Stefania Limiti
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Stefania Limiti
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Buona lettura, Lorenzo Fazio Direttore editoriale Chiarelettere © 2013 Chiarelettere editore srl © 2013 Chiarelettere editore srl principio attivo Inchieste e reportage © 2013 Chiarelettere editore srl Ali Ağca, Michele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Franco Arminio, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Eugenio Benetazzo, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Tito Boeri, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Dario Bressanini, Carla Buzza, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Gianroberto Casaleggio, Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Giuseppe Catozzella, Giulio Cavalli, Mario José Cereghino, Massimo Cirri, Marco Cobianchi, don Virginio Colmegna, Fernando Coratelli, Alex Corlazzoli, Carlo Cornaglia, Roberto Corradi, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona, Gabriele D’Autilia, Andrea De Benedetti, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Stefano Disegni, Gianni Dragoni, Paolo Ermani, Duccio Facchini, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Dario Fo, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni, Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Valentina Furlanetto, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi, don Andrea Gallo, Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi, Claudio Gatti, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi, Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Stéphane Hessel, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Roberto Ippolito, Karenfilm, Alexander Langer, Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Ignazio Marino, Antonella Mascali, Antonio Massari, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Davide Milosa, Alain Minc, Fabio Mini, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Edgar Morin, Anna Maria Morsucci, Loretta Napoleoni, Natangelo, Alberto Nerazzini, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Max Otte, Massimo Ottolenghi, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, Arturo Paoli, Antonio Pascale, Walter Passerini, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Ferruccio Pinotti, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Ermete Realacci, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Iolanda Romano, Vasco Rossi, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, #salvaiciclisti, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Michele Sasso, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Gene Sharp, Filippo Solibello, Giovanni Spinosa, Riccardo Staglianò, Franco Stefanoni, Luca Steffenoni, theHand, Bruno Tinti, Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Gianfrancesco Turano, Elena Valdini, Vauro, Concetto Vecchio, Gianluca Versace, Giovanni Viafora, Francesco Vignarca, Anna Vinci, Carlo Zanda, Carlotta Zavattiero, Luigi Zoja. Autori e amici di chiarelettere © 2013 Chiarelettere editore srl Sommario iii “La funzione storica di Cosa nostra è stata quella di costituire un corpo di polizia delle strutture parallele.” Domenico Sica, ex alto commissario per la lotta alla mafia. pretesto 1 f pagina 14 © 2013 Chiarelettere editore srl iv Doppio livello “La strage di Capaci è al 90 per cento di mafia, il resto lo hanno messo altri. Per quella di via D’Amelio siamo 50 e 50 e per le stragi sul continente la percentuale mafiosa scende vertiginosamente.” Luca Cianferoni, avvocato di Totò Riina, conversazione con l’autrice, 2010. “La P2 è un prodotto di importazione americana.” Francesco Cossiga. pretesto 2 f pagine 408-409, 206 © 2013 Chiarelettere editore srl Sommario v “Non penserà mica che fu opera soltanto di quattro mafiosi?... Mi creda, quei poveri scemi piazzati nella casetta sopra la curva dell’autostrada credono davvero di aver compiuto un attentato con tutti i crismi della professionalità… non si sono accorti che altri, ben più all’altezza di tali situazioni, hanno fatto tutto con grande capacità, lasciando a loro