il tempo liturgico delle manifestazioni del signore
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il tempo liturgico delle manifestazioni del signore
Chiesa di Bologna IL TEMPO LITURGICO DELLE MANIFESTAZIONI DEL SIGNORE Chiesa di Bologna La formazione liturgica SUSSIDIO PER LA CELEBRAZIONE DELLE MANIFESTAZIONI DEL SIGNORE Il Tempo di Avvento e di Natale Bologna, Seminario Arcivescovile 6 novembre 2010 2 INDICE Indice p. 3 Introduzione generale p. 4 Presentazione della nuova edizione dei Lezionari p. 6 Il ciclo liturgico di Avvento – Natale – Epifania e il suo Lezionario p. 9 Lezionario festivo: Tempo di Avvento p. 25 Lezionario festivo: Tempo di Natale p. 27 Per la celebrazione eucaristica p. 28 Per dilatare la celebrazione eucaristica nella famiglia p. 31 Note liturgiche p. 31 Canti per Avvento e Natale p. 33 3 INTRODUZIONE GENERALE 1. Parola e Sacramento Il nesso profondo che esiste tra la proclamazione liturgica della Parola di Dio e la celebrazione sacramentale è uno dei principi ricorrenti espressi dall’Ordinamento delle Letture della Messa1 e costituisce forse la principale chiave di comprensione del mistero liturgico: “Nella parola di Dio si annunzia la divina alleanza, mentre nell'Eucaristia si ripropone l'alleanza stessa, nuova ed eterna. Lì la storia della salvezza viene rievocata nel suono delle parole, qui la stessa storia viene ripresentata nei segni sacramentali della liturgia. Si deve quindi sempre tener presente che la parola di Dio, dalla Chiesa letta e annunziata nella liturgia, porta in qualche modo, come al suo stesso fine, al sacrificio dell'alleanza e al convito della grazia, cioè all'Eucaristia. Pertanto la celebrazione della Messa, nella quale si ascolta la Parola e si offre e si riceve l'Eucaristia, costituisce un unico atto del culto divino, con il quale si offre a Dio il sacrificio di lode e si comunica all'uomo la pienezza della redenzione”. (OLM 10)2 Se è evidente il valore didattico della proclamazione e della spiegazione delle Sacre Scritture, la forza del contesto liturgico conferisce a questa stessa proclamazione, il valore ancor più pregnante di servizio divino, di attuazione della grazia di Dio, manifestata negli eventi mirabili della storia della salvezza. Lo aveva già sottolineato con chiarezza la Costituzione conciliare sulla Liturgia, affermando l’unità inscindibile delle due parti della messa e promuovendo la catechesi, evidentemente distinta dalla celebrazione e propedeutica ad essa3. Anche l’omelia, parte integrante della Liturgia della Parola, rientra in questa dinamica: “ha lo scopo di far sì che la proclamazione della parola di Dio diventi, insieme con la liturgia eucaristica, quasi un annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo” (OLM 24). 2. La domenica e l’anno liturgico Il Concilio riafferma il valore primordiale della domenica, memoria settimanale della risurrezione del Signore e insieme ad essa la celebrazione del mistero di Cristo, in tutto lo sviluppo dell’anno liturgico4, che comprende – è bene ricordarlo – tanto il proprio del tempo quanto il proprio dei santi. L’antica denominazione dei giorni della settimana5 (ancora in uso in alcune lingue neo-latine) era l’espressione della coscienza che la Chiesa ha dello sviluppo del tempo: la parola latina feria significa infatti “festa”. A partire dalla risurrezione di Cristo infatti, tutto il tempo si è riempito di lui e della sua presenza salvifica, e ogni giorno diventa una vera “festa”, occasione cioè di incontro con lui. Così, tralasciando i nomi degli elementi naturali e delle divinità pagane, il giorno dopo la domenica divenne semplicemente la “seconda festa”, poi la terza, la quarta, eccetera. Al sabato veniva conservato il nome biblico, riconosciuto da sempre come propedeutico al giorno del Signore. Lo sviluppo della settimana attorno alla domenica e dell’anno liturgico attorno alla Pasqua annuale, non ha dunque solo un valore di memoria del passato, ma possiede una forza ed efficacia sacramentale: “le azioni salvifiche e i meriti del Signore sono come resi presenti a tutti i tempi, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza” (SC 102). 1 L’Ordinamento delle Letture della Messa è il documento che precede e accompagna il Lezionario. La seconda edizione tipica è stata approvata nel gennaio 1981. Il testo completo si trova all’inizio di ogni volume del lezionario. Qui viene citato OLM. 2 Vedi anche OLM 46. 3 “Le due parti che costituiscono in certo modo la messa, cioè la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, sono congiunte tra di loro così strettamente da formare un solo atto di culto. Perciò il sacro Concilio esorta caldamente i pastori d'anime ad istruire con cura i fedeli nella catechesi, perché partecipino a tutta la messa, specialmente la domenica e le feste di precetto” (SC 56). 4 SC 102, 103, 104. 5 Domenica, Feria seconda, Feria terza, (…), sabato. 4 3. I cosiddetti “tempi forti” Da qualche tempo è invalsa la denominazione di “tempi forti” per alcuni periodi dell’anno liturgico, ma con un malinteso che ingenera spesso non poche contraddizioni nella celebrazione e nella prassi pastorale. Il primo rischio è quello di misconoscere il valore unitario dell’anno liturgico, che è un unico percorso celebrativo del mistero della salvezza. In secondo luogo, questa espressione rischia di emarginare il tempo “per annum”, come meno rilevante, quando invece esso è tutto strutturato attorno alla festa primordiale della fede cristiana che è la domenica. C’è un altro equivoco: quello di identificare i cosiddetti “tempi forti”, con la quaresima e l’avvento. La nostra pastorale vive di itinerari di preparazione: quanto più una ricorrenza (ad esempio una festa parrocchiale, una celebrazione sacramentale) è importante per la comunità, per un gruppo o per una persona, tanto più si strutturano lodevolmente degli iter formativi. L’anno liturgico possiede certo il valore di itinerario propedeutico, ma in realtà l’attenzione e l’enfasi è posta sulla celebrazione del mistero della salvezza e sulla relativa mistagogia6. In effetti, se vogliamo parlare di “tempi forti” li dobbiamo identificare, nell’ordine, con il Triduo Pasquale e con il Natale del Signore: questi sono a loro volta preparati dalla quaresima e dall’avvento, e celebrati con ampiezza e solennità nel tempo che ne segue. La cinquantina pasquale e il tempo natalizio hanno un rilievo liturgico e una solennità maggiore, rispetto alla quaresima e all’avvento7. 4. Il Proprio dei Santi Le memorie della Madre di Dio e dei Santi, rientrano in modo armonico e complementare nella celebrazione dell’unico mistero pasquale. Il Concilio insegna che “nel giorno natalizio dei santi la Chiesa proclama il mistero pasquale realizzato in essi, che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati” (SC 104). È importante recuperare questa consapevolezza, perché le memorie della Madre di Dio e dei Santi, così care alla tradizione cattolica, celebrano la potenza in atto del mistero pasquale nella vita della Chiesa. La oggettiva priorità sorgiva delle celebrazioni del proprio del tempo è garantita concretamente dalle regole sulle precedenze liturgiche (SC 108. 111), ed è compito della intelligenza pastorale saper armonizzare i vari elementi. Uno degli esempi più evidenti di questa interrelazione profonda tra Proprio del Tempo e Proprio dei Santi è dato dall’Ottava di Natale8. 6 Mistagogia: introduzione liturgica ed esistenziale al mistero celebrato. Su questo punto sarebbe necessario riflettere. Il tempo pasquale nei fatti è completamente soverchiato da altre ricorrenze, come il mese di maggio. Non esiste più la consapevolezza che la consuetudine di celebrare i sacramenti (prime comunioni, cresime, matrimoni) in questa stagione ha il suo fondamento proprio nella attualizzazione del mistero della Pasqua, che si realizza in questi grandi segni della fede. Per quanto riguarda il tempo di Natale, esso è diventato nei fatti un “tempo di vacanza”, mentre il rilievo delle solennità celebrate, dovrebbe paradossalmente farne uno dei tempi più intensi dell’anno. 8 Una malintesa priorità del mistero di Cristo, induce talvolta a ritenere che le celebrazioni del Proprio dei Santi costituiscano una sorta di “incidente di percorso” nello sviluppo lineare dell’anno liturgico. Lo ricorda Paolo VI, nel Motu Proprio Mysterii Paschalis, nel quale approva le norme generali per l’Anno liturgico e il calendario romano: “A questo mistero di Cristo non si oppongono le feste della beata Vergine Maria, la quale è congiunta con l'opera della salvezza del Figlio suo (Ibid. n. 103), e le memorie dei Santi, tra cui bisogna segnalare il natale dei nostri signori i Martiri e i Vincitori (Cf Breviarium Syriacum (sec. V), ed. B. Mariani, Roma, 1956, p. 27), feste che brillano di uno splendore particolare. Le feste dei Santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare (Cf Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 111: AAS 56 (1964), pp. 127). In verità, la Chiesa cattolica ha sempre ritenuto che il mistero pasquale di Cristo viene proclamato e rinnovato nelle feste dei Santi (Cf ibid. n. 104; pp. 125ss.)” (Paolo VI, Mysterii Paschalis, II). 7 5 PRESENTAZIONE DELLA NUOVA EDIZIONE DEI LEZIONARI 1. Il popolo davanti alla Parola Con la prima domenica d’Avvento 2010 entrano in vigore i nuovi lezionari. Si tratta di un fatto rilevante che esprime la tensione sempre viva nella comunità cristiana di comprendere e annunciare fedelmente la Parola. Il rinnovo dei libri liturgici dell’ambone offre l’occasione per fermarsi a fare il punto sullo stile celebrativo e sulla consapevolezza che abbiamo dei gesti e delle parole che compongono le azioni liturgiche. Ciò è di fondamentale importanza in quanto nella proclamazione liturgica la Bibbia esprime in modo più evidente e immediato la sua vera natura e finalità di Parola di Dio annunciata agli uomini per la loro salvezza. Allo stesso tempo rivela il suo rapporto con il credente. Di questo rapporto tra Scrittura e il popolo di Dio ne dà testimonianza anche la stessa Bibbia. Nel libro di Neemia è scritto infatti che: «Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere….tutto il popolo porgeva l’orecchio a sentire il libro della legge» (8, 2-3) Il popolo è quindi “davanti” al libro in atteggiamento di ascolto. Per la comunità cristiana questo atteggiamento di ascolto assume un significato ancora più profondo nella liturgia, come ricorda la Sacrosantum Concilium (=SC)quando afferma che Cristo: «è presente nella sua parola giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» (SC 7). Già Origene all’inizio del III secolo, spiegava ai suoi uditori: «Quando leggi che Gesù insegnava nelle sinagoghe, onorato da tutti, sta attento a non considerare fortunate soltanto le persone che potevano ascoltarlo, ritenendoti escluso dal suo insegnamento. Se la Scrittura è verità, allora Dio non ha parlato soltanto una volta nelle riunioni degli ebrei, ma parla ancora oggi nella nostra assemblea» (Omelia 32). Anche le Premesse all’Ordinamento delle letture della Messa (=OLM) affermano che «l’economia della salvezza, che la parola di Dio continuamente richiama e comunica, nell’azione liturgica raggiunge la pienezza del suo significato; così la celebrazione liturgica diventa un continuo, pieno ed efficace annuncio della Parola di Dio» (OLM 4). Queste considerazioni testimoniano e confermano il significato particolare che la Chiesa ha sempre attribuito alla Scrittura proclamata nella celebrazione liturgica. L’Ordinamento delle letture della Messa dice chiaramente che «la stessa celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente sulla parola di Dio e da essa prende forza, diventa un nuovo evento e arricchisce la parola stessa di una nuova efficace interpretazione» (OLM 3). Dall’importanza della Parola di Dio nella celebrazione, nasce il significato e l’importanza del Lezionario che custodisce questa Parola. Esso richiama il “modo” in cui la Chiesa legge la Scrittura: «la Chiesa segue fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e di interpretare le sacre Scritture, a cui ricorse Cristo stesso, che a partire dall’«oggi» del suo evento esorta a scrutare tutte le Scritture» (OLM 3). 2. Il Lezionario dalla riforma liturgica ad oggi La storia della liturgia, per quanto offre notizie frammentarie riguardo ai Lezionari tuttavia testimonia una lunga tradizione che vede la comunità raccolta per la “frazione del pane” mettersi sempre in ascolto delle Scritture. Un’indicazione preziosa è quella, per esempio, di san Giustino che, già 150 anni dopo Cristo, nella sua Prima Apologia, scrivendo della comunità che si raccoglie nel giorno domenicale, testimonia che «nel giorno chiamato “del sole” ci si raduna tutti insieme…. E si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente» (Giustino, Prima Apologia, 67, 3). 