Caritas, l`impegno nelle sfide educative - diocesi Brindisi
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Caritas, l`impegno nelle sfide educative - diocesi Brindisi
Anno XXXIII n° 6 15 Maggio 2010 Redazione: piazza Duomo, 12 Brindisi E-mail: fermento@diocesibrindisiostuni.it tel. 340.2684464 | fax 0831.524296 editoriale La politica dei cerchi concentrici Angelo Sconosciuto S e il discorso non fa una grinza, ma stride contro l’onda del momento e la parola d’ordine dei potenti di turno, si dice: «Ecco, i vescovi si mettono a fare politica!». Questa volta, invece, dopo la presentazione del documento in vista della Settimana sociale di Reggio Calabria, nessuno ha scagliato la prima pietra. Eppure, quelle parole non sono sembrate in sintonia con le mode e le ricette di benessere del momento, perché non si è sentito parlare di «federalismo fiscale», declinato in tutte le salse, ma di «bene comune», cioè il «bene di tutti e di ciascuno». Certamente quelle riflessioni, dopo il documento della Conferenza episcopale sul Mezzogiorno, vanno considerate come la logica conseguenza di tutto. Ed allora, nessuno nega il federalismo fiscale, ma «il punto è come vivere la solidarietà all’interno del Paese». A leggere bene le carte, c’è un diverso impegno nell’azione di ciascuno, perché «vivere la solidarietà all’interno del Paese» sollecita innanzi tutto la coscienza del singolo cittadino e gli fa scoprire «i pregi sistemici del principio di sussidiarietà», che conducono ad una visione diversa della società». La riprova? In una frase soltanto, che si trova nel documento: «La nozione di bene comune non è compatibile con una teoria della società al singolare». Possibile che, nei momenti topici della nostra vita civile, famiglie ed associazioni restino al palo? Eppure tutte le grandi sfide passano attraverso la famiglia, l’educazione come il fisco. Già, perché le famiglie avvertono entrambi i pesi: per il secondo si attrezzano come possono, per il primo invece non c’è verso: «non c’è bene comune se ai soggetti dell’educazione non viene riconosciuto per intero il loro prezioso e insostituibile ruolo», si legge nel documento. E allora occorre insiste sul protagonismo delle famiglie, quelle alle quali è stata riconosciuta la costruzione di «nuovi percorsi del welfare». Del resto, il bene comune è fatto di cerchi concentrici: lo si sperimenta prima in famiglia, al cui centro c’è la persona umana. Poi il cerchio lo si allarga piano piano, senza che nessuno resti fuori, escluso, emarginato. Provare per credere. € 1,00 Spedizione in A.P. - art. 2 - c.20 - L.662/96 ❑ primo piano Testimoni digitali. Nuove sfide per sacerdoti e laici Servizi a pag. 3 ❑ famiglia Convegni e incontri per riflettere e programmare A pag. 11 Caritas, l’impegno nelle sfide educative Speciale alle pagine 7-8-9 Don Tonino Bello, l’invito a non stare alla finestra T anto attesa, accuratamente preparata, solennemente e sobriamente celebrata, la cerimonia per la Prima Sessione pubblica della causa di canonizzazione di don Tonino è «un evento che sicuramente si inscriverà nella storia già tanto gloriosa di questa comunità ecclesiale diocesana» (Mons. Martella). E se la Chiesa decide di porre ad esempio la figura luminosa di don Tonino, come di altri testimoni di vita cristiana, non è certo per dare onore a lui, per isolarne i meriti, additare le virtù, quanto perché i santi «ci invitano ad alzare gli occhi al cielo, ad aprirci alla luce e alla speranza, e a sottrarci all’oscurità e alla perversità del quotidiano spettacolo del male» (Mons. Amato). In diversi momenti della celebrazione ho avvertito il brivido di una maggiore responsabilità di cui ci siamo caricati. Una responsabilità che riassumiamo. L’abbiamo assunta da quanto don Tonino è stato tra noi e da quando ci ha lasciato la sua straordinarietà spirituale. E dobbiamo riconoscere che non poche volte l’abbiamo sotterrata, come quel servo della parabola dei talenti, per timore di disperderla perché troppo grande. Adesso, avendo avviato questo processo, è una responsabilità che abbiamo voluto riassumere, di fronte alla Chiesa tutta e al mondo. E non mi riferisco alla responsabilità dell’impegno che comporterà il processo in quanto tale; Mons. Martella ha concluso la celebrazione dicendosi tranquillo «perché conosciamo in quali mani lo abbiamo affidato». Piuttosto si tratta della responsabilità di rendere feconda la santità di don Tonino, di farne luce e sale per la nostra vita. Molto chiare le parole di Mons. Amato: «Può costituire, infatti, un periodo di maturazione della causa stessa, mediante la conoscenza più profonda, da parte dei fedeli, dell’esemplarità del Servo di Dio. Ciò non può non interrogarli sulla loro coerenza alle promesse battesimali. Per questo, una causa di beatificazione è da considerarsi da parte di vescovi e sacerdoti una vera e propria opportunità pastorale e una grande risorsa spirituale.» Mentre avanzerà il lavoro di ascolto dei testimoni, dovrà avanzare pure il processo di conversione che la santità di don Tonino ci sollecita. Occorre riprendere il suo magistero e verificare quanto ha inciso nelle nostre relazioni personali e nella vita delle nostre famiglie; quali indicazioni continua ad offrire per orientare il modo di vivere gli affetti, il lavoro, l’uso dei beni, il rapporto con l’ambiente; anche i Politici, che numerosi hanno condiviso la celebrazione, dovranno verificare quanto delle sollecitazioni che in mille occasioni don Toni- no ha rivolto a loro, in riferimento all’impegno per il bene comune, si riesca a tradurre in progetti e percorsi coerenti, anche in scelte di uno stile diverso e più sobrio del fare politica, che travalichi le beghe e le lotte di potere, personali e di partito. Dovremo anche come Chiesa, clero e laici, fare un serio esame di coscienza per riconoscere e spezzare quelle dinamiche latenti di una pastorale talvolta inborghesita, autoreferenziale, poco adusa a lasciarsi dettare dal mondo “l’ordine del giorno” delle programmazioni. Osare uno sguardo oggettivo delle nostre comunità parrocchiali per vedere se sono luoghi di discernimento e di profezia oppure un’inesorabile esercizio di ordinaria amministrazione. Anche i benpensanti, coloro che hanno sempre da ridire su tutti e tutto, si sentiranno provocati a smettere di stare alla finestra, a guardare da dietro i vetri della propria presupponenza, e scendere per strada, dove le persone e le situazioni ti provocano e ti chiamano in causa. Non ci interessa alimentare un ulteriore devozionismo che non di rado si ingenera attorno al culto dei santi. Per don Tonino sarebbe del tutto inopportuno. Dunque, la santità che di don Tonino vogliamo giustamente esaltare, sia una santità per noi, perché aiuti noi a diventare più santi, perché i nostri sentieri, le nostre vite personali, per quanto contorte e irte di debolezze, emanino intorno il profumo di santità. É questa la vera “causa” per la quale tutti noi, e non solo il Tribunale, con quel fragoroso applauso che ha concluso la cerimonia, abbiamo giurato. Luigi Sparapano 2 Speciale Anno Sacerdotale 15 maggio 2010 riflessioniMons. Settimio Todisco anima un incontro interparrocchiale in Ostuni Maria e i sacerdoti, riferimenti della pasqua quotidiana I l 10 marzo scorso, nel quadro degli incontri quaresimali interparrocchiali nella città di Ostuni, S.E. Mons. Settimio Todisco, nostro Arcivescovo emerito, ha guidato una riflessione su “Maria e i Sacerdoti”. Mentre ringraziamo Mons. Todisco per la sua disponibilità, vi proponiamo, nel mese mariano, il testo del suo intervento. I l tema “Maria e i sacerdoti” potrebbe sembrare estraneo al comune cammino verso la Pasqua. Invece siamo in piena sintonia, se pensiamo che Maria è stata la prima creatura a mettersi alla sequela di Gesù e sarà, poi, tutta immersa nella sua Pasqua. Così la Pasqua del Figlio diventa anche la Pasqua della Madre. Circa i sacerdoti osservo che non basta che essi accompagnino i fedeli nel cammino penitenziale verso la Pasqua. I sacerdoti sono i ministri dei sacramenti pasquali a vantaggio dei fedeli. Ma essi potranno celebrare degnamente i misteri della Liturgia, solo se li verificano in se stessi e li vivono personalmente “facendosi così modelli del gregge” come dice Pietro nella Prima Lettera (5,3). Non potendo sviluppare appieno il tema “Maria e i sacerdoti”, mi fermerò a lungo su “Maria sulla sua fisionomia interiore ed esistenziale, supremo modello per tutti i cristiani”. Circa i sacerdoti avrò poche annotazioni, ma significative dato il particolare rapporto e richiamo tra Maria e i sacerdoti come un tempo tra Maria e gli Apostoli del Figlio. Maria, la Madre di Gesù. Questa la vocazione-missione di Maria di Nazareth! La Madre del Messia Salvatore e la prima creatura a essere redenta nel Figlio e preservata anche dal peccato originale; la creatura “due volte santa” per la sovrabbondanza dello Spirito Santo. Certo, la maternità divina è pure dono a Maria e insieme appello alla sua responsabilità. Fa piacere trovare all’inizio della storia della salvezza “una donna”, proprio Lei Maria di Nazareth, quale icona privilegiata dall’umano investito dal Divino. La risposta di Maria è tutta nella sua fede accogliente e obbediente del mistero di Gesù figlio di Dio e figlio suo: dall’incarnazione e sempre, giorno dopo giorno, man mano che la missione del Figlio si dispiega sotto i suoi occhi. La discepola del Figlio. Alla sequela del Figlio, dopo essere stata mamma-educatrice per anni! Sempre, come narrano i vangeli, con partecipazione discreta. In primo piano solo alle “nozze di Cana di Galilea” e al Calvario. Ella si nutre della Parola, delle opere e della esemplarità del Figlio. Così Maria cresce nella fede: una fede che costa molto nelle oscurità proprie delle creature umane; una fede sempre più illuminata dallo Spirito Santo circa la sorte del figlio; una fede che ha chiesto nuovi “sì” al disegno di Dio fin sotto la Croce. La Madre trafitta. La profezia di Simeone a Maria nella presentazione del Bambino al tempio: “Anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Così Maria partecipa al destino doloroso del Figlio: la spada che trapassa l’anima le confermerà, durante la passione, che Gesù appartiene, più che a Lei, al Padre e alla sua missione di salvezza. La Madre dei credenti. Dal sacrificio di Cristo nasce la Chiesa come comunità dei discepoli uniti nella fede. Gesù morente “Vedendo la Madre e accanto a lei il discepolo che egli amava disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quell’ora il discepolo la prese con sé” (Gv 19,26-27). Nella figura di Giovanni ci sono tutti i discepoli di Gesù riuniti nella Chiesa su cui Maria esercita la funzione materna. La Madre di Gesù è madre dei credenti, perciò madre della Chiesa. Anche a Pentecoste vediamo Maria al centro del gruppo dei discepoli per l’effusione dello Spirito Santo: lei è al centro! Ma si tratta della centralità dell’amore materno, non di una centralità di autorità. L’autorità di guida nella Chiesa è dei dodici Apostoli e tra questi Pietro principio di unità e di comunione. Maria discepola degli Apostoli. Discepola del Figlio, diventa ora discepola degli Apostoli. La maternità di Maria è permanente nella storia della Chiesa e tale rimane misteriosamente nella gloria della Trinità! Per noi la sua maternità rimane come esemplarità di fede e di santità nel discepolato cristiano e come forza e grazie di intercessione presso il Figlio. Madre dei sacerdoti. Certamente Maria ha seguito silenziosa e con premura e amore gli Apostoli che erano alla sequela di Gesù, in intimità di discepolato e di amicizia. Quanto ha pregato per essi e quanto ha sofferto, e quanta consolazione ha avuto vedendoli, una volta trasfigurati dalla Pasqua, dediti a continuare la missione del Figlio. Con lo stesso occhio, con lo stesso cuore e con la stessa forza di intercessione Maria segue i Vescovi, successori degli Apostoli, e i collaboratori che sono i sacerdoti. L’essere sacerdoti: dono-privilegio-responsabilità. • Allora, noi vescovi e sacerdoti siamo dei privilegiati? Sì! Perché per divina vocazione e missione, rappresentiamo Cristo capo e pastore e in suo nome sosteniamo la vita di fede e di carità dei fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la guida della Comunità, secondo la tradizione apostolica. • Dio si fida di me e mi riempie del suo Spirito per l’impresa che mi attende nella Chiesa e nel mondo. Di tanto dono io devo ringraziare ogni giorno il Signore e impegnarmi alla fedeltà e generosità quotidiana. Gratuitamente ho ricevuto, gratuitamente devo dare. • Io appartengo a Cristo, sono consacrato a Lui. Così si può, in qualche modo, capire il senso della condizione sacerdotale segnata dalla virtù, dal celibato, dalla povertà, dall’obbedienza. • Io appartengo al Popolo di Dio, nel senso di un ministero totalizzante nel quale porgo tutte le mie energie, e per la vita intera, in comunione con il vescovo e con il presbiterio. riflessioni Incontro-dibattito con la giornalista di Avvenire Marina Corradi Anno sacerdotale: le attese della comunità ecclesiale T ra le iniziative celebrative dell’Anno Sacerdotale ha suscitato vivo interesse l’incontro dibattito tenuto il 26 aprile u.s., presso la Biblioteca “S. Benedetto” su invito delle Comunità Parrocchiali in collaborazione con le Suore Oblate Benedettine di San Vito dei Normanni. Il dott. Giovanni Morelli dell’Ufficio diocesano Comunicazioni sociali ha introdotto la conversazione con la giornalista del quotidiano “Avvenire” Marina Corradi. Particolarmente interessanti sono risultati gli spunti introduttivi di Morelli che ha sintetizzato “le attese”, le aspettative della comunità ecclesiale, o quanto meno del sentire comune, nei riguardi del sacerdote. Spunti interessanti perché ognuno si riconosce in uno o più aspetti, che qui riportiamo e su cui riflettere. - C’è chi dice che il prete dovrebbe stare sempre in chiesa davanti al tabernacolo, così che la gente possa trovarlo sempre lì e chi dice, invece, che il prete deve andare fuori, in mezzo alla gente, incontro alle persone. - C’è chi lo vuole sempre in clergyman e chi, invece, lo vuole vestito come tutti gli altri. - C’è chi lo critica se va in giro con un’auto di lusso e chi, invece lo vorrebbe tutte le sere nei pub insieme ai giovani. - C’è chi lo vorrebbe sempre accanto agli ammalati e agli anziani e c’è, chi, invece, vorrebbe che coinvolgesse di più i laici nell’azione pastorale. - C’è chi lo vorrebbe amico su facebook o su twitter e c’è chi, invece, dice che quella è solo una perdita di tempo e che per evangelizzare è necessario ritornare ai metodi “antichi”. - C’è chi dice che i preti maneggiano troppi soldi e c’è chi sostiene che il celibato è un danno per il prete. - C’è chi dice che pregano (o almeno che li si vede pregare) troppo poco e chi, invece, li critica perché se ne vanno in giro con talare, breviario sotto il braccio e tricorno in testa. Un momento della tavola rotonda © D. Di Carlo - C’è chi dice che molti di loro non si siano letti bene i documenti del Concilio, soprattutto a proposito del protagonismo dei laici e c’è chi, invece, dice che non sono predisposti al dialogo e al confronto schietto. - C’è chi dice che il Seminario li rovina e c’è chi, invece, sostiene che avrebbero bisogno di ben altra formazione. - C’è chi li vuole “poveri tra i poveri” e chi, invece, sostiene che loro non devono sporcarsi le mani direttamente. - C’è chi, come tante persone anziane, va a confessarsi anche una volta a settimana e chi, come i più giovani, si allontanano sempre più dal Sacramento della Riconciliazione sostenendo “perché devo dire i fatti miei ad una persona che forse ha più peccati di me?”