solo l’effimera illusione di essere veri criminali...” Testimonianza all’autrice di un ex gladiatore siciliano. “Il nostro paese ha subito una forma molto aggressiva di ‘consociativismo occulto di destra’ perché gli apparati dello Stato hanno lavorato a stretto contatto con gli uomini del neofascismo.” pretesto 3 f pagine 406, 414, 73 © 2013 Chiarelettere editore srl vi Doppio livello LA RETE ATLANTICA, OVVERO LA STORIA ITALIANA MANOVRATA DAI SERVIZI SEGRETI INTERNAZIONALI “Dagli anni Sessanta in poi, ufficiali delle basi Nato italiane hanno coltivato rapporti con elementi di Ordine nuovo. Questi signori… sono diventati coprotagonisti dello stragismo, verosimilmente manovrati anche dai nostri servizi militari.” Giudice Carlo Mastelloni, 1998. “L’area veneta è stata il cuore della Rete atlantica in Italia. Lì si concentravano le materie prime essenziali: strutture e organismi militari Usa e Nato e tanta manovalanza nera disponibile a collaborare.” pretesto 4 f pagina 35 © 2013 Chiarelettere editore srl vii “Il governo degli Usa ha mandato soldi alla P2. La somma toccò anche la cifra di dieci milioni di dollari al mese. La Cia si era servita della loggia di Gelli per creare situazioni favorevoli all’esplodere del terrorismo in Italia.” Testimonianza dell’agente Cia Richard Brenneke, agosto 1990. pretesto 5 f pagina 220 © 2013 Chiarelettere editore srl © Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: via Melzi d’Eril, 44 - Milano isbn 978-88-6190-412-5 Prima edizione: aprile 2013 www.chiarelettere.it blog / interviste / libri in uscita © 2013 Chiarelettere editore srl Stefania Limiti Doppio livello chiarelettere © 2013 Chiarelettere editore srl Stefania Limiti è nata a Roma ed è laureata in Scienze politiche. Giornalista professionista, ha collaborato con varie testate, in particolare con il settimanale «Gente», su temi di attualità e di politica internazionale. Inoltre ha lavorato per «l’Espresso», «Left», «La Rinascita della Sinistra» e «Aprile». Si è dedicata negli ultimi due anni alla ricostruzione di pezzi ancora oscuri della nostra storia attraverso la lettura delle sentenze giudiziarie e interviste ai protagonisti: il risultato di questo lavoro giornalistico viene presentato nelle pagine seguenti. Segue con molta attenzione la questione palestinese e ha scritto I fantasmi di Sharon (Sinnos 2002), nel quale ricostruisce la strage nei campi profughi di Sabra e Shatila e le responsabilità libanesi e israeliane, e «Mi hanno rapito a Roma» (Edizioni L’Unità 2006) sulla vicenda del sequestro da parte del Mossad di Mordechai Vanunu, che mise l’Italia sotto i riflettori del mondo intero nel 1986. Inoltre ha realizzato un’inchiesta sul dossier di Bob Kennedy sull’assassinio del presidente degli Stati Uniti dal titolo Il complotto. La controinchiesta segreta dei Kennedy sull’omicidio di Jfk (Nutrimenti, 2012). Con Chiarelettere ha pubblicato L’Anello della Repubblica (2009), più volte ristampato. © 2013 Chiarelettere editore srl Sommario doppio livello Introduzione7 False bandiere e tecniche di destabilizzazione 11 L’operazione Nisva e la Rete di agenti atlantici 29 Ordine nuovo: un servizio segreto clandestino 73 L’altra Gladio e la guerra tra la folla 135 Oltre la P2 203 L’agenzia del crimine 277 L’uomo del doppio livello 327 False bandiere a Capaci 405 Indice dei nomi 461 © 2013 Chiarelettere editore srl © 2013 Chiarelettere editore srl doppio livello © 2013 Chiarelettere editore srl Ringrazio le tante persone che nel corso di questo lavoro mi hanno sostenuta con i loro consigli e incoraggiamenti. © 2013 Chiarelettere editore srl A papà, Foffo e Iaio, che mi mancano tanto © 2013 Chiarelettere editore srl © 2013 Chiarelettere editore srl Si può sospettare che esista una segreta carta costituzionale che al primo articolo reciti: la sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini. Di tutti i cittadini, in effetti: anche di quelli che, spargendo insicurezza, si credono sicuri... Leonardo Sciascia Se è vero che da verità nasce verità, vi è sempre un filo di speranza. Gianfranco Donadio, procuratore aggiunto Dna © 2013 Chiarelettere