».
Si menziona anche un tale Eutjchius a cui Fedro dedicò le sue
favole. Ai vincitori venivano innalzate statue, si davano palme,
corone, vesti preziose e somme d’oro. Eliogabalo elevò Gordio
all’onore di Prefetto delle Guardie e del Fuoco; il folle Caligola
fece console il suo cavallo trionfatore.
I cittadini di gradi più elevato vi concorrevano in qualità di auriga e lo stesso Nerone vi prese parte. Verso la fine della repubblica
queste gare acquistarono sempre maggiore importanza ed il pubblico, che vi prendeva parte, andava sempre crescendo in modo
straordinario.
96
Nel Circo si rappresentavano anche battaglie navali: “Naumachie”.
Da Nerone in poi alcuni imperatori, inondavano l’Arena, quando
non si preferiva addirittura di preparare dei laghi per questo scopo, come fece Cesare per i suoi giuochi trionfali, o servirsi di un
lago naturale, come fece Claudio del lago Fucino.
Nel Circo si facevano anche le cacce alle fiere e grande era nel
popolo la curiosità per le bestie rare e feroci. Se allora non vi
erano giardini zoologici o serragli, vi era qualcosa di più: si vedevano le fiere lottare e morire nella loro naturale ferocia. Veniva
però risparmiata la vita agli animali ammaestrati, così che si vedevano leoni che pacificamente tiravano il carro, leoni che portavano in bocca una lepre senza farle male, elefanti che imitavano
una danza sulla corda. Eliogabalo aveva nel suo palazzo siffatte
bestie ammansite.
Spettacolo poi veramente attraente era quando venivano aizzate le
bestie le une contro le altre. Ed allora il popolo vedeva innanzi ai
suoi piedi un elefante ucciso da un rinoceronte, una tigre sollevata
sulle corna del toro inferocito. Branchi di antilopi, di giraffe, di
cinghiali, lottare con tigri, iene, orsi, ippopotami. La distruzione
però delle fiere non servì esclusivamente a far divertire il popolo,
ma anche a liberare le province dell’Impero dagli animali nocivi.
Così Augusto fece uccidere più di 3.500 fiere africane; Pompeo
più di 500 leoni; ed in seguito a ciò milioni e milioni di belve
scomparvero e le terre una volta infestate furono messe a cultura.
Caratteristica importanza per conoscere il mondo romano di questa epoca era poi lo spettacolo dei gladiatori che aveva luogo
nell’Anfiteatro, costruito in pietra nell’anno 20 a.C. Questo spettacolo per i Romani era come oggi quello dei tori nella Spagna.
Tali giuochi, originari della Campania, da principio erano destinati a gare di delinquenti. Le scuole dei gladiatori (il cui maestro
si chiamava lanista perché fossero meglio istruiti) con la loro
dura disciplina facevano presso a poco le voci delle nostre case
di correzione.
97
I giuochi gladiatori ebbero luogo da principio nelle gare funebri, ma dal 105 in poi a.C. come numeri straordinari nei giorni
di festa.
Lo spettacolo cominciava con una sfilata davanti al palco imperiale, dove dall’Imperatore era rivolto il fatidico grido: «Ave, Caesar, Morituri te salutant» seguiva poi un duello fra due gladiatori
o una serie di duelli.
Quando un gladiatore era atterrato dal suo avversario, egli alzava
la mano per implorare la grazia; ma se l’Imperatore e le Vestali
abbassavano il pollice (“Pollice verso”) in senso di diniego, esso
veniva ucciso. Però quel gladiatore, che si era distinto per prove
di valore, veniva dispensato dal servizio e poteva volontariamente partecipare a qualche altro combattimento.
Ma ora basta con le lotte, con le corse, con lo sterminio delle fiere.
Se vi è piaciuta questa esposizione «paulo iucundiora dicamus,
non canamus, no».
Ed allora vi dico quali erano i passatempi o chiamiamoli così i
giuochi di società dei Romani:
1) Il giuoco dei dadi (tali o alea). Si prendevano 4 dadi, si
agitavano in un bossolo (detto pjrgus) e si versavano sulla
tavola; vinceva colui che aveva i dadi in modo che presentassero nella faccia superiore più punti.
2) Il giuoco degli scacchi (ludi latrinculorum) presso a poco
come oggi.
3) Il giuoco era dell’oca o del tric-trac (ludus duodecim
scriptorum).
4) Pari o dispari (par, impar) in cui si invitava l’avversario
ad indovinare se si teneva in mano un numero pari o dispari di oggetti.
5) Il giuoco della palla (pila) che poteva essere di cuoio,
riempita di materia soffice detta (paganica) o un grosso
pallone riempito di aria detto follis. È questo il giuoco da
voi preferito oggi, cari tifosi.
98
Ed ora vengo alla conclusione.
Dalla lettura dei testi: Svetonio, Marziale, Giovenale, Seneca ed
altri si desume che questi giuochi e feste costituivano un vero
spreco di ricchezze, una rovina di patrimoni e di beni familiari,
ai quali si aggiungeva anche l’immenso numero di schiavi e di
liberti. Quante sostanze senatoriali furono consumate!
Marziale nel L. III – Epigramma XVI ci dice che a Bologna, persino un sarto, divenuto ricco, osò dare a sue spese uno spettacolo
di gladiatori nell’Anfiteatro.
La grandiosità di questi giuochi e spettacoli durante l’Impero ci
dà l’idea dello splendore di Roma di quell’epoca, con tutte le
manifestazioni che l’accompagnavano, di quella Roma, dico, che
era capitale del mondo.
La loro influenza però si manifestò rovinosa, perché abituò il
popolo all’ozio, alla brutalità, alla dissolutezza, che penetrò
in tutti gli strati sociali. Persino gli Imperatori si presentavano
sulla scena, persino nobili donne occhieggiavano i guidatori di
cocchi, i pugilatori e i mimi. Il lato più pericoloso di questi
giuochi si mostrò nel fatto che, all’epoca imperiale, essi sostituirono le assemblee popolari e che in essi il grido della folla
«Panem et circens» arrivava incomprimibile ed appassionato
agli orecchi dell’Imperatore, per cui si osava chiedergli ciò che
la passione e l’attività esigevano: regali di ogni sorta, lotterie,
luminarie, terribili fiaccolate come quelle sul tipo di Nerone. Ed
de hoc satis hodie!
(Applausi scroscianti).
La scherma e il ballo
Fin dal 1816 tra le attività offerte ai convittori del Real Collegio Sannitico e che oggi diremmo extracurriculari figuravano lezioni di disegno e calligrafia, lingua francese e musica, ma anche
di ballo e scherma integrate, a partire dal 1862, dall’educazione
99
fisica e, dal 1925, anche da elementi di diritto, economia e stenografia.106 Tali lezioni107 erano affidate a maestri esterni.108
L’articolo 52 del Regolamento del 1816 recita testualmente che
«sarà permesso ai Convittori esercitarsi nel Ballo e nella Scherma,
restando a carico dello Stabilimento il soldo dei soli maestri».109
Le lezioni di scherma venivano impartite all’interno di «una
sala coperta del Convitto e in estate anche nel cortile».110 Le direttive del tempo prevedevano tre ore di insegnamento settimanale
con esercitazioni al bastone, alla sciabola e al fioretto. Tra i maestri di scherma del “Mario Pagano” si ricordano dal 1816 al 1862
Tito Barbieri, dal 1863 al 1866 Pietro Silvestri, dal 1867 al 1892
Innocenzio Rinaldi. Alla fine di ogni anno scolastico, in coincidenza con la premiazione degli alunni più bravi, venivano offerti anche saggi dimostrativi. Scriveva nella Relazione del 1875 il
preside-rettore Luigi Lace:
Io sarò grato a quanti vorranno onorare colla loro presenza e confortare i miei giovani Convittori in queste belle gare utili per il
106) Regolamento del 1° settembre 1925, art. 146, punto c.
107) Le lezioni, come venne confermato anche dal Regolamento interno del
1861, venivano impartite al di fuori degli orari di insegnamento delle materie ordinarie.
108) I loro onorari mensili erano i seguenti: «al maestro di lingua Francese tutti
i giorni 15 ducati; al maestro di lingua Francese tre volte alla settimana
10 ducati; al maestro di Calligrafia tutti i giorni 15 ducati; al maestro di
Calligrafia tre volte alla settimana 10 ducati; al maestro di Disegno tutti i
giorni 15 ducati; al maestro di Disegno tre volte alla settimana 10 ducati;
al maestro di Ballo tre volte alla settimana 10 ducati; al maestro di Scherma tre volte alla settimana 10 ducati».
109) ACNMP, b. 27, f. 451.
110) Ivi, b. 359, f. 2099.
100
Frontespizio della Relazione del preside-rettore Luigi Lace (1875) - Archivio
Convitto Nazionale “M. Pagano”
101
corpo, utilissime per il buon costume e necessarie per un’ottima e completa educazione fisica e morale. Così ciascuno potrà
comprendere e vedere come qui nulla si ometta per apprestare
a questa carissima gioventù un’educazione ed istruzione intellettuale e fisica il più che sia possibile perfetta, e per mettere il
nostro Convitto Nazionale in tali condizioni, che nulla abbia ad
invidiare agli altri Convitti e non possa mai dirsi a nessuno degli
altri inferiore, ma a moltissimi superiore ora e sempre.111
Nel 1926 il rettore Cesare Ferrero aggiungeva che la scherma
così come gli altri «insegnamenti speciali» miravano a «formare
una generazione sana e forte, vivida di sangue e d’intelletto …».112
Il ballo, che prevedeva invece un’ora settimanale di insegnamento, aveva come finalità quella di contribuire ad una crescita
più armoniosa del corpo. Nei primi anni di vita del Real Collegio
Sannitico i maestri esterni erano coadiuvati nelle loro lezioni di
danza da musicisti, per lo più violinisti (il primo fu Giovanni
Iacampo di Campobasso), che con le loro note avevano il compito di accompagnare gli allievi negli esercizi. Sia il ballo che
la scherma alla fine dell’Ottocento rientravano tra gli studi di
“Belle Arti” e per i convittori le lezioni erano obbligatorie. Durante il ventennio il regime diede grande importanza al ballo e
111) Relazione letta nella Premiazione degli alunni del R. Liceo-Ginnasiale e
Convitto Nazionale M. Pagano di Campobasso dal Preside Rettore Prof.
Luigi Lace il VI giugno MDCCCLXXV, Campobasso, Tipografia Domenico de Nigris, 1875, p. 18.
112) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario, anno V,
Campobasso, Officina d’Arte Tipografica Martone & Di Nunzio, 1926, p.
8. Nel 1926 (Presidente del Consiglio Mussolini, Ministro dell’Istruzione
Fedele), con il regio decreto 1615, fu istituita nelle scuole elementari la
pagella scolastica.
102
alla scherma ritenendo la loro pratica un utilissimo strumento per
esaltare la vigoria del corpo. Dopo la seconda guerra mondiale
l’insegnamento delle due discipline riprese il 15 novembre 1947.
Nella delibera del Consiglio d’Amministrazione del 7 dicembre
si legge che «per il ballo è stato designato il prof. Napolitano e
per la scherma il Prof. Maribelli. Ad entrambi verrà corrisposto
per 4 ore settimanali la somma di £. 300 ad ora».113 Questi corsi
cessarono gradualmente fino alla totale scomparsa intorno agli
anni Sessanta del Novecento.
La ginnastica e l’istruzione militare
Nel primo Regolamento del 1816, all’articolo 100, testualmente si legge: «Dovrà esservi nel Convitto un locale per far esercizio corporale … Dove quello mancasse, questi anderanno a far
delle passeggiate, o saranno destinati altri luoghi dove possano
divertirsi».114
Fin dall’istituzione dei convitti la ginnastica ha sempre avuto un ruolo importante nel processo educativo e formativo degli
allievi. Materia facoltativa affidata dapprima a maestri esterni115
il suo insegnamento nel “Mario Pagano” fu introdotto, in via sperimentale, a partire dal 1862. Primo docente di questa nuova disciplina fu Tito Barbieri nel suo ultimo anno di insegnamento nel
Convitto come maestro di scherma.
113) P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso, vol. III, Campobasso, Arti Grafiche Di Nunzio,
1955, p. 22.
114) ACNMP, b. 27, f. 451.
115) Dal 1862 i «maestri esterni» cambiarono qualifica e diventarono «insegnanti interni». A partire dal 1892 la loro scelta, insieme a quella dei professori, venne affidata al Rettore.
103
Negli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia le direttive pedagogiche per la scuola ebbero come obiettivo quello di
formare cittadini conformi agli ideali umani nel nuovo Regno. Lo
spirito generale era in sostanza quello che l’organizzazione del
nuovo Stato dovesse nascere soprattutto da un processo educativo
nell’ambito del quale l’educazione fisica, accanto alla formazione morale ed intellettuale, preparasse alla patria, anche attraverso
la scherma e le esercitazioni militari,116 uomini forti, valorosi e
pronti alla sua difesa. La prospettiva per gli allievi dei convitti era
chiaramente il servizio militare e la caserma.
Le attività ginniche nel “Mario Pagano” venivano inizialmente
praticate nel cortile interno e pochi erano gli attrezzi («corde, cavallo e cavallina») a disposizione dei ragazzi. La svolta ci fu con
la legge n. 4442 del 1878 del Ministro De Sanctis che rese obbligatorio l’insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole primarie e secondarie ritenendo la ginnastica mezzo indispensabile per
lo sviluppo fisico dei giovani. De Sanctis diede grande impulso
anche all’edilizia scolastica per la costruzione di palestre. Anche
il “Mario Pagano” provvide a trasformare una sala in palestra. I lavori furono avviati nella seconda metà del 1870 e furono ultimati
il 29 ottobre 1871. Il Consiglio d’Amministrazione deliberò anche
l’acquisto dalla ditta La Pegua di Napoli di «bastoni, manubri» ed
altri attrezzi quali «pertiche, sbarre parallele e curve».117
116) Le lezioni, come stabiliva il Regolamento interno del 1861, si tenevano
insieme alle «passeggiate militari» il giovedì. Tra i primi professori di
esercizi militari si ricorda l’istruttore di ginnastica Pasquale Zita (1866).
117) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale e il Regio Liceo-Ginnasio “Mario
Pagano”…, cit., Campobasso, Arti Grafiche Di Nunzio & Santorelli,
1940, p. 150.
104
Nel 1889118 vennero impartite anche nuove direttive per l’istruzione militare119 teorica e pratica che
si darà con cura particolare e secondo le norme seguite per i convitti militarmente ordinati. I convittori, che, compiuti gli studi del
liceo o dell’istituto stesso, si siano segnalati in tali discipline, potranno essere raccomandati al Ministero della Guerra per godere
degli stessi vantaggi che fossero concessi agli alunni dei convitti
qui sopra nominati (cioè quelli militarmente ordinati).
Solitamente nel mese di maggio nel “Mario Pagano” si tenevano, alla presenza di autorità, familiari e numeroso pubblico,
saggi finali di educazione fisica ed esercizi militari per dimostrare che
l’educazione e l’istruzione dei Convittori non si limita solo alle
varie materie che s’apprendono nella scuola, ma si estende a
tutte quelle nobili ed utili discipline che aggiungono alla cultura
del cuore e della mente, ed alle qualità fisiche della persona ornamento, grazia, gentilezza e vigoria quali sono … il ballo, gli
esercizi militari, la ginnastica e la scherma.120
Alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento veniva sempre più
avvertita l’esigenza di migliorare le strutture del Convitto destinate all’attività fisica. L’idea era quella di trasformare il cortile
118) «Gazzetta Ufficiale del Regno» 24 gennaio 1889, n. 20, pp. 4862-4863.
119) Le lezioni, solitamente affidate a personale dell’Esercito in servizio o in
congedo, negli anni del ventennio furono impartite da ufficiali della Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale.
120) Relazione letta nella premiazione degli alunni del R. Liceo-Ginnasiale e
Convitto Nazionale M. Pagano di Campobasso…, cit., pp.17-18.
105
Alunni del corso premilitare (1927) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano”
106
interno in palestra coperta attraverso la costruzione di una tettoia
metallica. Il 7 luglio 1890 il rettore Giuseppe Chiaia dava lettura al Consiglio d’Amministrazione di una lettera dell’Ingegnere
Capo del Genio Civile datata 28 luglio «relativa alla costruzione
della tettoia metallica … insieme al progetto particolareggiato
presentato dall’Impresa Italiani in Castellammare di Stabia, la
quale ne assumeva la fornitura». Il Consiglio deliberava
di invitare l’ing. Giancola di recarsi in Convitto per sentire il suo
parere intorno a questa costruzione. L’ing. Giancola riferiva che
era necessario far eseguire questi lavori per motivi del tutto tecnici. Il Consiglio deliberava l’esecuzione e mandava copia della
delibera al Ministero per l’approvazione, che veniva data con lettera del 22 agosto.121
Alla sua realizzazione concorreva anche il Comune di Campobasso con un contributo di £. 100 considerato che la palestra
veniva anche «usata dagli alunni delle Scuole Tecniche».122
Nel gennaio del 1911 il Consiglio d’Amministrazione deliberava la partecipazione del Convitto alle gare ginniche di Torino
in occasione del 50° anniversario della proclamazione del Regno
d’Italia. La squadra di atleti, ben preparata ed organizzata, fu
selezionata dal professor Leopoldo Tagliaferri.
121) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 169.
122) Ivi, p. 173. Nel 1902 la Scuola Tecnica venne trasferita nei locali del
“Mario Pagano”. Il 7 ottobre del 1905 il Comune di Campobasso chiese
un altro anno di proroga, ma il Consiglio d’Amministrazione si oppose.
Dopo aver interessato il Ministero della Pubblica Istruzione e il Provveditore agli Studi Morici, «terminati gli esami della sessione autunnale, il 6
novembre, i locali furono sgombrati e consegnati all’Amministrazione».
107
Durante il ventennio il regime, oltre che all’istruzione
premilitare,123 attribuì notevole importanza soprattutto all’educazione fisica. Quest’ultima materia esclusa dalle competenze
scolastiche fu affidata all’Ente Nazionale per l’Educazione Fisica
(ENEF), appositamente creata, sciolta nel 1927. Negli anni del regime nel “Mario Pagano”, come in tutti gli altri convitti nazionali,
oltre alla scherma vennero praticate anche altre discipline sportive
come l’atletica leggera, il tennis, la pallavolo e il calcio finalizzate
ad esaltare la Gioventù Italiana del Littorio.124 Nel corso degli anni
il Convitto di Campobasso aderì anche ai corsi di sci promossi dal
Comitato Provinciale dell’Opera Nazionale Balilla come si può
rilevare dalla risposta positiva che il rettore Cesare Ferrero diede
ad una lettera del 4 febbraio 1937 firmata dal presidente Vittorio
Gennaro nella quale si legge:
Questo Comitato Provinciale organizzerà dal giorno 13 al giorno
22 febbraio a Capracotta un Corso di Sci per Avanguardisti che si
concluderà il giorno 24 con gare per il conseguimento del “Brevetto Sciatori” e con il Campionato Provinciale Avanguardisti.
123) Nel 1935 la «cultura militare» divenne obbligatoria in tutte le scuole secondarie, inferiori e superiori. L’insegnamento doveva servire a forgiare nei
giovani lo spirito guerriero. La materia costituì un vero sbarramento che, se
non superato, impediva il conseguimento sia della maturità che della laurea.
Durante il ventennio furono numerosissime le sfilate alle quali parteciparono i convittori del “Mario Pagano” del corso d’istruzione premilitare. Tra i
professori di «cultura militare» si ricordano Luigi De Chicchio (dal 1936 al
1937), Giuseppe Baucknet (dal 1938 al 1939) e Attilio Zamboni nel 1940.
124) Nei quadri della Gil, la nuova denominazione della già Opera Nazionale
Balilla, l’insegnante doveva realizzare e completare il frutto della sua opera.
Scuola e Gil erano considerati organismi in perpetua collaborazione che miravano a formare il corpo e l’anima delle nuove generazioni del fascismo.
108
Lettera con la quale il Presidente del Comitato Provinciale dell’Opera Nazionale
“Balilla” invita il Convitto a prendere parte ai corsi di sci organizzati a Capracotta
(1937) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano”
109
Sono stati riservati ai Convittori n. 10 posti – numero che può
essere aumentato o diminuito – La quota di partecipazione è
stata fissata in £. 25 più le spese di viaggio usufruendo della
riduzione del 70%.
Per assistere alle sopraddette gare nella stessa giornata sarà organizzata una gita per Ufficiali e Dirigenti dell’Opera Balilla e per
accordi presi con i Sigg. Fiduciari dell’A.F.S. parteciperanno anche molti Insegnanti delle Scuole Medie, sarebbe gradita ancora
la presenza degli Insegnanti di codesto R. Convitto …
Sempre per dare maggiore impulso a questo sanissimo sport italiano, al quale i giovani incominciano ora ad appassionarsi, sarei
grato alla S.V. se volesse mettere in palio una coppa od altro premio da assegnarsi ad uno dei migliori classificati …
In attesa delle iscrizioni sia per il corso come per la gita dei Sigg.
Professori, ringrazio e porgo saluti fascisti.125
Frattanto nel 1926 il Consiglio d’Amministrazione aveva deliberato anche «la pavimentazione in asfalto della palestra ginnastica e ricopertura della medesima con vetri armati».126
Nell’anno scolastico 1928-29 il Convitto partecipò al 1° Concorso Nazionale Ginnico-Militare “Dux” che si tenne a Roma
dal 19 al 26 aprile e che fu tra le manifestazioni più rilevanti del
ventennio.
Circa la magnifica prova data in tale Concorso dalla bella centuria degli Avanguardisti del Convitto, è bene riportare qui quei
pochi periodi della relazione fattane a suo tempo dai giornali:
125) ACNMP, b. 359, f. 2099.
126) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario, 31 dicembre 1926, anno V, Campobasso, Officina d’Arte Tipografica Martone
& Di Nunzio, 1926, p. 8.
110
Convittori avanguardisti che parteciparono al Concorso ginnico-nazionale
«DUX» (19-26 aprile 1929)
111
«Delle sette squadre della provincia di Campobasso che hanno
partecipato al concorso, quattro erano formate da avanguardisti
del Convitto Nazionale. Tre di queste sono state classificate prime
fra tutte e sette ed una di esse è stata compresa nella classifica di
merito distinto fra tutte le squadre nazionali concorrenti, riportando il 4° posto fra le squadre di tutto il Mezzogiorno d’Italia».127
A partire dal 1943, per lo scoppio della seconda guerra mondiale, anche nel “Mario Pagano” tutte le attività scolastiche furono
sospese. La ripresa fu lenta e difficile. Già dagli anni 50 all’interno
dei convitti era scomparsa l’istruzione militare, resisteva ancora la
scherma. Con gli anni ‘60 e ‘70 il percorso formativo risentì delle
profonde trasformazioni che l’Italia viveva. Anche la ginnastica
venne impartita secondo nuovi programmi tesi esclusivamente a
favorire lo sviluppo fisico dei giovani. Proprio in quest’ottica le
attività sportive nel “Mario Pagano” continuano ancora oggi ad
avere grande importanza nel processo educativo e gli alunni, seguendo quella che è un’antica tradizione del convitto, con entusiasmo prendono parte alle varie manifestazioni sportive conseguendo nelle diverse discipline anche eccellenti risultati.
Tra queste si segnalano: 1° posto per il basket alle Convittiadi
2007; 1° posto alle Convittiadi 2008 di Lignano Sabbiadoro per
il beach-volley, 2° posto per il calcio A5, 3° posto per il tennistavolo; per le manifestazioni organizzate dal Coni, 1° posto alle
finali provinciali di pallacanestro 2007, 1° posto alle finali regionali di sci alpino di Campitello Matese 2008-2009, 1° posto alle
finali provinciali di scacchi 2008.
127) R. Convitto Nazionale «M. Pagano» Campobasso, Annuario 1928-29,
anno VII, Campobasso, Casa Tipografico-Editrice Colitti, 1929, p. 26.
112
La Biblioteca e l’Archivio storico
La biblioteca nacque contemporaneamente con l’istituzione
del Real Collegio. Il patrimonio era inizialmente costituito dagli
oltre 3000 volumi128 provenienti dalle biblioteche dei monasteri soppressi dei Cappuccini, dei Minori Osservanti di Isernia, di
Agnone e Limosano. Il primo inventario venne fatto nel 1854 dai
padri Barnabiti i quali però, lasciando il convitto, portarono via
gran parte dei libri catalogati e sistemati negli otto scaffali che
costituivano un tempo la biblioteca privata di monsignor Bernardo Cangiano, vescovo di Bojano nel 1746. Purtroppo di questo
inventario non c’è più traccia cosicché risulta impossibile ricavare
i titoli e gli autori dei volumi censiti. Pur tuttavia non è da escludere che la biblioteca annoverasse anche cinquecentine, seicentine
e settecentine oltre a numerosissimi libri di ambito scolastico ed
erudito acquisiti nel corso dei primi anni per le attività di studio
dei convittori.
Fin dalla sua nascita la biblioteca fu economicamente sostenuta dalla Provincia la quale, a partire dal 1862, pronta ad accogliere
la richiesta degli studiosi locali di aprirla al pubblico, iniziò a corrispondere un contributo maggiore per l’acquisto di libri.129 Sta di
fatto però che essa, dopo un breve periodo che fu frequentata da
utenza esterna, tornò di esclusiva pertinenza del “Mario Pagano”
«non essendo gradito al Preside» Gianvincenzo Belsani «il nome
figurativo di biblioteca provinciale …»130 e alla Provincia la nuo128) Ascetici, scientifici, letterari e classici.
129) ACNMP, b. 382, f. 2449. Alcune opere furono acquistate tra il 1872 e il
1875 proprio con il contributo della Provincia.
130) Il Collegio Sannitico “Mario Pagano” ed il suo Fabbricato in Campobasso. Relazione dell’avv. Alberto Pistilli al Consiglio Amministrativo
113
va sistemazione in locali ritenuti angusti e poco idonei rispetto ai
precedenti. Nel 1886 il Consiglio Provinciale
riconobbe che la biblioteca apparteneva indubbiamente al Liceo,
che in essa vi erano 6000 mila volumi, di cui 5000 di antica pertinenza del Liceo e 1000 acquistati con i sussidi della Provincia,
che questa di buon grado vi aveva speso in vari anni importanti
somme per libri, per l’impianto e la custodia – e solo si dolse che
era stata relegata in locali non adatti all’accesso del pubblico, talché, messa nella impossibilità di funzionare, non corrispondeva
più al suo fine …131
Nel 1898 il “Mario Pagano” passò sotto la guida del presiderettore Luigi Gamberale il quale l’anno seguente richiese alla Provincia di collocare nel Convitto la vasta collezione libraria132 di
autori molisani donata all’Ente da Pasquale Albino affinché «la
conservasse e la mettesse a disposizione degli studiosi».133 Gamberale diede subito la sua disponibilità ad ubicare la biblioteca «in
due ampie sale, nelle quali si può accedere senza incomodo alcuno
dal vestibolo del portone principale» assicurando anche l’apertura
al pubblico. La proposta fu accolta positivamente dalla Provincia,
ma in seguito per una serie di nuove divergenze, i volumi della
collezione Albino non vennero mai assegnati al convitto.
Dagli inizi del Novecento la gestione della biblioteca restò
affidata esclusivamente all’amministrazione del Convitto che nel
dello Istituto nella tornata del 18 luglio 1903, Campobasso, Tipografia e
Cartiera De Gaglia & Nebbia, 1903, p. 18.
131) Ibidem.
132) Quella del Liceo-Ginnasio annoverava oltre 600 volumi.
133) A. Pistilli, Il Collegio sannitico “M. Pagano”…, cit., p. 19.
114
1904 impegnò una «somma rilevante» per l’acquisto di libri e nel
1911 accettò anche «la generosa donazione di due scaffali di libri
del dott. Ricci Francesco».134 Successivamente fu lo Stato a provvedere all’acquisto di libri e del materiale didattico e scientifico.
A partire dagli anni Quaranta del Novecento essa fu più volte riordinata. Oggi, collocata in una sala al primo piano, con ingresso
su corso Bucci, annovera circa 3000 opere di carattere scientifico,
storico, pedagogico e di narrativa oltre a testi, per lo più giuridici,
dell’originario fondo.
Di rilevante interesse anche l’Archivio storico del Convitto
che, ordinato negli anni Ottanta del Novecento a cura degli operatori del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, conserva una
ricchissima documentazione che va dal 1606 al 1955.
Il carteggio, costituito da 454 buste e oltre 3 mila fascicoli, è
raccolto in 10 fondi suddivisi per argomento. Essi sono:
I) carteggio antecedente alla fondazione del Collegio con la
documentazione relativa ai beni dei monasteri soppressi che costituirono la sua dotazione (monastero di Santa
Chiara di Isernia, conventi di Santa Croce, San Domenico e Santa Maria delle Monache di Isernia, convento di
San Francesco di Bojano, monastero di San Francesco di
Campobasso;
II) atti costitutivi – Amministrazione e Sede (istituzione del
Collegio, convocazioni dei Consigli, deliberazioni e Regolamenti);
III) amministratori e personale (fascicoli personali dei Rettori
e Vicerettori, Prefetti di camerata, istitutori, commissari,
134) L’atto fu rogato dal notaio Enrico Pistilli. La biblioteca fu in seguito arricchita anche dai libri donati dagli eredi della famiglia Berlingieri.
115
censori ed economi contabili, cassieri, medici, sacerdoti,
violinisti, personale inserviente, stipendi, ritenute, pagamenti e aumenti, statistiche e circolari);
IV) sede e suppellettili (costruzione dell’edificio, accomodi
ed ampliamenti, acqua potabile, suppellettili e arredi con
inventari, archivio e protocollo);
V) patrimonio (registri patrimoniali, stati di consistenza ed
altri titoli di proprietà, inventari di beni mobili ed immobili, platee, catasti, repertorio dei contratti, proprietà del
Convitto, concessioni varie, verifiche di confini, espropriazioni, circolari);
VI) finanza e contabilità, (crediti, stati ed elenchi dei debitori,
rinnovazione titoli, affitti, censi, canoni e colonie perpetue, rendite, vendite, acquisti, mutui, prestiti, tasse, ipoteche, bilanci, conti morali, materiali e consuntivi, revisioni
dei conti, giornale di cassa degli alunni, conti alunni, libri
mastri, stati economici, introiti ed esiti, resoconti degli
economi, registri di consumo giornaliero e di magazzino,
chiusura esercizi, spese varie, residui, esattoria);
VII) attività scolastica (fascicoli personali ed elenchi convittori, domande di ammissione, semiconvittori, disdette di
posti, posti gratuiti e semigratuiti, rette, gite e festività,
vittimazione, fascicoli personali dei maestri, fascicoli
personali dei professori, scuola, esami di ammissioni alle
classi e licenze, diplomi di licenze ginnasiali e liceali,
disposizione circa gli orari, attività scolastica, biblioteca,
statistiche, circolari e regolamenti);
VIII)causa, liti e vertenze (elenchi atti notai, spese legali, citazioni, coazioni);
116
IX) mercuriali (Pio monte dei Maritaggi, assicurazioni del
Convitto, bandi di vendita giudiziali, circolari varie);
X) diversi (vendite censi e rendite, capitoli matrimoniali e
testamenti, contabilità Carpinone).
