LA RIVISTA DI ELSA TRENTO
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w i k i L ex LA RIVISTA DI ELSA TRENTO numero 4 Primavera 2012 COPYRIGHT, PRIVACY E SOCIAL NETWORK La proprietà intellettuale ai tempi di Facebook Inetrvista al Professor Roberto Caso Gli (IN)VENERABILI Loggia P2, storia e attualità VITA DA STUDENTI Studenti sull’orlo della sessione d’esami L’iniziativa è stata realizzata con il contributo finanziario dell’Università degli Studi di Trento e dell’Opera Universitaria Copyright, privacy e social network La proprietà intellettuale ai tempi di Facebook In questi anni di rapida diffusione dei social network e dell’uso sempre più frequente delle condivisioni via web, come comportarci coi contenuti protetti, le leggi sulla privacy e gli utenti sempre più numerosi ma sempre più ignari delle implicazioni giuridiche delle loro azioni? Ne abbiamo parlato col Professor Caso, docente di Diritto e proprietà intellettuale all’Università di Trento. Facebook, Google+, Twitter sono solo alcuni dei social network attualmente più fruiti dagli utenti: oltre alle informazioni personali e ai propri stati d’animo, si condividono con un semplice click immagini, frasi e video presi dalla rete. E’ lecito “postare”, condividere, prendere qualsiasi contenuto digitale che ci capiti a tiro con la leggerezza alla quale siamo ormai abituati? Sicuramente non è una buona prassi quella di prendere un contenuto digitale e riprodurlo sulla propria area Facebook, Google+ o Twitter, se non ci si è prima posti il problema di quale sia la natura di questo oggetto e se questo sia protetto o meno da proprietà intellettuale, in particolare da copyright. Quello che ogni utente dovrebbe fare è assicurarsi che l’oggetto sia riproducibile rivolgendosi a fonti, quali Wikimedia Commons, che distribuiscono prodotti liberamente fruibili o con un tipo di copyright flessibile; o ancora si dovrebbero usare gli seguici su www.elsatrento.org e su RIVISTA DI ELSA TRENTO - Periodico dell’Associazione ELSA Trento Registro Stampe del Tribunale n° 1111 del 30.11.2002 Tiratura: >500 copie Direttore responsabile Director ELSA wikiLex Art director & Impaginazione Marketing Disegni & Vignette Cruciverbisti Alessandro Zaltron Veronica Pizzolato Alessandro Castelletti Fabio Pagliosa Giorgio Romagnoni Renato Memoli,Vincenzo Ciliberti e Kevin Zomer Stampa: Centro Stampa Università degli Studi di Trento Chiunque fosse interessato a collaborare si rivolga alla direzione e redazione: ELSA Trento c/o Facoltà di Economia, via Inama 5 38122 Trento elsatrento@elsatrento.org www.elsatrento.org/contatti/ oggetti digitali di pubblico dominio, rispetto ai quali il diritto d’autore è ormai scaduto, o quelli coperti dalla licenza flessibile Creative Commons. Il mio consiglio è quello di rivolgersi ad aggregatori di contenuti, siano essi di immagini, suoni o video, che sostanzialmente “garantiscono” la riproducibilità dell’opera. Un altro modo semplice e pratico per individuare contenuti che siano riproducibili, è quello di usufruire delle funzioni avanzate dei motori di ricerca. Google, ma anche Bing ed altri, danno la possibilità di porre dei filtri che permettono di cercare solo materiale non protetto dal diritto d’autore. Andando ancora più nello specifico, si possono persino individuare i contenuti che abbiano delle licenze che ne consentono la riproducibilità. Basta andare nelle funzioni avanzate di Google e scoprirlo. Il mio consiglio è di non operare in assoluta libertà, perché questo potrebbe esporre a delle conseguenze giuridiche: i contenuti che viaggiano nella rete sono molto spesso protetti. Oltre che gli utenti sprovveduti, è possibile che sia lo stesso social network che li ospita a poter essere considerato responsabile? Sul punto posso dare solo la mia opinione, perché questa problematica è ad oggi ampiamente dibattuta sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina; si osservano infatti diversi casi sulla responsabilità dell’Internet Service Provider (ISP). In linea di massima io penso che se un ISP non sia in grado di operare un filtro allora non può essere reso responsabile, perché significherebbe addossargli un onere che poi sostanzialmente bloccherebbe la