. La giornalista Marina Corradi ha sviluppato l’argomento ricordando l’impegno e le parole di don Oreste Benzi “cerco il volto di Cristo nelle facce delle persone che incontro”. L’appello a preti e a laici, appartenenti ad un unico regno sacerdotale, ad usare sempre parole chiare, ad essere testimoni della misericordia di Dio e a cercare sempre, con umiltà, quell’equilibrio tra azione e dimensione spirituale, tra realtà vissuta e utopia sognata. Anche in tempi difficili, come afferma il Card. Tonini, occorre il coraggio della chiarezza considerando anche il dolore e la vergogna, come una “grazia”. Sono seguiti alcuni interventi, in particolare ho richiamato alcune riflessioni del vescovo don Tonino Bello Servo di • So bene che sto idealizzando il sacerdozio. La realtà è diversa, meglio ha sfaccettature diverse: eroismo e fragilità, santità e peccato, il sacrificarsi come Cristo e l’egoismo autoritario sugli stessi fedeli. Ahimè, il sacerdote è, può essere tutto questo. Signore, abbi pietà di me, di noi! Maria e i sacerdoti. Non sono due estremi opposti, né due somiglianze esplicite. Maria è Maria! Il sacerdote è il sacerdote! Eppure dal vissuto di Maria noi sacerdoti possiamo ricavare stimoli, esempi, ispirazioni. E molto più se a lei ci rivolgiamo con fede devota e preghiera filiale. Soprattutto se ci comportiamo secondo il modello: il Figlio suo, Sommo Sacerdote del nostro sacerdozio. + Settimio Todisco Arcivescovo emerito. Dio (il 30 aprile è iniziata la causa per la beatificazione). In particolare nelle sue omelie per le Messe Crismali e nei suoi scritti quaresimali vi sono molti spunti di riflessione al riguardo. Il Giovedì Santo del 1983 rivolgendosi ai sacerdoti aveva detto: “Liberiamoci dagli ingombri delle tante esteriorità, dalle mille cose futili, dalle centomila attività che si tingono di parvenze apostoliche e ci rompono l’equilibrio interiore. Riscopriamo il valore dl silenzio. Riproviamo il gusto della preghiera lunga, fatta di abbandono e di stupore davanti all’Eucaristia, centro della comunità e della nostra missione. … Una concezione atomizzata della parrocchia, come un feudo dato in appalto a un titolare, geloso della sua autonomia e puntiglioso custode della sua indipendenza, non corrisponde agli orientamenti conciliari. Dobbiamo ritrovare lo stile, il gusto, il puntiglio della comunione. Se noi non esprimiamo in modo collegiale e in profonda comunione reciproca il nostro servizio ai fratelli, noi impediamo al mondo di tenere fissi gli occhi su Gesù. Li faremo figgere sulle nostre scissioni, sulle nostre rivalità, sulle nostre manovre ambigue, ma non su di Lui. Dobbiamo pertanto convertici. Ciò significa uscire dall’isolamento pastorale. Aprirci a uno stile di corresponsabilità e di partecipazione. Specialmente tra presbiteri di una stessa città. … Convertirsi alla comunione significa trovare spazi per pensare insieme, per progettare insieme, per confrontarsi insieme, per correggersi insieme, per pregare insieme, per soffrire insieme, per servire insieme”. E rivolto ai laici: “Se terrete fissi gli occhi su di Lui, maestro e Signore, il vostro lavoro si caricherà di una potentissima valenza pastorale… Un laicato adulto, maturo, che abbia una profonda coscienza ecclesiale, che non si senta dislocato su fasce periferiche soltanto. …Una stimolazione a ricercare con più puntiglio la dignità, il posto, il ruolo che vi competono nella Chiesa in forza del vostro battesimo e nello spirito della comunione che deriva dal tener fissi gli occhi su di Lui”. Ha concluso l’incontro il Vicario Generale Mons. Giuseppe Satriano richiamando la relazione profonda tra il sacerdote e la comunità. Dio è la sola ricchezza che l’uomo cerca nel sacerdote. Occorre tornare alle origini ricordandosi da quale roccia proveniamo. Una sfida ed un richiamo alla responsabilità di tutti ed alla dignità altissima nella vita del sacerdote. Ernesto Marinò 3 Primo Piano 15 maggio 2010 media Il 16 maggio la 44ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale D igitale ormai non è più una parola sconosciuta. Nota solo agli addetti. È entrata nelle nostre case con l’invito martellante ai possessori di tv in alcune Regioni italiane, ma sarà così per tutte, a passare dall’analogico al digitale. Chi già ce l’ha il digitale terrestre sa che può ricevere sulla sua tv un molteplicità di programmi, alcuni gratuiti altri a pagamento. Di fatto il digitale è una tecnologia raffinata che ha potenziato in maniera straordinaria le nostre comunicazioni. Viene applicata a tutti i mezzi, compresa la macchina fotografica, il telefonino, i giornali, ovviamente internet. Ma non è solo un’innovazione tecnologica. Cambia il nostro modo di comunicare. Un solo esempio. Il nostro cellulare si trasforma in una immensa piazza globale dove troviamo il giornale, la tv, libri, intere biblioteche, la nostra banca con la quale fare delle operazioni. E soprattutto permette a noi di collegarci con il mondo intero, anzi di essere costantemente in Rete. Insomma fa di noi degli esseri digitali. Ci rende parte di un continente, di un mondo digitale. Con linguaggio più complicato si dice che siamo in perenne connessione. Non solo materiale ma di menti, di cuori, di relazioni. La novità è colta con estrema puntualità da Benedetto XVI nel messaggio per la 44ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, dal tema “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media a servizio della Parola”, che si celebra domenica 16 maggio, Ascensione del Signore. Perché proprio questa domenica? Perché Cristo invita gli apostoli ad andare nel mondo per comunicare il Vangelo. Le comunicazioni sociali, dai mezzi tradizionali ai nuovi, sono oggi indispensabili per formare opinioni, per partecipare alla formazione delle coscienze. Il Papa invita a non essere estranei al nuovo mondo digitale sia la Chiesa in generale, ciascun cristiano, sia direttamente il sacerdote, la sua pastorale. Perché? Incredibile solo a pensarlo qualche anno fa. I sacerdoti possono, anzi debbono dopo testimoni digitali Nuovi impegni per le comunità Una Chiesa “on line” ed “off line” U na Chiesa on line e off line. Questo il compito affidato da Benedetto XVI ai cristiani, tutti. Una presenza qualificata in entrambi i mondi o ambienti: nello spazio fisico e non fisico, vale a dire nel mondo consueto e in quello digitale, per abitare anche questo nuovo «universo con un cuore da credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo». Perché? È nella natura di questa comunità millenaria, fondata da Cristo, porre la sua barca nel mare aperto, talvolta pure incurante dei marosi e delle tempeste. Ed è l’atto di fiducia di un Papa, non giovane nell’età ma giovanissimo nella missione, che esorta senza mezzi termini a cogliere come grazia questo «passaggio epocale». In fondo questo fluido e immenso “hub” è la terra stessa. La Chiesa è venuta per stare dentro il mondo e percorrerlo in lungo e largo. Ora che questo nostro globo conosce «un enorme allargamento» attraverso «le frontiere della comunicazione» non può che corrispondere alla vocazione missionaria della Chiesa. Anzi da sempre il cattolicesimo si è via via strutturato come una organica rete di persone, di credenti, di comunità, di siti di cuori religiosi, dove due o tre o più persone stanno insieme per essere testimoni positivi con la preghiera, la carità, con la condivisione del bene. Di fatto attraverso il digitale, che è poi una straordinaria tecnica per eliminare distanze e tempi nelle relazioni comunicative, si realizza una forma di cattolicità, di universalità, di grande piazza di Gerusalemme, dove gli uomini pur parlando diverse lingue si potevano comprendere. Ma come e perché? Semplicemente perché oltre il diaframma della molteplicità delle lingue vedevano e intravedevano un messaggio, un volto. Quello di Cristo. Eh sì! Il Papa nell’udienza ai “testimoni digitali” ha chiesto di «tornare ai volti». Anzi a quel Volto nel quale rifulge il volto di ogni uomo. Questo il punto. La Rete dev’essere possibilità di incontro. Per questa ragione il Santo Padre auspica che mantenga la sua vocazione ad una apertura ugualitaria e pluralista. Non vive, però, di sogni Benedetto XVI. Sa che già è in corso quello che viene identificato come il fenomeno del digital divide, che esclude e non solo include. Come gli è noto il rischio dell’«omologazione e del controllo» per diffondere un pensiero dominante, unico, che in altre occasioni ha chiamato dittatura del conformismo e qui di «relativismo intellettuale e morale». Eppure quando mai i rischi diventano per un cristiano un impedimento per entrare in un territorio, in una città, in un continente nuovo come il digitale? Dove vi è ambivalenza, probabilità d’intraprendere strade sbagliate vi sono per lo meno altrettante possibilità di vincere la sfida del bene. Anche e appunto in Internet. La grande Rete può essere sorella e sorellastra, prossimo e nemico. Può rendere più umano il nostro habitat: i «media possono diventare fattori di umanizzazione» e di disumanizzazione. Dipende da noi. Pure da noi cristiani. In fondo ogni invenzione è una conquista, un arricchimento. Non una perdita, non un pericolo. La Chiesa ha avuto il coraggio di abbracciare l’invenzione della stampa, poi del telegrafo, della radio e della televisione. Giovanni Paolo II ci ha insegnato praticamente, con il suo corpo stesso, a stare dentro i media, ad essere testimoni appassionati dell’uomo, perché innamorati e affascinati dell’Uomo-Dio. Benedetto XVI invita alla stessa passione in nome dell’uomo. “esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità” anche attraverso le tanti voci che scaturiscono dal mondo digitale, e “annunciare il Vangelo avvalendosi di questa nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web)”. Per il Papa sono “inedite occasioni di dialogo”. In soldoni la catechesi, l’evangelizzazione non passano più soltanto attraverso il contatto diretto dell’attività parrocchiale. Vi è un’altra parrocchia, grande quanto il mondo, il continente digitale, nella quale si possono contattare, incontrare, persone, per instaurare dei rapporti anche solo mediatici. Importante è che da questo mondo “immateriale” si passi al mondo di tutti i giorni. La scommessa è di farsi testimoni, come si è detto nel recente convegno ecclesiale “Testimoni digitali” nella grande rete. Impossibile? Assolutamente no. Troppo pericoloso? Certo non è un mondo per ingenui, serve sempre vigilanza. Lo sanno i genitori quanto importante è seguire i figli che navigano in questo ambiente. Ma guai a rifiutare questa “grande risorsa per l’umanità”. Conta in fondo “la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali”, ricorda Benedetto XVI nel messaggio. Infatti si possono creare contatti con non credenti, con credenti di altre religioni, soprattutto si possono rinforzare le relazioni con altre comunità cristiane e generare anche solidarietà caritative. Con una prima preoccupazione specifica: il digitale è solo parte del nostro mondo reale. Con una seconda: non dimenticare il modo di comunicare di ieri: stampa, radio e tv. Un solo dato a conferma: il 95% delle informazioni in rete viene dai giornali. La giornata rafforzi la convinzione sull’indispensabilità di comunicare a tutto campo. La Chiesa non può mancare questa straordinaria opportunità. La Diocesi tra i testimoni digitali «I media possono diventare fattori di umanizzazione "non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali" (Caritas in Veritate n. 73). Ciò richiede che "essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale" (ibid.). Solamente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità. Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete». Con queste parole, riprese dall’enciclica Caritas in Veritate, il Santo Padre Papa Benedetto XVI ha concluso il Convegno Testimoni Digitali tenutosi a Roma dal 22 al 24 aprile scorsi. Nel meeting sono stati illustrati gli orizzonti delle nuove tecnologie della comunicazione. La Chiesa non può non interessarsi di questa realtà per cui sente il diritto non solo di usufruire delle nuove tecnologie, ma soprattutto il dovere di saperle usare per poter meglio donare il messaggio della Salvezza “fino ai confini del mondo”, confini che non riguardano più limiti geografici ma che si estendono nella realtà cosiddetta “virtuale”. E’ pur vero che la Chiesa è sempre stata all’avanguardia e facendo un excursus storico possiamo bene vedere come si sia asservita di ogni strumento per annunciare la Buona Novella. Così oggi guarda con favore e attenzione al “nuovo” invitando gli operatori a farsi presenti con la responsabilità di chi porta una missione affidatagli e con la consapevolezza che così si possono raggiungere gli agorà che, altrimenti, potrebbero rimanere esclusi dal ricevere la Parola di Dio. Fr. Salvatore Giardina 4 I Vita Diocesana 15 maggio 2010 Presunte apparizioni della Vergine a Brindisi: precisazioni dell’Arcivescovo l 16 aprile u.s., e nei giorni successivi, S.E. l’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci, è venuto a conoscenza del fenomeno relativo a presunte apparizioni e messaggi della Vergine Maria al giovane brindisino Mario D’Ignazio, solo attraverso il racconto di alcune televisioni e quotidiani locali. I fatti, così come riferiti dalle cronache, avverrebbero nella sua casa di campagna in contrada Santa Teresa, nel giorno del venerdì. Solo il 30 aprile u.s. il giovane ha fatto visita all’Arcivescovo. Nel colloquio, molto sereno, sono emerse numerose riserve, risultando confusa l’identità delle stesse presunte apparizioni, pur mantenendo il rispetto per le scelte personali. Si precisa che la visita del giovane all’Arcivescovo ha avuto solo significato informativo. Il colloquio è stato paterno e interlocutorio senza che ne sia derivato, da parte dell’Arcivescovo, né un “nulla osta”, né un divieto. Non ci sono motivi di approvazione o di disapprovazione. Si tratta di un’esperienza personale affidata alla responsabilità del soggetto. Numerose sono le apparizioni autentiche; molte altre, invece, sono presunte o svanite nel nulla perché legate a fatti emotivi e di natura psicologica che si sono risolte con spiegazioni umane. Nei mesi precedenti è mancato ogni riferimento all’autorità religiosa, mentre è esplosa la diffusione attraverso gli organi di informazione, con conseguente spettacolarizzazione dei fenomeni. Si esorta il soggetto interessato alla riservatezza, alla preghiera e alla comunione ecclesiale, evitando una indebita diffusione di messaggi. Ai fedeli è vivamente consigliata la preghiera alla Vergine Santa, mente li si sollecita ad evitare ogni forma di curiosità. Si esortano gli operatori dell’informazione a non enfatizzare un fenomeno che ha bisogno di silenzio e discernimento. A tutti si ricorda che il messaggio del Vangelo rimane la vera strada per il rinnovamento del cuore degli uomini e per la costruzione di una società nuova. Brindisi, 3 maggio 2010 IL RICORDODon Ettore Biasi presbitero di grande spiritualità Testimone per rendere fecondo l’anno sacerdotale N ell’anno sacerdotale, fare memoria del sacerdote don Ettore Biasi, nel trigesimo della morte, è molto più del ritrovarsi nella preghiera del suffragio cristiano. È proprio l’occasione privilegiata di proporre alla comunità diocesana i lineamenti di un presbitero di profonda conformità al modello di Gesù pastore, di un testimone di alto spessore spirituale. Il Collegio dei Canonici della Basilica Cattedrale è più povero ora che è venuto a mancare, dopo la sua presenza nel Capitolo, lunga quanto l’intero suo arco ministeriale a Brindisi. La personalità del ministro di Dio umile e discreta, quasi dimessa, aliena dal clamore della visibilità cercata, a volte, anche in una certa condotta ecclesiale nell’era mediatica estroversa, dove spesso l’apparire sembra contare più dell’essere. Don Ettore è stato un maestro di pietà sa- cerdotale, scrupoloso “perfezionista” nella celebrazioni liturgiche, devoto del Sangue prezioso di Gesù quando era Rettore della chiesa di S. Paolo, della Beata Vergine quando ha guidato la comunità di Santa Maria degli Angeli. A livello diocesano ha servito la comunità da Vice Cancelliere arcivescovile, ed ha operato a lungo da Assistente diocesano del Gruppo Donne di Azione Cattolica, cui erano affidati i Fanciulli di Ac, distinti, allora, in “fiamme bianche, verdi e rosse”. E con i bimbi era a suo agio, lui che ha sempre goduto della semplicità congenita delle anime intrise di valori evangelici. Personalmente ho potuto godere di queste sue doti, scoprendole nella frequentazione che ha creato dei vincoli amicali tra le nostre famiglie, tra le mie sorelle e la sua sua sorella, la dottoressa Erminia. In questi ultimi anni rievocavamo i bei periodi di ferie trascorsi insieme in Valtellina, a S. Caterina in Val Furva nell’Opera di Don Folci, alternando al riposo gli Esercizi spirituali e le cure termali, con i confratelli don Giuseppe Massaro, don Luigi Spagnolo, don Raffaele Rocchetta, oltre alle visite alla Sindone a Torino e il pellegrinaggio in auto a Lourdes, Ars, Nevers, La Salette, Paray Le Monial. Particolari, questi, caratterizzanti la sua umanità e spiritualità. Uomo di cultura, ha dedicato molti anni all’insegnamento della Religione cattolica nella scuola media e da Rettore di S. Maria degli Angeli promosse un corso di riflessione sul Quaresimale di S. Lorenzo da Brindisi, sul testo latino originale, interpretato da par suo, dalla professoressa Mimima Guadalupi. Don Ettore conosceva bene il latino, dava lezioni private e in casa si dilettava a parlarlo con la sorella Erminia. Amareggiato, perchè fui impedito a partecipare alle esequie, lo sento vicino come sempre e nella preghiera rinnovo la speranza che il cuore di noi presbiteri si apra alle gioie ineffabili della vocazione, con l’esemplarità di un uomo buono, di un testimone umile e operoso servitore