Campo de`fiori

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Campo de`fiori
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Campo de’ fiori
Rivolgo un cordiale e fervido augurio natalizio alla redazione e ai lettori di “Campo de’ fiori”.
Il Natale che torna ha sempre un suggestivo e particolare fascino. Certe discutibili iniziative vorrebbero nascondere e offuscare questa cara ricorrenza: non riusciranno nel loro intento.
La festa del Natale non si identifica nel consumismo, nella corsa alle compere, nello scambio frettoloso dei soliti
auguri di circostanza.
E’ vero: anche coloro che non credono in questo mistero sublime di Dio che si fa uomo, sembrano accorgersi che
Natale è un giorno diverso dagli altri.
Tutti, se potessimo, vorremmo trattenere l’incanto della notte santa, notte di pace e di amore, ricca di profonde
riflessioni, di pensieri oranti.
Davanti alla rievocazione della nascita di Gesù, cioè davanti al presepio, torniamo bambini e percepiamo il mistero che sovrasta la nostra intelligenza, ma che riguarda ciascuno di noi, perché “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14), è diventato come
uno di noi.
“E’ nato per noi un bambino, un figlio ci è stato donato: egli avrà sulle spalle il dominio, consigliere ammirabile sarà il suo nome” (Is
9,5). “… ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,1011). Così gli angeli ai pastori e con l’augurio di “pace in terra agli uomini che Dio ama” (Lc 2,14).
A Natale si rivela tutta la dignità dell’uomo redento, con Lui Figlio eterno di Dio, anche noi diventiamo figli di Dio. Si potrebbe dire che
a Betlemme si forma la famiglia di Dio composta da tutti gli uomini.
Nel grandioso arco cosmatesco del portico della Cattedrale di Civita Castellana, c’è inciso a caratteri d’oro il canto natalizio con l’augurio di pace. E’ testimonianza di fede, di arte, di cultura. Viviamo questo Natale con pensieri di pace e preghiamo il Re della Pace perché cessino guerre e violenze.
L’augurio di Natale raggiunga tutti noi; pace nelle nostre famiglie, serenità e conforto per gli ammalati, speranza per i disoccupati, per
gli immigrati, gioia per i bambini. Sia augurio di scoperta della fede per i giovani, sia augurio di impegno serio per coloro che hanno
responsabilità nell’amministrazione della cosa pubblica per il bene comune.
Rivolgiamo le nostre preghiere alla Vergine Santissima e chiediamo aiuto per dire << “no” agli inganni del potere, del denaro, del piacere, ai guadagni disonesti, alla corruzione e all’ipocrisia, all’egoismo e alla violenza>> (Benedetto XVI – Preghiera all’Immacolata in
Piazza di Spagna – Roma – 8 Dicembre 2006).
Orientiamo i nostri passi verso Betlemme perché là c’è l’insegnamento sempre attuale: è l’insegnamento di vita e di amore.
La luce dell’anima
Strade illuminate, negozi addobbati a festa e colorati
d’oro e d’argento, la gente per strada è carica di regali e
s’apre a generosi sorrisi, cammina svelta e si prodiga in
larghi gesti di saluto.
Musiche gioiose si diffondono per tutta la via e rendono
l’atmosfera irreale, quasi da sogno.
Passeggio con Federico in mezzo a tanta confusione e lo
vedo incuriosito, ma forse anche intimorito da tanta animazione.
Lo invito a tenere alto lo sguardo e camminare composto, come si addice ad un ometto della sua età.
Stanchi alfine del nostro girovagare, entriamo in chiesa
e ci sediamo sull’ultimo banco.
Siamo soli.
Federico, che era stato curioso, ma nervoso, attratto, ma
impaurito da tutto quel frastuono, si calma all’istante e,
stringendosi con il suo corpicino a me, guarda con attenzione i lumi accesi per devozione davanti alle effigi dei
Santi.
Mi scruta in silenzio e, con amore, con delicatezza ineguale, mi passa la sua manina sulla guancia ed io penso
……
E’ più luminoso un lume dell’Altare che tutte le
luminarie del mondo: lì c’è la luce dell’anima.
di Sandro Anselmi
Una strana Famiglia
E’ Natale e nasce Gesù Bambino.
Anche Lui è un “Figlio diverso”, non atteso,
non cercato.
Sua Madre non è sposata ed è questa una
condizione disonorevole per la società in
cui vive, e così deve girovagare insieme a
San Giuseppe per cercare un posto dove
far nascere Suo Figlio.
Poi, d’incanto, la stella cometa indica il
cammino ai pastori, ai Magi, che accorrono
a portare doni e stringersi attorno alla
“strana famiglia”.
Anche le famiglie di oggi mettono al
mondo “figli diversi”, accettandoli con lo
stesso amore, ma non ci sono per loro i
Magi e i pastori, ad accompagnarle nel difficile cammino… …
Questa società non si cura più dei
rapporti umani, in essa manca del
tutto una comunità solidale e, né i
parenti, né gli amici, né le istituzioni
accolgono queste “famiglie diverse”,
lasciandole spesso in una profonda
solitudine.
foto Fabrizio Angeloro
E’ finito anche il 2006.
Questo è inevitabilmente il momento
dei bilanci e quelli che ci interessano,
sono quelli più profondi e umani.
Tutti riproponiamo tanti buoni propo siti e lodevoli intenzioni e l’esigenza di
un continuo rinnovamento, di una
perenne rigenerazione, apre nuove spe ranze.
La speranza di un mondo migliore,
senza rancori, senza violenze, senza
guerre e senza inutili dolori, sia allora
l’augurio che faccio a tutti voi ed ai
vostri cari, e che possiate passare un
bellissimo Natale ed un meraviglioso
Anno Nuovo. Auspico, in maniera parti colare, tanta gioia ai miei validi colla boratori ed ai preziosissimi sponsor.
Dal più profondo del cuore,
Sandro Anselmi.
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il
di Sandro Alessi
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Il Puff è uno
dei locali più
caratteristici
della capitale, una bomboniera nel
cuore pulsante della
capitale
inventato e
gestito
da
Lui, “er Core de’ Roma”.
Incontriamo Lando Fiorini proprio in quella che è la sua creatura, nata e cresciuta
grazie alla testardaggine di un vero romano trasteverino ed introduciamo la nostra
chiacchierata chiedendo proprio notizie
sulla nuova stagione del Puff, che vede in
scena lo spettacolo intitolato “Pronto chi
spia ?”
“Come tutti gli anni io e gli altri autori scegliamo l’attualità come tema dei nostri
spettacoli : lo scorso anno abbiamo fatto
“Vieni avanti Pechino” che parlava del
fenomeno dell’invasione dei cinesi, due
anni fa “Ciack si gira ridateci la lira” mentre eravamo tutti in crisi con l’arrivo dell’euro… Questo credo sia l’argomento di
attualità! Con “Pronto chi spia?” giochiamo
sul fatto che siamo tutti intercettati e pensate che in questo spettacolo viene intercettato anche Giulio Cesare e c’è, come al
solito, molto da ridere. Da sempre l’attualità fa parte dei nostri spettacoli e la gente,
ritrovandocisi dentro, si diverte ed è per
questo che il Puff esiste da 39 anni ed ogni
anno riempiamo il locale tutte le sere.”
Hai in scena con te, attori sempre più
bravi.
“Questi attori sono straordinari perché,
come dice l’allenatore della Roma,
Spalletti, i comportamenti di ognuno sono
molto importanti anche negli spogliatoi, ed
anche noi nei camerini abbiamo una armonia talmente serena in quanto ognuno è
rispettoso del ruolo dell’altro. Camillo
Toscano è un attore straordinario che mi
accompagna da anni, Loretta Rossi Stuart
è stata con noi qualche anno fa ed è tornata più brava e più bella di prima. Per
finire Alessandra De Pascalis è un elemento nuovo che ha fatto parte del laboratorio di Proietti ed in scena è molto brava.
Non dimenticherei le musiche originali di
Vincenzo Romano e tutti gli altri che formano la nostra grande squadra di que-
O
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st’anno.”
Insomma, Lando, una squadra vincente!
“E’ una squadra vincente perchè riusciamo
a divertirci anche noi mentre facciamo
divertire il pubblico che viene a vederci e
la gente se ne rende conto.”
Come è nata l’idea del Puff?
“Era il 1968, ed è stata una necessità : io
ero stato in tournee in America con
Rugantino, dove interpretavo anche una
bella parte, e registrammo un grandissimo
successo sia in Italia che in tutto il mondo.
Quando sono tornato nella mia città mi
sono accorto che qualcuno si era scordato di Fiorini ed io, che nel frattempo avevo
avuto anche un figlio, Francesco, dovevo
lavorare a tutti i costi… Un giorno mi avevano chiamato a sostituire Gabriella Ferri
al Bagaglino, ed interpretando per alcune
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presenta
“PRONTO CHI SPIA?”
anche in teatro, ma come è andato via
Cassano con tutto il rispetto per il campione che mancava dal lato caratteriale,
Spalletti è stato bravo a sistemare le cose
e la Roma ha cominciato a vincere, ed ha
realizzato quella lunga serie positiva….
Anche quest’anno è una grande squadra e
ci sta dando grandi soddisfazioni; speriamo che qualcosa succeda, ma io non
voglio pronunciare quella parola…”
Ma torniamo in chiusura allo spettacolo di quest’anno…
“Invito con molto piacere i lettori di Campo
de’ Fiori a venirmi a trovare, e ricordo che
questo spettacolo ogni anno è diverso, e
cambiarlo ogni volta, da 39 anni, non è
facile. L’anno prossimo il mio locale festeggerà i 40 anni e faremo sicuramente una
grande festa.
Per il sottoscritto, amici lettori, questo è
un fatto importante e vorrei ricordare sempre che per me Roma è moglie, madre
ed amante e finché avrò un’ oncia di fiato,
io canterò e parlerò de Roma!
Vi abbraccio tutti !”
sere quel tipo di spettacolo, chiamato
cabaret, ne rimasi innamorato, tanto che
chiamai subito un mio caro amico, che a
quei tempi faceva le imitazioni, – un certo
Montesano – e che nessuno ancora conosceva…
Trovai una cantina in Via dei Salumi, la
sistemammo e incominciammo i nostri
spettacoli coprendoci di un sacco di buffi,
che sono riuscito a saldare e di cui ho conservato le cambiali dell’epoca.
Cominciò così il successo del Puff.”
Da quel giorno sono passati tanti
anni, Roma è cambiata, si è adeguata ai tempi ma si sono perse tante
cose tra cui tanti valori…
“I valori, chi ce l’ha li mantiene anche se
intorno ti cambiano tante cose, mentre chi
non ce l’ha è difficile che li possa acquisire col tempo…Roma è cambiata molto e
ci sono tante storture che mi danno un
fastidio enorme, come quella di vedere
queste grandi scritte luminose, questi fast
food con queste grandi scritte che deturpano la nostra città, il traffico… non si
vede più la vecchietta fuori dal portone
che vende le caldarroste… e chi abita in un
palazzo grande, come me che vivo a
Monteverde, si rende conto che delle
volte non conosci nemmeno chi ti abita
sotto…e quando penso a
queste cose, mi piace
ricordare le parole di mio
padre ‘non è cambiata
Roma, so’ cambiati i
monnaroli!’ comunque
chi nasce con dei valori
se li porterà sempre
appresso !”
Da sempre dentro
Lando batte un cuore
giallorosso: potrebbe
essere l’anno buono ?
“Sicuramente
meglio
degli altri anni e vorrei
ricordare che, in tempi
non sospetti, durante una
trasmissione televisiva
condotta dalla Ventura, e
quando ancora la Roma
lo scorso anno
non
aveva cominciato quella
serie di vittorie e non
andava ancora bene,
dissi: state boni e calmi,
perchè i giocatori non
possono essere diventati
dei brocchi all’improvviso.
Infatti c’era uno scontento generale negli spogliatoi, e questo succede
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Una insolita collezione dall
il telegramma
Parlare di telegrammi
nel
momento più
intenso
di
comunicazioni
telematiche può
sembrare anacronistico, eppure, proprio
mentre il vecchio, glorioso
di Alfonso Tozzi
telegramma, dall’ inconfondibile
colore giallino, sta per essere definitivamente archiviato e affidato alla storia della
comunicazione, il collezionismo si accinge
a ridargli vigore a beneficio dei posteri.
I prodromi di questo innovativo mezzo di
comunicazione vanno ricercati nella invenzione ideata dallo statunitense Samuel
Finley Breese Morse, nato a Charleston nel
1791, morto a New York nel 1872, al quale
le scoperte del fisico francese Ampere sui
principi dell’elettrodinamica, suggerirono
l’idea del telegrafo elettrico.
In collaborazione con il suo socio Alfred
Vail, creò un alfabeto per la trasmissione a
distanza di segnalazioni mediante un
apparecchio da lui perfezionato per tale
scopo, vale a dire il telegrafo.
Tale alfabeto è formato dalla combinazione di segni lunghi e corti intervallati, ossia
da linee e da punti, trasmessi
mediante impulsi elettrici, e dalle
varie combinazioni dei quali si
ottengono lettere, cifre e
segni corrispondenti a quelli della
scrittura ordinaria,
per esempio: la lettera “A” è costituita
da un punto e da
una linea (.-), la
“B” da una linea e
tre punti (-…) e così
via.
Il Morse, pur disponendo di scarsi
mezzi economici,
dedicò diversi anni
per la messa a
punto della sua
invenzione.
Nel 1837 effettuò le
prime dimostrazioni
del suo apparecchio negli USA ed in
Europa, ma con scarso interesse dei
governi del momento; perseverando con
tenacia riuscì tuttavia ad avere il brevetto
nel 1840 e, tre anni dopo, un finanziamento per costruire una linea tra
Washington e Baltimora, inaugurata nel
Maggio del 1844.
Per notizia, i paesi europei ad adottare il
telegrafo
Morse
furono l’Austria, la
Prussica
e
la
Svizzera, mentre la
prima linea italiana, la Pisa –
Livorno, è del
1846.
La scoperta, come
era ovvio, rivoluzionò il modo di
comunicare e trasformò radicalmente tutta la società.
Dopo il primo marconigramma (telegramma senza fili)
spedito dal nostro
Guglielmo Marconi
nel 1895, apparvero in Italia, all’inizio
del secolo, dei
caratteristici
fogliettini gialli
ripiegati, dalla misure 18 x 25 (x 6 – linguella), su cui venivano stampate le comunicazioni fra privati o fra Enti.
Via via che il nuovo mezzo diventava più
popolare e il messaggio raggiungeva
buona parte di utenti italiani, si cercò di
sfruttarlo per fini squisitamente pubblicitari.
Nel 1860 costava venti lire trasmettere un
telegramma da Torino a Napoli, ma nel
1920 erano già più di 7000 gli uffici telegrafici nel territorio nazionale.
I primi telegrammi con
pubblicità
apparvero
intorno agli
anni Trenta:
furono
le
ditte
più
conosciute
dell’epoca
le prime a
servirsi di
q u e s t o
straordinario mezzo
mediatico:
O L I V E TT I ,
LIQUORE
STREGA,
CITTA’ DI
SANREMO
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l’irresistibile fascino antico:
a pubblicitario
“l’inverno vi offre la primavera di
Sanremo”, MONTECATINI e SALSOMAGGIORE per pubblicizzare le loro terme,
RADIOMARELLI. Inserzionisti fissi furono
per alcuni anni la FIERA DEL LEVANTE,
quella di PADOVA e di MILANO, le lotterie
di TRIPOLI, di MERANO, e ultima quella
dell’ E 42, ideata dal fascismo, ma non
potuta espletare a causa della guerra.
Non
sono
moltissimi
coloro che si
dedicano
a
questo particolare tipo di
collezione,
alcuni considerano la raccolta
come
un’appendice
interessante
della filatelia
o della storia
postale, altri
inseriscono i
telegrammi
fra la pubblicità in genere.
Tutti normalmente usano
suddividere, come è logico che sia,
i telegrammi pubblicitari per singole tematiche, quando ciò è possibile, spesso vengono inseriti fra le
tematiche varie del momento che,
su di uno stesso
pezzo, compaiono
più pubblicità dello
stesso tipo.
Quelli più ricercati
sono ovviamente gli
esemplari in ottimo
o buono stato di
conservazione ma,
stando al genere di
raccolta, l’impresa
è quasi impossibile,
tuttavia lo scambio
fra “telegrammofili”
è abbastanza intenso e soddisfacente.
I prezzi tengono
conto dell’anno di
spedizione, del tipo
di pubblicità e
anche del testo se
si tratta di “documenti” di una certa “storicità”.
Non esistendo un catalogo, i prezzi sono
stabiliti dalla considerazione individuale di
rarità, liberamente accettati, comunque,
per alcuni esemplari particolari, vengono
corrisposte somme di un certo rilievo.
