Design - Insider Magazine
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M AGA ZINE 1 2 M AGA ZINE EDITORE Insider Srl Largo Messico, 15 - 00198 Roma +39 0698353089 PRESIDENTE Angela Grimaldi angela.a.grimaldi@insidermagazine.it S M O A G M G M I O A / R G I U I G O N O VICE PRESIDENTE Alfredo Sangiovanni alfredo.sangiovanni@insidermagazine.it RAPPORTI ISTITUZIONALI Alessandro La Rocca alessandrolarocca@insidermagazine.it AMMINISTRATORE DELEGATO Raimondo Cappa amministrazione@insidermagazine.it Cover Luna Rossa - America’s Cup, Napoli © Luna rossa/Carlo Borlenghi DIRETTORE RESPONSABILE Francesca d’Aloja direzione@insidermagazine.it 54 DIRETTORE EDITORIALE Mariela A. Gizzi redazione@insidermagazine.it COORDINAMENTO REDAZIONE Donatella Codonesu redazione2@insidermagazine.it PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE info@csgraphicdesign.it grafica@insidermagazine.it HANNO COLLABORATO Alessandra Vittoria Fanelli Alessandro Pini Antonella De Santis Antonio Carnevale Carlotta Miceli Picardi Emanuela Carratoni Enrico Tonali Ester Maria Lorido Fabio Cipriano Fabio Colivicchi Francesca Volino Francesco Mantica Giovanni Perotti Giusy Ferraina Laura Di Cosimo Laura Mocci Luisa Espanet Maria Laura Perilli Massimiliano Augieri Monia Innocenti Paolo Briscese Paolo Capuano William Mattei Violante Di Palma Vittoria di Venosa RELAZIONI ESTERNE Paolo Carrazza www.cpcagency.it RESORT TRAVEL PHOTOGRAPHY 6 10 18 AI CAPPUCCINI CINQUE TERRE RINO BARILLARI INTERVIEW FASHION SPORT 26 40 64 PAMELA VILLORESI LA CITTÀ DELLE DONNE 81° PIAZZA DI SIENA STAMPA Printer Group Italia Srl www.printergroup.it ANNO 5 - NUMERO 38 Periodicità bimestrale maggio/giugno 2013 Registrazione presso il Tribunale di Roma al n. 58/2009 del 25/2/2009 Iscrizione del marchio presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti è vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da: INSIDER Srl Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana PER LA TUA PUBBLICITÀ Visionnaire Adv Srl info@visionnaireadv.it CHEF DESIGN DESIGN 76 108 112 FRANCESCO APREDA FORME PREZIOSE INTRECCI OUTDOOR Thanks to HARRY’S BAR ROMA www.vanni.it www.palombini.it www.ristorantedoney.it www.harrysbar.it www.grancaffelacaffettiera.com edicolè www.insidermagazine.it www.barpompi.it www.mondiroma.it Via Cassia, 1801 - Roma Via Cassia, km 19.400 - Roma www.il-siciliano.net www.voy.it Roma, Piazza Monte Grappa, 1 (Inizio V.le Mazzini) Tel. 06 3243556 - info@chemoto-roma.it relais con vista I l piccolo relais si trova comodamente inserito al sesto e settimo piano di un palazzo nella zona del Colle Oppio. Un ambiente intimo e raffinato che ospita sole sei stanze, tutte diverse, tutte luminose, eleganti, con pezzi di arredo antichi in armonia con gli spazi lineari e freschi. I dettagli curati, gli oggetti scelti con amore nelle camere come negli spazi comuni. Ogni ambiente racconta un frammento di storia diversa e gode di un affaccio differente sulla città: Colosseo, Campidoglio, Piazza Venezia, e tutto intorno Roma con la sua bellezza sospesa nel tempo. Un incanto di cui godere anche dalla bella terrazza, scenario ideale per la colazione o per un aperitivo al tramonto. Luxury in Rome Via delle Terme di Tito, 92 Tel. + 39 064820723 www.relaistermeditito.com 7 M AGA ZINE PARK HOTEL AI CAPPUCCINI Nell’antica e ospitale terra di Gubbio, lo storico monastero trasformato in hotel offre ai suoi ospiti, con Parco Acque, un percorso benessere all’avanguardia di Alessandra Vittoria Fanelli S apiente ristrutturazione di un convento del XVII secolo, il Park Hotel Ai Cappuccini, situato a due passi dal centro storico medioevale di Gubbio, gode di una posizione privilegiata. Immerso nel verde, le sue pietre e la sua architettura sono solo alcune delle testimonianze storiche di un Medioevo luminoso, colto e raffinato, così come sono raffinati, in una felice ed equilibrata combinazione, gli antichi ambienti di questo resort abbinati ai nuovi confort dell’ospitalità. Sin dal suo ingresso l’ampia hall accoglie i suoi ospiti in spazi d’incontro e di socialità contrassegnati da confortevoli divani, originali camini dove il fuoco scoppietta allegramente, preziosi arazzi d’epoca alle pareti e dipinti tra cui spicca una tela di Sartorio. Mentre il susseguirsi dei silenziosi corridoi con il soffitto a volta invita alla discrezione, esprimendo il mirabile equilibrio stilistico tra l’antico e il moderno, così come le due sale ristorante, Ai Cappuccini, contrassegnata alle pareti da opere del grande artista contemporaneo Capogrossi (che ha firmato il servizio dei sottopiatti, nonché logo dell’hotel), e I Mondiali, esaltata dalla grande scultura di Arnaldo Pomodoro. Nelle sale da pranzo di questo storico monastero, che all’occorrenza possono ospitare grandi ricevimenti o piccoli convivi, si possono apprezzare i prodotti tipici della cucina locale, reinterpretati dallo chef con leggerezza, accompagnati dai vini ben conservati nell’antica cisterna dell’acqua dei frati cappuccini e proposti insieme alle eccellenze del territorio umbro quali i formaggi, i salumi, gli oli e i famosi tartufi. Le camere, sia quelle ricavate nella parte antica del convento, sia quelle dell’ampliamento della parte nuova, sono arredate con cura e funzionali alle nuove esigenze dell’ospite: tv satellitare, telefono, wi-fi, cassaforte, minibar. Un modo perfetto per apprezzare l’origine di questo luogo sorto sulle pendici del Monte Ingino. Nell’ambito del Cappuccini Wellness & Spa, nell’ala nuova, che ricordiamo venne costruita in occasione dei Mondiali di Calcio del 1990, è stato inaugurato nel 2012 un vero tempio dedicato al benessere: il Parco Acque firmato dall’architetto Simone Micheli, un’area wellness indoor che ‘dialoga’ con l’antico contesto senza interferire con il genius loci del luogo. Il Parco Acque, di grande impatto scenografico, è suddiviso in due ampie zone benessere: la prima area, chiamata Acque Emozionali è una piscina olimpionica dotata da una passerella ‘stondata’ che percorre tutta la piscina, di corsie natatorie, di una vasca ludica per i bambini, di un’area di idromassaggio a 30 C° e di una intrigante vasca per il nuoto controcorrente che dà la sensazione di rientrare nel fluido ventre materno e di galleggiare nello spazio: una sensazione davvero sorprendente! Non solo. In quest’area l’architetto Micheli ha progettato un’estesa parete-finestra che mette 8 M AGA ZINE resort founded in 1985 in connessione lo spaccato interno/esterno, irrorato durante il giorno di luce naturale. Sull’altra parete invece è stato reintegrato un lungo murales di Arnaldo Pomodoro, che interagisce con la grande rete pendente dal soffitto e che a sua volta sorregge un’enorme intrigante sfera gialla. Più intima la seconda zona, che privilegia il rapporto tra l’uomo e l’acqua: qui si trova una vasca di galleggiamento con acqua salata dalle proprietà rilassanti e defaticanti, una vasca ai sali di magnesio con chaise longue anatomiche e una vasca idromassaggio circolare. Fiore all’occhiello del Cappuccini Wellness & Spa è l’offerta Marc Méssegué Ai Cappuccini. A partire da quest’anno, infatti, per 30 settimane, il figlio del celebre pioniere della fitoterapia Maurice Méssegué, ha programmato per gli ospiti dell’hotel, dei percorsi personalizzati dedicati al benessere ed alla salute con questa rivoluzionaria filosofia. Al Park Hotel Ai Cappuccini gli ospiti che desiderano solo rilassarsi e immergersi nella quiete del parco, circondato dagli antichi orti dei frati, dove possono trascorrere giornate intere senza uscire dall’albergo e ritrovare le sensazioni spirituali del luogo. Certamente però non può mancare una visita al borgo medioevale di Gubbio e i suoi dintorni. La sua storia millenaria è ben descritta dai resti del Teatro Romano del 3° secolo avanti Cristo, appena fuori le mura, dal trecentesco Palazzo dei Consoli in pieno centro dalla vicina Loggia dei Tiratori. Di notevole pregio anche gli edifici sacri come la Chiesa di San Francesco e di San Giovanni che, grazie all’accurato restauro della piazza progettato dalla famosa architetto Gae Aulenti, è diventata ora il punto d’incontro dei giovani eugubini. Nella parte alta, partendo dal Parco Ranghiasci si trova la magnifica Cattedrale, costruita tra il 1194 e 1350 e si può ammirare lì accanto il rinascimentale Palazzo Ducale. D’obbligo infine una visita alla Basilica di San Ubaldo posta a 800 metri d’altezza che si raggiunge sia a piedi su per una strada tortuosa o per i meno sportivi, con una funivia ‘a cesti’ metallici dove si sale e si scende con un piccolo balzo. Attenzione al salto ma la vista che spazia su tutto il territorio Eugubino è davvero impagabile. Tra gli eventi di Gubbio ricordiamo la spettacolare Festa dei Ceri che si svolge senza interruzione da oltre 800 anni a metà maggio e il Palio della Balestra nell’ultima domenica di maggio. Per i bon gourmand infine imperdibile è la mostra Mercato del Tartufo Bianco che si svolge a novembre durante il Ponte dell’Ognissanti. Dopo si rientra al Park Hotel Ai Cappuccini a rigenerarsi nel percorso benessere del Cappuccini Wellness & Spa e farsi coccolare dalla fitoterapia di Marc Méssegué ◆ Intermediazione immobiliare Valutazione di immobili residenziali e commerciali finalizzata alla compravendita immobiliare Ottimizzazione e commercializzazione di patrimoni immobiliari privati Organizzazione e vendita immobili frazionati e cantieri Convenzioni mutui con primari istituti di credito Progettazione e ristrutturazione immobili con architetto in sede www.parkhotelaicappuccini.it SEDE CENTRALE Via Simeto, 42/f - 00198 Roma - Tel. 06.85353380 - 06.8543077 info@ricciemontemauri.it - www.ricciemontemauri.it PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE SOSPESO TRA MARE E MONTI E COSTEGGIATO DALLA VIA DELL’AMORE CHE ATTRAVERSA I SUOI CINQUE BORGHI, IL PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE è ‘PAESAGGIO CULTURALE’ INSERITO DAL 1997 NEL PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITà UNESCO M onterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore sono i cinque borghi che compongono il Parco Nazionale delle Cinque Terre, in un susseguirsi di costa frastagliata che si arrampica su verso i crinali dei monti, fra sentieri e terrazzamenti a picco sul mare che rendono questa parte della riviera ligure orientale una delle mete più ambite del mondo. Paesaggio culturale di valore eccezionale, le Cinque Terre rappresentano l’armoniosa interazione stabilitasi tra l’uomo e la natura nei secoli. Caratterizzata dall’insediamento rurale e dai terrazzamenti sostenuti da muri a secco, ogni cittadina del Parco Nazionale delle Cinque Terre, è un piccolo e unico gioiello. Partendo da Ovest incontriamo Monterosso, con un suggestivo centro medievale le cui prime notizie storiche risalgono al 1201, quando i signori di Lagneto, proprietari del castello di cui oggi rimangono solo poche rovine, stipularono una concessione con Genova che nel 1214 fondò la comunità Via dell’amore Monterosso di Alessandra Vittoria Fanelli 13 M AGA ZINE LA FRANCEsCA piccolo Gioiello sul mare Vernazza omonima iniziando a fortificare le mura per proteggerlo dalle incursioni saracene e costruendo così il più imponente sistema difensivo delle Cinque Terre. Molto amata dal sommo poeta Eugenio Montale, premio Nobel per la letteratura nel 1975, che trascorreva l’estate nella sua villa liberty e lì scrisse nel ‘Paese roccioso e austero, asilo di pescatori e contadini…’, ora Monterosso è una elegante cittadina di villeggiatura dotata del centro balneare Fagina, luogo d’incontro di tanti personaggi della intellighentia lombarda e piemontese. Già citato nelle cronache intorno all’anno Mille, Vernazza è un meraviglioso villaggio arroccato su una maestosa e severa scogliera e il suo porticciolo, incastonato tra i due crinali, fu un probabile punto di partenze e di approdo delle forze navali impiegate per la difesa dai saraceni. Il paesino, con i suoi vicoli magici e misteriosi racchiusi fra case dalle tenui cromie, è classificato fra i primi cento borghi più belli d’Italia e arrivarci dal mare è un’esperienza che lascia tutti incredibilmente senza fiato! Emblema di Corniglia è il cervo raffigurato nel foro centrale del rosone eseguito nel 1351 in marmo bianco di Carrara, che impreziosisce la facciata della chiesa di San Pietro di stile gotico-genovese, il monumento più importante del borgo. Corniglia è anche l’unico paese delle Cinque Terre non a diretto contatto con il mare, sorgendo su un promontorio roccioso. Vero cuore pulsante del borgo è la piccola piazza principale con l’Oratorio dei Disciplinati, da cui si gode una vista mozzafiato sul mare. Manarola invece nasce dallo spostamento di popolazioni che dalla Val di Vara Riomaggiore travel A Monesteroli, spettacolare scalinata a picco sul mare mossero verso il mare per sfruttarne le risorse. Posto su un promontorio in alto rispetto alla costa, il paese si sviluppa nella gola che scende verso il mare, chiusa tra due speroni rocciosi, ospitando un piccolo approdo, dove tutt’intorno si affacciano le abitazioni una a ridosso dall’altra sulla via principale, sorta in seguito alla copertura del corso d’acqua e chiamata perciò dagli abitanti U Canâ (il Canale). Infine Riomaggiore, il borgo che si arrampica lungo i crinali a picco sul mare, caratterizzato da tipiche case in pietra dalle facciate colorate e i tetti spioventi in ardesia. Fatte risalire le sue origini al VIII° secolo, Riomaggiore diventa autonoma nel 1343 e in piena era napoleonica ingloberà anche Manarola e Torre Guardiola, adesso parco naturalistico e Centro di Educazione Ambientale raggiungibile attraverso un sentiero che parte dall’abitato, da dove si può ammirare il magnifico panorama della costa. In questo splendido panorama è possibile effettuare nel mese di marzo il ‘Maritime Walking Festival’. Si tratta di visite guidate promosse dal Parco Nazionale delle Cinque Terre (in collaborazione con Toscana, Corsica e Sardegna) alla scoperta del territorio. Un festival da percorrere a piedi in questa oasi marina protetta, alla scoperta dei luoghi e degli itinerari più suggestivi, attraverso i vigneti e i profumi della macchia mediterranea che dal monte portano al mare. E gustare le famose frittelle di pesce accompagnate dai vini locali delle Cinque Terre (Sciacchetrà, Costa da Campu e Acquamarina) in un tripudio di sapori, odori e colori del profumato e intenso basilico ◆ www.parconazionalecinqueterre.it diacente al Parco Nazionale delle Cinque Terre, area di forti contrasti e tavolozza di colori che si dispiega a balze verso il mare perennemente rumoreggiante contro le rocce, sorge a Bonassola il Villaggio La Francesca, luogo ideale per trascorrere una soggiorno diverso a contatto diretto con la natura. Nato oltre cinquant’anni fa in questo arco di costa ligure del Levante, aspro e scosceso a strapiombo sul mare, è un piccolo gioiello ante litteram fra i villaggi turistici, caratterizzato da una serie di mini bungalow disseminati lungo il promontorio di Punta Mesco. Aperto tutto l’anno, è un ottimo punto di partenza sia per visitare i citati borghi del Parco Nazionale delle Cinque Terre (che si possono ammirare anche in battello via mare), sia per scoprire i santuari disseminati tra i sentieri panoramici. Attraversando, a piedi, diversi di chilometri di muretti a secco che ‘segnano’ i terrazzi per la coltivazione della vite (molti i vini D.O.C.), fino a proseguire per Lerici e Portovenere, nel golfo di La Spezia, altresì chiamato ‘il golfo dei poeti’ perché vi soggiornarono i romantici scrittori inglesi come Shelley con la moglie Mary e il notissimo Lord Byron. Al rientro con lo sguardo rivolto verso il tramonto sul mare e con in mano un buon bicchiere di Schiacchetrà (in dialetto refursà), il noto vino dorato elogiato anche dal poeta Montale, il pescato fresco, la cucina locale (tra cui le famose alici) e l’artigianato tradizionale, si coglie appieno il valore di questo suggestivo Villaggio, armoniosamente inserito nei pressi del Parco Nazionale delle Cinque Terre ◆ www.lafrancesca.it A.V.F. 14 M AGA ZINE Giardino di Pantelleria I l giardino pantesco, generosamente donato al FAI da Donnafugata, storica azienda vitivinicola siciliana, è uno dei pochi esemplari, di quelli ancora presenti sull’isola di Pantelleria, in buono stato di conservazione e oggi completamente restaurato. Il giardino Donnafugata, per le sue dimensioni e per le caratteristiche costruttive, rappresenta la tipologia più diffusa nell’isola. La pianta circolare, il diametro (11 metri all’esterno e 8,4 all’interno), l’altezza (fino a 4 m) e la pietra lavica utilizzata a secco garantiscono le migliori condizioni microclimatiche. All’interno del giardino, una straordinaria e secolare pianta di arancio dolce “Portogallo”, antica varietà ricca di semi ma anche di succo zuccherino, si sviluppa su più tronchi fino ad occupare tutta l’area disponibile. Risalenti agli albori della cultura dei Paesi caldo aridi del sud del Mediterraneo, questi edifici a pianta circolare, del diametro dai 7 ai 12 metri e alti da 3,5 a 4,5 metri, al cui interno è conservato, chiuso da una porta, un solo albero di agrume, rappresentano un ingegnoso sistema agronomico autosufficiente in grado di difendere l’albero di agrumi dalle due principali minacce alla sua sopravvivenza presenti sull’isola: il vento, che per la sua intensità e frequenza provoca danni incompatibili con la sopravvivenza degli alberi, e la scarsità d’acqua che a volte può portare a 300 giorni ininterrotti di siccità. La più antica rappresentazione di un giardino è quella incisa su una tavoletta sumerica del 3000 avanti Cristo, nella quale si vede un albero da frutta circondato da un muro. Si tratta della prima testimonianza di quel concetto dal quale si è sviluppata nel corso dei secoli l’idea del giardino: uno spazio chiuso dove crescere gli alberi. Il giardino pantesco di Pantelleria nasce proprio dal mito del “giardino murato”, che simboleggia la vita e il grembo femminile. Utilizzando infatti la porosità delle pietre e l’escursione termica tra giorno e notte per captare l’acqua direttamente dall’atmosfera, oltre a canali di pietre e battuto che raccolgono l’acqua piovana, il giardino di Pantelleria soddisfa l’esigenza idrica della pianta pur in assenza di irrigazione ◆ www.fondoambiente.it 18 19 M AGA ZINE M AGA ZINE “U L’occhio del fotografo Rino Barillari La vita da strada del Re dei Paparazzi di Donatella Codonesu Rino Barillari e Sonia Romanoff Quattro Regine in Via Condotti na volta non c’erano le scuole, andavi dal “mastro” ad imparare un mestiere. Io seguivo mio zio che proiettava i film, poi sono venuto a Roma”. È la fine degli anni ’50 e Saverio Barillari, detto Rino - ma il nome d’arte da venticinque anni a questa parte, è ‘The King of Paparazzi’ - arriva nella capitale a 14 anni appena, nel tentativo, appunto, di inventarsi un mestiere. A Roma ci sono gli “scattini” che fanno le foto ai turisti, e per un ragazzino intraprendente che ha una certa dimestichezza con la macchina fotografica - lo zio era cineoperatore nelle arene - il destino è segnato. Da quelle stesse piazze passa tutto il mondo e lui è pronto a coglierlo. A Roma impazza la Dolce Vita. Sull’incredibile sfondo monumentale della Città Eterna i divi del nostro cinema, al suo massimo splendore, si mescolano a quelli di Hollywood in nottate sfavillanti, che iniziano nei locali di Via Veneto e terminano all’alba, talvolta in modo movimentato. È una di queste occasioni, protagonista Peter O’Toole, a dargli la notorietà nel ’63. L’attore è stato ripreso all’uscita di un locale con una giovane attrice inglese - scatto che gli costerà il divorzio - e non è per niente contento di essere immortalato, così aggredisce Rino spaccandogli un’orecchio. Il padre di lui, che è ancora minorenne, denuncia O’Toole. È il primo “corpo a corpo” con una star, ma non sarà certo l’ultimo incidente della movimentata carriera del fotografo, che in cinquantatrè anni di servizi ha totalizzato numeri sorprendenti: 163 volte in ospedale, 78 macchine fotografiche distrutte, 4 proiettili in corpo (durante gli anni di piombo). Un mestiere che lo porta in strada giorno e notte, osteggiato dai genitori che per i primi sette anni (all’epoca si diventava maggiorenni a 21) sono costretti ad andarselo a riprendere spesso nelle questure o nei pronto soccorso di tutta Italia. Rino ricorda tutti gli episodi della sua vulcanica vita professionale ed è una fucina inesauribile di racconti, come quello sopra citato o quello di una rissa a Via Veneto, in cui Frank Sinatra venne fermato dall’amico Domenico Modugno. Rino Barillari e il marito di Brigitte Bardot Rino Barillari ferito da Peter Ottole anni ‘60 20 21 M AGA ZINE M AGA ZINE Federico Fellini e Rino Barillari Sofia Loren e Marcello Mastroianni Audrey Hepburn con Rino Barillari negli anni ‘60 Rino Barillari preso a borsettate Rino Barillari, Mickey Hargitay, Vatussa Vitta Conduce una vita singolarmente avventurosa, nella quale diviene un esperto investigatore, costruisce reti di informatori, indaga con discrezione, mette in atto inseguimenti, attende pazientemente, e riprende la storia d’Italia che scorre sulle strade. Non solo divi, ma cronaca, terrorismo, sequestri, sport… con lui molte compagne fidate ed insostituibili: Rolleiflex, Yashica, Pentax, il meglio dell’attrezzatura analogica. E oggi, nell’era digitale, Nikon, Canon, Laica… con tutti gli obiettivi possibili immaginabili, fino al 500 e al tele. “Armato fino ai denti” si mette in moto ogni giorno verso le 11 “per la caccia”, investendo tempo e denaro in servizi che possono fruttargli, nella migliore delle ipotesi, anche 30.000 euro. “Ma bisogna vedere quanto ci ho speso”. I fattori determinanti sono la concorrenza, che va assolutamente evitata, perché è l’esclusiva che permette i guadagni veri. Quando non è possibile, meglio mettersi insieme e vendere un servizio collettivo in esclusiva, perché si può contrattare un prezzo più alto e anche dividendo in cinque si riesce ad incassare di più. “Ma prima si guadagnava meglio. Oggi è tutto diverso, c’è la legge sulla privacy, tutti hanno macchine fotografiche e anche con i telefonini si possono realizzare scatti buoni. E poi ci sono gli uffici stampa che bruciano le notizie”. Così il fattore determinante è diventato il tempo: una notizia invecchia in un paio di giorni, bisogna essere più veloci degli altri e venderla alla testata giusta, sapendo quale uscirà per prima. Rino Barillari, dopo anni da freelance e lunghi trascorsi al Tempo, lavora in esclusiva al Messaggero da oltre vent’anni, ma i suoi servizi vengono venduti anche ai settimanali di tutto il mondo: gli inglesi The Guardian e Daily Mirror, lo spagnolo Hola, le maggiori agenzie statunitensi. All’Harry’s bar di Via Veneto c’è una sua mostra permanente e ne ha all’attivo altre undici in tutto il mondo. È docente honoris causa in fotografia presso la Xi’an International University ed è stato nominato Ufficiale e quindi Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. I trucchi del mestiere? Costruire una rete internazionale di informatori, fortuna, abilità nello studiare il personaggio e sapersi nascondere dai colleghi, ad esempio evitando di usare il flash se c’è qualcuno nei dintorni. E poi una mente lucida, saper puntare su quelli che valgono - cioè i personaggi televisivi - e avere pazienza, sapendo che per un servizio importante può volerci anche un mese di tempo. Il trucco vero, però, è stare sempre in giro con gli occhi bene aperti, alla continua ricerca di indizi: “chi scava trova”. Una vita decisamente poco comoda, ma il Re dei Paparazzi, se tornasse indietro, rifarebbe lo stesso mestiere, “magari con più tranquillità, io voglio fare tutto, corro troppo”. In fondo per raccontare una storia possono essere sufficienti pochi scatti, se sono quelli giusti, “anche uno: basta, se c’è il bacio”. Uno degli ultimi servizi è proprio una sequenza di otto immagini che riprendono un bacio fra Totti e Ilary. Le sue ambizioni al momento però sono altre: “oggi la storia più importante da immortalare sarebbe quella del Santo Padre, una di quelle cose impossibili, ma che chi sta in giro può invece cogliere. In fondo è un uomo anche lui…” ◆ Rino Barillari Demi Moore da Bulgari, 1997 Campari 2013: addio alla superstizione Prodotto in limited edition, l’iconico calendario Campari strizza l’occhio alla conturbante Penelope Cruz che si prende gioco delle credenze popolari... di Paolo Capuano S ono sempre più belle le attrici scelte da Campari per rappresentare la Red passion sui suoi iconici calendari. Dopo le conturbanti bellezze di Salma Hayek, Eva Mendes, Jessica Alba e Milla Jovovich è arrivato il turno della sensuale Penélope Cruz. La bella attrice, vincitrice di un Oscar, è la protagonista dell’edizione 2013, immortalata dagli scatti intensi del fotografo di moda Kristian Schuller. Tra intriganti e mistiche superstizioni, gatti neri, specchi frantumati, il calendario ci conduce in uno stupefacente viaggio visivo che vuole infondere sicurezza alle persone di tutto il mondo, basandosi sulla convinzione che la fiducia in sè stessi possa vincere qualsiasi superstizione. “Partecipare al Calendario Campari 2013 è stata un’esperienza fantastica e ho trovato molto interessante e stimolante il tema della superstizione” ha detto Penelope Cruz. “Come attrice, sono spesso chiamata a interpretare l’”inesplicabile”, proprio com’è successo sul set fotografico del calendario. Abbiamo dato vita a un personaggio dal carattere forte e positivo, pronto ad affrontare fino in fondo ogni superstizione e a sfatare questi miti, incoraggiando le persone ad avere fiducia in sé stesse”. Nel calendario Penelope indossa un’ampia collezione di fantastici abiti e scarpe di colore rosso, a firma delle più prestigiose case di moda come Monique Lhuillier e Ferragamo, oltre ai gioielli disegnati da Chopard, che la fanno brillare di luce propria in ogni scatto. Noto per raccontare storie curiose attraverso il proprio lavoro e per la sua passione per le immagini surreali, l’occhio indiscreto del fotografo francese Kristian Schuller ha perfettamente centrato il tema del Calendario, immortalandolo con il suo stile fotografico d’avanguardia. 