del Regno di Dio. Il suo seme continui a fiorire! Angelo Catarozzolo 15 maggio 2010 radunoIn occasione della Giornata mondiale delle vocazioni I Ministranti fanno discernimento U n incontro diocesano dalla consistente e intensa partecipazione, quello dei ministranti organizzato dal seminario arcivescovile “Benedetto XVI” lo scorso 25 aprile, in coincidenza con la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Giunto alla sua nona edizione, il raduno, dal tema “Testimoni gioiosi di Gesù”, ha visto riunirsi tantissimi ministranti della Diocesi assieme a sua Eccellenza Mons. Rocco Talucci e guidati da don I Ministranti con l’Arcivescovo © A. Di Coste Alessandro Luperto, Rettore del seminario, per essere testimoni del messaggio di gioia e «Quindi la notizia bella che io vi do è questa: è che è Gesù il di speranza del vangelo. pastore buono. Io sono solo il segno visibile per dire che lui «Quello del raduno – ha dichiara don Alessandro Luperto – è in mezzo a noi. La notizia bella è che il Signore vi conosce è stato il punto culminante del cammino, che i nostri ragazzi uno ad uno e che vi ringrazia per il servizio che offrite ogni hanno percorso durante l’anno a livello interparrocchiale. È giorno. Ringrazia i ministri, sacerdoti e diaconi ma ringrazia stato un momento davvero ecclesiale, una festa piena di gio- anche i ministranti. Come è stato detto prima se le celebraia e di fede, in un clima di fraternità e di condivisione». zioni sono belle, vuol dire che ognuno di voi fa o sa fare». «I 105 Ministranti presenti al raduno, provenienti da Brin«In questi mesi – ha detto ancora l’Arcivescovo - avete pardisi, Ostuni, Guagnano, Leverano, Locorotondo, Mesagne, lato della preghiera che significa amare Dio e amare come Salice, San Vito e Veglie, si sono coinvolti in un allegro e nello Lui. Avete parlato del servizio che significa aiutare gli altri stesso tempo profondo itinerario a tappe, basato sull’annun- a vivere bene l'Eucaristia. Oggi si parla della testimonianza cio di buone notizie e soprattutto della “buona notizia” che è che avviene tra la preghiera e il servizio. Quando pregate eleil Vangelo di Gesù. Ingredienti essenziali della buona riuscita vate il cuore al Signore, quando servite rendete decorosa la dell’evento – ha dichiarato inoltre don Alessandro Luperto - celebrazione, ma in tutto il tempo che resta rimane la testisono stati la presenza attenta e creativa dei seminaristi, che monianza che uno può dare ai suoi amici. E allora la buona da veri fratelli maggiori hanno pensato, sostenuto e animato notizia è questa: Gesù è venuto come pastore perché vi cotutti i momenti, il supporto discreto e premuroso degli edu- nosce e vi ama». catori presenti e anche di alcuni sacerdoti che hanno voluto «Gesù manda i suoi pastori, vescovi e sacerdoti per farvi vivere con i loro ragazzi tutta intera o una parte di quella do- sentire ancora più vicini questo amore; è buona notizia è che menica speciale e soprattutto la visita dell’Arcivescovo, alla il Signore ha bisogno anche di voi e voi rispondete a questo cui presenza i ministranti hanno rinnovato le loro “promes- servizio che vi chiede; e questa buona notizia a dover saper se”, ricevendo dal pastore della diocesi la conferma più bella dare anche agli altri». al loro servizio, insieme ad un incoraggiamento davvero paUna giornata da non dimenticare, da mettere nell’album terno». dei ricordi e delle esperienze di questo cammino, per i giova«Nella messa che ho celebrato stamattina ho pregato per ni e grandi ministranti. voi – ha esordito l'Arcivescovo - sapevo che eravate qui in Una giornata che non è stata compromessa nemmeno dai questa giornata chiamata del “Buon Pastore”. Sono contento “capricci” del tempo meteorologico ma che è stata allietata che questa immagine sia esposta davanti a voi, perché ricor- dalla gioia e dalla serenità, vista anche attraverso i giochi e da la visita pastorale che ho fatto in tutti i paesi della diocesi. le attività, che i chierichetti hanno potuto respirare e portare E il Vescovo è sempre in visita pastorale. Oggi visita i mini- con sé nella vita di tutti i giorni. stranti, i cresimandi e così tutte le comunità. Il Vescovo è, «L’auspicio – ha concluso don Alessandro Luperto – è che nella Chiesa, il segno visibile del buon Pastore». questa esperienza metta nel cuore dei ministranti un rinno«Gesù è il vero buon pastore, – ha continuato Mons. Talucci vato ardore per lo svolgimento del proprio servizio e in noi prima di lasciare i giovani alla loro celebrazione eucaristica adulti la consapevolezza che la passione educativa verso i – per essere visibilmente accanto a voi ha scelto gli apostoli, ragazzi passa anche attraverso la semplice promozione di ini loro successori e i loro collaboratori, in modo che voi oggi contri e di momenti che, pensati apposta per loro, possono veniate aiutati educati e serviti dai pastori e ministri, ma è aiutarli ad interiorizzare i grandi valori della vita». con il vostro cuore che dovete vedere la presenza di Gesù che è in voi». Antonella Di Coste vocazioniUna veglia di preghiera pensando a Zaccheo “Ho una bella notizia: io l’ho incontrato” G iovedì 29 Aprile è stata celebrata, nella Cattedrale di Brindisi, la Veglia Vocazionale Diocesana presieduta dal Padre Arcivescovo, il cui tema centrale è stato il racconto della vocazione di Zaccheo. La Veglia si è aperta con l’introduzione di don Cosimo Zecca, che ne ha curato la realizzazione, alla quale è seguito il saluto di Mons. Talucci e la lettura di un passaggio del messaggio che Sua Santità Benedetto XVI ha inviato in occasione della Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, nel quale delinea gli aspetti fondamentali che devono caratterizzare ogni chiamata al sacerdozio e alla vita consacrata, sottolineando che l’unico modo, per ogni “uomo di Dio”, di far conoscere l’amore del Padre e suscitare, così, nuove vocazioni è quello di vivere in profonda intimità con il Signore, dando spazio alla preghiera personale e all’ascolto della Parola. La lettura del brano del Vangelo narrante la conversione di Zaccheo è stata preludio della rappresentazione teatra- 5 Vita Diocesana le che, del racconto stesso, hanno realizzato i ragazzi del Seminario Minore di Brindisi. I seminaristi hanno offerto una drammatizzazione piuttosto originale e coinvolgente della storia di Zaccheo, coniugando l’arte della recitazione a musiche, coreografie ed effetti speciali che hanno saputo rendere con particolare intensità il viaggio ed il travaglio interiore vissuti da Zaccheo, metafora della lotta spirituale vissuta da ogni uomo che, prima lontano da Dio, sperimenta nella sua esistenza il mistero, la bellezza e lo stupore che scaturiscono dall’incontro con l’Amore, la Misericordia e la Grazia. Gli spunti di riflessione offerti dai vari momenti di preghiera della Veglia sono stati molteplici ed hanno trovato il loro culmine nelle parole dell’Arcivescovo che ha sottolineato l’importanza ed il valore di ogni vocazione cristiana, soprattutto di quella al sacerdozio, e la grande responsabilità di cui sono investiti gli stessi sacerdoti, chiamati in maniera particolare a testimoniare la loro fede con atti concreti di carità e di servizio non solo a Dio ma anche ai fratelli che devono aiutare e sostenere nel cammino di ricerca, scoperta e crescita della loro vocazione personale. L’auspicio più grande, nonché i frutti che a conclusione della Veglia ci si augura di raccogliere sono dati dalla speranza che ogni uomo apra il suo cuore all’ascolto della Voce di Dio che lo chiama, sentendosi toccato dall’amore del Padre così da poter testimoniare con fede e gioia grande a ciascun fratello: “Ho una bella notizia: io l’ho incontrato”. Stefania Carbonella Il Consiglio Pastorale diocesano si interroga sul cammino sinodale I l 21 aprile u.s. si è riunito, presso S. Maria del Casale in Brindisi, il Consiglio Pastorale Diocesano. E’ stato presieduto dall’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci e moderato da Salvatore Licchello. Dopo il momento di preghiera con la recita del vespro e la riflessione del nostro Pastore, si è dato inizio al lavoro del Consiglio monotematico il cui ordine del giorno era “Ipotesi della scheda di verifica sul cammino sinodale”. Nell’allegato, inviato preventivamente a tutti i membri del Consiglio, sono state formulate sei domande riguardanti il Sinodo. In questa bozza si è voluto verificare quanto il Sinodo sia stato vissuto come una forte esperienza di fede, quanto siano cresciute le relazioni di comunione ad intra e ad extra della nostra Chiesa, e quanto l’obiettivo “La Parrocchia missionaria evangelizza nella storia e nel territorio” sia sempre stato presente in tutti i momenti dei lavori sinodali. Ancora, è stato chiesto di suggerire le modalità e i tempi per la presentazione del Liber Sinodalis alle parrocchie e alle pubbliche istruzioni di ogni singola città, e di indicare alcune esigenze trasversali emerse nei diversi ambiti, che possano diventare opzioni pastorali. Infine è stato lasciato spazio per una libera valutazione del cammino sinodale vissuto. Padre Arcivescovo ha invitato tutti i presenti a sentirsi protagonisti di «tutto quanto la vostra sensibilità laica vi può suggerire per dare risposta a quanto vi è proposto» in modo che da questo Consiglio esca la scheda definitiva. Egli Pubblicazione quindicinale Reg. Tribunale Brindisi n. 259 del 6/6/1978 ha ribadito l’importanza di quest’ ultima, con la quale si da la possibilità a tutti i membri sinodali di offrire un ulteriore loro contributo per la presentazione del Libro Sinodale e per predisporre il lavoro del prossimo triennio. «Il Libro Sinodale – ha continuato Mons. Talucci – non sia una bella raccolta di dati o di documenti, ma possa essere presentato secondo dei sentieri formativi che verranno fuori da queste sensibilità. Il prossimo triennio farà rivivere con calma il tutto. Da essere Sinodo dei sinodali diventerà Sinodo del popolo di Dio». La riflessione dei presenti è continuata nei tre gruppi laboratoriali, che dopo quaranta minuti si sono ritrovati in assemblea per condividere il proprio lavoro. Dalle modifiche e dalle integrazioni apportate è stata così riformulata la scheda definitiva inviata a tutti i membri sinodali. I suggerimenti e le valutazioni che giungeranno saranno vagliate in seduta congiunta dal Consiglio Presbiterale e dal Consiglio Pastorale. A conclusione, Padre Arcivescovo ha rilasciato alcune comunicazioni. Sabato 22 maggio è previsto l’incontro del prof. Stefano Zamagni sul tema “L’economia di comunione nella Caritas in Veritate”. E’ in programma un pellegrinaggio diocesano a Santiago De Compostela. E’ stato pubblicato dalla Elledici il volume di don Pietro De Punzio “Organismi di partecipazione ecclesiale” (recensione a pagina 15). Maria Coluccello Direzione: Piazza Duomo 12 - Brindisi Tel. 340/2684464 - Fax 0831/524296 fermento@diocesibrindisiostuni.it Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana Questo periodico è associato alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici Direttore Responsabile: Angelo Sconosciuto Coordinatore di Redazione: Giovanni Morelli Hanno collaborato: Daniela Negro, Cecilia Farina, Mons. Settimio Todisco Foto: SIR, Mino e Maurizio Palermo, Salvatore Licchello, Antonella Golia Domenico De Carlo, Teresa Lococciolo, Antonella Di Coste, Spedizione in abbonamento postale art. 2 - comma 20 - legge 662/96 Abbonamento annuale € 15,00 conto corrente postale n. 2784160 intestato a: ASSOCIAZIONE CULTURALE FERMENTO Piazza Duomo, 12 - 72100 Brindisi Responsabile del trattamento dei dati personali: Angelo Sconosciuto Stampa Martano Editrice s.r.l. Viale delle Magnolie, 23 - Z.I. BARI - Tel. 080/5383820 6 Vita di Chiesa settimane socialiPresentato il documento preparatorio per l’incontro di Reggio Calabria L’Italia ha bisogno di riprendere a credere “L’ Italia ha bisogno di riprendere a crescere”. Lo afferma il Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani nel documento preparatorio – presentato il 10 maggio – in vista della 46ª Settimana Sociale (Reggio Calabria, 14-17 ottobre 2010), che ha per tema “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Italia unita di fronte alla globalizzazione. Il documento, che si propone di offrire “alcune buone ragioni perché proceda l’opera di discernimento necessaria alla declinazione, oggi, in Italia, della nozione di bene comune”, parte da un accenno alla crisi socio-economica, per uscire dalla quale è necessario “un uso coraggioso e innovatore dei nuovi assetti e delle opportunità che la globalizzazione ha prodotto”. Il Comitato definisce l’Italia “media potenza declinante” di fronte a un processo di globalizzazione che “procederà (o invertirà il suo cammino) anche senza attendere il contributo del nostro Paese, e magari anche grazie a contributi di sue singole espressioni locali o d’interesse. Tuttavia, ciò non esclude che l’Italia unita in questo passaggio critico potrebbe giocare un ruolo che nessuna sua singola componente potrebbe svolgere da sola”. Flessibilità e sicurezza nel lavoro. Andando a declinare i punti dell’“agenda”, il documento parte dal riconoscimento che “nel nostro Paese c’è ancora una riserva di capacità di lavoro e d’impresa” ed esorta a spingere il mercato del lavoro verso “una combinazione di flessibilità e sicurezza (flexicurity), necessariamente declinata in funzione delle caratteristiche e dei vincoli specifici del contesto italiano”. Il testo denuncia “ritardi e limiti strutturali” nel sistema produttivo e “criticità relative al funzionamento del mercato del lavoro”, nonché un “dualismo” tra “un’area di occupazione protetta” e “un’altra priva di tutele o con tutele diseguali”. Combinare flessibilità e sicurezza, sottolinea il “documento preparatorio”, richiede “strumenti di sostegno al reddito e di supporto della ricerca del lavoro da parte di chi ne è privo, così come il superamento di ogni tipo di ‘rendita di posizione’ e d’irresponsabilità”, “politiche attive a favore dei soggetti in difficoltà” e “un equo, trasparente e sostenibile sistema di sussidi di disoccupazione”. Il documento, inoltre, denuncia “l’iniquità” delle politiche fiscali e sociali verso la famiglia, “abbandonata a se stessa proprio nei momenti in cui avrebbe più bisogno di aiuto”. Scuola, famiglia e associazionismo per educare. Poi, tra le priorità vi è la questione educativa, poiché “l’emergenza educativa si manifesta come grave crisi di bene comune”. Il Comitato fa presente la “sfida educativa” a cui sono sottoposti oggi gli insegnanti, “assai più impegnativa di quella affrontata dai loro colleghi di qualche decennio fa”, e più in generale riconosce che “la crisi della famiglia e della scuola accompagna quella dell’autorità e ne è a un tempo causa 15 maggio 2010 ed effetto”. Riguardo al “corpo docente”, il documento invita a far leva su “formazione” e “motivazione”. Nell’azione educativa, inoltre, si sottolinea la necessità del “riconoscimento pubblico” dell’associazionismo, “realtà esposta più di altre alla crisi e al ripiegamento egoistico”, che “non può essere difesa professionalizzandola, mitizzandola né semplicemente conservandola”, ma “va aiutata a produrre innovazione anche nei processi educativi”. Cittadinanza alle seconde generazioni. In terzo luogo, “l’Italia è tornata ad essere un Paese d’immigrazione” e “vivissima è la coscienza diffusa dei rischi e delle opportunità che comporta l’intensificarsi dei flussi migratori”. Di fronte a quest’affermazione, il “documento preparatorio” riconosce che “nella società di domani i figli degli immigrati giocheranno un ruolo importante”, e “li attendono numerose difficoltà comuni a tutti i giovani in Italia, più una: quella di riuscire a riconciliare la loro quotidianità italiana con un’identità costruita nel dubbio di non vedersi riconosciuta la cittadinanza”. Pertanto “il riconoscimento della cittadinanza da parte dello Stato italiano è solo una condizione, certo necessaria ma non sufficiente, per una piena interazione/integrazione delle seconde generazioni nella società italiana”. Occupazione e transizione politica. Sul fronte dell’occupazione, invece, il documento invita ad “abbattere le barriere” che impediscono “la crescita piena” dei giovani, “la mobilità sociale” e “il traffico dei talenti”. Attenzione viene rivolta pure allo stato dell’università in Italia, la cui “insufficiente autonomia” e l’“insufficiente contributo alla ricerca” rappresentano “un’emergenza tanto grave quanto disattesa”. Infine, la spinta alla partecipazione e all’innovazione politica: il testo sottolinea che “le istituzioni politiche devono completare il passaggio a un modello più competitivo” e richiama come “l’adesione alla prospettiva del bene comune” porti “a riconoscere come prioritario