Untitled - Unidos S.r.l.
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1 Questo volume è stato realizzato dal Convitto Nazionale “Mario Pagano” con il contributo di: Presidenza del Consiglio Regionale del Molise Provincia di Campobasso Comune di Campobasso Direzione Generale Scuola La pubblicazione dei documenti è stata autorizzata dal Direttore dell’Archivio di Stato con nota del 6 maggio 2009, prot. n. 0002278/28.28.00/1 Referenze fotografiche Le foto di p. 93 e p. 108 sono tratte dall’Annuario del Convitto Nazionale “M. Pagano” del 1927; la foto di p. 113 è tratta dall’Annuario del Convitto Nazionale “M. Pagano” del 1928-1929. © Palladino Editore: pp. 4-5, 204, 238, 239, 240, 245, 246, 248, 249, 251-261, 263, 264, 266, 267, 268, 270, 271, 272. Progetto grafico e impaginazione Antonio Iannarelli - Palladino Company © 2009 Palladino Editore - Convitto Nazionale “M. Pagano” 86100 Campobasso Proprietà letteraria riservata. La riproduzione in qualsiasi forma, memorizzazione o trascrizione con qualunque mezzo (elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, internet) sono vietate senza l’autorizzazione scritta dell’Editore e del Rettore del Convitto Nazionale “M. Pagano”. ISBN 978-88-8460-130-8 2 Sergio Bucci Il Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso Ieri, oggi, domani con contributi di Oreste Boffa e Simonetta Tassinari prefazione di Aldo Barletta Rettore Convitto Nazionale “Mario Pagano” palladino editore 3 4 5 6 Prefazione Questo libro l’ho fortemente voluto. La storia del Convitto “Mario Pagano” di Campobasso doveva essere conosciuta e divulgata e per questo non potevano bastare i ricordi dei tanti che nelle sue aule si sono formati ed educati. La memoria è, purtroppo, labile e nel tempo si disperde nei meandri dell’immaginazione allontanando la storicità degli eventi. Una necessità storica e ineluttabile, dunque, la pubblicazione di questo libro che dovrà essere un riferimento per l’illustre passato, ma anche stimolo e insegnamento per un migliore futuro. Nessuna occasione poteva essere più adeguata dei festeggiamenti per il bicentenario. Tutto è stato possibile grazie all’entusiasmo, alla condivisione e dedizione del Consiglio di Amministrazione e ad ognuno dei suoi componenti va per sempre la mia personale gratitudine. Grazie anche all’autore Sergio Bucci che ha saputo ricercare e raccontare la bella storia del “Mario Pagano” dando ad ogni notizia un palpito di emozione e di vissuto che farà rivivere nei tanti giovani cha da qui sono passati, quel sentimento di forte, indimenticata appartenenza. Riconoscenza a tutti coloro che hanno operato e collaborato perché in questo Convittoi ragazzi trovassero sempre dottrina e amore. Mi riferisco ai docenti, agli 7 educatori, al personale di segreteria, ai collaboratori scolastici e a tutto il personale non docente; una particolare menzione al Direttore Amministrativo, signora Stefania D’Abramo che, con pazienza e competenza, ha dato contenuto professionale ed amministrativo alle tante iniziative, rendendo possibile anche questa encomiabile opera. In essa rivivono tutti gli anni di quel passato in cui il Convitto era l’unico luogo dove i ragazzi molisani e non trovavano occasione di emancipazione culturale e sociale, in grado di renderli competitivi su tutto il territorio nazionale. Dal “Mario Pagano” sono passati tanti bravissimi studenti e ottimi docenti. Elencarli sarebbe superfluo e forse tedioso, ma è utile sapere che in tanti hanno poi vissuto ed operato nei più svariati posti d’Italia occupando ruoli di grande prestigio, distinguendosi sempre per capacità professionali, umane e relazionali. Una storia importante, dunque, quella del Convitto e saperla leggere renderà più motivante la scelta dei tanti giovani che qui studiano e dei tanti che qui studieranno. Il libro non è, comunque, solo una culla di ricordi, ma il racconto esaustivo del percorso storico, sociale ed educativo dal momento istitutivo ad oggi. Esso si arricchisce anche per la pregiata e colta collaborazione della professoressa Simonetta Tassinari, docente di questo liceo, che ha chiarito il valore didattico-educativo di questo Convitto, e del professor Oreste Boffa, dello stesso liceo, il quale ha raccontato le preziosità artistiche ed architettoniche in esso contenute. “Ieri, oggi e domani”: il titolo del libro appare, dunque, come una magica sintesi di uno straordinario percorso di vita e di studio in cui i protagonisti non sono stati solo gli studenti, ma anche i tanti Rettori, Vice-Rettori educatori e docenti che 8 con encomiabile dedizione hanno insegnato ed educato decine di generazioni di giovani che ricordano sempre e dovunque il loro Convitto e i loro maestri. Io stesso, nel presentare questo libro, avverto una certa emozione che non voglio nascondere. Ho vissuto la mia intera vita professionale nei Convitti Nazionali e me ne sono innamorato. Ricordo il “Cirillo” di Bari, il “Ruggero Bonchi” di Lucera e poi questo splendido “Mario Pagano” dove lavoro e vivo in qualità di Rettore da ormai dodici anni con grande orgoglio. Una intera vita nei Convitti Nazionali, ma sapevo da tempo che non li avrei mai lasciati e non mi sono mai pentito. È stato bello! L’orgoglio del Molise, il radicamento in quei principi che riconoscevano nella persona la centralità dell’esistenza hanno sempre disegnato la fisionomia di quei ragazzi che vestiti con l’elegante divisa nera vivevano i loro migliori anni di gioventù come convittori nel “Mario Pagano”. Dalle elementari alla maturità dentro queste storiche mura frequentavano le scuole, studiavano e si educavano alla vita ed alle illustri professioni. Nelle camerate dove dormivano e negli spazi educativi e ricreativi costruivano il loro avvenire convivendo sempre con la nostalgia della lontana famiglia e del loro caro paese. Quanti sacrifici! Ma a distanza di anni tutti dicono: «Ne valeva la pena». Il “Mario Pagano” si presenta ancora oggi quasi austero nella piccola, fredda e magnifica Campobasso. Il suo giardino, i suoi spazi sembrano ricordare a tutti il suo glorioso passato, il suo euforico presente e mi auguro un aulico futuro. Il mio percorso professionale è quasi finito e mi piace che quasi coincida con i festeggiamenti del bicentenario e con la pubblicazione di questo libro sul Convitto “Mario Pagano”. 9 Per concludere l’auspicio che tutto questo possa servire anche a coloro che per incarico politico-istituzionale assumeranno la responsabilità per il futuro dei Convitti riuscendo a meglio comprendere quanto utili ed importanti potranno essere queste comunità per l’affermazione dei valori di onestà, giustizia, solidarietà e cultura che queste nuove generazioni hanno disatteso lasciandosi vincere da tante devianze e violenze. Intanto un sentimento di sentita riconoscenza rivolgo ai tanti che hanno compreso ed aiutato la necessità di rinvigorire il Mario Pagano; tra questi i Provveditori Roberto Meleo, Giuseppe De Sabato e Silvio Mastrocola, ed in particolare l’attuale Direttore Generale della scuola molisana dottor Giuseppe Boccarello il quale con intelligenza e lungimiranza ha immaginato, voluto e realizzato il Liceo Scientifico annesso al Convitto che ha dato una nuova dimensione europeistica a questa comunità che ha trovato un rinnovato slancio culturale. Qui lavorano oggi 165 operatori ed è veramente una grande soddisfazione. Grazie dottor Boccarello per quello che ha fatto e sta facendo per le scuole del Molise e per questo suo caro “Mario Pagano”. Gli studenti, i docenti, gli educatori, il personale di segreteria, i collaboratori scolastici e tutto il personale non docente non lo dimenticheranno. Per me resterà sempre e comunque un pregiato amico ed uno straordinario maestro. Con chiunque sarò, dovunque sarò ricorderò sempre i miei tanti ragazzi che ho avuto l’onore di educare in questo storico “Mario Pagano” che porterò sempre nel cuore. Oggi la rivisitazione strutturale e soprattutto il rifacimento delle quattro facciate realizzate con fondi regionali rendono 10 l’antica struttura quasi una gemma che brilla nel cuore della città per le sue tante iniziative e perché pregiato contenitore di cultura, speranza e giovinezza. Aldo Barletta Rettore del Convitto Nazionale “Mario Pagano” 11 Abbreviazioni ASCb Archivio di Stato di Campobasso ASNa Archivio di Stato di Napoli ACNMP Archivio Convitto Nazionale “Mario Pagano” b. f. ff. 12 busta fascicolo fascicoli Sergio Bucci Il Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso Ieri, oggi, domani 13 14 Il Settecento Convitti. Educazione e forLe scuole private di Civitacampomarano e Lupara. Il Novantanove e le esperienze dei patrioti molisani. Il decennio francese. Il decreto istitutivo (1807) dei Collegi Reali nelle province del Regno di Napoli. La vendita dei beni ecclesiastici destinati al completamento della consolare sannitica Benevento-Campobasso. Difficoltà per costituire la dote per l’apertura del Collegio molisano. Vincenzo Cuoco e il suo progetto di riforma della Pubblica Istruzione. L’impegno dell’intendente Biase Zurlo e del Consiglio Generale della Provincia. I tributi versati dai Comuni. Il lascito Santellis. Il convento di San Francesco della Scarpa scelto come sede del Collegio. Il decreto del 1816. Inaugurazione e apertura 16 novembre 1817. e la nascita dei primi mazione della nuova classe dirigente. Vi hanno studiato personalità come il deputato Scipione di Blasio “padre della ferrovia” molisana, i matematici Achille Sannia, Nicola Trudi, Enrico D’Ovidio e Giulio Pittarelli, gli storici Alfonso Perrella e Vincenzo Eduardo Gasdia, il critico musicale Raffaello de Rensis, il critico d’arte Michelangelo Masciotta, il sindacalista Arturo Giovannitti, gli scrittori Franco Ciampitti e Felice del Vecchio, il giornalista e direttore de «La Stampa» di Torino Gaetano Scardocchia. In questi pochi nomi, ma l’elenco è molto più lungo, 15 è racchiusa la storia del Convitto “Mario Pagano”, una delle più importanti istituzioni scolastiche di Campobasso e dell’intera regione. Nelle sue aule, nei suoi corridoi, nel refettorio, nella palestra sono passate schiere di ragazzi con le loro storie personali, i loro sogni, le loro aspirazioni, le loro delusioni. Storie che si sono intrecciate con quelle di una classe docente che ha segnato, nel bene e nel male, la lenta ma graduale evoluzione culturale della società molisana fino ai nostri giorni. Il “Mario Pagano” è la testimonianza più viva di questo lunghissimo cammino; cammino che ancora oggi continua con l’assolvere a pieno la sua importante funzione educativa e culturale alla luce dei profondi mutamenti della società contemporanea. Se un tempo i Convitti erano considerati incubatori della nuova classe dirigente, oggi sono istituzioni nelle quali la famiglia moderna trova una risposta alla richiesta di istruzione dei figli. Negli ultimi anni questi istituti statali hanno infatti modificato l’attività e le motivazioni che ne avevano determinato la nascita: in origine i Convitti dovevano assicurare la formazione della classe dirigente e, attraverso le strutture residenziali, garantire ai giovani meritevoli la possibilità di frequentare le scuole di ogni ordine e grado, attesa la scarsissima diffusione di istituti scolastici sul territorio, in particolare della scuola secondaria di secondo grado. Oggi si è ottenuta una diffusione capillare degli istituti, anche nei centri più periferici, ed è mutato l’atteggiamento culturale delle famiglie che, piuttosto che delegare, intendono occuparsi direttamente dell’educazione dei figli. Allo stesso tempo è mutato il panorama del mondo del lavoro, a cui ha avuto sempre più accesso la donna, e si è avvertita l’esigenza di trovare soluzioni non limitate alle ore di scuola del mattino ma estese a tutto l’arco della giornata. Questa situazione ha 16 comportato l’aumento di richiesta di semiconvittualità (che prevede la permanenza a scuola fino a pomeriggio inoltrato). I Convitti oggi concorrono al perseguimento di obiettivi generali del sistema formativo italiano sia con l’offerta qualificata delle scuole interne sia con lo sviluppo delle strutture residenziali e semiresidenziali, per rispondere positivamente alla nuova cultura delle pari opportunità, per essere di supporto agli scambi di studenti in ambito comunitario, per venire incontro alle mutate richieste dell’utenza. Attualmente in Italia i Convitti nazionali1 sono 39 con un’utenza di quasi 27 mila convittori suddivisi tra utenti a tempo pieno con pernottamento (il 30% del totale) e senza pernottamento (semiconvittori, pari al 70%).2 La regione con la più alta percentuale di istituzioni è la Calabria, seguita da Veneto, Lazio e Sardegna. Guardando alle macroaree il Nordovest conta 17 strutture, il Nordest 20, il Centro 32, il Sud 52 e le isole 20. Il cammino di queste storiche istituzioni scolastiche risale addirittura all’antichità con i paleo-convitti diffusi in Persia, a Sparta e a Cartagine, nella società greca e perfino celtica. Nella Roma di Augusto si chiamavano collegia iuvenum. Nel Medioevo ebbero una connotazione prettamente religiosa destinata a diminuire sull’onda della rivoluzione francese con Napoleone che propugnò la loro laicizzazione con immediate ripercussioni anche sul sistema italiano. Tra la fine del Seicento, ma soprattutto nel corso del Settecento, sotto la spinta della cultura illuministica che puntava a una più 1) 2) Negli ultimi anni a seguito dei processi di razionalizzazione della rete scolastica sono stati soppressi i Convitti nazionali di Matera, Lecce e Siena. I dati, riportati in un documento della Uil-Scuola, sono stati forniti dall’ufficio stampa del Ministero della Pubblica Istruzione e sono relativi agli anni scolastici 2007/2008. 17 razionale organizzazione dell’amministrazione statale, fu particolarmente avvertita l’esigenza di formare una nuova classe di persone colte che potesse sostenere il rinnovamento degli apparati dirigenziali in linea con le aspirazioni laiche, e quindi in controtendenza con quelle chiesastiche, dominanti la società del tempo. Le monarchie illuminate si resero subito conto che per attuare il nuovo programma educativo era necessario promuovere per i giovinetti un’azione formativa globale. Di qui la scelta di dare vita a un «nuovo tipo di Collegi o Convitti con educatori e docenti adeguati ed in locali convenienti, dove ci fossero aule scolastiche, aule di studio, palestre, refettori, dormitori ed infermerie».3 Le prime istituzioni di Convitti si registrarono in Germania, mentre nel Regno di Napoli la loro diffusione si ebbe soltanto dopo la soppressione dell’ordine dei Gesuiti i cui beni confiscati andarono a favore delle istituzioni scolastiche. L’Università a Napoli fu insediata, a opera di Clemente XIV, nell’edificio del cortile del San Salvatore, scuole e convitti trovarono invece spazio nelle altre strutture della città partenopea. Il grande desiderio di educazione e istruzione era diffuso in tutto il Regno meridionale e questo per la condizione di arretratezza in cui versavano le popolazioni. Ma l’istruzione alla fine del Settecento e anche nei primi anni dell’Ottocento era ancora privilegio riservato solo al ceto più agiato. Nel Molise, regione tra le più arretrate del Sud, pur avendo enormi potenzialità di sviluppo asfissiate dal regime feudale, le uniche scuole di formazione erano quelle private. Nelle scuole 3) 18 E. Riverso, Perché il Convitto?, in Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, Napoli. La memoria dell’Istituzione, a cura di V. Racioppi, Napoli, 2007, p. 33. di Civitacampomarano aperte dai preti Francesco Maria Pepe e Attanasio Tozzi o in quella di Lupara dove insegnava Costantino Lemaitre presero lezioni i riformatori del Settecento molisano, da Vincenzo Cuoco ai fratelli Raffaele e Gabriele Pepe, da Nicola Neri a Giuseppe Sanchez, da Nazario Colaneri ad Amodio Ricciardi. Scuole in cui prevalsero gli insegnamenti di Vico e Genovesi e che posero questi giovani come vera e propria classe dirigente capace di proporre anche rimedi per risolvere i secolari problemi della società molisana. Alcuni di essi divennero protagonisti della vita molisana e meridionale dei primi decenni dell’Ottocento quando, con grande determinazione, affrontarono non solo problemi di natura economica ma anche di carattere più generale quale il rinnovamento dell’istruzione come, ad esempio, Cuoco che collaborò con i napoleonidi per dare nuovo impulso alla scuola pubblica. Un ceto colto la cui formazione specialistica avveniva nella Regia Università di Napoli (ricordiamo le lauree in legge conseguite dai patrioti casacalendesi Scipione Vincelli, Domenico de Gennaro, Domenico Tata) la quale offriva a chi arrivava dall’emarginata provincia molisana anche una valida opportunità di confronto culturale con gli altri intellettuali delle province meridionali. Esperienza formativa e innovativa che in parte cercarono di mettere a disposizione delle comunità arretrate del Molise poco aperte per la verità alle novità e molto più sensibili a seguire, forse solo per timore, usi e costumi del mondo feudale. L’esperienza del Novantanove per i patrioti molisani più rappresentativi si concluse tragicamente e, per i sopravvissuti, ad eccezione di quelli che riuscirono a mettersi in salvo emigrando all’estero come Cuoco e Ricciardi, il periodo della prima restaurazione borbonica fu segnata da una durissima repressione 19 «con le esecuzioni che durarono fino al 14 marzo, data dell’ultima sentenza alla pena capitale, e all’11 settembre 1800, data dell’esecuzione della Sanfelice, suggello al massacro giudiziario del 1799».4 Gli avvenimenti del Novantanove in questi anni furono per i patrioti in esilio occasione per ripensare con spirito critico alle breve esperienza repubblicana: le riflessioni di Cuoco confluirono nel Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, quelle di Pepe, dopo i moti del 1820, nelle Considerazioni Istoriche e Politiche sulla Rivoluzione Napoletana, quelle di Ricciardi nella Memoria sugli avvenimenti di Napoli nell’anno 1799. Essi confermarono anche il giudizio negativo sull’occupazione straniera, quella dei francesi i quali – come ebbe a sottolineare anche il de Gennaro in una lettera che inviò a Francesco Lomonaco – in realtà si comportarono come tutte le altre truppe di occupazione «noncuranti delle nostre libertà e delle difese di cui siamo bisognosi». Ma i francesi nel gennaio del 1806 con Giuseppe Bonaparte tornarono nel Regno, preceduti dalla fuga dei Borboni in Sicilia. Bonaparte fu nominato Re nel febbraio successivo e rimase in carica fino al 15 luglio 1808 quando divenne Re di Spagna. Al suo posto fu chiamato Gioacchino Murat che rimase al governo fino al marzo del 1815. Bonaparte prima e Murat dopo diedero vita al cosiddetto decennio francese. Il governo dei napoleonidi favorì un rapido ammodernamento dell’apparato istituzionale del Regno in termini di certezza del diritto, abolizione dei privilegi di nascita e di ceto, razionalizzazione del prelievo fiscale. Si può affermare che l’abolizione della feudalità, l’eversione dell’asse ecclesiastico e l’abolizione delle 4) 20 M. Azzinari, La Repubblica napoletana del Novantanove. Memoria e mito, Napoli, Gaetano Macchiaroli Editore, 1999, pp. 178-180. decime e di ogni altro vincolo segnarono il principio della moderna civiltà. I primi mesi dell’insediamento di Bonaparte furono caratterizzati da un’intensa attività legislativa che portò anche ad una nuova suddivisione del territorio dei reami di Napoli e di Sicilia. Anche il Molise acquistò la sua autonomia, quell’autonomia che Galanti e Longano rivendicarono fin dal 1792 quando nelle loro relazioni proposero il riordinamento amministrativo del Regno. Con decreto speciale del 27 settembre 1806 l’antico Contado di Molise staccato dalla Capitanata divenne la quattordicesima provincia autonoma del Regno con i due distretti di Campobasso (sede dell’Intendenza) e Isernia a loro volta divisi in circondari e questi ultimi in comuni; in ogni città e paese il decurionato sostituì i pubblici parlamenti e il sindaco venne eletto con i voti dei decurioni. Gli artefici dell’autonomia molisana furono Cuoco e Zurlo, figure il cui elevatissimo spessore storico e culturale ha travalicato i confini nazionali. La scelta di Campobasso quale capoluogo di provincia non fu casuale e rispose a precise motivazioni (prime fra tutte la sua posizione più centrale rispetto a Isernia) connesse al programma di riordino amministrativo delle aree interne auspicato già alla fine del Settecento nell’ambito del riformismo borbonico e fatto proprio nel Progetto per la formazione delle Intendenze Provinciali che il ministro molisano Zurlo presentò nel 1803 ma che rimase inattuato per il negativo corso degli eventi politici. L’espansione del nucleo urbano vide la creazione di nuovi edifici molti dei quali realizzati sulle aree che si resero disponibili con l’incameramento dei beni ecclesiastici e seguì le direttive del piano di sviluppo urbanistico predisposto dall’architetto campobassano Bernardino Musenga. 21 Durante il decennio francese importanza fondamentale assunse anche la riforma della Pubblica Istruzione. Uno dei primi provvedimenti di Bonaparte fu il decreto del 15 agosto 1806 col quale rese obbligatoria l’istruzione elementare facendo carico ai comuni di tenere alle proprie dipendenze un maestro e una maestra. Ma gli scarsi mezzi finanziari a disposizione dei decurionati e la mancanza di personale idoneo impedirono a molti comuni di dare integrale esecuzione alla legge. Nel Molise i fanciulli continuarono a frequentare le scuole private mandate avanti non senza difficoltà dai sacerdoti. Questo accadde, ad esempio, a Casacalenda, dove la scuola primaria fu retta per diversi anni dal sacerdote Marcovincenzo Torelli il quale fu «costretto a fare scuola in due stanze di casa sua» reclamando a più riprese dal comune anche il canone dell’affitto.5 Gli scarsi risultati che furono raggiunti divennero motivo di riflessione, ma soprattutto di preoccupazione da parte dei deputati provinciali che si sforzarono in ogni modo di trovare soluzioni adeguate. Ciò, tuttavia, non impedì al governo francese di continuare a legiferare in materia scolastica. L’anno seguente, il 30 maggio 1807,6 Bonaparte firmò la legge n. 140 pubblicata il successivo 6 giugno relativa all’istruzione secondaria con la quale vennero istituiti in ogni provincia i Reali Collegi con a capo dei Rettori, dotati di una rendita annua netta di 6000 ducati (all’epoca un ducato corrispon5) 6) 22 S. Bucci, Documenti e atti processuali della terra di Casacalenda. Dalle Capitolazioni del 1541 all’Unità d’Italia, Campobasso, Edizioni Enne, 1993, p.126. Con legge dell’11 agosto 1807 vennero istituite anche case di educazione per le donzelle. In questi istituti l’organico fu composto da tre maestre per l’italiano, una per il francese e da alcune supplenti interne addette a sorvegliare e ad insegnare i lavori domestici. deva a L. 4,40). Questo assicurò anche alla neonata provincia molisana di avere il suo istituto. La nuova disposizione stabilì che i collegi dovessero provvedere «all’educazione ed istruzione della gioventù nelle scienze, ed arti liberali». Gli insegnamenti previsti riguardavano un po’ tutte le discipline: la lingua italiana e latina, la retorica, l’archeologia latina e greca, la matematica, la logica, la metafisica, la lingua francese, la calligrafia, il disegno, ma anche la scherma e il ballo, aspetti quest’ultimi, sui quali torneremo a parlare in seguito in maniera più diffusa. La pensione per ogni alunno fu fissata in 12 ducati al mese per i residenti a Napoli e 8 per quelli delle Province. Al Collegio potevano essere ammessi allievi da mantenersi anche gratuitamente per effetto della dote assegnata al Collegio stesso, allievi pensionati ed allievi esterni. Ruolo determinante per assicurare il buon funzionamento dell’istituto fu quello assegnato al Rettore7 (di nomina 7) Le funzioni del Rettore sono attualmente stabilite dagli artt. 82-87 del Regolamento del 1° settembre 1925 tuttora in vigore. In sostanza egli «sovrintende al buon funzionamento educativo, didattico ed amministrativo del suo istituto. Esegue e fa eseguire le disposizioni delle leggi, dei regolamenti e degli ordini delle autorità superiori. Sovrintende alla buona conservazione dell’edificio, del suo arredamento, del materiale didattico e scientifico e dei corredi personali dei convittori. Corrisponde col Ministero per mezzo del Provveditore agli Studi salvo i casi di assoluta urgenza, nei quali può corrispondere direttamente, riferendone nel tempo stesso al Provveditore; vigila sull’esatto adempimento dei propri doveri da parte di tutto il personale addetto al Convitto. Precipua cura del Rettore è l’educazione degli alunni che le famiglie affidano al Convitto. Egli, pertanto: visita frequentemente le camerate, interroga gli alunni sull’andamento dei loro studi, sui loro bisogni, sui loro desideri; stimola il senso della buona emulazione rivolgendo la giusta lode ai migliori in presenza dei compagni; al rimprovero e al castigo ricorre avendo sempre di mira che l’animo del punito non sia sopraffatto ed umiliato, ma disposto al ravvedimento; riu- 23 ministeriale) il quale «eserciterà il diritto del padre di famiglia». Aspetti altrettanto rilevanti l’articolo II del titolo I sullo stabilimento dei Collegi che indicò la loro ubicazione «nei monasteri soppressi … ed in altri locali atti a tale uso» nonché l’articolo XII del titolo III che istituì la figura del Catechista in ogni Collegio per lo studio della religione equiparandola per onorario a quella del professore. È quanto mai opportuno a questo punto trascrivere il testo integrale della legge del 1807 composta da 37 articoli preceduta un anno prima dal decreto del 31 marzo 1806 che istituì il Ministero dell’Interno al quale, fra le altre attribuzioni, assegnò anche l’istruzione, le scuole pubbliche e le università. Giuseppe Napoleone Re di Napoli, e di Sicilia Sul rapporto del Ministro dell’Interno, inteso il Consiglio di Stato Abbiamo ordinato, e ordiniamo quanto segue Titolo 1° Stabilimento de’ Collegi Art. 1 Saranno stabiliti due Collegi Reali, per la Provincia di Napoli, ed nisce ogni giorno di scuola istitutori ed assistenti per discutere e dare suggerimenti sul conteggio delle singole squadre; informa le famiglie – con le quali egli soltanto deve avere rapporti diretti e tenere corrispondenza – sulla condotta, sul profitto e sullo stato degli alunni. Il Rettore convoca il Consiglio d’Amministrazione, sorveglia e dirige l’azione dell’economo, emette i mandati, ha cura che gl’inventari e i registri di contabilità siano tenuti in ordine». 24 Decreto 30 maggio 1807 di Giuseppe Naoleone in Decreti Originali - Archivio di Stato, Napoli 25 uno per ognuna delle Provincie del nostro Regno, nelle Città che destineremo, diretti alla educazione ed istruzione della gioventù nelle Scienze, ed Arti liberali. Art. 2 Questi Collegi saranno situati nei Monasteri soppressi, che giudicheremo più convenienti ed in altri locali atti a tal uso. Titolo 2° Della dotazione ed amministrazione dei beni Art. 3 La dote di questi Collegi sarà di annui ducati seimila di rendita netta, e gli alunni nominati da Noi non potranno eccedere il numero di cinquanta. Art. 4 Il prezzo di ogni pensione è fissato a ducati dodici al mese per Napoli ed a otto pei Collegi delle Provincie. Art. 5 Questi beni saranno indicati nelle ulteriori nostre disposizioni. La scelta ne sarà fatta di concerto tra i nostri Ministri delle Finanze e dell’Interno, e sottoposta alla nostra approvazione. Art. 6 L’amministrazione di questi beni sarà confidata ad una Commissione composta dal Rettore, e da due Proprietari del Luogo ove sarà stabilito il Collegio, nominati da Noi. Art. 7 Le funzioni di questi due amministratori saranno gratuite, e verranno più precisamente determinate colle istruzioni, che ci riserbiamo di far loro pervenire. 26 Titolo 3° Sistema dell’Istruzione Art. 8 In ogni Collegio vi saranno sette Professori, mantenuti, e residenti, oltre de’ Maestri esterni. I Professori sono, come appresso: Due di Lingua Latina, ed Italiana, distribuiti per classi, ed uno di essi sarà ancora professore di Lingua Greca. 1° di Retorica ed Archeologia Greca e Latina. 1° di Scienze Matematiche. 1° di Logica Matafisica ed Etica. 1° di Geografia e Cronologia. 1° di Elementi di Fisica. I Maestri esterni saranno cinque, cioè 1° di Lingua Francese. 1° di Calligrafia. 1° di Disegno. 1° di Scherma. 1° di Ballo. Oltre agli additati Maestri, se gli alunni ne dimanderanno altri di Scienze e belle arti, saranno ammessi, ma pagati particolarmente da essi senza interessare i Collegi. È parimenti permesso prendere delle lezioni particolari dai maestri esterni nominati di sopra, pagandosi anche a parte degli alunni, che li vorranno. Questi maestri però non potranno essere ammessi nei Collegi senza l’approvazione del Rettore, che avrà cura di prendere conto della loro condotta ed onestà. Art. 9 L’orario dei Professori sarà fissato a misura delle circostanze, oltre l’abitazione ed il vitto, che avranno comune coi Collegiali. Art. 10 L’onorario dei Maestri esterni sarà fissato da sette a dieci ducati al mese. 27 Art. 11 L’ordine e le ore delle lezioni, come anche l’epoca, e la durata delle vacanze e dei congedi, saranno determinate colle istruzioni particolari accennate nell’art. 7, giusta i luoghi e le circostanze di ogni Collegio. Art. 12 Vi sarà in ogni Collegio un Catechista, il quale dovrà spiegare il Catechismo approvato dal Governo, ed il suo onorario sarà regolato come quello di un Professore. In quei Collegi, dove il Rettore o il Vice Rettore, saranno preti, adempirà uno di essi questo carico, senza accrescimento di soldo. Titolo 4° Della ammissione, disciplina e pulizia interna Art. 13 L’amministrazione interna del Collegio è confidata al Rettore, il quale avrà un Vice Rettore per supplire, ove occorra le sue funzioni, ed un Economo per il maneggio degli affari, nominati da Noi. L’onorario dei Rettore è da 15 a 20 ducati al mese, da 10 a 15 quello del Vice Rettore, come per l’Economo. Art. 14 La pulizia interna, ossia il buon ordine delle camere di studio, e nei dormitori, è confidata ai Prefetti, il cui numero sarà in proporzione di uno per 18 alunni. I Prefetti saranno subordinati al Rettore, Il buon ordine e la pulizia delle classi appartiene ai Professori. Art. 15 Il Rettore sarà il Capo del Collegio. Egli eserciterà il diritto di Padre di famiglia, manterrà il buon ordine, e la disciplina, invigilerà sopra i costumi, gli studi, e la Religione. La sua Autorità si estenderà sopra tutti gli individui addetti al Collegio. Proporrà i Prefetti agli Intendenti, e sceglierà le persone addette ai servizi subalterni. 28 Art. 16 Il Vice Rettore farà le veci del Rettore in tutte le funzioni, che a questa carica appartengono, giusto l’articolo precedente. Art. 17 L’Economo sarà incaricato del maneggio economico sotto l’autorità del Rettore, il quale dovrà visitare i fogli giornalieri di consumo. Egli farà le provvisioni necessarie, e riceverà le rendite del Collegio. Renderà conto della sua amministrazione alla Commissione, di cui si è parlato nell’art. 6 di questa legge nel modo e tempo che saranno determinati con istruzioni particolari. Art. 18 I Prefetti saranno i Capi delle Camere, accompagneranno gli alunni al passeggio, manterranno il buon ordine e la pulizia ovunque si trovino i Collegiali, eccettoché nel tempo delle lezioni, che si daranno dai Professori. Art. 19 Le camere non potranno avere comunicazione tra loro senza un ordine espresso del Rettore. Art. 20 I giochi di sorte, di carte, e di ogni altro giuoco per danaro, non saranno permessi. Art. 21 Gli alunni saranno obbligati ad esercitare periodicamente, a norma degli ordini del Rettore, tutti gli atti religiosi, conformi al rito, ed alla disciplina della Chiesa. Art. 22 L’abito degli alunni sarà di colore bleu, con paramaniche e collaretto color celeste, bottone giallo colla leggenda: Collegio Reale di… Art. 23 I castighi consisteranno nella maggior durata del travaglio, in un travaglio straordinario, nella privazione della passeggiata e della ricreazione, nella detenzione, e nella prigione. Tutte le suddette 29 pene possono imporsi anche dai Professori e dai Prefetti, eccetto la prigione, la quale non può essere ordinata che dal solo Rettore. Art. 24 I Professori dei Collegi, non meno che gli amministratori tutti dei suddetti, saranno nominati da Noi sulla presentazione del nostro Ministro dell’Interno, e per la prima volta saranno scelti tra gli individui degli Ordini Religiosi soppressi, o conservati nei nostri domini, tra i preti secolari, ed anche tra i laici non ammogliati, che si saranno addetti alla Pubblica Istruzione. Titolo 5° Dell’ammissione degli alunni Art. 25 Nei Collegi stabiliti con la presente legge, si darà la istruzione: 1°)Agli alunni da mantenersi gratuitamente per effetto della dote, che sarà ad ogni Collegio assegnata. 2°)Ai pensionati che le famiglie vorranno inviarvi. 3°)Agli scolari esterni. Art. 26 Niuno potrà essere ammesso in qualunque delle tre classi anzidette, se non abbia otto anni compiti, e meno di quattordici; se non sappia leggere e scrivere correttamente; se non sia nello stato di comprendere le lezioni dell’ultima classe della lingua Latina. Niuno potrà rimanere nei Collegi al di là dei diciotto anni compiti. Art. 27 Le piazze franche saranno accordate non solamente ai figli dei militari, ed impiegati civili nei nostri domini, in gratificazione dei servizi che ci avranno fedelmente renduti; ma oziando a quei fanciulli, che si saranno distinti nelle scuole primarie o secondarie del nostro Regno. 30 Art. 28 Gli alunni saranno mantenuti interamente a spese del Collegio, senza che le loro famiglie si abbiano a interessare per nulla, neanche in caso di malattia. Bensì al loro ingresso saranno obbligati a portare nel Collegio un letto completo, l’uniforme giusta il modello fissato con questa legge, la biancheria, e gli altri mobili per uso della persona, come sarà regolato colle istruzioni particolari citate nell’art. 7. Art. 29 Gli alunni a pagamento saranno presentati al Rettore dai loro genitori, tutori o curatori, o con espresso mandato scritto di coloro che hanno sopra di essi il dritto di patria potestà, o di tutela, ed anche per invito, che ne faccia il Magistrato competente. Il Rettore prenderà le informazioni convenevoli e ne renderà conto all’Intendente per esser autorizzato ad ammetterli. Art. 30 Accordiamo la facoltà ai Rettori di ammettere ad udire le lezioni dei professori anche i giovanetti, che non appartengono ai Collegi, ma debbongli essere presentati da coloro, che hanno l’autorità legittima, e prima di accordare questa facilitazione alla Pubblica Istruzione, è tenuto il Rettore di prender conto dei loro costumi, e se abbiano le disposizioni convenevoli a studiar con profitto. Art. 31 I giovanetti così ammessi non potranno andare in altra parte del Collegio che nelle scuole, alla cui pulizia saranno soggetti, e non porteranno l’uniforme del Collegio. Potrà il Rettore licenziarli sopra il rapporto dei professori; ed un’assenza da quattro lezioni consecutive senza causa legittima, è motivo sufficiente di esclusione. Art. 32 Gli esterni, di cui si parla nei due articoli precedenti, non saranno tenuti ad alcuna contribuzione, ma saranno presi, sui fondi della dotazione dei Collegi, carlini cinque il mese per ogni scolaro esterno, legittimamente ammesso alle lezioni, ed il totale sarà diviso tra i professori, come supplemento di onorario. 31 Titolo 6° Disposizioni Generali Art. 33 Al finir dell’anno si terrà in ciascun Collegio una solenne adunanza, nella quale saranno esaminati quei collegiali, che il Rettore dovrà indicare. A questa adunanza assisteranno l’Intendente, l’Arcivescovo, il Generale Comandante della Provincia, il Vescovo, i Presidenti dei Tribunali, ed i Sindaci dei rispettivi paesi. Art. 34 I premi ed i distintivi di onorificenza saranno distribuiti dal personaggio più degno che interverrà all’adunanza. Art. 35 Il Rettore, terminato l’esame, alla presenza di tutto il Congresso, presenterà all’Intendente la lista di quei Collegi, che dietro una lodevole applicazione, meritar possono la Sovrana beneficenza di passar in alcuno di quei stabilimenti destinati da Noi, per dare l’ultimo grado di perfezione a quello stato, cui saranno chiamati dalle favorevoli disposizioni dei loro talenti, e dalla volontà proprie delle famiglie, alle quali appartengono. Art. 36 Questi stabilimenti sono i seguenti: 1) I seminari. 2) La scuola Reale militare, che sarà stabilita nel nostro palazzo di Caserta. 3) La scuola politecnica stabilita nella Capitale per quei giovani che sono destinati al servizio della marina, dell’artiglieria e del Genio militare e civile. 4) La scuola delle Belle Arti, che sarà stabilita nel nostro palazzo detto degli studi. 5) Un Convitto per la classe di coloro che vogliono applicarsi al foro. 6) Un Convitto per gli alunni di Chirurgia e di Medicina. 32 Art. 37 Le regole per il buon ordine di questi pubblici stabilimenti e le condizioni per esservi ammessi saranno determinate con una legge particolare. Vogliamo, e comandiamo che questa nostra legge da Noi sottoscritta e munita del nostro Sigillo, si pubblichi con le ordinarie solennità per tutto il Regno, per mezzo delle autorità, cui appartiene, le quali dovranno registrarla, ed assicurarne lo adempimento. Il nostro Segretario di Stato è specialmente incaricato di vegliare alla sua pubblicazione. Data in Napoli ai 30 maggio 1807. Firmato GIUSEPPE da parte del Re Il Ministro di Giustizia Il Segretario di Stato Firmato M.A.Cianciulli Firmato Ricciardi Pubblicata il 6 di Giugno 1807.8 Il decreto relativo all’istruzione secondaria segnò una svolta importante per il nuovo Regno, anche se l’istituzione dei Reali Collegi ritardò in alcune province. Una di queste fu il Molise, provincia contraddistinta da arretratezza e da miseria con una «piccola e media borghesia ancora restia alla collaborazione con un governo che essa crede sovvertitore dell’ordine costituzionale e nemico della religione degli avi».9 In questi anni nel Molise, come nel resto del Mezzogiorno, la frattura tra ceto popolare e borghesia diventò insanabile dal momento in cui la legge sull’eversione del8) 9) ASNa, Ministero dell’Interno II, Decreto 30 maggio 1807 n. 140 di Giuseppe Napoleone in Decreti Originali, b. 4766. G. Zarrilli, Il Molise dal 1789 al 1900, Campobasso, Edizioni del Rinoceronte, 1984, p. 28. 33 la feudalità che avrebbe dovuto favorire la costruzione di una nuova rete di piccoli proprietari destinandovi parte dei demani feudali attribuiti ai comuni, diventò in realtà un’altra grande illusione per i cittadini più poveri. Questo sancì la nascita e il predominio assoluto della classe dei galantuomini che relegò il ceto popolare alla marginalità. Molise abbandonato da secoli dal governo centrale, privo di materie prime, di manifatture artigianali, di operai non qualificati, con una produzione agricola appena sufficiente a soddisfare le esigenze interne. Quasi inesistente anche il commercio e questo soprattutto per la mancanza di strade non solo interne ma anche di collegamento con la capitale e le province limitrofe. L’esigenza di costruire nuove strade in tutto il Regno fu avvertita sin dal 1734, cioè con la salita al trono di Carlo di Borbone, quando ci si rese conto che la situazione era veramente disastrosa. Il processo di ammodernamento interessò subito le malandate strade regie che collegavano Napoli alla Puglia, all’Abruzzo e alla Calabria; ma nel 1760, la loro costruzione arrivò solamente fino a Bovino, Venafro ed Eboli. La situazione rimase critica anche negli anni successivi tanto che «le province non potendo comunicarsi fra loro, duravano ancora nel primo stato di barbarie e di miseria; e quindi il commercio e l’incivilimento di queste contrade a lento passo avanzavano».10 Tra le opere pubbliche più attese c’era il completamento della consolare sannitica Napoli-Campobasso. Il 23 settembre 1807 Giuseppe Bonaparte, in visita nel Molise, firmò un decreto per la vendita dei beni delle corporazioni religiose11 10) G. Trebeschi, Le corti locali nell’Abruzzo del Settecento. Economia e società, tesi di laurea pubblicata su www.trebeschi.nome, 2005, cap. IV, p. 5. 11) Sui monasteri soppressi nel Molise si veda lo studio di D. Forte, Il problema dei monasteri soppressi nel Molise nel secolo XIX, in Molise preuni- 34 il cui ricavato fu destinato alla costruzione del tratto da Pontelandolfo (Bn) a Campobasso e da Sepino ad Isernia per Bojano. Fu proprio la mancanza di questi cespiti ad impedire al Molise, a differenza delle altre province, di costituire la dote necessaria per l’istituzione del Collegio. In verità nella neonata provincia la vendita dei beni ecclesiastici e dei terreni demaniali procedette molto a rilento sia per la mancanza di capitale liquido da parte della media borghesia (costituita in prevalenza da medici, avvocati e impiegati) sia per il timore di schierarsi contro la Chiesa. Borghesia che tuttavia preferì usurpare anziché comprare i beni messi in liquidazione e che, di fatto, si sostituì nel possesso delle proprietà terriera ai grandi latifondisti, alla chiesa secolare e agli ordini monastici. Questo causò quella profonda frattura con il mondo agricolo, in particolare con i contadini, che reagirono dando vita al brigantaggio «spina nel fianco del regno francese».12 L’impedimento all’applicazione del decreto del 1807 fu non solo la mancanza di rendite, ma anche l’idea molto radicata nell’opinione pubblica e nella borghesia, taccagna e incolta, dell’inutilità della scuola. Il bisogno di istruzione non era ancora avvertito e nei genitori permaneva la consuetudine che era meglio mandare i figli a lavorare nei campi anziché affidarli alla scuola. Agli inizi dell’Ottocento nel Molise erano «poche le scuole esistenti ed affidate di solito ad ecclesiastici pagati meno di un bracciante: la cultura è davvero ritenuta un lusso superfluo».13 Lo stesso Vincenzo Cuoco farà notare come la letario, a cura dell’Archivio di Stato di Campobasso, S. Elia Fiumerapido, 1981, pp. 35-52. 12) G. Zarrilli, Il Molise dal 1789 al 1900, cit., p. 50. 13) Ivi, p. 60. 35 gislazione scolastica non venisse osservata nella maggior parte dei comuni del Regno perché i fanciulli non vanno mai volontariamente a scuola; le madri e i padri non curano mandarveli perché non ne conoscono l’utilità: i maestri non hanno premura di attirarli, perché, a mercede uguale si calcola a scuola la minoranza della fatica.14 Nella seduta del 23 ottobre 1809 il Consiglio Generale della Provincia valutò negativamente la situazione dell’Istruzione Pubblica esprimendo severi giudizi sull’operato delle amministrazioni comunali e considerando quasi nullo l’effetto dei decreti emanati da Giuseppe Bonaparte. Negli atti conservati nel Fondo Intendenza dell’Archivio di Stato di Campobasso si legge: Istruzione è una voce incognita nella Provincia. Il Governo è stato frodato generalmente nelle sue speranze, ma molto più presso di noi. In ogni comune si sono scelti i maestri e ignoranti e immorali … In questa concezione è meglio non avere maestri, non recare dispendio ai comuni che sceglierne sciocchi e cattivi. Per ottenere il bramato intento bisognerebbe che l’Intendente si occupasse riservatamente allo scrupoloso esame di un individuo in ogni comune, onde affidar ad esso l’istruzione della gioventù e, fattane la scelta unitamente a due membri del Consiglio che farebbero da Censori, sentirli in concorso perché meritassero la stima e l’approvazione del Governo. Converrebbe obbligare i padri e le madri di famiglia perché mandassero i loro figli alla scuola e quando alcuni lo trascurassero commina14) V. Cuoco, Scritti pedagogici. Inediti o rari raccolti e pubblicati con note e appendice di documenti da G. Gentile, Roma, 1909, p. 73. 36 re in un determinato tempo e far eseguire una multa a danno di chi vuol essere ignorante.15 Dal 23 luglio era intanto arrivato in Molise, come Intendente, il salernitano Angelo Matteo Galdi, figura di spicco del riformismo napoletano, uno tra i maggiori pedagogisti del suo tempo e dal 1812 Presidente della Direzione Generale della Pubblica Istruzione. Sette mesi prima Murat aveva incaricato l’arcivescovo di Taranto monsignor Giuseppe Capecelatro di formare una commissione composta da Melchiorre Delfico, Tito Manzi, dal vescovo di Lettere Bernardo dalla Torre e da Vincenzo Cuoco con l’obiettivo di presentare un progetto di riforma sulla Pubblica Istruzione. L’8 marzo dello stesso anno a Cuoco fu chiesto di esaminare un’opera manoscritta sulla Pubblica Istruzione redatta da Galdi il quale il 18 luglio partecipò anche a una sessione della commissione. Per Galdi l’istruzione doveva essere pubblica anche se manifestò perplessità circa la possibilità di adottare nel Regno un tale sistema già introdotto in Francia dal momento che non tutte le medesime istituzioni convengono a popolo di clima e di genio diverso; poiché non tutti hanno nello stesso grado le istesse passioni, lo stesso gusto, l’istessa sensibilità, finalmente gl’istessi bisogni.16 Come Galdi anche il molisano Cuoco sostenne che l’istruzione dovesse essere «pubblica, universale e uniforme». Su questo 15) ASCb, Intendenza di Molise, b. 69, f. 48. 