Studenti illustri
La storia del Convitto si intreccia con quella delle persone
che l’hanno frequentato. Proprio questo dà valore e significato
alla memoria educativa dell’Istituto che segna anche la continuità tra passato e presente. Tracciare una breve biografia di coloro
che nella aule del Real Collegio Sannitico e, in seguito, del Convitto “Mario Pagano” si sono formati equivale, attraverso il loro
vissuto, a riconoscere oggettivamente l’insostituibile ruolo che il
Convitto di Campobasso ha svolto nel corso dei suoi lunghissimi anni plasmando intere generazioni di uomini alcuni dei quali
hanno raggiunto nella loro vita importanti traguardi professionali.
Ma attraverso loro si vuole far rivivere anche le infinite storie e
i tanti volti di chi, seppur rimasti anonimi, hanno comunque lasciato un’impronta indelebile nell’ultracentenario cammino della
comunità del Convitto.
Michelangelo Ziccardi
Nacque a Campobasso nel 1802. Fu tra i primi convittori del
Real Collegio Sannitico del quale, dopo la laurea in medicina e chirurgia conseguita nell’Università di Napoli, fu anche professore.
Profondo studioso diede alla stampe I Cappuccini in Campobasso
117
o la Pace oltre a varie biografie e memorie di carattere scientifico. Esperto botanico pubblicò anche il volume Flora Sannitica che
comprende la descrizione di oltre 3000 piante medicinali presenti
in Molise con le loro caratteristiche e proprietà. Morì nel 1845.
Nicola Trudi
Nacque a Campobasso nel 1811. «Matematico insigne» come
recita la lapide posta sulla facciata esterna del Convitto, Trudi fu
professore di «Calcolo» all’Università di Napoli dove si conserva
tuttora un suo busto. Fu allievo del Flauti ma non lo seguì nella sua
avversione alla Geometria analitica e altri metodi moderni. I suoi
contributi personali concernono la teoria delle funzioni ellittiche e
i connessi poligoni dei determinanti. Socio dell’Accademia delle
Scienze e dell’Accademia Pontiana morì a Caserta nel 1884.
Michelangelo di Tilla
Nacque a Campobasso nel 1819. Convittore del Real Collegio
Sannitico si trasferì in seguito a Napoli dove, dopo essere stato
allievo della scuola di Basilio Puoti, si laureò in legge. Intraprese
quindi la carriera in magistratura ricoprendo importanti incarichi.
Dopo quarant’anni di servizio andò in pensione col grado onorifico di Presidente di Corte d’Appello. Morì a Napoli nel 1891.
Achille Sannia
Nacque a Campobasso nel 1823. Dopo aver compiuto i primi
studi nel Real Collegio Sannitico successivamente frequentò le
scuole medie a Lucera. Si trasferì quindi a Napoli dove si dedicò
allo studio della matematica. Nel 1853 fu chiamato ad insegnare
geometria nella Regia Scuola di Ponti e Strade prima di passare nel
118
1865 all’Università. Nel 1871 ideò una Scuola di Elettronica. Ha
scritto due importanti trattati uno riguardante la geometria proiettiva
e l’altro la geometria elementare. Socio dell’Accademia delle Scienze fu anche senatore del Regno d’Italia nella XVII legislatura.
Scipione di Blasio
Nacque a Casacalenda nel 1834 da Francesco Saverio ed Isabella Vincelli, unica figlia di Scipione, patriota del 1799 detenuto
fino al 1801 nel castello di Santa Caterina alla Favignana. Scipione di Blasio fu convittore del Collegio Sannitico. Dopo aver
conseguito la laurea in legge all’Università di Napoli si dedicò alla
vita politica. Eletto deputato, da Sottosegretario ai Lavori Pubblici, si impegnò per la costruzione della linea ferroviaria TermoliBenevento. Morì a Napoli nel 1901.
Enrico D’Ovidio
Nacque a Campobasso nel 1843. Allievo di Achille Sannia (nel
1860 sposò la sorella Angiola) e Giuseppe Battaglini si laureò nel
1869. Dal 1872 insegnò algebra e geometria analitica all’Università di Torino di cui fu anche Rettore dal 1880 al 1885. A D’Ovidio
va soprattutto il merito di aver poste le basi di quella che è passata
alla storia come la scuola italiana di geometria algebrica. I suoi
maggiori allievi furono Giuseppe Peano e Corrado Segre. Fu socio
dell’Accademia delle Scienze e dell’Accademia dei Lincei. Nominato senatore nel 1905 morì a Torino nel 1933.
Enrico Fazio
Nacque a Carpinone nel 1847. Dopo aver compiuto gli studi
nel Real Collegio Sannitico si laureò in legge. Molti i processi
119
importanti che lo videro protagonista nelle aule di giustizia tra i
quali quello di Perugia contro i socialisti di Romagna e quello di
Ancona che travolse la fortuna di Tommaso Lopez. Eletto deputato nelle fila repubblicane morì ad Isernia nel 1892.
Alfonso Perrella
Nacque a Cantalupo nel 1849. Dopo aver compiuto gli studi al
“Mario Pagano” intraprese la carriera di agente demaniale. Infaticabile ricercatore di documenti Perrella pubblicò diverse opere di
carattere storico sul Molise. Tra queste si ricordano L’antico Sannio
e l’attuale Provincia del Molise (1889), Effemeridi della Provincia
di Molise (in due volumi, 1890-1891) e L’anno 1799 nella Provincia di Molise (1899). Morì nel 1915 a Valle di Pompei (Na).
Giulio Pittarelli
Nacque a Campochiaro nel 1852. Si laureò a Napoli nel 1874
dapprima in matematica e nel 1876 in ingegneria. Fu, per molti
anni, docente di geometria descrittiva all’Università di Roma. Oltre che pregevole cultore di geometria, nell’indirizzo cremoniano,
fu anche un valente pittore, autore, fra l’altro, di un ritratto di L.
Cremona. Morì a Roma nel 1934.
Niccolò Barrucco
Nacque a San Martino in Pensilis nel 1856. Studente liceale del
“Mario Pagano” si laureò in medicina e chirurgia all’Università di
Bologna nel 1880. Ideatore di diversi strumenti di chirurgia diede
anche alle stampe numerose “memorie” scientifiche. Fu docente
di medicina nelle Università di Napoli e Bologna, città quest’ultima dove morì nel 1904.
120
Galileo Berengario Amorosa
Nacque a Riccia nel 1865. Laureato in giurisprudenza, nel
1891, dopo alcuni anni di insegnamento, vinse il concorso per
ispettore scolastico e, nel 1903, quello di Provveditore agli Studi. Nonostante i suoi impegni professionali rimase legato alla sua
terra alla quale dedicò diverse opere di carattere storiografico con
riferimenti importanti al patrimonio delle tradizioni locali. Non
trascurò neppure la poesia. Tra le sue pubblicazioni si ricordano
Riccia nella storia e nel folclore (1903), Il Molise, Almanacco regionale (Mondadori, 1924), Rassegna di Storia e d’Arte d’Abruzzo e Molise (1925), Bartolomeo Zaburri (1926), La tradizionale
festa del Corpus Domini a Campobasso (1935).
Giuseppe Albino
Nacque a Campobasso nel 1866. Dopo aver compiuto gli studi liceali nel “Mario Pagano” entrò all’Accademia di Modena.
Promosso nel 1887 al grado di tenente fu inviato in Africa, come
interprete, essendo conoscitore di varie lingue non escluso l’aramaico. Cadde nella battaglia di Adua il 1° marzo 1892.
Luigi D’Amato
Nacque a Campochiaro nel 1874. Dopo aver conseguito la
maturità classica al “Mario Pagano” ancora giovanissimo si laureò in medicina e chirurgia all’Università di Napoli. Subito dopo
cominciò a lavorare a fianco del famoso clinico molisano Antonio Cardarelli che gli aprì la strada alla carriera universitaria.
Insegnò anche a Messina. Nel 1939 fu nominato senatore del
Regno d’Italia per i suoi meriti scientifici. Le sue pubblicazioni
spaziarono da quelle più squisitamente specialistiche a quelle
121
di carattere letterario, quest’ultime appartenenti in particolare
all’età giovanile.
Raffaello De Rensis
Nacque a Casacalenda nel 1880. Al “Mario Pagano” fu allievo di Giovanni Gentile. Dopo la laurea in giurisprudenza preferì
dedicarsi alla sua grande passione, la musica, diventando negli
anni un critico letterario di successo. Per le sue elevate competenze professionali gli fu affidata la direzione della corposa pubblicazione delle Opere Complete di Giovanni Pierlugi da Pelestrina. Fondatore del settimanale «Mondo Musicale» ed accademico di Santa Cecilia e dell’Accademia Cherubini di Firenze,
De Rensis diede alle stampe anche numerosissime opere alcune
delle quali tradotte in varie lingue. Morì a Roma nel 1970.
Arturo Giovannitti
Nacque a Ripabottoni nel 1884. Dopo aver frequentato il ginnasio del “Mario Pagano” ancora giovanissimo emigrò in America per evitare ritorsioni per le sue idee socialiste. Oltre oceano
gradualmente si inserì nel mondo sindacale. Nel 1912 organizzò
nella cittadina di Lawrence, in Pennsylvania, uno sciopero nel
corso del quale un’operaia italiana fu colpita a morte. Giovannitti insieme ad altri sindacalisti venne imprigionato. Furono molti
a mobilitarsi contro quella che venne definita una grave ingiustizia. Manifestazioni si tennero anche nel Molise. Al termine
del processo tutti gli imputati furono assolti e questo segnò una
grande vittoria per il movimento sindacale. Durante la carcerazione scrisse la sua prima poesia in inglese, The Walker e nel
1914 il dramma As it was in the Beginning. Nel 1915, nel corso
122
del primo conflitto mondiale, perse il fratello Aristide, anch’egli
convittore del “Mario Pagano”. Negli anni successivi Arturo
scese in campo in difesa dei connazionali Sacco e Vanzetti accusati di spionaggio. Da antifascista durante il ventennio aiutò
molti esuli. Alla fine degli anni Trenta iniziò la sua lunga attività
letteraria che lo portò alla pubblicazione di diverse raccolte di
poesie e di un dramma dal titolo Una donna onesta. Morì a New
York nel 1959.
Vincenzo Eduardo Gasdia
Nacque a Bergamo nel 1885. Dopo aver conseguito la maturità
classica al “Mario Pagano” conseguì nel 1915 la laurea in giurisprudenza. Nell’Università di Napoli studiò anche diverse lingue
tra le quali anche il cinese per prepararsi alla carriera diplomatica.
Dopo aver preso parte alla prima guerra mondiale come ufficiale
di complemento intraprese la carriera nell’amministrazione dello
Stato raggiungendo il grado di Prefetto. Numerose le sue pubblicazioni di carattere giuridico e storico. Senza dubbio la più divulgata
è la Storia di Campobasso (1940) in tre volumi dei quali sono stati già editi soltanto i primi due. Il terzo è custodito nell’Archivio
dell’abbazia di Montecassino al quale Gasdia ha donato tutta la
sua biblioteca. Morì a Verona nel 1983.
Pietro Mancini
Nacque a Campobasso nel 1886. Dopo aver compiuto gli studi liceali nel “Mario Pagano” entrò all’Accademia di Modena da
dove uscì col grado di sottotenente di Cavalleria. Dopo un corso
seguito in Francia nella scuola di Bleriot a Pau nel 1912 ottenne il
brevetto di pilota di aviazione. Inviato in Libia, nel 1912, durante
123
un volo di ricognizione il suo aereo cadde in mare. Il velivolo e il
suo corpo non furono mai ritrovati.
Franco Ciampitti
Nacque ad Isernia nel 1903. Dopo la laurea in giurisprudenza
conseguì anche quella in scienze politiche. Spinto da profonda
passione per lo sport Ciampitti si dedicò al giornalismo sportivo. Collaboratore di vari quotidiani tra i quali «Il Mattino» di
Napoli nel 1932 pubblicò il suo primo romanzo Novantesimo
Minuto. Ne seguirono subito altri tra cui Cerchi ambientato in
Molise. Appassionato cultore di vernacolo scrisse anche testi
per il teatro. Tra i suoi romanzi più noti Il Tratturo pubblicato
nel 1968.
Michelangelo Masciotta
Nacque a Casacalenda nel 1905. Fratello di Giambattista, maggior storiografo del Molise, Michelangelo dopo aver
conseguita la maturità classica al “Mario Pagano” si laureò
in lettere all’Università di Firenze. Iniziò quindi la carriera di
docente che lo portò in diverse città italiane. Critico d’arte e
scrittore esordì nel 1928 con Prose lucenti. Fu anche autore
della prima monografia italiana su Kokoschka (1942) e di un
Dizionario dei termini artistici (Le Monnier, 1965). Sempre
nel 1965 pubblicò con la Mondadori la raccolta di versi Sensi
e Poesie. Come esperto d’arte partecipò anche a diverse trasmissioni radiofoniche e fu redattore di importanti riviste artistiche. Nel 1975 il Presidente della Repubblica gli consegnò
la medaglia d’oro per i benemeriti della Cultura e dell’Arte.
Morì a Firenze nel 1995.
124
Felice Del Vecchio
Nacque a Castiglion Messer Marino nel 1929. Dopo aver conseguito la maturità classica al “Mario Pagano” nel 1951 si laureò
in filosofia. Nel 1957 pubblicò per Einaudi il suo primo romanzo
La Chiesa di Canneto che vinse il premio Viareggio. Autore di
successo collaborò anche con la Mondadori nella stesura del Dizionario della Letteratura Italiana Contemporanea. A Milano si
dedicò all’insegnamento. Dopo il pensionamento diede alle stampe Per una storia del Molise nel secondo dopoguerra (1996).
Gaetano Scardocchia
Nacque a Campobasso nel 1937. Dopo aver conseguito la maturità classica al “Mario Pagano” conseguì la laurea in giurisprudenza all’Università di Roma. Ben presto intraprese la carriera
giornalistica. Dapprima corrispondente dall’estero per il quotidiano «Il Giorno» nel 1974 passò al «Corriere della Sera» per il
quale fu inviato a Pechino. Nel 1982 diventò corrispondente da
New York per «La Repubblica». Nel 1986 divenne direttore de
«La Stampa» di Torino che, nei suoi tre anni di guida, riuscì a
rilanciare anche grazie ad una veste grafica più moderna. Colto da
infarto morì a New York nel 1993.
La sperimentazione del metodo Bell e Lancaster. La nascita in Provincia di nuovi istituti. I moti rivoluzionari del ‘21
e del ‘48. Ispezioni, censure e repressione nelle scuole. Gli
intellettuali Oronzio Petitti e Michelangelo Ziccardi. Il
Collegio diventa sede di corsi universitari. La visita di Fer-
125
II di Borbone. Lo stato dell’istruzione in Provincia
Benedetto Cantalupo. Il progetto dell’architetto Bellini per l’ampliamento dell’ex monastero. Il
Collegio viene affidato ai Padri Barnabiti (1854). Chiusura e
riapertura. Elevato a Liceo con decreto del 1857.
dinando
nell’analisi di
L’apertura del Collegio, come si è già detto, ebbe in tutta la
Provincia grande risonanza. Al Convitto guardava con fiducia e
speranza soprattutto la piccola e media borghesia che in quegli
anni andava consolidando il suo ruolo di classe emergente anche
nella gestione della Pubblica Amministrazione. L’entusiasmo era
palpabile nell’impegno quotidiano dello stesso corpo docente che
fin da subito si sforzò per dare il maggiore impulso possibile agli
studi nonostante l’organizzazione scolastica era, per così dire,
ancora rudimentale. Infatti, fino al 1840, così come accadeva un
po’ per tutti i collegi del Regno, anche in quello di Campobasso
non esistevano precisi programmi d’insegnamento ai quali i docenti dovevano attenersi. Dalla lettura dei fascicoli personali dei
professori135 si intuisce che erano loro stessi ad impegnarsi con il
Rettore, anche in rapporto ai loro studi, per insegnare quanto di
meglio potevano agli alunni a loro affidati. Al latino, ad esempio,
135) I professori erano inizialmente nominati dal Re su proposta della Commissione della Pubblica Istruzione. Essi dovevano tenere due ore e un quarto
di lezione al mattino ed un’ora e mezzo dopo il pranzo. Tutti gli altri una
lezione al giorno della durata di due ore: o al mattino o dopo pranzo, secondo le disposizioni del Rettore. I loro onorari mensili, all’apertura dei
convitti, erano i seguenti: «al professore di Fisica sperimentale 15 ducati;
al professore di Filosofia ed Etica di diritto 15 ducati; al professore di
lingua Latina sublime 21 ducati; al professore di Retorica, Poesia Italiana
e Latina 24 ducati; al professore di Lingua Latina elementare 20 ducati; al
professore di Lingua Italiana 20 ducati».
126
si dava molta più importanza che all’italiano. Effetto di questo
metodo era che i giovani scrivevano correttamente il latino, ma
non conoscevano Dante. Il clima di fervore di questi primi anni è
testimoniato anche dalla sperimentazione di nuovi metodi didattici, come il metodo Bell e Lancaster, detto del “mutuo apprendimento” applicato all’insegnamento della lingua italiana e latina
per gli alunni meno dotati, che sin dal 1817 aveva già una sua
scuola di orientamento presso il Reale Albergo dei Poveri di Napoli. I risultati complessivi furono più che soddisfacenti tanto che
nel 1819 l’intendente Biase Zurlo, nel discorso pronunciato il 10
ottobre all’apertura del Consiglio Provinciale, sottolineò i «passi
felici» compiuti sul versante dell’istruzione nel Collegio Sannitico aggiungendo che «nommai il tempo giustificò più ampiamente
queste speranze».136 Frattanto tra il 1817 e il 1819 il Molise vide
fiorire anche altre scuole secondarie sia ad indirizzo umanistico
(Trivento, Morcone, Casacalenda, Montenero di Bisaccia, Baselice, Bonefro e Bagnoli) che per l’insegnamento dell’agricoltura
(Agnone, Morcone, Larino, Campobasso, Riccia, Isernia, Trivento, Frosolone, Guglionesi e Civitacampomarano). Sia all’interno
di questi istituti che nel Collegio Sannitico di Campobasso, per i
moti rivoluzionari del ‘21, l’azione repressiva dello Stato si fece
sentire con tutto il suo peso per scovare e allontanare i sospetti137
o gli iscritti alla società segrete. Da questo momento in poi il Governo fu anche più oculato nella scelta del personale direttivo (la
carica dei prefetti fu riservata solo ai sacerdoti) e insegnante che
doveva mostrare chiaro attaccamento al sovrano. Già prima dei
136) ASCb, Intendenza di Molise, b. 989, f. 93.
137) Il rettore dell’Erba e Nicola De Matteis, docente di matematica e fisica,
vennero destituiti.
127
moti del ‘21 per tutti c’era l’obbligo di prestare formale giuramento di non essere carbonari. La formula era la seguente:
Io sottoscritto Giuseppe Maestro di Lingua Francese nel Real
Collegio Sannitico prometto e giuro fedeltà ed ubbidienza al Re
Ferdinando I e pronta ed esatta esecuzione degli ordini Suoi.
Prometto e giuro che nell’esercizio delle funzioni, che mi sono
state affidate, io mi adopererò col maggior zelo e colla maggiore
probità ed onoratezza.
Prometto e giuro di osservare e di far osservare le Leggi e Decreti e regolamenti che per Sovrana disposizione di Sua Maestà
si trovano in vigore e quelli che piacerà alla Maestà Sovrana di
pubblicare in avvenire.
Prometto e giuro di non appartenere a nessuna Società Segreta di
qualunque titolo, oggetto e denominazione; e nel caso ch’io appartenga a qualunque di tali Società prometto e giuro di rinunciarvi da
questo momento e di non farne mai più parte. Così Dio mi aiuti.
Giuseppe Evans.138
Censure, sospensioni e soprattutto ispezioni caratterizzarono
questi anni e ancora di più quelli successivi ai moti rivoluzionari
del ‘48. Anche il Molise subì il fascino di questa nuova ondata
patriottica maturata culturalmente anche attraverso l’impegno di
alcuni giovani intellettuali del Collegio Sannitico come Oronzio
Petitti e Michelangelo Ziccardi, entrambi campobassani, che esaltarono attraverso la produzione di diversi saggi i loro sentimenti
patriottici e liberali.
Studiosi che si raccolsero già negli anni precedenti agli avvenimenti del ‘48 intorno al sacerdote campobassano Alfonso Fi138) ACNMP, b. 367, f. 2210.
128
lipponi, tra i primi docenti del Collegio, al quale il valente rettore
dell’Erba affidò gli insegnamenti della «filosofia, etica del diritto
e matematica elementare».139 Nonostante questi duri contraccolpi
politici lo Stato riuscì a mantenere il controllo dell’istruzione e
questo anche per l’incondizionato appoggio garantito dal mondo
ecclesiastico.
Il Collegio nell’arco di vent’anni, grazie anche all’impegno dei
Rettori che si erano avvicendati, era riuscito a consolidarsi come
istituzione scolastica ottendo per questo una Cattedra di Scuola
Intermedia, cioè tra «la lingua latina sublime e la lingua latina
elementare» e, nel 1829, per concessione sovrana, un’altra di giurisprudenza «tanto necessaria ai giovani che si dirigono alla professione legale». Professore ad interim venne nominato don Vincenzo Palmieri già docente dal 1825 di «retorica, poesia italiana e
latina» il quale
animato da vero zelo e deciso impegno, ha ammaestrato non solo
nelle patrie leggi la gioventù, ma estendendo l’insegnamento a
varie classi, ha dettato gli elementi del Diritto Universale, le Istituzioni del diritto Romano, la Cagione Canonica ed i Rudimenti
della Storia Civile per i cangiamenti avvenuti nella legislazione e
nell’ordine giudiziario.140
Nel corso degli anni successivi i giovani che frequentavano la
facoltà di giurisprudenza erano diventati sempre più numerosi anche se il Consiglio Provinciale lamentava che il metodo d’insegnamento più complessivo all’interno del Sannitico rimaneva «astrat139) Ivi, b. 369, f. 2260.
140) Ivi, b. 10, f. 140.
129
to, inadeguato e in ritardo, sia ai fini della formazione della nuova
classe dirigente, sia ai fini del soddisfacimento» di quella bramosia
di sapere «ormai diffusa in tutte le altre classi sociali».141 Il Consiglio riconobbe a pieni voti anche l’utilità di aprire al pubblico la
Biblioteca del Collegio,142 di riordinarla e di aumentare il patrimonio bibliografico, nonché di acquistare le macchine più importanti
per facilitare lo studio delle scienze fisiche e matematiche.
Intanto già dal 1825, anno in cui si formò una nuova Platea
generale per tutti i cespiti del Collegio, il Consiglio Provinciale
riconobbe anche «lo stato di floridezza e la buona tenuta di detto Stabilimento che può dirsi risorto dal languore nel quale era
caduto».143 In realtà fin dal 1817, anno in cui fu pure acquistata dal Demanio la tenuta Cantalupo, in territorio di Rotello (oggi
con i suoi 423 ettari rimane l’unico bene patrimoniale dell’Istituto insieme con alcuni fondi dell’ex badia di Sant’Elia a Pianisi),
le amministrazioni che si avvicendarono alla gestione del Collegio furono assillate da problemi finanziari legati alla complessa
situazione del suo patrimonio,144 che se pur consistente, poneva
141) ASCb, b. 72, f. 55, Atti del Consiglio Generale Provincia di Molise, 1845.
142) Nacque con la creazione del Collegio. La sua consistenza fino al 1854 era
di oltre 3 mila volumi. Fra i bibliotecari si ricordano il professor Michele
Petitti, Michelangelo Ziccardi e Gennaro Sipio.
143) ACNMP, b. 10, f. 138.
144) Tra i beni del Collegio figurava anche il ricco patrimonio di D. Agostino
Santellis di Campobasso che – come asserisce L. Di Dedda in Patrimonio
e contenzioso del Real Collegio Sannitico Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso, Campobasso, Editrice Lampo, 1987, pp. 38-39 –.
«nel 1710 aveva fondato un Monastero denominato S. Maria del Carmine
a cui era annessa la chiesa della SS. Trinità. Egli, con un nuncupativo
testamento, in data 25 giugno 1730, per notar Don Luca Silvestri (si conserva copia), revocando ed annullando ogni altra sua precedente volontà
130
questioni di varia natura quali il riconoscimento dei diritti di proprietà o di rendita sui beni da parte dei possessori di esso, a vario
titolo, la riscossione difficoltosa delle rendite. Questi problemi innescarono una serie di vertenze giudiziarie alle quali mano mano
si aggiunsero altre, alcune delle quali si sono addirittura trascinate
ben oltre la metà degli anni Cinquanta del Novecento, impedendo
al Collegio «di vivere un’esistenza serena».145 Nel tempo le varie
amministrazioni deliberarono progressivamente anche la vendita
all’asta o privatamente dei numerosi fondi sparsi nei diversi comuni della Provincia recuperando però solo in parte il denaro del
loro valore effettivo.
Il 13 settembre 1832 il Collegio Sannitico fu visitato dal re Ferdinando II di Borbone,146 il sovrano che in realtà «sentiva un risoluto odio per i maestri» che con molto disprezzo chiamava «mast
de scola» e per gli scrittori che per beffarsene definiva «pennaruoli
testamentaria dichiarò erede universale il predetto Monastero da lui creato
e di cui era proprietario unico. Il valore dell’eredità ascendeva all’epoca a
non meno di 70 mila ducati. Nel 1773, poiché il Monastero non poté ottenere il reale riconoscimento, fu soppresso e con il suo patrimonio si fondò
il “Pio Monte de’ Maritaggi” che ebbe come sede gli stessi locali dell’ex
Monastero di S. Maria del Carmine, attigui alla chiesa della SS. Trinità,
ad occidente con la strada S. Lazzaro (oggi Via Gianleonardo Palombo).
Il Pio Monte de’ Maritaggi fu soppresso con R.D. 24 settembre 1810 e i
locali furono usati come asilo per i poveri della città; però fin dal 1804,
l’Amministrazione Provinciale utilizzò parte del grandissimo fabbricato
[corrisponde all’attuale Palazzo del Governo] a carcere giudiziario. Il patrimonio di D. Agostino Santellis, quando fu attribuito al Convitto nel
1816, era costituito da un capitale il cui valore era sceso, rispetto al 1730,
a ducati 12905».
145) L. Di Dedda, Patrimonio e contenzioso …, cit., p. 209.
146) Otto anni prima l’aveva visitato anche Francesco I di Borbone.
131
o pennariuoli».147 Il rettore Costantino Nardone pronunciò un discorso nel quale esaltò il livello di istruzione raggiunto sia a Campobasso che in Provincia grazie alla presenza del Collegio e alle
attività didattiche in esso svolte. In verità la situazione più complessiva dell’istruzione della provincia molisana era alquanto diversa
da quella esposta al Re. «Fa dolore scorgere» – rilevava solo qualche anno più tardi il procuratore regio Benedetto Cantalupo – «che
mentre la cifra de’ maestri privati giunge a 123, di cui 21 pubblici,
gli altri privati … è fortissima». Di qui la necessità e l’urgenza di
aprire nuove scuole «per una popolazione di 337.944 individui» che
ne «ha meno di 200» in una Provincia dove i piccoli proprietari con
le loro rendite «han fatto sacrificio» per avere il Collegio Sannitico
e che «ogni anno si soggetta a fortissimi esiti per educare la gioventù in Napoli».148 All’analisi di Cantalupo si aggiungevano anche le
riflessioni dei consiglieri distrettuali e di quelli del Consiglio Generale che fotografavano la situazione di un Provincia povera, isolata, senza strade, senza scuole, con la stragrande maggioranza della
popolazione analfabeta, senza vere città, senza alcuna industria di
rilievo, priva di commercio e con evidenti squilibri tra agricoltura e
pastorizia. Qualche anno più tardi la risposta al bisogno impellente
di elevare ancora di più il grado di istruzione per i giovani molisani
portò il Consiglio Provinciale a chiedere l’istituzione, nel maggio
del 1841, di una cattedra di storia naturale e, negli anni successivi,
quelle di economia politica, di botanica, di chimica filosofica, economia agraria e medicina legale. Nello stesso mese di maggio il
147) B. Labanca, Ricordi autobiografici, Agnone, 1913, pp. 21-22.
148)B. Cantalupo, Stato economico-morale del Contado Molise, seconda edizione con appendice, Campobasso, Tipografia Nuzzi, 1834, pp. 29-30 e
nota 24.
132
Consiglio Provinciale, rivedendo il sistema per l’attribuzione delle
piazze franche, deliberò
che le proposte copulative per quei comuni, i quali non avrebbero solo il diritto di presentazione ad una franchigia, sarebbero
impolitiche, poiché farebbero cessare lo stimolo dell’aumento di
dotazione e che quei comuni, se di una franchigia non godranno,
fruiscono bensì del mezzo di profittare della istruzione pubblica in uno Stabilimento Provinciale; che quando in un Comune,
che abbia diritto a presentazioni non vi siano famiglie, le quali
aspirino, non è giusto negarsi al medesimo il diritto di presentare giovanetti di alieno paese, onde lo scopo dell’istruzione del
Collegio, diffusivo di sua natura, non venga attraversato ed abbia
questo Comune il modo di retribuire di gratitudine qualche estraneo, o di facilitare a chi ne mancasse il mezzo della istruzione;
infine che, quando un Decurionato non abbia o non voglia fare
proposizione alcuna per la franchigia di sua competenza, questo
diritto anziché rimaner caducato e vacuo di posti correlativi, sia
risarcito prima dai Comuni del circondario e così gradatamente
dagli altri della provincia, secondo l’ordine in cui si trovano collocati dalla legge sulla ripartizione territoriale del Regno.149
Frattanto il Consiglio Provinciale, anche in considerazione
del maggior afflusso di convittori e delle nuove esigenze didattiche e formative, aveva più volte rinnovato il suo voto per l’ampliamento dell’edificio recependo fin dal 1843 anche le deliberazioni del Consiglio d’Amministrazione del Collegio che a più
riprese, su insistenza del rettore Vincenzo Bria, aveva auspicato
la costruzione di un nuovo e più moderno edificio scolastico.
