Valutazione economica degli effetti sanitari dell`inquinamento

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Valutazione economica degli effetti sanitari dell`inquinamento
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Valutazione economica degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico: la metodologia dell’EEA
Nell’Unione Europea, la scarsa qualità dell’aria è la prima causa ambientale di morte prematura e presenta un costo in termini di vite
umane più elevato di quello degli incidenti stradali. L’inquinamento
dell’aria è causa, inoltre, di perdita di giorni di lavoro e di elevati costi
sanitari e sociali, poiché colpisce in misura maggiore le fasce di popolazione più vulnerabili (bambini, anziani, asmatici e soggetti svantaggiati dal punto di vista socioeconomico). L’emissione e la concentrazione d’inquinanti nell’aria, se da un lato sono certamente collegate
a fenomeni di scala nazionale ed extra-nazionale, dall’altro mostrano
una rilevante variabilità locale che è legata a scelte economico–produttive oltre che ad aspetti sociali e ad altre componenti ambientali.
In questa prospettiva, la lotta all’inquinamento e la prevenzione dei
rischi per la salute sono intimamente legate e costituiscono sicuramente una priorità da perseguire a livello locale, nazionale e internazionale, attraverso politiche mirate che sappiano trovare il giusto
equilibrio tra il rispetto dei parametri di stabilità economica e i costi
per la collettività derivanti dall’impatto degli inquinanti sulla salute; esse rappresentano inoltre, allo stesso tempo, anche un impegno
che coinvolge tutti, sia a livello istituzionale, sia a livello di singoli
cittadini. In questo senso, sono molto promettenti i recenti sviluppi
tecnologici (APP su smartphone), che consentono i contributi della
cittadinanza attiva al monitoraggio della qualità dell’aria.
Valutazione economica degli effetti sanitari
dell’inquinamento atmosferico:
la metodologia dell’EEA
- atti workshop Taranto 23/24 luglio 2012 -
a cura di Giorgio Assennato
VALUTAZIONE ECONOMICA DEGLI EFFETTI
SANITARI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO:
LA METODOLOGIA DELL’EEA
ATTI DEL WORKSHOP DI TARANTO,
23/24 LUGLIO 2012
a cura di Giorgio Assennato
Ledizioni
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Via Alamanni, 11 – 20141 Milano – Italy
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Valutazione economica degli effetti sanitari dell’inquinamento
atmosferico: la metodologia EEA
Prima edizione: settembre 2015
ISBN cartaceo 978-88-6705-330-8
Copertina e progetto grafico: ufficio grafico Ledizioni
Indice
PREFAZIONE7
di Luca Marchesi
INTRODUZIONE9
di Giorgio Assennato
VALUTAZIONE ECONOMICA DEGLI EFFETTI SANITARI
DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO:
LA METODOLOGIA DELL’EEA E SUO INQUADRAMENTO
GIURIDICO – NORMATIVO 15
di Antonio Felice Uricchio OVERVIEW DEL RAPPORTO TECNICO N.15/2011
DELL’EEA “REVEALING THE COSTS OF AIR POLLUTION
FROM INDUSTRIAL FACILITIES IN EUROPE” 33
di Francesco Cuccaro
LE EMISSIONI: IL REGISTRO E-PRTR 45
di Riccardo De Lauretis e Andrea Gagna
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
AGLI OUTCOME SANITARI51
di Ennio Cadum e Paolo Lauriola
VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI
COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
75
di Bruno Notarnicola, Giuseppe Tassielli, Pietro A. Renzulli
CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE
DELL’ESPOSIZIONE97
di Domenico Maria Cavallo
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO SANITARIO
DA INQUINAMENTO ATMOSFERICO:
IL CASO DI TARANTO111
di Paola Biasi
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI
DELLE BONIFICHE IN TERMINI ECONOMICI:
ESEMPI DALLA CAMPANIA E DALLA SICILIA 127
Carla Guerriero
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO
SANITARIO ED ECONOMICO: UNA LETTURA CRITICA
DELLE ESPERIENZE DISPONIBILI
147
di Francesco Forastiere
VALUTAZIONI INTEGRATE DI IMPATTO
E APPROCCIO FULL CHAIN
di Fabrizio Bianchi
163
PREFAZIONE
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, durante l’Health Assembly conclusasi nel maggio di quest’anno a Ginevra, ha riconosciuto l’inquinamento atmosferico come il rischio più grave oggi presente in materia di salubrità dell’ambiente.
E nonostante il report “Air pollutant emissions declining, but still
above limits” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente evidenzi un
trend in diminuzione delle emissioni dal 1990 al 2013, non può
tacersi il fatto che vari Paesi europei hanno ancora valori ampiamente superiori a quelli indicati dalla Comunità Europea1.
Nell’Unione Europea, la scarsa qualità dell’aria è la prima causa
ambientale di morte prematura e presenta un costo in termini di
vite umane più elevato di quello degli incidenti stradali. L’inquinamento dell’aria è causa, inoltre, di perdita di giorni di lavoro e di
elevati costi sanitari e sociali, poiché colpisce in misura maggiore le
fasce di popolazione più vulnerabili (bambini, anziani, asmatici). La
Commissione Europea stima che il costo diretto dell’inquinamento
atmosferico per la società nel suo complesso ammonti a circa 23 miliardi di euro l’anno. Le esternalità legate al solo impatto sulla salute
sono stimate intorno ai 940 miliardi di euro (il 9% del Pil dell’UE)2.
L’emissione e la concentrazione d’inquinanti nell’aria, se da un
lato sono certamente collegate a fenomeni di scala nazionale ed
extra-nazionale, dall’altro mostrano una rilevante variabilità locale che è legata a scelte economico–produttive oltre che ad aspetti
sociali e ad altre componenti ambientali.
In questa prospettiva, la lotta all’inquinamento e la prevenzione
dei rischi per la salute sono intimamente legate e costituiscono sicuramente una priorità da perseguire a livello locale, nazionale e
internazionale, attraverso politiche mirate che sappiano trovare
il giusto equilibrio tra il rispetto e la non violazione dei parametri
di stabilità economica e i costi per la collettività derivanti dall’impatto degli inquinanti sulla salute; esse rappresentano inoltre, allo
stesso tempo, anche un impegno che tutti dobbiamo assumerci.
http://www.eea.europa.eu
1
2
Europe Climate Fundation
Su questo, come Agenzie regionali per la protezione dell’Ambiente - dopo alcuni anni in cui, a valle del Referendum del 1993 e della
legge 61/94 (che davano finalmente autonomia ai temi di tutela
ambientale con l’istituzione di specifiche Agenzie regionali a ciò
dedicate), come “effetto collaterale” si è un po’ trascurato l’approccio integrato a temi ambientali e temi sanitari - siamo da diversi
anni, in forma singola ed associata, fortemente impegnate. E questo impegno potrà trovare un ulteriore rilancio nella fase di riordino istituzionale che attende il nostro Paese e il Sistema Nazionale
di Protezione Ambientale costituito da ISPRA e dalle ARPA/APPA.
In particolare, l’approvazione del ddl n. 1458 di riforma organica
del Sistema delle Agenzie è una grande opportunità per avere finalmente un Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente all’altezza
dei tempi e delle complesse sfide globali che si pongono oggi davanti al nostro Paese in termini di ambiente, salute e qualità della vita.
La formalizzazione del «Sistema a rete» costituito da ISPRA e dalle ARPA/APPA, è un risultato istituzionale estremamente positivo,
in quanto ne sancisce formalmente l’esistenza e in quanto, in un
periodo storico contraddistinto da operazioni di “razionalizzazione” della P.A. di natura “riduttiva”, viene riaffermata la centralità e
la non fungibilità degli Organismi tecnici deputati alla protezione
dell’Ambiente.
In quest’ottica, il sistema delle Agenzie sarà più forte, autorevole, indipendente. Non solo ciò permetterà di conseguire una maggiore identità e consapevolezza del ruolo e delle azioni proprie
del Sistema e costituirà una solida base di programmazione per le
attività, ma sarà uno dei costituenti principali del nuovo assetto
regolamentare della tutela ambientale e conseguentemente della
prevenzione dei rischi per la salute3.
Un sistema siffatto potrà e dovrà trovare nello studio del rapporto tra qualità dell’ambiente, diritto alla salute e condizioni socioeconomiche uno dei propri grandi scenari di riflessione e di sviluppo, anche in termini di supporto alle decisioni di policy.
Un’occasione unica per porci finalmente come sistema pubblico all’altezza della complessità del nostro tempo; una sfida estremamente impegnativa e assolutamente decisiva, di cui le Agenzie
sono e vogliono essere protagoniste.
Luca Marchesi
Direttore Generale ARPA Friuli Venezia Giulia
Presidente AssoArpa
Piano Triennale 2014-2016 approvato Consiglio Federale del Sistema Nazionale
di Protezione dell’Ambiente il 30/6/2014
3
INTRODUZIONE
Correva l’anno 2011: a fine novembre, per il terzo anno consecutivo, ILVA organizzò un evento speciale nell’auditorium dello
stabilimento di Taranto, per presentare il rapporto aziendale su
ambiente e sicurezza. Anche quell’anno fui invitato a tenere una
breve presentazione in rappresentanza dell’ente regionale di controllo ambientale, ARPA Puglia. Anche in quella occasione, destinata ad essere l’ultima, si trattò di un evento importante. L’anno
precedente, il 2010, c’era stata la presenza straordinaria della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia e del presidente della
regione Puglia Nichi Vendola. Anche nel 2011 il programma prevedeva il saluto di un rappresentante della proprietà (di solito Fabio Riva), l’introduzione da parte del direttore dello stabilimento,
il breve intervento dei rappresentanti di una serie di istituzioni
locali e nazionali (INAIL, ASL, Federacciai, ARPA) e la conclusione da parte di un dirigente ILVA. Il mio intervento era sempre un
controcanto rispetto alla trionfalistica narrazione aziendale ed
era quindi sempre compresso tra l’introduzione e le conclusioni,
in modo tale che ILVA potesse comunque rispondere ad eventuali
mie critiche sulla gestione ambientale dello stabilimento. Anche
quell’anno iniziai il breve intervento dando atto di alcuni sviluppi positivi, come ad esempio il buon risultato nell’ ultima campagna sulle diossine al camino E312 dell’impianto di agglomerazione
(0.2ng/Nm3 ), ma evidenziavo il problema delle polveri inalabili
(PM10) dovute ai parchi minerali e del benzo(a)pirene dovuto alle
emissioni fuggitive delle cokerie. Poi, alla fine, terminai con lo scoop: presentai i dati della European Environmental Agency (EEA) sui
costi economici degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico di origine industriale che collocava ILVA al 52esimo posto su
622 stabilimenti industriali1 (tabella 1). Il rapporto EEA era stato
EEA European Environment Agency. Revealing the costs of air pol­lution from
industrial facilities in Europe (EEA technical Report n .15/2011). Luxembourg: Pu1
10 VALUTAZIONE ECONOMICA DEGLI EFFETTI SANITARI
DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO: LA METODOLOGIA DELL’EEA
pubblicato da meno di una settimana e non era quindi noto ai dirigenti ILVA che non seppero come ribattere alle mie slides. Il giorno dopo, alcuni quotidiani tarantini (Corriere del Giorno e Nuovo
Quotidiano) riportarono la notizia da me fornita. La complessità
della procedura e la rilevanza sociale dei dati non rendono facile
la comprensione dei meccanismi tecnici alla base della valutazione comparativa. Una qualche ambiguità era comunque intrinseca ai dati stessi. Ad esempio, nel rapporto 2009 erano calcolati i
danno economici dovuti alla CO2 (gas serra privo di effetti sanitari
locali) pur essendo totalmente differente il calcolo dei costi economici rispetto agli inquinanti locali che hanno un effetto diretto
misurabile sulla salute. Di qui l’esigenza di un convegno che fosse
in grado di chiarire gli aspetti metodologici del procedimento e
di definire comunque l’utilità ai fini preventivi di un approccio
complesso multidisciplinare. Al convegno parteciparono giuristi
(come il Rettore dell’Università di Bari, prof. Antonio Uricchio),
economisti, statistici, tossicologi, epidemiologi di diverse istituzioni. Il numeroso pubblico seguì attentamente i difficili interventi
presentati integrandoli con interessanti osservazioni e quesiti.
Nel 2014 l’EEA ha pubblicato i dati del quinquennio 2008-2012
molto più informativi rispetto ai dati del solo 2009, anno caratterizzato dalla grave recessione economica. Purtroppo, però, l’EEA
ha pubblicato soltanto i dati complessivi, senza distinguere il contributo della CO2 (in tabella 2, i dati relativi agli stabilimenti pugliesi, tratti dai due rapporti EEA).1,2
Recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’OCSE
hanno pubblicato un rapporto dal titolo “ Economic cost of the health impact of air pollution in Europe” in cui si calcola che il costo
economico annuo sarebbe pari a 1575 miliardi di dollari! Pur essendo il contributo delle emissioni industriali modesto rispetto
all’impatto del traffico e dell’inquinamento domestico è comunque evidente che negli hotspot sottoposti all’impatto di sorgenti
industriali inquinanti è doveroso effettuare interventi coraggiosi
di risanamento della qualità dell’aria.3
blications Office of the European Union; 2011. http://www.eea.europa.eu/media/
publications/cost-of-air-pollution
EEA European Environment Agency. Costs of air pollution from European
industrial facilities 2008–2012
— an updated assessment. Luxembourg: Publications Office of the European Union,
2014. http://www.eea.europa.eu/publications/costs-of-air-pollution-2008-2012
2
3
WHO Regional Office for Europe, OECD. Economic cost of the health impact
INTRODUZIONE11
L’utilizzazione delle procedure non è ancora entrata nella routine delle autorizzazioni ambientali , ma si sono fatti numerosi passi
in avanti, dimostrati dal convegno di Brindisi del 2014 del sistema
agenziale su ambiente e salute nelle autorizzazioni ambientali, dal
progetto CCM sulla Valutazione integrata ambientale e sanitaria
(VIIAS) affidato alla regione Emilia-Romagna e alle linee-guida sulla VIIAS recentemente approvate dal Consiglio Federale del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (ISPRA/ARPA/APPA). Se si
pensa che sino a qualche anno fa la tematica ambiente-salute era
completamente ignorata ai massimi livelli istituzionali, si può pienamente comprendere la grande crescita culturale che per merito
di tutti (istituzioni, associazioni, imprese) si è determinata su una
tematica che è di cruciale importanza per assicurare le auspicate
integrazioni tra lavoro e ambiente, tra occupazione e salute.
Giorgio Assennato
Direttore Generale ARPA Puglia
of air pollution in Europe: Clean air, health and wealth. Copenhagen: WHO Regional Office for Europe, 2015.
http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0004/276772/Economic-cost-health-impact-air-pollution-en.pdf?ua=1
12 VALUTAZIONE ECONOMICA DEGLI EFFETTI SANITARI
DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO: LA METODOLOGIA DELL’EEA
Tabella 1. Costi aggregati dei danni sanitari correlati alle emissioni di
sostanze inquinanti dei principali stabilimenti pugliesi, in termini di valore
degli anni di vita persi (Value of a life year, VOLY)e di valore della vita statistica (Value of statistical life, VSL), espressi in milioni di euro. Posizione (rango)
occupata nella graduatoria degli stabilimenti europei. Anno 2009.
COSTI AGGREGATI
TOTALI DI DANNO
SANITARIO
(MILIONI DI €)
RANGO STABILIMENTO
COSTI AGGREGATI DI
DANNO SANITARIO
ESCLUDENDO IL
CONTRIBUTO DI CO2
(MILIONI DI €)
CITTÀ
LOW
VOLY *
HIGH
VSL *
LOWVOLY *
HIGH VSL *
18
CENTRALE TERMOELETTRICA
FEDERICO II
BRINDISI
536
707
99
270
52
ILVA S.P.A.
TARANTO
283
463
103
283
CENTRALI TERMOTARANTO
ELETTRICHE
229
282
30
83
80
259
ENIPOWER S.P.A.
BRINDISI
82
92
6
17
330
CENTRALE TERMOELETTRICA
BRINDISI
66
89
13
36
544
ENI S.P.A. DIVISIONE REFINING
& MARKETING
RAFFINERIA
TARANTO
40
66
15
41
586
COLACEM S.P.A. –
CEMENTERIA
GALATINA
37
67
17
47
* Il range low-high mostra i differenti risultati ottenuti utilizzando i due approcci alternativi per la valutazione degli effetti sulla mortalità: il VOLY esprime la
contrazione dell’aspettativa di vita (espressa come anni di vita persi), mentre il
VSL esprime il numero di morti in eccesso associate a una data esposizione a inquinanti.
INTRODUZIONE13
Tabella 2. Costi aggregati dei danni sanitari correlati alle emissioni di sostanze inquinanti dei principali stabilimenti pugliesi, in termini di valore degli
anni di vita persi (Value of a life year, VOLY)e di valore della vita statistica (Value of statistical life, VSL), espressi in milioni di euro. Posizione (rango) occupata
nella graduatoria degli stabilimenti europei, anno 2009 e anni 2008-2012.
2009
2008-2012
COSTI AGGRECOSTI AGGREGATI
GATI TOTALI DI
TOTALI DI DANNO
DANNO
SANITARIO
SANITARIO
RANGO
RANGO
(MILIONI DI €)
(MILIONI DI €)
STABILIMENTO
CITTÀ
CENTRALE TERMOELETTRICA
FEDERICO II
BRINDISI
ILVA S.P.A.
CENTRALI TERMOELETTRICHE
LOW
VOLY *
HIGH
VSL *
LOW
VOLY *
HIGH
VSL *
18
536
707
33
1356
2940
TARANTO
52
283
463
29
1416
3617
TARANTO
80
229
282
176 1
373 1
695 1
268 2
229 2
386 2
(EDISON SPA)
CENTRALE TERMOELETTRICA
(TARANTO ENER- TARANTO
GIA, EX EDISON
SPA)
ENIPOWER S.P.A.
BRINDISI
259
82
92
408
143
202
CENTRALE TERMOELETTRICA
BRINDISI
330
66
89
340
178
398
ENI S.P.A. DIVISIONE REFINING
& MARKETING
RAFFINERIA
TARANTO
544
40
66
351
173
446
COLACEM S.P.A. –
GALATINA
CEMENTERIA
586
37
67
581
94
219
774
68
227
ENIPOWER S.P.A.
TARANTO
* Per la stima degli indicatori VOLY/VLS correlati alle emissioni 2008-2012 di CO2
è stato applicato rispettivamente un costo di 9,5€/38,1€ per tonnellata di CO2, per
i dati 2009 è stato applicato un costo di 33,6€ per tonnellata per entrambi gli indicatori.
1. anni 2008-2010 (EDISON SPA)
2. anni 2011-12 (TARANTO ENERGIA, ex EDISON)
VALUTAZIONE ECONOMICA DEGLI EFFETTI
SANITARI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO:
LA METODOLOGIA DELL’EEA E SUO
INQUADRAMENTO GIURIDICO – NORMATIVO
ANTONIO FELICE URICCHIO *
I principi del diritto comunitario dell’ambiente
In ambito comunitario, nell’intento di contenere i danni ambientali e addossare gli effetti dannosi collegati a condotte inquinanti su chi le pone in essere, è stato da tempo introdotto il principio “chi inquina paga” in qualche modo fondamento dell’intero
diritto comunitario dell’ambiente. In forza di tale principio l’attività imprenditoriale viene responsabilizzata attraverso l’accollo,
in capo allo stesso autore, degli oneri collettivi relativi a interventi di disinquinamento di situazioni di degrado ambientale.
L’azione inquinante si traduce così in un costo aziendale, tanto
più elevato, quanto maggiore è il danno producibile.
Espresso, per la prima volta, dalla Dichiarazione sull’ambiente umano, approvata il 16 giugno 1972 dai Capi delle centodieci delegazioni partecipanti alla Conferenza dell’ONU tenutasi
a Stoccolma, il principio del “chi inquina paga” ha ispirato l’evoluzione della disciplina comunitaria in materia ambientale, legittimando strumenti riparatori-risarcitori e prelievi sia
* Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Relazione presentata presso la sede del Dipartimento Jonico in Sistemi Giuridici ed Economici del
Mediterraneo: società, ambiente, culture - Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
16
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
extratributari1 che tributari2 commisurati agli effetti dell’inquinamento prodotto o agli esborsi da sopportare per eliminare i
predetti effetti3.
Nel Programma d’azione per la protezione dell’ambiente del 17
aprile 1973, la Commissione europea, ha stabilito che “qualsiasi
spesa connessa alla prevenzione e all’eliminazione delle alterazioni
ambientali è a carico del responsabile”, introducendo una sorta di
responsabilità oggettiva a carico di chi ha il controllo dell’attività
all’origine del danno.
Con la firma, nel 1992, da parte degli Stati membri e l’entrata
in vigore il primo novembre del 1993 del Trattato di Maastricht
sull’Unione Europea, e successivamente del Trattato di Amsterdam, la protezione ambientale venne elevata a politica dell’UE,
riconoscendole un ruolo integrato con le altre politiche ed addirittura prioritario. Il Trattato modifica sostanzialmente il titolo VII
dell’Atto unico europeo, introdotto solamente cinque anni prima,
e gli articoli 2 e 3, ma in generale apporta modifiche a tutte le disposizioni in materia di tutela ambientale4. Il titolo VII dell’Atto
Si veda R. ALFANO, L’Emission Trading Scheme: applicazione del principio “chi
inquina paga”, positività e negatività rispetto al prelievo ambientale, in Innovazione e
diritto, 2009, 5, 1 ss.
1
Si veda F. OSCULATI, La tassazione ambientale, Padova, 1979; F. AMATUCCI,
Le fondamenta costituzionali della tassazione ambientale, Napoli, 1993; F. GALLO –
F. MARCHETTI, I presupposti della tassazione ambientale, in Rass. trib., 1999, 115 ss.;
E. LA SCALA, I principi fondamentali in materia tributaria in seno alla costituzione
dell’Unione Europea, Milano, 2005, 319 ss.; R. PIGNATONE, Agevolazioni su imposte
ambientali ed aiuti di Stato, in M. INGROSSO (a cura di), Agevolazioni fiscali e aiuti
di Stato, Napoli, 2009, 747 ss.; R. PERRONE CAPANO, L’imposizione e l’ambiente, in
A. AMATUCCI (a cura di), Trattato di diritto tributario, Padova, IV, 1994, 449 ss.; F.
PICCIAREDDA – P. SELICATO, I tributi e l’ambiente, Milano, 1996; R. ALFANO, L’applicazione di tributi ambientali nel nuovo contesto della finanza regionale, in Tributimpresa, 2005, 3, 17 ss.; D. SQUILLANTE, Fiscalità ecologica: dai tributi con finalità
ambientali extrafiscali ai tributi ambientali in senso stretto. L’imposta regionale sulle
emissioni sonore, in Innovazione e diritto, 2007, numero speciale, 105 ss.; L. ANTONINI (a cura di), L’imposizione ambientale nel quadro del nuovo federalismo fiscale,
Napoli, 2010; C. BUZZACCHI, La solidarietà tributaria. Funzione fiscale e principi costituzionali, Milano, 2011, 208 ss.
2
Per note dottrinali sul principio del “chi inquina paga” si veda P. SELICATO,
Imposizione fiscale e principio “chi inquina paga”, in Rass. trib., 2005, 4, 1157 ss.; C.
VERRIGNI, La rilevanza del principio comunitario “chi inquina paga” nei tributi ambientali, in Rass. trib., 2003, 5, 1614 ss.; F. M. PALOMBINO, Il significato del principio
“chi inquina paga” nel diritto internazionale, in Riv. giur. ambiente, 2003, 5, 871 ss.
3
L’articolo 2 dispone infatti “La Comunità ha il compito di promuovere nell’insieme della Comunità, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione delle politiche comuni, di
cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato, e sostenibile, delle attività economiche, un elevato livello di protezione ed occupazione sociale, la parità
4
ANTONIO URICCHIO17
unico europeo, attualmente titolo XIX, è stato modificato ed ampliato proprio con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht
nonché, a partire dal 1° maggio 1999, del successivo Trattato di Amsterdam5. È stato, infatti, inserito un apposito titolo denominato
Ambiente, in cui si disciplina la politica comunitaria in tale settore, fissando, insieme al principio di sussidiarietà, gli obiettivi della
salvaguardia, della protezione e del miglioramento dell’ambiente,
della protezione della salute umana, dell’utilizzazione accorta e
razionale delle risorse naturali6. Nel tentativo di perseguire i richiamati obiettivi, il principio “chi inquina paga” viene raccordato con
quello “la prevenzione paga”, che anticipa la tutela promuovendo
sviluppo di tecnologie pulite ed il risparmio di risorse scarse ed
energia. Il collegamento tra i due principi non è peraltro casuale;
il principio «chi inquina paga» opera, infatti, come strumento per
“finanziare” (attraverso l’individuazione del soggetto su cui deve
gravare l’onere economico) non solo le misure riparatorie o ripristinatorie ma anche quelle precauzionali e di tutela preventiva7.
tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado
di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di
protezione dell’ambiente, ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo, il miglioramento della qualità e del tenore della vita, la coesione economica e sociale,
e la solidarietà tra Stati membri”. L’articolo 3 a sua volta dispone: “ai fini enunciati
all’articolo 2, l’azione della comunità comporta, alle condizioni e secondo il ritmo
previsti dal Trattato: h) il riavvicinamento delle legislazioni nazionali nella misura necessaria al funzionamento del mercato comune; l) una politica nel settore
dell’ambiente; n) la promozione della ricerca e dello sviluppo tecnologico”.
Il testo del Trattato recepito in Italia dalla legge 16 giugno 1998 n. 209, introduce tra le innovazioni principali l’articolo 12 (ex articolo 6) ai sensi del quale
l’unione si basa sui principi di democrazia, libertà, rispetto dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali, l’accrescimento dei poteri del parlamento europeo,
mediante l’aumento dei casi di applicazione dei poteri di codecisione, l’introduzione del principio di trasparenza, ed un aumento delle competenze degli organi
comunitari in materia di libera circolazione delle persone e delle politiche sociali.
5
Cfr. G. ROSSI, Diritto dell’ambiente, Torino, 2008, 35 ss.; R. ROTA, Profili di diritto comunitario dell’ambiente, in P. DELL’ANNO – E. PICOZZA, Trattato di diritto
dell’ambiente, vol. 1, Principi generali, Padova, 2012, 151 ss.
6
I principi di prevenzione e di precauzione trovano origini nell’ordinamento internazionale. La dichiarazione ministeriale di Bergen sullo sviluppo sostenibile del
16 maggio 1990, al par. 7, stabilisce, ad esempio: «Al fine di raggiungere lo sviluppo sostenibile, le politiche devono essere fondate sul principio di precauzione. (…) In caso di rischio
di danni gravi o irreversibili, la mancanza di un’assoluta certezza scientifica non deve
costituire un pretesto per rimandare l’adozione di misure per prevenire il degrado ambientale». Il principio di precauzione è stato poi esplicitamente riconosciuto dalla Conferenza di Rio de Janeiro nel 1992, e figura nella Dichiarazione di Rio con la ben nota
formulazione del principio 15: «Per proteggere l’ambiente, gli Stati debbono applicare
intensamente misure di precauzione a seconda delle loro capacità. In caso di rischio di
danni gravi o irreversibili, la mancanza di un’assoluta certezza scientifica non deve co7
18
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
Nel trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, viene compiuto un ulteriore passo in avanti, esprimendo a chiare lettere il principio dello sviluppo sostenibile dell’Europa nel quadro
di un elevato livello di tutela e miglioramento qualitativo dell’ambiente. Particolare attenzione deve essere riservata all’art. 191 del
Trattato in forza del quale “la politica dell’Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: a) salvaguardia,
tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente, b) protezione della
salute umana, c) utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali,
d) promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i
problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a
combattere i cambiamenti climatici”. Nella stessa disposizione trovano una felice sintesi i principi che hanno accompagnato l’evoluzione della normativa comunitaria in materia ambientale quali quelli
della precauzione, dell’azione preventiva, del principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, e
del principio «chi inquina paga».
Invero, come emerge dalla disciplina del trattato, il collegamento
tra qualità dell’ambiente e tutela della salute umana è strettissimo.
La politica ambientale dell’Unione si è peraltro fortemente caratterizzata nell’attenzione per i danni alla salute provocati da inquinamento atmosferico come dagli altri tipi di inquinamento (acque,
rifiuti, ecc.). Rimozione degli effetti dell’inquinamento, prevenzione dei rischi e riparazione dei danni appaiono, dunque, obbiettivi
fondamentali e imprescindibili di qualunque politica ambientale.
Per evitare o ridurre (recte: minimizzare) il rischio ambientale
(inteso come probabilità che si abbia un danno in seguito all’esposizione ad un pericolo ambientale) e quindi per evitare o ridurre
possibili danni ambientali, si rende necessario acquisire ed analizzare complesse informazioni al fine di determinare se esista una
relazione causale tra un agente inquinante ed effetti negativi (adverse effects) sull’ecologia e/o la salute umana8. Tali indagini sono
stituire un pretesto per rimandare l’adozione di misure efficienti in rapporto al loro costo
volte a prevenire il degrado ambientale». Sul principio di precauzione nella dottrina,
si veda ampiamente, G. SCHERILLO, Sul principio di precauzione nella scienza e nella
tecnica dubbi e certezze in Dir. e gestione dell’ambiente, 2001; D. AMIRANTE, Il principio
precauzionale fra scienza e diritto. Profili introduttivi in Dir. e gestione dell’ambiente,
2001, 18, ss.; S. GRASSI, Prime osservazioni sul principio di precauzione come norma di
diritto positivo in Dir. e gestione dell’ambiente, 2001, 37, ss.; M.C. NANNA, Principio di
precauzione e lesioni da radiazioni non ionizzanti, Napoli, 2003; P. SAVONA, Il principio di precauzione e il suo ruolo nel sindacato giurisdizionale sulle questioni scientifiche
controverse, disponibile su www.federalismi.it, 28 dicembre 2011.
Nel processo di analisi del rischio vengono utilizzate competenze multidisciplinari: chimica, biologia, geologia, tossicologia, epidemiologia per tutte le attività
8
ANTONIO URICCHIO19
peraltro assunte a base di politiche di regolamentazione e di risanamento.
Per gestire il rischio ambientale - una variabile largamente usata per mitigare e controllare gli effetti avversi d’interesse sanitario
associabili ad attività antropiche - si è fatto ricorso al concetto di
precauzione inteso come adozione preventiva di interventi cautelativi finalizzati a compensare l’incertezza che affligge le valutazioni scientifiche9. Il principio di precauzione è finalizzato ad assicurare un alto livello di protezione alla salute umana ed all’ambiente,
in caso di un rischio individuato da una preliminare valutazione
scientifica obiettiva: la valutazione scientifica obiettiva del rischio
(di un danno grave e irreversibile, di pericolosità o meno di certi
prodotti o tecnologie e così via) consente di esprimere una prognosi
possibilmente univoca e di gestire il rischio analizzato, scegliendo
di adottare i risultati della ricerca, ovvero di discostarsi dagli stessi.
La funzione preventiva è stata positivizzata nell’ordinamento italiano dall’art. 301, comma 1 del Codice dell’Ambiente (d. lgs
n. 152/2006) secondo cui “in caso di pericoli, anche solo potenziali,
per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto
livello di protezione.”; il successivo comma specifica la nozione di
“rischio” che deve “essere individuato a sèguito di una preliminare
valutazione scientifica obiettiva.”. In caso di emersione del suddetto
rischio spetterà all’operatore interessato segnalare senza indugio la
situazione alle competenti Autorità (Comune, Provincia, Regione
nonché il Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell’ambiente) ed adottare, a proprie
spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza. Il
Ministero dell’ambiente, anche prescindendo da detta segnalazione può chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi
minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale
minaccia imminente; ordinare all’operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le
metodologie da seguire; adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie (art. 304, d. lgs n. 152/2006).
di analisi di laboratorio e studi sul campo; chimica, biologia, medicina, statistica,
scienza politica ecc. nella fase di valutazione del rischio; economia, politica, diritto, etica nella fase di controllo del rischio.
Per una recente applicazione del principio di precauzione concernente la presunta nocività sia all’ambiente sia alla salute umana di additivi metallici nei combustibili si veda Corte di Giustizia CE, sez. IV, 8 luglio 2010, n. 343 con nota di A.
GRATANI, L’inquinamento atmosferico dall’utilizzo di additivi metallici nei veicoli:
tra dubbi e ricerca continua di dati scientifici attendibili, in Riv. giur. ambiente, 2011,
1, 187 ss.
9
20
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
Fra i principali strumenti attuativi del principio di precauzione possono essere ricordate la Valutazione Ambientale Strategica
(VAS), la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA): procedure che, fermo restando il
rispetto delle norme di qualità ambientale, basano sulla valutazione scientifica delle singole attività la possibilità di condizionare le
autorizzazioni alla prescrizione di ulteriori iniziative finalizzate a
garantire una maggior protezione della salute e dell’ambiente.
Tuttavia, una volta che il danno ambientale si sia prodotto,
l’ordinamento italiano privilegia le forme di tutela ripristinatorie dello stato della risorsa alle misure risarcitorie. In caso di “deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una
risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”10, spetterà
all’operatore porre in essere forme di ripristino concordate con il
Ministero dell’Ambiente. Solo in subordine a tali misure di risarcimento in forma specifica è previsto il risarcimento per equivalente patrimoniale.
Dal punto di vista soggettivo, la responsabilità per danno ambientale era imputata ai sensi dell’art. 18 della legge n. 349/1986
all’autore del “fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di
legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta
l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o
distruggendolo in tutto o in parte”. Si profilava, così, una responsabilità aquiliana per l’autore dell’illecito in capo al quale sorgeva
una obbligazione di risarcimento nei confronti dello Stato. A livello comunitario, invece, la Direttiva 2004/35/CE ha introdotto un sistema di imputazione della responsabilità differenziato a
seconda che le attività professionali esercitate11 fossero ritenute o
meno ad alto rischio: nel primo caso la responsabilità dell’autore
parrebbe essere di tipo oggettivo, nel secondo una responsabilità
a titolo di dolo o colpa. Il legislatore italiano, invece, sembrerebbe non aver preso una chiara posizione in merito visto che l’art.
311 del d. lgs n. 152/2006 stabilisce che “Chiunque realizzando un
fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con
violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme
tecniche, arrechi danno all’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o
10
Cfr. art. 300, comma 1, d. lgs 152/2006.
Ai sensi dell’art. 2, par. 7 della Direttiva 2004/35/CE “per attività professionale” deve
intendersi “qualsiasi attività svolta nel corso di un’attività economica, commerciale o
imprenditoriale, indipendentemente dal fatto che abbia carattere pubblico o privato o
che persegua o meno fini di lucro”.
11
ANTONIO URICCHIO21
distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato all’effettivo ripristino
a sue spese della precedente situazione…”12.