editore srl © 2013 Chiarelettere editore srl Introduzione Alcune persone sanno chi sono i mandanti delle stragi e dei delitti politici che hanno segnato la storia del nostro paese. Non possono o non vogliono parlare, ma sanno tutto, questo è certo. C’è chi ha usato questa conoscenza come arma per ottenere potere e chi ha scelto di usarla per garantirsi l’immunità: sempre di ricatto si tratta. Nessuno di loro parlerà, ormai è chiaro. La coscienza collettiva, invece, si interroga da sempre, guardandosi indietro per cercare la verità, molto spesso senza trovarla. Mentre scriviamo, la Procura di Milano sta decidendo cosa fare di quattro nuovi filoni d’inchiesta sulla strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) – non importa qui l’esito di quella decisione ma il fatto che le indagini non si siano mai fermate – e la Procura di Firenze ha da poco ordinato l’arresto del pescatore che ha fornito una parte dell’esplosivo per la strage di Capaci (23 maggio 1992): in entrambi i casi, una ricerca lunga, infinita. Un percorso interminabile dal quale è emerso che gli architetti delle stragi hanno goduto sempre di un’estesa impunità e sono rimasti senza volto. Tutto questo è stato possibile perché nelle stragi e nei delitti politici è esistito un doppio livello. Affinché questo si attivi, occorre l’incrocio di interessi, aspirazioni e progetti tra chi realizza il crimine e i concorrenti esterni (che soggetti di natura anche totalmente differente si siedano, cioè, intorno a un ideale tavolo di pianificazione per portare avanti un obiettivo paral- © 2013 Chiarelettere editore srl 8 Doppio livello lelo) oppure che l’esecutore dell’azione stragista sia indotto a ritenersi l’artefice di un processo, si illuda di essere il dominus di un’operazione in realtà ideata da altri. Non basta perciò la più semplice distinzione tra mandanti ed esecutori, valida nella grande maggioranza dei fenomeni criminali. Questo libro vuole entrare nel doppio livello della destabilizzazione, che è poi il filo invisibile che lega la storia della nostra repubblica, dalla sua nascita fino alle stragi mafiose, tentando di capire come sia stato possibile realizzare una così grande operazione di camuffamento e deviazione della verità. Nel ripercorrere le vicende politico-criminali che hanno tormentato il nostro paese, si può cogliere l’ombra di qualcuno che ha lavorato con meticolosità per scompaginare tutto il quadro e impedire la comprensione di fenomeni terroristici trasformati in trame intricate e incomprensibili, inafferrabili nelle aule giudiziarie. Non occorre andare troppo indietro negli anni. Basta pensare all’incredibile depistaggio messo in atto dopo l’omicidio del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta nel luglio 1992: è stato mandato in galera un delinquente estraneo alla strage ma, nel frattempo, quale verità doveva essere protetta? L’Italia è stata così trasformata nel paese dei misteri, dei segreti condivisi solo da alcuni. Qualcuno sostiene che anche l’assenza di un’unica procura nazionale che si occupi dei fenomeni terroristici e mafiosi non sia casuale, ma frutto di quell’opera di scomposizione dell’intero quadro eversivo. Se proviamo a ricomporre pazientemente alcune storie, avremo una rappresentazione nuova di vicende anche note. Ad esempio Gladio: quando fu rivelata da Giulio Andreotti la sua esistenza, molti dissero che stavamo per penetrare nei segreti d’Italia. Una persona esperta e acuta, il giudice Giovanni Tamburino, fece osservare che in realtà il prodotto di quella novità era «un effetto abbagliamento. Come un lampo di magnesio in una notte senza stelle. La rivelazione di Gladio ha obbligato a ragionare di questa struttura a partire dagli elementi che sono stati forniti. Il metodo va invece ribaltato: bisogna partire dagli elementi © 2013 Chiarelettere editore srl Introduzione 9 di cui si dispone per definire la struttura».1 Perché in questo modo si scoprono aspetti nuovi di una realtà che si pensava di conoscere bene. Si pensi alle terribili stragi di mafia dei primi anni Novanta: sono state eseguite da Cosa nostra ma, quando sulla