25 M AGA ZINE “Il Calendario Campari. - ha detto il fotografo - è sinonimo di stile straordinario e avanguardia creativa, e l’essere riuscito a trasformare questi stereotipi generici in immagini magiche, di grande impatto, è stata una grande soddisfazione. “Lavorare con Penelope è stato fantastico, ha incarnato perfettamente il tema del calendario, interpretandolo con grande sicurezza e passione”. Il Calendario, stampato in sole 9.999 copie, non sarà messo in vendita, ma distribuito a pochi fortunati fan di Campari in tutto il mondo ◆ 27 M AGA ZINE “Memorie di una schiava” - ph Pino Miraglia Talento, am ore, salute e pa z ien z a l’arte dell’attore secoNdo pamela villoresi di Donatella Codonesu U n’esperienza articolata, che inizia appena quindicenne al Teatro Studio del Metastasio di Prato per approdare, solo tre anni dopo, al Piccolo di Milano, diretto da Giorgio Strehler. Pamela Villoresi in quarantun anni di carriera ha poi lavorato con i più grandi nomi italiani del cinema e del teatro - Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Moni Ovadia fra gli altri - diretta da registi come Scola e i fratelli Taviani sul grande schermo e da molti ancora sul palco. Appassionata di poesia, di arte e di temi civili, oltre ai molti premi per il teatro ne ha vinto uno per la pace e per l’impegno con i giovani, avendo creato corsi sui mestieri dello spettacolo e fatto pubblicare testi di nuovi autori. Ma è anche uno svantaggio. Io ho un’ottima carriera, ma penso di essere sottostimata dal mio paese, dove tutti i teatri stabili sono diretti da uomini. In questo senso siamo sicuramente penalizzate, soprattutto con l’età, quando si sente l’esigenza, ma anche la responsabilità di passare ad un ruolo più gestionale della cultura. Quali sono le qualità determinanti per avere successo nel mestiere di attore? Il talento, l’amore, la salute - perchè, come diceva Gassman, per star fuori casa 250 giorni l’anno devi avere una grande salute - e la pazienza. In che modo il teatro può essere veicolo di impegno sociale, di battaglie civili? L’arte in generale è sempre stata un grillo parlante della società, già nelle rappresentazioni dell’Antica Grecia si parlava della polis, costringendo a riflettere. Credo che oggi questo compito sia ancora più importante, perché in una deriva culturale con uno spirito ed un intelletto più nutriti ed educati si danno risposte più giuste e più concrete ai problemi della vita, anche ad una crisi economica, ad esempio. Non a caso tutte le dittature hanno cercato di rendere le persone ignoranti perché erano più facilmente manipolabili su delle risposte sbagliate. Essere donna è un valore aggiunto o una difficoltà in più? Entrambe le cose. Un valore aggiunto perché portiamo una parte dell’anima del mondo, uno scandaglio più accurato, una maggiore tenerezza nell’approccio con i difetti umani. Teatro, cinema, tv: quale ha una marcia in più? Non penso che ce ne sia una migliore, anche se io sono un animale da palcoscenico e sulle altre arti sono un po’ a prestito. Però ad esempio quando mi è capitato di fare televisione, pensando a milioni e milioni di telespettatori, sentivo una responsabilità enorme, mentre male o bene la gente che viene a teatro è già abbastanza coltivata. Il cinema è una via di mezzo fra tv e teatro, nel mio cuore; ancora non mi ha dato certe soddisfazioni che invece mi ha dato il teatro, ma non dispero ci saranno in futuro. Di tutti i maestri, registi e colleghi con cui hai lavorato qualcuno ha lasciato un segno particolare? Sicuramente Strehler in primis, il mio padre teatrale, perché ho lavorato con lui dai 18 anni fino al suo ultimo spettacolo di prosa. A lui devo tutti i ferri del mestiere: serietà, passione, studio, libertà, meticolosità… oggi mi sento di dover ridare ciò che ho imparato da lui, il suo insegnamento filtrato dalla mia sensibilità ed esperienza. Poi Nino Manfredi, esperienza meravigliosa, inesauribile generosità, attraverso di lui ho capito tanti meccanismi della comicità. E ho imparato anche dalle esperienze non felicissime, come ad esempio nell’Otello di Gassman (1982): lui ogni volta che entrava in scena era una ventata di talento, aveva carisma, padronanza del verso, della scena… era maestro nonostante sé stesso. Lo osservavo a bocca aperta da dietro le quinte, anche se poi discutevamo. Quando si affronta un personaggio, quindi, quanto è importante conoscerlo? Più se ne sa e meglio è, o almeno questa è la scuola di Strehler! A me è capitato di interpretare una Clitennestra che nella trasposizione di Maurizio Panici (Atridi, Festival di Tindari, 2011) era una donna di mafia, un’assassina, un personaggio atroce… la conoscenza delle storie vere di mafia mi ha aiutato, ma è anche vero che in ogni personaggio c’è qualcosa che ci riguarda, anche in un uno pessimo. Perché nel mio equilibrio tra virtù e difetti vincono probabilmente le virtù, anche se i colori li abbiamo tutti, per dipingere un carattere. “Memorie di una schiava” - ph Pino Miraglia di significato. È troppo densa per parlare un’ora e mezzo. Nei miei recital racconto la vita dell’autore, spiego, contestualizzo, uso la musica per aiutare lo spettatore ad entrare in una dimensione diversa all’improvviso, come può fare un verso. In un’ora e dieci ne leggo 18, di più non si può. La famiglia, in tutto questo? È una grande presenza. Nel mio destino c’era senz’altro fare l’attrice e un altro aspetto irrinunciabile era essere madre. Renderli compatibili non è stato facile, ma mio marito era direttore della fotografia, essendo due liberi professionisti potevamo organizzarci. Certe volte partire è stato “Uno strappo a mani tese dai miei cari” (le parole sono di Luzi), ma per fortuna ho continuato, perchè alla sua morte ho potuto farli crescere e mantenerli bene, anche se qualche volta a scapito della presenza. Siamo sempre stati molto uniti, solo la grande, Eva, è nel campo (organizzatrice teatrale), ma tutti e tre seguono il mio lavoro, con forte partecipazione emotiva, vivendo i ruoli in prima persona. interview Accanto alla passione per il teatro di prosa quella per l’arte e quella per la poesia: ha ben quindici recital in repertorio, ma recitare in prosa o in versi non è la stessa cosa… Ho capito, sempre grazie a Strehler, il valore aggiunto dell’esprimere concetti in versi. Poi le poesie hanno fatto parte della mia vita, ho passato con loro ore meravigliose, ero amica di Mario Luzi… ma il verso e la prosa hanno tempi diversi, la poesia è una sintesi, è essenza, concentrato Il futuro prossimo vede in programma un testo comico al Manzoni di Roma a fine stagione, “Partita a due”, sempre con la regia di Panici. E una seconda puntata di “storie africane” per il Festival di Napoli, che sarà tratta dal libro di Dada Morelli, “Iusdra e la città della sapienza”, storia di una ragazzina nata a Milano che torna a cercare le proprie origini algerine. In attesa che si sblocchino le autorizzazioni per la prossimo edizione di ‘Divinamente Roma’, il festival sulla spiritualità di cui è Direttrice Artistica da anni e che ha avuto anche tre edizioni newyorkesi ◆ 28 29 M AGA ZINE Investire nei Paesi di Frontiera: cosa sapere, come operare economy M AGA ZINE L’indice maggiormente rappresentativo per tale segmento è il MSCI Frontier Markets e comprende 25 paesi con 370 società quotate. I paesi sono Argentina, Bahrain, Bangladesh, Bulgaria, Croatia, Estonia, Jordan, Kenya, Kuwait, Lebanon, Lithuania, Kazakhstan, Mauritius, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Romania, Serbia, Slovenia, Sri Lanka, Tunisia, Ukraine, UAE and Vietnam di William Mattei - Responsabile Ufficio Studi Genesi Uln Sim SpA N ell’approccio alla diversificazione degli investimenti azionari su scala mondiale, viene sempre più spesso riservata una quota, anche rilevante, ai cosiddetti Paesi Emergenti, quelli cioè ad elevata aspettativa di crescita socio-economica e demografica. A livello aggregato l’indice azionario mondiale (Morgan Stanley Capital Index All Country World) è costituito da circa 2.400 aziende di 45 diversi mercati, di cui 21 relativi ai Paesi Emergenti e che oggi rappresentano circa il 13% della capitalizzazione mondiale. In questo articolo, tuttavia, andremo un po’ oltre il mondo tradizionale dei Mercati cosiddetti Sviluppati e degli Emergenti per introdurvi ai New Frontier Market, i Nuovi Mercati di Frontiera che caratterizzano quei Paesi che sono passati anche da un’economia socialista e comunista ad una liberale e di mercato e che quindi sono candidati a diventare i Paesi Emergenti di domani. Gli investitori istituzionali cominciano a seguirli con maggiore attenzione, sebbene la loro crescita economica sia ancora marginale, ma vantano capacità di commercio e di sviluppo davvero interessanti; possiamo dire che si trovano oggi in contesti macroeconomici simili a quelli dei Mercati Emergenti di 15 o 20 anni fa. Questo nuovo orizzonte di investimento comprende alcune regioni dell’Africa, il Medio Oriente, l’America Latina e l’area Balcanica e Baltica. È un universo tipicamente più piccolo e con meno liquidità di quello dei Mercati Emergenti, ma è già sufficientemente ampio avendo generato un interesse significativo da parte degli investitori. C’è un consenso generale su quali Paesi ne facciano parte, tanto che sono nati dei benchmark specifici utilizzati dall’asset management come parametro di riferimento per questo micro segmento geografico. Il gruppo principale comprende Vietnam, Nigeria, Iraq, Qatar, Kenya, Ghana, Kazakistan e Perù e alcune nazioni europee, come Bulgaria, Romania e Croazia. Tra i paesi nominati quello meno sorprendente è il Vietnam: un paese dinamico, in continua crescita demografica e che beneficia di una forza lavoro molto giovane e culturalmente preparata. Bulgaria, Kenya e Kazakistan, da loro canto, si trovano in una posizione analoga a quella vissuta dalla Cina nel trentennio 1980 – 2010, quando ha visto aumentare di 13 volte il suo PIL pro capite (da 313 a 4.336 dollari). Ancora più a Est, troviamo alcuni stati satellite dell’ex Unione Sovietica, come il Kazakistan e l’Uzbekistan, ricchissimi di fonti naturali di energia. In America Latina luccicano il Perù e la Bolivia per l’abbondanza di risorse naturali, mentre la Regione del Golfo, così ricca di gas e petrolio, sta invogliando gli investitori a puntare i radar su paesi come Libano, Giordania e Qatar. Il Global Investor, recente studio del Credit Suisse, approfondisce il tema dei Nuovi Mercati di Frontiera: per permettere agli investitori di individuare chirurgicamente quali sono questi paesi, ha elaborato un indice che si basa su molteplici criteri che valutano il benessere della popolazione, il potenziale macroeconomico, lo sviluppo potenziale dei mercati finanziari e la stabilità politica del Paese. Inoltre la grande opportunità che rappresentano questi Paesi non consiste più nel solo abbattimento di costi, che si ottiene impiantando sul loro territorio stabilimenti produttivi e sfruttando la manodopera a basso costo, ma anche nel considerarli come nuovi ed importanti mercati di sbocco. Attenzione però, nonostante le loro prospettive positive a lungo termine, i Nuovi Mercati di Frontiera tendono a essere più rischiosi dei Mercati Emergenti. Oltre al basso livello di liquidità e ai quadri istituzionali più deboli, chi decide di investire su questi Mercati deve essere consapevole che i dati di ricerca sono di gran lunga meno ampi ed affidabili rispetto a quelli dei Paesi Sviluppati. Sorge allora spontanea la domanda: “Come investire in questi Paesi e come scegliere gli strumenti di investimento più idonei?” Ebbene l’ingegneria finanziaria ha fatto passi da gigante nell’ultimo decennio, creando strumenti di investimento dedicati al mondo New Frontier, quali Fondi ed ETF quotati sui principali Mercati da parte di un ristretto numero di case di investimento specializzate a livello mondiale; tra queste annoveriamo Franklin Templeton, Carmignac, HSBC, Sarasin. L’approccio all’investimento che suggeriamo, per un profilo azionario globale aggressivo, vede i Frontier Markets occupare tra il 7 ed il 10% del totale Portafoglio, scegliendo quei Gestori che abbiano propri uffici di analisi e di ricerca economica nel Paese e che adottano un profilo all’investimento non a replica del benchmark. Nel grafico (1) viene riportata la composizione geografica del benchmark MSCI Frontier Market, mentre nel grafico (2) troviamo le performance a 5 anni dell’indice azionario mondiale paesi sviluppati a confronto con l’indice azionario paesi emergenti (tradizionali) e Mercati di Frontiera ◆ 30 31 M AGA ZINE M AGA ZINE MILLE MIGLIA 2013 torna la corsa più bella del mondo Tra le presenze di spicco quelle dei campioni del motorismo e dello sport, oltre a capitani d’industria e manager della finanza di Francesco Mantica Castel Sant’Angelo - Roma S iamo all’edizione 2013 della Mille Miglia, la storica competizione di auto d’epoca tra le strade italiane che ogni anno affascina migliaia di appassionati di tutto il globo. La febbre per il “museo viaggiante” più ammirato del mondo continua a contagiare senza discussione gli appassionati dei cinque continenti, tanto che l’andamento delle iscrizioni alla Mille Miglia 2013 è stato superiore a ogni attesa. Alla fine l’hanno spuntata 400 automobilisti che, in rappresentanza di 30 nazioni di cinque Continenti, esibiranno i loro gioielli in una cavalcata che attraversa i centri storici delle più affascinanti città d’Italia. Quest’anno la gara di regolarità si disputa dal 16 al 19 maggio 2013 da Brescia a Ferrara, Roma e ritorno, lungo i 1600 km delle regioni italiane più affascinanti della Penisola. Allo scopo di ampliare il valore storico di un parco vetture che nessun evento per auto d’epoca può vantare, si è deciso Piazza della Loggia - Brescia di accettare, oltre alle 375 abitualmente al via, altri 25 esemplari, per un totale di 400 vetture, una cifra record. Si tratta di modelli rispondenti alle caratteristiche della Mille Miglia ma che, per vari motivi, non hanno partecipato negli anni canonici. Queste vetture, in gara a tutti gli effetti come le altre, prenderanno il via in una “Lista Speciale”: l’unica differenza sarà costituita dalla mancata assegnazione del coefficiente di merito, in modo che la vittoria rimanga riservata ai modelli protagonisti della corsa dal 1927 al 1957. Come sempre, le grandi case automobilistiche schiereranno i loro “campioni”, intesi sia come automobili che come persone di rilievo. MERCEDES-Benz schiera ben 13 vetture simbolo della storia del marchio della stella a tre punte, tra le più prestigiose perle del Museo di Stoccarda: tra queste figurano la SSK e la 300 SLR che stabilì il record assoluto con Stirling Moss nel 1955. Dal canto suo, la Casa bavarese BMW fa uscire dal Museo Mobile Tradition 8 esemplari, tra i quali la 328 Coupé Touring con cui il Barone Fritz Huschke von Hanstein vinse la MM 1940 e la 328 Spider con cui Adolf Brudes giunse terzo. Dal Museo ALFA ROMEO arriveranno cinque esemplari, mentre due vetture del Biscione saranno schierate dalla Scuderia del Portello. Dalla storica sede di Coventry, JAGUAR presenta a Brescia cinque vetture; tra queste, due sono C-Type, con un esemplare che ha disputato la Mille Miglia del 1952. Cinque saranno anche le PORSCHE ufficiali, in arrivo dal Museo di Stoccarda. Tra i testimonial di successo segnaliamo per Mercedes Benz David Coulthard, vincitore di tredici GP di Formula 1 e Karl Wendlinger. A loro si aggiunge Bernd Maylaender che, dal 2000, è il pilota ufficiale delle Safety Car in Formula 1, rigorosamente Mercedes-Benz. BMW risponde affidando una 328 a un grande personaggio di sport: Lord Sebastian Newbold Coe, Barone Coe di Ranmore, semplicemente conosciuto come Sebastian Coe, vincitore di quattro medaglie olimpiche e otto volte detentore del record del mondo in gare di mezzofondo e Christian Geistdörfer, che al fianco di Walter Röhrl vinse due campionati del mondo rally e quattro Rally di Montecarlo. Altri importanti personaggi dello sport e Gli anni ruggenti della Mille Miglia Si intitola ‘Mille Miglia, scatti di passione’ la mostra fotografica che racconta 40 anni di mitica corsa lungo le strade italiane: dall’archivio fotografico di Ruoteclassiche altrettante immagini di piloti come Nuvolari, Fangio, Ascari, Moss, Marzotto, Taruffi e molti altri che hanno contribuito a far crescere la fama delle grandi aziende automobilistiche europee. Durante la serata inaugurale la Scuderia Jaguar Storiche di Roma partecipa con due vetture che hanno preso parte ad alcune edizioni della corsa. Dal 17 maggio al 20 giugno al Marriott Grand Hotel Flora di via Veneto, a Roma (Ingresso libero). del mondo industriale italiano, come il campione olimpico di fioretto Andrea Cassarà e l’imprenditore Matteo Marzotto (nipote del due volte vincitore della Mille Miglia Giannino Marzotto), prendono parte a questa nuova edizione della “corsa più bella del mondo”. Anche quest’anno il percorso della Mille Miglia presenta alcune varianti, sempre nel rispetto dei tracciati delle ventiquattro edizioni disputate dal 1927 al 1957. Nel loro viaggio da Brescia a Ferrara, da Ferrara a Roma e, infine, da Roma a Brescia, i concorrenti vedono sfilare davanti ai loro occhi uno scenario d’arte e storia quale sanno offrire solo le piazze di alcune tra le più belle città italiane, quali Verona nel passaggio notturno sotto l’Arena, Ferrara con il Castello, Ravenna con il Duomo, San Marino, Roma dove ogni angolo è carico di storia, Viterbo, Siena con Piazza del Campo, Firenze con l’attraversamento del centro storico, Bologna, Modena e Cremona con il Torrazzo. La Mille Miglia 2013 offre come sempre un mix esclusivo in una lunga cavalcata mozzafiato: da una parte notevole valorizzazione dei nuclei antichi dell’Italia più vera, segnata dalla storia; dall’altra angoli di incomparabile suggestione, attraversando parchi naturali e luoghi incontaminati ◆ 1927 Minoia OM vincitore 33 LE AUTO CHE VERRANNO Concept, prototipo, metaprogetto, styling, sogno di Giovanni Perotti motors M AGA ZINE AUDI Scorpion Hypercar diesel-elettrico Nasce dalle esperienze della R-18 e-tron alla 24 Ore di Le Mans con lo scopo di dare del filo da torcere a Ferrari e Lamborghini. Il futuro dello stile nasce dal presente sportivo: monoscocca in fibbra di carbonio rafforzata da nido d’ape in alluminio. L’aerodinamica estrema non condanna la riconoscibilità del Marchio. JAGUAR F-TYPE 2013 A New York, Ian Callum che l’ha disegnata, nel ricevere il Premio WORLD CAR DESIGN ha detto: “Nessun progetto mi ha dato così piacere come questa creazione. Sono sicuro che lo stesso godimento sarà condiviso dai futuri proprietari”. La dinamica perfetta unita alla sportività delle linee non sacrificano l’ eleganza leggendaria di una Jaguar purosangue. AUDI TT Ultra Ecco un esempio di concept che sta per diventare realtà. La Ultralight della Casa di Ingolstadt è uno dei massimi esempi di elevato minimalismo stilistico assunto ad eccellenza tecnica. In arrivo nei prossimi mesi la TT Ultra è il risulatto di un sofisticato alleggerimento di peso unito ad un incremento di potenza del modello esistene della TT 2.0 TFSI. Un concentrato di economicità, stile e prestazioni. Motore di soli 2 litri, 310 CV, 278 Km/h, 0-100 in 4,1 sec. Il massimo dell’efficenza. Q uella dei concept è un’ area sempre più marcata dalle Case automobilistiche e dai portali del Design. Con “concept” si intende operazione di mercato, lancio, anticipazione, ma anche esercizio di stile, seduzione, immaginazione. Nei Saloni Internazionali dell’Auto della primavera 2013 (Chicago, Shanghai, Detroit, Milano-Salone del Mobile), le presentazioni in anteprima e gli eventi mondani o professionali di ogni genere, dalla moda al design, dal cinema al viaggio si trasformano in comunicazione mediatica sui nuovi stili di vita, sulle aperture verso il futuro. Da una parte stimolo all’acquisto, dall’altra verifica delle possibilità e dei limiti della creatività. Ecco quindi, nel campo dell’automotion, una panoramica sul futuro, firmata Jaguar, Mercedes, Mazda, Opel, Hyundai, BMW, Renault, Citroen, Maserati... Una scelta obbligatoriamente limitata ma indicativa delle nuove definizioni di stile. BMW concept i8 È il concept più innovativo del suo tempo. Abbina il sistema di propulsione elettrica della i3 concept installato sull’asse anteriore ad un 3 cilindri di grandi prestazioni da 223 cv collocato sul posteriore. Risultato grandi prestazioni con un consumo da utilitaria. E non parliamo dell’estetica sempre più intrigante del concetti Iperlink. MERCEDES