6 Tuttavia, per quanto riguarda la nostra storia, l’attuale Lezionario è uno dei frutti più preziosi del Vaticano II e la testimonianza della premura della Chiesa perché: «vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura» (SC 51). Vale la pena ricordate a tal proposito, che nel Messale di Pio V l’Antico Testamento era quasi assente, ed il Nuovo limitato a poche pericopi. Inoltre, nello stesso Messale tridentino non esisteva un vero e proprio Lezionario feriale, per cui si era costretti a leggere ogni giorno le pericopi della domenica precedente. La pubblicazione di un Lezionario risponde ad un altro invito della riforma liturgica, quello di abbandonare la forma “plenaria” del libro liturgico per ritornare all’antica tradizione dei singoli libri legati ai vari ministri della celebrazione. Avviata la riforma liturgica voluta dal Vaticano II, la Chiesa Italiana cercò di rispondere prontamente. Riguardo al Lezionario, già nel 1964 l’assemblea plenaria dell’episcopato italiano, deliberò di utilizzare per tutta l’Italia il Lezionario preparato dal Centro di Azione Liturgica di Bologna e reso obbligatorio per la Diocesi di Bologna. In realtà si trattava di un Lezionario che copriva solo alcuni tempi dell’anno liturgico. Nel 1966 l’episcopato italiano, sempre per rispondere alle istanze di SC 51, decide l’adozione di un Lezionario feriale. Si trattava di un primo fascicolo che comprendeva il Tempo di Avvento-Natale. Non era obbligatorio, ma vivamente raccomandato (ECEI, I/776-779). Finalmente nel 1972 iniziava la pubblicazione dei Lezionari, partendo da quello domenicale festivo. Nello stesso anno furono pubblicati anche quello feriale e quello per le celebrazioni dei Santi. Riguardo ai nuovi Lezionari, la novità fondamentale è la nuova traduzione della sacra Scrittura resasi necessaria dopo la nuova traduzione della Bibbia latina, e in ottemperanza alle indicazioni dell’Istruzione Liturgiam authenticam che invita a rivedere i testi biblici utilizzati nella liturgia , in base ai testi originali presupposti dalla Nova Vulgata. Il desiderio e l’impegno di far coincidere la pubblicazione della nuova traduzione della Bibbia per le celebrazioni liturgiche con quella dei nuovi Lezionari, conferma quanto espresso dalla Costituzione conciliare Dei Verbum (=DV): «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso del Signore, non mancando mai, soprattutto nella santa Liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio sia del Corpo di Cristo» (DV 21). La nuova pubblicazione dei Lezionari segue l’elenco delle pericopi offerto dalla editio typica altera dell’Ordinamento delle letture della Messa del 1981. La Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti, il 17 settembre 2007 approvava l’intera opera. Allo stesso tempo, su invito del Santo Padre Benedetto XVI, alla Congregazione furono inviati anche i testi non contemplati dai libri liturgici, in vista di un loro eventuale utilizzo. La pubblicazione dei nuovi Lezionari, continuando l’antica tradizione dei libri destinati alla proclamazione della Parola di Dio nelle celebrazioni, testimonia la fedeltà al rinnovamento voluto dal Vaticano II, soprattutto riguardo all’abbondanza di Scrittura da offrire al popolo di Dio. L’opera si compone di 9 volumi: tre per il Lezionario domenicale festivo; tre per quello feriale e gli ultimi tre per le celebrazioni dei Santi, per le Messe Rituali e votive e ad diversa. Certamente la novità più importante è costituita dalla nuova traduzione della Bibbia. Possiamo citare solo qualche esempio: Citazione Vecchia CEI Nuova CEI 1 Re 19, 12 Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma Dopo il terremoto, un fuoco, ma il il Signore non era nel fuoco, Dopo il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu un mormorio di vento fuoco, il sussurro di una brezza leggera leggero 7 Salmo 8, 5-6 che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli di gloria e di onore lo hai coronato che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi? Davvero l'hai fatto poco meno di un dio di gloria e di onore lo hai coronato Am 6, 7 Perciò andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l'orgia dei dissoluti Perciò andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l'orgia dei bontemponi Mt 6, 12-13 e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione ma liberaci dal male Mt 28, 19 Andate dunque e ammaestrate tutte Andate dunque e fate discepoli tutti i le nazioni, battezzandole nel nome popoli, battezzandoli nel nome del Padre del Padre e del Figlio e dello Spirito e del Figlio e dello Spirito Santo Santo Lc 1, 8 Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te" Ef 4, 13 finchè arriviamo tutti all'unità della finchè arriviamo tutti all'unità della fede fede e della conoscenza del Figlio di e della conoscenza del Figlio di Dio, fino Dio, allo stato di uomo perfetto, nella all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura che conviene alla piena misura della pienezza di Cristo. maturità di Cristo. Entrando da lei, disse: "Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te" 8 IL CICLO LITURGICO DI AVVENTO-NATALE-EPIFANIA E IL SUO LEZIONARIO 1. La celebrazione della manifestazione del Figlio di Dio fatto uomo “Quando celebriamo il Mistero della Nascita di Cristo e la sua manifestazione nel mondo, gli chiediamo di essere rinnovati nello spirito per mezzo di lui che esteriormente riconosciamo simile a noi”9 (Paolo VI, Mysterii Paschalis, I). L’attenzione della Chiesa, sempre illuminata dalla luce pasquale del Signore risorto, è attratta dal mistero della persona divino-umana del Figlio di Dio. Ogni singolo elemento della storia della redenzione, così come ogni singolo mistero celebrato nel corso dell’anno liturgico richiama e, in qualche modo, contiene tutti gli altri. L’orizzonte pasquale delle celebrazioni della manifestazione di Cristo è evidente: nel Natale e nell’Epifania, la Chiesa riconosce che colui che è morto e risorto per noi, è il Verbo eterno del Padre, fatto uomo. La separazione del mistero dell’Incarnazione dalla globalità del mistero della Redenzione, ha effetti devastanti sulla vita cristiana10. Proprio per questa analogia con la celebrazione pasquale, anche il ciclo liturgico natalizio, si è costituito storicamente sul modello di quello pasquale (quaresima, solennità, ottava, cinquantina, pentecoste), per cui abbiamo: - un tempo propedeutico: l’Avvento. È innegabile che la sua origine storica sia legata al parallelismo con la quaresima. Curiosamente oggi si tende a sminuirne il valore ascetico11. Ne è rimasto un segno evidente nel colore liturgico violaceo. - la celebrazione della solennità: la festa di Natale, con la sua straordinaria ricchezza liturgica (4 messe proprie per un unico giorno liturgico!) - l’ottava: è l’anello di congiunzione tra il mistero celebrato e il tempo che passa. Dilatando negli otto giorni successivi l’Oggi liturgico, la Chiesa impara che il Natale, come la Pasqua, non è una semplice ricorrenza del calendario, ma un evento di salvezza, che è reso sempre attuale nella celebrazione sacramentale. - il tempo della celebrazione: l’evento entra nella vita. Il mistero a cui ci siamo preparati e che celebriamo deve plasmare la nostra esistenza in una vita nuova, attraverso la partecipazione fruttuosa alla celebrazione, la sempre più consapevole professione di fede, la testimonianza della carità fraterna. - la conclusione solenne: la festa della Epifania (che comprende il Battesimo del Signore), è in evidente parallelo con l’Ascensione e la Pentecoste. Se la festa principale riguarda la 9 SAN LEONE MAGNO, Sermo XXVII in Nativitate Domini, 7,1: PL 54,216. Ad esempio, una certa predicazione enfatizza la cosiddetta “logica dell’Incarnazione”, indicando nella prospettiva della Incarnazione del Figlio di Dio, l’orizzonte della vita e della missione della Chiesa. Abbondano esortazioni a farsi carne (una vera assurdità tranne che per Dio e per gli angeli!), assumere un atteggiamento solidale, compassionevole, e conseguentemente a rifuggire la deriva spiritualistica, per sua natura “disincarnata”… Una simile prospettiva è semplicemente una caricatura del Cristianesimo, ridotto ad un puro messaggio etico. Il Verbo di Dio, infatti, si è fatto carne per comunicare agli uomini la sua vita divina. Nella autentica “logica dell’Incarnazione”, hanno senso tanto la nascita del Verbo divino nella carne umana, quanto la sua glorificazione pasquale e ascensione al cielo: questo è il percorso completo compiuto da Cristo, a cui ogni uomo è chiamato per grazia. La carenza cronica della prospettiva escatologica nella predicazione e nella catechesi è un segnale evidente di questa deriva. 11 Il carattere ascetico dell’Avvento (astinenza, preghiera vigilante, sobrietà), sul modello di quello più marcato della Quaresima, dovrebbe invece essere proposto con maggiore forza. Nessun documento liturgico ha mai inteso eliminare questo aspetto, come invece viene continuamente ripetuto, come se si dovesse estirpare un difetto nella prassi ecclesiale. Oltretutto, questo tempo liturgico, con i richiami fortissimi alla conversione espressa in concrete scelte di vita, viene a coincidere con il periodo più sfacciatamente commerciale dell’anno. 10 9 persona di Cristo, la festa conclusiva celebra il dilatarsi della grazia a tutta la Chiesa e potenzialmente a tutta l’umanità. Se il Natale celebra la nascita di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria, l’Epifania mostra come la grazia di questa Nascita raggiunge e illumina ogni popolo e ogni uomo12. 2. Il Lezionario domenicale del tempo di Avvento In generale, la distribuzione dei brani biblici nel lezionario domenicale e festivo segue due criteri fondamentali: - la concordanza tematica: i brani sono scelti sulla base di un tema comune che caratterizza particolarmente una determinata ricorrenza - la lettura semicontinua: tipica delle domeniche “per annum” nel quale un testo (soprattutto il Vangelo), viene letto in modo continuativo, mentre le altre letture ne sviluppano (o meno) il tema. Per le quattro domeniche di Avvento, vale il primo criterio, secondo uno schema che è comune a tutti e tre agli anni liturgici (A, B e C): È dunque il VANGELO il testo chiave, verso il quale sono orientati anche gli altri brani biblici. In particolare in Avvento si pone in evidenza il particolare rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento: “la Chiesa annunzia l’unico e identico mistero di Cristo ogni qual volta nella celebrazione liturgica proclama sia l’Antico che il Nuovo Testamento. Nell’Antico Testamento è adombrato il Nuovo, e nel Nuovo si disvela l'Antico” (OLM 5). Lo schema che segue mostra il percorso biblico dell’Avvento13: Domeniche 1. La Parusia A Is 2,1-5: Il Signore unisce tutti i popoli nella pace eterna del suo Regno. Rm 13,11-14: La nostra salvezza è più vicina. Mt 24, 37-44: Vegliate, per essere pronti al suo arrivo 2. La persona di Giovanni Battista Is 11,1-10: Giudicherà con giustizia i miseri Rm 15,4-9: Gesù Cristo salva tutti gli uomini Mt 3,1-12: Convertitevi: il regno dei cieli è vicino! B Is 63, 16b-17.19b; 64, 2-7: Se tu squarciassi i cieli e scendessi. 1Cor 1,3-9: Aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Mc 13,33-37: Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà Is 40, 1-5.9-11: Preparate la via al Signore. 2Pt 3, 8-14: Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova. Mc 1,1-8: Raddrizzate le vie del Signore. 12 C Ger 33,14-16: Farò germogliare per Davide un germoglio giusto. 1Ts 3,12-4,2: Il Signore renda saldi i vostri cuori al momento della venuta di Cristo. Lc 21,25-28.34-36: La vostra liberazione è vicina. Bar 5,1-9: Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura. Fil 1,4-6.8-11: Siate integri e irreprensibili per il giorno di Cristo. Lc 3,1-6: Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! Così l’Ascensione e la Pentecoste, in relazione alla Pasqua: lo Spirito di Dio che risvegliò dalla morte il Corpo di Cristo che giaceva nel sepolcro e lo ha portato alla vita risorta, viene donato a tutti i membri della Chiesa, perché risorgano in Cristo alla vita nuova, e diventino essi stessi strumenti di salvezza per tutti i popoli. 13 Ogni brano evangelico viene qui identificato dal titolo liturgico riportato nello stesso Lezionario. Questo titolo è riportato nel libro liturgico dell’ambone, in corsivo con un carattere in corpo più piccolo rispetto al brano biblico. Non è destinato alla lettura, ma offre una autorevole chiave di interpretazione che aiuta a cogliere il nesso tematico tra le letture e la collocazione del brano nel contesto del giorno liturgico. 10 3. Il ministero di Giovanni Battista 4. Le Annunciazioni Is 35, 1-6a.8a.10: Ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi. Gc 5,7-10: Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Mt 11,2-11: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Is 7,10-14: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio. Rm 1,1-7: Gesù Cristo, dal seme di Davide, Figlio di Dio. Mt 1,18-24: Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, della stirpe di Davide Is 61, 1-2.10-11: Gioisco pienamente nel Signore. 