scena del crimine compare una donna, bisogna allargare il punto d’osservazione. Il mistero della presenza di una bionda nei commando che colpirono in via dei Georgofili a Firenze e in via Palestro a Milano2 scompagina l’ipotesi che quelle fossero azioni di puro terrorismo mafioso: non c’è dubbio che il ruolo femminile non si concili con la classica azione mafiosa e che, anzi, confermi le ormai sempre più consistenti intuizioni sui «concorrenti esterni». Proprio come racconta in questo libro un ex appartenente alla Gladio siciliana: «Non crederà mica che la strage di Capaci fu opera soltanto di quattro mafiosi?» mi disse durante un nostro incontro. In effetti, strani oggetti distrattamente lasciati sul luogo della strage, e molti altri indizi, autorizzano a ricostruire la dinamica dell’operazione, facendo entrare in scena altre presenze, impegnate a garantire la riuscita di un «grande botto». Quando si studia la destabilizzazione si scopre che niente è come sembra e che le operazioni che la realizzano sono sempre camuffate. Occorre scomporre ogni volta il quadro e poi ricomporlo, mettendo insieme pezzi apparentemente slegati. Questo lavoro prova a farlo tornando a raccontare alcune vicende note solo per cercare verità ancora sconosciute. Sul sito www.chiarelettere.it è disponibile un’appendice con materiale di approfondimento. «La Repubblica», 15 aprile 1995. Sul ruolo di una donna in queste due circostanze stragiste ha insistito l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso nella sua ultima audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia (22 ottobre 2012). Si veda «La Stampa», 23 ottobre 2012. 1 2 © 2013 Chiarelettere editore srl © 2013 Chiarelettere editore srl False bandiere e tecniche di destabilizzazione È necessario sapere che cosa occorra osservare. Il nostro giocatore non si pone limiti; l’oggetto è il gioco ma non per questo trascura di trar deduzioni da ciò che è estraneo al gioco. Edgar Allan Poe Nel 1988 un uomo molto importante all’interno delle istituzioni, Vincenzo Parisi, si espresse con parole chiare e non usuali nella sua veste di capo della polizia circa gli scopi perseguiti da chi voleva le stragi. Parlò di mandanti «schermati da cortine protettive» che impedivano «di risalire lungo la strada delle attribuzioni degli incarichi dall’uomo di paglia al cervello dell’organizzazione». Per poi affermare: La scelta destabilizzante delle stragi appare quindi collocabile nell’ambito di quel carattere di «guerra surrogata» assunto (per molteplici aspetti) dal terrorismo. Le stragi possono, quindi, essere inquadrate in una pianificazione, di ampio rilievo strategico, che tenta, per un verso, di ostacolare i paesi colpiti nella loro opera di progettazione ed elaborazione degli interventi socio-politicoeconomici necessari al progresso sociale e, per l’altro, di influire su equilibri politici, economici e militari di livello internazionale. All’Italia spetta il triste primato di essere il paese, a democrazia avanzata, con il più alto numero di vittime provocate dallo stragismo. Gli attentati di tipo stragistico perpetrati nel corso degli ultimi decenni si proponevano, quindi, di incrinare la compattezza © 2013 Chiarelettere editore srl 12 Doppio livello delle istituzioni e soprattutto di creare tensione, panico e confusione all’interno della società, con il massacro indiscriminato. Si tende con l’atto criminoso a frammentare il sistema di sicurezza e l’ordine statuale, sollecitando divisioni e contrasti all’interno dello schieramento democratico. Ripeto quanto ho già avuto modo di affermare: lo «stragismo» strumento malvagio, volto a intaccare e incrinare il sistema politico, può, di conseguenza, diventare esso stesso strumento politico (non qualificato in forma democratica, ma qualificantesi con interventi impropri ed esiziali).1 A ben riflettere sembra proprio che queste parole traducano in termini moderni il suggerimento che Voltaire aveva affidato al suo Candido (1759): «In questo paese è bene ammazzare di tanto in tanto un ammiraglio, per dare coraggio agli altri». Prima di Parisi, il concetto di «guerra