il problema di una concezione e di una prassi coerentemente sussidiaria del federalismo”. caritas in veritateUna verifica sul campo dell’ultima enciclica di Papa Benedetto XVI Primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo I l mio vuole essere un modesto contributo, chiaramente non completo e non esaustivo, sul dibattito in corso nel nostro paese sulle tematiche su cui il Santo Padre, con la presentazione dell’enciclica, ci ha invitato a riflettere. “La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità” (CV §21). É necessario quindi capire le cause profonde della crisi e mettere in campo una nuova progettualità economica e sociale ancorata a forti valori etici e morali. Il fatto che l’economia sia al centro dei nostri pensieri, non deve significare che l’uomo sia al secondo posto, ma deve significare che l’economia è funzionale all’uomo. Si è pensato per anni che l’obiettivo principale dell’imprenditore fosse quello di realizzare il massimo profitto economico. Ma l’etica dell’impresa non è fare solo profitto e basta. “Il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà” (CV §21). “Il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica.....senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca”. (CV §35). Ma solidarietà e fiducia sono principi che hanno bisogno di scelte aziendali coerenti che si concretizzano in atti amministrativi di responsabilità, di onestà, di trasparenza. Non serve un’etica nuova, e non servono delle nuove regole, ma è necessaria la coerenza tra regole e comportamenti. Non si può pensare allo sviluppo solo in termini economici ma anche sociali e culturali. Ed è per questo che il Papa, con l’enciclica, si rivolge ad ogni uomo di buona volontà, a tutti coloro che vogliono vivere una vita associata buona, e quindi “amare nella verità”. L’enciclica quindi riguarda tutti noi, perché ci aiuta a capire il fatto sociale nelle sue espressioni fondamentali, ragione e fede, ed allora è meglio smettere di gridare sempre contro i grandi della terra o i governanti di turno. In una situazione come quella attuale di grave incertezza, fare luce è la prima necessità, e dobbiamo cominciare da noi Benedetto XVI firma la Caritas in veritate stessi. Dobbiamo partire dalla nostra vita personale e sociale: cosa facciamo noi per evitare di cadere nella “visione consumistica” della vita? Le nostre aziende valorizzano il bene comune e il profitto? Quali scelte professionali e politiche sono ur- genti per noi? L’impresa infatti non produce solo beni e servizi, ma relazioni di convivenza al suo interno e nel contesto sociale in cui opera. L’economia di mercato va pertanto rifondata a partire dall’utilità sociale e la logica del “dono” è necessario che entri “nel” mercato. Sembra una provocazione e una contraddizione, rispetto alle ferree leggi del mercato, parlare di carità, di amore, di gratuità, nell’economia. Ma è proprio questo il senso profondo dell’Enciclica che invita ad un “dare” perché nessuno sia più nel bisogno. Invita tutti ad un “agire” nel momento generativo delle sofferenze, e non successivamente, con opere di carità per temperarne gli effetti. Il dono deve essere inteso come “grazia, amore ricevuto e donato” (CV § 5) che sta dentro il processo economico, nel mercato. Per cambiare concretamente la logica economica oggi dominante, il Papa indica un modello preciso: quello dell’impresa che, pur all’interno delle leggi di mercato, si pone l’obiettivo dell’utilità sociale complessiva. Infatti “è causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione” (CV §36). Per cui “a dovere essere chiamato in causa è l’uomo, la sua coscienza morale e la sua responsabilità personale e sociale” (CV §36). “La solidarietà...quindi non può essere delegata solo allo Stato”, ma “è sentirsi tutti responsabili di tutti” (CV §38). Non è capace di progredire quella società basata sulla logica del “dare per avere proprio della logica dello scambio e al dare per dovere proprio della logica dei comportamenti pubblici imposti per legge dallo Stato” (CV §39). Considerare il principio della gratuità entro l’agire economico significa considerare la spesa per il welfare come fattore di sviluppo economico e di investimento sociale, e contribuire alla diffusione della cultura e della prassi della reciprocità. In definitiva, non possiamo non condividere e sostenere pienamente quanto Benedetto XVI afferma e cioè “che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico - sociale” (CV §25). Maurizio Carmelo Iaia Consulente del Lavoro r e i s s o D convegno diocesano caritas parrocchiali Esperti, parroci, animatori e volontari a confronto Animare Parrocchie e territori attraverso l’accompagnamento educativo La parola dell’Arcivescovo La parola dell’Assistente I L’ attenzione alla parrocchia e al territorio, unita alla sensibilità educativa, è un tema ben radicato anche nel Sinodo diocesano che la comunità sta vivendo. La relazione necessaria che si viene a stabilire tra queste due entità, Chiesa e società civile, è stato al centro della riflessione dell’Arcivescovo, il quale ha ringraziato il dott. Luigi Russo per aver proposto una lettura psicologica del brano tratto dall’Antico Testamento, letto nell’introduzione, che ha posto tutti in una verità di relazione. «Come Chiesa, quindi come parrocchia e come territorio - ha sottolineato Mons. Talucci - siamo chiamati a riempirci di quella luce di verità che ci porta il Signore». © S. Licchello Volgendo lo sguardo alla realtà del nostro tempo, fatta spesso di uomini che pur avendo una casa, la salute e la ricchezza si chiudono nella loro autosufficienza raggiungendo anche i limiti dell’arroganza, Padre Arcivescovo ha lanciato un invito a considerare le migliaia di persone bisognose, riconoscibili solo se ciascuno di noi si immedesima nelle stesse condizioni, nonostante le tante e innumerevoli sicurezze della vita. Quale, allora, la linea pedagogico- educativa che la Caritas deve intraprendere? «La Caritas - ha concluso Mons. Talucci – ha il compito di dare risposte ai bisogni, ma noi sappiamo che le persone portano in sé tante richieste inespresse alle quali pure dobbiamo tentare di dare delle risposte». Un invito, quindi, a saper andare oltre i bisogni apparenti e materiali, i quali, seppur importanti, mascherano spesso altre necessità che richiedono quell’amore, di cui il cristiano è portatore. Il cristiano, riconoscendosi lui per primo nel bisogno, nonostante le sue certezze terrene, può raggiungere la vera gioia di vivere, ed essere così pronto ad andare incontro al prossimo. Daniela Negro Il dottor Luigi Russo durante il suo intervento © S. Licchello L a relazione rappresenta il luogo privilegiato in cui l’individuo sperimenta se stesso, la sua capacità di comunicare, la sua capacità di emozionarsi simpatizzando ed empatizzando con l’altro. Per il cristiano poi, la relazione rappresenta anche lo spazio e il tempo dell’incontro con Dio che ha scelto lo stesso luogo e lo stesso spazio per raccontarsi agli uomini. La relazione con i suoi limiti, la relazione con i suoi conflitti, la relazione con i suoi equilibri e le rotture degli stessi. Attraverso l’analisi dell’incontro di Gesù con la samaritana (Gv, 4) si è inteso individuare elementi da mettere a disposizione di una riflessione pedagogica sulle modalità attraverso le quali un incontro tra persone può divenire un incontro “intimo” di quelli che stimolano nei protagonisti movimenti emozionali e, quando opportuno, anche il cambiamento. La consapevolezza che il proprio percorso esistenziale stimola in ciascuno di noi un modo specifico di dare significato alle situazioni che vive e che è questo significato che orienta sia le emozioni che il fare determina, rispetto alla relazione, un atteggiamento di “esplorazione” di sé e dell’altro, finalizzato alla I individuazione di quello spazio in cui i significati si incontrano. Il brano analizzato si è ben prestato alla riflessione per una serie di motivi: perché metafora degli incontri quotidiani (tra persone diverse perché esistenze diverse, perché di sesso diverso, perché di cultura, di religione diverse); perché ben evidenzia i pericoli che possono determinare la rottura del percorso di incontro (in primis il considerare il fisiologico pregiudizio come verità che orienta il nostro fare: “i Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani”); perché mette in risalto l’atteggiamento di esploratore che, nell’incontro, determina movimento dell’uno-verso-l’altro, movimento libero da giudizi e da timori, movimento bidirezionale, che coinvolge i due o i più che entrano in relazione. L’invito a considerare l’incontro come il luogo per sperimentare il rapporto con se stessi, con l’altro e, per chi ha fede, con dio, con un atteggiamento di “perturbatore” che rompe la quiete del già conosciuto, del prevedibile, dello scontato rappresenta lo spunto di riflessione consegnato agli intervenuti. Luigi Russo La parola del Direttore l convegno annuale diocesano si ricollega ad un altro appuntamento che si è tenuto a San Benedetto del Tronto dal tema “Educare alla carità nella carità” i cui orientamenti sono stati trasmessi nel corso dell’incontro. «Promuovere l’animazione è l’imperativo che lo Statuto (art. 3) ci consegna – ha affermato il Direttore della Caritas diocesana Rino Romano - è la finalità principale delle nostre azioni: non si tratta di agitare la comunità ma di darle anima, coscienza, consapevolezza». La funzione pedagogica rimane, ovviamente, il perno attorno a cui ruota tutto il servizio della Caritas, come lo stesso Benedetto XVI ha scritto e risaltato nell’enciclica Caritas in Veritate: è la formazione del cuore l’obiettivo verso cui occorre tendere. «Il principale strumento per raggiungere tale finalità ha specificato il Direttore - è la proposta di percorsi ed esperienze educative, tessere che costituiscono un puzzle educativo fondato sulla certezza della significatività delle relazioni». Ribadita nuovamente l’importanza della si- nergia tra Chiesa e società civile per garantire un servizio che risponda non solo alle emergenze o ai bisogni, ma che abbia anche una valenza pedagogica, «la comunità e il territorioha concluso il Direttore - sono vere palestre che allenano alla disponibilità, alla consapevolezza, alla solidarietà, alla gratuità, al passare dal dono delle cose al dono di sé, dentro la quotidianità e l’ordinarietà della vita». Daniela Negro l tema del convegno è stato introdotto dalla lettura di alcuni versetti tratti dal libro del Deuteronomio che riguarda il Cantico di Mosè, ciò che Dio ha fatto per l’uomo. (Dt 32, 7-12). La riflessione è stata guidata da don Adriano Miglietta, Assistente spirituale della Caritas diocesana, che ha invitato i partecipanti a vivere il servizio che viene offerto come vocazione, a leggere il brano secondo la tematica del convegno e nella prospettiva di quello che sarà il cammino della Chiesa sulla sfida educativa per il prossimo decennio, all’interno di due coordinate: Dio che educa e Dio che chiama ciascuno ad educare. «L’atteggiamento di Dio - ha spiegato don Adriano - è verso tutti, non ci sono distinzioni. Egli veglia sui suoi nati come fa un’aquila, dispiega le sue ali, li prende e li solleva. Laddove non c’è la capacità di farlo da soli, Dio viene a innalzare perché ognuno possa poi volare per conto suo». Da qui, l’appartenenza e l’esclusività di Dio non deve essere interpretata come un fatto egoistico, ma come vero amore, donazione totale del Signore nei confronti di tutti. «E’ questo il richiamo che Dio fa a noi verso gli altri - ha proseguito don Adriano - perché come il popolo di Israele non corrispondeva a tutto questo, così anche in noi è possibile trovare una non corrispondenza. E in questo, troviamo anche la difficoltà nel compito educativo che vorremmo assumere». L’accompagnamento educativo, nell’ambito della parrocchia e del territorio, non si riduce, quindi, ad una semplice questione di ordine, di impegno, di psicologia ma, ha concluso «è per noi fondamentalmente fatto di spiritualità profonda che deve muoverci come atteggiamento di educazione e di servizio anche all’interno del nostro cammino Caritas». Da. Ne. Dossier 8 15 maggio 2010 Dossier 15 maggio 2010 9 convegno diocesano caritas parrocchiali Esperti, parroci, animatori e volontari a confronto a S. Maria del Casale Animare Parrocchie e territori attraverso l’accompagnamento educativo Vicaria di Brindisi Vicaria di Ostuni A ottobre 2009 e febbraio 2010 si sono attuati gli incontri programmati per la formazione degli animatori Caritas. Sono stati frequentati dai referenti Caritas e da diversi accompagnatori parrocchiali che ne hanno tratto grande beneficio per la ricchezza dei contenuti e per la chiara esposizione dei formatori. Ne è stata testimonianza la vivacità del confronto al termine di ogni sessione. Ma la formazione continua, nell’ambito di ogni parrocchia, secondo i tempi e le diverse sensibilità comunitarie, affinché la presenza sul territorio sia avvertita come sollecitudine verso i più deboli e gli ultimi, servizio ai poveri antichi e nuovi, premura per i minori in disagio e per i disabili e i malati. Proprio l’attenzione per i malati e gli anziani ha indotto i parroci della Vicaria ad aumentare notevolmente il numero dei ministri straordinari della D distribuzione dell’Eucaristia. Questi nostri fratelli diventano, quando possibile, anche visitatori degli anziani e dei malati aiutandoli nella preghiera e condividendone spiritualmente la sofferenza. Da loro è stato evidenziato un problema più o meno noto in tutto il territorio. La presenza di persone cosiddette “badanti”, generalmente provenienti da Paesi dell’est europeo e di religione ortodossa, che non trovano adeguata e particolare attenzione alle loro necessità spirituali. Dobbiamo ascoltare, capire ed essere loro vicini. Questo è un obiettivo per tutte le comunità parrocchiali. Nunzio Nacci I partecipanti al convegno © S. Licchello Vicaria di Locorotondo P er quanto riguarda la presenza dei gruppi Caritas nella vicaria di Locorotondo, si può dire che attualmente, a livello operativo, sia presente solo nella Parrocchia San Giorgio Martire. Nella Parrocchia di contrada San Marco, la Caritas parrocchiale come gruppo operante, è esistita fino al 2001, poi si è sciolta. E di ciò me ne dolgo. Con l’avvento del nuovo parroco, essendo formata questa contrada da famiglie prettamente contadine e non riscontrando persone bisognose, egli non ha ritenuto opportuno mantenere in essere il vecchio gruppo né riformarlo in quanto, per sua stessa ammissione, quando capita qualche sporadico caso di intervento caritativo, riesce a far fronte alla bisogna egli stesso. Altrettanto si può dire della parrocchia LamieTrito; sita in una contrada anch’essa perfettamente identica. Anche in passato non c’è mai stato un vero e propri gruppo Caritas, ma una o due persone che, su segnalazione del parroco, intervenivano in caso di necessità. Ma ci dimentichiamo che “Caritas” è anche aiutare a superare la mentalità assistenziale, a volte necessaria, per aprirci alla missione evangelica di prossimità e condivisione. Il solo gruppo Caritas attualmente esistente a Locorotondo, inserito nella parrocchia San Giorgio Martire, è attualmente in via di rilancio con l’inserimento di nuove adesioni: da ottonove componenti si è passati a diciotto- diciannove; che per una parrocchia di circa 12.000 anime è appena sufficiente. Attualmente condivido la responsabilità della conduzione del gruppo con la generosa partecipazione di uno di questi, l’amico Michele, che sarà il nuovo responsabile nel prossimo anno pastorale. Ora stiamo reinserendo nel nuovo programma, alcune attività che si portavano avanti alcuni anni fa e che per carenza di operatori, venutasi ad assottigliare negli anni per vari motivi, non si erano più potute realizzare. Così facendo, si era ridotto il campo d’azione alla sola distribuzione dei generi alimentari prelevati dal Banco Alimentare; senza però perdere di vista le giornate proposte dalla Chiesa a favore di particolari situazioni di emergenze varie: vedi terremoto in Abruzzo, Haiti, Cina e altro. Organizziamo la colletta del Banco Alimentare, in collaborazio- ne con gli altri gruppi parrocchiali, e, in più, affrontiamo alcune delle emergenze che si presentano nel nostro territorio collaborando vicendevolmente con i Servizi Sociali. Per quanto concerne la formazione Caritas, già nell’anno passato alcuni nuovi arrivati hanno potuto partecipare a detti corsi tenutIsi ad Ostuni, riunendo le due vicarie, riportandone un giudizio molto positivo. Particolarmente grati siamo a Salvatore e Mary per essere venuti a Locorotondo a portarci, oltre alle schede esplicative, le testimonianze di altre parrocchie che si sono attrezzate per un’opera più mirata verso