1Ts 5,16-24: Spirito, anima e corpo si conservino irreprensibili per la venuta del Signore Gv 1,6-8.19-28: In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete 2Sam 7, 1-5.8b12.14a.16: Il regno di Davide sarà saldo per sempre davanti al Signore. Rm 16,25-27: Il mistero avvolto nel silenzio per secoli, ora è manifestato. Lc 1,26-38: Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce. Sof 3,14-17: Il Signore esulterà per te con grida di gioia. Fil 4,4-7: Il Signore è vicino! Lc 3,10-18: E noi che cosa dobbiamo fare? Mic 5,1-4: Da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele Ebr 10,5-10: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà. Lc 1,39-45: A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? La prima domenica offre l’opportunità di riconoscere soprattutto il profondo legame tra l’Antico e il Nuovo Testamento. L’accostamento dei Vangeli in cui si annuncia la manifestazione definitiva del Signore alla fine dei tempi, con testi dell’Antico Testamento che annunciano i tempi messianici, pone le attese e le speranze della Chiesa in continuità con quelle dell’antico Israele: la novità è data dal fatto che la Chiesa attende colui che già conosce ed è già venuto in mezzo a noi, come Redentore di tutti gli uomini. La seconda e la terza domenica mettono in risalto la figura austera di Giovanni il Precursore. Come avremo modo di constatare anche nel ciclo feriale dell’Avvento, la liturgia cristiana dedica un grande rilievo alla persona del Battista14. Il ministero e la predicazione del Precursore, oltre a precedere storicamente quello del Signore Gesù Cristo, ne costituiscono una premessa indispensabile. Non si può accogliere con frutto la grazia di Cristo Redentore, se prima non si passa attraverso l’appello forte ed esigente di Giovanni alla conversione: un passaggio sostanziale dunque, in vista di quella gioia, posta in rilievo nei testi profetici e apostolici della domenica Gaudete, ed evidenziati dagli altri elementi della celebrazione. La quarta domenica: l’abbiamo intitolata delle “Annunciazioni”, perché nel ciclo A e nel ciclo B, riporta l’annuncio angelico a Giuseppe e a Maria. Nel ciclo C è lo stesso Spirito Santo ad annunciare la gioia della presenza del Dio fatto uomo nella Visitazione. La liturgia di questa domenica evidenzia come le antiche promesse riportate dai profeti (prima lettura), trovano il loro compimento concreto in un punto preciso del tempo e della storia (seconda lettura e Vangelo). È uno dei passaggi di capitale importanza nella professione di fede cattolica: ciò che accadde in una remota provincia dell’Impero, venti secoli fa, ha un valore permanente e universale di salvezza. Ogni punto del tempo e dello spazio, compresa la nostra vicenda personale e comunitaria, è posto in 14 Oltre alle due domeniche di Avvento, vi è un riferimento al Precursore, anche in numerosi giorni feriali di Avvento. Giovanni ritorna poi varie volte nel tempo di Natale, fino alla festa del Battesimo del Signore. Da non dimenticare le due feste liturgiche a lui dedicate nel Santorale. La solennità del 24 giugno poi è in diretto collegamento con la festa del Natale, da cui si distanzia, secondo la cronologia di Luca, di sei mesi. Inoltre possiamo aggiungere la festa della Visitazione. 11 relazione diretta con quegli avvenimenti, in forza della risurrezione di Cristo e dell’effusione dello Spirito Santo. 4. Il ciclo feriale dell’Avvento. Prima parte: Isaia e il Battista Per una corretta comprensione dei singoli brani biblici nel ciclo feriale è necessario conoscere i criteri della distribuzione degli stessi. Come è noto, il ciclo feriale è distinto in due parti: prima e dopo il 17 dicembre, quando inizia la preparazione diretta al Natale. Meno nota la caratterizzazione della prima parte delle ferie di Avvento, che conosce una ulteriore distinzione: dal lunedì della prima settimana, al mercoledì della seconda, la Liturgia della Parola è costruita attorno ai brani più significativi del Profeta Isaia: il brano evangelico infatti è scelto sulla base di una concordanza tematica con il testo profetico15. A partire dal giovedì della seconda settimana, è invece il Vangelo il testo chiave della celebrazione e la sua disposizione segue un criterio assolutamente originale: vengono proposti infatti brani tratti indistintamente dai 4 vangeli, accomunati dall’unico criterio di avere un riferimento più o meno diretto a san Giovanni Battista. Mettendo al centro due persone concrete, la celebrazione della prima parte dell’Avvento introduce un importante criterio di comprensione: il mistero cristiano, prima di essere enunciazione di principi teologici e valori etici, è vita, vita vissuta. È il principio del realismo cristiano, che trova nel sacramento della Carne e del Sangue del Redentore, la sua massima espressione. I due profeti, l’uno dell’Antico l’altro del Nuovo Testamento offrono una ulteriore possibilità di riflessione sulla storia della salvezza: la continuità con l’Antica e la radicale irriducibilità della Nuova ed eterna Alleanza. SCHEDA 1: Il profeta Isaia Fin dalle origini del cristianesimo, il libro del profeta Isaia, tra tutti gli scritti biblici, gode di una considerazione straordinaria, perché le sue profezie messianiche sono di una tale chiarezza da sembrare a volte la cronaca di un fatto accaduto, non predizioni. Gesù stesso, secondo l’evangelista Luca, inaugurò la sua predicazione partendo dalla lettura di un testo di Isaia, di cui annunciava il compimento (Lc 4,16-30). Ma Isaia sta anche all’inizio della predicazione della Chiesa: come riferiscono gli Atti degli Apostoli (8,26ss), fu a partire da un brano del profeta, che il diacono Filippo annunciò il Vangelo di Gesù all’eunuco della regina Candace. “Leggendo Isaia, scrive Girolamo nel suo commento al testo profetico, io non vi parlerò di un profeta, ma piuttosto di un evangelista o di un apostolo”: “questo libro della Scrittura che contiene universa Domini sacramenta, tutti i misteri del Signore. Effettivamente nel libro di Isaia troviamo che il Signore viene predetto come l'Emmanuele nato dalla Vergine, come autore di miracoli e di segni grandiosi, come morto e sepolto, risorto dagli inferi e salvatore di tutte le genti”16. Già il libro del Siracide sottolinea l’orizzonte messianico del profeta: “(…) il profeta Isaia, grande e verace nella visione. Nei suoi giorni retrocedette il sole, egli prolungò la vita del re. Con grande ispirazione vide gli ultimi tempi, e consolò gli afflitti di Sion. Egli manifestò il futuro sino alla fine dei tempi, le cose nascoste prima che avvenissero”17. In effetti Isaia è il testo più citato dal Nuovo Testamento. La consuetudine di leggere in Avvento prevalentemente i testi di Isaia è antichissima e comune a tutte le tradizioni liturgiche. 15 Si tratta di un unicum nell’anno liturgico, poiché è in genere quello evangelico il brano dominante nella Liturgia della Parola. Questo aspetto caratteristico evidenzia l’interdipendenza dei due Testamenti. 16 Girolamo, Commento del Profeta Isaia, Prologo 17 Sir 48, 22b-25 12 Il libro del profeta Isaia si è formato in più di duecento anni, dal 740 momento della vocazione di Isaia a dopo il 550, tempo della predicazione profetica nell’esilio di Babilonia, sotto il re Ciro. È chiaro, dunque, che parlare di “Isaia” non significa parlare di un solo uomo, ma di una vicenda storica che coinvolge un intero popolo per almeno due secoli. Alla stesura del libro hanno contribuito, infatti, almeno tre mani o meglio tre scuole, che vengono identificate dagli studiosi con i nomi: proto-Isaia, deutero-Isaia, e talvolta trito-Isaia. Si aggiungono, poi, i quattro canti del servo del Signore che si collocano dentro la tradizione del secondo Isaia, ma che hanno uno stile distinto dal resto, e vengono proclamati nella liturgia della quaresima e della settimana santa. SCHEDA 2: San Giovanni Battista Giovanni Battista è il santo più raffigurato nell’arte di tutti i secoli; sono innumerevoli le opere che lo rappresentano, praticamente in tutte le Chiese. Solo nella diocesi di Bologna, si contano 32 parrocchie che lo venerano come patrono. Gesù stesso lo ha definito: “il più grande tra i nati di donna”, come dire il megliore fra tutta l’umanità che cerca la volontà di Dio. La Chiesa lo ricorda con due feste liturgiche a lui dedicate, la Nascita e il martirio, e in due domeniche del tempo di Avvento, in numerose ferie di Avvento e Natale e nella festa del Battesimo di Gesù: questa presenza ampia nella liturgia sembra rammentare che il vangelo, la buona notizia di Cristo Salvatore non è efficace nella nostra vita, se prima non si passa dal forte appello di Giovanni alla conversione. La sua nascita prodigiosa, dagli anziani genitori Zaccaria ed Elisabetta, si intreccia a quella del Salvatore e l’incontro dei due bambini nel grembo delle rispettive madri annuncia che è giunta la pienezza dei tempi. Per accogliere con frutto la salvezza portata da Cristo è necessario convertirsi, cioè ricoscere nella nostra vita il primato di Dio e la santità della sua legge, ed è proprio il severo appello alla conversione che costituisce il cuore della missione del Battista nel deserto di Giuda, dove folle enormi andavano ad ascoltare e a chiedere perdono dei loro peccati, immergendosi nell’acqua del Giordano. Giovanni precede il Messia anche nella sua morte: venne decapitato in carcere per non aver anteposto la verità di Dio alle regole della convenienza e così insegna ad ogni discepolo che la salvezza è inseparabile dal mistero della croce. Giovanni Battista è stato e resta per sempre nella coscienza della Chiesa, il “Precursore”, potremmo dire l’apripista del Signore, il dito puntato su Cristo che egli indica come la vittima pasquale per il perdono e la salvezza, l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo. 5. Le ferie maggiori Con il 17 dicembre, si entra nelle cosidette ferie maggiori, in cui vengono meno le celebrazioni dei santi18 e la liturgia si arricchisce di canti, antifone e inni caratteristici. La disposizione dei testi biblici è legata ai racconti evangelici che narrano gli eventi che precedono la Nascita del Redentore, accompagnate dalle più significative profezie messianiche, contenute dell’Antico Testamento19. In questo contesto è bene ricordare che le fonti della predicazione omiletica non sono solo i testi biblici proclamati, ma anche i testi eucologici20. Le orazioni e le antifone (particolarmente le 18 divengono delle semplici commemorazioni. Eventualmente i nomi dei Santi possono essere commemorati nell’anafora. 19 Le ferie maggiori dell’Avvento, spesso caratterizzate da una più intensa vita liturgica in occasione della Novena di Natale, hanno un contenuto teologico e spirituale di grande rilevanza: esse sono costruite attorno a pagine del Vangelo che potremmo paradossalmente definire “anticotestamentarie”, pur essendo parte del Nuovo, perché in esse Cristo è presente solo come colui che è atteso e annunciato. Questo elemento consente di riflettere, quasi per contrasto, sulla grazia straordinaria di vivere nella nuova ed eterna Alleanza, il tempo del compimento delle promesse divine, il tempo della grazia e della misericordia. 20 OLM 24. 13 antifone maggiori, contenute nel Vespro e riprese nel canto al Vangelo) di questi giorni prenatalizi, costituiscono il contesto ricchissimo per una più profonda comprensione dei brani biblici. 6. Il Santorale dell’Avvento Abbiamo già ricordato che il Proprio dei Santi non deve essere visto come un ostacolo alla celebrazione del Mistero di Cristo nella sua purezza: il Santorale è la celebrazione della “potenza in atto” del mistero pasquale. Le memorie dei santi, celebrate con l’opportuna sobrietà anche nella prima parte del tempo di Avvento21, offrono la possibilità di sottolineare aspetti rilevanti della spiritualità di questa stagione liturgica, con la forza viva che viene dalla testimonianza di questi fratelli maggiori e dalla loro intercessione. Si propone qui una possibile chiave di lettura delle celebrazioni del proprio dei Santi, in armonia con le tematiche richiamate dai testi biblici ed eucologici dell’Avvento. LA BEATA VERGINE MARIA, AURORA DEL SOLE CHE SORGE o Immacolata Concezione della B.V. Maria (8.12)22 o Beata Vergine di Loreto (in calendari particolari, 10.12) o San Juan Diego Cuauhtlotatzin (9.12) o Beata Vergine di Guadalupe (12.12) L’UNIVERSALITÀ DELLA SALVEZZA E DELLA MISSIONE DELLA CHIESA o Sant’Andrea Apostolo (30.11) o San Francesco Saverio (3.12) LA PAROLA DI DIO ANNUNCIATA E VISSUTA NELLA CHIESA o San Giovanni Damasceno (4.12) o Sant’Ambrogio (7.12) o San Damaso (11.12) - IL DESIDERIO PROFONDO DI CRISTO o San Giovanni della Croce (14.12) I DONI NATALIZI o San Nicola (6.12) o Santa Lucia (13.12) 7. La celebrazione “pasquale” del Natale del Signore Dopo l’annuale rievocazione del mistero pasquale, la Chiesa non ha nulla di più sacro della celebrazione del Natale del Signore e delle sue prime manifestazioni: ciò che essa compie con il Tempo di Natale (CR, 32). Come abbiamo più volte mostrato, la solennità della Natività del Signore è celebrata e vissuta dalla Chiesa in fortissima connessione con la Pasqua: tra i segni più evidenti, lo strutturarsi di un itinerario propedeutico e di uno sviluppo successivo parallelo (Avvento con 21 Di fatto, solo la festa di Sant’Andrea e la solennità dell’Immacolata Concezione hanno letture proprie. Nelle memorie prosegue il ciclo feriale del tempo. Per quanto riguarda le orazioni e le antifone, in mancanza di testi propri, è bene utilizzare quelle della feria corrente. Nulla impedisce poi di recuperare la colletta della feria corrente, al termine della preghiera dei fedeli, o nel caso di una memoria facoltativa, di utilizzare in questo modo la colletta del Santo. 