La Commissione Europea, negli anni, rilevato che la valutazione degli effetti sulla salute non costituiva un elemento particolarmente importante nella prassi in uso, invitava gli Stati membri, ad
adottare un approccio più sistematico. È stato così formalizzato il
concetto di VIS (valutazione di impatto sanitario – health impact
assestement) nella Carta di Consenso di Goteborg del 1999, sulla
base di studi affidati ad un gruppo di esperti dall’Organizzazione
mondiale per la sanità. Lo scopo principale della VIS è quello di
migliorare le informazioni che supportano i processi decisionali
che hanno luogo al di fuori del settore sanitario, chiarendone le
possibili future conseguenze per la salute sia della popolazione in
generale che di gruppi specifici, e dando la possibilità di attuare
eventuali modifiche o accorgimenti atti a mitigare o evitare eventuali effetti negativi. La VIS prevede anche un processo di coinvolgimento esplicito dei diversi attori interessati dalle decisioni
oggetto della valutazione, ed è utilizzata in maniera crescente in
ambito internazionale e nazionale, dove va ad affiancarsi o ad integrare altri processi di valutazione critica, quali le valutazioni di
impatto ambientali, le valutazioni di impatto strategiche, quelle
di impatto sociale, o di sostenibilità.
La VIS è stata, infatti, adottata dal piano sanitario strategico europeo a partire dal 2001 e quindi ripresa anche da paesi extraeuropei
(Canada, Nuova Zelanda).
In questo quadro si inserisce oggi anche la legge della Regione
Puglia n. 21 del 24 luglio 2012 sulla Valutazione del danno sanitario
(VDS) e così rubricata: “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e
del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi
già dichiarate ad elevato rischio ambientale”. Dopo alcune esperienze di alcuni enti locali (comune di Forlì, provincia di Firenze), la
Regione ha promosso l’utilizzo dello strumento sia per valutare gli
effetti sulla salute di nuove attività produttive potenzialmente inquinanti, sia attività economiche in essere (c.d. VIS retrospettiva).
Senza scendere sul terreno tecnico, deve ritenersi che la VIS consiste in un processo di valutazione degli effetti sulla salute dell’inquinamento attraverso gli strumenti dell’epidemiologia e della
tossicologia ma anche della sociologia e dell’economia.
12
Cfr. G. ROSSI, Diritto dell’ambiente, Torino, 2008, 108.
22
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
Valutazione di impatto sanitario,
tutela dell’ambiente e della salute
ed informazioni ambientali (E-PRTR)
E’ di tutta evidenza come la valutazione di impatto ambientale presuppone l’acquisizione di idonei elementi conoscitivi sia al
fine di delimitare l’estensione dei danni possibili, sia delle produzioni inquinanti. Uno strumento operativo di fondamentale importanza ai fini di una compiuta analisi del rischio (sia la fase di
valutazione del rischio cd. risk assessment, sia la fase di controllo
del rischio c.d. risk management vale a dire la fase di formulazione
delle politiche di risposta al rischio) è indubbiamente il registro
integrato delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti
(Pollutant Release and Transfer Register - PRTR): uno strumento
efficace sotto il profilo dei costi per promuovere il miglioramento delle prestazioni ambientali, consentire al pubblico di accedere
alle informazioni sulle emissioni di sostanze inquinanti e sui trasferimenti fuori sito di rifiuti e sostanze inquinanti e per seguire
le evoluzioni in atto, dimostrando i progressi compiuti nella riduzione dell’inquinamento, controllando l’attuazione di determinati accordi internazionali, definendo le priorità e valutando i progressi realizzati attraverso le politiche e i programmi comunitari e
nazionali in materia ambientale.
La rilevanza della fase dell’acquisizione delle informazioni, del
monitoraggio, della valutazione degli effetti sulla salute è pienamente apprezzata e percepita nel Sesto programma comunitario
di azione in materia di Ambiente13 ove viene espressamente stabilita: la necessità di ridurre l’inquinamento a livelli tali che limitino
al minimo gli effetti nocivi per la salute umana, con particolare riferimento alle popolazioni sensibili, e per l’ambiente nel suo complesso,
di migliorare le attività di monitoraggio e valutazione della qualità
dell’aria, compresa la deposizione degli inquinanti, e di informare il
pubblico; considera, ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso, particolarmente importante combattere alla
fonte l’emissione di inquinanti nonché individuare e attuare le più
efficaci misure di riduzione delle emissioni a livello locale, nazionale e comunitario. Nello stesso documento, viene sottolineata allo
stesso tempo la necessità di incoraggiare l’offerta di informazioni
accessibili ai cittadini sulla situazione e sulle tendenze in materia
di ambiente nei settori sociale, economico e sanitario e di sensibilizzare il pubblico su tutte le tematiche ambientali.
Adottato con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 luglio 2002.
13
ANTONIO URICCHIO23
Considerando quanto innanzi, il Legislatore comunitario ha
adottato il regolamento n. 166/200614, con il quale ha istituito un
registro integrato delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti a livello comunitario (di seguito «PRTR europeo»), sotto forma
di banca dati elettronica accessibile al pubblico, e ne stabilisce le regole
di funzionamento onde attuare il protocollo UNECE sui registri delle
missioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (di seguito «protocollo») e onde facilitare la partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia ambientale nonché contribuire alla prevenzione e
alla riduzione dell’inquinamento ambientale (così l’art 1 del citato reg.
n. 166/2006).
I registri delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (Pollutant Release and Transfer Register - PRTR) sono uno strumento efficace sotto il profilo dei costi per promuovere il miglioramento delle prestazioni ambientali, consentire al pubblico di
accedere alle informazioni sulle emissioni di sostanze inquinanti e
sui trasferimenti fuori sito di rifiuti e sostanze inquinanti e per seguire le evoluzioni in atto, dimostrando i progressi compiuti nella
riduzione dell’inquinamento, controllando l’attuazione di determinati accordi internazionali, definendo le priorità e valutando i
progressi realizzati attraverso le politiche e i programmi comunitari e nazionali in materia ambientale.
Gli utenti hanno, infatti, la facoltà di accedere a informazioni
relative alle emissioni e ai trasferimenti dei complessi industriali
siti, ad esempio, nel proprio comune o paese, e possono raffrontarle con quelle di altri complessi siti in tutta Europa. È inoltre possibile accedere alle tendenze registrate nel corso degli anni. L’accesso
ai dati offre ai cittadini europei informazioni importanti in materia di tutela dell’ambiente e della salute e promuove azioni volte
a ridurre gli impatti ambientali15. Il registro fornisce, inoltre, alle
REGOLAMENTO (CE) N. 166/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO del 18 gennaio 2006 relativo all’istituzione di un registro europeo
delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti.
14
Sull’accesso all’informazione ambientale si veda in dottrina G. RECCHIA (a
cura di), Informazione ambientale e diritto di accesso, Padova, 2007; F. CARINGELLA,
Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2009, 938 ss; .L. R. PERFETTI (a cura di),
Corso di diritto amministrativo, Padova, 2008, 338 ss; R. CHIEPPA – R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011, 555 ss.; C. GIURDANELLA – C.
PUZZO, L’accesso ai documenti amministrativi, Milano, 2010, 84 ss.; G. CANGELOSI,
Tutela dell’ambiente e territorialità dell’azione ambientale, Milano, 2009, 22 ss.; M.
FRATINI – R. GIOVAGNOLI, Il diritto di accesso, Milano, 2008, 342 ss.; A. PIEROBON,
Diritto di informazione e di accesso ai documenti e diritto ambientale a raffronto, in
Azienditalia, 2008, 1, 42 ss.; R. CARIDÀ, Considerazioni in tema di accesso alle informazioni ambientali, in Federalismi.it – Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, 25 marzo 2009, 6 ss.
15
24
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
aziende la possibilità di offrire informazioni al pubblico e mostrare il proprio impegno a favore dell’ambiente, monitorando i dati
relativi all’inquinamento del loro settore. L’E-PRTR mira inoltre
a fornire ai governi, alle autorità competenti, ai legislatori e agli
scienziati una banca dati coerente e paneuropea sulle emissioni e
sui trasferimenti industriali. Sotto diverso profilo, un PRTR integrato e coerente fornisce al pubblico, all’industria, agli scienziati,
alle compagnie assicurative, agli enti locali, alle organizzazioni
non governative e agli altri responsabili in campo decisionale una
solida banca dati per i raffronti e per le decisioni future in campo
ambientale (così il reg n. 166/2006, considerando n. 4).
La riprova di quanto appena ricordato è data dal recente rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) (Revealing the
costs of air pollution from industrial facilities in Europe - EEA Technical report No 15/2011, che proprio avvalendosi dei dati contenuti nel Registro europeo delle emissioni (E-PRTR), definisce il
costo complessivo delle emissioni inquinanti da impianti industriali su salute e ambiente. Secondo il rapporto, i costi dei danni
alla salute e all’ambiente causati dall’inquinamento atmosferico
derivanti dai 10.000 più grandi impianti inquinanti in Europa
sono impressionanti: solo l’inquinamento atmosferico è, infatti,
costato nel 2009 in media circa 200-330 euro ad ogni cittadino
europeo. A ciò va aggiunto che la metà del costo totale stimato
dei danni (tra 51 e 85 miliardi di euro) è stato causato da solo 191
strutture (grandi centrali elettriche, raffinerie, impianti di produzione industriali).
Il rapporto dell’agenzia europea fornisce un elenco degli impianti che contribuiscono maggiormente a produrre i costi dei
danni alla salute e all’ambiente derivanti dall’inquinamento atmosferico di origine industriale. Come dichiarato dal direttore
esecutivo dell’EEA Jacqueline McGlade “i costi sono calcolati utilizzando i dati sulle emissioni indicate dagli stessi impianti” a cui
vanno evidentemente aggiunti quelli “nascosti di inquinamento”
spesso non stimati o rilevabili solo a distanza di anni dal momento in cui sono stati provocati (perché subiti dalle generazioni
future).
Paesi come Germania, Polonia, Regno Unito, Francia e Italia,
dove si trovano un elevato numero di strutture di grandi dimensioni, contribuiscono maggiormente a produrre tali costi. Tuttavia, quando i costi dei danni sono ponderati in un tentativo di
riflettere la produttività delle economie nazionali, l’ordinamento
dei paesi cambia in modo significativo. Le emissioni provenienti
ANTONIO URICCHIO25
da paesi come Bulgaria, Romania, Estonia, Polonia e Repubblica
Ceca sono quindi relativamente più importanti in relazione ai costi dei danni.
Il rapporto dimostra la forte connessione tra effetti degli agenti
inquinanti e danno alla salute umana. Gli inquinanti atmosferici primari emessi nel corso dei processi di combustione di qualsiasi natura (monossido e biossido di carbonio, i ossidi di azoto,
le polveri, l’anidride solforosa, diossina) provocano in particolare
alcune malattie sempre più diffuse come: cancro, disturbi del sistema immunitario, allergie e asma. Gli inquinanti primari, dopo
l’emissione, sono soggetti a processi di diffusione, di trasporto, di
deposizione e subiscono inoltre dei processi di trasformazione chimico - fisica che possono portare alla formazione degli inquinanti
secondari, spesso ancora più tossici.
Istituzione ed evoluzione dell’E-PRTR
La dichiarazione di Rio del 1992 ha dato un forte impulso al
monitoraggio e all’informazione ambientale. Proprio a seguito di
quanto convenuto in quella sede, fu avanzata e poi raccolta l’idea
di istituire una serie di inventari delle emissioni per offrire al pubblico l’accesso a informazioni sulle sostanze inquinanti. Nell’UE,
l’adozione di strumenti di informazione ambientale venne concretizzata per la prima volta nel 1996 grazie alla direttiva sulla
prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC),
cui seguì nel 2000 l’adozione della decisione della Commissione
in merito all’attuazione del Registro europeo delle emissioni inquinanti (EPER)16. Nel 1998 entrò in vigore la convenzione UNECE sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico
ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, conosciuta come Convenzione di Aarhus, volta ad assicurare al pubblico il diritto di accesso alle informazioni ambientali17. Nell’ambito della Convenzione, il 21 maggio 2003 venne
In tema di recepimento delle Direttive comunitarie in materia ambientale
nell’ordinamento italiano si veda G. MASTRODONATO, The implementation of EC
Directives in Italy: the Environmental Code and the Transversal Tools, in European
Energy and Environmental Law Review, 2010, 2, 80 ss
16
Sul tema si veda I. CASU, L’informazione ambientale nel diritto internazionale e
dell’Unione europea, in Studi sull’integrazione europea, 2010, 1, 177 ss.; A. TANZI – E.
FASOLI – L. IAPICHINO (a cura di), La convenzione di Aarhus e l’accesso alla giustizia
in materia ambientale, Padova, 2011; M. MACCHIA, La compliance al diritto amministrativo globale: il sistema di controllo della convenzione di Aarhus, in Riv. trim. dir.
pubbl., 2006, 3, 639 ss.
17
26
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
adottato, nel corso di una riunione straordinaria delle parti alla
convenzione di Aarhus, uno specifico protocollo sui registri delle
emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (PRTR), entrato in vigore a ottobre 2009.
L’obiettivo di tutti questi strumenti era sviluppare metodi che
garantissero una reale partecipazione dei cittadini alle questioni
ambientali, migliorando l’accesso del pubblico alle informazioni
in materia ambientale.
Al fine di consentire l’attuazione del protocollo PRTR, è stato istituito il Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) mediante il regolamento (CE)
n.166/2006, che risulta in alcuni casi più rigoroso del protocollo,
poiché richiede la comunicazione dei dati relativi a 5 sostanze inquinanti supplementari e impone il rispetto di soglie più severe
per altre 6 sostanze inquinanti. L’European Pollutant Release and
Transfer Register (E-PRTR) consente di accedere ai dati ambientali
inviati dai complessi industriali situati negli stati membri dell’UE
(compresi Islanda, Norvegia e Svizzera). Questo registro, che sostituisce il precedente Registro europeo delle emissioni inquinanti
(EPER - istituito con la decisione 2000/479/C), è stato attivato nel
novembre 2009 dalla Commissione europea e dall’Agenzia europea dell’ambiente allo scopo di migliorare l’accesso del pubblico
alle informazioni ambientali.
L’origine del registro ha un percorso articolato, che collega la
direttiva IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) finalizzata alla prevenzione e controllo integrato dell’inquinamento
provocato da settori industriali, con la convenzione di Aarhus
sull’accesso alle informazioni in materia ambientale. Va, infatti,
avvertito che la maggior parte dei complessi industriali interessati dall’E-PRTR svolge attività classificate nella direttiva IPPC
(direttiva 2008/1/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento). La direttiva IPPC impone ai complessi industriali rientranti nel suo raggio d’azione di operare in conformità
ai permessi contenenti valori limite di emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili (MTD), intese a evitare o, ove ciò non
sia possibile, ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto
sull’ambiente. Per ulteriori informazioni sulla direttiva IPPC, si
rimanda al sito Web della Commissione sull’IPPC e al sito Web
IRIS (sistema informativo di comunicazione delle emissioni industriali).
ANTONIO URICCHIO27
La disciplina contenuta nel regolamento CE
n. 166/2006
L’E-PRTR include i 27 Stati membri dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia, la Serbia e Svizzera. Il registro contiene dati comunicati da circa 28 000 complessi industriali e relativi a 65 attività economiche nell’ambito dei seguenti 9 settori industriali:
• Settore energetico
• Produzione e trasformazione dei metalli
• Industria mineraria
• Industria chimica
• Gestione dei rifiuti e delle acque reflue
• Produzione e lavorazione della carta e del legno
• Allevamento intensivo e acquacoltura
• Prodotti animali e vegetali del settore alimentare e delle bevande
• Altre attività
Nel registro vengono forniti dati relativi a 91 sostanze inquinanti
classificate in 7 gruppi:
• Gas a effetto serra
• Altri gas
• Metalli pesanti
• Pesticidi
• Sostanze organiche clorurate
• Altre sostanze organiche
• Sostanze inorganiche
Un complesso industriale ha l’obbligo di comunicare dati
all’E-PRTR qualora soddisfi i seguenti criteri:
• Il complesso rientra in almeno una delle 65 attività economiche elencate nell’allegato I del regolamento E-PRTR e supera almeno una delle soglie di capacità definite dall’E-PRTR;
• Il complesso effettua trasferimenti di rifiuti fuori sito oltre le
soglie specifiche definite nell’articolo 5 del regolamento;
• Il complesso emette sostanze inquinanti oltre le soglie specifiche definite per ciascun comparto (aria, acqua e suolo) nell’allega-
28
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
to II del regolamento E-PRTR;
I dati che ciascun complesso industriale ha l’obbligo di comunicare qualora superi le soglie definite riguardano:
• Le emissioni nell’aria, nell’acqua e al suolo di una qualsiasi fra
le 91 sostanze inquinanti incluse nell’E-PRTR;
• I trasferimenti fuori sito di una qualsiasi fra le 91 sostanze inquinanti incluse nell’E-PRTR nelle acque reflue destinate al trattamento al di fuori del complesso;
• I trasferimenti fuori sito di rifiuti (comunicati in tonnellate/
anno) a fini di recupero o smaltimento; in relazione agli spostamenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi in uscita dal paese con
l’obbligo di comunicazione, è inoltre necessario fornire i dettagli
di chi si farà carico di tali rifiuti.
I dati comunicati relativi alle emissioni comprendono qualsiasi
introduzione di una delle sostanze inquinanti elencate nell’ambiente in seguito a qualsiasi attività umana, volontaria o involontaria,
abituale o straordinaria, presso il sito del complesso industriale.
I dati vengono comunicati dai singoli complessi industriali alle
autorità competenti su base annua. Le autorità nazionali raccolgono i dati e ne controllano la qualità, quindi li inviano alla Commissione europea e all’Agenzia europea dell’ambiente, dove verranno elaborati e infine divulgati tramite il sito Web. Per ulteriori
informazioni sulle procedure di comunicazione e sui contenuti, si
rimanda al documento di orientamento sull’E-PRTR.
Il registro contiene le emissioni rilasciate e i trasferimenti di rifiuti
relativi all’anno 2007, 2008 e 2009. A partire dal 2010, i dati disponibili nel registro vengono aggiornati a maggio di ogni anno. L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) aiuta la Commissione europea
nelle operazioni di controllo dei dati per l’E-PRTR. Ai fini della revisione informale dei dati dell’E-PRTR del 2007, 2008 e 2009, sono
stati coinvolti i suoi tre centri dati europei. In una prima fase, i paesi
partecipanti hanno ricevuto un feedback dettagliato in merito alla
qualità dei dati dell’E-PRTR. I controlli sono consistiti in una valutazione del numero di complessi industriali e di rapporti sulle emissioni, dei quantitativi di emissioni e di trasferimenti comunicati, delle
richieste di riservatezza, delle emissioni accidentali ecc...
Nella seconda fase, i dati dell’E-PRTR sono stati quindi raffrontati con i dati raccolti nell’ambito della Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
e del Sistema per lo scambio di quote di emissione dell’UE (per le
ANTONIO URICCHIO29
emissioni nell’aria), con i dati comunicati a Eurostat e AEA (per
i rifiuti e per i movimenti transfrontalieri di rifiuti) e con i dati
raccolti da AEA e WISE, il sistema informativo europeo in materia
di acque (per le emissioni nell’acqua). L’obiettivo è evidenziare le
differenze e le possibili incoerenze fra i dati raccolti nell’ambito
di diversi obblighi di comunicazione, consentendo in tal modo ai
paesi partecipanti di correggere i propri dati qualora venissero individuati errori. Gli obblighi di comunicazione sono da espletare
su base annuale (nell’ambito dell’EPER, per il quale sono disponibili i dati degli anni di riferimento 2001 e 2004, su base triennale).
I gestori soggetti al regolamento E-PRTR hanno l’obbligo di
fornire alle autorità competenti i migliori dati disponibili in relazione alle emissioni prodotte e ai trasferimenti effettuati dai
loro complessi industriali. È poi compito delle autorità nazionali
competenti valutare la qualità dei dati e se le informazioni fornite
dai singoli complessi siano conformi in termini di completezza,
coerenza e precisione. Per ulteriori informazioni sulle procedure
di controllo e garanzia della qualità in ciascuno Stato membro
dell’UE, si rimanda al documento di orientamento sull’E-PRTR e ai
collegamenti ai registri nazionali già esistenti.
Gli Stati membri, la Commissione e l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) controllano la conformità dei dati inviati al formato
di comunicazione concordato mediante differenti procedure di validazione automatica. Tale validazione riguarda informazioni chiave, quali il tipo di sostanze inquinanti, i codici dei settori industriali,
le coordinate geografiche e il formato dei dati, e viene eseguita obbligatoriamente prima dell’inserimento dei dati nel registro E-PRTR.
I set di dati vengono valutati e rivisti anche tramite un raffronto
effettuato con i dati comunicati nell’ambito del precedente registro EPER e un controllo geografico.
Il DPR n. 157/2011: attuazione del Regolamento
E-PRTR in Italia
Nel dare attuazione al Regolamento n. 166/2006, il D.P.R. 11 luglio
2011 n. 157 reca la disciplina avente ad oggetto l’istituzione di un
Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti e che modifica le Direttive n. 91/689/Cee e n. 96/61/Ce. Al
riguardo va ricordato che l’art. 20 del Regolamento (Ce) n. 166/2006
aveva demandato all’iniziativa dei singoli Stati membri la designazione delle autorità competenti in sede nazionale, le modalità
«pratiche» di espletamento degli adempimenti a carico dei diversi
30
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
soggetti, la fissazione delle sanzioni per inadempienza agli obblighi previsti, la definizione degli obblighi dei gestori, la fissazione
dei contenuti della comunicazione, le modalità attraverso le quali
garantire la pubblicità dei dati e la sensibilizzazione del pubblico.
Invero il d.p.r. n. 157 citato contiene la disciplina attuativa indicata
fatta eccezione delle sanzioni (in forza del principio di legalità che
governa la materia sanzionatoria occorre un apposito Decreto Legislativo).
Invero, contenuti e modalità di presentazione, obblighi posti a
carico dei gestori dei complessi sono precisati nelle Linee Guida
e nelle istruzioni di cui all’Allegato II del Regolamento nazionale,
oltre che nelle varie Schede che compongono il Questionario della
Dichiarazione PRTR, da compilarsi ad opera dei gestori dei complessi rientranti nel campo d’applicazione del Regolamento (Ce)
n. 166/2006, che risulta riportata in Appendice al decreto, restando
in ogni caso confermata la prassi, divenuta ormai consuetudine,
dell’invio in forma telematica.
La Legge regionale 24 luglio 2012: valutazione del
danno sanitario
Con la Legge Regionale n. 21 del 24 luglio 2012 la Regione Puglia
è la prima Regione italiana ad introdurre nel proprio ordinamento
giuridico lo strumento della Valutazione del danno sanitario (Vds)
col precipuo fine “di prevenire ed evitare un pericolo grave, immediato o differito, per la salute degli esseri viventi e per il territorio regionale”18. Le disposizioni previste dalla legge regionale in esame, infatti,
si applicano agli stabilimenti insediati nelle aree di Brindisi e Taranto in quanto “aree a elevato rischio di crisi ambientale” ed in quelle dichiarate “Siti di interesse nazionale di bonifica” giusta art. 252
del d. lgs 152/2006.
La potestà legislativa sul tema deriva direttamente dal dettato
costituzionale (art. 117 Cost.) e dalla relativa interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale che si è spesso pronunciata sul tema
della ripartizione delle competenze nella “materia” tutela ambientale19. Come precisato dal dettato legislativo in esame la Vds
“è realizzata nell’ambito delle competenze attribuite alla Regione in
materia di protezione dell’ambiente e della salute delle popolazioni.”20.
18
Cfr. art. 1, co. 1, L.R. 21/2012.
In dottrina si veda G. MASTRODONATO, La prevalenza statale e il ruolo regionale nella giurisprudenza sulla tutela dell’ambiente, in Foro amm. CDS, 2011, 6, 1817 ss..
19
20
Cfr. art. 2, co. 1, L.R. 21/2012.
ANTONIO URICCHIO31
L’art. 2, comma 1 della legge regionale n. 21/2012 dispone che
l’Agenzia regionale dei servizi sanitari (Ares), l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente della Puglia
(Arpa) e l’Azienda sanitaria locale (Asl) dovranno, insieme, redigere
un rapporto di Valutazione del danno sanitario (Vds) anche sulla
base del registro tumori regionale e delle mappe epidemiologiche
sulle principali malattie a carattere ambientale21. Una volta redatto il rapporto Vds, esso è inoltrato alle aziende interessate per la
formulazione di eventuali osservazioni che dovranno essere prese
in considerazione dalle succitate Autorità. Il rapporto, successivamente, verrà trasmesso alla Giunta regionale per la relativa presa
d’atto. La Giunta, in tempi brevi, con un regolamento, fisserà i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto Vds; entro 90
giorni dalla approvazione di detto regolamento attuativo dovrà
essere redatto il primo rapporto che, successivamente, avrà cadenza annuale.
Solo attraverso una intesa attività collaborativa tra dette Autorità è possibile conseguire l’obiettivo di un continuo monitoraggio, campionamento ed analisi dei valori di emissione necessario a
prevenire e contrastare l’inquinamento ambientale. La combinazione delle conoscenze tecniche, infatti, permette una più efficace
ed efficiente lotta alle emissioni tramite una rigorosa analisi dei
dati. Qualora gli stabilimenti impieghino per le loro attività produttive materiali e composti polverulenti per i quali non risulta
tecnicamente possibile la quantificazione delle relative emissioni,
devono essere dotati di idonei sistemi atti a prevenire ed evitare
il diffondersi nell’ambiente circostante di polveri tal quali o derivanti da processi produttivi.
Giusta art. 3, comma 1 della Legge Regionale in esame, quando la
valutazione evidenzi criticità, gli stabilimenti industriali dovranno ridurre le emissioni in atmosfera degli inquinanti: le aziende
obbligate alla riduzione dei valori di emissione, successivamente
alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia
(BURP) del rapporto Vds, presentano un “piano di riduzione” che
indichi le misure e gli interventi da attuare per il conseguimento
degli obiettivi di diminuzione prescritti. Quest’ultimo deve essere
Sul potere normativo delle Regioni di adottare le misure più adeguate a contrastare l’inquinamento atmosferico si veda F. MIDIRI, La disciplina delle emissioni in atmosfera nel “testo unico ambiente”, in Riv. giur. ambiente, 2010, 2, 273 ss.; E.
TANZARELLI, Inquinamento atmosferico e misure di limitazione alla circolazione di
veicoli, in Riv. giur. ambiente, 2008, 3/4, 599 ss.; S. GUARINO, Un tributo del Giudice
amministrativo al potere regionale di contrasto all’inquinamento atmosferico, in Riv.
giur. ambiente, 2011, 1, 125.
21
32
INQUADRAMENTO GIURIDICO-NORMATIVO
approvato entro trenta giorni dalle succitate Autorità. La riduzione sarà determinata in proporzione al danno accertato rispetto al
valore medio calcolato sui dati disponibili dei precedenti cinque
anni. Spetterà, poi all’ARPA Puglia effettuare le necessarie verifiche
per valutare l’effettiva attuazione dei piani e l’efficacia delle misure previste. L’esecuzione del “piano di riduzione” avverrà a spese
dei soggetti gestori e, in caso di mancata presentazione dello stesso ovvero di inadempimento agli obiettivi fissati, si può arrivare,
dopo diffida, anche alla sospensione dell’esercizio dell’impianto.
OVERVIEW DEL RAPPORTO TECNICO N.15/2011
DELL’EEA “REVEALING THE COSTS
OF AIR POLLUTION FROM INDUSTRIAL
FACILITIES IN EUROPE”.
FRANCESCO CUCCARO*
Introduzione
La presente è una breve relazione introduttiva che illustra i punti
salienti del percorso di stima degli impatti proposto nel Rapporto
tecnico n.15/2011 della European Environmental Agency, punti che
saranno poi sviluppati dalle altre relazioni nel corso del workshop
“Valutazione economica degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico: la metodologia dell’EEA” di Taranto del 23 luglio 2012.
Gli effetti sanitari legati da inquinamento costituiscono una tipica esternalità negativa e possono essere quantificati e monetizzati.
In una economia perfettamente concorrenziale interesse privato
e interesse sociale coincidono, guidati dalla “mano invisibile” del
mercato, ma nella realtà esiste un profondo gap tra bisogni individuali e soluzioni socialmente sostenibili.
L’esternalità emerge quando una attività economica genera costi
(esternalità negativa) o benefici (esternalità positiva) che ricadono
su soggetti o gruppi diversi da coloro che l’hanno messa in atto, e
non esiste una compensazione per la variazione di benessere indotta da tale attività. La pubblicazione dell’EEA, che prende esplicitamente in conto solo le esternalità negative, ha la peculiarità
di attribuire i danni sanitari ed ambientali, espressi in termini di
costo economico, alle singole industrie europee, oltre che a livello
di Stato, fornendo un quadro facilmente leggibile dell’impatto sanitario industria-specifico.
* Dirigente Medico presso UO Statistica ed Epidemiologia ASL BT
34
OVERVIEW DEL RAPPORTO TECNICO N.15/2011 DELL’EEA ...
Sintesi
La metodologia dell’EEA
Il rapporto 'Revealing the costs of air pollution from industrial
facilities in Europe', fornisce una lista delle industrie individuali
che contribuiscono alla maggior parte degli effetti.
Fonte dei dati di emissione: European Pollutant Release and
Transfer Register (E-PRTR)
Anno di riferimento: 2009
Sono considerati i danni prodotti da NMVOC (composti organici diversi dal metano), NOx, SOx , CO2, PM10, NH3 , inquinanti
organici e metalli pesanti
Utilizzata la metodologia CAFE (Clean Air for Europe) per quantificare il danno alla salute in termini monetari, considerando
il Valore della Vita Statistica (VSL) e il Valore di un Anno di Vita
(VOLY)
191 (<2%) delle 10.000 industrie che hanno fornito dati determinano il 50% dei danni
622 (6%) delle industrie determinano Il 75% dei danni
Normalizzazione utilizzando la produzione di CO2 a livello di
singola industria e il PIL a livello di Stato
Stima complessiva dei danni: la stima dei danni causati dalle industrie EPRTR nel 2009 è di 102-169 miliardi di Euro.
I dati di partenza per la stima dei costi sanitari sono quelli riportati dalle industrie nell’European Pollutant Release and Transfer
Register (E-PRTR) del 2011 e che si riferiscono all’anno 2009 e non
include l’inquinamento correlato ad attività esterne, quali traffico
veicolare indotto, né a sostanze inquinanti eventualmente non riportate.
Il rapporto utilizza un approccio con modelli semplificati, sviluppato nell’ambito dell’European Union’s Clean Air for Europe
(CAFE) Programme, per quantificare, in termini monetari, i costi
correlati alle emissioni di sostanze inquinanti, a partire, come detto, dalle emissioni autoriportate dalle aziende ell’E-PRTR.
Gli inquinanti considerati nel rapporto comprendono ammonio (NH3), ossidi d’azoto (NOX), composti organici volatili non metanici (NMVOCS), particolato (PM10) e ossidi di zolfo (SOX), metalli
pesanti (As, Cd, Cr, Ph, Hg, Ni), microinquinanti organici (benzene, diossine e furani, idrocarburi policliclici aromatici (IPA)), CO2.
Tutti questi inquinanti possono arrecare danno alla salute umana
all’ambiente sia in modo diretto che indiretto (danni allo strato
FRANCESCO CUCCARO35
d’ozono). I danni da CO2 , che sono di tipo non sanitario, sono calcolati con un approccio diverso rispetto a quello utilizzato per gli
altri inquinanti, cioè come costo di abbattimento marginale stimato.
Per il 2009 è stato stimato un danno complessivo per tutte le industrie europee per cui è obbligatorio l’E-PRTR pari a 102-169 miliardi di Euro. È interessante osservare come un piccolo numero di
industrie determini la maggior parte dei costi sanitari e ambientali.
36
OVERVIEW DEL RAPPORTO TECNICO N.15/2011 DELL’EEA ...
A livello di singola sostanza quelle che determinano un maggior
danno per unità di massa sono diossine e furani.
Dal momento che le diverse industrie hanno una diversa efficienza energetica e non erano disponibili dati sul consumo di
carburante, è stata tentata una normalizzazione attraverso l’uso
di proxy. In particolare i costi dei danni legati alle emissioni delle
singole aziende sono stati normalizzati in base alle tonnellate di
FRANCESCO CUCCARO37
CO2 prodotta, utilizzata come proxy del consumo di carburante e
dunque di produzione (dopo la normalizzazione, ai primi posti per
inquinamento aumenta il numero di industrie dei Paesi dell’Est e
si riduce quello delle industrie tedesche), laddove a livello di Paese europeo, la normalizzazione è stata fatta in base al Prodotto
Interno Lordo (PIL) e ad esempio l’Italia passa dal 5° al 21° posto, la
Germania dal 1° al 13°.
La metodologia
Le analisi presentate nel Rapporto dell’EEA, con eccezione di
quelle sulla CO2, si basano sull’Impact Pathway Approach sviluppato nel 1990 nell’ambito del progetto collaborativo europeo
ExternE, e che segue una progressione stepwise per passare dalle
emissioni degli inquinanti alla determinazione degli impatti sanitari e ambientali, con la successiva quantificazione del danno economico in termini monetari.
I percorsi sono più semplici quando riguardano un’unica via di
introduzione dell’inquinante, come ad esempio quella inalatoria.
Si parte dal “pericolo” (hazard), ovvero dalle caratteristiche chimico-fisico tossicologiche intrinseche della sostanza, che ne determinano la tossicità, per passare alla distribuzione nell’ambiente
attraverso modelli di dispersione, il contatto con la popolazione a
rischio (esposizione), l’impatto in termine di mortalità, morbilità,
danno ecologico e infine la monetizzazione di ciascun impatto.
Per alcune sostanze, i percorsi sono più complessi date le diverse
vie di introduzione e i fenomeni di bioaccumulo. Non saranno oggetto di questa relazione.
38
OVERVIEW DEL RAPPORTO TECNICO N.15/2011 DELL’EEA ...
Primo step: le emissioni
Sono oggetto del rapporto EEA i danni derivati dalle emissioni
dell’anno 2009 di 9655 industrie, riportate nell’ E-PRTR. Questo registro contiene informazioni per 32 Stati : I membri del’Europa a
27più Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Serbia and Svizzera.
L’E-PRTR copre 91 sostanze e 65 aree economiche di dettaglio,
corrispondenti alle seguenti macroaree: energia, metallurgia, industria mineraria, industria chimica, rifiuti, produzione di carta e
legno, acquacoltura, produzione di alimenti e bevande.
Tra tutte le sostanze inquinanti inserite nell’E-PRTR sono state selezionate le seguenti: ammonio (NH3), ossidi d’azoto (NOX),
composti organici volatili non metanici (NMVOCS), particolato
(PM10) e ossidi di zolfo (SOX), metalli pesanti (As, Cd, Cr, Ph, Hg, Ni),
microinquinanti organici (benzene, diossine e furani, idrocarburi
policliclici aromatici (IPA)), CO2.
Esistono soglie di emissione al di sotto delle quali le industrie non
sono tenute a riportare i dati nell’E-PRTR. Per tale motivo, oltre che
per il fatto che non sono presi in considerazione le emissioni indirette, come quelle legate a trasporto veicolare, i danni da inquinamento industriale presentati nel rapporto sottostimano il danno
reale complessivo.
L’unità di misura delle emissioni è la tonnellata di sostanza emessa.