Per poter incrementare la propria raccolta è necessario soprattutto visitare i mercatini di antiquariato e
sbirciare fra le cartelle o le borse
giacenti sui tavoli o ai piedi degli
espositori che offrono vecchie cose e che si dedicano a “vuotare cantine”. E’ necessario
altresì visitare le fiere
cartacee come quella
che si tiene periodicamente
a
Valmontone, nella
nostra regione.
Fra i “pezzi” maggiormente richiesti
e difficilmente rinvenibili sul mercato
collezionistico vi è
quello relativo ad
una strana pubblicità apparsa nell’e-
state del 1936: “Se dovete partire non
dimenticate di portare con voi UNA SCATOLA DI DOLCI. Se dovete ringraziare i
vostri ospiti mandate loro in omaggio UNA
SCATOLA DI DOLCI. Se mandate auguri,
saluti, felicitazioni, fateli seguire da UNA
SCATOLA DI DOLCI”.
Il telegramma, sulla scia del successo
ottenuto dalla pubblicità, reclamizzava
anche se stesso: “preferite questa forma
di pubblicità: in Italia sono distribuiti non
meno di centomila telegrammi al giorno.
Un prodotto propagandato con questa
pubblicità giornalmente, ed in modo
incontestabile è conosciuto almeno da
duecentomila persone”, così suonava il
richiamo agli inserzionisti.
E’ appena il caso di riferire che, oggetto
del collezionismo telegrafico, è costituito
qualche volta anche dal testo trasmesso,
come quello spedito il 22 Maggio 1915 e
diretto ai Sindaci della provincia Baialatina
in cui il Prefetto dell’epoca, dottor
Sansone, così comunicava: “S.M. il Re ha
decretato la mobilitazione generale dell’esercito e della marina e la requisizione dei
quadrupedi e dei veicoli. Primo giorno di
mobilitazione 23 corrente. Pregola accusare ricevuta conformità articolo 35 istruzioni ai Sindaci edizione 1913”.
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Roma che se n’è andata: luoghi
Antiche vigne e pergolati
Nel cortile di un’antica Osteria presso
Porta Settimiana prospera, ancora ai giorni nostri, c’è una vite ultra secolare che
d’estate offre riparo, grappoli e frescura a
tutti i commensali del locale che, il più
delle volte, restano incuranti di fronte a
tanta meraviglia.
Questi, infatti, non tengono conto del fatto
che, come dicono i bene informati, quella
stessa vite riuscì probabilmente a vedere
gli sguardi amorosi di Raffaello per la sua
Fornarina atteso che, secondo tradizione,
il grande artista dimorò nella vicina Via di
Santa Dorotea.
Viti come quella sopra descritta, fino allo
scadere del XIX secolo, accompagnarono
per lunghi tratti il sinuoso scorrere del
Tevere non ancora bonificato e cinto di muraglioni,
cosa, questa, confermata
anche dalle insegne di
alcune Osterie registrate
dal Cav. Alessandro Rufini
a metà dell’ottocento
come: La Pergola di Via
Panico o La Pergoletta di
fiume a Via della Renella.
Per i romani, lo abbiamo
ricordato più volte, il pergolato, la vigna e, naturalmente, il vino costituiscono elementi integranti
della loro vita quotidiana;
così scriveva Giuseppe
Gioachino Belli: “…senz’acqua si, ma senza
vino…senza vino io? Dio
me ne guardi…” e gli
faceva eco Trilussa con i
seguenti versi:
“…dentro ‘sta boccia trovo er bonumore
che canta l’inni e t’imbandiera er core…”
per non parlare poi di Hans Barth che scriveva:“…tutto qui diventa vino, tutto, la
vita e la morte, il pensiero, il sentimento,
il sogno, l’amore e l’odio…tutto brilla nel
bicchiere…”.
Le vigne erano di casa a Roma e l’uva
veniva considerata regina della tavola in
qualunque stagione, al punto che la vite e
i suoi frutti furono compresi tra gli elementi araldici di alcune famiglie romane; i
Rocci ebbero sul loro stemma tre grappoli,
mentre le armi dei Ruspoli comprendevano due tralci di vite passati in doppia Croce
di Sant’Andrea.
Naturalmente con il passare dei secoli
molte di quelle vigne scompariranno e
molte altre si trasformeranno in ville, alcune delle quali tuttora esistenti; famosissima la vigna di Papa Giulio III, Giovanni
Maria Ciocchi del Monte, 1550 - 1555, che
si estendeva da Porta del Popolo a Ponte
Milvio fra le alture dei Parioli e la sponda
sinistra del Tevere e, in quel rasserenante
splendore, il Pontefice raggiungeva il prediletto luogo risalendo il corso del fiume
con caratteristiche imbarcazioni.
Papa Leone XIII, Vincenzo Gioachino
Pecci, 1878 - 1903, vuoi perché, probabilmente, memore di questi precedenti papali, vuoi perché amante, con discrezione,
ben s’intende e non senza poesia, di un
buon bicchiere, fu spinto a coltivare una
sua vigna nei Giardini Vaticani della quale
si dimostrò sempre gelosissimo, tanto da
riprendere, con tono corrucciato, due
Cardinali sorpresi a piluccare i grappoli
senza il suo preventivo permesso.
Sul Monte Aventino si vendemmierà fino
alla prima metà dell’Ottocento, come
documentato da Bartolomeo Pinelli in una
delle sue innumerevoli incisioni, ma anche
il Pincio, splendido avamposto urbano
della piana tiberina, era coperto di vigne,
alcune delle quali sono le dirette progenitrici di Villa Medici.
Nell’anno 1680 poi, il Marchese
Massimiliano Palombara per magnificare la
sua villa, nella quale fu successivamente
rinvenuta una statua del Discobolo, fece
incidere su una lastra di marmo alcune
norme a cui l’ospite doveva correttamente
attenersi; si imponeva di lasciar fuori
Venere, di chiudere le porte ai ladri, ma si
invitava lo stesso ospite a bere lietamente
vino in quantità secondo l’usanza di Bacco.
La stessa Villa Borghese vanta origini del
tutto agresti; intorno ad una prima vigna
posta tra la Via Pinciana e la c.d. zona
Pariolo, si verrà formando il futuro parco
mediante acquisti o donazioni di altri
appezzamenti; peraltro, non bisogna
dimenticare che la stessa Roma era indicata come: “…la vigna de li cojoni…”
espressione antichissima dedicata ai buzzurri ed ai burini, più o meno graditi, che
entro le mura venivano a vendemmiare
senza alcuna fatica.
Ma soffermiamoci, a questo punto, sul
prodotto della vite, il vino, per il quale tale
Michelangelo Prunetti, autore del testo:
Metodo preservativo per vivere
dovunque e specialmente a
Roma nel più perfetto stato di
santità, pubblicato nell’anno 1825, fornisce qualche
“…istruzione de’ forestieri
che qui sogliono per qualche tempo soggiornare…”
ed entra in argomento
precisando che, “…il vino
che si bee a Roma…” o
nasce nel suo territorio, o
viene qui trasportato dai
Castelli, per cui, il primo
chiamasi vino romanesco
e l’altro vino de’ Castelli.
Per quanto attiene il vino
romanesco, sempre a
parere dell’esperto o presunto
tale,
Messer
Prunetti, si precisa che
viene giustamente creduto il migliore quello delle vigne situate sui colli, Baccus amat
colles, come quelle fuori le Porte: Pinciana,
Pia, San Lorenzo, San Pancrazio e San
Giovanni in Laterano, ma certamente
eccelle quello delle vigne di Monte Mario.
Col passare del tempo, in conseguenza di
una sempre maggiore urbanizzazione, l’insegna della c.d. flotta vinicola laziale si trasferirà sulle alture dei Colli Albani, in vista
di Roma, del mare e dei Colli Tiburtini;
celebratissime alture disposte su un apparato vulcanico del diametro di circa trenta
chilometri con un recinto craterico di circa
dieci, sul quale insistono i laghi di Albano
e di Nemi per un’altezza in quota di circa
novecento metri culminante nel Monte
Faete posto a quota 956.
Gli aggregati urbani, circondati da famosi
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i, figure, personaggi
di Riccardo Consoli
vigneti, che si raccolgono su quelle pendici, sono da tempo immemorabile conosciuti come Castelli Romani probabilmente
perché nacquero intorno a manieri feudali
e sono presenti nel numero di tredici:
Colonna, Rocca Priora, Monte Compatri,
Monte
Porzio
Catone,
Frascati,
Grottaferrata, Rocca di Papa, Marino,
Castel Gandolfo, Albano Laziale, Ariccia,
Genzano di Roma e Nemi, ma a questi non
si può non aggiungere Lanuvio e Velletri.
Circa il vino de’ Castelli riportiamo quanto
scriveva Sante Lancerio, bottigliere di Papa
Paolo III, Alessandro Farnese, 1534 1549, in una sua preziosa opera interamente dedicata a questo vino dalla quale
apprendiamo che:“…è ottimo et perfetto
tanto il bianco quanto il rosso, ma meglio,
secondo il mio giudizio, è il rosso, è buono
tutta la state, quando il verno sia mantenuto in luogo fresco. Albano è città antichissima, distante da Roma XII miglia alla
romana. In questo luogo sono vigne arborate et basse assai, et il paese è fruttifero
et sassoso sicchè v’è buon vino stomachevole et nutritivo…”.
I gusti di certo non si discutono, ma per
quanto concerne i Castelli Romani e il vino
qui prodotto, registriamo che si è sempre
verificato un altalenarsi di lodi e denigrazioni, di esaltazioni e invettive; malgrado
ciò, vale la pena ricordare che, secondo
tradizione, il vino di Frascati ed altri similari, non sono vini da cuori solitari, ma
piuttosto vini da baldoria, un nettare che
riesce a rompere l’originaria timidezza e
scontrosità rendendo il commensale partecipe della vita collettiva, almeno per il
breve scorrere di una serata o magari di
una notte.
I romani del resto sono fatti così e con i
romani Roma e gli usi e i costumi di Roma;
per coloro i quali volessero partecipare
non resta che calarsi nella parte e sposare
l’ambiente, scendere nella profondità dell’indole di una popolazione sulla quale il
naturale processo evolutivo è stato certamente frustrato da una forma chiusa di
Governo protrattasi fino al 1870.
A riprova di ciò ricordiamo come la propensione dei romani a vuotare i fiaschi
fosse stata gravemente compromessa da
Papa Leone XII, Annibale della Genga,
1823 - 1829, il quale, allo scopo di
“…allontanare i cattivi esempi…”, aveva
ordinato la chiusura di tutte le bettole nelle
quali il vino, bevuto in troppa abbondanza,
causava risse ed eventi delittuosi con sempre maggiore frequenza.
Per ordine dello stesso Pontefice erano
state disposte apposite barriere, i c.d.
Cancelletti, attraverso i quali veniva distribuito il vino che ognuno era tenuto ad
andare a bere a casa propria; peraltro, la
fermezza dello stesso Pontefice, nemico
dichiarato dei coltelli, privava il popolo
delle proprie abitudini e della propria libertà.
Il conseguente risentimento determinò il
fluire di terribili battute espresse, come
sempre, attraverso la statua di Pasquino
ma, qualche tempo dopo, salì alta anche
l’invettiva di Giuseppe Gioachino Belli,
sempre lui che, tralasciato ogni segno di
rispetto ed esercitando un sarcasmo quasi
blasfemo, scriveva:“…ma chi l’ha tentato
sto Pontefice nostro benedetto / d’annacce a seguestrà cor cancelletto /
qui nun se fa pe mormorà fratello
/ perché se sa ch’er padronaccio è
lui / ma caso mai lui crepassi,
addio cancelletto…”.
Poco dopo ciò si verificò e avvenne che, non appena indossata la
tiara, Papa Pio VIII, Francesco
Saverio Castiglioni, 1829 - 1830,
fece togliere gli odiati Cancelletti
cosicchè lo stesso Belli, con gratitudine, poteva scrivere:“…nient’affatto / corresser gli angeletti: /
levò li cancelletti…”.
Ma per i romani gustare il vino, si
è già detto, costituisce da sempre
un rito e, come dice il poeta, citiamo ancora Trilussa, “…der resto tu lo sai come me
piace! / Quanno me trovo de cattivo
umore / un bon goccetto m’arillegra er
core, / m’empie de gioja e me ridà la pace:
/ nun vedo più nessuno e in quer momento / dico le cose come me le sento…”
Oltretutto, nella particolare atmosfera di
quei caratteristici ritrovi dove si consumava il vino, c’era tutta la serenità di fine
secolo e gli uomini più rappresentativi dell’epoca continuarono a portarla con sè e
ne rispettarono il ricordo, anche perché il
ritmo imposto dai nuovi tempi finì col non
risparmiare nemmeno le Osterie.
Era dunque compito dei romani salvarle o
quanto meno tentare di salvarle. Fu così
che, dopo gli anni Venti del secolo passato, per iniziativa di un gruppo di artisti e
giornalisti, nacque il club dei Romani della
Cisterna che annoverava tra i fondatori
Ettore Petrolini, Trilussa, Giuseppe Bottai e
Silvio D’Amico.
Questi benemeriti amavano riunirsi in
Trastevere in quel tipico locale dal quale lo
stesso Club aveva preso il nome ed acquistarono tanta rinomanza che, ad un certo
momento, molti straneri di passaggio considerarono un privilegio occupare i tavoli
posti ai margini della più grande tavolata,
sopratutto per poter godere di quel brio
inesauribile ed anche un po’ canagliesco
tipico di Ettore Petrolini.
Si racconta che uno di questi avventori,
acceso più degli altri da autentico entusiasmo, non esitò a farsi rovesciare sulla
testa un buon litro di vino, convinto com’era che quello fosse il Rito per ottenere l’investitura a Romano della Cisterna, come il
grande attore gli aveva dato malignamente ad intendere.
Romani della Cisterna
Campo de’ fiori
10
di Carlo Cattani
CHUM fermate il mondo, voglio salire !!
(1° parte)
< un regazzo preciso com’ a te che
nun me rigala manco du euri > ……
Così apostrofato da un giovane barbone,
improvvisatosi esattore in un angoletto del
centro storico, riprendevo la frequentazione della mia città, Roma, dopo un periodo di ferie estive nella scorsa estate.
C’era voglia di rituffarsi nella natia metropoli dopo la scorpacciata di colori e suoni
al banchetto della natura offerto ai mera-
vigliosi comprensori delle Dolomiti
Trentine!
Inboccavo, con passo morbido e testa più
alta del solito, precisi indicatori di un
tempo da spendere, vicoli e vicoletti,
affluenti di strade ben più transitate, ivi
scoprendo bottegucce artigiane seminterrate e micro negozietti dal genere merceologico indefinito ma stipati allo scoppio,
unici spiragli d’animazione umana sotto
immensi palazzoni d’epoca ancor deserti,
“occhietti commerciali” ostinatamente
aperti anche in estate per le necessità di
sporadici clienti…un “beccaio”, così c’era
scritto ad indicare un negozio di macelleria, esponeva un solitario polletto nudo
ma crestato, appeso per il collo …..facevo
il tifo per lui, che, sicuramente, cresciuto
male, pendeva peggio, verso l’ inesorabile corruzione se non avesse ricevuto di lì a
poco una giusta “onoranza funebre”….a
tavolino;
< qualcuno se lo mangi ! > invocavo in
cuor mio tirando dritto.
Cercavo …un fiume di gente… ma, fino ad
allora, questi centralissimi viottoli, si dimostravano solo alvei in secca!
Poi la svolta …..d’angolo e la “piena” dei
turisti a scongiurare la siccità economica
per la Città Eterna!
Il nubifragio turistico, tuttavia, andava evitato…..entrai in un noto music megastore
in quel momento, incredibilmente, isola di
tranquillità ….… poteva andare!
Pochi attimi per realizzare la disposizione
dei generi musicali e …… la riapertura
della stagione di caccia a qualche chicca
audio/video registrata era ufficialmente
decretata!
Tutta la procedura di ricerca era stata attivata: testa bassa, dita della mano destra
velocissime a “dragare” scomodi contenitori di cd e visione a scanner per rapida
memorizzazione delle informazioni su artista – titolo – copertina – posizione …. per
un eventuale successiva “operazione di
recupero” … il “cacciatore digitale” era
tornato!