22 Giova ricordare che, nell’anno B, la solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine offre la medesima pagina del Vangelo che nella quarta domenica di Avvento: il racconto dell’Annunciazione, secondo Luca. La prospettiva però è diversa: mentre nell’Immacolata Concezione l’attenzione è posta sul saluto angelico “piena di grazia”, che costituisce il fondamento biblico del dogma mariano, nella domenica prenatalizia, l’accento è posto sull’annuncio della divina Maternità della Vergine, dalla quale nascerà il Salvatore. 14 Quaresima, Natale con Pasqua, Epifania con Pentecoste), il carattere notturno della celebrazione culminante, ma soprattutto la dinamica tipicamente pasquale del “passaggio”: dall’Antica alla Nuova Alleanza, dall’attesa al compimento, dall’ignoranza alla rivelazione, dalla notte alla luce: per questo in molti paesi di lingua ispanica il Natale viene chiamato “Pascua de Navidad”. La relazione tra Natale e Pasqua riguarda anzitutto il contenuto della fede che viene professata e celebrata nel sacramento: colui che è morto ed è risorto per noi è il Dio fatto uomo; l’identità del Figlio di Dio e Figlio di Maria è fondamentale per comprendere la portata universale e autenticamente umana della redenzione. Si può notare che, mentre le celebrazioni del ciclo pasquale ruotano attorno al calendario lunare variabile, quelle del ciclo natalizio sono costruite attorno alle date fisse del calendario solare. Nel Natale prevale infatti la DIMENSIONE STORICA, quasi anniversaria, mentre nella Pasqua, con la centralità della grande Domenica di Risurrezione, prevale la dimensione misterica e sacramentale. Si tratta di due aspetti complementari: da una parte la cronologia umana che diviene storia della salvezza; dall’altra, la forza del sacramento che elimina la barriera del tempo e ci rende come contemporanei di Cristo. La consapevolezza della centralità del mistero natalizio è espressa anzitutto dalla ricchezza che ne caratterizza la solennità: ben quattro messe per un solo giorno liturgico, un unicum assoluto. 8. La Liturgia e il Lezionario della solennità del Natale La MESSA VESPERTINA DELLA VIGILIA riassume in se stessa tutta l’attesa di Israele e dell’umanità; il senso della celebrazione (nella sua dimensione allo stesso tempo storica e pasquale) è bene riassunto dal versetto del Canto al Vangelo: “Domani sarà distrutto il peccato della terra e regnerà su di noi il Salvatore del mondo”. Is 62, 1-5 Il Signore troverà in te la sua delizia. Sal 88 (89) Canterò per sempre l’amore del Signore. At 13, 16-17.22-25 Testimonianza di Paolo a Cristo, figlio di Davide. Mt 1, 1-25 Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide. La MESSA DELLA NOTTE SANTA ha la sua origine storica nella basilica romana di Santa Maria Maggiore, nella cui confessione per volontà dell’Imperatrice Sant’Elena, vennero collocate le reliquie della mangiatoia di Betlemme (presepio). Entrò così anche a Roma l’usanza betlemmita (testimoniata da Egeria) di celebrare l’Eucaristia durante la notte, a diretto contatto con la testimonianza concreta del fatto che viene rivissuto nel mistero. Questa celebrazione mette in evidenza l’evento in se stesso della Nascita di Gesù, in un momento ben preciso della storia e della geografia: aspetto molto marcato nelle prime parole del Vangelo23. Attraverso il canto del Gloria in excelsis Deo si crea una continuità tra la Chiesa che celebra e l’evento storico. Is 9, 1-6 Ci è stato dato un figlio. Sal 95 (96) Oggi è nato per noi il Salvatore. Tt 2, 11-14 È apparsa la grazia di Dio per tutti gli uomini. Lc 2, 1-14 Oggi è nato per voi il Salvatore. 23 Il carattere storico e insieme pasquale del Natale è ben espresso anche dal Martirologio romano. Questo è l’annuncio della solennità del 25 dicembre: “Trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo, quando in principio Dio creò il cielo e la terra e plasmò l’uomo a sua immagine; e molti secoli da quando, dopo il diluvio, l’Altissimo aveva fatto risplendere tra le nubi l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace; ventuno secoli dopo che Abramo, nostro Padre nella fede, migrò dalla terra di Ur dei Caldei; tredici secoli dopo l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè; circa mille anni dopo l’unzione regale di Davide; nella sessantacinquesima settimana secondo la profezia di Daniele; all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade; nell’anno settecentocinquantadue dalla fondazione di Roma; nel quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto, mentre su tutta la terra regnava la pace, Gesù Cristo, Dio eterno e Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua piissima venuta, concepito per opera dello Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo: Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la carne”. 15 La MESSA DELL’AURORA ha una origine storica curiosa: nella città eterna vi era una numerosa e vivace comunità greca, che seguiva le tradizioni liturgiche orientali e che aveva sede nella Chiesa di Sant’Anastasia al Palatino. La festa della martire Anastasia (citata anche nel Canone Romano) cadeva proprio il 25 dicembre: si deve inoltre notare che la solennità del Natale nello stesso giorno è stata introdotta tra gli Orientali in modo graduale, verso la fine del IV secolo, mentre a Roma pare risalga già all’inizio dello stesso secolo. I Pontefici Romani, dunque, per onorare la comunità greca, salivano al mattino presto al Palatino per celebrare la Liturgia solenne, con testi liturgici comunque natalizi. In maniera casuale (se casualità esiste), ne nacque una impressionante sintesi: il mistero dell’Incarnazione, il mistero pasquale (richiamato dal nome della martire che significa letteralmente “risurrezione”) e la testimonianza dei santi, che è il frutto della Redenzione! I testi biblici, soprattutto il Vangelo, in continuità con la celebrazione notturna, evidenziano la figura dei Pastori, che ricevono l’annuncio e si mettono in cammino verso Betlemme, il cui nome tradotto significa “Casa del pane”. Is 62, 11-12 Ecco, arriva il tuo Salvatore. Sal 96 (97) Oggi la luce risplende su di noi. Tt 3, 4-7 Ci ha salvati per la sua misericordia. Lc 2, 15-20 I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. La MESSA DEL GIORNO è la celebrazione solare del mistero e dello scambio dei doni: Dio si è fatto uomo, per donare all’uomo di essere Dio. Storicamente è, possiamo dire, la vera Messa della festa, celebrata dai Pontefici nella Cattedrale Lateranense. La Liturgia della Parola è dominata dalla lettura del Prologo di Giovanni, ulteriore sottolineatura pasquale: nella logica giovannea infatti, il prologo introduce tutto il Vangelo e il “farsi carne” del Verbo di Dio è certamente riferito alla nascita di Gesù, ma anche alla sua solidarietà con l’uomo nella sua vita e nella sua morte. Lungo i secoli la Chiesa ha manifestato questa coscienza in vari modi: nel rito bizantino, ad esempio, il prologo di Giovanni è la lettura propria della Liturgia del giorno di Pasqua; nel rito romano, lo stesso prologo veniva letto un tempo al termine di ogni Messa, quasi come chiave di lettura per poter interpretare ciò che accade nella stessa celebrazione: “noi vedemmo la sua gloria”. Is 52, 7-10 Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio. Sal 97 (98) Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio. Ebr 1, 1-6 Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Gv 1, 1-18 Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. 9. L’Ottava di Natale Come la solennità della domenica di Risurrezione, anche quella della Natività ha una “ottava”, un prolungamento festivo per otto giorni. La simbologia dell’ottavo giorno è tipicamente pasquale e nasce dal racconto evangelico di Giovanni: la domenica successiva a quella della risurrezione (l’ottavo giorno secondo il computo biblico, per il quale si conta anche il primo) è ancora per i discepoli giorno di riunione, di annuncio e di incontro con il Signore risorto. Da quel momento la Chiesa mai trascurerà di riunirsi nel giorno ottavo. L’elemento che caratterizza tanto l’ottava di Pasqua che quella di Natale è l’Hodie, l’Oggi della risurrezione e della nascita di Cristo che viene ripetutamente cantato in ogni antifona e orazione. L’ottava riveste quindi molti significati: - gli otto giorni celebrati con uguale solennità, enfatizzano il rilievo del mistero celebrato (il tempo forte): affermata l’importanza del catecumenato, cioè dell’itinerario di preparazione rivissuto nell’avvento e nella quaresima, nella vita cristiana ciò che conta maggiormente è la mistagogia, l’introduzione nel mistero. Se l’espressione “già e non ancora” è una felice sintesi teologica della vita cristiana, la Liturgia ci invita ora a prendere coscienza soprattutto del “già”: “fin da ora siamo Figli di Dio!...” (1Gv 3,2). - una nuova dimensione del tempo (kronos), che in Cristo diviene grazia (chairos): la festa celebrata ha certamente un valore di anniversario, di ricordo storico, ma la forza del sacramento rende possibile in ogni tempo e in ogni luogo (prefazio) una connessione reale e diretta con l’evento 16 rievocato e la comunione con Cristo. La dilatazione della festa esprime la necessità che il mistero celebrato entri nella vita e riempia della sua grazia tutto il tempo dell’esistenza. In una visione autenticamente cristiana, il Natale non è solo una ricorrenza, una circostanza del calendario, ma è la grazia di un incontro sempre nuovo e sempre possibile. Tra le caratteristiche rituali dell’ottava di Natale, balza agli occhi l’intreccio del tutto peculiare con il Proprio dei Santi. È noto come le feste di Santo Stefano, di San Giovanni e dei Santi Innocenti si intersecano in modo speciale con l’ottava, fino a diventarne inseparabili. Approfondiremo questo aspetto nel capitolo dedicato al Santorale del Tempo Natalizio, ma possiamo già rilevare la rilevanza teologica di questo elemento: facendosi uomo (Incarnazione) il Verbo di Dio trasforma la vita dell’uomo e la divinizza (santità). Nella domenica che intercorre durante l’ottava (o il 30 dicembre se il giorno stesso di Natale cadesse di domenica) si celebra la festa della SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE24. Anche questa ricorrenza conferma la linea dell’incrocio strutturale tra Proprio del Tempo e Proprio dei Santi ed evidenzia in modo particolare la prima realtà umana incontrata e assunta dal Verbo di Dio che entra nel mondo: la famiglia. Il fatto che la festa sia assegnata ordinariamente alla domenica conferma l’indole pasquale di questa celebrazione, con una forte valenza antropologica: se Pasqua è “passaggio”, la prima realtà umana segnata da questo passaggio è appunto la famiglia, che toccata dalla grazia del sacramento, diviene luogo della presenza di Dio, perché egli stesso la abita, e riflesso umano della Trinità divina: inizia la trasfigurazione dell’umano, attraverso la forza della Parola di Dio e dei Sacramenti. * Anno A Sir 3, 3-7.14-17a (NV) Chi teme il Signore onora i genitori. Sal 127 (128) Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. Col 3, 12-21 Vita familiare cristiana, secondo il comandamento dell’amore. Mt 2, 13-15.19-23 Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto. * Anno B Gen 15, 1-6; 21, 1-3 Uno nato da te sarà tuo erede. Sal 104 (105) Il Signore è fedele al suo patto. Ebr 11, 8.11-12.17-19 La fede di Abramo, di Sara e di Isacco Lc 2, 22-40 Il bambino cresceva pieno di sapienza. * Anno C 1Sam 1, 20-22.24-28 Samuele per tutti i giorni della sua vita è richiesto per il Signore. Sal 83 (84) Beato chi abita nella tua casa, Signore. 1Gv 3, 1-2.21-24 Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Lc 2, 41-52 Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri. Al compimento dell’Ottava, il 1 gennaio, si celebra la solennità di SANTA MARIA MADRE DI DIO. Si deve anzitutto notare che, come anche per l’ottava di Pasqua, così anche in quella di Natale troviamo un fondamento biblico: otto giorni dopo la nascita infatti avviene, secondo il precetto biblico, la circoncisione del bambino25 e la imposizione del nome. Il titolo però della solennità è dedicato alla Madre di Dio, recuperando così una antica consuetudine, presente anche nei calendari 24 La festa venne introdotta da Leone XIII (1895) ed estesa a tutta la Chiesa latina da Benedetto XV (1921), nella domenica successiva all’Epifania. Con la riforma liturgica, venne trasferita nell’ottava di Natale. Senza motivi apparenti, l’aggettivo “sacra” è stato modificato in “santa”: in realtà si tratta di un impoverimento. “Sacro”, infatti designa per lo più la presenza misteriosa ma reale di Dio stesso (santità oggettiva); nell’aggettivo “santo” prevale la dimensione soggettiva: la virtù della santità. In effetti, la Famiglia di Nazaret deve essere qualificata anzitutto “Sacra”, perché in essa è presente in modo arcano, ma reale, Dio stesso, nella persona del Figlio Gesù. Inoltre questa denominazione potrebbe aprire delle importanti prospettive di lettura sacramentale della famiglia cristiana, fondata sul Matrimonio. 