sua attività, o peggio, finirebbe per renderlo un vero e proprio censore. Gli ISP hanno dovuto spesso far fronte a questo tipo di cause. Ad esempio Youtube è stato chiamato da diversi ordinamenti a rispondere dei numerosi video protetti da diritto d’autore caricati sulla sua piattaforma: la sua difesa classica è quella in cui so- stiene di non applicare alcun filtro perché non ne è in grado, dunque non può essergli addossata alcuna responsabilità. E’ questa una posizione probabilmente legittima e certamente da difendere, tra l’altro appoggiata da tutti coloro che sono a favore della libertà su Internet; è anche però una posizione difficile da mantenere, perché è constatabile nei fatti che i motori di ricerca e altri ISP sono perfettamente in grado di applicare dei filtri, ad esempio alla pornografia, e alcuni social network stanno iniziando a bloccare i contenuti che sono politicamente censurati dai paesi che ospitano gli stessi. La questione è molto delicata, e il bilanciamento tra i diversi interessi risulta arduo. La mia posizione propende per l’evitare la responsabilità in capo agli ISP: un atteggiamento contrario a lungo andare porterebbe conseguenze rilevanti sulla libertà di manifestazione del pensiero. Soprattutto nell’era del social networking, si pone anche un problema di privacy… Certamente si pone anche il problema della privacy: un conto è prendere dei contenuti che sono solo oggetto di proprietà intellettuale, come la fotografia di un albero, sulla quale (se artistica) probabilmente verterà un problema di copyright. Se invece si tratta della fotografia di una persona, caso ricorrente su Facebook, allora i problemi che ne derivano sono diversi, legati appunto alla privacy. La regola generale è evitare di prendere foto altrui e pubblicarle su Internet. E’ da notare che, nel caso emblematico di Facebook, il fatto che sia solo una cerchia più o meno ristretta di persone ad avere l’autorizzazione della visibilità dei contenuti non modifica affatto la questione. Pubblicando e rendendo visibile ad un certo numero di utenti la foto, senza avere il consenso dell’interessato al trattamento del dato personale, si viola la legge sulla privacy. Il mio consiglio è quello di chiedere sempre l’autorizzazione della persona ri- tratta in foto, prima di pubblicarla. nate solo alla nostra cerchia di “amici” sono in realtà potenzialmente soggette ad una Queste operazioni, per noi ormai automati- condivisione globale. Qual è il quadro che che, hanno un costo? ci si presenta? Questa è la domanda più complessa. La po- Vi è uno scollamento tra quella che è la persizione tradizionale degli intermediari del cezione della situazione da parte delle nuomercato della creatività (gli editori di libri, ve generazioni e la fotografia che ne fa la di musica, di film), è restrittiva: pensano che legge. Quest’ultima è stata scritta da persoqualsiasi tipo di utilizzo non autorizzato sia ne che appartengono ad un’altra generaper loro un danno, secondo una logica eco- zione, con una visione del mondo alquanto nomica che porta a ricadiversa da quella di chi vare denaro da qualsianaviga in Internet oggi. Mark Zuckerberg è si riproduzione. Questo La vera sfida del diritto è possibile grazie alle è di saldare la tradiproprietario di tutte tecnologie odierne, che zione con l’innovazione. consentono addirittura Di certo le idee di Zule nostre foto? di tracciare il numero di ckerberg e di Pizzetti a volte in cui viene azioproposito della riservanato un determinato file e che permettono tezza sono diametralmente opposte. Non si quindi di chiedere un corrispettivo per ogni può certamente pensare che nel mondo dei singola fruizione dell’oggetto multimediale. social network la privacy funzioni come nel E’ la logica del DRM (Digital Rights Mana- mondo reale (porte chiuse e tapparelle abgement), grazie al quale è possibile vende- bassate), però è anche vero che chi utilizza re, ad esempio, dieci ascolti di una canzone questi strumenti si deve porre il problema di invece dell’uso illimitato. Non è detto però che cosa sia il rispetto della dignità della che questo sia l’atteggiamento che più si persona. L’atteggiamento sulla privacy da salda alla logica del mercato su