Le operazioni di scandaglio procedevano a
pieno ritmo quando mani grassocce e
dita “listate a lutto” annunciate da un
odore non proprio “aue de toilet” entrarono nel mio campo visivo facendomi
distogliere
l’attenzione dall’analisi di
frammenti dell’universo musicale: un clochard di ben oltre mezza età, intabarrato
in un impermeabile “alla tenente
Colombo” (eravamo al 17 di agosto !) ma
molto più liso e imbrattato di quello del
famoso tenente Losangeleno, occhialini
da presbite sulla punta di un naso caratterizzato da una ragnatela di capillari alle
sue pendici, barba e ciuffi sporgenti di
capelli grigio-giallastri sotto un cappello a
falde non da meno sdrucito e in tinta con
l’impermeabile, tirandosi dietro uno sbilenco carrellino da “massaia sulla via del
mercato” carico di una vecchia chitarra
a 6 corde (c’erano tutte) EKO… “dragava” scaffali anche Lui!
Rapide riflessioni mi vennero alla mente:
una presenza casuale quella chitarra, risultato di immersioni nei cassonetti dell’Urbe
o … protagonista di una vecchia storia di
note con quell’uomo, dolcemente accudita
dal suo accompagnatore “sempre in accordo”? Chi lo sa? Sicuramente il suo custode mi fece sbiascicare : <bella roba !>
alla visione, tra quelle mani vissute, di un
disco dei mitici “HE SHADOW” [una delle
primissime band dalle sonorità rock sorte
alla fine dei ’50, caratterizzati da brani con
bei duelli chitarristici: “APACHE” fù uno
dei loro molteplici hit; nel 2004, dopo circa
20 anni, si sono riformati ed hanno effettuato un tour mondiale; da uno dei tanti
concerti di quella reunion, per l’esattezza
da quello tenuto a Cardiff, Capitale del
Galles, hanno realizzato un DVD di circa 3
ore e un doppio CD di ben 42 brani dal
titolo “The Final Tour (Together Again For
One Last Time) da sentire! ].
La scrupolosa attenzione che quell’uomo
mostrò per il cd e per altri che successivamente andò ad estrarre e ad appuntarsi
con un mozzicone di matita su di un stropicciato pezzettino di carta, mi portò a
concludere che se ne intendesse!
Dichiarai a me stesso che la musica aveva
fatto un piccolo miracolo in quel giorno
Campo de’ fiori
convenzionalmente “picco” dell’estate:
distogliere per alcuni attimi quell’uomo
dai pensieri della sua vita “oltre confine”!
Nella mia testa, le immagini di quel clochard si rincorrevano con il ricordo di una
notizia apparsa su “LA REPUBBLICA” ed. di
Milano in quella stessa estate, esattamente il 2 di agosto, che proponeva ai lettori la
storia dell’attempato
ROYE LEE,
Americano, ex cantante country di buon
livello negli anni ‘60, con diversi 45 giri
incisi, da anni convertitosi, per “cedimenti
interiori ” conseguenti a diverse vicissitudini, ad amabile clochard nei dintorni di
Piazza del Duomo a Milano, ben voluto e
coccolato dai residenti e passanti per la
sua simpatia e dolcezza; il titolo dell’articolo dava tutto il senso del suo declino:
“da Nashville ai vicoli di
Milano”; ma quell’estate per lui era stata
“particolare”:
qualcuno,
avendo appreso la “true story ” di
Roye, aveva scavato nel
rocambolesco passato e recuperato le “tracce” del suo percorso musicale,
facendone scaturire un raccolta su cd e
dandole lo speranzoso titolo di “Where
roses grow” (“Dove crescono le rose”) …
ma la testa continuava a ronzarmi … così,
a fronte di un grappolo di neuroni che sollecitava per una reminiscenza sulla vicenda letta a proposito di Roye Lee, ce ne
erano altri via via più numerosi che
andavano trasmettendosi “l’intruglio chimico” utile al rinvenimento di parole, suoni
ed immagini di un incontro: con il direttissimo “inter neurons express”, mi entrava
in …… testa un paffuto faccione …….. il
CHUM era giunto a destinazione nella stazione della mia memoria!
La scorsa estate avevo avuto il piacere di
incontrare, in quel di Moena in Val Di
Fassa, CHUM, davvero un personaggio,
un musicista/chitarrista, che da quelle
parti gode di ampia popolarità! Incontrai
“il CHUM” con non poca curiosità, in una
piovosa e fredda notte di San Lorenzo
dello scorso 10 di agosto, a seguito della
segnalazione
fattami da un amico
Calabrese ma Fiorentino di adozione,
anche lui musicista/maestro al violino
(…ciao LUCA!) e villeggiante in quel luogo,
che, sapendo del mio viscerale interesse
per le “storie di musicisti”, si era prodigato
per organizzare un’intervista, mediando
con il gestore e……n’avvenente banchista
di un bar dove il nostro CHUM ad una
cert’ ora di quasi tutte le sere aveva il
“passo”. Prima d’incontrare CHUM, rimediai qualche notizia da gente del luogo che
lo conosceva nonché dal mio prezioso
amico in avanscoperta Luca, e, sinteticamente, appuntai sul mio fedele taccuino:
CHUM, un musicista di Valle …… con
tanti problemi a monte …. ma procediamo con ordine, considerando prima la
“Sua” storia discografica, che annovera tre
Chum...... “provato” da alcuni musicisti degli
ATRIO
cd autoprodotti, registrati tra il ‘92 e il
2002 con la collaborazione di alcune formazioni locali; con i “LUPEZ” produce
“Live” nel 1992; diversi anni più tardi con
gli “ESTRO” produrrà “Noi ci siamo” e
quindi con un noto gruppo rock della Val
di Fiemme gli “ATRIO”, registra a Bolzano
il suo 3° cd dal titolo “Te nosa val ”;
apprendo, inoltre, che a primavera del
2007, prevede di far uscire un “best of
CHUM” registrando a nuovo alcuni dei
suoi “classici” ed inserendo degli inediti,
supportato per tale operazione dalla collaborazione di un’altra formazione rock
Trentina i PAN GRATTA’.
Della sua produzione ho ascoltato “CHUM
e LUPEZ-Live”, una raccolta di 12 brani tra
originali e covers, registrati in presa diretta in circostanze e con risvolti che ci chiarirà nel corso dell’intervista il musicista
stesso; una successione di canzoni confezionate con sonorità ed arrangiamenti
riconducibili agli anni 60 e 70 (d’altra
parte CHUM si è formato musicalmente
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sugli ascolti di quel periodo essendo nato
nel ‘ 55) alternanza di ballate ed di escursioni su territori più rockeggianti; ho ascoltato il successivo “Noi ci siamo”, maggiomente curato nella registrazione, avvenuta presso uno studio di Bolzano ma sempre a disponibilità economica e temporale
limitatissima, musicalmente più evoluto,
dove
“Tu tuez sita con en ante” e
“Aclypse” fanno il verso, in dialetto
Fassano, rispettivamente ai Pink Floydiani
”Is there anybody out there” da “The Wall”
e ad “Eclipse” dal mitico “he dark side of
the moon”; “Je son sit alla cray”, sempre
in Fassano, suona per “No woman no cry
“ di Bob Marley e ”Buona giornata”, invece, lo propone in una personale versione
di “‘Sex And Drugs And Rock And Roll’”
del compianto Ian Dury; accanto alle rivisitazioni di
brani celebri ci
sono i propri
come, ad
esempio,
“Scivolare”,
traccia di apertura di questo 2° cd
che ci apre la discesa nel 2°
capitolo “CHUMIANO” all’insegna
dello slogan ecologico-riflessivo “come è
bello scivolare, sci-sciare sulla neve naturale”. Il 3° cd , a causa di un scambio
maldestro avvenuto durante i saluti di
“fine chiacchiera”, non è entrato in mio
possesso nè sono riuscito, in seguito , ad
ottenerlo perché le comunicazioni con “il
CHUM” non sono facili: gli manca un sito
web, non ha un’indirizzo di posta elettronica e la posta ordinaria gli sfugge …. ma
non per “snobberia”, sia chiaro … ma va
bene così! Lo vogliamo tal qual è : un po’
strampalato, in “fuga musicale non solo”
con le sue invettive e rivendicazioni, grezzo, stropicciato, ammaccato, con gli
occhioni lucidi, il baffo dal taglio sbilenco e
un fisico ingombrante ….. insomma:
FOREVER CHUM ! ! !
La chiacchierata con “LUI” , che proporremo nel prossimo n° 34 , inizia ai tavolini
esterni ad un bar, si sposta al suo interno
e termina, quasi in dissolvenza, al suono
del pianoforte nella hall dell’Hotel De Ville
di Moena …….. e fuori, la pioggia a dettar il suo ritmo alla natura della Valle:
battente!
Portate l’ombrello, a presto!
Campo de’ fiori
12
o
n
a
r
e
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Va
Le guide di C
di Ermelinda Benedetti
STORIA Vallerano è un
caratteristico paesino della provincia di
Viterbo, immerso in una splendida vallata
che si estende per 15,5 kmq, sul versante
est dei Monti Cimini, a 390 m sul livello del
mare.
L’origine di Vallerano si fa risalire ad un
insediamento umano dell’età del bronzo, i
cui reperti testimonierebbero la presenza,
in quell’epoca, di una civiltà piuttosto evoluta, da identificare, addirittura, con quella dei Fenici. Ad avallare questa ipotesi é
un elemento
di carattere
toponomastico. Il nome Vallerano, infatti,
deriverebbe dall’espressione, in lingua
fenicia, “Baal eran”, ossia “luogo della
scolta”, cioè posto militare di guardia.
Dopo di che, notizie certe su Vallerano si
hanno a partire dal XII secolo, in una
donazione fatta da
Papa Adriano IV al Capitolo Vaticano. Nel
1188, la famiglia Di Vico, che possedeva
gran parte dei territori della zona, ottiene
la Signoria del paese e, da documenti conservati, si apprende che in tale periodo i
cittadini di Vallerano firmano un accordo
con quelli di Viterbo, per mantenere la
pace fra le due comunità e per il reciproco
aiuto in caso di attacchi nemici. Circa un
secolo dopo, nel 1278, Pietro Di Vico
cede, dietro compenso, alcune ragioni feudali su Vallerano a Orso Orsini, in quel
momento Podestà di Viterbo. I
viterbesi, senza tener fede
agli accordi precedentemente
presi,
vogliono togliere Vallerano
agli Orsini e
tenerlo
sotto
il loro controllo. Così, nel 1282, si alleano
con i precedenti proprietari, i Di Vico,
occupano la Rocca di Vallerano e saccheggiano il palazzo baronale e i tesori degli
Orsini. La dominazione viterbese é breve
e, infatti, nel 1306 il feudo di Vallerano
viene ceduto a Poncello Orsini.
Questo susseguirsi di rivendicazioni di
dominio, accompagnate da violenti scontri,
termina con l’intervento di Papa Eugenio
IV, che invia il capitano di ventura Nicolò
Fortebraccio, nel 1432, affinché occupi i
castelli dei Di Vico, che nel frattempo
hanno preso il posto degli Orsini. Solo
Vallerano oppone ostinata resistenza e i
viterbesi, aiutati dagli abitanti di Canepina,
entrano a Vallerano, seminando stragi e
rovine. Il feudo torna sotto il diretto dominio pontificio e viene donato, nel 1443, a
Angelo di Roncone, insieme a Carbognano
e Vignanello. Successivamente, nel 1456,
Papa Callisto III vende Vallerano, insieme
ad altri castelli, all’Ospedale di Santo
Spirito in Sassia e, due anni dopo, la
Camera Apostolica lo cede a Pier Ludovico
Borgia, nelle mani del quale rimane fino
1460, quando il Pontefice Pio II consegna
il feudo al governatore Lorenzo
Boninsegni. Nel 1478, Vallerano ritorna
all’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, per
mezzo di Sisto IV. Ma nel 1536, é Pier Luigi
Farnese ad acquistare, dalla Camera
Apostolica, il feudo, che la sua famiglia lo
incorpora al Ducato di Castro e di
Ronciglione e governa fino al 1649, anno
in cui Castro viene distrutto e la Camera
Apostolica si reimpossesa dei territori che
comprendeva, Vallerano incluso. Durante
la dominazione dei Farnese, il borgo conosce il periodo di maggiore floridezza e
importanza della sua storia. Il Giglio farnesiano, infatti, simbolo civico della cittadina,
risale proprio a questo periodo. Nel 1785
Papa Pio VI concesse Vallerano in enfiteusi a Tommaso Giorgi e, dopo l’Unità
d’Italia, nel 1870, viene annesso, con tutto
il Lazio, al Regno d’Italia.
ITINERARIO TURISTICO Tra i luoghi da
Campo de’ fiori
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Campo de ’ fiori
al prestigioso Santuario Mariano vieni ricoperto di colori, che terminano con un
dipinto raffigurante Maria Santissima.
Festa di San Vittore Festeggiamenti in
onore del Patrono della cittadina, durante
i quali, oltre alla importantissima parte
religiosa, è molto curata anche la parte di
svago e divertimento. Vengono organizzate, infatti, serate musicali che si chiudono
con un grandioso spettacolo pirotecnico,
tra i più emozionanti del circondario.
Sagra della castagna e della caldarrosta Tutti i fine settimana del mese di
ottobre è possibile assaggiare, passeggiando perle vie del centro, uno dei prodotti tipici coltivati in loco, la castagna di
Vallerano.
Presepe vivente Rappresentazione della
nascita di Gesù nei giorni festivi del periodo natalizio.
Madonna del Ruscello
visitare che Vallerano offre, oltre che agli
scorci di caratteristici vicoli del centro storico, ricordiamo il Santuario della
Madonna del Ruscello, costruito nel
XVII secolo su progetto di Girolamo
Rainaldi. Fu edificato nel punto in cui
avvenne un leggendario miracolo, che
ebbe come protagonista un giovane pittore, Stefano Menicocci, il quale, mentre
stava restaurando un bellissimo dipinto
dedicato alla Madonna, vide sgorgare del
sangue dalla tela. Il Santuario conserva al
suo interno quadri, affreschi, stucchi di
grande pregio e valore. Particolare è, inoltre, la Chiesa del Crocifisso, sita appena fuori Vallerano, è così chiamata dai
fedeli perché custodisce un antico crocefisso, in onore del quale si svolge ogni
anno un importante pellegrinaggio.
TRADIZIONI E FESTE Tombola de lo
bbifanone Grandiosa tombolata popolare, nel giorno dell’epifania, che viene trasmessa anche radiofonicamente per i valleranesi che abitano fuori del paese.
Poggiata Pasquale Tradizionale merenda collettiva, accompagnata da divertenti
giochi popolari, che si svolge il primo martedì dopo Pasqua.
Corpus Domini Un variopinto tappeto di
fiori profumati si stende per le vie del
paese, che verranno percorse processionalmente in occasione della festa del
Corpo di Cristo.
Miracolo del 5 luglio Ricorrenza dell’evento straordinario della Madonna del
Ruscello, per il quale il lungo viale che
conduce
Chiesa
S. Vittore
SAPORI TIPICI Le pietanze più antiche,
che sono state tramandate di generazione
in generazione, a Vallerano, sono la pasta
e fagioli, arricchita e caratterizzata dal
finocchietto selvatico, che conferisce un
gusto particolare; i culitonni, una pasta
povera, realizzata con acqua e farina e
tagliata piuttosto lunga e spessa; le fricciolose, frittelle comuni in tutta la zona,
conosciute con nomi diversi di paese in
paese e realizzate con farina, acqua e
uova. Tra i dolci, spiccano i classici tozzetti con le nocciole e delle ciambelline
particolari, con un impasto a base di
acqua, farina e vino.
Campo de’ fiori
14
Scopri l’Arte
Marina Fantera nasce a Civita
Castellana il 22 Settembre 1964 e
da molti anni, oramai, lavora nelle
industrie ceramiche presenti nel
suo paese.
Il disegno, ha sempre rappresentato la sua passione, ma ciò che
contraddistingue Marina da tutti
gli altri artisti è il fatto che, oltre
Marina Fantera
alla pittura, lei nutre un’altra grande passione, quella per le pietre.
E’ da questo simpatico e singolare connubio che nasce
la sua arte: la pittura su pietra.
Questa curiosa passione prende forma nel 1997 quando, dopo aver trovato un sasso a forma di saponetta,
lo dipinge fino a dargliene le sembianze.
Inizia allora a selezionare sassi e pietre e, recandosi
presso fiumi e torrenti, dove ne trova di forme particolari, seleziona, principalmente, quelli che possano
essere adatti a rappresentare gli animali, che lei ama
tanto.
Ecco che, a questo punto, il minerale prende le sembianze di un gatto raggomitolato, di una volpe col suo
cucciolo, di una piccola tartaruga o una ranocchietta.
Nel momento in cui Marina sceglie un sasso, conosce
già l’animale che vuole andare a dipingere. Nulla viene
lasciato al caso. Trova il sasso che la interessa ed inizia la sua pittura creando, come prima cosa, gli occhi
dell’animale perché, proprio da lì, nasce tutta la sua
ispirazione. E’ come se quei due occhi, che lei ha
dipinto, debbano poi, con lo sguardo, dirle la forma
che vogliono prendere.