Secondo step: la dispersione intorno alla sorgente e le
reazioni chimiche in atmosfera (le concentrazioni)
Questo step, insieme a quello sulla valutazione dell’esposizione sono trattati in modo poco approfondito nel Rapporto EEA, in
quanto lo stesso si rifà alla metodologia di stima delle esternalità negative del progetto ExternE. Entrambi gli step sono comunque oggetto di ampia trattazione in due specifiche relazioni del workshop.
In breve la dispersione delle sostanze a partire dalla sorgente di-
FRANCESCO CUCCARO39
pende da diversi fattori, tra cui i più importanti sono l’altezza dei
camini, la velocità dei flussi di emissione, le informazioni meteoclimatiche. E’ anche importante tenere in conto la produzione di
inquinanti secondari e l’interazione tra inquinanti.
L’unità di misura è il μg / m3 o unità equivalenti.
Terzo step: l’esposizione della popolazione
Anche per questo step è prevista una relazione specifica in cui viene ampiamente descritto il delicatissimo aspetto della valutazione
dell’esposizione della popolazione a rischio.
Il metodo più semplice, ma anche più impreciso, prevede l’inserimento nei modelli EMEP dei dati sulla densità della popolazione
Eurostat, che permette una valutazione proxy dell’esposizione.
L’unità di misura è il μg / m3 / persona.
Quarto step: la valutazione degli impatti sanitari
In questo step sono calcolati gli effetti sanitari in termini di morbilità a breve e lungo termine e di mortalità, oltre che gli effetti ambientali in senso stretto (questi ultimi effetti non sono oggetto di
trattazione in questa relazione).
X
X
L’unità di misura è il numero di eventi.
=
40
OVERVIEW DEL RAPPORTO TECNICO N.15/2011 DELL’EEA ...
Non sono considerati tutti i possibili effetti sanitari e ambientali,
ma una tabella riporta quali sono quelli computati e quali sono
quelli esclusi, con la motivazione dell’esclusione (ad esempio gli
effetti cronici legati all’inquinante secondario ozono sono esclusi
perché pur essendo presenti elementi di sospetto di tale associazione in letteratura, gli stessi non risultano confermati).
FRANCESCO CUCCARO41
Quinto step: la valutazione degli impatti sanitari
L’ouput principale del Rapporto EEA, come visto, è la monetizzazione dei danni sanitari (e ambientali).
42
OVERVIEW DEL RAPPORTO TECNICO N.15/2011 DELL’EEA ...
La stima de i costi legati alla morbilità può essere effettuata attraverso approcci differenti, quali il metodo Cost of Illness (COI),
che si basa sul computo dei costi diretti e indiretti legati all’evento
sanitario avverso ovvero il Willing-To_Pay (WTP), che permette
la quantificazione anche dei cosiddetti costi intangibili.
Nell’ambito del metodo WTP è anche possibile quantificare il
valore della vita statistica/value of statistical life (VVS/VSL), che è
stimabile attraverso il valore che gli individui assegnano alla probabilità di una riduzione del rischio di morte.
Sono stati proposti diversi valori, ma la Commissione Europea
nel 2008 proponeva una VSL media di 2.199.000 USD e una mediana di 1.077.000 USD.
Il valore degli anni di vita persi/ value of a life year (VVS /VOLY)
esprime la contrazione della aspettativa di vita. In questo caso la
Commissione Europea raccomandava una media di 57.000 USD e
una mediana di 132.000 USD.
L’utilizzo del VSL porta sempre a stime di danno più alte di quelle che si ottengono col VOLY.
Nel Rapporto EEA si utilizzano entrambe le stime in modo alternativo.
L’unità di misura finale è l’Euro (€) e il costo complessivo è dato
dalla sommatoria dei costi di morbilità e mortalità, oltre che, eventualmente, quelli ambientali.
FRANCESCO CUCCARO43
Conclusioni
Questo rapporto illustra una metodologia piuttosto semplice di
analisi dei costi sanitari (e non solo) legati alle emissioni autoriportate dalle principali industrie europee. Il principale limite risiede
nell’approccio di tipo deterministico che non permette di tenere
conto dell’incertezza che invece permea tutte le fasi del percorso
che va dalle emissioni al danno e ala stima economica.
Nondimeno può essere un approccio utile ai fini decisionali e
permette analisi su ampio raggio (europeo).
In Italia è disponibile un software gratuito, l’Health Impact Approach Tool dell’ARPA Marche, che si avvale di una simile metodologia.
LE EMISSIONI: IL REGISTRO E-PRTR
di RICCARDO DE LAURETIS e ANDREA GAGNA*1
Un PRTR (Pollutant Release and Transfer Register) è una banca
dati, possibilmente in formato elettronico, contenente informazioni relative alle emissioni e ai trasferimenti di inquinanti e di
rifiuti determinati dallo svolgimento di specifiche attività industriali. Le matrici ambientali coperte sono: aria, acqua, suolo, reflui
e rifiuti. I dati sono associati esplicitamente alle sorgenti presenti
sul territorio di un paese o di una regione economica (es. Unione
Europea) e sono aggiornati annualmente.
Attraverso il PRTR sono perseguiti i seguenti obiettivi:
• Consentire l’accesso del pubblico ai dati relativi agli impatti
dell’industria sull’ambiente
• Consentire la partecipazione del pubblico ai processi decisionali sulle questioni ambientali
• Contribuire, sebbene indirettamente, alla prevenzione
dell’inquinamento attraverso la diffusione delle informazioni sulle prestazioni ambientali degli stabilimenti industriali
Il quadro normativo di riferimento per l’attività dei sistemi PRTR
europei ed italiano si compone della legislazione internazionale e
nazionale: Protocollo UNECE sui PRTRs (“Protocollo di Kiev”, firmato nel 2003 ed entrato in vigore nel 2009) annesso alla Convenzione di Aarhus UNECE (1998); Regolamento CE n.166/2006 che
istituisce il registro europeo E-PRTR; il DPR n.157/2011 che istituisce ufficialmente in Italia il registro nazionale PRTR. L’Unione Europea aveva istituito già nel 2000 un primo registro delle emissioni inquinanti con solo le emissioni in aria e acqua, EPER (Decisione
2000/479/CE), legato alla disciplina della direttiva IPPC, che è stato
dunque abrogato e sostituito dal registro EPRTR (Regolamento CE
*1 ISPRA – Servizio Monitoraggio e Prevenzione degli impatti sull’Atmosfera.
46
LE EMISSIONI: IL REGISTRO E-PRTR
n.166/2006) che contiene le emissioni in aria, acqua, suolo e trasferimenti di rifiuti.
Nell’ambito UN-ECE (regione europea) ci sono circa 21 stati che
hanno ratificato il Protocollo di Kiev ed hanno quindi realizzato
un PRTR già operativo, ci sono inoltre circa 18 stati che hanno solo
firmato il Protocollo di Kiev, tra di essi ci sono paesi come il nostro
che hanno un sistema PRTR già operativo e altri stati che hanno
avviato il processo legislativo e tecnico per introdurlo nel proprio
territorio.
Nell’Unione Europea (UE) l’istituzione del registro E-PRTR ha
soddisfatto quindi anche le esigenze di:
• dare attuazione al Protocollo di Kiev al quale la Commissione
Europea ha aderito per conto della UE
• estendere la raccolta dati, secondo un approccio integrato
rispetto alle matrici ambientali, in modo da censire circa il 90%
dell’inquinamento di origine industriale
• fornire al pubblico l’accesso alle informazioni relative alle
circa 28.000 sorgenti industriali ubicate nei 27 paesi membri della
UE, in Norvegia, in Serbia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera.
La banca dati del registro EPRTR è accessibile liberamente mediante il portale del registro europeo, http://prtr.ec.europa.eu .
Le informazioni presenti nella banca dati sono relative agli anni
dal 2007 al 2010 e sono consultabili mediante interfacce grafiche
che permettono di eseguire le seguenti ricerche:
• per complesso industriale, attività svolta e parametri geografici
• per inquinante, matrice ambientale e attività sorgente
• mediante navigazione di una mappa essendo tutti i dati del
registro georeferenziati.
Il contenuto del registro europeo è aggiornato annualmente; il
flusso dei dati parte dagli stabilimenti industriali localizzati negli
stati membri della UE, sono validati dalle autorità competenti degli stati membri UE e inviati entro il 31 marzo di ogni anno alla
Commissione Europea e alla Agenzia Europea dell’Ambiente (nel
seguito COM/EEA). COM/EEA svolge una ulteriore fase di validazione dei dati fornendo riscontri ai diversi stati membri sui dati
trasmessi e cura inoltre la pubblicazione dei dati sul portale del
registro EPRTR entro il successivo mese di maggio. In generale le
attività di validazione proseguono negli stati membri oltre i termini di consegna dei dati alla Commissione, pertanto la Commis-
RICCARDO DE LAURETIS E ANDREA GAGNA
47
sione ha accordato agli stati membri la possibilità di trasmettere
dati più aggiornati entro il successivo mese di settembre per consentire l’aggiornamento del portale del registro EPRTR nel mese di
novembre dello stesso anno. L’obiettivo è assicurare al pubblico
l’informazione più aggiornata e attendibile.
La tabella successiva riporta sinteticamente il numero di stabilimenti industriali europei che hanno trasmesso i dati al registro
EPRTR con riferimento al periodo 2007-2010:
Aziende dichiaranti UE
2007
2008
2009
2010
26059
28170
28510
29986
In Italia il Regolamento EPRTR è stato attuato appena è entrato
in vigore; la raccolta dati nell’ambito dell’esistente registro INES
(Inventario Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti, matrici coperte: aria e acqua) è stata estesa in conformità con quanto
richiesto dalla norma sul PRTR europeo dal 2008 (raccolta dei dati
relativi al 2007). La raccolta dati del registro INES era riferita al periodo 2002-2006 è ha interessato in media circa 700 stabilimenti
industriali italiani ogni anno; la raccolta dei dati nell’ambito del
PRTR interessa una media di circa 2800 stabilimenti industriali.
L’incremento della base dichiarante è dovuto al fatto che il PRTR
obbliga alla dichiarazione anche gli stabilimenti inclusi nel campo di applicazione che sebbene non abbiano avuto emissioni in
aria, acqua, reflui o al suolo superiori alle soglie hanno però trasferito nell’anno di riferimento più di 2 tonnellate di rifiuti pericolosi
o più di 2000 tonnellate di rifiuti non pericolosi. La raccolta dei
dati relativi ai rifiuti trasferiti non era contemplata dal precedente
registro INES.
La base dei dati aggiornata annualmente del registro PRTR nazionale consente l’elaborazione di contributi tecnici per diverse attività istituzionali dell’ISPRA, come la realizzazione dell’Inventario
nazionale delle emissioni in atmosfera, e contribuisce all’adempimento degli obblighi che derivano dalle convenzioni internazionali che l’Italia ha ratificato, come ad esempio la trasmissione
dei dati sulle emissioni in acqua alla Convenzione di Barcellona
dell’UNEP.
Nel registro europeo e in quello nazionale non è rappresentata
tutta la realtà industriale del territorio considerato, si è infatti scel-
48
LE EMISSIONI: IL REGISTRO E-PRTR
to di includere i contributi all’inquinamento industriale derivante
dagli stabilimenti di dimensioni maggiori. A tale scopo i dati sono
raccolti dalle sorgenti che soddisfano il seguente doppio criterio di
selezione:
• lo stabilimento industriale è dimensionato per svolgere almeno una delle 65 attività coperte dal registro (raggruppabili nelle seguenti 9 macrosettori: energia, industria dei metalli, industria dei
prodotti minerali; industria chimica, gestione e trattamento dei
rifiuti e delle acque reflue, industria della carta e del legno, allevamento intensivo e acquacoltura, altre attività);
• lo stabilimento industriale ha emesso nell’anno di riferimento
per almeno una delle 91 sostanze previste dalla norma una quantità superiore al corrispondente valore soglia (in aria o in acqua o nei
reflui o al suolo) oppure ha trasferito più di 2 tonnellate di rifiuti
pericolosi o più di 2000 tonnellate di rifiuti non pericolosi.
I valori soglia alle capacità produttive o di trattamento delle 65
attività considerate nel registro e i valori soglia alle emissioni delle
sostanze o al trasferimento dei rifiuti rappresentano banalmente
criteri quantitativi per la selezione delle sorgenti e dei maggiori
contributi emissivi. I valori soglia non sono stati scelti con riferimento alle norme per la tutela della salute umana o della qualità
dell’ambiente e prescindono dalle eventuali prescrizioni che in
ambito autorizzativo possono essere state imposte alla singola sorgente, lo stabilimento industriale.
La tabella successiva riporta sinteticamente il numero di stabilimenti industriali italiani che hanno trasmesso i dati al registro
nazionale e presenti anche nel registro EPRTR, con riferimento al
periodo 2007-2010:
Numero aziende dichiaranti in Italia
2007
2008
2009
2010
2315
2491
2598
2864
Sempre sinteticamente è possibile affermare che il 90% dei circa
2800 stabilimenti italiani dichiaranti è caratterizzabile come segue:
• il 49% dichiara esclusivamente il trasferimento di rifiuti (cioè
nessuna emissione ha superato la soglia di dichiarazione)
• il 20% dichiara esclusivamente dati di emissione in atmosfera
(cioè le soglie di dichiarazione per le altre matrici non sono state
RICCARDO DE LAURETIS E ANDREA GAGNA
49
superate)
• il 15% dichiara dati di emissione in atmosfera e dati relativi al
trasferimento dei rifiuti
• il 6% dichiara solo dati di emissione nelle acque e dati relativi
al trasferimento dei rifiuti
Riguardo alle informazioni sui rifiuti, il registro PRTR rappresenta attualmente in Italia e nella UE l’unica fonte di informazione
al pubblico per i dati relativi al trasferimento di rifiuti dalle attività industriali considerate e dai singoli stabilimenti industriali
considerati. E’ opportuno precisare però che il registro contiene
informazioni relative solo alle aziende soggette all’obbligo di comunicazione, inoltre l’informazione è fornita in forma più aggregata rispetto al dato raccolto, per esempio, nel MUD/SISTRI o nei
catasti provinciali/regionali.
La normativa nazionale affida all’ISPRA il ruolo di amministratore del registro PRTR e di gestore della raccolta annuale dei dati
che avviene mediante il portale http://www.eprtr.it.
ISPRA non è autorità competente per il registro, ma supporta tecnicamente il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del mare (MATTM) nello svolgimento delle funzioni di autorità
competente nazionale, e con il MATTM garantisce l’accesso del
pubblico alle informazioni del registro nazionale. La normativa
nazionale individua, infatti, le seguenti autorità competenti ai fini
della validazione dei dati del registro: il MATTM, che si avvale di
ISPRA (competenza nazionale) e le Regioni/Province autonome
(competenza locale).
E’ opportuno sottolineare che delle oltre 2800 aziende dichiaranti oltre il 90% ricade nelle competenze delle autorità regionali
per ciò che concerne la valutazione della qualità dei dati comunicati e della completezza della base dichiarante. L’attendibilità dei
dati presenti nel registro nazionale e disponibili al pubblico è dunque significativamente correlata all’attività di valutazione svolta
a livello locale.
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
AGLI OUTCOME SANITARI:
di ENNIO CADUM* e PAOLO LAURIOLA**
Parte 1
Introduzione
Scopo di questa relazione è quello di fornire qualche elemento
preliminare utile per meglio affrontare uno dei temi più critici
dell’Epidemiologia Ambientale e cioè la valutazione dell’esposizione. Questo soprattutto quando si consideri che nel documento “Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in
Europe” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) (su cui ci si è
concentrati durante il workshop “Valutazione economica degli
effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico: la metodologia
dell’EEA” di Taranto del 23 luglio 2012) si attribuisce scarsa importanza alla valutazione site-specific (Fig. 1)
Fig 1. Percorso logico per stimare gli impatti (fonte: EEA technical Report n
15/2011: Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in Europe)
*
ARPA Piemonte, Dirigente del Dipartimento di Epidemiologia e salute ambientale
ARPA Emilia Romagna, Dirigente Responsabile di CTR Ambiente Salute
**
52
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 1
Tale approccio in effetti riprende e specifica quello classico del
Risk Assessment che partendo dalla definizione di “pericolo” (Hazard), che si basa sulle caratteristiche della sostanza (chimico-fisiche, tossicologiche, etc), studia come essa si distribuisce nell’ambiente. Di conseguenza si valuta come questa sostanza viene a
contatto con i soggetti candidati (a rischio). In altre parole si tiene
conto della variabilità spaziale, temporale della sostanza in relazione alla fonte di emissione, alla diffusione e alle caratteristiche
della sostanza stessa, fino ad arrivare alla definizione/quantificazione del rischio (Risk). Il rischio quindi, altro non è che la probabilità che si verifichino delle conseguenze avverse in seguito
all’esposizione ad un pericolo.
Tutto questo in un contesto di molteplicità di sorgenti di esposizione e di vie di esposizione.
Poste queste premesse generali, il contributo che si vuole dare
con questa relazione può essere così riassunto:
• Fornire alcuni elementi generali introduttivi sul concetto di
“Esposizione”
• Presentare altri elementi di riferimento presi dal REACH
(CSA) in tema di Exposure Assesment
• Fornire alcune esperienze per “meglio affrontare” l’elemento critico dell’Epidemiologia ambientale cioè l“Esposizione” con
particolare riferimento al documento dell’EEA dove si rileva una
scarsa utilità nella valutazione site-specific.
Definizione di esposizione e sua rilevanza in termini conoscitivi e preventivi
L’esposizione ad un agente ambientale è definita come ogni
contatto tra un potenziale agente pericoloso presente in una matrice ambientale (aria, acqua, alimenti…) e la superficie del corpo
umano (pelle, rivestimento del tratto respiratorio o digestivo…)
(Sexton & Ryan, 1988).
Da tale definizione emerge che il contesto di riferimento è
complesso e si basa sulle caratteristiche della sostanza, la matrice
ambientale in cui essa è presente e l’uomo, con le sue caratteristiche biologiche (tra esse ad es. l’età, il genere lo stato di salute …) e
sociali (ad es residenza, occupazione, stato socio-economico).
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
53
La dose è invece quantità dell’agente che realmente entra nel
corpo umano. In particolare la dose di organo bersaglio è la concentrazione di un agente nell’organo, tessuto o addirittura nella
cellula in cui effettivamente è destinata da esercitare il suo effetto. Essa è funzione della capacità di assorbimento di un agente da
parte di uno specifico organo/tessuto/cellula.
Pertanto se la misura ambientale (ad es. la concentrazione nella matrice ambientale) mira a stimare la esposizione, quest’ultima
cerca di dare un indicazione della dose.
Da queste premesse emerge in modo in modo abbastanza chiaro che esposizione non è solo la concentrazione dell’inquinante,
ma quanto meno deve essere definita come la “sovrapposizione
della presenza umana alla concentrazione di inquinanti” (Gonnella 1989). Occorre cioè tenere conto di chi e in quali condizioni
sono presenti a quelle concentrazioni.
Pertanto risulta chiaro che concentrazione, esposizione e dose
sono concetti chiaramente distinti tra loro. Secondo il National
Research Council (1991) si definisce:
Termine
Definizione
Esposizione
Un evento che avviene quando c’è un contatto tra l’uomo e l’ambiente con un determinato
inquinante con una specifica concentrazione per
un intervallo di tempo
Ammontare di tutte le esposizioni a cui è esposta
una persona, indipendentemente dalle modalità
mezzo e via di penetrazione (inalazione, ingestioEsposizione totale ne, transcutanea)
Dose
L’ammontare di un inquinante che è assorbito o
depositato nel corpo di un organismo esposto per
un det. Intervallo di tempo, di solito mediante un
solo mezzo di penetrazione
Dose interna
Riferisce sull’ammontare di un inquinante ambientale assorbito nei tessuti oltre un dato tempo
di interazione con la superficie di un organo
Dose biologicamente efficace
L’ammontare di un inquinante depositato o
assorbito e i suoi metaboliti che hanno interagito
con un sito bersaglio oltre un certo intervallo di
tempo tale ad determinare un’alterazione delle
funzioni fisiologiche
54
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 1
Pertanto, in termini quantitativi, in un modello micro-ambientale di esposizione estremamente semplificato le esposizioni personali E sono stimate dalla combinazione della concentrazione
dell’inquinante in un particolare microambiente (spazio in cui la
concentrazione dell’inquinante può essere assunta come omogenea) C con la durata dell’esposizione T ovvero:
Fig 2 Calcolo dell’esposizione integrata (fonte Baker 2004)
In effetti più in generale per conoscere l’esposizione reale, è indispensabile integrare la conoscenza di dove vivono le persone e
cosa fanno durante una normale giornata lavorativa o di riposo.
E’ quindi importante conoscere tale profilo di esposizione per i
differenti sottogruppi di popolazione che saranno considerati
nella valutazione del rischio.
La definizione che l’IPCS ha quindi dato nel 2004 all’exposure
assessemnt è la seguente: “EA è il processo di stima e di misura
della dimensione, della frequenza e della durata dell’esposizione
ad un agente in relazione al numero e alle caratteristiche della
popolazione esposta. Idealmente con essa si descrive la sorgente, il percorso, le vie di contatto e le incertezze connesse con la
valutazione dell’esposizione stessa” (IPCS, 2004). In definitiva la
relazione ambiente-esposizione-effetti sulla salute possono così
essere sintetizzati (Fig 3):
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
55
Fig. 3 Relazione Esposizione ed effetti sulla salute (USEPA 2003)
Metodi e strumenti per valutare l’esposizione
Sinteticamente gli approcci per misurare/stimare l’esposizione
possono essere così distinti in:
Diretto: comprende il monitoraggio dell’esposizione personale
e l’utilizzo di marcatori biologici dell’esposizione
Indiretto: che indica il monitoraggio ambientale integrato con
informazioni sui fattori di esposizione desunti tramite modelli e
questionari.
Questi due approcci possono poi integrarsi con i cosiddetti modelli di esposizione (fig. 4)
Fig 4 Approcci per la valutazione dell’esposizione
56
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 1
Pertanto possono distinguersi diverse modalità di studio con
un diverso livello di approssimazione. Per ordine decrescente di
precisione si possono così distinguere:
• Misurazioni personali quantitative
• Misurazioni quantitative dell’area in vicinanza della residenza o luogo dove si svolge l’attività umana
• Misurazioni quantitative di surrogati di esposizione
• Distanza dal sito e durata della residenza
• Distanza o durata della residenza
• Residenza o lavoro entro un’area geografica ragionevolmente vicina alla probabile fonte di esposizione
• Residenza o lavoro in un’area geografica definita (es. provincia) che include anche la fonte di esposizione
Tali approcci vengono poi variamente applicati nella valutazione della relazione esposizione-effetti sulla salute (fig 5).
Tali approcci variano in ordine crescente sia in termini di complessità che di affidabilità, ma anche di incertezza.
Epidemiological statistical models:
log(E(Ykt)) = α + β exposure metrickt + åkγkareakt+ …other covariates
Fig 5 Informazioni relative all’esposizione utilizzate negli studi epidemiologici
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
57
Un discorso a parte meriterebbe l’uso di biomarcatori umani
(Human Bio Monitoring - HBM)e più in generale della Epidemiologia molecolare nella definizione dell’esposizione.
Innanzi tutto un risultato, solo apparenterete non connesso con
l’intervento preventivo, è legato ad una più precisa ed approfondita conoscenza dei meccanismi patogenetici in cui l’ambiente e
il genoma interagiscono non solo nella fase di suscettibilità innata, ma anche nella modulazione per via metabolica degli effetti.
Tale conoscenza consente dunque di poter valutare e comunicare in modo meno vago la variabilità degli effetti che normalmente viene spiegata facendo riferimento a concetti quali relazione
causa-effetto di tipo stocastico (probabilistico) e che, senza essere
troppo ottimisti, almeno in parte, è dovuta semplicemente alle
scarse conoscenze che si hanno dei fenomeni biologici.
Un rapporto più diretto tra epidemiologia molecolare ed in
particolare il HBM e prevenzione è dato dalla possibilità di pervenire ad una più puntuale ed efficace definizione del risk assessment individuale e di gruppo. In passato, sia in ambito occupazionale che ambientale (ad es. Snow, 1855), esposizioni ad elevate
concentrazioni del fattore di rischio e la presenza di specifici
outcomes avevano consentito di raggiungere buoni risultati anche non approfondendo il contenuto della “scatola nera” che comunemente si accetta tra il fattore di rischio e l’outcome. Oggi le
esposizioni hanno concentrazioni del determinante sempre più
piccole e confuse, pertanto la conoscenza del meccanismo (ambientale-metabolico-genomico), almeno in linea di principio, potrebbero consentire di definire i meccanismi di intervento più
appropriati.
La medesima (migliore) conoscenza consente non solo la identificazione dei meccanismi, ma anche la ricostruzione di una
migliore definizione della relazione esposizione-dose (dosimentria
biologica) per quantità più piccole di xenobiotico.
Anche per quanto concerne la prevenzione secondaria essa permette di focalizzarsi su specifici (e sensIbili) eventi preclinici
(diagnosi precoce), o addirittura di suscettibilità. Su questo punto
occorrerà però valutare opportunamente anche le possibili conseguenze sul piano etico.
Per quanto riguarda gli aspetti più propriamente epidemiologici e preventivi ricordiamo la riduzione delle possibilità di misclassificazione della esposizione e degli outcome. Ad es. nel caso degli
studi caso-controllo è possibile una migliore definizione di caso
consentendo così una migliore associazione tra malattia e la
esposizione e la suscettibilità (Schulte, 1993).
58
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 1
Quale è un possibile costo per tutto questo? Sicuramente la
preparazione e la tensione dell’epidemiologo e dell’operatore di
prevenzione che non dovrà più essere solo concentrata sulla conoscenza dell’ambiente e delle malattie (scatola nera), ma anche
dei più intimi meccanismi biologici e questo implica importanti
conseguenze sia a livello educativo che professionale-organizzativo (fig.6).
Fig 6 Relazione tra approccio epidemiologico tradizionale e quello basato
su bio-marrker umani (Epidemiologia molecolare).
In tal senso estremamente suggestivi sono i cosiddetti modelli di esposizione che avendo precisato le modalità di diffusione
della sostanza e le caratteristiche sociali (demografiche e sociali) ed individuali delle persone oggetto di studio, sulla base delle
emissioni (catasto degli scarichi industriali, modelli di emissioni
autoveicolari etc.) cercano di specificare in termini predittivi la
esposizione a cui saranno soggetti gli individui stessi (fig. 7).
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
59
Fig. 7. Nuovo approccio per la valutazione della esposizione a livello di popolazione ed individuale.
Su questi temi (modellistica) vi saranno trattazioni specifiche da
parte di altri relatori/autori della conferenza.
In generale gli elementi su cui si basano questi modelli sono qui
riassunti:
Agent(s)
biological, chemical, physical, single
agent, multiple agents, mixtures
Source(s)
anthropogenic/non-anthropogenic,
area/point, stationary/mobile, indoor/
outdoor
Transport/carrier medium air, water, soil, dust, food, product/item
Exposure pathways(s)
eating contaminated food, breathing
contaminated workplace air touching
residential surface
Exposure concentration
mg/kg (food), mg/litre (water), µg/m3
(air), µg/cm2 contaminated surface), %
by weight, fibres/m3 (air)
Exposure route(s)
inhalation, dermal contact, ingestion,
multiple routes
60
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 1
Exposure duration
seconds, minutes, hours, days, weeks,
months, years, lifetime
Exposure frequency
continuous, intermittent, cyclic, random, rare
Exposure setting(s)
occupational/non-occupational, residential/non-residential, indoors/outdoors
Exposed population
general population, population subgroups, individuals
Geographic scope
site/source specific, local, regional, national, international, global
Time frame
past, present, future, trends
(Fonte Sexton 1995)
La valutazione dell’esposizione nel processo del
REACH
Aldilà delle possibilità di impiego a livello locale della procedura
REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction
of Chemical substances ci cui REGOLAMENTO CEn. 1907/2006
DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006) si ritiene utile riprendere qui alcuni spunti soprattutto
per la sistematizzazione realizzato sul tema dell’exposure assessemnet da questa importantissima fonte normativa a livello europeo.
Il contesto generale entro cui si muove il Chemical Safety Assessment (CSA) del processo del REACH è presentato dalla figura 8:
Fig 8 vista d’insieme della CSA
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
61
Lo scopo della valutazione dell’esposizione in questo contesto
è molto preciso e cioè quello di garantire un uso sicuro della sostanza. Pertanto gli scenari di esposizione mirano essenzialmente a assicurare il “controllo del rischio” di tutti i pericoli (hazard)
identificati.
La risoluzione spaziale che di volta in volta dovrà essere presa in
considerazione potrà essere: locale (emissione puntuale), regionale,
continentale. Per ciascuno di questi livelli esistono problematiche
di monitoraggio, computazionali e comunque implicano un diverso approccio di studio. Ad esempio nel caso di la valutazione dell’esposizione su scala regionale le caratteristiche chimico-fisiche della
sostanza che condizionano la sua permanenza nell’ambiente e le
condizioni per il suo trasporto assumo un rilevo essenziale.
In ogni caso è bene ricordare che esiste un rapporto tra i tre livelli
come mostra la figura 9:
Fig 9 relazione tra le scale locale-regionale-continentale (fonte ECHA 2010).
Per definire una esposizione ambientale occorre comunque tenere conto di:
• L’adsorbimento a particelle (gas-areosol partitioning)
• Partizione tra acqua e aria (volatilizzazione)
• Partizione tra solidi e acqua nel suolo, sedimenti e materiale
sospeso (adsorbimento e desorbimento)
62
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 1
• Partizione tra acqua/solidi e biota (bioconcentrazione e e biomagnificazione)
• Processi di trasformazione nell’ambiente sia di tipo biologico
che abiotico.
La sostanza, in effetti, può essere parzialmente degradata o rimossa dai meccanismi tecnologici di depurazione messi in atto,
ovvero attraverso la distribuzione e degradazione entro l’ambiente. A tal riguardo occorrere tenere conto della possibilità di contaminazione secondaria dell’uomo attraverso i predatori (v. fig 10)
Fig. 10 rappresentazione generale delle vie di esposizione secondaria
di contaminanti ambientali
Alcune esperienze significative
Nella presentazione sono poi state introdotte alcune esperienze
condotte nella Regione Emilia-Romagna o all’estero con progetti
UE coordinati da ARPA ER. Tra queste in particolare:
Progetto Moniter: (http://www.arpa.emr.it/moniter/ )che aveva
come obiettivo generale quello di ha l´obiettivo principale di “organizzare un sistema di sorveglianza ambientale e valutazione epidemiologica nelle aree circostanti gli impianti di incenerimento di
rifiuti solidi urbani in Emilia-Romagna”. Più in particolare il progetto si poneva l’obiettivo di uniformare le metodologie di moni-
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
63
toraggio ambientale degli impianti di incenerimento rifiuti, di acquisire nuove conoscenze relative alle caratteristiche qualitative
e quantitative degli inquinanti emessi dagli impianti e presenti in
ambiente nonchè di valutare, con approccio omogeneo, lo stato di
salute della popolazione esposta alle emissioni degli inceneritori di
rifiuti solidi urbani in esercizio nel territorio regionale. Per quanto
riguarda l’esposizione il progetto ha realizzato importanti ed innovative esperienze circa la valutazione dell’esposizione sulla base
della residenza attraverso la:
• Ricostruzione storia residenziale (georeferenziazione della
popolazione in studio)
• Definizione di traccianti specifici per inceneritori e altre fonti
• Mappatura ambientale dei traccianti individuati
• Definizione dei livelli di esposizione e attribuzione di un valore di esposizione a livello individuale
Tale progetto prende le mosse sia da un punto vista organzzazivo che metodologico dallo studio condotto nell’area di Coriano
(Forlì) (Ranzi 2010)
Studio pilota di biomonitoraggio umano sulla popolazione residente nell’area intorno all’inceneritore di Modena che aveva
come obiettivi generali quelli di
• Testare un set di biomarcatori di esposizione utili a monitorare l’esposizione agli inquinanti potenzialmente emessi dall’inceneritore nella popolazione residente nelle aree di ricaduta delle
emissioni.
• Verificare una serie di condizioni quali la potenza dello studio, la compliance della popolazione target, i fattori confondenti
le scelte organizzative e logistiche e i laboratori che effettuano le
analisi.
Su questo studio verranno pubblicati i risultati finali. Al momento sono stati presentate solo alcune valutazioni metologiche preliminari (Fustinoni 2013)
Impatto di diverse definizioni dell’esposizione sulle stime degli
effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico. Con questo studio (Zauli Sajani, 2004, 2012) vengono riportati alcuni elementi, per diversi aspetti inattesi ma assolutamente importanti
circa la affidabilità dei dati ambientali se rilevati a livello a locale
se non si considera adeguatamente la variabilità spaziale del dato
ambientale e la qualità del monitoraggio stesso.
Progetto twinning “Management System on Drinking Water Monitoring in Chief Sanitary Inspectorate” realizzato in Polonia nel
64
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 1
2006. Con questo progetto è stata definita una realizzazione denominata Risk Assessment Information Management System (RAIMS)
con il quale si è cercato di integrare informazioni ambientali e sanitarie al fine di pervenire ad procedure di RA e sorveglianza ambientale e sanitaria sull’acqua potabile in una regione della Polonia
(http://www.arpa.emr.it/pubblicazioni/epam/generale_607.asp)
Tutte queste esperienze, a cui si rimanda per i specifici contenuti,
hanno comunque dimostrato che la maggiore difficoltà da superare per ottenere soddisfacenti in termini di protezione e promozione della salute è quella di realizzare una efficace integrazione tra
istituzioni, professionalità che operano nel contesto sanitario ed
ambientale. Se però lo si vuole, è possibile!
Riferimenti bibliografici:
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Traduzione in lingua italiana di: Environmental Epidemiology: A
Textbook on Study Methods and Public Health Applications. Firenze: ARPAT, 2004.
ECHA. Guidance on information requirements and chemical safety
assessment. Chapter R.16: Environmental Exposure Estimation. Helsinki: European Chemicals Agency, 2010.
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.15/2011). Luxembourg: Publications Office of the European Union;
2011.
Fustinoni S, Campo L, Polledri E, Mercadante R, Erspamer L, Ranzi
A, Lauriola P, Goldoni CA, Bertazzi PA. A validated method for urinary cotinine quantification used to classify active and environmental tobacco smoke exposure. Current Analytical Chemistry
2013;9.3:447-456.
Gonella L, La misura e la valutazione del rischio in: Gilli G, editor. Igiene
dell’Ambiente e del Territorio. Torino : Medico Scientifiche, 1989. p.
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
65
Ranzi A, Fano V, Erspamer L, Lauriola P, Peducci CA, Forastiere F. Mortality and morbidity among people living close to incinerators: a
cohort study based on dispersion modelling for exposure assessment.Environmental Health, Environ Health. 2011 Mar 24;10:22
Available from: http://www.ehjournal.net/content/10/1/22
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Practices. San Diego: Academic Pres; 1993. p. 6.
Sexton K, Callahan MA, Bryan EF, Saint CG, Wood WP. Informed decisions about protecting and promoting public health: rationale for
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key exposure assessment terminology. In: International Programme
on Chemical Safety. IPCS Risk Assessment Terminology. Geneva:
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Zauli Sajani S, Hänninen O, Marchesi S, Lauriola P. Comparison of different exposure settings in a case-crossover study on air pollution
and daily mortality: counterintuitive results. Journal Of Exposure
Science And Environmental Epidemiology, 2011;21(4):385-94.