le persone e le famiglie immigrate. Come ho avuto modo di dire in altra occasione, a Locorotondo siamo certi che la formazione, fatta a livello vicariale, sia più efficace, per il ridotto numero di persone partecipanti, in quanto si ha la possibilità di intervenire più concretamente e nel contempo è più facile riportare questo schema formativo, anche nel proprio gruppo. Stiamo promuovendo, nella nuova esperienza, anche incontri di collaborazione con gli altri gruppi della Parrocchia per poter intervenire più efficacemente verso i bisogni della gente, cercando di fare opera di evangelizzazione, affinché il tutto non si riduca alla consegna del pacco, ma come operatori diveniamo portatori, per quanto possibile, della parola di Cristo. Angelo Ledda Migrazione a Brindisi, dall’integrazione alla convivenza I l gruppo organizzato “Percorsi di Arte e Cultura per il Territorio”, in collaborazione con le ACLI, la cooperazione dell’associazione Medi@zione ed il patrocinio del Comune di Brindisi, ha proposto alla cittadinanza, lunedì 12 aprile presso l’ex Convento di S. Chiara, un primo incontro sul tema Migrazione a Brindisi, dall’integrazione alla convivenza nell’ambito della manifestazione “Man in progress”. Alla tavola rotonda, animata dalle interviste di Dario Bresolin, hanno partecipato il vicesindaco Mauro d’Attis, Gianluca Budano, Presidente regionale Acli, Luigi Perrone, docente di Sociologia delle immigrazioni presso l’Università del Salento, Antonio d’Amore, presidente Confesercenti, Roberta de Castro, avvocato civilista impegnata nella difesa dei diritti, Annachiara Scalera, mediatrice culturale, Silvere Bryan e Nico Radulovich, giocatori Enel Basket Brindisi, Lamin Trawalli, rappresentante della comunità africana del Gambia e Malika El Mabrouk, rappresentante della comunità africana del Marocco. Il dibattito è stata un’occasione per riflettere su un fenomeno che riguarda, oggi come ieri, moltissime persone: uomini e donne che spesso vengono emarginati, disprezzati e guardati con sospetto nel momento in cui giungono nelle nostre terre. L’iniziativa aveva l’obiettivo di invitare la città a guardare gli immigrati con occhi diversi e ad accogliere semplicemente altri esseri umani. La manifestazione ha voluto essere, quindi, un appello ad una maggiore apertura, comprensione, ascolto attivo nei confronti di questo fenomeno, che dovrebbe considerare stranieri gli immigrati solo per la loro nazionalità e non escluderli da quella che è la nostra storia, la nostra cultura, il nostro sistema sociale. L’argomento è stato analizzato dal punto di vista istituzionale, accademico, giornalistico e umano, con il comune scopo di mettere in risalto la realtà che sussiste oggi nel nostro Paese nei confronti degli immigrati stranieri, evidenziando, tuttavia, la possibile strada di convivenza e di integrazione che si può intraprendere e che molti rappresentanti di altre comunità straniere hanno pienamente raggiunto nella città di Brindisi. Daniela Negro L Vicaria del Salento a Vicaria del Salento consta di 14 parrocchie distribuite su sette paesi. La Caritas è presente in 11 di esse. La formazione costante è sentita da tutti come una necessità per meglio realizzare sul territorio quella funzione pedagogica che costituisce la prevalenza dell’agire Caritas. Perciò sono stati molto apprezzati gli incontri vicariali proposti dalla équipe diocesana. Soprattutto gli animatori di più recente impegno hanno potuto comprendere il ruolo e lo stile che deve identificare la Caritas nella vita della parrocchia e della comunità. Quelle serate a Salice, servite da riferimento anche negli incontri parrocchiali, hanno costituito momenti di crescita e di importante verifica perché vi è stata la possibilità di scambio di esperienze, di confronto dell’operato del gruppo con le proposte suggerite, e a livello personale, di fare un’analisi sul proprio modo di essere animatore Caritas. A livello parrocchiale, 6 gruppi su 11 fanno cammini specifici attraverso lo studio di encicliche o documenti di Caritas italiana; negli altri casi si partecipa alla formazione comunitaria. Nostro desiderio, per il prossimo anno, oltre agli incontri vicariali, è quello sollecitare e accompagnare la possibilità di altri momenti di crescita tra le Caritas di uno stesso Comune o di Comuni vicini in modo che i gruppi più consolidati siano di supporto a quelli di nuova costituzione o che attraversano un momento di difficoltà. Certo, fare formazione, comprendere la natura della Caritas o confrontarsi con altri operatori, non basta a risolvere i problemi. Le difficoltà non mancano e fare sintesi e contestualizzare nella vita dei gruppi e dei territori, le indicazioni recepite non è sempre facile. Passando alle attività svolte, possiamo dire che nella nostra vicaria, pur essendo acquisita pienamente l’idea che Caritas non vuol dire solo distribuire alimenti o abbigliamento o pagare bollette, questi servizi assistenziali vengono garantiti in varie modalità un po’ dappertutto. Come pure tutte le parrocchie quest’anno sono state particolarmente coinvolte nella sensibilizzazione e nella raccolta fondi a favore delle popolazioni terremotate dell’Abruzzo e di Haiti. Sempre nell’ambito della sensibilizzazione, alcune Caritas hanno organizzato serate di informazione e approfondimen- to su temi sociali delicati come la Pace, la crisi economica, l’emergenza educativa, in particolare il fenomeno del bullismo. Per quanto riguarda il rapporto con le associazioni di volontariato, vi è già da tempo una attenzione e a volte una collaborazione in manifestazioni pubbliche o iniziative organizzate dall’Unitalsi, la Lega Tumori, l’Ass. Donatori Midollo Osseo, l’Avis, la Protezione Civile. Il Vescovo, nelle linee pastorali dedicate al volontariato laico e cattolico, sollecita le parrocchie alla vicinanza e al sostegno di queste bellissime esperienze di amore, segni di speranza insieme alle nostre Caritas, per la città dell’uomo. Pertanto, in alcune parrocchie si è voluto promuovere, far conoscere attraverso spazi informativi dedicati e testimonianze dirette l’opera delle Associazioni e le motivazioni soggettive dei volontari. In quest’occasione sono stati invitati anche i giovani della diocesi che svolgono il Servizio Civile in Caritas a Brindisi e che hanno raccontato l’esperienza da loro fatta del post terremoto a L’Aquila. Tutto ciò per stimolare i fedeli, anche i più giovani, ad un impegno personale che per noi cristiani vuol dire testimoniare il precetto evangelico dell’amore di Dio verso i fratelli, in particolare i più bisognosi. Ed è questo lo spirito che è alla base dei vari doposcuola organizzati dalle Caritas per ragazzi poveri, del coinvolgimento delle comunità nella preparazione dei pranzi comuni con gli extracomunitari residenti nel paese, o semplicemente nella raccolta di viveri da destinare alle famiglie in difficoltà. Infine, mi piace sottolineare come a differenza di quanto si lamentava in passato, sono giudicati in generale, molto positivi i rapporti tra le Caritas e gli altri gruppi parrocchiali, sia per la partecipazione alle varie iniziative, sia alla luce delle relazioni personali tra operatori pastorali. La presenza di animatori Caritas in altri gruppi parrocchiali permette di portare avanti il pensiero Caritas, pur rimanendo ognuno legato alla propria specificità. La speranza è che possa affermarsi sempre più nelle nostre parrocchie una pastorale organica che aiuti la Comunità a nutrirsi del Pane dell’Eucaristia, ad annunciare la Parola, a guardare, con occhi pieni di compassione, i fratelli piegati dalla sofferenza. Donato D’Agostino al confronto effettuato tra le realtà parrocchiali emergono situazioni di povertà varie, secondo il tessuto sociale di appartenenza. Le situazioni maggiormente evidenziate di povertà sono per lo più riconducibili alla mancanza di lavoro, che determina conflittualità familiari ed ulteriori situazioni, che sfociano in varie forme di povertà, da quella fisica a quella psicologica (alcolismo, depressione, violenza fisica e psicologica). A tal proposito, si ritiene necessario valorizzare i Centri di Ascolto delle Caritas parrocchiali, auspicando il sorgere di un Osservatorio delle “povertà e delle risorse”, da tempo agognato da tutti. La formazione svolta durante l’anno ci ha permesso di soffermarci sull’animazione della Carità all’interno di una comunità, cercando di superare L’ l’aspetto, spesso deformato, della “Caritas=Assistenzialismo”; Purtroppo, non in tutte le comunità parrocchiali è possibile creare occasioni di confronto e relazione tra le persone su questioni essenziali al nostro vivere quotidiano e dare una lettura “sapienziale”, alla luce del Vangelo. Le parrocchie della Vicaria si sono assunte la responsabilità di gestire la mensa facendo osservare un regolamento interno che ha visto coinvolti nella sua stesura i Responsabili della Caritas diocesana insieme ai coordinatori della mensa ed i responsabili parrocchiali. Questo, per offrire ai volontari del Servizio Civile e ai volontari delle parrocchie che si avvicendano nella preparazione dei pasti ai fratelli in difficoltà, uno strumento per migliorare qualitativamente il servizio. anno pastorale che ormai sta per concludersi ci ha visti impegnati, come gruppi Caritas della Vicaria, a riflettere sulle tematiche del sinodo diocesano: abbiamo partecipato infatti agli incontri di formazione proposti dalla Commissione Scuola Operatori pastorali; abbiamo partecipato agli incontri, a livello vicariale, tenuti dalla Caritas diocesana e abbiamo vissuto un ritiro spirituale in Quaresima per tutti i gruppi Caritas, presso il nuovo convento delle Suore Benedettine di Ostuni per vivere meglio questo tempo liturgico. Infine, pensiamo di vivere una giornata di verifica e di fraternità a chiusura dell’anno. Uno sguardo veloce sulla situazione attuale delle Caritas parrocchiali. All’interno di ogni comunità esiste il Gruppo Caritas, dove ogni comunità, volto della Chiesa locale sul territorio, è chiamata a vivere la sua identità di Chiesa nel servizio della carità, e a concretizzare la propria missione attorno alle tre dimensioni fondamentali: • l’annuncio della Parola di Dio (attraverso la catechesi), • la celebrazione dei Sacramenti (attraverso la liturgia), • la testimonianza del Vangelo (mediante le opere di carità). Su 7 parrocchie, solo 4 hanno aderito alla convenzione per usufruire dei prodotti Agea. Le altre parrocchie vengono incontro ai bisogni con proprie iniziative. Attualmente, grazie al censimento e alla collaborazione di tutti i gruppi, gli assistiti sono stati suddivisi e indirizzati alle parrocchie di appartenenza per cercare di fermare il “girovagare”. Bisogna comunque evidenziare lo sforzo delle parrocchie che distribuiscono generi alimentari, perché coprono anche i bisognosi delle altre parrocchie. È significativo l’impegno da parte di tutte le parrocchie nel voler realizzare il lavoro “in rete”, con tutte le difficoltà che comunque si incontrano per la diversità delle situazioni esistenti nel territorio vicariale. Per migliorare il lavoro “in rete”, si propone il coinvolgimento delle Istituzioni per affrontare insieme le nuove realtà che appartengono alla nostra città, in modo particolare quella dei nostri fratelli immigrati. Giovanni Marangi Vicaria di Mesagne Inoltre, nel nostro territorio opera il volontariato vincenziano; esso utilizza i prodotti Agea, ma ha una gestione del tutto autonoma. Per quanto riguarda la formazione da parte della Caritas diocesana, abbiamo condiviso i momenti vissuti insieme per comprendere meglio il significato di essere Caritas. Gli incontri sono serviti a favorire un miglior rapporto interpersonale tra tutti i componenti i gruppi Caritas, anche se la Parrocchia ha il sopravvento sulle proprie iniziative a scapito di quelle vicariali. Anche per il prossimo anno pastorale pensiamo di avvalerci della loro presenza per approfondire il discorso sul centro di ascolto e per essere formati in merito ad una eventuale apertura di un a casa di accoglienza. Iniziative e prospettive. Allo studio della Vicaria ci sono dei progetti che vengono portati avanti da anni quali: una mensa cittadina, un centro di ascolto vicariale, una casa di accoglienza e in ordine di tempo, un unico centro di distribuzione. Carlo Mitrugno Vicaria di San Vito-Carovigno-San Michele I n rappresentanza della Caritas Vicariale per i Comuni di San Vito dei Normanni, Carovigno e S. Michele Salentino, possiamo dire di essere soddisfatti dei risultati sino ad ora ottenuti, a seguito della formazione effettuata durante l’anno trascorso. In particolare, così come mi è stato rappresentato dai Responsabili e dai collaboratori Caritas Parrocchiali nel corso di un recente incontro in preparazione di questo Convegno che si è tenuto in San Vito, attraverso i laboratori abbiamo avuto modo di conoscerci meglio, scambiandoci opinioni ed indicazioni utili nelle relazioni con il pubblico. Oggi, ci è più chiaro il concetto di Caritas che inizialmente ci sembrava finalizzato alla distribuzione di viveri ed indumenti, e quindi, siamo consapevoli che fare Caritas non è solo offrire servizi, ma ascoltare più da vicino l’utenza che si presenta nelle nostre Parrocchie, osservando i reali bisogni al fine di superare le difficoltà. A tal proposito, voglio segnalare l’operato della Parrocchia di San Michele Salentino che ha attivato un Centro Ascolto di grande qualità, nel quale operano un avvocato, un medico, un infermiere, una psicologa ed altri validi volontari che forniscono all’utenza un aiuto fattivo e completo. Altresì, nel corso del suddetto incontro pre-Convegno, è emersa l’esigenza di frequentarsi di più tra le Parrocchie dei vari Comuni per conoscere e poi risolvere meglio i problemi sociali, in quanto ci siamo resi conto che ogni Parrocchia opera individualmente nel proprio territorio, sconoscendo a volte altre realtà o esigenze vicine. Praticamente bisogna interagire di più. Inoltre, tra gli operatori Caritas è emersa l’esigenza di dialogare con tutti gli Enti, sanitari e sociali, operanti nel territorio di ogni Comune al fine di conoscere meglio le realtà presenti e di collaborare nell’assistenza morale e sociale dell’utenza. Francesco Marrazzo convegno Interessante dibattito organizzato ad Ostuni dalla Biblioteca e Archivio diocesano Costruire la famiglia: vita di coppia, educazione dei figli I l 29 aprile scorso, nell’auditorium della Biblioteca Comunale di Ostuni, si è tenuto il convegno sul tema Costruire la famiglia: vita di coppia, educazione dei figli, organizzato dalla Biblioteca e dall’Archivio diocesani, per celebrare il loro 143° anniversario. L’argomento è stato scelto considerando che la famiglia, nonostante le tempeste da cui appare oggi travagliata, rimane punto di riferimento essenziale per le persone, per la società civile e, pertanto, va sostenuta affinché rimanga luogo privilegiato di dialogo, speranza e crescita. Il relatore del convegno è stato il prof. Ferdinando Montuschi, ordinario di Pedagogia speciale all’Università degli Studi di Roma Tre, psicologo e psicoterapeuta autore, tra l’altro, di un saggio dal titolo posto quale tema del convegno. Alla manifestazione hanno collaborato le associazioni Aimc, Azione cattolica, Centro di cultura “D. Cirignola”, Consulta di pastorale giovanile, Associazione Il Gabbiano, Incontro matrimoniale, Meic e Uciim. Particolarmente interessante è stata la modalità di svolgimento del convegno, suggerita dall’autore che ha tenuto l’incontro rispondendo agli interrogativi rivoltigli dai membri delle associazioni o da singole persone, suscitati dalla lettura del libro, di modo che la relazione stessa tenesse conto delle problematiche poste dai lettori. Le domande hanno riguardato principalmente la vita della coppia, la genitorialità e l’educazione dei figli e/o degli alunni. Il prof. Montuschi ha esordito affermando che il porsi delle domande è già un fatto positivo; occorre semmai saper individuare “la bussola,” poichè oggigiorno le regole morali non sembrano più sufficienti a garantire la saldezza della famiglia poichè l’idea stessa di provare è di per sè una zavorra nel rapporto: la coppia che si pone in tale prospettiva si propone come una somma di egoismi concordati. L’opinione che una coppia così strutturata duri di più di quella in cui entrambi si assumono impegni e responsabilità maggiori non è dimostrato. La durata nel tempo della vita di una coppia nasce dalla necessità di realizzare un progetto a due che esula dalla logica del provare per entrare nell’ambito della determinazione costruttiva, cioè dell’investire ogni risorsa per la riuscita del progetto che risulterà appagante per entrambi i coniugi. Un momento del convegno © T. Lococciolo Un altro tema affrontato è stato quello dell’educazione