16) M. Galdi, Pensieri sull’Istruzione Pubblica relativamente al Regno delle Due Sicilie, Napoli, Stamperia Reale, 1809, p. 29, nella Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria. 37 principio Cuoco basò il suo progetto di riforma17 al quale però il molisano Giuseppe Zurlo, al tempo Ministro dell’Interno, ne contrappose un altro dal titolo Progetto di Decreto organico pel riordinamento della Pubblica Istruzione del Regno di Napoli. Tuttavia alle proposte di Cuoco fu data notevole importanza e lo dimostra il decreto che Murat firmò il 29 novembre 1811 che organizzò l’Istruzione Pubblica in modo definitivo disciplinando tutti i gradi di insegnamento: l’elementare, il secondario e l’universitario. «Si ottiene la prima nelle scuole gratuite comunali, la seconda nelle scuole secondarie, ne’ Collegi e ne’ Licei, l’ultima nella Regia Università degli Studi e negli Stabilimenti speciali».18 In sostanza il provvedimento fu diviso in sei titoli: il primo affidò l’Istruzione Pubblica a un direttore alle dipendenze del Ministro dell’Interno e di un “Giurì”19 in ogni provincia; il secondo, relativo alle scuole primarie gratuite, confermò i contenuti del precedente decreto del 15 settembre 1810;20 il terzo e il quarto regolarono Collegi e Licei;21 il quinto definì il nume17) V. Cuoco, Rapporto al Re G. Murat e progetto di Decreto per l’ordinamento della Pubblica Istruzione nel Regno di Napoli, 1809. 18) M. Galdi, Rapporto a S.E. il Ministro dell’Interno sullo stato attuale dell’Istruzione Pubblica nel Regno di Napoli, del Direttore generale della medesima cav. Matteo Galdi, Napoli, Stamperia Reale, 1814, p. 29, nella Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria. 19) Con disposizione del 26 marzo 1812 il governo murattiano dispose anche che i Giurì si occupassero di scegliere un elenco ufficiale di libri di testo, classici inclusi, commentati e curati dai più noti studiosi, anche napoletani, che dovevano essere adottati all’interno delle istituzioni scolastiche statali e dei Reali Collegi. 20) Il decreto sancì la nascita delle scuole primarie in tutti i comuni del Regno. 21) Col titolo IV della legge venne decisa l’istituzione di nuovi licei tra i quali anche quello – recita testualmente il decreto – di «Contado di Molise». Ma la 38 ro delle facoltà universitarie e il sesto, infine, disciplinò i gradi universitari. Intanto nel 1810 Matteo Galdi aveva lasciato il Molise. A lui era subentrato come intendente Biase Zurlo, nativo di Baranello, il quale fin da subito, con i rappresentanti del Consiglio Generale della Provincia e con i decurioni della città di Campobasso, esercitò ogni pressione sul Governo affinché anche nel Molise, così come disponeva il decreto del 23 settembre 1807, fosse istituito il Collegio Reale. Con decreto dell’11 febbraio 1811 il Governo aveva anche assegnato alla Provincia i beni delle soppresse corporazioni religiose in cambio dei proventi necessari al completamento della consolare sannitica Napoli-Campobasso che tuttavia nel 1812, come si rileva dagli atti del Consiglio Provinciale presieduto da Paolo Nicola Giampaolo, erano «rallentati anche più di quello che lo erano negli anni scorsi e quello che più affligge è la progressiva deteriorazione dei lavori già eseguiti». Intanto cresceva l’interesse per l’istituzione del Collegio tanto più che la Provincia era priva di ogni istituto di istruzione secondaria. Fu per questo formulata al Governo anche la proposta d’ingiungere ai Vescovi ed ai Vicarii di riaprire i Seminarii, e quando questo spediente non fosse ravvisato opportuno, o non si potesse attuare, di assegnare al Collegio Provinciale da stabilirsi in Campobasso nel convento dei Cappuccini, i fondi dei Seminarii Diocesani della Provincia.22 sua istituzione, come per il Collegio, ritardò, come vedremo, di molti anni. 22) L. Lace, Origini, fondazione e dotazione del Collegio Sannitico “M. Pagano”, relazione fatta stampare nel 1874 dal Consiglio d’Amministrazione del Convitto, Campobasso, Tipografia D. De Nigris, 1875, pp. 31-32. 39 Nel 1812 l’intendente Zurlo «inaugurando le sessioni del Consiglio generale …» ancora una volta rammentò al Consiglio la necessità suprema, urgentissima per la Provincia di un Collegio, poiché non era stato possibile accettare il voto espresso dal Consiglio nell’anno precedente di fondare il Collegio coi fondi dei Seminarii Diocesani. Cosicché per la prima volta il Consiglio inserì nel proprio bilancio un capitolo per l’Istruzione Pubblica stabilendo anche la relativa copertura economica. Zurlo si impegnò subito a ricercare le somme necessarie da accantonare nei bilanci provinciali per l’acquisto di beni le cui rendite potessero concorrere alla formazione di quella dote non inferiore ai seimila ducati prevista dal decreto del 1807. Primo importante passo fu quello di richiedere al Ministro dell’Interno e al Direttore Generale della Pubblica Istruzione i fondi destinati al Molise dal 1812 al 1814 che erano stati, per decisione sovrana, assegnati alla città di Napoli e alle altre province del Regno.23 Zurlo, dopo qualche anno, riuscì ad ottenere dal Governo la restituzione delle somme reclamate come si deduce da una comunicazione che il Ministro dell’Interno inviò all’Intendente il 21 maggio 1814: Sig. Int. L’ordinativo delle 17600 accordate con R. Decreto da S.M. dei Budgets Provinciali di Molise del 1812, 1813 e 1814 per l’acquisto de’ beni fondi pel R. Collegio del Sannio fu spedito dal Tesoro a vostra disposizione in data de’ 18 corrente mese, ed a posta corrente vado a pressare i miei Uffici al Ministro delle Finanze, pregandolo a far subito seguire il pagamento della cennata somma, 23) ACNMP, b. 6, f. 92. 40 trattandosi di affare urgentissimo, che non ammette alcuna dilazione. Intanto voi potete, Sig. Int., disporre ordinativo corrispondente al ricevitore di cotesta Provincia, pagabili a’ Sg.ri Crescenzo Marsico ed Eugenio D’Alena, Deputati da voi nominati all’oggetto. Siate in tale intelligenza, gradite la mia distinta stima.24 In verità non tutte le somme furono restituite tant’è che l’8 ottobre 1814 il Consiglio Generale della Provincia, come vedremo, implorò nuovamente il Governo «a fare la integrale restituzione delle partite invertite».25 La mancanza di fondi ritardava anche la creazione di altre scuole secondarie come conferma una lettera che il Direttore Generale dell’Istruzione Pubblica inviò il 14 settembre 1814 al Presidente del “Giurì” d’esame della Provincia di Molise.26 Il 1° ottobre l’intendente Zurlo pronunciò in apertura dei lavori del Consiglio Generale della Provincia un discorso, che si trascrive integralmente, per informare l’assemblea dei risultati fino a quel momento conseguiti per l’istituzione del Real Collegio. Quello, che più ha richiamato la mia attenzione in quest’anno, è l’Istruzione Pubblica; e posso cominciarvi ad annunziare, che sono già stabilite le basi del Real Collegio, che va ad incominciare da un Liceo. Vi parlai nell’anno scorso di questo importantissimo oggetto in teoria, e vi enunciai un disegno, lo scandaglio della cui spesa era allora in fine; io vi aggiunsi che avrei provocati i fondi per quest’opera; e che, questi ottenuti, avrebbero potuto il Collegio, 24) Ibidem. 25) Ivi, f. 93. 26) ASCb, Intendenza di Molise, b. 994, f. 95. 41 se non il Liceo, essere in quest’anno installato. Le mie idee, e le mie speranze si sarebbero sicuramente realizzate, se le circostanze d’Europa non avessero obbligato il Nostro amabilissimo Sovrano, colla sua armata, a prendervi la più viva parte, onde fissare irrevocabilmente la Nostra Indipendenza e, con essa, tutti i beni, che ne derivano. I fondi dello Stato sono stati a ragione richiamati tutti ad un oggetto tanto importante, e niente poteva essere distratto, niente poteva domandarsene di più. Era, però, l’istruzione in Molise necessaria e non doveva ai suoi abitanti ritardarsene di vantaggio i mezzi. Io ho calcolato sui budgets della Provincia le risorse, di cui avrei potuto profittare, onde formare al Collegio una Dote stabile e nostra; sicuro di trovare nel cuore paterno di Sua Maestà tutte quelle benefiche facilitazioni, ch’Egli suol diffondere sugli sforzi lodevoli de’ suoi sudditi, allorché concorrono nelle sue sagge vedute. Io ho ottenuto su quei budget una liberanza di 17600 (diciassettemila e seicento). Ho inoltre trovata l’Amministrazione di questa Centrale così propensa a concorrere nelle mie vedute, che essa ad un semplice cenno si è prestata a consacrare a questa Grand’Opera la somma di Lire 23200 (Ventitremila duecento) che aveva nel suo budget dell’anno corrente oltre di circa altre Lire 18480 (Diciottomila quattrocento ottanta) prese da articoli invertiti. Perciò ho giustamente risparmiato la cassa municipale di Campobasso dalle varie quote delle pubbliche e generali spese di più esercizi, restituendole invece agli ampi imprestiti, ai quali io ero stato obbligato di chiamarla per grandi ed urgentissimi bisogni del momento. Tutte queste somme componenti il totale di lire 59400 (Cinquantanovemila e quattrocento) sono state in Provincia ed in Napoli erogate in compra di cedole colle vedute del maggior risparmio a vantaggio della Provincia istessa, e devo renderne la giusta lode ai Signori Dottori Crescenzio Marsico ed Eugenio d’Alena Cassiere di questo comune, Membri della Deputazione, che vi è stata incaricata. 42 Tale cedole si sono impiegate nell’acquisto de’ fondi della badia di S. Pietro a Pianisi nel comune di Santelia, nonché di molti altri beni in Riccia. E perché questi acquisti non importano meno di circa 80000 ducati in cedole, le mie preghiere e della Deputazione umiliate a Sua Maestà per l’organo di S.E. il Sig. Ministro dell’Interno han mosso il Real Animo a donare alla Provincia la somma di Lire 25000 (venticinquemila) in contanti, che invertite in acquisti di cedole vengono a dare alla spesa della compra quasi il completo. A questi beni-fondi, la cui rendita attuale ascende a circa 8800, ma ch’è migliorabile di molto, aggiungerà la Provincia delle compre successive, specialmente quella del fondo Cantalupo in tenimento di Rotello, per la quale si è incominciato dal chiedere il permesso Superiore del Ministro delle Finanze necessario all’uopo, trattandosi di un’ampia tenuta boscosa. Per questo nuovo e forte acquisto il prelodato Signor Ministro dell’Interno ha fatto sperare qualche nuovo beneficio della Munificenza del Re col rilascio d’una parte del gran prezzo. Si otterrà così un’altra dote della rendita di circa Lire 4400 annuali. I successivi acquisti negli anni venturi coi mezzi che pure andremo formando parte sui budget provinciali, e parte coi soccorsi de’ Comuni, e de’ Luoghi Pii, specialmente di quelli per istituzione all’Istruzione Pubblica destinati, potranno contribuire al completo della dote di Lire 26400 fissata pei Collegi dalla legge organica, per dirsi allora: il Collegio Sannitico è stabilito. La riduzione dell’Edificio per esso da Sua Maestà conceduto si farà con una parte de’ fondi, che debbonsi preparare per l’anno 1815, ed i lavori potranno farsene a riprese, principiando da quelli, che debbono far pronti i locali per circa cinque o sei Scuole del prossimo Liceo. Sono sicuro, Signori, che questa mia idea, già in gran parte realizzata, non solo troverà negli animi vostri minima opposizione, ma anzi quel trasporto medesimo, che io ho inteso nel proporla, e nell’eseguirla. E ritardar doveansi di vantaggio i mezzi per quei 43 giovinetti degni figli del Sannio, che seguir vogliono gli illustri esempi di chi gli ha preceduti? No; io ho creduto di dover questa essere dell’Amministrazione la prima cura, certo che questo rispettabile Consiglio la seconderà pienamente, allorché esaminerà questo articolo nel progetto del budget provinciale, che ho l’onore di presentargli, per l’esercizio 1815. Egli non troverà che plausibile il chiamarsi a parte a questa grande opera anche individualmente i Comuni della Provincia con dei soccorsi proporzionati alle loro risorse, a’ quali agevolmente potranno prestarsi, mancando loro nel seguente anno due forti carichi, quello cioè di Lire 64000 (Sessantaquattromila) del Donativo, e di più della metà delle Lire 54000 (Cinquantaquattromila) di supplemento del budget provinciale dell’esercizio corrente… Firmato Biase Zurlo.27 Le basi per la fondazione e la dotazione del Collegio nel 1814 erano state, dunque, già assicurate. I progressi compiuti a partire dal 1812 erano stati evidenti così come lo erano le strategie messe in campo anche per il futuro. Nei bilanci provinciali era stata accantonata una somma di poco inferiore alle 60 mila lire che, «erogate in compra di cedole colle vedute del maggior risparmio a vantaggio della Provincia istessa»,28 vennero utilizzate per l’acquisto dei beni della badia di San Pietro a Pianisi,29 nonché di altri nel comune di 27) ACNMP, b. 6, f. 93. 28) Ibidem. 29) In verità il suo acquisto avvenne solo successivamente con rogito stipulato il 25 gennaio 1815. Quello di San Pietro è tra gli edifici sacri più antichi del comune la cui fondazione agli inizi dell’XI secolo si deve secondo lo storico Giambattista Masciotta a un feudatario longobardo, il quale, insieme con gli estesi possedimenti, fu donato all’abate Alberto, poi vescovo di Montecorvino. I beni abbaziali di San Pietro dai calcoli fatti dovevano assicurare al Collegio una rendita annua netta di 8800 lire alla quale ag- 44 Riccia per un valore totale di circa 80 mila ducati la cui differenza fu coperta con la donazione elargita alla Provincia dal Re Gioacchino Murat. Nel suo discorso Zurlo dettò anche le linee di intervento per gli anni successivi prevedendo l’acquisto della tenuta di Cantalupo nel territorio di Rotello la quale, con gli introiti ricavati dai Comuni e dai luoghi pii, avrebbe contribuito a completare la dote prevista per i Collegi dalla legge del 1807. Si stabilì anche che a partire dal 1815 e per gli anni seguenti una parte dei fondi (la somma iniziale accantonata fu di 3000 lire) dovevano essere stanziati per l’adeguamento dell’edificio destinato ad accogliere il Collegio. L’8 ottobre il Consiglio Generale della Provincia a larga maggioranza deliberò in materia di Pubblica Istruzione quanto segue: Oggi che sono lì otto Ottobre dell’anno 1814, nella città di Campobasso, e nella sala destinata alle Sessioni del Consiglio G.le della medesima. Radunati li Sig.ri Cav.re Giampaolo Presidente, Carlo Rienzolechiarizia Segretario, Antonio Francesco de Mariarosa, Francesco Arciprete Magri, Berardino Musenga, Dito Aurelio Neci, Francesco Paventi, membri del Consiglio G.le della Provincia di Molise, creati in esecuzione della legge degli 8 Agosto 1806, il Presidente dichiara, che la Sessione è aperta. Ciascuno avendo preso il suo posto, il Presidente propone all’esame del Consiglio de’ mezzi che crede opportuni per migliorare la Pubblica Istruzione. Il Consiglio G.le nell’atto che durava ancora la sua seduta nell’anno scorso, chiedendo conto all’Intendente dell’uso fatto dei fondi dal Consiglio medesimo fissato ne’ budgets antecedenti per l’articolo della Pubblica Istruzione, fu istruito, che sui megiungere le 4400 lire della tenuta di Cantalupo per un totale 13200 lire. Questa rendita doveva essere integrata con successivi acquisti attraverso i sussidi provinciali, dei comuni e dei luoghi pii. 45 desimi eransi fatte dal Ministero dell’Interno delle inversioni a favore delle altre Provincie. Ciò sommariamente dispiacque a tutti i membri del Consiglio, il quale lesse in questa misura la disposizione di rapire ad una Provincia tanto bisognosa di risorse per instabilirsi le istituzioni di istruzione pubblica, e che non avendone nulla ricevuto dal Governo, faceva tutti gli sforzi per procurarsene a carico di se stessa. Quindi il Consiglio implora colla più viva espressione della preghiera: 1°) di farsi la integrale restituzione delle partite invertite, che non possono esserlo state, che per semplici impronti, giacché una Provincia povera non poteva essere chiamata a soccorrere senza ritorno le ricche; 2°) a non permettersi successive inversioni, onde non privare il Sannio di tutti que’ mezzi, che i suoi sforzi han procurato e van procurato all’oggetto; 3°) che S.E. il Ministro dell’Interno si degni implorare dalla munificenza del Re un rilascio che il Ministro medesimo ha fatto sperare; sulla compra della tenuta di Cantalupo in Rotello, che deve formare una seconda dotazione del R. Collegio Sannitico; 4°) che rimanga approvata la proposta del Sig. Intendente di chiamarsi i Comuni a far de’ soccorsi ad imitazione di questa centrale proporzionatamente alle risorse loro, calcolatisi assai meno per dazi di consumi, che sulle loro rendite particolari. 5°) che si approvi la proposta accennata al Consiglio dall’Intendente medesimo di tutte le inversioni di articoli, che ne’ Budgets Provinciali potranno essere fatte per lo stesso uso di compra di fondi; 6°) che, secondo l’Intendente ha proposto al Consiglio, ed andrà a proporre al Ministro dell’Interno, si approvi il progetto di richiamare il Monte de’ maritaggi della Famiglia Santellis esistente in questo Comune di Campobasso all’oggetto della sua prima istituzione, che era appunto per il ramo dell’istruzione pubblica, addicendosene tutte le rendite al R. Collegio, col bene di dare al Comune il diritto di talune piazze franche da concedersi in preferenza a quegli degli eredi maschi 46 della fondatrice della famiglia Santellis, sopprimendosi anche le due Cappellanie non si sa da chi autorizzate, che attualmente dal luogo pio si vagano dietro la mente degli attuali godenti, quante volte non potesse darsi loro altra situazione. L’ora essendo avanzata il Presidente ha detto di voler terminare la sessione. Ciò detto, si è trovato conforme al deliberato, la sessione si è sciolta. Firmato Giampaolo Presidente Rienzolechiarizia segretario.30 Con la caduta di Napoleone seguì il periodo della Restaurazione caratterizzata dal tentativo dei governi assoluti e delle aristocrazie di riaffermare quei principi etici e politici che la rivoluzione francese e il cesarismo napoleonico travolsero e offuscarono e che si volevano far rivivere attraverso una rinnovata alleanza fra il trono e l’altare, tra l’alto clero e l’aristocrazia più legata al passato. Il congresso di Vienna riportò i Borboni sul trono di Napoli e re Ferdinando IV assunse il titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie. Il Sovrano, ritenendo il decennio francese solo un temporaneo periodo di occupazione militare emanò leggi eccezionali contro i murattiani, ma confermò sostanzialmente le riforme realizzate dai francesi tra le quali quella sulla Pubblica Istruzione apportando solo modifiche in quelle parti che gli servirono per consolidare il proprio potere. Lo stesso fecero le amministrazioni periferiche del Regno tra le quali il Consiglio Generale della Provincia di Molise, nominato dal Re, che convocato nell’ottobre 1815 sebbene per principii fosse avverso al Consiglio dell’anno passato, pure, riguardo al Collegio, accettò e raccomandò al Re tutte 30) ACNMP, b. 6, f. 93. 47 le proposte del medesimo, d’accordo in ciò col Capo della Provincia, e continuò anche con maggior zelo e con felice risultato l’opera dell’Amministrazione precedente.31 L’assemblea in particolare approvò e raccomandò al Re le seguenti proposte dell’Intendente: 1°)La cessione al Collegio per la sua dotazione de’ residui beni dei Conventi soppressi, beni già ceduti alla Provincia per opere pie, coll’obbligo a questa di un contributo annuo di ducati diecina per anni tre, per il compimento della strada da Pontelandolfo a Campobasso. Il valore capitale di questi beni era stato calcolato in ducati 20 mila, ma una parte di essi era stata già distratta per altre opere e specialmente destinata alla costruzione del carcere centrale, il cui appalto era stato di ducati 11962,60. Quindi si propose, che terminato il carcere, il residuo di questi beni fosse destinato alla dotazione del Collegio. 2°)Si rinnovò al Governo il voto espresso dal Consiglio Generale dell’anno precedente per un ratizzo sui Comuni da durare secondo i bisogni. La somma che doveva dare questa tassa, quale fu iscritta sul bilancio dell’anno 1815 era di ducati 10450: quella impostata nel bilancio dell’anno 1816 era di ducati 10 mila, con questa clausola: Salve le variazioni derivanti dal non esigersi la rispettiva quota da qualche Comune. Il ratizzo imposto ai Comuni importava l’obbligo dell’acquisto dell’ampia tenuta di Cantalupo, conforme ad una Ministeriale del 14 maggio 1814, che autorizzava la compra di beni stabili demaniali ed anche di altra provenienza per la dotazione del Collegio. 3°)Si rinnovò al Governo l’istanza già fatta l’anno 1814 di de31) L. Lace, op. cit., p. 39. 48 stinare alla dotazione del Collegio la rendita dell’eredità di D. Agostino Santellis, che secondo la mente del testatore doveva servire per l’Istruzione Pubblica. Il valore capitale di questa eredità era calcolata in ducati 12,905,08.32 In realtà la maggior parte dei comuni dal 1815 al 1820 pagarono somme ingenti per dotare il Collegio nonostante che la Provincia avesse preventivato che più di qualche ente non avrebbe versato la tassa prestabilita. Queste rendite, insieme con quelle derivanti dai beni residui dei monasteri soppressi e dal lascito Santellis, permisero di coronare dopo molti anni le aspirazioni dell’intera provincia molisana. Un’apposita commissione presieduta dall’intendente Zurlo prescelse come sede del Collegio il soppresso convento di San Francesco della Scarpa,33 nel cuore di Campobasso (fin dal 1807 era stato adibito a caserma della Compagnia Provinciale), abbandonando l’idea iniziale del convento dei Cappuccini di Santa Maria della Pace perché ritenuto troppo distante dal centro abitato. Notizie dettagliate su questo monastero le ricaviamo da uno studio di padre Eduardo Di Iorio.34 Aveva l’appellativo della “Scarpa” perché i Religiosi erano calzati a differenza dei Minori Osservanti e dei Cappuccini che vanno scalzi. Era il più bel monastero della città. 32) Ivi, p. 40 33) Il Consiglio Generale della Provincia adottò la decisione con delibera dell’8 ottobre 1814. 34) E. Di Iorio, Campobasso. Itinerari di Storia e di Arte, Campobasso, Arti Grafiche La Regione, 1978, pp. 142-143. 49 Sorto nell’età Angioina (esisteva già nel 1340) divenne uno dei più insigni conventi della Provincia: nel 1781 vi fu collocato un Ginnasio Generale. Vi si celebrarono 5 Capitoli Provinciali (1602, 1706, 1739, 1742 e 1781). Lo illustrarono: il Magister munices fr. Cosimo da Campobasso (1623) e i Ministri Provinciali Desiderio (1624), Serafino Giuliani (1739) e Gaetano Labella (1757). Chiuso con la soppressione napoleonica. … Così lo descrisse Nauclerio nel 1688: «Ha l’affacciata verso la Piazza, con piramidetta di pietra del paese avanti la Chiesa con tre gradini, piedistallo colonnetta e Croce sopra. Consistente la detta affacciata in nove arcate con suoi pilastri fra i quali vi è la porta del chiostro e la porta della Chiesa con ornamento gotico di pietra del paese: appresso di detta arcata vi sono due magazzini. Sopra di dette arcate vi è l’abitazione con sei finestre e due logge a destra e sinistra della porta della Chiesa con tre archi e colonnette coverte a tetti: e nella voltata dell’angolo della detta Chiesa, dalla parte di fuori vi sono numero undici archi, che formano un corridoio a piano della Piazza, quali arcate con li detti due magazzini, li Padri li affittano in tempo di fiera». In questo veniva dato con frequenza alloggio ai forestieri di passaggio per il capoluogo del Contado. Verso la metà del 1700 nel chiostro di questo Convento avevano l’abitudine a riunirsi i Confratelli di Santa Maria della Croce i quali procedevano all’elezione dei reggimentali, cioè degli amministratori comunali che venivano sostituiti anno per anno. L’oggetto delle loro delibere era uno solo, anche se riguardante la locale Università. La Chiesa era carina: aveva altari di juspatronato delle famiglie Scacchis, Ciccarelli, De Attellis, Delli Marchi, Pistilli e Bianchini: aveva un coro di pregevole fattura, fatto a pezzi, arso da soldati che vi alloggiavano nel 1812. Il Convento fu anch’esso danneggiato dal terremoto del 1805. 50 Frattanto re Ferdinando con i decreti del 2 e del 16 agosto 1815 aveva dato alle scuole del Regno un nuovo ordinamento scolastico suddiviso in cinque ordini: 1° Istruzione primaria per la massa del popolo 2° Istruzione delle scuole secondarie 3° Istruzione dei Collegi 4° Istruzione dei Licei 5° Istruzione della Regia Università degli Studi. Con lo Statuto35 del 14 febbraio 1816 furono emanate anche precise disposizioni per i Collegi con annessi Convitti relativamente alle materie d’insegnamento, ai libri di testo, agli esami, alla direzione, agli onorari dei professori e al vitto. Tale Statuto precedeva di un solo mese il regio decreto del 12 marzo 1816 col quale venne creato il Real Collegio Sannitico di Campobasso. Esso recita: Ferdinando IV, per la grazia di Dio, Re delle Due Sicilie, di Gerusalemme ecc. Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza Castro ecc. Gran Principe ereditario di Toscana ecc.ecc. Volendo secondare il voto del Consiglio Generale della Provincia di Molise e gli sforzi fatti dai Comuni e dagli abitanti della stessa Provincia per la dotazione del Collegio Sannitico da stabilirsi in Campobasso; 35) Gli Statuti regolavano la vita all’interno dei Collegi. Ne stabilivano dal punto di vista didattico le materie, gli orari e le relative esercitazioni. Gli Statuti inoltre prevedevano anche un ordinamento in relazione al pagamento degli stipendi di tutto il personale direttivo, educativo ed amministrativo. 51 Visto il rapporto del nostro Segretario di Stato Ministro dell’Interno; Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue. Art. 1 Al cominciamento dell’anno scolastico in novembre prossimo sarà aperto in Campobasso, nel locale che si trova con precedenti determinazioni, il Collegio Sannitico per l’istruzione pubblica della Provincia di Molise. Le spese di riduzione di detto locale saranno fatte con le rendite del Collegio disponibili in questo anno e con altri mezzi che verranno adottati dal Ministero dell’Interno sulla proposta dell’Intendente. Art. 2 La dotazione del detto Collegio sarà composta: I) del residuo dei beni addetti già alla strada Sannitica, ed attualmente appartenenti alla Provincia per uso di opere pubbliche, in compenso della contribuzione che sta pagando per costruire la detta strada; II) dai beni dell’eredità del benemerito testatore D. Agostino Santellis di Campobasso: il testatore nella sua pia istituzione avendo avuto in mira la Pubblica Istruzione, la sua volontà è adempita con l’attuale dotazione; III)dai beni acquisiti per questo oggetto con fondi comunali, e da quelli che l’Intendente e la Deputazione del Collegio nominata dal Consiglio Generale e da Noi approvata sono autorizzati ad acquistare coi mezzi finora usati sino alla completa dotazione; IV)finché la dotazione non sarà completa, a ciò che manca, sarà annualmente supplito, dal giorno dell’apertura del Collegio, dal Comune di Campobasso e da altri Comuni della Provincia, sugli stati discussi, in proporzione delle rispettive risorse; secondo il ratizzo che ne farà il Consiglio Generale, a proposta dell’Intendente, e che sarà sottomesso alla approvazione del Ministro dell’Interno. 52 La rata di Campobasso è fissata in ducati 800 annui, in considerazione dei particolari vantaggi ch’esso ritrae dal Collegio. Art. 3 La Deputazione del Collegio prenderà subito il possesso e l’amministrazione dei beni che costituiscono la detta dotazione, per impiegarne la rendita a vantaggio dello Stabilimento, all’infuori però della rendita dei beni enunciati al n. 1 dell’articolo precedente, la quale, per tutto corrente, sarà impiegata alla costruzione delle prigioni di Campobasso, a cui si trova addetta. Art. 4 In compenso del beneficio fatto al Collegio, è accordato ai discendenti del Santellis il diritto di una piazza nel Convitto del Collegio colla prerogativa del grado, senza che si possa un tal diritto trasferirsi ad estranei. È parimenti accordato ai Comuni, che han contribuito e che contribuiranno alla dotazione del Collegio, quel numero di piazze franche in favore dei loro concittadini, che corrisponderà alle somme somministrate, secondo la proporzione che verrà fissata dal Ministro dell’Interno sull’avviso dell’Intendente del Consiglio Generale, intesa la Commissione di Pubblica Istruzione. La proposta alla piazza dovuta ai discendenti del Santellis apparterrà ad un Consiglio di famiglia; e la proposta alle piazze dovuta ai Comuni apparterrà ai rispettivi Decurionati, sotto la nostra approvazione, così nell’uno come nell’altro caso. Elevandosi questioni di preferenze al godimento delle dette piazze franche saranno portate alla decisione del Consiglio d’Intendenza. Art. 5 Il nostro Segretario di Stato Ministro dell’Interno è incaricato della esecuzione del presente Decreto – firmato Ferdinando da parte del Re – Il Ministro Segretario di Stato: Tommaso di Somma.36 36) ACNMP, b. 6, f. 93. 53 In concomitanza con quello di Campobasso, in ciascuna delle altre Province dei domini di qua del Faro del Regno, vennero istituiti altri 11 Collegi e più precisamente quelli di Terra di Lavoro in Maddaloni, Tulliano in Arpino, di Basilicata in Potenza, di Principato Ulteriore in Avellino, di Capitanata in Lucera, di Terra d’Otranto in Lecce, di Calabria Citeriore in Cosenza, della Prima Calabria Ulteriore in Reggio, della Seconda Calabria Ulteriore in Monteleone, dell’Abruzzo Citeriore in Chieti e del Primo Abruzzo Ulteriore in Teramo. Appena promulgato il decreto il Consiglio Generale della Provincia, così come stabiliva l’articolo 2, punto III, nominò la Deputazione37 che ebbe l’incarico di amministrare le rendite ed 37) La nomina di questa deputazione faceva riferimento a quanto espressamente contenuto nel r.d. del 30 maggio 1807. Nel tempo le norme cambiarono. Il r.d. del 14 febbraio 1816, artt. 84 e 188, affidò la gestione dei beni dei licei e dei convitti a una «Commissione amministrativa composta dall’Intendente della Provincia e sottointendente del distretto dove il liceo è stabilito, del Rettore e di due Proprietari». Il Regolamento per le scuole secondarie classiche e per i convitti del 10 aprile 1861, art. 69, stabilì che il C.d.A. doveva essere composto da un consigliere municipale, un consigliere provinciale, uno o più cittadini autorevoli nominati dal governo e dal Rettore Presidente. Il Regolamento dei convitti nazionali, approvato con r.d. 11 novembre 1888, art. 70, fissò in un triennio la durata del C.d.A. composto da un consigliere provinciale, da un consigliere comunale del luogo sede del convitto, di una «persona nominata dal Ministro, da un funzionario designato dall’Intendente di Finanza della Provincia, dal Rettore presidente». Il r.d. n. 1054 del 6 maggio 1923, art. 121, stabilì che il C.d.A. fosse così composto: Rettore presidente, un delegato del Consiglio Provinciale, un delegato del Consiglio Comunale, due membri nominati dal Ministro della Pubblica Istruzione, un funzionario designato dall’Amministrazione finanziaria della Provincia. Tale normativa, tuttora vigente, è riportata nell’art. 203 del d legisl. n. 297 del 16 aprile 1994. 54 acquistare, fino alla completa dotazione del Collegio, i beni immobili. Membri della Deputazione furono i campobassani Giuseppe De Rubertis e Giacomo De Marco, Serafino Chiarulli di Ferrazzano, Pasquale Salottolo con funzioni di cassiere38 e Luigi Rateni di Frosolone. Intanto l’Intendente diede immediatamente corso al bando di gara per l’appalto dei lavori necessari per la trasformazione in Convitto dell’ex convento di San Francesco.39 Il progetto fu elaborato gratuitamente40 dall’architetto campobassano Berardino Musenga, già membro del Consiglio Generale della Provincia, che in quegli anni dettò anche le direttive del piano di sviluppo urbanistico della città e curò la ricostruzione della chiesa della Ss. Trinità crollata col terremoto del 26 luglio 1805. In ogni comune della Provincia il 16 maggio 1816 vennero affissi gli avvisi per due gare d’appalto: la prima relativa ai lavori di adeguamento del vecchio edificio ecclesiastico per un importo di 2319,75 ducati, la seconda per l’ampliamento41 di ducati 21836,92. Fu stabilito che i locali del Convitto dovessero essere capienti per ospitare da subito 60 convittori.42 I lavori iniziarono nel giro di qualche mese e andarono avanti abbastanza celer38) Venne dapprima surrogato da Eugenio D’Alena e, successivamente, da Nicolangelo Mascilli di Campobasso. 39) L’edificio fu danneggiato dal terremoto del 1805. 40) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale e R. Liceo-Ginnasio “M. Pagano” di Campobasso. Notizie Storiche, Campobasso, Arti Grafiche Di Nunzio & Santorelli, 1940 (XVIII E.F.), p. 31. 41) Tutte le amministrazioni che si avvicendarono dal 1816 in poi non abbandonarono mai il progetto di ampliare l’edificio. Esso però trovò molti ostacoli, a partire da quelli finanziari, prima che si potesse concretizzare. 42) ACNMP, b. 27, f. 440. 55 Bando di gara per l’appalto dei lavori necessari per la trasformazione in Convitto dell’ex convento di San Francesco (1816) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 56 mente per rispettare il termine dell’apertura del Collegio fissato dal decreto reale per il novembre successivo. In realtà l’adeguamento dell’edificio continuò anche dopo la sua apertura per la trasformazione di alcuni locali interni.43 Da una descrizione ricavata dal progetto dell’architetto Musenga il Collegio aveva cinque camerate delle quali quattro assai ampie, otto aule studio, il refettorio, la cappella, l’infermeria, la cucina, la stanza del Rettore, del Vicerettore, del Prefetto d’ordine e dei maestri oltre a vari ambienti destinati al personale del convitto, molti fondaci e giardino. I lavori di restauro, per la parte muraria, vennero eseguiti da Angelo Di Tullio, Beniamino Francesco e Raffaele Guariglia, campobassani.44 Nel corso degli anni gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, così come risulta dai carteggi dell’Archivio del Convitto, furono numerosissimi prima che avvenisse la costruzione del nuovo edificio i cui lavori avviati nel 1879 vennero ultimati nel 1900. Al Collegio, dopo qualche anno, fu annesso45 anche un oratorio46 per gli studenti esterni stabilito nell’antica chiesa di Santa Maria Maddalena, in via Ferrari, oggi non più esistente. Due mesi prima dell’inaugurazione fu chiamato a svolgere le funzioni di Rettore il sacerdote di origine pugliese Alessandro Gennaro dell’Erba, dei chierici Regolari, che diede il suo contributo anche per la scelta dei docenti. Dell’Erba fece parte, così come dettava il decreto del 14 febbraio 1816, della commissione amministrativa, ovvero del primo Consiglio d’Amministrazione, 43) 44) 45) 46) Ivi, f. 441. Ibidem. L’oratorio funzionò fino al 1860. Oggi è ubicato al secondo piano del convitto. 57 insieme con l’intendente Biase Zurlo e i campobassani Giuseppe Sipio e Carlo Bellini entrambi “proprietari”.47 Il gran giorno finalmente arrivò. Il 16 novembre 1817, con l’intervento delle massime autorità della Provincia e di molti sindaci, fu inaugurato il Collegio Sannitico. Tutti i meriti andarono all’intendente Biase Zurlo che «per questa grande opera» – come rimarcò nel suo discorso Gennaro Petitti, ispettore distrettuale delle scuole –, «il Sannio» lo «nominerà Erennio redivivo». Il rettore Dell’Erba, invece disse: Un Re ha incoraggiato i vostri nobili sforzi ed accolte le vostre brame, ha coronato l’opera vostra con l’accodarvi nella vostra capitale, come ornamento più bello, uno stabilimento nel quale i vostri diletti figli verranno a nutrirsi di quei sani principi di Pubblica Istruzione, la quale con metodi illuminati, saggi ed uniformi, già diffusi in tutto il Regno, farà progressivamente sudditi fedeli allo Stato, cittadini onorati alla Patria e floridi rampolli, feraci di utili frutti, alle rispettive famiglie. La comunità convittuale Gli alunni I nuovi indirizzi politici e pedagogici dei napoleonidi prima e dei Borboni dopo propugnarono che l’educazione della gioventù dovesse essere funzione esclusiva dello Stato, al quale competeva di diritto la formazione dei cittadini. Il decreto del 1807 ebbe 47) E. Di Iorio, Campobasso. Itinerari di Storia e di Arte, cit., pp. 142-143. 58 proprio questo intento: creare cioè degli istituti in cui i giovani fossero educati e istruiti secondo gli intenti dello Stato e l’educazione letteraria, come aveva insegnato Matteo Galdi, fosse accompagnata con quella morale e politica, non potendosi avere buoni cittadini – egli scriveva «senza virtù politiche».48 Era quindi una laicizzazione dell’insegnamento, cui non poteva non opporsi l’autorità ecclesiastica, la quale tuttavia riuscì attraverso altri sistemi ad esercitare il pieno controllo della gioventù e dell’istruzione. Le disposizioni emanate riservarono infatti agli ecclesiastici, all’interno dei Convitti, le pratiche del culto e dell’insegnamento religioso e, in alcuni casi, come per il Collegio di Campobasso, i Rettori furono fino al 1867 tutti ecclesiastici. Sacerdoti erano per disposizione regia anche i Prefetti di camerata. A questo si aggiunga poi che per l’ammissione in Convitto era necessario un certificato di buona condotta rilasciato dal proprio parroco. Nel Collegio, dunque, dovevano essere formati uomini di studio, di fede e di carattere con l’obiettivo di rinnovare i quadri civili del Regno e, in seguito, del nuovo stato unitario. L’ammissione, soprattutto se gratuita, nel periodo borbonico, era di stretta competenza del Re al quale spettava, su proposta dell’Intendente, valutare le qualità intellettuali, morali e fisiche dei giovani aspiranti.49 Per il primo anno scolastico il Real Collegio Sannitico fece registrare un gran numero di domande di ammissione alcune delle 48) M. Orza, L’educazione nazionale nel pensiero di Matteo A. Galdi, in Studi di Storia Napoletana in onore di Michelangelo Schipa, Napoli, 1906, p. 653. 49) Dopo l’Unità questo compito passò al C.d.A. che dopo aver valutato le domande di ammissione per i posti gratuiti e semigratuiti inviava al Ministero della Pubblica Istruzione i nominativi degli studenti ritenuti in diritto. 59 quali vennero inviate all’Intendente addirittura molti mesi prima della sua apertura. Dai fascicoli personali dei convittori è possibile ricavare i comuni di provenienza: oltre che dalla provincia molisana vennero ammessi in Convitto anche pugliesi (Celenza) e abruzzesi (Vasto, Casalanguida, Atessa). Erano per la maggior parte figli di ricchi proprietari o di nobili. Tra questi vi era, ad esempio, Francesco Cavoli, figlio di Nicolao, barone di Policorvo (Abruzzo) e di Irene Cardone, baronessa Oppidi vulgo Castelbottaccio … che per la sua entrata in Collegio ha fatto il versamento del semestre anticipato a contare dal detto nuovo anno, ma anche dell’importo dei rimanenti giorni del corrente decembre.50 I paganti, il primo anno, furono circa 30. Discreto anche il numero di posti gratuiti e semigratuiti51 che furono assegnati, le cosiddette “piazze franche” o “mezze piazze franche,” che l’Intendenza riservò esclusivamente ai giovinetti di quei comuni che erano in regola con il pagamento del contribuito destinato alla dotazione del Collegio. Le domande che arrivarono all’Intendente furono più o meno tutte simili a quelle che presentarono l’arciprete di San Martino in Pensilis don Felice Vietri per chiedere l’ammissione del nipote Gaspare e Vittoria D’Alena per il figlio Francesco Guardati. Eccellenza, L’Arciprete Felice Vietri di San Martino in Pensilis con supplica 50) ACNMP, b. 334, f. 1892. 51) Si trattava di vere e proprie borse di studio legate a lasciti vincolati o testamentari ad opera di benefattori. Queste borse consentivano ai beneficiari la permanenza, appunto gratuita o semigratuita, presso il Convitto. 60 espone che egli ha un nipote che conta l’età di anni dieci. È istruito sufficientemente ne’ studj corrispondenti alla sua età. La natura non è stata avara nel dotarlo di talenti. Conseguentemente è necessaria in Lui una costante istruzione. Le circostanze di famiglia non sono così felici di poter supplire a quelle spese necessarie per conseguirla. D’Altronde l’oratore non può mancare di accoppiare a tale considerazioni quella della sua persona. L’aver esercitato un’arcipretura per quattordici anni; l’esser stato predicatore in varie città e paesi del Regno; l’aver esercitata la carica di Lettore nel Seminario di Larino; e l’esser stato finalmente sempre attaccato al Suo Legittimo Sovrano; sembra da tutto ciò che le considerazioni nascenti debbano influire in beneficio del nipote. Prega quindi Sua E. volersi compiacere di accordar la grazia a detto suo nipote di essere ammesso a piazza franca nel Liceo che va ad installarsi in Campobasso, o in altro della Capitanata, o di Provincia.52 La signora D’Alena, invece, così si espresse: Eccellenza, Vittoria D’Alena della Città di Campobasso, vedova del Giudice Criminale D. Andrea Guardati, umilmente rassegna a V.E., che fin dal mese di novembre dell’anno scorso nell’esporle le sue infelici circostanze, La tenne supplicata a benignarsi di prendere in considerazione lo stato dei di Lei figlio Francesco Guardati per ottenere la Grazia di vederlo collocato in una delle piazze franche del Collegio Sannitico, che va ad aprirsi sotto gli auspici dell’E.V. Non essendo stata finora la supplica né rimessa per informo, né in altro modo provveduta, torna ad implorare dalla Magnanimità dell’E.V. la grazia indicata, e che si augura di ottenere…53 52) ACNMP, b. 353, f. 2023. 53) Ibidem. 61 Dai carteggi dell’Archivio è possibile ricavare anche «lo stato degli alunni proposti dai Decurioni per le mezze piazze franche». Ad esempio, per il Distretto di Larino, che comprendeva i circondari di San Martino, Casacalenda, Bonefro, San Giuliano, Montefalcone, Termoli, Guglionesi, Montenero, Rotello, Civitacampomarano, Guardialfiera e Lucito gli alunni proposti furono in totale 44 di età compresa tra gli 8 e i 16 anni, ma di questi solo 12 vennero scelti dal sottointendente. Come risulta dalle «osservazioni» trasmesse all’Intendenza la maggior parte erano stati esclusi perché avevano contratto «il vajuolo».54 Dal Progetto di ripartizione finale elaborato dall’Intendente risulta che le «piazze franche»,55 furono ripartite tra comuni di Campobasso (3), Morcone (2), Isernia (1), Bojano (1), Guardialfiera (1), Larino (1), Riccia (1), Casacalenda (1), Trivento (1) e Agnone (1) mentre le 17 «mezze piazze franche» tra quelli di Bonefro, Frosolone, Montefalcone, Ponte (?), Civitacampomarano, San Martino, Vinchiaturo, San Giuliano di Puglia, Bagnoli del Trigno, Montenero di Bisaccia, Ripalimosani, Guglionesi, Termoli, Lucito, Limosano, Campochiaro e Rotello.56 L’andamento del numero degli studenti nel Collegio Sannitico fu più o meno costante (60-90) negli anni che precedettero l’Unità d’Italia. A partire dal 1867 il loro numero, anche per le nuove offerte formative, iniziò a salire come pure quello dei posti gratuiti dal momento che il Consiglio d’Amministrazione, a più riprese, scelse di allargare sempre più la fascia sociale di tali benefici. Pro54) Ibidem. 55) Alla famiglia Santellis, che col proprio patrimonio contribuì alla dotazione del Collegio, per «diritto» fu riconosciuta una sola «piazza franca». 56) ACNMP, b. 353, f. 2023. 62 Concessione da parte del Re di un posto semigratuito al Real Collegio Sannitico, 30 aprile 1819 - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 63 gressivamente è aumentato anche il numero dei semiconvittori. Questa tendenza si è affermata soprattutto negli anni Settanta del Novecento con l’evolversi in chiave moderna della società che ha radicalmente cambiato le abitudini delle famiglie facendo venir meno l’esigenza convittuale. Determinante in questo processo evolutivo è stata anche l’emancipazione della donna e il nuovo ruolo che essa svolge nel mondo lavorativo. Da qui la necessità di gestire i figli anche negli orari pomeridiani sì da consentirle una maggiore autonomia durante la giornata. Proprio questo spiega perché oggi è elevato il numero dei semiconvittori (305) rispetto ai 21, ad esempio, del 1930. Divisi dapprima in squadre da cinque, poi sette ed infine otto, il numero degli studenti (compresi convittori e semiconvittori) furono per anno scolastico: 1867-1868 96; 1868-1869 94; 1869-1870 92; 1872-1873 164; 1875-1876 270; 1887-1888 122 divisi in sette squadre; 1893-1894 133; 1918-1919 133; 1922-1923 173; 1925-1926 172; 1926-1927 182; 1928-1929 116; 1930-1931 122; 1931-1932 153; 1932-1933 152; 1937-1938 152; 1938-1939 166; 1939-1940 156 divisi in otto squadre; 1941-1942 171; 1942-1943 188; 1945-1946 137. Per l’anno scolastico 2008-2009 gli alunni delle scuole elementari e medie, tutti semiconvittori, sono complessivamente 298 mentre 303 (di cui 7 semiconvittori) sono gli studenti che frequentano il Liceo Scientifico con peculiarità europeistiche. I convittori, molti dei quali provenienti anche da fuori regione, sono in totale 35. Uniformi e corredi L’uniforme e il corredo hanno sempre avuto grande importanza nei Convitti. Denotavano in qualche modo l’appartenenza esclusi- 64 va ad una organizzazione scolastica che si proponeva come punta di diamante per l’educazione dei giovani. Ma uniformi e corredi confermavano anche la connotazione economica e sociale dei loro fruitori dal momento che il costo dell’abbigliamento inizialmente superava il valore dei 180 ducati. Nel 1817, all’apertura del Collegio Sannitico, l’uniforme dei convittori era di castoro blu, con paramaniche e collaretto di color celeste, gigli ricamati in oro alla spalle, e con bottoni dorati con la legenda “Reale Collegio Sannitico” in mezzo a tre gigli. Calzoni dello stesso castoro e colore. Camiciuola di Casimiro. Cappello con coccarda rossa. Cappietto d’oro e bottone come sopra.57 Tra gli altri oggetti che caratterizzavano il corredo che doveva essere completo all’atto dell’ammissione un letto completo, un mobile per conservare gli abiti di una forma stabilita. Una piccola scansia per riporre i libri. Camice di tela numero 6 – Salvietti numero 6 – Tovaglie numero 6 – Fazzoletti bianchi numero 6 –, per l gola numero 6 – Calze di filo bianco paia 6 – Due paia di scarpe – Una posata d’argento – Un piccolo scrittoio – Un calamaio di ottone – Un crocifisso pel letto – I libri relativi alla sua classe – Un abito per la casa di panno di Arpino grigio con sottoveste uguale. Un altro per l’està di tela di lamelina.58 57) Il Regolamento interno del 1861 stabilì per i convittori una nuova divisa composta da «cappotto, tunica e pantaloni a modello di Guardia Nazionale». 