149) ASCb, b. 71, f. 33, Atti del Consiglio Generale della Provincia di Molise,
1841.
133
Questo indusse l’Intendente, col parere favorevole del Consiglio
Provinciale, ad affidare all’architetto Antonio Bellini l’incarico
per elaborare un nuovo progetto che venne approvato il 14 febbraio 1846. Per la realizzazione dell’opera fu deciso di ricorrere
ai capitali che la Provincia assegnava annualmente al Collegio
e di aggiungere alla somma occorrente anche il ricavato della
vendita di alcuni immobili. Tra questi vi era anche la tenuta Cantalupo, valutata 13 mila ducati, che però alla fine non fu venduta.
Di fatto questo impedì che si procedesse all’appalto dei lavori
rinviando ogni decisione nel futuro.
Il 28 maggio 1846 Alfonso Filipponi lasciò l’insegnamento
per motivi di salute e la sua cattedra passò a Giacomo De Sanctis
che nel 1829 a Ferrazzano aveva aperto «una scuola di filosofia e
matematiche pure e miste»150 dove si insegnava anche botanica e
nella quale aveva ricevuto le prime nozioni scientifiche il grande
matematico Nicola Trudi che fu, con Achille Sannia, Giulio Pittarelli e Enrico d’Ovidio, studente del Sannitico.
Ad Alfonso Filipponi, il Consiglio Distrettuale di Campobasso, a nome di tutta la Provincia, tributò questo elogio in segno di
gratitudine:
Egli è uno di quei pochissimi che veramente onorano non solo
questa provincia ma anche tutta l’italiana penisola, nella quale è
grandemente stimata la volontà del Chiarissimo Professore. Questi inoltre quando tenne florida la salute, con immolato affetto al
paese, allo stabilimento e alla gioventù, faceasi scrupolosamente
sostenere i doveri della sua cattedra e sarebbe il Consiglio per dire,
senza tema di essere smentito, che quanti ora di questa provincia
150) «Giornale Intendenza del Molise», 1829, p. 132.
134
fan luminosa mostra di loro, nella posizione sociale, in cui si trovano, ne sono debitori al Sig. Filipponi. Per dirlo in poche parole il
Chiarissimo Prof. è certamente il più benemerito della non ispregevole istruzione, di cui la Provincia altamente si onora.
… Il Consiglio, pieno di gratitudine verso il sig. Filipponi, cui
tributa vivi e sinceri sensi di riconoscenza, a nome di tutta questa Provincia, è sommamente addolorato per la perdita di un
tanto professore, e si fa a desiderare che questi venga giubilato
con ogni maniera di onorificenza e col godimento del suo soldo
intero, perché così cessi la sua cattedra di essere sostenuta da
un sostituto…
Il 6 marzo del 1848 venne istituito il Ministero della Pubblica
Istruzione scorporato da quello dell’Interno. Nell’ottobre dello stesso anno il decreto n. 848 segnò pure la nascita dei moderni convitti
che si aprivano a nuovi orizzonti educativi anche se rimaneva piuttosto rigida l’ingerenza esercitata dallo stato borbonico e dai religiosi per sottrarre l’istruzione dei giovani da una gestione pubblica
e laica. In sostanza il controllo sul personale docente rimase rigoroso e non ci fu verso che qualche insegnante in odore di liberalismo
potesse essere ammesso ad avere contatti con gli allievi.151
Alla fine degli anni Quaranta dell’Ottocento il livello dell’offerta formativa all’interno del convitto, pur con l’innegabile impegno dei rettori e dei Consigli di Amministrazione che mettevano
in atto ogni strategia per equipararsi con gli altri istituti del Regno,
rimaneva a giudizio del Consiglio Provinciale ancora scadente. A
151) La scuola in Molise. Indagine documentaria sull’istruzione nel periodo
preunitario, a cura dell’Istituto Statale “Principessa Elena” - Campobasso
- Archivio di Stato di Campobasso. Catalogo della mostra, foto riproduzione e stampa dell’Archivio di Stato, Campobasso, 1987, p. XXVI.
135
nulla sembrava essere servito il turn over di alcuni docenti con
altri più qualificati, a nulla sembrava essere servito anche l’introduzione, fin dal 1841, di un corso di disegno applicato che aveva
come obiettivo quello di
insegnare il disegno lineare applicato alle varie arti, spiegandosi
i principi delle proporzioni e misure, come si ha dai manuali del
Dupin e di altri, così che gli ebanisti, i tornitori, i mobilisti, gli acciaiuoli, i ferrai qui numerosi, avessero un insegnamento pratico
come fare più belli, più solidi, più di valore i loro lavori.152
Nelle ripetute ispezioni compiute dai componenti del Consiglio Provinciale venivano infatti rilevate lacune nell’ambito della
didattica e la mancanza di docenti di ruolo
dal che deriva un fatto da non potersi punto revocare in dubbio
che non pochi padri di famiglia si contentano di far trattenere i
figli in istabilimenti esistenti in lontane provincie e non già nel
Collegio della propria provincia.153
Per impedire la fuga dei giovani molisani sia il Consiglio
d’Amministrazione che quello Provinciale tornarono a chiedere,
dietro insistenza dei comuni, anche l’ampliamento dell’edificio
con la speranza che una struttura più moderna e funzionale attirasse il maggior numero di giovani delle famiglie appartenenti
alla ricca e media borghesia. Alla fine però prevalse la proposta
di cambiare il locale Collegio con quello dell’ospedale provinciale, permuta che tuttavia si rivelò ben presto svantaggiosa per
152) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 124.
153) La scuola nel Molise…, cit., p. XXVI.
136
il Convitto tant’è che il rettore Francescantonio Cundari e il Consiglio d’Amministrazione, nonostante l’approvazione del progetto154 da parte del Re, fece pressioni sul Presidente del Consiglio
della Pubblica Istruzione per ottenere la revoca del provvedimento. Dopo alcuni mesi il Governo annullò il decreto reale e il
Consiglio Generale della Provincia ritornò sui suoi passi votando
l’originale progetto di ampliamento per il quale continuavano a
mancare i fondi sufficienti.
Un po’ ovunque questi furono anni di incertezza caratterizzati da
un controllo sempre più rigido da parte del Governo sulle istituzioni
scolastiche le quali in gran numero vennero affidate ai religiosi. Il
Collegio di Campobasso non fece eccezione tanto più che esso «versava in tristi condizioni per colpa dei suoi Rettori».155 Il 25 gennaio
1854 furono chiamati a dirigerlo i Padri Barnabiti. Questo il testo
del decreto reale.
Ferdinando II …
Sulla proposizione del Direttore del Ministero e Real Segreteria
di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica;
Udito il nostro Consiglio ordinario di Stato;
Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue:
Art. 1
Il Real Collegio di Campobasso è affidato alla cure dei P.P. Barnabiti i quali avranno il carico dell’amministrazione e della disciplina, rimanendone riserbata a noi la proprietà.
Art. 2
Il Rettore, il Vice Rettore, ed i professori titolari nominati con R.
154) 2 settembre 1852.
155) Dal giornale «Il Sannita Unitario», Campobasso, 26 marzo 1865.
137
Decreti avranno dal dì della cessazione del loro esercizio la metà
del soldo che al presente percepiscono.
Art. 3
I medesimi, e gli altri impiegati nel detto R. Collegio resteranno
ai loro posti sino a che i Padri non ne prenderanno possesso.
Art. 4
È assegnata ai mentovati Padri, durante il tempo che avranno la
direzione del Convitto, la rendita in ducati 11234 e grana 12, con
l’obbligo di pagare i mezzi soldi agli impiegati nell’art.2.
Art. 5
Le somme dovute al Collegio per restituzione di capitale resteranno a disposizione del Real Ministero degli Affari Ecclesiastici
e della Pubblica Istruzione, per impiegarle al miglioramento dello stesso Collegio.
Art. 6
Oltre le 12 mezze piazze franche di regia nomina già esistenti, ne
saranno stabilite altre 8 nel detto R. Collegio, le quali saranno da
NOI conferite.
Art. 7
Il Direttore del Ministero e Real Stato degli Affari Ecclesiastici
e della Istruzione Pubblica è incaricato della esecuzione del presente Real Decreto.156
I Padri Barnabiti, secondo lo statuto dell’Ordine, avevano
come missione da compiere
la istruzione scientifica nella gioventù e la morale e religione nella gioventù e nel popolo. Che alla prima per mezzo di Convitti,
Collegi e Licei, alla seconda per mezzo di chiese aperte al pubblico culto, possono corrispondere.157
156) ACNMP, b. 371, f. 2333.
157) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 36.
138
Ma la situazione a Campobasso non permetteva – a loro
giudizio – di soddisfare queste esigenze poiché
l’edificio nel quale ora abitano, dove hanno il Convitto, è un
avanzo di modesto cenobio lasciato dai Frati Cordiglieri o Francescani, dal quale è stata tolta l’antica chiesa, per cui, quel mediocre ricovero di privata famiglia, contiene pochissimi allievi, e
… non hanno come accoglierne altri e decentemente adoperarsi
per l’educazione del Convitto, né possono farsi operosi ministri
del Santuario, specialmente in questa Campobasso, dove vi è un
numero scarso di Preti …158
Proposero per questo la costruzione di un nuovo edificio e il
Consiglio Distrettuale deliberò che si trovassero «mezzi proporzionati al fine».159 Con decreto del 10 novembre 1855 il Re nominava
una commissione composta dall’intendente Domenico Lopane, dal
rettore Barnaba Tacchi, dal conte Carlo De Capoa, dal vescovo della diocesi di Bojano monsignor Moffa e dall’ingegnere provinciale
Oberty con l’incarico «di proporre un locale idoneo ed avvisare
eziando ai mezzi all’uopo necessari».160 Malgrado queste disposizioni i Barnabiti non riuscirono però ad ottenere dalla Provincia
i fondi necessari per questo proposero il taglio degli alberi della
tenuta Cantalupo. Il 30 ottobre 1856 il Re dava il suo benestare, ma
questo servì a ben poco dal momento che i padri, entrati in conflitto
con gli amministratori locali, decisero di abbandonare il Collegio.
Essi tuttavia giustificarono il loro operato asserendo che
158) Ibidem.
159) Ibidem.
160) F. Trombone, Il Convitto Nazionale “Mario Pagano” in Campobasso,
Napoli, Editrice Morano, 1884, p. 8.
139
niun conto sono tenuti di dare dell’amministrazione da essi gestita nel modesto stabilimento e che prosperosi furono i risultamenti della loro cennata amministrazione.161
Ma la loro presenza a Campobasso, nove anni dopo, veniva
ancora criticata serveramente tanto che dalle pagine del giornale
«Il Sannita Unitario»162 si faceva rilevare che i Padri Barnabiti
trascurando l’istruzione, e ciò per gratitudine al loro benefattore, avessero almeno riordinato la sua dissestata amministrazione,
depauperata da avidi ed ignoranti Rettori, e da amministratori
non buoni ad altro che a dire osanna a qualunque cosa si facesse
o si volesse da chi era alto locato, o ad apporre la loro firma a
qualunque atto si volesse.
Essi inoltre «scesero ad atti tali … per i quali delle somme grossissime furono sottratte e portate via» così come dalla biblioteca
«benché non avesse avuto un assortimento tale di libri … pure aveva molte buone opere, le migliori delle quali furono portate via».
Dopo la loro partenza il Collegio rimase chiuso fino al 2 febbraio
1857 quando alunni e docenti da Maddaloni, dove erano stati trasferiti, vennero richiamati a Campobasso. Alla direzione del Convitto
fu chiamato il canonico Berardo Palombieri, di Teramo, che per rilanciare l’Istituto, anche con l’appoggio del Consiglio Provinciale,
fece pressioni sul Governo per ottenere l’elevazione del Collegio
Sannitico a Liceo anche in considerazione del fatto che gli studenti
molisani erano tra quelli ancora costretti a recarsi a Chieti o Lucera
per sostenere gli esami. Nell’istanza al Re fu rinnovata anche la ri161) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 34.
162) Campobasso, 26 marzo 1865.
140
chiesta di attivare alcune cattedre universitarie.163 Tre mesi dopo re
Ferdinando II, con decreto del 7 maggio 1857 n. 4043, accontentò
i molisani elevando a Liceo il Collegio Sannitico nel quale vennero istituiti anche alcuni corsi universitari. Per il suo funzionamento
l’articolo 1 del decreto impose alla Provincia di provvedervi con
mezzi propri o «in mancanza di altri mezzi, proporre i grani addizionali» sui tributi. L’amministrazione si assunse quest’onere imponendo prima un mezzo grano e poi un grano intero per far fronte al
mantenimento della nuova istituzione.164
L’inaugurazione avvenne con grande solennità il 12 gennaio
1858. La cronaca della cerimonia è possibile riviverla attraverso
la relazione che il rettore Palombieri inviò al Ministero della Pubblica Istruzione.
… Fu mia premura di preparare gli alunni interni di questo
Regio Liceo alla rappresentanza di molti componimenti poetici
latini, italiani e francesi, e di adornare con semplice ma bella
eleganza la maggior sala di questo Regio Stabilimento.
Nel fondo della quale sotto un magnifico trono, adorno di serici drappi erano esposte le venerate effige delle M.M.L.L. il
Re sig. nostro e la Regina nostra Augusta Sovrana, che Dio
sempre faccia felici.
… Si vedeva del pari eretto un bello arco di Trionfo sull’ingresso
163) Le richieste del Consiglio Provinciale vennero avanzate annualmente dal
1841 al 1846.
164) La Provincia nel giro di alcuni anni si sottrasse però da tale obbligo nonostante la circolare ministeriale del 12 gennaio 1857 stabilisse che il contributo dovesse avere carattere permanente. Da qui la causa che il Convitto mosse
contro la Provincia la quale con sentenza del 6 marzo 1913 fu condannata al
pagamento dell’annuo assegno obbligatorio di lire dodicimila a favore del
Convitto nonché a quello delle annualità scadute e non pagate dal 1906.
141
di questo R. Liceo, ove, fra le altre cose svariate e gradite alla
vista, si rimirava nella parte superiore un gran quadro dipinto ad
olio e trasparente in cui era espresso l’Augusto Sovrano in atto
di largire la grazia speciale a questa Provincia, rappresentata da
una donna che era supplice ai suoi piedi, di elevazione a Liceo
di questo R. Stabilimento, a fianco di quest’ultima era pure piacevole il vedersi un grazioso gruppo di alunni interni ed esterni
che, in atti umili, erano in attenzione della Reale Elargizione, nel
mentre la dea della Sapienza Minerva, con una mano additava
loro il tempio della virtù ed il difficile colle che essi dovevano
percorrere per rendersi degni del bene che il Sovrano largiva nella concessione del Liceo, e con l’altra stringeva un bel numero
di onorifici diplomi e simboleggiava che, chi corresse la via del
sapere e della virtù, avrebbe raggiunto le proprie professioni che
con la istallazione del liceo si possano ottenere.
… Per la circostanza furono pronunziati e scritti vari discorsi...
… Parlò prima l’Intendente della Provincia di Molise alla gioventù
studiosa del Real Liceo Sannitico, il Conte Gioacchino Sabatelli;
poi il Rettore Berardo Cav. Can. Palombieri da Teramo il quale
dice fra altro:
Il Collegio del Sannio, bersaglio di infauste vicende, alla fine
era rimasto chiuso, da riaprirsi, dopo che fosse sorto all’obbietto,
nuovo e in più spazioso fabbricato. I padri di famiglia ne furono
duramente contristati.
Il Conte Sabatelli, ed il Vescovo Diocesano mons. Moffa umiliarono ai piedi del Real Trono l’immenso desiderio di tutta la
provincia di vedere riaperto questo Real Collegio. Le suppliche
furono accolte dal Clementissimo Sovrano con quel benigno sorriso di padre …165
165) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 45.
142
La mancanza di fondi impedisce la costruzione del nuovo Convitto. La legge Casati. L’inaugurazione dei corsi del LiceoGinnasio (1861). Il Collegio assillato da problemi finanziari.
Il rettore Vincenzo Gamberale e gli anni del positivismo. Polemiche e critiche per l’intitolazione del Convitto (1865) al lucano Mario Pagano. I progetti educativi postunitari. L’impegno
dei rettori Lace e Valente. Posa della prima pietra del nuovo
edificio (1879). Il progetto De Angelis. Le Feste Letterarie dei
licei. Il nuovo Regolamento per i Convitti (1888). Il filosofo
Giovanni Gentile docente nel “Mario Pagano”. Il terremoto
del 1915. La prima guerra mondiale. Il convitto requisito per
Ospedale Militare. I convittori caduti sui campi di battaglia.
L’avvvento del fascismo e la riforma Gentile.
In questo stesso giorno fu posta anche la prima pietra del nuovo edificio la cui costruzione venne avviata nel 1858 confidando
per la realizzazione della struttura sui fondi ricavati con la vendita
del legname della prima sezione del bosco Cantalupo.166
Ma quando
nel novembre si procedette alla subasta per la vendita del legname della seconda sezione l’offerta che si ebbe, fu molto inferiore
alla perizia; e sia per questo motivo, sia ancora perché l’offerta
non si era fatta nelle forme legali, la vendita del legname della
seconda sezione non si poté più eseguire; ed i muri delle nuove
fabbriche, sorti pochi palmi dal suolo non furono più continuati
per mancanza di mezzi167
166) Esso fu diviso in sei sezioni: Cannuccia, Pinciarella, Casone-Monacella,
Parco dei buoi, Pezza dei Segatori e Trigneta. ACNMP, b. 86, f. 843.
167) Relazione del Preside-Rettore Cav. Luigi Lace in occasione della posa
della prima pietra del nuovo edificio, Campobasso, Tip. Domenico De
Nigris, 1879, p. 19.
143
cosicché il progetto per la costruzione del nuovo edificio rimarrà
sospeso fino al 1870.
Il 17 febbraio 1858 il presidente del Consiglio Generale della
Pubblica Istruzione comunicava all’Intendente, il conte Sabatelli,
l’approvazione della nomina ad interim dei professori delle scuole
universitarie del Liceo.
A Vincenzo Palmieri, già insegnante di giurisprudenza, fu
assegnata la cattedra di diritto civile e procedura penale; a Giovanni Battista Tosti diritto penale al quale subentrò con decreto
del 5 settembre 1859 Enrico Ferrara; a Pasquale Leale chimica
e farmacia; a Giovanni Sannicola storia naturale; a Michele Paventi anatomia e fisiologia; a Pasquale Verdura chirurgia teoretica e pratica; a Filoteo Maiorini l’antepratica [sic]; a Vincenzo
Iacobacci medicina pratica e legale il quale, dopo aver rifiutato l’incarico per motivi di salute, fu sostituito da Giovanni De
Blasiis. Con decreto del 12 dicembre dello stesso anno venne
istituita anche la cattedra di diritto romano che fu assegnata a
Girolamo Diodati.
Questi corsi ebbero però vita breve. Già prima dell’Unità d’Italia, con la legge Casati, i Collegi168 passarono sotto la tutela dello
Stato e furono attivati corsi di insegnamento secondario classico
che consentivano l’accesso alle università. Il Collegio Sannitico,
così come dettava il decreto del 10 febbraio 1861 n. 69, varato
da Paolo Emilio Imbriani, Consigliere incaricato del Dicastero
dell’Istruzione Pubblica, divenne un Liceo Ginnasio con annesso Convitto. Dodici giorni dopo il rettore Raffaele Vecchierelli
si rivolgeva al governatore della Provincia Nicola De Luca per
168) Da questo momento in poi si imporrà gradualmente il termine Convitto a
quello di Collegio.
144
chiedere che fossero «serbate le tre cattedre facoltative di Legge,
dove con tanto successo si ammaestrano, in questo Stabilimento,
posto in questa città, gli esempi di un foro tradizionalmente illustre». Nel mese di febbraio tuttavia alcuni docenti con motivazioni
differenti avevano già rassegnato le dimissioni. Tra questi c’era
anche Pasquale Verdura, ordinario di chirurgia teoretica e pratica,
il quale rivolgendosi al governatore scriveva che
non sapendo pe’ suoi principi adattarsi a nessuna disposizione,
che sente ancora il lezzo nefando della esecrata tirannia borbonica, né assoggettarsi a qualsiasi umiliante servilità, senza ragione
e senza scopo… prega accordargli o fargli accordare la sua dimissione dalla carica (di insegnante).169
La delicata fase di transizione postunitaria fu particolarmente
difficile per il Convitto di Campobasso contrassegnato non solo da
incertezze sui modelli educativi da seguire per la formazione della
nuova classe dirigente della neonata Nazione italiana ma anche da
problemi di natura finanziaria.
Il Consiglio d’Amministrazione del Convitto il 22 dicembre
1862, convocato in seduta straordinaria, rilevava infatti che «i mezzi ordinari onde attualmente è provveduto, non potranno bastare al
suo proprio e decoroso mantenimento». Il rettore Vecchiarelli e i
consiglieri nella lettera indirizzata al governatore Giuseppe Arditi
sottolineavano pure che «l’ingente spesa di circa 15 mila ducati,
sopportata a cagione delle fabbriche incominciate, le quali si sono
dovute sospendere, per non dire abbandonare, dalla fallita entrata,
che era designata sopra un cespite incerto, ha maggiormente impo169) ACNMP, b. 371, f. 2334.
145
verita ogni sua risorsa». Al governatore veniva per questo chiesto
di farsi portavoce presso il Governo affinché stanziasse a favore
dell’Istituto la somma di 20 mila ducati non solo «in compenso
dei 12 posti gratuiti» imposti da lunghissimo tempo al Convitto
ma anche per continuare «le fabbriche sospese» col fine di assicurare «il regolare indirizzo e la decorosa conservazione di questo
Regio Liceo …».170 Ma negli anni successivi la situazione finanziaria peggiorò a tal punto tanto che agli inizi del 1864 il Consiglio d’Amministrazione fu impossibilitato a pagare gli stipendi in
quanto, come fu comunicato al Ministero della Pubblica Istruzione, «lo stabilimento vive in strettezze e che le rendite si trovano
sequestrate ad istanza dell’appaltatore delle nuove fabbriche».171
A quel tempo dirigeva l’istituto il canonico Vincenzo Gamberale
di Agnone il quale, come ricorda Masciotta «alla dottrina vasta e
multiforme, che lo rendeva simpatico agli studenti perché esente dal pedantismo che non è dato a tutti d’isfuggire, accoppiava maniere paterne ed un sentimento profondo ed altissimo di
carità».172 Gamberale, «figura morale del pio e dotto prete» come
lo definì invece Francesco D’Ovidio tentò di dare un impulso diverso al Convitto anche grazie ad una gestione amministrativa
più oculata. Erano questi gli anni del positivismo che inasprirono
anche all’interno dell’istituto molisano le polemiche tra clericali
e fautori del nuovo credo scientifico sperimentale nell’ambito del
più vasto dibattito che si andava sviluppando intorno alla riforma
della scuola secondaria superiore e sui limiti emersi della legge
170) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 141.
171) Ivi, p. 143.
172) G. Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. III, Il Circondario di Isernia, Cava dei Tirreni, Arti Grafiche E. Di Mauro, 1952, p. 55.
146
Casati.173 Dal carteggio dell’Archivio del Convitto si comprende
che questo limitò enormemente l’azione di Gamberale il quale
nei cinque anni che fu Rettore poté concretamente solo operare per tenere a freno i liberi pensatori che accontentò anche con
l’acquisto di svariato materiale scientifico per incrementare le attività del gabinetto di fisica e chimica. Nel suo penultimo anno
alla guida dell’Istituto, il Regio Liceo Ginnasio, con decreto del 4
marzo 1865, fu intitolato a Mario Pagano,174 patriota del Novan173) Tale ordinamento approvato con regio decreto del 13 novembre 1859
(Presidente del Consiglio Cavour e Ministro dell’Istruzione Casati) per le
scuole del Regno del Piemonte fu esteso nel 1861 (Ministro dell’Istruzione De Sanctis) a tutte le province napoletane.
174) Nacque a Brienza, piccolo paesino della Basilicata, l’8 dicembre 1748.
Nel 1762 partì per Napoli dove iniziò gli studi umanistici. Diventò allievo
del Genovesi ed ebbe, come insegnanti, il filosofo Giovanni Spena per il
latino e il greco, Niccolò de Martino per la matematica, Padre Gerardo
degli Angioli per la filosofia e Pasquale Cirillo per le materie di diritto.
Si interessò, con l’amico Gaetano Filangieri, di criminologia. Si laureò
giovanissimo in giurisprudenza; a 27 anni ottenne la cattedra di morale
e poco dopo quella di giurisprudenza. Nel 1785 pubblicò i Saggi politici
con le sue concezioni del ruolo dello Stato e la sua organizzazione. Le sue
opere Considerazioni sul processo criminale. Principi del codice penale e
Logica dei probabili o teoria delle prove con quelle di Filangieri e Beccaria rappresentavano il rinnovamento del pensiero giuridico illuministico
del Settecento. Si impegnò per l’abolizione della tortura convinto che «la
confessione, estorta tra i tormenti, è l’espressione del dolore, non già l’indizio della verità». Autore di alcune tragedie pubblicò anche la commedia
L’Emilia, il Saggio del gusto e delle belle arti ed il Discorso sull’origine
e natura della poesia. Nel 1794 fu difensore dei congiurati della Società
Patriottica nella Gran Causa dei rei di Stato. Ma, nonostante il suo impegno teso a dimostrare l’infondatezza giuridica della delazione, il processo si concluse con la condanna a morte di tre giovanissimi, l’ergastolo e
l’esilio per altri 48, e due sole assoluzioni. La bravura di Pagano fu tale
147
148
tanove giustiziato sul patibolo a piazza Mercato a Napoli. Questo
innescò negli ambienti più colti della Provincia vivaci polemiche
perché al nome del patriota molisano Vincenzo Cuoco si preferì
quello di un lucano.
Tra le lettere indirizzate al ministro della Pubblica Istruzione
Giuseppe Natoli anche una di Francesco Pepe nella quale tra l’latro scriveva che
… dando il nome di Vincenzo Cuoco, Ella avrebbe onorato la
memoria del grande, degno certamente di essere ricordato ed insieme avrebbe rivendicato una gloria alla Provincia, ed al paese
che lo vide nascere e del quale scrivo …175
A nulla valsero anche i vari tentativi messi in atto anche dal
Consiglio Provinciale. Probabilmente il cambio di nome non
fu preso neanche in considerazione tant’è che oggi, a distanza
che la stessa corte lo nominò giudice del Tribunale dell’Ammiragliato.
Quando fece arrestare un avvocato corrotto, questi lo accusò affermando
falsamente «Pagano mi perseguita perché sono fedele al Re». Con questa
accusa, nel febbraio del 1796 Mario Pagano finì in carcere, dove venne
trattenuto per oltre due anni senza alcun processo. Tornato in libertà abbandonò Napoli rifugiandosi prima a Roma e poi a Milano. Proclamata
la Repubblica, tornò a Napoli il 1° febbraio 1799, e si mise in evidenza
come il principale artefice della neonata Repubblica. Due gli atti fondamentali che lo videro protagonista: la legge feudale, dove probabilmente
per opportunità politica tenne un atteggiamento moderato e il Progetto
di Costituzione ispirato dalla «dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei
cittadini» che non si riuscì ad approvare per la breve durata della Repubblica. Arrestato e condannato a morte fu impiccato, in piazza Mercato, il
29 ottobre 1799 insieme a Domenico Cirillo, Giorgio Pigliaceli e Ignazio
Ciaja. Quel giorno Napoli perse parte della sua migliore intelligenza.
175) «La Palestra del Sannio», 30 aprile 1865.
149
di oltre cento anni, il Convitto ha conservato l’originaria denominazione.
La solenne cerimonia d’intitolazione si tenne il 14 maggio. La
manifestazione fu organizzata dal professore di storia e geografia
Francesco Tiberio Anserini176 che elaborò questo programma.
Il Prefetto invita il Consiglio Scolastico, la Deputazione Provinciale, i Consiglieri e i principali Segretari di Prefettura a riunirsi
nel suo palazzo nel giorno di domenica 14 corrente alle ore 11
antimeridiane, per accompagnarlo alla pubblica cerimonia, colla
quale sarà data al R. Liceo Sannitico la nuova denominazione di
R. Liceo Mario Pagano.
Il Prefetto invita i Magistrati giudiziari ed il Colonnello a recarsi
al Liceo per assistere alla cerimonia.
Il Preside invita la Giunta Municipale, il R. Ispettore provinciale
delle Scuole, la Guardia Nazionale, i maestri elementari della città ed alcuni dei principali cittadini ad assistere alla cerimonia.
Gl’invitati attenderanno l’annunzio della venuta del Prefetto in
una sala terrena del Liceo in compagnia del Preside, del Rettore
e dei Professori e del Consiglio d’Amministrazione.
Sul largo dinanzi al Liceo:
a destra della porta saranno schierati gli alunni convittori e gli
esterni in due squadre distinte, la prima vicina all’edifizio, la seconda a destra della prima.
A sinistra della porta dirimpetto alla squadra degli alunni esterni,
la banda musicale.
Un usciere della Prefettura verrà ad annunziare al Capo-banda, e subito dopo al Preside il prossimo arrivo del Prefetto, per
modo che al comparire di questo sul marciapiede della Casina,
la banda suoni la Marcia reale e continui a suonarla finché il Prefetto sarà giunto a collocarsi con tutto il suo seguito dirimpetto
176) Svolgeva anche la funzione di Preside.
150
alla porta maggiore del Liceo, tra gli alunni esterni e la banda.
In pari tempo il Preside, il Rettore, il Sindaco ed Assessori, e
l’Ispettore verranno a collocarsi sulla porta del Liceo, e gli altri
invitati si disporranno sul largo a sinistra della porta dirimpetto
ai Convittori.
Appena il Prefetto comparirà dirimpetto alla porta del Liceo, i
Convittori presenteranno l’armi, gli esterni di scopriranno il
capo; Preside, Rettore, Professori, Sindaco ed Ispettori gli muoveranno incontro e si scopriranno il capo.
Il Prefetto starà colla faccia rivolta alla porta del Liceo ed avrà
accanto la Deputazione provinciale, i Consiglieri e Segretari di
Prefettura.
Gli starà dirimpetto a brevissima distanza il Preside ed avrà a
destra il Sindaco ed assessori, a sinistra il Rettore e l’Ispettore, di
dietro i Professori.