surrogata» era stato elaborato in forme diverse da un saggista di formazione anarchica, Gianfranco Sanguinetti, il quale si diceva convinto, già a metà degli anni Settanta, dell’ampia manipolazione dei fenomeni eversivi, poi emersa in parte negli anni successivi. Sanguinetti parlò di «terrorismo artificiale», creato ad arte, pianificato con scopi diversi da quelli che poi gli vengono attribuiti. A suo dire, il terrorismo artificiale aveva uno scopo preciso, «quello di far credere a tutta la popolazione, insofferente o in lotta con lo Stato, di avere almeno un nemico in comune con questo Stato, dal quale nemico lo Stato la difende a condizione di non essere più messo in questione da nessuno. La popolazione deve così convenire che almeno in questo ha bisogno dello Stato, al quale deve però delegare i più ampi poteri perché possa affrontare con vigore l’arduo compito della comune difesa da un nemico oscuro, misterioso, perfido, spietato e, in una parola, chimerico».2 Audizione in Commissione stragi del capo della polizia Vincenzo Parisi, 6 dicembre 1988. 2 Gianfranco Sanguinetti, Del terrorismo e dello Stato: la teoria e la pratica del terrorismo per la prima volta divulgate, Edigraf, Milano 1979, p. 32. 1 © 2013 Chiarelettere editore srl False bandiere e tecniche di destabilizzazione 13 Gli atti di terrorismo, dalle azioni meno cruente, quelle che creano panico nelle strade, apparenti «provocazioni» di criminali comuni se non di squilibrati, fino alle stragi, dove una mano oscura semina morte, condividono sempre lo stesso scopo, quello di immobilizzare le energie di un paese. Questo riguarda fenomeni apparentemente distanti e diversi. Le storie che raccontiamo in questo lavoro sembrano slegate. In realtà, tra loro esiste un inesorabile punto di contatto: hanno tutte un retroscena invisibile e inesplorato, spesso noto ma non ricomposto a sufficienza per poter vedere il doppio livello della destabilizzazione, cioè quello che ha consentito l’impunità dei mandanti, se non degli stessi esecutori. Dobbiamo chiederci se davvero gli attentati ai treni che annunciarono la strage di piazza Fontana non abbiano lo stesso «calco» delle sette stragi «mafiose» che in undici mesi hanno terrorizzato le strade di questo paese dal 14 maggio 1993 al 14 aprile 1994; perché il 5 gennaio 1992 è stata tentata una strage sulla tratta ferroviaria Brindisi-Lecce, evitata solo perché il convoglio viaggiava con due minuti di ritardo;3 e perché la fantomatica Falange armata rivendicò quel gesto. E poi: la P2 è stata solo una potente Era il treno Espresso 388 diretto a Zurigo via Milano, in transito alla stazione di Surbo, a pochi chilometri da Lecce. Sul convoglio viaggiavano 1200 persone: l’ordigno scoppiò sotto un ponte stradale prima che arrivasse il treno, partito da Lecce intorno alle 21: le conseguenze dello scoppio sarebbero state devastanti. Il fallito attentato segnò il punto più acuto di episodi criminosi avvenuti nei mesi precedenti contro la Questura e il Palazzo di giustizia di Lecce e altri obiettivi di cui parlò un pentito dell’organizzazione mafiosa Nuova sacra corona unita, Cosimo Cirfeta, di 28 anni, braccio destro di uno dei capi dell’organizzazione, Gianni De Tommasi. Cirfeta riferì ai magistrati sul modo in cui era organizzata la Nscu, parlando poi della sua dissoluzione e di una nuova associazione, la Rosa dei venti, che sarebbe stata creata dalle ceneri della Nscu. Rosa dei venti, come è noto, era la denominazione del gruppo paramilitare legato alla Nato svelato nel 1973 dal giudice Giovanni Tamburino. Si veda Ansa, 25 febbraio 1993. 