58) ACNMP, b. 27, f. 451. Nel 1861, nel corredo dei convittori, figurava ancora la «posata d’argento». 65 Le divise (una circolare ministeriale del 1896 stabilì la loro uniformità per tutti i Convitti nazionali d’Italia) rimasero sostanzialmente immutate fino alla seconda guerra mondiale e oltre, mentre per i corredi furono introdotte novità già a partire dai primi anni del Novecento come quella che prevedeva all’art. 24 del Regolamento che fosse a carico del Convitto «fornire ai nuovi alunni un letto di ferro con rete metallica, un cassettone, un tavolino da studio, tre seggiole ed una posata».59 Le divise di colore nero per i convittori e «l’obbligo dell’uso del berretto uniforme»60 anche per i semiconvittori restarono in vigore fino alla fine degli anni Sessanta. La giornata dei convittori Tutta la vita degli allievi – osserva Carmen Ziviello – «era scandita da una rigorosa ripartizione del tempo e degli obblighi cui ottemperare nell’arco dell’intera giornata, dallo studio alla preghiera e all’esercizio fisico».61 A regolare la vita dei Collegi erano gli Statuti (i C.d.A. potevano adeguarli alle esigenze interne) che ne stabilivano dal punto di vista didattico le materie, gli orari e le relative esercitazioni. Gli Statuti prevedevano anche precise norme relativamente al pagamento degli stipendi del personale direttivo, educativo ed amministrativo. La giornata del convittore nel Reale Collegio Sannitico di Campobasso alla sua apertura era dettata dal regio decreto del 14 febbraio 1816. 59) Ivi, b. 9, f. 133. 60) Ibidem. 61) C. Ziviello, Cenni storici, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli. La memoria dell’Istituzione, a cura di Vincenzo Racioppi, Napoli, 2007, p. 47. 66 I prefetti faranno levare i Convittori alle 9 di Francia nelle vacanze ed alle 6 e mezza nelle giornate di scuola. Appena vestiti gli Alunni andranno alla preghiera che sarà fatta in ogni Camerata. Quella, compresa il tempo per vestirsi, non dovrà durare più di mezz’ora. Finita la preghiera passeranno alla Sala di Studio. Se il Convittore potrà averla, o nella Camerata, ove resteranno per prepararsi alle lezioni per un’ora e mezza.62 Nel 1914, preside Pasquale Di Rienzo, fu approvato un nuovo Regolamento interno che riorganizzò nel modo seguente l’orario per i convittori. Nell’inverno: Giorni di scuola Giorni di vacanza Sveglia e preghiera ore 5,30 Ore 6 ore 6,30-7 e tre quarti Studio ore 6-7 e tre quarti Colazione ore 7 e tre quarti idem Scuola ore 8-11 Messa ore 8 Colazione e Ricreazione ore 11ore 9-11 Belle arti ore 11 Colazione in sala udienza Studio ore 12-13,00 Scuola ore 13,00 ore 12,30-14,00 Belle arti Passeggio o ginnastica ore 15,30ore 14,00-15,30 Passeggio o ginnastica Pranzo ore 17,00 idem Studio ore 18,30-20,30 ore 18,30-20,00 studio Preghiera e riposo ore 21,00 idem La sveglia durante il periodo estivo era alle ore 6; la passeggiata dalle ore 18.30 alle 19.30 con la possibilità di avere un’ora e un quarto di riposo nell’arco della giornata. 62) ACNMP, b. 27, f. 451. 67 Dall’Annuario del Convitto del 1926, rettore Cesare Ferrero, risulta che l’orario interno fu nuovamente modificato. Esso prevedeva che i convittori si levassero alle ore 6 e mezza d’inverno ed alle ore 6 d’estate, e dopo un’accurata pulizia della persona attendono ai loro doveri scolastici sotto la guida e la vigilanza dei rispettivi istitutori fino all’ora della colazione, che precede di mezz’ora l’inizio della scuola (ore 9 d’inverno – ore 8 e mezza d’estate … Dopo il primo periodo di lezione, che ordinariamente è di tre o di quattro ore, secondo le classi, gli alunni hanno una breve ricreazione, durante la quale provvedono ad un’accurata pulizia delle mani, e poi vanno a pranzo. Escono a passeggio tutti i giorni: d’inverno, subito dopo il pranzo, d’estate, in ora opportuna secondo il tempo. Le squadre fanno le ricreazioni, a turno, o nei cortili o nella palestra coperta o nelle sale apposite. Il pomeriggio dalle 15,30 alle 18,30 è impiegato in occupazioni varie, che comprendono o scuola o studio o insegnamenti interni, distribuiti in modo che gli esercizi di educazione fisica e brevi ricreazioni costituiscano una razionale pausa al lavoro intellettuale. Dalle ore 18,30 alle 20,30 gli alunni attendono ai loro compiti scolastici. Fatta un po’ di pulizia personale, scendono in refettorio per la cena. Dopo questa, fanno per mezz’ora di ricreazione e quindi, recitate le preghiere della sera, se ne vanno a letto. Tali modifiche e quelle successive vennero stabilite tenendo sempre presente le disposizioni generali emanate dal Ministero della Pubblica Istruzione come, ad esempio, quelle del 1883 che il Consiglio d’Amministrazione del “Mario Pagano” adeguò nella seduta del 14 luglio 1915 e che la Giunta Provinciale per le Scuole Medie di Campobasso ratificò il 23 settembre 1915. 68 Oggi la giornata-tipo del convittore63 inizia alle ore 7 con la sveglia. Dalle 7 alle 7.45 cura dell’igiene personale. Ore 7.45 colazione. Dalle 8 alle 13.00 svolgimento delle attività didattiche. Ore 13.30 pranzo. Seguono le attività ludico-ricreative (ore 14-15), studio (15-17), altre attività ricreative e consumazione della merenda (17-18). Dalle ore 18.00 alle 19.30 studio. Dalle 19.30 alle 20.00 preparazione per la cena. Ore 20.00 cena. Subito dopo, in base all’ordine della scuola frequentata, si prosegue con l’attività di studio, con attività ludico-ricreative o altre attività programmate. Il semiconvittore partecipa alle stesse attività tra le ore 8 e le 18.00. Dalla vittimazione all’alimentazione dietetica bilanciata Il pranzo durante il periodo francese si svolgeva a mezzogiorno, abitudine che in quello borbonico venne posticipata alla 13.00. Oggi l’orario è rimasto pressoché invariato, ma i pasti vengono somministrati con più turni e per scuola di appartenenza considerato l’elevato numero di studenti. Nel periodo francese ma anche in quello borbonico sia nel Collegio di Campobasso che in altri istituti prima di iniziare il pasto i convittori, in silenzio ed in piedi, dovevano ascoltare il Benedicite; prima del pranzo, inoltre, un alunno designato di volta in volta doveva leggere per un quarto d’ora la Vita degli Uomini illustri Napoletani.64 Durante il pranzo «o la cena si terrà tutta la compostezza e la decenza che conviene agli alunni che sono in educazione. I Prefetti ed il Vice Rettore accostumeranno i Convittori a stare a tavola con 63) A cinque ore di attività didattica si aggiungono sessioni di studio e programmi ludico-ricreativi. 64) ACNMP, b. 27, f. 451. 69 proprietà». Inoltre «quando un Convittore a tavola avrà bisogno di qualche cosa, si rivolgerà al prefetto di Camerata, per ottenere il permesso di domandare».65 Il pranzo durava tre quarti d’ora e consisteva «tutti i giorni in tre piatti caldi pane e frutta; a sera un piatto caldo, insalata; nelle feste principali e nel giorno della nascita di S.M. un piatto caldo di più. Tanto a pranzo, quanto alla cena avranno di vino mezza caraffa per ciascuno i grandi, ed un terzo di caraffa i piccoli».66 Dalla tabella di vittimazione67 del 1816 che rimase sostanzialmente in vigore anche dopo l’Unità d’Italia (le variazioni furono limitate) si può evincere che i convittori erano divisi in «bocche grandi» e «bocche piccole» e le unità di misura utilizzate erano il rotolo e l’oncia napoletana. Al pranzo il pane pe’ grandi di peso di un quarto di rotolo e di un sesto di rotolo pe’ piccoli. Alla cena avranno tutti indistintamente un sesto di rotolo di pane, i piccioli saranno distribuiti a ragione di otto, ed i grandi di sei a rotolo per la carne, per lo pesce, e pe’ maccaroni. Il Baccalà sarà distribuito a sei rotolo per tutti. Per la pasta minuta saranno distribuiti indistintamente a ragione di sette a rotolo. Il rotolo sarà stimato dappertutto a 33 once Napoletane.68 Grazie alla documentazione esistente nell’Archivio del Convitto è possibile fornire anche come venivano somministrati i pasti nell’arco della settimana. 65) Ibidem. 66) Ibidem. 67) Il termine, ormai in disuso, indicava l’insieme delle abitudini alimentari di una singola persona, di un popolo o di una comunità. 68) ACNMP, b. 27, f. 451. 70 Colazione: Un biscotto di due once con della frutta di stagione. Pranzo. Domenica e giovedì: maccaroni, ragù di vaccina, frutta di stagione. Lunedì e mercoledì: minestra verde di stagione allesso di vaccina, arrosto di vaccina o di agnello. Martedì: minestra di riso, allesso di vaccina, lavoro di pasta. Venerdì: maccaroni, pesce minuto, uova in tegamino. Sabato: minestra di legumi, baccalà in umido, mozzarella e sfogliatelle rustiche. Cena: insalata ed un piatto caldo che sarà o arrosto di vaccina, o di agnello, o di frittura di uova, o di braciolette in umido, o baccalà, o pesce minuto.69 C’era anche un quarto piatto previsto «nei soli giorni di Pasqua, Natale, Corpus Domini ed ultimo di Carnevale come pure nel giorno della nascita di S.M.».70 Allegata alla tabella di vittimazione anche la «razione per ogni piatto» dalla quale si ricavano informazioni preziose circa il consumo degli alimenti. La carne sarà distribuita a ragione di sei a rotolo agli alunni grandi, e di otto a rotolo a’ piccoli. I maccaroni alla stessa ragione. Il riso a ragione di otto a rotolo per tutti. La pasta fina a ragione di sette a rotolo per tutti. Il pesce come la carne. 69) Ivi, b. 362, f. 2151. 70) Ibidem. 71 Tabella di vittimazione del 1816 - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 72 Il baccalà a ragione di sei a rotolo per tutti. Il piatto di uova consiste in due uova per ciascuno. […] Il vino sarà distribuito a mezza carafa per gli alunni grandi, ed un terzo di carafa per i piccoli, ed una carafa per i Professori, ed impiegati così la mattina, come la sera. Il pane verrà distribuito di once quattro per i grandi ed in once dodici per i piccoli. I frutti saranno di stagione e saranno distribuiti a ragione di mezzo rotolo per ciascuno al giorno.71 Risulta evidente che era privilegiato il consumo di alimenti ricchi di carboidrati, mentre minore era quello di verdure ricche di fibre vegetali e sali minerali. L’8 novembre 1892, rettore reggente Luigi Moschettini, entrò in vigore una nuova lista dei generi di vittimazione che introdusse, nella suddivisione settimanale dei pasti, alcune novità alimentari come, ad esempio, la verdura, la frittata, la frittura e le scamorze. Lunedì Pranzo: pastina in brodo e verdura, lesso con contorno, frittata di due uova con formaggio; Cena: minestra verde soffritta o pastina con formaggio, le quali si alterneranno secondo che la mattina si sia servito pastina o verdura e braciuole di vaccina o di maiale o scaloppine. Martedì Pranzo: maccheroni al sugo, ragù di vaccina o di maiale, frittura di patate o di riso. Cena: insalata di erbe o di patate, spezzato di vaccino o di maiale o di agnello o agnello al forno. 71) Ibidem. 73 Mercoledì Pranzo: pasta in brodo, lesso con contorno, scamorze al forno. Cena: minestra verde soffritta, due uova sode con acciuga. Giovedì Pranzo: cannelloni stufati, ragù, pizza rustica. Cena: insalata e genovese. Venerdì Pranzo: maccheroni al burro e alla salsa di pomidoro o (da novembre a marzo) zuppa di fagioli o ceci. Pesce in umido, frittura di patate o riso, o scamorza cruda. Cena: insalata, baccalà in bianco. Sabato Pranzo: riso al brodo con verdura, lesso con contorno, panzarotti fritti ripieni di uova e formaggio o pasta bignè. Cena: formaggio, due uova sode con acciuga. Domenica Pranzo: maccheroni al sugo, ragù, fritto misto. Cena: insalata, arrosto di vaccina o di maiale. Ogni prima domenica del mese sarà servito come quarto un piatto dolce.72 Il 31 ottobre del 1893, il Consiglio d’Amministrazione del Convitto – presenti il regio commissario Carlo Gambarini, il rettore Luigi Moschettini, i sanitari Alfonso Ianigro e Ferdinando Berardinone «nello scopo di formare una tabella dietetica pe’ convittori, mirando specialmente alla buona nutrizione e alla igiene dei medesimi, ed alla economia dell’amministrazione» modificare la tabella dell’anno precedente introducendo nell’alimentazione quotidiana anche le cotolette e il caciocavallo. Ma la vera novità riguardò le quantità delle razioni e dei 72) ACNMP, b. 362, f. 2157. 74 condimenti che, tranne per il vino, aumentarono rispetto al passato passando ai 250 grammi pe’ Convittori della 6°, 7° e 8° squadra; grammi 300 per i Convittori della 3°, 4° e 5° squadra; grammi 400 pe’ Convittori della 1° e 2° squadra; e che le frutte saranno servite indistintamente nella proporzione di grammi 400 per ciascuno.73 Il 26 novembre 1894, il Consiglio d’Amministrazione del Convitto, determinò un’ulteriore modifica alla tabella degli alimenti e alla loro quantità. Rispetto al 1893 tra i nuovi piatti che vennero introdotti figuravano la salsiccia fresca, il tacchino lesso o spezzato e il salame. Nel 1915, causa l’improvviso rincaro dei prezzi per lo scoppio della prima guerra mondiale che impose anche al Convitto di Campobasso di limitare le spese, il vitto ordinario venne distinto in tre soli pasti: Colazione caffè o caffè e latte con pane; Pranzo una minestra asciutta o in brodo, due pietanze, frutta, pane e vino; Cena una pietanza con contorno, frutta, pane e vino. Il pane viene dato a volontà. All’articolo 34 del Regolamento venne anche precisato che «il vitto è uguale per tutti salvo per gli ammalati e per i convalescenti, per i quali si seguono le prescrizioni del sanitario dell’Istituto».74 73) Ivi, f. 2158. 74) Ivi, b. 9, f. 133. 75 Nel corso del secondo conflitto mondiale invece si registrò una diminuzione delle razioni giornaliere pro-capite per le difficoltà di reperire i generi alimentari. Ai convittori veniva servito sia a pranzo che a cena solo il primo piatto e un secondo di verdure. Più ricco era invece il menù della domenica. La situazione tornò alla quasi normalità alla fine degli anni Cinquanta. Dai primi anni Sessanta si tornò all’alimentazione dietetica bilanciata. I pasti serviti oggi al Convitto “Mario Pagano” denotano un’attenzione particolare per una corretta e sana alimentazione degli studenti. Le pietanze servite nell’arco di quattro settimane vengono, su incarico del Consiglio d’Amministrazione, elaborate da un dietologo che bilancia la distribuzione delle calorie. Quattro anni fa il Convitto ha ottenuto la certificazione ISO 9000, importante riconoscimento per il controllo della qualità che quotidianamente viene attuato sull’intera filiera alimentare. Ancora oggi come duecento anni fa a preparare le pietanze sono cuochi interni al Convitto che un tempo venivano assunti direttamente dal Rettore. Con legge del 28 luglio 1961 essi, come tutto il resto del personale, vengono assunti attraverso un concorso pubblico. La disciplina La disciplina è ancora oggi uno degli aspetti fondamentali dell’educazione di ogni convittore. Rigore e serietà sono stati i principi ai quali il legislatore, in ogni tempo, si è ispirato per la formazione dei giovani pur nel totale rispetto della persona dal momento che già nel primo Statuto del 1816 veniva esplicitamente affermato che «i convittori non potranno ricevere castigo 76 corporale»75 in una logica «che appare chiaramente controcorrente rispetto ai metodi pedagogici dell’epoca».76 Infatti tra le sanzioni per «le di loro mancanze» erano previste la privazione della ricreazione, quella alimentare, il «banco della vergogna con la detenzione» che poteva essere imposto solo dal Rettore e, nei casi più gravi, l’espulsione dal convitto. Queste punizioni venivano applicate qualora i convittori non rispettassero taluni obblighi rimasti immutati per decenni. Di seguito si trascrivono integralmente alcuni articoli del Regolamento del 1816. Articolo 136 Uscendo i Convittori a passeggiare nei giorni feriali o in quelli che secondo le stagioni determinerà il Rettore a norma dell’articolo 114, andranno con quell’ordine che sarà loro prescritto dal Prefetto. Dovranno in tale circostanza comparire tutti abbigliati uniformemente secondo vien prescritto dagli Statuti. Articolo 137 Sarà vietato ai Convittori di uscir di camerata a meno che non debbano, o vogliano presentarsi al Rettore o al Vice Rettore per andar nelle rispettive abitazioni, o che non siano chiamati a vedere i parenti nel Parlatoio. In tutti i surriferiti casi dovranno essere scortati da un domestico che il Prefetto loro accorderà. La mancanza a questa determinazione sarà imputabile al Prefetto ed il Vice Rettore dovrà cercarne conto in virtù delle sue attribuzioni. Articolo 139 I giuochi di carta e di azzardo sono sempre proibiti e solo sono 75) Ivi, b. 27, f. 451. 76) V. Racioppi, Organizazzione e aspetti di vita quotidiana nel Convitto di Napoli, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli. La memoria dell’Istituzione, a cura di Id., Napoli, 2007, p. 81. 77 Lo Statuto del 1816 con gli articoli relativi alla “Disciplina” - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 78 permessi i giuochi di scacco, di bigliardo od altri giuochi innocenti quando si faranno senza denaro. Articolo 140 I Convittori non potranno conservare denaro anche in picciola quantità, Egli dovranno depositarlo presso il Vice Rettore che ne regolerà l’uso. Articolo 141 Sarà proibito ai convittori di tenere armi di qualunque sorta. Quando si trovassero armi da fuoco o da taglio che siano vietati dalle Leggi, ciò sarebbe causa di espulsione pel Convittore e di destituzione pel Prefetto della Camerata. Articolo 142 Non dovranno i Convittori usare dei propositi indecenti e ingiuriosi verso di alcuno e non dovranno fare degli scherzi che siano pericolosi alla persona propria o altrui. Ogni offesa portata a danno di alcuno per qualunque causa, sarà punita rigorosamente.77 Frequenti nel Convitto di Campobasso sono state le fughe messe in atto dai convittori per rientrare in famiglia e che determinarono la loro espulsione come nel caso di uno studente di Matrice «seriamente afflitto per la lontananza da casa»,78 ma per il quale il Consiglio fu ugualmente inflessibile nell’applicazione della sanzione disciplinare. Non sempre però i regolamenti vennero applicati severamente come nel caso di due convittori che «fecero zuffa per irrilevanti motivi»79 e per i quali il Consiglio propose solo «l’ammonizione solenne» trattandosi di allievi che fino a quel momento avevano avuto una condotta irreprensibile. 77) ACNMP, b. 27, f. 451. 78) Ivi, b. 365, f. 2193. 79) Ivi, b. 387, f. 2422. 79 Intorno agli ultimi anni dell’Ottocento il Consiglio approvò un Regolamento interno più severo che tra l’altro introdusse per i convittori l’obbligo del saluto quando camminando per la città incontrino qualcuna delle seguenti persone: Prefetto della Provincia, Regio Provveditore agli Studi, Preside-Rettore, Censore della disciplina, Direttore Spirituale, Economo, Consigliere anziano, Professori, Direttore della Scuola Normale Maschile, i Presidenti della Corte d’Assise e del Tribunale, Procuratore del Re e Procuratore Generale.80 Il Regolamento fu parzialmente modificato nel settembre del 1915. Sotto la voce «Castighi», all’articolo 46, si legge: Ai convittori che mancano ai proprii doveri possono essere inflitti i seguenti castighi: a) ammonizione privata; b) privazione parziale o totale delle ricreazioni per non più di un giorno; c) privazione dell’uscita; d) ammonizione al cospetto della squadra, data dal Rettore; e) ammonizione solenne, da comunicarsi alla famiglia dell’alunno e a tutte le squadre con ordine del giorno del Rettore; f) allontanamento dal convitto; g) espulsione dai convitti.81 Anche oggi, nel quadro della complessa organizzazione dei Convitti, alcune norme disciplinari sono rimaste invariate come, 80) Ivi, b. 10, f. 221. 81) Ivi, b. 9, f. 133. 80 ad esempio, l’espulsione.82 È pur vero però che in linea con l’evoluzione dei metodi educativi, frutto dello sviluppo della scienza pedagogica, alcune sanzioni sono state definitivamente abolite anche se rimangono tutt’ora vigenti alcune regole comportamentali interne che vanno inquadrate nell’ottica della formazione complessiva dei convittori e semiconvittori. Gli educatori Sono ancora oggi tra le figure di riferimento più importanti per i convittori. Fin dalla nascita dei Reali Collegi essi hanno rappresentato il perno centrale per la formazione umana e sociale di intere generazioni di giovani con i quali condividevano ogni momento della giornata. Il decreto del 1816 all’articolo 115 recitava che «I Prefetti attenderanno alla educazione ed alla istituzione dei Convittori. Essi dovranno ad essi presentare nella propria condotta i modelli di moderazione, saviezza e di educazione».83 Così come prescriveva l’articolo 118 del decreto napoleonico84 (restò in vigore fino a qualche anno prima dell’Unità d’Italia), i prefetti di camerata furono tutti sacerdoti indicati dal Vescovo della Diocesi. Nel Reale Collegio Sannitico di Campobasso essi furono: Anno 1818 – don Antonio Corvinelli (I camerata), don Emiliano del Po’ (II camerata), don Saverio Graziano (III camerata); Anno 1818-1819 – don Bartolomeo Lemmo (I camerata), don 82) Ogni decisione è demandata a un Consiglio di Disciplina. 83) ACNMP, b. 27, f. 451. 84) «Il prefetto d’ordine dovrà essere Sacerdote e fare le funzioni di Cappellano». 81 Giuseppe Carlozzi (II camerata, fino al 1836), don Francesco Paolo Iammarino (fino al 1822); Anno 1820 – don Carlo Albini, don Michele Romano, don Camillo Maddalena (fino al 1827); Anno 1822 – don Pasquale Varriano (fino 1828); Anno 1823 – don Feliciano Albatemarco (fino al 1825), don Cosmo Barile (fino al 1837); Anno 1841 – don Carlo Ciceri (fino al 1843); Anno 1843 – don Alfonso Boccardi (fino al 1848); Anno 1844 – don Erminio Boccardi (fino al 1845); Anno 1847 – don Achille Giovannitti (fino al 1848); Anno 1848 – don Basilio De Nigris (fino al 1852), don Gennaro di Carlo (fino al 1853), don Pietro Mastragostino (fino al 1853) Anno 1851 – don Giuseppe Mocchia (fino al 1854); Anno 1853 – don Gabriele Antonelli (fino al 1854), don Giovanni Mastracchio (fino al 1854); Anno 1854 – don Amodio Pietrantonio (fino al 1855). Con l’Unità d’Italia e con la prima riorganizzazione del sistema scolastico pubblico e privato la figura dei prefetti venne abolita e sostituita con quella degli istitutori85 tuttora esistente nei convitti 85) All’Istitutore un tempo sovrintendeva il Censore della disciplina figura laica oggi abolita che ricopriva un ruolo importante nel percorso educativo del convitto. Nel Regolamento interno del 1883 del “M. Pagano” si legge che «il Censore della disciplina avrà cura di dividere con senno le ore di presenza e le ore di licenza dei servi. Vigilerà anche sui Prefetti di Camerata, suggerendo loro come debbano contenersi, consigliandoli, dirigendoli, nell’adempimento dei loro doveri. Assisterà alla colazione ed al pranzo degli alunni». Figura oggi non più esistente (fu abolita con la legge n. 3968 del 1877), era anche quella del Direttore Spirituale (distinta dai confessori) la quale, come si evince sempre dal Regolamento del 82 e disciplinata dal Regolamento del 1° settembre 1925. Un tempo la loro nomina era affidata ai Rettori, dagli inizi del ‘900 il reclutamento del personale tutoriale, così come quello direttivo, avviene attraverso pubblici concorsi. Nel Convitto “Mario Pagano” furono, tra gli altri, istitutori: Donato Barrucco (1864-1870), Attilio Pergola (1865-1874), Carlo Manieri (1867-1872), Vincenzo D’Onofrio (1868), Michele De Socio (1875-1876), Eduardo Albino (1877-1939), Biagio Cascella (1880-1882), Andrea Ciiutis (1881), Giuseppe Santoro (1882), Rocco Giuseppe (1882-1896), Francesco Bagnoli (1884), Paolo Caiola (1884-1886), Gaetano Cefaratti (1884-1887), Gerardo Carlucci (1885-1886), Benedetto Gentile (1886-1892), Antonio Manfredi (1889-1904), Camillo Marini (1889-1909), Nicolantonio Carano (1890-1892), Felice Iois (1890-1892), Gennaro Petrilli (1891-1892), Enrico Conti (1891-1893), Domenico Migliorini (1892-1893), Francesco Iacobellis (1892-1893), Daniele Storti (1892-1895), Giambattista Stinat (1893-1894), Ernesto Russo (1894-1895), Costantino Monuanni (1894-1895), Francesco Avigliano (1895-1910), Rosa Arbace (1897-1900), Angelo Melchiore (1898-1936), Pasquale Albini (1903-1904), Nicola Marucci (1903-1938), Alfonso Addobbo (1906), Pietro Amato (1910), Andrea Montuori (1910-1911), Giulio Adone (1911), Michele Maglione (1913), Michele Addonizio (1913), Leonardo Marra (1925), Annibale Morelli (1925-1926), Giusep1883 «oltre all’obbligo della Messa e della spiegazione del Vangelo, avrà anche quello di essere presente alle visite del medico, e vigilerà all’infermeria, riferendo sempre al Rettore quando vi siano infermi». A partire dagli anni Trenta del Novecento espletarono nel Convitto tale ministero i Padri Cappuccini. 83 pe Marzano (1929-1931), Plinio Morganti (1931), Luigi Ametista (1931-1932), Enrico Ametista (1935-1936), Antonio Momolese (1935-1937), Pierino Mignogna (1937). Le funzioni attribuite agli istitutori nella scuola del Terzo Millennio sono tuttora regolate dal regio decreto del 1° settembre 1925 e conservano in parte alcuni principi contenuti nel decreto borbonico del 1816 come, ad esempio, l’articolo 94 che recita: «L’opera dell’istitutore è diretta a formare il carattere dei giovani, ai quali egli offre il suo stesso comportamento come esempio degno d’imitazione».86 Prima del 1925 ad ogni istitutore era affidata la vigilanza di una «compagnia non maggiore di 25 alunni» poi ridotta ad «una squadra» di venti convittori. Oggi, nella scuola cosiddetta della “complessità”, gli educatori costituiscono le figure di raccordo tra alunni e docenti e tra gli alunni e le loro famiglie; hanno la responsabilità degli alunni nelle ore in cui non frequentano le lezioni, li accompagnano e li assistono alla mensa così come nelle ore di studio, di ricreazione e nei casi di permanenza degli allievi nell’istituto, inoltre li accompagnano nei viaggi di istruzione e nelle visite a musei, gallerie d’arte e monumenti.87 86) «Bollettino Ufficiale Ministero della Pubblica Istruzione», Roma, 17 ottobre 1965, Regio decreto 1° settembre 1925, n. 2009, articolo 94. Si confronti l’articolo 115 del decreto del 14 febbraio 1816, n. 412 in ACNMP, b. 27, f. 451. 87) D. Della Pietra, L’evoluzione professionale dell’educatore nella scuola della complessità, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli, cit., pp. 256-257. 84 Questa osservazione in definitiva delinea in modo chiaro come la figura dell’istitutore evolutasi nel tempo abbia gradualmente abbandonato il ruolo ottocentesco di «vecchio censore» per assumere uno più funzionale «in grado di interagire e di integrarsi in una società che fa del divenire incessante e globale, la sua essenza vitale».88 Il personale Il funzionamento del complesso “sistema-governo” del Convitto era affidato ad alcune figure già previste dal decreto borbonico del 1816. Nel corso delle varie epoche, con le novità scolastiche che influirono nella riorganizzazione interna, alcune di esse furono soppresse altre invece vennero istituite. Di seguito si riportano gli operatori professionali che si sono avvicendati nei convitti dal 1807 al 2009. Rettore, vicerettore, economo, direttore generale dei servizi generali e amministrativi, prefetto d’ordine, catechista, censori di disciplina, istitutori, istitutori assistenti, educatori, maestri esterni, maestri elementari, professori di Scuola Media, professori di Liceo, assistenti tecnici, assistenti amministrativi, infermiere, guardarobiera, sarto, rammendatrice, addetta alla lavanderia e stireria, maestro di casa, dispensiera, refettoriere, sorvegliante di mensa, cuoco, sotto cuoco, sguattero, camerieri, camerieri del preside rettore, camerieri di squadra / accudienti, bidello, collaboratori scolastici, portinaio nelle scuole e nel convitto, piantone d’ufficio, facchino, giardiniere (personale di basso servizio), falegname (personale di basso servizio), fabbri- 88) Ibidem. 85 catore (personale di basso servizio), guardia notturna, armiere, macchinista. Se la figura del Rettore (quella del Vicerettore è stata abolita) è rimasta sostanzialmente immutata, hanno invece radicalmente cambiato, come si è già detto, denominazione e ruolo i prefetti. L’evoluzione della società ha sancito anche il definitivo tramonto della servitù eliminando quelle differenze per chi svolgeva il ruolo di «domestico». Il decreto del 1816 li chiamava «serventi», nel 1907 venivano ancora definiti «servi», oggi sono lavoratori dipendenti assunti con concorso pubblico. Non sono mancati momenti di agitazione da parte del personale inserviente del “Mario Pagano”. Il 18 marzo 1947, ad esempio, il C.d.A., presieduto dal rettore Carlo De Nisco, segretario l’avvocato Francesco Colitto, contro la minaccia di sciopero del personale inserviente fu obbligato a concedere gli aumenti salariali richiesti. Si legge nella delibera: Veduta la richiesta del personale subalterno, che reclama gli stessi aumenti di retribuzione concesso agli impiegati statali, decide di accordare al personale inserviente la tredicesima mensilità e gli altri miglioramenti previsti dal decreto 25 ottobre 1946, più l’indennità di presenza, l’indennità di disastrata residenza, oltre l’aumento del 20% in vigore da 1-1-1947.89 Fino agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, cioè prima dell’entrata in vigore della legge n. 831 del 18/7/1961 con il quale il personale subalterno passava come personale ausiliario alle dipendenze dello Stato, la maggior parte degli inservienti venivano reclutati dal C.d.A. il quale stabiliva la retribuzione, poteva 89) ACNMP, b. 8, f. 129. 86 concedere sussidi, premiava i più meritevoli e puniva anche con il licenziamento le inadempienze più gravi. Tra gli altri operatori del Convitto c’erano e continuano ad esserci sia il medico che l’infermiere scelti o sulla base di un rapporto di fiducia o, altre volte, attraverso concorsi pubblici come nel 1936 nel caso, ad esempio, del dottor Renato Pistilli di Campobasso. Nel Regolamento interno del 1915 si legge che il Convitto aveva «un’infermeria spaziosa, bene esposta, tenuta con tutte le norme dell’igiene, ed in condizioni da tenere isolati gli ammalati di malattie infettive». Al servizio erano addetti «un medico chirurgo ordinario, un medico chirurgo supplente e un chirurgo dentista».90 Ogni mattina il personale sanitario interno aveva «il compito, prima della scuola, di visitare gli alunni indisposti od ammalati». Anche oggi sia il medico91 che l’infermiere vengono scelti dal Rettore e dal C.d.A. sulla base di un rapporto di fiducia. La cura della spiritualità era invece affidata ai confessori (distinti dai Direttori spirituali) che solo a partire dal 1921 iniziarono a percepire un compenso in denaro. Tra i confessori che hanno lasciato tra i giovani del Convitto una traccia indelebile vi fu, a partire del 1848, il cappuccino Pietro Dalmazio D’Andrea di Morcone92 che «per circa un quinquennio diede la sua opera di vivificazione spirituale».93 Dapprima Ministro Provinciale dei Frati Minori della Provincia di Sant’Angelo di Puglia e Molise fu elevato 90) 91) 92) 93) Ivi, b. 9, f. 133. È il dottor Tommaso Caccavale. ACNMP, b. 17, f. 327. S. Moffa, Il cappuccino Pietro Dalmazio d’Andrea Vescovo di Bova, Estratto da «Studi Meridionali», gennaio-marzo, 1972, anno V, F.I, Roma, p. 47. 87 nel 1856 all’episcopato di Bova (Reggio Calabria) dal Pontefice Pio IX. A partire dai primi anni del Novecento «l’istruzione religiosa» iniziò ad essere impartita solo a richiesta e a spese delle famiglie da un sacerdote il quale per conto dell’Amministrazione e nell’interesse della comunità celebra la messa nei giorni festivi nell’oratorio del Convitto e vi compie tutti gli altri uffici religiosi propri del suo ministero. I convittori, le cui famiglie ne facciano espressa domanda, possono essere dispensati dalle pratiche religiose.94 Le attività Molteplici erano le attività dei convittori che andavano dalla musica alle passeggiate, agli aspetti ricreativi e sportivi. Dai verbali del C.d.A. si rileva già prima del 1860 l’acquisto di un pianoforte per le lezioni di musica. Nel 1903 «oltre il compenso al maestro, ciascun alunno» era «tenuto a corrispondere all’amministrazione una lira mensile per l’uso del piano».95 Da sempre all’interno del Convitto esisteva anche una sala biliardo per lo svago dei convittori. Dopo la seconda guerra mondiale essa divenne «una stanza ricolma di oggetti vari fuori uso, di casse vuote, di quadri inutili di vecchie cucine a gas, di stoviglie rotte e di materassi permaflex nuovi lasciati ad ammuffire». Fu riattivata nei primi anni Sessanta dal rettore Carlo De Nisco «nel desiderio di offrire ai giovani un valido svago.96 94) ACNMP, b. 9, f. 133. Articolo 5 del Regolamento interno del 1915. 95) Ibidem. 96) C. De Nisco, Relazione riservata sull’andamento del Convitto inviata al Ministero della Pubblica Istruzione, 1965 (inedito). 88 Tra le attività culturali hanno avuto sempre grande rilevanza anche i viaggi d’istruzione. Uno dei primi organizzati dal “Mario Pagano” fu quello compiuto a Napoli nel settembre 1882. Nell’avviso inviato dal preside-rettore Trombone alle famiglie si legge che la mattina del giorno 5 avrà luogo la partenza per Napoli, donde i giovinetti saranno condotti a visitare oltre ai monumenti della città stessa, i luoghi più celebri che le fanno corona. Gli alunni saranno accompagnati dal Preside-Rettore, dal censore della disciplina e da un professore il quale sarà incaricato d’impartire loro quegl’insegnamenti che l’occasione e il luogo richiederanno.97 Due anni dopo 39 convittori prescelti nelle classi IV e V ginnasiale, 1° e 2° Liceo classico vennero portati in visita all’Esposizione Nazionale di Torino. Il viaggio rientrava in un più ampio programma d’istruzione predisposto dal Ministero della Pubblica Istruzione. È necessario – veniva sottolineato nella circolare ministeriale – che i signori Rettori ammoniscano i giovani prescelti a compiere il viaggio dell’obbligo che hanno di tener alto il nome dell’Istituto al quale appartengono, giustificando così le cure loro prodigate dagli educatori e dal Governo. Dovranno quindi serbare sempre un contegno nobile e dignitoso così negli atti e nelle parole come nel vestire, curando la massima proprietà e pulizia disgiunta da ricercatezza. Dovranno inoltre serbare la più rigorosa disciplina evitando an97) ACNMP, b. 361, f. 2137. 89 che nel più piccolo atto di mostrare ripugnanza alle disposizioni e agli ordini che loro vengano dai superiori ed accogliendoli invece con quella premurosa deferenza che nulla mostri di rigidezza in chi comanda e in chi obbedisce, ma faccia manifesto l’accordo intimo ed amorevole fra componenti una sola famiglia. E si ponga bene in mente loro che presentandosi al pubblico in occasione tanto solenne ed in forma ufficiale saranno oggetto di attenzione speciale da parte di una eletta popolazione nostrana e straniera che vorrà vedere in essi un saggio dello sviluppo e del progresso fatto dai Nostri Convitti Nazionali e argomentare come si educhi la gioventù negli Istituti posti sotto la sorveglianza e la responsabilità dello Stato …98 Col trascorrere degli anni i viaggi d’istruzione, così come pure le villeggiature estive, si intensificarono. Nel 1904 gli studenti liceali visitarono Benevento,99 nel 1907 fecero un’escursione alle sorgenti del Biferno,100 nel 1909 scoprirono le rare bellezze della Reggia di Caserta e del suo immenso parco.101 Frequenti anche le cosiddette «passeggiate militari». Anche il «regime» promosse gite alle quali partecipavano alunni meritevoli e bisognosi. Nell’Annuario del 1927 viene riportata la notizia che il giorno 15 maggio tutto il Convitto, coll’intervento del Consiglio amministrativo, del Collegio di vigilanza102 e di parecchi 98) Ivi, b. 361, f. 2140. 99) Ivi, f. 2139. 100) Ivi, f. 2150. 101) Ivi, f. 2150. 102) Le funzioni del Collegio di Vigilanza sono attualmente stabilite dagli artt. 103 e 104 del Regolamento del 1° settembre 1925 tuttora in vigore, nei quali si legge che «in ogni Convitto è istituito un Collegio di Vigi- 90 Ricordo della gita a Termoli davanti al monumento dei caduti (13 maggio 1927) 91 presidi e professori delle locali scuole medie, si recò a fare una gita d’istruzione a Termoli, ove fu accolto festosamente con molta cordialità da tutte le autorità del luogo. I gitanti si recarono innanzitutto a deporre una corona d’alloro sul monumento ai Caduti termolesi e poi visitarono la città ammirando specialmente la vetusta cattedrale, monumento nazionale, la cui costruzione risale al secolo XI.103 Il 26 maggio 1929 alcuni convittori parteciparono invece a una «gita premio» all’abbazia di Montecassino. Le iniziative culturali anche a quei tempi prevedevano visite o scambi di ospitalità. Nel giugno del 1927, ad esempio, una festosa accoglienza venne riservata agli studenti del Convitto Nazionale di Benevento «venuti a Campobasso a fare una gita».104 Anche oggi i viaggi d’istruzione rientrano tra le attività formative e culturali del “Mario Pagano” con crociere nel Mediterraneo e voli oltre Atlantico. La vita del Convitto è stata in ogni tempo scandita anche dalle numerose conferenze tenute nell’Aula magna alle quali hanno sempre assistito i convittori. Molte di esse sono tuttora conservate lanza educativa composto dal Rettore che lo presiede, dal Vice-Rettore, da un consigliere delegato dal Consiglio di Amministrazione e da due rappresentanti delle famiglie. Il Collegio di Vigilanza è convocato di regola, almeno una volta al mese e, straordinariamente, quando lo ritenga opportuno il Presidente, per essere consultato intorno all’andamento disciplinare, educativo e morale del Convitto, e per discutere sui programmi degli insegnamenti interni obbligatori e sulle tabelle biografiche dei convittori». 103)Regio Convitto Nazionale “Mario Pagano” in Campobasso, Annuario, anno VI, Campobasso, Casa Tipografica-Editrice Colitti, 1927, p. 14. 104) Ibidem. 92 nell’Archivio storico del “Mario Pagano”. Tra le tante esaminate è risultata particolarmente interessante quella che tenne nel gennaio del 1955 il professor Pasquale de Stefano105 agli alunni del LiceoGinnasio dal titolo Giuochi e passatempi dei romani nell’epoca imperiale che si propone integralmente. Cari giovani, Mi occuperò oggi dei giuochi e passatempi dei romani nell’epoca imperiale. Voi sapete, da che mondo è mondo, che l’uomo ha voluto, vuole, e vorrà ridere, piangere, e distrarsi. Leggiamo in un carme attribuito a Calpurnio Siculo intitolato De Laude Pisosis che un adulatore celebra l’arte del gran capitano Pisone, vissuto ai tempi di Nerone: «Questa è l’arte del capitano sullo scacchiere, nel giuoco dei fantocci di vetro e di avorio». E di qui nacque un’occupazione molto gradita per gli uomini dediti alla vita mondana: i giuochi di azzardo e le bische. Sebbene i tempi delle guerre, durate settecento anni, fossero ormai trascorsi e il dio Marte fosse sazio: nondimeno, la plebe vuole vedere sangue, perché rimane ancora inveterata l’antica abitudine di vivere la feroce passione del Circo e dell’Anfiteatro: vuole vedere le cacce alle fiere, le sfide dei lottatori, l’ardenza per il pericolo e la forte inclinazione per ciò che scuote e commuove mediante spettacoli orribili e strani. Ma prima di esporvi i vari giuochi e passatempi, devo pur dirvi l’argomento è un po’ vasto e la consultazione dei testi è stata varia e numerosa, per cui mi sono dovuto imporre un limite. Comincio pertanto a dirvi qualche cosa sulla festa delle “Atellane” e dei “Saturnali”. 105) Il professor de Stefano è stato per lunghissimi anni docente di italiano, latino, greco, storia e geografia nel corso ginnasiale del “Mario Pagano” e, successivamente, anche componente del Consiglio d’Amministrazione. 93 Non voglio farvi una lezione di letteratura latina: no: certamente ve ne hanno già parlato i miei colleghi di liceo a suo tempo: ma devo pur dirvi, sia pure a solo titolo di ricordo, che presso i Romani il primitivo dramma indigeno era apprestato dalle “Atellane” e dai “Saturnali”. Le “Atellane” erano una specie di farsa che prendeva il nome di Atella, città osca, donde deriva il suo nome. Le parti per lo più improvvisate, affidate a maschere fisse, che non si deponevano mai durante la rappresentazione. I personaggi principali erano quattro: un gobbo scaltro “dossennus”; un ghiottone “bucco”; un vecchio babbeo “pappus”; un bonaccione sciocco “maccus”; che dicevano scherzi per far divertire le brigate. I “Saturnali” o la festa delle taverne o della spensieratezza cadeva nel mese di dicembre. I Romani si concedevano una pausa serena al lavoro e alle solite occupazioni della vita, in cui schiavi e padroni erano uguali, come nell’aurea età di Saturno. Si banchettava, si rideva, si scherzava, si ballava lietamente con la massima licenza. Marziale nell’undicesimo libro – Epigramma 2° – a proposito così dice: «Via la malinconia, via le gravi sopracciglia del vecchio Catone, via la boria dei Censori e le ostentazioni: questo è giorno di festa e di schietta spontaneità, perciò: Io Saturnalia. Io Saturnalia. Evviva i Saturnali». «Triste supercilium, durique severa Catonis frons et aratoris filia Fabricii, et personati fastus, et regula morum, quidquid et in tenebris non sumus, ite foras. Clamant ecce, mei «Io Saturnalia… et versus…» Poi tra la più folle sfrenatezza veniva eletto un re, che si azzimava col paludamento proprio della sua dignità. L’ebrezza imperava sovrana e lo schiavo valeva quanto il padrone. Tutti gli scherzi furono sempre improvvisati e gli attori portavano le maschere. Vi bastano queste poche notizie. 94 Occupiamoci ora più da vicino della trattazione del nostro argomento e cioè delle corse degli animali, dei carri nel Circo, delle lotte dei gladiatori e dei passatempi. Nella valle formata dall’Aventino e dal Palatino attinguo ai Palazzi imperiali, si estendeva il Circo Massimo, capace di contenere 180-190 mila spettatori. Qui si facevano delle gare dalle ore 20 alle 24 in un giorno: ed anche giuochi ginnici: pugilato, manovre militari, corse di bighe e quadrighe con relative scommesse. Lo spettacolo cominciava con una imponente processione che faceva il giro del Circo. Dopo il Circo Massimo veniva quello di Caio Flaminio nel Campo Marzio. Le corse furono e rimasero il vero spettacolo nazionale del cittadino di Roma. Gli spettatori accorrevano da ogni parte dell’impero: da Alessandria, da Antiochia, da Merida, la Roma della Spagna e da altre località. Giovenale nell’undicesima Satira intitolata “Fasto Conviviale” ci dice che era assai doloroso per quei cittadini, che dovevano lasciare Roma il non potere assistere allo spettacolo del Circo: «Ille dolor solus patriam fugientibus, illa maestitia est caruisse anno circensibus uno» Vi descrivo una scena. Prima di iniziarsi una corsa si portavano in giro per il Circo, le immagini dell’Imperatore, gli dei di Roma, ed il popolo si inchinava riverente davanti a quelle, che gli erano care. Il Magistrato, che aveva ordinato la festa, percorreva l’area del Circo da trionfatore. I cavalli scalpitano alle prime mosse. La moltitudine freme ansiosamente; il promotore della festa dalla sua loggia getta giù fazzoletto; è il segnale con cui si apre la corsa. Un urlo eccessivo erompe da migliaia e migliaia di petti. Ognuno grida il nome dell’auriga favorito o del cavallo principale: concorrono cavalli di tre anni fino all’età di 5. I migliori provengono dalla Spagna, 95 dalla Cappadocia e dall’Africa. L’auriga e il carro dovevano essere leggieri ed i carri a due ruote senza molle. La corsa è già iniziata. Gli aurighi piegati in avanti spiano e premono l’avversario; prima, ad arte, si tengono indietro, poi tutto ad un tratto, corrono con impeto in avanti: tagliano il passo al competitore, piegano facendo la più breve curva attorno alla prima colonna della meta; corrono, corrono, corrono velocemente; ma ecco… ecco un grido di angoscia si leva dalla folla; per ben sette volte fu vinta la svolta mortale, quando ahimè, per l’urto un carro si sfascia, l’auriga è trascinato dai cavalli, i carri vicini vanno in frantumi. I concorrenti, furibondi, cercano di soverchiarsi, percuotendosi l’un l’altro a colpi di frusta. Eroismo veramente barbarico! Eccitazione fremente della moltitudine incomposta. Si conoscono anche iscrizioni che menzionano vincitori di oltre 200 gare. L’auriga Scorpo, per esempio, celebrato da Marziale nel L. X – Epigramma 53 – come uno che tutta Roma ammira con entusiasmo, dice: La dea Roma scambiò le vittorie con i suoi anni di vita, per questo è morto giovane: «Ille ego sum Scorpus, clamosa gloria Circi plausus Roma tui deliciaeque breves Invida quem Lachesis raptum trieteride nona dum numerat palmas credidit esse senem». Si menziona anche un tale Eutjchius a cui Fedro dedicò le sue favole. Ai vincitori venivano innalzate statue, si davano palme, corone, vesti preziose e somme d’oro. Eliogabalo elevò Gordio all’onore di Prefetto delle Guardie e del Fuoco; il folle Caligola fece console il suo cavallo trionfatore. I cittadini di gradi più elevato vi concorrevano in qualità di auriga e lo stesso Nerone vi prese parte. Verso la fine della repubblica queste gare acquistarono sempre maggiore importanza ed il pubblico, che vi prendeva parte, andava sempre crescendo in modo straordinario. 