Marina inizia a regalare i suoi “animaletti” a parenti ed
amici, nelle varie occasioni di festa, poi, riscontrando
successo in ciò che faceva, partecipa a diversi mercatini che si svolgono a Calcata, Gallese, Civita
Castellana, Giove, Campagnano, Bracciano ed Orte.
Per il suo lavoro, Marina ha trovato un valido aiuto
nella figlia Elisabetta, che si dedica ai sassi più piccoli, sui quali realizza simpatiche coccinelle, tartarughe e
ranocchiette.
Cristina Evangelisti
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Marina Fantera
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s
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Il
Domenico Mancini
(Civita Castellana 1891 - Roma 1984)
mondo, raccolte durante i vari viaggi, e
oltre 500 dischi di musica classica. Altra
particolarità erano le foto in cornice che
tappezzavano la casa, scattate durante
concerti, tra queste una foto di zio Meco
con Arturo Toscanini e una foto con dedica di Richard Strauss.
Sulla base di lettere, vecchi articoli di giornale, insieme ai ricordi di mia madre e
degli zii Giovanni e Vittoria Del Priore,
sono riuscito a ricostruire una breve storia
professionale che allego di seguito.
Spero così che rimanga memoria di un
uomo che ebbe un discreto successo professionale e che non perdeva occasione di
ricordare le sue origini civitoniche.
Alberto Brunelli
Domenico Mancini 1918
Egregio Direttore,
recentemente ho avuto modo di sistemare
alcuni vecchi documenti di famiglia tra i
quali ho ritrovato una cartellina contenente la corrispondenza di mio nonno materno, Domenico Del Priore, con suo cugino
Domenico Mancini.
Io ho vaghi ricordi di zio Meco (così era
chiamato in famiglia), ricordi che risalgono
alla mia infanzia quando, alla fine degli
anni Settanta, in occasione delle feste, gli
si faceva visita.
Soprattutto ricordo la sua casa romana in
Via di Santa Maria dell’Anima, una delle
case più affascinanti che abbia mai visto in
vita mia. Un’ abitazione rimasta ferma ai
primi del Novecento, ricca di oggetti stravaganti e curiosi, perfetta per ambientarvi
un film in costume. Centro della casa il
salotto dove si trovavano vari strumenti:il
contrabbasso, la viola e il pianoforte sul
quale aveva suonato anche Benedetti
Michelangeli. Sempre nella stessa stanza,
una grande libreria a vetri con all’interno la
sua collezione di 25000 cartoline di tutto il
Domenico Mancini nasce a Civita
Castellana il 6 Gennaio 1891, figlio di
Francesco e Agata Crestoni.
Nel 1903, ancora bambino, incomincia ad
apprezzare i primi elementi musicali con il
maestro Cardani, cantando nelle chiese
di Civita Castellana.
Insieme al cugino Domenico Del Priore che studia violino – e grazie anche all’aiuto della zia Vincenza Crestoni, compie a
Roma i primi studi musicali.
Nel Novembre del 1904 inizia lo studio del
canto con Alessandro Moreschi, famoso
cantore della cappella Sistina e della cappella Giulia in Vaticano soprannominato
“l’angelo del Vaticano”. Questa preparazione gli permette l’ammissione alla Schola
Cantorum di San Salvatore in Lauro a
Roma, scuola dove hanno avuto la prima
formazione musicale tanti celebri cantanti
e maestri, fra i quali si annoverano il tenore Giuseppe De Luca, il basso Nazzareno
de Angelis, Salvatore Boccaloni, il compositore Goffredo Detrassi, il compositore e
direttore d’orchestra Bonaventura Somma,
con il quale fu legato da una lunga amicizia.
Nel 1907 viene ammesso al Liceo Musicale
dell’Accademia di Santa Cecilia, dove si
diploma nel 1913 nello studio del contrabbasso.
Nello stesso periodo entra a far parte del-
l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
con il Maestro Edoardo Vitale, inoltre
prende parte come solista ai concerti della
società “Amici Della Musica” e della
Filarmonica Romana.
Nel 1915 partecipa al concorso per insegnante di contrabbasso al conservatorio di
Parma, arrivando primo, ma rinuncia perché nello stesso anno il Maestro
Bernardino Molinari lo vuole nell’orchestra del Teatro Augusteo.
Nel 1915 prende parte alla grande Guerra.
Tra il 1918 e il 1923 risiede nel periodo
estivo a Engelberg e Pontresina in
Svizzera, dove insieme a Bonaventura
Somma e ad altri musicisti ( tra questi il
cugino Domenico del Priore ) formano una
piccola orchestra.
Nel 1919 prende parte, insieme al coro
delle Basiliche Romane, diretto dal
Maestro Mons. Raeffele Casimiri, ad
una tournee negli Stati Uniti e in Canada.
Sempre con lo stesso maestro partecipa a
concerti in Francia, Belgio, Olanda e
Svizzera. Con il Maestro Mons. Lorenzo
Perosi partecipa nei primi anni Venti a
diversi concerti tenuti in tutta Italia.
Nel 1922 è nel coro della Cappella Giulia in
Vaticano chiamato dal Maestro Boezi che
lo sceglie per rimpiazzare il posto di
Moreschi come solista soprano – falsettista.
Nel 1935 quando Mons. Lorenzo Perosi
ottiene il ripristino del Coro della Cappella
Sistina, il suo nome è il primo nella lista
dei cantori presentata per l’approvazione
dalla Santa sede.
Per un cinquantennio, prende parte come
solista a tutte le più importanti cerimonie
liturgiche della capitale, con i maestri
Boezi,
Renzi,
Perosi,
Cometi,
Casimiri, Refice, Antonelli e Somma.
Ha legami con quasi tutto il mondo musicale romano dell’epoca, e gran parte delle
persone sopra citate si riuniscono nel
salotto della sua casa nel centro storico di
Roma, in via di Santa Maria dell’Anima 53.
Lunga fu anche la sua permanenza tra il
1915 e la fine degli anni Cinquanta come
contrabbasso nell’Orchestra di Santa
Cecilia, prendendo parte a 2432 concerti
Campo de’ fiori
17
con i più importanti direttori d’orcheCastellana dodici vetrate artistiche,
stra dell’epoca tra questi Arturo
pagandole con l’intera liquidazione di
Richard
Strauss,
Toscanini,
cantore della cappella Giulia e Sistina
Aurturo Benedetti Michelangeli il
in Vaticano.
quale, giovanissimo e ancora poco
Nel 1971 promuove la realizzazione di
noto, è più volte ospite in casa sua tra
una porta in bronzo da collocare semil 1948 e il 1950.
pre nella cattedrale di Civita
Sempre con l’Orchestra di Santa
Castellana. Il progetto è respinto dal
Cecilia - detta dell’Augusteo -, prende
Ministero della Pubblica Istruzione, la
parte a numerosi concerti in Italia e
porta viene comunque realizzata e
all’estero, ai festival di Ginevra,
posta all’ingresso della chiesa di San
Edimburgo, Parigi e Baalbeck in
Pietro - detta di San Francesco - a
Libano. Profondo è il legame con
piazza Matteotti sempre a Civita
Civita Castellana, nonostante abbia
Castellana. Riguardo la realizzazione
vissuto a Roma quasi tutta la vita. È 1960 da sx Prof. Domenico Mancini, Bonaventura Somma (diret- della porta, in una lettera inviata al
tore e compositore), Prof. Rondino (1° violino dell’Orchestra
particolarmente legato al cugino
civitonico Monsignor Goffredo
Santa Cecilia)
Mariani, che all’epoca si trovava alla
Domenico Del Priore e ai suoi figli
effettuati anche in piena guerra durante
Segreteria di Stato del Vaticano, scrive:
Giovanni, Vittoria e Maria Agata, della
l’occupazione tedesca. A tale proposito
“Dobbiamo lasciare ai nostri concittadini un
quale è padrino di battesimo. Inoltre con il
vale la pena ricordare un aneddoto: nel
esempio di fede generosa, come hanno
cugino civitonico ha in comune la sua forsettembre del 1943 i cantori stavano rienfatto i nostri avi, dai quali abbiamo eredimazione musicale, l’esperienza durante i
trando a Roma, quando nella piazza del
tato le nostre belle chiese, rifugio delle
soggiorni in Svizzera, gli anni tra il 1920 e
comune di Civita Castellana un ufficiale
nostre anime in cerca della protezione di
il 1939 quando suonavano insieme alla
tedesco diede ordine di reperire degli
Dio. Abbiamo sempre lavorato e in particocorte dei Savoia al Quirinale. Tra i primi
uomini da portare a lavorare al comando
anni Venti fino agli anni Cinquanta, porta a
lare a servizio della Chiesa Cattolica;
sul monte Soratte, tra questi anche il
Civita Castellana i suoi amici musicisti per
abbiamo trascorso la nostra vita in dignitogruppo dei cantori che si trovavano lì prosuonare durante le cerimonie religiose in
sa modestia, non esente da privazioni
prio in quel momento. Uno dei cantori più
onore dei Santi Patroni Marciano e
volontarie; possiamo disporre dei nostri
anziani cominciò a protestare dicendo di
Giovanni. A questi appuntamenti oltre al
risparmi: che ne godano i nostri concittadiessere cittadino del vaticano. L’ufficiale
Coro della cappella Giulia, intervengono
ni, fratelli nella fede, per il loro bene spiriche parlava un poco di italiano, per evitanoti musicisti dell’epoca tra i quali il
tuale, che è l’essenziale.”
re un possibile incidente diplomatico deciMuore a Roma nel 1984, viene sepolto
Maestro Calzanera, Remigio Renzi,
se di rilasciarli tutti.
Ernesto Boezi – Accademico di Santa
nella tomba Mancini al cimitero monumenNel 1966 dona alla cattedrale di Civita
Cecilia -, il Maestro Antonelli. Concerti
tale del Verano.
Campo de’ fiori
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Le Majorettes di Corchiano
di Ermelinda Benedetti
Gli anni Ottanta sono per Corchiano, forse,
il periodo migliore dei suoi ultimi decenni
di storia. Uno stato di discreto benessere
aleggia sulla comunità. Ecco perché, proprio in questo stralcio di tempo, nascono
interessanti e nuove attività, che coinvolgono, in un modo o nell’altro, gran parte
della popolazione, vedi ad esempio il Coro
San Biagio, le Contrade, le majorettes, e,
contemporaneamente, sulla stregua di ciò,
si rinvigoriscono quelle già esistenti, come
la Società Sportiva e la banda musicale. Di
alcune di queste ho già lungamente parlato nei precedenti numeri di Campo de’
fiori, dove ho tentato di ricostruire, nel
modo più veritiero possibile, la loro storia.
Lo stesso vorrei fare per il gruppo folclorico delle majorettes, creato proprio in quegli anni e che il paese può ampliamente
vantare, perché uno dei migliori di tutta la
provincia.
L’idea nasce nella primavera del 1984,
quando, l’allora presidente della pro-loco,
Giuseppe Rita, aiutato dai suoi collabora-
tori, organizza un raduno di bande a
Corchiano. Alcune di esse si presentano, a
sorpresa, accompagnate da graziosissime
ragazzine in divisa, munite di una sottile
bacchetta d’acciaio, che marciano e si esibiscono, sincronicamente, seguendo il
ritmo della musica. Peppino, chiamato da
tutti così secondo l’uso corchianese di alterare in questo modo il nome Giuseppe,
vedendo ciò, pensa tra sé: “ Perché non
creare anche a Corchiano un gruppo di
giovani majorettes?”.
Le belle ragazze, certo, non mancano in
paese, e, decide di proporre la sua idea a
tutti gli altri membri, che mostrano però
forti perplessità. Peppino non si lascia scoraggiare e trova subito l’appoggio del maestro della banda, Giuseppe Giustozzi, che
avrebbe dovuto accompagnare le ragazze
nelle loro sfilate. A questo punto, non ci
sono più dubbi, non resta che tentare la
carta. Vengono fatti stampare volantini e
manifesti, affissi un po’ ovunque, fino a
raccogliere immediatamente 64 adesioni di
ragazzine fra i 9 e i 13 anni. Formato ormai
il gruppo, bisogna insegnare le prime
mosse e per assolvere tale compito viene
contattato un istruttore di Nepi, che aveva
già lavorato con altri gruppi.
Nel frattempo Peppino si fa anche aiutare
da un noto appassionato di riprese del
paese, Renzo Fabbrucci, costringendolo
amichevolmente a partecipare alle varie
feste della zona, per filmare tutti i gruppi
folcloristici, che vi prendevano parte.
Quelle immagini, poi, sarebbero diventate
lo spunto per nuove mosse e coreografie.
Oltre alla parte tecnica, bisognava curare i
costumi, di non poca importanza per una
prima buona impressione al pubblico. La
responsabile di questo settore diventa la
moglie di Peppino, Anna Spiriti, che, scegliendo i colori e disegnando i modelli,
insieme ad altre bravissime sarte collaboratrici, realizza la divisa ufficiale. Sembra
essere quasi tutto pronto per la prima vera
e propria sfilata di cui vi parlerò sul prossimo numero.
Campo de’ fiori
20
il diario dei
Giras
li
questa pagina è dei ragazzi speciali
Ges ù Bambino è con loro
Festeggiare il Natale con una persona
disabile intellettiva in casa, è attendere più di ogni altro giorno la solidarietà e il calore della comunità.
Nel giorno in cui rinasce il sole invitto
e Cristo si fa uomo, vorremmo vedere
almeno assottigliata la differenza che
si crea in quella zona intermedia fra
l’essere e il nulla.
Quella contraddizione dolorosa e insanabile che fa tanto male, e che genera
in tutti coloro che avvicinano i nostri
ragazzi, paura e attrazione, negazione
e affetto.
m a G e s ù Bambino è con loro.
Un augurio speciale di Buone Feste dai
ragazzi speciali.
Sandro Anselmi
Campo de’ fiori
21
Marie Antoinette
Marie Antoinette, UsaGiappone-Francia,
2006. Regia: Sofia
di
Coppola; interpreti:
M.Cristina Caponi
Kirsten Dunst, Jason
Schwartzman, Rip Torn, Judy Davis,
Asia Argento, Aurore Clément, Steve
Coogan; sceneggiatura: Sofia Coppola;
Distribuzione: Sony Pictures Releasing
Italia; genere: autobiografico; durata:
123 minuti.
Sofia Coppola e Maria Antonietta.
La prima nota figlia d’arte e regista di successo, la seconda passata alla storia come
la regina rea di aver condotto il popolo
francese alla fame. Entrambe sono famose, seppur per motivi diversi.
A far si che i loro nomi siano oggi su tutte
le riviste è il nuovo attesissimo film Marie
Antoinette, incentrato sulle vicende personali della regnante e diretto dalla Coppola.
A quanto pare, sembra che il lungometraggio sia liberamente basato sulla biografia redatta nel 2002 dalla scrittrice
Atonia Fraser.
Quanto sia stata utile la lettura di suddetto libro, ce lo dice direttamente la stessa
regista qualora afferma: “è stato molto
interessante leggere e fare altre ricerche
su Maria Antonietta, e scoprire più cose
sull’esperienza umana di una giovane che
arrivò a Versailles quando aveva 14 anni,
e su come è cresciuta alla corte di
Versailles”.
Al di là di tutto ciò, il racconto della giovane regina austriaca (Kirsten Dunst ) ebbe
inizio nel 1770 quando poco più che adolescente divenne sposa del delfino di
Francia, il futuro sovrano Luigi XVI (Jason
Schwartzman). Non è difficile immaginare
che tipo di legame si stabilisca fra i due,
uniti unicamente da un bieco sodalizio
politico, stipulato per rinsaldare le intese
fra i due regni europei. L’amore in questi
casi è una quisquilia, una variabile trascurabile. Il desiderio di costruire una famiglia
è una pura facciata: per sette anni le
nozze non vennero consumate; poi, finalmente, lo sposo prese coscienza dei suo
doveri coniugali verso la moglie e nacquero tre figli (uno dei quali morto piccolo).
Nel film, l’esistenza quotidiana di Maria
Antonietta ruota tutta intorno ad un rigido
protocollo cerimoniale privo di significato,
che Sofia Coppola procede pian piano a
dissacrare. Particolarmente riuscita a tal
proposito è la sequenza in cui una ridda
ordinatissima di nobildonne si contende
l’onore di svegliare e vestire di tutto punto
la regina. Della principessa francese vengono svelati in successione i suoi vizi e le
sue virtù, seppure immediatamente si percepisce come la regista parteggi per lei.