Internet, parte degli utenti è quasi “schizofrenico”: perché si realizzano proventi non soltanto nessuno se ne cura, fino a quando non si vievendendo accessi ma anche moltiplicando ne profondamente lesi dalla sua violaziol’attenzione su un determinato nome o mar- ne. Tutti “postiamo” su Facebook le foto, ma chio. Si può infatti avere l’interesse esatta- solo nel momento in cui veniamo ad esempio mente contrario a quello di controllare la ricattati, ci accorgiamo della pericolosità copia dell’oggetto che ci identifica, ovvero di questo strumento. Ci troviamo in un monquello di far circolare il nostro nome attra- do che spesso fa delle scelte per noi, e noi verso il maggior numero di copie possibi- dobbiamo sottostarvi per il fatto stesso di li, in modo tale da far tornare da noi gli essere all’interno di un’architettura tecnoloutenti per avere altri servizi, che solo dopo gica. Per questo dobbiamo preoccuparci di sottoporremo a pagamento. E’ una strate- avere la consapevolezza delle nostre aziogia usata da un numero di autori musicali ni. sempre maggiore, i quali regalano dei file su internet per poi chiedere un prezzo di Si sente spesso parlare del fatto che Faceentrata al concerto. book diventa proprietario di tutto ciò che viene caricato dagli utenti sulla sua piattaGuardando il problema dal lato opposto, forma. E’ vero? i nostri stessi contenuti personali sono pos- Dal punto di vista giuridico la questione insibile oggetto di condivisione da parte di crocia almeno due settori dell’ordinamento: altri: le foto che pensavamo fossero desti- la disciplina dei contratti e la proprietà in- tellettuale/privacy. Bisogna distinguere ciò che dicono le clausole che si sottoscrivono al momento dell’iscrizione al social network da quello che dice la legge. Facebook tenta di avere il controllo assoluto su tutti i contenuti, ma in realtà bisogna confrontare questa pretesa con una serie di strumenti di diritto dei contratti, di proprietà intellettuale e di privacy. Spesso accade che qualche clausola contrasti con delle norme imperative che non possono essere superate dall’accordo tra le parti. Ad esempio, esiste una disposizione che dice che il consenso al trattamento dei dati personali deve essere espresso; è necessaria quindi l’acquisizione di un reale consenso, non basta che sia semplicemente scritto nelle condizioni generali di contratto. Bisogna verificare nel concreto qual è la pretesa di Facebook e cosa scrive il contratto. Dovrebbero essere gli stessi utenti a preoccuparsi di ciò che accettano o meno. Nina Delalic Gli (IN)VENERABILI Loggia P2, storia e attualità “Trasformare l’Italia in un Paese governato secondo i criteri del merito e della gerarchia, per l’esclusivo bene del popolo” Questa l’idea di fondo del cosiddetto “Piano di rinascita democratica”, un vero e proprio programma che sintetizza in poche pagine quella visione della società, dell’economia e del potere pubblico innegabilmente, almeno nella sua ispirazione generale, eversiva portata avanti dall’imprenditore ed ex agente segreto Licio Gelli, che a partire dal 1966 ha guidato la loggia massonica Propaganda Due e ha coinvolto in essa alcuni dei più grandi nomi della politica, dell’economia e dell’amministrazione statale, trasformandola ben presto nella lobby più potente mai apparsa sulla scena politica italiana. Stupisce la facilità con cui lo “statuto” di un’associazione segreta —anche se tutt’altro che sconosciuta— parla di “pulizia del Paese”, di “controllo delle posizioni chiave”, di “predisposizione di strumenti finanziari”: tuttavia a oltre trent’anni di distanza dall’emersione definitiva non si può dubitare che quelli sequestrati a Maria Grazia Gelli abbiano rappresentato molto più che degli appunti di un nostalgico della Repubblica Sociale, né che quegli elenchi denotassero molto più della partecipazione ad un “club” (così lo definisce il suo promotore). La vicenda della P2 si colloca, non a caso, all’inizio degli anni Ottanta —questo almeno dal punto di vista dell’opinione pubblica, mentre la loggia era attiva già da molti anni e già aveva contribuito a plasmare il mondo che la circondava: per un verso all’esordio di quello definito da taluni decennio “infame”, caratterizzato