LA RIVISTA DI ELSA TRENTO

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LA RIVISTA DI ELSA TRENTO
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LA RIVISTA DI ELSA TRENTO
numero 4 Primavera 2012
COPYRIGHT, PRIVACY E SOCIAL NETWORK
La proprietà intellettuale ai tempi di Facebook
Inetrvista al Professor Roberto Caso
Gli (IN)VENERABILI Loggia P2, storia e attualità
VITA DA STUDENTI Studenti sull’orlo della sessione d’esami
L’iniziativa è stata realizzata con il contributo finanziario dell’Università degli
Studi di Trento e dell’Opera Universitaria
Copyright, privacy e social network
La proprietà intellettuale ai tempi di Facebook
In questi anni di rapida diffusione dei social network e dell’uso
sempre più frequente delle condivisioni via web, come comportarci
coi contenuti protetti, le leggi sulla
privacy e gli utenti sempre più numerosi
ma sempre più ignari delle implicazioni
giuridiche delle loro azioni? Ne abbiamo
parlato col Professor Caso, docente di Diritto e proprietà intellettuale all’Università
di Trento.
Facebook, Google+, Twitter sono solo alcuni dei social network attualmente più fruiti
dagli utenti: oltre alle informazioni personali e ai propri stati d’animo, si condividono
con un semplice click immagini, frasi e video
presi dalla rete. E’ lecito “postare”, condividere, prendere qualsiasi contenuto digitale
che ci capiti a tiro con la leggerezza alla
quale siamo ormai abituati?
Sicuramente non è una buona prassi quella
di prendere un contenuto digitale e riprodurlo sulla propria area Facebook, Google+ o Twitter, se non ci si è prima posti il
problema di quale sia la natura di questo
oggetto e se questo sia protetto o meno da
proprietà intellettuale, in particolare da
copyright. Quello che ogni utente dovrebbe
fare è assicurarsi che l’oggetto sia riproducibile rivolgendosi a fonti, quali Wikimedia
Commons, che distribuiscono prodotti liberamente fruibili o con un tipo di copyright
flessibile; o ancora si dovrebbero usare gli
seguici su
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su
RIVISTA DI ELSA TRENTO - Periodico dell’Associazione ELSA Trento Registro Stampe del Tribunale n°
1111 del 30.11.2002
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oggetti digitali di pubblico dominio, rispetto
ai quali il diritto d’autore è ormai scaduto,
o quelli coperti dalla licenza flessibile Creative Commons. Il mio consiglio è quello di
rivolgersi ad aggregatori di contenuti, siano
essi di immagini, suoni o video, che sostanzialmente “garantiscono” la riproducibilità
dell’opera.
Un altro modo semplice e pratico per individuare contenuti che siano riproducibili,
è quello di usufruire delle funzioni avanzate dei motori di ricerca. Google, ma anche
Bing ed altri, danno la possibilità di porre
dei filtri che permettono di cercare solo materiale non protetto dal diritto d’autore. Andando ancora più nello specifico, si possono
persino individuare i contenuti che abbiano
delle licenze che ne consentono la riproducibilità. Basta andare nelle funzioni avanzate
di Google e scoprirlo. Il mio consiglio è di
non operare in assoluta libertà, perché questo potrebbe esporre a delle conseguenze
giuridiche: i contenuti che viaggiano nella
rete sono molto spesso protetti.
Oltre che gli utenti sprovveduti, è possibile
che sia lo stesso social network che li ospita
a poter essere considerato responsabile?