Addirittura l’autrice de Il giardino delle
vergini suicide, fa sì che la sua Maria
Antonietta smentisca categoricamente di
aver pronunciato la frase “dategli le brioche”, in risposta a chi le faceva osservare
che la folla moriva di stenti per mancanza
di pane.
L’opera termina con la famiglia reale in
fuga, tralasciando così gli avvenimenti storici che seguirono, ovvero: la Rivoluzione,
l’arresto dei sovrani, la prigionia al Temple
e alla Conciergerie, il processo e la ghigliottina.
Gli spettatori che si sono recati al cinema
convinti di trovarsi catapultati in un dramma storico preciso e attendibile, avrebbero fatto meglio quella sera a restare a
casa. Che il film non si adatti come un
guanto alla realtà lo s’intuisce già all’orec-
chio, quando un rock melodico si sovrappone (peraltro perfettamente!) alla musica
canonica del tempo. E in una cornice iconograficamente barocca spunta lei: Maria
Antonietta, vera e indiscutibile maestà in
fatto di glamour. È lei il tassello finale con
cui Coppola conclude la sua trilogia imperniata sulla femminilità, iniziata dapprima
con Il giardino delle vergini suicide e proseguita poi con Lost in Traslation.
Kirsten Dunst è perfetta nel ruolo della
regina.
L’attrice è entrata con maestria nel ruolo,
un ruolo che sembra sia stato cucito su
misura per lei. Sorprendente soprattutto
come il suo volto riesca a rappresentare,
con singolare naturalezza, tutti gli stati
d’animo che il personaggio attraversa in
quel preciso momento. Al suo fianco in
quest’avventura sul set di Marie Antoinette
vi è anche un pizzico d’italianità grazie ad
Asia Argento, che incarna una conturbante ma rozza Madame du Barry, la favorita
di corte.
Un ultimo applauso va indirizzato al direttore della fotografia e allo scenografo, per
i colori e le atmosfere che sono stati in
grado di trasporre sulla pellicola. Per terminare, ho deciso di apporre alla fine di
questa recensione una critica doverosa. Il
film inizia con un ritmo brioso e vivace, per
usare un eufemismo è rock; poi, deraglia
dai binari e si conclude con un finale intimista…un finale decisamente lento.
Peccato.
Campo de’ fiori
23
Morire in divisa
Pietro Fasoli, eroe della sofferenza
di Alessandro Soli
Proprio in questi giorni, le nostre truppe
hanno lasciato l’Iraq. Sono così tornati a
casa tutti i militari italiani, inviati in quel
paese a tutelare la pace, dopo anni di feroce dittatura. Chi non è tornato a casa, pur
non essendo andato in missione, ma purtroppo deceduto anch’esso, per cause di
servizio, è un nostro concittadino, l’aviere
Pietro Fasoli nato a Civita Castellana il
20/12/1949 e morto nel locale ospedale il
3/8/1971. Pietro era un giovane di belle
speranze, chiamato alle armi in aeronautica nel gennaio 1970, dopo il corso VAM
presso la Scuola di Viterbo, fu destinato
all’Aeroporto di Rimini, quindi trasferito
all’11° Deposito Sussidiario di Orte. Nel
mese di Luglio 1970, mentre stava effettuando il servizio di ronda, nel controllare
un vascone della rete idrica antincendi,
scivolava e nel conseguente movimento
brusco, urtava i testicoli contro il bordo
spigoloso del parapetto stesso. Accusò
subito forte dolore ai testicoli che, a detta
del compianto, scomparve nel giro di pochi
minuti. Inizia così, proprio da questo incidente, il suo calvario. I dolori ritornano,
Pietro entra prima all’Ospedale di Orte, poi
in vari ospedali militari, vengono fatte le
diagnosi più svariate (e forse “sballate”), si
va dalla colica renale, alla colecistite, dalla
colica epatica alla epididimite. Il 9/2/1971,
viene ricoverato all’Ospedale civile di Civita
Castellana, per colica addominale, ma la
diagnosi, questa volta è ben altra:
Teratoma maligno del testicolo dx con diffusa metastasi addominale lombo aortica.
Durante questa degenza, viene anche
operato, ma il male corre più veloce delle
visite militari cui si sottopone, per perorare la causa che tale menomazione dipende
direttamente ed esclusivamente da motivi
di servizio. La sua breve e tribolata esistenza termina con l’ennesimo ricovero
nell’ospedale della sua città, dove dopo
una ulteriore crisi, muore per insufficienza
cardio respiratoria il 3 Agosto 1971. Da
quel giorno iniziano le battaglie legali da
parte dell’unico erede collaterale, di Pietro,
il fratello Franco, che dopo aver ottenuto il
riconoscimento che il decesso era avvenuto per cause di servizio, nel 1992, intenta
causa al Ministero della Difesa. Franco
impugna la Legge del 14/8/91 nr. 280
(effetti retroattivi), riguardante la Speciale
elargizione a favore dei militari deceduti
durante il periodo di servizio (la causa è
ancora in corso). Certamente i processi, gli
avvocati, le carte bollate, non restituiranno
Pietro ai suoi cari, ma sperare in una giustizia che riconosca l’evidenza dei fatti,
rientra nei propositi di Franco. Purtroppo
la burocrazia e le lungaggini di queste
cause sono arcinote. Allora ripensiamo con
commozione e teniamoci gelosamente
strette quelle immagini di 35 anni fa,
quando al funerale di Pietro, vedemmo la
sua bara accompagnata dal picchetto degli
avieri VAM, belli nelle loro uniformi, come
bello era chi aveva perso la vita, indossando quella stessa divisa.
Campo de’ fiori
25
Il Presepe vivente di Corchiano
in un nuovo “anfiteatro” naturale
tra arte, sacralità e solidarietà
Provincia di Viterbo
Comune di Corchiano
Associazione Pro Loco
Dal 16 Dicembre al 7 Gennaio
“Il colore dell’inconosciuto”, esposizione di
Eraldo Bigarelli
24,25,26,31 Dicembre e 1, 6 Gennaio
Personale di Sabrina Giannicola
22 Dicembre, ore 18, Sala consiliare
Saggio di fine anno degli allievi della scuola di musica “Cinque Stelle”
25 e 26 Dicembre
Rappresentazione del Presepe Vivente
presso la Tagliata del Sambuco.
dal tramonto in poi
29 Dicembre, ore 21, chiesa S. Biagio
Concerto di Natale della Corale San Biagio
organizzato e diretto dal Maestro
Ferdinando Giustozzi
31 Dicembre e 1 Gennaio
Rappresentazione del Presepe Vivente
presso la Tagliata del Sambuco.
dal tramonto in poi
6 Gennaio
Fiera dell’Epifania
6 e 7 Gennaio
Rappresentazione del Presepe Vivente
presso la Tagliata del Sambuco.
dal tramonto in poi
Nelle giornate in cui verrà rappresentato il
Presepe, sarà possibile degustare, presso
gli stand e le cantine della Tagliata del
Sambuco, prodotti dell’agricoltura di
Corchiano e del territorio limitrofo.
Inoltre saranno esposti manufatti di artigianato artistico realizzati da chi, con passione, continua ad operare nel solco della
tradizione.
Momenti di solidarietà e cooperazione
decentrata con l’Associazione Arnies noprofit e l’Unitalsi
Il 25, 26 e 31 dicembre 2006 e il 1, 6, e 7 gennaio 2007 si potrà assistere alla XXXVII rappresentazione teatrale della Natività, in
uno dei paesaggi naturali più suggestivi e ricchi di testimonianze del passato, nel cuore del parco delle forre, in fondo alla via cava
di Sant’Egidio.
Come da trentasette anni a questa parte, secondo la ormai consolidata tradizione, Corchiano rievoca, sebbene in un nuovo e altrettanto suggestivo scenario naturale, la notte in cui nacque Gesù. Una sacra rappresentazione che si è sempre contraddistinta per la
monumentalità della sua quinta scenografica, poiché viene rappresentata in una zona ricca di vegetazione e di grotte che potrebbero ricordare la Palestina. Inoltre, è caratterizzata dalla presenza di numerose comparse, costituite da giovani e meno giovani, che,
con il loro entusiasmo e con la loro recitazione spontanea nei ruoli più svariati e nelle vesti di pastori, agricoltori, artigiani e commercianti, come in quelle dei legionari romani, nel duplice ruolo di cavalieri al galoppo e fanti, hanno reso nel tempo e rendono
ancora oggi vivo e fresco, perché chiassoso e caotico a tratti, uno scenario che potrebbe altrimenti rimanere statico.
Questa condizione caotica, fondamentalmente umana, viene tuttavia disciplinata da una programmazione artistica: giochi di luce,
voci narranti, composizioni e basi musicali curate dal premio Oscar Nicola Piovani. Tutte queste peculiarità rendono il presepe di
Corchiano unico nel suo genere, poiché in esso si compie una perfetta sintesi tra la semplice e schietta rappresentazione popolare
e le raffinate elaborazioni artistiche, tipiche del mondo del teatro se non del cinema.
Non da ultimo, occorre ricordare l’importanza del ruolo svolto da tutte quelle persone appartenenti all’Associazione Pro Loco che,
animate da spirito di sacrificio, operano generosamente dietro le quinte. E’ grazie al loro prezioso lavoro che il presepe, con le sue
qualità artistiche e con le sue atmosfere di pathos e di gioia, potrà essere visto nei giorni festivi, da Natale al 7 gennaio.
Campo de’ fiori
26
Una “Fabrica” di ricordi
Storie e immagini di Fabrica di Roma
di Sandro Anselmi
Gli scoppietti di Nicola
Dai Natali della nostra
infanzia emergono tanti
ricordi: immagini care, ora
chiare, ora sfocate, suoni
persi nel tempo… …
Odo un ridere chiassoso
avvicinarsi dai vicoli e vedo
comparire all’improvviso
una frotta di ragazzini che si
rincorrono spericolati, precipitandosi giù per le scalette
di piazza. Si infilano veloci
per via di Porta Vecchia fino
ad arrivare alla meta stabilita: la vetrina di Nicola.
Era questo un negozio che,
gestito dal titolare, dalla
moglie e dal genero Flavio,
persone gentili ed educate,
vendeva un po’ di tutto.
Potrebbe essere stato un
emporio o, come si dice
oggi, un piccolo supermarAnni ‘50 - Giovani fabrichesi in Piazza Duomo - al centro Francesco Pieri (Checchino Ponchi)
ket, dove trovavi lamette e
foto della Signora Verena Baldassi
sapone per la barba, chiodi,
vetri per le finestre e masticia da uno zio di Roma, che era tornato al
tutta insieme, non avrebbe spaventato
ce per fissarli, brillantina per capelli, artipaese per le feste, ed allora tutta la
neanche un passero.
coli da regalo, vernici, cemento e tante
“banda” si era ben organizzata per poter
Però loro erano felici e nella loro semplicialtre cose. Era l’unico negozio del paese di
comprare, finalmente, un po’ di “scoppiettà si erano riempiti di gioia e di soddisfaquesto genere.
ti”.
zione per questo gioco un po’ azzardato e
Ma era Natale e la vetrina che, affacciata
Con il cuore in tumulto per la corsa sfrefuori dall’ordinario.
sulla strada, faceva bella mostra di sè, catnata ed ancor più per l’emozione, erano
Stanchi dalle corse e dall’emozione, tornaturava le attenzioni di tutti i ragazzini del
entrati tutti insieme nel negozio per fare
vano infine alle loro case dove le mamme
paese, che guardavano estasiati il suo
l’importante acquisto.
e le nonne avevano un gran da fare per
contenuto. C’erano le statuine del preseNicola, forse intenerito dalle attese del
preparare la frittura che, abbondante,
pe, le palle per l’albero e tanti innocui
gruppo, con fare bonario, aveva staccato
sarebbe avanzata anche per il giorno
“scoppietti”.
una striscia abbondante di “scoppietti” per
dopo.
Quante volte nei giorni precedenti vi erano
consegnarla al loro portavoce che era il più
Dicevano infatti , forse per giustificare un
passati davanti e avevano schiacciato il
educato fra loro, e forse anche il più timiavanzo, che fredda sarebbe stata ancora
naso contro la vetrina per guardare da
do.
più buona. Oggi il negozio di Nicola non
vicino gli oggetti sognati!
Usciti dal negozio, non stavano più nella
esiste più, e le sue serrande hanno chiuso
Quella sera era successo un fatto nuovo.
pelle per poter accendere la loro piccola
per sempre quella magica vetrina.
Uno di loro aveva ricevuto una lauta manSantabarbara che, se pure avesse brillato
Campo de’ fiori
27
Vivere il Natale
Mons. Mario Valeri da giovane
Fra tutte le
feste
dell’anno,
il
Natale
è
quella che
più ci riporta
ai tempi dell’infanzia,
ridestando,
in noi adulti,
ricordi di un
mondo lontano,
un
mondo fatto
di
piccole
cose di cui
oggi si è
perduto
il
senso.
Nel camino bruciava il ceppo che scaldava
la famiglia riunita in attesa della Messa di
mezzanotte.
Il presepe aveva i pastorelli di terracotta,
quasi sempre sbrecciati, ma non per questo meno ammirati.
Nella capanna mancava il Bambinello,
sarebbe stato messo tra Maria e Giuseppe
solo al ritorno della Santa Messa.
Si attendevano con ansia i doni che il
Bambinello portava ai bambini buoni, una
sciarpa lavorata ai ferri dalla mamma,
arance, mandarini, noci e torrone da dividere con i fratellini.
La cucina profumava di vaniglia e di pane
appena sfornato. L’aria era fredda e ci
faceva sognare la neve.
Le campane suonavano a festa: su tutto
aleggiava un senso di pace e di serenità.
Anche negli anni più bui il Natale segnava
una breve parentesi.
Natale era il giorno in cui il mistero di Dio
che si fa uomo, la riconciliazione tra il
Padre celeste e i suoi figli, fra cielo e terra,
non sono soltanto un desiderio, diventano
realtà.
Ma il futuro ci porta avanti nel tempo e,
giorno dopo giorno, quasi senza avvedercene ci accorgiamo che gli anni sono trascorsi veloci ed il mondo intorno a noi è
cambiato profondamente.
Ma sempre, quando giunge il Natale, il
cuore ridiventa fanciullo, e il vento della
gioia soffia via la polvere degli anni ed il
dolore.
L’uomo non è più solo “poiché un Bambino
è nato per noi, ci è stato dato un Figlio”
per essere nostro fratello, partecipe del
nostro destino e nostro Salvatore. Vivere il
Natale era, ed è sempre, riscoprire il gusto
delle cose semplici, tornare a quella infanzia dello spirito che da la gioia dello stupirsi ogni mattina davanti alle meraviglie del
cielo e della terra, che celebrano la gloria
di Dio. Vivere il Natale nel 2006!
E’ il Natale che glorifica nella Incarnazione
e nella Redenzione, il mistero di Cristo:
unità tra Dio e l’uomo, tra l’eternità e il
tempo.
Preghiamo insieme perché la gioia di vivere questo Santo Natale, arrivi in dono a
tutto l’umanità.
“E subito apparve con l’Angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio
e diceva: - Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà – “ (Lc 2,13-14).
Mons. Mario Valeri
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Campo de’ fiori
28
Come eravamo
oi
u
t
i
n
o
c
Natale
Il
profumo
del
muschio
appena
colto, da sempre
elemento base per il
presepe “casereccio”, le figurine in
gesso spizzate e
ormai scolorite, le
vecchie coloratissime palle di vetro,
così fragili che, se
di Alessandro Soli
urtate, cadevano in
mille pezzi, l’inconfondibile aroma di resina sprigionato dal
pino-albero pronto per l’addobbo.
Erano questi gli elementi di un Natale così
diverso, ma così vero. “Natale con i tuoi”:
il proverbio e la tradizione cercano di tener
duro al progresso, al moderno stile di vita,
a volte ci riescono, ma il consumismo,
ormai da troppi anni, la fa da padrone.
Forse sarò considerato un “integralista”,
ma mentre osservo la gente che si affanna nello “shopping”, alla ricerca del regalo
a tutti i costi, frugo con calma nel magazzino dei miei ricordi, alla ricerca di emozioni e situazioni che vorrei trasmettere ai
miei famigliari, siano essi figli o nipoti.
Ecco allora, che tiro fuori dal cilindro, proprio come fa il più classico dei prestigiatori, un chicco di granoturco e un piccolo
fagiolo, testimoni “segnanumeri” di leggendarie tombolate fatte con parenti e
vicini di casa, durante lunghi e piovosi
pomeriggi natalizi.
Pescando ancora, la mia mano si unge, al
contatto con un pezzo di “ broccolo fritto”
e di “borragine”, ghiotti avanzi del cenone
della vigilia, rigorosamente a base di
“magro”.