Zauli Sajani S, Scotto F, Galassi F, Lauriola P, Montanari A. Urban Air
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2004;54(10):1236-1241.
66
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 2
Parte 2
La metodologia utilizzata dall’EEA per il Technical report No
15/2011(Revealing the costs of air pollution from industrial facilities
in Europe) deriva dallo studio Externe-E (Externalities of Energy 2005), che per la stima dell’impatto sanitario ha utilizzato a sua volta
le funzioni di rischio e le curve dose risposta elaborate nel progetto
CAFE (Clean Air for Europe, 2005).
La metodologia EEA, riportata nella figura seguente, presuppone 4
tappe:
• stima e/o misura delle emissioni dalla/e sorgente/i (in termini
quantitativi: Kg/anno, mg/ora etc)
• uso di modelli di dispersione per il calcolo delle concentrazioni
medie per ciascun recettore (in termini di ug/m3)
• uso di funzioni dose-risposta per la stima dell’impatto (ad esempio numero di casi di asma o tumore del polmone attesi nella popolazione esposta, possibilmente derivanti da studi epidemiologici
robusti o da metanalisi con uso di Rischi Relativi per incremento di
concentrazione dell’inquinante considerato)
• quantificazione monetaria dell’impatto calcolato al punto precedente
La metodologia richiede tuttavia:
• L’aggiornamento degli outcome sanitari
• L’aggiornamento delle stime di rischio utilizzate
Fig. 1. Schema della
metodologia EEA
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
67
Questo processo è lo stesso che viene comunemente utilizzato
all’interno di uno studio di Health Impact Assessment (HIA), tradotto in Italiano con il termine di VIS (Valutazione dell’Impatto
sulla salute), e precisamente coincide con la fase di Assessment (o
Risk Assessment) della VIS.
Figura 2: Fasi del Risk Assessment in un processo di VIS
La definizione più accreditata di Valutazione d’Impatto sulla
Salute è stata elaborata da un gruppo di esperti riuniti, nel 1999
a Goteborg dal WHO European Centre for Health Policy (ECHP),
per revisionare i vari modelli esistenti, ed è la seguente:
“La Valutazione di Impatto sulla Salute è una combinazione di
procedure, metodi e strumenti con i quali si possono stimare gli effetti
potenziali sulla salute di una popolazione di una politica, piano o progetto e la distribuzione di tali effetti all’interno della popolazione”1.
Il suo scopo è fornire a tutti i decisori delle valutazioni, basate su
conoscenze sistematiche e condivise, che consentano di scegliere fra diverse alternative rispetto alle conseguenze future delle
opzioni che s’intende mettere in opera. Essa pone al centro della complessità sociale la protezione e la promozione della salute
della popolazione, affinché le politiche garantiscano il benessere
complessivo degli individui, delle comunità e la sostenibilità del
loro ambiente. Intesa in questo senso, la VIS appartiene all’insieme degli interventi della sanità pubblica.
WHO. Health impact assessment: main concepts and suggested approach.
Gothenburg consensus paper. Brussels: European Centre for Health Policy, WHO
Regional Office for Europe; 1999. Available from: http://www.euro.who.int/document/PAE/Gothenburgpaper.pdf
1
68
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 2
Le fasi della VIS in realtà comprendono altri passaggi, oltre al
Risk Assessment, così riassumibili:
• 1. Screening (Obiettivo: decidere se è necessario condurre
una VIS). Nella fase di screening viene valutato se una politica, un
programma o un progetto hanno un impatto sulla salute della
popolazione e se è opportuno e necessario intraprendere una VIS.
• 2. Scoping (Obiettivo: decidere come è necessario fare la VIS)
Se dalla fase di screening è emersa la necessità di fare una VIS, nella
fase di scoping viene sviluppato il programma di lavoro.
• 3. Stima degli Impatti (Assessment) (Obiettivo: valutazione
degli impatti sulla salute della popolazione). La fase di assessment
è la parte principale della VIS, dalla quale derivano informazioni
circa la natura e la portata degli impatti sulla salute connessi alla
politica/progetto/programma.
• 4. Reporting e raccomandazioni (Obiettivo: formulare raccomandazioni). Nella fase di reporting viene strutturato un report
della VIS eseguita e vengono formulate delle raccomandazioni
per promuovere la salute.
• 5. Monitoraggio e raccomandazioni (Monitoring) (Obiettivo: verificare che gli obiettivi della VIS siano stati raggiunti). La
fase di monitoring ha lo scopo di controllare che gli impatti sulla
salute siano effettivamente quelli previsti dal procedimento di
VIS e che le raccomandazioni siano effettivamente attuate dai
decisori. Si deve valutare se gli effetti positivi attesi sulla salute, il
benessere e l’equità siano stati effettivi e se quelli negativi siano
stati minimizzati.
Nella fase di Assessment si pone il problema, in Italia, della ripartizione delle competenze tra operatori delle ARPA e operatori
del SSN.
Una possibile ripartizione è riportata nella tabella della pagina
seguente seguente:
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
69
Tabella 1. Riparto di competenza ARPA / ASL nelle procedure di Stima degli
Impatti (Assessment) della VIS2
FASE
DESCRIZIONE
COMPETENZA
1
Identificazione dei fattori di rischio:
ricerca e riconoscimento, attraverso
appropriati accertamenti modellistici
e tecnico-analitici, della/e sostanza/e
ARPA
potenzialmente pericolosa/e, relativa
caratterizzazione ed identificazione
del percorso e concentrazione prevista
nell’ambiente di vita
2
Valutazione della tossicità della/e sostanza/e potenzialmente pericolose, ove ASL / Epidemiologia
identificata/e, per l’uomo
3
Valutazione dell’esposizione ambientale: ricerca, determinazione e quantificazione o stima, attraverso appropriati
accertamenti modellistici, ispettivi o
tecnico-analitici del grado di contami- ARPA
nazione previsto di matrici ambientali
(aria, acqua, terreno, ecc.) potenzialmente causabile nel corso dell’attuazione
dell’opera o progetto
4
Valutazione del rischio sanitario per la
popolazione: previsione, sulla base delle
indagini e degli accertamenti ambientaASL / Epidemiologia
li precedenti, degli effetti probabilistici
sulla popolazione in termini di eventi
sanitari avversi
Le funzioni dose- risposta
Posto che siano state completate le fasi di stima e/o misura delle
emissioni dalla/e sorgente/i e siano stati utilizzati modelli adatti di
dispersione per il calcolo delle concentrazioni medie per ciascun
recettore, si pone il problema, per la quantificazione degli impatti,
della scelta degli out come sanitari da considerare per ciascun inquinante.
Tratto da: ARPA Piemonte. Proposta di LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE
DI IMPATTO SANITARIO (VIS). Torino: ARPA Piemonte, 2011.
2
70
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 2
Ogni sostanza determina, infatti, un effetto su uno o più organi,
con effetto su una o più patologie.
La metodologia EEA indica alcuni di questi out come in funzione degli inquinanti aeriformi (fig. 3):
Figura 3. Lista degli out come sanitari in relazione agli inquinanti atmosferici
Gli outcome sanitari utilizzati dall’EEA e da CAFE sono, come
si evince dalla figura, principalmente quelli utilizzati negli studi dell’inquinamento atmosferico (legati a polveri da processi di
combustione e loro costituenti).
I processi di combustione (dei motori a scoppio o diesel, dei processi industriali, degli impianti di riscaldamento) sono differenziati tra loro e con caratteristiche chimiche delle polveri emesse
diverse, ma hanno in comune l’emissione di substrati carboniosi
di varia dimensione (tra cui le polveri fini ed ultrafini hanno mostrato un profilo di rischio particolare).
Le conoscenze oggi disponibili sugli effetti delle polveri derivanti da questi processi mostrano che le patologie ad esse associate
sono largamente sovrapponibili e simili a quelle determinate dal
fumo di tabacco (altro processo di combustione con formazione
di polveri).
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
71
Tabella 2. Comparazione degli effetti conosciuti del fumo di tabacco
e dell’inquinamento atmosferico
Outcome - fumo di tabacco
Outcome - inquinamento
atmosferico
Patologie respiratorie
BPCO
Asma
Polmonite
Patologie respiratorie
BPCO
Asma
Polmonite
Patologie cardiovascolari
Infarto
Ictus
Aritmie cardicahe
Aterosclerosi
Patologie cardiovascolari
Infarto
Ictus
Aritmie cardicahe
aterosclerosi
- Basso peso alla nascita
- Basso peso alla nascita
- Mortalità infantile
- Mortalità infantile
-Tumore del polmone
-Tumore del polmone
- Tumore del rene
- (?)
- Tumore della vescica
-(?)
- Leucemia
- (?)
Sono disponibili un numero sufficiente di studi comprovanti
ciascuna delle associazioni riportate in tabella.
Lo studio CAFE e Il Rapporto EEA hanno considerato per le loro
valutazioni di Impatto solo gli outcome sanitari ad evidenza sufficiente.
Oggi sono disponibili evidenze, limitate come numero, ma congruenti come plausibilità biologica, anche per altri outcome che
non sono stati finora considerati, anche in altre esperienze di HIA
internazionali (APHEIS, WHO).
Questo implica che le stime di impatto fin qui considerate sono
sottostimate per difetto, dato che il contributo in termini di anni
di vita persi per altre patologie (ad es. quello dell’aterosclerosi) ha
come outcome a lungo termine altre patologie (in primis ipertensione e patologie derivanti) ad impatto rilevante, non ancora ricercate negli studi fin qui eseguiti.
Le stime di rischio sugli effetti a lungo termine (che presentano i maggiori impatti) utilizzate dall’EEA per il Technical report
No 15/2011, derivano da valutazione compiute nel 2005 (ExternE
- 2005, e CAFE - 2005), a loro volta derivate dagli studi di coorte
72
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 2
americani (gli unici disponibili nel periodo in cui si è svolto CAFE)
(Review di Pope e Dockery, 2002)
Oggi abbiamo una maggiore disponibilità di studi, anche europei, che consentono di avere stime di rischio più aggiornate e più
vicine vedi Fig. 3)
Review e meta-analisi aggiornate (degli studi comparabili per
metodologia, outcome e inquinante) indicano che le stime di rischio più recenti sono leggermente diverse: per il PM 2.5 lievemente maggiori per la mortalità totale (1.07 invece di 1.06), lievemente
minori per la mortalità tumorale polmonare (1.12 invece di 1.14) e
cardiopolmonare (1.07 invece di 1.09).
Notevoli e importanti sono invece i rischi legati all’indicatore
NO2, finora non considerati nelle meta-analisi pubblicate.
Fig. 4 Studi a lungo termine degli effetti dell’inquinamento atmosferico
(aggiornamento a Luglio 2012)
In Italia le stime di impatto sono state diverse, e hanno riguardato città o esiti complessivi di studi:
Città
• WHO ECEH Roma, 13 città italiane, 2006
• ARPA Piemonte, 6 città piemontesi, 2002
• ARPA Piemonte, Torino e Novara, 2010
• Trieste (Tominz et al, Epidemiologia e Prevenzione)
ENNIO CADUM E PAOLO LAURIOLA
73
• Valle d’Aosta (effetti della chiusura del traforo del M. Bianco)
Studi
• MISA 2 (effetti a breve termine)
• EPIAIR (effetti a breve termine)
Tabella 3. Stima di impatto degli effetti a breve termine,
studio MISA, Italia, 1996-2002
NO2
CO
città
n. (%)
ICr 80%
n. (%)
ICr 80%
Bologna
95 (2.24)
63,128
45 (1.06)
32,58
Catania
45 (1.69)
30,60
23 (0.86)
16,30
Firenze
55 (1.36)
37,75
21 (0.52)
15,27
Genova
136 (1.75)
91,183
120 (1.54)
85,155
Mestre-Venezia
19 (1.13)
12,25
25 (1.49)
18,32
Milano
249 (2.34)
166,335
306 (2.88)
219,392
Napoli
457 (5.23)
305,616
256 (2.93)
181,330
Palermo
99 (1.90)
65,134
121 (2.32)
86,156
Pisa
9 (1.12)
6,13
14 (1.74)
10,18
Ravenna
22 (1.63)
14,29
12 (0.89))
8,15
Roma
583 (2.74)
388,787
695 (3.26)
494,894
Taranto
19 (1.18)
13,26
27 (1.68)
19,35
Torino
171 (2.28)
114,230
163 (2.18)
116,210
Trieste
14 (0.68)
9,20
40 (1.96)
28,51
Verona
39 (1.91)
26,52
29 (1.42)
21,38
Stima meta-analitica
2012 (2.46) 1339,2713
Stima città-specifica a
posteriori
2223 (2.72)
1180,3341
1897 (2.32) 1348,2441
1957 (2.40) 1277,2613
Le stime di impatto delle emissioni industriali in Italia sono in-
74
DALLA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AGLI OUTCOME SANITARI, parte 2
vece pochissime, per lo più limitate a qualche centrale termoelettrica o a inceneritori.
Presentano problematiche legate alle emissioni, oltre che di polveri, per le quali vi è la stragrande maggioranza di valori di rischio
e di curve dose-risposta, anche di altre sostanze volatili e metalli. Le
stime di rischio e le curve dose-risposta per queste categorie di sostanze sono meno accurate e probabilmente sottostimate. Le esperienze in Italia di studi di impatto su queste sostanze sono limitate.
Gli impatti economici di questi rischi sanitari riportati nello studio CAFE (utilizzato nella metodologia EEA) sono rilevanti.
La base della valutazione economica è data nello studio CAFE
dalla riduzione della speranza di vita (Fig. 5)
Fig. 5. Studio CAFE – Mesi di vita persi dovuti ai livelli attuali e prevedibili di
PM2.5 (Bertollini, WHO, 2005)
Il livello attuale dell’inquinamento atmosferico, secondo le valutazioni condivise anche dall’OMS Europa, comporta rilevanti
costi economici.
In Europa:
• 58–161 miliardi di € per la mortalità prematura;
• 29 miliardi di € per spese ospedaliere
In Italia:
• • 9–23 miliardi di € per la mortalità prematura;
• • 5 miliardi di € per spese ospedaliere.
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
75
VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI
SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
di BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI,
PIETRO A. RENZULLI*1
Obiettivo del presente contributo ai lavori del workshop ”Valutazione economica degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico: la metodologia dell’EEA” è quello di descrivere la metodologia
Impact Pathway Analysis (IPA), che è considerata dalla Commissione Europea come la più idonea per effettuare valutazioni economiche delle esternalità legate all’inquinamento di siti produttivi,
e confrontarla con la metodologia sviluppata dall’European Environmental Agency (EAA) nel rapportoRevealing the costs of air
pollution from industrial facilities in Europe (EAA, 2011).
Sin dal 1990 la Commissione Europea con un team di oltre 200
scienziati dei diversi paesi membri e con un investimento di oltre 15
M€ ha lanciato il Progetto ExternE il quale, attraverso lo sviluppo della metodologia di IPA si pone l’obiettivo di valutare in modo site specific il danno ambientale e monetario derivante dal funzionamento
di centrali termoelettriche alimentate con combustibili fossili, con
fonti rinnovabili e con combustibile nucleare (ExternE, 1995).
Il contributo si articola su tre parti: l’introduzione, in cui verrà
descritto l’inquinamento in termini di esternalità, e sarà evidenziata l’utilità della quantificazione dei costi esterni con le metodologie IPA di tipo site-specific e le differenze con il Life Cycle Inventory (LCI) di tipo site-indipendent; nella seconda parte verrà
maggiormente dettagliato l’approccio dell’IPA nel progetto ExternE; il contributo termina con una breve descrizione del rapporto
dell’EEA, Revealing the costs of air pollution from industrial facilities
in Europe, operando una comparazione tra l’IPA e i risultati del predetto rapporto dell’EAA, , ottenuti con una metodologia di Impact
Pathway Approach.
*1 Dipartimento Jonico in “Sistemi Giuridici ed Economici del Mediterraneo: societa’, ambiente, culture” - Università degli Studi di Bari Aldo Moro
76 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
1) Introduzione: inquinamento, esternalità e
metodologie proposte dell’UE
I costi esterni si definiscono come i costi che ricadono sulla collettività e che non sono sostenuti da chi li ha generati. In welfare
economics - economia del benessere – si introduce il concetto del
fallimento del mercato, e di esternalità, sia positive che negative: il
balcone pieno di fiori e di piante tropicali del vicino, beneficio per
il quale non si paga alcun prezzo, è un esempio del primo caso; l’inquinamento, danno per il quale non si riceve alcun indennizzo, è
il classico esempio del secondo caso. L’emissione di sostanze inquinanti in quantità superiore a quelle previste per legge contribuisce
al profitto dell’imprenditore, ma a quel profitto marginale dell’imprenditore non corrisponde alcun indennizzo per la collettività
che è sottoposta a quell’inquinamento. Si verifica un fallimento del
mercato perché effettivamente si ha un costo che non è pagato da
nessuno o che non viene rimborsato ad alcuno. Per muoversi dalla
situazione di fallimento del mercato si può provare a quantificare
il costo dell’inquinamento e cercare di internalizzarlo: in tal modo
si potrà dire che quel costo esterno corrisponde effettivamente al
costo totale di funzionamento di quell’impianto annuale o che quel
costo deve essere internalizzato, ossia indennizzato, ad esempio attraverso un’ecotassa, per chi causa l’inquinamento.
Un altro modo per poter rimediare al fallimento del mercato è
quello di imporre delle riduzioni ai limiti di emissione. Il principio
guida è che il costo marginale dell’inquinamento deve essere uguale al beneficio marginale dovuto alla riduzione del danno. Ovviamente, il problema è la difficoltà nel determinare la dimensione del
danno causato dall’inquinamento al fine di ottimizzare la regolamentazione ambientale come i limiti delle emissioni, le tasse per
l’inquinamento o le quote di scambio. Per tutto questo è necessario arrivare alla conoscenza del danno per kg di inquinante emesso,
danno sanitario che poi, si può trasformare in grandezze monetarie
Euro o Dollari.
L’Unione Europea si è posta il problema nei primi anni ’90: a tal
fine ha sviluppato il progetto ExternE, External cost of Energy, una
serie di progetti di ricerca finanziati dall’UE dal 1991 in poi, con più
di 200 scienziati provenienti da tutte le nazioni dell’Unione Europea, con un costo di oltre 15 M€ (Spadaro et al., 1999). Sin dall’inizio
di ExternE il panel degli scienziati è stato assolutamente d’accordo
nell’indicare come metodologie da seguire per la valutazione del
costo esterno su base site specific l’IPA e il LCI of fuel chain, ossia
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
77
la parte di inventario della metodologia di Life Cycle Assessment
(LCA) - Analisi del ciclo di vita del prodotto. L’approccio di tipo
site specific, tipico della metodologia IPA, riportata in Figura 1, ha
come oggetto dell’analisi il sito di produzione, che deve essere
identificato con tutti gli aspetti che possono incidere sul relativo
impatto ambientale: tecnologia, efficienza, quantità di carbone,
olio combustibile da bruciare quotidianamente, emissioni inquinanti, altitudine del sito, altezza dei camini, caratteristiche meteorologiche del sito, in particolare la direzione e l’intensità dei venti.
Tutti questi dati sono fondamentali nella fase successiva, quella di
applicazione di modelli di dispersione atmosferica, grazie ai quali
si può determinare come gli inquinanti si propagheranno, anche
oltre frontiera. Questi modelli servono per capire chi sarà esposto a
tali inquinanti; di conseguenza è fondamentale conoscere la struttura demografica per poter passare alla terza fase dell’IPA, ossia la
determinazione del danno reale (o danno sanitario) attraverso le
funzioni dose effetto. Nella quarta fase i danni sanitari e ambientali vengono monetizzati attraverso le metodologie di valutazione
economica (costi edonistici, costi di trasporto, valutazione contingente, etc.) (Notarnicola et al., 1999).
La seconda metodologia eletta dall’UE come metodologia fondamentale in questi approcci è l’LCI del framework metodologico
dell’LCA (ISO 14040 e 14044, 2006) La LCA, la cui metodologia è
rappresentata in Figura 2, può essere definita come «un procedimento oggettivo inteso a valutare i carichi ambientali associati
ad un prodotto, processo o attività, mediante l’identificazione e
la quantificazione dei consumi di energia e di materiali e i rilasci
nell’ambiente, la stima dell’impatto associato a quegli usi di materiali, di energia e ai rifiuti immessi nei diversi comparti ambientali
e l’identificazione e valutazione delle opportunità relative ai miglioramenti ambientali».
L’analisi include l’intero ciclo di vita del prodotto, processo o attività, e comprende perciò:
• l’estrazione e la lavorazione delle materie prime;
• la produzione, il trasporto e la distribuzione;
• l’uso, il riuso e la manutenzione;
• il riciclaggio e lo smaltimento finale.
La LCA ha come oggetto di studio i prodotti e/o servizi intesi
con un approccio sistemico e olistico, ossia come flussi di materia
e di energia e le trasformazioni che questi subiscono dal momento
del loro prelievo dall’ambiente a quello dell’ottenimento del pro-
78 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
dotto fino allo smaltimento finale del prodotto stesso e di tutti i
rifiuti solidi generati. Caratteristica fondamentale della LCA, che
per lo più non si ritrova negli altri strumenti di analisi, è quella
di essere site-indipendent. I singoli processi di produzione, uso e
smaltimento sono infatti analizzati e quantificati (in consumi di
risorse ed emissioni nell’ambiente) indipendentemente dal sito
in cui si verificano (Notarnicola et al., 2012). Questo perché non si
può pretendere che un’analisi «dalla culla alla tomba», in cui mediamente si esaminano un centinaio di attività produttive, possa
includere con dettaglio le caratteristiche spazio-temporali di ogni
attività – le caratteristiche dei venti, le altezze dei camini, i modelli
di dispersione degli inquinanti, le condizioni dei corpi riceventi
– o tutti gli aspetti che dovrebbero essere considerati da analisi di
tipo site-specific.
Figura 1: La Metodologia di IPA
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
79
L’inclusione di queste componenti porterebbe, molto probabilmente, a risultati diversi, in quanto una t di SO2 ha un diverso effetto se viene immessa nell’atmosfera dell’Oceano Pacifico o della
città di Roma. La LCA non si occupa degli impatti reali, ossia dei
danni effettivi che vengono prodotti dal ciclo di vita di una merce, ma di quelli potenziali, ossia quelli che potrebbero essere provocati dai carichi ambientali del sistema. La LCA è uno strumento
di analisi merceologico-ambientale poiché essa pone al centro della sua analisi la merce come tale, valutando i carichi ambientali
legati al suo ciclo di vita, indipendentemente dal sito in cui si verificano le diverse fasi di produzione, uso o smaltimento. La localizzazione del danno effettivo degli inquinanti, l’entità di tale danno,
espresso come aumento di malattie respiratorie, la loro valutazione economica, non rientrano nello schema della LCA, bensì della
metodologia di IPA, introdotta dal Progetto Externe. Quest’ultima
metodologia oggi è di rilevanza per la determinazione del cosiddetto Danno Sanitario, previsto dalla Legge della Regione Puglia n.
21 del 24 luglio 2012.
Figura 2: La metodologia di LCA
80 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
Nella Tabella 1 è riportato un confronto tra l’ExternE e la terza
fase della LCA, la cosiddetta Life Cycle Impact Assessment (LCIA),
ossia la valutazione di impatto. Si può notare come la LCA trasforma i flussi fisici degli inquinanti in loro contributi a determinate
categorie di impatto (riscaldamento globale, tossicità, eutrofizzazione etc.), cosiddetti midpoint level della catena effetto che parte
dall’inquinante e termina al corpo ricevente finale, valutando così
il cosiddetto danno potenziale, mentre la l’IPA modellizza gli stessi
inquinanti al livello del loro recettore finale, valutando così il danno reale. (Notarnicola et al., 1998).
Tabella 1: confronto fra metodologia IPA ed LCA
2) La metodologia IPA nel Progetto ExternE
La prima fase dell’IPA nel progetto ExternE è costituita dall’inventario delle fonti di inquinamento che si verificano nel sito preso in considerazione. Gran parte dell’inquinamento atmosferico è
dovuto direttamente o indirettamente alla produzione di energia
elettrica e termica da combustibili fossili, produzione di calore e
trasporti. Gli inquinanti possono essere primari o secondari: primari quando si considera il loro impatto diretto sugli organismi
riceventi, secondari quando si considera l’impatto dovuto alla tra-
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
81
sformazione di questi inquinanti come ad esempio la formazione
di aerosol di solfati o nitrati o la produzione di ozono derivante dal
ciclo degli ossidi di azoto (reazione di NOx con COV in presenza
di luce).
Una volta che gli inquinanti sono quantificati sulla base dell’inventario proposto dalla LCA nelle norme ISO 14040 e 14044, gli
stessi sono sottoposti ai modelli di dispersione in atmosfera. La
dispersione nell’aria degli inquinanti può raggiungere distanze di
svariate centinaia di km. Quindi c’è la necessità di utlizzare, oltre
ai modelli locali i modelli regionali. Un modello Gaussian Plume,
riportato in Figura 3, che viene utilizzato da ExternE per valutare
gli impatti locali, richiede le seguenti informazioni: concentrazione μg/m3 di fumi, emissioni kg/s, velocità del vento m/s, larghezza orizzontale del flusso di fumi, larghezza verticale del flusso di
fumi, altezza di emissione effettiva, del camino.
Figura 3: Modello Gaussian Plume
In Figura 4, è riportato l’incremento della concentrazione di SO2
derivante dalla centrale a lignite di Rheinland in Germania. Il territorio è stato diviso in celle da 10 km x10 km; più piccole sono le
celle utilizzate nei modelli, maggiormente si possono osservare gli
impatti a scala locale, ad esempio scendere al livello del singolo
82 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
quartiere. Ebbene, è facile notare che l’incremento di concentrazione di SO2 nell’aria si avrà in particolar modo nelle celle dov’è
localizzata la centrale termoelettrica (nei pressi di Grevenbroich).
Figura 4: Incremento nella concentrazione di SO2 derivante dalla centrale
a lignite di Rheinland, scala locale (ExternE, 1995).
Se si applica un modello regionale (Figura 5) si può osservare
come gli inquinanti non rimangono soltanto nelle celle in prossimità della centrale ma vanno anche nel centro-Nord della Norvegia, nel Nord della Gran Bretagna, addirittura arrivano sul Gargano.
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
83
Figura 5: Incremento nella concentrazione di SO2 derivante dalla centrale a
lignite di Rheinland, scala regionale (ExternE, 1995)
I più alti incrementi di concentrazione dell’inquinante si hanno
nella cella dove è localizzata la centrale; più ci si allontana più il
livello di concentrazione si abbassa. In Figura 6 è riportata la per-
84 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
centuale del danno totale atteso fino alla distanza R dalla fonte per
vari inquinanti: è possibile notare come per le polveri PM5-10 (TSP
5-10 nel grafico) a una distanza di 50 km dalla fonte si localizzerà
il 10% del totale di quell’inquinante. Il restante 90% si localizzerà
in tutte le celle fino a un massimo di circa 5000 km dal punto di
emissione. Nelle celle localizzate nella prossimità dell’impianto
abbiamo l’incremento massimo della concentrazione, ma in valore assoluto possiamo dire che il 10% di quella sostanza rimane in
tali località, mentre il restante 90% è diretto nelle altre celle.
Figura 6: Percentuale del danno totale atteso fino alla distanza R
dalla fonte per vari inquinanti
La terza fase dell’IPA è quella che riguarda le funzioni dose-effetto; in Tabella 2 sono riportati gli impatti derivanti dagli inquinanti primari e secondari sulla mortalità o sulla morbosità cardiovascolare e respiratoria, neurotossicità ed altro. Ci sono inoltre altri
effetti inquinanti diversi da quelli che si hanno sulla salute pubblica che sono quelli ad esempio dei danni provocati dall’ozono sulle
piante e sugli ecosistemi, dagli ossidi di azoto sull’acidificazione
dei suoli ed eutrofizzazione delle acque, dalla SO2 sulle deposizioni
acide che provocano danni a piante ed ecosistemi, dal particolato sul deterioramento degli edifici e dei monumenti, e poi dai gas
climalteranti sul surriscaldamento globale e dai CFC sulla diminuzione di ozono stratosferico.
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
85
Tabella 2: Inquinanti atmosferici e gli effetti sulla salute
Inquinante primario
Inquinante secon- Impatti
dario
particolato
(PM10, PM2.5)
mortalità
morbosità cardio-vascolare e
respiratoria:
riduzione capacità polmonare,
cancro polmoni, asma, bronchite
(ospedalizzazione, malattia, visite
mediche, …)
SO2
effetti diretti della SO2
mortalità
morbosità cardio-vascolare e
respiratoria
SO2
solfati
NO2
come particolato
effetti diretti del NO2
mortalità e morbosità?
NOx
nitrati
come particolato?
NOx+VOC
ozono
mortalità
morbosità respiratoria
VOC
Poco o nessun effetto nelle concentrazioni tipiche (eccetto IPA)
Benzene, IPA
cancro
CO
mortalità
morbosità cardio-vascolare
diossine
cancro, altre morbosità
As, Cd, Cr, Ni
cancro, altre morbosità
Hg, Pb
Morbosità (neurotossicità, altro)
NOx+VOC
ozono
NOx
SO2
danni alle piante ed ecosistemi,
danni ad alcuni materiali
danni ad ecosistemi (Acidific.,
eutrofizz.)
piogge acide
danni alle piante ed ecosistemi,
danni ad alcuni materiali
particolato
Sporcamento /degradazione di
edifici
CO2, CH4, N2O,
CFCs
Riscaldamento globale
CFCs
Diminuzione di O3 stratosferico
86 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
Per misurare gli impatti sulla salute si utilizza l’approccio epidemiologico, che può misurare l’impatto su popolazioni umane
reali, osservando le correlazioni tra esposizione ed inquinante; in
molti casi, tuttavia, ci sono grandi incertezze nel capire se l’impatto è dovuto all’inquinante o ad altri fattori non considerati. Altro
approccio è quello tossicologico che, invece, cerca di identificare
il meccanismo di azione di un inquinante, attraverso test su cavie.
I risultati dei due approcci permettono di costruire le funzioni dose-effetto, che ci consentono di attribuire ad una determinata dose
di inquinante l’impatto reale su determinati organismi. Di solito
esse hanno una forma lineare, alcune volte si hanno delle forme
lineari con valori di soglia, in altri casi ci sono degli andamenti negativi a basse soglie, come nel caso della SO2 sulla fertilizzazione
dei terreni. Il risultato è la quantificazione degli impatti dei principali inquinanti.
Quindi, ad esempio, l’esposizione umana alle polveri 2,5 avrà degli effetti cronici sulla mortalità dei bambini, sulla morbosità in
termini di incremento di bronchiti, effetti acuti sulla morbosità in
termini di ammissione ad ospedale per problemi respiratori, o per
problemi cardiaci, mentre l’esposizione umana all’ozono ha effetti
acuti sulla mortalità e sulla morbosità, o l’esposizione dei raccolti
all’ozono provoca la di resa su determinati raccolti.
Dopo aver calcolato e quantificato il danno sanitario si passa alla
valutazione economica. Per quei beni per i quali esiste un prezzo di
mercato, il danno arrecato sarà valutato sulla base di questi valori; è
il caso della valutazione del minor reddito derivante all’agricoltore
per il minor raccolto dovuto alla ricaduta di sostanze inquinanti
sui suoi terreni, o del costo dei giorni di lavoro persi a causa di un
problema di tipo asmatico. Per i beni pubblici, (parchi etc.), il danno
arrecato ai cittadini dagli agenti dannosi si può valutare indirettamente attraverso i “costi di viaggio”, i “costi edonistici”, e i “costi di
comportamento”, che esprimono in termini monetari il sacrificio
sostenuto dai cittadini in conseguenza dei cambiamenti ambientali associati all’inquinamento. Per i beni per i quali non esiste alcun
prezzo di mercato o alcun modo per valutare il cambiamento di
comportamento dei cittadini, si farà ricorso a tecniche di valutazione contingente (disponibilità a pagare o a ricevere)
I principali indicatori utilizzati sono il valore statistico della vita
(VSL), che in Europa è pari ad 1 M€, mentre negli Stati Uniti è pari
a 5, probabilmente perché negli Stati Uniti i maggiori costi della
sanità inducono una diversa propensione alla quantificazione del
valore della vita, ed il valore di un anno di vita (VOLY) che, usa-
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
87
to per l’inquinamento atmosferico, è stimato pari a 50 K€. In termini di costo gli inquinanti emessi più importanti sono polveri,
SO2, NOx e COV. Sempre in termini di costo, la mortalità incide
per il 65% sul danno totale, la morbosità in termini di bronchite
cronica incide per il 15%, altri impatti sulla salute per il 15%. Piccole percentuali di costo sono dovute alla perdita di raccolti agricoli e a danni a costruzioni. E’ possibile misurare il costo associato
alla mortalità da inquinamento atmosferico moltiplicando i due
indicatori accennati in precedenza - di cui il VSL risulta sempre
notevolmente più alto rispetto al VOLY, - rispettivamente per il
numero di decessi e per la perdita di aspettativa di vita. Il VSL è
maggiormente utilizzato nella valutazione della mortalità in caso
di incidenti; l’indicatore della perdita di aspettativa di vita – Life
Expectancy (LE) - invece, è più indicato nella valutazione della
mortalità per inquinamento. Negli Stati Uniti e nella UE, la perdita
di aspettativa di vita a causa dell’inquinamento atmosferico, con
concentrazioni tipiche di polveri 2,5 di 20 – 30 μg/m3, è di otto
mesi. Lavorando con politiche attuative nei prossimi decenni che
prevedono una riduzione del 50% di inquinanti andiamo a ridurre
questi otto mesi a quattro; diversa la situazione nei Paesi in via di
sviluppo, Cina e India in particolar modo, in cui la perdita di aspettativa di vita a causa dell’inquinamento è stimata in 2-4 anni.
Tutto il percorso dell’impatto sin qui calcolato è dato dalla sommatoria dei valori delle tipologie di danno evidenziate. In tal modo
è possibile rapportare questo danno al kg o alla t di inquinante o al
prodotto finito, t di prodotti o kWh di energia elettrica prodotta.
Per la CO2 le incertezze sono molto più alte perché essa è quantificata come costo marginale dell’abbattimento; in ExternE, invece,
si è cercato di quantificarla in un modo molto più complesso, ossia
andando a considerare l’impatto della CO2 nei cambiamenti climatici a lungo temine, una lunga catena causa-effetto che permette di vedere poi degli impatti maggiori sui Paesi in via di sviluppo,
che hanno un valore della vita, una disponibilità, un costo medio,
notevolmente più basso degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Le
incertezze sono tante e i dati variano da 3,8 €/t CO2 fino a 139 €/t
CO2; il rapporto dell’EEA considera 33,6 €/t CO2.
In sintesi il progetto ExternE ha considerato i seguenti aspetti.