Il Prefetto pronunzierà un breve discorso. Quando avrà profferito
la prima volta il nome di Mario Pagano si scoprirà lo stemma
sovrapposto all’arco della porta su cui starà la leggenda: R. Liceo
Mario Pagano.
Il Preside risponderà e finirà la risposta ripetendo le esclamazioni
di onore e di augurio alle quali pure farà eco la scolaresca.
Terminata la risposta del Preside la banda suonerà.
Il Prefetto, con tutto il suo seguito entrerà nel Liceo, sarà accompagnato e ricevuto nella Sala terrena dal Preside, dal Rettore ed
ivi si tratterrà alcun tempo coi Professori e cogli invitati.
Intanto la squadra degli alunni esterni si trasferirà a sinistra della
porta del Liceo dirimpettai Convittori e la banda, avvicinatasi
alla porta eseguirà varie suonate con brevi intervalli tra l’una e
l’altra.
Avvertita la banda del prossimo ritorno del Prefetto ritornerà al
primitivo suo posto e suonerà una seconda volta la Marcia reale.
Al ricomparire del Prefetto i Convittori presenteranno l’armi, gli
esterni si scopriranno.
151
Il Prefetto sarà accompagnato sino alla porta del Palazzo di Prefettura. Avrà alla destra il Sindaco ed assessori, alla sinistra il
Preside, il Rettore e l’Ispettore.
Di dietro i professori ed altri invitati. Dietro di questa la banda,
dietro alla banda le squadre degli alluni, prima i Convittori, poi
gli esterni. Le due squadre si fermeranno sul Largo S. Leonardo.
La cerimonia finirà col ritirarsi del Prefetto nel suo Palazzo. La
banda riconduce gli alunni al Liceo. Il Liceo sarà tutto il giorno
imbandierato e la sera illuminato.177
Il canonico Gamberale chiuse la serie dei Rettori “ecclesiastici” ed Eraclio Ferreri inaugurò quelli “laici” del nuovo Regno
d’Italia. Intanto tra il 1865 e il 1880 si andò gradualmente affermando sempre più l’indirizzo classico riconducibile al modello
della legge Casati.178 Anche nel Convitto “Mario Pagano” il progetto educativo era finalizzato a formare il carattere dei giovani
con gli studi letterari
i quali educano il cuore, sviluppano il sentimento, gli affetti più
cari e più santi, l’amor della famiglia, l’amor della patria, l’amor
della gloria, l’aspirazione al grande, all’immortale, a tutto ciò che
solleva l’animo all’infinito, a Dio.179
177) ACNMP, b. 6, f. 94.
178) In questo arco di tempo il Liceo Ginnasiale “Mario Pagano” per l’elevato
numero di alunni era considerato «uno dei primi delle città di second’ordine» e «non inferiore a nessuno in ciò che riguarda l’educazione e l’istruzione». Gli studenti molisani che uscivano dal Convitto erano infatti tutti
ben preparati e si distinguevano nei corsi universitari.
179) R. Liceo Ginnasiale Mario Pagano e Convitto Nazionale di Campobasso
nel Molise. Distribuzione dei premi agli alunni che si segnalano nell’anno
scolastico 1878-1879. Relazione del Preside-Rettore Dott. Cav. Trombone, Campobasso, Tipografia e Legatoria de Nigris, 1880, pp.19-20.
152
Un’educazione «morale, civile e veramente liberale» come rilevava qualche anno prima il preside-rettore Luigi Lace,180 la quale
deve accendere l’animo d’ogni cittadino di giusto orgoglio e di
vivo conforto, perché prova ad evidenza, che la nuova vita nazionale si diffonde e si va immedesimando in tutto il corpo sociale, e
la sua luce benefica irradia ormai e vivifica tutto.181
Lace proprio per assicurare il «miglior avvenire delle lettere
e della cultura» si adoperò per scegliere professori di alto profilo
versò i quali, in ogni circostanza, espresse riconoscenza.
L’anno passato182 il professore Giacomo Bertini Dottore in Lettere, distinto Ellenista, specialmente per le sue versioni dal greco di
varie poesie di Teocrito, e delle storie di Erodono, lavori meritatamente lodati in ogni parte d’Italia, dovette per ragioni di salute
lasciare le nostre scuole: in sua vece venne mandato ad insegnare
nella V Ginnasiale un bravo giovine Veneto, laureato all’Università di Padova, il dottore Decio Corubolo. Anche questo giovane
professore dopo un anno d’insegnamento, nel corso del quale
diede prove di abilità, di studio e d’ingegno non comune, per
cui si conciliò la stima e l’affetto dei suoi superiori, dei colleghi
e degli scolari, venne trasferito al ginnasio di Chieti. L’insegnamento qui dato tanto dal professor Bertini, quanto dal professor
Corubolo con affetto e solerzia, fu utilissimo ed efficace183
180) Professore di lettere e storia aveva conseguito la laurea nella Regia Università di Torino.
181) Relazione letta nella premiazione degli alunni del R. Liceo-Ginnasiale e
Convitto Nazionale M. Pagano di Campobasso…, cit., pp. 4-6.
182) 1874.
183) Relazione del Preside Rettore Prof. Luigi Lace…, cit., p. 15.
153
e questo fece aumentare «il numero dei giovani, che domandano l’annessione sia alle scuole, sia al convitto: numero che pure
quest’anno superò il precedente, sebbene per il Convitto siasi col
decreto 23 giugno 1874 aumentata alquanto la retta mensile».184
In verità bisogna pure sottolineare l’importante lavoro che
svolse dal 1869 al 1872 il preside-rettore Gabriele Valente il quale si dedicò alla ricerca e alla rivendicazione dei beni devoluti al
convitto, recuperandone non pochi.
Egli, sulla scorta della Platea dello Scaroina185 e dei Cabrei dei
beni appartenenti ai soppressi Monasteri di S. Chiara e S. Domenico di Isernia incominciò a rivendicare i beni ceduti al Convitto
con la legge del 1816. Mediante la guida dei Cabrei riuscì a fare
un registro che intitolò degli Immobili. Preparò delle liste di carico per le riscossioni annue. Questo registro fu di notevole importanza per l’epoca in quanto, attraverso le ricerche, si apportarono
gli aggiornamenti necessari alla individuazione delle proprietà e
rendite e quindi alla riscossione dei diritti. Valente sostenne molti
giudizi presso i tribunali e avverso i possessori di detti beni, non
pochi in mala fede; accertò molte proprietà, aumentò l’incasso
di molti affitti ed enfiteusi; in diverse cause ottenne sentenze favorevoli, in alcune rimase perdente e dovette ricorrere in appello
sempre per gli interessi del Convitto.186
Proprio questa migliorata situazione patrimoniale e finanziaria fu determinante nella ripresa del progetto per la costruzione
del nuovo fabbricato. Nel 1875 il rettore Lace assicurava che nei
bilanci «stavano indicate per filo e per segno le operazioni ese184) Ibidem.
185) 1825.
186) L. Di Dedda, Patrimonio e contenzioso…, cit., p. 47.
154
guite per trovare i mezzi necessari»187 al fine di realizzare una
«grandiosa impresa» alla quale l’anno precedente aveva dato il
suo incondizionato appoggio anche il Ministro della Pubblica
Istruzione Ruggiero Bonghi che, visitando l’Istituto, propose al
Consiglio d’Amministrazione il progettista Giulio de Angelis
«noto per geniale concezione d’edifizi educativi».188 Passarono
ancora quattro anni e finalmente il 1° giugno 1879, ricorrendo la
festa dello statuto, si tenne la cerimonia per la posa della prima
pietra del nuovo edificio che doveva nascere secondo il progetto
redatto dall’ingegnere De Angelis.
Nulla fu omesso di quanto è necessario per le scuole Elementari, Ginnasiali e de Liceo; per i gabinetti di Chimica, di Fisica e
di Storia Naturale; per le sale di belle arti, calligrafia, disegno,
scherma, ballo e musica. Voi troverete – affermava il presiderettore Fortunato Trombone189 – una bella chiesuola, un teatrino,
locali adatti per una biblioteca di facile accesso al pubblico; parecchi cortili spaziosi e necessari per le quotidiane ricreazioni,
come pure un cortile destinato alla Palestra Ginnastica, che tanto
giova e sviluppa ed invigorisce le forze fisiche della gioventù.
Voi troverete camerate ampie, arieggiate e sanissime, capaci di
ben 150 convittori; oltre parecchie camere separate per giovani
maturi d’età e di senno. Voi troverete quanto occorre per una piccola infermeria,190 collocata nella parte più elevata dell’edificio,
187) Relazione del Preside Rettore Prof. Luigi Lace…, cit., p. 21.
188) ACNMP, b. 27, f. 438, Il Collegio Sannitico “Mario Pagano” ed il suo
fabbricato in Campobasso, Relazione dell’avvocato Alberto Pistilli al
Consiglio d’Amministrazione, Campobasso, Tip. e Cart. De Gaglia &
Nebbia, 1903, p. 9.
189) Professore di lettere, storia e geografia aveva conseguito la laurea nella
Regia Università di Torino.
190) Nel 1927 aveva anche una camera d’isolamento «per le malattie di carat-
155
e quasi isolata da ogni contatto, con bagno ordinari e a doccia.
Voi infine vedrete nel culmine dell’edificio sorgere una graziosa
torre per collocarvi un Osservatorio meteorologico,191 tanto utile
a’ giorni nostri in una sede di studi, tanto necessario per la vostra
provincia che ne ha tuttora difetto.192
Con l’obiettivo di migliorare ulteriormente gli strumenti didattici, ma anche per dare maggiore impulso alle materie
scientifiche, il Consiglio d’Amministrazione deliberò in questi
stessi anni anche l’acquisto di un «piccolo museo di storia naturale della signora Bellini» nonché «una macchina pneumatica, apparecchi di elettricità e di ottica per l’insegnamento della
fisica».193
Intanto, sulla base del decreto del 20 novembre 1874, i Rettori
del “Mario Pagano” si preoccuparono di coinvolgere sempre più
nel progetto educativo anche le famiglie «parte viva a tutto ciò
che riguarda la scuola, ed abbiano così conoscenza di quanto nella
scuola si fa, e sopra tutto quale profitto dalla scuola ottenga la
gioventù». In questo passaggio si può dire che è racchiuso il significato più autentico della cosiddetta “Festa letteraria dei Licei”
tere diffusivo» ovvero infettive.
191) Nel 1903 il Consiglio d’Amministrazione presieduto dal preside-rettore
Girolamo Rozzolino e dai consiglieri Gaetano Calvani, Giuseppe Cancellario, Corrado Cannavina, Ettore Negri e Alberto Pistilli riconfermò la volontà di «costruire nel centro del fabbricato una piccola torre pel gabinetto
meteorologico, giusta il progetto De Angelis. Però rimanda l’attuazione
di tali propositi a miglior tempo, allorquando cioè l’Istituto con i sussidi
governativi si troverà di aver approntato i mezzi occorrenti». La torre non
fu però mai realizzata.
192) Relazione del Preside Rettore Cav. Luigi Lace…, cit., p. 25.
193) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., pp. 165-167.
156
protrattasi per moltissimi anni con la premiazione degli alunni più
meritevoli; festa che altro non era che
minuto ragguaglio di tutto ciò, che nell’anno scolastico precedente avvenne nell’istituto, che possa riuscire di giovamento agli
studi e alla gioventù, e di tutto ciò, che ha rapporto cogl’interessi
più delicati e più sacri delle famiglie e della società.194
Innumerevoli gli studenti che vennero premiati nel corso di
queste feste che furono vanto per i docenti del “Mario Pagano”
di «un insegnamento sostanziale, efficace e morale». Il presiderettore Luigi Lace si dichiarava «veramente lieto» dei risultati
conseguiti «nelle nostre scuole» dopo che
i sei allievi licenziati l’anno passato da noi, i quali ora frequentano l’Università di Napoli, sono colà lodati per ordine, disciplina,
e studio sopra tutti i moltissimi giovani, che inviano a cotesta
Università i molti Licei-ginnasiali delle Province Meridionali:
ed a questo riguardo credo mio debito di fare speciale menzione
del giovane Niccolò Barrucco, il quale dopo d’aver lasciato qui
esempi di studio e di virtù, all’Università Napoletana in un esperimento sull’Idrogeno ed Ossigeno sostenuto per iscritto e pubblicamente anche orale nel marzo passato, sopra 43 alunni venne
dall’illustre suo professore De Luca classificato il primo.195
Questo conferma che il Convitto Nazionale “Mario Pagano”
di Campobasso, seguendo le direttive pedagogiche che il Regno
d’Italia aveva dato per tali scuole «intese come determinatrici dello spirito generale dell’educazione nazionale e quindi anche dello
194) Relazione del Preside-Rettore Cav. Luigi Lace…, cit., p. 3.
195) Ivi, p. 11.
157
spirito dell’educazione da impartire nei licei e nei convitti di livello liceale»,196 acquisì come altri istituti un peso sempre maggiore nella rete del sistema formativo ed educativo del Molise e del
Mezzogiorno. Spirito chiarito molto bene dal regio decreto dell’11
novembre 1888 che approvava anche il Regolamento per i Convitti nazionali197 seguendo gli stessi indirizzi premessi ai programmi
della scuola primaria firmati da Aristide Gabelli.
Lo spirito, l’orientamento e le direttive pedagogiche per i Convitti furono enunciate nel primo articolo del Regolamento laddove
si affermava che
i convitti nazionali danno ai giovani un’educazione morale, intellettuale e fisica, atta a renderli degni cittadini di una patria libera e civile … L’educazione morale deve intendere a formare il
carattere, svolgendo nei giovani il sentimento dei propri doveri,
l’amore alla virtù, alla famiglia, alla patria ed alle istituzioni che
ci governano. L’educazione intellettuale, mercé lo studio, li renderà atti ad ogni civile disciplina e a giovamento e decoro alla
società. L’educazione fisica, come le esercitazioni ginnastiche e
militari, compie le altre due e prepara alla patria uomini valorosi
e pronti alla sua difesa.198
196) E. Riverso, Perché il Convitto? in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli…, cit., p. 39.
197) Queste direttive sono ricavabili dalle premesse ai programmi della scuola elementare, enunciate come legge Casati, come «istruzioni» del Ministro Coppino del 1867, come premessa di Aristide Gabelli del 1888, come
«istruzioni generali» di Francesco Orestano per i programmi del 1905, come
premessa di Giuseppe Lombardo-Radice ai programmi del 1923, come premessa ai programmi del 1945, come premessa a quella dei programmi del
1955 e come premessa a quella dei programmi del 1985. Successivamente
cambiano radicalmente i concetti di educazione e istruzione.
198) Art. 1° del regio decreto 11 novembre 1888.
158
I giovani non solo molisani che si formarono nel Convitto di
Campobasso fino allo scoppio della prima guerra mondiale si trovarono ad essere inquadrati in schemi di vita rispondenti a modelli umani radicati nella cultura classica antica, ma sostanzialmente
trasformata dagli ideali laici risorgimentali. In tutti i Convitti, compreso quello molisano,
l’esperimento diede risultati promettenti e la gioventù che dalle famiglie benestanti di un Sud ancora prevalentemente rurale
si trasferirono nelle sedi dei convitti, contribuirono in maniera
significativa all’accrescimento di quel ceto di soggetti tanto utili
a coprire ruoli di funzionari e burocrati, di cui la nuova amministrazione aveva bisogno. Molti di loro dovettero affrontare prove più dure, quando i governi nazionali impegnarono l’Italia in
guerre dolorose in Africa e sui confini europei.199
Negli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del
Novecento il “Mario Pagano” poté contare anche su un corpo docente di altissimo profilo intellettuale e culturale200 nel momento
in cui veniva riaffermata la validità delle discipline umanistiche201
199) E. Riverso, Perché il Convitto?…, cit., p. 41.
200) Tra i professori di letteratura italiana figuravano i nomi di Domenico
Ciampoli (1881-83), Nicola Zingarelli (1886-87) Oddone Zenatti (1891)
e Flaminio Pellegrini (1892-93). Quasi tutti i docenti del “Mario Pagano”
provenivano dalle Università piemontesi e lombarde oltre che dalla “Normale” di Pisa, altri invece, dall’Università napoletana.
201) Tra i primi libri di testo ad uso dei convittori figuravano nell’elenco la
Grammatica di Soave, la Geografia di Galanti, la Grammatica latina
inferiore e sublime di Portoreale, La Fisica e la Matematica di Flauti
e Giannattasio. In seguito tra i libri di testo adottati per il liceo figuravano la Grammatica Greca di Georg Curtius nella versione italiana
rivista da Giuseppe Muller, la Piccola Grammatica latina di Ferdi-
159
anche se il preside-rettore Pietro Gambera apriva maggiormente
la strada alle materie scientifiche. Tra il 1899 e l’ottobre del 1900
anche Giovanni Gentile fece la sua prima esperienza di professore
di filosofia nel Liceo di Campobasso nel quale trovò il giusto raccoglimento per i suoi studi. Gentile, che conobbe e sposò Erminia
Nudi, tornò a Campobasso il 26 gennaio 1924 in veste di Ministro
della Pubblica Istruzione. L’anno prima aveva varato la sua Riforma202 che apportò anche un nuovo Regolamento203
di impronta fortemente gerarchica, restrittiva e verticistica che,
se assicurò nel tempo un buon funzionamento sul piano burocratico, nulla concesse allo sviluppo del dibattito educativo e didattico, arenato nella scia di una istruzione nozionistica classista, i cui
nando Schultz e il Manuale di letteratura latina di Girolamo Vitelli.
202) La riforma Gentile creò una scuola nella quale l’istruzione classica era
considerata il punto centrale e la sintesi della preparazione culturale del
giovane. La scuola elementare, obbligatoria e gratuita, era suddivisa in
due corsi: inferiore (fino alla 3a classe) e superiore (4a e 5a classe). Per
l’ammissione al corso superiore bisognava superare un apposito esame
di Stato. Dopo la scuola elementare, che si concludeva con l’esame per
conseguire il “certificato di compimento”, lo studente che desiderava proseguire la carriera scolastica fino ai più alti gradi doveva sostenere un altro
esame: quello di ammissione al ginnasio. Anche il ginnasio era suddiviso
in due corsi, e il passaggio dal corso inferiore a quello superiore, comportava un esame, che si sosteneva alla fine del terzo ginnasio. Alla fine del
quinto anno di ginnasio lo studente doveva ancora sostenere degli esami,
quelli conclusivi della scuola ginnasiale, e che avevano il nome di “esami
di ammissione al liceo”. Il superamento di questi esami permetteva l’iscrizione al Liceo Classico, triennale. La riforma Gentile creò in sostanza
un sistema che premiava selettivamente i migliori, ma comunque basato
anche su una selezione a priori determinata dal reddito. Lo studio restava
così, sia concettualmente che praticamente, un fatto di élite.
203) Legge n. 1054 del 6 maggio 1923 artt. 118-141.
160
simboli – fascio, moschetto e croce – ben rivelavano il carattere
di una cultura di regime che attinse a piene mani, purtroppo, dal
repertorio iconografico dell’antica Roma e del mondo classico a
proprio uso e consumo, ricercando in esso un acritico modello
per un neo-imperialismo, privo di fondamento.204
Intanto nel 1901 la carica di Rettore fu disgiunta da quella
di Preside. Nel Convitto di Campobasso il provvedimento fu
adottato nel 1904,205 anno caratterizzato da un clima fortemente
restrittivo nel quale entrava in vigore la riforma dell’istruzione
classica connotando quest’ultima come destinata «ad una platea
scolastica di élite, dalla quale sarebbero uscite le future classi
dirigenti …».206
Nello stesso periodo erano stati ultimati anche i lavori del nuovo edificio, meno una piccola parte nel lato sud-ovest. Gli interventi, così come era stato deliberato dal Consiglio d’Amministrazione nel giugno del 1899, riguardarono anche il piazzale esterno
che venne trasformato in giardino dove furono messe a dimora
«belle conifere che procurano un aspetto bene intonato con l’edificio e col paesaggio».
Nella seduta del Consiglio d’Amministrazione del 10 novembre 1905 il consigliere anziano Alberto Pistilli rivolse un saluto al
204)C. Ziviello, Cenni storici, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di
Napoli…, cit., p. 54.
205) L’ultimo preside rettore fu Gerolamo Rozzolino (1900-1904) mentre il
primo preside del Liceo-Ginnasio fu Pietro Avogadro. In questo stesso
anno (Presidente del Consiglio Giolitti, Ministro della Pubblica Istruzione
Orlando) con legge n. 407 gli stipendi dei maestri vennero pagati dallo
Stato e non più dai Comuni.
206) C. Ziviello, Cenni storici, cit., p. 53.
161
rettore Luigi Patrocollo che, su sua richiesta, ottenne il trasferimento a Benevento, sua città natale.
Nel lasciare questo Istituto – affermava nel suo intervento il Rettore – nel quale io feci le mie prime prove della carica di Rettore
io posso con coscienza e con convinzione affermare che, sotto
tutti gli aspetti, moralmente, disciplinarmente ed economicamente le condizioni sono ottime: ma gran parte del merito, anzi
la massima parte è dovuta alle solerte ed intelligente coadiuvazione di tutti i membri del Consiglio nonché alla cooperazione
dell’economo, del censore e di tutti gli ufficiali del Convitto.207
L’8 agosto 1910 invece il rettore Antonio Giordano deliberò
la ridipintura dell’inferriata, che circonda il giardino davanti alla
facciata principale dell’edificio, che, non essendo stata mai dipinta da quando venne posta (anno 1900), è ridotta in condizioni
tali da essere poco decorosa per l’Istituto e la città.208
Cinque anni dopo, a seguito di una forte scossa di terremoto
che colpì tutta l’area centrale del Molise e la città di Campobasso,
anche il Convitto subì ingenti danni. Il 22 gennaio 1915 il Preside
del Liceo Vincenzo Laureani inviò questa lettera al Ministro della
Pubblica Istruzione:
In seguito alla relazione dell’ing. Cancellario che metteva in rilievo i nuovi danneggiamenti prodotti dal recente terremoto ai
locali del terzo piano del Convitto, credetti opportuno avvisarne
207) P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto Nazionale “M. Pagano”
di Campobasso, cit., p. 8.
208) Ivi, p. 11.
162
il Sig. Prefetto della Provincia. Egli con sollecitudine urgente
mandava l’ing. Ricciuti del Genio Civile a ispezionare minutamente i locali e a suggerire i provvedimenti da prendere a scanso
di eventuali disgrazie e di mia responsabilità. La relazione della
visita di cui accludo copia conferma i nuovi danneggiamenti pericolosi prodotti, già rilevati dall’ing. del Convitto, e suggerisce
l’immediato isgombro della V Squadra minacciata dal probabile
crollo della vecchia infermeria.
Seguendo il consiglio dei due ingegneri predominati, senza indugio, ho subito provveduto al trasferimento della V Squadra in
ambiente lontano dal corpo centrale su cui si eleva il detto terzo
piano e precisamente nell’antisala dell’Aula Magna e nella cappella attigua già adibita ad infermeria.
L’infermeria è passata nelle due piccole ex sale da scherma e da
bigliardo. Detti locali sono stati visitati regolarmente dal medico del Convitto il quale ha dato parere favorevole a condizione
che si provvedesse a riattare la vecchia latrina, alla imbiancatura
delle pareti ed alla chiusura a mattoni della porta di accesso al
corridoio della I Squadra.
A tutto ciò è stato da me provveduto con la più rigorosa sollecitudine. Entro domani sarà anche eseguito il lavoro di puntellatura
della voltina di cui è parola nella relazione dell’ingegnere e sarà
anche provveduto ad abbattere tutte le voltine del terzo piano che
presentano molteplici e gravi lesioni con minaccia di crollo …209
Lo scoppio della prima guerra mondiale scombussolò anche
la vita del “Mario Pagano” facendo per questo slittare nel tempo
i lavori di ristrutturazione. Il 7 giugno 1915 l’istituto fu requisito e destinato ad Ospedale militare di riserva.210 Il contratto
209) ACNMP, b. 31, f. 474.
210) Il “Mario Pagano” costituiva uno dei tre siti dell’Ospedale di riserva di
Campobasso nel quale, come scrive Massimo Vitale nel II volume I Mo-
163
col Genio militare di Ancona fu stipulato il 22 febbraio 1916.211
Terminata la guerra l’amministrazione dell’istituto intensificò le
trattative con l’autorità militare per la restituzione dell’edificio,
ma l’ordine fu posticipato per il ricovero nei suoi locali di numerosi infermi ed ex prigionieri rimpatriati. In questi anni difficili il rettore Cesare Ferrero tentò di mantenere vivo lo spirito
dell’istituzione ma, solo nel maggio del 1919, i locali furono
riconsegnati
com’è facile immaginare, in uno stato deplorevole, ma la benemerita amministrazione del Convitto provvide alla loro riattazione in modo così sollecito e lodevole che nell’ottobre di quello
stesso anno fu possibile riaprire l’istituto nei suoi locali rimessi
quasi completamente a nuovo.212
lisani e la Grande Guerra, (Campobasso, Enzo Nocera Editore, 2007,
pp. 257-261), vennero curati «centinaia di feriti e lungo degenti … ». In
esso vennero «di volta in volta ricoverati anche prigionieri austro-ungarici
feriti o ammalati». Ne furono direttori il maggiore medico Palombo, il
colonnello Caradonna, il tenente colonnello Domenico Cecchettani, il
maggiore Silvino Croce e, infine, il maggiore Giuseppe Del Vicario. Al
momento della sua chiusura il “Mario Pagano” ospitava decine di convittori i quali, nei tre anni di guerra, vennero trasferiti nei Collegi delle
province limitrofe. Diverse le feste che furono organizzate all’interno del
Convitto per alleviare le sofferenze dei soldati ricoverati.
211) Tra il 1916 e il 1917 Preside facente funzioni del “Mario Pagano” era
Nicola Scarano di Trivento, allievo di Francesco D’Ovidio, docente di
lettere italiane in vari licei d’Italia e autore tra l’altro di racconti, opere
letterarie e di critica. Morì a Campobasso nel 1942.
212) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario 1926,
anno V, cit., p. 7. Le fotografie un tempo decoravano l’Aula Magna del
convitto.
164
Del personale docente ed educante molti furono quelli chiamati alle armi. Diversi furono gli alunni ed ex alunni che caddero sui
campi di battaglia. Il 23 maggio del 1920, per iniziativa del rettore
Ferrero,213 il Convitto “Mario Pagano” fu
tra i primi d’Italia a rendere il dovuto omaggio ai suoi figli caduti
… Con grande solennità e con l’intervento delle autorità politiche, civili e militari, fu fatta la commemorazione dei caduti e a,
loro perenne ricordo, non solo fu murata una lapide214 portante i
gloriosi nomi, ma fu anche fatto eseguire l’ingrandimento fotografico di ciascuno dei 13 ex convittori caduti.215
Questo l’elenco dei caduti che comprende anche i nomi di coloro che sono ricordati nelle targhe e nei corridoi del convitto.
Assunto Amoroso, Giuseppe Bevilacqua, Giuseppe Bozza, Rodolfo Calogero, Mario Cancellario, Pierino Carusi, Pasquale Cinelli, Giovanni Colacci, Giovanni Colesanti, Francesco Cristinziani,
Pasquale D’Alessandro, Giovanni De Socio, Angelo Di Iorio, Francesco di Rienzo, Giustino di Toro, Pietrangelo di Zinno, Giovanni
Falciglia, Luigi Farrace, Giuseppe Fazio, Mario Frangipane, Paolo
Galasso, Alberto Gamberale, Alessio Grazioni, Scipione Giancola,
213) Il provvedimento era stato assunto dal Consiglio d’Amministrazione il 27
marzo del 1919.
214) Il testo della lapide che fu dettato dal professor Nicola Scarano era il seguente: «Ai giovani / Che in queste aule e nella grande guerra all’acciaro
nemico / Opposero la muraglia dei loro petti / Dando nell’atto del martirio
/ Il bacio supremo / Alla Patria salva e vittoriosa / Il “Mario Pagano” / Per
memoria e per culto / Pose / Questo ricordo / Con la scrittura dei gloriosi
nomi. Il dì 23 maggio 1920».
215) Dei 13 ingrandimenti fotografici oggi se ne conservano solo quattro.
165
Aristide Giovannitti,216 Cesare Legni, Domenico Mancini, Ugo Marsico, Vincenzo Mastrobuono, Ottorino Minni, Giustiniano Moccia,
Leopoldo Montini, Vittorino Nubbia, Pasquale Niro, Luigi Piccirilli, Silvio Pistilli, Carlo Pistilli, Domenico Rossi, Domenico Santangelo, Pasquale Schiavone, Vittorio Solla, Corrado Tata, Giustino
Toro, Enrico Tozzi, Giuseppe Teutonico, Michele Tiberio, Ernesto
Zullo, Manlio Maiorino, Venceslao Martino, Antonio Petrone.
L’avvento del fascismo,217 con la “riforma” Gentile e col suo
proposito di realizzare una scuola fortemente classista, provocò un
improvviso calo d’iscrizioni. Il numero degli studenti liceali infatti scese considerevolmente e questo segnò il fallimento del modello gentiliano. Con l’entrata in vigore della legge 1° settembre
1925 e la modifica dell’articolo 142 del Regolamento il Governo,
attraverso la nascita di scuole interne, tentò di restituire ai convitti
italiani da un lato, il loro originario carattere educativo-didattico,
dall’altro di farne, come ebbe ad affermare lo stesso Ministro della
Pubblica Istruzione Bottai «scuole del popolo e dello stato fascista;
del popolo che possa frequentarle, dello Stato che possa servirsene
per i suoi fini».218 Questo spiega anche l’istituzione da parte del regime di crociere premio annuali nel Mediterraneo per i convittori
che si distinguevano per profitto e buona condotta. Negli anni del
ventennio nel “Mario Pagano,” così come in altri istituti italiani,
la gioventù riceveva «un’educazione informata agli intendimenti
216) Fratello di Arturo anch’egli studente del “Mario Pagano”.
217) A partire dal 1924 fu abolito l’insegnamento della lingua francese ed introdotto lo studio delle lingue inglese e tedesca. In particolare per quest’ultima le lezioni vennero affidate a docenti di madre lingua come Germano
Theiner e Marta Deuringer.
218) G. Bottai, La carta della scuola, Milano, A. Mondadori, 1939, pp. 33-34.