Sul punto posso dare solo la mia opinione,
perché questa problematica è ad oggi ampiamente dibattuta sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina; si osservano infatti
diversi casi sulla responsabilità dell’Internet
Service Provider (ISP). In linea di massima
io penso che se un ISP non sia in grado di
operare un filtro allora non può essere reso
responsabile, perché significherebbe addossargli un onere che poi sostanzialmente
bloccherebbe la sua attività, o peggio, finirebbe per renderlo un vero e proprio censore. Gli ISP hanno dovuto spesso far fronte
a questo tipo di cause. Ad esempio Youtube
è stato chiamato da diversi ordinamenti a
rispondere dei numerosi video protetti da
diritto d’autore caricati sulla sua piattaforma: la sua difesa classica è quella in cui so-
stiene di non applicare alcun filtro perché
non ne è in grado, dunque non può essergli
addossata alcuna responsabilità. E’ questa una posizione probabilmente legittima
e certamente da difendere, tra l’altro appoggiata da tutti coloro che sono a favore
della libertà su Internet; è anche però una
posizione difficile da mantenere, perché è
constatabile nei fatti che i motori di ricerca
e altri ISP sono perfettamente in grado di
applicare dei filtri, ad esempio alla pornografia, e alcuni social network stanno iniziando a bloccare i contenuti che sono politicamente censurati dai paesi che ospitano
gli stessi. La questione è molto delicata, e
il bilanciamento tra i diversi interessi risulta arduo. La mia posizione propende per
l’evitare la responsabilità in capo agli ISP:
un atteggiamento contrario a lungo andare
porterebbe conseguenze rilevanti sulla libertà di manifestazione del pensiero.
Soprattutto nell’era del social networking, si
pone anche un problema di privacy…
Certamente si pone anche il problema della
privacy: un conto è prendere dei contenuti
che sono solo oggetto di proprietà intellettuale, come la fotografia di un albero, sulla
quale (se artistica) probabilmente verterà
un problema di copyright. Se invece si tratta
della fotografia di una persona, caso ricorrente su Facebook, allora i problemi che ne
derivano sono diversi, legati appunto alla
privacy. La regola generale è evitare di
prendere foto altrui e pubblicarle su Internet. E’ da notare che, nel caso emblematico di Facebook, il fatto che sia solo una
cerchia più o meno ristretta di persone ad
avere l’autorizzazione della visibilità dei
contenuti non modifica affatto la questione.
Pubblicando e rendendo visibile ad un certo numero di utenti la foto, senza avere il
consenso dell’interessato al trattamento del
dato personale, si viola la legge sulla privacy. Il mio consiglio è quello di chiedere
sempre l’autorizzazione della persona ri-
tratta in foto, prima di pubblicarla.
nate solo alla nostra cerchia di “amici” sono
in realtà potenzialmente soggette ad una
Queste operazioni, per noi ormai automati- condivisione globale. Qual è il quadro che
che, hanno un costo?
ci si presenta?
Questa è la domanda più complessa. La po- Vi è uno scollamento tra quella che è la persizione tradizionale degli intermediari del cezione della situazione da parte delle nuomercato della creatività (gli editori di libri, ve generazioni e la fotografia che ne fa la
di musica, di film), è restrittiva: pensano che legge. Quest’ultima è stata scritta da persoqualsiasi tipo di utilizzo non autorizzato sia ne che appartengono ad un’altra generaper loro un danno, secondo una logica eco- zione, con una visione del mondo alquanto
nomica che porta a ricadiversa da quella di chi
vare denaro da qualsianaviga in Internet oggi.
Mark Zuckerberg è
si riproduzione. Questo
La vera sfida del diritto
è possibile grazie alle
è di saldare la tradiproprietario di tutte
tecnologie odierne, che
zione con l’innovazione.
consentono addirittura
Di certo le idee di Zule nostre foto?
di tracciare il numero di
ckerberg e di Pizzetti a
volte in cui viene azioproposito della riservanato un determinato file e che permettono tezza sono diametralmente opposte. Non si
quindi di chiedere un corrispettivo per ogni può certamente pensare che nel mondo dei
singola fruizione dell’oggetto multimediale. social network la privacy funzioni come nel
E’ la logica del DRM (Digital Rights Mana- mondo reale (porte chiuse e tapparelle abgement), grazie al quale è possibile vende- bassate), però è anche vero che chi utilizza
re, ad esempio, dieci ascolti di una canzone questi strumenti si deve porre il problema di
invece dell’uso illimitato. Non è detto però che cosa sia il rispetto della dignità della
che questo sia l’atteggiamento che più si persona. L’atteggiamento sulla privacy da
salda alla logica del mercato su Internet, parte degli utenti è quasi “schizofrenico”:
perché si realizzano proventi non soltanto nessuno se ne cura, fino a quando non si vievendendo accessi ma anche moltiplicando ne profondamente lesi dalla sua violaziol’attenzione su un determinato nome o mar- ne. Tutti “postiamo” su Facebook le foto, ma
chio. Si può infatti avere l’interesse esatta- solo nel momento in cui veniamo ad esempio
mente contrario a quello di controllare la ricattati, ci accorgiamo della pericolosità
copia dell’oggetto che ci identifica, ovvero di questo strumento. Ci troviamo in un monquello di far circolare il nostro nome attra- do che spesso fa delle scelte per noi, e noi
verso il maggior numero di copie possibi- dobbiamo sottostarvi per il fatto stesso di
li, in modo tale da far tornare da noi gli essere all’interno di un’architettura tecnoloutenti per avere altri servizi, che solo dopo gica. Per questo dobbiamo preoccuparci di
sottoporremo a pagamento. E’ una strate- avere la consapevolezza delle nostre aziogia usata da un numero di autori musicali ni.