Inquinanti: CO2, NOx, SOx e PM; danni: la salute – la morbosità il
30% del costo totale, la mortalità il 65% -, costruzioni, materiali e
raccolti agricoli; tecnologie: tutte le tecnologie della produzione
di energia - carbone, lignite, olio, gas, fotovoltaico, eolico, idroelettrico, nucleare, incenerimento di rifiuti, trasporti. Le ipotesi prin-
88 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
cipali sono: impiego della site specific IPA avendo come oggetto
dell’analisi l’impianto industriale (centrale termoelettrica), impiego di modelli di dispersione locali e regionali, DRF (dose response
functions) funzioni dose-effetto lineari per la salute, mortalità in
termini di perdita di aspettativa di vita invece che numero di decessi, valutazione monetaria basata sulla disponibilità a pagare in
termine di un valore di un anno di vita, invece valutazione del
cancro basato su valore statistico della vita. Alcuni risultati ai quali
si può giungere sono: il costo del danno in €/kg per diversi inquinanti (Spadaro et al., 2002), alcuni dei quali come le polveri sono
maggiormente dipendenti dall’altezza del camino, altri hanno
una dipendenza più bassa, altri invece una dipendenza nulla come
riportato in Figura 7.
Figura 7: Costo del danno per inquinante e incertezza
(barre errori e distribuzione di probabilità), (ExternE, 2008)
Il principale uso dei risultati del progetto ExternE è quello di supporto a decisioni complesse, ad esempio sul mix energetico di un
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
89
determinato territorio, o nelle politiche di trasporto o di gestione
dei rifiuti, o livello ottimale di tasso per l’inquinamento, livello
ottimale di titoli di scambio per emissioni. Relativamente alle modellistiche utilizzate in ExternE, esse sono di due tipi, di background
e di foreground: alla prima appartengono i modelli di dispersione,
i diversi modelli di funzione dose-effetto, i modelli economici di
disponibilità a pagare e a ricevere o i modelli dei costi edonistici
(tutti questi modelli sono disponibili sui software di ExternE, quale
EcoSense). La modellistica di foreground, invece implica il carattere
di site-specifiness, ossia prendere in considerazione i dati specifici
dell’impianto, per arrivare alla stima del danno reale dell’inquinamento provocato dall’impianto stesso (Spadaro et al., 2007).
3) Il rapporto EEA, Revealing the costs of air
pollution from industrial facilities in Europe
Il rapporto dell’European Environmental Agency, dal titolo Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in Europe, valuta
i costi esterni derivanti alla salute umana e alla qualità dell’ambiente che derivano dagli inquinanti in atmosfera emessi da impianti
industriali. Il rapporto analizza l’impatto di 10.000 impianti industriali in Europa e fornisce una graduatoria delle industrie sulla base
dei danni (e dei costi esterni), che provocano alla salute umana e alla
qualità dell’ambiente. Come si può evidenziare dalla Figura 8, il 50%
del totale dei costi esterni è causato da 191 impianti.
Figura 8: Distribuzione cumulativa dei 2000 impianti
che rappresentano il danno più elevato
90 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
La Figura 9 ci mostra la localizzazione di alcuni degli impianti
più inquinanti, mentre nella Figura 10, sono messi in evidenza i
venti impianti più inquinanti. L’unico impianto italiano, la centrale termoelettrica Federico II di Brindisi sud, località Cerano, si
trova al diciottesimo posto. Nella Figura 11, sono riportati i trentacinque impianti più inquinanti d’Italia che sono compresi all’interno delle prime quattrocentoventicinque posizioni.
Figura 9: Localizzazione dei 191 impianti
che contribuiscono al 50% del danno totale
Figura 10: I 20 impianti più impattanti in Europa
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
91
Figura 11: Gli impianti più impattanti in Italia
Dalla Figura 11, si può osservare che, oltre alla centrale termoelettrica di Brindisi sud, altri impianti pugliesi che rientrano nella graduatoria sono l’ILVA al 52° posto, seguita dalle sue centrali
temoelettriche (ex, ISE, ex Edison, ora ILVA) all’80° posto (oggi i
due impianti rientrano sotto la stessa proprietà ILVA, quindi la
posizione ILVA è sicuramente superiore rispetto alla 52°), centrali
termoelettriche di Brindisi nord, 259° e 330° posto). Infine la raffineria ENI di Taranto si attesta al 544° posto. In Figura 12, si può
evincere il costo del danno aggregato per settore: quello dell’energia presenta le quote più alte, quello dell’agricoltura le quote più
basse (anche se la mancanza delle emissioni di CH4 e di N2O ne
provoca una forte sottostima); le Figure 13 e 14 rapportano, invece, il costo del danno aggregato per Paese rispettivamente senza
e con normalizzazione sul PIL; l’Italia, rispettivamente passa dalla 5° alla 21° posizione per quanto la normalizzazione solo sulla
base del PIL risulta abbastanza limitativa, visto che sarebbero da
considerare anche altri fattori quali la bilancia dei pagamenti,
le responsabilità del produttore e del consumatore, la perdita di
carbonio e le ipotesi delle culle di inquinamento (Mongelli et al.,
2006 e 2007).
92 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
Figura 12: Costi del danno aggregato per settore
Figura 13: Costi del danno aggregati per Paese, incluso la CO2
Figura 14: Costi del danno aggregato per Paese normalizzati al PIL
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
93
Figura 15: Stima del costo medio europeo del danno per inquinanti
In Figura 15 si possono desumere gli inquinanti che hanno un
costo esterno più alto: svettano le diossine con 27 G€/t.
La metodologia seguita nel rapporto dell’EEA non è l’Impact Pathway Analysis ma l’Impact Pathway Approach che costituisce un
approccio semplificato dell’IPA e che essa consta di tre fasi:
1) valutazione dei costi del danno per t di ciascun inquinante
come media nazionale;
2) correzione della media nazionale con fattori specifici di settore (ove presenti);
3) moltiplicazione dei dati per le emissioni contenute nel E-PRTR
Nella prima parte si utilizzano banche dati molto accurate come
l’E-PRTR, che si basa sulle dichiarazioni di emissione di inquinanti
in atmosfera redatte dalle aziende; sulla base di questi dati, utilizzando metodologie quale la CAFE-CBA (AEA, 2005), il modello di
trasporto degli inquinanti EMEP, il modello USEPA per il destino
degli inquinanti, il modello UWM per la concentrazione nell’aria
degli inquinanti, il modello di analisi degli effetti degli inquinanti
regionali Alpha-2 e il modello AOT040 per l’analisi dei danni sulle
colture, il modello Risk Poll per l’analisi degli effetti si costruiscono
le medie nazionali sulle quali si basano i successivi calcoli.
La seconda fase, che utilizza il modello Eurodelta 2, consiste nella correzione della media nazionale con fattori specifici di settore (ove presenti, non per il caso dell’Italia); la terza fase prevede la
moltiplicazione dei dati che il sistema fino a quel punto ha calcolato per le emissioni contenute nell’E-PRTR. Tutta la metodologia
94 VALUTAZIONE ECONOMICA: GLI EFFETTI SANITARI COME ESTERNALITÀ NEGATIVA
si basa quindi non su dati site specific ma su medie nazionali, che
spostano così i confini degli impatti (e dei danni) dal livello locale
a quello nazionale. I risultati ottenuti sono di carattere nazionale,
che a nostro avviso, devono essere approfonditi con un approccio marginale di tipo site-specific che parta dal territorio sul quale
opera l’impianto industriale. Uno studio del 1999 (Basham J.P., et
al., 1999) che modellizzava la dispersione della diossina rilasciata
dall’inceneritore di Bristol evidenziava come l’incremento medio
delle diossine emesse dall’inceneritore di Bristol fosse pari all’1,4%
usando dati medi, e pari al 46,5% usando dati reali e site specific.
Tra i limiti della metodologia impiegata dallo studio è da evidenziare che il registro delle emissioni E-PRTR è di buona qualità
ma incompleto, poiché non tutti gli impianti dichiarano le stesse
emissioni. Inoltre l’anno di rilevazione è il 2009, che è stato caratterizzato dalla crisi industriale europea; la rilevazione su base pluriennale darebbe sicuramente risultati diversi; infine i calcoli si basano su metodologie abbastanza complesse e non sono facilmente
riproducibili.
4 Conclusioni
La metodologia utilizzata per calcolare i costi esterni dell’inquinamento è già ben definita: gli approcci sono site specific IPA e inventory LCA ma le incertezze sono grandi: fattore di circa tre per i
principali inquinanti dell’aria, fattore di circa quattro per metalli
tossici, fattore di circa cinque per i gas serra. Le principali cause di
incertezza sono la modellazione della dispersione degli inquinanti, le funzioni dose effetto per la salute, la valutazione monetaria
della mortalità e della morbosità. E’ necessario apportare miglioramenti in alcuni punti critici della metodologia, quali migliore
qualità e affidabilità dei dati dei costi esterni, maggiore copertura a
livello di nuove tecnologie, di nuovi Paesi, in particolare quelli in
via di sviluppo e di ulteriori inquinanti da modellizzare.
Il rapporto EEA si basa sull’approccio semplificato, ma è necessario essere cauti nell’impiego di tale approccio in contesti diversi e
per finalità diverse da quelle enunciate nel rapporto, il cui obiettivo è l’individuazione dei costi esterni degli stabilimenti industriali europei dovuti all’inquinamento atmosferico. Gli impianti che
sono risultati i più inquinanti nel rapporto EEA dovrebbero essere
analizzati con un’IPA che impieghi tutti i dati locali necessari. Solo
così, a nostro avviso, si può arrivare alla determinazione del reale
danno sanitario di un impianto, operazione che richiede risorse e
BRUNO NOTARNICOLA, GIUSEPPE TASSIELLI E PIETRO A. RENZULLI
95
competenze. L’Unione Europea ha messo intorno allo stesso tavolo 200 scienziati provenienti da tutta Europa, il miglior panel di
ingegneri per il monitoraggio degli inquinanti derivanti centrali
termoelettriche e per la costruzione degli inventari, di chimici,
di fisici e matematici per i modelli di dispersione, di tossicologi e
di epidemiologi per le funzioni dose-effetto, di economisti per la
valutazione economica e lo ha fatto con un investimento assolutamente rilevante. Secondo noi è questa la strada che dovrebbe essere percorsa anche sul territorio jonico, attraverso la costituzione
di un centro di ricerca pubblico e privato su ambiente e salute o
attraverso le attività del neonato Polo scientifico-tecnologico Magna Grecia che potrebbe condurre questi studi con i dati specifici
del territorio jonico.
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CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE
DELL’ESPOSIZIONE
di DOMENICO MARIA CAVALLO*1
Durante lo svolgimento delle comuni attività quotidiane, la popolazione è esposta a numerosi agenti potenzialmente nocivi. Qualunque tipo di studio o di considerazione riguardo alle possibili ripercussioni di tali agenti sulla salute pubblica deve necessariamente
passare attraverso una valutazione o una stima dell’esposizione. Il
fulcro di tale valutazione è riferito al concetto stesso di esposizione:
spesso, infatti, vengono misclassificati proprio i concetti di pericolo e rischio, con il significato di esposizione (ad esempio, mediante
una banale ricerca sul web è facile imbattersi in numerose definizioni abbastanza discutibili). Nell’analizzare il tema della valutazione
dell’impatto economico sugli effetti sanitari, un punto centrale è
proprio riferito al concetto di esposizione e, di conseguenza, alle criticità che derivano proprio dalla misclassificazione di tale concetto
fondamentale.
In numerosi studi internazionali (come APHEA, MISA, EXPOLIS)
si è cercato di attribuire il livello di esposizione alle attività delle
persone, in questi casi subentra un altro elemento rilevante che è
l’attribuzione della sorgente del contaminante in esame: in presenza di una realtà industriale propriamente detta, dove possono essere identificate delle sorgenti puntuali o specifiche, l’analisi spesso si
semplifica, tanto che talvolta possono essere utilizzati dei modelli di simulazione per la stima dell’esposizione (approccio che però
non è esule da criticità). Le stesse considerazioni possono risultare
invece più complicate qualora si vogliano considerare condizioni
espositive più complesse, come ad esempio quelle associate ai cosiddetti “microinquinanti” ambientali (ovvero “inquinanti non
*1 Dipartimento di Scienza ed Alta Tecnologia - Università degli Studi dell’Insubria (Como). domenico.cavallo@uninsubria.it
98
CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
convenzionali” presenti nell’aria in quantità molto modeste rispetto ad altri inquinanti ma dotati di tossicità elevata, tale da renderli
pericolosi anche a bassissime concentrazioni) o quando si considera
un caso di “inquinamento urbano” (quindi associato tipicamente
alle sorgenti diffuse del traffico veicolare, delle caldaie, e in genere
di fonti di combustione tendenzialmente non industriali). In questo
ultimo caso si stanno considerando inquinanti presenti in maniera
ubiquitaria in ogni ambiente di vita e potenzialmente affetti da una
grande variabilità nelle condizioni e modalità di esposizione. È però
evidente che in qualsiasi tipo di contesto, così come all’interno del
processo della valutazione del rischio, la centralità della valutazione
dell’esposizione (Exposure Assessment) è fondamentale.
La valutazione dell’esposizione rappresenta dunque una fase cruciale nell’analisi della relazione dose-risposta tra una data esposizione ambientale ed un certo effetto sulla salute. Attribuire un livello
di esposizione a individui in grado di sperimentare un contatto con
inquinanti prodotti da un’ipotetica sorgente da cui deriverebbe un
danno causale, e quindi attribuire correttamente il danno sanitario
a quella sorgente (derivandone poi eventualmente il costo economico e sociale), permette di fornire elementi fondamentali e utili a
mettere in atto efficaci misure di prevenzione per la salute pubbli-
DOMENICO MARIA CAVALLO99
ca. Se l’esposizione viene valutata in modo incompleto o errato, la
successiva procedura di valutazione dei rischi per la salute risulterà
invece monca o persino priva di significato (Barr & Buckley, 2011). È
importante sottolineare che non è corretto parlare di rischio moderato, negligibile, irrilevante, basso, modesto o moderato, bensì l’unica aggettivazione possibile del rischio deve essere quella di “rischio
controllato”, in altre parole attuare una corretta gestione del rischio.
Quindi, chi ha in mano le decisioni per la gestione del rischio,
deve avere ben chiari questi concetti per la caratterizzazione del
rischio a cui si arriva attraverso le famose 4 fasi.
La valutazione dell’esposizione
Il concetto di microinquinante: criticità nelle definizioni e nell’attribuzione delle sorgenti.
Come anticipato nella parte introduttiva, una delle prime criticità che emergono è legata proprio alle definizioni. A questo proposito, cercando sul web emerge che per “microinquinanti organici” si
intendono sostanze tossiche anche a basse concentrazioni. Questa
definizione è, da un punto di vista tossicologico, quantomeno opinabile. Analizzando più nel dettaglio, si nota che le sottofamiglie di
micro inquinanti vengono divise tendenzialmente in organiche e
inorganiche, quelle industriali e, più genericamente, quelle antropiche. È importante soffermarsi sulle diossine, affermando che si
tratta di sostanze chimiche venute all’attenzione degli studiosi, dei
ricercatori e degli operatori della prevenzione dopo l’incidente di
Seveso. Inoltre, sempre secondo informazioni bibliografiche disponibili alla popolazione, si scopre che le sorgenti industriali rendono
conto di una quantità di diossina che non è globale, ma il 40% può
essere mediamente attribuita ad impianti di riscaldamento domestico, ad impianti di combustione del legno (ovviamente legno trattato), al traffico o agli incendi. Quindi, nella definizione di sorgente
assume una rilevanza importante la relativa attribuzione. Un’altra
categoria di microinquinanti, i cosiddetti inorganici, comprende
una serie abbastanza lunga di metalli, fondamentalmente metalli
pesanti, spesso al centro dell’attenzione e della relativa discussione
in ordine agli impatti ambientali, quindi sanitari. Non è chiaro se il
termine “microinquinante”, in particolare la radice “micro”, sia riferita al criterio di tossicità o al criterio di presenza in termini quantitativi di concentrazione. Probabilmente, vi sono concetti e termini
che andrebbero meglio chiariti, anche ai fini della quantificazione
dell’impatto. Quindi, nel caso dei microinquinanti deve essere chia-
100
CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
rito se essi sono di scarsa rilevanza quali-quantitativa, oppure hanno
una tossicità talmente elevata tale da essere molto pericolosi e quindi causa di possibile danno anche a bassissime concentrazioni.
Una chiara definizione “universale” di “microinquinante” non
esiste se non, in taluni casi definiti, per alcune sorgenti specifiche
che possano essere considerate isolate e puntuali. In altre parole,
il concetto di sorgente isolata e puntiforme può essere applicato
ai vari modelli di simulazione per la stima dell’esposizione (epidemiologici, di dispersione, di esposizione) cui corrispondono livelli
di stima più o meno precauzionali, con differenti caratteristiche in
termini di accuratezza e precisione. Però un aspetto cruciale è l’attribuzione di un microinquinante o di un contaminante ad una
specifica sorgente. Prendendo come esempio gli inquinanti “macro” quali l’NO2 o il PM10, che riguardano tutti i luoghi di vita,
essi rilevano su aspetti di qualità ambientale e conseguentemente
sulla qualità della vita della popolazione in termini quantitativi
nell’ordine dell’11-12% rispetto alla nostra quotidianità totale. Il
rimanente aspetto quali-quantitativo si riferisce a valutazioni di
difficile approfondimento all’interno dei luoghi di vita. In realtà,
al di là delle aree industriali propriamente dette ed isolate rispetto al contesto urbano, quindi aree dove sussiste eminentemente o
quasi esclusivamente una importante e complessa realtà industriale; nelle macro città o nelle metropoli si hanno oggettive difficoltà
nel distinguere le provenienze dei contaminanti, quindi vengono
spesso confuse le attribuzioni di sorgente con la criticità di includere o meno microinquinanti che sono spesso anch’essi ubiquitari. Per ubiquitari, si intende la loro presenza quasi scontata come
fondo ambientale: il PM10 può derivare da tutte le sorgenti, il
PM2.5 è un sottoprodotto della coagulazione e della condensazione delle particelle al di sotto di un certo diametro aerodinamico
ed è connesso anche dalla formazione secondaria dell’NO2 (cui è
altamente correlato). Quindi, se da una parte vi è la riconosciuta
presenza di sorgenti emissive (tipicamente camini o ciminiere di
origine industriale), dall’altra si è in presenza di difficoltà nell’“isolare” o “enucleare” il contributo di sorgenti emissive quali traffico
autoveicolare urbano, impianti per il riscaldamento di abitazioni,
uffici, locali commerciali (negozi, ristoranti ecc.) e complessi di comunità (scuole, ospedali ecc.).
Successivamente all’emissione propriamente detta, definibile come un complesso ed articolato insieme di contributi spesso
di difficile quantificazione, il passaggio successivo è quello della
dispersione degli inquinanti. In questa fase, hanno una rilevanza
DOMENICO MARIA CAVALLO101
determinante concetti come rimescolamenti, turbolenza, temperatura, pressione, inversione termica, velocità e direzione dei venti
prevalenti e tutti i numerosi aspetti relativi alla meteo-climatologia.
Un aspetto fondamentale è il criterio dell’ordine di grandezza,
che in igiene ambientale ed occupazionale, così come in tossicologia ambientale ed industriale, è assolutamente cruciale. Cioè, si
parla di ng/m3 per il particolato, di pg/m3 per i metalli pesanti,
fino ai fg/m3 (figura 1). Quindi, l’ordine di grandezza dell’entità
della concentrazione è l’obiettivo cui gli approcci modellistici
puntano a determinare, almeno in termini di stima orientativa.
Per questo diventano assolutamente importanti approfondimenti
sull’incertezza e sull’accuratezza dei modelli. L’ordine di grandezza è un aspetto fondamentale anche per la successiva fase della dispersione e propagazione degli inquinanti in aria che è quello delle
ricadute al suolo e del successivo passaggio all’interno della catena
alimentare.
Figura 1-Dall’emissione alla dispersione,
ordini di grandezza delle ricadute al suolo.
Il concetto di Exposure Assessment.
L’Exposure Assessment, come viene definito cercando su fonti
comunemente accessibili alla popolazione, è una disciplina all’interno delle scienze ambientali e della vita che permette di trovare
un legame fra la concentrazione di un contaminante e il contatto
con il suo organo target. Questa valutazione non può essere setto-
102
CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
riale, ma deve sempre seguire un approccio integrato. Per quanto
riguarda le vie di penetrazione, ad esempio, la più frequentemente
interessata nell’esposizione in ambienti di vita e di lavoro è la via
respiratoria, seguita dalla cute. La via di esposizione considerata di
minore importanza è rappresentata in genere dall’apparato digerente; in realtà quest’ultima può assumere particolare rilevanza,
poiché ad esempio la popolazione generale è esposta a tossici esogeni principalmente per ingestione di cibi o bevande contaminate
eventualmente anche lungo la catena alimentare a seguito delle ricadute degli inquinanti emessi, e quindi successivamente immessi
nell’ambiente.
Tuttavia quando un organismo vivente è esposto ad un prodotto chimico, si può avere un effetto solo se la sostanza stessa viene
assorbita. Definiremo quindi “assorbimento” il passaggio di una
sostanza dall’ambiente esterno all’interno dell’organismo esposto
e “vie di assorbimento” gli organi, sistemi o apparati attraverso i
quali la sostanza esogena penetra nell’organismo. In generale la
quantità della sostanza presente nell’ambiente (“dose esterna”)
che viene effettivamente assorbita dall’organismo (“dose interna”)
dipende, oltre che dalla quantità stessa con cui si entra in contatto, anche dalle caratteristiche fisico-chimiche della sostanza e da
fattori individuali dei soggetti esposti. Le variabili che entrano
in gioco quando si considera l’interazione tra sostanza chimica e
uomo sono dunque molteplici, ma sostanzialmente riconducibili
ai quattro gruppi di seguito indicati:
• Concentrazione ambientale della sostanza: rappresenta la prima variabile da considerare per definire l’entità dell’esposizione
che può aver luogo nelle condizioni in esame.
• Durata dell’esposizione: è uno dei fattori più importanti che
condizionano l’entità dell’esposizione e, di conseguenza, l’entità dell’effetto tossico. Infatti, l’esposizione è proporzionale alla
concentrazione ambientale ed al tempo (esposizione = intensità
per durata). Attualmente, i casi di patologie professionali e gli effetti avversi sulla popolazione generale sono per lo più generati
da esposizioni prolungate nel tempo ad una sostanza presente a
concentrazioni molto lontane da quelle letali e non ad esposizioni
sub-acute ed acute, che pure accadono ma che sono sempre di tipo
accidentale. Giova ricordare che il rapporto tra la durata dell’esposizione professionale rispetto a quella ambientale, che generalmente occorre negli ambienti di vita, è di circa uno a tre (8/24h).
• Vie di penetrazione: In rapporto alle specifiche caratteristiche
chimico fisiche ed alle modalità di esposizione, una sostanza tossi-
DOMENICO MARIA CAVALLO103
ca può penetrare nell’organismo attraverso diverse vie, tra le quali
la principale è generalmente rappresentata da quella inalatoria.
• Velocità di penetrazione: Un’ultima importante variabile in
grado di definire i livelli di esposizione ad una determinata sostanza tossica è rappresentata dalla velocità di penetrazione. In linea
generale, penetrano con particolare facilità nell’organismo, attraverso qualsiasi via, le molecole apolari (capaci di diffondere facilmente attraverso il doppio strato lipidico perché la zona interna
della membrana è costituita da catene idrocarburiche) e quelle più
piccole (caratterizzate dagli ingombri sterici minori).
In prima approssimazione, l’esposizione di un soggetto ad un inquinante può essere dunque definita come il contatto di un soggetto con una data sostanza presente nell’ambiente ad una certa concentrazione e per un certo periodo di tempo. Per questo motivo la
valutazione dell’esposizione fonda le sue considerazioni a partire
dalla misura delle concentrazioni di tali inquinanti. Il processo che
in genere viene utilizzato per descrivere il processo di esposizione
(figura 2) in genere considera in primo luogo la sorgente dell’agente chimico e, successivamente il suo “destino ambientale”, durante
il quale possono intercorrere fenomeni di varia natura e portata
(trasporto, diluizione, degradazione, trasformazione, deposizione,
bioaccumulo, biomagnificazione, ecc). Gli esseri umani possono
quindi venire in contatto con diverse componenti ambientali che
contengono un agente chimico o i suoi prodotti di trasformazione
(Barr & Buckley, 2011).
Figura 2-Schema concettuale dei passaggi compresi tra la fase di
esposizione e l’effetto (modificato da Barr & Buckley, 2011).
104
CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
L’importanza della via di esposizione alimentare.
La valutazione dell’esposizione deve essere la più completa possibile, in essa deve essere necessariamente effettuato il Life Cycle
Assessment, probabilmente l’approccio migliore che permette di
considerare il processo che porta alla contaminazione dell’ambiente entro cui noi viviamo, entro cui noi ci alimentiamo ed entro cui noi espletiamo la nostra vita quotidiana.
Per questo motivo, anche la contaminazione delle derrate alimentari attraverso i cibi o gli animali che vengono successivamente destinati al consumo di carne, sono elementi da considerarsi in modo fondamentale. Spesso vengono consumati prodotti
alimentari locali, ma altrettanto spesso i cibi che consumiamo abitualmente hanno provenienza diversa (altri luoghi, paesi, nazioni
o, a volte, persino continenti). Quindi, oltre all’esposizione inalatoria e quindi all’impiego della modellistica che porta a determinare
le concentrazioni di massa/unità di volume di aria emessa e poi
distribuita, dispersa e poi ricaduta è necessario considerare nella
valutazione dell’esposizione anche la dose disponibile all’assorbimento per via alimentare, quindi si dovrebbe avere anche un’approfondita conoscenza sia della contaminazione del suolo, sia della contaminazione degli alimenti, ma anche delle informazioni sui
consumi alimentari medi della popolazione, perché quasi sempre
le derrate alimentari possono avere destini diversi da quelli a cui
sarebbero destinate nei luoghi di produzione, quindi anche in questo caso, come accade per la via di esposizione inalatoria, subentrano fattori di confondimento. Ad esempio, in un’area agricola in
cui viene prodotto tre o quattro volte il fabbisogno locale, è chiaro
che il problema dell’esposizione andrebbe riferito al destino finale
della derrata alimentare, quindi non ha molto senso dal punto di
vista epidemiologico assegnare un contributo dell’esposizione locale a derrate alimentari che verranno poi trasferite altrove. Quindi questa è un’altra rilevante criticità, che deve essere attentamente considerata nella valutazione degli effetti e conseguentemente
delle ricadute economiche anche degli effetti sanitari.
All’interno del Rapporto tecnico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente vengono delineati i profili di dispersione e quindi di contaminazione per poi arrivare alla miglior stima possibile della dose
disponibile all’ingestione e della dose disponibile all’assorbimento
inalatorio. Quindi, i contributi della catena alimentare e la contaminazione dei suoli o delle acque di falda vengono prese in considerazione, comprese le indicazioni utili ad arrivare alla stima
dell’esposizione (figura 3) (EEA, 2011).
DOMENICO MARIA CAVALLO105
Figura 3-Vie di penetrazione da tenere in considerazione
per la stima degli impatti
La corretta individuazione della popolazione di
riferimento.
Un altro aspetto di cruciale importanza all’interno della valutazione economica degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico risiede nella corretta individuazione della popolazione di
riferimento. Le aree geografiche possiedono caratteristiche fortemente differenziate tra loro, ad esempio possono essere zone ad
alta industrializzazione o ad alta urbanizzazione. È difficile individuare realtà, se non in talune condizioni spesso poco estese, in cui
sussista la sovrapponibilità del luogo di residenza rispetto al luogo
di svolgimento dell’attività lavorativa.
Le caratteristiche della popolazione di riferimento devono essere
accuratamente considerate, tra esse è compresa e ricopre un ruolo
primario la condizione di iper-suscettibilità. Ad esempio, si devono distinguere i casi in cui la popolazione è caratterizzata da un’età
elevata (non lavorativa) rispetto ai casi in cui la popolazione è più
giovane. Il punto basilare è evidentemente la corretta attribuzione
dell’entità dell’esposizione dell’uomo. Come già affermato in precedenza, nei casi in cui sussistano le condizioni, vi è la possibilità di
106
CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
adottare dei modelli di simulazione che permettono di effettuare
stime a partire da calcoli più o meno appropriati, più o meno accurati e riproducibili.
Il parallelismo tra le criticità nella valutazione
dell’esposizione rispetto a quanto previsto nel Regolamento REACH.
Dal 2006, con l’introduzione del regolamento REACH (Regolamento 1207/2006/EC), delle sue modifiche ed integrazioni, oltre che
del regolamenti CLP (Regolamento 1272/2008/EC) ed ESDS (Regolamento 453/2010/EC), è possibile avere un nuovo approccio alla
sicurezza chimica, valutando la disponibilità e l’utilizzabilità delle
sostanze negli ultimi anni, al fine di avere una completa costruzione
degli scenari espositivi.
Il regolamento REACH ha come obiettivo il miglior controllo della sicurezza chimica nella vita quotidiana. Esso riguarda sia i lavoratori sia i consumatori, e gli abitanti di una città o di un’area industriale possono tranquillamente essere paragonabili a dei consumatori.
Quindi i modelli a recettore, che sono ben definiti e descritti in letteratura, possono essere indubbiamente applicati.
Gli scenari di possibile inquinamento dipendono chiaramente
dalle caratteristiche chimico-fisiche dei contaminanti e, anche laddove queste siano sorgenti di combustione, esse sono relativamente
verificabili in termini di condizioni e caratteristiche. Esistono numerosi presidi di controllo, in altri termini quelli che all’interno del
regolamento REACH vengono chiamati RMM (Risk Management
Measures), e che siamo abituati a chiamare sistemi di abbattimento
e di controllo delle concentrazioni emissive. Spesso vengono utilizzati dei modelli matematici nella costruzione degli scenari espositivi, ma essi devono essere considerati solo una prima ed orientativa
quantificazione dell’esposizione, che deve essere integrata, laddove
possibile e fattibile, con verifiche sperimentali mediante misurazioni puntuali numeriche.
Lo scenario di esposizione previsto nel REACH deriva da una cultura tipica dell’igiene occupazionale e descrive le condizioni operative di uso di una sostanza, una miscela o un preparato. Ciò può
essere equiparato all’integrazione dei dati monitorati nei differenti
microambienti con le attività svolte dai soggetti (Questionari, Time
Activity Diary-TAD o Time Location Activity Diary– TLAD), al fine
di ottenere una visione più completa dell’esposizione umana e dei
fattori che la determinano (Cattaneo et al., 2010). Questo tipo di dati,
inoltre, consentono generalmente di raccogliere informazioni de-
DOMENICO MARIA CAVALLO107
mografiche e cliniche della popolazione indagata, così come altre
informazioni che possono influenzare l’esposizione (come la prossimità a sorgenti di inquinanti).
Quindi lo scenario espositivo deve raccogliere e tenere in considerazione un insieme di informazioni che descrivono al meglio le condizioni i cui rischi associati possono essere controllati, e questa affermazione vale anche per il fenomeno di contaminazione ambientale
da inquinamento antropico e, più nello specifico, da inquinamento
industriale. Nel regolamento REACH, nella valutazione dell’esposizione e degli scenari espositivi, viene prevista e fatta l’analisi delle
incertezze connesse al modello adottato ed ai parametri di input utilizzati.
Dall’esposizione alla dose
La quantità della sostanza presente nell’ambiente (“dose esterna”)
che viene effettivamente assorbita dall’organismo dipende, oltre che
dalla quantità stessa con cui si entra in contatto, anche dalle caratteristiche fisico-chimiche della sostanza e da fattori individuali. Per quanto riguarda il tratto respiratorio, la penetrazione di gas, vapori, fumi e
sostanze particolate (polveri, fibre ecc.) è influenzata da numerosi fattori comprendenti: fattori anatomici da ricercare nella costituzione
corporea del singolo individuo, fattori di ordine fisiologico, come ad
esempio l’entità della ventilazione polmonare, che può essere condizionata dallo sforzo fisico, dall’età, dal peso corporeo, dall’allenamento ed infine da patologie che possono determinare una maggior o
minore penetrazione di sostanze nel tratto respiratorio (per esempio
l’eventuale presenza di stenosi nasale, di un’eccessiva produzione di
muco, di una riduzione del calibro delle vie aeree).
E’ chiaro ed importante ricordare che nessuna sostanza è un veleno come tale ma, in base alle concentrazioni raggiunte a livello degli
organi bersaglio, tutte le sostanze possono agire come veleni. Questa
concentrazione dipende dalle modalità dell’interazione della sostanza con l’organismo, dalle proprietà fisico-chimiche della sostanza, dai
fattori biologici propri dell’organismo ed infine dai fattori ambientali in cui la sostanza esogena viene a trovarsi. Appare quindi determinante la misura o, quantomeno, la miglior stima possibile della
concentrazione disponibile all’assorbimento meglio definita come
“livello di esposizione”.
Ricordiamo inoltre che si definisce “assorbimento” il passaggio di
una sostanza dall’ambiente esterno all’interno dell’organismo esposto e “vie di assorbimento” gli organi, sistemi o apparati attraverso i
quali la sostanza esogena penetra nell’organismo. L’assorbimento di
uno xenobiotico nell’organismo umano dipende da numerose variabili che possono essere schematicamente inquadrate in tre distinti
108
CRITICITÀ NELLA MISCLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
sottogruppi:
variabili riferite all’ambiente (temperatura e umidità, aerazione,
ecc.);
variabili riferite al soggetto esposto (ventilazione polmonare, frequenza cardiaca, condizioni del tegumento cutaneo, condizioni generali di salute, ecc.);
variabili intrinseche della sostanza in esame (caratteristiche chimico-fisiche). Le proprietà chimico-fisiche delle sostanze ne condizionano la tossicità (pericolosità), nonché la possibilità di essere assorbite
dall’organismo (rischio).
Infine, il tipo di formulazione della sostanza (polvere, liquido, ecc.),
cioè la forma fisica nella quale la sostanza stessa è disponibile all’impiego, e la associazione con altre sostanze, modifica in modo sostanziale la sua disponibilità biologica e rappresenta quindi una caratteristica fondamentale da considerare nella valutazione tossicologica
[Campo et al., 2011].
Conclusioni
L’obiettivo nella definizione dell’esposizione è quello di ottenere
una caratterizzazione accurata, precisa e biologicamente rilevante
nel modo più efficace ed economico. I costi per l’exposure assessment aumentano all’aumentare della accuratezza e della precisione ed è necessario riuscire a trovare un opportuno compromesso
costi-benefici [Armstrong, 1996]. Specialmente in ambito ambientale, la stima dell’esposizione riguarda in genere popolazioni molto numerose e per tale motivo la scelta del metodo è determinante
perché condiziona la potenza dello studio epidemiologico anche a
seconda del tipo di modello utilizzato nella stima dell’errore (classico o Berkson).
L’analisi delle incertezze è, come più volte accennato in questo
documento, una criticità abbastanza pesante. Le incertezze, infatti, possono moltiplicarsi tra loro dando luogo ad errori di stima
anche di ordine esponenziale. Ad esempio, le incertezze possono
essere introdotte dal modello di stima di emissione, dal modello di
stima della dispersione, dal modello di stima delle ricadute al suolo
e poi dal modello di esposizione, moltiplicando tutti questi fattori
si ottengono risultati che possono essere diversi dalla realtà anche
per ordini di grandezza.