dei figli. Il prof. Montuschi e a superare il dolore che ci procuriamo a causa ha sostenuto che anche nei processi educativi il dei nostri analfabetismi affettivi. Un errore in cui problema non è il cosa fare quanto, piuttosto, la comunemente s’incorre è “l’inganno dell’anima misura di quel che si decide di fare: è educativagemella”, metafora letteraria che non aiuta a co- mente valida la comprensione, come la fermezza; struire la vita di coppia. Sostiene il professore che ha senso il sentimento di rabbia come la tenerezogni coniuge, verificate le compatibilità iniziali za; sono opportuni i sì ed i no; ha valore la stima di con il proprio partner, deve avviare un progetto sé come la fiducia negli altri. La sapienza dell’edudi costruzione per diventare anima gemella. Il che catore decide la misura, fermo restando che obietpresuppone la conquista dell’autonomia perso- tivo primario è aiutare l’educando a costruirsi nale ed affettiva e, soprattutto, la disponibilità al persona: nella ricerca di una sua identità, nell’accambiamento di se stessi per rendersi gemellabi- cettazione positiva di sé, nel percorrere la strada le con l’altro. Invece, le energie investite nel cam- del dovere e del piacere conservando quell’infanbiamento dell’altro sono sprecate, tolgono vita, tilità interiore che consente di continuare a stupirmentre è più positivo ricercare il bene non anco- ci delle persone, della natura e degli eventi. Il convegno ha confermato come i temi affrontati ra vissuto, le virtù oscurate dai difetti che vanno considerate piuttosto virtù fuori misura come, siano di grande attualità e necessitino di ulterioad esempio, la generosità eccessiva. Alla doman- ri approfondimenti da parte di specialisti delle da circa la convinzione, diffusa tra i giovani, che scienze umane, per meglio affrontare la ormai deè meglio provare a convivere prima di sposarsi, finita emergenza educativa. il professore ha risposto che la legittima paura Teresa e Pippo Vincenti di costruire la famiglia non si supera “provando”, formazione Incontro dei responsabili diocesani della Pastorale familiare delle Diocesi di Puglia La famiglia di fronte alla sfida educativa S i è svolto il 25 aprile a Molfetta nel Seminario maggiore, la riunione dei responsabili di Pastorale Familiare pugliesi. Relatore dell’incontro è stato il prof. Lazzaro Brigante del Tribunale dei minori di Lecce. Il prof. Brigante ha aperto l’incontro facendoci ascoltare una canzone di Vasco Rossi “Benvenuto”. Dopo l’ascolto e la lettura del testo ha posto degli interrogativi: chi sono i personaggi, a quale contesto si riferisce, quali le scene, che bisogni emergono… Ne viene fuori un presepe dove c’è un re, il messia, un padre e una madre occupati e preoccupati per il figlio. Questo re va difeso, accontentato, creando degli spazi tra genitori e figlio e non permettendo a nessuno di minare questi spazi. Insomma un re i cui i genitori sono in ginocchio, soprattutto il padre. Secondo il prof. Brigante con il ’68 è andato in crisi il concetto del bene e del male. Si è inneggiato ad una società senza padri. È entrato in crisi il codice paterno. Con la mancanza della figura del padre sono venute meno le regole che fanno parte dell’autorità paterna. E quindi sono venute meno le variabili di questa autorità che sono: la cura; l’attenzione all’altro (l’ascolto); la richiesta di maturità; il controllo delle regole fatte attraverso la comunicazione. Sempre secondo il prof. Brigante la nuova generazione di genitori sta mutando perché sta prendendo coscienza della situazione, anche perché viviamo in una società dove non si discute più ciò che è bene e ciò che è male. L’adolescente ha bisogno di esempi, di adulti significativi. La famiglia è minacciata dall’assenza di futuro, fatta di beni materiali e non da valori. L’essere genitori significa dare sicurezza per il domani, ha detto il prof. Brigante. Ma il problema scottante che oggi la famiglia deve affrontare è la normativa, calare nella vita le norme condivise, anche se non sempre può essere condiviso tutto. Deve essere ripristinato il senso di colpa, altrimenti si crea fragilità. In sintesi abbiamo bisogno di una paternità responsabile. Il prof. Brigante ha suggerito la lettura della lettera pastorale che il Cardinale Martini scrisse alla sua diocesi “Dio educa il suo popolo”, che in un passo recita così: «Una caratteristica dell’agire di Dio che sembra essere un po’ scomparsa dalla riflessione pedagogica corrente, almeno nella pratica quotidiana, la indicherei così: Dio nella storia della salvezza si mostra un educatore “energico”. Non molle o accondiscendente, non rassegnato o fatalista, ma impegnato, deciso, capace anche di rimproverare. Se educare vuol dire aiutare ciascuno a trovare la propria strada, sembra strano che non si debba effettuare ogni tanto delle “correzioni di rotta” in un cammino che altrimenti, diventerebbe deviante. Oggi si tende a emarginare questa idea: al massimo si accetta che si debba gentilmente avvisare qualcuno che forse sta andando fuori strada, lasciando poi a lui scoprire da solo le conseguenze disastrose dei suoi atti.» Arturo e Anna Maria Destino Conflitto e dialogo D omenica 2 maggio si è svolto ad Ostuni, nell’ auditorium della parrocchia Madonna del pozzo, il convegno sul tema Conflitto e dialogo, promosso dalla omonima comunità parrocchiale, in collaborazione, tra gli altri, con la Commissione diocesana per la Pastorale familiare, il Tribunale ecclesiastico, l’Ufficio della Pastorale per la salute/ sanità e con le associazioni Retrouvaille e Incontro matrimoniale che da anni sono impegnati a sostegno delle coppie in difficoltà. Il convegno è nato dal bisogno diffuso nella nostra società, di capire le dinamiche dei conflitti che ciascuno di noi vive nella quotidianità della propria realtà per gestirli in maniera positiva. Obiettivo del convegno, dunque, è stato quello di voler offrire una prima risposta alla crescente richiesta di aiuto proveniente soprattutto dalle famiglie ed in particolare dalle coppie. Relatore e animatore del convegno è stato il Camilliano padre Arnaldo Pangrazzi, docente di Pastorale Sanitaria, autore di numerosi libri ed esperto di relazioni di aiuto e di dinamica di gruppo. Attraverso un itinerario di conoscenza e di autoanalisi, ha fornito gli strumenti di base per gestire i conflitti che inevitabilmente sorgono in ogni tipo di relazione umana, con un particolare riguardo alla relazione di coppia. Padre Arnaldo ha condotto i partecipanti ad interrogarsi ed a riflettere sulla propria esperienza partendo da alcune «considerazioni generali sul conflitto» per esaminare: “Pericoli e benefici del conflitto; cause e contesti; fattori che incidono nella risposta ai conflitti; modi diversi di affrontare i conflitti; diversi tipi di conflitto; opzioni nella gestione dei conflitti: prevenire, relativizzare,affrontare e risolvere”. Tutti i partecipanti hanno espresso il bisogno di un sostegno qualificato organico e permanente nella vita di relazione, sempre complessa e difficile, soprattutto nella società odierna fortemente connotata di individualismo. Antonietta e Lillino Frumento 12 Parrocchie & Associazioni 15 maggio 2010 convegno nazionale delle presidenze Azione Cattolica, primo annuncio e riscoperta della fede Sulle strade dei cercatori di Dio I l convegno nazionale delle Presidenze diocesane di Azione Cattolica, tenutosi a Roma nel primo week end di maggio, muove i suoi passi sulla riflessione già avviata dalla Chiesa italiana con la “Lettera ai cercatori di Dio” e con l’evento internazionale “Dio oggi: con lui o senza di lui cambia tutto”. Già il titolo del convegno “Sulle strade dei cercatori di Dio” pone le dovute premesse affinché la riflessione sia efficace: il primo annuncio esige persone che scendano nelle strade e condividano il proprio cammino con gli uomini di oggi. Siamo tutti cercatori di Dio; lo è persino Gesù, che nell’incontro con la Sa- © Archivio Azione Cattolica Italiana maritana al pozzo di Sicar ha manifestato la sua sete, ponendosi sullo stesso piano di bisogni della donna. per rispondere alla questione dell’alterità, al bisogno insito Durante il convegno riecheggiavano le parole che la litur- nell’uomo di custodirsi nell’altro. Iniziano a vacillare i nuogia del venerdì santo rivolge per coloro che non credono in vi significati, mutuati dai dizionari della trascendenza, dati a Dio “Tu hai messo nel cuore degli uomini una così profonda concetti forti come la libertà, la fedeltà, l’infinito. nostalgia di te, che solo quando ti trovano hanno pace”. La La sete di Dio, questo bisogno di senso che affiora nelle nostalgia di Dio, questo impulso interiore alla ricerca, inizia persone, non sempre trova risposte nella fede, preferendo a riemergere con forza nella cultura nel nostro tempo che già l’immediato senso di sazietà che deriva da esperienze più alcuni definiscono della post-secolarizzazione. Di fatto, la idolatriche che di fede. Si pensi all’aumento di persone che si cultura della secolarizzazione inizia ad essere insufficiente rivolgono alla magia come immediato appagamento del pro- ostuni Decima edizione per l’iniziativa promossa dal mensile “il pozzo” Un ramoscello d’ulivo per un mare di pace D omenica 25 aprile, presso la Chiesa ed il Porto di Villanova di Ostuni, si è svolta la manifestazione cittadina “Un ramoscello d’ulivo per un mare di pace”. Da diversi anni tale iniziativa intende suscitare, nei tanti ostunesi che vi partecipano, una seria riflessione sul bene della Pace, che diventa poi preghiera. Tutto ebbe inizio alla fine degli anni 90 del secolo scorso, quando la comunità parrocchiale della “Madonna del Pozzo” e l’allora parroco don Franco Pellegrino, estesero all’intera Vicaria di Ostuni l’idea di partecipare all’iniziativa promossa da Pax Christi “mille città per fermare la guerra”, che, in quel periodo, era scoppia- ta nei Balcani. Per questo motivo per la prima volta ci recammo, nel pomeriggio di domenica 28 marzo 1999, presso il Porto di Villanova. Era la Domenica delle Palme e portavamo con noi il nostro ramoscello d’ulivo, che, dopo la preghiera comunitaria, lanciammo sulle acque del mare augurandoci che i venti spingessero il nostro messaggio di pace sulla sponda opposta dell’Adriatico, raggiungendo i popoli colpiti dalla guerra. L’iniziativa gode del Patrocinio del Comune di Ostuni e viene organizzata in sinergia dal mensile interparrocchiale “il pozzo” ed il Centro di Cultura “D. Cirignola” a cui si aggiungono anche altre associazioni (SEROSTUNI, Unitalsi, Croce Rossa, Biblio- teca Diocesana, Ac, UCIIM e MEIC). Nelle ultime edizioni, in base ad un’indicazione di don Piero Suma, la manifestazione si è caratterizzata per la presenza di un momento di riflessione sul messaggio che il Santo Padre scrive per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace. Quest’anno, con immensa gioia, abbiamo avuto tra noi l’Arcivescovo, che ha presieduto il momento di preghiera e ha spiegato ai presenti il messaggio del 2010 “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Mons. Talucci ha sottolineato la necessità di compiere delle scelte, sia da parte dei singoli che delle istituzioni, finalizzate al rispetto della “casa comune” donataci da Dio. In questo percorso culturale, intrapreso per la formazione di una generazione di “costruttori di pace” anche gli studenti delle scuole medie ostunesi hanno dato un valido apporto. Il logo per l’edizione 2010 è stato realizzato dall’alunno Francesco Turco della Scuola media “S. Giovanni Bosco”, che ha disegnato due mani che custodiscono il globo terrestre, il sole, la luna e le stelle; questa sintesi grafica ci fa comprendere l’essenza del messaggio di Benedetto XVI, il mondo è stato affidato alle mani dell’uomo e a ciascuno di noi spetta il compito di custodire questa grande ricchezza. Nicola Moro prio bisogno di trascendenza, o al devozionismo che a volte si confonde con professioni politeiste. Quali sono dunque le strade dei cercatori di Dio? Ovvero: su quali strade metterci in cammino? Quella che va da Gerusalemme a Gerico, che definisce chi è il nostro prossimo, tenendo presente che c’è un “giorno dopo” in cui dobbiamo lasciare l’altro alla libertà della sua fede, senza essere tentati da deliri di onnipotenza; quella della croce, della nostra quotidianità che non è fatta di miracoli; la via per Emmaus, che parte dalla delusione e dal senso di sconfitta e solo nell’azione apre gli occhi dei discepoli; la via di Damasco, dove Anania accompagna Paolo a passare dalla cecità alla fides oculata, capace di pensiero e ragionamento. Da questo siamo provocati a dover ripensare il nostro modo di stare sulla strada dei cercatori di Dio. Riscoprendo la nostra fede come dono e non come un dato scontato, testimoniando lo stupore di scoprire ogni giorno l’amore che Dio ha per noi. In questo tempo, non ci è chiesto di diventare esperti di risposte, ma di domande. Cecilia Farina San Leucio, concorso riservato alle scuole L’ Associazione MusicaleCulturale “San Leucio”, nell’ambito delle iniziative volte ad incentivare l’interesse per la cultura sul territorio, organizza la 1ª edizione del Premio Letterario “San Leucio” sul tema: Brindisi, porto di pace. Il concorso, con il patrocinio del Comune e l’avallo del Provveditorato agli Studi e dell’UNESCO (Club di Brindisi) è articolato in due Sezioni: Narrativa e Poesia ed è riservato agli studenti della Scuola Secondaria Superiore delle classi 3° e 4°, i quali potranno presentare gli elaborati entro il 5 Giugno p.v. L’iniziativa è destinata a stimolare nei giovani la maturazione di un habitus critico, insieme alla profondità di riflessione e ad offrire messaggi umani e culturali universali; scrittura quindi, intesa non come momento isolato di un iter educativo e sociale, ma come accostamento diretto alla realtà, in forma mediata da vari linguaggi, per formularne ipotesi interpretative e svilupparne la flessibilità mentale. I partecipanti saranno selezionati da una giuria composta da docenti, giornalisti ed esperti nel settore editoriale giovanile e musicale; i vincitori riceveranno targhe e medaglie ricordo, ed i primi classificati anche un’opera di un noto artista brindisino. La premiazione si svolgerà durante le prossime festività natalizie. Anna Rita di Sansebastiano Bando e scheda di partecipazione su: www.corosanleucio.it Info al 347/3242892 Padre Pio, sacerdote e vittima A Brindisi il 6° Convegno diocesano dei Gruppi di Preghiera S abato 17 aprile u.s. si è svolto a Brindisi il 6° Convegno diocesano dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio sul tema Padre Pio sacerdote e vittima, nel quadro delle riflessioni ispirate all’anno sacerdotale. L’incontro si è tenuto nella splendida chiesa di S. Maria del casale, com’è ormai tradizione. Alle ore 15,30, sono giunti puntuali i primi gruppi che , con i loro canti a San Pio, hanno creato un clima di festa per quanti man mano sopraggiungevano sino a riempire tutta la chiesa. Al saluto del coordinatore diocesano, Padre Giuseppe Attorre, ha fatto seguito un momento di preghiera, guidato da don Adriano Miglietta, componente del Consiglio diocesano dei Gruppi di Preghiera, per ringraziare il Signore per il dono della fede e chiedergli la forza per testimoniarla, sull’esempio del Santo di Pietrelcina. Prima che padre Giuseppe Maria Antonino, cappuccino appositamente venuto da Santa Fara in Bari, profondo conoscitore e studioso della spiritualità di padre Pio, incominciasse a sviluppare il tema del convegno, padre Arcivescovo ha voluto salutare i convegnisti. Al termine del suo saluto il coordinatore diocesano, a nome di tutti i convegnisti, lo ha ringraziato per la sua immancabile presenza e gli ha formulato calorosi ed affettuosi auguri per il decennale di episcopato nella chiesa che è in Brindisi – Ostuni. Padre Giuseppe Maria Antonino ha quindi dato inizio alla sua relazione sulla vocazione sacerdotale di Padre Pio e la sua conformazione a Cristo nell’arco della sua esistenza. Il relatore ha innanzitutto evidenziato l’esistenza di un progetto di Dio su padre Pio che si è rivelato, sin dalla più tenera età, dotato di una spiritualità assolutamente al di fuori del comune. Delineando con particolare precisione tutti i momenti più salienti della giovinezza di Padre Pio, in preparazione al sacerdozio, padre Giuseppe ha dimostrato come il nostro Santo si sia fatto plasmare dalle mani di Cristo come argilla nelle mani del vasaio, sino a quando venne consacrato sacerdote, il 10 agosto 1910. Da allora in poi, padre Pio visse la sua esistenza sempre più conforme a Cristo: come Gesù si era preparato a Nazareth, prima della sua missione, nella solitudine e nel silenzio, così padre Pio a Pietrelcina, malato e debole, rinchiuso nella sua “torretta” aveva letto e studiato