sempre maggiore, i quali regalano dei file
su internet per poi chiedere un prezzo di Si sente spesso parlare del fatto che Faceentrata al concerto.
book diventa proprietario di tutto ciò che
viene caricato dagli utenti sulla sua piattaGuardando il problema dal lato opposto, forma. E’ vero?
i nostri stessi contenuti personali sono pos- Dal punto di vista giuridico la questione insibile oggetto di condivisione da parte di crocia almeno due settori dell’ordinamento:
altri: le foto che pensavamo fossero desti- la disciplina dei contratti e la proprietà in-
tellettuale/privacy. Bisogna distinguere ciò
che dicono le clausole che si sottoscrivono al
momento dell’iscrizione al social network da
quello che dice la legge. Facebook tenta di
avere il controllo assoluto su tutti i contenuti, ma in realtà bisogna confrontare questa
pretesa con una serie di strumenti di diritto
dei contratti, di proprietà intellettuale e di
privacy. Spesso accade che qualche clausola contrasti con delle norme imperative che
non possono essere superate dall’accordo
tra le parti. Ad esempio, esiste una disposizione che dice che il consenso al trattamento
dei dati personali deve essere espresso; è
necessaria quindi l’acquisizione di un reale
consenso, non basta che sia semplicemente
scritto nelle condizioni generali di contratto.
Bisogna verificare nel concreto qual è la
pretesa di Facebook e cosa scrive il contratto. Dovrebbero essere gli stessi utenti a
preoccuparsi di ciò che accettano o meno.
Nina Delalic
Gli (IN)VENERABILI
Loggia P2, storia e attualità
“Trasformare l’Italia in un Paese
governato secondo i criteri del
merito e della gerarchia, per l’esclusivo bene del popolo”
Questa l’idea di fondo del cosiddetto “Piano di rinascita democratica”, un
vero e proprio programma che sintetizza in
poche pagine quella visione della società,
dell’economia e del potere pubblico innegabilmente, almeno nella sua ispirazione
generale, eversiva portata avanti dall’imprenditore ed ex agente segreto Licio Gelli, che a partire dal 1966 ha guidato la
loggia massonica Propaganda Due e ha
coinvolto in essa alcuni dei più grandi nomi
della politica, dell’economia e dell’amministrazione statale, trasformandola ben
presto nella lobby più potente mai apparsa sulla scena politica italiana. Stupisce la
facilità con cui lo “statuto” di un’associazione segreta —anche se tutt’altro che sconosciuta— parla di “pulizia del Paese”, di
“controllo delle posizioni chiave”, di “predisposizione di strumenti finanziari”: tuttavia
a oltre trent’anni di distanza dall’emersione definitiva non si può dubitare che quelli
sequestrati a Maria Grazia Gelli abbiano
rappresentato molto più che degli appunti
di un nostalgico della Repubblica Sociale,
né che quegli elenchi denotassero molto più
della partecipazione ad un “club” (così lo
definisce il suo promotore).
La vicenda della P2 si colloca, non a caso,
all’inizio degli anni Ottanta —questo almeno dal punto di vista dell’opinione pubblica, mentre la loggia era attiva già da molti
anni e già aveva contribuito a plasmare
il mondo che la circondava: per un verso
all’esordio di quello definito da taluni decennio “infame”, caratterizzato dalla transizione verso l’era post-industriale e il capitalismo finanziario ma anche secondo molti
dal degrado morale e politico che più tardi
condurrà al crollo della Prima Repubblica e
per l’altro alla fine di quello precedente, in
cui la novità politica portata in primis dal
Sessantotto si trasforma in lotta armata. E’
l’epoca in cui agli attentati dei gruppi terroristici di destra e di sinistra iniziano ad affiancarsi quelli dei Corleonesi in guerra con
la vecchia Cupola per il controllo di Cosa
Nostra, in cui diviene evidente l’enorme potere finanziario del Vaticano e di coloro che
ad esso fanno riferimento, in cui anche al
prezzo di una “tensione” che attraverserà
per anni il Paese e la società pezzi dello
Stato difendono l’anticomunismo e lo schieramento nell’ambito del blocco statunitense.