25 Il motivo per cui questo rito di appartenenza al Popolo dell’Alleanza era eseguito nell’ottavo giorno dalla nascita (contanto quest’ultimo come primo) (Gen 17, 12; Lv 12, 3) era per assicurare al neonato la possibilità di trascorrere almeno un Sabato, giorno del compimento dell’opera della creazione. 17 orientali, di commemorare in uno dei giorni successivi alla festa principale la memoria di un protagonista secondario26. Il titolo con cui la Chiesa onora la Vergine Maria “Madre di Dio” (in greco Θεοτόκος27, Theotokos) esprime da solo e compiutamente tutto il senso della devozione mariana: è un titolo paradossale28, comprensibile solo alla luce del mistero dell’Incarnazione: colui che è nato da Maria è il Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, una sola Persona; anche se Maria lo ha generato solo secondo la carne e non secondo la divinità, Ella può essere chiamata Madre di Dio, perché in Cristo l’umano e il divino sono inseparabili: è il principio teologico della communicatio idiomatum (scambio delle proprietà) per il quale, essendo unica la persona del Verbo, le caratteristiche del divino possono essere trasferite all’umano, e viceversa. Onorare la Vergine significa dunque riconoscere il mistero della salvezza in Cristo, Dio fatto uomo. Anche il tema della circoncisione e della imposizione del nome sono ben presenti nel Lezionario. La prima lettura offre il testo della benedizione rituale del Sommo Sacerdote: essa consiste nel pronunciare per tre volte sul popolo radunato il nome stesso di Dio (Signore). Il nome stesso di Dio è dunque la benedizione del popolo. Nella pagina evangelica, che riporta, come si può vedere un doppo titolo, viene ricordata la circoncisione, rito di appartenenza al Popolo eletto, e l’imposizione del nome “Gesù” (Dio-salva), con la sottolineatura che si tratta di un “nome rivelato”, ad indicare che il neonato Bambino non solo è l’ultimo frutto della lunga catena delle generazioni umane, ma di un intervento diretto di Dio nella vicenda umana. Ma il Vangelo evidenzia un ruolo speciale di Maria: se il Bambino è il protagonista assoluto, anche Maria è parte del segno riconosciuto dai Pastori, tanto da avere il primo posto: “… trovarono Maria…”. Luca sottolinea che la Madre fu anche la prima custode del mistero, evidenziando il carattere profondamente spirituale della sua divina Maternità29. Il breve passo della seconda lettura riunisce entrambi gli elementi della solennità (“Nato da donna, nato sotto la legge”). Ecco come il Martirologio Romano sintetizza il senso della festa: Nell’ottava del Natale del Signore e nel giorno della sua Circoncisione, solennità della santa Madre di Dio, Maria: i Padri del Concilio di Efeso l’acclamarono Theotókos, perché da lei il Verbo prese la carne e il Figlio di Dio abitò in mezzo agli uomini, principe della pace, a cui fu dato il Nome che è al di sopra di ogni nome. In questo contesto, si può ricordare che per volontà di Giovanni Paolo II, è stata recentemente ripristinata al 3 gennaio una memoria liturgica che sottolinea ancora il tema biblico della imposizione del Nome. Questo l’annuncio del Martirologio: Santissimo Nome di Gesù, il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina. Nm 6, 22-27 Porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò. Sal 66 (67) Dio abbia pietà di noi e ci benedica. Gal 4, 4-7 Dio mandò il suo Figlio, nato da donna. Lc 2, 16-21 I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù. SCHEDA 3: La fine e l’inizio dell’anno civile È bene non dimenticare che il passaggio civile dall’anno vecchio all’anno nuovo è del tutto estraneo alla liturgia cattolica! Come tutti sanno, l’anno liturgico ha un significato del tutto diverso rispetto all’anno civile. Inoltre i padri della Chiesa hanno combattutto in modo frontale tutto ciò che riguardava il capodanno civile, poiché rappresentava (ieri come oggi, per la verità) l’occasione di comportamenti licenziosi e immorali, oltretutto conditi da riti e 26 Così, ad esempio, nel rito bizantino, dopo l’Annunciazione si festeggia l’Arcangelo Gabriele; dopo il Battesimo al Giordano, San Giovanni Battista, ecc.. In questo rito, la festa della Madre di Dio è il 26 dicembre. 27 Secondo la definizione dogmatica del Concilio di Efeso (431). 28 A rigor di logica infatti, se Dio ha una madre, questa viene prima di lui ed è più grande di lui. 29 Certamente “beata”, perché Madre, ma soprattutto “beata perché ha creduto”. 18 credenze superstiziose (come auspici, auguri, oroscopi), assolutamente incompatibili con la fede cristiana30. È senza dubbio una forzatura indebita cercare di vedere nelle liturgie del 31 dicembre e del 1° gennaio elementi che si riferiscano al passaggio dell’anno, oppure enfatizzare questo tema al punto di perdere di vista il significato pregnante delle ricorrenza liturgiche, come accade spesso purtroppo nella solennità della Madre di Dio. Anche la Giornata per la Pace, voluta da Paolo VI in occasione del 1° gennaio, non è in senso proprio una ricorrenza liturgica, ma una giornata di sensibilizzazione, come quella missionaria o quella delle comunicazioni sociali. Una preghiera dei fedeli e un cenno nell’omelia o prima della benedizione finale, può essere il modo per sottolineare questo passaggio. Il BENEDIZIONALE offre a pag. 45 il rito per Ringraziare Dio dei suoi doni, che prevede il canto del TE DEUM, o del MAGNIFICAT o del cantico BENEDICITE. In un momento opportuno (dopo la celebrazione del Vespro del 1° gennaio, ad esempio, si può cantare il VENI CREATOR, aggiungendo l’orazione del Messale, all’inizio del nuovo anno). 10. Il lezionario delle ferie dell’ottava di Natale e delle ferie successive. A partire dal 27 dicembre (festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista), inizia la lettura continua della prima lettera di Giovanni, fino al sabato prima del Battesimo del Signore. Possiamo intanto notare che entrambi i brani biblici della Messa provengono dal Nuovo Testamento: il Natale segna infatti il passaggio alla Nuova Alleanza. Tra i molti temi richiamati dalla lettera (non sempre di facile comprensione), possiamo ricordare la rassicurazione della comunione sempre possibile con Cristo, il Verbo che si è manifestato nella carne: “quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Gv 1,3). La lettera mette poi in guardia da due eresie che serpeggiavano pericolosamente nelle comunità cristiane, che mettevano in questione l’identità stessa della fede cristiana: la prima negava che “Cristo è venuto nella carne”, la seconda, per certi aspetti complementare, affermava che il peccato non esiste e comunque non influisce sul rapporto con Dio: è la stretegia del nemico (Anticristo) che tenta di boicottare il vangelo falsificandolo e rendendolo inefficace, come un’illusione. Le pagine del Vangelo, oltre ai giorni delle feste dei santi, sono quelle lucane della Presentazione al Tempio di Gesù (29 e 30 dicembre) e il prologo di Giovanni, brani in cui è forte la dimensione pasquale. Quanto alle ferie successive, fino al 5 gennaio, si legge in modo continuo il capitolo primo del Vangelo di Giovanni, con la testimonianza del Battista e l’incontro con i primi discepoli. Dopo l’Epifania ci sono brani di tutti e quattro gli evangelisti che sembrano delineare quasi un identikit di Gesù Cristo, con gli esordi della sua missione pubblica, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la traversata a piedi del mare, la lettura di Isaia nella sinagoga di Nazaret, la guarigione del lebbroso, l’ultima testimonianza del Battista: in modi diversi questi brani riprendono il tema della Epifania: il vangelo rende manifesto il mistero di Cristo Salvatore. 30 Ecco, a questo proposito, alcuni passi del discorso 198 di Sant’Agostino, pronunciato il 1° gennaio: “Cantavate questo versetto del Salmo: Salvaci, Signore Dio nostro radunaci di mezzo alle genti, affinché esaltiamo il tuo santo nome (Sal 105). Ora sarete veramente radunati di mezzo alle genti se non vi fate attrarre dalla festa che i pagani celebrano oggi con gioia mondana e carnale, con strepito di futili e osceni canti, con conviti e danze turpi, con la celebrazione stessa di una festa che non ha motivo di essere; se non provate interesse insomma per quello che fanno i pagani. (…) Per seguire il tuo Redentore, che ti ha riscattato con il suo sangue, non mescolarti ai pagani con l'avere lo stesso comportamento e il fare le stesse cose. Essi si scambiano le strenne, voi fate le elemosine; essi si divertono con canti lascivi, voi ricreatevi con l'ascolto delle Scritture; essi corrono al teatro, voi correte alla chiesa; essi si ubriacano, voi digiunate. Se oggi non potete digiunare, per lo meno consumate un pasto sobrio. Se farete così, sarete coerenti con quanto avete cantato: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti”. 19 11. La II domenica di Natale Le numerose festività del tempo natalizio e il clima delle vacanze producono in molti l’effetto psicologico di spezzare il ritmo settimanale, fino a perdere il senso dei giorni. Questa domenica ha dunque la sua importanza: è festa solo perché è domenica, giorno memoriale della morte e della risurrezione del Signore. È occasione privilegiata per rileggere l’Incarnazione del Verbo alla luce di tutto il mistero della redenzione e per ricordare come l’Eucaristia, specialmente quella domenicale, ci pone in comunione reale con colui che è nato e ha dato per noi la vita. Uno sguardo sintetico, contemplativo sulla storia, come storia di salvezza: “il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi” (II lettura). Sir 24, 1-4.12-16 La sapienza di Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto. Sal 147 Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Ef 1, 3-6.15-18 Mediante Gesù, Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi. Gv 1, 1-18 Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. 12. L’Epifania del Signore La parola greca επιφάνεια (epifàneia) che traduciamo con manifestazione, veniva utilizzata nella cultura ellenistica per indicare l’azione o la manifestazione di una divinità, mediante miracoli, segni, visioni, eccetera. Con l’organizzarsi dell’anno liturgico (dal secolo III), i cristiani iniziarono a commemorare con questo titolo i segni attraverso i quali Gesù manifesta la sua divinità. Tra i misteri più significativi della manifestazione di Cristo emerge con particolare forza, soprattutto in oriente, il Battesimo al fiume Giordano: in esso Gesù Cristo viene presentato come Figlio di Dio fatto uomo, Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo, e si rivela la prima glorificazione manifesta della Trinità santissima di Dio che squarcia i cieli. Anche altri episodi evangelici vengono letti in questa prospettiva, in particolare quello delle nozze di Cana: qui infatti Gesù “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv 2,11). In occidente, l’attenzione è maggiormente focalizzata sull’episodio dell’adorazione dei magi: essi completano il pellegrinaggio verso Cristo iniziato da Maria e Giuseppe e dai pastori di Betlemme; si manifesta anche il pellegrinaggio di Dio verso l’umanità, mostrando la dimensione universale della salvezza (tutti gli uomini e tutto ciò che è umano è chiamato ad essere in Cristo)31. Nel parallelismo che abbiamo più volte mostrato con il ciclo pasquale, l’Epifania corrisponde alla Pentecoste: dopo il fatto cristologico celebrato (Pasqua e Natale) giungiamo alla dilatazione ecclesiologica del fatto. Nella solennità della Risurrezione celebriamo la potenza dello Spirito Santo che risuscita dai morti il Cristo crocifisso e sepolto; nella Pentecoste, lo stesso Spirito viene effuso sui credenti, purificandoli dal male e dalla morte, li unisce a Cristo nella Chiesa e li rende, con Cristo, strumenti di salvezza per il mondo intero. Analogamente, nella solennità natalizia, noi celebriamo la Nascita nella carne del Dio fatto uomo; mentre nell’Epifania ricordiamo come questo mistero di salvezza giunge alla Chiesa e per mezzo di essa, ad ogni uomo32. L’amore di Dio si manifesta non solo nella salvezza dell’uomo (Pasqua e Natale), ma nel rendere l’uomo consapevole di questa salvezza, attraverso la chiamata alla fede e la testimonianza (Pentecoste ed Epifania)33. 