tantissimo, pregando giorno e notte, in una continua sofferenza e totale solitudine. Come Gesù aveva preso su di sè i dolori del mondo, così lui si era offerto vittima per i peccati di tutta l’umanità. Il Padre relatore ha fatto notare che già ad un mese dall’ordinazione sacerdotale, padre Pio ricevette le prime stimmate, e questo sta a dimostrare che il suo sacerdozio si consuma- va sull’altare dove, soffrendo la passione del Signore, univa la sua sofferenza a quella di Cristo e solo al momento della comunione, risorgendo con lui, viveva la gloria del Risorto. Conformato a Cristo anche nel confessionale, dove assumeva su di sé tutti i peccati di coloro che si recavano a confessarsi da lui e si offriva vittima per la salvezza di tutte quelle anime. Durante le confessioni ammoniva, esortava, attirava a Dio, convertiva: era dolcissimo con i suoi figli spirituali, che lo seguivano come un padre amorevole. Infine, padre Giuseppe ha evidenziato l’altro elemento caratterizzante la vita di padre Pio: la preghiera. Egli impostò il suo stile di vita sull’invito di Gesù ai suoi discepoli: “Vegliate e pregate”. Trascorreva, infatti, gran parte del giorno e della notte in preghiera per salvare il maggior numero di anime. Consapevole di essere consacrato a Cristo, si sentiva tutto di Dio con l’unico scopo di manifestare Cristo agli altri per portarli a Lui. A conclusione delle sue appassionate riflessioni, padre Giuseppe Maria Antonino ha esortato tutti i partecipanti a meditare sulla missione sacerdotale di padre Pio e sull’eredità spirituale che ha lasciato ai Gruppi di Preghiera che devono diffondere nel mondo l’amore per Cristo e per il prossimo, come ha testimoniato con la sua vita il Padre fondatore. Il convegno si è concluso con la celebrazione eucaristica presieduta da Padre Giuseppe Maria, nel corso della quale sono stati raccomandati al Signore due giovani meravigliosi, autentici testimoni di fede, che hanno fatto parte dei Gruppi di Preghiera di Leverano e di Brindisi: Francesca Tondo e Matteo Farina. Anna Maria Manfreda 13 Parrocchie & Associazioni 15 maggio 2010 Agenda pellegrinaggio SS. Resurrezione di Brindisi e S.M. delle Grazie di Ostuni Sulle tracce della Sacra Sindone I n occasione dell’Ostensione della Sacra Sindone la Parrocchia SS. Resurrezione di Brindisi, in collaborazione con la Parrocchia S. Maria delle Grazie di Ostuni, ha organizzato un pellegrinaggio che prevedeva come prima tappa la città di Torino, poi Paray le Monial, infine Ars, queste ultime in Francia. Il pellegrinaggio si è svolto dal 27 aprile al 1° maggio. Nel pullman è stato proiettato un dvd che ha illustrato e descritto la storia della Sacra Sindone e il dibattito scientifico sulla sua autenticità. Il giorno seguente, il 28 aprile, ci siamo messi tutti in marcia per una visita alla splendida Basilica di Superga, e dopo il pranzo abbiamo subito ripreso il cammino verso il Duomo. Qui c’erano diverse entrate che portavano tutte in una specie di labirinto, un percorso obbligatorio che ci ha introdotti in una stanza antistante al Duomo dove ci hanno fatto pregustare la visita con un filmato che illustrava ogni dettaglio della Sindone. Una volta entrati nel Duomo, ci siamo avvicinati a quest’ultima in gruppo. Essere di fronte al sudario di nostro Signore è stata un’emozione grandissima, inspiegabile! Su di esso si vedono le ferite, il sangue e il volto inconfondibile di Colui che ha dato la sua vita per noi; e, nonostante sia quasi tangibile la sua sofferenza, aleggia, tuttavia, un senso di serenità quasi inspiegabile. Si dice spesso che si sta perdendo la fede, che i giovani si allontanano, ma non credo sia così, perché a Torino a venerare la sacra Sindone c’erano tanti giovani, c’era tantissima gente, venuta da ogni parte del mondo per vedere questo miracolo, non per curiosità, ma sospinta da una vera fede. Abbiamo pregato tanto soprattutto per quelle persone che non sono potute venire, ma che hanno chiesto di pregare per loro e per i loro cari. Sono stati pochissimi minuti, ma sono sta- zavattaro a salice salentino ti momenti intensissimi. È come saziarsi di qualcosa o, meglio, di qualcuno. Il terzo giorno, il 29 aprile, siamo entrati in Francia e ci siamo diretti a Paray le Monial. Nei pressi della Basilica è situata una modesta cappella che ha ricevuto la visita di Dio. È la Basilica delle apparizioni ove nostro Signore ha rivelato il suo cuore a Santa Margherita Maria Alacoque. Proprio in questa piccola cappella abbiamo celebrato l’Eucarestia. Il quarto giorno, 30 aprile, è stato il culmine del nostro viaggio. Tappa ultima è stata Ars, ancora in Francia. Non potevamo non andare, proprio nell’anno sacerdotale, dal Curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney che ha dato alla Chiesa, mediante la sua carità pastorale, una viva immagine di Gesù Buon Pastore. Anche qui abbiamo celebrato la santa messa assieme ad altre comunità italiane. È stato un viaggio incredibile, forte, emozionante che ci ha fortificato nello spirito e rigenerato con la preghiera nella fede, per riprendere il nostro cammino quotidiano con un bagaglio di speranza da seminare. Dorina Laneve L’attualità di Maria «N l vaticanista del Tg1 Fabio Zavattaro sarà a Salice Salentino il 21 maggio per partecipare ad un convegno organizzato dal locale gruppo famiglie sul tema Dal villaggio globale alla Torre di Babele. Quando la comunicazione diseduca. L’incontro si terrà presso il Centro Polifunzionale a partire dalle ore 19,30. il professor zamagni a brindisi S abato 22 maggio alle ore 17 presso la Basilica Cattedrale il prof. Stefano Zamagni, Ordinario di Economia all’Università di Bologna, terrà una relazione sul tema L’economia di comunione nella Caritas in veritate. veglie. festa dell’azione cattolica S i svolgerà sabato 29 maggio presso la Parrocchia S. Antonio abate di Veglie la Festa diocesana unitaria dell’Azione Cattolica che avrà come tema Diventiamo grandi insieme. Info su: www.acbrindisiostuni.it MESAGNE. ORDINAZIONE SACERDOTALE D omenica 30 maggio alle ore 18 nella Chiesa matrice, il diacono Andrea Mingolla sarà ordinato presbitero per l’imposizione delle mani e la Preghiera consacratoria dell’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci. ordinazione tre nuovi diaconi M artedì 1 Giugno 2010 alle ore 18,00 nella Basilica Cattedrale, tre giovani saranno ordinati Diaconi dall’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci. Si tratta di seminaristi originari di tre diverse parrocchie di San Vito dei Normanni: Giovanni Prete della Parrocchia Immacolata Concezione, Luca D’Agnano della Parrocchia Santa Maria della Vittoria e Raffaele Ardito Tateo della Parrocchia San Domenico. iniziative pastorale della famiglia M mesagne Padre De Fiores a Mater Domini el momento in cui ci troviamo di fronte ad una “società liquida”, come l’ha definita Zygmunt Bauman, Maria è capace di indicare la via delle relazioni solide e permanenti. È l’unica, nella storia della salvezza, che è testimone dell’Incarnazione, dell’Evento pasquale, della Pentecoste». In queste parole conclusive della conferenza stampa tenuta da P. Stefano De Fiores a Mesagne è tutta la motivazione vera di un impegno che coinvolge ed apre altre prospettive. Per tre giorni a Mesagne, in occasione della festa di Maria Mater Domini, la “Vergine Pasquale”, l’insigne mariologo non si è certamente risparmiato nelle catechesi e nel contatto diretto con la gente per «parlare di Maria», anzi per rendere appieno l’elemento della sua attualità. Attualità di Maria, nel nome della quale potrebbe davvero avviarsi, su basi, solide il dialogo tra cristiani ed Islam. Attualità di Maria, che offre un orientamento sicuro nell’odierna «società liquida», proprio come abbiamo visto. E riflettendo su «Maria e la Trinità» e «Maria e l’umanità» il religioso ha inquadrato Maria nell’ambito delle tre grandi religioni monoteiste ed ha riflettuto circa «la verità su Maria». «Maria è colei che ha creduto», ha riferito P. De Fiores. «Cioè colei che ha accettato il disegno di Dio, prima di dare alla luce Gesù. Ecco perchè mi sono care le parole di Manzoni, il quale rivolgendosi agli Ebrei dice che anche loro dovranno accettarla ed arrivare a dirla Beata. Del resto, oltre le parole calunniose dei primi secoli - ha spiegato -, va detto che un’ebrea fa fatica ad accettare di Maria il I “prima” ed il “dopo”. “Troppo passiva”, dicono. Ed invece - ha ripreso De Fiores - Maria va controcorrente: pensiamo solo al “Magnificat”, il canto più politico del Nuovo testamento, che induce ad appropriarsi di Maria in tutta la sua originalità di donna più celebrata al mondo, tanto che nessuno più dubita su come la sua inculturazione sia ineguagliabile». Quanto alla considerazione di Maria nell’Islam, «basta leggere la sura 19 del Corano per rendersene conto: Maria è benedetta tra tutte le donne - ha detto -; Maria e Gesù sono senza peccato... E da qui può nascere il dialogo tra cristiani e musulmani, che riconoscono la verginità, la santità, la maternità umana verso Gesù...». Maria, però, cosa comunica alla società odierna? P. De Fiores è stato chiarissimo: «Maria è la donna che si apre al trascendente, abbandonando la sapienza umana. È l’invito a non chiudersi nel razionale, ma ad aprirsi al mistero di Dio. Ci invita ad abbandonare l’egoismo, a lasciare i circoli abortivi che esso determina. Del resto, i pastorelli di Fatima, hanno dimostrato che solidarietà e sussidiarietà evitano l’autodistruzione dell’uomo e il futuro dell’umanità dipende solo dalla conversione del cuore». (a.scon.) ercoledì 2 giugno le famiglie della Diocesi vivranno un pellegrinaggio ad Alessano e Santa Maria di Leuca. Alle ore 10,30 è prevista la celebrazione eucaristica presso il Santuario de Finibus Tarrae di Leuca. Nel pomeriggio, dopo il pranzo al sacco, alle ore 15,30 incontro-testimonianza ad Alessano, sulla tomba di don Tonino Bello. L’appuntamento è aperto a tutte le comunità parrocchiali della Diocesi. La Commissione diocesana per la Pastorale familiare, informa inoltre che il tradizionale campo scuola estivo si svolgerà dal 21 al 25 luglio in Veneto. Info e adesioni alle iniziative: Arturo e Annamaria Destino (cell. 331/6476718). INCONTRI VOCAZIONALI GRUPPO EMMAUS P rosegue il ciclo di incontri del Gruppo Emmaus. Il prossimo si terrà domenica 20 giugno a Locorotondo presso la Parrocchia San Giorgio martire sul tema “La crescita nell’identità”. campo scuola per seminaristi L a comunità del Seminario diocesano informa che il campo scuola per seminaristi del maggiore e del minore si terrà a Fuscaldo (CS) dal 29 luglio al 4 agosto pp.vv. Maggiori informazioni sul sito web del Seminario: www.seminariobrindisi.it deceduto don damiano fina S i è spento il 5 maggio 2010 all’età di 90 anni don Damiano Fina, originario di San Donaci, attualmente cappellano a Sant’Antonio da Padova. Nato il 22 ottobre del 1919, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 17 luglio del 1954. Aveva svolto grande parte del suo ministero sacerdotale come parroco della SS. Resurrezione di Brindisi. Il rito funebre è stato presieduto dall’Arcivescovo presso la Chiesa madre di San Donaci. Custodire l’acqua. Incontro - dibattito a Salice Salentino «A ll’uomo il Creatore ha donato la natura con l’incarico di custodirla, ma l’uomo in cento anni ha depredato un patrimonio straordinario!». È questo il concetto base di introduzione al tema della serata “Custodendo l’acqua”, sottolineato, nella presentazione dell’incontro, dal moderatore prof. Vincenzo Parato. Il tema dell’acqua è stato oggetto di analisi e riflessione il 27 aprile presso il Centro Sociale Parrocchiale di Salice Salentino grazie agli interventi della dott.ssa Margherita Ciervo, referente regionale del Comitato “Acqua Bene Comune” e della dott.ssa Alessandra Aquilino, rappresentante di Ingegneria senza frontiere. L’iniziativa si inserisce nel quadro del progetto “Questione di stili”, un progetto sull’ambiente e sugli stili di vita, fortemente voluto dalle Associazioni di Azione Cattolica delle Parrocchie di S. Maria Assunta e di S. Giuseppe, dal Forum-giovani e dalla Pro Loco di Salice Salentino, progetto che si sviluppa sulla scia delle sollecitazioni di Papa Benedetto XVI e del nostro Arcivescovo Mons. Rocco Talucci ad una maggiore attenzione ai temi dell’ambiente. La dott.ssa Aquilino, con l’ausilio di immagini significative, ha esaminato il “problema acqua” sotto il profilo scientifico, sociale ed economico, sottolineando gli sprechi e gli squilibri dei forti consumi d’acqua del Nord del mondo rispetto a quelli scarsissimi del Sud , parlando anche di buone pratiche di utilizzo dell’acqua, di tecnologie utili e di acque minerali. Gli aspetti politici e legislativi del “problema acqua” sono stati esaminati dalla dott.ssa Ciervo, che ha sottolineato la rilevanza giuridica del concetto di acqua come bene pubblico e ha rilevato come il “decreto Ronchi” sulla privatizzazione dell’acqua sia anche il frutto degli interessi di un vero e proprio partito trasversale (che attraversa tutti gli schieramenti politici). La dott.ssa Ciervo ha poi informato i presenti che il Comitato “Acqua Bene Comune”, a partire dal 24 aprile, ha avviato la campagna per la raccolta delle firme per un referendum, che ha come scopo l’abrogazione della legge sulla privatizzazione e per il quale in quella sede si è proceduto alla raccolta. Che il problema sia sentito dai cittadini è dimostrato da un dato: 120.000 firme già raccolte in tutto il Paese in soli tre giorni! L’incontro si è concluso con un dibattito interessante e talvolta vivace che ha, tuttavia, ribadito un principio condiviso da tutti e cioè che l’acqua è bene inestimabile e pubblico, che va tutelato e assicurato a tutti gli abitanti del pianeta, senza discriminazioni! Enzo Parato Rappresentante “Questione di Stili” 14 Chiesa & Arte - Mesagne 15 maggio 2010 scrigno d’arte Sorge nella piazza principale della cittadina Chiesa matrice vero segno della memoria collettiva S e per la città di Lecce e il suo barocco è impossibile trovare un unico genius loci,come sostenuto da Marcello Fagiolo, per Mesagne è esso identificabile nell’architetto-sacerdote Francesco Capodieci. Questi si è reso interprete del linguaggio barocco nella piccola cittadina mesagnese, a metà seicento ancora ferma a linguaggi medievali e rinascimentali. Le fila del discorso prendono avvio dalla realizzazione del progetto della Chiesa Collegiata di Ognissanti nell’anno 1649; essa è sita in piazza IV Novembre. Di impronta ottocentesca dopo le demolizioni dei più antichi edifici del XVI sec. La facciata della Collegiata svetta imponente sulla piazza grazie alla sua notevole altezza proponendosi come uno dei più significativi e originali esempi del barocco salentino, vicino alle linee del barocco romano. Qui architettura e scultura si fondono creando una facciata plastica ritmata in tre ordini, ricca di elementi decorativi ben armonizzati tra di loro. La Collegiata fu realizzata sulla preesistente chiesa intitolata ai Santi Eleuterio, Anthia e Corebo tuttora presenti nella statuaria in facciata al di sopra del portale, dove poi si distribuiscono gli apostoli nelle nicchie e nel terzo ordine è presente il bassorilievo della Madonna del Carmine protettrice della città. Completa il tutto il timpano con angeli che affiancavano una statua del Cristo ormai perduta e lo stemma dell’Università di Mesagne come attestazione dell’indiscusso jus patronatus; era la stessa collettività che si autotassava per sopperire alle necessità pecuniarie richieste dai vari interventi tesi a renderla sempre più maestosa. Il progetto © Mino Palermo del Capodieci previde l’allargamento di navata e presbiterio e l’aggiunta del transetto, ottenendo così l’attuale pianta a croce latina seppur con i bracci più corti rispetto alla navata centrale e individuando una cupola ellissoidale. La copertura a volta e l’imponente colonnato furono realizzati a partire dal 1766 dall’ing. Giuseppe Palmieri per sostituire il soffitto che aveva subito grossi danni dal terremoto del 1743. Nella navata si aprono cinque cappelle; due cappelloni sono nel transetto. Al centro è l’altare maggiore in marmo, che secondo il canonico Paciolla, Giuseppe Cino realizzò tra il 16851701 grazie al lascito di una nobildonna mesagnese; l’altare è rialzato di otto gradini per permettere l’accesso all’antico succorpo della seconda metà del ‘500 . Nel 1769 il napoletano Nicola Carletti fu incaricato di realizzare le decorazioni a stucco che sarebbero andate a coprire preesistenti elementi gotici che non si confacevano al nuovo impianto barocco. Una serie di notevoli tele adornano le cappelle. Esse sono riconducibili ad autori locali come Gian Pietro Zullo e il nipote Andrea Cunavi che realizzarono “L’adorazione dei Pastori”, un “Sant’Oronzo