3 © 2013 Chiarelettere editore srl 14 Doppio livello associazione segreta con un leader scaltro e capace, oppure Licio Gelli aveva solo un potere «delegato»? E chi glielo aveva conferito? Fu solo un caso che pochi giorni prima della tragedia del Rapido 904 (23 dicembre 1984, Grande Galleria dell’Appennino, all’altezza di Vernio) si svolse proprio in Toscana l’operazione Mangusta 84/2, un’esercitazione di guerriglia e controllo del territorio alla quale presero parte i reparti scelti di Gladio, tra i quali anche uomini del Centro Scorpione di Trapani?4 E ancora: se le stragi «mafiose» del ’92 sono la continuazione di una strategia della tensione che «non ha mai abbandonato l’Italia»,5 come ha ammesso l’ex capo della Procura nazionale antimafia, Pietro Grasso, chi le ha ideate e pianificate? Se la funzione storica di Cosa nostra, secondo Domenico Sica, ex alto commissario per la lotta alla mafia, è stata quella di costituire «un corpo di polizia delle strutture parallele»,6 perché si è sempre parlato di terrorismo mafioso come di un fatto tutto interno alla logica rivendicativa o preventiva della Cupola siciliana? A questo punto è possibile che qualche lettore, nonostante il Candido di Voltaire, pretenda di appellarsi alla ragione e voglia affrettarsi a chiudere il discorso perché gli ripugna qualsiasi forma di «occultismo politico».7 La storia è fatta dai grandi movimenti ideali, religiosi e politici, a cosa serve – già sentiamo il commento – cercare l’intrigo di una combriccola clandestina? Nella sua recensione a un libro sull’assassinio di John Kennedy, il giornalista Gianni Riotta, oggi amministratore delegato della Fondazione Memoriale Caduti per la Pace,8 scrive: «Non ci sono né complotti né innocenti, solo il sordo, feroce dipanarsi della «L’Unità», 24 febbraio 1992. Conferenza stampa alla Procura di Caltanissetta. Ansa, 8 marzo 2012. 6 Conversazione con l’autrice, gennaio 2012. 7 Gianni Riotta, È il complotto, bellezza!, «La Stampa», 9 febbraio 2012, recensione a James Hepburn, Il complotto, la controinchiesta segreta dei Kennedy sull’omicidio di Jfk, Nutrimenti, Roma 2012. 8 Ansa, 21 febbraio 2012. 4 5 © 2013 Chiarelettere editore srl False bandiere e tecniche di destabilizzazione 15 guerra fredda dove l’aggettivo non deve nascondere il sostantivo. E in ogni guerra guardare al palese avvicina alla verità più che non sprofondare, con intenzioni magari generose, nel “non a caso” dell’occultismo politico...».9 In effetti, sarebbe molto bello poter sollevare un velo per scoprire cosa c’è sotto ognuno di questi segreti. Solo che, per definizione, gli avvenimenti che compongono la trama di una strategia terrorista vengono pensati, pianificati e realizzati insieme a tutti gli elementi depistanti, in modo che sia assicurata la «deviazione» della verità. Un protagonista della vita politica italiana, sempre ben informato, Rino Formica,10 ha proposto una efficace sintesi dei «misteri» della repubblica: «C’è un metodo assai collaudato quando vengono consumate stragi e delitti: immediatamente si alimenta quella che è una giusta esigenza, sapere la verità, indicando mille possibili verità. Poi inizia il depistaggio scientifico. E così si guadagna il primo tempo, prezioso, che serve a eliminare le impronte digitali. Poi si guadagna altro tempo, con l’aiuto di un’opinione pubblica nauseata dal bombardamento di verità contraddittorie. E in questa fase vengono soppresse le prove e qualche volta, è successo, i testimoni. Poi, dopo un certo numero di anni, la questione si ripropone perché qualcuno pensa di poter offrire una verità accettabile. Ma nel frattempo sono state fatte sparire le tracce e ci si avvita nuovamente. Il caso emblematico è piazza Fontana: dopo aver indicato piste di ogni colore, la Corte d’appello di Bari [dove fu spostato il processo nell’agosto dell’85, ndr] ha assolto tutti. L’unica cosa che non hanno potuto cancellare è la strage».11 Naturalmente, le macchinazioni non fanno la storia ma esistono, soprattutto nelle società dove i poteri occulti hanno assunto G. Riotta, È il complotto, bellezza!, cit. Esponente del Partito socialista, entrato in parlamento nel 1979, capogruppo socialista alla Camera, poi ministro dei Trasporti, del Commercio con l’estero e anche delle Finanze e Lavoro. 11 «Epoca», 27 novembre 1988. 