Le mie narici, per fortuna, ancora percepiscono gli odori e i profumi che puntualmente ritornavano ad ogni Natale, grazie a
mia madre e mia moglie, che ancora oggi,
ripetono i piatti della cucina tradizionale,
rinnovando in me l’illusione di rivivere
quelle situazioni.
Poi, continuando in questa immaginaria
magia, pesco, sempre dal cilindro dei
ricordi, una piccola immagine sacra rappresentante la Natività.
C’è una data, gli auguri del parroco, il volto
dolce di Maria con a fianco San Giuseppe,
il bue e l’asinello, insostituibili comparse di
scena, poi, in primo piano, il protagonista:
Gesù Bambino.
In alto, a caratteri dorati, l’inno alla fede:
Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in
terra agli uomini di buona volontà.
E’ questa la vera festa, la festa che il progresso mai riuscirà a cancellare, la festa
che mai guerra riuscirà ad interrompere o
rimandare, la festa di tutti gli uomini, la
festa della speranza in un futuro migliore.
BUON NATALE!
La scuola per chi fa della danza la propria passione
Il 9 e il 10 Dicembre
nei locali della scuola Honey, si è tenuto
uno stage di danza classica con il maestro
più quotato e richiesto a livello internazionale
Pino Alosa
Le ragazze della scuola Honey hanno assistito con emozione ed entusiasmo alla
lezione da lui tenuta, accompagnate nei
loro esercizi da un grande pianista, il maestro
GIANCARLO COPPOLA
che ha fatto provare loro la stupenda sensazione di danzare con musica dal vivo.
Aver assistito ad una lezione del Maestro
Pino Alosa (Mestro per il 2006/2007:
Balletto Teatro di Torino, Compania
Nacional De Danza - Madrid, Teatro
dell’Opera di Roma, Boston Ballett U.S.A., Compagnia di Stato - Singapore
Dance Theatre) è stata per loro una vera
fortuna ed una occasione unica ed irripetibile.
a GENNAIO
Pas de Deux
Campo de’ fiori
Vorrei incontrarti fra cent’anni...
Virginia Conte
di Ermelinda Benedetti
La signora Virginia Conte ha compiuto a
Maggio il suo centesimo anno. Il destino la
portò a vivere in modo diverso rispetto alle
donne della sua epoca, quando si era ancora piuttosto lontani dal poter parlare di parità dei diritti tra uomini e donne, ma si iniziavano, comunque, ad avere le prime
avvisaglie, che preludevano alla figura della
donna moderna.
Virginia nasce a Sora, in provincia di
Frosinone, il 28 Maggio del 1906, in una
famiglia benestante di commercianti.
Seconda di due figli, cresce spensieratamente nella cittadina ciociara e, terminate
le scuole dell’obbligo, l’agio famigliare le
permette di frequentare un Istituto tecnico
superiore, dove consegue il diploma, un
privilegio per il suo tempo.
Ma purtroppo qualcosa è destinato a cambiare. Nel giro di soli cinque anni, infatti,
diventa orfana dei genitori, morti per cause
naturali, e perde anche il fratello maggiore,
colpito da una brutta polmonite. Rimasta
sola, è costretta ad andare a lavorare per
poter guadagnarsi da vivere, e trova impiego presso il reparto amministrativo
dell’Ospedale di Sora. Le sue giornate scorrono serene, tra il lavoro, la tranquilla solitudine della sua casa e le amiche, fino a
che, giunta alla matura età di trantasette
anni, quasi per caso, conosce colui che
sarebbe diventato suo marito per tutta la
vita. L’incontro fu del tutto casuale, quasi
da scena di un film. Virgina si trovava a
Roma per far visita a dei suoi cugini. Alla
fermata dell’autobus chiede delle indicazioni ad un uomo che, vedendola inesperta e
spaesata, si offre di accompagnarla, dovendo, tra l’altro, scendere alla sua stessa fermata. Una volta arrivati a destinazione lui le
lascia il suo biglietto da visita e, il giorno
seguente, lei lo contatta per informarlo che
tutto è andato a buon fine e per ringraziarlo nuovamente della disponibilità offertale.
Lui, da galantuomo, non può che invitarla a
prendere qualcosa insieme al bar sotto
casa. Da lì, Virginia e Dario arrivano a sposarsi nel 1943, consapevoli del fatto che lui
aveva sette anni meno di lei e che la que-
stione avrebbe potuto suscitare scalpore
all’epoca. Virgina segue il marito, lascia il
lavoro e si trasferisce a Roma, dove l’anno
successivo nasce la loro primogenita,
Bianca Maria e, a distanza di quattro anni,
suo fratello Pier Luigi. Qui rimarranno ad
abitare tutti e quattro fino al 1957, quando
devono trasferirsi a Palermo a causa del
lavoro di Dario. Il Signor Fanfoni, infatti, era
il direttore amministrativo di una società
elettronica molto importate di quegli anni,
la Selenia, e, fra le altre cose, prese parte
ad importanti progetti internazionali quali
Apollo e Sirio.
Cinque anni dopo, nel 1962, tornano a
Roma e nel 1984 Virginia rimane vedova.
Lascerà la sua casa, dove era riuscita ad
abitare da sola nonostante fosse stata colpita da cecità a causa di un glaucoma, all’età di 90 anni, quando la figlia decide di portarla a vivere con sé a Fabrica di Roma. Tre
sono state le sue grandi passioni: prima di
tutto la famiglia, alla quale si dedicò completamente, trascurando anche la sua stessa salute; poi il pianoforte, con il quale trascorreva lieti momenti, ed infine la politica,
che la interessava a tal punto da tenere
informata tutta la famiglia, soprattutto in
prossimità delle elezioni.
Oggi la vedo seduta su di una grande poltrona, nella quale sembra quasi perdersi.
Ma quel corpicino, ormai così esile, cela la
forza di una donna, un tempo coraggiosa e
battagliera, capace di “mettere in riga tutti”.
Virginia insieme al marito Dario
Nonna Virginia mentre culla un pronipote
31
La redazione di Campo de’
Michele, Nicolo’ e Mattia, augurano un Buon Natale ai genitori,
ai nonni, ai bisnonni e agli zii
Tanti auguri di buon compleanno a
Gabriella Cioccolini da mamma, papà, il
fratello, la cognata e dai suoi nipotini
Michele e Francesca.
Tanti auguri di Buon Compleanno a
Liana Fochetti che compie gli anni
il 1° Gennaio dalle nipoti
Alessandra, Beatrice, Letizia e
Eleonora, dalle figlie, i generi e il
marito.
Tanti
auguri a
Stella
Corsetti
che il 31
Dicembre
festeggierà i
suoi 21
anni.
Da
Massimo
e Cristina
fiori si associa agli auguri
Tanti Auguri
di buon compleanno
a Marilena
Ciano di
Gaeta che
ha compiuto
gli anni il 15
Dicembre.
Dal marito
Elio, nonna
Elisa, i figli
Massimiliano
e Vincenzo, Cristina e Antonella.
Mamma Emanuela,
papà Pino, i nonni e gli zii,
danno il benvenuto a Diego
Affatato e gli augurano
tanta gioia e tanta felicità,
come quella che lui ha donato a tutti noi.
Tanti auguri a
Elena Speranza che ha
compiuto gli anni il 20
Dicembre, dalla nipotina
Alessandra,
la nuora, i figli ed il
marito.
Tanti auguri a
Ceccarelli Dolores che
il 21 Dicembre
ha compiuto 80 anni.
Auguri dalle figlie,
generi e nipoti.
E’ nata a Padova, la piccola Emma Santori.
Tanti auguri ai nonni Mauro e Mariella
Santori, da parte di Angelo e Mirella.
Tanti auguri a
Marina Di Pietro
di Fabrica di Roma,
che il 13 Novembre
ha compiuto 23 anni,
da mamma e papà.
Tantissimi auguri di Buon
Compleanno a Maria Luisa
Berni che ha compiuto gli
anni il 10 Dicembre e per il
nostro sesto anniversario,
festeggiato l’8 Dicembre,
con l’augurio di una lunga e
felice vita insieme.
Ti amo Fabio
Buon compleanno a
Emanuele De
Angelis
di Fabrica di Roma
che il 25 dicembre
compie gli anni.
Da Cristina, Gloria,
Daniela e Noemi
Campo de’ fiori
38
NATI
MATRIMONI
Civita Castellana
Abballe Matteo 15/11
Pistocco Valentino 18/11
Darram Riad 19/11
Affatato Diego 19/11
Corteselli Oscar 19/11
Vaselli Bianca Maria 20/11
Maroni Elisa 23/11
Baltik Denis 24/11
Perazzoni Maikol 24/11
Petrocchi Marilena 24/11
Cingolani Leonardo 27/11
Paggi Valentina 28/11
Paduano Matteo 30/11
Paolelli Giulia 1/12
Corchiano
Cagnetti Federico
Ceccarelli Leonardo
Furdui Nicolina
Gentili Christian
Mancini Andrea
Mancini Danilo
Montanini Antonio e Emanuele
Prosperi Sara
Pulcinelli Christian
Stafie Cornelia
Tallarico Daniele
Corchiano
DECEDUTI
Civita Castellana
Del Signore Giuseppe 4/12
Biondini Daniele 6/11
Cirioni Annita 6/11
Troiani Enrica 18/11
Scacco Lucio Antonio 21/11
Fantera Sandra 22/11
Mei Giuseppe 22/11
Menghi Carlo 26/11
Zaharia Gabriel e Marcu Mihaela
Testa Daniele e Nastase Mihaela Simona
Di Benedetto Massimo e Carosi Sabrina
Corchiano
Crescenzi Aspreno
Anastasio Giuseppe
Fioretti Renzo
Ridolfi Alfonsina
Evangelisti Marcella
Siviglia Domenico
Bianca Giulio
Stefanello Iolanda
Ridolfi Rufino
Campo de’ fiori
39
Guido Calori e Civita Castellana
(1906 - 1907)
di Enea Cisbani
Guido
Calori,
grande protagonista
della scultura italiana
negli
anni
‘20/’30, nasce a
Roma il 1° Maggio
1885.
Carattere inquieto e
ribelle, nella capitale si forma frequenStemma della
tando diverse scuoceramica “Fabbriche
le d’arte, tra cui il
Riunite” 1900 -1920
Museo
Artistico
Industriale
e
l’Accademia di Belle Arti in Via Ripetta.
Artista della cerchia di Margherita Sarfatti,
biografa del Duce, opera inizialmente con
scultori del calibro di Balla, Boccioni e
Severini, da cui se ne discosta non comprendendo la virata rivoluzionaria e tecnicistica che porterà al primo Futurismo.
Raggiunge la notorietà nel 1902, quando
all’età di diciassette anni si aggiudica il
secondo premio del Concorso “Albacini”
dell’Accademia di San Luca in Roma, con
l’opera scultorea “Ero e Leandro”, che lo
porta all’attenzione di un vasto pubblico e
della critica d’arte ufficiale.
Nel giro di pochi anni, il gelido studio di
Porta Pinciana diventa la meta preferita
della ricca borghesia romana, ansiosa di
possedere le sue sculture e ceramiche.
Particolarmente attivo nel settore delle arti
applicate, allora in forte espansione nel
Lazio, nel 1906 viene nominato direttore
artistico della ceramica “Fabbriche
Riunite”, costituita agli inizi del ‘900 a
Civita Castellana, allora uno dei più importanti centri della ceramica artistica in Italia
e crocevia di grandi pittori e scultori del
Novecento italiano.
Scarse e frammentarie le notizie su questa
manifattura, una delle prime fondate nel
nostro centro, con una produzione incentrata sulla realizzazione di stoviglierie e di
oggetti in ceramica d’arte applicata come
vasi e sculture decorative per interni.
Una azienda ceramica dalla breve, ma
intensa vita artistica tanto da cessare la
sua attività industriale già nel 1920.
Guido Calori dal 1906 al 1907 è il “designer”, secondo una moderna definizione, e
il direttore creativo della manifattura.
L’opera più importante e conosciuta è “Il
Carriolante”, esposto nel locale Museo
della Ceramica in Via Roma.
Nel giro di pochi anni vengono prodotte
una serie infinita di opere come vasi, basi
per lampade, piatti decorativi, alcune tuttora appartenenti a collezioni private, altre
purtroppo andate disperse e di cui non esiste alcun supporto cartaceo o grafico.
Terminata l’esperienza civitonica nel 1908
Calori ritorna a Roma, vincendo il primo
premio
del
concorso
“Albacini”
dell’Accademia di San Luca con “Virgilio e
Sordello” e l’Ambito Pensionato Artistico
Nazionale con l’opera “La Madre”.
Nel 1913 inizia l’attività didattica di insegnante prima a Chieti e successivamente a
Firenze, Bologna, Napoli e nel 1930 a
Roma.
Nel 1926, ritorna nel viterbese realizzando
il “Monumento ai Caduti della Grande
Guerra” a Orte.
Nel 1938, al culmine della sua fama e
importanza artistica, viene nominato
Accademico dell’Accademia di San Luca in
Roma, in quegli anni la più importante istituzione culturale romana con l’Accademia
dei Lincei alla lungara.
Nel 1940, ottiene la sua più importante
commissione: la realizzazione della statua
in marmo “la Fisica”, per il Palazzo della
Civiltà Italiana all’Eur di Roma, che lo consacra definitivamente nel panorama artistico italiano.
Le sue opere più importanti sono: i bassorilievi della Banca Nazionale del Lavoro e
del Ministero dell’Agricoltura in Roma, le
ritratto di Guido Calori
decorazioni del Palazzo della Fonte a
Fiuggi, lo stemma esterno della Biblioteca
Nazionale di Firenze e le decorazioni del
Palazzo delle Terme a Salsomaggiore.
Come insegnante è stato il maestro di
grandi scultori come Marino Marini e
Luciano Minguzzi.
Muore in Roma il 20 aprile 1960.
La figura di Guido Calori si inserisce a
pieno titolo nella storia artistica di Civita
Castellana, che dagli inizi del ‘900 al 1940,
prima dello scoppio della Seconda Guerra
Mondiale, è la meta dei più importanti artisti italiani come Silvio Canevari, Sante
Ciani, Giulio Montanarini e Renato
Guttuso.
E’ nel contempo il testimone diretto di una
grande stagione culturale e tecnica della
ceramica locale, caratterizzata nella sua
prima fase pioneristica, dalla forte presenza di manifatture a prevalente carattere
artistico operanti nel settore delle arti
applicate, tuttora scarsamente conosciute
dalla critica storiografica e artistica.
40
Campo de’ fiori
Cari amici
la storia di Noel si arricchisce sempre più di nuove avventure.
Conservate gli inserti e... buona lettura
dai vostri Cecilia e Federico
soggetto e testo Sandro Anselmi
continua sul prossimo numero...
Voglio augurare a tutti
Buone Feste di Natale e di Anno Nuovo
anche da parte di mio fratello Federico e che siano piene di
serenità e di gioia. Ricordiamoci che è anche l’onomastico
di Noel ed allora facciamogli insieme tanti, tanti auguri
Cecilia Anselmi
Campo de’ fiori
41
Ciao Dottò
Da sinistra: Erminio, Alberto, Luca e Giuseppe
prima della scalata al Gran Sasso ... ... ...
“Che famo?...Partimo?”. Questa
dal 1990 è stata la colonna sonora che dava inizio alle nostre giornate passate insieme. Poche
parole scambiate per telefono
che ci portavano ad incontrarci
per condividere una grande passione: la bicicletta!
Le due ruote ci hanno unito in
momenti piacevoli, faticosi e
soprattutto unici che continuavano anche quando si scendeva
dalla sella. Questa passione ci
aveva uniti come fratelli…
Niente è mai riuscito a fermarci,
né il freddo pungente che maltrattava le nostre guance, né la
calura d’agosto, che solcava con
copioso sudore il nostro volto.
Ricordo quell’otto di Dicembre di
qualche anno fa, quando i pedali
giravano a vuoto e la neve ci
costrinse a tornare a casa.
La strada era nostra amica e la
natura nostra compagna: credevamo che il Gran Sasso fosse la
nostra “Cima Coppi”… ma, ahimè,
hai deciso di pedalare ancora più
sù, verso quel portone, oltre il
... ... finalmente l’arrivo
quale c’è l’eternità.
Caro Alberto, ogni volta che solcherò qualche via in sella alla mia
bicicletta, penserò a te.
Il rumore delle ruote sull’asfalto
mi riporterà alla memoria i
momenti passati insieme.
Il suono delle foglie sfiorate dal
vento, mi riempirà le orecchie dei
nostri discorsi.
Il battito del mio cuore celerà in
sè il tuo sorriso che si accendeva
quando a fine giornata ti dicevo:
“Cce vedimo Dottò”.