La stima dell’esposizione è, quindi, un punto centrale di debolezza dell’epidemiologia ambientale. In altre parole, se non si riesce a
risolvere i problemi dell’attribuzione dell’esposizione con modelli
DOMENICO MARIA CAVALLO109
che siano il più possibile accurati precisi e che riducano, o quanto
meno dichiarino, il livello di incertezza si farà sempre più fatica a
prevedere delle situazioni che poi dovranno essere necessariamente verificate.
Le reti fisse di monitoraggio forniscono il primo proxy generico
sul livello di esposizione ambientale nelle città o nelle aree rurali o
semirurali, ma bisogna poi approfondire con studi impostati secondo il “Micro Environmental Monitoring” o addirittura il “Personal
Environmental Monitoring”, come è già stato fatto con EXPOLIS
già nel 2000 o con PMCare nel 2005 (Jantunen et al., 1998; Schlitt et
al., 2008). Probabilmente bisognerà raggiungere un criterio ancora più definito e dettagliato, che ovviamente avrà oggettivi limiti
per costi, praticità e realizzabilità. Tuttavia, bisognerebbe lavorare
sull’esposizione individuale attraverso la validazione dei modelli
sviluppati per prevedere il più precisamente possibile, anche nelle
case in cui bambini e anziani permangono per la maggior parte del
loro tempo, o nei luoghi di lavoro, quale sia la concentrazione di
un contaminante. Oggi ci sono gli strumenti in grado di farlo, sia
in termini di misura ponderale delle frazioni più fini del particolato su cui poi analizzare gran parte delle specie chimiche presenti,
integrando con sistemi a lettura diretta per la misura della fluttuazione della concentrazione del particolato in continuo.
Si tratta di studi avanzati, che non possono essere proposti come
standard di applicazione su questo tema, però sicuramente in tale
ottica si dovranno concentrare gli sforzi al fine di giungere ad una
validazione sempre più puntuale del livello di esposizione.
Riferimenti bibliografici
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benzene as biomarkers of exposure to urban traffic. Environment
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of 11th International Conference on Indoor Air Quality and Climate:
Indoor Air, Copenhagen, Denmark, 17–22 August 2008. Copenhagen:
International Centre for Indoor Environment and Energy, 2008
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO
SANITARIO DA INQUINAMENTO ATMOSFERICO:
IL CASO DI TARANTO
di PAOLA BIASI*1
Abstract
Il framework delineato dalla European Environmental Agency
per la valutazione dei costi sanitari imputabili all’inquinamento
prevede una serie di step, in cui la quantificazione in termini economici costituisce la fase conclusiva del processo di stima nel percorso delineato dall’Impact Pathway Approach (IPA).
Obiettivo di questo contributo è chiarire il panorama teorico
e metodologico in cui si inscrive la quantificazione monetaria
del danno sanitario. Verrà quindi chiarito il concetto di esternalità, fondamentale per definire in termini economici il problema
dell’inquinamento e del danno ad esso imputabile, e saranno passati in rassegna i principali metodi elaborati in letteratura a partire
da tale concetto, usati per la stima dei valori da utilizzare nelle
valutazioni. Si passerà poi a chiarire i concetti di Valore della Vita
Statistica e Valore degli Anni di Vita utilizzati per quantificare i
costi imputabili alla mortalità causata dall’inquinamento, e del
Cost of Illness, per i costi legati alla morbilità. Saranno presentati i metodi basati sull’uso indiretto di dati. Infine saranno presentati i risultati legati all’applicazione di tali metodologie di stima
in un contesto specifico, quello della città di Taranto. Attraverso
lo studio delineato seguendo il framework dell’Impact Pathways
Approach, è stato possibile stimare un danno sanitario imputabile
all’inquinamento atmosferico pari, in media, a oltre 280 milioni di
euro annui.
*1 Phd in Development Economics, Dipartimento di Scienze Economiche , Università degli studi di Firenze. paola.biasi@unifi.it
112
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO SANITARIO...
Introduzione
La valutazione monetaria degli impatti fisici è certamente complessa, e necessita di una serie di “semplificazioni” nel processo di
stima. Vista infatti la necessità di ridurre a una dimensione economica il danno ambientale che, soprattutto quando assume i connotati specifici del danno sanitario, ha innanzitutto una rilevanza
etica, può sotto certi aspetti sembrare una forzatura. Nonostante
i limiti, questa operazione ha degli indubbi vantaggi. In primo
luogo, la quantificazione monetaria è un potente strumento di
sintesi; rende possibile infatti ricondurre a un unico metro una
serie di impatti eterogenei (i diversi end-points sanitari), che diversamente sarebbero difficilmente comparabili o sovrapponibili.
Di conseguenza, un ulteriore punto di forza della quantificazione
monetaria risiede nella semplicità di comprensione dei risultati
della stima. Stimare una somma di denaro, invece che il numero di
casi per una pluralità di end points sanitari, rende più immediata
la percezione della dimensione del danno stesso; aumenta quindi
il grado di comunicabilità del risultato, anche ad una platea non
tecnica.
Infine, da un punto di vista strettamente economico, la quantificazione monetaria del danno ambientale è utile poiché consente
di tener conto della dimensione ambientale nell’Analisi Costi Benefici di svariate tipologie di interventi di policy making, siano
essi finalizzati alla costruzione di opere pubbliche o all’adozione
di regolamentazioni specifiche (ad es., è possibile stimare il danno
evitabile mediante l’adozione di misure per migliorare la qualità
dell’aria).
Il danno ambientale in prospettiva economica
Per ricondurre a una prospettiva economica il problema del danno ambientale è necessario fare riferimento al concetto di esternalità.
Nella modellistica economica più semplice, l’economia perfettamente concorrenziale è in grado di garantire la perfetta coincidenza tra interesse sociale e individuale. L’equilibrio di domanda
e offerta nel mercato di una qualsiasi bene esprime non solo l’equilibrio nello scambio e nella produzione dei beni, ma anche l’equilibrio tra i benefici e i costi che la collettività intende sostenere
per dar luogo alla produzione e il consumo di quello stesso bene.
La mano invisibile del mercato consente la realizzazione dell’effi-
PAOLA BIASI 113
cienza allocativa, armonizzando gli interessi e le azioni di individui che, guidati dal self interest, finiscono per realizzare l’ottimo
dal punto di vista sociale. Questa stilizzazione del funzionamento
dei sistemi economici è però insufficiente; empiricamente è assodato che la distanza tra obiettivo individuale e scelta socialmente
vantaggiose è spesso notevole. Il concetto di esternalità consente
di considerare dal punto di vista teorico tale problema. L’esternalità emerge quando una attività economica genera dei costi o benefici che ricadono su soggetti o gruppi differenti da coloro che
hanno posto in essere tale attività. Non esiste una compensazione
per la variazione (in positivo o in negativo) di benessere indotta
(Pigou, 1924). L’esternalità è quindi un sottoprodotto dell’attività
economica, una risultante non intenzionale che genera i cosiddetti “fallimenti del mercato”, situazioni in cui il libero agire delle
forze di mercato genera esiti socialmente inefficienti. Senza forme
di regolazione è quindi impossibile eliminare tali esiti dell’attività
economica.
L’inquinamento atmosferico è un chiaro esempio di esternalità negativa di produzione (se generato da attività produttive) o
di consumo (come ad esempio la mobilità urbana). Esso è infatti
un risultato non intenzionale che genera danni, intese come riduzioni di benessere, che ricadono su individui non direttamente
coinvolti nei meccanismi decisionali che hanno posto in essere
l’attività economica.
Poiché tali risultati non transitano per il mercato, non esiste un
sistema di prezzi con cui valutare tali esiti. Conseguentemente, in
mancanza del segnale di prezzo, non è possibile indurre l’agente
economico a modificare il suo comportamento e considerare, nella formulazione delle sue scelte, il costo sociale da esso generato.
Definito a grandi linee il substrato concettuale su cui si basa la
quantificazione monetaria, è opportuno sottolineare che per alcune tipologie di danno provocato la misurazione del valore del
danno è agevole: nel caso ad esempio di impatto negativo sulle
produzioni agricole in zone inquinate, il danno specifico generato
è misurabile considerando il valore di mercato dei prodotti (persi
o non vendibili a causa di contaminazione). Per altre categorie di
danno il percorso è molto più complesso. Si tratta, infatti, di quantificare il valore di beni non di mercato, come la perdita di biodiversità o la sofferenza causata da malattia o mortalità prematura.
Evidentemente, la quantificazione del danno sanitario rientra in
questa categoria di più complessa quantificazione.
Trattandosi di esternalità, come chiarito poc’anzi, il punto su cui
114
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO SANITARIO...
focalizzare l’attenzione è la variazione di benessere degli individui
colpiti; quindi, è necessario considerare le preferenze degli individui coinvolti e, a partire da queste, valutare l’entità della variazione di benessere indotta dalla presenza dell’esternalità stessa.
Storicamente, in letteratura si sono affermati due tipologie di
metodi di stima: quelli basati sulle preferenze rivelate, e quelli basati sulle preferenze espresse. Nel primo caso si estrapolano le preferenze degli individui osservando il loro comportamento in mercati reali in qualche modo legati al valore della risorsa che si vuole
stimare (in questa categoria rientrano il metodo edonimetrico e il
metodo del costo di viaggio; si veda Tinacci, 2008). Il metodo delle preferenze espresse è invece caratterizzato dalla costruzione di
mercati artificiali che inducano gli individui a rivelare le proprie
preferenze, e stimarne la Willingness to pay o (WTP) Willingness to
accept (WTA). Si tratta di due concetti fondamentali per effettuare
valutazioni economiche nella variazione del benessere individuale. Nel primo caso si stima la disponibilità a pagare, da parte degli
individui, per migliorale la loro condizione. Nel caso specifico in
esame, si tratta quindi della disponibilità a pagare per evitare i danni subiti a causa della scarsa qualità dell’aria. Discorso analogo per
la WTA; si tratta infatti dell’ammontare della compensazione monetaria che l’individuo è disposto ad accettare come risarcimento
del danno subito. Tali valori vengono stimati individualmente;
successivamente vengono aggregati con opportune operazioni.
A partire da questi riferimenti teorici, sono stati elaborati diversi
metodi specifici di stima. L’attenzione è focalizzata sui costi associati all’incidenza di mortalità o malattie di diversa gravità causati
o inaspriti dagli inquinanti. I principali sono i seguenti:
• Avertive behaviours: questo metodo consiste nel valutare le
spese difensive degli agenti, ossia le spese sostenute per evitare o
ridurre il rischio di un evento avverso. A partire da tali informazioni è possibile estrapolare la Willingness To Pay degli agenti per
evitare l’insorgere di malattie o l’incremento del rischio di morte
(Blomquist, 2004);
• Prezzi edonistici: con questo metodo si parte dall’individuazione di alcuni beni di riferimento, legati in maniera diretta o indiretta a specifiche qualità ambientali; successivamente si esamina il
campo di variazione dei prezzi di tali beni. Per chiarire il modo in
cui tale metodo viene utilizzato si può fare riferimento al mercato
del lavoro: in questo caso si valuta il differenziale salariale tra occupazioni che implicano diversi livelli di rischio per la salute dei
lavoratori. Questa base informativa permette poi di quantificare
PAOLA BIASI 115
la compensazione accettata dai lavoratori per svolgere attività più
rischiose (Viscusi e Alby, 2003);
• Contingent Valuation: basato sulle preferenze espresse, questo
metodo consiste nella creazione di mercati artificiali in cui osservare il comportamento degli agenti economici. Si sottopone quindi un campione di individui a domande ad hoc, che permettano
di comprendere quali sarebbero state le loro scelte in tali contesti.
Questo permette di rilevare le loro preferenze e dedurre la WTP di
tali agenti per ottenere un cambiamento ambientale (Mitchell e
Carson, 1989).
Per completezza di analisi è opportuno menzionare il metodo
Capitale Umano, mediante il quale la stima dei costi imputabili
all’inquinamento è limitata alla quantificazione del reddito non
prodotto da individui prematuramente deceduti a causa dell’inquinamento stesso. In tal caso quindi il danno è identificato dalla
perdita economica sic et simpliciter. Lo sviluppo di tecniche più raffinate basate sugli strumenti dell’economia del benessere rendono
però superata tale metodologia, almeno per ciò che concerne la
stima dei costi associati alla mortalità.
I metodi più utilizzati sono quelli della Contingent Valuation; a
differenza degli altri metodi infatti attraverso la valutazione contingente è possibile stimare valori monetari da applicare a qualsiasi categoria di bene, ed è particolarmente indicata nella quantificazione del danno sanitario.
Costi di mortalita: il valore della vita statistica e il
valore degli anni di vita persi
La valutazione dei costi di mortalità è senza dubbio l’operazione più complessa, dal punto di vista concettuale, nella stima dei
costi imputabili all’inquinamento. Non si tratta, ovviamente, di
assegnare un valore economico alla vita umana; consiste invece
nel quantificare il valore che gli individui attribuiscono a una
variazione della probabilità di sopravvivenza. A partire da questa
base informativa basata sulla WTP degli agenti, è possibile quindi
considerare le preferenze individuali, e non solo la perdita strettamente economica causata dalla mortalità prematura (Lattarulo
e Plechero, 2005). Molto spesso i valori stimati, sebbene abitualmente usati anche per le valutazioni in campo ambientale, derivano da wage-risk studies o da analisi legate alla valutazione dei
costi e benefici imputabili a politiche di mobilità e riduzione di
incidenti stradali). Come chiarito da Bickel e Friedrich (2005), è
116
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO SANITARIO...
opportuno tenere in considerazione le ambiguità che questo può
comportare nella trasposizione e utilizzo dei valori stimati in contesti profondamente differenti. Rispetto alla mortalità imputabile
all’inquinamento infatti, la mortalità per incidenti stradali o sui
luoghi di lavoro in media comporta una perdita di anni di vita
maggiore rispetto a quella legata all’inquinamento. Un ulteriore
punto di differenza da considerare consiste nel fatto che lo stato di
salute dei soggetti prematuramente deceduti a causa dell’inquinamento è in genere già compromesso (anziani o individui effetti da
patologie); ciò non è necessariamente vero negli altri contesti. Infine, il rischio di mortalità prematura imputabile all’inquinamento
è sostanzialmente un rischio non volontario. Tutti questi fattori
possono influire sulla struttura delle preferenze degli individui e
ridurre il margine di affidabilità nell’uso di questi valori per la stima dei costi di mortalità legati all’inquinamento.
In Tabella 1 sono riportati i valori centrali più utilizzati in letteratura e le rispettive fonti; valore minimo e valore massimo sono
utilizzati per le analisi di sensitività.
Tabella 1: Valori della Vita Statistica (in milioni di euro, prezzi 2000)
Fonte: Romano e Stefani (2009).
Come sottolineato nell’ambito del progetto ExternE (European
Commission, 1999), il limite del Valore della Vita Statistica nella
quantificazione dei danni da inquinamento è che considera i costi di mortalità in termini di numero di casi. Trattandosi però di
mortalità prematura, la quantificazione del danno in termini di
anni di vita persi può essere più affidabile. Per questo motivo si
fa riferimento, sempre più frequentemente al Valore degli Anni di
Vita (VAV). In questo senso il VVS può essere considerato come il
valore attualizzato degli anni di vita futuri data la probabilità di
sopravvivenza dei soggetti. Avremo quindi che
dove a rappresenta l’età dell’individuo, aPi è la probabilità, data
l’età a di sopravvivere all’anno i, T è il limite superiore di età, r è il
tasso di sconto.
PAOLA BIASI 117
Costi di morbilità
Per la valutazione dei costi legati alle malattie imputabilli all’inquinamento è necessario considerare tre componenti (Bickel e Friedrich, 2005):
• Costi legati alle risorse direttamente impiegate per far fronte
alle malattie; in questa categoria vanno annoverate quindi sia i costi diretti sostenuti dagli agenti sia quelli legati alle spese a carico
del sistema sanitario;
• Costi opportunità; si tratta di costi riconducibili alla riduzione della capacità produttiva degli individui causata dalla malattia.
Si include anche il valore del leisure time perso a causa della malattia stessa;
• Costi legati alla disutilità della malattia; si tratta di costi intangibili causati dalla sofferenza legata alla malattia.
Anche in questo caso ci sono diversi approcci. Il metodo del Cost
of Illness considera le prime due componenti, stimando in questo
modo il costo strettamente finanziario della malattia.
Per poter includere la terza componente è invece necessario considerare la WTP degli agenti, ossia la loro disponibilità a pagare per
evitare l’evento avverso. In questo modo si possono quindi considerare le perdite di benessere percepite dagli individui e associate
alla malattia stessa.
Per prassi il metodo del Cost of Illness viene utilizzato per stimare il valore minimo del costo di ogni specifica patologia da utilizzare nell’analisi di sensitività. Il valore centrale viene invece stimato considerano le tre componenti, e quindi considerando il costo
finanziario della malattia e la WTP degli agenti congiuntamente.
Il metodo del benefit transfer
La stima della WTP degli agenti richiede, come chiarito in precedenza, delle indagini ad hoc. Ciò può rendere il processo di stima
dei costi dell’inquinamento particolarmente oneroso in termini
di risorse e di tempo. Per questo motivo sono spesso utilizzati dei
metodi basati sulla rilevazione indiretta dei dati, che consentono,
con opportuni correttivi, di utilizzare valori stimati in altri contesti per applicarli alla valutazione dei costi del contesto in esame. Si
parla quindi di value transfer dallo study case al policy case (Navrud,
2004). Bickel e Friedrich (2005) richiamano i principali approcci
utilizzati in letteratura.
118
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO SANITARIO...
Il metodo più semplice è chiaramente la trasposizione diretta
dei valori economici da uno (simple unit transfer) o diversi studi
rilevanti (average value transfer). Se vale l’ipotesi che il benessere
sperimentato dall’individuo-medio nel contesto in analisi è equivalente a quello del soggetto-tipo nel contesto in cui è stato effettuato lo studio, allora il valore può essere utilizzato direttamente,
senza ulteriori aggiustamenti sul reddito (necessari invece se c’è
una sostanziale differenza nei livelli di sviluppo tra i contesti considerati). Ovviamente tale procedura è basata sull’ipotesi che non
esistano altri fattori (essenzialmente di tipo sociale e culturale) che
rendano profondamente differenti i due contesti e, di conseguenza, la struttura delle preferenze degli individui (Navrud, 2004).
Il function transfer approach si basa sull’uso di funzioni che legano
la willingness to pay stimata nello study case a una serie di caratteristiche della popolazione considerata. Successivamente viene stimata, attraverso tale funzione, la nuova WTP, adattandola in base
alle caratteristiche riscontrate nella popolazione del policy case. Si
pongono però problemi di specificazione del modello e selezioni
di variabili da considerare; non è difficile infatti che alcune di esse
possano avere rilevanza diversa nei due contesti considerati; ciò
può quindi inficiare la validità dell’adattamento della funzione e
quindi la stima finale (Rosenberg e Loomis, 2001).
La Environmental Protection Agency suggerisce una serie delle
linee guida da seguire quando la valutazione dei costi economici
imputabili all’inquinamento atmosferico è bastata sulla rilevazione indiretta dei dati per aumentare l’affidabilità e la trasparenza
del processo di stima. Si parte dalla descrizione del policy case, per
chiarire in che modo le policy di miglioramento ambientale impattano sui soggetti coinvolti; si passa poi alla selezione dei casi
di studio da cui desumere i valori economici da utilizzare nella
stima. La qualità delle valutazioni basate sull’uso di dati indiretti
risente ovviamente della qualità degli studi originari da cui sono
tratti i valori. Per questo motivo è preferibile fare riferimento a
studi che utilizzano metodologie largamente accettate scientificamente, quali ad esempio quelli pubblicati in rapporti di istituzioni
internazionali. I valori desunti da studi accademici infatti utilizzano spesso metodologie non consolidate e “di frontiera”. Come
evidenziato precedentemente, ogni approccio riconducibile al benefit transfer è caratterizzato da limiti e punti di forza. È quindi
necessario chiarire quale tipo di approccio è stato scelto e quanto
le ipotesi su cui è basato siano effettivamente sostenibili nel caso
in analisi. Infine è consigliabile, per questioni di trasparenza, effet-
PAOLA BIASI 119
tuare una analisi di sensitività che espliciti e quantifichi l’incertezza delle stime.
La stima dei costi sociali dell’inquinamento atmosferico: il caso di Taranto
Sulla base della metodologia fin qui delineata è stata effettuata
una stima dei costi sociali dell’inquinamento in un contesto specifico, quello di Taranto, caratterizzato dalla presenza di un massiccio inquinamento atmosferico legato prevalentemente a sorgenti
localizzate di natura industriale.
La quantificazione monetaria del danno è stata effettuata utilizzando dati indiretti; in particolare il riferimento è al metodo dello unit value transfer approach poc’anzi delineato. Coerentemente
con quanto stabilito dall’EPA, i valori utilizzati sono stati desunti
da rapporti e studi riconducibili ad istituzioni internazionali2. In
particolare si fa riferimento al progetto ExternE per la quantificazione monetaria delle esternalità legate alla produzione di energia
(Bickel e Friedrich, 2005). Tali valori sono stati ampiamente utilizzati in svariati studi; ad esempio quelli per il calcolo dei costi marginali dell’inquinamento atmosferico, (Holland e Watkiss, 2002) o
per il progetto CAFE (Clean Air for Europe) (Krupnik et al., 2004).
I valori monetari sono ovviamente stati adattati considerando la
rivalutazione della moneta per adeguare il valore del danno calcolato al periodo in analisi.
La fonte principale per i dati ambientali e sanitari utilizzati nello
studio è costituita da due tra i più importanti studi a livello nazionale che hanno analizzato le relazioni tra inquinamento atmosferico e salute: “Metanalisi italiana degli studi sugli effetti a breve
termine dell’inquinamento atmosferico” (Biggeri et al., 2004) relativo al periodo 1996-2002; il secondo è lo studio dal titolo “Inquinamento atmosferico e salute: sorveglianza epidemiologica e
interventi di prevenzione” (Berti et al., 2009), relativo al periodo
2000-2005. Il dataset relativo al capoluogo ionico include dati relativi alla concentrazione di PM10 nell’aria della città di Taranto,
oltre che i dati sanitari sulla mortalità raccolti dall’Azienda Sanitaria Locale Taranto/1.
Gli end-points considerati, la popolazione esposta e il tipo di fun In questa sede metodologia, disegno dello studio e risultati sono presentati
in forma sintetica. Per riferimenti puntuali alla selezione e discussione dei valori
unitari scelti in letteratura, le fonti dei coefficienti di Rischio Relativo e Funzioni
di Impatto utilizzati, e i risultati misurati in termini di unità fisiche e monetaria
per specifico end-point si rimanda a Biasi P. (2011).
2
120
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO SANITARIO...
zione concentrazione risposta utilizzati per ogni end-points sanitario considerato sono riassunti nella Tabella 2.
In particolare, per la mortalità sono stati utilizzati coefficienti di
Relative Risk (RR) mutuati dalla letteratura epidemiologica; per gli
eventi sanitari sono invece state utilizzate Impact Functions (IF).
Sulla base di tali dati è stato possibile effettuare il calcolo dei casi
attribuibili all’inquinamento in tre scenari controfattuali. Il dato
ottenuto è quindi da intendersi come danno economico potenzialmente evitabile con diverse concentrazioni di PM10 nell’aria.
Tabella 2: Lista degli end-points considerati.
Fonte: Martuzzi et al. (2006).
Lo scenario scelto come benchmark prevede una concentrazione controfattuale pari a 20 µg/m3; si considerano quindi i limiti-soglia a tutela della salute umana indicati dalle linee guida della
World Health Organization (Krzyzanowsky e Cohen, 2008).
Quando possibile, è stata effettuata una analisi di sensitività, utilizzando diverse stime di costo unitario per specifico end-point,
per fornire informazioni sul range di variazione dei valori finali
stimati. Alcuni dei risultati ottenuti sono riassunti in Tabella 3.
I risultati presentati consentono di chiarire l’importanza dell’impatto economico che l’inquinamento atmosferico ha nel contesto
PAOLA BIASI 121
analizzato. Ovviamente tale stima rappresenta solo una frazione
del costo sociale dell’inquinamento atmosferico: l’arco temporale
in cui tale valore è stato stimato è limitato (come già specificato, il
periodo dal 2001 al 2005); è stato preso in considerazione un solo
inquinante; l’analisi è limitata ad una sola matrice ambientale in
un contesto in cui la contaminazione ambientale è molto più pervasiva e complessa. Ciò nonostante, la base informativa fornita
dalla stima è di notevole importanza, sia in termini di policy making che di dibattito pubblico.
Per rendere più agevole la visione d’insieme dei risultati della
stima, si riportano i valori medi annui stimati per specifico endpoint. Si nota che, per i soli costi di mortalità3, il valore stimato
supera i 170 milioni di euro, e oscilla tra un minimo di circa 70 milioni annui a un massimo di quasi 400 milioni. Il valore totale stimato sulla base del valore centrale utilizzato per singolo end-point
configura un danno sociale importante a carico della collettività
in analisi: in media, oltre i 284 milioni di euro all’anno.
L’analisi del peso relativo dei diversi esiti sanitari sul totale fornisce altre informazioni interessanti (Figura 1). Si nota ad esempio
che le giornate ad attività ridotta (Restricted Activity Days, RAD)
costituiscono una quota superiore al 13% del totale. La perdita di
produttività lavorativa causata da eventi sanitari minori imputabili all’inquinamento rilevata nel contesto analizzato è quindi
una voce importante del danno totale, e può, aldilà del danno diretto, avere importanti impatti indiretti in termini sistemici per
l’economia del luogo.
Il valore è stimato utilizzando il VAV, poiché, come spiegato in precedenza, consente una
stima più precisa dei costi di mortalità imputabili all’inquinamento.
3
122
VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO SANITARIO...
Tabella 3: Costi medi annui dell’inquinamento atmosferico
da PM10 a Taranto.
Fonte: elaborazione dell’Autrice.
Figura 1: Peso relativo degli end-points sul totale dei costi stimati.
Fonte: elaborazione dell’autrice.
PAOLA BIASI 123
CONCLUSIONI
L’uso di strumenti interdisciplinari per la valutazione del danno imputabile all’inquinamento atmosferico è di fondamentale importanza per chiarire entità e pervasività del danno sociale
prodotto dall’inquinamento stesso. Il framework delineato dalla
European Environmental Agency ha il merito di contribuire allo
sviluppo di tali procedure e tecniche di valutazione. Nonostante
le incertezze connesse al processo di quantificazione in termini
monetari dei costi sociali dell’inquinamento, la valutazione economica consente di misurare in termini omogenei una pluralità di
tipologie di danno sanitario, chiarendone entità, effetti indiretti e
peso relativo sul totale dei costi sociali. La possibilità di comunicare con chiarezza i risultati di questo tipo di valutazioni è un vantaggio di non secondaria importanza: in primo luogo per la priorità che tali temi hanno assunto nel dibattito pubblico; allo stesso
tempo la valutazione economica può avere un ruolo importante
nel definire obiettivi e urgenza di interventi di policy making in
aree caratterizzate da un pervasivo impatto ambientale di attività
inquinanti, come è chiaramente il caso di Taranto analizzato in
questo lavoro.
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VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI
DELLE BONIFICHE IN TERMINI ECONOMICI:
ESEMPI DALLA CAMPANIA E DALLA SICILIA
CARLA GUERRIERO*1
Introduction
Hazardous waste, defined as any material that poses a substantial threat to human health, can potentially contaminate all the
environmental media: atmosphere, groundwater, surface waters
and soil, and through these media can be harmful or even fatal for
human health. The prolonged exposure to toxic pollutants such
as benzene derivatives, dioxins and trichlorophenol has been associated with acute health effects such as narcosis, skin irritation, or
respiratory diseases such as asthma and allergies. Hazardous waste
exposure has also been associated with chronic health effects such
as leukaemia, liver tumour, lymphomas and, in the case of methylene chloride, premature mortality.
Since the case of Love Canal, New York State, in 1980 an increasing number of cases of hazardous waste mismanagement have
been reported. Studies suggest that children are the most vulnerable victims of toxic pollutants. Exposure to compounds increases the likelihood of miscarriage and birth defects. In the Love Canal, for instance, birth defects were found to be twice as likely to
occur among those living near the dump site (Goldman et al.1985).
In Canada, a large study conducted by Goldenberg et al. (1999),
suggested that individuals living close to landfill sites have an increased risk of liver, kidney, pancreas cancers and non-Hodgkin’s
lymphomas.
*1 London School of Hygiene and Tropical Medicine; Istituto di Fisiologia Clinica CNR Pisa.
128
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
Another study conducted by Pukkala (2001) in Finland found
that the prevalence of asthma was significantly higher in individuals living near landfill sites.
Lack of resources requires policy makers to prioritise competing
alternatives. Despite the potential gains for both environmental
and human health, it remains uncertain whether the benefits of
interventions to clean-up hazardous sites would outweigh the costs. The analytical tool of cost-benefit analysis provides a powerful
and transparent method to evaluate and select risk management
strategies. Nevertheless, cost-benefit analysis has rarely been used
to assess hazardous waste site cleanup interventions. There are several reasons for this: the effects of hazardous waste exposure are
often ignored; there are difficulties indentifying the causal link
between waste exposure and health effects; and estimating the value of the potential impacts resulting from cleanup interventions.
Costs of cleanup interventions are also subject to great uncertainty because it is difficult to quantify them a priori, especially where
more than one media has been affected by hazardous pollutants. The aim of this presentation is to provide an overview of the
major steps necessary to conduct a cost-benefit analysis of cleanup
interventions and to apply the CBA framework to two practical
cases: the case of toxic waste sites in Campania and the remediation of two industrial sites of Gela and Priolo (Guerriero & Cairns
2009; Guerriero et al. 2011).
Steps in conducting Cost-Benefit Analysis
of hazardous waste sites.
Cost-benefit analysis evaluates the social gain associated with
a given intervention by comparing the benefits (any increase in
welfare) and the costs (any decrease in human well being). The aim
of cost-benefit analysis is to maximize the net social benefits:
Max B(Q)-C(Q)
Cost benefit (CB) analysis is used in environmental regulation to
determine acceptable levels of risk. Acceptable risk denotes a level
that maximizes the difference between total social cost and total
social benefits, or in other words, where the marginal social benefits associated with the risk reduction are equal to the marginal
social costs of pollution abatement.
In the case of the cleanup of hazardous waste sites, cost benefit
analysis is used both to distinguish between interventions offering higher net benefit (difference between cost and benefits) and
CARLA GUERRIERO129
to identify priority sites for intervention, as in the case of the US
Superfund. CB analysis involves five steps: quantifying the health
outcomes associated with waste exposure before and after regulation (hazardous waste site cleanup); assigning monetary values to
the number of cases potentially averted by regulation; quantifying the cost of regulation; accounting for the timing of costs and
benefits. The final step of CB analysis is to compare the resulting
estimates: present value of benefits and present value of cost.
Step 1: Quantifing health benefits.
Several types of benefits result from hazardous waste cleanup.
These are: direct benefits, for example reduction in the number of
health effects (e.g. asthma cases, lung cancer, malformations); aesthetic benefits, such as decreases in odour; and indirect benefits,
such as productivity increase of real estate properties. This chapter focuses on describing how the direct benefits to human health
can be quantified using a damage function approach. The damage
function approach framework uses three types of data: environmental data to identify the potential hazards/pollutants present
in the hazardous waste sites; epidemiological data to identify and
quantify the health effects associated with the regulatory intervention and economic data to assign a monetary value to negative health outcomes associated to waste exposure. The first step
involves the estimation of the health effects due to pollutant exposure. The second step evaluates the number of health outcomes
that can be averted by site cleanup. And the third step multiplies
the estimated number of avoidable health outcomes as a result of
the regulatory strategy (number of deaths averted per year) by the
economic value per health unit (e.g. value of a statistical life). In
the majority of cost benefit analyses conducted to evaluate the
effects of an environmental regulatory strategy (e.g. air pollution
control intervention) the baseline number of health outcomes
attributable to pollution exposure is determined using a dose-response function. This function is “an estimate of risk per unit of
exposure to pollutant” (EPA, 2010a). The dose-response functions
can have different shapes. They can be linear (any change in the
pollutant concentration will produce a corresponding change in
the health outcome), non-linear (e.g.it can be a sigmoidal curve
that starts with an increasing slope but after reaching a maximum
value it levels off) and/or can present a threshold dose. For example a study conducted by Grosse et al. (2002) on the relation-
130
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
ship between blood lead level and intelligence quotient (IQ) estimates that there is a linear relationship between the blood lead
level and the decrease in IQ points (2.57 IQ points for each 10 mg/
dL). Where the effects on health of hazardous waste disposal result
from exposure to a single pollutant (e.g. asbestos), the population
attributable proportion (PAP), the number of cases that would
have not occurred in the absence of pollutant, is estimated using
the following formula:
PAP=(p−(RR−1))/(1+p*(RR−1))
Where RR is the relative risk of developing the health outcome
given pollutant concentration, and p the proportion of the population exposed (e.g. children only). In the majority of cases, identifying the individual pollutants responsible for the health effects
observed in the exposed population is problematic. In the case of
landfills or illegal waste disposals, impacts are likely to result from
different compounds discharged in the same site. Thus, the PAP is
estimated using primary epidemiological data with the following
formula:
PAP=Observednumber−Observednumber/SHR
Where SHR is Standardised mortality/hospitalisation ratios
(SMR, SHR) that are estimated by dividing the observed cases (e.g.
individuals with lung cancer) by the expected cases.
Step 2. Assigning a monetary value to health benefits
There are two main methods for placing a monetary value on
changes in health: the human capital; and the willingness to pay
approach. The human capital approach assumes that the value to
society of an individual’s life can be measured in terms of future
production potential. The willingness to pay (WTP) approach measures how much individuals are willing to pay to decrease the
likelihood of a negative outcome.
Based on the human capital approach, the Cost of Illness (COI)
method is a measure of the monetary losses due to a negative health outcome (e.g. case of liver cancer). The COI has several advantages. It is straightforward and objective as it both considers all the
direct monetary costs of a given health outcome and it does not
CARLA GUERRIERO131
depend on personal preferences. However, COI tends to underestimate the true value of a health outcome because it does not include the intangible aspects of being ill such as stress, pain and suffering. Additionally, given that the COI values can be estimated only
a posteriori it is impossible to elicit with this method the values
that individuals assign to future environmental risk reductions.
As a result, the most popular approach adopted in cost-benefit
analyses is the WTP approach. The WTP method can be divided
in two main categories: revealed and stated preferences. The revealed preference method derives values from observed actions of
individuals while the stated preference method elicits valuations
by asking individuals how much they are willing to pay to reduce the risk of a given health outcome. Contingent valuation and
the Hedonic Wage method have been widely used to estimate the
value of saving a statistical life. However there is great uncertainty
regarding the value to adopt for analysis. Estimates vary dramatically among studies and between regions. The meta-analysis by
Mrozec and Taylor (2001), for example, suggested a value of a statistical life (VSL) of $2.4 million (in 1998 US$). While in the meta-analysis conducted by Kochi et al. (2006) with an empirical Bayes
approach the estimated value of a statistical life was $5.4 million.