166
del benemerito Governo Nazionale che sono quelli di formare dei
cittadini ossequenti alle leggi morali e civili e fedeli alle patrie
istituzioni».219 Il repertorio fotografico del Convitto di Campobasso mostra parate di ragazzi nelle divise delle organizzazioni giovanili dell’epoca, in pose atletiche e virili come esibizione di forza
e superiorità proprie del cittadino-soldato. A completamento della
cultura che ad essi veniva impartita vi erano
insegnamenti speciali di disegno, diritti e doveri, religione, musica, canto, ballo, scherma, ginnastica, esercizi militari, mirando
così a formare una generazione sana e forte, vivida di sangue e
d’intelletto, con animo leale, col cuore aperto a tutte le cose belle
della vita, coi sensi e le facoltà in mirabile equilibrio.220
Per tutti i convittori, inoltre, c’era l’obbligo di iscriversi alla
Croce Rossa Italiana Giovanile; quelli delle scuole medie presso
le unità dei rispettivi istituti scolastici, quelli delle scuole elementari presso l’unità del Convitto il quale era anche socio perpetuo
della Croce Rossa.
Gli
annuari e le cronache scolastiche nel periodo della fa-
scistizzazione.
I Convitti fucina dell’educazione di regime. Le
Dante (1921)
e per la commemorazione dei matematici campobassani Achille
Sannia e Nicola Trudi (1922). Il Convitto contribuisce alla
costruzione della Casa del Balilla e del Littorio. Le visite
celebrazioni per il VI centenario della morte di
219) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario 1926, cit.,
p. 8.
220) Ivi, p. 8-9.
167
del
Principe di Piemonte Umberto di Savoia (1934) e del segre-
tario generale del Partito Fascista Roberto Farinacci (1937).
Il Convitto centro propulsore delle manifestazioni culturali
La “Carta della Scuola” di Bottai. La seconda
guerra mondiale. La cronaca dei giorni di guerra nella relazione del rettore Raffaele Pastore. L’edificio centrato da
due granate di artiglieria. Il difficile periodo della ricostruzione e l’impegno del rettore Carlo De Nisco.
del regime.
Grazie ai vari Annuari che narrano le cronache scolastiche è
possibile ripercorrere quella che era la vita collettiva del Convitto
nel periodo della fascistizzazione e a quali manifestazioni civili,
patriottiche e culturali partecipavano i convittori.
Nell’Annuario dell’anno scolastico ‘28-‘29, ad esempio, si
legge:
Il 1° ottobre 1928 ebbe luogo nel salone del Convitto, presente
tutte le autorità locali e molte famiglie degli alunni, la cerimonia
inaugurale del nuovo anno scolastico con un magnifico discorso
del R. Provveditore agli Studi, comm. Mario Tortonese.
Il 28 ottobre fu solennemente commemorato il 6° anniversario
della Marcia su Roma.
Il 4 novembre tutti i convittori assistettero ad una Messa in suffragio dei caduti in piazza Municipio per iniziativa del podestà; l’11 dello stesso mese intervennero alla solenne cerimonia
d’inaugurazione di un busto a Francesco D’Ovidio.
Il 2 dicembre presenziarono nel Teatro Sociale alla premiazione
delle Piccole Italiane vincitrici nella gara nazionale di composizione.
Una numerosa rappresentanza del Convitto assistette il 6 gennaio
1929 alla celebrazione del 2° Befana Fascista ed il 31 dello stesso
168
169
mese partecipò alla cerimonia della celebrazione del VI annuale
della fondazione della Milizia.
Coll’intervento ad una conferenza tenuta il 3 febbraio nel Teatro
Sociale dall’Ufficiale Sanitario Capo dell’Ufficio Igiene del Comune fu confermata nella mente e nella coscienza dei convittori la
importanza dei precetti igienici e l’obbligo di metterli in pratica.
Il 17 marzo nel salone del Convitto gli alunni ascoltarono con
vero godimento intellettuale una conferenza dantesca tenuta
dall’on.le prof. comm. Michele Romano,221 ed il 21 dello stesso
mese nello stesso salone gustarono il 1° concerto musicale per
gli studenti medi.
Nel mese di aprile, il giorno 7, sempre nel salone del Convitto
godettero il 2 concerto musicale dedicato alla musica per arpa,
il 18 vi ascoltarono la fervida ed ornatissima parola del R. Provveditore agli Studi, comm. Tortonese, il quale parlò sul tema:
“L’Anima Italiana”, e dieci giorni dopo, cioè il 28, il 3° concerto
musicale dedicato alla musica per violino.
Il 21 aprile poi, tutti gli alunni presenti in Convitto intervennero
con la bandiera alla solenne cerimonia della III Leva Fascista
nella Caserma “Gabriele Pepe”.
Anche nel mese di maggio furono parecchie le manifestazioni
culturali alle quali parteciparono i convittori con grande beneficio della loro educazione intellettuale e morale. Il giorno 5 ebbero agio di ascoltare nel salone del Convitto una dotta conferenza
tenuta dal chiaro dantologo, cav. dott. Nicola Scarano sul tema:
“L’amore di Beatrice”;222 il giorno 19 un’altra conferenza dal ti221) Isernino, fu sottosegretario alla Pubblica Istruzione.
222) Nel 1921, in occasione del VI centenario della morte di Dante Alighieri, «fu
tenuto un ciclo di conferenze dantesche da parecchi tra i migliori cultori del
poema divino, quali: Nicola Scarano, Gaetano De Chiara, Luigi Pietrobono,
Nicola Zingarelli, Antonio Fradeletto e Francesco D’Ovidio. Una scultoria epigrafe dettata da questo illustre maestro – figlio del Molise e gloria
d’Italia – è murata nell’aula in ricordo dell’importante avvenimento». Essa
170
tolo: “La donna attraverso i tempi e nel Fascismo”, letta dalla
prof.ssa Corilla Anselmini, ed il giorno 22 ebbero la propizia occasione di ascoltare la calda parola del Padre Giovanni Seteria il
quale parlò loro della necessità dello Studio.
E poi da rammentarsi in modo particolare la gita istruttiva che,
come premio ai migliori alunni, bene organizzata dalla direzione
del Convitto, fu eseguita ilo 26 maggio avendo come meta uno
dei luoghi più storici della terra, cioè la celebre abbazia di Montecassino. Da tale gita, in cui ebbero agio di ammirare innumerevoli tesori di arte e di comprendere l’anima ultramillenaria della
grandiosa istituzione benedettina, gli alunni tornarono portando
in cuore il commosso e nostalgico ricordo di una visione di grandezza e di pace ineffabile.
Fra le cerimonie patriottiche a cui gli alunni parteciparono si ricordano particolarmente le riviste militari dell’11 novembre 1928 e
del 2 giugno 1929 nonché il corteo commemorativo del 24 maggio
in cui specialmente il plotone armato dei convittori si fece notare
per la serietà del contegno e per la correttezza del portamento.223
Patriottismo, propaganda e cultura sportiva caratterizzarono
dunque la vita del Convitto in epoca fascista che così come voleva
lo spirito del regime si proponeva come vera e propria «fucina
dell’educazione» molisana e italiana.
In questi anni, sulla scia di un’istruzione classista che attraverso
i simboli voleva consolidare sempre più la cultura di regime anrecita: «Nel sesto dei centenari della morte di Dante / Primo di essi che abbia trovato l’Italia / Unita finalmente sotto lo scettro di un solo Re / E libera
da straniero dominio / La gente molisana / Che più volte in quest’aula / Ha
celebrato il Divino Poeta / Si stringe più che mai alle altre italiane / Nell’inviare oggi alla tomba di Ravenna / Un palpito di devozione infinito».
223) R. Convitto Nazionale «M. Pagano» Campobasso, Annuario 1928-29,
anno VII, Campobasso, Casa Tipografico-Editrice Colitti, pp. 25-27.
171
che nella società civile, furono commemorati nel 1922 i matematici
campobassani Nicola Trudi e Achille Sannia e, nel 1925, l’abruzzese Giacomo Mola,224 professore di matematica dal 1862 al 1911.
Il ceto politico fascista riuscì ad accattivarsi senza particolari problemi anche il consenso del corpo docente. Quasi tutti gli
insegnanti confluirono nelle associazioni di categoria fasciste. Il
Preside del Liceo “Mario Pagano” Gino Cappelletti225 fu Segretario provinciale del gruppo fascista della scuola media. Oltre
agli insegnanti anche gli impiegati scolastici si allinearono iscrivendosi nell’Associazione Fascista del Pubblico Impiego. Il tesseramento nel “Mario Pagano”, tra docenti e impiegati, sfiorava
il 90 per cento delle adesioni e questo gratificava il Fiduciario
Provinciale dell’A.P.I. Giovanni Correra che il 30 dicembre 1936
riconosceva al personale del Convitto di aver «sempre servito
con fedeltà, con zelo, con rettitudine e con onore il Duce e la
Rivoluzione Fascista».226
224) Mola per due anni fu anche supplente di storia naturale subentrando al
professor Giuseppe Volpe che tenne la docenza dal 1862 al 1865. Giuseppe Volpe nacque a Vinchiaturo nel 1831, laureatosi in medicina all’Università di Napoli, coltivò, oltre agli studi scientifici, anche quelli letterari.
Compose numerosissime poesie (rimaste inedite) soffuse di «fine umorismo, eleganti nello stile, elevate e sobri nei concetti». Militò nelle file
mazziniane. Nel 1865 fu eletto deputato al Parlamento nel Collegio di
Campobasso. Volpe, insieme con gli altri due molisani di Blasio e Sipio,
fu tra i firmatari del coraggioso manifesto che portava la firma di Bertani,
Cairoli, Corte, Crispi, D’Ayala, Fabbrizi, Guerzoni, Nicotera, Pancioni ed
altri con cui le opposizioni denunciarono al paese le sregolatezze del Governo. Rieletto per la seconda volta alla Camera, Volpe, nel 1868, decise
di ritirarsi dalla vita politica. Morì a Sepino nel luglio del 1870.
225) Restò alla guida dell’Istituto dal 1926 al 1930.
226) ACNMP, b. 20, f. 407.
172
Nella seduta dell’11 aprile 1935 il Consiglio d’Amministrazione, su richiesta del Presidente del Comitato Provinciale dell’Opera
Nazionale Balilla e dell’onorevole Renato Ricci, Sottosegretario
di Stato per l’Educazione Nazionale,227 deliberò anche l’erogazione di un contributo di £. 150 mila per la costruzione a Campobasso
della “Casa del Balilla” considerato
che il costruendo edificio, ove quotidianamente deve svolgersi la vita delle giovani Camice Nere in questo capoluogo è
una necessità, perché la magnifica istituzione “Opera Nazionale Balilla” (la quale giustamente dal benemerito Governo
Nazionale è chiamata “la pupilla del Regime”), possa, anche
fra la gioventù molisana raggiungere gli alti scopi educativi
e sociali che si propone; tenuto presente che anche gli alunni
del Convitto potranno fruire dei vantaggi offerti ai giovani
dalla Casa del Balilla per mezzo delle palestre, piscine, sala
cinematografica, campo sportivo, ecc. con voto unanime delibera di dare un contributo che rappresenta il massimo sforzo
che possa fare l’istituto.228
Tre anni dopo il Consiglio d’Amministrazione «con grande
entusiasmo»229 deliberò all’unanimità anche un altro contributo
di £. 100 mila per la costruzione della Casa del Littorio.230
227) Il Ministero della Pubblica Istruzione diventò dell’Educazione Nazionale
con la legge n. 5 del 1929 (Presidente del Consiglio Mussolini, Ministro
dell’Educazione Belluzzo).
228) ACNMP, b. 8, f. 126.
229) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 218.
230) Nel 1931 il Consiglio d’Amministrazione aveva anche deliberato di concedere un contributo di £. 2000 per l’edificazione del Monumento ai Caduti di Campobasso.
173
Dopo quelle di Alessandro Martelli, Sottosegretario di Stato e
di S.A.R. Umberto di Savoia, Principe di Piemonte,231 nell’ottobre
del 1937 visitò il Convitto anche il segretario generale del Partito Nazionale Fascista, Roberto Farinacci232 che partecipò ad una
cerimonia per commemorare due ex alunni del “Mario Pagano”
Leopoldo Montini, di Campodipetra, caduto nel corso della prima
guerra mondiale ed Enrico Muricchio, di Portocannone, ufficiale
medico, morto in Somalia il 19 maggio 1936, entrambi medaglie
d’oro al valor militare.
Durante il ventennio la propaganda politica del regime fu intensa e il Convitto divenne centro propulsore di molteplici attività
culturali con manifestazioni che videro il costante coinvolgimento
anche dei convittori «giovani fascisti». Grazie al materiale esistente nell’Archivio del Convitto è possibile ripercorrere in maniera
puntuale alcuni degli avvenimenti più importanti che caratterizzarono l’anno scolastico 1937. Di seguito si riporta la trascrizione
cronologica dei documenti.
Fascio Giovanile di Combattimento
Comando comunale di Campobasso
18 gennaio 1937 - XV
Domani mattina, 19 c.m. sarà di ritorno in questo Capoluogo
il III reparto Salmeria, costituito da elementi Molisani, che ha
preso parte alla conquista dell’Impero.
È intendimento del sig. Comandante Federale che tutti i Giovani Fascisti residenti in questo Capoluogo si rechino a dare il
saluto cameratesco ai gloriosi reduci.
231) 27 maggio 1934.
232) Isernia 1892 - Vimercate (Mi) 1945.
174
Pregola pertanto voler disporre che i giovani fascisti di codesto Convitto si trovino domattina, in perfetta divisa, adunati
presso la sede di questo Fascio Comunale, alle ore 7.
Ho disposto che un Ufficiale si rechi dalla S.V. Ill.ma per prelevare i giovani stessi.
Partito Nazionale Fascista
Federazione dei Fasci di Combattimento
Campobasso
22 marzo 1937 - XV
Prego V.S. di voler intervenire alla inaugurazione del III corso
di Preparazione Politica per i Giovani, che avrà luogo nell’Aula
Magna del R. Convitto Nazionale “Mario Pagano”, alle ore 10,30
del 23 corrente – XVIII Annuale della Fondazione dei Fasci di
Combattimento – con una lezione del camerata Prof. Carlo Jannella, Preside del R. Liceo-Ginnasio “M. Pagano”, sul tema: “La
nuova coscienza imperiale della gioventù del Littorio”.
Il Segretario Federale
(Tito di Jorio)
Disposizioni per la celebrazione del I annuale della proclamazione dell’Impero
ore 9 del 9 maggio 1937 - XV
Alle ore 9, muovendo dalle rispettive sedi, tutte le Organizzazioni del Regime e tutte le rappresentanze si ammasseranno
come appresso specificato:
A)Piazza Savoia
Agli ordini del Comandante del Fascio Giovanile di Com-
175
battimento del Capoluogo si disporranno i reparti armati e
le rappresentanze seguenti: 1°) RR. CC.; 2°) R. Esercito;
3°) U.N.U.C.I.; 4°) R. Guardia di Finanza; 5°) Milizia ordinaria e specialità; 6°) O.N.B. (Reparti Armati); 7°) Fascio
Giovanile di Combattimento (armato).
B) Piazza D’Ovidio (Altezza Convitto “Mario Pagano”)
1°) Fanfara O.N.D.; 2°) Fascio di Combattimento; 3°)
G.U.F.; 4°) Famiglie dei caduti in Guerra (madri e vedove); 5°) Nastro Azzurro; 6°) Mutilati ed Invalidi di Guerra;
7°) Combattenti; 8°) Associazioni D’Armi; 9°) O.N.B. (disarmati); 10°) O.N.B.; 11°) Organizzazioni sindacali (Professionisti, Artisti ed Agricoltura – Industria – Artigianato
– Commercio); 12°) Unione sportiva; 13°) Scuole; 14°)
Società Operaia.
Le organizzazioni di cui alla lettera B) percorreranno il seguente itinerario:
Via Ferrari – Piazza della Maddalena – Piazza Prefettura –
ove sosterranno in attesa di S.E. il Prefetto che si disporrà alla
testa della colonna. La colonna proseguirà quindi per il Corso
Vittorio Emanuele III fino a Piazza della Vittoria.
I reparti armati presenteranno le armi a S.E. il Prefetto il quale deporrà una corona ai piedi del Monumento ai caduti. Sarà
ordinato con uno squillo di tromba un minuto di raccoglimento.
Indi si compirà il rito fascista dell’appello con la formula “Caduti per la grande Guerra, per la Rivoluzione, per l’Impero” – La
massa risponderà: presente!
Il quadrato dei reparti armati schierati attorno al Monumento
ai Caduti si addosseranno le diverse organizzazioni per ascoltare
la parola del camerata Avv. Alessio Rizzi incaricato di celebrare
l’Annuale ricostruzione dell’Impero.
Terminata la cerimonia col saluto al DUCE, le Organizzazioni
perfettamente inquadrate agli ordini dei dirigenti, si riporteranno
alle rispettive sedi con alla testa i propri labari ed insegne.
176
Gli iscritti alle Organizzazioni Fasciste indosseranno per tutta
la giornata le uniformi con decorazioni.
Gli iscritti al Partito dovranno prendere parte alla cerimonia
inquadrati nel Fascio; soltanto pochi potranno andare a costituire
le Rappresentanze di altre Associazioni.
Alla sfilata dovrà prendersi parte in divisa o quanto meno in
camicia nera, senza soprabiti e senza bastoni.
Il Segretario Federale
Il Vice Segretario (Salvatore Maggese)
Istituto Nazionale di Cultura Fascista
Sezione di Campobasso
1° giungo 1937 - XV
Ill.mo Sig. Rettore del R. Convitto Nazionale “Mario Pagano”
- Campobasso
Giovedì 3 giugno, alle ore 18,30, S.E. il Senatore prof. Michele Romano, trattando uno dei temi assegnati per l’anno XV
da S.E. il Segretario del Partito, parlerà su “Il Fascismo e l’Europa”.
Sarò grato alla S.V. Ill.ma se, continuando nella cortese collaborazione offerta a questo Istituto negli anni scorsi, si compiacerà di consentire che la conferenza suddetta abbia luogo nell’Aula
Magna di codesto R. Convitto.
Con molti cordiali saluti.
Il Presidente
Vincenzo Fraticelli
177
Richiesta dell’Aula magna per la conferenza del senatore Michele Romano
(1937) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano”
178
Istituto Nazionale di Cultura Fascista
Sezione di Campobasso
5 giugno XV
Ill.mo Rettore R. Convitto Nazionale “Mario Pagano” - Campobasso
Come stabilito nel calendario per il mese di giugno di questa federazione dei Fasci di Combattimento lunedì prossimo
7, alle ore 18,30, ripeterò il discorso, già detto a Pescara ed
Aquila, su “Spiriti Eroici nella Tragedia della nave di Gabriele
D’Annunzio”.
Sarò grato alla S.V. Ill.ma se vorrà consentire che tale discorso
abbia luogo nell’Aula Magna di codesto Convitto.
Fiducioso, saluto cordialmente
Il Presidente
(Vincenzo L. Fraticelli)
Istituto Nazionale di Cultura Fascista
Sezione di Campobasso
11 giugno 1937 - XV
Ill.mo Sig. Rettore del R. Convitto Nazionale “M. Pagano” –
Campobasso
In ottemperanza a quanto stabilito dal calendario di questa
Federazione dei Fasci di Combattimento per il corrente mese di
giugno, domani 12, alle ore 19, il camerata dott. Francesco Parrillo, trattando uno dei temi assegnati da S.E. il Segretario del
Partito parlerà su “Lo sviluppo dell’Italia Fascista: l’autarchia”.
Prego la S.V. di voler consentire che la suddetta conferenza
179
abbia luogo nell’Aula Magna di codesto R. Convitto.
Ringrazio e saluto cordialmente
Il Presidente
Fraticelli
Partito Nazionale Fascista
Federazione dei Fasci di Combattimento del Molise
Campobasso
29 ottobre 1937 - XV
Domenica, 31 corrente, avranno luogo le seguenti manifestazioni:
ore 9 – nella Cattedrale sarà celebrata una funzione religiosa
in suffragio dei caduti in Spagna.
ore 10,15 – nell’Aula Magna della Casa della Scuola, in occasione della “Giornata Mondiale del Risparmio”, il Direttore della
locale sede del Banco di Napoli consegnerà agli alunni bisognosi
e più meritevoli i libretti di risparmio offerti dall’Istituto.
ore 11,15 – nell’Aula Magna del R. Convitto “M.Pagano” il
camerata Carlo Jannella commemorerà i Legionari Italiani Caduti in Spagna.
Ore 12 – nell’Aula Magna del R. Convitto “M. Pagano”
saranno consegnati ai fascisti i brevetti della Marcia su Roma
recentemente concessi, e successivamente, a cura dell’Unione
Provinciale Lavoratori Agricoli, saranno consegnati ai mezzadri
e coloni i libretti di iscrizione alla Cassa Mutua Malattie.
È di prescrizione la divisa fascista con decorazioni.
Il Segretario Federale
Giuseppe La Monaca
180
Partito Nazionale Fascista
Comando Federale dei Fasci Giovanili di Combattimento
Campobasso
3 novembre 1937 - XV
Ill.mo Sig. Rettore del Convitto Nazionale “M. Pagano” di
Campobasso
Prego V.S. Ill.ma voler assegnare n. 4 convittori Giovani Fascisti che devono montare la guardia al Monumento ai Caduti,
domani, 4 novembre, dalle ore 16 alle 17.
I quattro giovani prescelti dovranno trovarsi al Distretto Militare alle ore 15,30 in divisa da GG.FF.
Il Comandante del Fascio
(C.M Florindo Filippis)
Tre anni dopo gli eventi precipitarono. Dopo la firma a Berlino
del Patto tripartito fra Germania, Italia e Giappone, Mussolini,
pensando di emulare i grandi successi dell’armata tedesca dichiarò
guerra alla Francia e all’Inghilterra e ammassò truppe sul confine
greco-albanese, tentarono di sfondare, ma furono respinte sia dalle
forze greche che da alcuni contingenti inglesi accorsi in loro aiuto.
L’irresponsabile leggerezza con cui fu condotta l’operazione contro la Grecia, l’ingente sacrificio di vite umane che essa comportò
diedero all’opinione pubblica italiana, anche più sprovveduta e
apolitica, l’adeguata misura della vacuità che si celava sotto gli
slogan del fascismo. Per interi lustri il regime si era vantato di aver
dato all’Italia disciplina e forza, ma tutti potevano ora vedere che
esso era solo riuscito a distruggere la libertà senza offrire alcuna
contropartita, contropartita che del resto sarebbe stata inaccettabile perché la libertà è il bene essenziale.
181
L’Italia si ritrovò quindi negli anni bui del secondo conflitto
mondiale le cui conseguenze segnarono, con alti e bassi, anche le
vicende del “Mario Pagano” di Campobasso le cui attività scolastiche e amministrative furono sospese il 5 giugno 1943.
Frattanto l’11 aprile del 1940 il Consiglio d’Amministrazione
per ordine ministeriale aveva deliberato la rimozione della cancellata di ferro antistante il Convitto. Nel 1941, su proposta del rettore Raffaele Pastore, aveva anche deliberato la richiesta di istituire
per l’anno scolastico 1943-1945 il Liceo Scientifico Parificato. Il
4 giugno 1943 era stata invece decisa la costituzione di un fondo
per una borsa di studio da intitolare al professor Nicola Scarano,
da pochi mesi scomparso, con un contributo di lire cinquemila.
Il 5 giugno 1943 il Consiglio d’Amministrazione tenne la sua
ultima seduta. Quello che accadde in seguito lo ricaviamo da una
accurata relazione del rettore Pastore conservata nell’Archivio del
Convitto (fu presentata nella seduta del Consiglio d’Amministrazione del 29 maggio 1945) la quale rivela che l’edificio fu bersagliato e centrato da due granate d’artiglieria che colpirono il tetto
danneggiandolo seriamente. I pochi convittori ancora presenti lasciarono l’Istituto nel settembre del 1943, anno in cui, in seguito
al crollo del fascismo, iniziarono ad essere disapplicate233 anche
le disposizioni della “Carta della Scuola”234 che il Ministro Bottai
presentò al Gran Consiglio del Fascismo nel 1939.
233) Tra il 1943 e il 1944 il Ministero dell’Educazione Nazionale riassunse il
nome di “Pubblica Istruzione”.
234) Il ministro Bottai mise a punto nel 1941 un progetto di riforma radicale di
tutta l’organizzazione scolastica per renderla finalmente funzionale al regime e parte integrante dello stesso. Ma la Carta Bottai non ebbe seguito:
il fascismo si era suicidato l’anno prima con l’entrata in guerra a fianco
della Germania.
182
Questa la cronaca di quei drammatici giorni.
I continui allarmi aerei, lo sfollamento dalla città, ed infine gli
avvenimenti bellici, che noi tutti abbiamo vissuti, non permisero
successivamente altre riunioni del Consiglio, i cui poteri scaddero
il 20 luglio 1944.
Il Convitto, già per buona parte il 5 agosto 1943 dal Comando
della Difesa Territoriale della Sicilia, per la installazione degli uffici, e di dormitori per ufficiali e sottufficiali, venne interamente
occupato il 19 ottobre 1943 dalle Truppe Canadesi, e derequisito
il 10 agosto 1944.
Dopo l’8 settembre 1943, gli Ufficiali e sottufficiali italiani
dell’anzidetto Comando Difesa Territoriale della Sicilia, si misero
in borghese o sbandarono, lasciando il Convitto, consegnarono al
sottoscritto, oltre 400 fucili e moschetti, n. 27 macchine da scrivere, n. 4 calcolatrici, n. 187 coperte, oggetti di vestiario, cassette di
sicurezza con cifrari e documenti segreti, viveri per circa 30 Q.li
e danaro.
Tutto fu salvato dalla predoneria tedesca e dal saccheggio, con mio
grave rischio; e, dopo il 15 ottobre, dopo la liberazione della città, riconsegnato al ricostituito Comando della Difesa Territoriale
della Sicilia.
Il 3 ottobre 1943 i tedeschi installarono in Convitto, fortunatamente per poche ore, un ospedale militare da campo; ciò dette loro
modo di asportare, nella fuga, n. 8 materassi di lana, n. 30 lenzuola, n. 18 cuscini di lana, n. 12 sedie, n. 2 tavolini di legno noce, n.
2 coppe d’argento e di bronzo. I tedeschi, con ordine della polizia
locale, ritirarono nei giorni successivi, un apparecchio radio ricevente e una macchina da scrivere del Provveditore agli Studi, per
non dare quelli del Convitto, più nuovi e di maggiore valore.
Il Convitto, mai da me abbandonato, nei mesi di settembre e di
ottobre 1943, fu sicuro e provvido asilo per Ufficiali e soldati
183
sbandati dell’esercito italiano, di passaggio per questa città; e nel
periodo di bombardamento delle artiglierie (10-22 ottobre 1943)
il ricovero antiaereo accolse numerose famiglie. I pochi convittori
presenti avevano lasciato il Convitto, negli ultimi due giorni del
mese di settembre. Nel periodo del bombardamento, due granate
di artiglierie colpirono il tetto, seriamente danneggiandolo, ed altre, scoppiarono nei pressi dell’edificio, produssero danni al giardino, ai vetri e alle finestre.
Le truppe alleate, occupato il Convitto, nelle prime ore del pomeriggio del 15 ottobre 1943, giorno seguente a quello della liberazione della città, pretesero l’uso incondizionato di tutto il
mobilio esistente, dei letti, della biancheria, degli utensili, oltre
la piena disponibilità di tutti gli impianti. All’atto della derequisizione dell’edificio, avvenuto il 12 agosto 1944, io ritornai
subito in Convitto, da dove ero stato sloggiato nei primi giorni
del gennaio. Alla consegna delle chiavi, fatta dal maresciallo di
P.S. Cav. Filesi, feci rilevare, attraverso un sommario esame, e ad
una breve relazione scritta, la mancanza della maggior parte del
mobilio. In seguito, con l’intervento di due ufficiali dell’esercito
italiano, in servizio presso la Commissione Requisizioni AngloAmericana, fu fatto l’accertamento dei danni dell’edificio e agli
impianti e della mancanza di mobilio, del che furono redatti regolari processi verbali. Con nota a parte, già inviata al Ministero
della Pubblica istruzione, è stato compilato l’elenco completo e
preciso di tutto ciò che non è stato più trovato in Convitto. Con
altra nota è stato fatto l’elenco di tutto il mobilio esistente.
Riavuto in consegna l’Istituto, mi diedi subito all’opera di ricostruzione per il nuovo anno scolastico. Non vi erano più letti, non
vi erano più materassi, né serrature, né lampadine elettriche: la
cucina era rotta, mancavano in tutto l’edificio oltre 500 vetri.
Sul mercato si trovava poco o niente da comprare, e quel poco, a
prezzi altissimi.
Con opera paziente ed alacre, alimentata da profonda passione per
184
l’Istituto, affrontai le gravi difficoltà; ed il Convitto poté essere
riaperto il 1° ottobre 1944.
Con circa 60 convittori, numero esiguo rispetto agli anni precedenti, fu possibile avviare la vita del Convitto.
La retta annuale venne graduata al minimo di £. 16.200 ad un massimo di £. 20.000.
Per provvedere ai primi bisogni, i più urgenti, fu necessario affrontare spese improrogabili.
Riparazioni al tetto, agli infissi, alle grondaie, agli impianti del
termosifone, della cucina, per £. 90.042.45. Acquisto di 20 tavolini da studio e 57 rete metalliche per £. 127.970, posate, bicchieri,
piatti, utensili da tavola e da cucina, stagnatura recipienti di rame,
ecc. per £. 34.086. Manifattura 14 telai da letto in ferro e 10 in legno; rattoppatura biancheria; acquisto 6 coperte £. 27.478 – acquisto lampadine elettriche, carbone, steariche, ecc. (dei circa 2.000
quintali di carbone coke, esistenti nell’atto dell’occupazione, furono trovati solo alcuni quintali di polvere) per una spesa complessiva di £. 75,281,25. In tutto, per un totale di £. 359,807,80.
Alle altre difficoltà si aggiunsero quelle: dell’approvvigionamen
to, non essendo rimasto più nulla delle provviste di viveri del Convitto, in seguito all’ordine perentorio dato dalle autorità inglesi, di
consegnare ogni cosa al locale Ospedale Civile - Cardarelli (come
da lettera ricevuta il 18 gennaio 1944).
Intanto dal 1° settembre 1939 l’economato era rimasto senza funzionari di ruolo, e senza personale capace; dal maggio 1942 in
Convitto, non vi era più vice-rettore, né istitutori di ruolo. Tutto il
lavoro gravò solo e sempre sopra di me, che feci del mio meglio,
perché le cose andassero nel migliore dei modi. Dal gennaio ultimo è qui il Vice-Rettore del Viscovo, funzionario retto e rigoroso:
dal febbraio il Vice-Economo Dott. Maio che, pur essendo all’inizio della carriera, dimostra volontà di fare; e dal marzo, l’Istitutore
di ruolo Dott. Ciofani.