96 Nel Circo si rappresentavano anche battaglie navali: “Naumachie”. Da Nerone in poi alcuni imperatori, inondavano l’Arena, quando non si preferiva addirittura di preparare dei laghi per questo scopo, come fece Cesare per i suoi giuochi trionfali, o servirsi di un lago naturale, come fece Claudio del lago Fucino. Nel Circo si facevano anche le cacce alle fiere e grande era nel popolo la curiosità per le bestie rare e feroci. Se allora non vi erano giardini zoologici o serragli, vi era qualcosa di più: si vedevano le fiere lottare e morire nella loro naturale ferocia. Veniva però risparmiata la vita agli animali ammaestrati, così che si vedevano leoni che pacificamente tiravano il carro, leoni che portavano in bocca una lepre senza farle male, elefanti che imitavano una danza sulla corda. Eliogabalo aveva nel suo palazzo siffatte bestie ammansite. Spettacolo poi veramente attraente era quando venivano aizzate le bestie le une contro le altre. Ed allora il popolo vedeva innanzi ai suoi piedi un elefante ucciso da un rinoceronte, una tigre sollevata sulle corna del toro inferocito. Branchi di antilopi, di giraffe, di cinghiali, lottare con tigri, iene, orsi, ippopotami. La distruzione però delle fiere non servì esclusivamente a far divertire il popolo, ma anche a liberare le province dell’Impero dagli animali nocivi. Così Augusto fece uccidere più di 3.500 fiere africane; Pompeo più di 500 leoni; ed in seguito a ciò milioni e milioni di belve scomparvero e le terre una volta infestate furono messe a cultura. Caratteristica importanza per conoscere il mondo romano di questa epoca era poi lo spettacolo dei gladiatori che aveva luogo nell’Anfiteatro, costruito in pietra nell’anno 20 a.C. Questo spettacolo per i Romani era come oggi quello dei tori nella Spagna. Tali giuochi, originari della Campania, da principio erano destinati a gare di delinquenti. Le scuole dei gladiatori (il cui maestro si chiamava lanista perché fossero meglio istruiti) con la loro dura disciplina facevano presso a poco le voci delle nostre case di correzione. 97 I giuochi gladiatori ebbero luogo da principio nelle gare funebri, ma dal 105 in poi a.C. come numeri straordinari nei giorni di festa. Lo spettacolo cominciava con una sfilata davanti al palco imperiale, dove dall’Imperatore era rivolto il fatidico grido: «Ave, Caesar, Morituri te salutant» seguiva poi un duello fra due gladiatori o una serie di duelli. Quando un gladiatore era atterrato dal suo avversario, egli alzava la mano per implorare la grazia; ma se l’Imperatore e le Vestali abbassavano il pollice (“Pollice verso”) in senso di diniego, esso veniva ucciso. Però quel gladiatore, che si era distinto per prove di valore, veniva dispensato dal servizio e poteva volontariamente partecipare a qualche altro combattimento. Ma ora basta con le lotte, con le corse, con lo sterminio delle fiere. Se vi è piaciuta questa esposizione «paulo iucundiora dicamus, non canamus, no». Ed allora vi dico quali erano i passatempi o chiamiamoli così i giuochi di società dei Romani: 1) Il giuoco dei dadi (tali o alea). Si prendevano 4 dadi, si agitavano in un bossolo (detto pjrgus) e si versavano sulla tavola; vinceva colui che aveva i dadi in modo che presentassero nella faccia superiore più punti. 2) Il giuoco degli scacchi (ludi latrinculorum) presso a poco come oggi. 3) Il giuoco era dell’oca o del tric-trac (ludus duodecim scriptorum). 4) Pari o dispari (par, impar) in cui si invitava l’avversario ad indovinare se si teneva in mano un numero pari o dispari di oggetti. 5) Il giuoco della palla (pila) che poteva essere di cuoio, riempita di materia soffice detta (paganica) o un grosso pallone riempito di aria detto follis. È questo il giuoco da voi preferito oggi, cari tifosi. 98 Ed ora vengo alla conclusione. Dalla lettura dei testi: Svetonio, Marziale, Giovenale, Seneca ed altri si desume che questi giuochi e feste costituivano un vero spreco di ricchezze, una rovina di patrimoni e di beni familiari, ai quali si aggiungeva anche l’immenso numero di schiavi e di liberti. Quante sostanze senatoriali furono consumate! Marziale nel L. III – Epigramma XVI ci dice che a Bologna, persino un sarto, divenuto ricco, osò dare a sue spese uno spettacolo di gladiatori nell’Anfiteatro. La grandiosità di questi giuochi e spettacoli durante l’Impero ci dà l’idea dello splendore di Roma di quell’epoca, con tutte le manifestazioni che l’accompagnavano, di quella Roma, dico, che era capitale del mondo. La loro influenza però si manifestò rovinosa, perché abituò il popolo all’ozio, alla brutalità, alla dissolutezza, che penetrò in tutti gli strati sociali. Persino gli Imperatori si presentavano sulla scena, persino nobili donne occhieggiavano i guidatori di cocchi, i pugilatori e i mimi. Il lato più pericoloso di questi giuochi si mostrò nel fatto che, all’epoca imperiale, essi sostituirono le assemblee popolari e che in essi il grido della folla «Panem et circens» arrivava incomprimibile ed appassionato agli orecchi dell’Imperatore, per cui si osava chiedergli ciò che la passione e l’attività esigevano: regali di ogni sorta, lotterie, luminarie, terribili fiaccolate come quelle sul tipo di Nerone. Ed de hoc satis hodie! (Applausi scroscianti). La scherma e il ballo Fin dal 1816 tra le attività offerte ai convittori del Real Collegio Sannitico e che oggi diremmo extracurriculari figuravano lezioni di disegno e calligrafia, lingua francese e musica, ma anche di ballo e scherma integrate, a partire dal 1862, dall’educazione 99 fisica e, dal 1925, anche da elementi di diritto, economia e stenografia.106 Tali lezioni107 erano affidate a maestri esterni.108 L’articolo 52 del Regolamento del 1816 recita testualmente che «sarà permesso ai Convittori esercitarsi nel Ballo e nella Scherma, restando a carico dello Stabilimento il soldo dei soli maestri».109 Le lezioni di scherma venivano impartite all’interno di «una sala coperta del Convitto e in estate anche nel cortile».110 Le direttive del tempo prevedevano tre ore di insegnamento settimanale con esercitazioni al bastone, alla sciabola e al fioretto. Tra i maestri di scherma del “Mario Pagano” si ricordano dal 1816 al 1862 Tito Barbieri, dal 1863 al 1866 Pietro Silvestri, dal 1867 al 1892 Innocenzio Rinaldi. Alla fine di ogni anno scolastico, in coincidenza con la premiazione degli alunni più bravi, venivano offerti anche saggi dimostrativi. Scriveva nella Relazione del 1875 il preside-rettore Luigi Lace: Io sarò grato a quanti vorranno onorare colla loro presenza e confortare i miei giovani Convittori in queste belle gare utili per il 106) Regolamento del 1° settembre 1925, art. 146, punto c. 107) Le lezioni, come venne confermato anche dal Regolamento interno del 1861, venivano impartite al di fuori degli orari di insegnamento delle materie ordinarie. 108) I loro onorari mensili erano i seguenti: «al maestro di lingua Francese tutti i giorni 15 ducati; al maestro di lingua Francese tre volte alla settimana 10 ducati; al maestro di Calligrafia tutti i giorni 15 ducati; al maestro di Calligrafia tre volte alla settimana 10 ducati; al maestro di Disegno tutti i giorni 15 ducati; al maestro di Disegno tre volte alla settimana 10 ducati; al maestro di Ballo tre volte alla settimana 10 ducati; al maestro di Scherma tre volte alla settimana 10 ducati». 109) ACNMP, b. 27, f. 451. 110) Ivi, b. 359, f. 2099. 100 Frontespizio della Relazione del preside-rettore Luigi Lace (1875) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 101 corpo, utilissime per il buon costume e necessarie per un’ottima e completa educazione fisica e morale. Così ciascuno potrà comprendere e vedere come qui nulla si ometta per apprestare a questa carissima gioventù un’educazione ed istruzione intellettuale e fisica il più che sia possibile perfetta, e per mettere il nostro Convitto Nazionale in tali condizioni, che nulla abbia ad invidiare agli altri Convitti e non possa mai dirsi a nessuno degli altri inferiore, ma a moltissimi superiore ora e sempre.111 Nel 1926 il rettore Cesare Ferrero aggiungeva che la scherma così come gli altri «insegnamenti speciali» miravano a «formare una generazione sana e forte, vivida di sangue e d’intelletto …».112 Il ballo, che prevedeva invece un’ora settimanale di insegnamento, aveva come finalità quella di contribuire ad una crescita più armoniosa del corpo. Nei primi anni di vita del Real Collegio Sannitico i maestri esterni erano coadiuvati nelle loro lezioni di danza da musicisti, per lo più violinisti (il primo fu Giovanni Iacampo di Campobasso), che con le loro note avevano il compito di accompagnare gli allievi negli esercizi. Sia il ballo che la scherma alla fine dell’Ottocento rientravano tra gli studi di “Belle Arti” e per i convittori le lezioni erano obbligatorie. Durante il ventennio il regime diede grande importanza al ballo e 111) Relazione letta nella Premiazione degli alunni del R. Liceo-Ginnasiale e Convitto Nazionale M. Pagano di Campobasso dal Preside Rettore Prof. Luigi Lace il VI giugno MDCCCLXXV, Campobasso, Tipografia Domenico de Nigris, 1875, p. 18. 112) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario, anno V, Campobasso, Officina d’Arte Tipografica Martone & Di Nunzio, 1926, p. 8. Nel 1926 (Presidente del Consiglio Mussolini, Ministro dell’Istruzione Fedele), con il regio decreto 1615, fu istituita nelle scuole elementari la pagella scolastica. 102 alla scherma ritenendo la loro pratica un utilissimo strumento per esaltare la vigoria del corpo. Dopo la seconda guerra mondiale l’insegnamento delle due discipline riprese il 15 novembre 1947. Nella delibera del Consiglio d’Amministrazione del 7 dicembre si legge che «per il ballo è stato designato il prof. Napolitano e per la scherma il Prof. Maribelli. Ad entrambi verrà corrisposto per 4 ore settimanali la somma di £. 300 ad ora».113 Questi corsi cessarono gradualmente fino alla totale scomparsa intorno agli anni Sessanta del Novecento. La ginnastica e l’istruzione militare Nel primo Regolamento del 1816, all’articolo 100, testualmente si legge: «Dovrà esservi nel Convitto un locale per far esercizio corporale … Dove quello mancasse, questi anderanno a far delle passeggiate, o saranno destinati altri luoghi dove possano divertirsi».114 Fin dall’istituzione dei convitti la ginnastica ha sempre avuto un ruolo importante nel processo educativo e formativo degli allievi. Materia facoltativa affidata dapprima a maestri esterni115 il suo insegnamento nel “Mario Pagano” fu introdotto, in via sperimentale, a partire dal 1862. Primo docente di questa nuova disciplina fu Tito Barbieri nel suo ultimo anno di insegnamento nel Convitto come maestro di scherma. 113) P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso, vol. III, Campobasso, Arti Grafiche Di Nunzio, 1955, p. 22. 114) ACNMP, b. 27, f. 451. 115) Dal 1862 i «maestri esterni» cambiarono qualifica e diventarono «insegnanti interni». A partire dal 1892 la loro scelta, insieme a quella dei professori, venne affidata al Rettore. 103 Negli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia le direttive pedagogiche per la scuola ebbero come obiettivo quello di formare cittadini conformi agli ideali umani nel nuovo Regno. Lo spirito generale era in sostanza quello che l’organizzazione del nuovo Stato dovesse nascere soprattutto da un processo educativo nell’ambito del quale l’educazione fisica, accanto alla formazione morale ed intellettuale, preparasse alla patria, anche attraverso la scherma e le esercitazioni militari,116 uomini forti, valorosi e pronti alla sua difesa. La prospettiva per gli allievi dei convitti era chiaramente il servizio militare e la caserma. Le attività ginniche nel “Mario Pagano” venivano inizialmente praticate nel cortile interno e pochi erano gli attrezzi («corde, cavallo e cavallina») a disposizione dei ragazzi. La svolta ci fu con la legge n. 4442 del 1878 del Ministro De Sanctis che rese obbligatorio l’insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole primarie e secondarie ritenendo la ginnastica mezzo indispensabile per lo sviluppo fisico dei giovani. De Sanctis diede grande impulso anche all’edilizia scolastica per la costruzione di palestre. Anche il “Mario Pagano” provvide a trasformare una sala in palestra. I lavori furono avviati nella seconda metà del 1870 e furono ultimati il 29 ottobre 1871. Il Consiglio d’Amministrazione deliberò anche l’acquisto dalla ditta La Pegua di Napoli di «bastoni, manubri» ed altri attrezzi quali «pertiche, sbarre parallele e curve».117 116) Le lezioni, come stabiliva il Regolamento interno del 1861, si tenevano insieme alle «passeggiate militari» il giovedì. Tra i primi professori di esercizi militari si ricorda l’istruttore di ginnastica Pasquale Zita (1866). 117) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale e il Regio Liceo-Ginnasio “Mario Pagano”…, cit., Campobasso, Arti Grafiche Di Nunzio & Santorelli, 1940, p. 150. 104 Nel 1889118 vennero impartite anche nuove direttive per l’istruzione militare119 teorica e pratica che si darà con cura particolare e secondo le norme seguite per i convitti militarmente ordinati. I convittori, che, compiuti gli studi del liceo o dell’istituto stesso, si siano segnalati in tali discipline, potranno essere raccomandati al Ministero della Guerra per godere degli stessi vantaggi che fossero concessi agli alunni dei convitti qui sopra nominati (cioè quelli militarmente ordinati). Solitamente nel mese di maggio nel “Mario Pagano” si tenevano, alla presenza di autorità, familiari e numeroso pubblico, saggi finali di educazione fisica ed esercizi militari per dimostrare che l’educazione e l’istruzione dei Convittori non si limita solo alle varie materie che s’apprendono nella scuola, ma si estende a tutte quelle nobili ed utili discipline che aggiungono alla cultura del cuore e della mente, ed alle qualità fisiche della persona ornamento, grazia, gentilezza e vigoria quali sono … il ballo, gli esercizi militari, la ginnastica e la scherma.120 Alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento veniva sempre più avvertita l’esigenza di migliorare le strutture del Convitto destinate all’attività fisica. L’idea era quella di trasformare il cortile 118) «Gazzetta Ufficiale del Regno» 24 gennaio 1889, n. 20, pp. 4862-4863. 119) Le lezioni, solitamente affidate a personale dell’Esercito in servizio o in congedo, negli anni del ventennio furono impartite da ufficiali della Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale. 120) Relazione letta nella premiazione degli alunni del R. Liceo-Ginnasiale e Convitto Nazionale M. Pagano di Campobasso…, cit., pp.17-18. 105 Alunni del corso premilitare (1927) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 106 interno in palestra coperta attraverso la costruzione di una tettoia metallica. Il 7 luglio 1890 il rettore Giuseppe Chiaia dava lettura al Consiglio d’Amministrazione di una lettera dell’Ingegnere Capo del Genio Civile datata 28 luglio «relativa alla costruzione della tettoia metallica … insieme al progetto particolareggiato presentato dall’Impresa Italiani in Castellammare di Stabia, la quale ne assumeva la fornitura». Il Consiglio deliberava di invitare l’ing. Giancola di recarsi in Convitto per sentire il suo parere intorno a questa costruzione. L’ing. Giancola riferiva che era necessario far eseguire questi lavori per motivi del tutto tecnici. Il Consiglio deliberava l’esecuzione e mandava copia della delibera al Ministero per l’approvazione, che veniva data con lettera del 22 agosto.121 Alla sua realizzazione concorreva anche il Comune di Campobasso con un contributo di £. 100 considerato che la palestra veniva anche «usata dagli alunni delle Scuole Tecniche».122 Nel gennaio del 1911 il Consiglio d’Amministrazione deliberava la partecipazione del Convitto alle gare ginniche di Torino in occasione del 50° anniversario della proclamazione del Regno d’Italia. La squadra di atleti, ben preparata ed organizzata, fu selezionata dal professor Leopoldo Tagliaferri. 121) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 169. 122) Ivi, p. 173. Nel 1902 la Scuola Tecnica venne trasferita nei locali del “Mario Pagano”. Il 7 ottobre del 1905 il Comune di Campobasso chiese un altro anno di proroga, ma il Consiglio d’Amministrazione si oppose. Dopo aver interessato il Ministero della Pubblica Istruzione e il Provveditore agli Studi Morici, «terminati gli esami della sessione autunnale, il 6 novembre, i locali furono sgombrati e consegnati all’Amministrazione». 107 Durante il ventennio il regime, oltre che all’istruzione premilitare,123 attribuì notevole importanza soprattutto all’educazione fisica. Quest’ultima materia esclusa dalle competenze scolastiche fu affidata all’Ente Nazionale per l’Educazione Fisica (ENEF), appositamente creata, sciolta nel 1927. Negli anni del regime nel “Mario Pagano”, come in tutti gli altri convitti nazionali, oltre alla scherma vennero praticate anche altre discipline sportive come l’atletica leggera, il tennis, la pallavolo e il calcio finalizzate ad esaltare la Gioventù Italiana del Littorio.124 Nel corso degli anni il Convitto di Campobasso aderì anche ai corsi di sci promossi dal Comitato Provinciale dell’Opera Nazionale Balilla come si può rilevare dalla risposta positiva che il rettore Cesare Ferrero diede ad una lettera del 4 febbraio 1937 firmata dal presidente Vittorio Gennaro nella quale si legge: Questo Comitato Provinciale organizzerà dal giorno 13 al giorno 22 febbraio a Capracotta un Corso di Sci per Avanguardisti che si concluderà il giorno 24 con gare per il conseguimento del “Brevetto Sciatori” e con il Campionato Provinciale Avanguardisti. 123) Nel 1935 la «cultura militare» divenne obbligatoria in tutte le scuole secondarie, inferiori e superiori. L’insegnamento doveva servire a forgiare nei giovani lo spirito guerriero. La materia costituì un vero sbarramento che, se non superato, impediva il conseguimento sia della maturità che della laurea. Durante il ventennio furono numerosissime le sfilate alle quali parteciparono i convittori del “Mario Pagano” del corso d’istruzione premilitare. Tra i professori di «cultura militare» si ricordano Luigi De Chicchio (dal 1936 al 1937), Giuseppe Baucknet (dal 1938 al 1939) e Attilio Zamboni nel 1940. 124) Nei quadri della Gil, la nuova denominazione della già Opera Nazionale Balilla, l’insegnante doveva realizzare e completare il frutto della sua opera. Scuola e Gil erano considerati organismi in perpetua collaborazione che miravano a formare il corpo e l’anima delle nuove generazioni del fascismo. 108 Lettera con la quale il Presidente del Comitato Provinciale dell’Opera Nazionale “Balilla” invita il Convitto a prendere parte ai corsi di sci organizzati a Capracotta (1937) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 109 Sono stati riservati ai Convittori n. 10 posti – numero che può essere aumentato o diminuito – La quota di partecipazione è stata fissata in £. 25 più le spese di viaggio usufruendo della riduzione del 70%. Per assistere alle sopraddette gare nella stessa giornata sarà organizzata una gita per Ufficiali e Dirigenti dell’Opera Balilla e per accordi presi con i Sigg. Fiduciari dell’A.F.S. parteciperanno anche molti Insegnanti delle Scuole Medie, sarebbe gradita ancora la presenza degli Insegnanti di codesto R. Convitto … Sempre per dare maggiore impulso a questo sanissimo sport italiano, al quale i giovani incominciano ora ad appassionarsi, sarei grato alla S.V. se volesse mettere in palio una coppa od altro premio da assegnarsi ad uno dei migliori classificati … In attesa delle iscrizioni sia per il corso come per la gita dei Sigg. Professori, ringrazio e porgo saluti fascisti.125 Frattanto nel 1926 il Consiglio d’Amministrazione aveva deliberato anche «la pavimentazione in asfalto della palestra ginnastica e ricopertura della medesima con vetri armati».126 Nell’anno scolastico 1928-29 il Convitto partecipò al 1° Concorso Nazionale Ginnico-Militare “Dux” che si tenne a Roma dal 19 al 26 aprile e che fu tra le manifestazioni più rilevanti del ventennio. Circa la magnifica prova data in tale Concorso dalla bella centuria degli Avanguardisti del Convitto, è bene riportare qui quei pochi periodi della relazione fattane a suo tempo dai giornali: 125) ACNMP, b. 359, f. 2099. 126) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario, 31 dicembre 1926, anno V, Campobasso, Officina d’Arte Tipografica Martone & Di Nunzio, 1926, p. 8. 110 Convittori avanguardisti che parteciparono al Concorso ginnico-nazionale «DUX» (19-26 aprile 1929) 111 «Delle sette squadre della provincia di Campobasso che hanno partecipato al concorso, quattro erano formate da avanguardisti del Convitto Nazionale. Tre di queste sono state classificate prime fra tutte e sette ed una di esse è stata compresa nella classifica di merito distinto fra tutte le squadre nazionali concorrenti, riportando il 4° posto fra le squadre di tutto il Mezzogiorno d’Italia».127 A partire dal 1943, per lo scoppio della seconda guerra mondiale, anche nel “Mario Pagano” tutte le attività scolastiche furono sospese. La ripresa fu lenta e difficile. Già dagli anni 50 all’interno dei convitti era scomparsa l’istruzione militare, resisteva ancora la scherma. Con gli anni ‘60 e ‘70 il percorso formativo risentì delle profonde trasformazioni che l’Italia viveva. Anche la ginnastica venne impartita secondo nuovi programmi tesi esclusivamente a favorire lo sviluppo fisico dei giovani. Proprio in quest’ottica le attività sportive nel “Mario Pagano” continuano ancora oggi ad avere grande importanza nel processo educativo e gli alunni, seguendo quella che è un’antica tradizione del convitto, con entusiasmo prendono parte alle varie manifestazioni sportive conseguendo nelle diverse discipline anche eccellenti risultati. Tra queste si segnalano: 1° posto per il basket alle Convittiadi 2007; 1° posto alle Convittiadi 2008 di Lignano Sabbiadoro per il beach-volley, 2° posto per il calcio A5, 3° posto per il tennistavolo; per le manifestazioni organizzate dal Coni, 1° posto alle finali provinciali di pallacanestro 2007, 1° posto alle finali regionali di sci alpino di Campitello Matese 2008-2009, 1° posto alle finali provinciali di scacchi 2008. 127) R. Convitto Nazionale «M. Pagano» Campobasso, Annuario 1928-29, anno VII, Campobasso, Casa Tipografico-Editrice Colitti, 1929, p. 26. 112 La Biblioteca e l’Archivio storico La biblioteca nacque contemporaneamente con l’istituzione del Real Collegio. Il patrimonio era inizialmente costituito dagli oltre 3000 volumi128 provenienti dalle biblioteche dei monasteri soppressi dei Cappuccini, dei Minori Osservanti di Isernia, di Agnone e Limosano. Il primo inventario venne fatto nel 1854 dai padri Barnabiti i quali però, lasciando il convitto, portarono via gran parte dei libri catalogati e sistemati negli otto scaffali che costituivano un tempo la biblioteca privata di monsignor Bernardo Cangiano, vescovo di Bojano nel 1746. Purtroppo di questo inventario non c’è più traccia cosicché risulta impossibile ricavare i titoli e gli autori dei volumi censiti. Pur tuttavia non è da escludere che la biblioteca annoverasse anche cinquecentine, seicentine e settecentine oltre a numerosissimi libri di ambito scolastico ed erudito acquisiti nel corso dei primi anni per le attività di studio dei convittori. Fin dalla sua nascita la biblioteca fu economicamente sostenuta dalla Provincia la quale, a partire dal 1862, pronta ad accogliere la richiesta degli studiosi locali di aprirla al pubblico, iniziò a corrispondere un contributo maggiore per l’acquisto di libri.129 Sta di fatto però che essa, dopo un breve periodo che fu frequentata da utenza esterna, tornò di esclusiva pertinenza del “Mario Pagano” «non essendo gradito al Preside» Gianvincenzo Belsani «il nome figurativo di biblioteca provinciale …»130 e alla Provincia la nuo128) Ascetici, scientifici, letterari e classici. 129) ACNMP, b. 382, f. 2449. Alcune opere furono acquistate tra il 1872 e il 1875 proprio con il contributo della Provincia. 130) Il Collegio Sannitico “Mario Pagano” ed il suo Fabbricato in Campobasso. Relazione dell’avv. Alberto Pistilli al Consiglio Amministrativo 113 va sistemazione in locali ritenuti angusti e poco idonei rispetto ai precedenti. Nel 1886 il Consiglio Provinciale riconobbe che la biblioteca apparteneva indubbiamente al Liceo, che in essa vi erano 6000 mila volumi, di cui 5000 di antica pertinenza del Liceo e 1000 acquistati con i sussidi della Provincia, che questa di buon grado vi aveva speso in vari anni importanti somme per libri, per l’impianto e la custodia – e solo si dolse che era stata relegata in locali non adatti all’accesso del pubblico, talché, messa nella impossibilità di funzionare, non corrispondeva più al suo fine …131 Nel 1898 il “Mario Pagano” passò sotto la guida del presiderettore Luigi Gamberale il quale l’anno seguente richiese alla Provincia di collocare nel Convitto la vasta collezione libraria132 di autori molisani donata all’Ente da Pasquale Albino affinché «la conservasse e la mettesse a disposizione degli studiosi».133 Gamberale diede subito la sua disponibilità ad ubicare la biblioteca «in due ampie sale, nelle quali si può accedere senza incomodo alcuno dal vestibolo del portone principale» assicurando anche l’apertura al pubblico. La proposta fu accolta positivamente dalla Provincia, ma in seguito per una serie di nuove divergenze, i volumi della collezione Albino non vennero mai assegnati al convitto. Dagli inizi del Novecento la gestione della biblioteca restò affidata esclusivamente all’amministrazione del Convitto che nel dello Istituto nella tornata del 18 luglio 1903, Campobasso, Tipografia e Cartiera De Gaglia & Nebbia, 1903, p. 18. 131) Ibidem. 132) Quella del Liceo-Ginnasio annoverava oltre 600 volumi. 133) A. Pistilli, Il Collegio sannitico “M. Pagano”…, cit., p. 19. 114 1904 impegnò una «somma rilevante» per l’acquisto di libri e nel 1911 accettò anche «la generosa donazione di due scaffali di libri del dott. Ricci Francesco».134 Successivamente fu lo Stato a provvedere all’acquisto di libri e del materiale didattico e scientifico. A partire dagli anni Quaranta del Novecento essa fu più volte riordinata. Oggi, collocata in una sala al primo piano, con ingresso su corso Bucci, annovera circa 3000 opere di carattere scientifico, storico, pedagogico e di narrativa oltre a testi, per lo più giuridici, dell’originario fondo. Di rilevante interesse anche l’Archivio storico del Convitto che, ordinato negli anni Ottanta del Novecento a cura degli operatori del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, conserva una ricchissima documentazione che va dal 1606 al 1955. Il carteggio, costituito da 454 buste e oltre 3 mila fascicoli, è raccolto in 10 fondi suddivisi per argomento. Essi sono: I) carteggio antecedente alla fondazione del Collegio con la documentazione relativa ai beni dei monasteri soppressi che costituirono la sua dotazione (monastero di Santa Chiara di Isernia, conventi di Santa Croce, San Domenico e Santa Maria delle Monache di Isernia, convento di San Francesco di Bojano, monastero di San Francesco di Campobasso; II) atti costitutivi – Amministrazione e Sede (istituzione del Collegio, convocazioni dei Consigli, deliberazioni e Regolamenti); III) amministratori e personale (fascicoli personali dei Rettori e Vicerettori, Prefetti di camerata, istitutori, commissari, 134) L’atto fu rogato dal notaio Enrico Pistilli. La biblioteca fu in seguito arricchita anche dai libri donati dagli eredi della famiglia Berlingieri. 115 censori ed economi contabili, cassieri, medici, sacerdoti, violinisti, personale inserviente, stipendi, ritenute, pagamenti e aumenti, statistiche e circolari); IV) sede e suppellettili (costruzione dell’edificio, accomodi ed ampliamenti, acqua potabile, suppellettili e arredi con inventari, archivio e protocollo); V) patrimonio (registri patrimoniali, stati di consistenza ed altri titoli di proprietà, inventari di beni mobili ed immobili, platee, catasti, repertorio dei contratti, proprietà del Convitto, concessioni varie, verifiche di confini, espropriazioni, circolari); VI) finanza e contabilità, (crediti, stati ed elenchi dei debitori, rinnovazione titoli, affitti, censi, canoni e colonie perpetue, rendite, vendite, acquisti, mutui, prestiti, tasse, ipoteche, bilanci, conti morali, materiali e consuntivi, revisioni dei conti, giornale di cassa degli alunni, conti alunni, libri mastri, stati economici, introiti ed esiti, resoconti degli economi, registri di consumo giornaliero e di magazzino, chiusura esercizi, spese varie, residui, esattoria); VII) attività scolastica (fascicoli personali ed elenchi convittori, domande di ammissione, semiconvittori, disdette di posti, posti gratuiti e semigratuiti, rette, gite e festività, vittimazione, fascicoli personali dei maestri, fascicoli personali dei professori, scuola, esami di ammissioni alle classi e licenze, diplomi di licenze ginnasiali e liceali, disposizione circa gli orari, attività scolastica, biblioteca, statistiche, circolari e regolamenti); VIII)causa, liti e vertenze (elenchi atti notai, spese legali, citazioni, coazioni); 116 IX) mercuriali (Pio monte dei Maritaggi, assicurazioni del Convitto, bandi di vendita giudiziali, circolari varie); X) diversi (vendite censi e rendite, capitoli matrimoniali e testamenti, contabilità Carpinone). Studenti illustri La storia del Convitto si intreccia con quella delle persone che l’hanno frequentato. Proprio questo dà valore e significato alla memoria educativa dell’Istituto che segna anche la continuità tra passato e presente. Tracciare una breve biografia di coloro che nella aule del Real Collegio Sannitico e, in seguito, del Convitto “Mario Pagano” si sono formati equivale, attraverso il loro vissuto, a riconoscere oggettivamente l’insostituibile ruolo che il Convitto di Campobasso ha svolto nel corso dei suoi lunghissimi anni plasmando intere generazioni di uomini alcuni dei quali hanno raggiunto nella loro vita importanti traguardi professionali. Ma attraverso loro si vuole far rivivere anche le infinite storie e i tanti volti di chi, seppur rimasti anonimi, hanno comunque lasciato un’impronta indelebile nell’ultracentenario cammino della comunità del Convitto. Michelangelo Ziccardi Nacque a Campobasso nel 1802. Fu tra i primi convittori del Real Collegio Sannitico del quale, dopo la laurea in medicina e chirurgia conseguita nell’Università di Napoli, fu anche professore. Profondo studioso diede alla stampe I Cappuccini in Campobasso 117 o la Pace oltre a varie biografie e memorie di carattere scientifico. Esperto botanico pubblicò anche il volume Flora Sannitica che comprende la descrizione di oltre 3000 piante medicinali presenti in Molise con le loro caratteristiche e proprietà. Morì nel 1845. Nicola Trudi Nacque a Campobasso nel 1811. «Matematico insigne» come recita la lapide posta sulla facciata esterna del Convitto, Trudi fu professore di «Calcolo» all’Università di Napoli dove si conserva tuttora un suo busto. Fu allievo del Flauti ma non lo seguì nella sua avversione alla Geometria analitica e altri metodi moderni. I suoi contributi personali concernono la teoria delle funzioni ellittiche e i connessi poligoni dei determinanti. Socio dell’Accademia delle Scienze e dell’Accademia Pontiana morì a Caserta nel 1884. Michelangelo di Tilla Nacque a Campobasso nel 1819. Convittore del Real Collegio Sannitico si trasferì in seguito a Napoli dove, dopo essere stato allievo della scuola di Basilio Puoti, si laureò in legge. Intraprese quindi la carriera in magistratura ricoprendo importanti incarichi. Dopo quarant’anni di servizio andò in pensione col grado onorifico di Presidente di Corte d’Appello. Morì a Napoli nel 1891. Achille Sannia Nacque a Campobasso nel 1823. Dopo aver compiuto i primi studi nel Real Collegio Sannitico successivamente frequentò le scuole medie a Lucera. Si trasferì quindi a Napoli dove si dedicò allo studio della matematica. Nel 1853 fu chiamato ad insegnare geometria nella Regia Scuola di Ponti e Strade prima di passare nel 118 1865 all’Università. Nel 1871 ideò una Scuola di Elettronica. Ha scritto due importanti trattati uno riguardante la geometria proiettiva e l’altro la geometria elementare. Socio dell’Accademia delle Scienze fu anche senatore del Regno d’Italia nella XVII legislatura. Scipione di Blasio Nacque a Casacalenda nel 1834 da Francesco Saverio ed Isabella Vincelli, unica figlia di Scipione, patriota del 1799 detenuto fino al 1801 nel castello di Santa Caterina alla Favignana. Scipione di Blasio fu convittore del Collegio Sannitico. Dopo aver conseguito la laurea in legge all’Università di Napoli si dedicò alla vita politica. Eletto deputato, da Sottosegretario ai Lavori Pubblici, si impegnò per la costruzione della linea ferroviaria TermoliBenevento. Morì a Napoli nel 1901. Enrico D’Ovidio Nacque a Campobasso nel 1843. Allievo di Achille Sannia (nel 1860 sposò la sorella Angiola) e Giuseppe Battaglini si laureò nel 1869. Dal 1872 insegnò algebra e geometria analitica all’Università di Torino di cui fu anche Rettore dal 1880 al 1885. A D’Ovidio va soprattutto il merito di aver poste le basi di quella che è passata alla storia come la scuola italiana di geometria algebrica. I suoi maggiori allievi furono Giuseppe Peano e Corrado Segre. Fu socio dell’Accademia delle Scienze e dell’Accademia dei Lincei. Nominato senatore nel 1905 morì a Torino nel 1933. Enrico Fazio Nacque a Carpinone nel 1847. Dopo aver compiuto gli studi nel Real Collegio Sannitico si laureò in legge. Molti i processi 119 importanti che lo videro protagonista nelle aule di giustizia tra i quali quello di Perugia contro i socialisti di Romagna e quello di Ancona che travolse la fortuna di Tommaso Lopez. Eletto deputato nelle fila repubblicane morì ad Isernia nel 1892. Alfonso Perrella Nacque a Cantalupo nel 1849. Dopo aver compiuto gli studi al “Mario Pagano” intraprese la carriera di agente demaniale. Infaticabile ricercatore di documenti Perrella pubblicò diverse opere di carattere storico sul Molise. Tra queste si ricordano L’antico Sannio e l’attuale Provincia del Molise (1889), Effemeridi della Provincia di Molise (in due volumi, 1890-1891) e L’anno 1799 nella Provincia di Molise (1899). Morì nel 1915 a Valle di Pompei (Na). Giulio Pittarelli Nacque a Campochiaro nel 1852. Si laureò a Napoli nel 1874 dapprima in matematica e nel 1876 in ingegneria. Fu, per molti anni, docente di geometria descrittiva all’Università di Roma. Oltre che pregevole cultore di geometria, nell’indirizzo cremoniano, fu anche un valente pittore, autore, fra l’altro, di un ritratto di L. Cremona. Morì a Roma nel 1934. Niccolò Barrucco Nacque a San Martino in Pensilis nel 1856. Studente liceale del “Mario Pagano” si laureò in medicina e chirurgia all’Università di Bologna nel 1880. Ideatore di diversi strumenti di chirurgia diede anche alle stampe numerose “memorie” scientifiche. Fu docente di medicina nelle Università di Napoli e Bologna, città quest’ultima dove morì nel 1904. 120 Galileo Berengario Amorosa Nacque a Riccia nel 1865. Laureato in giurisprudenza, nel 1891, dopo alcuni anni di insegnamento, vinse il concorso per ispettore scolastico e, nel 1903, quello di Provveditore agli Studi. Nonostante i suoi impegni professionali rimase legato alla sua terra alla quale dedicò diverse opere di carattere storiografico con riferimenti importanti al patrimonio delle tradizioni locali. Non trascurò neppure la poesia. Tra le sue pubblicazioni si ricordano Riccia nella storia e nel folclore (1903), Il Molise, Almanacco regionale (Mondadori, 1924), Rassegna di Storia e d’Arte d’Abruzzo e Molise (1925), Bartolomeo Zaburri (1926), La tradizionale festa del Corpus Domini a Campobasso (1935). Giuseppe Albino Nacque a Campobasso nel 1866. Dopo aver compiuto gli studi liceali nel “Mario Pagano” entrò all’Accademia di Modena. Promosso nel 1887 al grado di tenente fu inviato in Africa, come interprete, essendo conoscitore di varie lingue non escluso l’aramaico. Cadde nella battaglia di Adua il 1° marzo 1892. Luigi D’Amato Nacque a Campochiaro nel 1874. Dopo aver conseguito la maturità classica al “Mario Pagano” ancora giovanissimo si laureò in medicina e chirurgia all’Università di Napoli. Subito dopo cominciò a lavorare a fianco del famoso clinico molisano Antonio Cardarelli che gli aprì la strada alla carriera universitaria. Insegnò anche a Messina. Nel 1939 fu nominato senatore del Regno d’Italia per i suoi meriti scientifici. Le sue pubblicazioni spaziarono da quelle più squisitamente specialistiche a quelle 121 di carattere letterario, quest’ultime appartenenti in particolare all’età giovanile. Raffaello De Rensis Nacque a Casacalenda nel 1880. Al “Mario Pagano” fu allievo di Giovanni Gentile. Dopo la laurea in giurisprudenza preferì dedicarsi alla sua grande passione, la musica, diventando negli anni un critico letterario di successo. Per le sue elevate competenze professionali gli fu affidata la direzione della corposa pubblicazione delle Opere Complete di Giovanni Pierlugi da Pelestrina. Fondatore del settimanale «Mondo Musicale» ed accademico di Santa Cecilia e dell’Accademia Cherubini di Firenze, De Rensis diede alle stampe anche numerosissime opere alcune delle quali tradotte in varie lingue. Morì a Roma nel 1970. Arturo Giovannitti Nacque a Ripabottoni nel 1884. Dopo aver frequentato il ginnasio del “Mario Pagano” ancora giovanissimo emigrò in America per evitare ritorsioni per le sue idee socialiste. Oltre oceano gradualmente si inserì nel mondo sindacale. Nel 1912 organizzò nella cittadina di Lawrence, in Pennsylvania, uno sciopero nel corso del quale un’operaia italiana fu colpita a morte. Giovannitti insieme ad altri sindacalisti venne imprigionato. Furono molti a mobilitarsi contro quella che venne definita una grave ingiustizia. Manifestazioni si tennero anche nel Molise. Al termine del processo tutti gli imputati furono assolti e questo segnò una grande vittoria per il movimento sindacale. Durante la carcerazione scrisse la sua prima poesia in inglese, The Walker e nel 1914 il dramma As it was in the Beginning. Nel 1915, nel corso 122 del primo conflitto mondiale, perse il fratello Aristide, anch’egli convittore del “Mario Pagano”. Negli anni successivi Arturo scese in campo in difesa dei connazionali Sacco e Vanzetti accusati di spionaggio. Da antifascista durante il ventennio aiutò molti esuli. Alla fine degli anni Trenta iniziò la sua lunga attività letteraria che lo portò alla pubblicazione di diverse raccolte di poesie e di un dramma dal titolo Una donna onesta. Morì a New York nel 1959. Vincenzo Eduardo Gasdia Nacque a Bergamo nel 1885. Dopo aver conseguito la maturità classica al “Mario Pagano” conseguì nel 1915 la laurea in giurisprudenza. Nell’Università di Napoli studiò anche diverse lingue tra le quali anche il cinese per prepararsi alla carriera diplomatica. Dopo aver preso parte alla prima guerra mondiale come ufficiale di complemento intraprese la carriera nell’amministrazione dello Stato raggiungendo il grado di Prefetto. Numerose le sue pubblicazioni di carattere giuridico e storico. Senza dubbio la più divulgata è la Storia di Campobasso (1940) in tre volumi dei quali sono stati già editi soltanto i primi due. Il terzo è custodito nell’Archivio dell’abbazia di Montecassino al quale Gasdia ha donato tutta la sua biblioteca. Morì a Verona nel 1983. Pietro Mancini Nacque a Campobasso nel 1886. Dopo aver compiuto gli studi liceali nel “Mario Pagano” entrò all’Accademia di Modena da dove uscì col grado di sottotenente di Cavalleria. Dopo un corso seguito in Francia nella scuola di Bleriot a Pau nel 1912 ottenne il brevetto di pilota di aviazione. Inviato in Libia, nel 1912, durante 123 un volo di ricognizione il suo aereo cadde in mare. Il velivolo e il suo corpo non furono mai ritrovati. Franco Ciampitti Nacque ad Isernia nel 1903. Dopo la laurea in giurisprudenza conseguì anche quella in scienze politiche. Spinto da profonda passione per lo sport Ciampitti si dedicò al giornalismo sportivo. Collaboratore di vari quotidiani tra i quali «Il Mattino» di Napoli nel 1932 pubblicò il suo primo romanzo Novantesimo Minuto. Ne seguirono subito altri tra cui Cerchi ambientato in Molise. Appassionato cultore di vernacolo scrisse anche testi per il teatro. Tra i suoi romanzi più noti Il Tratturo pubblicato nel 1968. Michelangelo Masciotta Nacque a Casacalenda nel 1905. Fratello di Giambattista, maggior storiografo del Molise, Michelangelo dopo aver conseguita la maturità classica al “Mario Pagano” si laureò in lettere all’Università di Firenze. Iniziò quindi la carriera di docente che lo portò in diverse città italiane. Critico d’arte e scrittore esordì nel 1928 con Prose lucenti. Fu anche autore della prima monografia italiana su Kokoschka (1942) e di un Dizionario dei termini artistici (Le Monnier, 1965). Sempre nel 1965 pubblicò con la Mondadori la raccolta di versi Sensi e Poesie. Come esperto d’arte partecipò anche a diverse trasmissioni radiofoniche e fu redattore di importanti riviste artistiche. Nel 1975 il Presidente della Repubblica gli consegnò la medaglia d’oro per i benemeriti della Cultura e dell’Arte. Morì a Firenze nel 1995. 124 Felice Del Vecchio Nacque a Castiglion Messer Marino nel 1929. Dopo aver conseguito la maturità classica al “Mario Pagano” nel 1951 si laureò in filosofia. Nel 1957 pubblicò per Einaudi il suo primo romanzo La Chiesa di Canneto che vinse il premio Viareggio. Autore di successo collaborò anche con la Mondadori nella stesura del Dizionario della Letteratura Italiana Contemporanea. A Milano si dedicò all’insegnamento. Dopo il pensionamento diede alle stampe Per una storia del Molise nel secondo dopoguerra (1996). Gaetano Scardocchia Nacque a Campobasso nel 1937. Dopo aver conseguito la maturità classica al “Mario Pagano” conseguì la laurea in giurisprudenza all’Università di Roma. Ben presto intraprese la carriera giornalistica. Dapprima corrispondente dall’estero per il quotidiano «Il Giorno» nel 1974 passò al «Corriere della Sera» per il quale fu inviato a Pechino. Nel 1982 diventò corrispondente da New York per «La Repubblica». Nel 1986 divenne direttore de «La Stampa» di Torino che, nei suoi tre anni di guida, riuscì a rilanciare anche grazie ad una veste grafica più moderna. Colto da infarto morì a New York nel 1993. La sperimentazione del metodo Bell e Lancaster. La nascita in Provincia di nuovi istituti. I moti rivoluzionari del ‘21 e del ‘48. Ispezioni, censure e repressione nelle scuole. Gli intellettuali Oronzio Petitti e Michelangelo Ziccardi. Il Collegio diventa sede di corsi universitari. La visita di Fer- 125 II di Borbone. Lo stato dell’istruzione in Provincia Benedetto Cantalupo. Il progetto dell’architetto Bellini per l’ampliamento dell’ex monastero. Il Collegio viene affidato ai Padri Barnabiti (1854). Chiusura e riapertura. Elevato a Liceo con decreto del 1857. dinando nell’analisi di L’apertura del Collegio, come si è già detto, ebbe in tutta la Provincia grande risonanza. Al Convitto guardava con fiducia e speranza soprattutto la piccola e media borghesia che in quegli anni andava consolidando il suo ruolo di classe emergente anche nella gestione della Pubblica Amministrazione. L’entusiasmo era palpabile nell’impegno quotidiano dello stesso corpo docente che fin da subito si sforzò per dare il maggiore impulso possibile agli studi nonostante l’organizzazione scolastica era, per così dire, ancora rudimentale. Infatti, fino al 1840, così come accadeva un po’ per tutti i collegi del Regno, anche in quello di Campobasso non esistevano precisi programmi d’insegnamento ai quali i docenti dovevano attenersi. Dalla lettura dei fascicoli personali dei professori135 si intuisce che erano loro stessi ad impegnarsi con il Rettore, anche in rapporto ai loro studi, per insegnare quanto di meglio potevano agli alunni a loro affidati. Al latino, ad esempio, 135) I professori erano inizialmente nominati dal Re su proposta della Commissione della Pubblica Istruzione. Essi dovevano tenere due ore e un quarto di lezione al mattino ed un’ora e mezzo dopo il pranzo. Tutti gli altri una lezione al giorno della durata di due ore: o al mattino o dopo pranzo, secondo le disposizioni del Rettore. I loro onorari mensili, all’apertura dei convitti, erano i seguenti: «al professore di Fisica sperimentale 15 ducati; al professore di Filosofia ed Etica di diritto 15 ducati; al professore di lingua Latina sublime 21 ducati; al professore di Retorica, Poesia Italiana e Latina 24 ducati; al professore di Lingua Latina elementare 20 ducati; al professore di Lingua Italiana 20 ducati». 126 si dava molta più importanza che all’italiano. Effetto di questo metodo era che i giovani scrivevano correttamente il latino, ma non conoscevano Dante. Il clima di fervore di questi primi anni è testimoniato anche dalla sperimentazione di nuovi metodi didattici, come il metodo Bell e Lancaster, detto del “mutuo apprendimento” applicato all’insegnamento della lingua italiana e latina per gli alunni meno dotati, che sin dal 1817 aveva già una sua scuola di orientamento presso il Reale Albergo dei Poveri di Napoli. I risultati complessivi furono più che soddisfacenti tanto che nel 1819 l’intendente Biase Zurlo, nel discorso pronunciato il 10 ottobre all’apertura del Consiglio Provinciale, sottolineò i «passi felici» compiuti sul versante dell’istruzione nel Collegio Sannitico aggiungendo che «nommai il tempo giustificò più ampiamente queste speranze».136 Frattanto tra il 1817 e il 1819 il Molise vide fiorire anche altre scuole secondarie sia ad indirizzo umanistico (Trivento, Morcone, Casacalenda, Montenero di Bisaccia, Baselice, Bonefro e Bagnoli) che per l’insegnamento dell’agricoltura (Agnone, Morcone, Larino, Campobasso, Riccia, Isernia, Trivento, Frosolone, Guglionesi e Civitacampomarano). Sia all’interno di questi istituti che nel Collegio Sannitico di Campobasso, per i moti rivoluzionari del ‘21, l’azione repressiva dello Stato si fece sentire con tutto il suo peso per scovare e allontanare i sospetti137 o gli iscritti alla società segrete. Da questo momento in poi il Governo fu anche più oculato nella scelta del personale direttivo (la carica dei prefetti fu riservata solo ai sacerdoti) e insegnante che doveva mostrare chiaro attaccamento al sovrano. Già prima dei 136) ASCb, Intendenza di Molise, b. 989, f. 93. 137) Il rettore dell’Erba e Nicola De Matteis, docente di matematica e fisica, vennero destituiti. 