GLA Concept Il primo a prenotare il futuro SUV compatto a tecnologia laser è stato Ginetto Hamilton, arrivato a Shangai per l¹occasione. Dimensioni ridotte (4,40 cm) motore minimale (1990 cc) ma ben 211 CV distribuiti uniformemente sulle 4 ruote. Cattivo quanto basta per aggredire ogni terreno, ma con luci laser blu per la miglior visibilità durante la guida e anche per proiettare immagini o film su qualsiasi superfice, insomma un Drive In su 4 ruote. Dettaglio non trascurabile, questa tecnologia pemette di proiettare a terra sull¹asfalto davanti all¹auto le indicazioni direzionali. Per non passare inosservati, i Led nel sottoscocca formano dei cerchi blu che pulsano sotto il Suv in attesa del suo guidatore. Il messaggio è “sfuggire al quotidiano”. HYUNDAI HED-7 Concept Presentato al recente Salone del Mobile di Milano, l’Hed-7 personifica il linguaggio stilistico “Fluid Sculpture” della Casa coreana. Il concept è stato realizzato dal Centro stile di Russelsheim (Germania) come anticipazione delle linee della i40 berlina. La “scultura fluida in movimento” è stata inserita nella poetica installazione in via Tortona a Milano, voluta da Peter Schreyer e da Yoomee Kim, dell’Advanced Design Center di Seul. CITROEN DS Wild Rubis Concept Anche in tema di trend automobilistico la Cina detta legge, visti i concept presenti al Salone di Shangai e i nuovi “powertrain” come ad il DS Rubis della Casa dei “Deux Chevrons”. Quasi una crossover sport di nuova concezione: misure ridotte, da utlility di classe premium, motore ibrido con emissioni record (43g/km di Co2), potenza che sfiora i 300 CV, in città con il solo elettrico può fare 50 di Km. Trazione integrale, motore piccolo (1,6 THP), consumi minimi, carrozzeria ricoperta da vernici quasi forforescenti e fanaleria full-led con indicatori di direzione a forma di diapason con effetto sonoro al variare dell¹intensità della luce. La celebre DS disignata da Flaminio Bertoni negli anni Œ50 non poteva avere miglior rilancio. La ex-first lady Carla Sarkosy pare intenzionata a scendere dalla sua Musa per una nuova Rubis ambientata sotto la Tour Eiffel. Prototipo Pininfarina (Concept Car) realizzata su meccanica Maserati e in collaborazione con Motorola presentata al Salone di Ginevra 2005 Ripresentando a Saint Moritz in Engadina il prototipo firmato da Pininfarina nel 2005, la Casa del Tridente ha inteso comunicare quali saranno le linee stilistiche dei prossimi modelli che stanno arrivando ora. Ecco come vanno letti i concept delle Case: preparazioni che durano anni, educazione ed orientamento del gusto delle auto che verranno ◆ motors 37 M AGA ZINE Tutto il fascino del legno, fra tradizione e innovazione Lo stile inconfondibile delle imbarcazioni Apreamare è il risultato di un binomio unico nel mondo della nautica: l’arte artigianale che da cinque generazioni si tramanda tra i componenti della famiglia Aprea e la modernità derivante dallo sviluppo di soluzioni tecnologicamente avanzate e dal design ricercato Maestro 82 E ra il lontano 1849 quando Giovanni Aprea dette inizio alla sua attività di maestro d’ascia: un mestiere antico a metà tra l’artigianato e l’arte, che richiedeva grande abilità tecnica, spirito di sacrificio ed estrema precisione. Una professione rara e difficile. È passato più di un secolo da allora, ed è stato un lungo ed appassionante viaggio quello che ha portato Apreamare a divenire in tutto il mondo l’azienda di riferimento della nautica da diporto per la progettazione e produzione del tipico gozzo sorrentino. Ancora oggi, nei vecchi cantieri navali della Penisola Sorrentina è possibile ammirare intere pareti ricoperte di sagome e garbi ed avvertire l’intenso odore del legno: si dice che la vita dei tradizionali gozzi sorrentini inizi in realtà circa mezzo secolo prima di entrare in acqua, in quanto il legno - olmo, pino marittimo o quercia - viene estratto da alberi a grande Apreamare 64 fusto con almeno cinquanta anni di vita. È in un ambiente così fortemente legato al mare e alle tradizioni marinare che Giovanni Aprea decide di dare avvio alla realizzazione artigianale di gozzi da pesca, a remi e a vela, nel pieno rispetto della cultura e della storia nautica sorrentina. All’attività nautica dedicano la propria vita anche il figlio Cataldo e successivamente suo nipote Giovanni. È proprio quest’ultimo, negli anni del secondo dopoguerra, ad avere un’intuizione che porta alla prima e più significativa innovazione dal punto di vista tecnologico: l’applicazione sui gozzi di motori di derivazione automobilistica. Il cantiere della famiglia Aprea inizia in questo modo a produrre le prime imbarcazioni per uso diportistico, settore fin da subito prevalente rispetto a quello della pesca professionale. La passione per le imbarcazioni è oramai una tradizione di famiglia che si tramanda di generazione in generazione e Cataldo, primogenito di Giovanni ed attuale Presidente di Apreamare S.p.A., diviene anche lui giovanissimo un maestro d’ascia. Il suo ingresso nel cantiere di famiglia segna un’importante svolta nella storia dell’azienda. Animato da idee innovative e rivoluzionarie, Cataldo decide infatti di dar vita nel 1983 ad una ditta individuale per poi fondare nel 1988, insieme all’imprenditore Salvatore Pollio, l’Apreamare S.r.l. Sfruttando in modo nuovo le esperienze maturate a fianco del padre, Cataldo inizia a disegnare e costruire secondo uno stile unico e distintivo, risultato di un equilibrio perfetto tra le caratteristiche avanzate e il rispetto di un’antica tradizione navale. Apreamare coniuga perfettamente nelle sue imbarcazioni le linee raffinate delle classiche imbarcazioni da pesca con uno spirito innovativo e tecnologico, dando la possibilità a tutti gli appassionati del mare di conservare al timone quell’allure Smeraldo 45 sofisticata senza rinunciare alla comodità e al comfort degli interni. Uniche nel loro genere per design, qualità dei materiali, artigianalità della lavorazione ed elevato livello di tecnologia, la barche del marchio sono in grado di soddisfare i navigatori più esigenti. Legni pregiati, tessuti raffinati, finiture curate nei minimi dettagli, nel pieno rispetto dell’antica tradizione nautica sorrentina. Affidabili, confortevoli, ma soprattutto agili e veloci, queste imbarcazioni interpretano fedelmente uno stile e uno charme tutto mediterraneo. Uno stile che, ancora oggi, primeggia in Italia e nel mondo. L’articolata gamma Apreamare comprende oggi tre linee: la classica linea dei gozzi reinterpretati in chiave moderna (dai 28 ai 64 piedi), la linea Smeraldo, (ad oggi con un 45 piedi) un nuovo gozzo con carena a punta dritta e propulsione IPS ed una linea di yacht dal design originale e sofisticato, denominata Maestro (dai 51 agli 82 piedi) ◆ yacht F.M. 38 M AGA ZINE Makr Shakr, il barista robot Presentato in anteprima durante la Milano Design Week, “Makr Shakr” è un innovativo barista robot in grado di preparare milioni di combinazioni di drink IL CAFFé SI FA CON L’APP di Francesco Mantica di Francesco Mantica hi tech A manti dei cocktail e della tecnologia, unitevi. È arrivato Makr Shakr, un robot barista in grado di preparare circa un googol - pari a 10 elevato a 100 - di combinazioni di drink. Gli amanti dei drink, tramite una App specifica, potranno chiedere al robottino di realizzare le bevande che preferiscono sulla base delle informazioni da loro fornitegli. Il prototipo è stato realizzato da un team di ricercatori e ingegneri del MIT Senseable City Lab di Boston, con la collaborazione di The Coca-Cola Company e Bacardi. Grazie alle tre braccia robotiche, i cui movimenti simulano tutte le movenze tipiche di un barman, il prototipo è così in grado di creare vere e proprie combinazioni di cocktail. Makr Shakr non solo si muove rapido e preciso come un barista esperto, ma è sinuoso e leggiadro come un perfetto creatore di drink danzante. I suoi movimenti sono stati ricreati infatti anche grazie alla collaborazione di Roberto Bolle, étoile della Scala di Milano e primo ballerino dell’American Ballet Theatre, i cui movimenti sono stati infatti filmati e utilizzati come input per la programmazione e del coreografo Marco Pelle. Il sistema si avvale inoltre di Coca-Cola Freestyle, un È rivoluzionario erogatore di bevande con funzionamento touch-screen che è in grado di offrire più di 100 prodotti al solo premere un bottone. Quando il cocktail è pronto, Makr Shakr provvede immediatamente a fornire informazioni sul drink che ha appena creato. In pieno spirito con il mondo dei social network, al termine del processo produttivo gli utenti possono godersi i drink creati e condividere i propri commenti, foto e ricette su diverse piattaforme. Ai consumatori basterà scaricare una App sul proprio dispositivo portatile per avere la possibilità di mixare gli ingredienti come dei veri e propri barman virtuali. Sarà anche possibile imparare dalle ricette e dai commenti degli altri utenti e scoprire la storia e l’evoluzione di ciascuna ricetta. Makr Shakr può combinare drink sia alcolici che non alcolici. Il robot infine, differentemente da quanto avviene con un barista umano, è inoltre particolarmente attento ad un uso responsabile dell’alcool. Il sistema di progettazione digitale permette infatti di monitorare, grazie all’introduzione di alcuni dati fisici di base, tanto il consumo di alcol come il livello di alcol nel sangue. In questo modo è possibile per il consumatore auto monitorare quanto ha bevuto ◆ un vero problema, quello del caffé. C’è chi con questa bevanda ha un rito quotidiano, e la beve solo se fatta in casa. C’è chi ne prende parecchi al giorno, per abitudine, senza pensare troppo alla qualità. E c’è chi, invece, non può fare a meno del caffé ristretto e bollente dei bar. A tutte queste categorie, se dotate di un minimo di affinità con la moderna tecnologia, potrebbe perciò interessare TopBrewer, un prodotto realizzato dall’azienda danese Scanomat: una macchina del caffé per la casa compatibile con iPhone ed iPad. Il design elegante, minimal ma ricercatissimo, la meccanica moderna, l’originale forma che lo fa sembrare un rubinetto dell’acqua, progettato però per essere integrato su qualunque tavolo, fanno di TopBrewer una macchinetta per il caffé di cui presto non potrete fare a meno. Soprattutto perché, grazie all’integrazione con iPhone e iPad, permette di realizzare con maestria svariate tipologie di bevande (espresso, cappuccino, cioccolata calda, americano, caffé macchiato, latte, caffé freddo, etc), anche con un solo comando a distanza. Sarà sufficiente scaricare dal vostro dispositivo Apple la relativa applicazione e preparare la propria bevanda preferita direttamente dal device, impostando preferenze come schiuma e dimensione del drink. Per chi non avesse l’iPhone, si può comunque utilizzare la tastiera touchscreen inclusa. Disponibile in versione domestica o professional, TopBrewer può erogare oltre 120 tazzine di espresso all’ora. Impiega infatti solo dieci secondi per un espresso 15 secondi in meno per un caffé filtrato. Una macchina in grado di fare colpo su chiunque, squisita e magica. Solo per veri intenditori ◆ hi tech LA CITTà DELLE DONNE n estate il confine fra il modo di vestire in città e al mare si assottiglia sempre di più. Si esibiscono in riunione scollature audaci, spacchi perversi, minigonne inguinali. L’unica remora a mostrare carni diafane e grigiastri pallori è largamente superata da lettini abbronzanti o da sole-fai-da-te sul balcone di casa. Esistono però abiti e insiemi con cui non ci si sognerebbe mai di scendere in spiaggia. Sia per il tessuto importante, sia per il taglio formale e impegnativo. I materiali sono leggeri tinta unita o stampati, con disegni geometrici o floreali. I colori forti ci sono, anche se bianco, beige in tutte le varianti e nero fanno la parte del leone. Nero in pole position da Costume National, sia per gli abiti che per i completi pantalone che giocano sulle asimmetrie. Bianco per l’abito con gonna a godet di Marni, per lo chemisier attillato di Cividini, per il miniabito di Calvin Klein, reso da città con una gonna di rete al ginocchio. Anche Missoni mette una rete bianca sul tubino pesca e corallo. Sono gli stessi toni usati da Diane Von Furstenberg, per il completo pantalone. Trafori al carré caratterizzano il suo tubino bianco. Anche Ports gioca di sovrapposizioni e sui bermuda rosa mette una sopragonna in tulle bianco, come la camiciona. Genny sceglie i pantaloni bianchi da accostare alla blusa in seta stampata, sui toni del bianco e del beige. Beige anche per il tailleur pantalone di Emporio Armani o per il completo mini più blusa. Emporio Armani Diane Von Furstenberg Genny I Ermanno Scervino Costume National di Luisa Espanet Dolce & Gabbana Byblos, Milano Bottega Veneta Blumarine Blugirl Iceberg Gianvito Rossi Stuart Weitzman Dolce & Gabbana Missoni Enrico Coveri Custo Barcelona Beige dominante anche da Aigner. Immancabili i colori pastello. Giorgio Armani sceglie un azzurro delicato per la blusa da abbinare ai pantaloni ampi in stampato coordinato. Custo Barcelona accosta l’azzurro al verde polveroso nel completo effetto pizzo. Molti i flash di rosso. Dal completo camicia-gonna, in seta, di Rochas al miniabito con zip di Costume National. Blumarine punta sul lilla per la morbida tuta. Mentre Ermanno Scervino sceglie un viola deciso per l’abito con volant, in alternativa all’arancio. Tinte solari per giacche e pantaloni da Iceberg. Negli stampati il fiore è in primo piano, classico come nell’abito in chiffon di Blugirl o geometrizzato come negli chemisier di Bottega Veneta. Righe rivedute per il bain de soleil effetto frangia di Bottega Veneta e geometrie ipercolorate da Byblos Milano. Non mancano le fantasie “outsider”, come lo chiffon a stampa pop dell’abito di Enrico Coveri. O la seta con decorazioni da carretto siciliano per l’abito di Dolce & Gabbana. Grande varietà negli accessori. Si passa dal secchiello dipinto di Dolce & Gabbana al bauletto in pelle verde bandiera di Michael Kors, alla lineare borsa con manici di Aigner, alla tracolla con inserti colorati di Santoni. Ampia scelta anche nelle scarpe. Infradito con farfalla da Car Shoe o francesina gialla con pietre da Albero Guardiani. Per le “stiletto addicted” sandali di Gianvito Rossi e Stuart Weitzman, décolleté di Geox e stringate aperte in punta di Santoni ◆ 44 45 M AGA ZINE M AGA ZINE Luxury SELECTIONS Insider Magazine ha selezionato il best top frame uomo e donna, un mosaico diverso del look contemporaneo che unisce sapientemente valore del dettaglio ed eccellenza artigianale… di Paolo Briscese 1 1. James Franco indossa total look Gucci Made to Measure collection Gucci 1 2. Orologio U- 42 Unicum, U-Boat Italo Fontana 3. Sacca da golf “La Damier” in pelle bovina Louis Vuitton 4. Penne collezione “Albert Einstein” limited edition Montblanc 3 2 3 2 1. Miniaudiere con bottoni argentati Louis Vuitton 2. Parure in oro bianco con diamanti Giovannetti Jewellery 3. Abito bustier con gonna baloon di pailettes Fendi 4 4. Sandalo-gioiello con tacco rivestito di seta e ricamato con pietre semipreziose Conspiracy 4 Brioni P Missoni Enrico Coveri Uomo metropolitano er l’uomo, a differenza che per la donna, si può parlare di un abbigliamento da estate in città, ovviamente se si fa riferimento a persone mature o che lavorano in ambienti dove si deve rispettare una certa forma. Quasi sempre, quindi, è previsto se non l’abito almeno lo spezzato, portato con camicia, magari senza cravatta, o addirittura con T-shirt. È importante quindi scegliere capi in tessuti leggeri, poco stropicciabili e con una vestibilità confortevole. Quello che si può concedere è un colore più acceso, oppure un dettaglio ironico, o una scarpa in tinta a contrasto. Daks, per esempio, in sfilata dimostra come il classico completo beige con giacca doppiopetto e pantaloni con risvolto, può essere ringiovanito dal mocassino senza calze o da un vistoso fiore all’occhiello, invece della pochette. Sui toni del beige l’inconsueto spigato dell’abito di Missoni. Spigato inedito anche per quello di Giorgio Armani con giacca destrutturata dal collo sciallato e pantaloni ampi e comodi. Sotto, camicia bianca senza cravatta. Allo spezzato lo stilista, invece, accosta una T-shirt mélange, nei colori coordinati ai blazer. Perfetto per il manager, non convenzionale, l’abito in lino di Brioni in un inedito color rubino. Trussardi sceglie per il completo dal taglio iperclassico il giallo pastello, Massimo Rebecchi Santoni Jimmy Choo Giorgio Armani Giorgio Armani in una sfumatura leggermente più scura di cartelle e borse da viaggio in nappa. Enrico Coveri punta su un tessuto azzurro cangiante. Mentre Massimo Rebecchi osa il turchese. E addirittura il rosa, per la confortevole Fly Jacket in jersey di cotone. Toni forti anche per le camicie di cotone secondo Xacus. Non mancano neanche gli stampati. Solo per i più audaci la camicia con i pupi siciliani su fondo rosso di Dolce & Gabbana. Per quel che riguarda le scarpe, il modello più proposto è il mocassino. Con frangia in vacchetta e camoscio quello di Jimmy Choo, in pelle invecchiata quello di Santoni. Stringata sì, ma in camoscio bluette, da Alberto Guardiani ◆ 50 51 M AGA ZINE M AGA ZINE A ROMA DAL 20 AL 22 SETTEMBRE TRE GIORNI DI PEDIATRIA GRATUITA Geox Geox P er la prima volta a Roma il più grande appuntamento della pediatria italiana: dal 20 al 22 settembre presso il Palazzo dei Congressi, ‘Nativity’ è una tre giorni dedicata alla consulenza specialistica e alla prevenzione. Circa 150 gli specialisti della Società italiana di Pediatria (che raccoglie circa novemila pediatri in tutta Italia) presenti nei 20 studi medici allestiti per l’occasione per effettuare controlli gratuti. Un evento che include tutte le branche della Medicina infantile: dermatologia, cardiologia, endocrinologia, neonatologia, odontoiatria, oculistica, solo per citarne alcune. E poi workshops e convegni aperti a famiglie, insegnanti e associazioni. Per i piccoli pazienti una ludoteca di oltre 1400 mq dove poter giocare assistiti. Pensato come un viaggio nel mare trasparente dell’infanzia, Nativity vuole anche essere l’occasione per ricongiungere il Bam bini d ’estate kids Pinco Pallino P er i bambini non ha senso parlare di vestiti per l’estate in città. A parte il costume da bagno, o un minuscolo prendisole per le bambine, tutto può andare bene. E’ però vero che negli ultimi giorni di scuola, o di asilo, può capitare che non ci sia il sole e quindi è meglio prevedere qualche capo più coprente. Geox per il maschio suggerisce il giubbotto di tela stile campus, da portare con T-shirt o polo e bermuda. Per la femmina il giubbino jeans delavé da accostare all’abito in maglia a righe con balza sulla gonna. Fun & Fun invece propone una leggera camicia in denim da sovrapporre alla T-shirt stampata e pantaloni lunghi giallo limone. Insieme perfetto, sia per lui che per lei. Da accessoriare con mocassini o con le sneaker, magari con stelline tipo bandiera americana, come quelle di Zecchino d’oro. La fine della scuola è anche un momento di feste e festicciole. Alle bambine quindi piacerà sfoggiare un vestitino. Può essere con rose rosse tridimensionali come quello di Pinco Pallino o in organza a margherite bianche su fondo giallo come quello di Miss Grant ◆ nucleo familiare, ‘luogo’ fondamentale per la salute psicofisica del bambino, come spiega Giovanni Corsello, presidente della SIP: “Il nostro compito non è più solo quello di tutelare la salute fisica dei bambini, ma anche quello di promuovere il benessere in famiglia e nella società, migliorando la qualità dell’adulto di domani”. Non a caso, il convegno di apertura della manifestazione sarà dedicato ai diritti dei bambini. A sostegno anche le forze politiche: l’ex ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, madrina d’eccezione dell’evento, afferma che sono benvenute “le iniziative come Nativity, che possono aiutare i bambini a crescere nel corpo e anche nella mente”. Non bisogna infatti farsi ingannare dal fatto che “ai bambini di oggi non manca nulla - conclude - perché questo per certi versi li rende ancora più fragili e bisognosi di protezione” ◆ Per maggiori informazioni: www.nativityproject.eu 52 53 M AGA ZINE M AGA ZINE Elio Fiorucci la rivoluzione del costume È l’uomo dell’insurrezione pacifica. Una rivolta dolce, fatta di colori pop, oggetti di design e capi d’abbigliamento che hanno lasciato un segno indelebile e anticonformista nell’immaginario collettivo F onte inesauribile di idee, provocante e ironico nella comunicazione. Semplicemente Elio Fiorucci, artefice di un cambiamento epocale nel modo di vestire e di arredare. Tutto ha inizio nel 1967, quando apre il suo primo negozio a Milano, vicino San Babila. Una finestra sul mondo con le novità di Carnaby Street, le hit parade londinesi e quelle statunitensi. Nasce così un universo in cui arte e moda si incontrano. Le sue creazioni diventano fenomeni di costume, feticci e icone di stile. Uno stile amato da star e personalità dell’arte e dello spettacolo. Ma sempre alla portata di tutti. È il 1970 l’anno in cui “Fiorucci” diventa un vero e proprio marchio, adottando come logo due angioletti vittoriani. Un’icona che, da allora, diviene il simbolo globale del brand. Il successo inarrestabile lo porta oltreoceano, a New York. Nasce nel 1976 il Fiorucci Store sulla 59esima Strada e subito diventa un luogo cult per gli intellettuali newyorkesi. Primo fra tutti Andy Warhol, che sceglie la vetrina del negozio per il lancio del suo rivoluzionario giornale “Interview”. Una longevità, quella dello stile Fiorucci, che è insita nella filosofia di vita di Elio. Un ottimismo innato e un desiderio di libertà, rispecchiato nelle sue creazioni e nel modo di lavorare. Unico diktat: la libertà di fare. Nel 2003 Elio Fiorucci lancia la sua ultima rivoluzione: “Love Therapy”. La nuova rivoluzione è quella dell’amore? Non solo una rivoluzione del costume. É un modo di pensare, un modo di essere. Essere ottimisti. Tu sei stato l’autore di una rivoluzione pacifica, quella del costume. Cosa è successo in quegli anni che rivoluzionarono il mondo? Ho cavalcato una rivoluzione del costume che era già in atto. Mi rifacevo al movimento hippy, che voleva cambiare il mondo con dei valori nuovi. La mia è stata una rivoluzione pacifica, perché non aveva nessuna ideologia politica. Era legata esclusivamente al gusto, alla liberalizzazione dei colori e degli stili. Finalmente non vestivamo più secondo cliché predefiniti. Una rivoluzione che ha cambiato non solo il modo di vestire, ma il modo di vivere. Il 31 maggio 1967 c’è l’inaugurazione del tuo primo store nel cuore di Milano. La tua rivoluzione ha inizio da quella data? Nell’ambiente della moda ero già conosciuto come un personaggio estroso e in città si era sparsa la voce che sarebbe successo qualcosa di straordinario. A dimostrare il clamore suscitato dall’evento e la sua straordinarietà, fu l’arrivo di Adriano Celentano e la sua compagna di allora, Milena Cantù, a bordo di una Cadillac rosa con tutto il Clan al seguito. Fu un evento non pianificato ma che ebbe un forte eco mediatico. Il tuo primo store milanese offriva un’esperienza multisensoriale, tra musica, profumi, divertimento e trasgressione. È stato il primo concept store, con libri, musica, abiti, accessori e design. Tutto ciò che c’era di nuovo nel mondo si poteva trovare nel