As Pearce (2000) suggests, not all deaths are valued equally and different evaluation techniques can lead to different and often misleading estimates of the VSL. For example, it has been shown that
adopting the human capital approach for assigning a monetary
value to mortality risk would underestimate its cost. Although
this method is easier to apply as it relies on a simple calculation of
visible and easily quantifiable costs it does not consider individual
preferences, and willingness to pay for a risk reduction and individual aversion towards death. Thus, the approach mainly used
to estimate the value of a statistical life in environmental health
studies has been the willingness to pay approach and in particular,
the hedonic wage, and contingent valuation methods. The hedonic wage (HW) method has been widely used in the last decades to
estimate the value of a statistical life. The estimation of the WTP
(or WTA) in the HW method involves two stages. First, by controlling for productivity and intrinsic quality of the job, the hedonic
wage determines the wages associated with the different types of
risk according to the equation below:
Wk= α + β Riskk+ Σ λnXkn+ Σ γmDm+ ε
132
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
Where Wk is the wage of the worker k, Riskk is the risk of death
of the worker, n describes human capital and demographic characteristics of the individual Xkn, and Dm describes the job characteristics of the individual. The coefficient β (occupational fatal
risk) of the risk variable is the additional wage the worker would
require to assume an incremental risk of death on the job. Thus
according to the hedonic wage method the VSL is estimated as:
VSL = (δ w/ δr)* mean annual wage*units of fatal risk.
Although this method is widely used in US environmental health studies it presents several disadvantages. The first main disadvantage is that HW does not seem to provide robust and unbiased
estimates as it is sensitive to the specification of the wage equation. According to Mrozec and Taylor (2001) studies that control
for inter-industry wages have an 85% lower VSL. In addition, it is
unclear whether this can be applied only to the occupational risk
or whether it can be generalized to the entire spectrum of mortality risks that individuals can face. Another limitation of the HW
method is that it doesn’t take account of the characteristics of the
person who faces the risk of death nor the risk context. The value
assigned to a risk reduction with the HW method is the value for
a risk that is immediate, or quite soon in time. While, especially
in the context of environmental-related health effects the risk is
latent for several years. It is likely that the value that individuals
assign to reducing the risk of death in the future is lower than their
willingness to pay for a current reduction of risk. The contingent
valuation method on the other hand is a more flexible tool to
elicit individuals WTP for fatal risk reduction. According to this
method, individuals are asked how much they would be willing
to pay for an improvement in their health status or their willingness to accept values for an increased risk. Compared to the COI,
this method has the advantage of taking into account the intangible consequences: premature death, the suffering from an illness.
In addition, it can be applied also to individuals who are not in
the labour force, and can easily account for different types of risk
context. Contextual factors, such as age, health status, income and
cultural differences, have been shown to influence how much individuals are willing to pay for a reduction in the risk of an adverse outcome. Several studies demonstrated that older individuals
have a decreased willingness to pay for a reduction in mortality
risk often referred as the “senior discount” phenomenon. According to Shepard and Zeckauser (1984) the relationship between
VSL and age is not linearly decreasing as might be expected but it
CARLA GUERRIERO133
is an inverted U-shaped relationship which means that the WTP
increases until individuals are 40-45 (as their savings increase as
well as their income level) and after that peak it decreases with age
because the income level decreases and also because their probability of survival declines. Also, the nature of health outcome (death
from cancers) and the time of death have been proven to affect individual WTP. Several studies report that individual WTP to avert
a case of immediate death (road traffic accident) is lower than for
chronic degenerative disease because of the fear and the pain associated with it. As Pearce (2000) suggests, the WTP to avoid cancer is
higher than with other types of diseases because of the dread and
pain effects associated with this pathology. According to the European Commission (2001) in cases of cancer related mortality VSL
should be inflated by 50% to account for the “Cancer premium”.
Step 3. Cost Analysis
Once the potential benefits arising from remediation have been
established, it is necessary to quantify the cost of the cleanup, to
decide both the stringency of cleanup standards and who should
pay for remediation. It is difficult to evaluate a priori the effectiveness of a given remediation strategy and the cessation lag, the
time necessary to observe the improvement in health condition
of the population exposed (e.g.decrease in the number of malformations). In general, remediation expenditures can be divided
into three main categories: transaction costs borne by agencies
(for example EPA in the US superfund) and private parties/polluters (e.g. oil companies); removal actions and long term remediation costs. Long term remediation cost constitutes the bulk of the
overall cost and is highly dependent on the degree of permanence
attainable with the cleanup intervention and on the size of the
area to reclaim. According to Gupta et al.(1998) in the US, it has
been estimated that the average cleanup cost is $27 million per
site. However, the cost varies according to the type of media that
have been contaminated and to the concentration of compounds
in the media. The choice of the technology is also very important.
It determines the permanence of the clean-up intervention. In the
case of contaminated ground water, the choice of the technology
is restricted. The typical method is “to pump and treat” the contaminated water. Following treatment, the water is either released
into the aquifer again or released in a river or stream. In the case
of contaminated soil remediation there are several alterative op-
134
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
tions. The first decision is whether to cap the site. Capping soil is
the least permanent option (depends on the shelf life of the cap)
and has an average cost of $79 per cubic yard (1996 values: Gupta
et al, 1998). A more permanent option consists of treating the soil
in situ (costs $231 per cubic yard) (Gupta et al 1998). The third and
most permanent option is excavation. In the case of excavation,
the removed soil can be transferred to another landfill site or can
be further treated and the organic element incinerated. Excavation with offsite treatment is the most expensive option with costs per cubic yard $1,428 (Gupta et al 1998).
Step 4. Time adjustment for benefits and costs.
The cost and the benefit of a hazardous waste site cleanup, especially in the case of permanent cleanup, materialise over lengthy
periods. Thus, discounting plays a crucial role in the estimation of
the value of future costs and benefits. Where different types of interventions are compared, discounting future costs and benefits to
present values renders them more easily comparable. Discounting
implies that the further in the future the benefits and the costs
occur, the lower the weight that should be attached to them.
Thus, the general formula of discounting is the following (Pearce et al. 2006):
Wt=1(1+s)t
Where wt is the discount factor for time t and s is the discount
rate. Thus, the conversion of future benefits to a present value can
be estimated with the following formula:
PresentValue=∑FutureValuet×wt
Where economists use discounting to adjust the value of costs
and benefits occurring in the future, the standard approach is to
assume a constant discount rate common to both costs and benefits. For example, since 1992 the US discount rate suggested as base
case for cost-benefit analyses was a fixed at 7% for both cost and
benefit estimates. A 3% discount rate was also suggested for sensitivity analysis. The European Commission (2001) recommends for
environmental cost benefit analyses the use of a discount rate of
4% and to perform sensitivity analyses using a discount rate of 2
and 4%. However, there has been extensive discussion of whether
CARLA GUERRIERO135
the discount rate for health benefits should be lower than that applied to monetary costs. Also, where the effects under consideration are long-lived the case for discount rates declining over time
has been made. Mainly due to the lack of empirical studies, there is uncertainty regarding the discount rate to be adopted in the
economic evaluation of toxic waste cleanup interventions. A recent study conducted by Alberini et al. (2007) in four Italian cities
with significant toxic waste problems applied a contingent choice
methodology and evaluated that individuals discount future risk
with a 7% rate. Recent studies also suggest that the discount rate
might not be fixed and that s should be varying with t. According
to Viscusi and Hubert (2006) the discount rate shown for improvements in environmental quality does not follow the standard
discounted utility model but its pattern is consistent with the
hyperbolic model. Time lag between the cleanup policy and its related benefits is also an important issue. The annual number of health outcomes (for example number of asthma cases) observable
in a given area increases after the creation of a waste site which is
producing toxic emissions. After a latency period, which denotes
the lag between emissions and onset of the negative health effects,
the number of health effects will increase at either a proportional
or non-proportional rate. Eventually, if both the emission dose
and the population exposed remain constant over the years, the
incremental number of health outcomes attributable to pollution
exposure is likely to remain the same. When a cleanup policy is
implemented, there are no immediate reductions in the number
of health outcomes. This is referred to as the “cessation lag”. Following the cessation lag, there will be a gradual (proportional/non
proportional) decline in the effects of the reduced emission on health up to the point where the number of health outcomes is the
same as observed before the creation of the waste site. The formula
used to account for both discounting and latency of benefits is the
following:
Present value of Benefits=λ*Xa*1/(1+d)l*(1−1/(1+d)t)/d
Where: Xa is the number of health endpoints averted by the
cleanup, t is the number of years over which the benefits accrue,
and d is the discount rate. λ is the WTP for the health outcome
a and latency period l, which is the time occurring between the
reduction of the exposure and the improvement in the health of
the population.
136
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
Step 5. Cost Benefit evaluation
The main condition for the adoption of a clean-up intervention
is that the present value of the benefit exceeds the present value
of the cost or that the: Net present value >0. The Net present value (NPV) rule is usually adopted to decide whether to accept or
reject an option, to rank different projects and to choose between
mutually exclusive projects. An equivalent feasibility test is the
benefit cost ratio (BCR) test (Pearce et al. 2006):
PVB/PVC >1.
However, there are differences between the two tests. The first
evaluates the excess in benefits and is a more direct way of measuring the social benefits of a cleanup intervention. The second
evaluates the benefits per dollar of cost incurred. For example, a
cost ratio of 2.2 means that for each dollar invested $2.20 of social
benefit is realized (Pearce et al. 2006). There is general agreement
that BCR can be misleading when used outside the rationing context (when only one project should be evaluated: implemented
versus rejected).
The case of the two industrial sites of Gela and
Priolo
Priolo and Gela, in south-east Sicily, provide extensively documented cases of toxic industrial hot spots where, due to the presence of large petrochemical industrial plants and to widely diffuse environmental pollution, several negative health effects have
been observed. High levels of many chemical compounds have
been detected in soil, water, groundwater, air sediments, fish and
shellfish of both areas. (Cernigliaro et al. 2006; Cernigliaro et al.
2009; Musmeci et al. 2009; National Health Institute 2010). Since the early 1980s, several epidemiological studies have been conducted in Sicily to investigate the health status of the populations
living near industrial sites (Taormina et al. 2007; Franco 2001;
Fano et al. 2006).
The most recent epidemiological study conducted by the DOE
collected mortality data (from 1995 to 2002) and hospital discharges (from 2001 to 2006), for residents in the municipalities
included in the high risk areas (Cernigliaro et al. 2006). The health outcomes considered for the evaluation of the health benefits resulting from remediation in Gela and Priolo were: mortality
CARLA GUERRIERO137
from all causes, mortality by specific causes (e.g. infectious disease), hospital admission for all causes and disease specific hospital
admission (e.g. hospital admission for lung cancer). Standardised
mortality/hospitalisation ratios (SMR, SHR) were calculated by
dividing the observed cases (e.g. individuals with lung cancer) by
the expected cases. Estimates were reported for males and females separately and adjusted by age and socioeconomic deprivation
(Cernigliaro et al. 2006). The potential health benefits arising from
a reduction in exposure to industrial pollutants are quantified for
both Gela and Priolo, by considering the impact on total mortality, total hospital admissions and non fatal cancers. For each of
the selected health endpoints the population disease proportion
attributable to the environment - the number of health cases that
would not have occurred in the absence of the risk factor - was
estimated using the following formula:
(Observed casesab – Observed casesab / SMRab or SHRab) / n
Where: a is the health outcome, b is gender, SMR/SHR is the
Standardised Health Ratio obtained from the epidemiological study and n is the number of years over which epidemiological data
have been collected. Upper and lower values for each estimate are
calculated using the 95% CI of the SHR.
Results from CBA analysis as seen in Table 1, a reduction in exposure to environmental pollution in Priolo would avert 8 (2-11) deaths, 118 (85-151) cases of non-fatal cancer and 692 (587-780) hospital
admissions each year; while in Gela would avoid 39 (12-64) premature deaths, 163(134-192) non-fatal cancers and 2,010 (1,912-2,095)
hospital admissions each year.
Assuming a 20 year cessation
lag, a 4% discount rate and that the benefits will last 50 years the
potential monetary benefit from abating industrial pollution in
Gela and Priolo was estimated for each health outcome separately
(Table 1). As expected, due to the many health outcomes each year
associated with exposure to pollution the potential monetary benefit of site remediation in Gela and Priolo is high. In Gela it ranges between €2,314 million (the low SHR and low WTP scenario)
and €14,093 million (the high SHR and high WTP scenario), with
€6,601 as baseline value. In Priolo, where the health outcomes,
and in particular the number of premature avoidable deaths are
lower, the potential monetary benefits of site remediation would
be €3,592 million (3,167-3,802). Given the predicted cost of cleanup
policies in the two areas, €774.5 million in Priolo and €127.4 million in Gela, the potential net monetary benefits of reducing industrial pollution exposure were estimated to be €2,817 and €6,521
138
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
million respectively. This implies that if the pollution control policies that have already been identified are not effective in reducing the impact of pollution exposure on health, it will be possible
to spend up to €6,521 million in Gela and €2,871 million in Priolo
for a cost-effective reclamation.
The case of Campania
In the Campania region, in particular in the two provinces of
Naples and Caserta, the absence of other types of waste management methods (composting, recycling, incinerators) and the extent of illegal toxic dumping of wastes are the main reasons for
the waste crisis which was officially declared by the Consiglio dei
Ministri in 1994 and since 2002 has become known worldwide as a
“tragedy” (Protezione civile 2006; DPCM 1994). Campania has the
highest number of environmental crimes in Italy and it is estimated that 5 million tons of hazardous industrial residuals have been
illegally discarded in the region (Mutasem et al. 1997). According
to WHO et al. waste-associated health hazards in this region have
reached an unacceptable level and the problem now represents a
real threat to human health. Since the first research evaluating
the relationship between waste exposure and an excess of early
mortality and congenital malformation, an increasing number
of studies report a statistically significant relationship between
waste exposure and human health in Campania(Altavista et al.
2004). The most recent longitudinal study (WHO et al.2004;2006)
analyses mortality records on twenty causes of death (e.g. all cause
mortality, all types of cancers, lung cancer, liver cancer, stomach
cancer, non Hodgkin lymphomas) for each of the 196 towns of
the Caserta and Naples provinces between 1994-2001. The relative
risks of different health outcomes given different levels of waste
exposure are estimated by Poisson regression after controlling for
socioeconomic factors.
The population attributable proportion (PAP) of the overall cases of premature mortality and fatal cases of cancer due to waste
exposure are quantified using the results from this study. The
number of cases (e.g. cancers) that would not have occurred in the
absence of the environmental risk factor, for each health outcome
and level of WI is estimated by the following formula:
PAPab = Observed numberab - Observed numberab / Relative
Riskab
Where a is the health outcome and b is the WI quintile conside-
CARLA GUERRIERO139
red and Relative Riskab the relative risk of developing a given health outcome a (e.g. premature death) for each WI quintile b after
controlling for socioeconomic factors (Cadum et al. 1999;Kunzli et
al. 1999). Assuming that the effects of waste exposure on human
health are equally distributed over time, the yearly number of health outcomes attributable to waste exposure is given by dividing
the PAP of each health outcome by eight (the number of years of
the longitudinal study).
Using data from the WHO et al.(2004) Guerriero and Cairns (2009)
estimated the present value of the health benefits attributable to
reclamation of waste sites assuming benefits arise over a 30 year
time frame, a 4% discount rate and 20 years of latency. The results
of the analysis are reported in table 2, all costs are expressed in
Euros in 2007 prices. The yearly population attributable proportion (for both sexes) is reported for each of the health outcomes.
The overall number of waste related deaths (from all causes) per
year is 848. The overall benefit given the base case assumptions
is €9.4 billion. Although the cases of fatal cancer are significantly
lower (less than 50% of the all cause deaths) the overall benefit of
preventing 403 fatal cancer cases associated with waste exposure
is high: (€6.7 billion). Since the estimated €9.4 billion benefit of reducing 848 deaths does not account for the higher value assigned
by individuals to deaths from cancer, a third estimate adjusted for
the “cancer premium” is calculated. Further, the benefit per capita
(rounded to the nearest thousand) of land reclamation is estimated by dividing the monetary benefit by the population living in
the two provinces of Naples and Caserta in 2008
Conclusion
Hazardous waste sites are a major environmental problem. There
is a large body of literature showing an association between hazardous waste (mis)management and negative health outcomes. Substances resulting from industrial production (e.g. arsenic, cadmium
and mercury) once released into landfills without proper treatment
can be fatal for the populations exposed. In the US, the public has
ranked toxic wastes sites as the number one national environmental priority. Responding to public concerns, national reclamation
projects have been created in several countries, e.g. Superfund program in the US, and programma nazionale di bonifica in Italy. The
objective of these programs is collecting public and private resources to prioritize the clean-up of hazardous waste sites.
140
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
Cost benefit analysis is a transparent decision informing procedure to prioritize the cleanup of those sites that for a given remediation budget would allow to produce the highest benefit in
terms of negative health outcomes averted. Despite the potential
benefits resulting from the application of cost benefit analysis in
waste management there are few empirical studies using this tool.
Evidence from two studies conducted in Italy suggest that, despite the high cost associated with remediation, there is a strong
economic argument for reclaiming the land contaminated with
hazardous waste in Campania and in the two industrial areas of
Gela and Priolo. The study conducted in Campania suggests that
there are estimated to be 848 cases of premature mortality and 403
cases of fatal cancer per year as a consequence of exposure to toxic
waste in the two provinces of Naples and Caserta. The present value of the benefit of reducing the number of waste associated deaths after adjusting for a cancer premium is €11.6 billion. This value
ranges from €5.4 to €20.0 billion assuming a time frame for benefits of 10 and 50 years respectively. The results coming from the study conducted in the two industrial sites show that that clean-up
policies costing up to €6,639 million in Gela and €3,592 million in
Priolo would be cost beneficial. These two amounts are notably
higher than the funds allocated thus far to clean up the two sites,
€127.4 million in Gela and €774.5 million in Priolo, implying that
further economic investments - even considerable ones - could
still prove cost beneficial.
Table 1. Annual health outcomes attributable to pollution exposure
in Gela and Priolo
Gela
Priolo
SHR(95%CI)a Annual Cases
SHR(95%CI)a Annual Cases
Male
106
(102-109)
23
(8-35)
110
(102-118)
Female
105
(101-109)
16
(4-29)
NS
Mortality
Non fatal
cancers
8
(2-11)
NS
CARLA GUERRIERO141
Male
115
(110,5-119,7)
53
(38-67)
116
(111.6-119.8)
69
(53-85)
Female
127
(122,8-131,9)
110
(96-125)
110
(106.3-114)
49
(32-66)
Male
121
(119-122)
909
(864-952)
107
413
(105.7-107.7) (360-482)
Female
124
(122-125)
1,101
(1,048-1,143)
104
279
(103.5-105.4) (227-298)
Hospital admissionsb
a SHR: Standard Health Ratio; b Number of hospital admission
for all causes minus cancer-related hospital admissions
Table 2.Monetary Benefits (Million€) of site remediation in Gela and Priolo
Item
Gela
Priolo
All death
2,203
(247-3,933)
455
(41-676)
All Non fatal cancer
4,248
(1,918-10,000)
3,072
(1,372-7,864)
All Hospital admission
149
(149-160)
53
(47-76)
Total benefit
6,639
(2,314-14,093)
3,592
(3,167-3,802)
Table 3. Monetary benefits arising from waste sites reclaim in Campania
Item
Benefits per
PAP per year Benefitsa (billion€) person(€)b
All causes mortality 848
9.4
(6.3-25.0)c
2,300
(1,600-6,200)
All fatal cancers
403
6.7
(4.5-17.0)c
1,700
(1,100-4,400)
All cause mortality
adjusted for cancer
premium
848
11.6
(30.4-7.8)c
3,000
(2,000-7,700)
142
VALUTAZIONE DEI POTENZIALI BENEFICI DELLE BONIFICHE...
a benefits have been rounded to the nearest million; b benefits
per person have been rounded to the nearest hundred ; c Lower
and Upper and estimates obtained using lower and upper values
suggested by the EC.
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STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI
IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO:
UNA LETTURA CRITICA DELLE
ESPERIENZE DISPONIBILI
di FRANCESCO FORASTIERE*
Ringrazio Giorgio Assennato e ARPA Puglia per l’invito a questo incontro. Ci sono stati ieri numerosi spunti per la discussione,
e nella mia presentazione di oggi cercherò di riprendere alcuni
aspetti critici per quanto riguarda il disegno e l’interpretazione
degli studi epidemiologici e la valutazione dell’impatto sanitario
dell’inquinamento ambientale. Non mi occuperò dei temi relativi
all’impatto economico sul quale abbiamo già avuto delle eccellenti relazioni.
Nella mia presentazione vorrei affrontare 1. il tema della dimensione temporale degli effetti sanitari, 2. Le relazioni causa-effetto
e le prove di efficacia disponibili sugli effetti della rimozione del
rischio, 3. le problematiche relative agli studi epidemiologici nei
siti contaminati, ed infine, 4. la valutazione integrata dell’impatto
ambientale e sanitario (i problemi relativi alla funzione esposizione -risposta e la valutazione dell’incertezza).
Molto spesso si parla della dimensione temporale degli effetti
dell’inquinamento ed è nota la distinzione degli effetti a breve
ed a lungo termine. In realtà si tratta di concetto non facile ed ho
chiesto al collega Nino Künzli di Basilea di poter usare le sue diapositive relative ad un articolo comparso sull’American Journal of
Epidemiology1 alcuni anni fa in cui il concetto è ben espresso.
* Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario del Lazio.
e-mail: f.forastiere@deplazio.it
Künzli N, Medina S, Kaiser R, Quénel P, Horak F Jr, Studnicka M. Assessment of
deaths attributable to air pollution: should we use risk estimates based on time
series or on cohort studies? Am J Epidemiol. 2001 Jun 1;153(11):1050-5. Available
1
148
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO
Nel grafico sull’asse delle x abbiamo il tempo dalla nascita e
sull’asse delle y abbiamo il grado di compromissione della salute
per un certo individuo. Questa linea (la compromissione di salute)
sale progressivamente fino ad arrivare a toccare la linea che rappresenta la morte. E allora nella vita dell’individuo il rischio di
morire è un po’ più alto alla nascita, poi decresce e poi lentamente
aumenta fino ad arrivare al momento finale. Il rischio di morte è
dunque ovviamente molto più elevato nelle età più avanzate.
Bene, e il contributo dell’inquinamento qual è? Pensiamo ad una
persona che a una certa età, diciotto anni, inizia a fumare; nel momento in cui inizia a fumare la sua probabilità di morte aumenta
rispetto ad un non-fumatore e la sua età alla morte è anticipata
rispetto a una persona che normalmente non fuma. Se pensiamo
all’inquinamento abbiamo una situazione simile: una persona è
esposta all’inquinamento durante tutto il corso della vita, e a causa dell’inquinamento contrae una malattia cronica come la BPCO,
e quindi la sua probabilità di morte è aumentata, la sua vita si accorcia, magari di pochi mesi, ma si accorcia (effetto a lungo termine). Nello stesso individuo però ci potrà essere un episodio di
riacutizzazione della malattia (una bronchite acuta) che insorge
a causa di un aumento improvviso dell’inquinamento (un picco),
che porterà a morte l’individuo ancora prima del giorno in cui il
soggetto sarebbe morto, in sostanza la sua morte sarà ancora più
anticipata (effetto a lungo e a breve termine). Vi può essere una
situazione molto più semplice in cui una persona ha altri fattori di
rischio di carattere personale - diabete, colesterolo, ipertensione –
from: http://aje.oxfordjournals.org/content/153/11/1050.full
FRANCESCO FORASTIERE149
che aumentano la probabilità di morte; tuttavia un picco di inquinamento può far sì che la morte venga anticipata, per esempio per
un infarto; la morte sarà attribuibile dunque ad un fattore ambientale scatenante (effetto a breve termine). Le evidenze relative agli
effetti dell’inquinamento, soprattutto le evidenze relative agli effetti delle polveri PM10 o PM2.5, sono ormai accreditate non solo
nella letteratura scientifica ma anche da organismi internazionali
come l’American Thoracic Society, l’American College of Cardiology, l’EPA negli USA, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Alle persone in qualche modo scettiche, a chi che asserisce “ma
l’inquinamento non è tangibile, non può avere gli effetti che voi
epidemiologi predicate”, “ non sono altro che artefatti dell’analisi
statistica”, presento di solito i risultati di uno studio che fu pubblicato nel 2007 sul New England Journal of Medicine2. Anche io ero
un po’ scettico allora ma questo studio ha contribuito a togliere i
dubbi residui: si tratta di soggetti che avevano avuto in passato un
infarto del miocardio ed un comitato etico ha dato il parere positivo affinché gli sperimentatori esponessero queste persone a fumi
diesel mentre pedalavano durante il test da sforzo con il cicloergometro. Gli stessi soggetti, secondo una metodologia cross-over,
venivano esposti ad aria pulita.
Non appena aumenta l’esercizio fisico, vi è un aumento della frequenza cardiaca, ma l’aumento della frequenza cardiaca è parallelo
sia nei soggetti esposti ad aria pulita sia nei soggetti esposti a diesel.
Finisce l’esercizio e lentamente le persone recuperano la frequenza
cardiaca normale. Quindi non c’è nessuna differenza fra esposti ad
aria pulita ed a fumi diesel per quanto riguarda la frequenza cardiaca. Ma diverso è il risultato relativo a quello che è un segno clinico
cardiologico molto rilevante, il sottoslivellamento del tratto ST,
un segno precoce di ischemia coronarica. Appena inizia lo sforzo i
soggetti che respirano aria pulita non hanno il segno di ischemia,
invece i soggetti esposti a fumi diesel presentano durante lo sforzo
fisico i segni elettrocardiografici tipici della ischemia. Questa è una
dimostrazione, in un campione della popolazione selezionato di
persone ovviamente molto suscettibili, che l’esposizione a fumi
diesel aumenta la probabilità di ischemia cardiaca. E’ uno studio
discutibile dal punto di vista etico ma molto convincente nel chiarire gli effetti dell’inquinamento sulle condizioni coronariche.
Mills NL, Törnqvist H, Gonzalez MC, Vink E, Robinson SD, Söderberg S, Boon
NA, Donaldson K, Sandström T, Blomberg A, Newby DE. Ischemic and thrombotic
effects of dilute diesel-exhaust inhalation in men with coronary heart disease. N
Engl J Med. 2007 Sep 13;357(11):1075-82. Available from: http://www.nejm.org/doi/
full/10.1056/NEJMoa066314.
2
150
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO
Sulla base di uno studio di Pope del 20093 si può fare una interessante analogia tra gli effetti della esposizione a fumo passivo e
quelli dell’inquinamento atmosferico.
La stima dell’esposizione a PM2.5 è espressa in funzione logaritmica: alle basse dosi abbiamo l’inquinamento atmosferico e l’esposizione al fumo passivo, e alle alte dosi abbiamo invece il fumo
attivo di sigaretta. La relazione con gli eventi coronarici è di tipo
lineare. Esiste dunque un’analogia degli effetti, con ordini di grandezza diversi, per quanto riguarda il fumo attivo, il fumo passivo e
l’esposizione agli inquinanti
Se c’è un’analogia tra l’esposizione al fumo di sigaretta e l’esposizione all’inquinamento atmosferico dovrà esistere una analogia
tra quello che succede quando si smette di fumare e quando si diminuisce il proprio livello di esposizione ad inquinanti.
Credo che tutti i medici conoscano lo studio epidemiologico dei
medici inglesi di Doll con 40 anni di follow-up4.
Per i soggetti che non hanno mai fumato questa è la distribuzione della età di morte, questi sono invece i soggetti che hanno
continuato a fumare e questi sono i soggetti che hanno smesso di
fumare. Osservate la diversa età alla morte. Quindi smettere di fumare significa guadagnare in termine di vita, sempre, anche se si
Pope CA 3rd, Burnett RT, Krewski D, Jerrett M, Shi Y, Calle EE, Thun MJ. Cardiovascular mortality and exposure to airborne fine particulate matter and cigarette smoke:
shape of the exposure-response relationship. Circulation. 2009 Sep 15;120(11):941-8
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Available from: http://www.bmj.com/content/309/6959/901.long
4
FRANCESCO FORASTIERE151
smette in età adulta avanzata, tra i 55 e i 64 anni. Evidenze analoghe
esistono per quanto riguarda il divieto di fumo nei luoghi pubblici. Il divieto di fumo è stato introdotto in diversi Paesi. In Italia, da
quando è stato applicato il divieto di fumo (10 gennaio del 2005) si
è osservata una drastica riduzione nella frequenza dell’infarto del
miocardio nella popolazione. C’è una relazione temporale immediata: al cessare dell’esposizione c’è un chiaro guadagno di salute.
Gli effetti non sono molto ritardati ma si verificano in un tempo
relativamente breve. Quindi il guadagno sanitario della rimozione
del rischio per le malattie cardiovascolari è immediato, non bisogna aspettare 10, 15, 20 anni come può succedere per i tumori. Per
le malattie cardiovascolari, e in maniera analoga per le malattie
respiratorie, ad un intervento di rimozione del rischio si associa
un guadagno di salute. Gli esempi sono molti, non mi dilungo, ma
sottolineo che vi è una evidenza molto forte di relazione causale
tra i livelli correnti di inquinamento atmosferico e malattia cardiorespiratoria e c’è anche un’evidenza molto forte di effetti positivi, ovvero migliorare la condizione ambientale significa anche
migliorare lo stato di salute della popolazione.
Ora vediamo il secondo punto, è quello specifico della epidemiologia in aree industriali e nei siti contaminati. Il tema è molto rilevante, soprattutto in Italia perché i siti contaminati sono numerosi. Sono stati pubblicati di recente i risultati dello studio nazionale
“Sentieri” che ha fornito dati e indicazioni sullo stato di salute della
popolazione nei siti contaminati. Si tratta di situazioni in cui le fonti di esposizione sono varie, gli inquinanti sono diversi, le modalità
di esposizione sono molteplici - non è soltanto l’aria ma è anche
l’acqua, il suolo e il cibo. La contaminazione è avvenuta per una
durata di tempo variabile, la dimensione della popolazione esposta è difficile da quantificare e vi è un problema sociale specifico
non solo in Italia ma anche in altri Paesi. Le persone che vivono in
prossimità dei siti contaminati sono di stato sociale più basso, sono
persone in cui le risorse economiche e culturali sono più modeste.
Inoltre, le persone che vivono in prossimità o nei luoghi più contaminati sono sottoposte o hanno avuto nel tempo anche delle esposizioni in ambienti di lavoro potenzialmente nocive per la salute.
Quindi ogni studio epidemiologico nei luoghi contaminati in
Italia è difficile e complesso. Lo studio epidemiologico nei siti contaminati deve comprendere sia la valutazione degli effetti acuti (e
nella valutazione degli effetti acuti abbiamo bisogno della variabilità giornaliera temporale degli inquinanti - questa immagine
è la variabilità giornaliera dell’inquinamento atmosferico che ci
permette di osservare se all’aumentare della concentrazione di in-
152
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO
quinante vi è un effetto sanitario) sia la valutazione degli effetti
cronici. Il disegno dello studio nella valutazione degli effetti cronici prevede il contrasto spaziale: abbiamo bisogno della geografia
dell’inquinamento atmosferico per paragonare, in questo caso a
Roma, chi vive in aree più esposte e chi vive in aree meno esposte.
Lo studio epidemiologico ha dunque bisogno dell’intero corredo
degli strumenti epidemiologici: avremmo gli studi ecologici che
lavorano sui comuni o su piccole entità geografiche come le sezioni di censimento, abbiamo gli studi trasversali di biomonitoraggio,
gli studi di coorte e gli studi caso-controllo. E abbiamo ancora gli
studi sugli effetti a breve termine: le serie temporali o i case-crossover, o i panel studies (indagine di un gruppo di persone che viene
seguita nel tempo). Sono stati pubblicati ad aprile scorso i risultati
di Sentieri. Sentieri ha valutato la mortalità in 44 siti inquinati italiani, in totale 298 comuni: si tratta di uno studio ecologico perché l’unità di osservazione è rappresentata dal Comune. Il passo
successivo è la transizione dalla dimensione comunale a quella
del quartiere o di un’area geografica più dettagliata. Qual è il ruolo del biomonitoraggio? Nella situazione epidemiologica italiana
purtroppo le esperienze di biomonitoraggio sono molto ridotte.
Questo riflette uno dei tanti paradossi italiani: se qualche Autorità Sanitaria Locale vuole fare uno studio di biomonitoraggio sugli
animali questo è facile perché si rivolge all’Istituto Zooprofilattico, e l’Istituto Zooprofilattico è competente per quanto riguarda il
biomonitoraggio animale. Quindi, se vogliamo in qualche modo
misurare il PCB nel latte di mucca questo non è un problema. Se
vogliamo misurare il contaminante ambientale nell’aria, nel suolo
o nell’acqua questo non è un problema, perché sono competenti le
ARPA regionali che hanno i laboratori per farlo. Ma se si vogliono
fare misure di biomonitoraggio umano ci sono pochissime strutture pubbliche disponibili. In molte regioni Italiane non abbiamo una struttura competente responsabile del biomonitoraggio
umano. Ma perché il biomonitoraggio umano è importante? Perché spesso è possibile trovare sull uomo la “firma” della sorgente
dell’inquinamento. Un esempio è la nostra esperienza dell’inquinamento chimico della Valle del Sacco. Si tratta di un’area a sud di
Roma dove agli inizi degli anni ‘90 furono scoperti dei fusti tossici
provenienti dall’impianto chimico della ex SNIA BPD, una grande
industria chimica localizzata a Colleferro che produceva, tra l’altro, insetticidi. Quando si scavò ancora furono trovate due grandi discariche di questi rifiuti tossici. Si trattava di uno scarto della
produzione del lindano (organo-clorurato prodotto dall’azienda
FRANCESCO FORASTIERE153
chimica), il betaesaclorocicloesano. Quando questo composto
è stato misurato prima nel latte di mucca e poi nel sangue degli
abitanti ci si è resi conto che i rifiuti tossici erano percolati dalla
discarica al fiume; il fiume aveva esondato e contaminato le aree
coltivate a foraggio; le persone che vivevano in prossimità e che
avevano mangiato cibi prodotti localmente avevano un livello di
contaminazione più alta per quel tossico ambientale. Quindi, in
questo caso, si è potuta riconoscere l’origine della contaminazione.
Gli studi di biomonitoraggio sono essenziali per il riconoscimento della origine dell’inquinamento e per quantificare l’entità della
contaminazione.
Lo studio epidemiologico che in questo momento è al centro
dell’attenzione degli epidemiologi ambientali è lo studio di coorte.
L‘immagine illustra l’origine della parola coorte: la coorte dei soldati romani. Lo studio di coorte è importante per l’epidemiologia
ma ha bisogno di un’alta qualità nella valutazione dell’esposizione. Ieri si è parlato a lungo della disponibilità dei modelli di dispersione, e credo che le avvertenze del collega, ingegner Sozzi, sulla
manifesta complessità dei modelli di dispersione debbano essere
sottolineati. Ci sono esempi molto buoni di utilizzo di modelli per
inquinamento da particelle sia da fonti fisse che da fonti mobili.
Ieri il collega Sozzi aveva già illustrato questa situazione nella città
di Roma: nell’immagine successiva è raffigurato il grande raccordo
154
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO
anulare, i puntini sono la popolazione e vi sono localizzati la discarica di Malagrotta, la raffineria e l’inceneritore.