dalla transizione verso l’era post-industriale e il capitalismo finanziario ma anche secondo molti dal degrado morale e politico che più tardi condurrà al crollo della Prima Repubblica e per l’altro alla fine di quello precedente, in cui la novità politica portata in primis dal Sessantotto si trasforma in lotta armata. E’ l’epoca in cui agli attentati dei gruppi terroristici di destra e di sinistra iniziano ad affiancarsi quelli dei Corleonesi in guerra con la vecchia Cupola per il controllo di Cosa Nostra, in cui diviene evidente l’enorme potere finanziario del Vaticano e di coloro che ad esso fanno riferimento, in cui anche al prezzo di una “tensione” che attraverserà per anni il Paese e la società pezzi dello Stato difendono l’anticomunismo e lo schieramento nell’ambito del blocco statunitense. Va precisato che la massoneria rappresenta un fenomeno vecchio di oltre 300 anni legato alla diffusione degli ideali dell’Illuminismo, ugualmente osteggiato dalla Chiesa Cattolica e dal regime fascista che la mise al bando nel 1925, niente affatto vietato dall’odierna legislazione italiana: un espresso divieto è contenuto solo nella legge n.17 del 1982, la cosiddetta “legge Anselmi” che, oltre a sciogliere la Loggia P2 e ad istituire un’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta sulla vicenda, si incarica di dare attuazione all’art.18 della Costituzione —che di per sé vieta le associazioni segrete nonché quelle che perseguono fini politici attraverso mezzi di carattere militare. Deve fare riflettere la circostanza che tale aspetto sia assurto all’attenzione delle cronache e del potere legislativo solo in concomitanza ad avvenimenti capaci di inquinare gravemente la vita democratica di un intero Stato: e che quella stessa vita democratica non sia stata in grado di difendersi, non solo con gli strumenti del ricambio politico e della critica ideologica (tanto è vero che diversi soggetti coinvolti nello “scandalo” non hanno affatto abbandonato la loro posizione pubblica e anzi l’hanno perseguita e consolidata) ma neppure realmente con gli strumenti normativi. Al di là della legge speciale che scioglie l’”associazione” e che punisce – peraltro non troppo severamente, non si fa infatti alcun cenno ad un’interdizione perpetua dai pubblici uffici— i suoi componenti si può infatti notare come i Capi 1 e 11 del Libro 11 del c.p. prevedano sì, e necessariamente, delle fattispecie gravemente punite di eversione e di attentato alle istituzioni: ma tutte appaiono configurate in termini di “violenza”, mal attagliandosi o attagliandosi solo in parte dunque ad una vicenda quale quella della Loggia P2 ove il controllo dell’apparato statale è occulto e portato avanti da alcuni membri dello stesso che ragionevolmente devono ritenersi conniventi, ancorchè ricattabili —ma tali proprio in virtù di una partecipazione consapevole a siffatte consorterie— e non cooptati mediante minacce o atti violenti. Il mandato di cattura spiccato in seguito al ritrovamento degli elenchi nella villa di Castiglion Fibocchi, dal quale Licio Gelli si sottrarrà fuggendo in Uruguay, fece riferimento all’art.257 del codice, “spionaggio politico e militare”, e anche le successive condanne comminate al Gran Maestro tra il 1992 e il 1994 riguardarono una lunga serie di reati, tra cui l’associazione per delinquere: ma quest’ultima era rife- rita a singoli episodi, segnatamente legati al crac del Banco Ambrosiano e all’omicidio Pecorelli (con riferimento ai quali si è parlato anche di un coinvolgimento di Cosa Nostra e della banda della Magliana) più che allo sviluppo dell’associazione in sé, proprio perché non è delinquenza la proposizione e (parziale, tentata, surrettizia) realizzazione di un programma politico seppure di ispirazione autoritaria. Ciò che rende attuale questo panorama complesso e preoccupante è innanzitutto l’emersione in tempi recenti di analoghe connivenze volte a trarre vantaggi indebiti in corrispondenza a provvedimenti legislativi e amministrativi, ancorchè caratterizzate da una visione meno d’insieme; ma ciò che soprattutto induce a riflettere è l’effettiva attuazione di alcuni punti del Piano e la proposizione di alcuni altri anche a