127 moti del ‘21 per tutti c’era l’obbligo di prestare formale giuramento di non essere carbonari. La formula era la seguente: Io sottoscritto Giuseppe Maestro di Lingua Francese nel Real Collegio Sannitico prometto e giuro fedeltà ed ubbidienza al Re Ferdinando I e pronta ed esatta esecuzione degli ordini Suoi. Prometto e giuro che nell’esercizio delle funzioni, che mi sono state affidate, io mi adopererò col maggior zelo e colla maggiore probità ed onoratezza. Prometto e giuro di osservare e di far osservare le Leggi e Decreti e regolamenti che per Sovrana disposizione di Sua Maestà si trovano in vigore e quelli che piacerà alla Maestà Sovrana di pubblicare in avvenire. Prometto e giuro di non appartenere a nessuna Società Segreta di qualunque titolo, oggetto e denominazione; e nel caso ch’io appartenga a qualunque di tali Società prometto e giuro di rinunciarvi da questo momento e di non farne mai più parte. Così Dio mi aiuti. Giuseppe Evans.138 Censure, sospensioni e soprattutto ispezioni caratterizzarono questi anni e ancora di più quelli successivi ai moti rivoluzionari del ‘48. Anche il Molise subì il fascino di questa nuova ondata patriottica maturata culturalmente anche attraverso l’impegno di alcuni giovani intellettuali del Collegio Sannitico come Oronzio Petitti e Michelangelo Ziccardi, entrambi campobassani, che esaltarono attraverso la produzione di diversi saggi i loro sentimenti patriottici e liberali. Studiosi che si raccolsero già negli anni precedenti agli avvenimenti del ‘48 intorno al sacerdote campobassano Alfonso Fi138) ACNMP, b. 367, f. 2210. 128 lipponi, tra i primi docenti del Collegio, al quale il valente rettore dell’Erba affidò gli insegnamenti della «filosofia, etica del diritto e matematica elementare».139 Nonostante questi duri contraccolpi politici lo Stato riuscì a mantenere il controllo dell’istruzione e questo anche per l’incondizionato appoggio garantito dal mondo ecclesiastico. Il Collegio nell’arco di vent’anni, grazie anche all’impegno dei Rettori che si erano avvicendati, era riuscito a consolidarsi come istituzione scolastica ottendo per questo una Cattedra di Scuola Intermedia, cioè tra «la lingua latina sublime e la lingua latina elementare» e, nel 1829, per concessione sovrana, un’altra di giurisprudenza «tanto necessaria ai giovani che si dirigono alla professione legale». Professore ad interim venne nominato don Vincenzo Palmieri già docente dal 1825 di «retorica, poesia italiana e latina» il quale animato da vero zelo e deciso impegno, ha ammaestrato non solo nelle patrie leggi la gioventù, ma estendendo l’insegnamento a varie classi, ha dettato gli elementi del Diritto Universale, le Istituzioni del diritto Romano, la Cagione Canonica ed i Rudimenti della Storia Civile per i cangiamenti avvenuti nella legislazione e nell’ordine giudiziario.140 Nel corso degli anni successivi i giovani che frequentavano la facoltà di giurisprudenza erano diventati sempre più numerosi anche se il Consiglio Provinciale lamentava che il metodo d’insegnamento più complessivo all’interno del Sannitico rimaneva «astrat139) Ivi, b. 369, f. 2260. 140) Ivi, b. 10, f. 140. 129 to, inadeguato e in ritardo, sia ai fini della formazione della nuova classe dirigente, sia ai fini del soddisfacimento» di quella bramosia di sapere «ormai diffusa in tutte le altre classi sociali».141 Il Consiglio riconobbe a pieni voti anche l’utilità di aprire al pubblico la Biblioteca del Collegio,142 di riordinarla e di aumentare il patrimonio bibliografico, nonché di acquistare le macchine più importanti per facilitare lo studio delle scienze fisiche e matematiche. Intanto già dal 1825, anno in cui si formò una nuova Platea generale per tutti i cespiti del Collegio, il Consiglio Provinciale riconobbe anche «lo stato di floridezza e la buona tenuta di detto Stabilimento che può dirsi risorto dal languore nel quale era caduto».143 In realtà fin dal 1817, anno in cui fu pure acquistata dal Demanio la tenuta Cantalupo, in territorio di Rotello (oggi con i suoi 423 ettari rimane l’unico bene patrimoniale dell’Istituto insieme con alcuni fondi dell’ex badia di Sant’Elia a Pianisi), le amministrazioni che si avvicendarono alla gestione del Collegio furono assillate da problemi finanziari legati alla complessa situazione del suo patrimonio,144 che se pur consistente, poneva 141) ASCb, b. 72, f. 55, Atti del Consiglio Generale Provincia di Molise, 1845. 142) Nacque con la creazione del Collegio. La sua consistenza fino al 1854 era di oltre 3 mila volumi. Fra i bibliotecari si ricordano il professor Michele Petitti, Michelangelo Ziccardi e Gennaro Sipio. 143) ACNMP, b. 10, f. 138. 144) Tra i beni del Collegio figurava anche il ricco patrimonio di D. Agostino Santellis di Campobasso che – come asserisce L. Di Dedda in Patrimonio e contenzioso del Real Collegio Sannitico Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso, Campobasso, Editrice Lampo, 1987, pp. 38-39 –. «nel 1710 aveva fondato un Monastero denominato S. Maria del Carmine a cui era annessa la chiesa della SS. Trinità. Egli, con un nuncupativo testamento, in data 25 giugno 1730, per notar Don Luca Silvestri (si conserva copia), revocando ed annullando ogni altra sua precedente volontà 130 questioni di varia natura quali il riconoscimento dei diritti di proprietà o di rendita sui beni da parte dei possessori di esso, a vario titolo, la riscossione difficoltosa delle rendite. Questi problemi innescarono una serie di vertenze giudiziarie alle quali mano mano si aggiunsero altre, alcune delle quali si sono addirittura trascinate ben oltre la metà degli anni Cinquanta del Novecento, impedendo al Collegio «di vivere un’esistenza serena».145 Nel tempo le varie amministrazioni deliberarono progressivamente anche la vendita all’asta o privatamente dei numerosi fondi sparsi nei diversi comuni della Provincia recuperando però solo in parte il denaro del loro valore effettivo. Il 13 settembre 1832 il Collegio Sannitico fu visitato dal re Ferdinando II di Borbone,146 il sovrano che in realtà «sentiva un risoluto odio per i maestri» che con molto disprezzo chiamava «mast de scola» e per gli scrittori che per beffarsene definiva «pennaruoli testamentaria dichiarò erede universale il predetto Monastero da lui creato e di cui era proprietario unico. Il valore dell’eredità ascendeva all’epoca a non meno di 70 mila ducati. Nel 1773, poiché il Monastero non poté ottenere il reale riconoscimento, fu soppresso e con il suo patrimonio si fondò il “Pio Monte de’ Maritaggi” che ebbe come sede gli stessi locali dell’ex Monastero di S. Maria del Carmine, attigui alla chiesa della SS. Trinità, ad occidente con la strada S. Lazzaro (oggi Via Gianleonardo Palombo). Il Pio Monte de’ Maritaggi fu soppresso con R.D. 24 settembre 1810 e i locali furono usati come asilo per i poveri della città; però fin dal 1804, l’Amministrazione Provinciale utilizzò parte del grandissimo fabbricato [corrisponde all’attuale Palazzo del Governo] a carcere giudiziario. Il patrimonio di D. Agostino Santellis, quando fu attribuito al Convitto nel 1816, era costituito da un capitale il cui valore era sceso, rispetto al 1730, a ducati 12905». 145) L. Di Dedda, Patrimonio e contenzioso …, cit., p. 209. 146) Otto anni prima l’aveva visitato anche Francesco I di Borbone. 131 o pennariuoli».147 Il rettore Costantino Nardone pronunciò un discorso nel quale esaltò il livello di istruzione raggiunto sia a Campobasso che in Provincia grazie alla presenza del Collegio e alle attività didattiche in esso svolte. In verità la situazione più complessiva dell’istruzione della provincia molisana era alquanto diversa da quella esposta al Re. «Fa dolore scorgere» – rilevava solo qualche anno più tardi il procuratore regio Benedetto Cantalupo – «che mentre la cifra de’ maestri privati giunge a 123, di cui 21 pubblici, gli altri privati … è fortissima». Di qui la necessità e l’urgenza di aprire nuove scuole «per una popolazione di 337.944 individui» che ne «ha meno di 200» in una Provincia dove i piccoli proprietari con le loro rendite «han fatto sacrificio» per avere il Collegio Sannitico e che «ogni anno si soggetta a fortissimi esiti per educare la gioventù in Napoli».148 All’analisi di Cantalupo si aggiungevano anche le riflessioni dei consiglieri distrettuali e di quelli del Consiglio Generale che fotografavano la situazione di un Provincia povera, isolata, senza strade, senza scuole, con la stragrande maggioranza della popolazione analfabeta, senza vere città, senza alcuna industria di rilievo, priva di commercio e con evidenti squilibri tra agricoltura e pastorizia. Qualche anno più tardi la risposta al bisogno impellente di elevare ancora di più il grado di istruzione per i giovani molisani portò il Consiglio Provinciale a chiedere l’istituzione, nel maggio del 1841, di una cattedra di storia naturale e, negli anni successivi, quelle di economia politica, di botanica, di chimica filosofica, economia agraria e medicina legale. Nello stesso mese di maggio il 147) B. Labanca, Ricordi autobiografici, Agnone, 1913, pp. 21-22. 148)B. Cantalupo, Stato economico-morale del Contado Molise, seconda edizione con appendice, Campobasso, Tipografia Nuzzi, 1834, pp. 29-30 e nota 24. 132 Consiglio Provinciale, rivedendo il sistema per l’attribuzione delle piazze franche, deliberò che le proposte copulative per quei comuni, i quali non avrebbero solo il diritto di presentazione ad una franchigia, sarebbero impolitiche, poiché farebbero cessare lo stimolo dell’aumento di dotazione e che quei comuni, se di una franchigia non godranno, fruiscono bensì del mezzo di profittare della istruzione pubblica in uno Stabilimento Provinciale; che quando in un Comune, che abbia diritto a presentazioni non vi siano famiglie, le quali aspirino, non è giusto negarsi al medesimo il diritto di presentare giovanetti di alieno paese, onde lo scopo dell’istruzione del Collegio, diffusivo di sua natura, non venga attraversato ed abbia questo Comune il modo di retribuire di gratitudine qualche estraneo, o di facilitare a chi ne mancasse il mezzo della istruzione; infine che, quando un Decurionato non abbia o non voglia fare proposizione alcuna per la franchigia di sua competenza, questo diritto anziché rimaner caducato e vacuo di posti correlativi, sia risarcito prima dai Comuni del circondario e così gradatamente dagli altri della provincia, secondo l’ordine in cui si trovano collocati dalla legge sulla ripartizione territoriale del Regno.149 Frattanto il Consiglio Provinciale, anche in considerazione del maggior afflusso di convittori e delle nuove esigenze didattiche e formative, aveva più volte rinnovato il suo voto per l’ampliamento dell’edificio recependo fin dal 1843 anche le deliberazioni del Consiglio d’Amministrazione del Collegio che a più riprese, su insistenza del rettore Vincenzo Bria, aveva auspicato la costruzione di un nuovo e più moderno edificio scolastico. 149) ASCb, b. 71, f. 33, Atti del Consiglio Generale della Provincia di Molise, 1841. 133 Questo indusse l’Intendente, col parere favorevole del Consiglio Provinciale, ad affidare all’architetto Antonio Bellini l’incarico per elaborare un nuovo progetto che venne approvato il 14 febbraio 1846. Per la realizzazione dell’opera fu deciso di ricorrere ai capitali che la Provincia assegnava annualmente al Collegio e di aggiungere alla somma occorrente anche il ricavato della vendita di alcuni immobili. Tra questi vi era anche la tenuta Cantalupo, valutata 13 mila ducati, che però alla fine non fu venduta. Di fatto questo impedì che si procedesse all’appalto dei lavori rinviando ogni decisione nel futuro. Il 28 maggio 1846 Alfonso Filipponi lasciò l’insegnamento per motivi di salute e la sua cattedra passò a Giacomo De Sanctis che nel 1829 a Ferrazzano aveva aperto «una scuola di filosofia e matematiche pure e miste»150 dove si insegnava anche botanica e nella quale aveva ricevuto le prime nozioni scientifiche il grande matematico Nicola Trudi che fu, con Achille Sannia, Giulio Pittarelli e Enrico d’Ovidio, studente del Sannitico. Ad Alfonso Filipponi, il Consiglio Distrettuale di Campobasso, a nome di tutta la Provincia, tributò questo elogio in segno di gratitudine: Egli è uno di quei pochissimi che veramente onorano non solo questa provincia ma anche tutta l’italiana penisola, nella quale è grandemente stimata la volontà del Chiarissimo Professore. Questi inoltre quando tenne florida la salute, con immolato affetto al paese, allo stabilimento e alla gioventù, faceasi scrupolosamente sostenere i doveri della sua cattedra e sarebbe il Consiglio per dire, senza tema di essere smentito, che quanti ora di questa provincia 150) «Giornale Intendenza del Molise», 1829, p. 132. 134 fan luminosa mostra di loro, nella posizione sociale, in cui si trovano, ne sono debitori al Sig. Filipponi. Per dirlo in poche parole il Chiarissimo Prof. è certamente il più benemerito della non ispregevole istruzione, di cui la Provincia altamente si onora. … Il Consiglio, pieno di gratitudine verso il sig. Filipponi, cui tributa vivi e sinceri sensi di riconoscenza, a nome di tutta questa Provincia, è sommamente addolorato per la perdita di un tanto professore, e si fa a desiderare che questi venga giubilato con ogni maniera di onorificenza e col godimento del suo soldo intero, perché così cessi la sua cattedra di essere sostenuta da un sostituto… Il 6 marzo del 1848 venne istituito il Ministero della Pubblica Istruzione scorporato da quello dell’Interno. Nell’ottobre dello stesso anno il decreto n. 848 segnò pure la nascita dei moderni convitti che si aprivano a nuovi orizzonti educativi anche se rimaneva piuttosto rigida l’ingerenza esercitata dallo stato borbonico e dai religiosi per sottrarre l’istruzione dei giovani da una gestione pubblica e laica. In sostanza il controllo sul personale docente rimase rigoroso e non ci fu verso che qualche insegnante in odore di liberalismo potesse essere ammesso ad avere contatti con gli allievi.151 Alla fine degli anni Quaranta dell’Ottocento il livello dell’offerta formativa all’interno del convitto, pur con l’innegabile impegno dei rettori e dei Consigli di Amministrazione che mettevano in atto ogni strategia per equipararsi con gli altri istituti del Regno, rimaneva a giudizio del Consiglio Provinciale ancora scadente. A 151) La scuola in Molise. Indagine documentaria sull’istruzione nel periodo preunitario, a cura dell’Istituto Statale “Principessa Elena” - Campobasso - Archivio di Stato di Campobasso. Catalogo della mostra, foto riproduzione e stampa dell’Archivio di Stato, Campobasso, 1987, p. XXVI. 135 nulla sembrava essere servito il turn over di alcuni docenti con altri più qualificati, a nulla sembrava essere servito anche l’introduzione, fin dal 1841, di un corso di disegno applicato che aveva come obiettivo quello di insegnare il disegno lineare applicato alle varie arti, spiegandosi i principi delle proporzioni e misure, come si ha dai manuali del Dupin e di altri, così che gli ebanisti, i tornitori, i mobilisti, gli acciaiuoli, i ferrai qui numerosi, avessero un insegnamento pratico come fare più belli, più solidi, più di valore i loro lavori.152 Nelle ripetute ispezioni compiute dai componenti del Consiglio Provinciale venivano infatti rilevate lacune nell’ambito della didattica e la mancanza di docenti di ruolo dal che deriva un fatto da non potersi punto revocare in dubbio che non pochi padri di famiglia si contentano di far trattenere i figli in istabilimenti esistenti in lontane provincie e non già nel Collegio della propria provincia.153 Per impedire la fuga dei giovani molisani sia il Consiglio d’Amministrazione che quello Provinciale tornarono a chiedere, dietro insistenza dei comuni, anche l’ampliamento dell’edificio con la speranza che una struttura più moderna e funzionale attirasse il maggior numero di giovani delle famiglie appartenenti alla ricca e media borghesia. Alla fine però prevalse la proposta di cambiare il locale Collegio con quello dell’ospedale provinciale, permuta che tuttavia si rivelò ben presto svantaggiosa per 152) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 124. 153) La scuola nel Molise…, cit., p. XXVI. 136 il Convitto tant’è che il rettore Francescantonio Cundari e il Consiglio d’Amministrazione, nonostante l’approvazione del progetto154 da parte del Re, fece pressioni sul Presidente del Consiglio della Pubblica Istruzione per ottenere la revoca del provvedimento. Dopo alcuni mesi il Governo annullò il decreto reale e il Consiglio Generale della Provincia ritornò sui suoi passi votando l’originale progetto di ampliamento per il quale continuavano a mancare i fondi sufficienti. Un po’ ovunque questi furono anni di incertezza caratterizzati da un controllo sempre più rigido da parte del Governo sulle istituzioni scolastiche le quali in gran numero vennero affidate ai religiosi. Il Collegio di Campobasso non fece eccezione tanto più che esso «versava in tristi condizioni per colpa dei suoi Rettori».155 Il 25 gennaio 1854 furono chiamati a dirigerlo i Padri Barnabiti. Questo il testo del decreto reale. Ferdinando II … Sulla proposizione del Direttore del Ministero e Real Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica; Udito il nostro Consiglio ordinario di Stato; Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue: Art. 1 Il Real Collegio di Campobasso è affidato alla cure dei P.P. Barnabiti i quali avranno il carico dell’amministrazione e della disciplina, rimanendone riserbata a noi la proprietà. Art. 2 Il Rettore, il Vice Rettore, ed i professori titolari nominati con R. 154) 2 settembre 1852. 155) Dal giornale «Il Sannita Unitario», Campobasso, 26 marzo 1865. 137 Decreti avranno dal dì della cessazione del loro esercizio la metà del soldo che al presente percepiscono. Art. 3 I medesimi, e gli altri impiegati nel detto R. Collegio resteranno ai loro posti sino a che i Padri non ne prenderanno possesso. Art. 4 È assegnata ai mentovati Padri, durante il tempo che avranno la direzione del Convitto, la rendita in ducati 11234 e grana 12, con l’obbligo di pagare i mezzi soldi agli impiegati nell’art.2. Art. 5 Le somme dovute al Collegio per restituzione di capitale resteranno a disposizione del Real Ministero degli Affari Ecclesiastici e della Pubblica Istruzione, per impiegarle al miglioramento dello stesso Collegio. Art. 6 Oltre le 12 mezze piazze franche di regia nomina già esistenti, ne saranno stabilite altre 8 nel detto R. Collegio, le quali saranno da NOI conferite. Art. 7 Il Direttore del Ministero e Real Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica è incaricato della esecuzione del presente Real Decreto.156 I Padri Barnabiti, secondo lo statuto dell’Ordine, avevano come missione da compiere la istruzione scientifica nella gioventù e la morale e religione nella gioventù e nel popolo. Che alla prima per mezzo di Convitti, Collegi e Licei, alla seconda per mezzo di chiese aperte al pubblico culto, possono corrispondere.157 156) ACNMP, b. 371, f. 2333. 157) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 36. 138 Ma la situazione a Campobasso non permetteva – a loro giudizio – di soddisfare queste esigenze poiché l’edificio nel quale ora abitano, dove hanno il Convitto, è un avanzo di modesto cenobio lasciato dai Frati Cordiglieri o Francescani, dal quale è stata tolta l’antica chiesa, per cui, quel mediocre ricovero di privata famiglia, contiene pochissimi allievi, e … non hanno come accoglierne altri e decentemente adoperarsi per l’educazione del Convitto, né possono farsi operosi ministri del Santuario, specialmente in questa Campobasso, dove vi è un numero scarso di Preti …158 Proposero per questo la costruzione di un nuovo edificio e il Consiglio Distrettuale deliberò che si trovassero «mezzi proporzionati al fine».159 Con decreto del 10 novembre 1855 il Re nominava una commissione composta dall’intendente Domenico Lopane, dal rettore Barnaba Tacchi, dal conte Carlo De Capoa, dal vescovo della diocesi di Bojano monsignor Moffa e dall’ingegnere provinciale Oberty con l’incarico «di proporre un locale idoneo ed avvisare eziando ai mezzi all’uopo necessari».160 Malgrado queste disposizioni i Barnabiti non riuscirono però ad ottenere dalla Provincia i fondi necessari per questo proposero il taglio degli alberi della tenuta Cantalupo. Il 30 ottobre 1856 il Re dava il suo benestare, ma questo servì a ben poco dal momento che i padri, entrati in conflitto con gli amministratori locali, decisero di abbandonare il Collegio. Essi tuttavia giustificarono il loro operato asserendo che 158) Ibidem. 159) Ibidem. 160) F. Trombone, Il Convitto Nazionale “Mario Pagano” in Campobasso, Napoli, Editrice Morano, 1884, p. 8. 139 niun conto sono tenuti di dare dell’amministrazione da essi gestita nel modesto stabilimento e che prosperosi furono i risultamenti della loro cennata amministrazione.161 Ma la loro presenza a Campobasso, nove anni dopo, veniva ancora criticata serveramente tanto che dalle pagine del giornale «Il Sannita Unitario»162 si faceva rilevare che i Padri Barnabiti trascurando l’istruzione, e ciò per gratitudine al loro benefattore, avessero almeno riordinato la sua dissestata amministrazione, depauperata da avidi ed ignoranti Rettori, e da amministratori non buoni ad altro che a dire osanna a qualunque cosa si facesse o si volesse da chi era alto locato, o ad apporre la loro firma a qualunque atto si volesse. Essi inoltre «scesero ad atti tali … per i quali delle somme grossissime furono sottratte e portate via» così come dalla biblioteca «benché non avesse avuto un assortimento tale di libri … pure aveva molte buone opere, le migliori delle quali furono portate via». Dopo la loro partenza il Collegio rimase chiuso fino al 2 febbraio 1857 quando alunni e docenti da Maddaloni, dove erano stati trasferiti, vennero richiamati a Campobasso. Alla direzione del Convitto fu chiamato il canonico Berardo Palombieri, di Teramo, che per rilanciare l’Istituto, anche con l’appoggio del Consiglio Provinciale, fece pressioni sul Governo per ottenere l’elevazione del Collegio Sannitico a Liceo anche in considerazione del fatto che gli studenti molisani erano tra quelli ancora costretti a recarsi a Chieti o Lucera per sostenere gli esami. Nell’istanza al Re fu rinnovata anche la ri161) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 34. 162) Campobasso, 26 marzo 1865. 140 chiesta di attivare alcune cattedre universitarie.163 Tre mesi dopo re Ferdinando II, con decreto del 7 maggio 1857 n. 4043, accontentò i molisani elevando a Liceo il Collegio Sannitico nel quale vennero istituiti anche alcuni corsi universitari. Per il suo funzionamento l’articolo 1 del decreto impose alla Provincia di provvedervi con mezzi propri o «in mancanza di altri mezzi, proporre i grani addizionali» sui tributi. L’amministrazione si assunse quest’onere imponendo prima un mezzo grano e poi un grano intero per far fronte al mantenimento della nuova istituzione.164 L’inaugurazione avvenne con grande solennità il 12 gennaio 1858. La cronaca della cerimonia è possibile riviverla attraverso la relazione che il rettore Palombieri inviò al Ministero della Pubblica Istruzione. … Fu mia premura di preparare gli alunni interni di questo Regio Liceo alla rappresentanza di molti componimenti poetici latini, italiani e francesi, e di adornare con semplice ma bella eleganza la maggior sala di questo Regio Stabilimento. Nel fondo della quale sotto un magnifico trono, adorno di serici drappi erano esposte le venerate effige delle M.M.L.L. il Re sig. nostro e la Regina nostra Augusta Sovrana, che Dio sempre faccia felici. … Si vedeva del pari eretto un bello arco di Trionfo sull’ingresso 163) Le richieste del Consiglio Provinciale vennero avanzate annualmente dal 1841 al 1846. 164) La Provincia nel giro di alcuni anni si sottrasse però da tale obbligo nonostante la circolare ministeriale del 12 gennaio 1857 stabilisse che il contributo dovesse avere carattere permanente. Da qui la causa che il Convitto mosse contro la Provincia la quale con sentenza del 6 marzo 1913 fu condannata al pagamento dell’annuo assegno obbligatorio di lire dodicimila a favore del Convitto nonché a quello delle annualità scadute e non pagate dal 1906. 141 di questo R. Liceo, ove, fra le altre cose svariate e gradite alla vista, si rimirava nella parte superiore un gran quadro dipinto ad olio e trasparente in cui era espresso l’Augusto Sovrano in atto di largire la grazia speciale a questa Provincia, rappresentata da una donna che era supplice ai suoi piedi, di elevazione a Liceo di questo R. Stabilimento, a fianco di quest’ultima era pure piacevole il vedersi un grazioso gruppo di alunni interni ed esterni che, in atti umili, erano in attenzione della Reale Elargizione, nel mentre la dea della Sapienza Minerva, con una mano additava loro il tempio della virtù ed il difficile colle che essi dovevano percorrere per rendersi degni del bene che il Sovrano largiva nella concessione del Liceo, e con l’altra stringeva un bel numero di onorifici diplomi e simboleggiava che, chi corresse la via del sapere e della virtù, avrebbe raggiunto le proprie professioni che con la istallazione del liceo si possano ottenere. … Per la circostanza furono pronunziati e scritti vari discorsi... … Parlò prima l’Intendente della Provincia di Molise alla gioventù studiosa del Real Liceo Sannitico, il Conte Gioacchino Sabatelli; poi il Rettore Berardo Cav. Can. Palombieri da Teramo il quale dice fra altro: Il Collegio del Sannio, bersaglio di infauste vicende, alla fine era rimasto chiuso, da riaprirsi, dopo che fosse sorto all’obbietto, nuovo e in più spazioso fabbricato. I padri di famiglia ne furono duramente contristati. Il Conte Sabatelli, ed il Vescovo Diocesano mons. Moffa umiliarono ai piedi del Real Trono l’immenso desiderio di tutta la provincia di vedere riaperto questo Real Collegio. Le suppliche furono accolte dal Clementissimo Sovrano con quel benigno sorriso di padre …165 165) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 45. 142 La mancanza di fondi impedisce la costruzione del nuovo Convitto. La legge Casati. L’inaugurazione dei corsi del LiceoGinnasio (1861). Il Collegio assillato da problemi finanziari. Il rettore Vincenzo Gamberale e gli anni del positivismo. Polemiche e critiche per l’intitolazione del Convitto (1865) al lucano Mario Pagano. I progetti educativi postunitari. L’impegno dei rettori Lace e Valente. Posa della prima pietra del nuovo edificio (1879). Il progetto De Angelis. Le Feste Letterarie dei licei. Il nuovo Regolamento per i Convitti (1888). Il filosofo Giovanni Gentile docente nel “Mario Pagano”. Il terremoto del 1915. La prima guerra mondiale. Il convitto requisito per Ospedale Militare. I convittori caduti sui campi di battaglia. L’avvvento del fascismo e la riforma Gentile. In questo stesso giorno fu posta anche la prima pietra del nuovo edificio la cui costruzione venne avviata nel 1858 confidando per la realizzazione della struttura sui fondi ricavati con la vendita del legname della prima sezione del bosco Cantalupo.166 Ma quando nel novembre si procedette alla subasta per la vendita del legname della seconda sezione l’offerta che si ebbe, fu molto inferiore alla perizia; e sia per questo motivo, sia ancora perché l’offerta non si era fatta nelle forme legali, la vendita del legname della seconda sezione non si poté più eseguire; ed i muri delle nuove fabbriche, sorti pochi palmi dal suolo non furono più continuati per mancanza di mezzi167 166) Esso fu diviso in sei sezioni: Cannuccia, Pinciarella, Casone-Monacella, Parco dei buoi, Pezza dei Segatori e Trigneta. ACNMP, b. 86, f. 843. 167) Relazione del Preside-Rettore Cav. Luigi Lace in occasione della posa della prima pietra del nuovo edificio, Campobasso, Tip. Domenico De Nigris, 1879, p. 19. 143 cosicché il progetto per la costruzione del nuovo edificio rimarrà sospeso fino al 1870. Il 17 febbraio 1858 il presidente del Consiglio Generale della Pubblica Istruzione comunicava all’Intendente, il conte Sabatelli, l’approvazione della nomina ad interim dei professori delle scuole universitarie del Liceo. A Vincenzo Palmieri, già insegnante di giurisprudenza, fu assegnata la cattedra di diritto civile e procedura penale; a Giovanni Battista Tosti diritto penale al quale subentrò con decreto del 5 settembre 1859 Enrico Ferrara; a Pasquale Leale chimica e farmacia; a Giovanni Sannicola storia naturale; a Michele Paventi anatomia e fisiologia; a Pasquale Verdura chirurgia teoretica e pratica; a Filoteo Maiorini l’antepratica [sic]; a Vincenzo Iacobacci medicina pratica e legale il quale, dopo aver rifiutato l’incarico per motivi di salute, fu sostituito da Giovanni De Blasiis. Con decreto del 12 dicembre dello stesso anno venne istituita anche la cattedra di diritto romano che fu assegnata a Girolamo Diodati. Questi corsi ebbero però vita breve. Già prima dell’Unità d’Italia, con la legge Casati, i Collegi168 passarono sotto la tutela dello Stato e furono attivati corsi di insegnamento secondario classico che consentivano l’accesso alle università. Il Collegio Sannitico, così come dettava il decreto del 10 febbraio 1861 n. 69, varato da Paolo Emilio Imbriani, Consigliere incaricato del Dicastero dell’Istruzione Pubblica, divenne un Liceo Ginnasio con annesso Convitto. Dodici giorni dopo il rettore Raffaele Vecchierelli si rivolgeva al governatore della Provincia Nicola De Luca per 168) Da questo momento in poi si imporrà gradualmente il termine Convitto a quello di Collegio. 144 chiedere che fossero «serbate le tre cattedre facoltative di Legge, dove con tanto successo si ammaestrano, in questo Stabilimento, posto in questa città, gli esempi di un foro tradizionalmente illustre». Nel mese di febbraio tuttavia alcuni docenti con motivazioni differenti avevano già rassegnato le dimissioni. Tra questi c’era anche Pasquale Verdura, ordinario di chirurgia teoretica e pratica, il quale rivolgendosi al governatore scriveva che non sapendo pe’ suoi principi adattarsi a nessuna disposizione, che sente ancora il lezzo nefando della esecrata tirannia borbonica, né assoggettarsi a qualsiasi umiliante servilità, senza ragione e senza scopo… prega accordargli o fargli accordare la sua dimissione dalla carica (di insegnante).169 La delicata fase di transizione postunitaria fu particolarmente difficile per il Convitto di Campobasso contrassegnato non solo da incertezze sui modelli educativi da seguire per la formazione della nuova classe dirigente della neonata Nazione italiana ma anche da problemi di natura finanziaria. Il Consiglio d’Amministrazione del Convitto il 22 dicembre 1862, convocato in seduta straordinaria, rilevava infatti che «i mezzi ordinari onde attualmente è provveduto, non potranno bastare al suo proprio e decoroso mantenimento». Il rettore Vecchiarelli e i consiglieri nella lettera indirizzata al governatore Giuseppe Arditi sottolineavano pure che «l’ingente spesa di circa 15 mila ducati, sopportata a cagione delle fabbriche incominciate, le quali si sono dovute sospendere, per non dire abbandonare, dalla fallita entrata, che era designata sopra un cespite incerto, ha maggiormente impo169) ACNMP, b. 371, f. 2334. 145 verita ogni sua risorsa». Al governatore veniva per questo chiesto di farsi portavoce presso il Governo affinché stanziasse a favore dell’Istituto la somma di 20 mila ducati non solo «in compenso dei 12 posti gratuiti» imposti da lunghissimo tempo al Convitto ma anche per continuare «le fabbriche sospese» col fine di assicurare «il regolare indirizzo e la decorosa conservazione di questo Regio Liceo …».170 Ma negli anni successivi la situazione finanziaria peggiorò a tal punto tanto che agli inizi del 1864 il Consiglio d’Amministrazione fu impossibilitato a pagare gli stipendi in quanto, come fu comunicato al Ministero della Pubblica Istruzione, «lo stabilimento vive in strettezze e che le rendite si trovano sequestrate ad istanza dell’appaltatore delle nuove fabbriche».171 A quel tempo dirigeva l’istituto il canonico Vincenzo Gamberale di Agnone il quale, come ricorda Masciotta «alla dottrina vasta e multiforme, che lo rendeva simpatico agli studenti perché esente dal pedantismo che non è dato a tutti d’isfuggire, accoppiava maniere paterne ed un sentimento profondo ed altissimo di carità».172 Gamberale, «figura morale del pio e dotto prete» come lo definì invece Francesco D’Ovidio tentò di dare un impulso diverso al Convitto anche grazie ad una gestione amministrativa più oculata. Erano questi gli anni del positivismo che inasprirono anche all’interno dell’istituto molisano le polemiche tra clericali e fautori del nuovo credo scientifico sperimentale nell’ambito del più vasto dibattito che si andava sviluppando intorno alla riforma della scuola secondaria superiore e sui limiti emersi della legge 170) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 141. 171) Ivi, p. 143. 172) G. Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. III, Il Circondario di Isernia, Cava dei Tirreni, Arti Grafiche E. Di Mauro, 1952, p. 55. 146 Casati.173 Dal carteggio dell’Archivio del Convitto si comprende che questo limitò enormemente l’azione di Gamberale il quale nei cinque anni che fu Rettore poté concretamente solo operare per tenere a freno i liberi pensatori che accontentò anche con l’acquisto di svariato materiale scientifico per incrementare le attività del gabinetto di fisica e chimica. Nel suo penultimo anno alla guida dell’Istituto, il Regio Liceo Ginnasio, con decreto del 4 marzo 1865, fu intitolato a Mario Pagano,174 patriota del Novan173) Tale ordinamento approvato con regio decreto del 13 novembre 1859 (Presidente del Consiglio Cavour e Ministro dell’Istruzione Casati) per le scuole del Regno del Piemonte fu esteso nel 1861 (Ministro dell’Istruzione De Sanctis) a tutte le province napoletane. 174) Nacque a Brienza, piccolo paesino della Basilicata, l’8 dicembre 1748. Nel 1762 partì per Napoli dove iniziò gli studi umanistici. Diventò allievo del Genovesi ed ebbe, come insegnanti, il filosofo Giovanni Spena per il latino e il greco, Niccolò de Martino per la matematica, Padre Gerardo degli Angioli per la filosofia e Pasquale Cirillo per le materie di diritto. Si interessò, con l’amico Gaetano Filangieri, di criminologia. Si laureò giovanissimo in giurisprudenza; a 27 anni ottenne la cattedra di morale e poco dopo quella di giurisprudenza. Nel 1785 pubblicò i Saggi politici con le sue concezioni del ruolo dello Stato e la sua organizzazione. Le sue opere Considerazioni sul processo criminale. Principi del codice penale e Logica dei probabili o teoria delle prove con quelle di Filangieri e Beccaria rappresentavano il rinnovamento del pensiero giuridico illuministico del Settecento. Si impegnò per l’abolizione della tortura convinto che «la confessione, estorta tra i tormenti, è l’espressione del dolore, non già l’indizio della verità». Autore di alcune tragedie pubblicò anche la commedia L’Emilia, il Saggio del gusto e delle belle arti ed il Discorso sull’origine e natura della poesia. Nel 1794 fu difensore dei congiurati della Società Patriottica nella Gran Causa dei rei di Stato. Ma, nonostante il suo impegno teso a dimostrare l’infondatezza giuridica della delazione, il processo si concluse con la condanna a morte di tre giovanissimi, l’ergastolo e l’esilio per altri 48, e due sole assoluzioni. La bravura di Pagano fu tale 147 148 tanove giustiziato sul patibolo a piazza Mercato a Napoli. Questo innescò negli ambienti più colti della Provincia vivaci polemiche perché al nome del patriota molisano Vincenzo Cuoco si preferì quello di un lucano. Tra le lettere indirizzate al ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Natoli anche una di Francesco Pepe nella quale tra l’latro scriveva che … dando il nome di Vincenzo Cuoco, Ella avrebbe onorato la memoria del grande, degno certamente di essere ricordato ed insieme avrebbe rivendicato una gloria alla Provincia, ed al paese che lo vide nascere e del quale scrivo …175 A nulla valsero anche i vari tentativi messi in atto anche dal Consiglio Provinciale. Probabilmente il cambio di nome non fu preso neanche in considerazione tant’è che oggi, a distanza che la stessa corte lo nominò giudice del Tribunale dell’Ammiragliato. Quando fece arrestare un avvocato corrotto, questi lo accusò affermando falsamente «Pagano mi perseguita perché sono fedele al Re». Con questa accusa, nel febbraio del 1796 Mario Pagano finì in carcere, dove venne trattenuto per oltre due anni senza alcun processo. Tornato in libertà abbandonò Napoli rifugiandosi prima a Roma e poi a Milano. Proclamata la Repubblica, tornò a Napoli il 1° febbraio 1799, e si mise in evidenza come il principale artefice della neonata Repubblica. Due gli atti fondamentali che lo videro protagonista: la legge feudale, dove probabilmente per opportunità politica tenne un atteggiamento moderato e il Progetto di Costituzione ispirato dalla «dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini» che non si riuscì ad approvare per la breve durata della Repubblica. Arrestato e condannato a morte fu impiccato, in piazza Mercato, il 29 ottobre 1799 insieme a Domenico Cirillo, Giorgio Pigliaceli e Ignazio Ciaja. Quel giorno Napoli perse parte della sua migliore intelligenza. 175) «La Palestra del Sannio», 30 aprile 1865. 149 di oltre cento anni, il Convitto ha conservato l’originaria denominazione. La solenne cerimonia d’intitolazione si tenne il 14 maggio. La manifestazione fu organizzata dal professore di storia e geografia Francesco Tiberio Anserini176 che elaborò questo programma. Il Prefetto invita il Consiglio Scolastico, la Deputazione Provinciale, i Consiglieri e i principali Segretari di Prefettura a riunirsi nel suo palazzo nel giorno di domenica 14 corrente alle ore 11 antimeridiane, per accompagnarlo alla pubblica cerimonia, colla quale sarà data al R. Liceo Sannitico la nuova denominazione di R. Liceo Mario Pagano. Il Prefetto invita i Magistrati giudiziari ed il Colonnello a recarsi al Liceo per assistere alla cerimonia. Il Preside invita la Giunta Municipale, il R. Ispettore provinciale delle Scuole, la Guardia Nazionale, i maestri elementari della città ed alcuni dei principali cittadini ad assistere alla cerimonia. Gl’invitati attenderanno l’annunzio della venuta del Prefetto in una sala terrena del Liceo in compagnia del Preside, del Rettore e dei Professori e del Consiglio d’Amministrazione. Sul largo dinanzi al Liceo: a destra della porta saranno schierati gli alunni convittori e gli esterni in due squadre distinte, la prima vicina all’edifizio, la seconda a destra della prima. A sinistra della porta dirimpetto alla squadra degli alunni esterni, la banda musicale. Un usciere della Prefettura verrà ad annunziare al Capo-banda, e subito dopo al Preside il prossimo arrivo del Prefetto, per modo che al comparire di questo sul marciapiede della Casina, la banda suoni la Marcia reale e continui a suonarla finché il Prefetto sarà giunto a collocarsi con tutto il suo seguito dirimpetto 176) Svolgeva anche la funzione di Preside. 150 alla porta maggiore del Liceo, tra gli alunni esterni e la banda. In pari tempo il Preside, il Rettore, il Sindaco ed Assessori, e l’Ispettore verranno a collocarsi sulla porta del Liceo, e gli altri invitati si disporranno sul largo a sinistra della porta dirimpetto ai Convittori. Appena il Prefetto comparirà dirimpetto alla porta del Liceo, i Convittori presenteranno l’armi, gli esterni di scopriranno il capo; Preside, Rettore, Professori, Sindaco ed Ispettori gli muoveranno incontro e si scopriranno il capo. Il Prefetto starà colla faccia rivolta alla porta del Liceo ed avrà accanto la Deputazione provinciale, i Consiglieri e Segretari di Prefettura. Gli starà dirimpetto a brevissima distanza il Preside ed avrà a destra il Sindaco ed assessori, a sinistra il Rettore e l’Ispettore, di dietro i Professori. Il Prefetto pronunzierà un breve discorso. Quando avrà profferito la prima volta il nome di Mario Pagano si scoprirà lo stemma sovrapposto all’arco della porta su cui starà la leggenda: R. Liceo Mario Pagano. Il Preside risponderà e finirà la risposta ripetendo le esclamazioni di onore e di augurio alle quali pure farà eco la scolaresca. Terminata la risposta del Preside la banda suonerà. Il Prefetto, con tutto il suo seguito entrerà nel Liceo, sarà accompagnato e ricevuto nella Sala terrena dal Preside, dal Rettore ed ivi si tratterrà alcun tempo coi Professori e cogli invitati. Intanto la squadra degli alunni esterni si trasferirà a sinistra della porta del Liceo dirimpettai Convittori e la banda, avvicinatasi alla porta eseguirà varie suonate con brevi intervalli tra l’una e l’altra. Avvertita la banda del prossimo ritorno del Prefetto ritornerà al primitivo suo posto e suonerà una seconda volta la Marcia reale. Al ricomparire del Prefetto i Convittori presenteranno l’armi, gli esterni si scopriranno. 151 Il Prefetto sarà accompagnato sino alla porta del Palazzo di Prefettura. Avrà alla destra il Sindaco ed assessori, alla sinistra il Preside, il Rettore e l’Ispettore. Di dietro i professori ed altri invitati. Dietro di questa la banda, dietro alla banda le squadre degli alluni, prima i Convittori, poi gli esterni. Le due squadre si fermeranno sul Largo S. Leonardo. La cerimonia finirà col ritirarsi del Prefetto nel suo Palazzo. La banda riconduce gli alunni al Liceo. Il Liceo sarà tutto il giorno imbandierato e la sera illuminato.177 Il canonico Gamberale chiuse la serie dei Rettori “ecclesiastici” ed Eraclio Ferreri inaugurò quelli “laici” del nuovo Regno d’Italia. Intanto tra il 1865 e il 1880 si andò gradualmente affermando sempre più l’indirizzo classico riconducibile al modello della legge Casati.178 Anche nel Convitto “Mario Pagano” il progetto educativo era finalizzato a formare il carattere dei giovani con gli studi letterari i quali educano il cuore, sviluppano il sentimento, gli affetti più cari e più santi, l’amor della famiglia, l’amor della patria, l’amor della gloria, l’aspirazione al grande, all’immortale, a tutto ciò che solleva l’animo all’infinito, a Dio.179 177) ACNMP, b. 6, f. 94. 178) In questo arco di tempo il Liceo Ginnasiale “Mario Pagano” per l’elevato numero di alunni era considerato «uno dei primi delle città di second’ordine» e «non inferiore a nessuno in ciò che riguarda l’educazione e l’istruzione». Gli studenti molisani che uscivano dal Convitto erano infatti tutti ben preparati e si distinguevano nei corsi universitari. 179) R. Liceo Ginnasiale Mario Pagano e Convitto Nazionale di Campobasso nel Molise. Distribuzione dei premi agli alunni che si segnalano nell’anno scolastico 1878-1879. Relazione del Preside-Rettore Dott. Cav. Trombone, Campobasso, Tipografia e Legatoria de Nigris, 1880, pp.19-20. 152 Un’educazione «morale, civile e veramente liberale» come rilevava qualche anno prima il preside-rettore Luigi Lace,180 la quale deve accendere l’animo d’ogni cittadino di giusto orgoglio e di vivo conforto, perché prova ad evidenza, che la nuova vita nazionale si diffonde e si va immedesimando in tutto il corpo sociale, e la sua luce benefica irradia ormai e vivifica tutto.181 Lace proprio per assicurare il «miglior avvenire delle lettere e della cultura» si adoperò per scegliere professori di alto profilo versò i quali, in ogni circostanza, espresse riconoscenza. L’anno passato182 il professore Giacomo Bertini Dottore in Lettere, distinto Ellenista, specialmente per le sue versioni dal greco di varie poesie di Teocrito, e delle storie di Erodono, lavori meritatamente lodati in ogni parte d’Italia, dovette per ragioni di salute lasciare le nostre scuole: in sua vece venne mandato ad insegnare nella V Ginnasiale un bravo giovine Veneto, laureato all’Università di Padova, il dottore Decio Corubolo. Anche questo giovane professore dopo un anno d’insegnamento, nel corso del quale diede prove di abilità, di studio e d’ingegno non comune, per cui si conciliò la stima e l’affetto dei suoi superiori, dei colleghi e degli scolari, venne trasferito al ginnasio di Chieti. L’insegnamento qui dato tanto dal professor Bertini, quanto dal professor Corubolo con affetto e solerzia, fu utilissimo ed efficace183 180) Professore di lettere e storia aveva conseguito la laurea nella Regia Università di Torino. 181) Relazione letta nella premiazione degli alunni del R. Liceo-Ginnasiale e Convitto Nazionale M. Pagano di Campobasso…, cit., pp. 4-6. 182) 1874. 183) Relazione del Preside Rettore Prof. Luigi Lace…, cit., p. 15. 153 e questo fece aumentare «il numero dei giovani, che domandano l’annessione sia alle scuole, sia al convitto: numero che pure quest’anno superò il precedente, sebbene per il Convitto siasi col decreto 23 giugno 1874 aumentata alquanto la retta mensile».184 In verità bisogna pure sottolineare l’importante lavoro che svolse dal 1869 al 1872 il preside-rettore Gabriele Valente il quale si dedicò alla ricerca e alla rivendicazione dei beni devoluti al convitto, recuperandone non pochi. Egli, sulla scorta della Platea dello Scaroina185 e dei Cabrei dei beni appartenenti ai soppressi Monasteri di S. Chiara e S. Domenico di Isernia incominciò a rivendicare i beni ceduti al Convitto con la legge del 1816. Mediante la guida dei Cabrei riuscì a fare un registro che intitolò degli Immobili. Preparò delle liste di carico per le riscossioni annue. Questo registro fu di notevole importanza per l’epoca in quanto, attraverso le ricerche, si apportarono gli aggiornamenti necessari alla individuazione delle proprietà e rendite e quindi alla riscossione dei diritti. Valente sostenne molti giudizi presso i tribunali e avverso i possessori di detti beni, non pochi in mala fede; accertò molte proprietà, aumentò l’incasso di molti affitti ed enfiteusi; in diverse cause ottenne sentenze favorevoli, in alcune rimase perdente e dovette ricorrere in appello sempre per gli interessi del Convitto.186 Proprio questa migliorata situazione patrimoniale e finanziaria fu determinante nella ripresa del progetto per la costruzione del nuovo fabbricato. Nel 1875 il rettore Lace assicurava che nei bilanci «stavano indicate per filo e per segno le operazioni ese184) Ibidem. 