Va precisato che la massoneria rappresenta un fenomeno vecchio di oltre 300 anni
legato alla diffusione degli ideali dell’Illuminismo, ugualmente osteggiato dalla Chiesa Cattolica e dal regime fascista che la
mise al bando nel 1925, niente affatto vietato dall’odierna legislazione italiana: un
espresso divieto è contenuto solo nella legge n.17 del 1982, la cosiddetta “legge Anselmi” che, oltre a sciogliere la Loggia P2 e
ad istituire un’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta sulla vicenda, si incarica
di dare attuazione all’art.18 della Costituzione —che di per sé vieta le associazioni
segrete nonché quelle che perseguono fini
politici attraverso mezzi di carattere militare. Deve fare riflettere la circostanza
che tale aspetto sia assurto all’attenzione
delle cronache e del potere legislativo solo
in concomitanza ad avvenimenti capaci di
inquinare gravemente la vita democratica di un intero Stato: e che quella stessa
vita democratica non sia stata
in grado di difendersi, non solo
con gli strumenti del ricambio
politico e della critica ideologica
(tanto è vero che diversi soggetti coinvolti nello “scandalo” non
hanno affatto abbandonato la
loro posizione pubblica e anzi
l’hanno perseguita e consolidata) ma neppure realmente con
gli strumenti normativi. Al di là
della legge speciale che scioglie
l’”associazione” e che punisce –
peraltro non troppo severamente, non si fa infatti alcun cenno
ad un’interdizione perpetua dai pubblici
uffici— i suoi componenti si può infatti notare come i Capi 1 e 11 del Libro 11 del
c.p. prevedano sì, e necessariamente, delle
fattispecie gravemente punite di eversione
e di attentato alle istituzioni: ma tutte appaiono configurate in termini di “violenza”,
mal attagliandosi o attagliandosi solo in
parte dunque ad una vicenda quale quella
della Loggia P2 ove il controllo dell’apparato statale è occulto e portato avanti da
alcuni membri dello stesso che ragionevolmente devono ritenersi conniventi, ancorchè
ricattabili —ma tali proprio in virtù di una
partecipazione consapevole a siffatte consorterie— e non cooptati mediante minacce
o atti violenti. Il mandato di cattura spiccato in seguito al ritrovamento degli elenchi
nella villa di Castiglion Fibocchi, dal quale
Licio Gelli si sottrarrà fuggendo in Uruguay,
fece riferimento all’art.257 del codice,
“spionaggio politico e militare”, e anche
le successive condanne comminate al Gran
Maestro tra il 1992 e il 1994 riguardarono
una lunga serie di reati, tra cui l’associazione per delinquere: ma quest’ultima era rife-
rita a singoli episodi, segnatamente legati
al crac del Banco Ambrosiano e all’omicidio
Pecorelli (con riferimento ai quali si è parlato anche di un coinvolgimento di Cosa Nostra e della banda della Magliana) più che
allo sviluppo dell’associazione in sé, proprio
perché non è delinquenza la proposizione e
(parziale, tentata, surrettizia) realizzazione
di un programma politico seppure di ispirazione autoritaria.
Ciò che rende attuale questo panorama
complesso e preoccupante è innanzitutto
l’emersione in tempi recenti di analoghe
connivenze volte a trarre vantaggi indebiti
in corrispondenza a provvedimenti legislativi e amministrativi, ancorchè caratterizzate
da una visione meno d’insieme; ma ciò che
soprattutto induce a riflettere è l’effettiva
attuazione di alcuni punti del Piano e la
proposizione di alcuni altri anche a livelli
altissimi delle fonti del diritto [si segnalano
da questo punto di vista alcune parti delle
ultime riforme dell’Ordinamento giudiziario,
il ruolo del governo e del premier così come
concepiti dalla Commissione Bicamerale per
la riforma della Costituzione, il ricorso sempre più frequente della normativa d’urgenza, l’abbattimento del monopolio televisivo
della RAI]. Ma al di là del contenuto delle
singole istanze, talune delle quali possono
ritenersi se non interessanti almeno legittime nella libertà del dibattito politico, non
è accettabile e infirma la validità di ogni
discussione sul merito la previsione di una
rete di potere fondata su relazioni sotterranee tra gli attori politico-amministrativi e
su mass media asserviti a ragioni di parte
invece che votati alla trasparenza nei confronti dell’azione politica.