Questi sono i risultati del modello di dispersione relativo all’idrogeno solforato: abbiamo considerato l’idrogeno solforato come
marcatore perché ampiamente percepito dalla popolazione. Si tratta della impronta ambientale della discarica e abbiamo potuto collocare la popolazione a seconda di gradienti diversi di esposizione.
I modelli di dispersione sono molto utili per l’epidemiologia ambientale per la valutazione di esposizione e di altri fattori ambientali rilevanti. Sempre nella stessa situazione di Roma, vi mostro
un’altra immagine: vi sono raffigurati la discarica, la raffineria e
l’inceneritore, mentre vedete in rosso i livelli di concentrazione
di biossido di azoto dovuto al traffico veicolare. Quindi, quando si
valuta lo stato di salute della popolazione che vive intorno alla discarica bisogna anche conoscere quali sono le esposizioni nell’area
di riferimento. Chi vive lontano dalla discarica ha meno esposizione ad H2S però ha un livello maggiore di esposizione a biossido di
azoto ed altri inquinanti dal traffico.
Ma c’è anche un fattore in piu’ che abbiamo considerato: questo
è il biossido di azoto che si libera dal traffico dei mezzi pesanti:
sono gli automezzi dell’AMA, quelli che portano i rifiuti alla di-
FRANCESCO FORASTIERE155
scarica. Cioè, non solo dobbiamo considerare l’ossido di azoto prodotto dal traffico generale di Roma, ma c’è anche un contributo
specifico dovuto al traffico pesante che conferisce alla discarica.
Un altro dei temi che nella valutazione epidemiologica è quello
relativo alla distribuzione della popolazione per caratteristiche so-
156
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO
ciali. Chi è in condizioni socio-economiche più basse ha un rischio
di mortalità dal 20 al 35% più elevato di chi vive in condizioni socio-economiche migliori. In epidemiologia ambientale questa differenza deve essere considerata altrimenti i risultati saranno falsati.
Come esempio considerate le discariche che sono presenti nel
Lazio e la distribuzione della popolazione per strato sociale a vari
km di distanza dall’impianto. In giallo le persone di livello socio-economico alto e in violetto quelli di status socio-economico basso. In prossimità della discarica, non trovate nessuno in posizione
socio-economica alta e prevale la posizione socio-economica bassa
o molto bassa. E questo gradiente si equilibra allontanandosi dai
siti di discarica. I siti di discarica sono esempio generale a rappresentare i siti contaminati e industriali e vedono una distribuzione
sociale della popolazione molto diversa a seconda della vicinanza
all’impianto; di questa distribuzione della popolazione bisogna tener conto nell’analisi epidemiologica.
Il modello di studio epidemiologico ambientale che si è andato
consolidando in Italia ha una fase importante di preparazione della
coorte. Si definisce il dominio, vi è un lavoro insieme alle anagrafi
comunali per raccogliere i dati di popolazione, la georeferenziazione (la localizzazione sulla mappa di tutti gli indirizzi, a questa
mappa corrisponde anche una mappa del livello socio-economico). C’è un lavoro importante che deve essere fatto da esperti ambientali, di solito ARPA, di integrazione delle conoscenze emissive,
meteorologia, orografia per costruire i modelli di dispersione che
devono essere validati attraverso piani di monitoraggio ambienta-
FRANCESCO FORASTIERE157
le. Quindi vi è l’attribuzione alla coorte di popolazione dei livelli
espositivi e il follow-up; in taluni casi sarà possibile disporre di dati
relativi alle esposizioni lavorative. Questo è un modello di studio
che può essere proposto per i siti contaminati nella situazione italiana. Questo modello di studio deve tener conto dei cambiamenti
temporali delle esposizioni e delle variabili di confondimento.
Se questa è lo studio epidemiologico, che esperienza esiste già sulla valutazione di impatto ambientale e sanitario?
Questo lavoro del 20105, primo autore finlandese, è un tentativo
di stimare il carico di malattia in sei paesi europei rispetto a diversi
fattori di stress ambientale, alcuni di alta priorità, altri di priorità
meno elevata. Questi i risultati: la parte più rilevante dei fattori di
impatto è rappresentata dal PM2.5, ovvero il fattore ambientale
che comporta un carico di malattia più rilevante in assoluto, cioè
i 3/4 dell’intera torta. Seguono con dimensioni molto più piccole,
l’esposizione al fumo passivo, il piombo, il radon, il rumore ambientale, le diossine, l’ozono, il benzene e la formaldeide. Questa è
la graduatoria delle priorità risultante dal primo tentativo di stima
di impatto e di stress ambientale in italia.
Hänninen O, Knol A editors. European Perspectives on Environmental Burden of Disease: Estimates for Nine Stressors in Six European Countries. Helsinki:
National Institute for Health and Welfare (THL), 2011. Available from: http://files.kotisivukone.com/nastatutkimus.kotisivukone.com/tiedostot/hanninen_-_
knol_eds-_european_perspectives_on_environmental_burden_of_disease.pdf
5
158
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO
Gli autori hanno messo in questa immagine due elementi: il livello di certezza (alta certezza e bassa certezza) e l’impatto di sanità
pubblica: vedete che le stime per inquinamento atmosferico sono
molto solide e hanno un impatto molto alto.
Accennavo prima al termine “Valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario”, questo approccio ci chiama a un’integrazione, al lavoro comune, tra chi si occupa di ambiente e chi si
occupa di salute. A questo stiamo lavorando per un progetto che
è stato finanziato dal CCM, dal Centro Controllo Malattie del
ministero della Salute, per valutare l’impatto dell’inquinamento
atmosferico in Italia. Questa che vedete è il risultato del modello di dispersione condotto dall’ENEA (gruppo di Gabriele Zanini),
il “modello MINNI”, che ha una griglia di 4x4 km in Italia e ci fa
vedere l’asimmetrica distribuzione geografica dell’inquinamento
atmosferico nel nostro Paese.
FRANCESCO FORASTIERE159
E, se dovessimo collocare la popolazione per i livelli di PM 2.5,
sappiamo che il 25% della popolazione italiana vive al di sopra dei
25 microgrammi/metro cubo (25 microgrammi/metro cubo sono
attualmente i valori di legge), il 25% della popolazione italiana
vive al di sopra dei valori di legge e questa distribuzione è completamente asimmetrica: nel nord è il 40%, al centro l’11%, e al sud il
12%. Il problema italiano più grande è rappresentato ovviamente
dalla pianura Padana.
Il termine “Valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario” viene dal progetto INTARESE e qui c’è l’indicazione del sito
che contiene una serie di linee-guida e modalità operative.
Il modello di valutazione di impatto per la sua prima parte è
sostanzialmente uguale a quello epidemiologico: anche per la
valutazione di impatto abbiamo bisogno della stima della popolazione, della distribuzione della popolazione per livello socioeconomico, abbiamo bisogno dei modelli di dispersione, soltanto
che invece di avere uno studio epidemiologico per valutare la relazione dose-risposta prendiamo i dati di letteratura. È molto più
facile perché sostanzialmente non ci impegniamo in uno studio
epidemiologico ma prendiamo a prestito la relazione dose-risposta, la funzione di rischio, che viene da un’altra sede, da un’altra
popolazione. Il problema di fondo è: quali funzioni dose-risposta
scegliamo? Ovviamente vi sono tante opzioni ma la situazione
160
STUDI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO ED ECONOMICO
può essere diversa. Questo è lo studio europeo sugli effetti a breve
termine dell’inquinamento atmosferico, questa è la graduatoria,
queste sono le stime di rischio se prendo Atene, Lione o Roma, Milano e Torino e questo se prendo Helsinki o queste se prendo la
Germania dell’est. Allora, la scelta della funzione dose-risposta è in
qualche modo cruciale. In ultimo, nella nostra valutazione di impatto dobbiamo considerare sempre che ci sono, all’interno della
popolazione, dei sottogruppi di popolazione che sono particolarmente compromessi. La nostra valutazione di impatto, per un’area
particolarmente contaminata e quando la distribuzione sociale
della popolazione è particolarmente diversa, non possiamo usare
la stessa funzione dose-risposta che usiamo per la popolazione in
generale. Cioè, gli aspetti di vulnerabilità e suscettibilità sociale devono essere considerati.
In ultimo, volevo fare una considerazione sull’esperienza che abbiamo avuto nella valutazione dell’impatto sanitario dei rifiuti in
tre Paesi europei, il lavoro è stato pubblicato un paio di anni fa su
Environmental Health6, e la nostra domanda era: ma nella valutazione di impatto, rispetto agli inceneritori che sono stati costruiti
negli anni sessanta, qual è il nostro approccio? È qual è l’impatto
delle esposizioni passate per quanto riguarda l’oggi e il domani?
Qual è l’impatto dell’esposizione corrente sull’oggi e sul domani?
O qual è l’impatto futuro di impianti nuovi sulla situazione di domani?
Sono domande assolutamente diverse, e uno dei problemi di fondo che abbiamo in Italia è che spesso e volentieri si applicano stime
di impatto di situazioni future utilizzando algoritmi e conoscenze
che riguardano situazioni del passato. E questa diapositiva molto
bella da Murray ci dice che se ci troviamo nella situazione di oggi,
e l’esposizione è avvenuta nel passato e questi sono il numero dei
casi di malattia, se oggi improvvisamente interveniamo rimuovendo quella causa di esposizione ambientale, nel futuro comunque si manifesteranno dei casi che sono l’espressione dell’esposizione nel passato. Quindi, anche nel fermare l’esposizione oggi e
nell’intervenire nell’esposizione oggi, negli anni futuri avremo dei
casi di malattia che si riferiscono all’esposizione nel passato.
Ieri Fabrizio Bianchi sottolineava il problema dell’incertezza. E,
come lui diceva, bisogna però darci delle dimensioni dell’incertezza. Innanzi tutto, vediamo il problema dell’incertezza all’inter Ranzi A, Fano V, Erspamer L, Lauriola P, Perucci CA, Forastiere F. Mortality and
morbidity among people living close to incinerators: a cohort study based on dispersion modeling for exposure assessment.
Environ Health. 2011 Mar 24;10:22.
6
FRANCESCO FORASTIERE161
no della nostra valutazione di impatto. Il primo aspetto è quello
dell’identificazione delle fonti di incertezza, della caratterizzazione dell’incertezza in termini di direzione e grandezza, e un ultimo
aspetto è quello della nostra chiarezza nel riportare l’incertezza.
Ovviamente, nessuna valutazione di impatto può essere in qualche modo letta se non c’è una valutazione dell’incertezza. Il metodo semplice che ho trovato molto utile è quello che ci ha consigliato la IPCC nei documenti - questo è il documento del 2007
- sul climate change. È quello di usare una terminologia basata sulla
probabilità. Nessuno dirà: domani piove. “C’è un’alta probabilità
che domani piova”, o “c’è una moderata probabilità che domani
piova”. E allora, per esempio, nella nostra valutazione sui rifiuti,
abbiamo dato un valore di alta confidenza su alcuni aspetti ma abbiamo anche dato un livello di confidenza più basso su altri aspetti e sulla valutazione complessiva.
C’è un ultimo punto sull’incertezza: per chi non lo conosce, vi
consiglio il libro di David Michaels: Doubt is Their Product: How
Industry’s Assault on Science Threatens Your Health7.
David Michaels lo ha scritto nel 2008, adesso è il Direttore Generale della OSHA, Occupational Safety and Health Administration
degli Stati Uniti, e dice: stiamo attenti perché una cosa è l’incertezza nello studio, e un’altra cosa è l’incertezza che viene fabbricata
da chi ha interessi specifici.
Quindi, distinguiamo i livelli di incertezza e difendiamoci
dall’incertezza fabbricata.
Michaels D. Doubt is Their Product: How Industry’s Assault on Science Threatens Your Health. Oxford: Oxford University Press; 2008.
7
VALUTAZIONI INTEGRATE DI IMPATTO
E APPROCCIO FULL CHAIN
di FABRIZIO BIANCHI*
Ringrazio molto di questo gradito invito e ringrazio anche di
avermi collocato in un punto che ritengo perfetto, perché vengo
dopo l’amico dottor Forastiere che ha fatto una importante presentazione completa di tutti gli aspetti positivi, dei limiti e dei punti
critici degli studi epidemiologici e del loro uso. Inoltre il collega
Forastiere ha toccato il tema della valutazione integrata di impatto ambientale sulla salute, sul quale è impegnato col suo gruppo di
ricerca, chiarendo bene le differenze tra studi epidemiologici classici e valutazione di impatto.
Il mio intervento quindi può dedicarsi al tema dell’uso dei risultati ai fini delle decisioni, argomento al quale mi sono sempre dedicato cercando di riflettere e dare un contributo su cosa e quanto
sia davvero entrato nelle decisioni, e sul perché - la maggior parte
delle volte - questo non sia successo.
Sulla interfaccia tra scienza e decisioni o scienza e politica (science-policy interface) sono stati fatti molti progressi, soprattutto al di
fuori del nostro Paese, ma molto rimane da fare in particolare nel
caso delle aree a rischio, com’è il caso del sito di interesse nazionale
per le bonifiche di Taranto.
A titolo di premessa va precisato che per politica, traduzione italiana imperfetta di policy, intendo la sfera delle decisioni con cui
un soggetto, che è titolare di funzioni di governo, che sia il governo centrale, regionale o locale, cerca di raggiungere obiettivi prestabiliti per il bene collettivo.
Inoltre ritengo fondamentale partire dai concetti di prevenzione
e promozione della salute. Prevenire vuol dire precedere qualcuno o qualcosa giungendo prima, anticipare qualcuno o qualcosa
agendo o parlando prima di altri, impedire che qualcosa o qualcuResponsabile progetto nazionale ambiente e salute del CNR, UO Epidemiologia ambientale e registri di patologia, Istituto di Fisiologia Clinica CNR, Pisa.
*
164
VALUTAZIONI INTEGRATE DI IMPATTO E APPROCCIO FULL CHAIN
no si manifesti, provvedendo adeguatamente in anticipo. E’ dunque un’espressione che implica un forte slancio verso qualcosa che
non conosciamo, ma che potrà accadere nel futuro, e questo è importante perché il nostro lavoro di epidemiologi è traguardato alla
prevenzione. Un’epidemiologia non ancorata alla prevenzione è
un’epidemiologia accademica, che può produrre anche dei risultati pregevoli, ma difficilmente in grado di generare misure tese a
eliminare o almeno ad attenuare le cause che hanno prodotto quei
risultati. Il termine invece di promozione della salute è stato introdotto da Lalonde, ministro della salute del Canada negli anni ‘80, è
stato adottato dall’OMS dalla conferenza per la promozione della
salute di Alma Ata e inserito poi nella carta di Ottawa dell’86. La
promozione della salute è il processo che permette agli individui e
alla comunità di accrescere il controllo sugli elementi determinati
dalla salute e quindi di incrementare la propria salute accentuando il concetto di partecipazione e di empowerment.
Quindi, già dalla costituzione dell’organizzazione mondiale della sanità del 1948 e poi con la carta di Ottawa, l’obiettivo di anticipare e prevenire per impedire sintomi e malattie è stato affiancato
da quello di promuovere la salute e il benessere in ogni sua dimensione sviluppando migliori condizioni di vita. Si parlava di sintomi e non solo di malattie, in sintonia con la definizione di salute
dell’OMS, che non significa solo essere liberi da malattie, ma anche
essere in stato di benessere psico-fisico1.
In questa accezione di salute si inserisce la visione della stima
dell’impatto di salute prevenibile e non di fermarsi alla stima del
danno già avvenuto. Il altre parole, da un danno che è già avvenuto e che quindi possiamo misurare, possiamo stimare l’impatto
futuro e tentare di evitarlo/attenuarlo.
In questo percorso occorre avere grande riguardo all’incertezza
delle stime, un’entità che va individuata alle fonti e si può e si deve
misurare.
Quindi, la valutazione di impatto sulla salute, o VIS, come strumento di prevenzione e di equità. Questa nozione è ben chiarita da
quanto il premio Nobel Amartya Sen scriveva nel 2006: “il punto
di vista che mette al centro l’equità della salute consente un’ottica
più ampia, perché ingloba non solo le cure, ma anche fattori come
l’accesso a una buona alimentazione, l’epidemiologia sociale, l’inquinamento, le politiche sanitarie, la sicurezza sul lavoro e altre
considerazioni” 2.
WHO. The Ottawa Charter for Health Promotion. Geneva: World Health Organization, 1986.
1
2
Sen AK. Scelta, benessere, equità. Bologna: Il Mulino; 2006. p.486.
FABRIZIO BIANCHI 165
Senza parlare esplicitamente di valutazione di impatto sulla salute, Amartya Sen richiama chiaramente la valutazione come strumento per e di equità.
Dunque la VIS è inequivocabilmente uno strumento per la sanità
pubblica. In effetti, la valutazione degli effetti sulla salute di azioni, progetti, specifici avvenimenti, rappresenta uno degli obiettivi
e delle funzioni tradizionali della sanità pubblica, non è una novità. La novità della procedura di VIS risiede nel proporre un percorso integrato e procedure per effettuare valutazioni improntate
al rispetto dei valori di fondo della democrazia, dell’equità, dello
sviluppo sostenibile, e dell’uso etico delle prove scientifiche. Questi richiami e molto di più sono contenuti nel libro prodotto dalla
Regione Emilia Romagna nell’ambito del progetto MONITER “La
valutazione di impatto sulla salute: un nuovo strumento a supporto delle decisioni” (http://www.arpa.emr.it/cms3/documenti/moniter/quaderni/02_VIS.pdf)
La VIS è un percorso che per essere realistico e non solo declaratorio deve essere imperniato su caratteristiche niente affatto scontate: la prima è la consultazione di tutti i soggetti potenzialmente
coinvolti e la necessità di un dialogo che sia informato e consapevole; poi, l’esame delle alternative esistenti è fondamentale per
massimizzare gli effetti positivi sulla saluta e minimizzare quelli
negativi; segue la proposta di strumenti di valutazione e monitoraggio nel tempo degli effetti previsti; infine è cruciale il coinvolgimento dei decisori e la richiesta di assunzione di responsabilità
sulle raccomandazioni.
L’insieme di questi quattro elementi rende chiaro quale sia la
partita in gioco. Tra gli argomenti pongo l’accento sulla rilevanza
di valutare diverse alternative. Infatti, troppo spesso non abbiamo
alternative da valutare ma ci si trova di fronte a una sola opzione.
E’ questo uno scenario negativo perché l’assenza di opzioni diverse
non permette di fare valutazioni comparative e quindi di prendere decisioni sul migliore scenario possibile. Quando si progetta una
VIS occorre progettare le fasi fino dai primi passi. Il primo è la consultazione di tutti i soggetti potenzialmente coinvolti, a cominciare dalla già citata necessità di un dialogo che sia informato e consapevole. Poi, l’esame delle alternative esistenti per massimizzare
gli effetti positivi sulla saluta e minimizzare quelli negativi. Segue
la proposta di strumenti di valutazione e monitoraggio nel tempo degli effetti previsti, e ancora il coinvolgimento dei decisori e
la richiesta di assunzione di responsabilità sulle raccomandazioni.
Se uno mette insieme questi quattro elementi ha chiaro quale sia
la partita in gioco. Segnalo il tema delle alternative: troppo spesso
non abbiamo alternative da valutare, mentre averle è importante
166
VALUTAZIONI INTEGRATE DI IMPATTO E APPROCCIO FULL CHAIN
perché la valutazione comparativa consente di prendere decisioni
su ipotesi diverse.
Quando si progetta la valutazione di una VIS il primo passo porta a riflettere proprio sulle premesse, perché diverse impostazioni
guidano verso l’inclusione di aspetti diversi, o a dare ad essi diverso
peso. Ci può essere una forte attenzione all’equità, cioè su come
determinanti sociali di salute vengono influenzati dal progetto
in esame, in tal caso le raccomandazioni ai decisori verteranno su
come evitare o mitigare effetti diminuendo le diseguaglianze di
salute. Si ricorda che la minimizzazione di differenze e disequità è
uno degli obiettivi fondamentali per i quali la “Carta di Goteborg”
è stata messa a punto.3 Ci può essere anche una forte attenzione
alla sostenibilità, cioè al consumo di risorse, all’uso del territorio,
alla conservazione delle biodiversità. Ma quel che conta è che questi due indirizzi, all’equità e alla sostenibilità, possono convivere
piuttosto che essere separati.
E’ evidente che anche se i valori non sono posti volutamente in
competizione tra loro, una maggiore o minore consapevolezza del
loro legame con le scelte può comportare scenari anche molto diversi tra loro. Per questo la VIS pone molta attenzione al legame tra
chi è incaricato della valutazione ei soggetti fruitori, con l’obiettivo dichiarato di mantenere i valori strettamente connessi agli
scopi della valutazione e alla dimensione etica del percorso e delle
scelte. Questo è il motivo per il quale nella procedura si cerca di tenere insieme i portatori di interessi o stakeholders, per non mettere
in contrapposizione soggetti che devono essere attori del percorso.
In una frase, bisogna fondere il ciclo delle azioni di sanità pubblica col ciclo del percorso decisionale, e farlo all’interno di un processo di pianificazione. Questa attività è complessa specie in un paese come il nostro, caratterizzato da debolezza nella valutazione
e pianificazione. Essere deboli sulla pianificazione rende difficile
fondere il ciclo delle azioni con il ciclo delle decisioni, o in altre
parole, accentua il rischio di separazione tra studio e relative raccomandazioni e ambiti decisionali.
Si possono fare studi per valutare l’impatto sulla salute ma non
fare il percorso di VIS, cioè il percorso che include al proprio interno, fin dal primo momento, tutti quelli che sono interessati alle
decisioni. Studi che calcolano indicatori di impatto, esempio il ri Lehto J, Ritsatakis A. Health impact assessment for intersectoral health policy: a discussion paper for a conference on health impact assessment: from
theory to practice. Gothenburg 28-31 October 1999. Copenhagen: World Health
Organization Regional Office for Europe; 1999.
3
FABRIZIO BIANCHI 167
schio attribuibile, sono in rapida crescita, ma anche percorsi di VIS
stanno registrando notevoli progressi.
La VIS è uno strumento che cerca di mettere insieme stime multiple di impatto, influenzare le decisioni, e coinvolgere gli stakeholders; per questo si dice che sia uno strumento tridimensionale.
Uno strumento che richiede un nuovo modo di pensare e di
operare, un vero e proprio cambio di paradigma da parte di tutti
gli attori in gioco, dei decisori, dei comitati, dei cittadini, e anche
ricercatori che troppo spesso si pongono al di fuori o al di sopra
delle questioni. Attenzione quindi ai punti chiave del processo valutativo: preparazione del lavoro con i diversi attori già nella fase
iniziale della VIS, per esplicitare i valori in gioco e trovare il consenso sugli obiettivi, e poi identificazione del gruppo degli esperti
per definire scopi, protocollo di studio, fasi del percorso e rapporto
finale. Molte volte si saltano questi due passaggi iniziali, col risultato che si decide di fare degli studi o di usare degli approcci che
poi non hanno il consenso, un elemento che verrà fuori o durante
il percorso o alla fine del lavoro. Questo limite avrà conseguenze
soprattutto al momento della presa delle decisioni e tutto sarà più
difficile perché la mancanza di accordo sulle premesse potrà creare
contrasto e conflitti, come i fatti prevalentemente mostrano. Questo è il motivo per migliorare e strutturare il coinvolgimento degli
stakeholders pubblici e privati nei processi decisionali, e rafforzare
la componente di valutazione quantitativa degli impatti ambientali sulla salute.
L’obiettivo è quello di produrre raccomandazioni per i decisori
politici basate sulle valutazioni qualitative e quantitative, dando
conto del livello di incertezza scientifica.
Sono disponibili numerosi strumenti di calcolo per effettuare la
valutazione integrata di impatto, cito Dynamo e INTARESE, prodotto dall’omonimo progetto presentato da Forastiere. Ma la VIS
prima di arrivare all’uso dei software ha bisogno di valori dichiarati in modo netto e trasparente.
Sono gli interessi e gli obiettivi a determinare il contenuto dei
pensieri e delle affermazioni, oltre che naturalmente delle azioni,
ed è per questo che è necessario partire dalla esplicitazione degli interessi in gioco e degli obiettivi, in altre parole dei valori. Dev’essere chiaro sin dall’inizio se ci sono conflitti di interesse e quali sono
le poste in gioco.
La VIS è il dispositivo per formalizzare un procedimento molto
complesso, fatto di elementi diversi, per creare una correlazione
tra natura e azioni. Natura significa il contesto dove noi agiamo,
168
VALUTAZIONI INTEGRATE DI IMPATTO E APPROCCIO FULL CHAIN
studiamo, facciamo le cose. E qui entra in gioco la questione della
responsabilità: le azioni delle persone e le pratiche delle istituzioni
dovrebbero essere valutate, cosi come la corrispondenza alle motivazioni per le quali sono state intraprese.
Questo permette, tra l’altro, di identificare profili di responsabilità, individuale, istituzionale, di impresa, e quindi responsabilità
sociale e sviluppo sostenibile.
(si veda ad esempio il libro di Sachs del 2012 4)
Mentre per gli eventi naturali siamo in grado di fornire una spiegazione o formulare ipotesi sullo stato delle cose, le azioni si collocano in un punto strategico in cui il corso del mondo può essere
modificato e indirizzato secondo le intenzioni delle persone e delle istituzioni.
Due sono i punti rilevanti sul piano epistemologico:
• la possibilità di imprimere al corso delle cose una determinata
direzione, che non è affatto scontato che sia una sola, elemento
che include la possibilità di prendere diverse direzioni; - la libertà
che tale possibilità comprende.
• se collochiamo la sfida su ambiente e salute nel periodo storico in qui viviamo, propongo cinque elementi di riflessione necessari, ancorché non sufficienti, per poter accettare la sfida della
tutela di ambiente e salute, e occupazione:
◊ fare evolvere da valutazione ambientale e valutazione sanitaria separate a Valutazione Integrata di Impatto Ambientale
sulla Salute o VIIAS;
◊ includere i portatori di interessi nel processo istruttorio, valutativo e decisionale;
◊ permettere il feed-back dalle decisioni agli effetti;
◊ usare nuovi indicatori di carico di malattia (benessere secondo l’OMS, quali ad esempio gli anni di vita corretti rispetto
alla disabilità, gli anni di vita persi, indicatori che sono più adatti
a fare valutazioni di qualità che non valutazioni di malattia;
◊ ragionare per catena-lunga o catena-completa, quella che
viene chiamata full-chain approach: effetti avversi-fattori di rischio-determinanti di salute-politiche per incidere positivamente sul carico di malattia e poter svolgere in modo compiuto valutazioni di efficacia e di efficienza del sistema.
Sachs JD. Il prezzo della civiltà. La crisi del capitalismo e la nuova strada verso
la prosperità. Torino: Codici; 2012.
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FABRIZIO BIANCHI 169
Nuovi strumenti per un nuovo scenario
Lo strumento DYNAMO (scaricabile liberamente) è adatto al
calcolo delle stime di impatto sanitario associato a cambiamenti
nell’esposizione a fattori di rischio, in particolare legati agli stili di
vita:
• sperimenta gli impatti determinati dalla variazione dell’esposizione ad un fattore di rischio della popolazione in esame, analizzando gli effetti di più malattie associate al fattore di rischio,
quindi supera il concetto fattore di rischio-malattia, sposando il
concetto della co-azione di più fattori di rischio su più malattie.
• consente di definire scenari alternativi confrontabili in diversi intervalli temporali scelti dall’utente. E qui sarebbe bene che
non fosse il ricercatore a fare questa scelta ma i diretti interessati
alla presa di decisione.
E’ di interesse generale capire come funziona il modello logico,
che sostanzialmente opera attraverso le seguenti fasi:
• definisce lo Scenario di riferimento: esposizione della popolazione ai fattori di rischio;
• definisce lo Scenario (o gli Scenari) di intervento: quindi situazione con differenti alternative di esposizione al fattore di rischio
o ai fattori di rischio;
• simula la proiezione degli Scenari nel tempo attraverso step
intervallari della misura che possono essere ad esempio di anno in
anno;
• definisce gli Scenari, di riferimento e di intervento, attraverso
indicatori demografici, quindi prevalenza del fattore di rischio e
indicatori di salute;
• rende possibile il confronto tra i differenti scenari in maniera
dinamica nel tempo.
Risulta chiaro l’interesse di avere i risultati di un modello che
produce confronti tra scenari diversi dinamici, cioè che si muovono nel tempo.
L’implementazione del modello multi-stage richiede dati, stratificati per età e sesso, relativi a: popolazione, mortalità generale,
proiezione dei nati, prevalenza del fattore di rischio, incidenza
e prevalenza delle malattie, associazioni di rischio con il fattore
in esame e pesi di disabilità, tutte informazioni che molto spesso
sono in nostro possesso o recuperabili.
170
VALUTAZIONI INTEGRATE DI IMPATTO E APPROCCIO FULL CHAIN
Il modello INTARESE (Integrated Assessment of Health Risks of
Environmental Stressors in Europe), mirato alla valutazione integrata ambiente-salute, è basato sulla definizione degli scenari e
delle possibili fonti emissive e sulla caratterizzazione della popolazione potenzialmente esposta. Esso necessita di:
• simulazione modellistica per la stima dell’esposizione;
• revisione sistematica della letteratura per scegliere adeguate
funzioni esposizione-risposta, e da qui l’importanza di studi epidemiologici ben disegnati e ben condotti per produrre buone funzioni esposizione-risposta;
• conoscenza dei tassi di base delle malattie ritenute sensibili;
• valutazione critica del livello di incertezza del processo.
Per effettuare studi evoluti e per applicare questo nuovo approccio e i relativi strumenti nelle aree con siti inquinati sarebbe utile
, probabilmente indispensabile, disporre di un centro ambiente e
salute (CAS).
Un CAS può essere quell’anello mancante necessario per ottimizzare le risorse esistenti a livello nazionale e locale, per fare evolvere
il sistema nel suo complesso, e per garantire un punto di vista e
un operato esenti da conflitto di interesse e orientati all’interesse
collettivo.
L’approccio full-chain è pensato proprio per incidere sulle politiche, come è emerso dal Progetto Europeo RAPID “Risk Assessment
from Policies to Impact Dimension”, al quale abbiamo recentemente partecipato.
Il costrutto è lineare ma non per questo semplice: le policies e le
strategie influenzano largamente i determinanti di salute, i determinanti esplicano il loro impatto su un ampio range di differenti
fattori di rischio che producono effetti diretti sulla salute umana.
L’obiettivo principale è sviluppare metodologie per effettuare la
“full chain risk Assessment”, cioè una valutazione del rischio a catena lunga, e implementarle su casi-studio di diverso livello di interesse e di rilevanza, che siano regionale, nazionale o comunitario.
Quindi l’approccio “full-chain” parte dalle politicy, va ai determinanti di salute e poi ai fattori di rischio, poi verifica gli effetti sulla
salute, oppure può procedere anche al contrario, partire dagli effetti di salute, vedere quali sono i fattori di rischio incidenti e quali i
determinanti di salute corrispondenti, e risalire alle politiche che
possono incidere positivamente. Ma se siamo tutti di principio d’accordo su questa “full-chain” non è tuttavia retorico porsi alcune
FABRIZIO BIANCHI 171
domande: quante volte il percorso non viene completato? quante
volte non si parte dagli effetti o viene saltata la fase di riconoscimento del fattore di rischio o dei determinanti di salute, perché non
vengono identificate le politiche o non si effettua alcun feed-back?
Una cosa appare spesso evidente: le decisioni non sono basate su
evidenze e questo non può essere ritenuto indipendente da quanto sopra.
Su questo il progetto RAPID ha svolto una serie di workshop nelle 6 nazioni partecipanti, sono stati analizzati casi-studio, è stata
fatta una lista di valutazione, messa a punto di strumenti, metodi,
linee-guida, raccomandazioni su come fare il feedback e definiti i
due approcci di valutazione:
• quello top-down analizza l’impatto di una policy già esistente
sui determinanti di salute, e poi l’impatto sulla prevalenza dei fattori di rischio e infine l’impatto di questi sugli esiti di salute.
• quello bottom-up effettua la valutazione partendo dagli
outcome fino alle policy esistenti o non esistenti, e quindi necessarie.
L’approccio top-down è rilevante per valutazione di impatto
partendo da una policy esistente, mentre il bottom-up è rilevante
per inserire la salute nell’agenda partendo da condizioni critiche
di salute.
Tutti i materiali sono contenuti nel volume dedicato al progetto
RAPID5 e più sinteticamente nell’articolo di Ádám et al 20146.
Sul piano più strettamente epidemiologico una questione cruciale è quanta e quali tipi di evidenza siano necessari o sufficienti
per decidere azioni di sanità pubblica, in particolare di prevenzione primaria.
Descrivere i fenomeni (compito abbastanza facile) e identificare
le cause (compito tutt’altro che facile) sono condizioni necessarie
ma non sufficienti a incidere su quei fenomeni e su quelle cause.
D’altra parte, pensare a una prevenzione basata su un trasferimento automatico delle prove non solo è irrealistico ma è anche riduttivo, poiché è innegabile che sulle decisioni agiscono molteplici
Gulis G, Mekel O, Ádám B, Cori L editors. Assessment of Population Health
Risks of Policies. New York: Springer, 2014.
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Ádám B, Molnar A, Adany R, Bianchi F, Bitenc K, Chereches R, Cori L, Fehr
R, Kobza J, Kollarova J, Kræmer SRJ, Linzalone N, Majdan M, Mekel O, Mochungong PIK, Otorepec P, Pastuszka J, Sierig S, Zurlyte I and Gulis G. Assessment of
health risks of policies. Environmental Impact Assessment Review. 2014 September;48:47-52.
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VALUTAZIONI INTEGRATE DI IMPATTO E APPROCCIO FULL CHAIN
elementi anche extra-scientifici.
Gli studi epidemiologici sono intrinsecamente connessi alla prevenzione delle malattie, e il loro interesse risiede in una dimensione applicativa. In questa prospettiva, gli studi epidemiologici concorrono ai processi decisionali anche quando le evidenze prodotte
sono parziali e non definitive.
Ai processi decisionali concorrono molte valutazioni, scientifiche ed extra-scientifiche, compresa la percezione del rischio, che
molte volte è trascurata.
A tale proposito è da rilevare che:
• Le motivazioni extra-scientifiche che sono adottate debbano
essere dichiarate in modo trasparente, perché possano poi essere
valutate;
• Il contributo delle evidenze epidemiologiche ai processi decisionali deve essere commisurato alla qualità delle evidenze stesse, compresa la caratterizzazione dei margini di incertezza, perché
questo dà una misura dell’affidabilità.
Quanto e come le componenti scientifiche ed extra-scientifiche
concorrano alle decisioni di sanità pubblica non è definibile sulla
base di una funzione di relazione fissa, ancorché complessa, bensì
da molte funzioni che entrano in gioco a seconda delle condizioni politiche, sociali e culturali. In questo contesto di complessità e
di incertezza si colloca l’approccio precauzionale anche applicato
alla pianificazione della ricerca scientifica.
Gli approcci, i metodi e gli strumenti qui presentati potranno essere di sicuro interesse per affrontare in modo scientificamente rigoroso i problemi di impatto sulla salute nelle aree ad alto rischio ambientale e per supportare decisioni basate sulle prove scientifiche.