Erminio Quadraroli
42
ASPETTANDO IL MONDIALE
Sempre in fermento l’attività sportiva della
palestra OKINAWA Sporting Club,
infatti il 18 e 19 Novembre 2006 gli atleti
dell’Okinawa hanno partecipato al 1°
raduno degli azzurri ed azzurrabili FIAM
(Federazione Italiana Arti Marziali), che si
è svolto a Pesaro.
La numerosa rappresentativa di karatekas
si è cimentata in due giorni di duro allenamento, insieme ad atleti provenienti da
tutta Italia, con la comune ambizione di
poter essere convocati per rappresentare
l’Italia al prossimo CAMPIONATO del
MONDO W.K.C, che si terrà a Bergamo
nel mese di Ottobre 2007.
In attesa di questo importante evento, i
ragazzi del Maestro Mercuri hanno iniziato
l’attività agonistica nazionale disputando,
ad Ariccia (RM), il 26 Novembre, i
Campionati Regionali a Squadre, e conquistando un importante titolo regionale
con la squadra Juniors composta da
Cavalieri Mauro, Vastarella Nicola e
Divalentino Luca.
Tutte e tre le squadre presentate si sono
classificate
per
partecipare
ai
Campionati Italiani a squadre, che si
Campo de’ fiori
sono svolti il 10 Dicembre a Perugia, e che
hanno visto i campioni regionali bissare il
successo confermandosi Campioni
d’Italia.
Sul podio anche la squadra di giovanissimi
composta da Sestili Andrea, Spettich
Federico e Imperio GianMaria che hanno
conquistato un’importante bronzo.
CARDIO KICK BOXING
Non è il solito corso di aerobica con calci e
pugni, infatti grazie alla grande competenza dell’istruttore, vero esperto di arti marziali, riuscirete ad apprendere i principi
delle arti marziali conservando il clima
divertente e spensierato che caratterizza le
lezioni di fitness.
Grande la felicità del Maestro Mercuri e di
tutta l’Okinawa.
Il Maestro Mercuri ed i suoi collaboratori
hanno ideato numerosi corsi di KARATE
adatti alle diverse esigenze, perché il
KARATE è un’ arte che permette una crescita fisica e spirituale che può durare
tutta la vita.
I corsi attivati presso l’Okinawa sporting
club sono:
Corsi per bambini da 5 ai 7 anni;
Corso per ragazzi;
Corso per adulti agonisti;
Corso per adulti amatori.
Per tutti gli over trent’ anni che vogliono
intraprendere la pratica del KARATE,
le prime due lezioni sono gratuite.
TOTAL BODY
Corso di ginnastica ideato per tutte le età.
In un clima familiare e divertente, al
tempo di musica, con l’ausilio di piccoli
attrezzi, potrete tonificare il vostro corpo e
migliorare l’elasticità muscolare.
Campo de’ fiori
La festa
dell appartenenza
Il 18 Novembre 2006, presso l’aula magna
dell’ ITIS di Civita Castellana, si è svolta
una festa organizzata da studenti e docenti delle classi quinte dell’Istituto Statale
d’Arte “Ulderico Ridossi”. L’evento ha coinvolto tutti gli studenti, i professori ed il
personale della scuola, in una simpatica
manifestazione che è stata occasione per
presentare i lavori svolti dai ragazzi delle
classi 5°A e 5°B durante la loro permanenza nella scuola.
Dopo la presentazione fatta dal Preside, si
è passati alla lettura di poesie scritte dagli
alunni della 5°B, e lette dai ragazzi stessi
con atmosfere e sottofondi musicali coinvolgenti.
E’ stata poi la volta dei ragazzi del 5°A che,
in collaborazione con la loro docente di lettere, la Professoressa Lina Quadracci,
hanno presentato un cd contenente tutti i
lavori svolti durante questi 5 anni di studio.
Una rappresentazione molto simpatica e
ben realizzata che ha colto di sorpresa la
platea affascinata con stacchetti musicali,
foto, poesie, limerick etc..
C’è stato anche un breve spazio dedicato
alle premiazioni dei ragazzi che si sono
distinti per il loro buon rendimento scolastico, tra cui tre ragazze della 5°A e la consegna dei diplomi alle ex alunne uscite con
il massimo dei voti all’esame di stato.
Questo “rito” quasi accademico, si è
degnamente concluso con una “abbuffata”
generale, ispirata da uno splendido “nutella-party” offerto dai ragazzi e stuzzichini
allettanti.
E subito dopo è stato proiettato il film
“Monnalisa Sile” attinente al tema della
giornata, cioè l’arte.
Insomma che dire, una festa veramente
gradevole da riproporre nei prossimi anni,
come vera e propria ricorrenza dell’I.S.A.,
scuola che si è dimostrata capace e spigliata nel collaborare e realizzare bellissimi
lavori, scuola dove la passione e la vivaci-
tà, che solo gli artisti possiedono, riesce a
prendere forma.
E, per concludere, non ci resta che citare
uno slogan: I.S.A. why not?!
Ma soprattutto: Evviva l’Arte!!!
Maria Bertolini
^
43
Campo de’ fiori
44
STRI
CIVITONICI ILLU
Il professore Plinio Zenoni
(1919 - 2000)
di Enea Cisbani
Nei ricordi e nelle memorie dei numerosi
studenti che hanno frequentato il locale
Istituto d’Arte in via Gramsci, un ruolo
importante e significativo spetta certamente al “mai dimenticato” Professore
Plinio Zenoni, dal 1944 al 1982 docente di
Lettere, Storia e Geografia, per ben 25
anni Vicario del Preside e infaticabile organizzatore della vita didattica e professionale della scuola d’arte.
Nelle ormai rarissime e vecchie foto d’epoca, il professore è ritratto mentre accompagna nella loro visita ai locali della scuola importanti figure istituzionali del tempo,
come Provveditori e Ministri e accanto ad
altri grandi figure che hanno fatto la storia
dell’Istituto d’Arte come il Professore
Alfredo Crestoni, per lunghi anni direttore
didattico. Plinio Zenoni, figura di grande
cultura, giornalista infaticabile e appassionato bibliofilo, nasce a Civita Castellana il
20 Maggio 1919.
Compie gli studi superiori presso l’Istituto
Magistrale “Santa Rosa” di Viterbo, dove
ottiene il Diploma di Maestro. Si laurea
presso l’Università Orientale di Napoli in
Lingue Occidentali.
Nel 1944, in pieno conflitto bellico, viene
nominato docente di Lingua Italiana,
Storia e Geografia presso l’Istituto d’Arte di
Civita Castellana, nella storica sede di via
Gramsci, che dopo la liberazione del 5
Giugno 1944 sta riprendendo, seppur faticosamente, la sua attività didattica.
Nel 1947 si iscrive all’Albo dei Giornalisti
Professionisti categoria pubblicisti di
Roma.
Nel 1955, viene nominato Commissario
Ufficiale di Gare Internazionali di motociclismo della Federazione Motociclistica
Italiana.
Nel 1956, giovane giornalista, è nominato
corrispondente dell’area viterbese del quotidiano “Il Corriere dello Sport”, celebre e
massima testata sportiva italiana.
Negli anni ’50 dominati dai trionfi del pugi-
le Sergio Caprari, diventa
arbitro di pugilato, allora
all’apice del successo
nella Civita Castellana
del tempo.
Nel Marzo del 2000,
l’Ordine dei Giornalisti gli
conferisce la targa onorifica per i cinquanta anni
di iscrizione all’Albo e
quale degno riconoscimento per la sua lunga
attività editoriale, che dal
1989 al 2000 culmina nel
successo come corrispondente del quotidiano
“Il Corriere di Viterbo”,
alla cui affermazione a
livello locale e provinciale
ha decisamente contribuito con il suo lavoro
indefesso e instancabile.
Il Zenoni giornalista si
può
riassumere
nel
seguente modo: estrema
sintesi, verifica accurata
dei fatti, scrittura piana e
scorrevole, senza inutili
barocchismi e profonda attenzione al lettore. Plinio Zenoni non fu soltanto giornalista e uomo di sport, ma una figura di
grande cultura, amante delle Lettere e
dell’Arte, nonché un insegnante di assoluto livello che ha contribuito alla formazione culturale e professionale di una folta
schiera di studenti.
Nell’ambito della scuola una presenza
sempre attiva e instancabile, in particolare
al fianco del Preside Sergio Lera, dal 1975
al 1984 dirigente dell’Istituto d’Arte.
Nella lunga e millenaria “storia” di Civita
Castellana, il nome del professore compare accanto a quello di altri grandi personaggi che hanno contribuito al suo sviluppo materiale e culturale.
E’ stato un grande protagonista della ripresa economica e culturale del nostro centro
all’indomani delle tragedie della Seconda
Guerra Mondiale.
Plinio Zenoni muore a Civita Castellana il
28 Novembre 2000.
Campo de’ fiori
45
OPINIONI
SULLA PRECEDENTE USCITA DI CAMPO DE’ FIORI
VI abbiamo proposto il seguente sondaggio:
SIETE FAVOREVOLI O NO ALL’INDULTO?
FRA QUELLI CHE HANNO RISPOSTO
L’
87% SONO RISULTATI CONTRARI ALL’INDULTO.
SU QUESTO NUMERO VI CHIEDIAMO INVECE UN’OPINIONE
CHE POTRETE ESPRIMERE INVIANDO UN SMS AL NUMERO
329.1971400 O VIA E-MAIL ALL’INDIRIZZO
INFO@CAMPODEFIORI.BIZ
LE VOSTRE MIGLIORI RISPOSTE SARANNO PREMIATE
CON UN SIMPATICO OMAGGIO
SECONDO TE QUALI SONO LE CAUSE CHE HANNO
SCATENATO QUESTA ESCALATION DI VIOLENZA
(SULLE DONNE, SUI BAMBINI, SUI DISABILI ...) ???
46
Campo de’ fiori
Campo de’ fiori
I primi 10 lettori che avranno dato la risposta esatta,
riceveranno un simpatico omaggio ed i loro nomi
verranno pubblicati sul prossimo numero.
Potete rispondere direttamente in redazione
via e-mail all’indirizzo
info@campodefiori.biz
con un sms al numero
329.1971400
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Campo de’ fiori
SOPRAVVIVENZA
In balia dell’immenso
oceano, stranamente
tranquillo e rilassato,
riposava su una zattera
di fortuna cullato dalle
onde, trasportato dalla
marea.
Il mare era straordinadi
riamente calmo, c’eraGianni Bracci
no provviste sufficienti
per diversi giorni di
navigazione, il relitto era stretto ma accogliente: alcuni tronchi, legati alla meglio,
sostenevano dei teli a costituire una specie
di vela e una piccola tenda fungeva da
riparo dal sole e dal vento. <<Niente male
per essere un naufrago>> pensò G,
immerso in quello stranissimo sogno.
Lontano da tutto e da
tutti in una magnifica
giornata di sole, e poi il
mare azzurro, trasparente, ricco di pesce: uno
stato di profondo benessere interiore sembrava
pervaderlo.
Non si trattava di un
sogno
angoscioso,
anzi….. senonchè all’improvviso un oggetto
misterioso
comparve
all’orizzonte.
Non era una boa perché
si muoveva, si potevano
distinguere chiaramente
gli spruzzi d’acqua.
Cominciò a preoccuparsi. Quella strana cosa
turbava la quiete di quei
momenti. Qualcosa che
si muoveva, schizzava, annaspava… nuotava. Sì, nuotava! Un grosso pesce? No, un
uomo! Un uomo che si avvicinava di gran
lena.
<<Cacchio, che nuotata vigorosa!>>, si
disse G ormai allarmato dalla novità. E sì,
perché non c’era molto spazio su quel
relitto. E le provviste? Sarebbero state sufficienti per due persone? Chissà! E poi,
con chi avrebbe avuto a che fare? Magari
un violento, un prepotente, uno che non si
sarebbe fatto scrupoli a fargli del male.
Ma che gli stava venendo in mente? Lui, G,
aveva sempre creduto fermamente nei
valori della fratellanza, della giustizia, della
convivenza: non poteva certo rinunciare a
questi sani principi morali respingendo la
richiesta di soccorso che si levava da un
disgraziato disperso tra le onde.
No, non poteva. O meglio, forse avrebbe
potuto ma solo se fosse stato strettamente necessario, ossia, solo se fosse stata
una questione di vita o di morte. E in questo caso, cosa doveva fare?
Il dubbio lo corrodeva.
G non sapeva più cosa fosse giusto o sbagliato: << Certo che ….. un conto è predicare la solidarietà tra le confortanti mura
domestiche, un conto è praticarla quando
è in gioco la tua stessa sopravvivenza>>
elucubrava G mentre afferrava con forza il
bastone che era solito usare come remo,
anche perché l’altro si stava avvicinando
sempre di più e doveva al più presto prendere una decisione: allungargli il bastone
per aiutarlo a salire oppure remare verso
la parte opposta lasciandolo al suo destino?
Chi era veramente il sig G: una persona
caritatevole o un egoista? Un “buon samaritano” o un “Ponzio Pilato”?
Quella circostanza avrebbe rivelato i suoi
intendimenti inconsci più profondi.
Avrebbe detto se veramente era quell’altruista che aveva sempre creduto di essere ….. ma doveva sbrigarsi, l’uomo era a
dieci metri, nove, otto …. doveva decidersi …. sette….. si svegliò! Proprio sul più
bello, si svegliò!
Proprio quando l’essenza della sua personalità stava per essere rivelata una volta
per tutte.
Forse era meglio così, anche se era consapevole che quella drammatica domanda
meritava una risposta.
Cercò di riaddormentarsi pensando a quell’increscioso incubo che puntualmente si
ripresentò in tutta la sua angosciosa que-
stione morale.
La zattera, quell’ uomo al timone e quello
che cercava affannosamente di raggiungere il relitto.
Successe però una cosa imprevista, straordinaria, assurda: si erano invertite le parti.
Era G che nuotava disperatamente. Era G
che chiedeva disperatamente aiuto. Cercò
timidamente di protestare:<<Ma non era
così la storia…. c’è un errore madornale:
ero io quello che stava sopra!>>. Tutto
inutile, d’altronde come si fa a contestare
un sogno.
Decise che doveva assolutamente parlare
a quel signore sulla barca con il remo in
mano, spiegargli che lui, sì lui, era una
brava persona e doveva essere assolutamente imbarcato: era un buon uomo,
mangiava pochissimo,
sapeva stare al suo
posto, insomma non
c’era di che aver timore:
“La prego, signore, mi
faccia salire, la prego”
urlò G con quanto fiato
aveva in gola mentre
l’altro, preoccupato di
salvaguardare sè stesso, ormai scappava
remando come un forsennato in direzione
opposta, allontanandosi
inesorabilmente senza
lasciargli scampo.
Si svegliò, sudato e
sconvolto. Incredibile,
era stato abbandonato
in mezzo all’oceano da
un suo simile. Certo, era
semplicemente un brutto sogno, ma il solo pensiero che tutto
questo era potuto succedere, anche se
solo nella sua mente, lo faceva sentire
male.
Quella mattina si recò al lavoro di cattivo
umore quando, alla fermata di un semaforo, un signore anziano, sorridente, dai
modi garbati, gli chiese l’elemosina. Lo
conosceva bene perché la stessa scena si
ripeteva tutte le mattine, ma quel giorno,
contrariamente a quanto fece nei precedenti, G aprì velocemente il portafoglio
regalando una banconota a quel poveraccio che, stupefatto dall’entità della donazione, non finiva più di ringraziarlo, quasi
lo abbracciò. G non fece una piega limitandosi a dire con una punta di sconforto:
“Non mi devi ringraziare, ma se un giorno
ci ritroveremo, soli, in mezzo all’oceano……. ricordati di me !”
Campo de’ fiori
L’angolo ... cin cin
Anche se colmo di spiritualità il Natale
conserva, nelle tradizioni e nelle credenze,
evidenti tracce delle sue origini pagane.
Per questo motivo il cuore della festa,
dopo i riti della Natività, rimane sempre il
pranzo, al quale è affidato il compito di
conservare il valore dell’indissolubilità
della famiglia.
Il cibo, quindi, rimane in ogni caso, nelle
feste Natalizie, uno dei fattori più importanti: quello che simboleggia l’immutabilità del Natale e l’incrollabilità del focolare
domestico.
Per questo motivo è necessario festeggiare questo importantissimo giorno con un
modo particolare di stare a tavola, in una
atmosfera magica, nella quale il menù più
ricco serve a sottolineare che questo pranzo è il più importante dell’anno.