negozio. Sembrava di arrivare su un nuovo pianeta, dove ti potevi sentire a tuo agio. Non è stata dunque una rivoluzione difficile, perché il desiderio di cambiamento fu accolto e compreso da tutti. Tantissime le celebrità che hanno frequentato i tuoi negozi. Nomi illustri come Andy Warhol, Paulo Coelho e Keith Haring. Nel 1976 a New York nasceva il Fiorucci Store, progettato da Ettore Sottsass e Andrea Branzi. Divenne in breve tempo un ritrovo “in” per tutti i newyorkesi. Ricevevamo le visite di artisti come Madonna e Jean-Michel Basquiat. Andy Warhol nel suo diario scriveva: “È il negozio che mi piace di più. È divertente, perché è tutto colorato e tutto di plastica” (dai “Diari di Andy Warhol” redatti da Pat Hackett, nota di mercoledì 21 dicembre 1983, n.d.r.). La boutique di piazza San Babila invece, venne ridipinta da Keith Haring che nel 1984, in due giorni e due notti, fece il restyling dello store, “trasformandolo” in una galleria d’arte. Sei sempre stato circondato da menti creative. Tra i tanti, chi ti ha lasciato un ricordo particolare? Sicuramente Andy Warhol. Un giorno mi invitò nella sua inaccessibile casa. Una casa arredata con mobili e tele antiche dell’Ottocento. Ci soffermammo su un dipinto che aveva come soggetto un paesaggio agreste. Andy, in quel preciso istante, riuscì a “decifrare”, senza conoscerlo, il mio passato: l’adolescenza in campagna e un rapporto con la natura mai interrotto. Un uomo dalla sensibilità straordinaria. Cosa aveva di speciale? Era un uomo di grande intelligenza. Mai definitivo nelle sue scelte ma sempre aperto al nuovo e al bello. La sua casa ne era la dimostrazione. L’arte antica unita alla modernità, di cui lui in quegli anni era il maggior esponente. Mi dimostrò che era possibile far convivere due mondi così distanti. Tuttora resto incantato dalla capacità del pennello di alcuni pittori. Ma, anche se il paragone potrebbe sembrare azzardato, provo la stessa sensazione di fronte ad un quadro del Caravaggio come davanti ad una fotografia di Oliviero Toscani. L’arte non conosce età. Oggi che gli anni Ottanta sono lontani, la moda ha ancora una funzione rivoluzionaria? Non si è perso lo spirito di quell’epoca. Grazie ad internet siamo al centro di una vera rivoluzione. Una “macchina” che cresce e unisce talenti. Ti permette di esplorare ogni parte del mondo e questo è un toccasana per la curiosità umana, che è il motore del cambiamento. Forse ancora non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati. Elio, è nata “Love Therapy”. La nuova rivoluzione è quella dell’amore? L’amore è fondamentale nella vita di ogni uomo. Senza amore, nulla ha un senso. Nasciamo da un progetto d’amore e tutto si crea grazie all’amore. È necessario vivere con amore ed entusiasmo. È stata la filosofia che ho portato nei miei inteview di Massimiliano Augieri e Antonio Carnevale negozi. Una sorta di terapia. Così nasce “love Therapy”. Non solo una rivoluzione del costume. É un modo di pensare, un modo di essere. Essere ottimisti. E dagli angioletti siamo passati ai nanetti. Frutto della mia fantasia e del mio inesauribile amore per la campagna. Cercavo un’immagine che ricordasse la libertà, la spensieratezza e il vivere nella natura. Mi sono sembrati perfetti. Qual è il capo d’abbigliamento “cult”, dello stile Fiorucci? I jeans. Parola di Bruce Springsteen che ha dichiarato: “Quando il Metropolitan mi ha chiesto un oggetto simbolo della mia personalità da esporre, ho dato la mia chitarra e i miei blue-jeans Fiorucci”. Jeans che abbiamo poi trasformato da semplice capo da lavoro a capo fashion per le donne. Oggi tutte le ragazze girano il mondo con un paio di jeans. Oggi dove ritrova la Londra di allora, fonte di ispirazione per il giovane Elio? Ieri come oggi, Londra rimane il centro culturale più importante e vitale. La città che era, con Carnaby Street, il cuore pulsante della moda, continua ad essere all’avanguardia, offrendo la possibilità a giovani talentuosi di produrre e vendere i loro prodotti liberamente, in mercatini come Spitalfields. Elio, c’è qualcosa nella sua lunga carriera che vorrebbe ancora realizzare? Un mercatino a Milano dove poter ospitare i giovani creativi e le loro produzioni, dall’abbigliamento al design, fino alle nuove tecnologie. Dove possano esporre e vendere la loro creatività senza permessi speciali e tasse. Dove tutto possa essere propedeutico a sperimentare. Solo così si possono aiutare i giovani. Oggi la loro intraprendenza viene soffocata dalla burocrazia. I nostri amministratori non hanno ancora capito che le grandi imprese sono nate tutte da piccoli artigiani ◆ Prossima fermata, Louis Vuitton Cup Dove può arrivare questa Luna Rossa? di Fabio Colivicchi L una Rossa sbanca Napoli e fa sognare i tifosi. Chiuse senza rimpianti le World Series, l’America’s Cup guarda a San Francisco. Facciamo il punto sulle possibilità della sfida italiana. E degli avversari. Una settimana di gloria napoletana per Luna Rossa e Francesco Bruni, in forma strepitosa, prodotto doc della vela sport ph Roberto della Noce/Blu Passion azzurra. Il timoniere palermitano, pupillo di Patrizio Bertelli sin dal 2000, ha conquistato ancora la vittoria nel golfo, e soprattutto ha fatto intendere ai tifosi di Luna Rossa che la sfida italiana può davvero arrivare lontano, molto lontano. Quanto? Il consueto cuore della folla partenopea è il saluto beneaugurante dell’Italia velica alla sfida italiana in partenza per le fasi finali, quelle vere, della Coppa a San Francisco. I Bertelli-boys, oltre al pubblico di casa, hanno conquistato anche il rispetto degli avversari. In California sarà un’altra storia, ma quella grigiorossa di Prada è una squadra seria, compatta, forte. Può essere competitiva nella Louis Vuitton Cup, prossima fermata... cerchiamo di capire dove può arrivare la Luna. Quali sono le reali speranze della sfida italiana di Luna Rossa Challenge 2013? Nata in sordina, arrivata buona ultima, e frutto dell’accordo con Emirates Team New Zealand, la sfida di Patrizio Bertelli guidata da Max Sirena ha confermato in questi due anni i segni caratteristici della storia di Luna Rossa. Serietà, stile, grande organizzazione, qualità e idee. La fantasia può essere l’arma in più, in vista della XXXIV America’s Cup. 56 M AGA ZINE La massa di novità (i catamarani mostruosi di 72 piedi, le ali rigide, i foils che fanno volare, i nuovi formati di regata, il rischio scuffia o avarie) in ballo, rende il gioco interessante e per nulla scontato. Finita la sbornia (si fa per dire) delle Series che avrebbero dovuto propagandare la Coppa nel mondo, adesso restano solo quattro squadre in campo: un defender e tre sfidanti. Del defender Oracle si è detto tutto, i vantaggi strategici che si è presa la coppa Larry Ellison-Russell Coutts hanno fatto gridare quasi allo scandalo, ma poi la rovinosa scuffia di USA17 li ha (per un po’) riportati sulla terra. Chiunque vinca la Louis Vuitton dovrà vedersela con un detentore che gioca in casa e che avrà un mezzo di ultimissima generazione (il varo del secondo AC72 americano è previsto domani, non a caso...) e un equipaggio di superstar. Dei tre sfidanti a occhio il favorito sembra Emirates team New Zealand, che appare il consorzio più avanti con il lavoro e più solido nei mezzi e nelle convinzioni. Mentre il challenger of record Artemis ha dovuto cambiare strada in corsa e il primo AC72 si è rivelato un flop e una perdita di tempo. Luna Rossa è una via di mezzo: ha svernato in Nuova Zelanda lavorando con ritmi e filosofia kiwi, è cresciuta tecnicamente e punta tutto sulla affidabilità. Paul Cayard, o almeno l’Artemis visto (o non visto) finora, è battibile, quindi per Luna Rossa l’obiettivo è la finale della Louis Vuitton Cup contro gli “amici” di Emirates Team New Zealand. Poi si vedrà. Non si è sempre detto e ripetuto che ogni regata fa storia a se, e che una regata non termina finché non si taglia il traguardo? ◆ ph Roberto della Noce/Blu Passion America’s Cup World Series Napoli Classifica finale serie di flotta 1. Luna Rossa Swordfish (Francesco Bruni) - 80 punti 2. Oracle Team USA (Tom Slingsby) - 80 3. Emirates Team New Zealand (Dean Barker) - 71 4. Luna Rossa Piranha (Chris Draper) - 70 5. J.P. Morgan BAR (Ben Ainslie) - 65 6. Energy Team (Yann Guichard) - 58 7. Artemis Racing White (Charlie Ekberg) - 40 8. HS Racing (R. Hagara/H.S. Steinacher) - 36 9. China Team (Mitch Booth) - 30 © ACEA / PHOTO GILLES MARTIN-RAGET ph Roberto della Noce/Blu Passion ph Roberto della Noce/Blu Passion 58 59 M AGA ZINE M AGA ZINE Verso le Olimpiadi L’Italia del remo comincia la rincorsa ai Giochi di Rio de Janeiro 2016: Ricomposto il tandem Giuseppe Abbagnale - Giuseppe La Mura, insieme per il “Progetto Azzurro” di Enrico Tonali Il doppio di Romano Battisti e Alessio Sartori, argento olimpico a Londra 2012 “U na squadra azzurra protagonista ai Giochi di Rio de Janeiro è uno degli obiettivi della mia presidenza poiché essa sarà il traino per garantire visibilità, attrarre nuove risorse e creare un movimento più ampio di quello attuale’’. Giuseppe Abbagnale ha calato la carta della sua quinta Olimpiade, la prima da presidente della Federazione Italiana Canottaggio dopo le quattro disputate da atleta. Nel Grand Hotel Parco dei Principi di Roma, è stato presentato il “Progetto Azzurro”, un’articolata strategia per riportare ai primi posti nel mondo la flotta dai remi tricolori. Come nei vent’anni che ha trascorso in barca, il maggiore e più carismatico dei “fratelloni” di Castellammare di Stabia ha voluto accanto a se Giuseppe La Mura, medico-chirurgo di Pompei e maggior cervello tecnico italiano di tutti i tempi, come testimoniano le sue 21 medaglie conquistate quale allenatore del Circolo Nautico Stabia (e dei suoi tre nipoti Giuseppe, Carmine e Agostino Abbagnale) dal 1972 al 1992 e le 76 da d.t. azzurro dal 1993 al 2004. Medaglie pesanti ottenute in 6 Giochi Olimpici, innumerevoli Campionati del Mondo e incalcolabili competizioni continentali. Taglienti e penetranti come sempre i suoi concetti tecnici: “Il canottaggio italiano al momento è carente di atleti allenabili per l’alto livello. Un vogatore d’elevato profilo deve svolgere una preparazione adeguata al raggiungimento di questo obiettivo. Gli atleti azzurri oggi non possiedono questa preparazione. Per questo motivo ho previsto raduni molto ampi proprio per prepararli in funzione del raggiungimento dell’alto livello. Raduni che non saranno selettivi ma sono preparatori e quindi aperti a tutti. Per quanto riguarda lo sport in genere, devo dire che alla società italiana fare sport costa miliardi e questo denaro deve essere speso per ottenere medaglie: Ma per conquistarle è necessario far crescere la base, in cui il giovane fa lo sport per sé. L’atleta di alto livello fa invece sport per la propria Nazione e se non conquista medaglie - perché non è stato allenato bene - si rischia di perderlo e vanificare le risorse impiegate per la sua formazione. Questo è il mio compito, che porterò a termine nell’attuale quadriennio con l’obiettivo di tornare ad essere vincenti a Rio 2016”. Un lungo applauso - al quale si sono uniti, per il CONI, il vicepresidente Franco Chimenti, il segretario generale Roberto Fabbricini e la responsabile Preparazione Olimpica Rossana Ciuffetti - ha accolto la presentazione del Progetto Azzurro, al cui coordinamento opereranno i vicepresidenti federali Davide Tizzano e Marcello Scifoni ◆ sport La presentazione del Progetto Azzurro (da dx Franco Chimenti, Giuseppe Abbagnale, Roberto Fabbricini, Giuseppe La Mura) - ph FIC 60 M AGA ZINE 2° Condé Nast Golf Challenge 2013 Tour italiano fra buche e lifestyle Olgiata Golf Club - Roma I n tour per il bel paese. Toccherà le principali città italiane, per concludersi poi ad ottobre in Puglia, la 2° Condé Nast Golf Challenge. E’ il torneo giovane ma già cult che unisce sfide golfistiche a degustazioni, live cooking, test drive, make up session, anteprime esclusive e lavorazioni artigianali live, accogliendo ad ogni tappa golfisti ed ospiti in un villaggio allestito per l’occasione. I partecipanti si sfideranno in gare individuali con la classica formula stableford e saranno cinque per ogni tappa i giocatori qualificati alla finale, per un totale di 40 partecipanti più i tre vincitori della passata edizione. Peculiarità del torneo, come sempre, una partecipazione molto attiva da parte degli sponsor. Ognuno di essi non solo dispone infatti di una buca sulla quale viene messo in palio un premio speciale, ma contribuisce anche attivamente ad ogni tappa a rendere accogliente e pieno di sorprese il rispettivo villaggio ospitalità. EG, per fare un esempio, nel presentare le sue innovative tecnologie, regalerà momenti di esposizione e creazione culinaria a cura degli chef del circuito Jeunes Restaurateur d’Europe; Borgo Egnazia, il raffinatissimo resort che accoglierà i giocatori e gli ospiti della finale, proponendo ai partecipanti selezionati pacchetti speciali; Citroën metterà in palio una DS3 Cabrio che verrà assegnata al golfista che riuscirà a realizzare un “hole in one”; Lacoste proporrà in esclusiva le sue collezioni, mentre Trollbeads metterà a disposizione dei presenti un’artista del vetro che realizzerà in loco i gioielli della casa. A dare il via alla prima delle 8 gare della Golf Challenge è stato il Royal Park di Torino lo scorso 4 maggio. A seguire, il torneo proseguirà presso il Golf Club Carimate (CO), il Golf Club Milano; il Circolo del Golf dell’Ugolino (FI), il Circolo Golf Venezia, il Golf Club Campo Carlo Magno a Madonna di Campiglio (TN) per poi arrivare all’Olgiata Golf Club (Roma), al Golf Club Padova e giungere infine alla Finale Nazionale, prevista per il 4/6 ottobre nel bellissimo percorso del San Domenico Golf, in Puglia ◆ golf F.M. 62 63 M AGA ZINE M AGA ZINE Audi Gold Cup: il grande polo torna a Roma Si disputerà all’Acqua Acetosa, Dal 25 al 29 giugno, sul campo del Roma Polo Club, calcato anche da Elisabetta d’Inghilterra e Soraya di Persia di Enrico Tonali La Principessa Elisabetta d’Inghilterra premia nel 1951 il capitano del Roma Polo Club che ha giocato contro quella inglese guidata da Filippo di Edimburgo L a truppe tedesche in ritirata vi avevano abbandonato un loro potente carro armato Tigre in avaria. Quelle alleate, entrate a Roma il 4 giugno 1944, vi scaricarono il munizionamento difettoso, facendo diventare quei campi - dopo l’Acqua Acetosa, fra il Tevere e il rilevato che 15 anni dopo ospiterà l’Olimpica - un micidiale parco-giochi per l’incosciente felicità dei ragazzini dei Quartieri Flaminio e Parioli. A bonificare tutto arrivarono finalmente il Roma Polo Club e il CONI. Mentre l’ente olimpico costruì la Scuola dello Sport nella zona adiacente la ferrovia Roma Nord, i soci del circolo si trasferirono da Villa L’Imperatrice Soraya sul campo del Roma Polo Club nel 1953 Glori sul tratto di campagna verso il Tevere, liberandolo pure da una discarica di calcinacci. Il Roma Polo Club era stato fondato dal duca di Spoleto Aimone di Savoia nel 1930 (partita inaugurale il 10 maggio) utilizzando come primo campo di gioco il prato - sistemato da un tecnico specializzato - all’interno dell’ippodromo di Villa Glori, messo a disposizione dalla Società Corse al Trotto creata nei primi Anni Venti dal costruttore capitolino Vincenzo Benedetti. Aimone - che probabilmente aveva conosciuto il polo sull’isola Maggiore di Brioni, dove l’antico sport era polo Aimone di Savoia sul campo del Roma Polo Club nell’aprile 1931 approdato nel lussuoso complesso alberghiero creato all’epoca degli Asburgo, poi divenuto italiano ed ora croato - divenne duca d’Aosta il 3 marzo 1942 a seguito della morte del fratello Amedeo nel campo di prigionia inglese a Nairobi, in Kenya. Dopo la sua scomparsa nel 1948 a Buenos Aires - capitale del polo mondiale - il Roma Polo Club gli ha intitolato il suo trofeo più prestigioso, la Coppa Challenge Duca d’Aosta, la cui 56.a edizione quest’anno (come nel 2006 e dal 2010 al 2012) sarà disputata insieme alla seconda tappa dell’Audi Gold Cup 2013 - il Roma Summer Polo - sul rettangolo di Via dei Campi Sportivi 43, da martedì 25 a sabato 29 giugno. Il campo del Polo Roma Club, oltre che da grandi giocatori di tutto, è stato calcato pure da storiche teste coronate. Nel 1951, appena inaugurato (la prima casina sociale fu una baracca in legno poi sostituita da una tenda militare) a premiare i vincitori della Coppa Duca d’Aosta fu la venticinquenne principessa Elisabetta d’Inghilterra, già allora con l’immancabile cappellino, che l’anno dopo sarebbe salita al trono del Regno Unito. Nel 1953 il quartetto primo classificato ricevette invece il trofeo dalla stupenda Soraya Esfandyari che due anni prima, diciannovenne, era diventata imperatrice di Persia ◆ 64 65 M AGA ZINE M AGA ZINE 81° CSIO DI ROMA PIAZZA DI SIENA FIXDESIGN HORSE RIDING: TRADIZIONE E RINNOVAMENTO INFRONT E FISE INSIEME A PIAZZA DI SIENA CON UN NUOVO PROGETTO All’insegna di tradizione e rinnovamento anche il ritorno nell’ovale di Villa Borghese di Infront, che rientra nell’entourage organizzativo come partner della Federazione Italiana Sport Equestri per i prossimi quattro anni. “Per l’edizione 2013 dello CSIO di Roma Piazza di Siena Fixdesign Horse Riding - ha commentato Marco Bogarelli, Presidente di Infront Italy - Infront si occuperà, oltre all’area commerciale della manifestazione, dell’intera gestione tecnica dell’evento con l’allestimento delle scuderie, del campo di gara e delle aree a bordo campo, sotto la supervisione della FISE. Siamo orgogliosi - ha proseguito Bogarelli - della decisione della FISE di voler affidare a Infront un aspetto così importante del concorso e di continuare ad affidarsi a noi per la tradizionale gestione dell’area marketing e sponsorship, così come dell’hospitality, vero e proprio fiore all’occhiello dell’evento capitolino, uno dei più importanti appuntamenti per il networking e le relazioni pubbliche”. “La Federazione Italiana Sport Equestri - ha dichiarato il presidente federale Antonella Dallari - ha lavorato quest’anno con l’intento di offrire una nuova veste allo CSIO di Roma Piazza di Siena Fixdesign Horse Riding. Il progetto portato avanti dalla FISE per l’81a edizione, infatti, tende a restituire all’appuntamento capitolino il prestigio di una volta, non intaccando le bellezze naturalistico-architettoniche offerte dalla splendida e storica location, ma anzi impegnandosi affinché le stesse vengano esaltate e valorizzate”. Un progetto, quello di quest’anno, realizzato all’insegna della tutela di uno degli spazi verdi più amati dai romani, Christian Ahlmann su Taloubet Z - ph Proli con l’obiettivo di offrire agli spettatori uno show sempre più coinvolgente e alla città di Roma una sempre migliore visibilità nel panorama internazionale come location d’eccellenza, per uno sport senza tempo come quello dell’equitazione. Con lo CSIO di Roma Piazza di Siena Fixdesign Horse Riding, Infront inaugura anche il proprio ruolo di marketing agent della FISE: grazie all’accordo siglato di recente Infront sarà infatti impegnata per il prossimo quadriennio come advisor FISE per lo sfruttamento dei diritti marketing e sponsorship della federazione ◆ info: www.piazzadisiena.com EquiEquipe Ludger Beerbaum su Gotha - ph De Lorenzo H a passato gli ottanta ma è più affascinante che mai… Sport di alto livello, ma anche di tradizione, cultura, glamour e mondanità. Dal 23 al 26 maggio, con l’edizione numero 81, il Concorso Ippico Internazionale Ufficiale di Roma - Piazza di Siena Fixdesign Horse Riding volta pagina e per l’ingresso nel nuovo decennio di vita si presenta al suo pubblico con un progetto novità che esalta e rispetta fortemente l’eccezionale cornice di Piazza di Siena, garantendo la massima tutela di questo storico sito dove, sin dall’inizio degli anni ’20, i migliori cavalli e cavalieri di tutto il mondo hanno scritto la storia dell’equitazione internazionale. All’insegna di tradizione e rinnovamento anche il ritorno nell’ovale di Villa Borghese di Infront, cui la Federazione Italia Sport Equestri, anch’essa all’inizio di un nuovo corso, ha affidato l’organizzazione per i prossimi quattro anni. 67 M AGA ZINE Secondi per un soffio Al Concorso Internazionale di Completo di Montelibretti l’Italia sfiora il successo, andato ad un binomio belga. A noi l’ammirazione dei giudici stranieri per l’organizzazione perfetta “N oble Belgique, ô mère chérie”. Lamicell Unique, in sella la bionda Karin Donckers, ha fatto risuonare la Brabanconne - la Canzone del Brabante, inno nazionale belga - al Centro Militare di Equitazione di Montelibretti, al termine del Concorso Internazionale di Completo 3 stelle, nel quale il bel sauro di 9 anni con una lunga lista bianca sul muso ha superato di appena 0,80 punti il binomio italiano di Dunbeggin Imp e Lino Paparella, dell’Axia Team di Fiumicino. Una gara tirata, vinta dalla coppia fiamminga grazie soprattutto all’ottima performance del dressage. Perfetta l’organizzazione che ha strappato al giudice internazionale Christina Klingspor, parole di grande ammirazione per la manifestazione: “Quella di Montelibretti è una location che esprime sul campo un alto livello di organizzazione e affidabilità. E’ stato un onore, per me, essere parte di questo evento”. Con al terzo posto un altro binomio azzurro, Sunshine Sweet e Marco Cappai, soddisfatto pure il maggiore Andrea Mezzaroba, tecnico federale di Completo: “Sono contento delle prestazioni dei nostri cavalieri anche se, per il futuro, dobbiamo cercare di avere una maggiore partecipazione di binomi italiani nella categoria 3 stelle. Abbiamo diversi cavalieri in grado di ben figurare a questo livello”. Al Concorso di Montelibretti ha partecipato pure uno dei migliori ostacolisti italiani, Juan Carlos Garcia, che ha voluto tornare con Off Set alla disciplina che nel 2009 lo ha visto medaglia d’argento agli Europei in Francia ◆ E.T. 71 Venez ia: sa pore d i spez ie M AGA ZINE Venezia Venezia Le Repubbliche Marinare Il Bacino di San Marco nel XVII secolo in un dipinto di Francesco Guardi L a potenza di Venezia, “La Serenissima”, nacque dallo sviluppo dei rapporti commerciali con l’Impero Bizantino, di cui formalmente fece inizialmente parte, pur nell’ambito di una sostanziale indipendenza. Venezia rimase anche in seguito alleata a Bisanzio nella lotta contro Arabi e Normanni. Intorno all’anno Mille cominciò la sua espansione nell’Adriatico, sconfiggendo i pirati che occupavano le coste dell’Istria e della Dalmazia e ponendo la regione e le sue principali città sotto il suo dominio. All’inizio del Duecento, raggiunse il culmine della propria potenza, dominando i traffici commerciali nel Mediterraneo e con l’Oriente. Durante la quarta crociata (1202-1204), la sua flotta fu determinante nell’acquisizione del possesso delle isole e delle località marittime commercialmente più importanti dell’impero bizantino. La conquista degli importanti porti di Corfù (1207) e Creta (1209), le garantì un commercio che si estendeva a Levante e raggiungeva la Siria e l’Egitto, punti terminali dei flussi mercantili. Alla fine del XIV secolo, Venezia era divenuta uno degli stati più ricchi d’Europa. Il suo dominio nel Mediterraneo orientale, nei secoli successivi, fu minacciato e compromesso dall’espansione dell’Impero ottomano in quelle aree, nonostante la grande vittoria navale nella battaglia di Venezia - Francesco Guardi Venezia - Francesco