Dopo lunghe pratiche, durate quasi dieci mesi, viene costituito
185
finalmente anche il Consiglio d’Amministrazione, formato di
onorevoli personalità, ricche di esperienza tecnica e di saggia
oculatezza.235
Al Consiglio, che io riunirò spesso, per averne, attraverso l’attività
deliberativa e consultiva, l’illuminato parere e il sereno giudizio,
spetterà di attuare il vasto programma di lavoro, per la risoluzione
di molte questioni e la sistemazione di varie pratiche che, in dipendenza dello stato di guerra, pur essendo state dibattute, sono
rimaste sospese o se ne è prorogato l’esame decisivo.
Il patrimonio del Convitto ha tuttora grande valore ed è piuttosto
esteso e vario. Il suo ammontare pone il Convitto al primo posto
fra i Convitti Nazionali d’Italia.
I rapporti con i terzi spesso creano contrasti d’interesse; sicché
l’esame delle singole questioni, la tutela del diritto del nostro Ente
e il decisivo intervento del Consiglio dirimeranno divergenze e
risolveranno contrasti e appianeranno questioni.
Tra i problemi più urgenti vi sono quelli riguardanti la vasta tenuta
“Cantalupo” e i diversi di fitto di terreni, tutti scaduti.
Per l’edificio del Convitto: urge la riparazione del tetto e alle
volte dell’ultimo piano, seriamente, danneggiati dallo scoppio di
due granate di artiglieria, nonché l’accertamento della staticità
dell’edificio stesso, in seguito all’aggravamento di alcune lesioni,
già esistenti, in muri e a volte, causato dallo spostamento d’aria dipendente dalla scoppio delle mine; l’organico del personale, istitutori e personale inserviente, con relativo trattamento economico.
Un particolare esame merita la situazione finanziaria economica
del Convitto.
Negli ultimi due anni è stato necessario sostenere spese che sono
andate aumentando senza che, peraltro, alle maggiori spese fos235) Il Consiglio, che restò in carica dal 1945 al 1948, era composto da Ferruccio Impallomeni, Michele Mastropaolo, Pasquale de Stefano, l’onorevole
Francesco Colitto e Pietro Fumarola.
186
sero corrisposte maggiori entrate, specialmente i contratti di fitto
stipulati in altri tempi, tutti in danaro, hanno reso poco. Il mancato funzionamento del Convitto nell’anno scolastico 1943-1944
ha inciso sul patrimonio per rimettere l’Istituto in condizione di
funzionare per l’anno scolastico corrente.
La retribuzione al personale inserviente ha assorbito il maggior
gettito del Bilancio per la corresponsione delle paghe al personale
richiamato alle armi; poi per il pagamento delle quattro mensilità
anticipate in una sola volta nel settembre del 1943, per cui si dovette ricorrere alla stipulazione di un’anticipazione sui titoli, per
l’aumento del costo della vita.
Tali necessità, congiunte a quelle di provvedere ai bisogni più urgenti per la ripresa della vita del Convitto, mi indussero a trattare
con il locale Banco di Napoli presso il quale il c/c era già allo scoperto. Con la vendita dei Buoni del Tesoro 5% seconda emissione
scadenza 1950 del valore nominale di lire 375.000, che rappresentavano investimento in danaro in cassa e non titoli in danaro, fu
possibile quindi estinguere anche l’anticipazione sui titoli stipulata
il 18 settembre 1943 che assorbiva notevoli interessi passivi.
I titoli al portatore rappresentano danaro in cassa investiti in titoli
per non tenerli in liquido. Tutti i titoli sia nominativi che al portatore sono depositati in custodia la Banco di Napoli nella città,
che esplica anche il servizio di cassa per il Convitto. Il Convitto
non ha deficit se si escludono le normali forniture, alcune delle
quali non sono state ancora pagate; ha invece da riscuotere quelle
di Bojano e Isernia, per gli anni 1943-1944. Gli esattori non hanno finora presentato i conti, quantunque venissero sollecitati. Ho
voluto riferire al Consiglio in una piuttosto rapida sintesi quello
che per il Convitto è stato fatto in circa due anni di eventi: ed ho
accennato ai problemi che si presenteranno nella nostra prossima
azione di amministratori …236
236) P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto Nazionale “M. Paga-
187
Il 6 agosto 1946237 il rettore Pastore fu trasferito al Convitto
Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Napoli. Il nuovo Rettore, il
molisano Carlo De Nisco,238 «persona di provata cultura, di nobili
sentimenti, di animo paterno con i suoi dipendenti e di carattere volitivo» si dedicò con energia alla «rinascita del Convitto»,
restando in carica fino al 1966, affrontando un periodo davvero
difficile in quanto la stessa istituzione convittuale si trovò a vivere
una profonda crisi d’identità col mutare dei tempi.
Nel 1948 De Nisco per fronteggiare la critica situazione finanziaria a seguito delle ripercussioni delle vicende belliche rivolse
un appello «ad Enti e cittadini abbienti» affinché contribuissero
«secondo le possibilità economiche, al riacquisto di quanto occorre al normale ripristino dei mezzi didattici essenziali per un Istituto
di Istruzione di secondo grado qual è il “Mario Pagano”». Anche il
Comune di Campobasso versò il suo contributo, 150 mila lire, che
aggiunto alle altre somme raccolte furono impiegate per l’acquisto
di lettini e sedie. Nel 1949 vennero riattivati i serbatoi dell’acqua
potabile, mentre nel 1950 fu lanciata una nuova raccolta di fondi
per l’acquisto di «sedie» destinate all’Aula Magna. Il 30 aprile
1952 finalmente il Convitto riscosse dallo Stato la somma di oltre
tre milioni di lire quale risarcimento danni per l’occupazione militare durante gli anni della guerra. I soldi furono immediatamente
investiti per la ristrutturazione dell’edificio i cui lavori si protrasno” di Campobasso, vol. III, cit., in ACNMP, b. 147, f. 1435.
237) Nel 1946 restavano funzionanti in Italia solo 33 convitti tutti più o meno
danneggiati dai bombardamenti e dalle spoliazioni ad opera delle truppe
di occupazione.
238) Istitutore di ruolo dal 1926 al 1931, Vicerettore dal 1938 al 1941 e Rettore
a Cosenza dal 1942 al 1946.
188
sero dal 15 giugno 1952 al 31 marzo 1953. Il “Mario Pagano”
dopo un relativo periodo di ripresa che fece anche registrare un
notevole aumento della popolazione convittuale239 improvvisamente ripiombò in uno dei suoi periodi bui perdendo «lentamente
ma irreparabilmente l’antico prestigio» come affermava il Rettore
in una relazione riservata inviata al Ministero della Pubblica Istruzione. Le cause per De Nisco andavano ricercate
nell’accettazione passiva di un andamento generale che aveva, attraverso sistematiche concessioni antiregolamentari, abbassato il
Convitto al livello di una modestissima pensione, nel totale rilassamento di tutti i servizi interni, nel perenne stato di agitazione
del personale non soddisfatto nelle più elementari esigenze, nella
carenza di sensibilità dei problemi della gioventù, nella mancanza
assoluta del senso dell’ordine e della pulizia, nella rassegnata e forse comoda adesione ad un indirizzo educativo di chi pur aveva il
dovere di porre freno al dilagare di una concezione che risolveva il
problema educativo con mezzi di ripiego e con condiscendenze che
mortificavano le coscienze e tradivano la fiducia delle famiglie.240
Una amara realtà alla quale De Nisco rispose con coraggio e prudenza, forza e pazienza, decisione e comprensione convinto che
bisognava avvicinarsi ai giovani e parlar loro un linguaggio nuovo, aperto, leale; far comprendere loro che volevamo essere vicini per sentire le loro ansie, per condividere le loro preoccupazioni, per raggiungere insieme mete comuni, per educare insieme,
per soffrire e gioire insieme; fu necessario instaurare una conce239) De Nisco riferisce il numero di 120 convittori e 280 alunni esterni.
240)P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto “M. Pagano” di
Campobasso…, cit., p. 1.
189
zione educativa che facesse intendere i veri valori della libertà e
dell’autonomia e nello stesso tempo il prestigio dell’autorità che
è dannosa se cieca e dispotica o se è imposta dall’alto ma essenziale se viene spontaneamente accetta come guida necessaria nel
difficile cammino del perfezionamento interiore …241
Finalmente nella prima metà degli anni Sessanta il Convitto
cominciò a respirare aria nuova. Scriveva De Nisco:
Sono soddisfatto dei risultati raggiunti: c’è senza dubbio un’atmosfera diversa; il Convitto ha riacquistato il suo vero volto anche se c’è qualcosa ancora da modificare e migliorare … La vita
del Convitto, oggi, è normale; eliminati tutti gli abusi, reso sereno
il suo andamento, placati gli animi del personale subalterno già
in perenne agitazione, curata la scelta del personale assistente,
stabilita la fiducia con le famiglie, ridata dignità e prestigio alla
Vice Direzione, resi concreti i principi della pedagogia moderna, esaltanti il valore della persona e dei suoi attributi, rinnovati
certi sistemi di governo che si richiamavano ad un passato ormai
fossilizzato, sensibilizzato le coscienze di fronte a problemi che
attendevano una soluzione con la concorde collaborazione di tutti, fatto intendere che in un Istituto di educazione tutto deve concorrere – uomini e cose – al raggiungimento dei fini che gli sono
propri, il Convitto ha riconquistato la simpatia di vasti strati della
società ed è oggetto di ammirazione quasi attonita in chi riteneva
impossibile il risveglio…242
Risveglio palpabile anche attraverso l’ammodernamento della
struttura con il rifacimento dei servizi igienici, dell’ingresso, della
241) Ivi, p. 2.
242) Ivi, p. 4.
190
portineria, dell’ufficio della vice direzione, della segreteria,243 del
viale,244 del giardino245 nonché con l’adeguamento di alcuni servizi fondamentali come il refettorio («esistevano ancora tavoli da
ospizi per pellegrini»), la cucina, la lavanderia,246 l’infermeria247 e
la foresteria.
De Nisco, nell’ambito della rinnovata azione educativa, riservò
particolare attenzione anche all’istruzione religiosa ritenendo che
se il bisogno dell’anima assetata di soprannaturale non venisse
soddisfatto verrebbe meno uno dei requisiti della persona umana.
Disporre l’animo – sosteneva De Nisco – a sentire nel fremito delle nascenti passioni, nei facili allettamenti del mondo la
243) «Esisteva» – riferiva De Nisco – «accanto alla Direzione, una stanza di
media ampiezza in cui venivano, in un pauroso disordine, ammucchiati
documenti, cartelle, bollettini ufficiali, libri e cose del genere; i muri erano anneriti, sugli infissi e sul tavolo era caduto uno strato di polvere alto
diversi centimetri, il pavimento era scomparso sotto il fango …».
244) I lavori furono eseguiti a spese del Comune.
245) I primi lavori di giardinaggio vennero eseguiti dagli alunni delle scuole
elementari i quali con vivo interesse curarono la piantagione dei fiori.
In seguito il Rettore ottenne dall’Ispettorato Forestale l’assegnazione «di
2380 piante di cui 2000 thuja per siepi e 380 piante ad alto fusto».
246) Nella sua relazione De Nisco, a tal proposito, scriveva: «Provvedevano
a lavare la biancheria del Convitto e quella di una trentina di convittori
due donne che settimanalmente ritiravano in guardaroba la biancheria
sporca per riconsegnarla pulita a fine settimana. La biancheria di altri
90 convittori era ritirata dalle singole famiglie che spesse volte, nel periodo invernale, non avevano la possibilità di rimandarla, determinando
il tristissimo fenomeno di ragazzi che, privi di capi di biancheria in
guardaroba erano costretti, qualche volta, a non cambiare la biancheria
intima per 20 giorni …».
247)«L’ispezione del dott. Amedeo Carra rilevò manchevolezze di grave
entità …».
191
voce della coscienza che dal di dentro insegna ed ammonisce,
è opera dell’educatore. La religione, specie per i fanciulli, non
è fatta di formule che possono parlare alla mente dell’adulto ed
evitargli dubbi ed errori, ma che spesso dicono assai poco o nulla
perché non parlano né al cuore né alla volontà … L’istruzione
religiosa deve creare convinzioni, suscitare effetti, stimolare la
volontà;la religione non chiede solo di essere conosciuta ma di
essere creduta e praticata … Oggi i giovani di questo Convitto
hanno vivo il senso religioso: ascoltano con devozione la Santa
Messa e si avvicinano frequentemente ai Sacramenti. Su tali basi
non è illusoria la speranza del miglioramento profondo e verace
dei giovani.248
Gli anni ‘60 e ‘70 e il declino dei Convitti. Il calo di iscrizioni
al “Mario Pagano”. Gli anni ’90: riparte la sfida. L’impegno
del rettore Aldo Barletta. L’attivazione del liceo scientifico ad indirizzo europeistico. La dimensione europea dell’insegnamento. Lo studio delle lingue. I viaggi d’istruzione. Il
Convitto centro di cultura, di aggiornamento e formazione
professionale. Il nuovo ruolo degli educatori e dei docenti.
I lavori di ammodernamento interno e il rifacimento delle
facciate esterne. La visita del Presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi (2002).
Con la legge n. 150 del 9 marzo 1967249 le scuole interne annesse ai Convitti nazionali divennero statali e i Rettori assunsero
248) C. De Nisco, Relazione riservata…, cit., pp. 45-46.
249) La legge 150 fu promossa dal deputato Luigi Chiazza, Rettore del Convitto di Prato e parlamentare che si impegnò energicamente per migliorare e
rilanciare in Italia il ruolo dei convitti e degli educatori statali.
192
la qualifica di Rettore-Preside. Gli anni ‘60 e ‘70 videro accentuarsi il declino dei Convitti che apparve irreversibile. In molte
province essi chiusero. Una spirale che coinvolse anche il “Mario
Pagano” di Campobasso il cui triste destino sembrava ineluttabile.
Tra gli anni ‘70 e ‘80 il liceo classico fu trasferito250 nel nuovo
stabile in contrada Vazzieri dove tuttora accoglie gli studenti di
Campobasso e dei comuni periferici. Anche la perdita del liceo
contribuiva ad un progressivo calo del numero di iscrizioni che
nel 1998, anno d’insediamento del nuovo Rettore / Dirigente scolastico Aldo Barletta,251 superava di poco i 250 alunni. In sostanza
quella che un tempo era stata una tra le più prestiogiose istituzioni
scolastiche del Molise era diventata solo una culla di ricordi, che
sopravviveva a se stessa, nel suo anonimo e malinconico presente,
senza alcuna progettualità per l’avvenire tanto che lo stesso Rettore, come ebbe più volte a rimarcare nei suoi primi anni di permanenza a Campobasso, si sentiva solo «tenutario di un monumento
250) Anno scolastico 1977.
251) Nativo di Amendolara, paesino del nord della Calabria, Aldo Barletta è
laureato in lingue e letteratura straniera. È stato vincitore del concorso a
cattedra per l’inglese, nel 1991 di quello per Vicerettore e nel 1998 per Rettore. Dal 1991 al 1998 è stato Vicerettore del Convitto Nazionale “Ruggero
Borghi” di Lucera dove è stato anche direttore del corso per l’abilitazione
al sostegno per docenti (biennale) organizzato dall’Università Tor Vergata
di Roma. È stato altresì docente di formazione professionale per dirigenti
scolastici e direttore di alcuni corsi di aggiornamento per insegnante elementare, media e liceo. Giornalista pubblicista dal 1990 ha collaborato con
il quotidiano «Roma» di Napoli, la «Gazzetta del Mezzogiorno» e «Città
Domani». Dal 1995 ha intrapreso un’intensa collaborazione con l’emittente privata Tele Foggia con servizi giornalistici e vari programmi. Dal
2009 collabora con Puglia Channel Sky per la quale cura la trasmissione
settimanale “Punto Verde” che affronta i problemi del mondo agricolo.
193
ai caduti». Di qui lo scatto d’orgoglio che l’ha portato a maturare,
giorno dopo giorno, quella volontà di riscatto concretizzatasi con
l’energico e ininterrotto impegno a voler trasformare quello che
era ormai solo un semplice «ricovero» per studenti in un polo educativo e formativo capace di dare al Molise una rinnovata classe
dirigente in un’Europa che avverte sempre più la necessità di poter
contare su nuove professionalità in grado di rispondere alle esigenze di un mondo in rapida evoluzione. Alla speranza è subentrata gradualmente la certezza dei fatti e oggi i dati, alquanto positivi, confermano questo percorso di rinascita. Nel corso degli anni
‘90 la popolazione scolastica del “Mario Pagano”, tra convittori e
semiconvittori, è aumentata notevolmente (attualmente il numero
sfiora i 650 alunni) come pure il numero degli istitutori (sono 33
rispetto ai 14 del 1998) e degli insegnanti passati dalle 10 alle
oltre 50 unità. Ma quello che maggiormente stupisce è che oggi il
Convitto occupa 160 dipendenti (l’organico comprende il Rettore,
i docenti, gli educatori, il direttore amministrativo, gli assistenti
amministrativi, i cuochi, i guardarobieri, il medico, l’infermiere, il
personale ausiliario con compiti di pulizia, di assistenza alla mensa e di custodia degli ingressi) con una ricaduta vantaggiosa anche
per l’economia locale. Un altro aspetto altrettanto rilevante dovuto
alla testarda volontà del rettore Barletta è stato quello di aver voluto aprire le porte del Convitto a tutta la comunità sostenendo, con
le sue indiscusse capacità di manager, le diverse iniziative culturali promosse sul territorio. Oggi la storica Aula magna (nel maggio
del 2002 ha ospitato anche il Presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi in visita istituzionale nel Molise) è frequentata
quasi quotidianamente da centinaia di persone che seguono corsi
di aggiornamento e formazione professionale, incontri scientifici
194
Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita al “M. Pagano”.
Ad accompagnarlo il rettore Aldo Barletta, il sindaco di Campobasso Augusto
Massa e altre autorità (2002)
195
e culturali. In essa hanno tenuto conferenze personaggi noti come
la regista Lina Wertmuller, l’attore Flavio Insinna, lo psichiatra
Paolo Crepet, i giornalisti del Tg1 Paolo Mastrolillo e del Tg5
Paolo Di Mizio solo per citarne alcuni. Il Convitto è diventato
in definitiva un autentico centro di cultura con esposizioni d’arte,
concerti musicali e manifestazioni di altro genere quali, ad esempio, le inaugurazioni dell’Anno Giudiziario della Corte d’Appello
e della Corte dei Conti.
Grazie alla rinnovata progettualità la comunità educativa accoglie oggi le scuole elementari, la scuola media e, dall’anno scolastico 2003-2004, il liceo scientifico con caratteristiche europeistiche252
che trae ispirazione dal trattato di Maastricht. I programmi del liceo,
intesi a sviluppare la dimensione europea dell’insegnamento e a favorire nei giovani la formazione di una coscienza europea, vengono
attuati nel clima di una costante e reciproca collaborazione tra alunni, docenti, educatori e genitori, con l’obiettivo di conseguire una
completa e solida formazione culturale attraverso l’acquisizione di
un metodo di studio valido ed efficace. Il Convitto, nel solco di una
lunghissima tradizione didattica e formativa, grazie sempre all’impegno del Rettore, è un ambiente formativo organizzato ed ordinato
con un personale, tra docenti ed educatori, di provata esperienza
le cui professionalità si distinguono e si completano per meglio rispondere alle esigenze di un mondo sempre più globalizzato ed articolato dove è necessario dare ai giovani valori certi di riferimento.
252) Questo particolare tipo di Liceo è stato considerato realizzabile soltanto
nelle scuole annesse alle istituzioni convittuali in quanto sono le uniche
a disporre delle strutture necessarie a realizzare il progetto. La sua istituzione nel “Mario Pagano” è stata fortemente voluta e sostenuta dal dottor
Giuseppe Boccarello, Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale.
196
L’Educatore, figura tipica dei Convitti, agisce oggi in qualità di «tutor» seguendo, orientando, indirizzando ed assistendo convittori e
semiconvittori in ogni loro attività. Il suo ruolo risulta fondamentale
nella pratica quotidiana quale
mediatore nei rapporti tra alunni e docenti, tra alunni e genitori
e docenti; il coinvolgimento responsabile e attivo di tutti i soggetti interessati alla formazione. L’azione educativa è finalizzata alla formazione e all’educazione integrale degli alunni semiconvittori e convittori; mediante l’opera di guida e consulenza
nelle attività di studio, inoltre l’educatore promuove e organizza tutte le iniziative a carattere culturale e ricreativo, cura i rapporti con i genitori dei convittori e semiconvittori, assistendoli
in ogni momento della vita del Convitto. Il piano delle attività
connesse alla funzione educativa deliberato dal Collegio educativo, si armonizza e si integra con la programmazione didattica deliberata dal Collegio dei docenti. In particolare l’azione
educativa, mediante l’opera di guida e consulenza nell’attività
di studio, la promozione e l’organizzazione di tutte le iniziative a carattere culturale e ricreativo, è finalizzata alla formazione e all’educazione degli alunni convittori e semiconvittori.
All’interno del piano educativo sono specificati la formazione
e la composizione dei gruppi, la programmazione settimanale,
l’orario di servizio, le finalità educative ed i criteri e le modalità di incontro con i genitori, con i quali il personale cura i
rapporti. Relativamente ai bisogni educativi dell’utenza e nel
rispetto dell’educazione integrale ed interculturale, il Collegio
educativo indica i seguenti obiettivi di carattere interdisciplinare attinenti sia la sfera sociale che quella emotiva ed affettiva e
programma attività che promuovono negli allievi.253
253) Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Napoli, Annuario scolastico 2002-2003, pp. 6-7.
197
Ogni alunno, sin dall’ingresso nella scuola elementare ha la
possibilità di essere guidato fino alla maturità attraverso un percorso di studi che offre il coinvolgimento in attività extrascolastiche
minuziosamente programmate che caratterizzano e differenziano
il Convitto da tutte le altre istituzioni scolastiche quali le «attività
aggiuntive» che comprendono, ad esempio, corsi di computer o
le «attività integrative» che consentono la partecipazione a progetti adottati dalla varie scuole di ogni grado, la partecipazione ai
giochi sportivi studenteschi come le Convittiadi, l’attività teatrale,
quella musicale nonché i viaggi d’istruzione e gli scambi culturali
con altre scuole europee che hanno come finalità l’apprendimento
delle lingue straniere (tra il personale vi sono anche docenti madrelingua) degli stati membri della comunità europea e il miglioramento della conoscenza della storia dei popoli europei.
In piena autonomia il Convitto offre agli studenti una serie di
servizi a partire da quello di refezione con cucina propria e con
pasti che vengono preparati da esperti cuochi interni sulla scorta
di una dieta alimentare bilanciata stabilita con la collaborazione
del medico del Convitto e dei genitori ai vari laboratori didattici,
sale per le attività ricreative, palestra coperta, biblioteca, servizio infermieristico e di controllo sanitario, guardaroba, servizio di
portineria diurno e notturno.
Negli ultimi anni, sempre per iniziativa del Rettore e del Consiglio d’Amministrazione,254 sono stati eseguiti vari lavori di ma254) Ne fanno parte i consiglieri professor Gennaro Carlone e il dirigente scolastico Francesco Fasciano quali rappresentanti del Ministero della Pubblica Istruzione, il dirigente scolastico Piero Pontico per la Provincia di
Campobasso, il ragioniere Gennaro Di Anna D’Anchise per il Comune di
Campobasso, la dottoressa Michelina Presutti per l’Agenzia delle Entrate
198
nutenzione e recupero di alcuni locali per adeguare il “Mario Pagano” alle vigenti norme di sicurezza e per rendere la struttura più
funzionale ed accogliente. In particolare i lavori hanno interessato
la completa tinteggiatura di aule e corridoi nonché la sistemazione
della portineria, mentre al secondo piano l’intervento ha riguardato l’intera ala che ospita gli alloggi dei convittori con il rifacimento dei servizi igienici e delle camerette tutte dotate di nuovo arredo. Ma l’intervento più importante, utilizzando risorse regionali, è
stato senz’altro quello del totale restauro delle facciate esterne che
hanno restituito non solo all’edificio, ma all’intera area del centro
urbano del capoluogo dove esso sorge, dignità e decoro. In programma c’è ora la costruzione della “palestra dell’orto” con altre
10 aule nonché il recupero e la trasformazione, nell’ala nord, di
un sottotetto di 1000 metri quadrati dove saranno realizzati spazi
multimediali e ricreativi oltre ad alloggi per accogliere per la prima volta nell’istituto anche le convittrici. È un segnale inequivocabile della rinnovata progettualità e forza che accompagna questa
antica istituzione verso il futuro nella profonda consapevolezza
che solo coniugando come sosteneva il rettore De Nisco «i moti
del cuore con la luce dell’intelletto» si riuscirà a consolidare il
ruolo di scuola «a tempo pieno» per meglio rispondere a quella
che è un’esigenza sempre più avvertita non solo nella realtà locale
ma, più in generale, in tutta la regione. È proprio in quest’ottica
che, in definitiva, s’inquadra l’impegno del rettore Aldo Barletta il
quale nel corso di questi ultimi anni ha operato nella convinzione
di poter restituire al Molise e ai molisani parte di un comune passato attraverso il quale costruire il domani; un domani che ponga
e la dottoressa Stefania D’Abramo, Direttore dei Servizi Generali Amministrativi, in qualità di segretaria economa.
199
sempre più al centro la formazione dei giovani nella certezza di
saperli accompagnare – come ama spesso ripetere – nel difficile cammino del perfezionamento umano e sociale. Giovani che
dovranno sentirsi orgogliosi di essere stati studenti di un’antica
istituzione qual è il “Mario Pagano” la quale, da semplice «culla
dei ricordi», si è saputa trasformare in un moderno college capace
di formare le coscienze dei cittadini dell’Europa del domani.
200
Rettori del Real Collegio Sannitico e del Convitto Nazionale
“Mario Pagano” di Campobasso dal 1817 al 2009
1) Rettore Sac.
2)
“
3)
“
4)
“
“
5)
6)
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7)
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8)
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12)
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13)
“
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“
15)
16)
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17)
“
“
18)
19) Preside-Rettore
20)
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21)
“
22)
“
23)
“
24)
“
25)
“
26)
“
27) Reggente
28)
“
29)
“
Alessandro Dell’Erba
Innocenzo Presutti
Dionisio Orofino
Antonio Scotti
Andrea Amato
Domenico Parenti
Costantino Nardone
Carlo Rossi
Liborio Manca
Tommaso De Rosa
Liborio Manca
Vincenzo Bria
Michelangelo Ressetti
Vincenzo Bria
Francescantonio Cundari
Barnaba Tacchi
Berardo Palombieri
Raffaele Vecchierelli
Vincenzo Gamberale
Eraclio Ferreri
Gabriele Valente
Luigi Lace
Fortunato Trombone
Gianvincenzo Belsani
Pietro Gambera
Giuseppe Chiaia
Luigi Moschettini
Raffaele Negri
Tullio Ronconi
1817-1821
1821-1822
1822
1822-1823
1823-1828
1828
1829-1839
1839-1840
1840-1841
1841-1842
1843-1844
1844-1845
1845-1847
1847-1850
1850-1854
1854-1856
1857-1860
1860-1862
1863-1867
1867-1868
1868-1872
1873-1879
1879-1885
1885-1886
1886-1889
1889-1892
1892-1893
1893-1894
1894-1897
201
30)
“
31)
“
32) Rettore
33)
“
“
34)
35)
“
36)
“
37)
“
38)
“
“
39)
40)
“
41)
“
42)
“
43)Rettore Reggente
44)
“
45)
“
46)
“
47)
“
48)
“
49)
“
Luigi Gamberale
Gerolamo Rozzolino255
Luigi Patrocollo
Raffaele De Rogatis
Francesco De Giacomo
Antonio Giordano
Cesare Ferrero
Raffaele Pastore
Carlo De Nisco
Francesco Tescione
Nicolino Ruotolo256
Giuseppe Tortora D’Amato257
Nicolino Ruotolo
Matteo Falcone258
Vincenzo Della Fera 259
Matteo Falcone260
Giuseppe Tortora D’Amato261
Vincenzo Della Fera262
Giuseppe Tortora D’Amato263
Matteo Falcone264
1897-1900
1900-1904
1904-1905
1905-1908
1908-1910
1910-1915
1915-1938
1938-1946
1946-1966
1967-1970
1970-1971
1972
1972-1973
1973
1973-1974
1974
1974-1976
1976
1976-1977
1977-1978
255) Dal 1901 la qualifica di Preside e quella di Rettore vennero disgiunte. Nel
Convitto di Campobasso la disposizione fu applicata a partire dal 1904.
Dall’elenco sono esclusi i presidi del Liceo-Ginnasio.
256) Fino al 31 dicembre 1971.
257) Dall’1° gennaio 1972 al 27 giugno 1972.
258) Dal 1° ottobre 1973 al 10 novembre 1973.
259) Dall’11 novembre 1973 al 31 agosto 1974.
260) Dal 5 settembre 1974 al 30 novembre 1974.
261) Dal 1° dicembre 1974 al 2 ottobre 1975 e dal 31 dicembre 1975 al 25
febbraio 1976.
262) Dal 26 febbraio 1976 al 15 giugno 1976.
263) Dal 24 giugno 1976 fino al 19 settembre 1977.
264) Dal 19 settembre 1977 al 9 settembre 1978.
202
50)
“
51)
“
52)
“
“
53)
54)
“
55) Rettore
56)
“
“
57)
58) Rettore Reggente
59) Rett./Dirig. scol.
Salvatore Perniciaro265
Enrico Mancino
Salvatore Perniciaro
Felice Scioli266
Pasquale De Lisa267
Leonardo Di Dedda
Filippo Iaquinto
Felice Sasso268
Pasquale De Lisa269
Aldo Rocco Barletta
1978-1979
1979-1981
1981-1982
1983-1984
1985
1985-1992
1992-1993
1993-1998
1998
1998-……
265) Dal 10 settembre 1978 al 9 settembre 1979.
266) Fino al 30 settembre 1984.
267) Dal 1° ottobre 1984.
268) Dal 1° settembre 1993 fino ad aprile del 1998.
269) Da maggio ad agosto 1998.
203
L’Aula magna del Convitto, centro di molteplici iniziative culturali
204
Contributi
205
206
Simonetta Tassinari
Il Convitto come ideale educativo
alla prova dei secoli
207
208
La tradizione
Ogni scuola è un’istituzione sociale, di speciale natura, nella
quale la conoscenza del mondo avviene in un orizzonte determinato dalla tradizione, dalla cultura dell’epoca, dall’ambiente circostante, e, in tempi moderni, anche dalla legislazione in vigore. Un
“Convitto” è qualcosa di più: una forma d’insegnamento comunitario che si avvale della convivenza e della condivisione tra i suoi
membri per realizzare più efficacemente le finalità dell’educazione.