Protegge i tuoi valori
Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25
01033 Civita Castellana (VT)
Tel.0761.599444 Fax 0761.599369
silviamalatesta@libero.it
49
di Letizia Chilelli
Mia nonna mi racconta che durante la sua
infanzia, il “pranzo di Natale” che oggi si
prepara per il 25, veniva “consumato”a
notte inoltrata subito dopo la “messa di
Mezzanotte”della sera del 24: il digiuno
della Vigilia, la lunga sosta di preghiera
nelle Chiese, l’attardarsi per le strade per
fermarsi con gioia sotto la neve di
Dicembre (che in Abruzzo non abbandona
mai le montagne), prima di tornare a casa,
giustificavano la “cena” sostanziosa che
ristorava spirito e corpo.
Oggi questa usanza è andata persa e l’abitudine del “Cenone” è rimasta legata soltanto alla notte di S. Silvestro.
Molte sono le ricette che rendono solenne
questo momento gastronomico; tutto il
mondo ne è pieno: dai grandi classici
regionali, ricchi di tradizioni alle preparazioni di fantasia, dal sapore
moderno; dai primi piatti
sostanziosi con trionfi di
ravioli, polenta, agnolotti,
ai secondi piatti di pesce:
capitone e salmone affumicato in primis, ai secondi di
carne, in un assortimento
che è un’autentica festa
per il palato.
Non si può poi, non parlare
dei dolci, dove la fa da
padrone il dolce più rappresentativo del Natale.
Il Panettone.
Ma non si possono tralasciare i molti altri dolci tipici italiani e dei paesi a noi
limitrofi:
Il “Pandoro”di Verona, il
“Torrone”di Cremona, gli
“Struffoli” di Napoli, il
“Dolce di Castagne” del
Piemonte, i “Carginetti”
dell’Abruzzo, il “Pangiallo”
del Lazio, le “Zeppole”
della
Calabria,
la
“Spongata”
dell’Emilia
Romagna, le “Pignoccate”
della Sicilia, il “Panforte” di
Siena, il “Christmas pudding”Inglese, lo “Stollen”
Tedesco, i “Birewecke”della Francia orientale, lo “Stollen” Altoatesino,la “Cubana”
del Friuli…Sono solo pochi esempi di ricette che ritroviamo sulle tavole del “Giorno
più importante dell’anno”.
La preparazione del “Pranzo di Natale”non
è una questione che può essere risolta in
poco tempo. Ricordiamo che le massaie
inglesi si occupano anche con un mese di
anticipo della preparazione del loro
“Christmas pudding”; le svedesi impiegano
un tempo ancora più lungo per l’allestimento della “Lingua marinata”, che usano
servire, con una salsa bianca di burro e
senape, patate lesse e pane nero; mentre
i tedeschi iniziano già nel mese di Agosto
ad ingrassare le carpe, che saranno il
“piatto forte”del menu natalizio.
Anche in Italia, anche se in generale con
tempi più ristretti, la preparazione del
pranzo di Natale ha delle esigenze irrinunciabili: a Bologna si inizia con settimane di
anticipo a preparare tortellini e agnolotti
ripieni di carne varie; mentre i romani, già
il 23 Dicembre, in un famoso mercato che
si protrae anche durante le ore notturne
fino alla mattina della Vigilia, corrono a
comprare le anguille vive, indispensabili
per l’ occasione.
Ma anche nel resto d’Italia, l’interesse dei
buongustai è rivolto all’oca, al tacchino e
agli arrosti più vari.
Edmond Richardin nel suo manuale di
cucina, nei primi del novecento, scriveva
che in un buon menù di Natale non può
mancare : il consommè d’aragosta, sogliola alla Mornay, pollo al curry, cardi al gratin, frittelle di arancia e ananas fresco;
ottimo e leggero, ma concorderete con me
che sicuramente si può fare di meglio!
Come?
Nonne, Mamme…tutte in cucina a rispolverare le nostre buone e sane tradizioni e
si dia così inizio al vero “Pranzo di Natale”,
quello dove ti siedi il 24 Dicembre e ti alzi
dalla
tavola il 6 Gennaio “dell’anno
dopo!!!!”
Senza dimenticare di festeggiare il tutto
con “Bollicine Rigorosamente Italiane!!!!”
Buon Natale a tutti!!!
50
Campo de’ fiori
Album d
Anni ‘60 studentesse di Civita Castellana in gita a Tivoli:
1- Mariella Fidaleo, 2- Antonella Tartini, 3- Maria Stella Petrelli, 4- Maestro Ermanno Carabelli, 5- Malvina Giovannetti,
6- Maestra Agneni, 7- Marisa Ripa, 8- Rita Mercuri, 9- Rosa Ciavarella, 10- Gianna Mugnaini, 11- Luisa Ercolini,
12- Francesca Marcantoni, 13- Annunziata Mazzafoglia, 14- Elsa Toma, 15- Vittoria Moscotti, 16- Ivana Di Modugno,
17- Daniela Iencinella, 18- Anna Maria Manocchio, 19- Rosanna Guarrera
Natale 1961 scuola elementare di Fabrica di Roma con la Maestra Cencelli. Foto della Signora Piera Pulcinelli
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere
dei ricordi
Campo de’ fiori
51
Civita Castellana 1957
in piedi da sinistra: Stradonico Romani, Alfredo Anzellini, Vittorio Salvucci, Valentino Gai, Giovanni Cavalieri, Piero Benedetti e Fulvio Coletta.
accasciati da sinistra: Luigi Di Lorenzi, Pietro Sansonetti con il piccolo Luigi Romani, Claudio Vagnarelli, Giovanni Fallini, Giuseppe Tomei.
Anno 1937 gruppo di mamme di Fabrica di Roma con i loro figli.
Foto della Signora Verena Baldassi
Rosina Capati - “amazzone” di Civita Castellana.
Casale in loc. Quartaccio nel 1960
e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite.
Campo de’ fiori
52
Centro di Diagnosi e Terapia Neuropsichiatrica,
Psicologica, Logopedica,
Psicopedagogica
Via Tasso 6/A - Civita Castellana (VT)
T. 0761.517522
Cell. 335.6984281-284
www.centroceral.com
info@centroceral.com
Anche quest’anno
presso il nostro
Centro si svolgeranno attività formative
per genitori, insegnanti,
operatori
socio-culturali, ecc.,
al fine di offrire strumenti di conoscenza
Responsabile della
da utilizzare per
Formazione
migliorare la relazioDott.ssa
ne
con
i
Sandra Falzone
bambini/ragazzi.
Si terranno degli
incontri di gruppo
dove per naturale
dinamica si sviluppa
l’interazione, il confronto e la discussione
dei
temi
affrontati.
L’iniziativa
offre
opportunità di arricDott.ssa
chimento, di conoA.Maria Sambuci
scenza per sostenere i bambini/ragazzi
nelle varie fasi di
crescita cognitiva ed
emotiva, per porsi in
un rapporto di reciprocità, dando e
ricevendo, secondo
modalità specifiche
e originali, dei sinDott.ssa
goli e delle diverse
Eleonora Tabarrini
età.
La pedagogia ha
sempre posto l’accento sull’autoeducazione, cioè sulla capacità di ciascun bambino
o adulto di dominare gli eventi , di risolvere i propri problemi , di porsi come protagonista della propria storia .
L’organizzazione Mondiale della Sanità
definisce la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale,
che non consiste soltanto in un’assenza di
malattia o di infermità, ma è strettamente
correlato ad una crescita armonica ed alla
capacità di esprimere un progetto di vita
adeguato.
SVILUPPO
DELLE
COMPETENZE
COGNITIVO/LINGUISTICHE E NEUROPSICOLOGICHE DELL’APPRENDIMENTO NEL BAMBINO FINO A 7
ANNI.
In questa occasione proponiamo dei corsi
di formazione:
Il bambino impara a parlare interagendo
con le persone che lo circondono,
costruendo espressioni verbali appropriate
alle situazioni e assorbendo le regole strutturali del sistema linguistico del proprio
ambiente . Questi meccanismi di apprendimento sono apparentemente semplici ma
nascondono operazioni cognitive complicate, organizzate sistematicamente e
obbedienti a regole precise.
SCELTE EDUCATIVE CHE FAVORISCONO L’AUTOREGOLAZIONE DEL
COMPORTAMENTO
DEL
BAMBINO/RAGAZZO
Tematiche affrontate:
L’autoregolazione come sistema di guida
interno che determina il comportamento;
considerazioni teoriche sul concetto di
comportamento;
l’azione e l’esperienza emozionale;
sicurezza ed incertezza;
persistenza e rinuncia;
la strutturazione di un ambiente favorevole per l’autoregolazione e la riflessività del
bambino;
elaborazione di strumenti educativi per
acquisire maggiori abilità nella gestione
dei comportamenti problematici del bambino;
educazione affettiva;
autoregolazione ed emozioni;
la comunicazione empatica e l’ascolto attivo.
6 incontri di 2 ore dalle 11.00 alle
13.00 nei giorni di:
-
sabato
sabato
sabato
sabato
sabato
sabato
03
17
03
17
31
14
Febbraio
Febbraio
Marzo
Marzo
Marzo
Aprile
Tematiche affrontate:
Lo sviluppo del linguaggio e del pensiero;
il gioco nelle sue fasi evolutive come crescita cognitiva e affettiva del bambino;
le competenze grafo-motorie;
il linguaggio e l’apprendimento;
il processo neuropsicologico di apprendimento;
l’inserimento scolastico e lo sviluppo dell’indipendenza;
elaborazione di strumenti educativi per
acquisire maggiori abilità nella gestione
dei comportamenti problematici del bambino.
Sono 6 incontri di 2 ore dalle ore
09.00 alle ore 11.00 nei giorni di:
-
sabato
sabato
sabato
sabato
sabato
sabato
03
17
03
17
31
14
Febbraio
Febbraio
Marzo
Marzo
Marzo
Aprile
Per ulteriori informazioni rivolgersi c/o il
Centro C.E.R.A.L.
Campo de’ fiori
53
Farmacie Civita Castellana aperte nei giorni festivi di Gennaio 2007
01 - 06 - 07 Gennaio - Farmacia Filizzola C.so Bruno Buozzi
14 Gennaio - Municipale 2 Via Ferretti
21 Gennaio - Municipale 1 Via Santa Felicissima
28 Gennaio - Farmacia Filizzola C.so Bruno Buozzi
Farmacie di Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi
14 - 28 Gennaio - Farmacia Minelli Corchiano
28 Gennaio - Farmacia Liberati Fabrica di Roma
Benzinai Civita Castellana aperti nei giorni festivi di Gennaio 2007
01 Gennaio - Api Via Flaminia/Borghetto - Api Via Corchiano - Enerpetroli s.s. 311 Nepesina
06 Gennaio - Tamoil Via Falisca
06 - 07 Gennaio - Tamoil Via Flaminia - IP Circonvallazione
07 Gennaio - Agip Via Belvedere Faleri Veteres
14 Gennaio - Api Via Flaminia /Borghetto - Api Via Corchiano - Enerpetroli S.S. 311 Nepesina
21 Gennaio - Schell Via Flaminia - Tamoil Via Falisca
28 Gennaio - Esso Via Flaminia - Agip Via Terni
54
Campo de’ fiori
Album dei ricordi
Civita Castellana nati nel 1975:
1- Erminio Palomba, 2- Maestra Emanuela Roncio, 3- Romina D’Antoni, 4- Alessandro Accettone, 5- Patrizio Sugoni,
6- Sacha Rocchetti, 7- Maria Grazia Censi, 8- Paolo Muffo, 9- Alessandro D’Antoni. Foto del Sig. Sacha Rocchetti
1988
Fabrichesi durante una battuta di caccia
in alto da sx:
Gianni Tabacchini,
Enzo Santori, Vittorio Torricelli e
Vincenzo Olivieri
in basso da sx:
Alberto Santori
Sandro Santori
foto del Sig. Enzo Santori
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere pubb
Campo de’ fiori
55
1995 - Un gruppo di civitonici festeggiano i loro primi cinquant’anni
Carlo Bonamin di
Corchiano,
durante il servizio
militare
Floriana Cingolani di Corchiano
a bordo della mitica Autobianchi
blicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno immediatamente restituite.
Campo de’ fiori
56
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è la più grande vetrina per i tuoi affari.
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Indovina L’Artista
Di lato è riportato il
particolare del famoso
quadro “Le tre grazie”.
Sai dire chi l’ha dipinto?
I primi tre che indovineranno e si recheranno
presso la redazione, riceveranno un simpatico
omaggio offerto dal
Centro Parati Selli.
Campo de’ fiori
57
La rubrica dei perchè
Perchè negli indirizzi e-mail si usa sempre
il carattere
@
di Arnaldo Ricci
Il sevizio di E-Mail sostituisce egregiamente quello della posta cartacea in un modo
efficientissimo che tutti conosciamo.
Quando si spedisce una lettera normale
tramite posta cartacea, si deve scrivere
l’indirizzo; la stessa cosa si
deve fare quando si trasmette la posta elettronica!
Adesso vediamo come è
composto l’indirizzo E-Mail :
esso ha il seguente formato
pinco.pallino@host.it
Come vedete compare
sempre il carattere @, che
noi italiani chiamiamo
impropriamente chiocciola.
Esso è un carattere del codice ASCII (american standard code international interchange); non mi soffermo su questo codice perché già spiegato in un articolo precedente.
Ebbene, il carattere chiocciola in ASCII si
chiama carattere at; esso serve a dividere
in due parti l’indirizzo E-Mail.
La parte che precede il carattere @ (chiocciola) serve ad indicare l’indirizzo dell’utente pc che si collega alla rete,
mentre la parte che segue la
chiocciola, serve ad indicare
l’indirizzo del computer host
che gestisce la comunicazione
verso la rete. Nell’esempio di
cui sopra è come se si dicesse
io mi chiamo pinco.pallino e
sono collegato ad internet tramite il computer gestore di
rete host.it.
I caratteri a sinistra e a destra della chiocciola possono essere tutti quelli previsti
dagli alfabeti Latini escluso lo spazio.
Ma perché è stato utilizzato il carattere
chiocciola per dividere le due parti? Esso è
@
stato utilizzato perché in nessun alfabeto
latino del mondo occidentale (ritengo
anche in altri mondi) esiste un nome o
cognome dove compare il carattere @!
Se si fosse utilizzato un altro carattere, non
si sarebbe capito dove finiva l’indirizzo d’utente ed iniziava quello del gestore di rete.
BANDIERE DAL MONDO
Sapresti dirci a quale nazione appartiene questa bandiera? Il primo che indovinerà e ne
darà comunicazione in redazione, riceverà un
simpatico omaggio offerto dalla gioielleria
PONTE VECCHIO
Il personaggio misterioso
Nella foto di fianco è
riportata la foto di una
famosa attrice.
Sapresti dire chi è?
I primi 5 che, indovinando, ne daranno comunicazione in redazione, riceveranno un simpatico omaggio offerto dalla profumeria Paolo e Concetta.
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58
Campo de’ fiori
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Nel Cuore
Ciao Daniele,
mio dolce tesoro,
ti ho visto nascere, ti ho visto
crescere facendo
parte della tua
crescita per alcuni anni.
Dormivi
con me,
mi chiamavi mamma, mi facevi la pipì
addosso anche se eri già grandicello, ti riempivo di pizzicotti e anche
qualche schiaffo e tu, quando sei
diventato grande mi dicevi: “Ti ricordi? Adesso mi rifaccio”.
Ed io ti rispondevo: “Anche se sei
grande ti gonfio”.
Ti ho visto partire per la carriera
militare, sposarti e diventare padre
di due magnifici tesori. E poi una
sera, percorrendo la strada che
facevo tutti i giorni per diverse
volte, una fila di macchine…
Da lontano luci, lampeggianti.
Man mano che mi avvicino
capisco che si tratta di un incidente, le macchine che ho davanti si ritornano, non si passa, ed io mi avvicino,
guardo e domando “Ma chi è? Come è successo?”. Poi riconosco la macchina da lontano, il tuo maglione, il tuo viso e grido
“E’ Daniele, è mio nipote!!”
Mi dicono sta bene, corro all’ospedale,
arriva la tua mamma, mia sorella, gli faccio coraggio. Il cuore mi scoppia, non
doveva succedere.
Ti ho visto nascere, non dovevo
vederti morire!!!
Ti voglio bene, zia …
Ho scelto questo giornale per ricordare Daniele, perché so che la redazione di Campo de’ fiori è composta da persone umane e sensibili
e tutti lo leggeranno … anche in
Paradiso.
La redazione di Campo de’
fiori si stringe al dolore della
famiglia Biondi
Lo Studio Legale dell’ Avv. Aldo Piras
Patrocinante in Cassazione
ha stipulato una convenzione con
Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto
a n. 3 consulenze gratuite.
Per informazioni rivolgersi in redazione
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Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo, Montefiascone, Carbognano, Caprarola,
Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera, Monte Romano, Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese,
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Monterano, Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San
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