185) 1825. 186) L. Di Dedda, Patrimonio e contenzioso…, cit., p. 47. 154 guite per trovare i mezzi necessari»187 al fine di realizzare una «grandiosa impresa» alla quale l’anno precedente aveva dato il suo incondizionato appoggio anche il Ministro della Pubblica Istruzione Ruggiero Bonghi che, visitando l’Istituto, propose al Consiglio d’Amministrazione il progettista Giulio de Angelis «noto per geniale concezione d’edifizi educativi».188 Passarono ancora quattro anni e finalmente il 1° giugno 1879, ricorrendo la festa dello statuto, si tenne la cerimonia per la posa della prima pietra del nuovo edificio che doveva nascere secondo il progetto redatto dall’ingegnere De Angelis. Nulla fu omesso di quanto è necessario per le scuole Elementari, Ginnasiali e de Liceo; per i gabinetti di Chimica, di Fisica e di Storia Naturale; per le sale di belle arti, calligrafia, disegno, scherma, ballo e musica. Voi troverete – affermava il presiderettore Fortunato Trombone189 – una bella chiesuola, un teatrino, locali adatti per una biblioteca di facile accesso al pubblico; parecchi cortili spaziosi e necessari per le quotidiane ricreazioni, come pure un cortile destinato alla Palestra Ginnastica, che tanto giova e sviluppa ed invigorisce le forze fisiche della gioventù. Voi troverete camerate ampie, arieggiate e sanissime, capaci di ben 150 convittori; oltre parecchie camere separate per giovani maturi d’età e di senno. Voi troverete quanto occorre per una piccola infermeria,190 collocata nella parte più elevata dell’edificio, 187) Relazione del Preside Rettore Prof. Luigi Lace…, cit., p. 21. 188) ACNMP, b. 27, f. 438, Il Collegio Sannitico “Mario Pagano” ed il suo fabbricato in Campobasso, Relazione dell’avvocato Alberto Pistilli al Consiglio d’Amministrazione, Campobasso, Tip. e Cart. De Gaglia & Nebbia, 1903, p. 9. 189) Professore di lettere, storia e geografia aveva conseguito la laurea nella Regia Università di Torino. 190) Nel 1927 aveva anche una camera d’isolamento «per le malattie di carat- 155 e quasi isolata da ogni contatto, con bagno ordinari e a doccia. Voi infine vedrete nel culmine dell’edificio sorgere una graziosa torre per collocarvi un Osservatorio meteorologico,191 tanto utile a’ giorni nostri in una sede di studi, tanto necessario per la vostra provincia che ne ha tuttora difetto.192 Con l’obiettivo di migliorare ulteriormente gli strumenti didattici, ma anche per dare maggiore impulso alle materie scientifiche, il Consiglio d’Amministrazione deliberò in questi stessi anni anche l’acquisto di un «piccolo museo di storia naturale della signora Bellini» nonché «una macchina pneumatica, apparecchi di elettricità e di ottica per l’insegnamento della fisica».193 Intanto, sulla base del decreto del 20 novembre 1874, i Rettori del “Mario Pagano” si preoccuparono di coinvolgere sempre più nel progetto educativo anche le famiglie «parte viva a tutto ciò che riguarda la scuola, ed abbiano così conoscenza di quanto nella scuola si fa, e sopra tutto quale profitto dalla scuola ottenga la gioventù». In questo passaggio si può dire che è racchiuso il significato più autentico della cosiddetta “Festa letteraria dei Licei” tere diffusivo» ovvero infettive. 191) Nel 1903 il Consiglio d’Amministrazione presieduto dal preside-rettore Girolamo Rozzolino e dai consiglieri Gaetano Calvani, Giuseppe Cancellario, Corrado Cannavina, Ettore Negri e Alberto Pistilli riconfermò la volontà di «costruire nel centro del fabbricato una piccola torre pel gabinetto meteorologico, giusta il progetto De Angelis. Però rimanda l’attuazione di tali propositi a miglior tempo, allorquando cioè l’Istituto con i sussidi governativi si troverà di aver approntato i mezzi occorrenti». La torre non fu però mai realizzata. 192) Relazione del Preside Rettore Cav. Luigi Lace…, cit., p. 25. 193) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., pp. 165-167. 156 protrattasi per moltissimi anni con la premiazione degli alunni più meritevoli; festa che altro non era che minuto ragguaglio di tutto ciò, che nell’anno scolastico precedente avvenne nell’istituto, che possa riuscire di giovamento agli studi e alla gioventù, e di tutto ciò, che ha rapporto cogl’interessi più delicati e più sacri delle famiglie e della società.194 Innumerevoli gli studenti che vennero premiati nel corso di queste feste che furono vanto per i docenti del “Mario Pagano” di «un insegnamento sostanziale, efficace e morale». Il presiderettore Luigi Lace si dichiarava «veramente lieto» dei risultati conseguiti «nelle nostre scuole» dopo che i sei allievi licenziati l’anno passato da noi, i quali ora frequentano l’Università di Napoli, sono colà lodati per ordine, disciplina, e studio sopra tutti i moltissimi giovani, che inviano a cotesta Università i molti Licei-ginnasiali delle Province Meridionali: ed a questo riguardo credo mio debito di fare speciale menzione del giovane Niccolò Barrucco, il quale dopo d’aver lasciato qui esempi di studio e di virtù, all’Università Napoletana in un esperimento sull’Idrogeno ed Ossigeno sostenuto per iscritto e pubblicamente anche orale nel marzo passato, sopra 43 alunni venne dall’illustre suo professore De Luca classificato il primo.195 Questo conferma che il Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, seguendo le direttive pedagogiche che il Regno d’Italia aveva dato per tali scuole «intese come determinatrici dello spirito generale dell’educazione nazionale e quindi anche dello 194) Relazione del Preside-Rettore Cav. Luigi Lace…, cit., p. 3. 195) Ivi, p. 11. 157 spirito dell’educazione da impartire nei licei e nei convitti di livello liceale»,196 acquisì come altri istituti un peso sempre maggiore nella rete del sistema formativo ed educativo del Molise e del Mezzogiorno. Spirito chiarito molto bene dal regio decreto dell’11 novembre 1888 che approvava anche il Regolamento per i Convitti nazionali197 seguendo gli stessi indirizzi premessi ai programmi della scuola primaria firmati da Aristide Gabelli. Lo spirito, l’orientamento e le direttive pedagogiche per i Convitti furono enunciate nel primo articolo del Regolamento laddove si affermava che i convitti nazionali danno ai giovani un’educazione morale, intellettuale e fisica, atta a renderli degni cittadini di una patria libera e civile … L’educazione morale deve intendere a formare il carattere, svolgendo nei giovani il sentimento dei propri doveri, l’amore alla virtù, alla famiglia, alla patria ed alle istituzioni che ci governano. L’educazione intellettuale, mercé lo studio, li renderà atti ad ogni civile disciplina e a giovamento e decoro alla società. L’educazione fisica, come le esercitazioni ginnastiche e militari, compie le altre due e prepara alla patria uomini valorosi e pronti alla sua difesa.198 196) E. Riverso, Perché il Convitto? in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli…, cit., p. 39. 197) Queste direttive sono ricavabili dalle premesse ai programmi della scuola elementare, enunciate come legge Casati, come «istruzioni» del Ministro Coppino del 1867, come premessa di Aristide Gabelli del 1888, come «istruzioni generali» di Francesco Orestano per i programmi del 1905, come premessa di Giuseppe Lombardo-Radice ai programmi del 1923, come premessa ai programmi del 1945, come premessa a quella dei programmi del 1955 e come premessa a quella dei programmi del 1985. Successivamente cambiano radicalmente i concetti di educazione e istruzione. 198) Art. 1° del regio decreto 11 novembre 1888. 158 I giovani non solo molisani che si formarono nel Convitto di Campobasso fino allo scoppio della prima guerra mondiale si trovarono ad essere inquadrati in schemi di vita rispondenti a modelli umani radicati nella cultura classica antica, ma sostanzialmente trasformata dagli ideali laici risorgimentali. In tutti i Convitti, compreso quello molisano, l’esperimento diede risultati promettenti e la gioventù che dalle famiglie benestanti di un Sud ancora prevalentemente rurale si trasferirono nelle sedi dei convitti, contribuirono in maniera significativa all’accrescimento di quel ceto di soggetti tanto utili a coprire ruoli di funzionari e burocrati, di cui la nuova amministrazione aveva bisogno. Molti di loro dovettero affrontare prove più dure, quando i governi nazionali impegnarono l’Italia in guerre dolorose in Africa e sui confini europei.199 Negli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento il “Mario Pagano” poté contare anche su un corpo docente di altissimo profilo intellettuale e culturale200 nel momento in cui veniva riaffermata la validità delle discipline umanistiche201 199) E. Riverso, Perché il Convitto?…, cit., p. 41. 200) Tra i professori di letteratura italiana figuravano i nomi di Domenico Ciampoli (1881-83), Nicola Zingarelli (1886-87) Oddone Zenatti (1891) e Flaminio Pellegrini (1892-93). Quasi tutti i docenti del “Mario Pagano” provenivano dalle Università piemontesi e lombarde oltre che dalla “Normale” di Pisa, altri invece, dall’Università napoletana. 201) Tra i primi libri di testo ad uso dei convittori figuravano nell’elenco la Grammatica di Soave, la Geografia di Galanti, la Grammatica latina inferiore e sublime di Portoreale, La Fisica e la Matematica di Flauti e Giannattasio. In seguito tra i libri di testo adottati per il liceo figuravano la Grammatica Greca di Georg Curtius nella versione italiana rivista da Giuseppe Muller, la Piccola Grammatica latina di Ferdi- 159 anche se il preside-rettore Pietro Gambera apriva maggiormente la strada alle materie scientifiche. Tra il 1899 e l’ottobre del 1900 anche Giovanni Gentile fece la sua prima esperienza di professore di filosofia nel Liceo di Campobasso nel quale trovò il giusto raccoglimento per i suoi studi. Gentile, che conobbe e sposò Erminia Nudi, tornò a Campobasso il 26 gennaio 1924 in veste di Ministro della Pubblica Istruzione. L’anno prima aveva varato la sua Riforma202 che apportò anche un nuovo Regolamento203 di impronta fortemente gerarchica, restrittiva e verticistica che, se assicurò nel tempo un buon funzionamento sul piano burocratico, nulla concesse allo sviluppo del dibattito educativo e didattico, arenato nella scia di una istruzione nozionistica classista, i cui nando Schultz e il Manuale di letteratura latina di Girolamo Vitelli. 202) La riforma Gentile creò una scuola nella quale l’istruzione classica era considerata il punto centrale e la sintesi della preparazione culturale del giovane. La scuola elementare, obbligatoria e gratuita, era suddivisa in due corsi: inferiore (fino alla 3a classe) e superiore (4a e 5a classe). Per l’ammissione al corso superiore bisognava superare un apposito esame di Stato. Dopo la scuola elementare, che si concludeva con l’esame per conseguire il “certificato di compimento”, lo studente che desiderava proseguire la carriera scolastica fino ai più alti gradi doveva sostenere un altro esame: quello di ammissione al ginnasio. Anche il ginnasio era suddiviso in due corsi, e il passaggio dal corso inferiore a quello superiore, comportava un esame, che si sosteneva alla fine del terzo ginnasio. Alla fine del quinto anno di ginnasio lo studente doveva ancora sostenere degli esami, quelli conclusivi della scuola ginnasiale, e che avevano il nome di “esami di ammissione al liceo”. Il superamento di questi esami permetteva l’iscrizione al Liceo Classico, triennale. La riforma Gentile creò in sostanza un sistema che premiava selettivamente i migliori, ma comunque basato anche su una selezione a priori determinata dal reddito. Lo studio restava così, sia concettualmente che praticamente, un fatto di élite. 203) Legge n. 1054 del 6 maggio 1923 artt. 118-141. 160 simboli – fascio, moschetto e croce – ben rivelavano il carattere di una cultura di regime che attinse a piene mani, purtroppo, dal repertorio iconografico dell’antica Roma e del mondo classico a proprio uso e consumo, ricercando in esso un acritico modello per un neo-imperialismo, privo di fondamento.204 Intanto nel 1901 la carica di Rettore fu disgiunta da quella di Preside. Nel Convitto di Campobasso il provvedimento fu adottato nel 1904,205 anno caratterizzato da un clima fortemente restrittivo nel quale entrava in vigore la riforma dell’istruzione classica connotando quest’ultima come destinata «ad una platea scolastica di élite, dalla quale sarebbero uscite le future classi dirigenti …».206 Nello stesso periodo erano stati ultimati anche i lavori del nuovo edificio, meno una piccola parte nel lato sud-ovest. Gli interventi, così come era stato deliberato dal Consiglio d’Amministrazione nel giugno del 1899, riguardarono anche il piazzale esterno che venne trasformato in giardino dove furono messe a dimora «belle conifere che procurano un aspetto bene intonato con l’edificio e col paesaggio». Nella seduta del Consiglio d’Amministrazione del 10 novembre 1905 il consigliere anziano Alberto Pistilli rivolse un saluto al 204)C. Ziviello, Cenni storici, in Il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Napoli…, cit., p. 54. 205) L’ultimo preside rettore fu Gerolamo Rozzolino (1900-1904) mentre il primo preside del Liceo-Ginnasio fu Pietro Avogadro. In questo stesso anno (Presidente del Consiglio Giolitti, Ministro della Pubblica Istruzione Orlando) con legge n. 407 gli stipendi dei maestri vennero pagati dallo Stato e non più dai Comuni. 206) C. Ziviello, Cenni storici, cit., p. 53. 161 rettore Luigi Patrocollo che, su sua richiesta, ottenne il trasferimento a Benevento, sua città natale. Nel lasciare questo Istituto – affermava nel suo intervento il Rettore – nel quale io feci le mie prime prove della carica di Rettore io posso con coscienza e con convinzione affermare che, sotto tutti gli aspetti, moralmente, disciplinarmente ed economicamente le condizioni sono ottime: ma gran parte del merito, anzi la massima parte è dovuta alle solerte ed intelligente coadiuvazione di tutti i membri del Consiglio nonché alla cooperazione dell’economo, del censore e di tutti gli ufficiali del Convitto.207 L’8 agosto 1910 invece il rettore Antonio Giordano deliberò la ridipintura dell’inferriata, che circonda il giardino davanti alla facciata principale dell’edificio, che, non essendo stata mai dipinta da quando venne posta (anno 1900), è ridotta in condizioni tali da essere poco decorosa per l’Istituto e la città.208 Cinque anni dopo, a seguito di una forte scossa di terremoto che colpì tutta l’area centrale del Molise e la città di Campobasso, anche il Convitto subì ingenti danni. Il 22 gennaio 1915 il Preside del Liceo Vincenzo Laureani inviò questa lettera al Ministro della Pubblica Istruzione: In seguito alla relazione dell’ing. Cancellario che metteva in rilievo i nuovi danneggiamenti prodotti dal recente terremoto ai locali del terzo piano del Convitto, credetti opportuno avvisarne 207) P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso, cit., p. 8. 208) Ivi, p. 11. 162 il Sig. Prefetto della Provincia. Egli con sollecitudine urgente mandava l’ing. Ricciuti del Genio Civile a ispezionare minutamente i locali e a suggerire i provvedimenti da prendere a scanso di eventuali disgrazie e di mia responsabilità. La relazione della visita di cui accludo copia conferma i nuovi danneggiamenti pericolosi prodotti, già rilevati dall’ing. del Convitto, e suggerisce l’immediato isgombro della V Squadra minacciata dal probabile crollo della vecchia infermeria. Seguendo il consiglio dei due ingegneri predominati, senza indugio, ho subito provveduto al trasferimento della V Squadra in ambiente lontano dal corpo centrale su cui si eleva il detto terzo piano e precisamente nell’antisala dell’Aula Magna e nella cappella attigua già adibita ad infermeria. L’infermeria è passata nelle due piccole ex sale da scherma e da bigliardo. Detti locali sono stati visitati regolarmente dal medico del Convitto il quale ha dato parere favorevole a condizione che si provvedesse a riattare la vecchia latrina, alla imbiancatura delle pareti ed alla chiusura a mattoni della porta di accesso al corridoio della I Squadra. A tutto ciò è stato da me provveduto con la più rigorosa sollecitudine. Entro domani sarà anche eseguito il lavoro di puntellatura della voltina di cui è parola nella relazione dell’ingegnere e sarà anche provveduto ad abbattere tutte le voltine del terzo piano che presentano molteplici e gravi lesioni con minaccia di crollo …209 Lo scoppio della prima guerra mondiale scombussolò anche la vita del “Mario Pagano” facendo per questo slittare nel tempo i lavori di ristrutturazione. Il 7 giugno 1915 l’istituto fu requisito e destinato ad Ospedale militare di riserva.210 Il contratto 209) ACNMP, b. 31, f. 474. 210) Il “Mario Pagano” costituiva uno dei tre siti dell’Ospedale di riserva di Campobasso nel quale, come scrive Massimo Vitale nel II volume I Mo- 163 col Genio militare di Ancona fu stipulato il 22 febbraio 1916.211 Terminata la guerra l’amministrazione dell’istituto intensificò le trattative con l’autorità militare per la restituzione dell’edificio, ma l’ordine fu posticipato per il ricovero nei suoi locali di numerosi infermi ed ex prigionieri rimpatriati. In questi anni difficili il rettore Cesare Ferrero tentò di mantenere vivo lo spirito dell’istituzione ma, solo nel maggio del 1919, i locali furono riconsegnati com’è facile immaginare, in uno stato deplorevole, ma la benemerita amministrazione del Convitto provvide alla loro riattazione in modo così sollecito e lodevole che nell’ottobre di quello stesso anno fu possibile riaprire l’istituto nei suoi locali rimessi quasi completamente a nuovo.212 lisani e la Grande Guerra, (Campobasso, Enzo Nocera Editore, 2007, pp. 257-261), vennero curati «centinaia di feriti e lungo degenti … ». In esso vennero «di volta in volta ricoverati anche prigionieri austro-ungarici feriti o ammalati». Ne furono direttori il maggiore medico Palombo, il colonnello Caradonna, il tenente colonnello Domenico Cecchettani, il maggiore Silvino Croce e, infine, il maggiore Giuseppe Del Vicario. Al momento della sua chiusura il “Mario Pagano” ospitava decine di convittori i quali, nei tre anni di guerra, vennero trasferiti nei Collegi delle province limitrofe. Diverse le feste che furono organizzate all’interno del Convitto per alleviare le sofferenze dei soldati ricoverati. 211) Tra il 1916 e il 1917 Preside facente funzioni del “Mario Pagano” era Nicola Scarano di Trivento, allievo di Francesco D’Ovidio, docente di lettere italiane in vari licei d’Italia e autore tra l’altro di racconti, opere letterarie e di critica. Morì a Campobasso nel 1942. 212) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario 1926, anno V, cit., p. 7. Le fotografie un tempo decoravano l’Aula Magna del convitto. 164 Del personale docente ed educante molti furono quelli chiamati alle armi. Diversi furono gli alunni ed ex alunni che caddero sui campi di battaglia. Il 23 maggio del 1920, per iniziativa del rettore Ferrero,213 il Convitto “Mario Pagano” fu tra i primi d’Italia a rendere il dovuto omaggio ai suoi figli caduti … Con grande solennità e con l’intervento delle autorità politiche, civili e militari, fu fatta la commemorazione dei caduti e a, loro perenne ricordo, non solo fu murata una lapide214 portante i gloriosi nomi, ma fu anche fatto eseguire l’ingrandimento fotografico di ciascuno dei 13 ex convittori caduti.215 Questo l’elenco dei caduti che comprende anche i nomi di coloro che sono ricordati nelle targhe e nei corridoi del convitto. Assunto Amoroso, Giuseppe Bevilacqua, Giuseppe Bozza, Rodolfo Calogero, Mario Cancellario, Pierino Carusi, Pasquale Cinelli, Giovanni Colacci, Giovanni Colesanti, Francesco Cristinziani, Pasquale D’Alessandro, Giovanni De Socio, Angelo Di Iorio, Francesco di Rienzo, Giustino di Toro, Pietrangelo di Zinno, Giovanni Falciglia, Luigi Farrace, Giuseppe Fazio, Mario Frangipane, Paolo Galasso, Alberto Gamberale, Alessio Grazioni, Scipione Giancola, 213) Il provvedimento era stato assunto dal Consiglio d’Amministrazione il 27 marzo del 1919. 214) Il testo della lapide che fu dettato dal professor Nicola Scarano era il seguente: «Ai giovani / Che in queste aule e nella grande guerra all’acciaro nemico / Opposero la muraglia dei loro petti / Dando nell’atto del martirio / Il bacio supremo / Alla Patria salva e vittoriosa / Il “Mario Pagano” / Per memoria e per culto / Pose / Questo ricordo / Con la scrittura dei gloriosi nomi. Il dì 23 maggio 1920». 215) Dei 13 ingrandimenti fotografici oggi se ne conservano solo quattro. 165 Aristide Giovannitti,216 Cesare Legni, Domenico Mancini, Ugo Marsico, Vincenzo Mastrobuono, Ottorino Minni, Giustiniano Moccia, Leopoldo Montini, Vittorino Nubbia, Pasquale Niro, Luigi Piccirilli, Silvio Pistilli, Carlo Pistilli, Domenico Rossi, Domenico Santangelo, Pasquale Schiavone, Vittorio Solla, Corrado Tata, Giustino Toro, Enrico Tozzi, Giuseppe Teutonico, Michele Tiberio, Ernesto Zullo, Manlio Maiorino, Venceslao Martino, Antonio Petrone. L’avvento del fascismo,217 con la “riforma” Gentile e col suo proposito di realizzare una scuola fortemente classista, provocò un improvviso calo d’iscrizioni. Il numero degli studenti liceali infatti scese considerevolmente e questo segnò il fallimento del modello gentiliano. Con l’entrata in vigore della legge 1° settembre 1925 e la modifica dell’articolo 142 del Regolamento il Governo, attraverso la nascita di scuole interne, tentò di restituire ai convitti italiani da un lato, il loro originario carattere educativo-didattico, dall’altro di farne, come ebbe ad affermare lo stesso Ministro della Pubblica Istruzione Bottai «scuole del popolo e dello stato fascista; del popolo che possa frequentarle, dello Stato che possa servirsene per i suoi fini».218 Questo spiega anche l’istituzione da parte del regime di crociere premio annuali nel Mediterraneo per i convittori che si distinguevano per profitto e buona condotta. Negli anni del ventennio nel “Mario Pagano,” così come in altri istituti italiani, la gioventù riceveva «un’educazione informata agli intendimenti 216) Fratello di Arturo anch’egli studente del “Mario Pagano”. 217) A partire dal 1924 fu abolito l’insegnamento della lingua francese ed introdotto lo studio delle lingue inglese e tedesca. In particolare per quest’ultima le lezioni vennero affidate a docenti di madre lingua come Germano Theiner e Marta Deuringer. 218) G. Bottai, La carta della scuola, Milano, A. Mondadori, 1939, pp. 33-34. 166 del benemerito Governo Nazionale che sono quelli di formare dei cittadini ossequenti alle leggi morali e civili e fedeli alle patrie istituzioni».219 Il repertorio fotografico del Convitto di Campobasso mostra parate di ragazzi nelle divise delle organizzazioni giovanili dell’epoca, in pose atletiche e virili come esibizione di forza e superiorità proprie del cittadino-soldato. A completamento della cultura che ad essi veniva impartita vi erano insegnamenti speciali di disegno, diritti e doveri, religione, musica, canto, ballo, scherma, ginnastica, esercizi militari, mirando così a formare una generazione sana e forte, vivida di sangue e d’intelletto, con animo leale, col cuore aperto a tutte le cose belle della vita, coi sensi e le facoltà in mirabile equilibrio.220 Per tutti i convittori, inoltre, c’era l’obbligo di iscriversi alla Croce Rossa Italiana Giovanile; quelli delle scuole medie presso le unità dei rispettivi istituti scolastici, quelli delle scuole elementari presso l’unità del Convitto il quale era anche socio perpetuo della Croce Rossa. Gli annuari e le cronache scolastiche nel periodo della fa- scistizzazione. I Convitti fucina dell’educazione di regime. Le Dante (1921) e per la commemorazione dei matematici campobassani Achille Sannia e Nicola Trudi (1922). Il Convitto contribuisce alla costruzione della Casa del Balilla e del Littorio. Le visite celebrazioni per il VI centenario della morte di 219) Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso, Annuario 1926, cit., p. 8. 220) Ivi, p. 8-9. 167 del Principe di Piemonte Umberto di Savoia (1934) e del segre- tario generale del Partito Fascista Roberto Farinacci (1937). Il Convitto centro propulsore delle manifestazioni culturali La “Carta della Scuola” di Bottai. La seconda guerra mondiale. La cronaca dei giorni di guerra nella relazione del rettore Raffaele Pastore. L’edificio centrato da due granate di artiglieria. Il difficile periodo della ricostruzione e l’impegno del rettore Carlo De Nisco. del regime. Grazie ai vari Annuari che narrano le cronache scolastiche è possibile ripercorrere quella che era la vita collettiva del Convitto nel periodo della fascistizzazione e a quali manifestazioni civili, patriottiche e culturali partecipavano i convittori. Nell’Annuario dell’anno scolastico ‘28-‘29, ad esempio, si legge: Il 1° ottobre 1928 ebbe luogo nel salone del Convitto, presente tutte le autorità locali e molte famiglie degli alunni, la cerimonia inaugurale del nuovo anno scolastico con un magnifico discorso del R. Provveditore agli Studi, comm. Mario Tortonese. Il 28 ottobre fu solennemente commemorato il 6° anniversario della Marcia su Roma. Il 4 novembre tutti i convittori assistettero ad una Messa in suffragio dei caduti in piazza Municipio per iniziativa del podestà; l’11 dello stesso mese intervennero alla solenne cerimonia d’inaugurazione di un busto a Francesco D’Ovidio. Il 2 dicembre presenziarono nel Teatro Sociale alla premiazione delle Piccole Italiane vincitrici nella gara nazionale di composizione. Una numerosa rappresentanza del Convitto assistette il 6 gennaio 1929 alla celebrazione del 2° Befana Fascista ed il 31 dello stesso 168 169 mese partecipò alla cerimonia della celebrazione del VI annuale della fondazione della Milizia. Coll’intervento ad una conferenza tenuta il 3 febbraio nel Teatro Sociale dall’Ufficiale Sanitario Capo dell’Ufficio Igiene del Comune fu confermata nella mente e nella coscienza dei convittori la importanza dei precetti igienici e l’obbligo di metterli in pratica. Il 17 marzo nel salone del Convitto gli alunni ascoltarono con vero godimento intellettuale una conferenza dantesca tenuta dall’on.le prof. comm. Michele Romano,221 ed il 21 dello stesso mese nello stesso salone gustarono il 1° concerto musicale per gli studenti medi. Nel mese di aprile, il giorno 7, sempre nel salone del Convitto godettero il 2 concerto musicale dedicato alla musica per arpa, il 18 vi ascoltarono la fervida ed ornatissima parola del R. Provveditore agli Studi, comm. Tortonese, il quale parlò sul tema: “L’Anima Italiana”, e dieci giorni dopo, cioè il 28, il 3° concerto musicale dedicato alla musica per violino. Il 21 aprile poi, tutti gli alunni presenti in Convitto intervennero con la bandiera alla solenne cerimonia della III Leva Fascista nella Caserma “Gabriele Pepe”. Anche nel mese di maggio furono parecchie le manifestazioni culturali alle quali parteciparono i convittori con grande beneficio della loro educazione intellettuale e morale. Il giorno 5 ebbero agio di ascoltare nel salone del Convitto una dotta conferenza tenuta dal chiaro dantologo, cav. dott. Nicola Scarano sul tema: “L’amore di Beatrice”;222 il giorno 19 un’altra conferenza dal ti221) Isernino, fu sottosegretario alla Pubblica Istruzione. 222) Nel 1921, in occasione del VI centenario della morte di Dante Alighieri, «fu tenuto un ciclo di conferenze dantesche da parecchi tra i migliori cultori del poema divino, quali: Nicola Scarano, Gaetano De Chiara, Luigi Pietrobono, Nicola Zingarelli, Antonio Fradeletto e Francesco D’Ovidio. Una scultoria epigrafe dettata da questo illustre maestro – figlio del Molise e gloria d’Italia – è murata nell’aula in ricordo dell’importante avvenimento». Essa 170 tolo: “La donna attraverso i tempi e nel Fascismo”, letta dalla prof.ssa Corilla Anselmini, ed il giorno 22 ebbero la propizia occasione di ascoltare la calda parola del Padre Giovanni Seteria il quale parlò loro della necessità dello Studio. E poi da rammentarsi in modo particolare la gita istruttiva che, come premio ai migliori alunni, bene organizzata dalla direzione del Convitto, fu eseguita ilo 26 maggio avendo come meta uno dei luoghi più storici della terra, cioè la celebre abbazia di Montecassino. Da tale gita, in cui ebbero agio di ammirare innumerevoli tesori di arte e di comprendere l’anima ultramillenaria della grandiosa istituzione benedettina, gli alunni tornarono portando in cuore il commosso e nostalgico ricordo di una visione di grandezza e di pace ineffabile. Fra le cerimonie patriottiche a cui gli alunni parteciparono si ricordano particolarmente le riviste militari dell’11 novembre 1928 e del 2 giugno 1929 nonché il corteo commemorativo del 24 maggio in cui specialmente il plotone armato dei convittori si fece notare per la serietà del contegno e per la correttezza del portamento.223 Patriottismo, propaganda e cultura sportiva caratterizzarono dunque la vita del Convitto in epoca fascista che così come voleva lo spirito del regime si proponeva come vera e propria «fucina dell’educazione» molisana e italiana. In questi anni, sulla scia di un’istruzione classista che attraverso i simboli voleva consolidare sempre più la cultura di regime anrecita: «Nel sesto dei centenari della morte di Dante / Primo di essi che abbia trovato l’Italia / Unita finalmente sotto lo scettro di un solo Re / E libera da straniero dominio / La gente molisana / Che più volte in quest’aula / Ha celebrato il Divino Poeta / Si stringe più che mai alle altre italiane / Nell’inviare oggi alla tomba di Ravenna / Un palpito di devozione infinito». 223) R. Convitto Nazionale «M. Pagano» Campobasso, Annuario 1928-29, anno VII, Campobasso, Casa Tipografico-Editrice Colitti, pp. 25-27. 171 che nella società civile, furono commemorati nel 1922 i matematici campobassani Nicola Trudi e Achille Sannia e, nel 1925, l’abruzzese Giacomo Mola,224 professore di matematica dal 1862 al 1911. Il ceto politico fascista riuscì ad accattivarsi senza particolari problemi anche il consenso del corpo docente. Quasi tutti gli insegnanti confluirono nelle associazioni di categoria fasciste. Il Preside del Liceo “Mario Pagano” Gino Cappelletti225 fu Segretario provinciale del gruppo fascista della scuola media. Oltre agli insegnanti anche gli impiegati scolastici si allinearono iscrivendosi nell’Associazione Fascista del Pubblico Impiego. Il tesseramento nel “Mario Pagano”, tra docenti e impiegati, sfiorava il 90 per cento delle adesioni e questo gratificava il Fiduciario Provinciale dell’A.P.I. Giovanni Correra che il 30 dicembre 1936 riconosceva al personale del Convitto di aver «sempre servito con fedeltà, con zelo, con rettitudine e con onore il Duce e la Rivoluzione Fascista».226 224) Mola per due anni fu anche supplente di storia naturale subentrando al professor Giuseppe Volpe che tenne la docenza dal 1862 al 1865. Giuseppe Volpe nacque a Vinchiaturo nel 1831, laureatosi in medicina all’Università di Napoli, coltivò, oltre agli studi scientifici, anche quelli letterari. Compose numerosissime poesie (rimaste inedite) soffuse di «fine umorismo, eleganti nello stile, elevate e sobri nei concetti». Militò nelle file mazziniane. Nel 1865 fu eletto deputato al Parlamento nel Collegio di Campobasso. Volpe, insieme con gli altri due molisani di Blasio e Sipio, fu tra i firmatari del coraggioso manifesto che portava la firma di Bertani, Cairoli, Corte, Crispi, D’Ayala, Fabbrizi, Guerzoni, Nicotera, Pancioni ed altri con cui le opposizioni denunciarono al paese le sregolatezze del Governo. Rieletto per la seconda volta alla Camera, Volpe, nel 1868, decise di ritirarsi dalla vita politica. Morì a Sepino nel luglio del 1870. 225) Restò alla guida dell’Istituto dal 1926 al 1930. 226) ACNMP, b. 20, f. 407. 172 Nella seduta dell’11 aprile 1935 il Consiglio d’Amministrazione, su richiesta del Presidente del Comitato Provinciale dell’Opera Nazionale Balilla e dell’onorevole Renato Ricci, Sottosegretario di Stato per l’Educazione Nazionale,227 deliberò anche l’erogazione di un contributo di £. 150 mila per la costruzione a Campobasso della “Casa del Balilla” considerato che il costruendo edificio, ove quotidianamente deve svolgersi la vita delle giovani Camice Nere in questo capoluogo è una necessità, perché la magnifica istituzione “Opera Nazionale Balilla” (la quale giustamente dal benemerito Governo Nazionale è chiamata “la pupilla del Regime”), possa, anche fra la gioventù molisana raggiungere gli alti scopi educativi e sociali che si propone; tenuto presente che anche gli alunni del Convitto potranno fruire dei vantaggi offerti ai giovani dalla Casa del Balilla per mezzo delle palestre, piscine, sala cinematografica, campo sportivo, ecc. con voto unanime delibera di dare un contributo che rappresenta il massimo sforzo che possa fare l’istituto.228 Tre anni dopo il Consiglio d’Amministrazione «con grande entusiasmo»229 deliberò all’unanimità anche un altro contributo di £. 100 mila per la costruzione della Casa del Littorio.230 227) Il Ministero della Pubblica Istruzione diventò dell’Educazione Nazionale con la legge n. 5 del 1929 (Presidente del Consiglio Mussolini, Ministro dell’Educazione Belluzzo). 228) ACNMP, b. 8, f. 126. 229) P. de Stefano, Il Convitto Nazionale…, cit., p. 218. 230) Nel 1931 il Consiglio d’Amministrazione aveva anche deliberato di concedere un contributo di £. 2000 per l’edificazione del Monumento ai Caduti di Campobasso. 173 Dopo quelle di Alessandro Martelli, Sottosegretario di Stato e di S.A.R. Umberto di Savoia, Principe di Piemonte,231 nell’ottobre del 1937 visitò il Convitto anche il segretario generale del Partito Nazionale Fascista, Roberto Farinacci232 che partecipò ad una cerimonia per commemorare due ex alunni del “Mario Pagano” Leopoldo Montini, di Campodipetra, caduto nel corso della prima guerra mondiale ed Enrico Muricchio, di Portocannone, ufficiale medico, morto in Somalia il 19 maggio 1936, entrambi medaglie d’oro al valor militare. Durante il ventennio la propaganda politica del regime fu intensa e il Convitto divenne centro propulsore di molteplici attività culturali con manifestazioni che videro il costante coinvolgimento anche dei convittori «giovani fascisti». Grazie al materiale esistente nell’Archivio del Convitto è possibile ripercorrere in maniera puntuale alcuni degli avvenimenti più importanti che caratterizzarono l’anno scolastico 1937. Di seguito si riporta la trascrizione cronologica dei documenti. Fascio Giovanile di Combattimento Comando comunale di Campobasso 18 gennaio 1937 - XV Domani mattina, 19 c.m. sarà di ritorno in questo Capoluogo il III reparto Salmeria, costituito da elementi Molisani, che ha preso parte alla conquista dell’Impero. È intendimento del sig. Comandante Federale che tutti i Giovani Fascisti residenti in questo Capoluogo si rechino a dare il saluto cameratesco ai gloriosi reduci. 231) 27 maggio 1934. 232) Isernia 1892 - Vimercate (Mi) 1945. 174 Pregola pertanto voler disporre che i giovani fascisti di codesto Convitto si trovino domattina, in perfetta divisa, adunati presso la sede di questo Fascio Comunale, alle ore 7. Ho disposto che un Ufficiale si rechi dalla S.V. Ill.ma per prelevare i giovani stessi. Partito Nazionale Fascista Federazione dei Fasci di Combattimento Campobasso 22 marzo 1937 - XV Prego V.S. di voler intervenire alla inaugurazione del III corso di Preparazione Politica per i Giovani, che avrà luogo nell’Aula Magna del R. Convitto Nazionale “Mario Pagano”, alle ore 10,30 del 23 corrente – XVIII Annuale della Fondazione dei Fasci di Combattimento – con una lezione del camerata Prof. Carlo Jannella, Preside del R. Liceo-Ginnasio “M. Pagano”, sul tema: “La nuova coscienza imperiale della gioventù del Littorio”. Il Segretario Federale (Tito di Jorio) Disposizioni per la celebrazione del I annuale della proclamazione dell’Impero ore 9 del 9 maggio 1937 - XV Alle ore 9, muovendo dalle rispettive sedi, tutte le Organizzazioni del Regime e tutte le rappresentanze si ammasseranno come appresso specificato: A)Piazza Savoia Agli ordini del Comandante del Fascio Giovanile di Com- 175 battimento del Capoluogo si disporranno i reparti armati e le rappresentanze seguenti: 1°) RR. CC.; 2°) R. Esercito; 3°) U.N.U.C.I.; 4°) R. Guardia di Finanza; 5°) Milizia ordinaria e specialità; 6°) O.N.B. (Reparti Armati); 7°) Fascio Giovanile di Combattimento (armato). B) Piazza D’Ovidio (Altezza Convitto “Mario Pagano”) 1°) Fanfara O.N.D.; 2°) Fascio di Combattimento; 3°) G.U.F.; 4°) Famiglie dei caduti in Guerra (madri e vedove); 5°) Nastro Azzurro; 6°) Mutilati ed Invalidi di Guerra; 7°) Combattenti; 8°) Associazioni D’Armi; 9°) O.N.B. (disarmati); 10°) O.N.B.; 11°) Organizzazioni sindacali (Professionisti, Artisti ed Agricoltura – Industria – Artigianato – Commercio); 12°) Unione sportiva; 13°) Scuole; 14°) Società Operaia. Le organizzazioni di cui alla lettera B) percorreranno il seguente itinerario: Via Ferrari – Piazza della Maddalena – Piazza Prefettura – ove sosterranno in attesa di S.E. il Prefetto che si disporrà alla testa della colonna. La colonna proseguirà quindi per il Corso Vittorio Emanuele III fino a Piazza della Vittoria. I reparti armati presenteranno le armi a S.E. il Prefetto il quale deporrà una corona ai piedi del Monumento ai caduti. Sarà ordinato con uno squillo di tromba un minuto di raccoglimento. Indi si compirà il rito fascista dell’appello con la formula “Caduti per la grande Guerra, per la Rivoluzione, per l’Impero” – La massa risponderà: presente! Il quadrato dei reparti armati schierati attorno al Monumento ai Caduti si addosseranno le diverse organizzazioni per ascoltare la parola del camerata Avv. Alessio Rizzi incaricato di celebrare l’Annuale ricostruzione dell’Impero. Terminata la cerimonia col saluto al DUCE, le Organizzazioni perfettamente inquadrate agli ordini dei dirigenti, si riporteranno alle rispettive sedi con alla testa i propri labari ed insegne. 176 Gli iscritti alle Organizzazioni Fasciste indosseranno per tutta la giornata le uniformi con decorazioni. Gli iscritti al Partito dovranno prendere parte alla cerimonia inquadrati nel Fascio; soltanto pochi potranno andare a costituire le Rappresentanze di altre Associazioni. Alla sfilata dovrà prendersi parte in divisa o quanto meno in camicia nera, senza soprabiti e senza bastoni. Il Segretario Federale Il Vice Segretario (Salvatore Maggese) Istituto Nazionale di Cultura Fascista Sezione di Campobasso 1° giungo 1937 - XV Ill.mo Sig. Rettore del R. Convitto Nazionale “Mario Pagano” - Campobasso Giovedì 3 giugno, alle ore 18,30, S.E. il Senatore prof. Michele Romano, trattando uno dei temi assegnati per l’anno XV da S.E. il Segretario del Partito, parlerà su “Il Fascismo e l’Europa”. Sarò grato alla S.V. Ill.ma se, continuando nella cortese collaborazione offerta a questo Istituto negli anni scorsi, si compiacerà di consentire che la conferenza suddetta abbia luogo nell’Aula Magna di codesto R. Convitto. Con molti cordiali saluti. Il Presidente Vincenzo Fraticelli 177 Richiesta dell’Aula magna per la conferenza del senatore Michele Romano (1937) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano” 178 Istituto Nazionale di Cultura Fascista Sezione di Campobasso 5 giugno XV Ill.mo Rettore R. Convitto Nazionale “Mario Pagano” - Campobasso Come stabilito nel calendario per il mese di giugno di questa federazione dei Fasci di Combattimento lunedì prossimo 7, alle ore 18,30, ripeterò il discorso, già detto a Pescara ed Aquila, su “Spiriti Eroici nella Tragedia della nave di Gabriele D’Annunzio”. Sarò grato alla S.V. Ill.ma se vorrà consentire che tale discorso abbia luogo nell’Aula Magna di codesto Convitto. Fiducioso, saluto cordialmente Il Presidente (Vincenzo L. Fraticelli) Istituto Nazionale di Cultura Fascista Sezione di Campobasso 11 giugno 1937 - XV Ill.mo Sig. Rettore del R. Convitto Nazionale “M. Pagano” – Campobasso In ottemperanza a quanto stabilito dal calendario di questa Federazione dei Fasci di Combattimento per il corrente mese di giugno, domani 12, alle ore 19, il camerata dott. Francesco Parrillo, trattando uno dei temi assegnati da S.E. il Segretario del Partito parlerà su “Lo sviluppo dell’Italia Fascista: l’autarchia”. Prego la S.V. di voler consentire che la suddetta conferenza 179 abbia luogo nell’Aula Magna di codesto R. Convitto. Ringrazio e saluto cordialmente Il Presidente Fraticelli Partito Nazionale Fascista Federazione dei Fasci di Combattimento del Molise Campobasso 29 ottobre 1937 - XV Domenica, 31 corrente, avranno luogo le seguenti manifestazioni: ore 9 – nella Cattedrale sarà celebrata una funzione religiosa in suffragio dei caduti in Spagna. ore 10,15 – nell’Aula Magna della Casa della Scuola, in occasione della “Giornata Mondiale del Risparmio”, il Direttore della locale sede del Banco di Napoli consegnerà agli alunni bisognosi e più meritevoli i libretti di risparmio offerti dall’Istituto. ore 11,15 – nell’Aula Magna del R. Convitto “M.Pagano” il camerata Carlo Jannella commemorerà i Legionari Italiani Caduti in Spagna. Ore 12 – nell’Aula Magna del R. Convitto “M. Pagano” saranno consegnati ai fascisti i brevetti della Marcia su Roma recentemente concessi, e successivamente, a cura dell’Unione Provinciale Lavoratori Agricoli, saranno consegnati ai mezzadri e coloni i libretti di iscrizione alla Cassa Mutua Malattie. È di prescrizione la divisa fascista con decorazioni. Il Segretario Federale Giuseppe La Monaca 180 Partito Nazionale Fascista Comando Federale dei Fasci Giovanili di Combattimento Campobasso 3 novembre 1937 - XV Ill.mo Sig. Rettore del Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso Prego V.S. Ill.ma voler assegnare n. 4 convittori Giovani Fascisti che devono montare la guardia al Monumento ai Caduti, domani, 4 novembre, dalle ore 16 alle 17. I quattro giovani prescelti dovranno trovarsi al Distretto Militare alle ore 15,30 in divisa da GG.FF. Il Comandante del Fascio (C.M Florindo Filippis) Tre anni dopo gli eventi precipitarono. Dopo la firma a Berlino del Patto tripartito fra Germania, Italia e Giappone, Mussolini, pensando di emulare i grandi successi dell’armata tedesca dichiarò guerra alla Francia e all’Inghilterra e ammassò truppe sul confine greco-albanese, tentarono di sfondare, ma furono respinte sia dalle forze greche che da alcuni contingenti inglesi accorsi in loro aiuto. L’irresponsabile leggerezza con cui fu condotta l’operazione contro la Grecia, l’ingente sacrificio di vite umane che essa comportò diedero all’opinione pubblica italiana, anche più sprovveduta e apolitica, l’adeguata misura della vacuità che si celava sotto gli slogan del fascismo. Per interi lustri il regime si era vantato di aver dato all’Italia disciplina e forza, ma tutti potevano ora vedere che esso era solo riuscito a distruggere la libertà senza offrire alcuna contropartita, contropartita che del resto sarebbe stata inaccettabile perché la libertà è il bene essenziale. 181 L’Italia si ritrovò quindi negli anni bui del secondo conflitto mondiale le cui conseguenze segnarono, con alti e bassi, anche le vicende del “Mario Pagano” di Campobasso le cui attività scolastiche e amministrative furono sospese il 5 giugno 1943. Frattanto l’11 aprile del 1940 il Consiglio d’Amministrazione per ordine ministeriale aveva deliberato la rimozione della cancellata di ferro antistante il Convitto. Nel 1941, su proposta del rettore Raffaele Pastore, aveva anche deliberato la richiesta di istituire per l’anno scolastico 1943-1945 il Liceo Scientifico Parificato. Il 4 giugno 1943 era stata invece decisa la costituzione di un fondo per una borsa di studio da intitolare al professor Nicola Scarano, da pochi mesi scomparso, con un contributo di lire cinquemila. Il 5 giugno 1943 il Consiglio d’Amministrazione tenne la sua ultima seduta. Quello che accadde in seguito lo ricaviamo da una accurata relazione del rettore Pastore conservata nell’Archivio del Convitto (fu presentata nella seduta del Consiglio d’Amministrazione del 29 maggio 1945) la quale rivela che l’edificio fu bersagliato e centrato da due granate d’artiglieria che colpirono il tetto danneggiandolo seriamente. I pochi convittori ancora presenti lasciarono l’Istituto nel settembre del 1943, anno in cui, in seguito al crollo del fascismo, iniziarono ad essere disapplicate233 anche le disposizioni della “Carta della Scuola”234 che il Ministro Bottai presentò al Gran Consiglio del Fascismo nel 1939. 233) Tra il 1943 e il 1944 il Ministero dell’Educazione Nazionale riassunse il nome di “Pubblica Istruzione”. 234) Il ministro Bottai mise a punto nel 1941 un progetto di riforma radicale di tutta l’organizzazione scolastica per renderla finalmente funzionale al regime e parte integrante dello stesso. Ma la Carta Bottai non ebbe seguito: il fascismo si era suicidato l’anno prima con l’entrata in guerra a fianco della Germania. 