9 10 © 2013 Chiarelettere editore srl 16 Doppio livello un’importanza via via crescente. Lo storico Angelo Ventura descrive i requisiti essenziali del concetto di poteri occulti, per non «cadere nel paradosso e dilatar[n]e il concetto sino a privarlo di significato reale e quindi di efficacia»12 e individua i seguenti caratteri costituenti: «Il segreto, che copre in tutto o in parte i membri, le azioni e talvolta gli stessi fini e addirittura l’esistenza dell’organizzazione; la funzione di contropotere, in quanto perseguono autonomamente fini propri di potere, diversi o contrari rispetto al potere legittimo; il carattere illegale delle attività e, per lo più, della stessa esistenza dell’organizzazione occulta». Dopo la definizione, lo storico identifica i principali poteri occulti operanti nel nostro paese almeno nell’ultimo ventennio, poteri attivi in una dimensione internazionale e caratterizzati da un complesso intreccio di rapporti: i servizi segreti nazionali, o settori di questi servizi, nella misura in cui assumono il carattere di corpi separati sottratti al controllo del governo politico, e quelli stranieri che operano nel nostro territorio con metodi illegali e senza l’autorizzazione del governo italiano; le organizzazioni eversive clandestine, rosse e nere; la loggia massonica P2 e le altre logge segrete; la grande criminalità organizzata, definita anche «strutturata». Sono i soggetti che incontreremo nel nostro racconto, quelli che hanno potuto giocare la loro partita anche in autonomia, partecipando a una guerra sotterranea che ha trovato il suo luogo più naturale nel paese chiave del Mediterraneo, «ventre molle» dell’Alleanza atlantica. Al grande gioco della destabilizzazione partecipano diversi soggetti che usano strumenti variegati. Non si tratta di evocare l’esistenza di una Spectre, cioè di una mente diabolica che stabilisce il piano e lo fa attuare. Non è così. Ma la cospirazione esiste, come dicevamo, e si attua con i modi e i tempi dettati dalle contingenze: non sempre riesce. La maggior parte delle volte è invisibile, tanto che non è quasi mai possibile stabilire in un Angelo Ventura, Per una storia del terrorismo italiano, Donzelli, Roma 2010, p. 140. 12 © 2013 Chiarelettere editore srl False bandiere e tecniche di destabilizzazione 17 processo chi l’ha ordita, spesso neanche chi l’ha messa in pratica. Spesso si realizza attraverso agenti di influenza che non usano la coercizione, ma il convincimento e la persuasione ideologica. Non sono spie né informatori, ma persone in grado di orientare le scelte di un governo attraverso i propri rapporti o la propria posizione professionale, spesso raggiunta appositamente per la missione che si propongono e ottenuta per intercessione di qualche potente. Un’efficacissima definizione di agente di influenza è stata data da Francesco Cossiga nel suo Abecedario,13 sintetico manuale di intelligence di ampia divulgazione. Innanzitutto, il lavoro dell’agente di influenza viene classificato sotto la categoria «attività offensive». Tra queste vengono poi distinte quelle ordinarie, volte ad «aggredire» il paese di interesse, carpendone i segreti (spionaggio) o influenzandone il processo decisionale (ingerenza e influenza). Tra le attività non ordinarie rientrano quelle finalizzate al danneggiamento di infrastrutture militari o scientifiche (sabotaggio) o a promuovere la guerriglia contro il regime vigente. L’agente di influenza ha un ruolo attivo e un’ampia potenzialità operativa, perché non deve nascondersi ed è molto difficile che venga scoperto. Licio Gelli è stato per decenni uno dei più importanti agenti di influenza che hanno operato nel nostro paese.14 Ad esempio, per pura finzione, si pensi al caso di un paese in guerra, mercato appetibile per i mercanti di armi: sempre per ipotesi, mettiamo si tratti della Somalia. Per garantire un lungo Francesco Cossiga, I servizi e le attività di informazione e di controinformazione. Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002. 