Il termine stesso, in latino Convictus, dal verbo convivere, “vivere,
pranzare insieme” rimarca l’esistenza di una collettività che si riconosce come un piccolo sistema, in quanto portatrice di valori, o
di interessi, che la differenziano dallo spazio esterno. La nascita di
comunità intellettuali chiuse, nelle quali la spartizione del cibo, del
sonno e di ogni momento della giornata rinsaldano la fedeltà dei
propri componenti, deriva, nel lontano passato, dall’elitaria concezione della conoscenza come ascesa a verità non a tutti accessibili.
Il più antico “Convitto” di questo tipo del quale si abbia notizia in
Occidente è la scuola pitagorica, fiorita in Magna Grecia nel VI
secolo a.C.: un centro studi di elevatissimo profilo, aperto anche
alle donne, che si proponeva l’approfondimento delle discipline
209
matematiche e insieme una completa rigenerazione dell’individuo,
alla luce della vita contemplativa. Non diversi gli scopi generali
dell’Accademia platonica, inaugurata ad Atene nel 388 a.C.: una
scuola di alta specializzazione politica, e perciò stesso etica, per
formare le future classi dirigenti e sopperire ai drammatici bisogni
di una città, come la capitale dell’Attica, allora in forte decadenza.
Anche l’insegnamento impartito nel “Giardino” (Kepos) di Epicuro
di Samo, fondato nel 307 a.C., richiedeva una sede non itinerante,
piuttosto una casa comune nella quale vivere e apprendere, riflettere e discutere. L’ideale che soggiace a queste antiche istituzioni,
malgrado le evidenti differenze di contenuti, è pressoché invariato:
la convinzione che l’educazione, la formazione e la trasmissione
del sapere siano così preziosi che, per il raggiungimento di esse,
occorra assicurare all’individuo la forza di una intera comunità che
ne possiede e ne approva i valori. L’insegnamento medievale trapassa dalle scuole cattedrali alle Universitates, mentre la pratica
educativa si allontana dallo schema comunitario; la specializzazione del sapere e gli spostamenti degli studenti e degli stessi maestri
impediscono, a lungo, la riproposizione di uno schema che sembra
insufficiente e inadatto ai tempi. In Età umanistica sorge e si diffonde nuovamente l’idea che l’ammaestramento si giovi della comunanza degli interessi tra docenti e discenti. Così in Vittorino da
Feltre (1373?-1446), che intese fondare sulla didattica, i contenuti
e la formazione cristiana i convitti che aprì a Padova e a Venezia e
la stessa celebre “Ca’ gioiosa”, nei pressi della corte di Mantova.
La moderna rinascita dell’istituzione convittuale si colloca tuttavia in piena età controriformistica, nel secolo XVI, ad opera dei
Gesuiti, quando occorre ricostruire un tessuto, religioso ma anche
culturale, intaccato dalla Riforma protestante.
210
La Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola e riconosciuta dalla Chiesa nel 1540, stabilisce che l’educazione non può
non essere anche religiosa, essendo la salvezza dell’anima, nei canoni dell’ortodossia appena fissata dal concilio di Trento, l’obiettivo precipuo. Destinatari privilegiati dei convitti dei “Soldati”
della Compagnia di Gesù sono i giovani della nobiltà o di buona
famiglia; la forma residenziale dell’insegnamento è necessaria per
abituare alla regole e al rispetto degli orari, favorire un’armonica
condotta di vita, fornire supporto e soccorso nelle diverse necessità quando le proprie forze, da sole, non bastano. La Compagnia
di Gesù viene soppressa nel 1773, e i Convitti gesuitici seguono
sorti differenziate: alcuni confluiscono in ordini religiosi dediti
all’insegnamento, altri nelle amministrazioni locali o nello Stato.
Nel mentre, la ricerca pedagogica avanza; la cultura non è più quasi solo esclusivamente letteraria, come affermato dal precedente
indirizzo umanistico dell’educazione. Il Razionalismo secentesco
inserisce stabilmente le scienze esatte nell’insegnamento, e l’Empirismo di scuola inglese, benché soprattutto in ambito anglosassone, affianca a esse le scienze sperimentali; quelli che, con termine
moderno, chiamiamo “programmi”, si completano e si avvicinano
alle odierne discipline di studio. Man mano che la vicenda temporale procede, vengono forgiate nuove interpretazioni del concetto stesso di educazione. Durante l’Illuminismo la formazione
individuale è in primo piano, e soprattutto un philosophe sia pure
per molti versi atipico, come Jean-Jacques Rousseau (1712-1778),
si sofferma sull’evoluzione e la crescita spirituale e culturale del
giovane. Sebbene egli appaia contrario a un’educazione comunitaria, enumerando, nell’Emilio, i vantaggi di un insegnamento rispettoso della personalità dell’alunno, “naturale” e possibilmente
211
impartito vis à vis da un unico maestro, l’influsso del pensatore
ginevrino non può non farsi sentire, oltre che nella pedagogia in
generale, anche in istituzioni formative quali i Convitti. Il concetto maggiormente ripreso da questi ultimi è quello della «libertà
ben guidata»: rendere «mite e docile» il giovane, avrebbe detto il
Rousseau, significa fare in modo che il vizio non attecchisca in lui,
favorendone lo sviluppo della facoltà di pensiero.
Tra Settecento e Ottocento il termine “convitto”, spesso sinonimo di “collegio”, indica, in Italia, diverse realtà : opere assistenziali a cura dei governi o di ordini religiosi, istituti di formazione
militare, educandati, vere e proprie scuole residenziali. A cavallo
della rivoluzione agisce lo svizzero Pestalozzi (1746-1827), convinto che i principi pedagogici vadano posti al servizio non solo
dei nobili, ma anche del popolo; gli si devono istituti d’educazione
per i ragazzi più poveri, ai quali si offrono alloggio, mantenimento e istruzione. Sull’onda della Grande rivoluzione, e delle teorie
pestalozziane, in età napoleonica i convitti assumono, in generale,
un fine assistenziale. Gestiti da religiosi in seguito al Concordato,
essi si propongono tuttavia degli scopi “laici” quali la comprensione dei legami della società, la maturazione e la crescita della
persona, in una logica più ampia che supera la passiva ricezione
di nozioni. La Restaurazione li eredita con poche varianti; è di
questi anni la permanenza di Giuseppe Mazzini (1805-1872) nel
Collegio Reale di Genova (divenuto, in seguito, Convitto Nazionale “C. Colombo”).
Il Real Collegio Sannitico di Campobasso è fondato da Ferdinando IV di Borbone con Decreto del 12 marzo 1816 n. 299, inaugurato il 16 novembre 1817. Per tramite dei Reali Collegi si mira,
in reazione all’esperienza rivoluzionaria, a un rafforzamento dei
212
valori tradizionali messi a dura prova, e alla costruzione motivata
di una fedeltà politica e di una visione gerarchica della società che
vivifichino l’apprendimento, a largo raggio letterario, che vi viene
impartito. In conformità con le direttive del Congresso viennese,
che, opponendosi a una disgregazione della società tradizionale –
così come accaduto nell’età rivoluzionaria – avverte e apprezza la
funzione cementatrice della religione, in ogni Collegio troviamo
la presenza stabile di un religioso, e religiosi sono, per lungo tempo, i Rettori.
Con l’avvento dell’Unità d’Italia l’esigenza prioritaria è quella di un’educazione “nazionale” che promuova nei giovani una
coscienza d’italiani nel convincimento di appartenere a una sola
patria, idea ancora fragile e incerta. Il ministro Casati afferma
espressamente (1860) che «L’istituto può soprattutto e deve avviare e diffondere quella specie di educazione che suolsi chiamare nazionale»1 e il primo articolo del Regolamento specifica
che occorre «infondere negli allievi un amore immenso alla Patria italiana». Tale il motivo dell’aggiunta alla parola Convitto
dell’aggettivo “nazionale”, che ancora oggi mantiene. La seconda metà dell’Ottocento rappresenta un’epoca felice per i Convitti
nazionali italiani, e il nostro, tra gli altri, acquista un’eccellente
nomea molto al di fuori dei confini dell’Abruzzo-Molise. Tra il
1884 e il 1898 il numero complessivo dei convitti nazionali passa da 29 a 43; ferrea e quasi militaresca la disciplina alla quale
sono tutti improntati. «V’ha l’andamento e lo spirito militare, il
solo che ottenga l’obbedienza … con verecondia ordine e pre1)
C.F. Bissanti, Leggi- Decreti- Regolamenti- Circolari e Istruzioni varie
riguardanti i Convitti nazionali nel Regno dal 1859 a tutto il 1899, Relazione del ministro al re, Taranto, 1900, p. 13.
213
cisione, senza minuzie puerili o monastiche»2. Vi si coltivano
l’uso della lingua italiana (i Rettori sono chiamati a impedire che
gli alunni parlino tra loro in dialetto), l’obbedienza, l’esercizio
delle virtù civiche e fisiche. La contemporanea avanzata delle
ideologie socialistiche, avvertita come un pericolo per l’ordine
societario, impone ancora, di nuovo, la formazione di una «classe scelta» affidabile, cosciente di sé e di quello in cui crede. Ed
ecco che i convitti tornano a rappresentare un baluardo contro il
disordine: sembra che la vecchia ambizione controriformistica
di costruire un’isola alla quale affidare la trasmissione di valori
rimanga, costantemente, una loro original position. Il Rettore,
in questi anni, «controlla, veglia, vigila», letture e passatempi
dei convittori compresi; ascolta le lezioni dei suoi professori, è
spesso presente nelle aule. L’opinione pedagogica prevalente è
che l’alunno sia passivo, e debba soltanto apprendere: quasi un
«sacco vuoto» come direbbe K. Raimund Popper (1902-1994),
o un «secchio bucato dove l’insegnante riversa il suo sapere»,
per usare le parole di J. Dewey (1859-1952). La competizione
è incoraggiata, non si lesina sui riconoscimenti e sui premi, le
punizioni sono severe; una pedagogia “dello sforzo”, e, insieme,
una preparazione solida e letterariamente raffinata, rappresentano la norma generale. Ginnastica, scherma, tiro a segno forgiano
i corpi; le azioni sono guidate in modo coerente e continuo; i
Convitti, e il nostro in particolare, si configurano, oltre che come
agenzie culturali, come i luoghi privilegiati dove si coltivano e si
preparano i modi di vivere delle future persone rette.
2)
214
C.F. Bissanti, op. cit., p. 14.
Fin de siècle e Novecento
Il congresso di Vienna è ormai lontano e lo Stato italiano è in
rotta con quello della Chiesa; con il Regolamento del 1898, alcune
importanti novità sono introdotte nei Convitti nazionali. L’istruzione religiosa è affidata a un sacerdote esterno, che non ha potere direzionale nella vita dell’Istituto; si persegue una certa laicità
dell’istruzione, e gli alunni non cattolici possono essere istruiti
nella loro fede, sebbene a carico delle famiglie. Primo articolo del
nuovo Regolamento è: «I Convitti nazionali hanno per fine di dare
ai giovani una educazione atta a renderli cittadini virtuosi, colti
e forti». È un’Italia umbertina, durante la quale lo stesso Gabriele D’Annunzio (1863-1938) si forma in un Convitto nazionale, il
glorioso “Cicognini” di Prato. Con il giungere dell’Età giolittiana,
la maturazione di una coscienza nazionale non preoccupa più; non
si costruiscono altri Convitti nazionali, e nel 1910 il loro numero,
43, è il medesimo del 1898. Molte le domande di ammissione che
giungono al “Mario Pagano”, in parte inevase per mancanza di posti. A livello nazionale sorgono problemi per il reclutamento degli
istitutori; i posti in organico sono in tutto 200, insufficienti per le
esigenze di servizio, tanto che si diffonde la figura dell’istitutore
precario e nascono gl’incarichi annuali per l’istitutore provvisorio
(1909) e l’istitutore tirocinante (1911). Si tratta sovente di studenti, alloggiati ma non stipendiati, e il loro numero cresce a dismisura; nel 1922 i precari sono più numerosi degli istitutori di ruolo.
Con la Riforma Gentile, del 1923, e nell’ottica di una scuola
che distingue profondamente i corsi di studio superiori, il Ministro non accresce il numero dei Convitti nazionali; preferisce un
potenziamento di quelli già esistenti, come sostegno dell’indirizzo
215
classico da privilegiare. Uno stato etico, come quello prefigurato
dall’opera del filosofo, non può, d’altra parte, che avocare a sé
l’educazione, in specie in istituzioni che portano l’appellativo di
“nazionale”. Gli istitutori vengono reclutati per concorso pubblico
e sono tenuti a sostenere un anno di prova, dopo di che diventano
effettivi; il loro status personale migliora, il servizio prestato nei
Convitti è considerato pari a quello prestato nelle scuole medie,
e viene riconosciuta, infine, la loro funzione docente. Basilare è
il «Regolamento» dei Convitti nazionali del 1925.3 Vi si afferma
che i convittori vanno educati al senso della responsabilità e della dignità individuale, al culto della famiglia e della patria; ogni
Convitto deve esporre la bandiera nazionale, e l’eroismo è stimolato «dal nome di un antico alunno del Convitto che sia caduto in
guerra». Malgrado tutto, negli anni Trenta l’istituzione subisce un
appannamento, a livello nazionale più che locale, e si inizia a parlare di crisi dei convitti.4 La crisi è forse dovuta anche al fatto che
il fascismo ha avocato a sé molte attività un tempo di pertinenza
3)
4)
216
I Convitti nazionali sono regolati dagli artt. 118 e segg. del R.D. 6 maggio
1923 n. 1054 e approvato con R.D. 1 settembre 1925 n. 2009. «Sono istituti statali, aventi lo scopo di curare l’educazione e lo sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti», dotati di personalità giuridica
e sottoposti alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione.
Il Rettore che ne assume la rappresentanza legale, sovrintende al buon
andamento educativo, didattico, amministrativo, presiede il Consiglio
d’Amministrazione e il Collegio di vigilanza, cura l’esecuzione delle deliberazioni del Consiglio. Precipua attribuzione del Rettore è l’educazione degli alunni; a tal fine visita le camerate, interroga gli alunni sui loro
bisogni, riunisce gli istitutori e gli assistenti, informa le famiglie sulla
condotta, il profitto, le condizioni di salute dei ragazzi.
P. Fusco, Crisi di educatori o crisi di sistemi di educazione?, Avellino
1933.
dei Convitti nazionali, quali la ginnastica, l’esercizio del tempo
libero e le competizioni sportive, e in un certo senso, gareggia con
i Convitti stessi nel tradurre la propria ideologia in forme di vita
collettiva.
In età repubblicana rimangono sostanzialmente in vigore la Riforma del 1923 e il Regolamento del 1925. Nel 1956 il senatore
Umberto Terracini interviene in Senato sulla questione dei convitti, denunziando che si tratta di un tipo di educazione in allarmante
decadenza anche a causa della trascuratezza della Repubblica. Una
Commissione ministeriale, nel 1963, avvia un’indagine. A conclusione di quest’ultima si afferma, semplicemente, che la struttura
dei convitti nazionali appare insufficiente sia sul piano quantitativo che qualitativo; che si assiste a un notevole calo numerico degli
iscritti, nonché al dirottamento delle classi meno abbienti verso gli
istituti tecnici e i convitti annessi. Nel frattempo, grazie al miglioramento dei trasporti è nata la figura del semiconvittore; nel 1967
viene affacciata una proposta di riforma, rimasta poi inattuata.
Non si registrano, in seguito, interventi legislativi di rilievo.
L’“emergenza educativa” e le attuali problematiche
Le difficoltà dalle quali è attraversata, in questo momento, la
scuola italiana, e le inquietudini a cui non sfuggono neanche i
Convitti nazionali, non trattandosi per l’appunto di territori cristallizzati o statici, bensì di specificità pedagogiche collocate entro un preciso contesto, non debbono giocoforza far concludere
che il concetto di educazione sia in declino; piuttosto, che esso
217
stia subendo una trasformazione, foriera, ci si augura, di un nuovo
progresso. Con tutto questo, non ci si può nascondere l’attuale
difficoltà nella trasmissione di valori tra le generazioni; si denuncia l’“emergenza educativa” e la richiesta, da parte delle famiglie,
che gli insegnanti siano dei “facilitatori culturali” più che dei veri
maestri. La nostra società è meno omogenea di prima, e bambini
e ragazzi stentano ad approfondire amicizie, anche soltanto a frequentarsi; spesso vivono lunghe ore nella loro stanza alle prese
con un computer, né si gioca più a pallone nelle strade o si formano capannelli, e il “branco” del sabato sera, più che una vera aggregazione, rappresenta a volte un momentaneo raggruppamento
dalle fragili corrispondenze interne. Malgrado le apparenze mosse, la solitudine, e talora il silenzio e il vuoto, sono perciò spesso
compagni dei nostri ragazzi, e le tecnologie e i media prendono il
posto del dialogo familiare o tra amici.
La partecipazione consapevole del giovane al processo formativo che lo riguarda può trarre senza dubbio giovamento
dall’insegnamento residenziale, che, oggi forse ancor più che
in passato, permette la costruzione di un piccolo kòsmos in cui
le sollecitazioni, psicologiche e culturali, risultano decisamente
superiori rispetto ad altri tipi di scuole. La forma più complessa d’istruzione impartita nei convitti, in cui l’apprendimento è
inseparabile dall’esperienza comunitaria, salda il sapere con l’affettività. L’imparare non è più un atto meramente introspettivo,
bensì un’interazione tra individui che ricercano collettivamente
il medesimo scopo, e ciò impedisce che lo studio divenga, per
usare un termine dell’illustre pedagogista Bruner (1915) unicamente «un isolato processo psichico del conoscere». In tempi di
crisi di socialità, un Convitto rappresenta un sistema equilibrato,
218
sorretto da adulti che ricoprono diverse funzioni, in cui ciascuno
ha il proprio posto e deve contribuire, nell’alterità dei ruoli a una
serie di conquista successive che concilino lo spirito del tempo
con la tradizione, il valore e la necessità dello studio, il concetto
di cultura come consapevolezza critica dei fini, l’amicizia e l’autosservazione. Le recentissime voci della filosofia comunitaria, in
specie nell’opera di Alasdair MacIntyre (1929),5 affermano che,
senza una comunità, non esistono né la vera libertà, né la vera virtù. La solidarietà, il ruolo e il rango prestabilito entro un sistema
ben definito, di cui parla il filosofo scozzese, che si oppongono al
soggettivismo, sono un momento indispensabile al mantenimento
della libertà e dell’identità del singolo e dimostrano, praktish, che
la trama del reale non è unilaterale, ma costruita di diversità che
si intersecano.
Approdo, e non isola. Uno sviluppo armonico, un orizzonte più vasto e le nuove sfide.
«La pagina di storia scritta dall’istituto non solo testimonia la
tradizione educativa trasmessa tra le sue imponenti mura, ma accentra e condensa nel “Mario Pagano” il simbolo reale e ideale di
vero fulcro storico e intellettuale nella crescita della città capoluogo, così come dell’intera regione».6
5)
6)
A. MacIntyre, Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, Milano, Feltrinelli,
1993.
M. D’Alessio, Tra mura cittadine e educazione nazionale, in Campobasso,
Capoluogo del Molise, vol. III, Funzione urbana-cultura a cura di R, Lalli, N.
Lombardi, G. Palmieri, Campobasso, Palladino Editore, 2008, p. 109-110.
219
Essere simbolo, e possedere una lunga tradizione alle spalle,
non significa, dunque, che tutte le potenzialità dell’«istituzione
convitto» siano già state espresse nel passato, tantomeno che la
funzione d’attrazione, di polo e di riferimento del “Mario Pagano”
sia venuta meno. Non esiste soltanto un “ieri”: esistono anche un
“oggi” e un “domani”, senz’altro nel segno della continuità, ma
anche di un profondo rinnovamento. Le teorie della personalità
elaborate nel corso del Novecento, le scoperte della psicologia e
della psicoanalisi, la trasformazione democratica dello Stato, ed in
breve le caratteristiche dell’odierna società aperta, impediscono la
tendenza al dogmatismo tipica delle ere passate e piuttosto valorizzano l’antica istituzione, la cui tradizione fortemente strutturata
si misura con la realtà esterna. Il Convitto non è più un mondo
chiuso o un’isola, al contrario un credibile, moderno e vivace approdo che difende dall’omologazione e tutela dall’assenza, non
per il tramite di una separazione o di scissione con l’alterità, con
la quale si rapporta in un fecondo nodo dialettico, bensì di una
complementarità e interazione che non comportano alcuna rinuncia alla propria natura “forte” e alla propria irripetibile specificità. Cittadella del sapere che riflette, senza dubbio, i fermenti del
mondo che la circonda, ma ove le ridotte dimensioni, la serenità e
la concordia favoriscono l’apprendimento e la crescita, il Convitto
conserva tutto il fascino dell’ideale del passato, un po’ cenobitico,
con le sue semplici regole di vita e di comportamento che travalicano la semplice abitudine quotidiana, dimostrando che è nella
concretezza di essere “persona” tra le “persone”, e nell’agire e nel
fare insieme, che si traducono i valori e i principi etici.
Il Convitto nazionale è, in fondo, l’unica organizzazione scolastica italiana che, in qualche modo, si avvicini al college di ori-
220
gine anglosassone, dall’esistenza secolare per nulla messa in ombra dalla contemporaneità. Vivere uno spazio-tempo convittuale
così ampio, e così intensamente, significa guardare alla propria
sede scolastica come a un organismo in cui ognuno e ogni cosa
ha il proprio posto, e sentirla propria anche al di là dei consueti
orari, una struttura di riferimento che diviene una scuola-mondo.
La peculiarità del doppio tipo di insegnamento di cui gli alunni
usufruiscono, assicurato dalla funzione docente pomeridiana esercitata dagli educatori, con propri obiettivi formativi in armonia
con quelli complessivamente concordati, consente loro il confronto con metologie disparate e una molteplicità di voci, antidoto ad
ogni possibile mono-pensiero, stimolo a nuove ricerche e nuovi
interrogativi. Quell’osservazione che la pedagogia più accorta
suggerisce, ormai da tempo, può essere ragionevolmente messa
in pratica soprattutto quanto maggiori e più diversificate sono le
ottiche. Sguardi che si incrociano nelle occasioni di studio, di svago o d’incontro possono consentire una conoscenza a tutto tondo
dell’allievo e una più efficace forma per giungere al suo intelletto
e al suo cuore, nella libertà guidata di roussoiana memoria.
Alla formazione ricevuta in un Convitto si tornerà con nostalgia, negli anni successivi, nella certezza di aver usufruito di un’occasione che non a tutti è stata offerta. I nostri studenti sono avvezzi
a salutare tutti gli insegnanti, e non soltanto i propri, nonché tutti gli adulti che si muovono ed operano all’interno del Convitto,
come se fossero sottointesi un riconoscimento e un’appartenenza
che supera l’ambito di una comune presenza nello stesso luogo;
essi mostrano un rispetto affettuoso per tutto il personale non docente; si conoscono bene tra loro, perché i limiti della classe sono
abbondantemente superati dallo stesso ordinamento del Convitto e
221
dalle innumerevoli e condivise occasioni di attività alternative. Al
Convitto corrisponde, ormai un’immagine più dinamica: quella di
una istituzione pronta a raccogliere nuove sfide come la dimensione europea dell’istruzione, la conoscenza delle lingue straniere, i
viaggi di studio e i soggiorni all’estero.
Se un «osservatore imparziale», per usare un’espressione di
Adam Smith, si ponesse dinanzi al cancello del “Mario Pagano”
alla fine della giornata di scuola, dopo il suono dell’ultimo campanello, non potrebbe non notare i piccoli gruppi e i capannelli di ragazzi che, ancora, non sembrano sazi della reciproca compagnia,
come se facessero fatica a staccarsi dalla loro scuola.
È questo il vero volto del Convitto: il volto di una gioventù che
sa sperare, stare insieme, agire.
222
Oreste Boffa
Storia architettura e arte
nel Convitto “Mario Pagano”
223
224
L’istituzione del Reale Collegio Sannitico di Campobasso,
attuale Convitto “Mario Pagano”, è legata a due eventi che
hanno segnato la città di Campobasso: il terribile terremoto di
Sant’Anna (26 luglio 1805) e la creazione della Provincia autonoma del Molise (decreto 11 dicembre 1806) con i distretti di
Isernia, Larino e Campobasso, quest’ultima designata come
città capoluogo.1
Dai documenti conservati all’Archivio di Stato di Campobasso2 si rileva la gravità dei danni al patrimonio abitativo e
che l’avvio della ricostruzione della città è lento e non organico; inoltre, la necessità di costruire nuovi alloggi e strutture
adeguate per la nuova classe dirigenziale porta gli amministratori locali a dotarsi di un piano urbanistico, cioè di uno
strumento efficace e rispondente alle nuove esigenze, evitando
una espansione casuale e disorganica. Il piano di ampliamen1)
2)
E. Zullo, Campobasso capoluogo: il rinnovamento urbano durante il decennio francese e l’opera di B. Musenga, in Da Contado a Provincia.
Città e architettura in Molise nell’Ottocento preunitario, a cura di A. Antinori, Roma, Cangemi, 2006, pp. 103-114.
ASCb, Intendenza di Molise, b. 81, f. 94.
225
to è redatto, nel 1813, dall’architetto Berardino Musenga che
individua l’espansione su un estesa area pianeggiante in prossimità del luogo ove si svolge il mercato, lungo la direttrice
per Napoli.
La predisposizione del suddetto piano è agevolata dall’incameramento, tra il 1807 e il 1809,3 dei beni ecclesiastici che
rende di proprietà pubblica i terreni e i fabbricati dei numerosi
monasteri situati all’esterno della città vecchia.4
Secondo uno schema consolidato, l’architetto stabilisce
una maglia ortogonale con isolati di forma rettangolare e
strade ampie ed alberate intorno al monastero di Santa Maria
della Libera, il cui giardino diventa uno spazio pubblico alberato. Un nodo fondamentale, per il raccordo tra il borgo antico
e quello nuovo, sicuramente è la piazza del Salnitro (attuale piazza Pepe) ove prospetta il monastero di San Francesco
della Scarpa, visto che è posto all’incrocio di tre importanti
assi viari.5 Tra i nuovi edifici pubblici che vengono costruiti
dopo l’istituzione della Provincia di Molise rientra anche il
“Collegio Sannitico” (legge del 30.05.1807) e l’Intendente di
Molise, Biase Zurlo, dopo attenta e ponderata scelta, pensa
3)
4)
5)
226
G. Di Fabio, I monasteri e i conventi di Campobasso, Campobasso, Tipolitografia Lampo, 1998, p.16.
Verso porta Napoli vi erano il monastero di Santa Maria della Libera (attuale
Municipio) e di Santa Maria delle Grazie (ex Ospedale Cardarelli); a ridosso
di piazza del Mercato quello delle Carmelitane (Prefettura) e quello di San
Francesco della Scarpa (Convitto “Mario Pagano”), mentre lungo la direttrice per Termoli il convento dell’Annunziata (convento Frati Cappuccini).
In tale slargo confluivano una strada che portava a Napoli, una a Termoli e
un’altra verso Porta San Leonardo che, a sua volta, introduceva al centro
antico.
proprio al monastero di San Francesco come sede idonea per
la nuova istituzione scolastica che «si prestava più degli altri
al facile accesso della gioventù studiosa».6
Il convento, con un prospetto imponente, si affaccia sulla
piazza del mercato e, all’inizio del XIX secolo, è gestito dai
frati francescani. È chiamato “della scarpa” perché quei religiosi portavano le scarpe a differenza degli ordini minori che
andavano scalzi.7
L’edificio, risalente ad epoca medioevale, era stato seriamente danneggiato dal suddetto terremoto e «poco poterono
fare i frati»8 per restauralo, anche perché nel 1809 il monastero passa al Demanio. Successivamente il re Ferdinando IV
(12 Marzo 1816) istituisce il “Real Collegio Sannitico” il 16
novembre 1817, nei locali del monastero iniziano le lezioni.
Il vecchio monastero presenta un corpo di fabbrica, di forma
rettangolare, a due piani con affiancata una chiesa ad impianto
longitudinale, una semplice facciata con un portale in pietra
locale e finestre rettangolari. L’accesso al fabbricato avviene
dalla piazza antistante da cui è separato da un’area destinata a
verde;9 l’ingresso, decentrato rispetto alla facciata, immette in
un atrio e, successivamente, nel chiostro su cui affacciano cucina, refettorio e dispense, mentre al piano superiore si accede
tramite una scala «a due tese per la quale si ascende al dormi6)
7)
8)
9)
A. Pistilli, Il Collegio Sannitico M. Pagano ed il suo fabbricato in Campobasso, Campobasso, De Gaglia & Nebbia,1903, pp. 4-5.
G. Di Fabio, op. cit, p. 13.
A. Pistilli, op. cit, p. 6.
ASCb, Intendenza di Molise, b. 81, f. 94. È presente un disegno che raffigura le planimetrie e il prospetto del Monastero.
227
«Piante e prospetto dell’attuale R. Collegio Sannitico di Campobasso» a firma
dell’ing. Francesco Palmieri - Archvio di Stato di Campobasso, Intendenza di
Molise, b. 81, f. 94.
228
torio con corridoio a lamia, celle da una parte e l’altra».10 La
chiesa, affiancata al monastero, presenta un impianto longitudinale a tre navate con altari devozionali.
In poco più di un anno l’architetto Musenga elabora un
progetto di risistemazione del vecchio fabbricato che viene
adattato a sede della nascente istituzione scolastica.11
Il Consiglio di Amministrazione del Collegio, con il passar degli anni, si rende conto che l’edificio non è idoneo ad
ospitare una «istituzione così prestigiosa» ed acquista fabbricati limitrofi al fine di poter attuare «il secondo progetto del
Musenga»; tale ambizioso progetto non vede mai la luce12 e
anche l’architetto Antonio Bellini, allievo del Musenga, tra
il 1846 al 1853 redige ipotesi progettuali di ristrutturazione
dell’intera area, ma tali disegni restano sulla carta.13 L’arrivo
dei frati Barnabiti (1854) alla direzione della istituzione scolastica porta una ventata di novità perché essi danno l’incarico all’ingegnere Luigi Oberty, ispettore di “Ponti e Strade”,
di approntare un terzo progetto utilizzando le risorse economiche del Convitto.14 Nel 1857 un decreto regio trasforma il
Collegio in Liceo e tale cambio di destinazione permette nel
10) E. Di Iorio, Campobasso nel 1688, Apprezzo della terra di Campobasso,
fatto nel 20 aprile 1688 dal Perito delegato Luigi Nauclerio, Campobasso, Tipografia l’Economica, 1981, pp. 109-114.