livelli altissimi delle fonti del diritto [si segnalano da questo punto di vista alcune parti delle ultime riforme dell’Ordinamento giudiziario, il ruolo del governo e del premier così come concepiti dalla Commissione Bicamerale per la riforma della Costituzione, il ricorso sempre più frequente della normativa d’urgenza, l’abbattimento del monopolio televisivo della RAI]. Ma al di là del contenuto delle singole istanze, talune delle quali possono ritenersi se non interessanti almeno legittime nella libertà del dibattito politico, non è accettabile e infirma la validità di ogni discussione sul merito la previsione di una rete di potere fondata su relazioni sotterranee tra gli attori politico-amministrativi e su mass media asserviti a ragioni di parte invece che votati alla trasparenza nei confronti dell’azione politica. Lara Longinotti AZZECCAGARBUGLI 1 2 3 4 cruciverba 9 5 7 6 10 13 14 8 11 15 12 16 17 18 19 21 20 22 23 25 24 26 28 29 VERTICALI: 1.seguono Agramante in Europa 2.genero di Maometto 3.Gran Premio 4.lo fu Humboldt 5.doppie in allatta 6.pari a Roma 7.male illuminato 8.la città di Alfieri 12.Intelligenza Artificiale 14.accompagna il radio 15.”sia!” latino 16.le usa il pescatore 17.è una grande arteria 18.l’eroe della Rowling 19.famosa vittoria di Alessandro 20.celeste impero 21.madame Bovary 22.pena... dimezzata 24.Associazione Sanitaria Internazionale 26.l’inizio dell’alfabeto 27.Codice Civile 27 30 ORIZZONTALI: 1.l'opera di Accursio 9.ne fu presidente Arafat 10.organizzazione terrorista basca 11.ne sono parti Russia e Armenia 13.Repubblica Italiana 14.viene dopo legge e regolamento 16.pianta selvatica dai fiori gialli 17.padre della lingua italiana 20.dissidio, scontro 22.rogo funerario 23.accento metrico 24.di mattina 25.gli alberi parlanti di Tolkien 26.l'acconciatura di Jimi Hendrix 27.governa i magistrati 28.tipo di pila 29.ragazzo inglese 30.imperatore persiano SENTENZE ASSURDE Qualche chicca dalla nostra giurisprudenza... Un ragazzo di Ancona, nel 2005 è stato "condannato" dal Giudice minorile a dimagrire perchè troppo "monello". Secondo gli psicologi e gli assistenti sociali consultati dal giudice, gli atti di vandalismo e calunnie sarebbero scaturiti da una condizione di disagio legata probabilmente anche all’obesità. Insomma per il Tribunale le "ragazzate" sono dipese dal "grasso in eccesso" che ha impedito al ragazzo ( il cui peso si aggirava attorno al quintale) di socializzare e di integrarsi con gli altri compagni. La Cassazione con una sentenza del 2006 ha sancito che non è sufficiente che il dog-sitter si occupi dell'alimentazione del cane che gli è stato dato in custodia ma deve necessariamente curarlo anche psicologicamente. Per tale motivo il Giudici della Suprema Corte hanno confermato la condanna per maltrattamenti a un veterinario di Como, proprietario di una pensione per cani che non aveva rivolto le necessarie attenzioni a un cane sofferente di anoressia per 'sindrome di abbandono'. La cassazione con una sentenza del 2005 ha ritenuto che perchè una multa sia valida il vigile deve guardare bene negli occhi l'automobilista per fargli intendere che ha commesso un'infrazione del Codice della Strada. Con una sentenza del 1998 il Tribunale di Piacenza ha determinato che un "bacio sull'avambraccio" non costituisce il reato di "violenza sessuale", bensì quello più modesto di "violenza privata", dato che, si cita, "Integra il reato di cui all'art. 610 c.p.c.- violenza privata e non quello di cui all'art. 609 bis c.p.c. - violenza sessuale il bacio dato sull'avambraccio a donna non consenziente, se difetti la finalità di appagamento di un istinto sessuale ed il bacio sia espressione, invece di un incontrollato sentimento d'amore" In periodo di crisi il Fisco batte cassa anche alle prostitute...con una sentenza del 2010 la Corte di Cassazione ha stabilito che la prostituzione, "pur essendo un'attività discutibile sul piano morale, non può essere certamente ritenuta illecita" derivandone la naturale conseguenza che, i ricavi ottenuti con lo svolgimento "del mestiere più antico del mondo" debbano essere a tutti gli effetti considerati "redditi tassabili". Studenti sull’orlo della sessione d’esami di Federica de