14 Esiste un’infinita varietà di operazioni camuffate, perché tante sono le modalità attraverso cui influenzare la vita di un paese, spesso anche molto sofisticate. Dietro un fenomeno apparentemente criminale come il riciclaggio di soldi possono mimetizzarsi personaggi che si muovono non solo per fare soldi. Per approfondimenti, si veda l’appendice disponibile sul sito www.chiarelettere.it. 13 © 2013 Chiarelettere editore srl 18 Doppio livello conflitto, occorre creare un canale per il traffico illecito. A tal fine, un paese terzo, mettiamo sia l’Italia, viene convinto a realizzare una missione umanitaria nel luogo dove occorre far affluire la micidiale merce che verrà così spedita insieme a medicinali o alimenti. Magari il ministro che si dà da fare per far approvare dal parlamento quella missione non è neanche consapevole degli scenari che sono dietro quella decisione. Le operazioni sotto falsa bandiera La strategia della destabilizzazione è figlia di un lungo percorso. Daniele Ganser, storico presso l’Università di Basilea, ha dimostrato che gli Stati Uniti, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, hanno realizzato in Europa, grazie a un meticoloso controllo del territorio, reti clandestine e armate che poterono operare indisturbate almeno fino alla fine della guerra fredda perché trattati e accordi intercorsi dal dopoguerra in avanti con i rispettivi Stati nazionali lo consentivano. Il funzionario della Cia in pensione Thomas Polgar, dopo la scoperta degli eserciti segreti in Europa occidentale, confidò a Ganser che essi erano stati coordinati da «“una sorta di gruppo di pianificazione di guerra non convenzionale” legato alla Nato. Anche la stampa tedesca lo confermò, parlando di un dipartimento riservato della Nato rimasto per tutta la durata della guerra fredda sotto il dominio statunitense. “Le missioni degli eserciti occulti vengono coordinate dalla ‘sezione Forze speciali’ in un dipartimento di massima sicurezza del quartiere generale Nato a Casteau” riportava la stampa tedesca. “Una grigia porta d’acciaio che si apre come il caveau di una banca soltanto mediante una particolare combinazione numerica impedisce l’accesso ai non autorizzati”».15 Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della Nato. Operazione Gladio e terrorismo in Europa Occidentale, Fazi, Roma 2005. 15 © 2013 Chiarelettere editore srl False bandiere e tecniche di destabilizzazione 19 Forse non sapremo mai quanti organismi clandestini e illegali siano nati per gemmazione dagli eserciti segreti. Sappiamo però che in Italia la dottrina della guerra non convenzionale, o guerra non ortodossa, ha allevato alti ufficiali, agenti dei servizi segreti e quadri del neofascismo, e che uno dei principali veicoli di insegnamento e diffusione delle tecniche della guerra non convenzionale è stato un organismo di nome Aginter Press, camuffato sotto l’apparente attività di un’agenzia di stampa fondata a Lisbona nel settembre del 1966. L’Aginter Press, che in realtà era una dépendance dei servizi segreti occidentali, è stata portatrice di un patrimonio di conoscenze enorme, tramandato negli anni. Basti pensare che nel 1978 in casa del militante di Ordine nuovo Gianluigi Napoli furono trovati due opuscoli dal titolo Norme generali e Il foglio d’ordine, datati marzo e maggio 1978. Gli erano stati consegnati dal camerata Gianni Melioli e contenevano principi e metodi ai quali dovevano attenersi i «soldati politici» dell’organizzazione neofascista fondata da Pino Rauti. I due opuscoli erano praticamente una fotocopia del manuale pratico rinvenuto presso la sede dell’Aginter Press: il legame è sostanzialmente certo, hanno detto gli investigatori. L’Aginter Press fu punto di collegamento tra gli organismi Stay Behind e la galassia dei gruppi neonazisti e neofascisti in Europa e operò come un vero e proprio servizio segreto parallelo alle dipendenze della Cia e delle strutture dell’Alleanza atlantica, insegnando a praticare la strategia della tensione attraverso l’infiltrazione e l’intossicazione dei movimenti e le tecniche con cui attribuire la responsabilità degli attentati a persone o a organizzazioni estranee. Negli anni successivi a quelli dell’attività dell’Aginter Press, per studiare i fenomeni della destabilizzazione è stato introdotto uno strumento di analisi che può essere molto utile nella comprensione di fatti anche recenti: si tratta del concetto di false flags (false bandiere).16 Per approfondimenti, si veda l’appendice disponibile sul sito www. chiarelettere.it 16 © 2013 Chiarelettere editore srl