che protegge Mesagne” dell’ambito di Giovanni Andrea Coppola, un “Assunzione della Vergine” di Saverio Lillo, una “Madonna del Carmine” del mesagnese Domenico Pinca che qualche anno dopo, non incontrando più il gusto della committenza e volendo abbellire la chiesa con un’altra opera realizzata “in Napoli o in Roma dalli più eccellenti pittori” fu sostituita dalla“Madonna del Carmine” del napoletano Giuseppe Bonito. Ilaria Demitri tempio mariano Da dieci anni anche basilica minore Il Carmine, la “casa” della protettrice della città I l santuario del Carmine, basilica minore da dieci anni, è luogo molto caro ai mesagnesi, perché in esso si conserva e si venera l’icona della protettrice della città. La struttura, assieme a quella del tempietto di San Lorenzo, richiama i secoli più antichi del culto cristiano. L’incedere del tempo attraverso gli stili architettonici è facilmente visibile, anche all’occhio meno esperto, per la convivenza di stilemi gotici, rinascimentali, barocchi, neoclassici. Il santuario, sviluppatosi su un preesistente ipogeo dedicato a San Michele Arcangelo, risale ai primi del XIV secolo. Il culto per questo santo, cui è dedicata la piazza circostante il convento, ha precedenze altomedievali di matrice longobarda. L’attuale chiesa, a una sola navata, è attigua al convento dei padri carmelitani la cui presenza in Mesagne risale al XVI secolo; da allora ai frati è commessa la cura del santuario, dal 1960 sede di una delle sette parrocchie della città di Mesagne. Qui è conservato e venerato il corpo di sant’Ilario, visibile, in urna di vetro, già nel diruto convento di Santa Maria della Luce da cui pure proviene un notevole Crocifisso ligneo secentesco. Il San Michele in cartapesta è opera del Caretta; il novecento è ben rappresentato dai dipinti parietali del Bramante. Da secoli vi si venera l’icona rinascimentale della Vergine del Carmine, dipinta da Francesco Palvisino di Putignano, segnata dalla tangenza del miracolo, fulcro della devozione che, infine, attraverso gli eventi-simbolo della peste del 1656 e del terremoto del 1743, avrebbe reso effettivo alla Vergine del Carmelo il ruolo di protettrice di Mesagne già sancito il 30 aprile 1651. La Vergine è soggetto della statua lignea settecentesca, di probabile manifattura veneta, portata in processione nella città in occasione della festa del patroci- nio, il 20 febbraio, e della solennità del Carmine, il 15-17 luglio. La devozione mariana, molto diffusa nell’occidente e nell’oriente cristiano, ha nel culto per la Vergine del Carmelo una delle sue più diffuse e notevoli espressioni. Nelle cappelle sono rimandi a devozioni tipicamente carmelitane; ne è un esempio la “Trasverberazione di Santa Teresa d’Avila” opera del manduriano Diego Oronzo Bianco. La Basilica Minore, un prezioso scrigno nel quale sono conservati numerosi tesori, è tappa obbligata per chi voglia visitare Mesagne. Al suo interno, sotto la sapiente guida dei suoi custodi, i padri carmelitani, sarà possibile scoprire i segreti del quadro considerato miracoloso e conoscere la storia del terremoto al quale Mesagne scampò, grazie all’intervento di Colei che da allora ne è la protettrice, e la cui bellezza risplende tra le mura della sua casa. Alessandra Caforio © Mino Palermo La chiesa di Sant’Anna nella piazza del Principe F orse non è un caso che a Mesagne il monumento più rappresentativo del vitalismo e della plasticità dello stile barocco sia la chiesa di Sant’Anna . Situata nell’antica Piazza del “Principe”, l’odierna piazza Orsini del Balzo, su cui si affacciano altri due pregevoli manufatti architettonici: il Palazzo Baronale e la Chiesa Madre dalla sua parte absidale, la chiesa di S. Anna completa perfettamente i volumi e le linee degli altri edifici e ci appare nella sua monumentalità. Dico appare perché la sua facciata evoca in questa piazza un proscenio su cui si apre una manifestazione visiva che ci suggestiona e ci ricorda il Paradiso! Vittoria Capano, vedova del feudatario di Mesagne Benedetto de Angelis, nel 1683 volle affidare all’ormai affermato sacerdote architetto Francesco Capodieci l’ambizioso progetto di una chiesa in onore di Sant’Anna in adempimento di un voto per la guarigione del figlio Carmine. Il nostro bravissimo architetto acconsentì e dopo vari progetti “nel mese di dicembre 1683 ad hore due di notte”, fu chiamato a Palazzo per la conferma dell’ultimo presentato e l’inizio dei lavori. L’intrapresa portò anche alla costruzione della piazza antistante la chiesa: “piazza grandiosa e di gran decoro e maestà”. Parlare di Sant’Anna a Mesagne vuol dire anche parlare di Giuseppe Cino. L’impaginato della facciata, scandita su due ordini, ci regala un’armoniosa visione decorativa ed ornamentale trasmettendoci quasi un’aura di angelica melodia, con i suoi puttini festosi tra fiori e frutta. Capodieci e Cino: perfetta summa di misura e vitalismo decorativo, per una chiesa dedicata alla Madre della Vergine. L’interno è ad unica nave con tre altari. Sull’altare maggiore è posto il dipinto dell’ Adorazione dei Pastori (secoli XVII-XVIII bott. salentina) inconsueta variante di tale tema perché sulla destra della tela sono posti Sant’Anna e San Gioacchino che onorano la nascita del Bambinello. Sull’altare sinistro è posto il dipinto con il Crocifisso con San Francesco e Santa Caterina da Siena (secolo XVII) mentre su quello di destra, anticamente dedicato a Sant’Oronzo, è la tela attribuita ad Andrea Cunavi: Il Compianto del Cristo Morto (secolo XVII), copia della più celebre posta nella navata sinistra della chiesa della SS. Annunziata di Ostuni, dipinta da Paolo Caliari detto il Veronese. Due splendidi matronei lignei, esempi quasi unici nel loro genere, sono posti sui muri laterali. Chiusa per lunghi periodi la chiesa di Sant’Anna, come si evince dagli Atti di Santa Visita, ha dovuto subire molti interventi all’interno tra cui anche l’eliminazione dei secenteschi altari barocchi. Ancora oggi in questa chiesa si manifesta la devozione dei mesagnesi verso la Titolare; molti di quelli che lavorano all’estero ritornano a visitarla nel giorno della ricorrenza della santa il 26 di luglio. Dobbiamo dire grazie anche a una principessa, a una donna del ‘600, se a Mesagne, per quanto riguarda le bellezze architettoniche, possiamo affermare “Si alzi il sipario, è di scena il Barocco!”. Carmela Gentile © Mino Palermo Libri & Cultura 15 maggio 2010 appuntamenti Una mostra ha attirato numerosi visitatori I tesori della Cattedrale di Ostuni L’ Ufficio diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici ha partecipato, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, alla XII edizione della Settimana della Cultura. In collaborazione con la Biblioteca Diocesana "R. Ferrigno", l'Archivio Storico Diocesano, l'Istituto secondario "Pepe-Calamo" di Ostuni e l'Albo degli Operatori Culturali Diocesani è stata promossa la mostra "I Tesori della Cattedrale", tenutasi in Ostuni, il 24 ed il 25 Aprile. L'iniziativa ha previsto un itinerario storico, artistico e archeologico, patrocinato anche dal Comune di Ostuni. La prima tappa del percorso era in via Cattedrale, all’interno del complesso della ex Chiesa di San Vito Martire, pertinente al complesso detto "delle Monacelle"; qui sono stati esposti i beni archeologici del capitolo Concattedrale, tra cui diversi utensili, unguentari e trozzelle. Presso l’ex Palazzo del Seminario sono stati messi in mostra documenti d’archivio, platee e libri antichi appartenenti alle collezioni diocesane. Ultima tappa del percorso è stata la Concattedrale di Ostuni, aperta in orario inconsueto, per dare modo al maggior numero di Fotografi brindisini sbarcano a Tirana E nergia, economia, ambiente, cultura, politica, sport e società civile sono i temi principali del ciclo di eventi “Due popoli, un mare, un’amicizia”, che si è svolto dal 1° al 9 maggio, promosso dall’Ambasciata d’Italia in Albania, in collaborazione con le Istituzioni pubbliche e private, italiane e albanesi. Nell’ambito dell’iniziativa è stata inaugurata il 4 maggio a Tirana, presso l’Accademia delle Belle Arti, la mostra dal titolo “Brindisi Portfolio”. Realizzata attraverso 80 fotografie scattate da diversi artisti brindisini, soci di Cantierimmagine, la mostra offre un itinerario alla scoperta del capoluogo pugliese, di una Brindisi inedita, anche nei suoi angoli più sconosciuti. Allestita già nell’anno passato presso l’ex Convento di S. Chiara e a Palazzo Granafei – Nervegna, la mostra è stata riproposta in terra albanese grazie alla partecipazione all’iniziativa GLI ORGANISMI DI PARTECIPAZIONE ECCLESIALE “L turisti e concittadini di visitare i beni mobili custoditi al suo interno. Il tutto è stato coordinato dai Tutor Diocesani per i Beni Ecclesiastici. All’interno della mostra nella Chiesa di San Vito martire, i visitatori sono stati accompagnati dagli studenti del Liceo Classico “A. Calamo” di Ostuni, che hanno illustrato i beni archeologici in esposizione. Circa 2000 i turisti e i visitatori che hanno potuto scoprire o riscoprire, in questi due giorni, i beni del Capitolo. È stato raggiunto l'intento che ci si era prefissati l'anno scorso, sempre in occasione dell'evento ministeriale, ovvero collegare le aperture straordinarie a mostre ed esposizioni. Antonella Golia di Nicolò Barile, Federica Bruno Stamerra, Simona Bungaro, Claudia Canepa, Rossana Carparelli, Arianna D’Accico, Cinzia Dinardo, Daniela Errico, Stefano Facecchia, Enrico Favuzzi, Sabrina Ingrosso, Sandro Locorotondo, Damiano Malorzo, Alessandra Pepe, Angelo Pezzolla, Anna Protopapa, Viviana Rampino, Federica Rucco, Ida Santoro e Gabriele Spedicato. Brindisi in mostra: un’occasione per rafforzare maggiormente la cooperazione tra Italia e Albania, due paesi separati dal mare ma uniti da un passato e da un presente che oggi li vede nuovamente vicini. All’evento inaugurale hanno partecipato, oltre a numerose autorità del mondo culturale e del governo albanese, il sindaco di Brindisi Domenico Mennitti, l’Assessore alla Cooperazione Internazionale Massimo Ciullo e, in rappresentanza dell’associazione fotografica Cantierimmagine, il presidente Angelo Pezzolla e la curatrice della mostra Viviana Rampino. Da.Ne. Un “tipo losco” da imitare Papa Benedetto XVI ha portato ad che si proponeva nel suo proclama istituIunalesempio per i giovani il fondatore di tivo la sana amicizia, fondata sul vincolo società dei tipi loschi. Il fatto è che della preghiera e della solidarietà: oltre la notizia è vera, e tutto ciò è avvenuto a Torino, dove il Santo Padre si è recato il 2 maggio per l’Ostensione della Sindone ed ha poi rivolto un discorso alla folla riunita in Piazza San Carlo. Durante il discorso il Pontefice ha ricordato la nobile figura del Beato Piergiorgio Frassati, torinese, figlio del fondatore del quotidiano “La Stampa”. A differenza del padre, ricco borghese lontanissimo dalla fede, Frassati aiutò fin da giovanissimo i poveri e gli umili della città, fu un grande sportivo e morì di poliomielite fulminante a soli 24 anni, nel 1925. Il Beato Frassati aveva fondato, con un gruppo di amiche e di amici, la “Compagnia dei tipi loschi”, ad essere un’intuizione quasi profetica (il cattolicesimo vissuto nella sua interezza anche nelle circostanze ordinarie della vita, senza separazioni e divisioni, in uno spirito di cristiana gioia) fu la occasione di indimenticabili gite in montagna, buffi proclami in stile rivoluzionario e fonte di simpatici soprannomi dei suoi membri. Dietro l’apparente facezia si celava però il progetto di un’amicizia cristiana a tutto tondo, capace di valere per tutti gli ambiti della vita. Ecco alcuni brani dell’esortazione fatta da Benedetto XVI a Torino, che prende spunto dal dialogo evangelico in cui un giovane chiede a Gesù come deve com- 15 a partecipazione dei laici non è un lusso, non è un optional, è un’esigenza di vita...la stessa consultività degli organismi non è riduttiva ma è potenziale per un ascolto sapienziale, per un arricchimento vitale”: così scrive Mons. Rocco Talucci nella presentazione del libro dal titolo “Gli organismi di partecipazione ecclesiale” edito da Elledici e scritto da don Pietro De Punzio. Nato a Mesagne nel 1951, entra, nel 1975, nel Seminario dei Missionari della Consolata di Torino dove riceve la formazione presbiterale. Ordinato sacerdote nel 1981, viene nominato, nello stesso anno, vicario parrocchiale nella comunità S. Maria Assunta in Salice Salentino, parroco della chiesa SS. Addolorata in Tuturano nel 1983 e, quattro anni dopo, è alla guida pastorale del Santuario Mater Domini in Mesagne. Nel 2001 è Giudice del Tribunale Ecclesiastico Regionale di Bari e consegue, nei tre anni successivi, il Dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma. Viene nominato parroco della chiesa SS. Annunziata in Brindisi dal 2003 al 2007, anno in cui diviene amministratore parrocchiale della SS. Annunziata in Mesagne. Attualmente è cappellano dell’ospedale San Camillo De Lellis in Mesagne, docente di Diritto Canonico all’ISSR di Brindisi e Vicario Foraneo della Vicaria di Mesagne. Al termine del triennio che la diocesi in Brindisi- Ostuni ha dedicato al laicato e in concomitanza con il Sinodo diocesano, il libro si offre come guida per tutti i parroci e per la formazione, lo sviluppo e la verifica dei suddetti organismi, raccogliendo indicazioni giuridiche e suggerimenti pratici per la costituzione o il rinnovo del Consiglio Pastorale Parrocchiale, del Consiglio per gli Affari Economici e del Consiglio Pastorale Vicariale. Un lavoro nato dall’espe- rienza pastorale dell’autore e dalla sua competenza giuridica di Vicario Giudiziale, il cui aspetto è particolarmente trattato in queste pagine. “Gli organismi di partecipazione ecclesiale- si legge nella premessa- luogo dove si realizza la connessione tra Parola celebrata, Parola annunziata, Parola testimoniata, diventino la prima espressione dell’esperienza della Chiesa, in modo da incentivare una prassi pastorale che sappia leggere dal di dentro la realtà locale per offrire un servizio valido all’evangelizzazione”. Con l’obiettivo di coinvolgere l’intera comunità, gli organismi, che devono essere valorizzati, non si prefigurano come aggregazioni ma come esperienze di vita comunitaria a servizio delle nostre chiese locali, alla luce di uno spirito sinodale nella consultività e nella corresponsabilità attraverso un ascolto concreto. I cambiamenti sociali, il ruolo e le nuove responsabilità che i laici hanno assunto nella Chiesa, oggi, richiedono una rinnovata visione della vita parrocchiale insieme ad una presa di coscienza della comunità cristiana che vive nella città e che deve, necessariamente, essere aperta al territorio e alle sue problematiche. Il testo, disponibile in tutte le librerie, propone, quindi, uno spunto di riflessione e un valido metodo di lavoro a tutte le diocesi per la preparazione e la buona conduzione della vita comunitaria, nel rispetto della normativa prevista dal Codice di Diritto Canonico, al fine di animare la comunità parrocchiale attraverso gli organismi di partecipazione ecclesiale, con il contributo di ciascun laico impegnato nel servizio, nella condivisione e nella responsabilità delle scelte per il futuro della Chiesa. Daniela Negro almanacco portarsi: “Nel dialogo con il giovane, che possedeva molte ricchezze, Gesù indica qual è la ricchezza più importante e più grande della vita: l’amore. Amare Dio e amare gli altri con tutto se stessi. La parola amore - lo sappiamo - si presta a varie interpretazioni ed ha diversi significati: noi abbiamo bisogno di un Maestro, Cristo, che ce ne indichi il senso più autentico e più profondo, che ci guidi alla fonte dell’amore e della vita. Oggi viviamo in un contesto culturale che non favorisce rapporti umani profondi e disinteressati, ma, al contrario, induce spesso a chiudersi in se stessi, all’individualismo, a lasciar prevalere l’egoismo che c’è nell’uomo. Ma il cuore di un giovane è per natura sensibile all’amore vero. Perciò mi rivolgo con grande fiducia a ciascuno di voi e vi dico: non è facile fare della vostra vita qualcosa di bello e di grande, è impegnativo, ma con Cristo tutto è possibile!”. Al termine il Papa ha ricordato ancora il ragazzo torinese beatificato da Giovanni Paolo II: “ Un ragazzo affascinato dalla bellezza del Vangelo delle Beatitudini, che sperimentò tutta la gioia di essere amico di Cristo, di seguirlo, di sentirsi in modo vivo parte della Chiesa. Cari giovani, abbiate il coraggio di scegliere ciò che è essenziale nella vita! “Vivere e non vivacchiare” ripeteva il beato Piergiorgio Frassati. Come lui, scoprite che vale la pena di impegnarsi per Dio e con Dio, di rispondere alla sua chiamata nelle scelte fondamentali e in quelle quotidiane, anche quando costa!”. Ferdinando Sallustio