11) A. Pistilli, op. cit., p. 6.
12) E. Zullo, Tre edifici per una città in evoluzione, in Campobasso capoluogo del Molise, vol. I, Storia / Evoluzione urbanistica / Economia società,
a cura di R. Lalli, N. Lombardi, G. Palmieri, Campobasso, Palladino Editore, 2008, pp. 241-249.
13) ACNMP, b. 22, f. 422.
14) A. Pistilli, op. cit, p. 8.
229
1858 di iniziare i lavori di ampliamento secondo il progetto
dell’Oberty; questi si interrompono bruscamente per sopraggiunti motivi economici. Nel 1865, a unificazione avvenuta,
il Collegio Sannitico assume la denominazione di Convitto
Nazionale “Mario Pagano”.15
Negli anni successivi all’Unità d’Italia, il patrimonio
dell’ente si riprende e si consolida in maniera soddisfacente tanto che i presidi G. Valente e L. Lace, agli inizi degli
anni ‘70, riprendono «con più ardore e con più vasto concetto il proposito di un nuovo fabbricato».16 L’iniziativa incontra fortunatamente il favore del ministro del Regno d’Italia
Ruggiero Bonghi il quale, venendo a Campobasso alla fine
del 187417 loda ed incoraggia l’amministrazione promettendo
sovvenzioni ed aiuti per il nuovo progetto da erigere. Inoltre
il Ministro consiglia l’architetto romano Giulio De Angelis
«noto per geniale concezione d’edifizi educativi»,18 il quale
accetta di buon grado l’incarico ricevuto.
Dai disegni conservati presso l’Archivio del Convitto19
e dalla relazione tecnica si evince come l’architetto romano
avesse concepito l’opera: un impianto planimetrico di forma
trapezoidale articolato intorno a tre grandi cortili destinati
ad attività ricreative ed immaginato con tre piani fuori terra.
Il fabbricato doveva contenere dormitori per 150 convittori,
15) ACNMP, b. 6, f. 94.
16) A. Pistilli, op. cit., p. 9.
17) P. de Stefano, Il Regio Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso
1930-37, Campobasso, Arti grafiche Di Nunzio & Santorelli, 1937, p. 20.
18) A. Pistilli, op. cit., p. 9.
19) ACNMP, b. 22, f. 422.
230
Prospetto della facciata principale a firma dell’ing. Gandolfi (20 maggio 1895)
- Archvio di Stato di Campobasso, Genio Civile II, b. 1319, f. 18
231
Pianta del primo piano del Liceo Convitto “M. Pagano”, progetto iniziale dell’arch.
G. De Angelis (1876) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano”, b. 23, f. 423
232
classi di scuola elementare, di ginnasio e di liceo, oltre ad
aule destinate ai vari laboratori, una infermeria, una cappella,
un refettorio e locali di servizio. Tale progetto, ben articolato,
non viene accettato per un eccessivo onere economico e quindi il De Angelis deve riformulare un secondo progetto, più
semplice, che viene approvato nel 1878.20
L’impianto planimetrico è strutturato in due grandi moduli
quadrati che accostati assialmente formano uno spazio rettangolare (111x61 m) con al centro l’ingresso. Il primo modulo
ruota intorno ad un grande cortile quadrato (1330 mq) delimitato da un porticato lungo il quale sono distribuite aule e laboratori; il secondo si snoda intorno a due cortili rettangolari
(750 mq) più piccoli tra i quali trova posto il refettorio. Completano il piano terra: gli spazi di rappresentanza, gli uffici
amministrativi, la biblioteca e l’alloggio del Rettore. Varcato l’ingresso, il De Angelis posiziona la scala che immette al
piano superiore dove, oltre ai dormitori e ai locali di servizio
annessi, troviamo un teatro, una cappella e le sale studio.21
L’esterno presenta un aspetto severo ed austero e il prospetto
principale è costituito da un corpo mediano a tre piani e da due
blocchi laterali, leggermente arretrati, a due piani. L’ingresso,
posto al centro del corpo mediano,è delimitato da un grande
arco a tutto sesto in pietra locale ed affiancato, su entrambi i
lati, da tre grandi finestre con profilo ad arco ribassato. Al primo piano si contano sette grandi finestre, delineate da un arco
20) E. Zullo, Giulio De Angelis Architetto: progetto e tutela dei monumenti
nell’Italia Umbertina, Roma, Cangemi 1995, p. 63.
21) ASCb, Genio Civile I, b. 16, f. 8,11. Sono presenti disegni, relazione tecnica del progetto approvato e successive modifiche.
233
a tutto sesto, che si ripetono al secondo piano in dimensioni
ridotte e continuano lungo tutto il prospetto. Il motivo della finestra ad arco ribassato, al piano terra, e quello ad arco a tutto
sesto del primo piano, sono gli elementi riconoscibili ed identificativi dei lati interni ed esterni dell’immobile; un’ampia
zoccolatura in pietra e un paramento in bugnato ad intonaco,
rendono uniforme sui quattro lati il piano terra, che è separato, da una semplice cornice marcapiano, dal primo piano;
tale modanatura cinge le soglie in pietra delle finestre di tale
livello e si ritrova posta sotto il cornicione, creando un effetto
di chiaro-scuro con l’intonaco liscio sottostante.
Tale ambizioso progetto inizia nel 1879 e «non potendosi
distruggere in una sol volta il vecchio fabbricato»22 si ipotizza
la realizzazione in due lotti: il primo interessa il lato nord-est
del fabbricato, destinato ad aule e laboratori, e si completa nel
1883. Il secondo lotto, iniziato nel 1887, rispetta il progetto originario, ma il Bellini23 vi deve apportare piccole modifiche.24
Alla fine del 1899 la maggior parte dei lavori si è conclusa,
compresa la trasformazione ad area verde del previsto piazzale antistante l’ingresso.25 Durante gli anni della “Grande guerra” lo stabile è requisito e trasformato in ospedale militare;
nel maggio del 1919 viene restituito all’Amministrazione che
ripristina la sua vecchia funzione.26
22) A. Pistilli, op. cit., p. 10.
23) Il Convitto affianca alla direzione dei lavori l’architetto campobassano
Antonio Bellini dato che il De Angelis viveva a Roma.
24) ACNMP, b. 22, f. 423. Vengono inglobati piccoli edifici adiacenti al fine
di completare l’opera.
25) Ivi, b. 22, f. 423.
26) Ivi, b. 31, f. 472, 475.
234
«Dettaglio del cancello, dei capisaldi, pilastrini e dello zoccolo» a firma dell’ing.
Gandolfi (20 maggio 1895) - Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile II,
b. 119, f. 18
Planimetria del pianterreno a firma dell’ing. Coppola (20 dicembre 1888)
- Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile I, b. 16, f. 11
235
Planimetria della sistemazione del giardino a firma dell’ing. Gandolfi (20 maggio
1895) - Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile II, b. 1319, f. 18
236
Durante il ventennio fascista, il Convitto viene totalmente
ristrutturato: sono eseguiti sia lavori di carattere tecnico, sia
decorazioni ed abbellimenti dei vari ambienti interni e delle
facciate. Infatti l’ex teatro viene trasformato in una moderna
Aula magna arricchita da decorazioni parietali, da imponenti
lampadari e da tele eseguite dal pittore Romeo Musa. Adiacente all’Aula magna troviamo la Cappella che viene affrescata dal pittore Amedeo Trivisonno.27
Inoltre, sono interessanti i lavori di sistemazione esterna
del piazzale antistante l’ingresso che era rimasto da tempo
incompiuto: la nuova sistemazione è costituita da una zoccolatura in pietra con sovrastante ringhiera in ferro battuto che
cinge i tre lati del piazzale; tale perimetrazione segue l’andamento orografico delle strade e lungo via Mazzini è interrotta
da un cancello in ferro lavorato, posto in asse con il portone di
ingresso. Varcato l’infisso metallico, l’ampia scalinata a due
rampe viene dotata di una consona ringhiera con balaustrini in pietra così come la rotonda antistante il corpo mediano
dell’istituto; il giardino, in leggero dislivello, viene arricchito
di piante e dotato di un impianto di illuminazione elettrica.28
I bombardamenti della seconda guerra mondiale provocano danni ingenti che vengono riparati dopo il 1944.29
Negli anni successivi i lavori di manutenzione ordinaria e
straordinaria non modificano l’assetto originario.
27) Ivi, b. 31, f. 475, 480.
28) Ivi, b. 31, f. 477.
29) ASCb, Genio Civile I, b. 1321, f. 21.
237
238
239
240
Descrizione dello stato attuale
Attualmente l’impianto della struttura architettonica del Convitto Nazionale “Mario Pagano” rispecchia l’impostazione del
progetto del De Angelis.
L’ingresso all’edificio avviene da un cancello in ferro, posto
lungo corso Bucci, che immette in una strada interna parallela a
via Mazzini; lungo tale percorso si possono leggere le iscrizioni
poste sulla facciata30 e ammirare il giardino botanico. Tale spazio
verde ruota intorno ad una rotonda contornata da due ampie scalinate a ventaglio che collegano lo spazio antistante l’ingresso con
l’accesso pedonale su via Mazzini.
All’interno del giardino ci sono aiuole, piccoli viali ed alberi
maestosi come la Sequoia gigantea, la Sophora japonica e il Ginkgo biloba.31
Varcato il portone di ingresso si trova, sulla sinistra, la portineria
e frontalmente una grande porta in legno e vetri, con profilo ad arco
a tutto sesto, che immette nell’atrio. Tale ambiente, elemento di raccordo fra i vari corridoi, è caratterizzato da una notevole altezza,
da una copertura a volte e da fasce marcapiano che arricchiscono e
decorano le pareti; la sensazione che si percepisce è quella di trovarsi in un luogo imponente e nello stesso tempo di grande sobrietà
decorativa che ben sin addice ad una istituzione educativa.
Sul lato sinistro dell’atrio si apre il grande cortile di forma
quadrata che è contornato da un porticato chiuso da ampie vetrate
30) Lapidi di pietra che ricordano matematici illustri: N. Trudi, A. Sannia,
G. Pittarelli e E. D’Ovidio.
31) E. Di Iorio, Campobasso, Itinerari di storia e di arte, Campobasso, Arti
Grafiche La Regione 1978, p. 146.
241
Scalone: «pianta al pian terreno; pianta al piano superiore; sezione A.B.C.» a
firma dell’ing. Coppola (20 dicembre 1888) - Archivio di Stato di Campobasso,
Genio Civile I, b. 16, f. 11
Scalone: «sezione DE; dettaglio; fascia ricorrente al 1° piano ed altro tipo di
balaustra» firma dell’ing. Coppola (20 dicembre 1888) - Archivio di Stato di
Campobasso, Genio Civile I, b. 16, f. 11
242
lignee in cui si ripete il motivo dell’arco a tutto sesto. La continuità di un percorso anulare è attualmente impedita poiché l’ala che
si affaccia su via Veneto è occupata da uffici pubblici.
La luce che pervade i corridoi crea effetti scenografici lungo le
pareti che sono delineate da sobrie e lineari partizioni architettoniche ed accentua il ritmo cadenzato delle ampie volte a crociera.
Lungo il corridoio mediano, in asse con l’ingresso, un varco
immette nel refettorio, esempio mirabile di archeologia industriale
pensata dall’architetto De Angelis: l’enorme ambiente è diviso in
tre zone da una doppia fila di colonne di ghisa, con eleganti capitelli
corinzi, che sorreggono un solaio in ferro.32 Ed è illuminato da finestre che richiamano il ricorrente motivo dell’arco a tutto sesto.
Altro mirabile esempio di architettura di fine ‘800 è la copertura
a padiglione della palestra con vetri e capriate metalliche. L’idea
che si ha nel vedere tale luogo è quella di essere in un cortile esterno dato che le partizioni architettoniche a tutto sesto, le modanature circolari e le fasce marcapiano del primo livello richiamano
l’aspetto delle facciate esterne; la luce, proveniente dall’alto, si diffonde in maniera uniforme creando suggestivi effetti cromatici.
Una porta, in legno e vetri, separa l’atrio dal corridoio che conduce verso il Rettorato, la sala del consiglio e gli uffici amministrativi; lungo corso Bucci, l’ala posta ad ovest è utilizzata per spazi di
servizio (infermeria, uffici, magazzini) ma conserva ancora le pavimentazioni di inizio Novecento che abbelliscono tali ambienti.
Una grande ed imponente scalinata, posta in prossimità
dell’atrio, porta al piano superiore dove si trovano i due ambienti
più rappresentativi: l’Aula magna e la cappella. In tale piano sono
32) E. Zullo, Giulio De Angelis architetto, cit., p. 67.
243
«Sezione longitudinale, pianta e dettagli» delle colonne di ghisa del refettoio del
Liceo Convitto “M. Pagano”
244
Il refettorio con le caratteristiche colonne di ghisa
245
La palestra con copertura a padiglione
246
ubicate, intorno al cortile, le aule scolastiche, le stanze dei convittori, le sale studio e vari laboratori. Il primo piano non presenta
decorazioni lungo le pareti che risultano semplici. Da una piccola
scala, collocata in prossimità dell’aula magna, è possibile accedere al terzo piano dove oltre all’alloggio del Rettore vi è anche la
foresteria. Il Convitto conserva pregevoli opere artistiche che sono
ubicate nel Rettorato, nell’Aula magna e nella cappella.
Il Rettorato è ubicato al piano terra ed arricchito da mobili antichi, da un imponente lampadario in ferro battuto a decorazioni
floreali e da due importanti quadri del pittore Marcello Scarano:
I Pellegrini33 e La Raccolta del Grano.34 Il primo è una tela che
inaugura un filone artistico, votato al sacro, che sarà ripreso dal
pittore molisano; egli immagina una moltitudine di viandanti che,
su una nuda terra, camminano verso un immaginario luogo sacro
avendo come sfondo il montuoso paesaggio matesino. I colori usati
sono realistici e l’azzurro del cielo fa da contrasto con i bruni della
terra arsa e brulla. Il secondo quadro evidenzia un momento fondamentale della vita contadina dove donne e uomini svolgono lo stesso lavoro, ma con ruoli differenti; i singoli personaggi sono disposti
lungo una ideale linea curva che partendo dalla destra si conclude
sul carro di raccolta delle messi. Sullo sfondo è riconoscibile il castello Monforte di Campobasso. Il colore predominante è il giallo in
tutte le sue sfumature, mentre le pennellate sono mosse e grasse.35
L’Aula magna preceduta da un foyer, è di forma rettangolare
ed è illuminata da ampie vetrate con infissi ad andamento curvi33) Olio su tavola, 128x75 cm, (1935), il quadro è firmato sul retro.
34) Olio su cartone telato, 101x153 cm (1940).
35) Aa.Vv., Marcello Scarano, il canto della luce, Catalogo della mostra,
Campobasso, Università degli Studi del Molise, 1995.
247
Il Rettorato con mobili antichi e un imponente lampadario in ferro battuto
248
Marcello Scarano, I Pellegrini,
olio su tavola, 128x75 cm (1935)
Marcello Scarano, La Raccolta del Grano,
olio su cartone telato, 101x135 cm (1940)
249
lineo. Il soffitto piano e le pareti hanno dipinti fregi e modanature
classiche molto in voga negli anni ‘30. Tre grandiosi lampadari
in ottone, a motivi floreali, scandiscono lo spazio e sono collocati al centro delle suddette riquadrature artistiche. Le pareti
sono arricchite da undici quadri ad olio del pittore Romeo Musa
elaborati tra il 1928-3036 che rappresentano una analisi antropologica ed etnografica dell’intero Molise. I colori utilizzati, accesi
e realistici, aumentano la veridicità delle immagini che spaziano
dalle tradizioni popolari (Traglie di Jelsi e Corsa dei buoi), alla
valorizzazione delle bellezze artistiche (Castello di Castropignano e Abbazia di San Vincenzo al Volturno), fino a concludersi
nel lavoro dei contadini con la Trebbiatura del Grano37 collocata
sulla parete di fondo della sala. La tela è uno spaccato di vita
contadina e i due cavalli, in primo piano, accentuano la dinamicità dell’opera e del lavoro dell’uomo. Il campo di grano, con il
suo intenso colore giallo, domina l’intera composizione mentre
le case, le capanne e le strade sono relegate in un secondo piano
dove spicca la collina Monforte.
36) Trebbiatura del Molise, olio su tela 500x280 cm (1928); Castello. Termoli
1217, olio su tela 150x230 cm (1929); Rovine Chiesa. Castropignano sec.
XIV, olio su tela 150x230 cm (1929); Castello. Castropignano 1155, olio su
tela 150x230 cm (1929); Corsa de’ Buoi. S. Martino in Pensilis, olio su tela
150x230 cm (1929); 1a Sagra del Matese. 30-VI-929, olio su tela 240x240
cm (1930); Le Traglie. Gambatesa, olio su tela 240x240 cm (1930); Castello. Carpinone sec. XI, olio su tela 150x230 cm (1929); Aratura. S. Maria
della Strada sec. XIII, olio su tela 150x170 cm (1929); Abbazia. S. Vincenzo
al Volturno, olio su tela 150x230 cm (1929); Neve. 12-IV-929 [Campobasso
S. Antonio Abate], olio su tela 150x230 cm (1929).
37) D. Gentile Lorusso, La cultura artistica nell’Ottocento e nel primo Novecento, in Campobasso, capoluogo del Molise, vol. II, Funzione Urbana /
Cultura, op. cit., pp. 310-311.
250
Romeo Musa, Trebbiatura del Molise
olio su tela, 500x280 cm (1928)
251
252
Romeo Musa, Castello. Termoli 1217
olio su tela, 150x230 cm (1929)
Romeo Musa, Rovine Chiesa. Castropignano sec. XIV
olio su tela, 150x230 cm (1929)
253
254
Romeo Musa, Castello. Castropignano 1155
olio su tela, 150x230 cm (1929)
Romeo Musa, Corsa de’ buoi. S. Martino in Pensilis
olio su tela, 150x230 cm (1929)
255
256
Romeo Musa, 1a Sagra del Matese. 30-VI-929
olio su tela, 240x240 cm (1930)
Romeo Musa, Le Traglie. Gambatesa
olio su tela, 240x240 cm (1930)
257
258
Romeo Musa, Castello. Carpinone sec. XI
olio su tela, 150x230 cm (1929)
Romeo Musa, Aratura. S. Maria della Strada sec. XIII,
olio su tela, 150x170 cm (1929)
259
260
Romeo Musa, Abbazia. S. Vincenzo al Volturno
olio su tela, 150x230 cm (1929)
Romeo Musa, Neve, 12-IV-929 [Campobasso, Sant’Antonio Abate],
261
olio su tela, 150x230 cm (1929)
Alla realizzazione delle sue opere, Musa giungeva attraverso
due bozzetti preparatori: il primo eseguito sul posto, di dimensioni
ridotte (50x70 cm); il secondo fatto in studio di una dimensione
intermedia rispetto alla realizzazione finale.38
Sulla parete opposta sono appese ulteriori tele: Cristoforo Colombo con figlio in colloquio con i Francescani da una riproduzione di Grimaldi ed Un cavaliere Crociato sempre di Musa.
La Cappella è un ambiente quadrangolare che presenta sulla
parete di fronte l’ingresso un pregevole altare di marmo, proveniente forse dal vecchio convento di San Francesco della Scarpa.
È illuminata da due grandi finestre, vicine all’altare, ed ha il soffitto piano scandito da ampie riquadrature poligonali. Sulle pareti
affreschi del pittore molisano Amedeo Trivisonno Adorazione dei
Magi, Disputa con i Dottori e Crocifissione realizzati nel 1936.39
Essi ricalcano lo stile del Quattrocento e più precisamente la pittura del Beato Angelico anche se i colori del Trivisonno sono più
scuri e poco luminosi rispetto a quelli del pittore fiorentino.
L’Adorazione dei Magi40 (450x360 cm) è impostata secondo
una assialità orizzontale interrotta al centro da una palma che divide in due l’affresco: a destra, i Re Magi prostrati verso il Divino
offrono i loro doni; a sinistra, davanti l’ingresso di una grotta la
Sacra Famiglia recepisce l’evento. L’opera, di grande equilibrio
compositivo, è accentuata da colori caldi e pastosi che «allietano
tutto il quadro rivestendo la scena di profonda letizia».41
38) R. Musa, pittore, xilografo, scrittore (1882-1960). Catalogo delle opere
raccolte, conservate ed esposte nel Museo del Seminario Vescovile di Bedonia (Parma), Silva, 1996, pag. 20.
39) P. de Stefano, op. cit. , p. 45, 49.
40) 1936, affresco 750x360 cm.
41) P. de Stefano, op. cit., p. 47.
262
Romeo Musa, Cristoforo Colombo con figlio in colloquio con i Francescani
263
264
Romeo Musa, Un Cavaliere Crociato
Nella Disputa coi Dottori nel tempio42 (720x360 cm) un’architettura classica delineata da archi a tutto sesto fa da sfondo alla figura di Gesù che incanta i dottori della Sinagoga che ascoltano rapiti;
la Madonna partecipa all’evento, ma è posta in posizione defilata
rispetto all’intera scena. Il colore predominante è il rosso rubino.
La Crocifissione43 (750x360 cm) è stata creata per essere vista dal basso verso l’alto. Al centro vi è il Cristo sulla Croce che
abbraccia idealmente, a sinistra, il Tempio e la torre Antonia e,
a destra, il Sion e il castello di David allusivi del vecchio e del
nuovo testamento. Il mondo pagano è rappresentato dal centurione romano e dal soldato Longino, mentre la nuova cristianità è
sottolineata dal gruppo di personaggi con la figura della Madonna
incredula della scena che assiste.
Nella cappella sono anche conservate due grandi tele, date in
deposito al Convitto dagli Uffizi di Firenze il 2 agosto 1897,44
l’una di Giuseppe Fabbrini, l’altra di Giandomenico Ferretti.45
Nell’opera del Fabbrini, Offerta alla Vergine della Fabbrica
di San Firenze,46 spicca la figura di un uomo ben vestito che offre
alla Vergine con il Bambin Gesù, posta sulle nuvole, un disegno
architettonico della settecentesca chiesa di San Firenze. Altri personaggi, disposti secondo uno schema a spirale, offrono alla Madonna fiori colorati o pregano inginocchiati. I colori sono tipici
della pittura fiorentina settecentesca.
42)
43)
44)
45)
Affresco, 720x360 cm, 1936.
Affresco, 750x360 cm, 1936.
E. Di Iorio, Campobasso nel 1688, cit., p. 111.
E. Borea, Due dipinti fiorentini del Settecento ritrovati a Campobasso, in
«Bollettino d’arte», 1981, luglio-settembre, pp. 123-126.
46) Olio su tela, 190x300 cm.
265
266
Amedeo Trivisonno, Adorazione dei Magi, affresco, 750x360, 1936
267
Amedeo Trivisonno, Disputa con i Dottori, affresco, 720x360, 1936
Amedeo Trivisonno, Crocifissione, affresco, 750x360, 1936
268
Ne La Concezione47 del Ferretti la Madonna, in posizione eccentrica, è sorretta da due angeli e si porta le mani sul petto in
senso di umiltà; altri personaggi riempiono la scena aumentando il
senso di circolarità e dinamicità tipico delle opere di tale periodo
artistico. I colori sono delicati e sobri anche se non mancano delle
macchie di rossi e di bruni.
Sull’altare è collocata una Natività,48 essa rappresenta la nascita di Gesù che appoggiato su un umile scranno viene adorato dalla Madonna e San Giuseppe raffigurati con le mani giunte;
sopra di loro un coro di angeli festosi annuncia il lieto evento.
La tela nella composizione e nei colori richiama l’impianto tipico delle opere settecentesche venete, infatti essa è stata data in
deposito, nel 1897, dalla Galleria dell’Accademia di Venezia.
47) Olio su tela, 190x300 cm.
48) Olio su tela, 150x240 cm.
269
270
Giuseppe Fabbrini, Offerta alla Vergine della Fabbrica di San Firenze
olio su tela 190x300 cm
Giandomenico Ferretti, Concezione
olio su tela 190x300 cm
271
Anonimo, Natività
olio su tela 150x240 cm
272
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279
280
Sommario
pag.
7 Prefazione
Aldo Barletta
”
13 Il Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso
Ieri, oggi, domani
”
15 Il Settecento
e la nascita dei primi
Convitti. Educazione e
Le scuole private di
formazione della nuova classe dirigente.
Civitacampomarano e Lupara. Il Novantanove e le esperienze
dei patrioti molisani. Il decennio francese. Il decreto istitutivo
(1807) dei Collegi Reali nelle province del Regno di Napoli.
La vendita dei beni ecclesiastici destinati al completamento
della consolare sannitica Benevento-Campobasso. Difficoltà
per costituire la dote per l’apertura del Collegio molisano.
Vincenzo Cuoco e il suo progetto di riforma della Pubblica
Istruzione. L’impegno dell’Intendente Biase Zurlo e del Consiglio Generale della Provincia. I tributi versati dai Comuni. Il
lascito Santellis. Il Convento di San Francesco della Scarpa
scelto come sede del Collegio. Il decreto del 1816. Inaugurazione e apertura 16 novembre 1817.
”
”
58 La comunità convittuale
58 Gli alunni
281
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
64
66
69
76
81
85
88
99
103
113
Uniformi e corredi
La giornata dei convittori
Dalla vittimazione all’alimentazione dietetica bilanciata
La disciplina
Gli educatori
Il personale
Le attività
La scherma e il ballo
La ginnastica e l’istruzione militare
La Biblioteca e l’Archivio storico
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”
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123
123
124
124
125
125
Studenti illustri
Michelangelo Ziccardi
Nicola Trudi
Michelangelo di Tilla
Achille Sannia
Scipione di Blasio
Enrico D’Ovidio
Enrico Fazio
Alfonso Perrella
Giulio Pittarelli
Niccolò Barrucco
Galileo Berengario Amorosa
Giuseppe Albino
Luigi D’Amato
Raffaello De Rensis
Arturo Giovannitti
Vincenzo Eduardo Gasdia
Pietro Mancini
Franco Ciampitti
Michelangelo Masciotta
Felice Del Vecchio
Gaetano Scardocchia
282
”
125 La sperimentazione del metodo Bell e Lancaster. La nascita
in Provincia di nuovi istituti. I moti rivoluzionari del ‘21 e del
‘48. Ispezioni, censure e repressione nelle scuole. Gli intellettuali Oronzio Petitti e Michelangelo Ziccardi. Il Collegio diventa sede di corsi universitari. La visita di Ferdinando II di
Borbone. Lo stato dell’istruzione in Provincia nell’analisi di
Benedetto Cantalupo. Il progetto dell’architetto Bellini per
l’ampliamento dell’ex monastero. Il Collegio viene affidato ai
Padri Barnabiti (1854). Chiusura e riapertura. Elevato a Liceo
con decreto del 1857.
”
143 La mancanza di fondi impedisce la costruzione del nuovo Convitto. La legge Casati. L’inaugurazione dei corsi del LiceoGinnasio (1861). Il Collegio assillato da problemi finanziari.
Il rettore Vincenzo Gamberale e gli anni del positivismo. Polemiche e critiche per l’intitolazione del Convitto (1865) al lucano Mario Pagano. I progetti educativi postunitari. L’impegno
dei rettori Lace e Valente. Posa della prima pietra del nuovo
edificio (1879). Il progetto De Angelis. Le Feste Letterarie dei
licei. Il nuovo Regolamento per i Convitti (1888). Il filosofo
Giovanni Gentile docente nel “Mario Pagano”. Il terremoto
del 1915. La prima guerra mondiale. Il convitto requisito per
Ospedale Militare. I convittori caduti sui campi di battaglia.
L’avvvento del fascismo e la riforma Gentile.
”
167 Gli
annuari e le cronache scolastiche nel periodo della fa-
scistizzazione.
I Convitti fucina dell’educazione di regime. Le
celebrazioni per il VI centenario della morte di Dante (1921)
e per la commemorazione dei matematici campobassani Achille
Sannia e Nicola Trudi (1922). Il Convitto contribuisce alla
costruzione della Casa del Balilla e del Littorio. Le visite
del Principe di Piemonte Umberto di Savoia (1934) e del Segretario generale del Partito Fascista Roberto Farinacci (1937).
283
Il Convitto
centro propulsore delle manifestazioni cultura-
li del regime.
La “Carta della Scuola” di Bottai. La seconda
La cronaca dei giorni di guerra nella relazione del rettore Raffaele Pastore. L’edificio centrato da due
granate di artiglieria. Il difficile periodo della ricostruzione e
l’impegno del rettore Carlo De Nisco.
guerra mondiale.
”
192 Gli anni ‘60 e ‘70 e il declino dei Convitti. Il calo di iscrizioni
al “Mario Pagano”. Gli anni ‘90: riparte la sfida. L’impegno del
rettore Aldo Barletta. L’attivazione del liceo scientifico ad indirizzo europeistico. La dimensione europea dell’insegnamento.
Lo studio delle lingue. I viaggi d’istruzione. Il Convitto centro
di cultura, di aggiornamento e formazione professionale. Il nuovo ruolo degli educatori e dei docenti. I lavori di ammodernamento interno e il rifacimento delle facciate esterne. La visita
del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (2002).
”
201 Rettori del Real Collegio Sannitico e del Convitto Nazionale
“Mario Pagano” di Campobasso dal 1817 al 2009.
Contributi
”
207 Il Convitto come ideale educativo alla prova dei secoli
Simonetta Tassinari
”
”
”
”
284
209
215
217
219
La tradizione
Fin de siècle e Novecento
L’“Emergenza educativa” e le attuali problematiche
Approdo, e non isola. Uno sviluppo armonico, un orizzonte più
vasto e le nuove sfide.
”
223 Storia architettura e arte nel Convitto “Mario Pagano”
Oreste Boffa
”
241 Descrizione dello stato attuale
”
273
Bibliografia
285
Questo libro è composto in Times New Roman; stampato su Arcoprint edizioni da 100g/mq
delle Cartiere Fedrigoni; le segnature sono piegate a sedicesimo (formato rifilato 15x21 cm)
con legatura in cartonato rivestito in Imitlin rosso 120g/mq delle Cartiere Fedrigoni con caratteri impressi in oro a caldo.
286
287
Finito di stampare nel mese di maggio 2009
presso la Tipolitografia Fotolampo srl - 86100 Campobasso
Tel. 0874.65276
[262/09ai]
288