Guardi Lepanto del 1571 contro la flotta turca, combattuta insieme alla Lega Santa. La Serenissima Repubblica di Venezia ebbe forte espansione anche sulla terraferma, diventando la più estesa delle Repubbliche Marinare e fu lo Stato più potente del nord Italia fino al 1797, quando Napoleone invase la laguna veneta e conquistò Venezia. Dopo la caduta della Repubblica Cisalpina, Venezia tornò indipendente, ma era ormai ridotta a una piccola città - stato. Il Maggior Consiglio decretò lo scioglimento dei moltissimi organi che amministravano la repubblica e fu costretto a mettere a capo della città un Duca cadetto degli Asburgo. Venezia cadde definitivamente nel 1848, quando il Generale Radetzky la unì al regno Lombardo Veneto, controllato dall’Austria, di cui era capitale Milano. In quest’occasione, venne sciolta l’ultima magistratura veneziana, la Serenissima Signoria e Venezia rimase all’Austria fino al 1866, quando il Veneto passò nel Regno d’Italia. Per tutta la sua lunga storia, acquisì il controllo delle vie commerciali, diventando il principale centro di smistamento delle spezie in Italia e in Europa. Le spezie ebbero un’importanza particolare nella cucina medievale e spesso il loro costo elevato garantiva loro una posizione di “status symbol”, di privilegio sociale per chi poteva permettersele. Ma l’uso delle spezie era noto già nella cucina dell’antica Roma, che le aveva apprezzate, in particolare il pepe. Nel Medioevo altre se ne aggiungono: cannella, chiodi di garofano, zenzero, noce moscata, macis, meleghetta e tante altre. Al prestigio, si aggiungeva la convinzione che il loro utilizzo facilitasse i processi digestivi e giovasse alla salute. Tra i privilegi commerciali concessi a Venezia, va ricordato un documento del 1082, un privilegio di libero commercio rilasciato dall’Imperatore Alessio I Comneno ai veneziani, per ricompensarli dell’aiuto ricevuto nella lotta contro i Normanni dell’Italia del Sud. Altra componente notevole della gastronomia veneziana è costituita dall’influenza dei cibi ebraici, “ricevuti” a causa della presenza, a Venezia, del ghetto ebraico. L’etimo “ghetto” si fa risalire al fatto che nel luogo in cui gli ebrei veneziani furono costretti a risiedere, vi era precedentemente una fonderia. Nel veneziano del XIV secolo, la parola “gèto” corrisponde all’italiano getto, cioè gettata di metallo fuso. Secondo alcuni, gli ebrei di provenienza tedesca, pronunciando la parola con la -gdura, diedero origine al vocabolo tuttora in uso. Da tale «contaminazione», deriva l’uso del rafano (originario della penisola balcanica), la cui parte commestibile è contenuta nella radice e ha sapore pungente, simile alla senape. Con la radice grattugiata, mescolata con olio, aceto, sale, pepe e pangrattato, i veneziani producono una pasta delicata, adatta per accompagnare carni bianche e rosse, oltre ai bolliti. Il Saor “Grillo, sentì, fio mio, tolè la sporteletta; Voggio che andè da bravo a farme una spesetta. In pescaria ghe xe del pesce in quantità; M’ha dito siora Catte, che i lo dà a bon marcà. Un poche de sardelle vorria mandar a tor, Per cusinarle subito, e metterle in saor.” Carlo Goldoni, da “Le donne de casa soa” Il “Saor” Il “saor” (sapore), è un vero e proprio atto costitutivo della vita civile veneziana, piatto rituale per la Festa del’Ascensione e presente in molte citazioni letterarie, a cominciare dal grande Goldoni. Il “saor” era il metodo di conservazione che usavano i pescatori veneziani, che avevano l’esigenza di mantenere il cibo a bordo il più a lungo possibile. Il Maffioli lo definisce: “Cibo di marinai e scorta di terraferma”. Una volta cotte le cipolle con aceto e olio, si posavano a strati intermezzati da sarde fritte in contenitori di terracotta. Col passare del tempo alla ricetta fu aggiunta l’uva sultanina, che serviva a favorire la digestione, mentre la ricetta moderna prevede anche i pinoli. Il “saor” si affianca a molte versioni simili elaborate autonomamente (come il “carpione” dei laghi di Lombardia e lo “scapece” del mezzogiorno d’Italia), accomunate dalla basilare idea di trattare il pesce (o le verdure) con aceto, per esaltarne le caratteristiche e allungarne la conservazione e anche, secondo le antiche prescrizioni della dietetica antica, per compensarne la qualità “fredda” e renderlo più digeribile. 72 M AGA ZINE 73 M AGA ZINE BENVENUTI NELLA “MIA CUCINA ALL’ITALIANA” La nuova rubrica tv dello chef Fabio Campoli ogni giorno su Rete 4 Gli zaleti Gli “Zaleti” Tra i dolci più tipici della tradizione veneta, sono biscotti dall’aroma intenso e raffinato, perfetti da abbinare con un vino frizzante profumato come il Prosecco della Valdobbiadene. Un tempo dolci tipici del Carnevale, ora vengono consumati durante tutto l’anno, ma affondano le loro radici nel mondo contadino. Come tutte le ricette di origine contadina, anche gli “Zaleti” venivano preparati in modo diverso da ogni massaia, che si adattava a prepararli con gli ingredienti a sua disposizione. Ma la caratteristica peculiare di questi biscotti è il tipico colore giallo (da cui il nome “Zaleti”), derivante dalla presenza della farina di mais nel loro impasto, un ingrediente presente praticamente in tutte le case contadine nei secoli passati. Della diffusione degli “Zaleti” è testimone anche Carlo Goldoni, che ne “La buona moglie” del 1749, in uno scambio di battute tra i protagonisti, nomina gli “Zaleti” come esempio di prodotto economico, dandoci così una conferma indiretta della loro origine. Ingredienti (per 5 persone) 350 g di farina di granoturco di media grana 100 g di zucchero 250 g di farina 150 g di burro o strutto 90 g d’uva passa 70 g di pinoli un pizzico di lievito 2 uova un bicchiere di latte fresco un pizzico di vaniglia scorza di limone grattugiata Preparazione Mescolare le due farine con il lievito e unire il burro allo zucchero. Aggiungere le uvette, ammorbidite in acqua tiepida, i pinoli, il latte, la grattugia di limone e la vaniglia, fino a ottenere un composto filante. A mano, formare tanti piccoli ovali di 7-8 cm di lunghezza. Metterli uno accanto all’altro su una piastra leggermente imburrata e porli nel forno ben caldo. La cottura, normalmente di 20-25 minuti, può variare a seconda della grandezza degli “zaleti”. Venezia I “Baìcoli” I “baìcoli” sono biscotti venduti in tradizionali scatole gialle di latta e consistono in sottili fette tagliate da un piccolo panetto allungato, lasciate accostate nella posizione originale. Secondo alcune fonti, il nome deriverebbe da quello locale del cefalo di taglia minuta, chiamato “baìcolo”. Nel “Dizionario del dialetto veneziano”, pubblicato nel 1829, Giuseppe Boerio così descrive il baìcolo: “Pasta reale condita di zucchero, spugnosa, biscottata, che s’inzuppa nel caffè o simili bevande. Dicesi baìcolo per similitudine, benché grossolana, alla figura dei piccolissimi cefali”. Erano i biscotti della “Serenissima”, parte integrante delle provviste delle navi mercantili, grazie al loro ottimo sapore e alla loro capacità di conservazione. Tradizionalmente, essendo molto secchi, erano serviti con caffè e zabaione, nei quali potevano essere intinti. Al termine di questo viaggio “gastro-storico”, inebriati dai profumi e dai sapori non solo dalle vivande che più di altre hanno caratterizzato le Repubbliche Marinare, ma anche dalla loro storia, non possiamo non fermarci un istante a riflettere come, nonostante il lento, ma inesorabile scorrere del tempo, esista un filo conduttore comune che, sfidando il Tempo, arriva fino a noi. Questo “fil rouge” ci mostra la straordinaria capacità e versatilità degli uomini e delle donne che hanno reso grandi queste Repubbliche e che - pur attraverso stenti, privazioni, difficoltà igienico-sanitarie a volte con conseguenze catastrofiche, problemi sociali gravi e carenza di grandi tecnologie - hanno fatto giungere fino ai nostri tempi i loro “Saperi & Sapori”, basati su prodotti semplici, umili, ma di livello eccellente, tramandandoci ricette gustose, uniche e facilmente ripetibili. Sicuramente essi hanno posto le basi culturali e gastronomiche di quella che è stata ed è la più nobile erede delle Repubbliche Marinare, la Marina Militare Italiana e di questo saremo loro grati per sempre ◆ Venezia Capitano di Vascello Alessandro Pini “B gourmet I baìcoli envenuti nella mia cucina all’italiana”... è così che Fabio Campoli, presidente del Circolo dei Buongustai, ci accoglie tutti i giorni, nella sua nuova rubrica su Rete 4, aprendoci le porte della sua cucina. Il celebre chef, da ben 14 anni volto televisivo, autore e consulente per programmi con più di 3.000 ricette all’attivo, ha inaugurato in primavera una nuova avventura mediatica con una rubrica diversa dal solito, che lui stesso definisce “più familiare”. “Mi piace l’idea di poter ospitare i telespettatori direttamente a casa mia, nella mia cucina e proporre per loro ogni giorno ricette e piatti della tradizione italiana” - spiega lo chef - “voglio interpretare la filosofia della casalinga, di chi ogni giorno prepara il pranzo per la propria famiglia o vuole deliziare i propri amici a cena. Mi allontano dal tono istituzionale delle lezioni di cucina e dagli studi televisivi per raccontare il mio modo di vivere in cucina, i miei piatti e le mie ricette. Tutte da replicare.” Tradizione e buona cucina sono le vere protagoniste della rubrica di Fabio Campoli, in onda dal 15 aprile, da lunedì a venerdì dalle 10.50 su Rete 4, all’interno del programma ‘Ricette all’Italiana’, condotto da Davide Mengacci e di Michela Coppa. Durante la settimana i due conduttori dalle varie piazze italiane e lo chef nella sua cucina presenteranno e racconteranno regioni e province del nostro paese, il suo patrimonio culturale, artistico, paesaggistico fino a quello enogastronomico e agroalimentare valorizzato ai fornelli dall’arte del nostro chef. Un programma tv che ci regala un viaggio alla scoperta dell’Italia, dei suoi luoghi e delle sue tradizioni raccontati dalla viva voce dei protagonisti, personaggi e produttori che Davide Mengacci e Michela Coppa intervisteranno in ogni puntata. A casa sua, invece, ci aspetta Fabio Campoli, che propone ai fornelli una serie di piatti innovativi in cui la tradizione e i prodotti locali vengono reinterpretati e rivisitati secondo la filosofia dello chef e dell’alta cucina, ma il suo segreto vincente è quello di saperle rendere facilmente realizzabili. La cucina di un grande chef per tutti, dunque, per poter deliziare i propri commensali. Eccoci in viaggio insieme a Fabio Campoli in cucina e in tv, un viaggio in giro per l’Italia alla scoperta delle bontà tipiche, raccontate dallo chef e dalla sua grande sapienza culinaria. Informale e sorridente come sempre, da gran cultore dell’accoglienza lo chef Campoli rinnova l’appuntamento a casa sua, nel suo regno fatto di sapori e aromi da cui una volta entrati sarà difficile andar via. Non mancate. “Ricette all’italiana” e “La mia cucina all’italiana”, tutti i giorni da lunedì a sabato dalle ore 10.50 Rete 4 ◆ 74 75 M AGA ZINE M AGA ZINE L e gustose ricette Orata al sesamo e pangiallo con crema di fagiolini Ingredienti per 4 persone orata di mare, 400 g (netti) semi di sesamo, 10 g pan giallo, 20 g farina 00, 50 g amido di mais, 50 g acqua ghiacciata, (qb per inumidire) sale, qb Galletto allo zenzero e yogurt magro Ingredienti per 4 persone 8 cosce o sovracosce di pollo senza pelle yogurt magro, un vasetto succo di un limone cipolla, 20 g zenzero fresco, 10 g scorza di limone, 1/4 paprica, 5 g sale, qb Per la salsa fagiolini, 100 g patate, 20 g olio extravergine dal fruttato delicato, 50 g succo di limone, 10 g pinoli, 10 g acqua bollente, 40 g basilico fresco, 4 foglie Per accompagnare riso Basmati pilaf olio extravergine d’oliva fruttato medio 20 g Condisco col sale l’orata sfilettata e tagliata a mo’ di lunghi bastoncini. Faccio rinvenire i semi di sesamo in acqua a temperatura ambiente, li scolo e li asciugo bene. Li faccio tostare in una padella con dieci grammi d’olio fin quando non risultano biondi. A parte, verso in una ciotola dell’acqua ghiacciata, un pizzico di sale, l’amido, la farina, il pan giallo frantumato finemente e i semi di sesamo e lavoro fino a rendere il tutto liscio. Poi passo l’orata nella pastella e la faccio cuocere in padella con venti grammi d’olio extravergine. Tengo in caldo da parte. È importante che l’orata sia molto fredda, perché con questo piccolo accorgimento il risultato sarà migliore, dato che la pastella diverrà croccante prima che la carne dell’orata raggiunga i 70 °C e inizi a perdere l’acqua. Per la salsa Lesso le patate e, nel frattempo, spunto i fagiolini, li lavo e li cuocio in abbondante acqua salata. Li tolgo al dente, lascio raffreddare un po’ e ne metto la metà in un frullatore insieme ai pinoli, le patate bollite e spellate, un pizzico di sale, il succo di limone, i quaranta grammi d’acqua bollente, i venti grammi d’olio rimanenti e il basilico fresco in foglie, quindi ne ricavo una salsa cremosa. Servo l’orata coi fagiolini bolliti e la loro salsa. Miscelo in una ciotola lo yogurt con tutti gli altri ingredienti. Vi metto la carne e la massaggio bene con le mani per farla insaporire. Lascio marinare in frigorifero per almeno otto ore, girando di tanto in tanto. Quando è il momento di cuocere il galletto, lo tiro fuori dal frigo e imposto il forno a una temperatura di 220 °C. Quindi, sistemo la carne in una teglia rivestita con della carta da forno (meglio ancora, se possibile, sarebbe sistemarlo su una griglia con sotto una teglia con un po’ d’acqua per la raccolta dei grassi e dei liquidi che scolano). Faccio cuocere per venticinque minuti e intanto preparo il riso pilaf. Infine, servo ben caldo col riso impreziosito dall’olio. L e cola z ioni Pizza bianca con ricotta romana Dop, scaglie di cioccolato fondente e amaretti Ingredienti per 2 persone pizza bianca, 150 g cioccolato fondente, 60 g ricotta di pecora, 100 g amaretti, 4 Procedete in questo modo Riponete il cioccolato fondente in congelatore. Aprite la pizza a metà. Spalmate la ricotta sulla base inferiore della pizza, non zuccheratela. Sbriciolate gli amaretti e metteteli sopra la ricotta. Prendete il cioccolato fondente dal congelatore, tagliatelo a scaglie aiutandovi con una grattugia. Cospargete il cioccolato sulla pizza con la ricotta e chiudetela, quindi tagliate a quadrati. Accompagnamento: Tisana al finocchietto. gourmet Fabio Campoli Coppa di müesli, con pere, cioccolato e yogurt alla banana Ingredienti per 2 persone pere, 2 cioccolato fondente, 80 g müesli, 1 bicchiere yogurt alla banana, 1 vasetto Procedete in questo modo Sbucciate e tagliate le pere a cubetti, saltatele in padella, senza aggiungere condimenti. Sciogliete lentamente il cioccolato fondente, cercatene uno con una buona percentuale di burro di cacao. Prendete due coppe, mettete sul fondo il müesli, adagiatevi sopra i cubetti di pera, coprite con uno strato leggero di cioccolato fondente fuso. Ultimate colmando le coppe con yogurt alla banana freddo. Il freddo permetterà al cioccolato di solidificarsi, creando al palato un contrasto speciale. Accompagnamento: Tisana al ginseng. 76 77 M AGA ZINE M AGA ZINE Francesco Apreda una stella sul tetto di Roma di Antonella De Santis N apoli, Formia, poi Roma, Londra Tokyo e quindi di nuovo Roma. Queste in sintesi le tappe che hanno portato Francesco Apreda alla guida de l’Imago, ristorante top dell’hotel Hassler di Roma. Location straordinaria sui tetti di Piazza di Spagna e cucina stellare. Umile, gentile, appassionato, Apreda è uno chef moderno che non dimentica le sue radici, rimane con i piedi per terra anche se, dall’alto di Trinità dei Monti sarebbe facile perdere la testa. Ma non è il suo caso. Come definiresti la tua cucina? Per parlare della mia cucina basta raccontare la mia esperienza: dopo l’alberghiero sono arrivato per la prima volta all’Hassler appena maggiorenne, poco dopo sono andato a Londra, dove mi si è aperto un mondo e ho capito davvero che volevo fare. Sono rimasto 5 anni e poi sono stato per 2 anni e mezzo a Tokyo prima di tornare a Roma, e anche ora viaggio spesso per seguire le nostre consulenze in India. All’estero ho apprezzato ancora di più il valore della nostra cucina ma ho iniziato a contaminarla con ciò che scoprivo: ingredienti, lavorazioni e tecniche. Quella che faccio è una cucina molto personale in cui si percepisce la mia esperienza in giro per il mondo, ma che poggia su basi italiane, campane e laziali principalmente. In questo periodo molti grandi chef hanno raddoppiato l’offerta con un secondo locale più semplice, una sorta di trattoria d’autore, l’equivalente di un Prêt-à-Porter. Non sei tentato anche tu? A volte abbiamo fatto qualcosa di simile al Palazzetto - l’ex Wine Academy - che aveva una proposta molto diversa dal ristorante. Qui non sono solo lo chef dell’Imago, che ha una Idea di raviolo polipetti affogati e lamponi disidratati stella Michelin, ma anche altri punti ristorativi dell’Hassler: il bar, il giardino in estate (che ha un menu più tradizionale), il servizio in camera, gli eventi, in più siamo in India da diversi anni, con due dei migliori ristoranti italiani del paese e abbiamo a che fare con molti clienti stranieri.. Magari un domani al Palazzetto, che è proprio di fronte all’Hassler, potrebbe nascere qualcosa di diverso. Non senti mai la voglia di un ristorane senza un grande albergo alle spalle? Al momento mi impegna tantissimo e non solo con l’Imago. Forse un giorno vorrò dedicarmi completamente a un solo ristorante, ma ora sono molto soddisfatto, ogni volta che nasce un piatto nuovo per l’Imago, un sandwich per il bar o un piatto più tradizionale per il giardino sono grandi soddisfazioni. L’impegno è al 80-90% qui al ristorante, ovviamente insieme alla brigata che, in 10 anni che sono qui, è ormai un gruppo molto affiatato. La tv non ti seduce? C’è un po’ un’onda frenetica degli chef in tv. Io sono arrivato a Londra 14 anni fa e sono rimasto perché mi sono accorto che era tutto molto diverso, tanta attenzione attorno alla cucina, riviste, programmi televisivi, c’era Gordon Ramsey che apriva un locale blasonato dopo l’altro. Erano idoli che ora fanno più tv che cucina. A Tokyo è stata la stessa cosa. Ora questo è arrivato anche qui in Italia, e ci dà tantissime altre cose da fare: tv, eventi, nuove scuole di cucina che spesso ci chiamano per le lezioni... pensare che prima c’era solo l’alberghiero. C’è anche tanta confusione. Per ora non ci penso, forse perché non ho ricevuto nessuna proposta, ma credo si debba stare con i piedi per terra. Dici che la vista di Roma è un bonus ma anche una sfida Sono in continua competizione con la vista, sin dal primo giorno e dopo, quando abbiamo fatto il ristorante all’ultimo piano. Chi non conosce me e la mia cucina prenota per la vista, e per i primi 10 minuti neanche lo legge il menu, allora cerco di catturare l’attenzione con una serie di assaggini che distraggano dal panorama. Ora si può dire che metà delle persone prenota per la cucina, e lavoriamo anche in bassa stagione senza i turisti, con una clientela gourmand, soprattuto ora che mi espongo di più, uscendo fuori dal ristorante partecipando alle diverse manifestazioni di settore. Cosa è cambiato dopo la stella? L’ho ricevuta che ero a Mumbai dopo un anno e mezzo che avevamo aperto il ristorante, la prima stella è molto importante, mi ha rafforzato reso più cosciente del mio lavoro. Dopo tanti anni all’estero bisognava far capire cosa voleva essere la mia cucina. Passo dopo passo ci siamo riusciti e la consacrazione della stella mi ha dato sicurezza. Quale è il tuo piatto che più racconta del tuo percorso professionale? Tanti, uno cui sono affezionato è il cappellotto con parmigiano, brodo freddo di tonno, doppio malto e spezie: c’è l’Italia nel cappellotto farcito con un assoluto di parmigiano, l’Oriente nel brodo e un blend di spezie scoperto a Kioto, il contrasto caldo-freddo con la birra. E quello che racconta delle tue origini? In estate le uova al pomodoro con carbone melanzana e origano che è un po’ l’uovo al pomodoro che a casa si faceva col ragù avanzato, un ricordo di una Napoli povera, arricchito dalla melanzana che arrostisco e poi impano con un mix di buccia secca, cannella, nigella, origano, e ora anche risotto puttanesca con aguglia e cedro Come nasce un piatto? Da tantissime cose diverse, stimoli e suggestioni, da un ingrediente o un colore, dalla richiesta di un cliente, come accaduto per i mezzi paccheri con tartufo e ristretto di stracciatella. Mi si chiedeva una pasta secca con il tartufo, mentre la facevo mi sono accorto avevo messo tutti gli ingredienti della stracciatella - il brodo di pollo, l’uovo - e poi legata con crema di radice di prezzemolo. Il cliente era contento e io ho iniziato a lavorare su quel piatto. C’è una storia in ogni piatto. Lo abbiamo visto anche nel tuo libro “Apreda all’Imàgo. L’alta cucina sul tetto di Roma”. Si, Antonio Paolini ha raccontato la storia di ogni piatto. Le ricette oltre che secondo le quattro stagioni, sono suddivise in “testa, cuore, tecnica e memoria” quattro elementi che sono alla base di ogni creazione. Quello che con cui avresti voluto lavorare? Sono cresciuto col mito di Marchesi, a Londra lavoravo con ragazzi che erano stati con lui, per esempio all’hotel Halkin a Londra, in italia non avrei mai immaginato questa innovazione, invece a Londra ho visto che c’erano già degli italiani che facevano cose simili. È stato uno dei primi che ha avuto il coraggio di cambiare la cucina italiana con tecniche, impostazioni e presentazioni innovative. Mi piace la sua professionalità... e poi basta vedere chi è uscito dalla sua cucina. 