Lara Longinotti
AZZECCAGARBUGLI
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cruciverba
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VERTICALI:
1.seguono Agramante in Europa
2.genero di Maometto
3.Gran Premio
4.lo fu Humboldt
5.doppie in allatta
6.pari a Roma
7.male illuminato
8.la città di Alfieri
12.Intelligenza Artificiale
14.accompagna il radio
15.”sia!” latino
16.le usa il pescatore
17.è una grande arteria
18.l’eroe della Rowling
19.famosa vittoria di Alessandro
20.celeste impero
21.madame Bovary
22.pena... dimezzata
24.Associazione Sanitaria Internazionale
26.l’inizio dell’alfabeto
27.Codice Civile
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ORIZZONTALI:
1.l'opera di Accursio
9.ne fu presidente Arafat
10.organizzazione terrorista basca
11.ne sono parti Russia e Armenia
13.Repubblica Italiana
14.viene dopo legge e regolamento
16.pianta selvatica dai fiori gialli
17.padre della lingua italiana
20.dissidio, scontro
22.rogo funerario
23.accento metrico
24.di mattina
25.gli alberi parlanti di Tolkien
26.l'acconciatura di Jimi Hendrix
27.governa i magistrati
28.tipo di pila
29.ragazzo inglese
30.imperatore persiano
SENTENZE ASSURDE
Qualche chicca dalla nostra giurisprudenza...
Un ragazzo di Ancona, nel 2005 è stato
"condannato" dal Giudice minorile a dimagrire perchè troppo "monello". Secondo
gli psicologi e gli assistenti sociali consultati
dal giudice, gli atti di vandalismo e calunnie sarebbero scaturiti da una condizione di
disagio legata probabilmente anche all’obesità. Insomma per il Tribunale le "ragazzate" sono dipese dal "grasso in eccesso"
che ha impedito al ragazzo ( il cui peso si
aggirava attorno al quintale) di socializzare e di integrarsi con gli altri compagni.
La Cassazione con una sentenza del
2006 ha sancito che non è sufficiente
che il dog-sitter si occupi dell'alimentazione
del cane che gli è stato dato in custodia
ma deve necessariamente curarlo anche
psicologicamente. Per tale motivo il Giudici
della Suprema Corte hanno confermato la
condanna per maltrattamenti a un veterinario di Como, proprietario di una pensione
per cani che non aveva rivolto le necessarie
attenzioni a un cane sofferente di anoressia
per 'sindrome di abbandono'.
La cassazione con una sentenza del
2005 ha ritenuto che perchè una multa
sia valida il vigile deve guardare bene negli occhi l'automobilista per fargli intendere che ha commesso un'infrazione del Codice
della Strada. Con una sentenza del 1998 il Tribunale
di Piacenza ha determinato che un "bacio sull'avambraccio" non costituisce il reato di "violenza sessuale", bensì quello più
modesto di "violenza privata", dato che,
si cita, "Integra il reato di cui all'art. 610
c.p.c.- violenza privata e non quello di cui
all'art. 609 bis c.p.c. - violenza sessuale il bacio dato sull'avambraccio a donna non
consenziente, se difetti la finalità di appagamento di un istinto sessuale ed il bacio
sia espressione, invece di un incontrollato
sentimento d'amore"
In periodo di crisi il Fisco batte cassa anche alle prostitute...con una sentenza del
2010 la Corte di Cassazione ha stabilito
che la prostituzione, "pur essendo un'attività
discutibile sul piano morale, non può essere
certamente ritenuta illecita" derivandone la
naturale conseguenza che, i ricavi ottenuti
con lo svolgimento "del mestiere più antico
del mondo" debbano essere a tutti gli effetti considerati "redditi tassabili".