31 È soprattutto la Liturgia delle Ore che sviluppa il tema della Epifania nei suoi misteri, elencati dall’antifona al Magnificat dei Secondi Vespri, nel quale ritorna l’Hodie (oggi) della attualizzazione sacramentale: Tre prodigi celebriamo in questo santo giorno: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l'acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia. 32 Lo mostra anche la straordinaria sintesi offerta dall’antifona al Benedictus delle Lodi mattutine: Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo suo sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia. 20 Il ciclo liturgico dell’Incarnazione dunque rimanda a quello pasquale: il farsi uomo del Verbo di Dio si completa solo quando egli assume l’atto umano estremo che è la morte; nella risurrezione e nella sua celeste esaltazione, il Cristo eleva alla dignità divina quell’umanità che ha assunto e fatto sua, nascendo dalla Vergine. L’ANNUNCIO DEL GIORNO DI PASQUA34, che viene proclamato dopo il Vangelo, non ha quindi solo un valore di praticità, a causa del carattere mobile delle feste pasquali. Is 60, 1-6 La gloria del Signore brilla sopra di te. Sal 71 (72) Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. Ef 3, 2-3a.5-6 Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità. Mt 2, 1-12 Siamo venuti dall’oriente per adorare il re. La riforma liturgica, trasferendo alla domenica dopo Natale la festa della Santa Famiglia, ha dedicato quella successiva all’Epifania al BATTESIMO DEL SIGNORE. * Anno A Is 42, 1-4.6-7 Ecco il mio servo di cui mi compiaccio. Sal 28 (29) Il Signore benedirà il suo popolo con la pace. At 10, 34-38 Dio consacrò in Spirito Santo Gesù di Nazaret. Mt 3, 13-17 Appena battezzato, Gesù vide lo Spirito di Dio venire su di lui. * Anno B Is 55, 1-11 Venite all’acqua: ascoltate e vivrete. Da Is 12, 1-6 Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza. 1Gv 5, 1-9 Lo Spirito, l’acqua e il sangue. Mc 1, 7-11 Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento. * Anno C Is 40, 1-5.9-11 Si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno. Sal 103 (104) Benedici il Signore, anima mia. Tt 2, 11-14; 3, 4-7 Il Signore ci ha salvato con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo. Lc 3, 15-16.21-22 Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì. Il Vangelo delle nozze di Cana viene letto nella SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO dell’anno C, ma anche negli altri anni questa stessa domenica, che possiamo considerare quasi una appendice dell’Epifania, riprende il tema della manifestazione del Signore. * Anno A Gv 1,29-34 Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo! * Anno B Gv 1,35-42 Videro dove dimorava e rimasero con lui. * Anno C Gv 2,1-11 Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù. 33 Benedetto XVI, nell’Omelia per l’Epifania 2008, lo sintetizza in modo mirabile: “Scorgiamo un legame tra l’Epifania e la Pentecoste: se il Natale di Cristo, che è il Capo, è anche il Natale della Chiesa, suo corpo, noi vediamo nei Magi i popoli che si aggregano al resto d’Israele, preannunciando il grande segno della “Chiesa poliglotta”, attuato dallo Spirito Santo cinquanta giorni dopo la Pasqua”. 34 “Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Centro di tutto l'anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il …. In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte. Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della Quaresima, il …. L'Ascensione del Signore, …. La Pentecoste, il …. La prima domenica di Avvento, il …. Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore. A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen”. 21 13. Il santorale del Tempo di Natale Abbiamo più volte ricordato che le celebrazioni del Proprio dei Santi non sono in concorrenza con quelle del Proprio del Tempo, ma vi si innestano in maniera complementare. Celebrare un Santo non è altro dal celebrare la Pasqua del Signore: il mistero della salvezza accade in Cristo e si compie nella vita, nella morte e nella gloria dei suoi Santi. Lo ricorda anche il testo dell’annuncio del Giorno di Pasqua, proclamato nel giorno dell’Epifania: “Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore”. In particolare, la struttura liturgica dell’Ottava di Natale, nella quale si intrecciano in modo inscindibile le feste dei Santi, ha un importante significato teologico. Celebrando la memoria di Santo Stefano, la Chiesa non fa una cosa diversa dal celebrare il Natale del Signore: sono infatti momenti complementari dell’unico culto divino. Nel secondo, terzo e quarto giorno dell’Ottava (26, 27 e 28 dicembre), si celebrano le feste rispettivamente di SANTO STEFANO PRIMO MARTIRE, di SAN GIOVANNI APOSTOLO ED EVANGELISTA e dei SANTI INNOCENTI MARTIRI. Gli autori spirituali, soprattutto nel Medioevo, amavano immaginare questi Santi come i componenti del corteo regale di Cristo, che fa il suo ingresso nel mondo: in essi infatti possiamo vedere il prototipo della santità cristiana, in tutte le sue espressioni. Ecco, ad esempio, quanto disse San Bernardo abate, in una omelia per i Santi Innocenti: “Le tre feste che accompagnano la natività del Signore ci dispongono a perseverare nell'amore, grazie ad una celebrazione continua, e ci rendono più attenti ai frutti di questa natività. Notiamo infatti tre tipi di santità in queste tre feste, e non penso se ne possa trovare fra gli uomini un quarto, oltre a quei tre. In santo Stefano ammiriamo un martirio desiderato e consumato; in san Giovanni il martirio è solo desiderato, e per i santi Innocenti è soltanto consumato. Tutti bevvero al calice della salvezza, ma in maniera diversificata: spiritualmente, corporalmente oppure in ambedue i modi”35. Due citazioni dalle omelie di Sant’Agostino per la festa di Santo Stefano, da sempre celebrata il giorno dopo Natale, illuminano non solo la connessione tra le due ricorrenze, ma offrono un esempio mirabile di come la memoria dei Santi sia sempre nella Chiesa, celebrazione del mistero di Cristo: Come Cristo, per la nascita, si unì a Stefano, così Stefano, con la morte, si unì a Cristo (Omelia 314). Celebriamo dunque il Natale di santo Stefano e rendiamogli il culto con la dovuta venerazione. Abbiamo celebrato il Natale del Signore; celebriamo anche il Natale del Servo. Siamo intervenuti numerosi per il Natale dei Salvatore, prendiamo parte pure in molti alla celebrazione del Natale del Martire. L'intemerata Vergine Maria dette alla luce nostro Signore, e la santa madre Chiesa condusse Stefano glorioso alla palma del martirio (Omelia 317). Il 29 dicembre si commemora SAN TOMMASO BECKET, che si lasciò uccidere nella sua cattedrale dai sicari del re Enrico II (un tempo suo amico) e rivestito dei paramenti sacri, per difendere la libertà della Chiesa dalle ingerenze della politica. Il 31 dicembre è proverbiale la commemorazione di SAN SILVESTRO I: fu durante il suo lungo pontificato che si svolse il Concilio di Nicea, nel quale venne affermata la fede nella divinità di Cristo. Fu l’epoca, non poco travagliata, in cui la Chiesa uscita dalle catacombe, si preparò ad affrontare la storia. 35 PL 183,129-132. Prosegue Bernardo: “Stefano è martire agli occhi degli uomini perché la sua passione si presenta come volontaria, soprattutto nell'ultima ora, quando i suoi carnefici gli stanno più a cuore della propria vita. Egli supera la sofferenza fisica con un'affettuosa compassione, giacché prova maggior dolore per il delitto dei suoi persecutori che per lo strazio delle proprie ferite. Giovanni è martire agli occhi degli angeli, perche quei puri spiriti scorsero più chiaramente di noi le connotazioni spirituali della dedizione dell'apostolo. Ma questi bambini, o mio Dio, sono i tuoi martiri, giacché né gli uomini né gli Angeli trovano in essi un qualche merito. In loro brilla soltanto l'opera della tua grazia divina”. 22 Fuori dall’Ottava di Natale, si celebra il 2 gennaio la memoria obbligatoria di due grandi padri della Chiesa orientale, i SANTI BASILIO MAGNO E GREGORIO NAZIANZENO, così commemorati dal Martirologio: Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Il 3 gennaio, si celebra la memoria facoltativa del SANTISSIMO NOME DI GESÙ, che, come abbiamo ricordato, riprende temi presenti nella Liturgia del primo gennaio. Unica commemorazione del Signore ad avere il grado di memoria, si sposa saldamente con la liturgia natalizia. L’ultima memoria che ricorre nel tempo di Natale è quella di SAN RAIMONDO DE PEÑAFORT, che visse molti anni a Bologna, prima come studente e poi come docente. Fu maestro generale dei domenicani, lavorò per il riscatto degli schiavi, riorganizzò tutto il corpus delle leggi canoniche e scrisse molto sul sacramento della riconciliazione. Fuori dal tempo di Natale, ma profondamente connessi con il mistero dell’Incarnazione, abbiamo altre due ricorrenze importanti. Il 2 febbraio, 40 giorni dopo la Natività, si celebra la festa della PRESENTAZIONE DEL SIGNORE: con l’offerta della Vergine e la profezia di Simeone, apre il cammino verso la Pasqua. Il 25 marzo, 9 mesi prima della Natività, si celebra l’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE: l’eccomi del Dio fatto uomo, che si compirà sulla croce. Calcoli eruditi medievali collocavano nello stesso giorno l’anniversario del concepimento e quello della morte del Signore. “Anche noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo abbiamo onorato come se avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo, prendendo una via diversa da quella per la quale siamo venuti”36. 36 Agostino, Omelia 202, sull’Epifania. 23 APPENDICE: I misteri liturgici dell’Incarnazione nella celebrazione della Messa La Messa, nelle sue varie parti, è un’unica azione liturgica, nella quale si celebra il mistero di Cristo salvatore. Lo schema che segue, percorrendo i riti della celebrazione eucaristica, offre una possibile rilettura del mistero dell’Incarnazione. RITI DI INGRESSO I discepoli si riuniscono nel nome del Signore ed entrano nel tempo sacramentale della liturgia. Il ciclo liturgico dell’Avvento ci ricorda il duplice ingresso: Dio entra nel mondo e l’uomo è ammesso nel mistero di Dio. LITURGIA DELLA PAROLA Nella proclamazione e nell’ascolto delle Sacre Scritture, riconosciamo la parola e la presenza del Verbo eterno di Dio. Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Ebr 1,1-2). LITURGIA EUCARISTICA Per la potenza dello Spirito Santo, si compie qui e ora, il mistero accaduto due millenni fa per la nostra redenzione. Lo Spirito Santo scese nel grembo della Vergine e rese presente il Corpo umano del Verbo divino. Lo Spirito Santo viene invocato sul pane e sul vino, che diventano la Carne e il Sangue del Signore. Lo Spirito Santo viene effuso su quanti comunicano ai santi sacramenti, per diventare un solo corpo, il Corpo del Signore. RITI CONCLUSIVI Compiuto il tempo sacramentale, il culto in spirito e verità prosegue nella vita nuova e nella testimonianza della fede e della carità. Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo (1Gv 1,3) 24 LEZIONARIO FESTIVO: TEMPO Dl AVVENTO Riportiamo innanzitutto le linee orientative per la scelta delle letture: «Le letture del Vangelo hanno nelle singole Domeniche una loro caratteristica propria: la venuta del Signore alla fine dei tempi (I domenica), Giovanni Battista (II e III domenica), gli antefatti immediati della nascita del Signore (IV domenica). Le letture dell‘Antico Testamento sono profezie sui Messia e sul tempo messianico, tratte soprattutto dal libro di Isaia. Le letture dell‘Apostolo contengono esortazioni e annunzi, in armonia con le caratteristiche di questo tempo» (OLM 93). Appare evidente che il criterio scelto é quello della concordanza tematica tra le letture, concordanza offerta più che dai brani scelti, dall’armonizzazione dei medesimi con le caratteristiche del tempo di Avvento così come sono enunciate dalle Norme generali sull‘anno liturgico e il calendario (= NGAL): «II tempo di Avvento ha un doppio carattere: é infatti tempo di preparazione alle solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta tra gli uomini del Figlio di Dio, e insieme tempo in cui, per mezzo di questo ricordo, gli spiriti vengono rivolti all‘attesa della seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. Per questi due motivi il tempo di Avvento si presenta come tempo di devota e gioconda attesa» (NGAL 39). Le tre letture perseguono obiettivi diversi: le prime letture sono profezie sul Messia (quasi tutte dal profeta Isaia escluso l’anno C e l’ultima domenica dell’anno B), le seconde letture costituiscono annunci ed esortazioni in consonanza con le caratteristiche di questo tempo; i Vangeli delineano un itinerario proprio. Possiamo quindi affermare che prima e seconda lettura stanno sullo sfondo, costituiscono il contesto generale in cui leggere la pagina evangelica e nello stesso tempo acquistano il loro senso pieno alla luce della pericope evangelica. L‘itinerario biblico delineato per il tempo di Avvento é quindi segnato dalle tappe scandite dai Vangeli. Vegliate! É significativo che il cammino di un nuovo anno si apra proiettando il fedele verso la venuta improvvisa del Figlio dell‘uomo, il Signore che viene con potenza, il padrone di casa. Se nel ciclo annuale la Chiesa presenta tutto il mistero di Cristo (cfr. SC 102), tale presentazione é fatta a partire dal Cristo vivente e glorioso che ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa (prefazio dell’Avvento I). L‘Avvento, dunque, si presenta subito come celebrazione della manifestazione del Signore: quella nell’umiltà della nostra natura umana e quella futura nello splendore della gloria. Fin dall‘inizio di un itinerario alla sequela del Signore ci é presentata la meta finale che sostiene e orienta il nostro cammino nella storia. Preparate la via del Signore! Se l’apertura é di natura escatologica che orienta alla speranza, la seconda tappa presenta un annunciatore forte e coerente dell’imminente venuta del Signore: Giovanni Battista. La venuta del Signore esige un’adeguata preparazione, che si concretizza nella conversione, espressa nella confessione dei peccati e nel rito del battesimo di penitenza che prelude al battesimo in Spirito Santo e fuoco del Messia per mezzo del quale «ogni uomo vedrà la salvezza del