78 M AGA ZINE S O LV Z I O N I I N TERIORS & FLO W ERS Sella di cervo in crosta di morellino funghi porcini e battuto di castagne Chef di riferimento? Forse Scabin. Roma manca di grandi cucine etniche, rispetto alle altre grandi capitali. Che ne pensi? Roma è ancora un po’ provinciale da questo punto di vista. Anche se la gastronomia romana sta cambiando, per esempio con l’apertura di nuovi locali con una proposta differenziata. Ma dobbiamo ancora fare dei passi per arrivare nelle grandi capitali gastronomiche mondiali, dove ci sono cucine stellate anche asiatiche. Da noi ci sono i presupposti, ma ancora non esistono posti all’altezza di una vera capitale. Dove mangi etnico a Roma? Da Jaipur a Trastevere o Shanti a Prati. Riesci dunque a mangiar fuori? Quando posso si, è uno stimolo, anche se con due bambini piccoli a volte è difficile andare per ristoranti. Sto anche scrivendo un testo per una guida di Roma quindi sono ancora più motivato. Hai due figli piccoli: li avvieresti alla tua professione? Il maschietto si, la femminuccia meno: per una donna con questi orari e ritmi è difficile, sono 12-13 ore in cucina, sempre lontano da casa e se c’è una famiglia è complicato. Anche se credo che le chef donna abbiano un passetto in più. Quale è la cucina di casa Apreda? Ci pensa soprattuto mia moglie, che cucina bene anche etnico, è bravissima. Per lavoro si tende ad analizzare ogni piatto, ma non a casa, lì è tutto più semplice, qualche volta cucino anche io ma in modo veloce, apro il frigo e invento qualcosa. Mia figlia, a 7 anni, è difficile, non le va bene niente, il piccolo a 2 anni si mangia tutto, anche sapori forti. Tu sei l’artefice di Chef sotto le stelle, ce lo racconti? Nell’anno dei 150 anni dell’unità d’Italia tutti festeggiavano, mi sono detto “sono in una delle piazze più importanti di Roma, in un contesto così importante, bello e stimolante voglio fare un brindisi riunendo gli chef romani”. E così è stato, con finale foto di gruppo sulla scalinata di Trinità dei Monti, è stata una vera festa con altri 90 chef di Roma, alcuni non li conoscevo, mi sentivo un po’ in difficoltà a decidere chi invitare. È stata una festa bellissima, ho fatto cucinare tutti gli chef stellati e chiesto a ognuno di scegliere uno chef giovane che aveva così la possibilità di farsi conoscere. Quando la festa è finita, erano tutti entusiasti e mi hanno detto che la dovevo rifare. L’anno dopo il tema è stato diverso: uno chef stellato insieme a un collega straniero che ha scelto di lavorare in italia. Mi piacerebbe fare di qualcosa ancora più conviviale, che unisca molto di più. Sono tre o quattro anni che si è formato un bel gruppo di chef, ci sentiamo spesso, ci diamo dei consigli. Roma sta cambiando anche sotto questo punto di vista. Chef sotto le stelle è questo: una festa, un’occasione di convivialità, un modo per avvicinarsi ai colleghi, Roma è una capitale che ha bisogno di un gruppo e scambi culturali ◆ MARIONI | SILVANO GRIFONI | VITTORIO GRIFONI | SIA | CAPODIMONTE I BORBONE GAECA | EPOQUE BY E. FURSTENBERG | QUARTET for FURSTENBERG | J. CHARLES FABIAN art GRANZOTTO | LlADRO’ | AM collection | ITALFAMA | pardi tessitura soluzioni per rendere unici i vostri ambienti arredamento composizioni floreali decorazioni d’interni accessori e complementi d’arredo progettazioni ● Parmigiana di pere nashi e provolone frittura di cardi e grani di senape info@csgraphicdesign.it Quali sono state le cose più interessanti viste nei ristoranti all’estero? Viaggio molto e ovunque trovo stimoli, non solo per la cucina. Mi piace molto il servizio e l’ambiente dei ristoranti in America: divertente, mai ingessato anche se di alto livello. Sono passati i tempi dei ristoranti troppo formali, con il personale di sala attento a ogni movimento, anche da noi è più rilassato, con camerieri simpatici, che parlano col cliente. Recentemente sono stato da Michael Mina a San Francisco, che fa una cucina fusion, carina, molto intrigante. E mi è piaciuto molto. Mi piace anche che i ristoranti siano movimentati, frequentati anche per gli aperitivi, magari da un pubblico più giovane, per questo anche da noi il bar apre alle sette. ● ● Roma, Via Cassia 1173 - Tel. 06 31050870 - www.ifsoluzioni.com 80 81 M AGA ZINE M AGA ZINE A CENA CON LE STELLE di Laura Di Cosimo R accontare il nuovo, parlare oggi della Campania come una vera fucina di talenti in cucina infonde energia. Infatti, dopo la Lombardia e il Piemonte, proprio questa regione con i suoi 32 ristoranti stellati Michelin, svetta sul podio della ristorazione italiana di qualità. L’evento A Cena con le stelle, organizzato dal Romeo Hotel di Napoli, ha messo in risalto questa eccellenza ospitando nel suo ristorante Il Comandante, sei giovani chef campani insigniti della loro prima nella Guida ai Ristoranti Michelin 2013. I giovani e talentuosi cuochi, veri protagonisti delle serata, sono stati l’executive chef de Il Comandante Salvatore Bianco, Pasquale Palamaro dell’Indaco di Ischia, Vincenzo Guarino dell’Accanto di Vico Equense, Giuseppe Stanzione de Le Trabe di Paestum, Luigi Tramontano de Il Flauto di Pan di Villa Cimbrone a Ravello, Rosanna Marziale de Le Colonne di Caserta. il menu Cucina campana, ma rivista in chiave creativa, per il menu degustazione, che porta in tavola i profumi del mare, ma anche erbe e sapori di terra. Rigorosamente partendo da materie prime accuratamente selezionate, come l’immancabile mozzarella di bufala, di cui la Marziale è ambasciatrice ufficiale Per la serata, uno straordinario menu, creato a più mani, ha visto ogni singolo chef realizzare un piatto per esprimere con la sua creatività il rispetto delle materie prime del territorio, delineare con la propria identità il suo percorso di crescita nell’interpretare la cucina campana, oggi decisamente più dinamica e contemporanea. E il Romeo Hotel, con gli spazi ultra-moderni che custodiscono al suo interno preziose opere d’arte, di scultura e pittura, con originali arredi di design, ha fatto da perfetta cornice all’evento, con il ristorante gourmet Il Comandante situato al decimo piano, che apre ad una vista davvero affascinante sul Golfo di Napoli, con il porto, il Vesuvio, lo spettacolo della città con la collina di San Martino, e in lontananza pure l’isola di Capri ◆ ROMEO Hotel Via Cristoforo Colombo, 45 - Napoli www.romeohotel.it Salvatore Bianco: Ostrica con cru di cacao, lardo di Colonnata, limone e crema di erbe Pasquale Palamaro: Frittella di murena con torzella (una varietà di cavolo) stufata e maionese di limone in cartoccio Vincenzo Guarino: Tortello con cuore di Ricciola, broccoli, provola, in salsa Bouillabaisse Luigi Tramontano: Cernia all’olio con pesto di lattuga di mare, salsa di olive taggiasche e patate allo zafferano Rosanna Marziale: Vitellone con mozzarella di bufala campana DOP Salvatore Bianco: Come occhio di bue, sale e pepe Giuseppe Stanzione: Semplicemente ricotta e pera. 83 M AGA ZINE AMARI D’ABRUZZO LE ANTICHE RICETTE DEGLI EREMITI di Giusy Ferraina C i sono gli eremi celestiniani della Majella e del Morrone, ci sono le montagne sacre d’Abruzzo, la natura incontaminata delle valli e delle alture. E poi ci sono le antiche ricette dei monaci medievali, riscoperte e tramandate nel tempo che rivivono in un piccolo liquorificio, «Gli Infusi dall’Eremo - Antica erboristeria dei monaci abruzzesi», nel cuore di una delle regioni più caratteristiche d’Italia, che ha ripreso la sua produzione da qualche mese dopo il sisma del 2009. Da sempre il monachesimo è stato prezioso custode di arti e culture e in questi luoghi vicino a L’Aquila, gli antichi conventi sparsi tra le montagne sono stati veri e propri scrigni di una serie di gustose e benefiche ricette per tisane, medicamenti e decotti preparati dalle sapienti mani dei monaci del ‘300. Tutte a base di erbe, fiori, bacche, frutti e radici ricchi di proprietà terapeutiche, che si ritrovano nei liquori tradizionali abruzzesi, conservando esperienze secolari e armoniosi equilibri tra le esigenze del benessere fisico e quelle del piacere conviviale. Questi elisir del gusto nascono nelle erboristerie medioevali dei monaci, che si trovavano nella parte più segreta del convento. Antichi laboratori dove potevano accedere soltanto il monaco speziale e il priore (e non sempre). Tutti i composti e le ricette di bevande e unguenti erano segrete, così come alcune tipologie di erbe, fatte pervenire dalle missioni d’Oriente e dall’Asia. Proprietà curative e gusto si fondono nelle bottiglie degli «Infusi dall’Eremo», che sono simbolo di una saggezza consolidata nell’uso delle erbe medicamentose e officinali presenti nelle montagne incontaminate d’Abruzzo, come la Ghentiana Lutea, l’Artemisia Glacialis, la visciola, il mallo, le bacche di ginepro e lo zafferano dell’Aquila DOP. La lavorazione non prevede aggiunta alcuna di conservanti, una lunga infusione a freddo delle radici nell’alcol, che garantisce la conservazione di tutte le proprietà terapeutiche, topiche e digestive dei liquori di Genziana, Ratafia, nocino, di zafferano dop, di Ginepy. Dagli ambienti incorrotti dei parchi nazionali questi liquori di alta qualità e sapore, si possono definire doppiamente speciali, visto che si sposano anche al progetto a sostegno della mensa dei poveri di L’Aquila, denominata Mensa di Celestino e gestita dalla Onlus Fraterna Tau con a capo Padre Quirino Salomone. Ogni vendita è infatti legata ad un gesto di solidarietà ◆ Per chi vuole saperne di più: Infusi dell’Eremo www.infusi.biz - infusi2@virgilio.it L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP È l’oro nero modenese e ne bastano poche gocce per rendere indimenticabile anche il più semplice degli alimenti grazie a quella preziosità fatta di profumi, colori intensi e sapori travolgenti. È il re degli aceti e guai a chiamarlo solo condimento di Violante Di Palma 3 Medaglie d'oro - Riccardo Giusti Giusti - Oggetti Museo C Giusti - botti del 1800 ome tutti i prodotti di qualità del nostro patrimonio agroalimentare, anche per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Moden DOP le origini si perdono nella notte dei tempi. Infatti le prime tracce di questo prodotto si hanno grazie ad antichi romani come Cicerone, Virgilio o Plinio che ne decantavano le doti curative e lenitive, perché inizialmente l’aceto balsamico aveva un uso per lo più medicamentoso, solo dal Rinascimento l’oro di Modena inizierà ad essere apprezzato anche e soprattutto in ambito gastronomico. Ma a prescindere dall’uso che se ne faceva, da subito fu indiscussa la preziosità di questo prodotto che compariva nei lasciti testamentari dei più facoltosi modenesi, faceva ben sperare sulle origini della fanciulla da matrimonio se era presente in bella mostra nella sua dote insieme a pizzi e lini e semmai si presentava l’occasione di far visita al principe o al re, portando un’ampolla di aceto balsamico la bella figura era assicurata. A rendere prezioso l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è il processo di lavorazione che si compone di quattro fasi: la raccolta delle uve tipiche del modenese come il Lambrusco e il Trebbiano; la pigiatura per ottenere il mosto e quindi la sua cottura a fuoco diretto; infine l’invecchiamento che consiste nel travasare il mosto in una serie di botti (batterie) di numero variabile e disposte in ordine crescente. Ogni botticella è di un legno particolare come ginepro, rovere, castagno, frassino o ciliegio così da conferire al prodotto finale gusti e profumi particolari. L’invecchiamento può durare un minimo di 12 anni per ottenere l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o andare oltre i 25 per avere l’Extravecchio. Tra le più antiche e storiche acetaie modenesi certamente spicca quella di Giuseppe Giusti, un pioniere della produzione di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. La prima produzione di aceto a marchio Giusti risale al 1605 e da allora hanno rappresentato la pietra miliare della produzione di questa bontà tutta modenese. Riporta il nome Giusti la prima ricetta documentata di produzione dell’Aceto Balsamico datata 1863 e gli acetai di questa famiglia sono gli unici depositari dello stemma della casa reale conseguito nel 1929, così come pure gli attuali custodi della più straordinaria acetaia esistente, composta da barili centenari di inestimabile valore, contenenti anche rarissimi aceti balsamici pluricentenari ◆ gourmet 87 M AGA ZINE IL VINO ESTREMO Vigneti con vista sulle rocce a strapiombo sul mare di Furore di Monia Innocenti U va aggrappata alle pareti, una cantina scavata nella roccia, la raccolta completamente manuale: così nascono i vini estremi delle Cantine Marisa Cuomo, l’azienda vinicola di Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo che si estende per circa dieci ettari di territorio a Furore, nella costiera amalfitana. I vini estremi sono la massima espressione della passione, della fatica, del sudore e del lavoro dell’uomo. Sono prodotti in zone spesso sconosciute e molto impervie dove normalmente si preferisce abbandonare la coltura piuttosto che provare a ricavare qualcosa da una terra che sembra quasi volersi nascondere. Eppure, è proprio in questi posti che possono nascere dei vini straordinari, estremi appunto, come il Fiorduva, dove ritroviamo il mare, la roccia, il sole e il vento della costiera. Composto da fenile, ginestra e ripoli, ha una vendemmia tardiva nella terza decade di ottobre e le uve condotte a mano giungono in cantina integre per rimanere circa tre mesi in barrique di rovere. I vini estremi sono vini rari, è difficile produrne più di qualche migliaia di bottiglie. Osservando le viti Cuomo, allevate prevalentemente a “pergolato” e piantate sulle pareti rocciose verticali, è anche facile comprenderne il motivo. In un territorio come quello di Furore si è all’eterna ricerca delle tecniche migliori per facilitare il lavoro dell’uomo senza perdere il contatto con la natura e si sperimenta di continuo come coltivare su quel tipo di terreno, come realizzare i pergolati migliori, quali vitigni siano più adatti a quell’ambiente e a quel clima. Quest’azienda non si può capire davvero fino in fondo senza visitarla, senza vedere con i propri occhi lo straordinario lavoro di Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo, con l’enologo Luigi Moio ed i vinicoltori dell’azienda: prenotando uno dei wine 88 89 M AGA ZINE M AGA ZINE Miglior chef donna al mondo? Mrs. Santini ph Paolo Terzi di Antonella De Santis I tour guidati è possibile conoscere le cantine ed i vigneti ed assaggiare la produzione che, oltre al Fiorduva, conta numerosi altri vini. Un esempio è l’ottimo Ravello Bianco che, durante il Vinitaly 2013, ha accompagnato uno dei piatti della degustazione organizzata da Unioncamere Campania “Mediterraneo, un mare di gusto, un mare di sapore”. Il Ravello Bianco esaltava il cannellone all’acqua di pomodoro e ricotta di bufala campana, riuscitissima lavorazione del giovanissimo chef stellato Lorenzo Cogo, classe 1987 ed una formazione cosmopolita, amante delle materie prime mediterranee di cui la Campania è una dei principali fornitori ◆ Per informazioni e prenotazioni Tour delle cantine Marisa Cuomo e degustazione. Dopo la visita alle cantine e alle vigne, verrete accompagnati in un ristorante nei pressi dell’azienda per un pranzo degustazione. Da 6 a 40-45 partecipanti. Prenotazione obbligatoria. Durante le visite è possibile acquistare tutti i prodotti delle Cantine Marisa Cuomo. Dorotea Ferraioli +39 338 9213237 Cantine Marisa Cuomo srl Via G.B. Lama, 16/18 - 84010 Furore (Sa) Tel. 089 830348 - info@marisacuomo.com l suo è uno di quei nomi che rientrano nel santuario dell'alta cucina, ma soprattutto rappresentano un modo di fare quieto, solido, umano, discreto. Lontanissima dagli stereotipi degli starchef. Nadia Santini del ristorante Dal Pescatore è una presenza materna e familiare, così come lo è la sua cucina. Una cucina evoluta che rimane profondamente fedele alle sue radici, dai tortelli di zucca al risotto allo zafferano (con gli stimmi raccolti da nonna Bruna) e aceto balsamico tradizionale (prodotto all'acetaia cui pensa il figlio Alberto) alla lepre alla royale con purè di castagne: un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni che mantiene dal 1996 salda la posizione nel gotha della ristorazione, le tre stelle Michelin. “La cucina si è raffinata ma non è cambiata - dice Dal Pescatore esprime l'evoluzione del cibo alla nostra tavola e il territorio che ci circonda”. A lei, quest'anno, è andato il riconoscimento come Miglior chef donna del mondo (Veuve Clicquot World's Best Female Chef), consegnatole il 29 aprile a Londra, durante la premiazione dei World's 50 Best Restaurants, la classifica internazionale di cucina marchiata San Pellegrino che premia i migliori ristoranti del mondo. Un riconoscimento importantissimo, di rilevanza mondiale, in cui Dal Pescatore è una presenza fissa. Ristorante a conduzione familiare: marito, moglie, figli, nuora e suocera di Nadia all'opera nel bellissimo locale nella campagna in provincia di Mantova. Dalla generazione precedente Nadia ha acquisito le conoscenze poi sviluppate e raffinate in un percorso a dir poco unico: il solo ristorante in cui Nadia abbia lavorato è infatti proprio Dal Pescatore. Completa autodidatta, se non per gli insegnamenti dalla suocera e della mamma di lei che guidavano il ristorante - ancora osteria - prima del suo arrivo e poi con lei, e appassionata viaggiatrice (sin dal viaggio di nozze con Antonio, compagno di università sposato nel 1974) alla scoperta dei grandi ristoranti di Francia dove ha avuto le sue esperienze gourmet. Da cliente più che da chef, senza mai cedere alle lusinghe di aperture di nuovi ristoranti all'estero, ma rimanendo fedele alla “sua” dimensione. Le motivazioni del premio? “I valori caratteristici di Madame Clicquot erano innovazione, creatività e determinazione - ha spiegato Aymeric Sancerre, direttore comunicazione internazionale del premio Veuve Clicquot - la vincitrice Nadia Santini incarna esattamente queste qualità nella gastronomia di oggi e sono onorato che il nostro nome e la nostra ricca storia vengano associati a una personalità così meravigliosa”. Questi i segreti di un successo senza incertezze. “Sono molto felice e onorata - ha commentato - per questo importante riconoscimento. Lo sono per me, per tutto il Dal Pescatore, per la mia famiglia che lavora con me, Antonio mio marito, i miei straordinari figli Giovanni, che dirige la cucina con me, ed Alberto, che dirige la sala e si occupa dei vini, per Bruna, la mamma di Antonio, che mi ha trasmesso molti segreti e per Valentina, moglie di Giovanni, attiva nel ristorante”. Un'incredibile storia familiare ◆ Dal Pescatore Località Runate 15 Canneto sull'Oglio - Mantova Telefono +39 0376 723001 www.dalpescatore.com 90 91 M AGA ZINE M AGA ZINE BRONZO COME SETA La scultura di INNOCENZO VIGOROSO di Carlotta Miceli Picardi L Equilibristi ei è lì. In primo piano all’interno di quello straordinario fermo-immagine che blocca evoluzioni di ballerine, abilità di giocolieri, inquietudini di cavalli, voli di rapaci. Tutti colti, se non nell’abbandono del riposo, all’apice del proprio splendore dinamico. Tutti intorno ad un cerchio, il cui fuoco si intuisce nella scintilla dell’incontro tra l’uomo e la donna che lo disegnano. Un’onirica rappresentazione circense, dirompente per impatto visivo. Quasi insostenibile a livello emotivo per bellezza e intensità. Lei è lì, assorta e indolente sulla piccola poltrona rotonda che la avvolge. Piove, ma nulla potrebbe essere abito più adatto all’occasione della sua pelle nuda. Le dita strette sugli intrecci del midollino, lo sguardo lontano e le labbra ad accennare un sorriso consapevole ed altero, per assumersi la responsabilità del talento eccezionale che ha plasmato gli attori e costruito il palco per la scena: Innocenzo Vigoroso, scultore, architetto, pittore. Nel poetico hangar, officina e rimessa per creature in sosta, il bronzo diviene carne. Oppure cede improvvisamente all’effetto degli ossidi per colorarsi e coprire come stoffa leggera i magnifici corpi, sorpresi nel mistero del loro sonno o immortalati nella tensione estrema dell’esercizio. Così, l’immobilità si fa espressione di energia, rivelando le infinite vibrazioni di una stessa anima. Momento profondamente coinvolgente l’ingresso nello spazio che, con l’efficacia di una suggestiva e monumentale narrazione, spiega la sensibilità dell’artista. Vigoroso ha la rara capacità di mantenere intatta la purezza e la forza descrittiva di un realismo che, senza perdere di obiettività, riesce a caricarsi di pathos. Cavallo Maestro, qui c’è la testimonianza di una storia meravigliosa… Di un’esistenza, di un mestiere. Con l’inventario di quanto ho osservato, amato e raccontato attraverso la materia. Parla di un cammino che dura da poco meno di ottant’anni. Data la dimensione delle sue sculture, immagino le difficoltà per l’allestimento di una mostra! Si tratta di trasportare almeno una quarantina di quintali di bronzo, quindi occorre necessariamente un TIR munito di braccio elevatore e sponda idraulica. La piazza dell’arte propone uno scultore ogni cento pittori: spesso, per trenta quadri, basta un portabagagli. Comunque, sono riuscito a realizzare sessantacinque esposizioni, sino ad ora. - sorrideCosa prova quando sta per ultimare una statua? Il timore del distacco, inizialmente. So che ci ho messo il mio sangue, il mio impegno mentale e fisico, arrivando a perdere realmente peso. Poi, però, comincio ad attendere la gratificazione dell’apprezzamento altrui. Qual è una componente fondamentale della sua arte? La luce: riflessi, tagli, giochi… Roma ne ha una speciale, perciò mi trovo qui. Dopo laurea in architettura, fui costretto a lasciare la Sicilia. C’era miseria, allora, e nessuna opportunità. Giunsi a Milano ma, sebbene fosse già primavera, non trovai la luminosità che cercavo. Cambiai destinazione e una passeggiata al Pincio, in una mattina del 1962, con un sole magnifico che filtrava tra i rami dei platani ad accendere i viali, mi tolse ogni dubbio. Trovò facilmente lavoro? Mi diedi da fare! Con molta determinazione e un po’ di faccia tosta, rimasi ad attendere l’architetto Luigi Moretti Grande scultura circolare “La vita” davanti all’ascensore per convincerlo ad assumermi nel suo prestigioso studio e ci riuscii. Successivamente, vinsi un concorso al Comune, dove restai a lungo in qualità di dirigente tecnico. Possibile conciliare orari d’ufficio e imprevedibilità di ispirazione? Complicatissimo. Spesso, frustrante. Tanto che ad un certo punto mi sono licenziato: le passioni talvolta portano a scegliere con coraggio o, forse, con sana incoscienza. Esiste un ‘momento delle idee’? La notte, certamente. Una riflessione, prima del sonno, le immagini di un sogno… Accade che mi alzi e prenda nota. Il giorno distoglie, assorbe. Troppe sollecitazioni a minare la concentrazione che serve. Com’è ‘la donna’ che lei propone nella sua visione plastica? Senza reticenze. Esuberante, determinata, complice. Fiera di una sensualità che esprime, ma non ostenta. A momenti, anche irragiungibile. Corrisponde alla descrizione della compagna adatta ad un artista? La compagna di un artista deve avere una pazienza infinita e un mondo interiore talmente ricco, da consentirle di non soffrire mai di solitudine. Cosa la infastidisce particolarmente nei comportamenti delle persone? Invadenza, approssimazione. E superficialità. La tendenza a non approfondire, che determina scarsa cultura. Mi chiedo se ci sarà, in futuro, qualcuno in grado comprendere e tutelare il nostro inestimabile patrimonio. Donna con sedia circolare Quale opera nata dal genio di un italiano non smette di emozionarla? La Pietà Rondanini, che Michelangelo ha scolpito sino a prima di morire. Il volto di Gesù è rimasto appena accennato. Solo pochi colpi di scalpello. Se l’avesse ultimato, l’efficacia narrativa dell’espressione disfatta del Cristo non sarebbe stata tale. E’ sconvolgente, nella sua drammaticità. Con la fede, che rapporto ha? Credo che all’origine dell’universo ci sia un’Entità superiore. Ho un enorme rispetto per la natura, ne sono affascinato. Adoro occuparmi delle piante, vederne i frutti. La cura delle cose è una forma di preghiera, secondo me. Non vado a Messa la domenica però. Il miglior inizio per un giorno di festa speciale? Una Mafalda con la Giuggiulena appena sfornata. - risponde, con gli occhi chiari che brillano Cioè? Pane bianco tiepido, spolverato di semi di sesamo: ‘lu pani’ della mia terra (la Sicilia ndr), un sapore buono della giovinezza. Da dove arriva l’entusiasmo meraviglioso che trasmette e che la fa sembrare un ragazzo? Dalla mia voglia di sperare, sempre. Dal sapere che mi bastano gesso, acqua e una cuccumella per non annoiarmi e un paio di alberelli da crescere in giardino per sentirmi felice. E che la vita, nel bene e nel male, è un recipiente d’oro ◆ http://www.scultorevigoroso.it 92 M AGA ZINE VENEZIA IN CUCINA - The Flavours of Venice Da Venezia 80 ricette della tradizione (e non). La cucina della città, da sempre legata