Studenti sull’orlo della sessione d’esami
di Federica de Gottardo
VITA DA STUDENTI
Il secondo semestre è ormai inoltrato, e già
scorgiamo in ogni angolo della facoltà studenti indaffarati tra libri, appunti, e programmi di studio per i prossimi esami. Tuttavia l’atmosfera è ancora rilassata.
Le sessioni d'esame rappresentano un impegno su più fronti: sono necessari studio e
concentrazione, ma soprattutto forza di volontà e spirito di sacrificio.
Così, quando giunge finalmente il fatidico giorno dell’esame, lo studente si prepara con un rituale quasi mistico (carta
d’identità?libretto?gli appunti?no, non li
prendo tanto ormai ho già dato!) e, piegato sotto il carico delle settimane precedenti, si dirige verso la facoltà, con la
speranza che le sue fatiche non siano state vane.
Quando affronta uno scritto, lo studente
si trova a faccia a faccia con se stesso,
la sua preparazione e la sua capacità
di comporre un testo di senso compiuto.
Il momento di massima tensione, che dura
un’eternità, è quello in cui prende coscienza della domanda: in quel preciso istante
assume la consapevolezza del probabile
esito. L’aspetto indubbiamente peggiore
però è la snervante attesa del risultato,
accompagnata dal desiderio che il proprio elaborato sia corretto da un professore particolarmente 'allegro' e dal rifiuto di
confrontare le risposte date: “ehi, cos'hai risposto alla..” “No, zitto, non dirmi niente!!!”.
La dura realtà è però che la maggior parte
degli esami di questa facoltà è orale.
L’epopea comincia con la fatidica apertura
delle iscrizioni. La voce inizia a circolare, si
controlla la data su esse3, e si vengono a
delineare tre categorie si esaminandi: gli
ansiosi, che cercano di iscriversi all’esame
appena possibile per evitare l’attesa che
li porterebbe a una crisi ancora prima del
colloquio; i menefreghisti, che si rendono
conto all'ultimo di avere un esame e si iscri-
vono per il rotto della cuffia finendo tra gli
ultimi; e infine gli insicuri, iscritti per primissimi, che nel corso delle settimane precedenti
presi dal panico adottano la tattica del “mi
cancello e mi iscrivo di nuovo”, nel tentativo
di guadagnare qualche ora per consolidare conoscenze in realtà sedimentate da un
pezzo.
Si giunge quindi al giorno dell’esame. Man
mano che i minuti passano, l’aula si riempie
e dilaga la sorpresa per il numero di studenti che hanno scelto lo stesso ordine di
esami.
Si può essere alle prime armi o dei veterani:
un minimo di emozione si prova sempre. Alcuni passano il tempo sfogliando pagine con
gesti nevrotici, mentre altri ostentano una
tranquillità invidiabile; alcuni chiacchierano
allegramente per distrarsi, programmando
il ritorno alla vita sociale, altri passeggiano
in silenzio, forse ripassando a mente. C'è chi
si diverte a seminare il panico: “Scusa, cosa
diceva la sentenza 428 del 2020?” “Cosa?
Qual è? Aiuto, non me la ricordo!!”
Non trascuriamo infine il terrore degli assistenti: ed ecco che piovono voti, spergiuri,
preghiere. Si promettono al cielo i più svariati sacrifici pur di non capitare con quello; si invoca che la pausa pranzo dell'altro
coincida col proprio turno; si spera nel buon
umore generale e nella felice giornata del
proprio esaminatore.
Si fa tutta questa fatica per ciò che si risolve in un breve colloquio, in cui viene valutata una percentuale limitata dell'effettiva
conoscenza conseguita, ma in cui entrano in
gioco una serie di fattori che trascendono
del tutto dal controllo anche del secchione
più preparato.
E’ quindi azzardato concludere che la prova orale costituisca in fondo solo una piccola formalità, il frettoloso “punto” posto alla
fine di un travaglio lungo quasi un semestre?
Bistrot 70 è il teatro dei piaceri
senza tempo, dove qualità e quantità non vanno d’accordo. per il vostro
piacere, seguiamo la tradizione
della cucina rivisitandola con estro
e fantasia. Avrete la sensazione di
essere a casa...sedetevi e abbandonate ogni pensiero, il resto sarò una
festa!
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