Signore». In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete! La terza domenica ripropone la figura di Giovanni Battista, riprendendo alcuni temi della sua predicazione, ma soprattutto concentrando l’attenzione su Cristo e sulla sua imminente manifestazione. La Vergine partorirà un figlio! La quarta domenica é dedicata agli annunci della nascita di Gesù: a Giuseppe, simbolo dell’accoglienza nella fede (ciclo A); a Maria, che si rende disponibile all’iniziativa divina (ciclo B); ad Elisabetta, che gioisce, piena di Spirito Santo e sa riconoscere, attraverso il figlio che porta in 25 seno, la presenza misteriosa di colui che sta per venire a colmare l’attesa di tutto un popolo (ciclo C). Le altre letture Le prime letture sono profezie sul Messia e sul tempo messianico, così abbiamo letto in OLM 93. Per quanto riguarda le pericopi dell’Antico Testamento il Lezionario domenicale può essere diviso in tre blocchi. Le prime due domeniche riportano temi legati alla figura del Messia promesso: su di lui si poserà lo Spirito del Signore e sarà giusto giudice, ricco di misericordia e giustizia, soprattutto nei confronti dei poveri e dei sofferenti che saluteranno in lui il Salvatore atteso. I tempi nuovi inaugurati dal Messia saranno pervasi da una pace universale, in cui la salvezza sarà offerta a tutti i popoli. Proprio per questo risuona anche negli annunci profetici l’invito a preparare la sua via. In posizione centrale e interpretativa di tutte queste profezie che incarnano le attese del popolo di Israele, dell’umanità e, oggi, di ogni fedele che celebra il tempo di Avvento, si colloca il grido di Is 63, 19: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti» (1 domenica B). Questa invocazione a Dio, questo desiderio di vedere colmata la distanza tra lui e noi, espressa dall’immagine dei cieli aperti é tipica di questo tempo in cui si invoca e si vive nell’attesa della venuta del Signore: colui che ha aperto i cieli. Nella terza domenica, più in sintonia con le seconde letture che con i vangeli, é in primo piano il tema della gioia perché il consacrato del Signore porta il lieto messaggio ai poveri, perché Dio viene come Salvatore, é in mezzo al suo popolo come Salvatore potente. Infine, nella quarta domenica é evidente l’armonizzazione con le pagine evangeliche degli annunci. Le profezie sul Messia divengono più direttamente applicabili all’evento della nascita di Gesù: la Vergine concepirà e partorirà un Figlio, l’Emmanuele, il Dio con noi; il dominatore di Israele uscirà da Betlemme e sarà la risposta di Dio alla promessa fatta alla casa di Davide. Le seconde letture contengono annunci ed esortazioni in consonanza con questo tempo liturgico (Nove letture sono tratte dalle lettere di san Paolo, una dalla seconda lettera di Pietro, una dalla lettera di san Giacomo e una da quella agli Ebrei). Infatti l’Apostolo riprende gli annunci tipici dei Vangeli sulla vicinanza della salvezza, sulla realizzazione delle promesse antiche in Gesù, sul giorno del Signore che verrà come un ladro: ormai il mistero nascosto nei secoli é annunciato e rivelato, é manifestato ai popoli. Di conseguenza vengono le esortazioni, che possono costituire una traccia di impegno spirituale nel cammino dell’ Avvento: l’anelito alla santità (cercate di essere senza macchia e irreprensibili; comportatevi onestamente; non seguite la carne nei suoi desideri; comportatevi in modo da piacere a Dio; non spegnete lo spirito; tenete ciò che e buono; astenetevi da ogni specie di male...), il richiamo alla preghiera (pregate incessantemente; esponete a Dio le vostre richieste...), l’invito alla carità vicendevole (accoglietevi gli uni gli altri; siate pazienti; abbiate gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù...). 26 LEZIONARIO FESTIVO: TEMPO Dl NATALE Anche per il tempo di Natale riportiamo integralmente i principi in base ai quali sono state scelte le letture:«Per la Messa vigiliare e per le tre Messe di Natale, le letture profetiche e le altre letture sono state scelte dalla tradizione romana. Nella domenica tra l‘ottava di Natale, che coincide con la festa della santa Famiglia, il Vangelo é riferito all‘infanzia di Gesù, le altre letture alle virtù della vita familiare. Nell’ottava di Natale e solennità di Maria SS. Madre di Dio, le letture si riferiscono sia alla Vergine Madre di Dio, sia all’imposizione del santissimo Nome di Gesù. Nella 1^ domenica dopo Natale, le letture trattano del mistero dell’Incarnazione. Nell’Epifania del Signore, la lettura dell‘Antico Testamento e quella del Vangelo conservano la tradizione romana; per la lettura dell‘Apostolo si usa un testo sulla vocazione delle genti alla salvezza. Nella festa del Battesimo del Signore, i testi si riferiscono a questo mistero» (OLM 95). Come si può capire dal testo sopra citato, del resto confermato dall’esperienza di ciascuno, il tempo di Natale non ha struttura unitaria, é frammentato in tante festività. Possiamo però considerare le letture di questo periodo in una triplice prospettiva: • continuano le profezie sul Messia, in cui si sottolinea la gioia che contrassegna la sua venuta, la salvezza offerta a tutti i popoli, il tema della luce (prime letture ); • sono predominanti i Vangeli che narrano l’ evento della nascita di Gesù e i fatti legati alla sua infanzia; • accanto a questi, troviamo testi che invitano a riflettere sul “senso” di questo evento: in modo particolare il prologo di Giovanni letto nella Messa del giorno di Natale e ripetuto nella domenica II dopo Natale in associazione con Sir 24, 1-4.8-12 e le seconde letture. Ricorrente infine è il richiamo all’ «oggi» della celebrazione liturgica, ripetuto non solo dai testi eucologici, ma anche da quelli della Liturgia della Parola a sottolineare la reale presenza nel rito sacramentale del Mistero celebrato. In questo senso dobbiamo leggere i ritornelli di alcuni salmi responsoriali: Oggi è nato per noi il Salvatore (Messa della notte ); Oggi la luce risplende su di noi (Messa dell’aurora); e alcune espressioni delle lettere apostoliche: «E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini» (Tt 2, 11 -Messa della notte ); «Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato» (Eb 1, 5 -Messa del giorno ). 27 PER LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA «Ciò che era in principio, ciò che noi abbiamo visto, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della Vita di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita, quello che abbiamo veduto ed udito, noi l'annunziano a voi perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è con Con l'Avvento la Chiesa tutta, guidata e illuminata dallo Spirito, entra nell'itinerario di un nuovo anno liturgico, cioè nel ritmo del tempo scandito dalla presenza e dall'azione di Dio che sempre si fa vicino ad ogni uomo e ad ogni donna. Egli, ponendo la sua tenda in mezzo a noi, nei segni sacramentali della sua Chiesa continua a rendersi presente facendo rifiorire continuamente nei solchi dell'umanità la speranza generatrice di giustizia, di pace, di gioia. La comunità dei discepoli di Gesù vive nel «già e non ancora»: il Signore, incarnato, morto e risorto è già venuto, continuamente viene, ma verrà un giorno nella pienezza della sua gloria e manifestazione. La celebrazione del tempo di Natale è preparata da un tempo di quattro settimane, una preparazione che porta ad assumere nella pienezza di significato il rendimento di grazie per il dono grande ricevuto dal Padre: Cristo Gesù, il “Figlio amato”. Un dono preparato fin dall'eternità come vertice della comunicazione di Dio, che ha voluto far entrare le sue creature nel vortice della comunione della Trinità, in quell'abisso di amore che è la stessa relazione tra il Padre ed il Figlio. Iniziare l'Avvento sarà allora per la Chiesa lasciarsi condurre dallo Spirito nel deserto per fare rinnovata esperienza dell'amore di Dio. Il dono ricevuto, e che ci si prepara a ricevere, possa risplendere nel cuore e nei volti di coloro che nel Figlio sono diventati figli e fratelli, chiamati ad essere con la propria vita testimoni di quel Dio che «ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio» (Gv 3, 16). Il dinamismo dell’evento dell’Incarnazione trova la sua pienezza nell’accoglienza di quanti “vicini o lontani” si apriranno, in questo anno, alla dimensione della fede che passa attraverso le vie inedite dell’azione dello Spirito nel cuore di ogni uomo: dall’irruzione dell’evento alla ricerca attenta e fiduciosa, dall’abbandono senza condizioni alle tormentate e fallimentari esperienze. Solo così la nostra gioia potrà essere perfetta! Il Cristo vivente non è solo una persona ma un EVENTO: nella liturgia della Chiesa viene reso visibile il mistero dell'evento Cristo. La liturgia è la celebrazione nella quale il popolo di Dio vive la manifestazione di ciò che è avvenuto realmente nella storia umana cioè Cristo che viene e che nasce in noi; vive, soffre, muore e risorge in noi; Egli manda il suo Spirito mettendoci in comunione degli uni con gli altri. Le celebrazioni del Natale, di Pasqua, di Pentecoste, i periodi della loro preparazione e meditazione, manifestano la pienezza dell'evento Cristo di cui siamo diventati partecipi e nel quale veniamo di anno in anno sempre più immedesimati. Le DOMENICHE DEL TEMPO DI AVVENTO potranno essere scandite dalla presenza della tradizionale corona di Avvento con i quattro ceri accesi che evidenziano momenti particolari della Celebrazione Eucaristica, illuminati dalla Liturgia della Parola. I DOMENICA DI AVVENTO: Camminiamo nella luce del Signore Con il Battesimo siamo stati rivestiti di Cristo. Siamo divenuti figli della luce ma la fragilità di creature ci fa sperimentare la suggestione delle tenebre. Vogliamo valorizzare in questa celebrazione eucaristica L'ATTO PENITENZIALE che sottolinea un'esigenza di fondo: per accostarsi al Dio tre volte santo è necessaria la purificazione interiore del cuore, ci vuole il sacrificio del cuore contrito, che scava nell'intimo lo spazio vitale per la grazia di Cristo. Solo questo ci rende atti a celebrare i santi misteri. Ci fa sentire più acuto il bisogno di essere salvati mediante l'innesto nel 28 sacrificio di Cristo e manifesta il desiderio di “risvegliare lo spirito di vigilanza” nell'impegno di “camminare sulle stesse orme di libertà e di amore di Cristo Gesù” (Colletta). Prima dell'atto penitenziale viene acceso il primo dei quattro ceri. SOLENNITÀ DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE: Benedetti nel Figlio. In Maria Madre di Dio, la Chiesa contempla il capolavoro dello Spirito e si unisce al suo stesso canto di lode per il dono della salvezza ricevuta: «Abbiamo contemplato Dio le meraviglie del tuo amore»! La gratitudine del dono ricevuto si fa consapevolezza di impegno: oggi siamo chiamati a rinnovare il nostro “si” e la nostra offerta, in unione a Maria nostra Madre, nel grande “si” del figlio. Lo facciamo valorizzando L’AMEN DELLA DOSSOLOGIA che potrà essere cantato con maggiore solennità coinvolgendo pienamente l’assemblea liturgica. Nella preghiera eucaristica, al momento dell’ostensione del pane consacrato e del calice con il vino consacrato sarebbe opportuno incensarli. II DOMENICA DI AVVENTO: Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria Celebrare l'Eucaristia è fare memoria delle «grandi cose che Dio ha fatto per noi», certi che Dio completerà in noi la sua opera, iniziata fin dal giorno del nostro battesimo. Oggi siamo invitati ad accogliere con gioiosa e festosa esultanza LA PAROLA DI DIO perché possa posarsi su di noi, produrre in noi frutti di opere buone affinché ogni uomo veda la sua salvezza. Si suggerisce di dare particolare risalto alla proclamazione del Vangelo utilizzando i candelieri e l’incenso, fare la processione con il Libro dei Vangeli e, al termine della proclamazione del Vangelo ripetere il canto dell'Alleluia e fare l’ostensione del Libro dei Vangeli. Dopo la Colletta, rimanendo in piedi si accende il secondo cero della corona d’Avvento. III DOMENICA DI AVVENTO: Alleluia! Viene in mezzo a noi il Dio della gioia In questa terza domenica di Avvento il cammino verso la celebrazione del Natale si fa più intenso ed impegnativo. «Che cosa dobbiamo fare?» è la domanda che sgorga in forma più che naturale dal cuore di ciascuno di noi. Gesù può risponderci: «compiere l'opera di Dio! Credere nel Figlio suo» (Gv 6, 29). Oggi il ministro che presiede potrebbe sottolineare maggiormente le due invocazioni dello Spirito Santo o EPICLESI durante la preghiera eucaristica. È lo Spirito che ci trasforma in Cristo Gesù facendoci aderire a Lui. Prima della Colletta si potrà accendere il terzo cero. IV DOMENICA DI AVVENTO: Ecco io vengo per fare la tua volontà! I riflessi della luce del Natale presenti in questa quarta domenica ci presentano l'evento Cristo nella sua totalità: Cristo è entrato nel mondo per compiere la volontà del Padre, che lo condurrà fino al dono di sé sulla croce. Anche noi in Lui, con Lui e per Lui, in comunione con Maria diciamo: «eccomi, avvenga di me quello che hai detto». Oggi è possibile evidenziare la PROCESSIONE DEI DONI ed insieme al pane ed al vino, doni di Dio e frutti del lavoro dell'uomo, invitare i membri della