a scambi e commerci, è espressione profonda dell’identità del territorio e non è rimasta immune dalle contaminazioni con le altre culture. La necessità di conservare il cibo durante i lunghi viaggi per mare e i fortissimi legami con l’Oriente, da cui ha importato l’utilizzo delle spezie, hanno dato alle ricette sapori inaspettati. Ma nel gusto dei piatti c’è qualcosa di più del passato commerciale, per scoprirlo è necessario approdare sulle isole della laguna, dove i ristoranti propongono l’autentica cucina veneziana tradizionale, quella della cosiddetta ‘Venezia nativa’. Autori: diversi. Editore: Sime Books www.sime-books.com Antonio Finelli DE SENECTUTE di Maria Laura Perilli TERRA MADRE - Il valore del cibo Nel sistema agro-alimentare industriale che domina il Pianeta, il cibo è diventato una merce come tutte le altre, il cui prezzo è stabilito da regole di mercato disumane, senza badare alla qualità e senza rispettare chi lo produce. In questo mondo di valori capovolti, è il cibo che ci mangia: un cibo omologato, seriale, globale e poco naturale che inquina la Terra, dal campo al nostro stomaco, che causa gravissimi danni all’ambiente e alla Natura, dalle campagne fino alle odierne megalopoli. Per non essere più mangiati dal cibo, Carlo Petrini, il noto fondatore di Slow Food, propone con questo prezioso volume presentato nell’eco-Bookshop di Valcucine in corso Garibaldi a Milano, un’alleanza tra chi lo produce e chi poi lo mette in pancia, in cui il cibo è una chiave per riprenderci le nostre vite. Autore: Carlo Petrini Editore: SlowFood Editore e Giunti Editore www.giunti.it - www.slowfood.it DIECI VITE PER LA SCIENZA A fferma Alvise Sforza: “nella vecchiaia bisognerebbe approfittare dell’apparente carenza di tempo quantitativo per recuperare un approccio qualitativo e significativo al proprio tempo”. L’artista di cui oggi parliamo, Antonio Finelli, indaga il mondo della “vecchiaia” e lo fa con lo strumento a lui più congeniale: il disegno. Il suo tratto è dolce solo all’apparenza; è in realtà pieno di una forza incisiva che scava ed analizza muovendosi tra le pieghe dell’epidermide, facendo affiorare dal profondo dell’esistenza le vicissitudini che il vecchio ha attraversato. I suoi soggetti riportano alla memoria, in modo prepotente, alcuni versi di Mariella Nava per Renato Zero: ......vecchio diranno che sei vecchio, con tutta quella forza che c’è in te, vecchio quando non è finita, hai ancora tanta vita e l’anima la guida e tu lo sai che c’è.... I vecchi di Finelli non sono, infatti, rassegnati; sono consapevoli della loro capacità di recuperare, appunto, un approccio qualitativo e significativo al proprio tempo. Non accettano l’amara riflessione di Adriano nelle memorie scritte da Marguerite Yourcenar: “sono giunto a quell’età in cui la vita è per ogni uomo una sconfitta accettata”. Vibra nelle figure di Finelli la consapevolezza che la cosiddetta “terza stella” possa ancora dare molto, specie oggi, in tempi di dura crisi, in cui il vecchio per molte famiglie, con una punta di egoismo, è tornato ad essere oltre che supporto di saggezza, supporto economico con la forza del suo più o meno modesto sussidio. A volte le crisi sono proficue; sono il seme per una rinascita totale della società. La figura del vecchio in questo contesto, può totalmente: ◆◆ ◆◆ essere recuperata affinché nuove e vecchie generazioni ritrovino quel punto di saldatura che è sempre stato equilibrio tra conservazione della tradizione e progressismo sfrenato, tipico della nostra società liquida; art recuperarsi, perché ogni età ha in se elementi capaci di indurci a rifuggire un’idea di vecchiaia sonnacchiosa, in attesa dell’esperienza di passaggio. I disegni di Antonio Finelli rimarcano, quindi, con decisione, che il vecchio non sarà più “disperatamente al margine di tutte le correnti” ricordando che per nessuno esiste l’esclusione dalla vecchiaia ◆ Il cofanetto con due DVD che accompagna il volume riunisce le interviste realizzate per la televisione dal giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone ad alcune figure di spicco del panorama scientifico italiano. Un’opera preziosa che nasce dall’esigenza di raccontare il lavoro di importanti personalità (citiamo tra queste Margherita Hack, Giulio Giorello, Umberto Veronesi e Piergiorgio Odifreddi) che hanno segnato l’eccellenza della ricerca italiana dimostrando, attraverso la loro vita, come le conoscenze avanzate e l’amore trasversale per ogni genere di sapere possano rivelarsi ottimi volani per lo sviluppo sociale, culturale ed economico. Autore: Alessandro Cecchi Paone Editore: Rubbettino (collana Varia) www.rubbettinoeditore.it SAUTERNES Viaggio tra gli châteaux nel cuore della terra di produzione degli storici muffati francesi. Un’occasione per svelare tecniche, riti e segreti che ruotano intorno a questo grande vino dolce, caratterizzato dal fenomeno della muffa nobile unito all’utilizzo di metodi di produzione antichi e di altissima qualità. Uomini, tradizioni e scelte coraggiose: sedici produttori d’eccellenza presentano la propria storia e il proprio stile, mentre altrettanti chef di fama internazionale interpretano la dolcezza di questo prodotto con le loro originali creazioni. Autrici: Cinzia Benzi, Laura Di Cosimo, Fotografie: Francesca Brambilla, Serena Serrani Editore: Gribaudo Books what’s on what’s M AGA ZINE AAM 2013: SUCCESSO E POLEMICHE BR1, try to love me even if you hate me nsd073, 2013, disegno ad acrilici e marker incollato su decollage di manifesti pubblicitari, 90 x 70 cm LEONARDO3 - IL MONDO DI LEONARDO milano 94 Sale del Re - Piazza della Scala/ingresso Galleria Vittorio Emanuele II - fino al 31 luglio Si è inaugurata lo scorso marzo nei prestigiosi spazi delle Sale del Re la mostra interattiva e multidisciplinare dedicata a Leonardo artista e inventore e alla sue macchine ingegnose. Concepita e organizzata dal centro studi Leonardo3 (L3) di Milano, è l’evoluzione di quella (Il Laboratorio di Leonardo) che nel 2009 a Vigevano, coi suoi oltre 120 mila visitatori, è risultata essere la mostra più vista da sempre in tutta la provincia di Pavia. La rassegna presenta il frutto delle ricerche degli ultimi dieci anni di Mario Taddei ed Edoardo Zanon, e intende porre i riflettori proprio sul lavoro di Leonardo come ‘ingegnere’, oltre che ‘artista’, facendo comprendere i suoi scritti, i suoi progetti e gli studi per le macchine, le sue metodologie. www.leonardo3.net - www.ticketone.it/mostraleonardo GAE AULENTI - GLI OGGETTI E GLI SPAZI Triennale Design Museum, CreativeSet - fino all’8 settembre Gae Aulenti è ricordata attraverso una selezione dei suoi più iconici oggetti di design realizzati dal 1962 al 2008, con un progetto di allestimento dello studio Gae Aulenti Architetti Associati. La mostra, a cura di Vanni Pasca, si sofferma in particolare su una fase in cui il design italiano cerca una strada autonoma. In questo periodo Gae Aulenti esplorava le sue potenzialità linguistiche relative a una fuoruscita dai rigori del funzionalismo, ma sempre con una ricerca progettuale controllata attraverso l’uso attento delle geometrie. In esposizione una serie di oggetti in cui la razionalità si incrocia con la cultura pop: dalle lampade, come Pipistrello (1965), Ruspa e Rimorchiatore (1967), ai tavoli composti di un piano di cristallo Tour con ruote (nella foto), per arrivare al recupero di tecniche della tradizione come il vetro soffiato, per esempio nella lampada Parola (con Piero Castiglioni, 1980) o nei vasi per Venini (1995). Catalogo Corraini Edizioni. www.triennaledesignmuseum.it L a quinta edizione di Arte Accessibile Milano si è chiusa fra applausi e diatribe. Infatti se da una parte la manifestazione ha ribadito il successo delle scorse edizioni, dall’altra non sono mancate le polemiche, legate a due opere che inizialmente la direzione del gruppo editoriale de Il Sole 24 Ore, che da quattro anni ospita la manifestazione, non voleva venissero esposte ponendo inspiegabilmente il proprio veto. Si tratta di “Morto in partenza” del catanese Daniele Alonge, installazione particolarmente efficace nel ricordare il drammatico viaggio dei clandestini verso le nostre rive, già esposta alla Reggia di Caserta nel 2010 e alla Biennale di Venezia nel 2012, e “Suicide in Tokyo” di Nobuyoshi Araki, fra i più apprezzati e ricercati fotografi giapponesi. Qualche ora di silenzio, ZAVATTINI E I MAESTRI DEL NOVECENTO durante le quali Daniele Alonge ha coperto la sua opera con dei teli bianchi. Un contrattempo decisamente spiacevole e anacronistico se si pensa che l’arte, da sempre, propone solo riflessioni. Al di là della tentata censura, AAM ha riproposto uno schema decisamente vincente, caratterizzato da tantissimi eventi collaterali tutti ad ingresso libero. I numeri ancora una volta sono dalla parte di Tiziana Manca, direttore artistico della manifestazione, che dal 24 al 26 maggio sarà a Hong Kong per la prima edizione di Link Artfair: “Siamo molto soddisfatti del successo di AAM. Gli oltre 9.000 visitatori in tre sole giornate (10% in meno rispetto alla scorsa edizione, che però si è svolta su quattro giorni) e le vendite da parte di buona parte delle gallerie partecipanti, ci rendono ottimisti per il futuro” ◆ Pinacoteca di Brera - Sala XV- fino all’8 settembre Cesare Zavattini, comunemente noto per la sua straordinaria attività di scrittore e sceneggiatore del cinema neorealista italiano, ha coltivato costantemente un’altrettanta proficua dedizione all’arte e soprattutto alla pittura, chiedendo a tutti i pittori del Novecento di fare il proprio autoritratto. Curata da Marina Gargiulo, direttore delle collezioni del XX secolo della Pinacoteca di Brera, la mostra si avvale del consistente supporto scientifico dell’Archivio Cesare Zavattini - Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, e del contributo di esperti dei diversi aspetti della poliedrica produzione culturale zavattiniana. A corredo dell’esposizione la Pinacoteca propone un programma di approfondimenti culturali e un ciclo di conferenze e dibattiti dedicati ai tanti Za: lo scrittore giornalista, critico e sceneggiatore, il fotografo, il regista, il pittore, il collezionista… l’amico degli artisti. Mostra e catalogo sono realizzati in collaborazione con Skira editore. www.brera.beniculturali.it RICHARD MEIER. Architettura e Design Montecchio (Vicenza), Fondazione Bisazza - fino al 28 luglio In occasione dei cinquant’anni di attività di Richard Meier, un’ampia e inedita retrospettiva di una delle grandi voci dell’architettura contemporanea. Per celebrare questo importante anniversario l’architetto americano ha progettato un’installazione site-specific, intitolata ‘Internal time’, che va ad arricchire la Collezione Permanente della Fondazione Bisazza. Questa, in collaborazione con lo Studio Meier, ha incluso alcuni dei lavori più emblematici del famoso architetto americano come ad esempio la famosa Chiesa della Misericordia situata a Roma. I progetti presentati nell’ambito dell’esposizione hanno messo in luce per la prima volta in Italia la sua filosofia del design, con esempi delle diverse tipologie di lavoro da lui affrontate. www.fondazionebisazza.it what’s on what’s on what’s on wh ROME CHAMBER MUSIC FESTIVAL PALAZZO BARBERINI - SALONE PIETRO DA CORTONA - 6-13 GIUGNO Decima edizione consecutiva per il Festival internazionale diretto dal violinista americano Robert McDuffie e dedicato ai capolavori classici e contemporanei della musica da camera. Dieci interpreti di fama e venti giovani talenti danno vita a prove aperte, concerti e master classes in una splendida cornice barocca. In concomitanza con l’evento, ricevimenti esclusivi e visite guidate anche a Palazzo Torlonia, Palazzo Doria Pamphilij, Palazzo Santa Chiara, Domus Talenti. I concerti aperti al pubblico, sulle note di Beethoven, Brahms, Glass, Mendelssohn, Rossini, Schubert e Schumann, arditamente accostati a Jobim, Moraes e Barroso, si svolgeranno il 10,11,12,13 giugno alle ore 21. www.romechamberfestival.org VINÒFORUM LUNGOTEVERE MARESCIALLO DIAZ (FARNESINA), 7-22 GIUGNO Oltre 2.500 etichette, eccellenze gastronomiche, enoteche, chef e degustazioni guidate dall’Associazione Italiana Sommelier. L’appuntamento decennale della manifestazione si tiene in uno spazio di 10.000mq, arricchito dal primo “fuori salone”: negozi, boutique, atelier d’arte, gallerie di design, cortili privati, giardini, grandi alberghi, officine creative ed enoteche aprono le porte al mondo del vino con aperitivi e degustazioni. E con “Cantine da Chef” 30 tra i migliori chef italiani lavorano con altrettante grandi cantine per approfondire il dialogo costante tra cibo e vino, connubio di semplicità, tradizione e riscoperta del territorio. PALAZZO BRANCACCIO, 27 GIUGNO Seconda edizione per la degustazione di vini e bollicine en rose organizzata da ‘Cucina & Vini’, ospitata nei saloni ottocenteschi e negli ampi giardini del palazzo romano, dalle 17.00 alle ore 23.00 dell’ultimo giovedì di giugno. La manifestazione, quasi 2.000 appassionati lo scorso anno, è ora corredata dalla Guida ai vini della manifestazione, scaricabile on-line. Per informazioni: Tel. 06.45491984, info@mglogos.it PETROLIO DI XAVIER BUENO MUSEI CAPITOLINI, CENTRALE MONTEMARTINI FINO AL 9 SETTEMBRE Il suggestivo contesto di archeologia industriale accoglie il grande dipinto ad acrilico su tavola di oltre sette metri di lunghezza per poco meno di tre in altezza (720 x 277 cm.) realizzato dal maestro spagnolo naturalizzato italiano Xavier Bueno (Vera de Bidasoa, 1915 - Fiesole, 1979), esposto per la prima volta. La mostra racconta la filiera produttiva del petrolio, dalla localizzazione del sito alla costruzione dei pozzi, dall’estrazione alla raffinazione, svelando un’opera praticamente inedita e un pittore di estrema raffinatezza. Il quadro, “inno” al Petrolio ed esempio d’arte industriale, trasmette la fatica degli operai che muovono pesanti tralicci d’acciaio e trivelle intrise di grasso attraverso un concatenarsi d’immagini sospese in una luce rarefatta. La mostra rappresenta anche un’occasione per promuovere il restauro conservativo dell’opera, curato da Daphne De Luca. roma RENATO ZERO PROMUOVE L’ARTIGIANATO MADE IN ITALY È un incontro speciale quello inaugurato sabato 27 aprile a Roma al Palalottomatica tra gli artigiani di Botteghiamo e Renato Zero: loro nella “Casa ideale… work in progress”, lui sul palco, ad infiammare migliaia di romani e non, con il suo Amo Tour 2013 fino al prossimo 22 maggio. Un connubio costruito sul filo di un comune amore per la città di Roma, la passione per il pezzo unico e la tradizione. Un gruppo di venti artigiani animerà infatti la nuova tappa di Botteghiamo, il progetto che prevede tour tra le botteghe, corsi di arti e mestieri per divulgare la sapienza e l’eccellenza dei nostri maestri artigiani. Ideato e realizzato dall’abcproject e promosso da Cna Roma Città Storica ed Associazione Botteghe Storiche di Roma, per valorizzare e sostenere l’artigianato d’eccellenza che, anche questa volta, avrà un palcoscenico d’onore (uno spazio espositivo di 300 mq) per sottolineare la qualità del Made in Italy e dei suoi maestri. All’interno dello spazio espositivo è infatti allestita “la casa ideale di BOTTEGHIAMO... work in progress”, dove tappezzieri, falegnami, marmisti, mosaicisti, doratori, fabbri, ceramisti, liutai, serigrafi, telaisti, impagliatori, restauratori, artigiani designer lavorano durante le tappe del tour, realizzando i loro prodotti fino ad ultimare l’arredamento della casa dei sogni totalmente fatta a mano, sulle note del grande artista. Dal camino al tavolo, dai tappeti alla tappezzeria, dai divani ai complementi d’arredo per interni e giardini, gli elementi prenderanno infatti forma definitiva in occasione dell’ultima tappa, in una cornice d’eccezione, dove si potranno conoscere e scoprire i nostri artigiani all’opera. Manualità, creatività e design animeranno una location originale attraverso arte e passione. Questa sarà anche l’occasione per promuovere e divulgare alcune attività collaterali del progetto come i tour tra le botteghe e i corsi di arti e mestieri, sottolineando e divulgando cosi la sapienza e l’eccellenza dei nostri maestri artigiani; elemento principale la mappa di Botteghiamo, interamente disegnata a mano a china e acquarelli. Simona Basili, ideatrice del progetto e portavoce degli artigiani, così spiega l’inziativa: “questo è l’esempio di come la vita dei rioni, vissuta con poesia e rispetto, abbia potuto ispirare un’idea e trasformarla in un progetto che ci ha messo tre anni a concretizzarsi solo grazie alla tenacia ed alla passione di chi ci ha creduto ed ai suoi protagonisti. Se le botteghe artigiane riescono a sopravvivere è sicuramente un segno positivo di crescita e di cambiamento, è necessario credere nei giovani e tutelare le tradizioni”. Botteghiamo vuole insomma dimostrare che tutto ciò si può ancora recuperare e salvaguardare, grazie alla collaborazione di tutti e mettendoci il cuore. BOTTEGHIAMO TOUR 2013 roma BEREROSA FINO AL 22 MAGGIO 2013 Organizzazione a cura di abcproject srl allestimento a cura di Tiziana Mazzi per abcproject Ufficio stampa abcproject Via del Governo Vecchio, 78 - Roma Tel. 0668301041 - 340 1750665 www.botteghiamo.it Seguici su: what’s on what’s on what’s on wh ALESSANDRO SARRA - CIAC EMPIRE STATE. Arte a New York oggi GENNAZZANO (Roma) fino al 23 giugno Il CIAC si distingue ancora per la sua attenzione alla contemporaneità, aprendo gli spazi del Castello Colonna all’opera di giovani artisti. E’ il caso della personale dedicata al romano Alessandro Sarra, classe 1966, la cui opera investe tutto lo spazio a disposizione in una ricerca pensata per essere un corpo di opere “che nel loro insieme realizzano un tempo, il tempo della pittura, dove Sarra racconta lo spazio della luce e della leggerezza, in una narrazione mai accondiscendente in cui la freschezza del tratto è sostenuta da un progetto corposo” (C.L.Pisano). Alla sua opera si affiancano le ricerche di Aldo Innocenzi del collettivo artistico Stalker/ On, con la mostra work in progress su La Questione Sociale, la mostra fotografica Ephemeride dell’artista greco Konstantinos Ignatiadis dedicata al tema del ritratto, e l’istallazione di Adelaide Cioni (Catania, 1976) che nella Colata Room propone Bacchelli 5 sulla memoria dell’abitare. www.ciacmuseum.com Palazzo delle Esposizioni - Fino al 21 luglio Ambizioso progetto in cui venticinque artisti di diverse generazioni, attivi nei cinque distretti metropolitani, nelle aree periferiche ed extraperiferiche di New York, riflettono sullo spazio urbano come mezzo di distribuzione del potere. Tema attuale che nel titolo rievoca Empire, il saggio di Antonio Negri e Michael Hardt sul capitalismo globale guidato dagli Stati Uniti (2000), e la canzone Empire State of Mind (2009). Cresciuta in maniera esponenziale, come la Grande Mela, l’arte contemporanea ha aperto alle sperimentazioni rivalutando contemporaneamente le impostazioni tradizionali. E così accanto a Dan Graham, che combina arte minimalista e architettura, o Jeff Koon, che conn Antiquity riflette sul mito, espone per la prima volta il net artist Tabor Robak, la cui opera circola principalmente in rete. Un ampio e documentato catalogo accompagna la mostra. www.palazzoesposizioni.it roma I POST-CLASSICI. La ripresa dell’antico nell’arte contemporanea italiana Foro Romano e Palatino, dal 23 maggio al 29 settembre Il rapporto tra antico e contemporaneo è il tema della mostra, che si concentra sulla reinterpretazione dell’antichità, dei valori assoluti di bellezza, perfezione, misura, armonia, sapienza, in chiave moderna. Diciassette artisti, di diversa età e formazione, riaffermano con forza il senso dello stile, riflettendo sul passato come memoria e patrimonio, in un’ottica di contemporaneità. Reinvenzioni, appropriazioni, citazioni, decontestualizzazioni caratterizzano le opere di Kounellis, Pistoletto, Paolini, Paladino, Parmiggiani, Longobardi, Albanese, Beecroft, Botta, Pietrosanti, Aquilani, Colin, ZimmerFrei, Alis/Filliol, Barocco, Jodice e Biasiucci, in cui il classico partecipa al presente prefigurando scenari futuri. Roma, Foro Romano e Palatino www.archeoroma.beniculturali.it - www.electaweb.com VITIGNOITALIA 2013 NAPOLI, CASTEL DELL’OVO - 2 - 4 giugno Il salone dei vini e dei territori vitivinicoli italiani apre alle eccellenze gastronomiche: la pasta di Gragnano e i grandi formaggi DOP italiani (bufala, gorgonzola, parmigiano reggiano e pecorino romano) affiancano 2000 etichette fra grandi vini italiani e bottiglie emergenti. Degustazioni e abbinamenti si alternano agli incontri a tema enologico nei magnifici spazi del Castello in un contesto a minimo impatto ambientale, dove gli allestimenti Sabox e Formaperta, sono realizzate in materiali di riciclaggio. www.vitignoitalia.it LA SCUOLA DI RESINA dalla collezione della Provincia di Napoli MAXXI - fino al 27 ottobre Tra i maestri indiscussi della fotografia italiana un posto particolare va riservato al modenese Luigi Ghirri, scomparso nel 1992 a meno di cinquant’anni. Fotografo d’eccezione, viene ricordato con una grande mostra antologica nei suoi diversi profili di editore, stampatore, critico-curatore e fotografo vicino agli ambienti concettuali dei primi anni Settanta. Più di più trecento scatti provenienti dal suo archivio privato, oggi conservato presso la Biblioteca Panizzi di Modena, documentano chi con il suo sguardo ha saputo fissare immagini capaci di trascendere la realtà per raggiungere il senza tempo. www.fondazionemaxxi.it south LUIGI GHIRRI. PENSARE PER IMMAGINI Icone, Paesaggi, Architetture napoli, Pio Monte della Misericordia - fino al 30 giugno In mostra le opere della Scuola di Resina provenienti dalla collezione della Provincia di Napoli e da raccolte pubbliche e private. Attivi tra il 1863 e il 1867, i principali esponenti del gruppo tra cui Marco de Gregorio, Federico Rossano, Nicola Palizzi, Giuseppe de Nittis e il toscano Adriano Cecioni, proponevano, con un programma antiaccademico, un’arte basata sull’osservazione della realtà e sulla resa istantanea delle emozioni, realizzando opere di stampo verista legate idealmente alle proposte dei macchiaioli toscani. Con tratto veloce, privo di accademismo, i dipinti documentano una realtà di borghi e contrade, caratterizzati da una vita quotidiana fatta di abitudini e tradizioni, ricchezza e povertà. www.piomontedellamisericordia.it MUSEO VEGETALE - GIARDINO DELLA MORTELLA FROM POTTERY TO “PLASTIC” Ceramica-Arte - Tendenze 2013 Tolfa - dal 25 maggio al 23 giugno Nel cuore della Tolfa, tra boschi e natura incontaminata, una mostra documenta il passaggio della ceramica da oggetto di uso comune a espressione artistica. In un’ottica di internazionalità, più di venti artisti tra italiani, norvegesi e finlandesi dialogano, attraverso le loro opere, riflettendo sul futuro della ceramica in una ricerca di equilibrio tra tradizione e innovazione. L’evento, organizzato dall’Associazione Culturale Chirone in collaborazione con il Comune di Tolfa, il Polo Culturale di Tolfa, il “Laboratorio boschivo”, il Centro Studi Italo-Norvegese a Tolfa, la Reale Ambasciata di Norvegia e l’Ambasciata di Finlandia, prevede una serie di conferenze sulla storia e sulla tecnica della ceramica, workshop e laboratori per bambini. www.laboratorioboschivotolfa.jimdo.com tolfa ISCHIA - fino