Gottardo VITA DA STUDENTI Il secondo semestre è ormai inoltrato, e già scorgiamo in ogni angolo della facoltà studenti indaffarati tra libri, appunti, e programmi di studio per i prossimi esami. Tuttavia l’atmosfera è ancora rilassata. Le sessioni d'esame rappresentano un impegno su più fronti: sono necessari studio e concentrazione, ma soprattutto forza di volontà e spirito di sacrificio. Così, quando giunge finalmente il fatidico giorno dell’esame, lo studente si prepara con un rituale quasi mistico (carta d’identità?libretto?gli appunti?no, non li prendo tanto ormai ho già dato!) e, piegato sotto il carico delle settimane precedenti, si dirige verso la facoltà, con la speranza che le sue fatiche non siano state vane. Quando affronta uno scritto, lo studente si trova a faccia a faccia con se stesso, la sua preparazione e la sua capacità di comporre un testo di senso compiuto. Il momento di massima tensione, che dura un’eternità, è quello in cui prende coscienza della domanda: in quel preciso istante assume la consapevolezza del probabile esito. L’aspetto indubbiamente peggiore però è la snervante attesa del risultato, accompagnata dal desiderio che il proprio elaborato sia corretto da un professore particolarmente 'allegro' e dal rifiuto di confrontare le risposte date: “ehi, cos'hai risposto alla..” “No, zitto, non dirmi niente!!!”. La dura realtà è però che la maggior parte degli esami di questa facoltà è orale. L’epopea comincia con la fatidica apertura delle iscrizioni. La voce inizia a circolare, si controlla la data su esse3, e si vengono a delineare tre categorie si esaminandi: gli ansiosi, che cercano di iscriversi all’esame appena possibile per evitare l’attesa che li porterebbe a una crisi ancora prima del colloquio; i menefreghisti, che si rendono conto all'ultimo di avere un esame e si iscri- vono per il rotto della cuffia finendo tra gli ultimi; e infine gli insicuri, iscritti per primissimi, che nel corso delle settimane precedenti presi dal panico adottano la tattica del “mi cancello e mi iscrivo di nuovo”, nel tentativo di guadagnare qualche ora per consolidare conoscenze in realtà sedimentate da un pezzo. Si giunge quindi al giorno dell’esame. Man mano che i minuti passano, l’aula si riempie e dilaga la sorpresa per il numero di studenti che hanno scelto lo stesso ordine di esami. Si può essere alle prime armi o dei veterani: un minimo di emozione si prova sempre. Alcuni passano il tempo sfogliando pagine con gesti nevrotici, mentre altri ostentano una tranquillità invidiabile; alcuni chiacchierano allegramente per distrarsi, programmando il ritorno alla vita sociale, altri passeggiano in silenzio, forse ripassando a mente. C'è chi si diverte a seminare il panico: “Scusa, cosa diceva la sentenza 428 del 2020?” “Cosa? Qual è? Aiuto, non me la ricordo!!” Non trascuriamo infine il terrore degli assistenti: ed ecco che piovono voti, spergiuri, preghiere. Si promettono al cielo i più svariati sacrifici pur di non capitare con quello; si invoca che la pausa pranzo dell'altro coincida col proprio turno; si spera nel buon umore generale e nella felice giornata del proprio esaminatore. Si fa tutta questa fatica per ciò che si risolve in un breve colloquio, in cui viene valutata una percentuale limitata dell'effettiva conoscenza conseguita, ma in cui entrano in gioco una serie di fattori che trascendono del tutto dal controllo anche del secchione più preparato. E’ quindi azzardato concludere che la prova orale costituisca in fondo solo una piccola formalità, il frettoloso “punto” posto alla fine di un travaglio lungo quasi un semestre? Bistrot 70 è il teatro dei piaceri senza tempo, dove qualità e quantità non vanno d’accordo. per il vostro piacere, seguiamo la tradizione della cucina rivisitandola con estro e fantasia. Avrete la sensazione di essere a casa...sedetevi e abbandonate ogni pensiero, il resto sarò una festa! Le colazioni: - Caffè e mignon krapfen € 1.50 - Cappuccio e mignon krapfen 1.80 - Caffè o cappuccio e croissant € 2.20 - Colazione completa Caffè o cappuccio + croissant e succo di frutta € 3.00 CAFFE’ BISTROT 70 Via Maffei, 77 38122 TRENTO tel. 0461 262542 A fianco di Sociologia! via Malpaga 20 - Trento