182 Questa la cronaca di quei drammatici giorni. I continui allarmi aerei, lo sfollamento dalla città, ed infine gli avvenimenti bellici, che noi tutti abbiamo vissuti, non permisero successivamente altre riunioni del Consiglio, i cui poteri scaddero il 20 luglio 1944. Il Convitto, già per buona parte il 5 agosto 1943 dal Comando della Difesa Territoriale della Sicilia, per la installazione degli uffici, e di dormitori per ufficiali e sottufficiali, venne interamente occupato il 19 ottobre 1943 dalle Truppe Canadesi, e derequisito il 10 agosto 1944. Dopo l’8 settembre 1943, gli Ufficiali e sottufficiali italiani dell’anzidetto Comando Difesa Territoriale della Sicilia, si misero in borghese o sbandarono, lasciando il Convitto, consegnarono al sottoscritto, oltre 400 fucili e moschetti, n. 27 macchine da scrivere, n. 4 calcolatrici, n. 187 coperte, oggetti di vestiario, cassette di sicurezza con cifrari e documenti segreti, viveri per circa 30 Q.li e danaro. Tutto fu salvato dalla predoneria tedesca e dal saccheggio, con mio grave rischio; e, dopo il 15 ottobre, dopo la liberazione della città, riconsegnato al ricostituito Comando della Difesa Territoriale della Sicilia. Il 3 ottobre 1943 i tedeschi installarono in Convitto, fortunatamente per poche ore, un ospedale militare da campo; ciò dette loro modo di asportare, nella fuga, n. 8 materassi di lana, n. 30 lenzuola, n. 18 cuscini di lana, n. 12 sedie, n. 2 tavolini di legno noce, n. 2 coppe d’argento e di bronzo. I tedeschi, con ordine della polizia locale, ritirarono nei giorni successivi, un apparecchio radio ricevente e una macchina da scrivere del Provveditore agli Studi, per non dare quelli del Convitto, più nuovi e di maggiore valore. Il Convitto, mai da me abbandonato, nei mesi di settembre e di ottobre 1943, fu sicuro e provvido asilo per Ufficiali e soldati 183 sbandati dell’esercito italiano, di passaggio per questa città; e nel periodo di bombardamento delle artiglierie (10-22 ottobre 1943) il ricovero antiaereo accolse numerose famiglie. I pochi convittori presenti avevano lasciato il Convitto, negli ultimi due giorni del mese di settembre. Nel periodo del bombardamento, due granate di artiglierie colpirono il tetto, seriamente danneggiandolo, ed altre, scoppiarono nei pressi dell’edificio, produssero danni al giardino, ai vetri e alle finestre. Le truppe alleate, occupato il Convitto, nelle prime ore del pomeriggio del 15 ottobre 1943, giorno seguente a quello della liberazione della città, pretesero l’uso incondizionato di tutto il mobilio esistente, dei letti, della biancheria, degli utensili, oltre la piena disponibilità di tutti gli impianti. All’atto della derequisizione dell’edificio, avvenuto il 12 agosto 1944, io ritornai subito in Convitto, da dove ero stato sloggiato nei primi giorni del gennaio. Alla consegna delle chiavi, fatta dal maresciallo di P.S. Cav. Filesi, feci rilevare, attraverso un sommario esame, e ad una breve relazione scritta, la mancanza della maggior parte del mobilio. In seguito, con l’intervento di due ufficiali dell’esercito italiano, in servizio presso la Commissione Requisizioni AngloAmericana, fu fatto l’accertamento dei danni dell’edificio e agli impianti e della mancanza di mobilio, del che furono redatti regolari processi verbali. Con nota a parte, già inviata al Ministero della Pubblica istruzione, è stato compilato l’elenco completo e preciso di tutto ciò che non è stato più trovato in Convitto. Con altra nota è stato fatto l’elenco di tutto il mobilio esistente. Riavuto in consegna l’Istituto, mi diedi subito all’opera di ricostruzione per il nuovo anno scolastico. Non vi erano più letti, non vi erano più materassi, né serrature, né lampadine elettriche: la cucina era rotta, mancavano in tutto l’edificio oltre 500 vetri. Sul mercato si trovava poco o niente da comprare, e quel poco, a prezzi altissimi. Con opera paziente ed alacre, alimentata da profonda passione per 184 l’Istituto, affrontai le gravi difficoltà; ed il Convitto poté essere riaperto il 1° ottobre 1944. Con circa 60 convittori, numero esiguo rispetto agli anni precedenti, fu possibile avviare la vita del Convitto. La retta annuale venne graduata al minimo di £. 16.200 ad un massimo di £. 20.000. Per provvedere ai primi bisogni, i più urgenti, fu necessario affrontare spese improrogabili. Riparazioni al tetto, agli infissi, alle grondaie, agli impianti del termosifone, della cucina, per £. 90.042.45. Acquisto di 20 tavolini da studio e 57 rete metalliche per £. 127.970, posate, bicchieri, piatti, utensili da tavola e da cucina, stagnatura recipienti di rame, ecc. per £. 34.086. Manifattura 14 telai da letto in ferro e 10 in legno; rattoppatura biancheria; acquisto 6 coperte £. 27.478 – acquisto lampadine elettriche, carbone, steariche, ecc. (dei circa 2.000 quintali di carbone coke, esistenti nell’atto dell’occupazione, furono trovati solo alcuni quintali di polvere) per una spesa complessiva di £. 75,281,25. In tutto, per un totale di £. 359,807,80. Alle altre difficoltà si aggiunsero quelle: dell’approvvigionamen to, non essendo rimasto più nulla delle provviste di viveri del Convitto, in seguito all’ordine perentorio dato dalle autorità inglesi, di consegnare ogni cosa al locale Ospedale Civile - Cardarelli (come da lettera ricevuta il 18 gennaio 1944). Intanto dal 1° settembre 1939 l’economato era rimasto senza funzionari di ruolo, e senza personale capace; dal maggio 1942 in Convitto, non vi era più vice-rettore, né istitutori di ruolo. Tutto il lavoro gravò solo e sempre sopra di me, che feci del mio meglio, perché le cose andassero nel migliore dei modi. Dal gennaio ultimo è qui il Vice-Rettore del Viscovo, funzionario retto e rigoroso: dal febbraio il Vice-Economo Dott. Maio che, pur essendo all’inizio della carriera, dimostra volontà di fare; e dal marzo, l’Istitutore di ruolo Dott. Ciofani. Dopo lunghe pratiche, durate quasi dieci mesi, viene costituito 185 finalmente anche il Consiglio d’Amministrazione, formato di onorevoli personalità, ricche di esperienza tecnica e di saggia oculatezza.235 Al Consiglio, che io riunirò spesso, per averne, attraverso l’attività deliberativa e consultiva, l’illuminato parere e il sereno giudizio, spetterà di attuare il vasto programma di lavoro, per la risoluzione di molte questioni e la sistemazione di varie pratiche che, in dipendenza dello stato di guerra, pur essendo state dibattute, sono rimaste sospese o se ne è prorogato l’esame decisivo. Il patrimonio del Convitto ha tuttora grande valore ed è piuttosto esteso e vario. Il suo ammontare pone il Convitto al primo posto fra i Convitti Nazionali d’Italia. I rapporti con i terzi spesso creano contrasti d’interesse; sicché l’esame delle singole questioni, la tutela del diritto del nostro Ente e il decisivo intervento del Consiglio dirimeranno divergenze e risolveranno contrasti e appianeranno questioni. Tra i problemi più urgenti vi sono quelli riguardanti la vasta tenuta “Cantalupo” e i diversi di fitto di terreni, tutti scaduti. Per l’edificio del Convitto: urge la riparazione del tetto e alle volte dell’ultimo piano, seriamente, danneggiati dallo scoppio di due granate di artiglieria, nonché l’accertamento della staticità dell’edificio stesso, in seguito all’aggravamento di alcune lesioni, già esistenti, in muri e a volte, causato dallo spostamento d’aria dipendente dalla scoppio delle mine; l’organico del personale, istitutori e personale inserviente, con relativo trattamento economico. Un particolare esame merita la situazione finanziaria economica del Convitto. Negli ultimi due anni è stato necessario sostenere spese che sono andate aumentando senza che, peraltro, alle maggiori spese fos235) Il Consiglio, che restò in carica dal 1945 al 1948, era composto da Ferruccio Impallomeni, Michele Mastropaolo, Pasquale de Stefano, l’onorevole Francesco Colitto e Pietro Fumarola. 186 sero corrisposte maggiori entrate, specialmente i contratti di fitto stipulati in altri tempi, tutti in danaro, hanno reso poco. Il mancato funzionamento del Convitto nell’anno scolastico 1943-1944 ha inciso sul patrimonio per rimettere l’Istituto in condizione di funzionare per l’anno scolastico corrente. La retribuzione al personale inserviente ha assorbito il maggior gettito del Bilancio per la corresponsione delle paghe al personale richiamato alle armi; poi per il pagamento delle quattro mensilità anticipate in una sola volta nel settembre del 1943, per cui si dovette ricorrere alla stipulazione di un’anticipazione sui titoli, per l’aumento del costo della vita. Tali necessità, congiunte a quelle di provvedere ai bisogni più urgenti per la ripresa della vita del Convitto, mi indussero a trattare con il locale Banco di Napoli presso il quale il c/c era già allo scoperto. Con la vendita dei Buoni del Tesoro 5% seconda emissione scadenza 1950 del valore nominale di lire 375.000, che rappresentavano investimento in danaro in cassa e non titoli in danaro, fu possibile quindi estinguere anche l’anticipazione sui titoli stipulata il 18 settembre 1943 che assorbiva notevoli interessi passivi. I titoli al portatore rappresentano danaro in cassa investiti in titoli per non tenerli in liquido. Tutti i titoli sia nominativi che al portatore sono depositati in custodia la Banco di Napoli nella città, che esplica anche il servizio di cassa per il Convitto. Il Convitto non ha deficit se si escludono le normali forniture, alcune delle quali non sono state ancora pagate; ha invece da riscuotere quelle di Bojano e Isernia, per gli anni 1943-1944. Gli esattori non hanno finora presentato i conti, quantunque venissero sollecitati. Ho voluto riferire al Consiglio in una piuttosto rapida sintesi quello che per il Convitto è stato fatto in circa due anni di eventi: ed ho accennato ai problemi che si presenteranno nella nostra prossima azione di amministratori …236 236) P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto Nazionale “M. Paga- 187 Il 6 agosto 1946237 il rettore Pastore fu trasferito al Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Napoli. Il nuovo Rettore, il molisano Carlo De Nisco,238 «persona di provata cultura, di nobili sentimenti, di animo paterno con i suoi dipendenti e di carattere volitivo» si dedicò con energia alla «rinascita del Convitto», restando in carica fino al 1966, affrontando un periodo davvero difficile in quanto la stessa istituzione convittuale si trovò a vivere una profonda crisi d’identità col mutare dei tempi. Nel 1948 De Nisco per fronteggiare la critica situazione finanziaria a seguito delle ripercussioni delle vicende belliche rivolse un appello «ad Enti e cittadini abbienti» affinché contribuissero «secondo le possibilità economiche, al riacquisto di quanto occorre al normale ripristino dei mezzi didattici essenziali per un Istituto di Istruzione di secondo grado qual è il “Mario Pagano”». Anche il Comune di Campobasso versò il suo contributo, 150 mila lire, che aggiunto alle altre somme raccolte furono impiegate per l’acquisto di lettini e sedie. Nel 1949 vennero riattivati i serbatoi dell’acqua potabile, mentre nel 1950 fu lanciata una nuova raccolta di fondi per l’acquisto di «sedie» destinate all’Aula Magna. Il 30 aprile 1952 finalmente il Convitto riscosse dallo Stato la somma di oltre tre milioni di lire quale risarcimento danni per l’occupazione militare durante gli anni della guerra. I soldi furono immediatamente investiti per la ristrutturazione dell’edificio i cui lavori si protrasno” di Campobasso, vol. III, cit., in ACNMP, b. 147, f. 1435. 237) Nel 1946 restavano funzionanti in Italia solo 33 convitti tutti più o meno danneggiati dai bombardamenti e dalle spoliazioni ad opera delle truppe di occupazione. 238) Istitutore di ruolo dal 1926 al 1931, Vicerettore dal 1938 al 1941 e Rettore a Cosenza dal 1942 al 1946. 188 sero dal 15 giugno 1952 al 31 marzo 1953. Il “Mario Pagano” dopo un relativo periodo di ripresa che fece anche registrare un notevole aumento della popolazione convittuale239 improvvisamente ripiombò in uno dei suoi periodi bui perdendo «lentamente ma irreparabilmente l’antico prestigio» come affermava il Rettore in una relazione riservata inviata al Ministero della Pubblica Istruzione. Le cause per De Nisco andavano ricercate nell’accettazione passiva di un andamento generale che aveva, attraverso sistematiche concessioni antiregolamentari, abbassato il Convitto al livello di una modestissima pensione, nel totale rilassamento di tutti i servizi interni, nel perenne stato di agitazione del personale non soddisfatto nelle più elementari esigenze, nella carenza di sensibilità dei problemi della gioventù, nella mancanza assoluta del senso dell’ordine e della pulizia, nella rassegnata e forse comoda adesione ad un indirizzo educativo di chi pur aveva il dovere di porre freno al dilagare di una concezione che risolveva il problema educativo con mezzi di ripiego e con condiscendenze che mortificavano le coscienze e tradivano la fiducia delle famiglie.240 Una amara realtà alla quale De Nisco rispose con coraggio e prudenza, forza e pazienza, decisione e comprensione convinto che bisognava avvicinarsi ai giovani e parlar loro un linguaggio nuovo, aperto, leale; far comprendere loro che volevamo essere vicini per sentire le loro ansie, per condividere le loro preoccupazioni, per raggiungere insieme mete comuni, per educare insieme, per soffrire e gioire insieme; fu necessario instaurare una conce239) De Nisco riferisce il numero di 120 convittori e 280 alunni esterni. 240)P. de Stefano, Attività amministrativa del Convitto “M. Pagano” di Campobasso…, cit., p. 1. 189 zione educativa che facesse intendere i veri valori della libertà e dell’autonomia e nello stesso tempo il prestigio dell’autorità che è dannosa se cieca e dispotica o se è imposta dall’alto ma essenziale se viene spontaneamente accetta come guida necessaria nel difficile cammino del perfezionamento interiore …241 Finalmente nella prima metà degli anni Sessanta il Convitto cominciò a respirare aria nuova. Scriveva De Nisco: Sono soddisfatto dei risultati raggiunti: c’è senza dubbio un’atmosfera diversa; il Convitto ha riacquistato il suo vero volto anche se c’è qualcosa ancora da modificare e migliorare … La vita del Convitto, oggi, è normale; eliminati tutti gli abusi, reso sereno il suo andamento, placati gli animi del personale subalterno già in perenne agitazione, curata la scelta del personale assistente, stabilita la fiducia con le famiglie, ridata dignità e prestigio alla Vice Direzione, resi concreti i principi della pedagogia moderna, esaltanti il valore della persona e dei suoi attributi, rinnovati certi sistemi di governo che si richiamavano ad un passato ormai fossilizzato, sensibilizzato le coscienze di fronte a problemi che attendevano una soluzione con la concorde collaborazione di tutti, fatto intendere che in un Istituto di educazione tutto deve concorrere – uomini e cose – al raggiungimento dei fini che gli sono propri, il Convitto ha riconquistato la simpatia di vasti strati della società ed è oggetto di ammirazione quasi attonita in chi riteneva impossibile il risveglio…242 Risveglio palpabile anche attraverso l’ammodernamento della struttura con il rifacimento dei servizi igienici, dell’ingresso, della 241) Ivi, p. 2. 242) Ivi, p. 4. 190 portineria, dell’ufficio della vice direzione, della segreteria,243 del viale,244 del giardino245 nonché con l’adeguamento di alcuni servizi fondamentali come il refettorio («esistevano ancora tavoli da ospizi per pellegrini»), la cucina, la lavanderia,246 l’infermeria247 e la foresteria. De Nisco, nell’ambito della rinnovata azione educativa, riservò particolare attenzione anche all’istruzione religiosa ritenendo che se il bisogno dell’anima assetata di soprannaturale non venisse soddisfatto verrebbe meno uno dei requisiti della persona umana. Disporre l’animo – sosteneva De Nisco – a sentire nel fremito delle nascenti passioni, nei facili allettamenti del mondo la 243) «Esisteva» – riferiva De Nisco – «accanto alla Direzione, una stanza di media ampiezza in cui venivano, in un pauroso disordine, ammucchiati documenti, cartelle, bollettini ufficiali, libri e cose del genere; i muri erano anneriti, sugli infissi e sul tavolo era caduto uno strato di polvere alto diversi centimetri, il pavimento era scomparso sotto il fango …». 244) I lavori furono eseguiti a spese del Comune. 245) I primi lavori di giardinaggio vennero eseguiti dagli alunni delle scuole elementari i quali con vivo interesse curarono la piantagione dei fiori. In seguito il Rettore ottenne dall’Ispettorato Forestale l’assegnazione «di 2380 piante di cui 2000 thuja per siepi e 380 piante ad alto fusto». 246) Nella sua relazione De Nisco, a tal proposito, scriveva: «Provvedevano a lavare la biancheria del Convitto e quella di una trentina di convittori due donne che settimanalmente ritiravano in guardaroba la biancheria sporca per riconsegnarla pulita a fine settimana. La biancheria di altri 90 convittori era ritirata dalle singole famiglie che spesse volte, nel periodo invernale, non avevano la possibilità di rimandarla, determinando il tristissimo fenomeno di ragazzi che, privi di capi di biancheria in guardaroba erano costretti, qualche volta, a non cambiare la biancheria intima per 20 giorni …». 247)«L’ispezione del dott. Amedeo Carra rilevò manchevolezze di grave entità …». 191 voce della coscienza che dal di dentro insegna ed ammonisce, è opera dell’educatore. La religione, specie per i fanciulli, non è fatta di formule che possono parlare alla mente dell’adulto ed evitargli dubbi ed errori, ma che spesso dicono assai poco o nulla perché non parlano né al cuore né alla volontà … L’istruzione religiosa deve creare convinzioni, suscitare effetti, stimolare la volontà;la religione non chiede solo di essere conosciuta ma di essere creduta e praticata … Oggi i giovani di questo Convitto hanno vivo il senso religioso: ascoltano con devozione la Santa Messa e si avvicinano frequentemente ai Sacramenti. Su tali basi non è illusoria la speranza del miglioramento profondo e verace dei giovani.248 Gli anni ‘60 e ‘70 e il declino dei Convitti. Il calo di iscrizioni al “Mario Pagano”. Gli anni ’90: riparte la sfida. L’impegno del rettore Aldo Barletta. L’attivazione del liceo scientifico ad indirizzo europeistico. La dimensione europea dell’insegnamento. Lo studio delle lingue. I viaggi d’istruzione. Il Convitto centro di cultura, di aggiornamento e formazione professionale. Il nuovo ruolo degli educatori e dei docenti. I lavori di ammodernamento interno e il rifacimento delle facciate esterne. La visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (2002). Con la legge n. 150 del 9 marzo 1967249 le scuole interne annesse ai Convitti nazionali divennero statali e i Rettori assunsero 248) C. De Nisco, Relazione riservata…, cit., pp. 45-46. 249) La legge 150 fu promossa dal deputato Luigi Chiazza, Rettore del Convitto di Prato e parlamentare che si impegnò energicamente per migliorare e rilanciare in Italia il ruolo dei convitti e degli educatori statali. 192 la qualifica di Rettore-Preside. Gli anni ‘60 e ‘70 videro accentuarsi il declino dei Convitti che apparve irreversibile. In molte province essi chiusero. Una spirale che coinvolse anche il “Mario Pagano” di Campobasso il cui triste destino sembrava ineluttabile. Tra gli anni ‘70 e ‘80 il liceo classico fu trasferito250 nel nuovo stabile in contrada Vazzieri dove tuttora accoglie gli studenti di Campobasso e dei comuni periferici. Anche la perdita del liceo contribuiva ad un progressivo calo del numero di iscrizioni che nel 1998, anno d’insediamento del nuovo Rettore / Dirigente scolastico Aldo Barletta,251 superava di poco i 250 alunni. In sostanza quella che un tempo era stata una tra le più prestiogiose istituzioni scolastiche del Molise era diventata solo una culla di ricordi, che sopravviveva a se stessa, nel suo anonimo e malinconico presente, senza alcuna progettualità per l’avvenire tanto che lo stesso Rettore, come ebbe più volte a rimarcare nei suoi primi anni di permanenza a Campobasso, si sentiva solo «tenutario di un monumento 250) Anno scolastico 1977. 251) Nativo di Amendolara, paesino del nord della Calabria, Aldo Barletta è laureato in lingue e letteratura straniera. È stato vincitore del concorso a cattedra per l’inglese, nel 1991 di quello per Vicerettore e nel 1998 per Rettore. Dal 1991 al 1998 è stato Vicerettore del Convitto Nazionale “Ruggero Borghi” di Lucera dove è stato anche direttore del corso per l’abilitazione al sostegno per docenti (biennale) organizzato dall’Università Tor Vergata di Roma. È stato altresì docente di formazione professionale per dirigenti scolastici e direttore di alcuni corsi di aggiornamento per insegnante elementare, media e liceo. Giornalista pubblicista dal 1990 ha collaborato con il quotidiano «Roma» di Napoli, la «Gazzetta del Mezzogiorno» e «Città Domani». Dal 1995 ha intrapreso un’intensa collaborazione con l’emittente privata Tele Foggia con servizi giornalistici e vari programmi. Dal 2009 collabora con Puglia Channel Sky per la quale cura la trasmissione settimanale “Punto Verde” che affronta i problemi del mondo agricolo. 193 ai caduti». Di qui lo scatto d’orgoglio che l’ha portato a maturare, giorno dopo giorno, quella volontà di riscatto concretizzatasi con l’energico e ininterrotto impegno a voler trasformare quello che era ormai solo un semplice «ricovero» per studenti in un polo educativo e formativo capace di dare al Molise una rinnovata classe dirigente in un’Europa che avverte sempre più la necessità di poter contare su nuove professionalità in grado di rispondere alle esigenze di un mondo in rapida evoluzione. Alla speranza è subentrata gradualmente la certezza dei fatti e oggi i dati, alquanto positivi, confermano questo percorso di rinascita. Nel corso degli anni ‘90 la popolazione scolastica del “Mario Pagano”, tra convittori e semiconvittori, è aumentata notevolmente (attualmente il numero sfiora i 650 alunni) come pure il numero degli istitutori (sono 33 rispetto ai 14 del 1998) e degli insegnanti passati dalle 10 alle oltre 50 unità. Ma quello che maggiormente stupisce è che oggi il Convitto occupa 160 dipendenti (l’organico comprende il Rettore, i docenti, gli educatori, il direttore amministrativo, gli assistenti amministrativi, i cuochi, i guardarobieri, il medico, l’infermiere, il personale ausiliario con compiti di pulizia, di assistenza alla mensa e di custodia degli ingressi) con una ricaduta vantaggiosa anche per l’economia locale. Un altro aspetto altrettanto rilevante dovuto alla testarda volontà del rettore Barletta è stato quello di aver voluto aprire le porte del Convitto a tutta la comunità sostenendo, con le sue indiscusse capacità di manager, le diverse iniziative culturali promosse sul territorio. Oggi la storica Aula magna (nel maggio del 2002 ha ospitato anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita istituzionale nel Molise) è frequentata quasi quotidianamente da centinaia di persone che seguono corsi di aggiornamento e formazione professionale, incontri scientifici 194 Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita al “M. Pagano”. Ad accompagnarlo il rettore Aldo Barletta, il sindaco di Campobasso Augusto Massa e altre autorità (2002) 195 e culturali. In essa hanno tenuto conferenze personaggi noti come la regista Lina Wertmuller, l’attore Flavio Insinna, lo psichiatra Paolo Crepet, i giornalisti del Tg1 Paolo Mastrolillo e del Tg5 Paolo Di Mizio solo per citarne alcuni. Il Convitto è diventato in definitiva un autentico centro di cultura con esposizioni d’arte, concerti musicali e manifestazioni di altro genere quali, ad esempio, le inaugurazioni dell’Anno Giudiziario della Corte d’Appello e della Corte dei Conti. Grazie alla rinnovata progettualità la comunità educativa accoglie oggi le scuole elementari, la scuola media e, dall’anno scolastico 2003-2004, il liceo scientifico con caratteristiche europeistiche252 che trae ispirazione dal trattato di Maastricht. I programmi del liceo, intesi a sviluppare la dimensione europea dell’insegnamento e a favorire nei giovani la formazione di una coscienza europea, vengono attuati nel clima di una costante e reciproca collaborazione tra alunni, docenti, educatori e genitori, con l’obiettivo di conseguire una completa e solida formazione culturale attraverso l’acquisizione di un metodo di studio valido ed efficace. Il Convitto, nel solco di una lunghissima tradizione didattica e formativa, grazie sempre all’impegno del Rettore, è un ambiente formativo organizzato ed ordinato con un personale, tra docenti ed educatori, di provata esperienza le cui professionalità si distinguono e si completano per meglio rispondere alle esigenze di un mondo sempre più globalizzato ed articolato dove è necessario dare ai giovani valori certi di riferimento. 252) Questo particolare tipo di Liceo è stato considerato realizzabile soltanto nelle scuole annesse alle istituzioni convittuali in quanto sono le uniche a disporre delle strutture necessarie a realizzare il progetto. La sua istituzione nel “Mario Pagano” è stata fortemente voluta e sostenuta dal dottor Giuseppe Boccarello, Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale. 196 L’Educatore, figura tipica dei Convitti, agisce oggi in qualità di «tutor» seguendo, orientando, indirizzando ed assistendo convittori e semiconvittori in ogni loro attività. Il suo ruolo risulta fondamentale nella pratica quotidiana quale mediatore nei rapporti tra alunni e docenti, tra alunni e genitori e docenti; il coinvolgimento responsabile e attivo di tutti i soggetti interessati alla formazione. L’azione educativa è finalizzata alla formazione e all’educazione integrale degli alunni semiconvittori e convittori; mediante l’opera di guida e consulenza nelle attività di studio, inoltre l’educatore promuove e organizza tutte le iniziative a carattere culturale e ricreativo, cura i rapporti con i genitori dei convittori e semiconvittori, assistendoli in ogni momento della vita del Convitto. Il piano delle attività connesse alla funzione educativa deliberato dal Collegio educativo, si armonizza e si integra con la programmazione didattica deliberata dal Collegio dei docenti. In particolare l’azione educativa, mediante l’opera di guida e consulenza nell’attività di studio, la promozione e l’organizzazione di tutte le iniziative a carattere culturale e ricreativo, è finalizzata alla formazione e all’educazione degli alunni convittori e semiconvittori. All’interno del piano educativo sono specificati la formazione e la composizione dei gruppi, la programmazione settimanale, l’orario di servizio, le finalità educative ed i criteri e le modalità di incontro con i genitori, con i quali il personale cura i rapporti. Relativamente ai bisogni educativi dell’utenza e nel rispetto dell’educazione integrale ed interculturale, il Collegio educativo indica i seguenti obiettivi di carattere interdisciplinare attinenti sia la sfera sociale che quella emotiva ed affettiva e programma attività che promuovono negli allievi.253 253) Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Napoli, Annuario scolastico 2002-2003, pp. 6-7. 197 Ogni alunno, sin dall’ingresso nella scuola elementare ha la possibilità di essere guidato fino alla maturità attraverso un percorso di studi che offre il coinvolgimento in attività extrascolastiche minuziosamente programmate che caratterizzano e differenziano il Convitto da tutte le altre istituzioni scolastiche quali le «attività aggiuntive» che comprendono, ad esempio, corsi di computer o le «attività integrative» che consentono la partecipazione a progetti adottati dalla varie scuole di ogni grado, la partecipazione ai giochi sportivi studenteschi come le Convittiadi, l’attività teatrale, quella musicale nonché i viaggi d’istruzione e gli scambi culturali con altre scuole europee che hanno come finalità l’apprendimento delle lingue straniere (tra il personale vi sono anche docenti madrelingua) degli stati membri della comunità europea e il miglioramento della conoscenza della storia dei popoli europei. In piena autonomia il Convitto offre agli studenti una serie di servizi a partire da quello di refezione con cucina propria e con pasti che vengono preparati da esperti cuochi interni sulla scorta di una dieta alimentare bilanciata stabilita con la collaborazione del medico del Convitto e dei genitori ai vari laboratori didattici, sale per le attività ricreative, palestra coperta, biblioteca, servizio infermieristico e di controllo sanitario, guardaroba, servizio di portineria diurno e notturno. Negli ultimi anni, sempre per iniziativa del Rettore e del Consiglio d’Amministrazione,254 sono stati eseguiti vari lavori di ma254) Ne fanno parte i consiglieri professor Gennaro Carlone e il dirigente scolastico Francesco Fasciano quali rappresentanti del Ministero della Pubblica Istruzione, il dirigente scolastico Piero Pontico per la Provincia di Campobasso, il ragioniere Gennaro Di Anna D’Anchise per il Comune di Campobasso, la dottoressa Michelina Presutti per l’Agenzia delle Entrate 198 nutenzione e recupero di alcuni locali per adeguare il “Mario Pagano” alle vigenti norme di sicurezza e per rendere la struttura più funzionale ed accogliente. In particolare i lavori hanno interessato la completa tinteggiatura di aule e corridoi nonché la sistemazione della portineria, mentre al secondo piano l’intervento ha riguardato l’intera ala che ospita gli alloggi dei convittori con il rifacimento dei servizi igienici e delle camerette tutte dotate di nuovo arredo. Ma l’intervento più importante, utilizzando risorse regionali, è stato senz’altro quello del totale restauro delle facciate esterne che hanno restituito non solo all’edificio, ma all’intera area del centro urbano del capoluogo dove esso sorge, dignità e decoro. In programma c’è ora la costruzione della “palestra dell’orto” con altre 10 aule nonché il recupero e la trasformazione, nell’ala nord, di un sottotetto di 1000 metri quadrati dove saranno realizzati spazi multimediali e ricreativi oltre ad alloggi per accogliere per la prima volta nell’istituto anche le convittrici. È un segnale inequivocabile della rinnovata progettualità e forza che accompagna questa antica istituzione verso il futuro nella profonda consapevolezza che solo coniugando come sosteneva il rettore De Nisco «i moti del cuore con la luce dell’intelletto» si riuscirà a consolidare il ruolo di scuola «a tempo pieno» per meglio rispondere a quella che è un’esigenza sempre più avvertita non solo nella realtà locale ma, più in generale, in tutta la regione. È proprio in quest’ottica che, in definitiva, s’inquadra l’impegno del rettore Aldo Barletta il quale nel corso di questi ultimi anni ha operato nella convinzione di poter restituire al Molise e ai molisani parte di un comune passato attraverso il quale costruire il domani; un domani che ponga e la dottoressa Stefania D’Abramo, Direttore dei Servizi Generali Amministrativi, in qualità di segretaria economa. 199 sempre più al centro la formazione dei giovani nella certezza di saperli accompagnare – come ama spesso ripetere – nel difficile cammino del perfezionamento umano e sociale. Giovani che dovranno sentirsi orgogliosi di essere stati studenti di un’antica istituzione qual è il “Mario Pagano” la quale, da semplice «culla dei ricordi», si è saputa trasformare in un moderno college capace di formare le coscienze dei cittadini dell’Europa del domani. 200 Rettori del Real Collegio Sannitico e del Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso dal 1817 al 2009 1) Rettore Sac. 2) “ 3) “ 4) “ “ 5) 6) “ 7) “ 8) “ 9) “ “ 10) 11) “ 12) “ 13) “ 14) “ “ 15) 16) “ 17) “ “ 18) 19) Preside-Rettore 20) “ 21) “ 22) “ 23) “ 24) “ 25) “ 26) “ 27) Reggente 28) “ 29) “ Alessandro Dell’Erba Innocenzo Presutti Dionisio Orofino Antonio Scotti Andrea Amato Domenico Parenti Costantino Nardone Carlo Rossi Liborio Manca Tommaso De Rosa Liborio Manca Vincenzo Bria Michelangelo Ressetti Vincenzo Bria Francescantonio Cundari Barnaba Tacchi Berardo Palombieri Raffaele Vecchierelli Vincenzo Gamberale Eraclio Ferreri Gabriele Valente Luigi Lace Fortunato Trombone Gianvincenzo Belsani Pietro Gambera Giuseppe Chiaia Luigi Moschettini Raffaele Negri Tullio Ronconi 1817-1821 1821-1822 1822 1822-1823 1823-1828 1828 1829-1839 1839-1840 1840-1841 1841-1842 1843-1844 1844-1845 1845-1847 1847-1850 1850-1854 1854-1856 1857-1860 1860-1862 1863-1867 1867-1868 1868-1872 1873-1879 1879-1885 1885-1886 1886-1889 1889-1892 1892-1893 1893-1894 1894-1897 201 30) “ 31) “ 32) Rettore 33) “ “ 34) 35) “ 36) “ 37) “ 38) “ “ 39) 40) “ 41) “ 42) “ 43)Rettore Reggente 44) “ 45) “ 46) “ 47) “ 48) “ 49) “ Luigi Gamberale Gerolamo Rozzolino255 Luigi Patrocollo Raffaele De Rogatis Francesco De Giacomo Antonio Giordano Cesare Ferrero Raffaele Pastore Carlo De Nisco Francesco Tescione Nicolino Ruotolo256 Giuseppe Tortora D’Amato257 Nicolino Ruotolo Matteo Falcone258 Vincenzo Della Fera 259 Matteo Falcone260 Giuseppe Tortora D’Amato261 Vincenzo Della Fera262 Giuseppe Tortora D’Amato263 Matteo Falcone264 1897-1900 1900-1904 1904-1905 1905-1908 1908-1910 1910-1915 1915-1938 1938-1946 1946-1966 1967-1970 1970-1971 1972 1972-1973 1973 1973-1974 1974 1974-1976 1976 1976-1977 1977-1978 255) Dal 1901 la qualifica di Preside e quella di Rettore vennero disgiunte. Nel Convitto di Campobasso la disposizione fu applicata a partire dal 1904. Dall’elenco sono esclusi i presidi del Liceo-Ginnasio. 256) Fino al 31 dicembre 1971. 257) Dall’1° gennaio 1972 al 27 giugno 1972. 258) Dal 1° ottobre 1973 al 10 novembre 1973. 259) Dall’11 novembre 1973 al 31 agosto 1974. 260) Dal 5 settembre 1974 al 30 novembre 1974. 261) Dal 1° dicembre 1974 al 2 ottobre 1975 e dal 31 dicembre 1975 al 25 febbraio 1976. 262) Dal 26 febbraio 1976 al 15 giugno 1976. 263) Dal 24 giugno 1976 fino al 19 settembre 1977. 264) Dal 19 settembre 1977 al 9 settembre 1978. 202 50) “ 51) “ 52) “ “ 53) 54) “ 55) Rettore 56) “ “ 57) 58) Rettore Reggente 59) Rett./Dirig. scol. Salvatore Perniciaro265 Enrico Mancino Salvatore Perniciaro Felice Scioli266 Pasquale De Lisa267 Leonardo Di Dedda Filippo Iaquinto Felice Sasso268 Pasquale De Lisa269 Aldo Rocco Barletta 1978-1979 1979-1981 1981-1982 1983-1984 1985 1985-1992 1992-1993 1993-1998 1998 1998-…… 265) Dal 10 settembre 1978 al 9 settembre 1979. 266) Fino al 30 settembre 1984. 267) Dal 1° ottobre 1984. 268) Dal 1° settembre 1993 fino ad aprile del 1998. 269) Da maggio ad agosto 1998. 203 L’Aula magna del Convitto, centro di molteplici iniziative culturali 204 Contributi 205 206 Simonetta Tassinari Il Convitto come ideale educativo alla prova dei secoli 207 208 La tradizione Ogni scuola è un’istituzione sociale, di speciale natura, nella quale la conoscenza del mondo avviene in un orizzonte determinato dalla tradizione, dalla cultura dell’epoca, dall’ambiente circostante, e, in tempi moderni, anche dalla legislazione in vigore. Un “Convitto” è qualcosa di più: una forma d’insegnamento comunitario che si avvale della convivenza e della condivisione tra i suoi membri per realizzare più efficacemente le finalità dell’educazione. Il termine stesso, in latino Convictus, dal verbo convivere, “vivere, pranzare insieme” rimarca l’esistenza di una collettività che si riconosce come un piccolo sistema, in quanto portatrice di valori, o di interessi, che la differenziano dallo spazio esterno. La nascita di comunità intellettuali chiuse, nelle quali la spartizione del cibo, del sonno e di ogni momento della giornata rinsaldano la fedeltà dei propri componenti, deriva, nel lontano passato, dall’elitaria concezione della conoscenza come ascesa a verità non a tutti accessibili. Il più antico “Convitto” di questo tipo del quale si abbia notizia in Occidente è la scuola pitagorica, fiorita in Magna Grecia nel VI secolo a.C.: un centro studi di elevatissimo profilo, aperto anche alle donne, che si proponeva l’approfondimento delle discipline 209 matematiche e insieme una completa rigenerazione dell’individuo, alla luce della vita contemplativa. Non diversi gli scopi generali dell’Accademia platonica, inaugurata ad Atene nel 388 a.C.: una scuola di alta specializzazione politica, e perciò stesso etica, per formare le future classi dirigenti e sopperire ai drammatici bisogni di una città, come la capitale dell’Attica, allora in forte decadenza. Anche l’insegnamento impartito nel “Giardino” (Kepos) di Epicuro di Samo, fondato nel 307 a.C., richiedeva una sede non itinerante, piuttosto una casa comune nella quale vivere e apprendere, riflettere e discutere. L’ideale che soggiace a queste antiche istituzioni, malgrado le evidenti differenze di contenuti, è pressoché invariato: la convinzione che l’educazione, la formazione e la trasmissione del sapere siano così preziosi che, per il raggiungimento di esse, occorra assicurare all’individuo la forza di una intera comunità che ne possiede e ne approva i valori. L’insegnamento medievale trapassa dalle scuole cattedrali alle Universitates, mentre la pratica educativa si allontana dallo schema comunitario; la specializzazione del sapere e gli spostamenti degli studenti e degli stessi maestri impediscono, a lungo, la riproposizione di uno schema che sembra insufficiente e inadatto ai tempi. In Età umanistica sorge e si diffonde nuovamente l’idea che l’ammaestramento si giovi della comunanza degli interessi tra docenti e discenti. Così in Vittorino da Feltre (1373?-1446), che intese fondare sulla didattica, i contenuti e la formazione cristiana i convitti che aprì a Padova e a Venezia e la stessa celebre “Ca’ gioiosa”, nei pressi della corte di Mantova. La moderna rinascita dell’istituzione convittuale si colloca tuttavia in piena età controriformistica, nel secolo XVI, ad opera dei Gesuiti, quando occorre ricostruire un tessuto, religioso ma anche culturale, intaccato dalla Riforma protestante. 210 La Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola e riconosciuta dalla Chiesa nel 1540, stabilisce che l’educazione non può non essere anche religiosa, essendo la salvezza dell’anima, nei canoni dell’ortodossia appena fissata dal concilio di Trento, l’obiettivo precipuo. Destinatari privilegiati dei convitti dei “Soldati” della Compagnia di Gesù sono i giovani della nobiltà o di buona famiglia; la forma residenziale dell’insegnamento è necessaria per abituare alla regole e al rispetto degli orari, favorire un’armonica condotta di vita, fornire supporto e soccorso nelle diverse necessità quando le proprie forze, da sole, non bastano. La Compagnia di Gesù viene soppressa nel 1773, e i Convitti gesuitici seguono sorti differenziate: alcuni confluiscono in ordini religiosi dediti all’insegnamento, altri nelle amministrazioni locali o nello Stato. Nel mentre, la ricerca pedagogica avanza; la cultura non è più quasi solo esclusivamente letteraria, come affermato dal precedente indirizzo umanistico dell’educazione. Il Razionalismo secentesco inserisce stabilmente le scienze esatte nell’insegnamento, e l’Empirismo di scuola inglese, benché soprattutto in ambito anglosassone, affianca a esse le scienze sperimentali; quelli che, con termine moderno, chiamiamo “programmi”, si completano e si avvicinano alle odierne discipline di studio. Man mano che la vicenda temporale procede, vengono forgiate nuove interpretazioni del concetto stesso di educazione. Durante l’Illuminismo la formazione individuale è in primo piano, e soprattutto un philosophe sia pure per molti versi atipico, come Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), si sofferma sull’evoluzione e la crescita spirituale e culturale del giovane. Sebbene egli appaia contrario a un’educazione comunitaria, enumerando, nell’Emilio, i vantaggi di un insegnamento rispettoso della personalità dell’alunno, “naturale” e possibilmente 211 impartito vis à vis da un unico maestro, l’influsso del pensatore ginevrino non può non farsi sentire, oltre che nella pedagogia in generale, anche in istituzioni formative quali i Convitti. Il concetto maggiormente ripreso da questi ultimi è quello della «libertà ben guidata»: rendere «mite e docile» il giovane, avrebbe detto il Rousseau, significa fare in modo che il vizio non attecchisca in lui, favorendone lo sviluppo della facoltà di pensiero. Tra Settecento e Ottocento il termine “convitto”, spesso sinonimo di “collegio”, indica, in Italia, diverse realtà : opere assistenziali a cura dei governi o di ordini religiosi, istituti di formazione militare, educandati, vere e proprie scuole residenziali. A cavallo della rivoluzione agisce lo svizzero Pestalozzi (1746-1827), convinto che i principi pedagogici vadano posti al servizio non solo dei nobili, ma anche del popolo; gli si devono istituti d’educazione per i ragazzi più poveri, ai quali si offrono alloggio, mantenimento e istruzione. Sull’onda della Grande rivoluzione, e delle teorie pestalozziane, in età napoleonica i convitti assumono, in generale, un fine assistenziale. Gestiti da religiosi in seguito al Concordato, essi si propongono tuttavia degli scopi “laici” quali la comprensione dei legami della società, la maturazione e la crescita della persona, in una logica più ampia che supera la passiva ricezione di nozioni. La Restaurazione li eredita con poche varianti; è di questi anni la permanenza di Giuseppe Mazzini (1805-1872) nel Collegio Reale di Genova (divenuto, in seguito, Convitto Nazionale “C. Colombo”). Il Real Collegio Sannitico di Campobasso è fondato da Ferdinando IV di Borbone con Decreto del 12 marzo 1816 n. 299, inaugurato il 16 novembre 1817. Per tramite dei Reali Collegi si mira, in reazione all’esperienza rivoluzionaria, a un rafforzamento dei 212 valori tradizionali messi a dura prova, e alla costruzione motivata di una fedeltà politica e di una visione gerarchica della società che vivifichino l’apprendimento, a largo raggio letterario, che vi viene impartito. In conformità con le direttive del Congresso viennese, che, opponendosi a una disgregazione della società tradizionale – così come accaduto nell’età rivoluzionaria – avverte e apprezza la funzione cementatrice della religione, in ogni Collegio troviamo la presenza stabile di un religioso, e religiosi sono, per lungo tempo, i Rettori. Con l’avvento dell’Unità d’Italia l’esigenza prioritaria è quella di un’educazione “nazionale” che promuova nei giovani una coscienza d’italiani nel convincimento di appartenere a una sola patria, idea ancora fragile e incerta. Il ministro Casati afferma espressamente (1860) che «L’istituto può soprattutto e deve avviare e diffondere quella specie di educazione che suolsi chiamare nazionale»1 e il primo articolo del Regolamento specifica che occorre «infondere negli allievi un amore immenso alla Patria italiana». Tale il motivo dell’aggiunta alla parola Convitto dell’aggettivo “nazionale”, che ancora oggi mantiene. La seconda metà dell’Ottocento rappresenta un’epoca felice per i Convitti nazionali italiani, e il nostro, tra gli altri, acquista un’eccellente nomea molto al di fuori dei confini dell’Abruzzo-Molise. Tra il 1884 e il 1898 il numero complessivo dei convitti nazionali passa da 29 a 43; ferrea e quasi militaresca la disciplina alla quale sono tutti improntati. «V’ha l’andamento e lo spirito militare, il solo che ottenga l’obbedienza … con verecondia ordine e pre1) C.F. Bissanti, Leggi- Decreti- Regolamenti- Circolari e Istruzioni varie riguardanti i Convitti nazionali nel Regno dal 1859 a tutto il 1899, Relazione del ministro al re, Taranto, 1900, p. 13. 213 cisione, senza minuzie puerili o monastiche»2. Vi si coltivano l’uso della lingua italiana (i Rettori sono chiamati a impedire che gli alunni parlino tra loro in dialetto), l’obbedienza, l’esercizio delle virtù civiche e fisiche. La contemporanea avanzata delle ideologie socialistiche, avvertita come un pericolo per l’ordine societario, impone ancora, di nuovo, la formazione di una «classe scelta» affidabile, cosciente di sé e di quello in cui crede. Ed ecco che i convitti tornano a rappresentare un baluardo contro il disordine: sembra che la vecchia ambizione controriformistica di costruire un’isola alla quale affidare la trasmissione di valori rimanga, costantemente, una loro original position. Il Rettore, in questi anni, «controlla, veglia, vigila», letture e passatempi dei convittori compresi; ascolta le lezioni dei suoi professori, è spesso presente nelle aule. L’opinione pedagogica prevalente è che l’alunno sia passivo, e debba soltanto apprendere: quasi un «sacco vuoto» come direbbe K. Raimund Popper (1902-1994), o un «secchio bucato dove l’insegnante riversa il suo sapere», per usare le parole di J. Dewey (1859-1952). La competizione è incoraggiata, non si lesina sui riconoscimenti e sui premi, le punizioni sono severe; una pedagogia “dello sforzo”, e, insieme, una preparazione solida e letterariamente raffinata, rappresentano la norma generale. Ginnastica, scherma, tiro a segno forgiano i corpi; le azioni sono guidate in modo coerente e continuo; i Convitti, e il nostro in particolare, si configurano, oltre che come agenzie culturali, come i luoghi privilegiati dove si coltivano e si preparano i modi di vivere delle future persone rette. 