al 3 Novembre Considerato alla stregua di un’orto botanico, questo giardino ischitano è uno splendido esempio di museo vegetale, in cui natura, passione e dedizione si ritrovano in raffinato equilibrio. Progettato nel 1956 dall’architetto paesaggista Russell Page, per volontà di Lady Susan Walton, il giardino fu pensato fin dall’inizio dalla nobildonna come luogo di rifugio per il marito, il compositore Sir William Walton. Nato su un terreno impervio, battuto dal sole e dai venti, oggi il giardino ospita piante rare ed esotiche. Organizzato su diversi livelli, collegati da viali, sentieri, muri a secco, rampe e scalette, il giardino offre al visitatore la possibilità di passare dalle zone più esposte al sole, in alto sulla collina, all’ambiente tipicamente sub-tropicale nella valle, dove fontane, piscine, corsi d’acqua ospitano papiri, fior di loto e ninfee tropicali, e di raggiungere la sommità del terreno per godere dello splendido panorama. www.lamortella.org 100 M AGA ZINE FESTIVAL DEL VERDE e del paesaggio I l verde in tutte le sue declinazioni: architettura del paesaggio e dei giardini, giardinaggio, vivaismo, manutenzione del verde, letture tematiche, concerti, e poi ancora concorsi amatoriali e per addetti ai lavori, attività ludiche dedicate alla cura e al decoro degli esterni. Ideata da Gaia Flavia Zadra, la manifestazione celebra il verde inteso come stile di vita, una festa dalle mille sfaccettature che va dalle aree tematiche architettoniche più scientifiche agli aspetti tecnici della manutenzione per spaziare nella vivaistica e nelle attività “ludiche” legate alla coltivazione delle piante e nella cura del verde. L’offerta è ampissima: si parte dalla mostra “Follie d’Autore”, curata da Franco Zagari, in cui sei autori realizzano in piena libertà creativa sei installazioni di paesaggio. Si prosegue con i due concorsi di paesaggio: “Avventure Creative” e “Balconi per Roma”, Non manca il concorso letterario: Racconto breve sotto le foglie, due cartelle per raccontare il proprio giardino interiore. Una sezione a parte é dedicata ai giardini applicati: veri giardini realizzati da chi per mestiere fa la manutenzione del verde. E poi la mostra mercato, sezione dedicata alle ultime tendenze del verde e del design da esterni, presentazioni, incontri, iniziative dedicate ai bambini, corsi pratici di giardinaggio, istallazioni di artisti, performance musicali. Il tutto affrontato in chiave divertente, colta e spettacolare in una “tre giorni” tematica tutta da vivere ◆ media partner 102 M AGA ZINE UN GIARDINO IN sCATOLA ...da 90 anni la tradizione della cucina romana nel cuore dei Parioli... I n un mondo in cui la parola riciclo dovrebbe essere sempre più all’ordine del giorno, riutilizzare vecchi contenitori può diventare lo stimolo per soluzioni creative e cariche di suggestioni, persino in tema di giardinaggio. Se un secchio di metallo e una vecchia pentola sono idee già viste, anche una vecchia culla, una vasca da bagno, una sedia e persino una madia possono diventare la fantasiosa sede di piccoli giardini pensili, con risultati di incredibile effetto scenografico. Trovate azzardate, ma niente affatto incredibili e anzi facilmente realizzabili, a patto di scegliere le piante giuste e, se necessario, di impermeabilizzare il fondo (nel caso di contenitori in legno, ad esempio). Le piante grasse sono le più semplici da utilizzare, dal momento che necessitano di poca terra e poca acqua, ma in realtà celestina ai Parioli, il più antico ristorante nel cuore è possibile inserire tantissime varietà, anche lasciandole in piccoli vasi, se sapientemente nascosti dal verde o da sassi e sassolini. Questo “giardino in scatola” avrà vita autonoma, potrà creare una zona a sé in un grande parco o essere facilmente posizionato in terrazzo o perfino su un balcone. In ogni caso sarà un coup de teatre non indifferente agli occhi di qualsiasi spettatore. Quindi la prossima volta pensateci bene prima di buttare un pezzo di mobilio rovinato o apparentemente inservibile, potreste scoprire di avere un grande talento utilizzando liberamente la vostra immaginazione nel ridargli nuova vita, trasformandolo magicamente in un angolo verde di incredibile fascino. Le variabili sono pressoché infinite, l’unico limite è la fantasia! ◆ DC dei Parioli, propone ogni settimana grandi serate di degustazione per i propri ospiti. sono momenti particolari a tema, per proporre ai clienti percorsi eno-gastronomici che valorizzano le eccellenze regionali, accompagnati da una selezione di vini delle migliori cantine e birre artigianali. Queste serate offrono anche momenti di incontro tra i nuovi proprietari e gli ospiti, che hanno così l’opportunità di conoscerli meglio. Viale Parioli, 184 • tel. 068078242 - 068079505 www.ristorantecelestina.com 104 105 M AGA ZINE M AGA ZINE FRIZZANTI DRINK OUTDOOR Bicchieri e brocche dalle tinte vivaci, le linee fantasiose e i materiali innovativi, per brindare alla stagione estiva con una dose di allegria, originalità e voglia di giocare. Perché sorseggiare una bevanda all’aria aperta e in buona compagnia, i cattivi pensieri scaccia via di Francesca Volino 3. 4. 1. 1. SCENA DA FIABA Un set fiabesco allestito in un romantico giardino. In foto: tavolo rotondo con sedie ed Etagere in ferro verniciato avorio Old England, piatti in ceramica, tovagliette in tessuto di cotone e bicchieri in vetro color lavanda, bottiglie d’acqua in vetro verde e blu, posate ed oggetti, tutto del marchio Novità Home. www.novitahome.com 2. ROMBI DA BERE Fuori dal coro questi calici in vetro dalla suggestiva forma romboidale prodotti da Fade, disponibili sia per la degustazione del vino che per l’acqua. www.fadespa.com 3. W LE BOLLICINE I bicchieri in vetro soffiato Bolle rallegrano i drink estivi grazie a tanti vivaci colori e al simpatico movimento della lavorazione del materiale. www.fadespa.com 4. GIOCHI OTTICI SULLA TAVOLA Spiritosa e non convenzionale la collezione di bicchieri Bent di Fade, in vetro soffiato, caratterizzata da una linea peculiare e imprevedibile. www.fadespa.com 5. A PROVA DI GOCCIOLAMENTO Da usare per ogni tipo di bibita, la caraffa Drip-free di Eva Solo è provvista di un utile inserto antigoccia. Evasolo è distribuita in Italia da Schoenhuber. www.schoenhuber.com design 2. 5. 107 M AGA ZINE Fendi Casa, il lusso dell’ arredamento Made in Italy Il luxury brand italiano ha presentato al Salone del mobile 2013 una collezione di arredi che unisce estetica contemporanea a lavorazioni artigianali di Paolo Briscese 6. 8. 6. AL COMPLETO IN SPIAGGIA La linea Beach di Italesse comprende flûte e tumbler polifunzionali di diverse dimensioni, coppe, calici dalla forma tecnica e bicchieri in Policrystal®, in una gamma di colori ricca e frizzante. Da segnalare anche la caraffa in vetro soffiato a bocca sinuosa e raffinata. www.italesse.it 7. DI CLASSE Elegante e aggressivo il calice da degustazione Tiburón Medium di Italesse, con gambo e piattello con colorazione professionale. È fantastico anche per un gustoso Spritz. www.italesse.it 8. UN SORSO DI MARTINI Una rivisitazione della classica coppa Martini realizzata in purissimo Policrystal® da Italesse, per assaporare gustosi cocktails senza rischi di rotture. www.italesse.it 9. STILE ACCATTIVANTE Ideali per un aperitivo all’insegna dell’ecologia e dell’informalità, i bicchieri Potiri sono realizzati in policarbonato. La linea è proposta da Rastal per Quattrogradi. www.rastal.it ◆ 7. 9. U na nuova dimensione estetica, un viaggio reale e metaforico che ridefinisce l’idea del lusso applicato all’abitare. Fendi Casa è un modus vivendi che descrive la modernità contemporanea, in quell’espressione di avanguardia che si spinge verso l’immaginazione del futuro e nello stesso tempo recupera gli elementi del classico. E lo fa portando il suo approccio esplorativo e sartoriale - tipico delle sue creazioni moda - all’arredamento. Il suo universo casa è costituito da poltrone, divani, sedie, letti, sistemi di arredamento, creazioni esclusive senza tempo. Tutta l’estetica, il lusso e l’avanguardia della maison si esprimono con l’ultima collezione Fendi Casa Contemporary, ideata dall’architettodesigner francese Toan Nguyen, nella quale tradizione e contemporaneo entrano in affascinante simbiosi, in un gioco dialettico tra reminiscenze passate e slanci creativi verso un’estetica futuribile. Mobili e accessori di misurata eleganza, fatta di linee essenziali ed epurate, modellate su materiali hi-tech come l’acciaio dialogano anche con preziosi legni massello lavorati secondo la sapienza ebanista. E diventano nuova espressione del design, un lusso sottile, tutto da vivere, tutto da abitare ◆ 109 Trame, In-es-artdesign M AGA ZINE DEsIGN INCROCIATO Nella luNGa settimaNa del desiGN milaNese, il saloNe del mobile, per tutti ‘il saloNe’, il sistema dell’arredo ha iNcrociato iNaspettate forme preZiose di Vittoria Di Venosa D esign, fashion, eco, bio, happening, show-cooking, temporary museum e via elencando hanno confermato dal 9 al 14 aprile, le mille forme di Milano capitale del design. In una babele di lingue, imprese, architetti, progettisti, designer, giornalisti e trend setter, in un continuo vortice di spostamenti per essere presenti all’essenza della design week, le mille forme del mobile hanno confermato il segno distintivo del made in Italy. Ma mentre il Fuorisalone diffuso in varie zone di Milano, prima tra tutte la Triennale, tempio consacrato al design, e quindi i distretti di Tortona, Brera e Lambrate-Ventura interpretavano le tendenze internazionali, al Salone l’effervescenza creativa si è imposta per versatilità, innovazione e qualità sia nell’arredo casa sia nelle suggestive proposte di Euroluce in un tripudio di Led e tecnologie rivoluzionarie. I diversi mondi tra design, fashion, arte e artigianato si sono incontrati con i protagonisti dell’arredo che hanno proposto pezzi unici, fluidi in un continuo dialogo di incroci, ricerca di materiali e nuovi dialoghi. Al Salone il premio alla creatività è andato alla Kartell che ha presentato, in una spettacolare scenografia firmata da Ferruccio Laviani, La Galleria, una ‘The luxury Experience issue’ che emulava ironicamente la Galleria Vittorio Emanuele di Milano. In una passeggiata tra il virtuale/reale Kartell ha presentato le sue ultime novità dedicando ogni ‘boutique’ a un designer il cui nome è stato ironicamente interpretato con i font delle più famose firme del lusso, come la lampada Twist, realizzata dallo stesso Laviani, un insolito drappo di plastica che si avvolge su se stesso, e lo sgabello ‘a plissé’ Sparkle Stool di Tokujin Yoshioka realizzato in materiale plastico riflettente. Avvolgente invece la poltroncina in monoblocco in polietilene Modesty Veiled, pensata dall’irriverente Italo Rota per Driade e disponibile in bianco, grigio o in elegante opalino. Edra Corallo bed by fratelli Campana Driade, Modesty by Italo Rota Un sapiente incrocio tra arte e design lo abbiamo trovato nel nuovo letto Corallo di Edra realizzato dai fratelli brasiliani Fernando e Humberto Campana che hanno unito aria e acqua, cielo e mare con l’irregolare intreccio di filo d’acciaio inox curvato che imita il corallo dei fondali marini evocandone anche l’apparente fragilità di un nido d’uccelli. Da Flou, leader della produzione letti, ecco la novità 2013: la divisione Natevo che crea nuovi prodotti con la luce dentro come la poltroncina Nuvola di luce, molto intrigante. Moroso con il divano Oasi di Atelier 01, ispirato da un gesto calligrafico quasi arabesco che avvicina l’oriente con l’occidente trasforma, in un sottile gioco di sertissage, la seduta semplicemente sostituendo, ad ogni stagione, il tessuto posato come un velo sull’imbottitura. Anche il colorato divano Inntil pensato da Mergherita Pointillée per Missoni Home in velluto a coste di viscosa delavée interpreta il gioco tra creatività e comodità con il suo incredibile utilizzo di innovative texture. Da Rimadesio molto interessanti le forme della libreria in alluminio Wind di Giuseppe Bavuso, archetipo di un sistema modulare che coniuga fluidità, leggerezza estetica con innovazione tecnologica. Invece Fiam, leader della cultura del vetro curvato, ha festeggiato i suoi primi 40 anni con il tema degli specchi, simbolo della sua filosofia aziendale, facendo firmare dall’instancabile Daniel Libeskind lo specchio Wing contrassegnandolo con ‘taglio’ che contraddistingue la sua cifra progettuale. Kartell, Twist by Ferruccio Laviani Natevo by Flou, poltrona Nuvola Arper Edition Bardi's Bowl Chair Slamp - êtoile on black by Adriano Rachele Da Pianca si nota la ‘mano’ di Bruno Fattorini, già art director dell’azienda, che firma il sistema a parete Angle by Fattorini & Partners, dal disegno essenziale e grafico dove i particolari elementi diagonali creano un insieme fluido molto versatile. Grande interesse ha suscitato la Bardi’s Bowl Chair prodotta da Arper, disegnata nel 1951 dall’architetto italo brasiliano Lina Bo Bardi e mai realizzata. Un progetto inedito che Arper, condividendo i valori e l’approccio umanistico di Lina Bo Bardi ha ora prodotto con l’Istituto Lina Bo e P.M. Bardi in Brasile, attuale interprete della sua eredità artistica. Molti i percorsi luminosi dentro a Euroluce e al Fuorisalone che hanno presentato linguaggi sperimentali ispirati al benessere con le nuove tecnologie led. Da Cini&Nils ecco infatti la nuova collezione di prodotti esclusivamente led. Alcune lampade giocano con la propria ombra creando inaspettate installazioni luminose, quasi fossero opere d’arte. Altre invece, come quella a sospensione Collier, contrassegnata da un deciso carattere decorativo, riflettono e diffondono la luce molto suggestiva. Da In Es.artdesign con Hand Made trame di luce sartoriali ricamano intrecci suggestivi tra tessuti e lampi luminosi. Ispirata invece alle silhouette delle lanterne giapponesi ecco da Baccarat la lampada in cristallo a sospensione e applique Clochette che assomiglia alla corolla di un fiore proposta con Celeste, discreta lampada da terra dalla forma rotonda. Entrambe firmate da Philippe Nigro diffondono generosamente la luce in totale armonia. Daniel Libeskink, evento Hybrid Beyond the Wall Sempre in cristallo ma opulente è la collezione Ballroom pensata da Samuele Mazza per La Murrina destinata ai grandi spazi e, appunto, ai saloni da ballo. Più leggera e seducente infine la lampada Étoile firmata da Adriano Rachele per Slamp, azienda leader del settore con sede a Pomezia, che sembra danzare sul palcoscenico di luce grazie ai potentissimi Led racchiusi al suo interno che creano prismatici riflessi suggestivi. Un discorso a parte merita l’architetto Daniel Libeskind, protagonista assoluto di questa edizione 2013 che ha firmato instancabilmente diversi progetti. Già citato per la sua interpretazione dello specchio per i 40 anni di Fiam, Libeskind è stato ammirato anche alla mostra Hybrid promossa da Interni svoltasi negli splendidi spazi del Seicentesco palazzo dell’Università Statale di Milano. Lì nel chiostro ha creato Beyond The Wall, una imponente spirale policentrica realizzata in Silestone®, per il gruppo Cosentino, leader mondiale nella produzione e distribuzione di superfici innovative per l’architettura. Infine, last but not least ecco il coup-dethéâtre: Flow, la City Spa Jacuzzi, una spettacolare vasca di idromassaggio firmata dal geniale architetto dove l’oggetto puramente funzionale ha incontrato l’ineguagliabile tecnologia Jacuzzi. Perfetto binomio per immergersi in un bagno di benessere dopo le intense giornate di Milano Design week ◆ Daniel Libeskind, City Spa Jacuzzi design Cini & Nils Collier Baccarat Clochette e Celeste by Philippe Nigro HYundai i20 La casa automobilistica Hyundai Motor Company ha messo a nostra disposizione per la settimana del design milanese la Hyundai i20, un’automobile brillante rivolta principalmente ad una clientela dinamica, ideale per muoversi nel congestionato traffico cittadino, soprattutto in occasione di grandi eventi internazionali. 112 113 M AGA ZINE M AGA ZINE CONQUISTATI DAGLI INTRECCI Lo spazio outdoor è il regno dei mobili in rattan o in fibra sintetica intrecciata, che assicurano piacevolezza estetica, resistenza e sicuro comfort I di Francesca Volino mobili in fibra intrecciata hanno una doppia anima. Da un lato richiamano una pratica rurale molto antica, quella della lavorazione artigianale del vimini, della canna, del giunco, del bambù o in generale di tutto ciò che si può trovare in campagna e sia sufficientemente flessibile per costruire cesti e manufatti dai mille impieghi. Dall’altro esprimono un’estetica estremamente moderna quando danno vita a oggetti di impronta contemporanea caratterizzati da trame dinamiche e dal forte segno grafico. 2. 1. TRAMA DINAMICA Un salotto a cielo aperto dalla taglia forte, come già fa intendere il nome. Infinity di Ethimo è realizzato in alluminio e fibra lightwick, contraddistinta da un intreccio irregolare. www.ethimo.it 2. SENTIRSI IN PARADISO I prodotti della linea Heaven firmati Emu colpiscono per l’armonia delle proporzioni e per il candore dello stile. Il tavolo e le accoglienti lounge chair sono in acciaio intrecciato. www.emu.it 3. INTRECCI SENZA TEMPO Morbide linee e angoli stondati caratterizzano la collezione Time di Ethimo, che comprende la poltroncina e il tavolo quadrato. Entrambi in fibra Etwick. www.ethimo.it 3. 1. Il materiale naturale più impiegato per l’intreccio a livello industriale è oggi il rattan, un tipo di canna proveniente dall’Asia sud orientale che, grazie alla sua duttilità, leggerezza e resistenza agli agenti atmosferici, si presta bene a essere lavorato e utilizzato in ambiente esterno. Verande, patii, portici, bordi piscina, giardini e terrazze sono gli spazi ideali per accogliere poltrone, divani, lettini, tavolini e sedute in fibra, con il loro fascino esotico e la loro resa qualitativa indiscussa. La scelta delle aziende ricade altre volte su materiali sintetici, ottimi quando le condizioni atmosferiche sono particolarmente avverse, come per esempio la fibra Lightwick, un intreccio sviluppato da Ethimo che dà vita ad una trama irregolare molto confortevole, o come la Waprolace del marchio Unopiù, fibra sintetica di alta qualità intrecciata a mano su una struttura di alluminio. Optare per un intreccio sintetico permette anche di osare e di sperimentare con le colorazioni, realizzando linee stravaganti, dalle tonalità brillanti, gradite a un’utenza giovane e attratta dal design. Un altro aspetto da segnalare è che le superfici lavorate a motivo intrecciato trasmettono eleganza e calore, e invitano a lasciarsi andare, a un calmo e rasserenante riposo, soprattutto quando sono accompagnate da morbidi e avvolgenti cuscini, grandi materassi, imbottiti dalle forme sinuose. 115 design 114 M AGA ZINE M AGA ZINE 4. 5. 6. 8. 7. 4. COMODITÀ MASSIMA Ampie misure e profili regolari per il divano e il tavolinetto Agorà di Unopiù, rivestiti in fibra sintetica di WaProLace intrecciata a mano. www.unopiu.it 5. VUOTI E PIENI Intrigante e ricercata, la collezione Les Arcs si contraddistingue anche per la particolarità della trama della stoffa che ricopre gli archi, simile alla corda delle navi. www.unopiu.it 6. LA POLTRONA CHE SI FA NOTARE Nella versione in fibra sintetica Waprolace, la poltrona Capri prodotta da Unopiù è disponibile in sei colorazioni allegre e moderne, per ravvivare la veranda, il giardino, o anche l’interno della propria abitazione. www.unopiu.it 7. CURA PROGETTUALE Il tavolo Olimpo e le sedie Olimpia sono realizzati in polipropilene e mostrano un andamento fluido e sinuoso. Le sedute dispongono di una scocca a texture intrecciata sullo schienale e sul sedile che consente il passaggio dell’aria. www.scabdesign.com 8. MOTIVO GRAFICO Un’estetica eterea e leggera per una seduta in realtà solida e resistente. Nett, del marchio Crassevig, è fatta di nylon rinforzato con fibra di vetro ed è caratterizzata da un particolare reticolo che trafora la scocca. www.crassevig.com 116 M AGA ZINE 9. 9. SFIDA DI DESIGN Spettacolare questa poltroncina che nasce dalla collaborazione fra Matteo Thun e Antonio Rodriguez per La Cividina. Si chiama Aria ed è descritta da un reticolato metallico rivestito in cuoio. www.lacividina.com 119 M AGA ZINE CASE IN PIETRA E TRADIZIONE a cura di Cafelab - Emanuela Carratoni e Fabio Cipriano D alle ondulate colline della Toscana agli assolati campi di grano della Puglia, il paesaggio italiano è ricco di manufatti di eredità contadina. Dalla villa alla cascina, dal casale alla masseria, anche semplici stalle e fienili in stato di abbandono possono divenire oggetto di recuperi affascinanti che riportano a nuova vita un’edilizia “povera” ma dalla grande bellezza formale. Questo tipo di interventi richiede particolari attenzioni progettuali, che tengano conto delle caratteristiche architettoniche già presenti, degli eventuali vincoli, del contesto ambientale e territoriale in cui essa si colloca, oltre a valutazioni inerenti le modalità e i tempi di fruizione. Attenzione deve essere posta anche al risparmio energetico, divenuto elemento determinante per l’acquisizione delle autorizzazioni necessarie nei casi di aumento della cubatura. Una grande possibilità, data dalle tecnologie delle chiusure moderne, è quella di aprire la costruzione verso l’esterno, creando affacci verso paesaggi che, non più coltivati, spesso si sono trasformati in terre disordinate, ma anche, se si è fortunati, in bellissimi boschi o profumato sottobosco di macchia mediterranea. 120 M AGA ZINE Mastro Raphael Bassetti LA TRADIZIONE La prima attenzione è quella di preservare e rileggere i caratteri tradizionali originari della costruzione come la calce, il cotto, la pietra, le travi a vista, la muratura in tufo con ricorsi In laterizio, i soffitti a volta. Materiali locali che ci aiutano a riconciliare con la storia e il contesto una costruzione che magari è stata abbandonata per lunghi periodi o snaturata con elementi come le coperture in lamiera. Molto spesso questi casali si presentano come un disordinato intreccio di camere collegate tra loro da scale e dislivelli. La soluzione più congeniale a valorizzare la potenzialità degli spazi interni e adattarli allo stile di vita moderno è quella, dove possibile, di abbattere le distribuzioni interne per ottenere nuovi spazi, molto più ampi e luminosi, nel rispetto del concetto della fruibilità piena degli ambienti con una valorizzazione della continuità visiva e luminosa che sembra tessere un filo tra le varie zone. 122 design M AGA ZINE SCOPERTE Una delle scoperte più gratificanti è ritrovare il vecchio camino, attorno a cui organizzare gli spazi conviviali, creando atmosfere molto suggestive Le altezze interne considerevoli alle volte consentono di realizzare piani soppalcati, aumentando la superficie interna e giocando con le altezze; utilizzando strutture leggere in telaio metallico, si inseriscono nel contesto forti segni di una rottura espressamente ricercata e voluta. I COLORI Le tinte da scegliere sono calde, a rimarcare i colori presenti tra le colline, gli uliveti, le vigne o i campi coltivati, lasciando bene in vista i segni del tempo: travi, tavoli da lavoro, robusti pilastri, e affiancando ai materiali tradizionali citazioni di design e materiali innovativi, ad esempio la resina cementizia che crea omogeneità fra gli spazi ◆ 131 M AGA ZINE 132 M AGA ZINE