comunità ad offrire nel proprio cuore la situazione particolare e personale che sono chiamati a vivere, nella loro esistenza, perché diventi strumento di grazia per sé e per altri. Prima della processione con i doni si può accendere il quarto cero. Il TEMPO DI NATALE inizia con i Primi Vespri della Vigilia e si conclude con l'Epifania. È un arco breve di circa due settimane appena ma intenso nella prospettiva di fede. Al centro c'è il mistero dell'Incarnazione del Verbo, quel Dio che aveva parlato in molti modi ora parla a noi per mezzo del Figlio (Ebr 1, 1–2), facendosi talmente vicino agli uomini da essere uno di loro. Lo “scandalo” dell'Incarnazione non è meno forte dello “scandalo” della croce di cui ci parla l'apostolo Paolo. Non è così facile o semplice accettare il totalmente “Altro” della tradizione biblica d'Israele, il Signore degli eserciti, Colui che nessuno può vedere senza morire, nasce nella totale povertà da una Vergine 29 Madre. Gli atteggiamenti di fronte a questo evento sono o l'accoglienza e l'adorazione o il rifiuto e la persecuzione. La stessa cultura attuale ha mascherato l'imbarazzo di quest'avvenimento svuotandolo sempre più del suo autentico significato e riempiendolo di tutto il contrario di ciò che esso significa. Il cammino che la liturgia ci fa compiere dalla solennità del Natale alla solennità dell’ Epifania è l'itinerario del discepolo di Gesù: l'accoglienza, l'annuncio e la testimonianza di Cristo Signore, luce e salvezza del mondo. Il discepolo del Signore risorto è chiamato ad accogliere in modo sempre nuovo ed inaudito l'evento dell'Incarnazione che si fa spazio nella vita degli uomini irrompendo nelle tenebre, come, luce fino a raggiungere il suo massimo splendore nell'annuncio pasquale: “quello che abbiamo udito, quello che abbiamo toccato quello che abbiamo visto, noi lo annunciamo a voi” (1Gv 1, 1-3). L'annuncio gioioso passa attraverso l'esperienza della martyria, della testimonianza così che la liturgia collegando il martirio di S. Stefano protomartire con quello dei Santi Innocenti mette insieme gli avvenimenti dell'infanzia di Gesù con gli avvenimenti della Chiesa nascente. La persona di Maria è imprescindibile da quella del Verbo fatto carne; con il suo atteggiamento di profonda accoglienza e disponibilità, partecipa a pieno titolo al disegno salvifico di Dio a favore di tutta l'umanità. Ed infine al culmine del Tempo di Natale, come vertice di tutto il cammino, la solennità dell’Epifania, nella quale s'intreccia profondamente la dimensione ecclesiale e missionaria della manifestazione e dell'annuncio di Cristo a tutte le genti. MESSA NELLA NOTTE SANTA: sarebbe opportuno valorizzare la celebrazione comunitaria dell’Ufficio delle letture prima dell’inizio della Messa della Notte Santa. SOLENNITA’ DEL NATALE Il Natale è la festa della gloria di Dio. Con le parole stesse dell'angelo di Betlemme, la Chiesa proclama gioiosamente: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli» (Lc 2,14). Ma la gloria di Dio, segno della sua presenza, è ormai sulla terra: il Natale è la manifestazione della gloria di Dio. L'antifona d'ingresso della Messa della vigilia annuncia: «Oggi sapete che il Signore viene a salvarci: domani vedrete la sua gloria». Quasi allo stesso modo si esprime l'antifona alla comunione della stessa Messa. Questa gloria del Signore la contempliamo nel Verbo incarnato. La gloria però che il Padre ha dato al Figlio, e che si manifesta già nel mistero dell'Incarnazione, viene data alla Chiesa affinché diventi una sola cosa con il Padre per opera dello Spirito. Il dono dello Spirito, dunque, è la presenza nei discepoli della gloria del Signore che li trasforma a sua immagine. Nelle tre Messe di Natale si potrebbe evidenziare questo itinerario: - Messa della vigilia: “Cristo presente nella Parola”, con il segno della Bibbia. - Messa della notte: “ Cristo nella Carne”, con il segno del Bambinello. - Messa del giorno: “Cristo Risorto”, con il segno di una pianta fiorita. Lasciare per tutto il tempo di Natale questi tre segni, collocati insieme nel presbiterio. DOMENICA DOPO NATALE Questa domenica sottolinea il valore della famiglia come luogo per eccellenza per crescere nella dimensione umana e cristiana. Si potrebbe in questa celebrazione invitare le famiglie alla celebrazione eucaristica ove inserire la “Benedizione delle famiglie per la festa della santa Famiglia” (cfr. Benedizionale, pp. 200-202) ed, eventualmente, organizzare un momento conviviale al termine della celebrazione. SOLENNITA’ DI MARIA, MADRE DI DIO Celebrare Maria nella Solennità del suo essere Madre di Dio, è accogliere il mistero della divina maternità mediante il quale viene rivelato che realmente Dio è l’Emmanuel. Il bambino che lei ha generato per opera dello Spirito è realmente il Figlio di Dio. Con la luce che viene dalla fede la 30 Chiesa l’ha proclamata Madre di Dio, pur sottolineando che Maria non ha generato Dio ma la natura umana del Verbo. La maternità divina di Maria continua nella maternità della Chiesa che genera nella fede “figli di Dio” mediante l'azione dello Spirito con il Sacramento del Battesimo. È possibile collocare l'icona di Maria, Madre di Dio, accanto al fonte battesimale, ornato di piante verdi per sottolinearne la fecondità spirituale. I padri della Chiesa infatti paragonano il grembo fecondo della Beata Vergine Maria al fonte battesimale, evidenziando così tutta la grandezza della mediazione della Chiesa a cui il Cristo ha affidato il compito di continuare la sua missione. SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA Tale Solennità ha come significato caratteristico la manifestazione di Cristo, luce del mondo ed il tono viene dato dalla proclamazione del Vangelo di Matteo sull’adorazione dei Magi (Mt 2, 1-12). La manifestazione del Signore è gloriosa perché la gloria, di cui è segno la stella che guida i Magi, si posa là dove Cristo è presente ed è adorato. La gloria di Dio, che nella profezia avvolge Gerusalemme come in una nube, ora si posa nella grotta dove giace il Bambino con la Madre. La luce e la gloria evocano la fede, ciò viene espresso dai Magi, che hanno cercato e trovato. Ora è lo Spirito che agisce e permette di riconoscere nel pane e nel vino la presenza del Cristo Risorto. Nella preghiera eucaristica, al momento dell’ostensione del pane consacrato e del calice con il vino consacrato sarebbe opportuno incensarli. Sarebbe bene prevedere l’annuncio della data della Pasqua, dopo la proclamazione del Vangelo. Inoltre è possibile valorizzare la preghiera universale o dei fedeli come apertura ed intercessione a favore di tutti gli uomini ed il saluto finale del presidente con l’invito ad essere testimoni di quanto vissuto nella celebrazione eucaristica. SOLENNITA’ DEL BATTESIMO DI GESU’ Questa solennità sembrerebbe un po’ “fuori tono” con il clima natalizio, ma è importante ricordarsi che nel Tempo di Natale noi celebriamo le manifestazioni del Signore e, oggi, è il Padre che manifesta Gesù come il «Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3, 17). Nella Notte Santa l’annuncio è stato dato dall’angelo, oggi viene dato dal Padre stesso. Anche noi, in forza del Battesimo e della Cresima siamo costituiti come figli adottivi e abbiamo la certezza che Dio è sempre al nostro fianco per sostenerci nella missione affidataci. Nella celebrazione eucaristica si potrebbe prevedere al posto dell’atto penitenziale il Rito per l’aspersione domenicale dell’acqua benedetta (cfr. Messale Romano pp. 1031-1036) e come Professione di fede il formulario delle Rinnovazione delle promesse battesimali (cfr. Messale Romano pp. 180-181). PER DILATARE LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA FAMIGLIA Sarebbe opportuno facendo riferimento a quanto indicato alle pp. 105-116 di La famiglia in preghiera (Ed. Conferenza Episcopale Italiana, Roma 1994) predisporre sussidi appropriati da distribuire alle famiglie per aiutarle a vivere nelle proprie case come “chiesa domestica” il cammino del Tempo di Avvento e di Natale. NOTE LITURGICHE Con il presente sussidio iniziamo una rubrica che ci aiuti a comprendere alcuni elementi che fanno parte della celebrazione stessa, non come accessori più o meno indispensabili, ma come parti di un codice comunicativo appartenente in modo intrinseco alla liturgia ed al suo linguaggio. La loro poca comprensione e valorizzazione può anche andare a discapito della stessa azione liturgica: «i luoghi sacri e le cose che servono al culto devono essere «davvero degni, belli, segni e simboli delle realtà celesti» (Ordinamento generale del Messale Romano, citato con OGMR, 288). 31 LA CASULA. Con la loro bellezza le vesti sono chiamate a conferire “decoro” alla celebrazione, la cui dimensione estetica non è da trascurare. Le vesti fanno parte dell’universo articolato dei “segni”, senza i quali la liturgia non può in concreto esprimersi. L’uso di paramenti diversi nella stessa celebrazione indica la diversità dei ministeri, poiché «nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, non tutte le membra svolgono lo stesso compito» (OGMR 335). Fra questi, la veste propria del presidente nella celebrazione eucaristica è la casula. Il termine deriverebbe, secondo Isidoro di Siviglia, dal diminutivo del sostantivo “cosa” o “casa”, poiché copriva interamente chi l’indossava. Simbolo di carità, secondo Rabano Mauro, l’indumento trova il suo corrispettivo nel phelonion o nella paenula, mantello da viaggio molto avvolgente, di forma ellittica o circolare, con o senza cappuccio. A partire dal IV secolo, in epoca costantiniana, la paenula da veste comune diventa sempre più veste liturgica, come si può vedere negli affreschi della cripta di Aquileia (IV secolo), fino a scomparire dall’uso profano. In epoca medievale i molteplici elementi del vestiario liturgico si caricano di simbolismi gratuiti e di allegorie, man mano che l’attenzione passa dal mistero celebrato alla materialità della celebrazione, infatti, ogni componente riceve un suo significato non più in funzione del tutto, ma per sé stesso, iniziando così un processo di sacralizzazione che durerà fino alla riforma liturgica voluta dal Vaticano II. La casula che, in origine, aveva un taglio elegante, ampio e a semicerchio; col tempo subì delle modifiche: venne sempre più accorciata, soprattutto sui lati per lasciare libero il movimento, fino ad assumere la forma di “chitarra” ricevendo la denominazione di “pianeta”; fu arricchita di ricami, anche in filo d’oro, e in epoca barocca di pietre colorate. Il ritorno al taglio originale avvenne dopo il Vaticano II. Oggi la casula circolare o ellittica è la veste propria del vescovo e del presbitero, che la indossano nella Messa e nelle azioni liturgiche ad essa collegate (cfr. OGMR 337). Il suo uso indica un riferimento all’unico sacerdote e mediatore, Gesù Cristo, e al suo popolo sacerdotale, la Chiesa. Le direttive che hanno guidato la riforma liturgica anche nel settore delle vesti sacre non sono state sempre presenti nella vasta produzione dell’epoca del dopo concilio dei paramenti confezionati ancora spesso in serie, così che oggi sono spesso privi di quella "nobile semplicità" di cui parla l’Ordinamento (cfr. OGMR 292) e purtroppo con colori e ornamenti non sempre rispondenti e adatti. Per questo è importante fare un’accurata riflessione sulle diverse situazioni "pastorali" che distinguono una celebrazione feriale da una festiva, una celebrazione con assemblee particolari da una festa solenne. La comprensione teologica della celebrazione liturgica deve saper valorizzare tutti i linguaggi che possono far entrare nel mistero di salvezza celebrato “qui ed ora”, in questo luogo, per questa specifica comunità. La QUALITÀ DEI SEGNI incide sulla qualità della celebrazione stessa, sulla sua capacità significativa e pedagogica: ciò giustifica l’attenzione specifica verso tutti i segni che, in quanto tali, devono aiutare l’assemblea a vivere una celebrazione ordinata e festosa. La decorazione della casula, inoltre, esige che si rispetti innanzitutto che è una veste, non uno spazio da decorare né tanto meno da riempire per narrare qualcosa. Sono lo stesso taglio della veste e la stoffa gli elementi di preziosità decorativa. Per quanto riguarda i colori, va sottolineato che anticamente la casula era bianca, proprio per il simbolismo intrinseco del colore bianco che richiama la luce, la vita nuova. Dall’iniziale colore bianco si è passati all’uso di stoffe dai colori e disegni più vari, riportati attorno al 1400 ai cinque colori: bianco, rosso, verde, viola e nero, ai quali si aggiunse il rosaceo per due celebrazioni particolari. Attualmente si ribadisce, riguardo al colore delle vesti liturgiche, di mantenere l'uso tradizionale tenendo conto che «la differenza dei colori nelle vesti sacre ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, la caratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati e il senso della vita cristiana in cammino lungo il corso dell’anno liturgico» (OGMR 345). Alle Conferenze Episcopali, per quanto riguarda i colori liturgici, è demandato “il compito di stabilire e proporre alla Sede Apostolica adattamenti conformi alle necessità e alla cultura dei singoli popoli” (OGMR 346). 32