2) 214 C.F. Bissanti, op. cit., p. 14. Fin de siècle e Novecento Il congresso di Vienna è ormai lontano e lo Stato italiano è in rotta con quello della Chiesa; con il Regolamento del 1898, alcune importanti novità sono introdotte nei Convitti nazionali. L’istruzione religiosa è affidata a un sacerdote esterno, che non ha potere direzionale nella vita dell’Istituto; si persegue una certa laicità dell’istruzione, e gli alunni non cattolici possono essere istruiti nella loro fede, sebbene a carico delle famiglie. Primo articolo del nuovo Regolamento è: «I Convitti nazionali hanno per fine di dare ai giovani una educazione atta a renderli cittadini virtuosi, colti e forti». È un’Italia umbertina, durante la quale lo stesso Gabriele D’Annunzio (1863-1938) si forma in un Convitto nazionale, il glorioso “Cicognini” di Prato. Con il giungere dell’Età giolittiana, la maturazione di una coscienza nazionale non preoccupa più; non si costruiscono altri Convitti nazionali, e nel 1910 il loro numero, 43, è il medesimo del 1898. Molte le domande di ammissione che giungono al “Mario Pagano”, in parte inevase per mancanza di posti. A livello nazionale sorgono problemi per il reclutamento degli istitutori; i posti in organico sono in tutto 200, insufficienti per le esigenze di servizio, tanto che si diffonde la figura dell’istitutore precario e nascono gl’incarichi annuali per l’istitutore provvisorio (1909) e l’istitutore tirocinante (1911). Si tratta sovente di studenti, alloggiati ma non stipendiati, e il loro numero cresce a dismisura; nel 1922 i precari sono più numerosi degli istitutori di ruolo. Con la Riforma Gentile, del 1923, e nell’ottica di una scuola che distingue profondamente i corsi di studio superiori, il Ministro non accresce il numero dei Convitti nazionali; preferisce un potenziamento di quelli già esistenti, come sostegno dell’indirizzo 215 classico da privilegiare. Uno stato etico, come quello prefigurato dall’opera del filosofo, non può, d’altra parte, che avocare a sé l’educazione, in specie in istituzioni che portano l’appellativo di “nazionale”. Gli istitutori vengono reclutati per concorso pubblico e sono tenuti a sostenere un anno di prova, dopo di che diventano effettivi; il loro status personale migliora, il servizio prestato nei Convitti è considerato pari a quello prestato nelle scuole medie, e viene riconosciuta, infine, la loro funzione docente. Basilare è il «Regolamento» dei Convitti nazionali del 1925.3 Vi si afferma che i convittori vanno educati al senso della responsabilità e della dignità individuale, al culto della famiglia e della patria; ogni Convitto deve esporre la bandiera nazionale, e l’eroismo è stimolato «dal nome di un antico alunno del Convitto che sia caduto in guerra». Malgrado tutto, negli anni Trenta l’istituzione subisce un appannamento, a livello nazionale più che locale, e si inizia a parlare di crisi dei convitti.4 La crisi è forse dovuta anche al fatto che il fascismo ha avocato a sé molte attività un tempo di pertinenza 3) 4) 216 I Convitti nazionali sono regolati dagli artt. 118 e segg. del R.D. 6 maggio 1923 n. 1054 e approvato con R.D. 1 settembre 1925 n. 2009. «Sono istituti statali, aventi lo scopo di curare l’educazione e lo sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti», dotati di personalità giuridica e sottoposti alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione. Il Rettore che ne assume la rappresentanza legale, sovrintende al buon andamento educativo, didattico, amministrativo, presiede il Consiglio d’Amministrazione e il Collegio di vigilanza, cura l’esecuzione delle deliberazioni del Consiglio. Precipua attribuzione del Rettore è l’educazione degli alunni; a tal fine visita le camerate, interroga gli alunni sui loro bisogni, riunisce gli istitutori e gli assistenti, informa le famiglie sulla condotta, il profitto, le condizioni di salute dei ragazzi. P. Fusco, Crisi di educatori o crisi di sistemi di educazione?, Avellino 1933. dei Convitti nazionali, quali la ginnastica, l’esercizio del tempo libero e le competizioni sportive, e in un certo senso, gareggia con i Convitti stessi nel tradurre la propria ideologia in forme di vita collettiva. In età repubblicana rimangono sostanzialmente in vigore la Riforma del 1923 e il Regolamento del 1925. Nel 1956 il senatore Umberto Terracini interviene in Senato sulla questione dei convitti, denunziando che si tratta di un tipo di educazione in allarmante decadenza anche a causa della trascuratezza della Repubblica. Una Commissione ministeriale, nel 1963, avvia un’indagine. A conclusione di quest’ultima si afferma, semplicemente, che la struttura dei convitti nazionali appare insufficiente sia sul piano quantitativo che qualitativo; che si assiste a un notevole calo numerico degli iscritti, nonché al dirottamento delle classi meno abbienti verso gli istituti tecnici e i convitti annessi. Nel frattempo, grazie al miglioramento dei trasporti è nata la figura del semiconvittore; nel 1967 viene affacciata una proposta di riforma, rimasta poi inattuata. Non si registrano, in seguito, interventi legislativi di rilievo. L’“emergenza educativa” e le attuali problematiche Le difficoltà dalle quali è attraversata, in questo momento, la scuola italiana, e le inquietudini a cui non sfuggono neanche i Convitti nazionali, non trattandosi per l’appunto di territori cristallizzati o statici, bensì di specificità pedagogiche collocate entro un preciso contesto, non debbono giocoforza far concludere che il concetto di educazione sia in declino; piuttosto, che esso 217 stia subendo una trasformazione, foriera, ci si augura, di un nuovo progresso. Con tutto questo, non ci si può nascondere l’attuale difficoltà nella trasmissione di valori tra le generazioni; si denuncia l’“emergenza educativa” e la richiesta, da parte delle famiglie, che gli insegnanti siano dei “facilitatori culturali” più che dei veri maestri. La nostra società è meno omogenea di prima, e bambini e ragazzi stentano ad approfondire amicizie, anche soltanto a frequentarsi; spesso vivono lunghe ore nella loro stanza alle prese con un computer, né si gioca più a pallone nelle strade o si formano capannelli, e il “branco” del sabato sera, più che una vera aggregazione, rappresenta a volte un momentaneo raggruppamento dalle fragili corrispondenze interne. Malgrado le apparenze mosse, la solitudine, e talora il silenzio e il vuoto, sono perciò spesso compagni dei nostri ragazzi, e le tecnologie e i media prendono il posto del dialogo familiare o tra amici. La partecipazione consapevole del giovane al processo formativo che lo riguarda può trarre senza dubbio giovamento dall’insegnamento residenziale, che, oggi forse ancor più che in passato, permette la costruzione di un piccolo kòsmos in cui le sollecitazioni, psicologiche e culturali, risultano decisamente superiori rispetto ad altri tipi di scuole. La forma più complessa d’istruzione impartita nei convitti, in cui l’apprendimento è inseparabile dall’esperienza comunitaria, salda il sapere con l’affettività. L’imparare non è più un atto meramente introspettivo, bensì un’interazione tra individui che ricercano collettivamente il medesimo scopo, e ciò impedisce che lo studio divenga, per usare un termine dell’illustre pedagogista Bruner (1915) unicamente «un isolato processo psichico del conoscere». In tempi di crisi di socialità, un Convitto rappresenta un sistema equilibrato, 218 sorretto da adulti che ricoprono diverse funzioni, in cui ciascuno ha il proprio posto e deve contribuire, nell’alterità dei ruoli a una serie di conquista successive che concilino lo spirito del tempo con la tradizione, il valore e la necessità dello studio, il concetto di cultura come consapevolezza critica dei fini, l’amicizia e l’autosservazione. Le recentissime voci della filosofia comunitaria, in specie nell’opera di Alasdair MacIntyre (1929),5 affermano che, senza una comunità, non esistono né la vera libertà, né la vera virtù. La solidarietà, il ruolo e il rango prestabilito entro un sistema ben definito, di cui parla il filosofo scozzese, che si oppongono al soggettivismo, sono un momento indispensabile al mantenimento della libertà e dell’identità del singolo e dimostrano, praktish, che la trama del reale non è unilaterale, ma costruita di diversità che si intersecano. Approdo, e non isola. Uno sviluppo armonico, un orizzonte più vasto e le nuove sfide. «La pagina di storia scritta dall’istituto non solo testimonia la tradizione educativa trasmessa tra le sue imponenti mura, ma accentra e condensa nel “Mario Pagano” il simbolo reale e ideale di vero fulcro storico e intellettuale nella crescita della città capoluogo, così come dell’intera regione».6 5) 6) A. MacIntyre, Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, Milano, Feltrinelli, 1993. M. D’Alessio, Tra mura cittadine e educazione nazionale, in Campobasso, Capoluogo del Molise, vol. III, Funzione urbana-cultura a cura di R, Lalli, N. Lombardi, G. Palmieri, Campobasso, Palladino Editore, 2008, p. 109-110. 219 Essere simbolo, e possedere una lunga tradizione alle spalle, non significa, dunque, che tutte le potenzialità dell’«istituzione convitto» siano già state espresse nel passato, tantomeno che la funzione d’attrazione, di polo e di riferimento del “Mario Pagano” sia venuta meno. Non esiste soltanto un “ieri”: esistono anche un “oggi” e un “domani”, senz’altro nel segno della continuità, ma anche di un profondo rinnovamento. Le teorie della personalità elaborate nel corso del Novecento, le scoperte della psicologia e della psicoanalisi, la trasformazione democratica dello Stato, ed in breve le caratteristiche dell’odierna società aperta, impediscono la tendenza al dogmatismo tipica delle ere passate e piuttosto valorizzano l’antica istituzione, la cui tradizione fortemente strutturata si misura con la realtà esterna. Il Convitto non è più un mondo chiuso o un’isola, al contrario un credibile, moderno e vivace approdo che difende dall’omologazione e tutela dall’assenza, non per il tramite di una separazione o di scissione con l’alterità, con la quale si rapporta in un fecondo nodo dialettico, bensì di una complementarità e interazione che non comportano alcuna rinuncia alla propria natura “forte” e alla propria irripetibile specificità. Cittadella del sapere che riflette, senza dubbio, i fermenti del mondo che la circonda, ma ove le ridotte dimensioni, la serenità e la concordia favoriscono l’apprendimento e la crescita, il Convitto conserva tutto il fascino dell’ideale del passato, un po’ cenobitico, con le sue semplici regole di vita e di comportamento che travalicano la semplice abitudine quotidiana, dimostrando che è nella concretezza di essere “persona” tra le “persone”, e nell’agire e nel fare insieme, che si traducono i valori e i principi etici. Il Convitto nazionale è, in fondo, l’unica organizzazione scolastica italiana che, in qualche modo, si avvicini al college di ori- 220 gine anglosassone, dall’esistenza secolare per nulla messa in ombra dalla contemporaneità. Vivere uno spazio-tempo convittuale così ampio, e così intensamente, significa guardare alla propria sede scolastica come a un organismo in cui ognuno e ogni cosa ha il proprio posto, e sentirla propria anche al di là dei consueti orari, una struttura di riferimento che diviene una scuola-mondo. La peculiarità del doppio tipo di insegnamento di cui gli alunni usufruiscono, assicurato dalla funzione docente pomeridiana esercitata dagli educatori, con propri obiettivi formativi in armonia con quelli complessivamente concordati, consente loro il confronto con metologie disparate e una molteplicità di voci, antidoto ad ogni possibile mono-pensiero, stimolo a nuove ricerche e nuovi interrogativi. Quell’osservazione che la pedagogia più accorta suggerisce, ormai da tempo, può essere ragionevolmente messa in pratica soprattutto quanto maggiori e più diversificate sono le ottiche. Sguardi che si incrociano nelle occasioni di studio, di svago o d’incontro possono consentire una conoscenza a tutto tondo dell’allievo e una più efficace forma per giungere al suo intelletto e al suo cuore, nella libertà guidata di roussoiana memoria. Alla formazione ricevuta in un Convitto si tornerà con nostalgia, negli anni successivi, nella certezza di aver usufruito di un’occasione che non a tutti è stata offerta. I nostri studenti sono avvezzi a salutare tutti gli insegnanti, e non soltanto i propri, nonché tutti gli adulti che si muovono ed operano all’interno del Convitto, come se fossero sottointesi un riconoscimento e un’appartenenza che supera l’ambito di una comune presenza nello stesso luogo; essi mostrano un rispetto affettuoso per tutto il personale non docente; si conoscono bene tra loro, perché i limiti della classe sono abbondantemente superati dallo stesso ordinamento del Convitto e 221 dalle innumerevoli e condivise occasioni di attività alternative. Al Convitto corrisponde, ormai un’immagine più dinamica: quella di una istituzione pronta a raccogliere nuove sfide come la dimensione europea dell’istruzione, la conoscenza delle lingue straniere, i viaggi di studio e i soggiorni all’estero. Se un «osservatore imparziale», per usare un’espressione di Adam Smith, si ponesse dinanzi al cancello del “Mario Pagano” alla fine della giornata di scuola, dopo il suono dell’ultimo campanello, non potrebbe non notare i piccoli gruppi e i capannelli di ragazzi che, ancora, non sembrano sazi della reciproca compagnia, come se facessero fatica a staccarsi dalla loro scuola. È questo il vero volto del Convitto: il volto di una gioventù che sa sperare, stare insieme, agire. 222 Oreste Boffa Storia architettura e arte nel Convitto “Mario Pagano” 223 224 L’istituzione del Reale Collegio Sannitico di Campobasso, attuale Convitto “Mario Pagano”, è legata a due eventi che hanno segnato la città di Campobasso: il terribile terremoto di Sant’Anna (26 luglio 1805) e la creazione della Provincia autonoma del Molise (decreto 11 dicembre 1806) con i distretti di Isernia, Larino e Campobasso, quest’ultima designata come città capoluogo.1 Dai documenti conservati all’Archivio di Stato di Campobasso2 si rileva la gravità dei danni al patrimonio abitativo e che l’avvio della ricostruzione della città è lento e non organico; inoltre, la necessità di costruire nuovi alloggi e strutture adeguate per la nuova classe dirigenziale porta gli amministratori locali a dotarsi di un piano urbanistico, cioè di uno strumento efficace e rispondente alle nuove esigenze, evitando una espansione casuale e disorganica. Il piano di ampliamen1) 2) E. Zullo, Campobasso capoluogo: il rinnovamento urbano durante il decennio francese e l’opera di B. Musenga, in Da Contado a Provincia. Città e architettura in Molise nell’Ottocento preunitario, a cura di A. Antinori, Roma, Cangemi, 2006, pp. 103-114. ASCb, Intendenza di Molise, b. 81, f. 94. 225 to è redatto, nel 1813, dall’architetto Berardino Musenga che individua l’espansione su un estesa area pianeggiante in prossimità del luogo ove si svolge il mercato, lungo la direttrice per Napoli. La predisposizione del suddetto piano è agevolata dall’incameramento, tra il 1807 e il 1809,3 dei beni ecclesiastici che rende di proprietà pubblica i terreni e i fabbricati dei numerosi monasteri situati all’esterno della città vecchia.4 Secondo uno schema consolidato, l’architetto stabilisce una maglia ortogonale con isolati di forma rettangolare e strade ampie ed alberate intorno al monastero di Santa Maria della Libera, il cui giardino diventa uno spazio pubblico alberato. Un nodo fondamentale, per il raccordo tra il borgo antico e quello nuovo, sicuramente è la piazza del Salnitro (attuale piazza Pepe) ove prospetta il monastero di San Francesco della Scarpa, visto che è posto all’incrocio di tre importanti assi viari.5 Tra i nuovi edifici pubblici che vengono costruiti dopo l’istituzione della Provincia di Molise rientra anche il “Collegio Sannitico” (legge del 30.05.1807) e l’Intendente di Molise, Biase Zurlo, dopo attenta e ponderata scelta, pensa 3) 4) 5) 226 G. Di Fabio, I monasteri e i conventi di Campobasso, Campobasso, Tipolitografia Lampo, 1998, p.16. Verso porta Napoli vi erano il monastero di Santa Maria della Libera (attuale Municipio) e di Santa Maria delle Grazie (ex Ospedale Cardarelli); a ridosso di piazza del Mercato quello delle Carmelitane (Prefettura) e quello di San Francesco della Scarpa (Convitto “Mario Pagano”), mentre lungo la direttrice per Termoli il convento dell’Annunziata (convento Frati Cappuccini). In tale slargo confluivano una strada che portava a Napoli, una a Termoli e un’altra verso Porta San Leonardo che, a sua volta, introduceva al centro antico. proprio al monastero di San Francesco come sede idonea per la nuova istituzione scolastica che «si prestava più degli altri al facile accesso della gioventù studiosa».6 Il convento, con un prospetto imponente, si affaccia sulla piazza del mercato e, all’inizio del XIX secolo, è gestito dai frati francescani. È chiamato “della scarpa” perché quei religiosi portavano le scarpe a differenza degli ordini minori che andavano scalzi.7 L’edificio, risalente ad epoca medioevale, era stato seriamente danneggiato dal suddetto terremoto e «poco poterono fare i frati»8 per restauralo, anche perché nel 1809 il monastero passa al Demanio. Successivamente il re Ferdinando IV (12 Marzo 1816) istituisce il “Real Collegio Sannitico” il 16 novembre 1817, nei locali del monastero iniziano le lezioni. Il vecchio monastero presenta un corpo di fabbrica, di forma rettangolare, a due piani con affiancata una chiesa ad impianto longitudinale, una semplice facciata con un portale in pietra locale e finestre rettangolari. L’accesso al fabbricato avviene dalla piazza antistante da cui è separato da un’area destinata a verde;9 l’ingresso, decentrato rispetto alla facciata, immette in un atrio e, successivamente, nel chiostro su cui affacciano cucina, refettorio e dispense, mentre al piano superiore si accede tramite una scala «a due tese per la quale si ascende al dormi6) 7) 8) 9) A. Pistilli, Il Collegio Sannitico M. Pagano ed il suo fabbricato in Campobasso, Campobasso, De Gaglia & Nebbia,1903, pp. 4-5. G. Di Fabio, op. cit, p. 13. A. Pistilli, op. cit, p. 6. ASCb, Intendenza di Molise, b. 81, f. 94. È presente un disegno che raffigura le planimetrie e il prospetto del Monastero. 227 «Piante e prospetto dell’attuale R. Collegio Sannitico di Campobasso» a firma dell’ing. Francesco Palmieri - Archvio di Stato di Campobasso, Intendenza di Molise, b. 81, f. 94. 228 torio con corridoio a lamia, celle da una parte e l’altra».10 La chiesa, affiancata al monastero, presenta un impianto longitudinale a tre navate con altari devozionali. In poco più di un anno l’architetto Musenga elabora un progetto di risistemazione del vecchio fabbricato che viene adattato a sede della nascente istituzione scolastica.11 Il Consiglio di Amministrazione del Collegio, con il passar degli anni, si rende conto che l’edificio non è idoneo ad ospitare una «istituzione così prestigiosa» ed acquista fabbricati limitrofi al fine di poter attuare «il secondo progetto del Musenga»; tale ambizioso progetto non vede mai la luce12 e anche l’architetto Antonio Bellini, allievo del Musenga, tra il 1846 al 1853 redige ipotesi progettuali di ristrutturazione dell’intera area, ma tali disegni restano sulla carta.13 L’arrivo dei frati Barnabiti (1854) alla direzione della istituzione scolastica porta una ventata di novità perché essi danno l’incarico all’ingegnere Luigi Oberty, ispettore di “Ponti e Strade”, di approntare un terzo progetto utilizzando le risorse economiche del Convitto.14 Nel 1857 un decreto regio trasforma il Collegio in Liceo e tale cambio di destinazione permette nel 10) E. Di Iorio, Campobasso nel 1688, Apprezzo della terra di Campobasso, fatto nel 20 aprile 1688 dal Perito delegato Luigi Nauclerio, Campobasso, Tipografia l’Economica, 1981, pp. 109-114. 11) A. Pistilli, op. cit., p. 6. 12) E. Zullo, Tre edifici per una città in evoluzione, in Campobasso capoluogo del Molise, vol. I, Storia / Evoluzione urbanistica / Economia società, a cura di R. Lalli, N. Lombardi, G. Palmieri, Campobasso, Palladino Editore, 2008, pp. 241-249. 13) ACNMP, b. 22, f. 422. 14) A. Pistilli, op. cit, p. 8. 229 1858 di iniziare i lavori di ampliamento secondo il progetto dell’Oberty; questi si interrompono bruscamente per sopraggiunti motivi economici. Nel 1865, a unificazione avvenuta, il Collegio Sannitico assume la denominazione di Convitto Nazionale “Mario Pagano”.15 Negli anni successivi all’Unità d’Italia, il patrimonio dell’ente si riprende e si consolida in maniera soddisfacente tanto che i presidi G. Valente e L. Lace, agli inizi degli anni ‘70, riprendono «con più ardore e con più vasto concetto il proposito di un nuovo fabbricato».16 L’iniziativa incontra fortunatamente il favore del ministro del Regno d’Italia Ruggiero Bonghi il quale, venendo a Campobasso alla fine del 187417 loda ed incoraggia l’amministrazione promettendo sovvenzioni ed aiuti per il nuovo progetto da erigere. Inoltre il Ministro consiglia l’architetto romano Giulio De Angelis «noto per geniale concezione d’edifizi educativi»,18 il quale accetta di buon grado l’incarico ricevuto. Dai disegni conservati presso l’Archivio del Convitto19 e dalla relazione tecnica si evince come l’architetto romano avesse concepito l’opera: un impianto planimetrico di forma trapezoidale articolato intorno a tre grandi cortili destinati ad attività ricreative ed immaginato con tre piani fuori terra. Il fabbricato doveva contenere dormitori per 150 convittori, 15) ACNMP, b. 6, f. 94. 16) A. Pistilli, op. cit., p. 9. 17) P. de Stefano, Il Regio Convitto Nazionale “M. Pagano” di Campobasso 1930-37, Campobasso, Arti grafiche Di Nunzio & Santorelli, 1937, p. 20. 18) A. Pistilli, op. cit., p. 9. 19) ACNMP, b. 22, f. 422. 230 Prospetto della facciata principale a firma dell’ing. Gandolfi (20 maggio 1895) - Archvio di Stato di Campobasso, Genio Civile II, b. 1319, f. 18 231 Pianta del primo piano del Liceo Convitto “M. Pagano”, progetto iniziale dell’arch. G. De Angelis (1876) - Archivio Convitto Nazionale “M. Pagano”, b. 23, f. 423 232 classi di scuola elementare, di ginnasio e di liceo, oltre ad aule destinate ai vari laboratori, una infermeria, una cappella, un refettorio e locali di servizio. Tale progetto, ben articolato, non viene accettato per un eccessivo onere economico e quindi il De Angelis deve riformulare un secondo progetto, più semplice, che viene approvato nel 1878.20 L’impianto planimetrico è strutturato in due grandi moduli quadrati che accostati assialmente formano uno spazio rettangolare (111x61 m) con al centro l’ingresso. Il primo modulo ruota intorno ad un grande cortile quadrato (1330 mq) delimitato da un porticato lungo il quale sono distribuite aule e laboratori; il secondo si snoda intorno a due cortili rettangolari (750 mq) più piccoli tra i quali trova posto il refettorio. Completano il piano terra: gli spazi di rappresentanza, gli uffici amministrativi, la biblioteca e l’alloggio del Rettore. Varcato l’ingresso, il De Angelis posiziona la scala che immette al piano superiore dove, oltre ai dormitori e ai locali di servizio annessi, troviamo un teatro, una cappella e le sale studio.21 L’esterno presenta un aspetto severo ed austero e il prospetto principale è costituito da un corpo mediano a tre piani e da due blocchi laterali, leggermente arretrati, a due piani. L’ingresso, posto al centro del corpo mediano,è delimitato da un grande arco a tutto sesto in pietra locale ed affiancato, su entrambi i lati, da tre grandi finestre con profilo ad arco ribassato. Al primo piano si contano sette grandi finestre, delineate da un arco 20) E. Zullo, Giulio De Angelis Architetto: progetto e tutela dei monumenti nell’Italia Umbertina, Roma, Cangemi 1995, p. 63. 21) ASCb, Genio Civile I, b. 16, f. 8,11. Sono presenti disegni, relazione tecnica del progetto approvato e successive modifiche. 233 a tutto sesto, che si ripetono al secondo piano in dimensioni ridotte e continuano lungo tutto il prospetto. Il motivo della finestra ad arco ribassato, al piano terra, e quello ad arco a tutto sesto del primo piano, sono gli elementi riconoscibili ed identificativi dei lati interni ed esterni dell’immobile; un’ampia zoccolatura in pietra e un paramento in bugnato ad intonaco, rendono uniforme sui quattro lati il piano terra, che è separato, da una semplice cornice marcapiano, dal primo piano; tale modanatura cinge le soglie in pietra delle finestre di tale livello e si ritrova posta sotto il cornicione, creando un effetto di chiaro-scuro con l’intonaco liscio sottostante. Tale ambizioso progetto inizia nel 1879 e «non potendosi distruggere in una sol volta il vecchio fabbricato»22 si ipotizza la realizzazione in due lotti: il primo interessa il lato nord-est del fabbricato, destinato ad aule e laboratori, e si completa nel 1883. Il secondo lotto, iniziato nel 1887, rispetta il progetto originario, ma il Bellini23 vi deve apportare piccole modifiche.24 Alla fine del 1899 la maggior parte dei lavori si è conclusa, compresa la trasformazione ad area verde del previsto piazzale antistante l’ingresso.25 Durante gli anni della “Grande guerra” lo stabile è requisito e trasformato in ospedale militare; nel maggio del 1919 viene restituito all’Amministrazione che ripristina la sua vecchia funzione.26 22) A. Pistilli, op. cit., p. 10. 23) Il Convitto affianca alla direzione dei lavori l’architetto campobassano Antonio Bellini dato che il De Angelis viveva a Roma. 24) ACNMP, b. 22, f. 423. Vengono inglobati piccoli edifici adiacenti al fine di completare l’opera. 25) Ivi, b. 22, f. 423. 26) Ivi, b. 31, f. 472, 475. 234 «Dettaglio del cancello, dei capisaldi, pilastrini e dello zoccolo» a firma dell’ing. Gandolfi (20 maggio 1895) - Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile II, b. 119, f. 18 Planimetria del pianterreno a firma dell’ing. Coppola (20 dicembre 1888) - Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile I, b. 16, f. 11 235 Planimetria della sistemazione del giardino a firma dell’ing. Gandolfi (20 maggio 1895) - Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile II, b. 1319, f. 18 236 Durante il ventennio fascista, il Convitto viene totalmente ristrutturato: sono eseguiti sia lavori di carattere tecnico, sia decorazioni ed abbellimenti dei vari ambienti interni e delle facciate. Infatti l’ex teatro viene trasformato in una moderna Aula magna arricchita da decorazioni parietali, da imponenti lampadari e da tele eseguite dal pittore Romeo Musa. Adiacente all’Aula magna troviamo la Cappella che viene affrescata dal pittore Amedeo Trivisonno.27 Inoltre, sono interessanti i lavori di sistemazione esterna del piazzale antistante l’ingresso che era rimasto da tempo incompiuto: la nuova sistemazione è costituita da una zoccolatura in pietra con sovrastante ringhiera in ferro battuto che cinge i tre lati del piazzale; tale perimetrazione segue l’andamento orografico delle strade e lungo via Mazzini è interrotta da un cancello in ferro lavorato, posto in asse con il portone di ingresso. Varcato l’infisso metallico, l’ampia scalinata a due rampe viene dotata di una consona ringhiera con balaustrini in pietra così come la rotonda antistante il corpo mediano dell’istituto; il giardino, in leggero dislivello, viene arricchito di piante e dotato di un impianto di illuminazione elettrica.28 I bombardamenti della seconda guerra mondiale provocano danni ingenti che vengono riparati dopo il 1944.29 Negli anni successivi i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria non modificano l’assetto originario. 27) Ivi, b. 31, f. 475, 480. 28) Ivi, b. 31, f. 477. 29) ASCb, Genio Civile I, b. 1321, f. 21. 237 238 239 240 Descrizione dello stato attuale Attualmente l’impianto della struttura architettonica del Convitto Nazionale “Mario Pagano” rispecchia l’impostazione del progetto del De Angelis. L’ingresso all’edificio avviene da un cancello in ferro, posto lungo corso Bucci, che immette in una strada interna parallela a via Mazzini; lungo tale percorso si possono leggere le iscrizioni poste sulla facciata30 e ammirare il giardino botanico. Tale spazio verde ruota intorno ad una rotonda contornata da due ampie scalinate a ventaglio che collegano lo spazio antistante l’ingresso con l’accesso pedonale su via Mazzini. All’interno del giardino ci sono aiuole, piccoli viali ed alberi maestosi come la Sequoia gigantea, la Sophora japonica e il Ginkgo biloba.31 Varcato il portone di ingresso si trova, sulla sinistra, la portineria e frontalmente una grande porta in legno e vetri, con profilo ad arco a tutto sesto, che immette nell’atrio. Tale ambiente, elemento di raccordo fra i vari corridoi, è caratterizzato da una notevole altezza, da una copertura a volte e da fasce marcapiano che arricchiscono e decorano le pareti; la sensazione che si percepisce è quella di trovarsi in un luogo imponente e nello stesso tempo di grande sobrietà decorativa che ben sin addice ad una istituzione educativa. Sul lato sinistro dell’atrio si apre il grande cortile di forma quadrata che è contornato da un porticato chiuso da ampie vetrate 30) Lapidi di pietra che ricordano matematici illustri: N. Trudi, A. Sannia, G. Pittarelli e E. D’Ovidio. 31) E. Di Iorio, Campobasso, Itinerari di storia e di arte, Campobasso, Arti Grafiche La Regione 1978, p. 146. 241 Scalone: «pianta al pian terreno; pianta al piano superiore; sezione A.B.C.» a firma dell’ing. Coppola (20 dicembre 1888) - Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile I, b. 16, f. 11 Scalone: «sezione DE; dettaglio; fascia ricorrente al 1° piano ed altro tipo di balaustra» firma dell’ing. Coppola (20 dicembre 1888) - Archivio di Stato di Campobasso, Genio Civile I, b. 16, f. 11 242 lignee in cui si ripete il motivo dell’arco a tutto sesto. La continuità di un percorso anulare è attualmente impedita poiché l’ala che si affaccia su via Veneto è occupata da uffici pubblici. La luce che pervade i corridoi crea effetti scenografici lungo le pareti che sono delineate da sobrie e lineari partizioni architettoniche ed accentua il ritmo cadenzato delle ampie volte a crociera. Lungo il corridoio mediano, in asse con l’ingresso, un varco immette nel refettorio, esempio mirabile di archeologia industriale pensata dall’architetto De Angelis: l’enorme ambiente è diviso in tre zone da una doppia fila di colonne di ghisa, con eleganti capitelli corinzi, che sorreggono un solaio in ferro.32 Ed è illuminato da finestre che richiamano il ricorrente motivo dell’arco a tutto sesto. Altro mirabile esempio di architettura di fine ‘800 è la copertura a padiglione della palestra con vetri e capriate metalliche. L’idea che si ha nel vedere tale luogo è quella di essere in un cortile esterno dato che le partizioni architettoniche a tutto sesto, le modanature circolari e le fasce marcapiano del primo livello richiamano l’aspetto delle facciate esterne; la luce, proveniente dall’alto, si diffonde in maniera uniforme creando suggestivi effetti cromatici. Una porta, in legno e vetri, separa l’atrio dal corridoio che conduce verso il Rettorato, la sala del consiglio e gli uffici amministrativi; lungo corso Bucci, l’ala posta ad ovest è utilizzata per spazi di servizio (infermeria, uffici, magazzini) ma conserva ancora le pavimentazioni di inizio Novecento che abbelliscono tali ambienti. Una grande ed imponente scalinata, posta in prossimità dell’atrio, porta al piano superiore dove si trovano i due ambienti più rappresentativi: l’Aula magna e la cappella. In tale piano sono 32) E. Zullo, Giulio De Angelis architetto, cit., p. 67. 243 «Sezione longitudinale, pianta e dettagli» delle colonne di ghisa del refettoio del Liceo Convitto “M. Pagano” 244 Il refettorio con le caratteristiche colonne di ghisa 245 La palestra con copertura a padiglione 246 ubicate, intorno al cortile, le aule scolastiche, le stanze dei convittori, le sale studio e vari laboratori. Il primo piano non presenta decorazioni lungo le pareti che risultano semplici. Da una piccola scala, collocata in prossimità dell’aula magna, è possibile accedere al terzo piano dove oltre all’alloggio del Rettore vi è anche la foresteria. Il Convitto conserva pregevoli opere artistiche che sono ubicate nel Rettorato, nell’Aula magna e nella cappella. Il Rettorato è ubicato al piano terra ed arricchito da mobili antichi, da un imponente lampadario in ferro battuto a decorazioni floreali e da due importanti quadri del pittore Marcello Scarano: I Pellegrini33 e La Raccolta del Grano.34 Il primo è una tela che inaugura un filone artistico, votato al sacro, che sarà ripreso dal pittore molisano; egli immagina una moltitudine di viandanti che, su una nuda terra, camminano verso un immaginario luogo sacro avendo come sfondo il montuoso paesaggio matesino. I colori usati sono realistici e l’azzurro del cielo fa da contrasto con i bruni della terra arsa e brulla. Il secondo quadro evidenzia un momento fondamentale della vita contadina dove donne e uomini svolgono lo stesso lavoro, ma con ruoli differenti; i singoli personaggi sono disposti lungo una ideale linea curva che partendo dalla destra si conclude sul carro di raccolta delle messi. Sullo sfondo è riconoscibile il castello Monforte di Campobasso. Il colore predominante è il giallo in tutte le sue sfumature, mentre le pennellate sono mosse e grasse.35 L’Aula magna preceduta da un foyer, è di forma rettangolare ed è illuminata da ampie vetrate con infissi ad andamento curvi33) Olio su tavola, 128x75 cm, (1935), il quadro è firmato sul retro. 34) Olio su cartone telato, 101x153 cm (1940). 35) Aa.Vv., Marcello Scarano, il canto della luce, Catalogo della mostra, Campobasso, Università degli Studi del Molise, 1995. 247 Il Rettorato con mobili antichi e un imponente lampadario in ferro battuto 248 Marcello Scarano, I Pellegrini, olio su tavola, 128x75 cm (1935) Marcello Scarano, La Raccolta del Grano, olio su cartone telato, 101x135 cm (1940) 249 lineo. Il soffitto piano e le pareti hanno dipinti fregi e modanature classiche molto in voga negli anni ‘30. Tre grandiosi lampadari in ottone, a motivi floreali, scandiscono lo spazio e sono collocati al centro delle suddette riquadrature artistiche. Le pareti sono arricchite da undici quadri ad olio del pittore Romeo Musa elaborati tra il 1928-3036 che rappresentano una analisi antropologica ed etnografica dell’intero Molise. I colori utilizzati, accesi e realistici, aumentano la veridicità delle immagini che spaziano dalle tradizioni popolari (Traglie di Jelsi e Corsa dei buoi), alla valorizzazione delle bellezze artistiche (Castello di Castropignano e Abbazia di San Vincenzo al Volturno), fino a concludersi nel lavoro dei contadini con la Trebbiatura del Grano37 collocata sulla parete di fondo della sala. La tela è uno spaccato di vita contadina e i due cavalli, in primo piano, accentuano la dinamicità dell’opera e del lavoro dell’uomo. Il campo di grano, con il suo intenso colore giallo, domina l’intera composizione mentre le case, le capanne e le strade sono relegate in un secondo piano dove spicca la collina Monforte. 36) Trebbiatura del Molise, olio su tela 500x280 cm (1928); Castello. Termoli 1217, olio su tela 150x230 cm (1929); Rovine Chiesa. Castropignano sec. XIV, olio su tela 150x230 cm (1929); Castello. Castropignano 1155, olio su tela 150x230 cm (1929); Corsa de’ Buoi. S. Martino in Pensilis, olio su tela 150x230 cm (1929); 1a Sagra del Matese. 30-VI-929, olio su tela 240x240 cm (1930); Le Traglie. Gambatesa, olio su tela 240x240 cm (1930); Castello. Carpinone sec. XI, olio su tela 150x230 cm (1929); Aratura. S. Maria della Strada sec. XIII, olio su tela 150x170 cm (1929); Abbazia. S. Vincenzo al Volturno, olio su tela 150x230 cm (1929); Neve. 12-IV-929 [Campobasso S. Antonio Abate], olio su tela 150x230 cm (1929). 37) D. Gentile Lorusso, La cultura artistica nell’Ottocento e nel primo Novecento, in Campobasso, capoluogo del Molise, vol. II, Funzione Urbana / Cultura, op. cit., pp. 310-311. 250 Romeo Musa, Trebbiatura del Molise olio su tela, 500x280 cm (1928) 251 252 Romeo Musa, Castello. Termoli 1217 olio su tela, 150x230 cm (1929) Romeo Musa, Rovine Chiesa. Castropignano sec. XIV olio su tela, 150x230 cm (1929) 253 254 Romeo Musa, Castello. Castropignano 1155 olio su tela, 150x230 cm (1929) Romeo Musa, Corsa de’ buoi. S. Martino in Pensilis olio su tela, 150x230 cm (1929) 255 256 Romeo Musa, 1a Sagra del Matese. 30-VI-929 olio su tela, 240x240 cm (1930) Romeo Musa, Le Traglie. Gambatesa olio su tela, 240x240 cm (1930) 257 258 Romeo Musa, Castello. Carpinone sec. XI olio su tela, 150x230 cm (1929) Romeo Musa, Aratura. S. Maria della Strada sec. XIII, olio su tela, 150x170 cm (1929) 259 260 Romeo Musa, Abbazia. S. Vincenzo al Volturno olio su tela, 150x230 cm (1929) Romeo Musa, Neve, 12-IV-929 [Campobasso, Sant’Antonio Abate], 261 olio su tela, 150x230 cm (1929) Alla realizzazione delle sue opere, Musa giungeva attraverso due bozzetti preparatori: il primo eseguito sul posto, di dimensioni ridotte (50x70 cm); il secondo fatto in studio di una dimensione intermedia rispetto alla realizzazione finale.38 Sulla parete opposta sono appese ulteriori tele: Cristoforo Colombo con figlio in colloquio con i Francescani da una riproduzione di Grimaldi ed Un cavaliere Crociato sempre di Musa. La Cappella è un ambiente quadrangolare che presenta sulla parete di fronte l’ingresso un pregevole altare di marmo, proveniente forse dal vecchio convento di San Francesco della Scarpa. È illuminata da due grandi finestre, vicine all’altare, ed ha il soffitto piano scandito da ampie riquadrature poligonali. Sulle pareti affreschi del pittore molisano Amedeo Trivisonno Adorazione dei Magi, Disputa con i Dottori e Crocifissione realizzati nel 1936.39 Essi ricalcano lo stile del Quattrocento e più precisamente la pittura del Beato Angelico anche se i colori del Trivisonno sono più scuri e poco luminosi rispetto a quelli del pittore fiorentino. L’Adorazione dei Magi40 (450x360 cm) è impostata secondo una assialità orizzontale interrotta al centro da una palma che divide in due l’affresco: a destra, i Re Magi prostrati verso il Divino offrono i loro doni; a sinistra, davanti l’ingresso di una grotta la Sacra Famiglia recepisce l’evento. L’opera, di grande equilibrio compositivo, è accentuata da colori caldi e pastosi che «allietano tutto il quadro rivestendo la scena di profonda letizia».41 38) R. Musa, pittore, xilografo, scrittore (1882-1960). Catalogo delle opere raccolte, conservate ed esposte nel Museo del Seminario Vescovile di Bedonia (Parma), Silva, 1996, pag. 20. 39) P. de Stefano, op. cit. , p. 45, 49. 40) 1936, affresco 750x360 cm. 41) P. de Stefano, op. cit., p. 47. 262 Romeo Musa, Cristoforo Colombo con figlio in colloquio con i Francescani 263 264 Romeo Musa, Un Cavaliere Crociato Nella Disputa coi Dottori nel tempio42 (720x360 cm) un’architettura classica delineata da archi a tutto sesto fa da sfondo alla figura di Gesù che incanta i dottori della Sinagoga che ascoltano rapiti; la Madonna partecipa all’evento, ma è posta in posizione defilata rispetto all’intera scena. Il colore predominante è il rosso rubino. La Crocifissione43 (750x360 cm) è stata creata per essere vista dal basso verso l’alto. Al centro vi è il Cristo sulla Croce che abbraccia idealmente, a sinistra, il Tempio e la torre Antonia e, a destra, il Sion e il castello di David allusivi del vecchio e del nuovo testamento. Il mondo pagano è rappresentato dal centurione romano e dal soldato Longino, mentre la nuova cristianità è sottolineata dal gruppo di personaggi con la figura della Madonna incredula della scena che assiste. Nella cappella sono anche conservate due grandi tele, date in deposito al Convitto dagli Uffizi di Firenze il 2 agosto 1897,44 l’una di Giuseppe Fabbrini, l’altra di Giandomenico Ferretti.45 Nell’opera del Fabbrini, Offerta alla Vergine della Fabbrica di San Firenze,46 spicca la figura di un uomo ben vestito che offre alla Vergine con il Bambin Gesù, posta sulle nuvole, un disegno architettonico della settecentesca chiesa di San Firenze. Altri personaggi, disposti secondo uno schema a spirale, offrono alla Madonna fiori colorati o pregano inginocchiati. I colori sono tipici della pittura fiorentina settecentesca. 42) 43) 44) 45) Affresco, 720x360 cm, 1936. Affresco, 750x360 cm, 1936. E. Di Iorio, Campobasso nel 1688, cit., p. 111. E. Borea, Due dipinti fiorentini del Settecento ritrovati a Campobasso, in «Bollettino d’arte», 1981, luglio-settembre, pp. 123-126. 46) Olio su tela, 190x300 cm. 265 266 Amedeo Trivisonno, Adorazione dei Magi, affresco, 750x360, 1936 267 Amedeo Trivisonno, Disputa con i Dottori, affresco, 720x360, 1936 Amedeo Trivisonno, Crocifissione, affresco, 750x360, 1936 268 Ne La Concezione47 del Ferretti la Madonna, in posizione eccentrica, è sorretta da due angeli e si porta le mani sul petto in senso di umiltà; altri personaggi riempiono la scena aumentando il senso di circolarità e dinamicità tipico delle opere di tale periodo artistico. I colori sono delicati e sobri anche se non mancano delle macchie di rossi e di bruni. Sull’altare è collocata una Natività,48 essa rappresenta la nascita di Gesù che appoggiato su un umile scranno viene adorato dalla Madonna e San Giuseppe raffigurati con le mani giunte; sopra di loro un coro di angeli festosi annuncia il lieto evento. La tela nella composizione e nei colori richiama l’impianto tipico delle opere settecentesche venete, infatti essa è stata data in deposito, nel 1897, dalla Galleria dell’Accademia di Venezia. 47) Olio su tela, 190x300 cm. 48) Olio su tela, 150x240 cm. 269 270 Giuseppe Fabbrini, Offerta alla Vergine della Fabbrica di San Firenze olio su tela 190x300 cm Giandomenico Ferretti, Concezione olio su tela 190x300 cm 271 Anonimo, Natività olio su tela 150x240 cm 272 Bibliografia ACNMP, b. 6, ff. 92, 93, 94. ACNMP, b. 8, ff. 126, 129. ACNMP, b. 9, f. 133. ACNMP, b. 10, ff. 138, 140, 221. ACNMP, b. 17, f. 327. ACNMP, b. 20, f. 407. ACNMP, b. 22, ff. 422, 423. ACNMP, b. 27, ff. 438, 440, 441, 451. ACNMP, b. 31, ff. 472, 474, 475, 477, 480. ACNMP, b. 86, f. 843. ACNMP, b. 334, f. 1892. ACNMP, b. 353, f. 2023. ACNMP, b. 359, f. 2099. ACNMP, b. 361, ff. 2137, 2139, 2140, 2150. ACNMP, b. 362, f. 2151, 2157, 2158. ACNMP, b. 365, f. 2193. ACNMP, b. 367, f. 2210. ACNMP, b. 369, b. 2260. 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Il Novantanove e le esperienze dei patrioti molisani. Il decennio francese. Il decreto istitutivo (1807) dei Collegi Reali nelle province del Regno di Napoli. La vendita dei beni ecclesiastici destinati al completamento della consolare sannitica Benevento-Campobasso. Difficoltà per costituire la dote per l’apertura del Collegio molisano. Vincenzo Cuoco e il suo progetto di riforma della Pubblica Istruzione. L’impegno dell’Intendente Biase Zurlo e del Consiglio Generale della Provincia. I tributi versati dai Comuni. Il lascito Santellis. Il Convento di San Francesco della Scarpa scelto come sede del Collegio. Il decreto del 1816. Inaugurazione e apertura 16 novembre 1817. ” ” 58 La comunità convittuale 58 Gli alunni 281 ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” 64 66 69 76 81 85 88 99 103 113 Uniformi e corredi La giornata dei convittori Dalla vittimazione all’alimentazione dietetica bilanciata La disciplina Gli educatori Il personale Le attività La scherma e il ballo La ginnastica e l’istruzione militare La Biblioteca e l’Archivio storico ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” ” 117 117 118 118 118 119 119 119 120 120 120 121 121 121 122 122 123 123 124 124 125 125 Studenti illustri Michelangelo Ziccardi Nicola Trudi Michelangelo di Tilla Achille Sannia Scipione di Blasio Enrico D’Ovidio Enrico Fazio Alfonso Perrella Giulio Pittarelli Niccolò Barrucco Galileo Berengario Amorosa Giuseppe Albino Luigi D’Amato Raffaello De Rensis Arturo Giovannitti Vincenzo Eduardo Gasdia Pietro Mancini Franco Ciampitti Michelangelo Masciotta Felice Del Vecchio Gaetano Scardocchia 282 ” 125 La sperimentazione del metodo Bell e Lancaster. La nascita in Provincia di nuovi istituti. I moti rivoluzionari del ‘21 e del ‘48. Ispezioni, censure e repressione nelle scuole. Gli intellettuali Oronzio Petitti e Michelangelo Ziccardi. Il Collegio diventa sede di corsi universitari. La visita di Ferdinando II di Borbone. Lo stato dell’istruzione in Provincia nell’analisi di Benedetto Cantalupo. Il progetto dell’architetto Bellini per l’ampliamento dell’ex monastero. Il Collegio viene affidato ai Padri Barnabiti (1854). Chiusura e riapertura. Elevato a Liceo con decreto del 1857. ” 143 La mancanza di fondi impedisce la costruzione del nuovo Convitto. La legge Casati. L’inaugurazione dei corsi del LiceoGinnasio (1861). Il Collegio assillato da problemi finanziari. Il rettore Vincenzo Gamberale e gli anni del positivismo. Polemiche e critiche per l’intitolazione del Convitto (1865) al lucano Mario Pagano. I progetti educativi postunitari. L’impegno dei rettori Lace e Valente. Posa della prima pietra del nuovo edificio (1879). Il progetto De Angelis. Le Feste Letterarie dei licei. Il nuovo Regolamento per i Convitti (1888). Il filosofo Giovanni Gentile docente nel “Mario Pagano”. Il terremoto del 1915. La prima guerra mondiale. Il convitto requisito per Ospedale Militare. I convittori caduti sui campi di battaglia. L’avvvento del fascismo e la riforma Gentile. ” 167 Gli annuari e le cronache scolastiche nel periodo della fa- scistizzazione. I Convitti fucina dell’educazione di regime. Le celebrazioni per il VI centenario della morte di Dante (1921) e per la commemorazione dei matematici campobassani Achille Sannia e Nicola Trudi (1922). Il Convitto contribuisce alla costruzione della Casa del Balilla e del Littorio. Le visite del Principe di Piemonte Umberto di Savoia (1934) e del Segretario generale del Partito Fascista Roberto Farinacci (1937). 283 Il Convitto centro propulsore delle manifestazioni cultura- li del regime. La “Carta della Scuola” di Bottai. La seconda La cronaca dei giorni di guerra nella relazione del rettore Raffaele Pastore. L’edificio centrato da due granate di artiglieria. Il difficile periodo della ricostruzione e l’impegno del rettore Carlo De Nisco. guerra mondiale. ” 192 Gli anni ‘60 e ‘70 e il declino dei Convitti. Il calo di iscrizioni al “Mario Pagano”. Gli anni ‘90: riparte la sfida. L’impegno del rettore Aldo Barletta. L’attivazione del liceo scientifico ad indirizzo europeistico. La dimensione europea dell’insegnamento. Lo studio delle lingue. I viaggi d’istruzione. Il Convitto centro di cultura, di aggiornamento e formazione professionale. Il nuovo ruolo degli educatori e dei docenti. I lavori di ammodernamento interno e il rifacimento delle facciate esterne. La visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (2002). ” 201 Rettori del Real Collegio Sannitico e del Convitto Nazionale “Mario Pagano” di Campobasso dal 1817 al 2009. Contributi ” 207 Il Convitto come ideale educativo alla prova dei secoli Simonetta Tassinari ” ” ” ” 284 209 215 217 219 La tradizione Fin de siècle e Novecento L’“Emergenza educativa” e le attuali problematiche Approdo, e non isola. Uno sviluppo armonico, un orizzonte più vasto e le nuove sfide. ” 223 Storia architettura e arte nel Convitto “Mario Pagano” Oreste Boffa ” 241 Descrizione dello stato attuale ” 273 Bibliografia 285 Questo libro è composto in Times New Roman; stampato su Arcoprint edizioni da 100g/mq delle Cartiere Fedrigoni; le segnature sono piegate a sedicesimo (formato rifilato 15x21 cm) con legatura in cartonato rivestito in Imitlin rosso 120g/mq delle Cartiere Fedrigoni con caratteri impressi in oro a caldo. 286 287 Finito di stampare nel mese di maggio 2009 presso la Tipolitografia Fotolampo srl - 86100 Campobasso Tel. 0874.65276 [262/09ai] 288